la guerra spiegata ai cadetti

Transcript

la guerra spiegata ai cadetti
ITALIA
SIGNORSÌ, SIGNORE!
LA GUERRA
SPIEGATA
AI CADETTI
L’EX CAPITANO
DELL’ESERCITO INGLESE
HARRY PARKER.
NEL LIBRO ANATOMIA
DI UN SOLDATO
(BIG SUR) HA
RACCONTATO
LA SUA MISSIONE
IN AFGHANISTAN NELLA
QUALE HA PERSO
LE GAMBE. TORNATO
IN PATRIA, PARKER,
CHE ORA HA 33 ANNI,
SI È DEDICATO ALLA
SCRITTURA E ALLA
PITTURA. IN BASSO,
IL GIURAMENTO
DEI CADETTI
NELL’ACCADEMIA
MILITARE DI MODENA
M
SERENA CAMPANINI / AGF
di Matteo Nucci
Harry Parker è tornato dall’Afghanistan
senza più le gambe. La sua storia
è diventata un caso editoriale.
L’ha raccontata all’Accademia
militare di Modena. Tra gli applausi
ODENA. Quando Harry Parker appare nell’Aula Magna
dell’Accademia militare, i 389
allievi uffciali che riempiono
fino all’ultimo posto la grande platea
sanno già tutto di lui. Nella rigorosa rigida compostezza con cui aspettano, di là
dal grande banco su cui è inciso il motto
dell’Accademia – Una Acies (una sola
schiera) – vedono un trentatreenne
3 FEBBRAIO 2017 . IL VENERDÌ .
45
ITALIA
SIGNORSÌ SIGNORE
inglese del Wiltshire che dieci anni fa ha
prestato servizio come capitano in Iraq e
che nel 2009, in Afghanistan, nel distretto
di Nad-e-Ali, al termine di un giro di ricognizione nei dintorni della base, è saltato
su una mina, ha rischiato di morire durante il trasporto in elicottero, ha perso
entrambe le gambe e ora cammina su due
ipertecnologiche protesi. Sanno tutto di
lui, i cadetti che riempiono l’aula.
Sono ragazzi fra i 18 e 22 anni, seguono
ogni giorno corsi di altissimo livello per
diventare uffciali dell’Esercito e dell’Arma dei Carabinieri e in Harry Parker forse
aspettano di conoscere da vicino la realtà,
quel che davvero può accadere quando si
lasciano le aule e si entra in azione. Ma
mentre lui si avvicina e accenna un saluto,
oltre al legno levigato della cattedra, quel
che chiunque sia in platea può vedere è
solo la giacca, la cravatta e il volto timido
del capitano che ha continuato a lavorare
per l’Esercito, prima di tornare a vita
privata, dedicarsi alla pittura e alla scrittura e scrivere un libro che è diventato un
caso letterario. Moltissimi fra i cadetti lo
hanno letto. S’intitola Anatomia di un
soldato (Big Sur, pp. 349, euro 17,50) ed è
un formidabile romanzo di guerra e pace
che caso letterario è diventato grazie alla
sua possente letterarietà. Parker, infatti,
non si è limitato a raccontare, riplasmandola, la sua esperienza. Lo ha fatto scegliendo una prospettiva apparentemente
lontana. In ciascuno dei quarantacinque
capitoli del libro, infatti, è un oggetto a
parlare e a raccontare attraverso i suoi
occhi di oggetto gli avvenimenti: dalla
partenza del soldato al suo ritorno in
forma dimidiata, dall’amicizia fra due
ragazzi afgani divisi dalle scelte in favore
o contro l’alleanza occidentale al suo
epilogo straziante. Oggetti raccontano,
descrivono, cantano un’epopea. Riuscendo a spazzar via ogni retorica e commuovere con i semplici dati dell’obiettività.
Che cos’è davvero la guerra? Come
possiamo portare la pace attraverso la
guerra? Come possiamo stabilire relazioni con gli uo«LA BATTAGLIA
NON È QUELLO
mini e le donne dei
CHE CI VIENE
Paesi in cui ci spoRACCONTATO,
stiamo con operaNON È UNA COSA
zioni militari di
COSA IN BIANCO
E NERO»
peacekeeping se
1
2 3
[1] UN MOMENTO DELLA
VISITA DI PARKER
ALL’ ACCADEMIA
DI MODENA [2] CADETTI
IN FILA DAVANTI ALLO
STAND CON LE COPIE DI
ANATOMIA DI UN SOLDATO
FIRMATE DALL’AUTORE.
[3] HARRY PARKER
IN UNA DELLE SALE
DELL’ACCADEMIA
[4] UN MILITARE INGLESE
IN MISSIONE
IN AFGHANISTAN
46 . IL VENERDÌ . 3 FEBBRAIO 2017
non ne conosciamo davvero la cultura e
la lingua? Perché il nostro equipaggiamento ci rende solo apparentemente invulnerabili? E come possono questi oggetti che noi occidentali possediamo in
enorme abbondanza fronteggiare la
completa assenza di oggetti che invece
caratterizza i popoli che vivono nei luoghi in cui entriamo?
Le domande che suscita il libro e che
Harry Parker sviscera con la sua traduttrice, Martina Testa, forse non hanno risposta. Ma l’importante è porsele. Il libro,
attraverso l’intreccio costituito dalla
storia del soldato BA5799 (come è nominato Parker dai suoi oggetti), e dal destino
dei giovani afgani Latif e Faridun, ci ripete costantemente che le relazioni con i
Paesi in cui entriamo sono decisive e che
è lì il nostro punto debole, la nostra presunzione occidentale, la nostra arroganza. «È diffcile calcolare la distanza che
c’è fra le nostre azioni, il nostro impegno
sul campo e le strategie politiche di cui
spesso sappiamo pochissimo» spiega
Parker di fronte a una delle domande più
pericolose della platea. «Io posso solo
giudicare il mio lavoro e quello che ho
visto. Persuadere i locali a stare con il
governo è diffcile e noi dobbiamo prepararci molto di più a capire i popoli con cui
abbiamo a che fare». Compito durissimo
se si è sostituiti in continuazione e non si
ha neppure un’idea complessiva del Paese. «Non sono stato che in un piccolo
rettangolo di Afghanistan» spiega Parker
a una cadetta afgana, «non conosco il tuo
Paese. Sono stato trasportato da un aeroplano militare. Ho visto montagne ai miei
fanchi eppoi la terra su cui ho vissuto per
giorni e notti, un piccolissimo rettangolo
di terra. Nient’altro». Quel che ha visto e
anche quel che non ha visto ai cadetti
interessa eccome. «La guerra non è quel
che ci viene raccontato. Non è lo stereotipo in bianco e nero a cui ci siamo abituati. Capire le ragioni e i torti non è semplice. Dobbiamo sempre compiere uno sforzo per metterci in discussione. Perché i
soldati non sono oggetti. Noi usiamo
molti oggetti. C’è una mostruosa asimmetria fra l’equipaggiamento degli occidentali e la nudità di coloro con cui hai a
che fare. Ma questo ci restituisce la nostra dimensione di uomini».
GETTY IMAGES
4
Del resto, è altro ancora quel che interessa chi si sta preparando per missioni
analoghe. Forse quello che stupisce
chiunque legga il libro è quando il soldato BA5799, tornato a casa e sulla via
della rieducazione motoria con le sue
protesi sempre più perfette, in un pub
spiega all’amico: «Se le persone che mi
hanno fatto questo entrassero qui adesso, gli offrirei da bere». Com’è possibile
affermarlo? Non cambierebbe nulla,
Harry Parker, del suo passato? «Nulla. Se
mio figlio volesse ripercorrere la mia
strada non glielo impedirei. La responsabilità di un soldato è fare tutto quello
che deve nel posto che gli è stato assegnato, ma senza rinunciare a guardare oltre.
Una cosa è la professionalità e un’altra
l’umanità che ci appartiene in maniera
primaria. Una cosa è la gerarchia militare e un’altra la gerarchia interiore che ci
spinge a fare i conti con noi stessi». Ossia
quello che ha permesso a Parker di affrontare il ritorno, la lunga convalescenza, un anno di cure, quel male che chia-
miamo astrattamente post-traumatic
stress disorder e che può generare rabbia
e aggressività. Ma non c’è rabbia in Parker. «Può sembrare assurdo ma non vorrei tornare indietro». C’è tempo ancora
per domandare cosa manchi ora a Parker
della sua vita militare: «Scrivere e dipingere sono esercizi solitari. Il soldato lavora esclusivamente in équipe. Mi mancano la solidarietà e il cameratismo di
una vita condivisa dal mattino alla sera
per raggiungere un obiettivo».
Tutto sembra fnito, mentre le centinaia di allievi uffciali applaudono Parker. Ma deve succedere ancora qualcosa.
Perché lui cammina lungo la pedana,
raggiunge le scale e le scende, e fnalmente appaiono le due
OttoBock genium
X3, risultato della
«SE LE PERSONE
CHE MI HANNO
ricerca dell’eserciFATTO QUESTO
to americano per
ENTRASSERO
restituire ai miliQUI ADESSO,
tari vittime di amGLI OFFRIREI
DA BERE»
putazione transfe-
morale non soltanto la possibilità di
tornare alla vita quotidiana ma addirittura in pieno servizio. Allora qualcosa
improvvisamente cambia. Un brivido
improvviso e solidale cresce. Neppure il
più perfetto addestramento a un contegno saldo e rigoroso potrebbe nascondere quel che si fa strada attraverso gli
occhi dei ragazzi sull’attenti. È un momento unico e sfuggente, altissimo e effmero. Improvvisamente è chiaro che
Harry Parker oggi è le sue gambe, le sue
nuove gambe, tutto quel che ha sofferto
per diventare se stesso. Il libro assume
tutto un altro valore. Le protesi che parlano al capitolo 40 sono qui, nel Palazzo
Ducale che fu della Corte Estense per due
secoli fino a quando nel 1757 furono
inaugurati i primi corsi dedicati ai cadetti. Harry Parker passa tra gli allievi uffciali con discrezione, poi si ferma di
fronte alle enormi pile di libri e comincia
a frmarle. A ciascuno augura fortuna e
ciascuno gli dice grazie.
Matteo Nucci
3 FEBBRAIO 2017 . IL VENERDÌ .
47