il nome trovato
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il nome trovato
Un poemetto di C. Demi Letture i l nome trovato Maddalena e le altre donne vittime della violenza L o scorso 22 marzo ho ascoltato, a Monteripido (Perugia), la lettura, sentita e drammatica, del poemetto Ero Maddalena proposta dalla stessa autrice dell’opera, Cinzia Demi. Ho riletto il testo poetico, raccolto in un piccolo e prezioso libro di 70 pagine, edito da Puntoacapo nell’ottobre del 2013.1 Ero Maddalena è ribalzato nella mia mente come qualcosa di familiare, scoperchiando ricordi emozionali legati a momenti importanti della mia vita. Nella poesia di Cinzia Demi, Maria Maddalena, che nella lunghissima tradizione occidentale ha unificato tre donne evangeliche, e altre figure extraevangeliche, rivive in una donna dei nostri giorni e delle nostre città, vittima di violenza e in cerca di un riscatto. Il riscatto si realizza quando le viene restituito «il nome che cerca», Maddalena, ovvero la sua ritrovata dignità e umanità. Le Maddalene raccontate da Cinzia Demi sono donne che si sovrappongono e si parlano. Come lettore ho sperimentato uno spaesamento temporale e spaziale; la lettura sembra accompagnata da interferenze e cortocircuiti che permettono però al grido di queste donne dolorose e coraggiose, di arrivare al lettore, e alla sua storia: io sono lei lo sento lo so e quando scappo nel mondo io io lo torno a gridare. Ero Maddalena e la donna peccatrice che incontra Gesù Il primo ricordo suscitato da Ero Maddalena risale al ritiro spirituale vis- suto con i miei compagni nei giorni che precedono l’ordinazione presbiterale (1986). Il predicatore (il gesuita Filippo Clerici) ci invitò a scegliere un brano evangelico che ci rappresentasse in quel momento cruciale. Scelsi la narrazione, da parte di Luca, dell’incontro tra una donna e Gesù. Una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, coA. Canova, Maddalena penitente, 1805-1809; San Pietroburgo, Museo dell’Ermitage. minciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!». Gesù allora gli disse: (…) «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». (…) «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».2 So bene che questa donna, per quasi due millenni identificata in Occidente con la Maddalena, non era affatto Maria di Magdala. Ma qui non siamo in un dizionario biblico, siamo nel campo dell’arte (di Cinzia Demi) e delle emozioni che essa suscita nel lettore. Avevo scelto questo episodio per il ribaltamento delle convenzioni e convinzioni religiose che impone, e per la sua carica assolutamente scandalosa e inaccettabile per Simone il fariseo e per i nostri giorni. Infatti, Carlo Maria Martini, commentandolo in modo magistrale, disse che se qualcosa del genere succedesse a un vescovo durante una visita pastorale, una donna così sarebbe cacciata via senza tanti complimenti. Alla vigilia della mia entrata nel mondo «ecclesiastico» ritenevo che il clericalismo, rappresentato esemplarmente da Simone, fosse il male peggiore che potesse capitarmi. Simone rimprovera Gesù e condanna la donna, ritenendosi superiore a entrambi. E così fanno i clericali: si ritengono padroni della religione e superiori alle donne. Gesù corregge il fariseo e accoglie la donna, l’accoglie non nonostante, ma grazie ai suoi gesti eccessivi. Certo chi ha il cuore sporco (come il fariseo Simone) li interpreta come una cosa sporca; ma chi ha il cuore buono come Gesù li interpreta come gesti d’amore. Sono gesti di una donna ferita, che cerca riparo, che cerca, esprimendosi nel modo che sa, di avere almeno con Gesù un momento di sincerità. A quelli come Simone, dice Gesù, basta un perdono piccolo, perché amano poco, eccedono poco e dunque peccano poco. La donna invece, viene perdonata con generosità perché ha molto peccato e «ha molto amato». In realtà il ragionamento di Gesù non tiene dal punto di vista logico. Ma qui siamo oltre, siamo in presenza di un eccesso di sentimenti, gesti e passioni, che dicono ridondanza di amore, e la ragione conta meno. Questi 394 Il Regno - at t ua l i t à 12/2014 sentimenti e parole le ho ritrovate nelle pagine di Cinzia Demi, e i brani che riporterò in questo articolo/testimonianza credo lo possano mostrare. Ero Maddalena è un poemetto intriso di ambivalenza: vengono impiegati multipli registri narrativi, che ambiscono a includere le figure delle Maddalene evangeliche, della tradizione apocrifa, e dell’immaginario secolare espresso in innumerevoli raffigurazione pittoriche, scultoree, cinematografiche e letterarie. La Maddalena di Cinzia Demi frequenta le strade degradate di Scampia, le scale e le feste di Bologna. E subisce violenza dentro la sua stessa casa; è torturata con una sigaretta; è stuprata. Queste tinte forti, sovrapposte e incalzanti, producono un fortissimo straniamento. Straniato non è solo il lettore, ma anche la protagonista, Maddalena, che cerca di rientrare dallo smarrimento causato dalla violenza, dal dolore, dall’angoscia e dalla costante prossimità alla morte. Lei infatti è come una piccola rosa bianca, di cui è rimasto solo un bocciolo: domani forse verrà ripresa se la notte non la uccide se non muore per l’attesa somiglia alla mia vita la sua recisa dalla pianta La piccola rosa bianca, strappata alla sua pianta, cerca un nome: ovvero di sapere se è ancora un essere umano dopo essere stata violentata come una bestia. «È un nome che cerco» è il leitmotiv che incalza tra le pagine di Cinzia Demi: c’è una donna smarrita e ferita che cerca un nome, ovvero di ritrovarsi, perché la violenza, il dolore provoca un’uscita dalla propria vita, un’uscita dalla quale non si sa più rientrare: è un nome che cerco nel tabacco incarbonito rimasto come un cerchio (…) per non sentire la rabbia cresciuta nella nebbia delle botte addosso con la pelle rialzata i segni della cinta la fibbia arrugginita e il groppo in voce di vino a casa in cucina un sacrificio annunciato consumato all’angolo del camino (…) spero solo che non venga prima dell’alba ad aprire che esca che indirizzi i suoi gesti fuori dal mio corpo che si scordi per sempre di questo inutile porto Le dure parole in poesia di Cinzia Demi ci aiutano a togliere qualsiasi giustificazione, fosse anche quella religiosa o affettiva, alla violenza di genere, oggi come sempre di tragica attualità. Da parte di molti uomini (uomini appunto!) che hanno posizione di autorità nella Chiesa, non vi è consapevolezza della vastità e della devastazione della violenza nei confronti delle donne; o la affrontano con considerazioni e atteggiamenti indegni e disinformati: anche questa è una tristissima conseguenza del clericalismo. Come posso io, uomo (e prete) parlare di, o anche solo immaginare cosa significa la violenza su una donna? So che anche solo un’aggressione, un ferimento, un furto, episodi della quotidianità metropolitana, lasciano un segno di violazione e ingiustizia, di ansia e paura. E non occorre essere persone particolarmente fragili o impressionabili per sperimentare quanta fatica e tempo ci voglia per superarli. Immagino che bisogna moltiplicare per un milione, anzi all’infinto quelle sensazioni per avvicinarsi, in qualche modo, alla devastazione che la violenza sul corpo e sull’intimità può provocare in una bambina, ragazza o donna. Io ho accolto così le espressioni forti con cui Cinzia Demi ci racconta il dolore della sua Maddalena: tortura la bestia oscena che poi mi accarezza mi tenta mi dice rimani domani sarà diverso domani è un nome che cerco che esca dalla finestra socchiusa che asciughi il mio sangue dal collo mi sfiori il livido azzurro di guancia si stenda con me a parlare (…) oh, appena un’amica mi basta un complice sussurro contro il male che devasta Qualche volta, qualche donna giustifica la violenza di cui è vittima come un angoscioso alibi per non guardare in faccia la sconvolgente realtà dell’abuso. Un involontario stratagemma per convin- ∼ segue a p. 415 cersi che non è poi così orribile ciò che si è subito. Qualche donna tende, per un’eccedenza di compassione, a coprire con gesti di disperato amore le azioni di violenza contro di lei. Quasi che, per qualche paradossale legge dell’incontrario, la violenza che subisce voglia dire amore. Mi sembra che la Maddalena di Cinzia Demi superi questa aberrante deriva con parole durissime rivolte anche a Cristo. Ma è proprio all’incontro con lui che si riappropria del suo nome, per divenire una persona diversa, con un nome proprio, e una vita nuova: chiamarmi Maria Maria ma io non ci credevo neanche ci pensavo il vortice di luce era così eterno e vero eutanasia d’ogni ragione (…) Gesù, Gesù fissi gli occhi al cielo nel gelo che tutto avvolge non lasciarmi qui a tremare (…) ero Maddalena lo sento lo so ho la sua stessa vena sono la sua stessa forma guardate nelle mie mani che torma di linee di vita (…) è un nome che cerco perché muoio ogni momento e rinasco ancora nuova (…) Dio, di umile pietà accoglimi tu perdonami tu imparerò anche a pregarti ad amarti come amai / il figlio tuo (…) sarò Maddalena per sempre e non un’altra qualunque (…) anch’io come Gesù come Maria sarà quella lo sento lo so la mia via Ero Maddalena di Demi e Maria Maddalena di Venditti Le riflessioni proposte sopra valgono anche per il secondo ricordo, che è ancora più lontano nel tempo. Tocca un’arte leggera come la musica leggera (spero che Cinzia non me ne voglia per questa contaminazione stilistica), ma il contenuto è forte e non lascia indiffe- ∼ segue da p. 394 renti. Siamo nel 1976, avevo 15 anni e iniziavo l’impegno nei gruppi studenteschi della mia città. Si ascoltavano i cantautori, ricordo ancora bene Ullàlla, un 33 giri (così di diceva allora) di Antonello Venditti, tuttora il mio preferito tra i suoi dischi. Fu forse la sua opera più forte e meno conosciuta, prima che accedesse al grande successo. Tra le canzoni mi colpì fin dal primo ascolto, al punto che la imparai a memoria, un brano intitolato Maria Maddalena. Entrambe, Ero Maddalena di Demi e Maria Maddalena di Venditti, riecheggiano atmosfere cittadine (Bologna e Scampia per Demi, Milano per Venditti), fatte di alienazione, violenza, strade, stazioni, sottoscale, portoni di chiese chiuse e tanta fatica di vivere. Una giovane Maria Maddalena, quasi un’eco contemporanea delle donne evangeliche identificate con lei, confusa tra gli sconfitti e i miserabili, muove i suoi difficili passi e sguardi, sempre e comunque pieni di compassione e amore. Alcuni versi di Cinzia: una bimba s’avvicina pare un pulcinella di quelli di Scampia mi tende la sua mano (…) è un nome che cerco a tentoni nel fetido sottoscala dove passo le notti tra gli stracci rannicchiata con la nuca dolorante (…) chiuso il portone della chiesa il battente irrigidito la maniglia avvolta a sé si spezza adesso il buio con un faro anabbagliante una macchina mi sfiora una fra le tante dio, che ci faccio in questa via nascosta come un barbone braccata come una ladra Ed ecco ora alcuni versi della Maria Maddalena di Venditti: Questa è la storia di Maria Maddalena perduta e innocente maledetta per sempre dal padre aveva dodici anni e conosceva l’amore tra le spine e gli stracci dell’uomo che passava accanto. (…) «Dimmi di chi sei, quale strada perduta conosce il tuo amore oh Maria Maddalena, un destino cattivo mi porta lontano da te tra gli insulti e i dolori di una città da ammazzare per amore, sì per amore, è difficile spiegare». «lo ti seguirò benedetta per sempre nel nome dell’uomo io ti salverò con la forza del mio giovane amore e quando tu sarai braccato nel tuo lungo cammino mi troverai, se lo vuoi, sulla strada». Con le manette strette ai polsi in mezzo ai ladri ed assassini lo portavano via lungo i viali [di Milano, i mitra pronti di cento agenti di polizia e i benpensanti «che succede la [rivoluzione? Oh, no è soltanto un operaio, uno straccione che dormiva di nascosto alla stazione quella bambina a seno nudo che lo segue con lo sguardo ma che puttana». (…) «E i loro amici, guarda che desolazione solo violenza, droga, sesso, ma che razza di generazione!». «Dimmi di chi sei…».3 Maria Maddalena e Simone Weil Nelle strofe di Cinzia Demi persino il rapporto tra la Maddalena e Gesù non è lineare, armonico, devozionale: è un incontro segnato, allo stesso tempo, da attrazione e fascino; da incomprensione e durezza. Alcuni versi di Cinzia circa il complesso rapporto tra Maddalena e Gesù: scalza come un bambino nuda di consolazione cerco l’antro di un portone o la fredda scala la balaustra di una chiesa il riparo di una prigione (…) Il Regno - at t ua l i t à 12/2014 415 ANDRÉ WÉNIN Il bambino conteso Storia biblica di due donne e un re L a vicenda delle due prostitute che si contendono un neonato al cospetto del re è intricata, ma Salomone dà prova di sapienza nell’elaborare uno stratagemma assai efficace. La storia biblica, narrata nel Primo libro dei Re, ha almeno una ventina di versioni nella letteratura del folclore universale e in racconti dell’India e della Cina. «LAPISLAZZULI» pp. 48 - € 6,00 T3_Reggi:Layout 1 17-06-2014 15:16 www.dehoniane.it A CURA DI ROBERTO REGGI Giovanni Traduzione interlineare in italiano I l volume propone il testo evangelico in lingua greca, la traduzione interlineare italiana, il testo della Bibbia CEI a piè di pagina con a margine i passi paralleli. Un utile strumento di facilitazione e sostegno per affrontare le difficoltà del greco e introdursi nel testo biblico in lingua originale. «BIBBIA E TESTI BIBLICI» pp. 88 - € 9,00 Pagina Cristo, Signore, dove sei nascosto in quale via casa borgo periferia il tuo volto non lo scordo lo cerco tra la gente (…) Pietro Luca Giovanni rivedo i vostri volt guardarmi come un’intrusa cercare di schivarmi e Lui che mi sorride con la sua mano tesa Lui che cambia la mia storia o almeno che ci prova Lui che sale e scende fuori mentre dentro è smarrimento un bacio sì un bacio sulla bocca me l’ha dato un saluto una carezza io buttata per la strada aggrappata alla ringhiera di una scala ormai in disuso con le mani sanguinanti 1 tremolanti le membra e il cuore l’ho scambiato per amore (…) sono desta e piango piango piango il giorno dell’inganno Questi versi rimandano prepotentemente al terzo ricordo personale, che è più vicino nel tempo. È legato alle mie lezioni di qualche anno fa in Cina presso i circoli dei «cristiani culturali». Hanno scelto l’attivista e mistica francese Simone Weil, una cristiana «non ecclesiale», come loro ispiratrice. C’è uno straordinario e misterioso brano lasciatoci da Simone Weil, intitolato Prologo, che mi è particolarmente caro. Si tratta, con ogni probabilità, della rappresentazione narrativa di un’esperienza mistica di incontro-scontro con Gesù: Simone descrive l’esperienza di sentirsi amata e respinta da Gesù. Simone viveva lo stesso sentimento verso la Chiesa (credo rappresentata dalla mansarda di cui leggeremo) rifiutando, fino quasi all’ultimo, di essere battezzata. Alcune forti immagini della relazione tra Simone e Gesù le ho ritrovate, in qualche modo, nel poemetto di Cinzia Demi, come mostrano, credo, i versi citati sopra e altri ancora. Concludo dunque questi miei pensieri a partire dalla lettura del bellissimo poemetto di Cinzia Demi con la citazione del «Prologo» di www.dehoniane.it 416 Il Regno - at t ua l i t à 12/2014 Simone Weil (non è difficile trovare il brano completo, che qui ho dovuto abbreviare): Entrò nella mia camera e disse: «Miserabile, che non comprendi nulla, che non sai nulla. Vieni con me e t’insegnerò cose che neppure sospetti». Lo seguii. Mi portò in una chiesa. Era nuova e brutta. Mi condusse di fronte all’altare e mi disse: «Inginocchiati». (…) Mi fece uscire e salire fino a una mansarda da dove si vedeva attraverso la finestra aperta tutta la città. (…) Eravamo soli. Parlò. (…) Talvolta taceva, prendeva da un armadio un pane e lo dividevamo. Quel pane aveva davvero il gusto del pane. Non ho mai ritrovato quel gusto. Mi versava e si versava del vino che aveva il gusto del sole e della terra dove era costruita quella città. Talvolta ci stendevamo sul pavimento della mansarda, e la dolcezza del sonno scendeva su di me. Poi mi svegliavo e bevevo la luce del sole. Mi aveva promesso un insegnamento, ma non m’insegnò nulla. (…) Un giorno mi disse: «Ora vattene». Caddi in ginocchio, abbracciai le sue gambe, lo supplicai di non scacciarmi. Ma lui mi gettò per le scale. Le discesi senza rendermi conto di nulla, il cuore come in pezzi. Camminai per le strade. Poi mi accorsi che non avevo affatto idea di dove si trovasse quella casa. Non ho mai tentato di ritrovarla. Capii che era venuto a cercarmi per errore. Il mio posto non è in quella mansarda. Esso è dovunque, nella segreta di una prigione, (…) in una sala d’attesa della stazione. Ovunque, ma non in quella mansarda. (…) So bene che non mi ama. Come potrebbe amarmi? E tuttavia in fondo a me qualcosa, un punto di me, non può impedirsi di pensare tremando di paura che forse, malgrado tutto, mi ama.4 Gianni Criveller 1 C. Demi, Ero Maddalena, Prefazione di G. Sica, Postfazione di R.E. Giangoia, Puntoacapo Editrice, Pasturana (AL) 2013, pp. 72, € 10. 2 Lc 7,37-50. 3 A. Venditti, Maria Maddalena, in Ullàlla, RCA Italiana, 1976. 4 S. Weil, Quaderni, Adelphi, Milano 82007, vol. I, pp. 103-105.