L`AZIONE DI RECUPERO

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L`AZIONE DI RECUPERO
La fase o procedura stragiudiziale
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La Costituzione in mora
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Gli effetti della costituzione in mora
La fase o procedura giudiziale
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Ricorso per ingiunzione
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Cos’è il decreto ingiuntivo
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Le condizioni per la richiesta del decreto ingiuntivo
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Il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo
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L’opposizione
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Caparra penitenziale e confirmatoria
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Diritti reali di garanzia: pegno, ipoteca e fideiussione
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Il precetto
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Il pignoramento
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Il sequestro conservativo
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La prescrizione del credito
Torino, lì 26 marzo 2010
LA FASE STRAGIUDIZIALE NELLA PROCEDURA DI RECUPERO DEL CREDITO
Il recupero del credito è un’attività finalizzata al rientro di somme derivanti da crediti rimasti insoluti (esempio prestiti non onorati). Esistono due fasi distinte nell’attività del recupero credito:
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La fase o procedura stragiudiziale;
La fase o procedura giudiziale;
FASE STRAGIUDIZIALE
La fase stragiudiziale conosciuta anche come extragiudiziaria, è la procedura attivata dalle società
che operano in questo settore volta alla risoluzione bonaria del contenzioso. Questa fase è caratterizzata da una serie di operazioni determinate a stabilire un contatto con l’obbligato, con il quale si
cerca di rimediare al problema evitando la tortuosa soluzione dell’azione legale dispendiosa e lungimirante.
L’inizio dell’attività consiste nell’ invio di comunicazioni epistolari ( Costituzione in mora) presso
il domicilio del debitore, informandolo della presenza del debito costituito dal capitale rimasto insoluto e dagli interessi ed eventuali oneri che devono essere corrisposti. Di seguito le società di recupero credito procedono a contattare il debitore telefonicamente sollecitandolo al pagamento del
dovuto, provando inoltre a stabilire un’intesa proponendo delle soluzioni di rientro del capitale mediante ammortamenti personalizzati appetibili.
Che significa “costituzione in mora” del debitore?
La costituzione in mora del debitore consiste nella richiesta fatta al debitore dal creditore, e per
iscritto, di adempiere l’obbligazione. Tale richiesta viene comunemente inoltrata a mezzo piego o
lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in modo da consentire di provare la data del ricevimento.
La spedizione della raccomandata A/R presso il domicilio dell’interlocutore dovrà contenere le seguenti caratteristiche:
1. La data della lettera;
2. Motivo dell’azione del recupero (contratto prestito insoluto, fattura ecc.), viene altresì, descritti gli obblighi derivanti dal contratto e quello che realmente è accaduto;
3. Data da cui scaturisce il debito;
4. Importo del debito dovuto e quantificazione interessi ed oneri dovuti;
Data o termine per saldare quanto richiesto, solitamente vengono concessi 15 giorni dal ricevimento
della lettera, può accadere tuttavia che per diversi motivi si concede minor tempo.
L’art. 1219 c.c. prevede che non sia necessario ricorrere alla costituzione in mora se:
l’obbligazione deriva da fatto illecito;
2. il debitore dichiara per iscritto di non voler adempiere;
3. l’obbligazione è a termine e la prestazione (o il pagamento) deve essere eseguita al domicilio del creditore.
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Dalla costituzione in mora del debitore, la legge fa scaturire taluni effetti a beneficio del creditore.
Quali sono gli effetti della "costituzione in mora" del debitore?
Gli effetti della costituzione in mora del debitore sono:
l’inizio della decorrenza degli interessi moratori, nella misura dell’interesse legale, se non
pattuiti diversamente;
2. l’interruzione del termine di prescrizione (art. 2943 c.c.);
3. l’obbligo in capo al debitore di risarcire l’eventuale danno;
4. la cosiddetta perpetuatio obligationis, ossia il passaggio del rischio che la prestazione divenga impossibile in capo al debitore.
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Se anche il sollecito telefonico risultasse infruttuoso, ecco che alcune società di recupero credito
provvedono a contattare il debitore direttamente a casa (esazione diretta), in questo caso gli agenti
esattori o procuratori stragiudiziali cercano di comprendere quali siano i reali motivi del mancato
pagamento (rifiuto a prescindere o temporanea impossibilità economica), ove vi siano le possibilità
e la volontà, gli agenti esattori, in concordo con l’obbligato, propongono soluzioni di rientro del debito garantendo anche forti sconti (stralcio).
Nella comunicazione di messa in mora si intima la controparte al pagamento del dovuto entro una
data prestabilita, trascorsi i tempi se non è stato provveduto a quanto richiesto viene resa edotta che
nei suoi confronti verrà intrapresa un’azione legale con addebitamento di tutte le spese.
Nel caso in cui non si raggiungano i risultati sperati durante la fase stragiudiziale, le società di recupero credito procedono alla verifica o valutazione dello stato economico del debitore. Questo servirà per decidere se è conveniente intraprendere o meno un’azione giudiziale nei suoi confronti. Tale
valutazione viene di norma eseguita anche in fase di accordo durante la fase stragiudiziale, spesso
accade che di fronte a richieste di ulteriore tempo da parte dei debitori, queste vengono accolte solo
quando vi siano la presenza di garanzie (pegni, ipoteche) a protezione dell’interesse del creditore.
FASE GIUDIZIALE NELLA PROCEDURA DI RECUPERO
DEL CREDITO
Nell’attività del recupero credito è contemplata la via giudiziaria quando la fase stragiudiziale non
ha prodotto alcun risultato. Il ricorso legale è finalizzato all’ottenimento di un titolo esecutivo che
permette di intraprendere l’esecuzione forzata sui beni dell’obbligato (macchina, immobili, ecc.).
Prima di ricorrere al Tribunale, vengono valutate le opportunità di avviare la fase giudiziaria mediante l’analisi dello stato economico e patrimoniale del debitore al fine di individuare la presenza di capitali sufficienti a giustificare l’azione legale. Pertanto a seguito di tale verifiche emergesse
l’assenza o insufficienza di beni pignorabili, l’azione giudiziaria diventerebbe controproducente soprattutto perché in caso di conclusione negativa le spese legali sarebbero a totale carico da chi
ha intrapreso l’azione giuridica. Situazione “sorvolabile” quando i crediti vantati sono di entità
molto elevata, il ricorso all’azione legale sarebbe comunque giustificata al solo fine di portare in bilancio come passività i crediti vantati.
Qui di seguito vengono descritti le varie opportunità del creditore per far valere i propri diritti:
RICORSO PER INGIUNZIONE: si concretizza quando il creditore ha in mano documenti che certificano il suo diritto, il credito vantato dovrà avere determinate condizioni ovvero essere:
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Certo (comprovato da documenti),
Liquido (assodato nel suo importo),
Esigibile (non sottoposto a condizioni e termini).
Nei casi in cui tali condizioni dovessero mancare e non disponendo già di un titolo esecutivo, che
permetterebbe di agire mediante atto di precetto, si dovrà procedere in via ordinaria con atto di citazione che comporterà un elevato aumento dei tempi per ottenere il titolo esecutivo.
Che cos’è un decreto ingiuntivo?
Un decreto ingiuntivo è l’ordine dato dal giudice al debitore di adempiere l’obbligazione assunta
(es. pagamento di una somma di denaro o consegna di una cosa mobile determinata) entro un determinato periodo di tempo (40 giorni). Trascorso tale termine, il decreto diventa esecutivo e si può
procedere al pignoramento dei beni del debitore.
Il decreto ingiuntivo viene emesso su richiesta del creditore, ed ha il vantaggio di essere molto più
celere e assai meno oneroso di un procedimento giudiziario ordinario. È disciplinato dagli articoli
633 e ss. del c.p.c. e richiede, per la sua emissione, la sussistenza di specifiche condizioni.
Contro un decreto ingiuntivo è possibile fare opposizione nei termini previsti dallo stesso decreto
(40 giorni)
Quali sono le condizioni per poter richiedere l’emissione di un decreto ingiuntivo?
Affinché si possa far ricorso al procedimento per decreto ingiuntivo è necessario che il credito consista nella consegna di una somma determinata di denaro o di una quantità determinata di cose fungibili, oppure nella consegna di una cosa mobile determinata. È inoltre necessario che il credito sia
provabile mediante prova scritta.
Più precisamente, si intendono per prove scritte idonee alla richiesta di decreto ingiuntivo (art.
634 c.c.):
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le polizze e promesse unilaterali per scrittura privata;
i telegrammi;
gli estratti autentici delle scritture contabili;
la giurisprudenza considera prova scritta anche le fatture commerciali.
In quali casi un decreto ingiuntivo viene emesso provvisoriamente esecutivo?
L’art. 642 c.p.c. prevede che, su istanza del ricorrente, il decreto ingiuntivo possa essere dichiarato immediatamente esecutivo (senza perciò che sia necessario attendere il termine di quaranta
giorni per verificare se il debitore paga o si oppone). Tale richiesta può essere accolta se il credito è
fondato su cambiale, assegno bancario, assegno circolare, certificato di liquidazione di borsa,
atto ricevuto da notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato.
L’esecuzione provvisoria può anche essere concessa se vi è pericolo di un grave pregiudizio nel
ritardo.
È possibile fare opposizione ad un decreto ingiuntivo?
L’opposizione ad un decreto ingiuntivo può essere proposta mediante atto di citazione (art. 645
c.p.c.) entro i termini strettamente previsti nel decreto stesso (40 giorni).
Ci si oppone al decreto ingiuntivo, ad esempio, se il credito non è scaduto o se è addirittura inesistente perché mai sorto o perché già estinto a seguito di pagamento.
A seguito dell’opposizione, il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario.
Su istanza dell’opponente, se ricorrono gravi motivi, il giudice può sospendere l’esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo (art. 649 c.p.c.).
Quali garanzie si possono inserire in un contratto per avere più probabilità che venga
adempiuto?
Quali clausole accessorie ad un contratto, al fine di garantire l’adempimento dell’accordo, o permettere un più facile e pronto risarcimento in caso di danno, la legge predispone vari strumenti.
Innanzi tutto può prevedersi una caparra con funzione penitenziale o confirmatoria, oppure una
clausola penale (con funzione di determinazione anticipata del valore del danno in caso di inadempimento).
Qual è la diffrenza tra caparra penitenziale e caparra confirmatoria?
La caparra confirmatoria (art. 1385 c.c.) è la più frequente e corrisponde alla antica consuetudine
di consegnare all’altra parte una somma di denaro (o altre cose fungibili) a conferma del vincolo assunto. Se la parte che ha concesso la caparra si rende inadempiente, l’altra parte può recedere dal
contratto e trattenere la caparra. Se inadempiente è la parte che ha ricevuto la caparra, l’altra parte
può sempre recedere e richiedere il doppio di quanto versato.
Si tratta in entrambi i casi di facoltà concessa all’interessato che può comunque insistere per l’adempimento, e richiedere il risarcimento per l’ulteriore danno subito.
Diversa è invece la funzione della caparra penitenziale (art. 1386 c.c.) che rappresenta il corrispettivo del diritto di recesso, stabilito convenzionalemente. Chi decide di recedere deve dare all’altra
parte quanto pattuito a titolo di caparra penitenziale e l’altra parte non potrà chiedere altro.
Possono poi sempre prevedersi delle specifiche garanzie, tanto di natura reale (cioè riferite a beni
mobili o immobili) oppure di natura personale (che fanno invece riferimento al patrimonio personale di un soggetto terzo).
DIRITTI REALI DI GARANZIA
Il pegno e l’ipoteca, oltre ai privilegi, sono cause legittime di prelazione.
Il pegno e l’ipoteca sono diritti reali che limitano il potere a disposizione (mediante pignoramento
o ipoteca) perché sono opponibili erga omnes e per questo sono caratterizzati da assolutezza attribuendo al creditore il potere di esercitare la garanzia espropriando e vendendo il bene anche se la
proprietà del bene è passata ad altri; questo è conosciuto come diritto di sequela.
I privilegi sui beni soggetti di diritto reale di garanzia identificabili con pegno ed ipoteca necessitano di un titolo costitutivo di pegno o ipoteca.
È possibile trasferire il pegno o l’ipoteca a terzi.
È tuttavia vietato il patto commissorio con il quale in caso di mancato pagamento la proprietà della
cosa oggetto di pegno od ipoteca passa al creditore.
La differenza sostanziale tra pegno e ipoteca è identificabile nel fatto che con il pegno il possesso
del bene avente per oggetto beni mobili passa al creditore materialmente mentre con l’ipoteca il
bene rimane al debitore.
L’ipoteca ha come oggetto beni immobili, beni mobili registrati, rendite di Stato.
Il pegno e l’ipoteca assolvono quindi all’esigenza del creditore di trovare generalmente piena soddisfazione del credito visto che in caso di mancato pagamento il creditore ha la facoltà di espropriare i
beni che poi vengono venduti all’asta e con il ricavato il creditore soddisfa le proprie legittime pretese, salvo fideiussione.
A titolo di garanzia personale possono invece prevedersi, tra le altre, la fideiussione o la fideiussione omnibus, oppure la garanzia a prima richiesta.
La fideiussione: oggetto e natura accessoria dell’obbligazione
La fideiussione, disciplinata dagli artt. 1936 e ss. c.c., è il negozio giuridico tramite il quale un soggetto, chiamato fideiussore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui obbligandosi
personalmente nei confronti del creditore. La fideiussione è efficace anche se il debitore non ne ha
conoscenza.
La fideiussione necessita un’espressa volontà del garante ex art. 1937 c.c. ed ha natura accessoria rispetto all’obbligazione principale garantita. In tal senso la fideiussione esiste nei limiti in cui esiste
l’obbligazione garantita. A mente dell’art. 1939 c.c., infatti, la fideiussione non è valida se non è valida l’obbligazione principale e, ex art. 1941 c.c., non può eccedere ciò che è dovuto dal debitore nè
essere prestata a condizioni più onerose (al contrario la fideiussione può prestarsi per una parte soltanto del debito). Sempre sotto il profilo dell’accessorietà della fideiussione rispetto all’obbligazione principale, deve rilevarsi che l’art. 1942 c.c. prevede che la fideiussione si estenda a tutti gli accessori del debito principale.
Coerentemente l’art. 1945 c.c. dispone che il fideiussore può opporre al creditore tutte le eccezioni
che avrebbe potuto opporre il debitore principale (è esclusa sola l’eccezione d’incapacità).
La fideiussione: gli obblighi del fideiussore
L’oggetto della fideiussione è la garanzia di un debito altrui, sicchè il fideiussore, ai sensi dell’art.
1944 c.c., è obbligato, in solido con il debitore principale, al pagamento del debito. È possibile
prestare una fideiussione per un debito futuro e sottoposto a condizione purchè sia fissato l’ammontare massimo garantito. Il fideiussore risulta, dunque, obbligato in solido con il debitore principale,
così il creditore potrà chiedere indifferentemente l’adempimento al fideiussore o al debitore, a
meno che non sia previsto il benficio di escussione; in tale ultimo caso il creditore non potrà escutere il fideiussore prima dell’escussione del debitore principale ma il fideiussore dovrà, ove intenda
valersi della relativa eccezione, indicare i beni del debitore principale aggredibili.
La fideiussione: i rapporti tra fideiussore e debitore principale garantito (il regresso)
Ove, nell’adempimento dell’obbligazione nascente dalla fideiussione, il fideiussore abbia pagato il
debito, avrà regresso nei confronti del debitore principale; subentrerà, cioè, nei diritti che il creditore aveva contro il debitore. È bene che il fideiussore comunichi sempre al debitore principale la
volontà di procedere al pagamento in quanto, ai sensi dell’art. 1952 c.c., non è ammesso il regresso
nei confronti del debitore principale qualora questi abbia proceduto al pagamento del debito a causa
del difetto di preventiva denunzia; in tal caso, inoltre, il debitore principale può opporre al fideiussore le eccezioni che avrebbe potuto opporre al creditore principale all’atto del pagamento.
La fideiussione: modalità d’estinzione
La fideiussione si estingue, oltre che naturalmente con l’adempimento dell’obbligazione da parte
del debitore principale, quando, per fatto del creditore, il fideiussore si trovi nell’impossibilità di
agire in regresso nei confronti del debitore principale o di valersi delle garanzie che assistevano il
credito (cfr. art. 1955 c.c.). Nell’ambito delle fideiussioni per obbligazioni future, il fideiussore ri-
sulta immediatamente liberato ove il creditore, consapevole dello stato d’insolvenza del debitore
principale, gli abbia, ciononostante, fatto credito. L’art. 1957 prevede, infine, che la fideiussione
cessi ove il creditore principale non abbia proposto le sue istanze entro il termine di sei mesi dalla
scadenza dell’obbligazione principale.
Fideiussione: il diritto di rilievo del fideiussore
Il fideiussore può, infine, esigere che il debitore principale lo liberi dalla fideiussione o, in mancanza, gli fornisca adeguate garanzie per l’esercizio delle ragioni di regresso quando sia convenuto in
giudizio, quando il debitore principale sia divenuto insolvente e quando il debito sia divenuto esigibile per la scadenza del termine.
La fideiussione omnibus
Derivante dalla pratica bancaria è invece la fideiussione omnibus. Con la “fideiussione omnibus” il
fideiussore si obbliga a garantire i debiti presenti e anche futuri del debitore, tale tipo di fideiussione
è valida solo se è stato stabilito un importo massimo garantito.
IL PRECETTO
Ottenuto il titolo esecutivo e dopo che questo è stato portato a conoscenza del debitore attraverso
la notifica (la notifica è una comunicazione ufficiale fatta a mezzo degli Ufficiali Giudiziari del
Tribunale o dell’Avvocato).
Condizione necessaria e sufficiente per poter avviare il procedimento di esecuzione forzata è quella di disporre di un titolo esecutivo.
Sono titolo esecutivi:
le sentenze;
i provvedimenti giurisdizionali cui la legge riconosce la medesima efficacia della
sentenza, ad esempio: decreto ingiuntivo, ordinanza per la convalida di sfratto o licenza,
provvedimenti provvisori ed urgenti emessi nel corso del giudizio di separazione personale
o divorzio;
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le scritture private autenticate, in relazione alle obbligazioni relative a somme di denaro;
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le cambiali
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i titoli di credito
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gli altri atti cui la legge riconosce la medesima efficacia dei titoli di credito;
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atti ricevuti da notaio od altro pubblico ufficiale.
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Dopo la notifica del titolo esecutivo o contestualmente ad essa il creditore potrà notificare al debitore l’atto di precetto.
Il precetto non è altro che un atto con il quale si chiede al debitore di adempiere l’obbligo che risulta dal titolo esecutivo entro un termine non inferiore a 10 giorni, con l’avvertimento che in caso
di mancato adempimento entro il termine stabilito, si procederà chiedendo il pignoramento.
Precetto su titoli: in presenza di titoli esecutivi (esempio assegni protestati o cambiali) è consentito
procedere direttamente all’esecuzione forzata dei beni di proprietà dell’obbligato, altrimenti è necessaria una sentenza o altro provvedimento che autorizza l’esecuzione forzata mediante titolo esecutivo.
Il creditore dovrà intimare all’obbligato entro un termine non inferiore ai dieci giorni di soddisfare
quanto stabilito dal titolo esecutivo. Se ciò non venisse rispettato si ha facoltà di pignorare tutti i
beni dell’insolvente fino al raggiungimento del valore del credito vantato.
IL PIGNORAMENTO
Il pignoramento è l’atto con il quale inizia l’esecuzione forzata vera e propria. Esso consiste nell’ingiunzione che l’Ufficiale Giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre determinati beni alla garanzia del credito.
In sostanza, avviene che l’Ufficiale Giudiziario si reca presso il debitore munito del titolo esecutivo e del precetto; giunto presso il debitore l’Ufficiale Giudiziario verifica se vi sono dei beni che
possono essere valido oggetto di vendita per l’importo richiesto dal creditore. Individuati i beni,
l’Ufficiale Giudiziario redige verbale e comunica al debitore che da quel momento non potrà disporre dei beni medesimi, cioè non potrà trasferirli né, tanto meno, venderli o cederli a terzi a qualunque titolo.
Si precisa che se il debitore col pignoramento è nominato custode dei beni pignorati.
Pertanto, il debitore sarà perseguibile penalmente, in particolare per il reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice se compia atti diretti a sottrarre i beni alla garanzia del credito, oppure renda false dichiarazioni o ometta di rispondere all’Ufficiale Giudiziario
che gli chieda dell’esistenza di altri beni utilmente pignorabili.
Particolari disposizioni sono dettate per il caso di pignoramento avente ad oggetto beni immobili,
beni immobili in comunione, beni che si trovano presso terzi.
FORMA DEL PIGNORAMENTO
Viene redatto dall’ufficiale giudiziario un verbale dal quale risulta, oltre che l’ingiunzione di cui
sopra, la descrizione di tutte le cose pignorate, il loro stato (tramite rappresentazione fotografica o
audiovisiva) e la determinazione approssimativa del presumibile valore di realizzo stabilito con
l’assistenza, se ritenuta utile o richiesta dal creditore, di un esperto stimatore scelto dall’ufficiale
giudiziario.
Se riguarda COSE MOBILI
L’ufficiale giudiziario munito di titolo esecutivo procede al pignoramento ricercando le cose nella
casa del debitore e negli altri luoghi a lui appartenenti, e anche sulla persona stessa. L’ufficiale
giudiziario può avere l’assistenza della forza pubblica.
Non può riguardare le cose impignorabili e deve essere eseguito di preferenza sulle cose che l’uffi-
ciale giudiziario ritiene di più facile e pronta liquidazione nel limite di un presunto valore di realizzo (calcolato aumentando della metà l’importo del credito precettato). In ogni caso devono essere
preferiti, in ordine: il denaro contante, gli oggetti preziosi, i titoli di credito ed ogni altro bene che
appaia di sicura realizzazione.
Non può essere eseguito nei giorni festivi e fuori l’orario stabilito dalla legge per le notificazioni (dalle 7 alle 21).
Il denaro, i preziosi e i titoli pignorati vengono consegnati dall’ufficiale giudiziario al cancelliere
del competente ufficio giudiziario, mentre gli altri beni vengono trasportati in un luogo di pubblico
deposito oppure affidati ad uno specifico custode (che non può essere il creditore o il debitore qualora l’altra parte non dia il suo consenso).
Nota importante:
Il pignoramento può riguardare anche le cose mobili (arredamento, oggetti vari) presenti nell’immobile non di proprietà del debitore. È sufficiente che questi vi abbia residenza per presumere -in
forza di legge- che i beni contenuti nell’immobile siano di sua proprietà, salvo prova contraria (sua
o dell’effettivo proprietario).
PIGNORAMENTO IMMOBILIARE
Si esegue mediante notificazione al debitore e successiva trascrizione nei registri immobiliari di un
atto contenente l’esatta descrizione dell’immobile e l’ingiunzione al debitore di non compiere atti
dispositivi. Insieme al bene immobile possono essere pignorati anche i mobili in esso contenuti,
quando appaia opportuno che l’espropriazione avvenga unitamente. A custodia dei beni viene normalmente nominato il debitore, ma su richiesta di un creditore il giudice può anche nominare persona diversa. Ciò avviene comunque nel caso in cui il debitore non occupi l’immobile.
PIGNORAMENTO PRESSO TERZI
Riguarda crediti del debitore verso terzi (come fitti, stipendi -con limiti che diremo- e somme presenti sul conto corrente) o cose del debitore che si trovano presso terzi. Si esegue mediante atto
notificato al terzo e al debitore, e deve contenere oltre all’ingiunzione a non compiere alcun atto
dispositivo circa i beni e i crediti assoggettati a pignoramento, l’indicazione del credito per cui si
procede, del titolo esecutivo e del precetto, l’indicazione anche generica delle cose o somme dovute e l’intimazione al terzo di non disporne senza ordine del giudice.
L’atto contiene anche l’invito a presentarsi davanti al giudice per dichiarare “di quali cose o quali
somme” il terzo è debitore o si trova in possesso e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna.
Interessante osservare che questa disposizione non riguarda i pignoramenti “esattoriali” (si veda
più avanti), per i quali è invece previsto che il terzo debitore effettui direttamente i pagamenti al
concessionario.
EFFETTI DEL PIGNORAMENTO
Il pignoramento, nelle varie specie, produce l’effetto di rendere inopponibili al creditore procedente, e agli altri creditori che intervengono nell’esecuzione, gli atti di disposizione compiuti sui beni
pignorati (come per esempio la vendita e le cessioni dei crediti).
Per gli immobili vale la regola dell’anteriorità della trascrizione; per i beni mobili il principio
della tutela del terzo acquirente che abbia acquistato il possesso in buona fede. Si vedano, in
proposito, gli articoli 2912 e segg. del codice civile.
COSA SI INTENDE PER IMPIGNORABILITÀ
Riguarda il pignoramento mobiliare presso il debitore, e riguarda cose che per il loro prevalente
valore morale (es. oggetti di culto, fede nuziale), o per stretta necessità nella vita domestica (es.
frigorifero, lavatrice), hanno indotto il legislatore a privilegiare i bisogni di quest’ultimo rispetto al
principio per cui tutti i beni dovrebbero fungere da garanzia dei creditori ed essere quindi espropriabili.
Sono inoltre sottratti al pignoramento i crediti alimentari (gli alimenti versati dal coniuge separato,
tranne per cause di alimenti e comunque con autorizzazione del presidente del tribunale o di un
giudice delegato e per la parte dallo determinata dallo stesso), i crediti aventi per oggetto sussidi di
grazia, di sostentamento, di maternità e di malattia.
Sono parzialmente impignorabili, invece,
tutti i beni indispensabili per l’esercizio della professione o del mestiere esercitato dal debitore.
Essi possono essere pignorati nei limiti di un quinto nei casi in cui il presumibile valore degli altri
beni non appare sufficiente per la soddisfazione del credito. La disposizione non si applica se il
provvedimento riguarda una società.
Particolari disposizioni, inoltre, riguardano le cose che il proprietario di un fondo tiene per il servizio e la coltivazione del medesimo nonchè i frutti non ancora raccolti o separati dal suolo.
Maggiori dettagli in merito si possono trovare agli art.514 e segg. nonchè all’art.545 del codice di
procedura civile.
PIGNORABILITÀ DELLO STIPENDIO
La Finanziaria 2005 (legge 311/04) ha definitivamente equiparato le disposizioni relative alla pignorabilità degli stipendi privati e di quelli pubblici. Per questi ultimi ricordiamo che già da tempo
è stata abolita la regola di assoluta impignorabilità a seguito di varie pronunce della Corte Costituzionale (sentenze n.89/1987 e n.878/1988).
In sostanza vige per tutti gli stipendi (nonchè le gratifiche, le pensioni, le indennità, i sussidi, etc)
la regola generale secondo cui essi sono impignorabili ed insequestrabili salvo queste eccezioni:
1) se il debito riguarda alimenti dovuti per legge, è prevista la pignorabilità fino ad un terzo degli
stipendi al netto di ritenute;
2) se il debito è verso lo Stato o altri enti o imprese da cui il debitore dipende, e riguarda il rapporto di impiego, è prevista la pignorabilità fino ad un quinto degli stipendi al netto di ritenute;
3) se il debito riguarda tributi dovuti allo Stato, alle Province o ai Comuni dall’impiegato o salariato, è prevista la pignorabilità fino ad un quinto degli stipendi dello stesso al netto di ritenute.
Se concorrono simultaneamente i casi 2 e 3 il pignoramento non può colpire una quota totale maggiore del quinto già detto, mentre se concorre anche il caso 1 il pignoramento non può colpire una
quota maggiore della metà degli stipendi al netto di ritenute.
E’ da precisare, per quanto previsto dal codice di procedura civile, che la quota oggetto di pignoramento è decisa dal presidente del Tribunale o da un giudice da questi delegato.
Fonte: art.1 e 2 d.p.r.180/50 con modifiche della legge 311/04 art.1 comma 137, e c.p.c. Art.545 e
segg.
SE I BENI PIGNORATI SI RIVELANO INSUFFICIENTI,
oppure si manifestano troppo lunghi i tempi di liquidazione degli stessi, l’ufficiale giudiziario può
interpellare ufficialmente il debitore riguardo all’esistenza di altri beni disponibili per il pignoramento. I debitori che -quando interpellati- dichiarano il falso o non collaborano, ovvero non rispondono entro 15gg, sono perseguibili penalmente secondo quanto previsto dall’art. 388 del codice penale (reclusione fino ad un anno e la multa fino a 309 euro).
Ulteriormente l’ufficiale giudiziario può, sempre nell’ottica di cui sopra, procedere ad una ricognizione dei beni da pignorare con accesso diretto all’anagrafe tributaria o ad altre banche dati pubbliche. Se il debitore è un imprenditore commerciale, inoltre, l’ufficiale potrà consultare le scritture
contabili mediante la consulenza di un professionista.
Tutto ciò anche su richiesta del creditore procedente, che con apposita istanza può chiedere
l’integrazione del pignoramento anche al giudice qualora ritenesse inadeguate le stime effettuate
dall’ufficiale giudiziario. A tal scopo il giudice ha facoltà di nominare un perito stimatore.
LA CONVERSIONE DEL PIGNORAMENTO
Al debitore, al quale siano stati pignorati dei beni, è data facoltà di chiedere la conversione del
pignoramento, purchè ne faccia istanza prima che sia disposta la vendita.
A tal fine il debitore depositerà un’istanza in Tribunale, insieme all’istanza andrà necessariamente
depositata una somma non inferiore ad un quinto del credito per cui è stato eseguito il pignoramento. Con quest’istanza il debitore chiederà che i beni o crediti pignorati siano sostituiti da una
somma di denaro.
Sarà poi il Giudice a stabilire la somma da sostituire ai beni pignorati, dopo aver sentito personalmente le parti in udienza. In particolare, se il pignoramento riguardava beni immobili il Giudice potrà disporre che il debitore versi la somma rateizzata entro un termine massimo di 18
mesi.
IL SEQUESTRO CONSERVATIVO
Il sequestro conservativo è indicato tra i cd “mezzi di conservazione” della garanzia patrimoniale
del debitore.
Si chiederà il sequestro dei beni del debitore quando si abbia fondato timore che questi possa
alienare o comunque far sparire tutto o parte del suo patrimonio. In tal caso, laddove il debitore non risultasse più detentore di nulla, il creditore che, dopo anni di causa, abbia ottenuto una
sentenza favorevole rischia in concreto di trovarsi comunque a bocca asciutta. Se infatti il debitore
si rifiuti di dare spontaneo adempimento alla sentenza il creditore sarà costretto ad agire in via
esecutiva. Ma su quali beni potrà agire il creditore se il debitore non ha nulla? Il creditore che non
abbia proposto ricorso per sequestro in questo caso rimarrà ancora insoddisfatto.
Dunque, lo scopo che si raggiunge con il sequestro conservativo è quello di creare un vincolo di
indisponibilità sui beni mobili e/o immobili del debitore cui esso si riferisce. Questo significa
che il debitore potrà disporre del bene sequestrato (dunque potrà venderlo, donarlo, costituirvi diritti di godimento in favore di terzi) ma tali atti non sono opponibili al sequestrante.
Il sequestrante che ottenga sentenza di condanna nei confronti del debitore potrà, pertanto, agire
con la procedura di esecuzione forzata chiedendo ed ottenendo la vendita del bene sequestrato, non
avendo alcun rilievo nei suoi confronti i diritti che i terzi vantano sul bene medesimo successivamente al sequestro.
Procedimento e tempi: il sequestro conservativo rientra tra i provvedimenti cautelari. Esso può
essere chiesto sia prima di iniziare il procedimento di merito, sia in pendenza di giudizio. In ogni
caso il ricorso per sequestro va sempre presentato al Tribunale.
Ricevuto il ricorso il Giudice provvederà alle formalità essenziali e quindi deciderà sull’accoglimento o rigetto della domanda, pertanto i tempi saranno molto brevi, di norma si svolgeranno
non più di due udienze.
Se il ricorso è stato presentato prima dell’inizio della causa di merito la medesima dovrà iniziarsi
entro 60 giorni; in caso contrario il provvedimento perderà efficacia.
PRESCRIZIONE DEL CREDITO
La prescrizione del credito è regolamentata dall’articolo 2946 del codice civile secondo cui in generale il diritto all’incasso delle somme dovute si prescrive decorsi 10 anni, salvo i casi di seguito citati:
La prescrizione si riduce a 5 anni nel caso di crediti vantati per canoni di locazione, interessi, salari,
tfr e pensione;
1.
2.
3.
4.
3 anni per i crediti maturati da attività professionali;
2 anni per i crediti dovuti alla circolazione dei veicoli;
Un anno per i crediti dovuti alle assicurazioni (premi);
6 mesi per i crediti dovuti agli albergatori e similari.
In particolare i debiti derivanti da mutui, prestiti o finanziamenti (pagamenti rateali) si prescrivono in 10 anni, non sono assoggettati alla prescrizione della durata dei 5 anni (mentre ai fini
fiscali è opportuno tenere custodite le ricevute di pagamento per almeno 5 anni).
Oltrepassati questi limiti temporali come detto non si ha più il diritto alla riscossione, tuttavia la legge prevede che tali limiti possono essere interrotti mediante la notifica al debitore di quanto dovuto
attraverso la comunicazione della messa in mora (diritto esercitato dal creditore).
Dal ricevimento o notifica della messa in mora inizierà di nuovo il limite delle scadenza della prescrizione pari al periodo prescrittivo precedente, azzerando la durata antecedente alla comunicazione.
In che modo viene calcolata la prescrizione del debito?
Il periodo prescrittivo inizia dal giorno in cui si fa valere il diritto di riscossione e si conclude l’ultimo giorno della durata prevista. Per il calcolo complessivo vanno compresi anche i giorni festivi e
prefestivi.
Ho pagato un debito che però era già prescritto ho diritto al risarcimento o rimborso?
Ai sensi dell’articolo 2940 del codice civile “pagamento del debito prescritto” non si ha diritto al
rimborso qualora sia stato pagato un debito andato in prescrizione. Articolo 2034 del codice civile
sulle “obbligazioni naturali” cita: Non è ammessa la ripetizione di quanto e stato spontaneamente
prestato in esecuzione di doveri morali o sociali, salvo che la prestazione sia stata eseguita da un incapace.