Arte Egizia - Liceovergadrano
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Arte Egizia - Liceovergadrano
Arte Egizia La cultura egiziana ha lasciato testimonianze di un'arte assolutamente originale perché il territorio in cui si sviluppa, chiuso fra deserti e mare, impedì per lungo tempo i contatti con le altre civiltà. Tali testimonianze riguardano soprattutto grandiose costruzioni funerarie (tombe riunite in necropoli, piramidi) e monumentali templi, caratterizzati dall'uso di altissime colonne, con capitelli dalle forme assai varie, spesso ispirate ad elementi naturali, quali foglie e fiori. L'arte egiziana è l'espressione di uno Stato organizzato assai rigidamente. A capo di ogni cosa è il Faraone, sovrano e sommo sacerdote, dio in terra ed assunto fra gli dei dopo la morte. Accanto a lui, la casta sacerdotale è la più privilegiata e potente. L'arte egiziana, quasi sempre commissionata dall'autorità politica e religiosa, deve glorificare attraverso imponenti edifici la divinità e il faraone, incutere nel popolo rispetto sacro e venerazione per una classe politica forte e immutabile nel tempo. L'artista è un artigiano anonimo, spesso uno schiavo che non può esprimersi liberamente, ma obbedisce a precise disposizioni imposte dall'alto. Se il popolo può ammirare le grandi costruzioni, simbolo di potere sul territorio, pittura e scultura si trovano soprattutto in ambienti destinati alle classi che detengono questo potere. Rigidezza e frontalità, quindi, dipendono da una volontà precisa e non da incapacità di rappresentazione; non mancano esempi molto significativi dell'abilità dell'artista di ritrarre con naturalismo scene di vita quotidiana, piante ed animali. Architettura Il tempio egiziano, casa del dio, e le piramidi, monumenti funerari, formavano complessi unitari. Gli Egiziani non consideravano la tomba solo un monumento per ricordare il defunto: era il luogo dove il corpo doveva conservarsi in eterno, assieme agli oggetti posseduti in vita, utilizzabili nell'esistenza ultraterrena. Le forme dei templi sono riconducibili a tre tipi: a) Impetrale a cielo aperto, era riservato al culto del dio Sole. b) Periptero constava di una cella rettangolare aperta su entrambi i lati corti o su uno solo, attorniata da un porticato a colonne e a pilastri. c) Penetrale il più complesso, con una sequenza di ambienti immutata dopo il II millennio: via d'accesso fiancheggiata da sfingi, porta monumentale con ai lati piloni e obelischi, cortile, atrio, vestibolo, cella. Al sacrario, al "luogo da non conoscere", al quale si giungeva con un percorso sempre più stretto, avevano accesso solo i sacerdoti e il faraone: si trattava di una saletta includente una cappella o tabernacolo di granito con la statua o i simboli del dio. Una cinta muraria racchiudeva il tempio e altri edifici (le abitazioni dei sacerdoti, i magazzini, ecc.). Le piramidi Sulle cause che portarono la piramide, cioè la tomba regale, ad assumere caratteri determinati e fissi, gli studiosi non sono concordi. Per alcuni può essersi trattato di una semplice evoluzione architettonica: dalla mastaba, alla piramide a gradoni e, infine, alla piramide vera e propria. Durante l’Antico Regno (intorno al 3000 a.C.) nel periodo definito “tinita”, con capitale Thinis e comprendente la I e la II Dinastia, la sepoltura più comune era la tomba a mastaba termine che in arabo indicava le panche poste davanti alle case. Le mastabe avevano forma rettangolare, o a lingotto e di solito erano costruite con i mattoni crudi a volte integrati col legno e solo successivamente in pietra. Nelle fasi più antiche erano dotate di poche stanze e di una nicchia di solito sulla parete est con una stele; in seguito venne scavato anche un pozzo, a volte anche due uno per il marito ed uno per la moglie. Tali pozzi ospitavano le camere funerarie scavate sottoterra. Con la nascita della III Dinastia si inizia ad utilizzare la pietra al posto del mattone. Le mastabe continuano ad essere costruite ma il materiale utilizzato diventa la pietra, più solida e durevole. Zoser vuole per la propria sepoltura un grandioso complesso funerario con piccoli edifici e cappelle votive. L’impianto sepolcrale era in origine solo una mastaba poi innalzata e modificata fino a creare una Piramide a gradoni alta 60 m, che era visibile anche all’esterno della cinta muraria del complesso di ben 11 m. L’architetto incaricato della realizzazione del complesso è Imhotep e progetta due successivi innalzamenti della mastaba reale, prima con quattro mastabe sovrapposte, poi sei, fino alla grande Piramide a gradoni. Secondo altri la forma della piramide va fatta risalire a motivi religiosi, poiché richiama la pietra sacra simbolo di Ra, il dio Sole, padre del faraone, e potrebbe quindi essere un simbolo solare di ascensione (il termine egiziano mer, designante la piramide, significherebbe "luogo dell'ascensione"). Comunque, gli elementi fondamentali di tutti i complessi piramidali si trovano in quello di Giza. La località ospita le tre piramidi più famose, situabili intorno alla metà del I millennio. La più grande è quella di Cheope, seguono nell'ordine quelle di Chefren e di Micerino. Circa cento anni dopo intorno al 2500 a.C. l’architetto Hemiunu aggiusterà le questioni tecniche irrisolte edificando sulla piana di Giza la grande piramide di Cheope, figlio di Snefru Nella costruzione si impiegarono fra 2,3 e 2,6 milioni di blocchi di granito rosso e di più pregiato calcare bianco. Alla camera funeraria interna, rivestita di granito rosso e coperta da nove lastre del peso di 44 t. ciascuna, si accede percorrendo una galleria lunga quasi 47 m. e alta 8,54: dati sufficienti per dare un'idea della grandiosità di queste opere. Scultura e pittura La scultura e la pittura vengono utilizzate dagli Egiziani soprattutto per abbellire templi e tombe, con scene religiose o della vita quotidiana. Le rappresentazioni seguono regole fisse e la figura umana viene ripetuta secondo schemi uguali, rigida nei movimenti, priva di rilievo, con il busto in posizione frontale e gli arti di profilo. Appare evidente l'intenzione di mostrare con chiarezza tutte le parti del corpo, evitando sovrapposizioni fra braccia e gambe. Le proporzioni fra le parti sono definite in modo rigoroso e gli arti sono disposti con uno stesso orientamento, senza differenze fra destra e sinistra. Il colore non definisce illusoriamente, con luci ed ombre, il volume dei corpi, ma è dato a zone piatte. Per gli antichi Egizi dipingere significa campire (riempire di colore) il contorno di una figura disegnata su una superficie liscia, pietra levigata o intonaco di limo; (il limo è una fanghiglia finissima di colore bruno-nerastro depositata dai grandi fiumi mediorientali nel corso dei loro ciclici straripamenti). La tecnica pittorica egizia consiste nella miscelazione di pigmenti ottenuti dalla macinazione di varie terre colorate con un agglutinante (collante) a base di acqua, lattice di gomma e albume d’uovo. Il colore così ottenuto ha una consistenza semiliquida e viene disteso grazie a dei pennelli ricavati dalle fibre di palma. Questo tipo di pittura si definisce a tempera (temperare=mescolare) e potendosi sciogliere con l’acqua, va necessariamente usata solo su delle superfici perfettamente asciutte e al riparo da eventuali piogge. Fra i tipi rappresentati, in pose statiche, prevalevano il personaggio seduto con gli avambracci piegati, le gambe parallele e verticali, e quello ritto con le braccia lungo i fianchi, con una gamba tesa davanti all'altra ed entrambi i piedi poggiati a terra con tutta la pianta. Anche nei bassorilievi non viene modellata la muscolatura; la figura si staglia come una sagoma piatta sul fondo scavato, o viene incisa sulla pietra - soprattutto nei bassorilievi in esterno - perché l'intensa luce del sole ne definisca meglio i contorni. Nelle sculture a tutto la figura è solenne e composta nell'atteggiamento. Gli artisti si preoccupavano molto della somiglianza fisica della persona ritratta perché l'anima, che doveva trasferirsi nella statua, potesse riconoscere il corpo in cui aveva abitato nella vita terrena. Con la riforma religiosa del faraone Akhenaton (1379-1362 a.C.) che introdusse il monoteismo, opponendo Aton, il sole, ad Amon, appare per la prima volta nelle rappresentazioni egiziane un maggior realismo. Successo ad Amenofi III come Amenofi IV, Akhenaton prese il nuovo nome che significa "colui che è utile a Aton". Le opere d'arte del periodo mostrano, in effetti, una tensione realistica inconsueta: anche nelle rappresentazioni del faraone l'accento è posto sulla sua umanità non sulla sua divinità. Amenofi IV non lasciò eredi maschi. Il trono toccò a Tutankhamon, marito della terzogenita del faraone. Il giovanissimo sovrano cedette presto alle pressioni del clero tebano, avido di rivalsa, e si fece protagonista di una controriforma che cancellò ogni traccia dell'operato del suocero. Riportò la capitale a Tebe, restituì ai sacerdoti gli antichi privilegi, rilanciò il culto di Amon. Tutankhamon è celebre per il tesoro della sua tomba inviolata, il cui ritrovamento si deve all'archeologo inglese Howard Carter (Londra 1874) che nel 1907 intraprese ricerche finanziate dal conte inglese lord Carnavon. Dopo 8 anni di scavi, durante i quali furono scoperte numerose tombe private, a partire dal 1915, Carter iniziò le ricerche nella Valle dei Re e, nonostante le modeste scoperte dei primi 7 anni di scavi, ottenne da lord Carnavon, finanziamenti fino alla stagione 1922-1923. Finalmente il 4 novembre 1922 furono scoperti i primi gradini di una scala che conduceva alla porta sigillata di una tomba ancora sconosciuta che, alla presenza di Lord Carnavon fu aperta il 24 novembre successivo. Il corredo funerario di Tutankhamon I reperti più famosi dello splendido corredo funerario del faraone Tutankhamon sono il trono e il sarcofago del re. Il trono in legno è rivestito d'oro; le gambe sono in basso zampe leonine e nella parte superiore recano due musi di leone. Cobra alati decorano i pannelli dei braccioli. Ma l'elemento che più attrae è lo schienale, la cui parte interna reca intagliata la raffigurazione del re e della regina in vesti da cerimonia sormontati da un sole rappresentato con un disco da cui partono raggi che terminano con mani. Il re è seduto e la regina lo sta aspergendo con un unguento, che attinge da un vaso sorretto dalla mano sinistra. Il sarcofago del re, o meglio, il sarcofago più interno di una serie incastrati l'uno nell'altro, era d'oro massiccio, avvolto da una resina profumata e da un sudario di lino, e raffigurava il faraone come Osiride, con nelle mani gli emblemi del dio, il pastorale e il flagello. La mummia regale si presentò agli archeologi, quando sollevarono il coperchio, con il volto e le spalle coperte da una magnifica maschera d'oro con intarsi di vetro blu. Il faraone porta il tradizionale nemes, il copricapo a strisce blu e dorate, simbolo del dio solare Ra. Anche gli occhi hanno un loro simbolo: quello sinistro rappresenta la Luna, mentre quello destro il Sole. Scintillano sulla fronte del re, le due divinità associate al potere reale, l’avvoltoio del Sud e l’ureo del Nord. Il becco dell’avvoltoio è di lapislazzuli e gli occhi sono di quarzo dipinto in bianco e nero, mentre l’ureo è intarsiato di cornalina, lapislazzuli e turchese. Le spalle di Tutankhamon sono coperte da un ampio collare, anch’esso di lapislazzuli, quarzo, feldspato verde, che termina con due teste di falco intarsiate sulle spalle. Sul sarcofago e addosso alla mummia, fra le bende che l'avviluppavano, una profusione di preziosi: oggetti d'uso personale, collari, collane, pendagli, braccialetti, anelli, amuleti. Il volto di Tutankhamon oggi è tornato a vivere dopo più di tremila anni. Lo ha voluto il direttore delle Antichità egizie, insieme al National Geographic. È stata Elisabeth Daynes, l'artista francese esperta in termoplastica, la stessa che aveva ridato un volto all'Uomo di Neanderthal, a ricostruirlo. La Daynes, nel suo laboratorio a Parigi, è partita da dati certi, le dimensioni della testa del faraone fornite dalla Tac cui la mummia era stata sottoposta nel gennaio 2010. È partita prima dal cranio, in plastica. Poi, con la creta, ha ricreato gli zigomi, le guance, i muscoli della fronte e del collo. Infine, usando il silicone, ha completato il volto, tanto da farlo sembrare reale.