Prima di arrivare a Porta S. Sebastiano – l`antica Porta Appia delle

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Prima di arrivare a Porta S. Sebastiano – l`antica Porta Appia delle
Prima di arrivare a Porta S. Sebastiano – l’antica Porta Appia delle
mura costruite nella seconda metà del III sec. d.C. dall’imperatore
Aureliano – esisteva (ed esiste tuttora coi nomi di via delle Terme di
Caracalla e via di Porta S. Sebastiano) il tratto iniziale della strada,
lungo quasi un miglio, che, partendo dalla Porta Capena delle mura
repubblicane del IV sec a.C., divenne urbano proprio con la costruzione delle Mura Aureliane.
Da Porta S. Sebastiano, che ospita al suo interno l’interessante Museo
delle Mura, si segue in leggera discesa l’antico Clivo di Marte così
chiamato dal santuario che vi sorgeva e del quale sono stati recentemente riportati alla luce alcuni resti. Immediatamente prima del
cavalcavia, sulla destra, sono gli avanzi di un gruppo di tombe databili tra il I sec. a.C. e il II d.C. mentre nel muro moderno è stata inserita la copia della colonnina del I miglio
(1), con iscrizioni di Vespasiano e di
Nerva (l’originale si trova sulla balaustra di piazza del Campidoglio).
Oltrepassati i resti di un grande
sepolcro in laterizio, si scavalca la
Marrana della
Caffarella, l’antico Almone (2), affluente
del Tevere, nelle cui acque ogni anno, il 27 marzo, i sacerdoti di
Cibele (Magna Mater) lavavano il simulacro della dea. Qui si trova il
complesso dell’ex Cartiera Latina, oggi sede dell’Ente Parco Regionale
dell’Appia Antica (Via Appia Antica, 42 Tel. 065126314, 065130682 www.parcoappiaantica.org) (3); è attivo un centro visitatori dove è
possibile usufruire di numerosi servizi (per le visite guidate numero
verde 800028000). Il Parco, istituito con legge regionale nel 1988,
si estende per circa 3500 ettari dalla Porta S. Sebastiano a Boville,
in Comune di Marino. Nel Parco sono ricomprese le prime 11 miglia
della Regina Viarum oltre alla Valle della Caffarella e all’area degli
Acquedotti.
Poco dopo sorge il cosiddetto Sepolcro di Geta (4), erroneamente
attribuito al figlio di Settimio Severo fatto uccidere dal fratello
Caracalla. In origine a più piani sovrapposti e decrescenti, la tomba
è ora ridotta al nucleo di calcestruzzo, sul quale è stata costruita una
casetta. Presso il bivio con la via Ardeatina è la piccola chiesa del
Quo Vadis (5) o Santa Maria in palmis rifacimento seicentesco di una
cappella eretta nel IX secolo sul luogo dove, secondo la tradizione,
S. Pietro che fuggiva da Roma per sottrarsi alla persecuzione di
Nerone, avrebbe avuto la visione di Gesù che lo rimproverava invitandolo a tornare indietro. L”impronta“ di due piedi su una lastra
marmorea al centro della chiesa (copia di un rilievo conservato nella
vicina basilica di S. Sebastiano) sarebbe la traccia miracolosa lasciata dal Signore: si tratta in realtà di un ex voto pagano per il buon
esito di un viaggio. Quasi di fronte alla chiesa s’intravvede, nascosto
da una vecchia osteria, il nucleo cementizio di una tomba cilindrica
(6) sormontata da una piccola torre tronca d’età medievale: vi si riconosce il Sepolcro di Priscilla, moglie del potente liberto dell’imperatore Domiziano, Flavio Abascanto.
Superato
il
bivio
con
l’Ardeatina (7), l’Appia inizia il percorso
rettilineo col quale raggiunge i Colli Albani.
Poco più avanti, sulla sinistra si trova Via della
Caffarella con la quale si può raggiungere l’ampia Valle della
Caffarella, di grande interesse naturalistico e storico. All’altezza del
numero civico 103, che corrisponde al portale della seicentesca Villa
Casali, sorgeva la colonnina del II miglio, ricordata da una lapide sul
lato destro della strada.
Più avanti, e sempre sulla destra, s’apre l’ingresso alle Catacombe di
S. Callisto (8), fin dal III secolo il più importante sepolcreto cristiano di Roma che accolse molte sepolture di papi e di martiri. Le gallerie si sviluppano su quattro piani per un’area di oltre 12.000 metri
quadri. I nuclei principali si trovano nelle “regioni” di Callisto (Cripta
dei papi) e di S. Cecilia e cosiddette cripte di Lucina.
Cento metri oltre il bivio con la via Appia Pignatelli (sistemata alla
fine del secolo XVII da Papa Innocenzo XII), al numero civico 119a,
è l’ingresso delle Catacombe Ebraiche di Vigna Randanini (9).
Dopo il successivo bivio con la via delle Sette Chiese s’apre uno spiazzo: a sinistra si leva la colonna eretta nel 1852 a ricordo dei lavori
di sistemazione della Via Appia compiuti da Luigi Canina per volere
di Papa Pio IX; a destra sorge la basilica di S. Sebastiano (10)
costruita agli inizi del IV secolo ma rifatta nel XVII. Già intitolata ai
SS. Pietro e Paolo (Memoria Apostolorum), dopo il IX secolo fu dedicata al martire sepolto nelle adiacenti catacombe alle quali si accede dalla chiesa. Le Catacombe di S Sebastiano furono le prime ad
essere indicate con l’espressione generica derivata dal
greco Katà Kymbas, che significa “presso le
cave” e dalla quale fu tratto il nome
usato per designare tutti i
cimiteri sotterranei. Iniziate
dopo la metà del III
trionfale. Sulle gradinate potevano trovare posto oltre 10.000 spettatori. Al di là del Circo sorgeva la Villa (12), che era direttamente
collegata al palco imperiale del Circo. Sotto di essa e da quella inglobata, si trova una precedente villa del II secolo, sorta a sua volta
sopra una di età tardo-repubblicana.
Alla sommità della salita che la strada affronta subito dopo, si erge
la Tomba di Cecilia Metella (14), eretta poco dopo il 50 a.C. per la
figlia di Q. Cecilio Metello Cretico, moglie di Marco Grasso, figlio del
triumviro collega di Pompeo e Cesare: è del tipo a corpo cilindrico
impostato su basamento quadrato. Il cilindro, rivestito di travertino
e coronato da un fregio marmoreo in rilievo con festoni tra brucrani,
è alto metri 11, con metri 29,50 di diametro. In origine doveva terminare con una struttura conica o, più probabilmente, con un cumulo di terra, e al suo interno accoglieva la cella funeraria che era chiusa in alto da una volta a calotta. I merli ghibellini
fanno parte di una sopraelevazione medievale allorché
secolo e
poi ampiamente sviluppate, sono le uniche rimaste sempre accessibili e frequentate. Dei quattro piani di gallerie si visita solamente il secondo. La chiesa, costruita in età
costantiniana, ha oggi l’aspetto assunto dopo il radicale rifacimento
seicentesco. Duecento metri circa dopo S. Sebastiano, sulla sinistra
si trovano i ruderi della residenza imperiale di Massenzio. In primo
piano, parzialmente nascosto da un casale che vi è addossato (oggi
restaurato e destinato a diventare area museale), si vede il mausoleo
noto come la Tomba di Romolo (11) dal nome del figlio dell’imperatore che vi fu sepolto nel 309 d.C. Posto al centro di un’area cinta da
un quadriportico, il mausoleo era costituito da una “rotonda” coperta a cupola e preceduta da un pronao in tutto simile al Pantheon. In
secondo piano, si vede il Circo (13), lungo metri 250 e largo 92, delimitato sul lato di testa da due torri semicilindriche tra le quali erano
i dodici “box” da cui partivano i carri per le corse. Al centro dell’area
è la “spina” attorno alla quale i carri giravano; sul lato curvo un arco
la tomba fu trasformata in
torre e inserita in un quadrilatero fortificato che inglobava l’Appia. All’inizio del XIV
secolo, a guisa di “mastio” angolare, fu compresa nel Castello dei
Caetani (15), del quale faceva parte il Palazzo, addossato alla tomba:
nei suoi ambienti recentemente restaurati sono esposti i materiali
raccolti lungo la strada agli inizi del secolo XX per costituire il primo
nucleo del “museo della via Appia”.Pure recentemente restaurato e
aperto ai visitatori è stato l’interno della Tomba nel cui piano ipogeo
è visibile una spettacolare colata lavica risalente a 260.000 anni fa.
Sull’altro lato della strada si trova la piccola chiesa di S. Nicola (16),
scoperchiata, che è un raro esempio di stile gotico (cistercense) a
Roma. Circa 80 metri più avanti era posta la colonnina del III miglio,
ed è visibile un tratto dell’antica pavimentazione stradale con i grandi basoli di lava vulcanica. Dopo il bivio con via di Cecilia Metella,
oltre i muri e le recinzioni delle ville costruite negli ultimi decenni,
si scorgono il grande rudere detto Torre di Capo di Bove (17) e, circa
200 metri più avanti, i resti di due sepolcri a torre. Superato il Casale
Torlonia (n. civico 240), la via corre finalmente libera e fiancheggiata da pini e cipressi con numerosi resti di tombe ora più facilmente
accessibili. Oltre il cancello dell’ex Forte Appio, si susseguono, sulla
destra, l’epigrafe di un Gneo Bebio Tampilo e l’iscrizione della famiglia Turania; poi un altorilievo marmoreo con un personaggio raffigurato in nudità “eroica” (19). Poco oltre, a sinistra, sono murati su
una “quinta” ottocentesca di mattoni i frammenti e l’epigrafe della
tomba di Marco Servilio (18). Dopo le rovine di un sepolcro a torretta un’altra “quinta” moderna in laterizio, detta Tomba di Seneca (20)
raccoglieva frammenti marmorei recuperati nei paraggi e ora asportati. Qui era la colonnina del IV miglio.
Segue un mausoleo rotondo (21) con un basamento quadrato: quindi, dopo un tratto del basolato antico, il nucleo di un sepolcro a
camera e la tomba dei figli del liberto Sesto Pompeo Giusto (22) con
la grande epigrafe in versi sul consueto pilastro ottocentesco dal
quale sono stati asportati molti frammenti architettonici che vi erano
murati. Più avanti sorgono, arretrati rispetto alla strada, i ruderi di
un grande monumento in laterizio,
su podio e con
Sempre sul lato destro seguono i ruderi ben conservati nella parte
posteriore di un sepolcro a tempietto (31), rettangolare, con alto
podio e scalinata; la Tomba, ricostruita, dei Rabiri (32), del I secolo d.C., con la copia del rilievo originale raffigurante i busti con le
iscrizioni funebri di Usia Prima, sacerdotessa di Iside, e di due liberti di un Rabirius; un nucleo in calcestruzzo di un sepolcro a torre
(33), con la porta ad arco; la Tomba detta dei Festoni (34) del tipo
ad ara, ornata da un fregio in rilievo con putti sorreggenti festoni; la
tomba detta del frontespizio, ricostruita (35), appoggiata ad un alto
nucleo in selce, in forma di edicola, con la copia del rilievo a quattro busti, della seconda metà del I secolo a.C.
Sul lato sinistro presso il bivio con la via Erode Attico, dopo i resti
di tre sepolcri a camera, poco lontano dalla strada, sorge una tomba
quadrangolare in forma di arco quadrifronte (36).
Dopo il quadrivio con le vie Erode Attico e di Tor
Carbone inizia un altro tra i più suggestivi tratti
dell’Appia. Tra i molti ruderi sono,
absidi sui tre lati,
attribuiti ad un tempio di Giove
(23); di fronte (all’interno di una proprietà privata) si trova il
Sepolcro di S. Urbano (24), del tipo a tempietto con gradinata frontale, in opera laterizia nel quale sarebbe stato sepolto papa Urbano
successore di Callisto.
Il tratto dell’Appia che segue è tra i meglio conservati anche se l’attuale stato di molte tombe è frutto delle “ricostruzioni” fatte eseguire dal Canina, mentre ai nostri giorni, rilievi e statue antiche sono
stati sostituiti con copie e calchi. Vi si succedono, sul lato destro: la
Tomba dei Licini (25); la cosiddetta Tomba Dorica (26), un tipo di
sepolcro ad ara, d’età sillana. La tomba di Ilario Fusco (27), con il
calco del rilievo originale con cinque ritratti di defunti; la Tomba di
Tiberio Claudio Secondino (28), sormontata da due basi per statue.
Dopo i resti di un colombario (29), un tempo contenente una statua
acefala al centro del lato di fondo, è la Tomba di Quinto Apuleio (30),
con un grosso frammento di lacunare in travertino pertinente ad un
soffitto.
a destra, quelli di un alto nucleo a torre, di
calcestruzzo (37), ai piedi del quale è un’epigrafe
con i nomi di tre liberti ebrei; sul lato opposto, quelli di due sepolcri a tempietto, del II secolo d.C. (38, 39) e, di nuovo a destra, dopo
due nuclei a torre, quelli di un mausoleo rotondo su basamento quadrangolare (40), sormontato dai resti di una torre medievale.
Seguono una tomba in laterizio, rifatta nel Medioevo come torre e il
nucleo di un sepolcro a cuspide. Subito dopo, la via che qui tocca il
V miglio, piega leggermente a sinistra, forse per rispettare un luogo
“sacro” probabilmente connesso all’antico confine tra il territorio di
Roma e quello di Alba Longa e al ricordo del combattimento leggendario fra gli Orazi e i Curiazi.
Più avanti si trova il cosiddetto Tumulo dei Curiazi (41), databile tra
la fine della repubblica e l’inizio dell’impero. Sul lato opposto, dopo
il casale medievale di S. Maria Nova, s’innalza il grande rudere di un
sepolcro a piramide (42). Circa 100 metri più avanti, sulla destra,
(45) sormontati
da un’epigrafe; a sinistra, un sepolcro con una porta ad arco (46) e
altri resti tra i quali quelli di un grosso nucleo in selce, preceduto da
una statua acefala (47). Sul lato opposto sono i resti di un impianto
termale, forse pertinente a una villa, e la tomba di un magistrato
dalla quale è stato asportato il fregio a rilievo con armi e fasci consolari (48). Di fronte sta la mole del più grande mausoleo della via
Appia, detto Casal Rotondo (49) per via di un casale costruitovi sopra
e ora sostituito da una villetta. D’età augustea e già ritenuto, senza
fondamento, la tomba di Messala Corvino, console nel 31 a.C. è formato da un corpo cilindrico, originariamente rivestito di travertino,
impostato su un basamento quadrangolare di metri 35 di lato. Gli elementi architettonici murati nella parete laterizia eretta dal Canina a
fianco del mausoleo, contrariamente a quanto creduto in passato,
non sembrano appartenergli e sono stati invece riferiti ad un altro
sepolcro in forma di edicola circolare con tetto conico a squame coronato da un pinnacolo, attribuibile, in base a un frammento di iscrizione, a un membro della famiglia degli Aureli Cotta.
Subito dopo Casal Rotondo, dove la ferrovia per Napoli sottopassa la
età
repubblicana con i
ritratti di tre defunti. Da
lontano, sulla sinistra, si vedono le arcate
dell’acquedotto che riforniva la Villa dei Quintili.
Più avanti, poco prima del sottopasso del “Grande Raccordo Anulare”,
si trovava il settimo miliario della strada, che dal 1848 sta sulla
balaustra del Campidoglio, dalla parte dell’Aracoeli. Proseguendo,
dopo alcuni nuclei di sepolcri in calcestruzzo, a sinistra, c’è una
grande esedra (55), della quale rimane solo la struttura interna, forse
originariamente coperta da una semicupola e rivestita di marmi pregiati e ornata con statue. Ancora a sinistra, poco oltre, si nota, tra
altri resti, una tomba in laterizio (56) su basamento quadrato che
conteneva la camera sepolcrale, con una quinta a edicola soprelevata sul prospetto, e una nicchia centrale, forse per una statua, inquadrata da due semicolonne sormontate da un timpano.
Più avanti, su una collinetta a destra (57), ci sono gli avanzi di un
sepolcro sul quale nel medioevo era stata costruita una torre: la Torre
ORARI DI VISITA
• Museo delle Mura - Via di Porta San Sebastiano, 18 – 0670475284
Orario: 9-19. Lunedì chiuso. Domenica: inverno 9-17; estate 9-19. Lit. 5000.(E 2,58)
• Catacombe di S.Callisto - Via Appia Antica, 110 - 0651301580.
Orario: 8.30-12; 14.30-17. In estate fino alle 17.30.
Chiuso il mercoledì e il mese di febbraio. Lit. 8.000.(E 4,13).
• Catacombe di S. Sebastiano - Via Appia Antica, 136 - 0651301580.
Orario: 8.30-12; 14.30-17. In estate fino alle 17.30.
Chiuso la domenica e il mese di novembre. Lit. 8.000.(E 4,13).
• Catacombe ebraiche di Vigna Randanini - Via Appia Antica, 119 Visite ogni 1°lunedì del mese con prenotazione alla
Soprintendenza Archeologica di Roma Tel. 064880530, fax 064814125.
• Tomba di Cecilia Metella - Via Appia Antica, 161 - 067802465.
Orario: dalle 9 fino ad un‚ora prima del tramonto. Lunedì chiuso. Lit. 4000.(E 2,07)
Pertinente alla tarda
età imperiale era stato adattato nell’alto medioevo a piccola chiesa
dedicata alla Madonna, già abbandonata nel
secolo X. Poco oltre è l’incrocio con la via di
Fioranello dopo la quale l’Appia continua fino
all’XI miglio, nei pressi dell’abitato di Santa
Maria delle Mole dove all’antico tracciato
viene a sovrapporsi quello moderno della via
Appia Nuova.
Prof.Romolo Augusto Staccioli
Università di Roma “La Sapienza”
Grafica: Marco Filippetti
Appia, crollata nel 1985 durante un violento temporale. Ancora più
avanti, sulla destra, ci sono i ruderi di un altro grande mausoleo
rotondo, seguiti, sullo stesso lato, da un’ area con alcuni tronconi di
colonne in peperino (58) che indicano l’antica presenza di un portico già riferito a un tempio di Ercole, ma più verosimilmente da attribuire a un edificio dedicato al dio Silvano. Una cinquantina di metri
dopo stava la colonnina dell’VIII miglio.
Alquanto più avanti, sulla sinistra, preceduto da una tomba a edicola ben conservata, si trova ancora un mausoleo rotondo (59) originariamente coperto da una cupola, detto per la sua forma “Berretta
del prete”.
Illustrazioni: Amedeo Gigli e Ilaria Vescovo
strada, era collocata la colonnina del VI miglio.
Proseguendo oltre l’incrocio con la via di Casal Rotondo, si vedono
nuclei in calcestruzzo di sepolcri più o meno alti, zoccoli di tombe in
peperino, residui di selciato. A destra c’è una tomba in laterizio (50)
rivestita di lastre marmoree con figure di grifoni, la cui camera funeraria è ancora in buono stato. Segue a sinistra Torre Selce (51)
costruita nel XII secolo sopra il nucleo di un mausoleo che doveva
essere simile a quello di Cecilia Metella. Poco oltre, a sinistra tra due
pini, su un piedistallo, è collocata una cornice con una bella iscrizione funeraria. (52) Prima di giungere al punto dove la via disegna
una lieve curva sulla destra, appoggiata a un rudere di calcestruzzo
c’è una statua acefala di un
uomo togato (53); a sinistra, giace tra l’erba il
calco di un rilievo
marmoreo di tarda
• Villa dei Quintili - Via Appia Nuova, 1092 - Tel. 067182273.
Orario: dalle 9 fino ad un‚ora prima del tramonto. Chiuso il lunedì.Lit. 8000.(E 4,13).
• Circo di Massenzio, Mausoleo di Romolo e Residenze Imperiali.
Via Appia Antica, 153 - 067801324. Orario: dalle 9 fino ad un‚ora prima del tramonto.
Lunedì chiuso.Lit. 5000. (E 2,58)
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D I S T R I B U Z I O N E G R AT U I TA
sono i cosiddetti Tumuli degli Orazi (43), anche essi, come quello
precedente, dei Curiazi, legati alla tradizione dello scontro che
sarebbe avvenuto nei paraggi, e secondo una recente ipotesi, costruiti come “memoria” di esso, in età augustea.
A meno di 150 metri dopo i Tumuli degli Orazi, sulla sinistra, s’affaccia sulla strada il Ninfeo della Villa dei Quintili (44), formato da
un grande emiciclo con una nicchia sul fondo e un bacino sul davanti. A destra è un loggiato medievale. Della Villa, che era la più vasta
fra tutte quelle del suburbio romano e apparteneva a due fratelli
mandati a morte da Commodo intorno al 182 d.C., si scorgono gli
imponenti resti verso la via Appia Nuova dove (al n. civico 1092) è
stato recentemente aperto l’ingresso per la visita, dopo importanti
lavori di scavo e di sistemazione e l’allestimento di un antiquarium
in un vecchio casale opportunamente ristrutturato.
Dopo circa 300 metri dal Ninfeo, a
destra, sono i ruderi del sepolcro
circolare di Settimia Galla
LA VIA APPIA ANTICA fu la prima e la più importante tra le grandi strade
costruite da Roma. Chiamata a buon diritto la Regina Viarum, essa nacque
alla fine del IV secolo a.C. per mettere in diretta e rapida comunicazione
Roma e Capua.
L’anno di nascita della strada fu il 312: quello in cui fu censore a Roma Appio
Claudio, il magistrato che la fece costruire lasciandole il proprio nome.
L’ideazione seguì un piano di concezione sorprendentemente “moderna” che
lasciava da parte i centri abitati intermedi (provvisti però di appositi raccordi) e mirava dritto alla meta. La via fu perciò realizzata, superando grosse difficoltà naturali, come le paludi Pontine, con importanti opere di ingegneria.
Il primo tratto, fino a Terracina, era un lunghissimo rettifilo di circa 90 chilometri di cui gli ultimi 28 fiancheggiati da un canale di bonifica che consentiva di alternare il tragitto in barca a quello su carro o a cavallo. Dopo
Terracina, la strada deviava verso Fondi, quindi attraversava le impervie gole
di Itri e scendeva a Formia e Minturno. Superata poi Sinuessa (l’odierna
Mondragone), con un altro tratto rettilineo puntava a Casilinum (l’odierna
Capua), sul Volturno, donde raggiungeva l’antica Capua (oggi S.Maria Capua
Vetere). Il percorso totale era di 132 miglia, pari a chilometri 195, e si effettuava normalmente con 5/6 giorni di viaggio.
In conseguenza dell’ulteriore espansione di Roma nel
Mezzogiorno, la via Appia fu più volte prolungata.
Dapprima, subito dopo il 268 a.C., fino a Benevento,
poi al di là dell’Appennino, fino a Venosa e quindi a
Taranto. Finalmente nel II secolo a.C. fu condotta fino
a Brindisi, porta dell’oriente.
Il percorso dopo Benevento fu però a poco a poco
sostituito da un itinerario alternativo, più breve e più
facile che attraversava tutta la Puglia passando per
Ordona, Canosa, Ruva, Bari e Egnazia. Nei primi anni
del II secolo d.C. esso fu trasformato in una vera
e propria variante dall’imperatore Traiano che le
aggiunse il suo nome. Con la nuova via Appia
Traiana era possibile andare da Roma a Brindisi in 13/14
giorni lungo un percorso totale di 365 miglia pari a poco
meno di chilometri 540.
La Via Appia era lastricata con grandi lastroni (o “basoli”) di pietra basaltica di forma variamente poligonale. La carreggiata aveva una larghezza standard di 14 piedi romani (metri 4,15 circa) sufficienti a consentire il passaggio contemporaneo di due carri nel doppio senso di marcia. Due marciapiedi
in terra battuta delimitati da un cordolo di pietra (crepidine) e larghi ognuno almeno un metro e mezzo fiancheggiavano la carreggiata.
Ogni sette o nove miglia nei tratti più frequentati (chilometri 10/13) e ogni
10 o 12 miglia in quelli meno importanti (chilometri 14/17) si allineavano
lungo la strada le stazioni di posta per il cambio dei cavalli (stationes) unitamente a luoghi di ristoro e di alloggio per i viaggiatori (mansiones). In
prossimità dei centri abitati la strada era fiancheggiata da grandi ville e
soprattutto da tombe e monumenti funerari di vario genere.
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