un contributo della prof.ssa Dell`Aquila con la 3D
Transcript
un contributo della prof.ssa Dell`Aquila con la 3D
UNA FINESTRA SULLE MATEMATICHE A cura della prof.ssa Pia Dell’Aquila In un suo libro, un autorevole insegnante francese, racconta di aver assegnato ai suoi alunni un problema relativo a un certo gruppo di pecore. (L. Felix mathematiques modernes et enseignement elementare, Blanchard, Paris, 1960. ) Un ragazzino, con l’imprevedibilità propria della sua giovane età, assunse come incognita il numero delle zampe di una pecora! Come se non bastasse, dopo lunghi e laboriosi calcoli, giunse alla conclusione che quel numero corrispondeva a …. Trentadue! Al maestro incredulo, che gli chiese se sapesse cos’è una pecora e se mai ne avesse vista una, egli rispose: certo che conosco le pecore, ma che c’entra, questa è matematica! E’ matematica, quindi roba di scuola, quindi avulsa dalla realtà. Certamente oggi fa sorridere lo scolaretto francese di tantissimi anni fa, il modo di insegnare sicuramente è cambiato e guarda di più al reale, ma a volte sorge il dubbio che la mente dei nostri alunni sia divisa in due compartimenti stagni, senza possibilità di comunicazione tra loro: da una parte un deposito in cui vengono ammassate alla rinfusa le “ cose di scuola” fra le quali possono apparire spettri di pecore a 32 zampe e dall’altra un terrazzo luminoso aperto su tutti i punti dell’orizzonte, che guarda alla vita reale. Tuttavia, a volte per ristrettezza di tempo o anche- perché no?- per comodità, l’insegnante non concede molto alle esigenze della pratica e alla curiosità degli alunni, prediligendo una preparazione formale di cui, se qualcosa rimane, è la parte mnemonica. Da qui l’idea di aprire una finestra sulla matematica o meglio sulle matematiche, dalla quale gli studenti potranno affacciarsi quando vorranno, se motivati e, curiosando a loro piacimento, contribuire affinché le conoscenze matematiche vengano applicate per risolvere questioni che emergono nelle vicende che li appassionano. Dalla storia delle matematiche alle illusioni ottiche, dall’aritmetica dell’orologio alle operazioni con le dita e alla moltiplicazione russa, dalle parallele che si intersecano sempre alle tante stranezze di alcuni numeri e di alcuni risultati, a tutto ciò che più li incuriosisce e che dà loro il piacere dell’indagine e della scoperta. --------------------------- ooooooo-------------------------- La matematica e... Dante Un giorno, nel richiamare un teorema di geometria piana, la nostra professoressa di matematica , ha fatto riferimento ai versi 101- 102 del XIII canto del Paradiso o se del mezzo cerchio far si pote triangol sì ch'un retto non avesse.” (in una semicirconferenza non è possibile inscrivere un triangolo che non sia rettangolo) Dalla discussione che ne è scaturita, ci ha spiegato come Dante fosse anche cultore e amante delle scienze e che , nelle sue opere, in particolare nella Divina Commedia, ci sono molti riferimenti alla matematica, dall’aritmetica alla geometria e alla probabilità, alla fisica, all’astronomia e alle scienze in generale . E’ così che nasce il mio desiderio di approfondire questo lato, per me sconosciuto, del Sommo Poeta. Vi propongo alcune scoperte che mi hanno affascinata. Dante e il numero Nella Divina Commedia Dante ci racconta un viaggio immaginario nell’oltretomba cristiano, secondo la visione del mondo che aveva sviluppato la Chiesa cattolica nel Medioevo. E siccome, secondo la Bibbia, Dio ha creato il mondo seguendo l’armonia dei numeri e delle misure, Dante dà una grande importanza al valore simbolico del numero, che compare quasi ovunque in quest’opera grandiosa, per rappresentare sia il bene sia il male. Il tre e i suoi multipli sono ricorrenti, infatti le Cantiche sono tre: Inferno, Purgatorio e Paradiso; i versi dei canti sono delle terzine, ciascuna formata da 33 sillabe; Lucifero ha 3 facce e 6 ali; Cerbero è un cane a 3 teste; 3 sono le categorie principali di peccatori; 9 sono i cerchi dell'Inferno, 9 le zone del Purgatorio, 9 le sfere dei cieli del Paradiso, e così via. Altri numeri ricorrenti sono il 7, il 10 e il 100, ma Dante, con grande maestria, li riconduce sempre a delle somme tra l'1, l'Unità di Dio, e un multiplo di 3, la Trinità. L’uno rappresenta l'origine di tutte le cose, la perfezione, l'assoluto e la divinità. Il tre rimanda alla Trinità cristiana: E’ associato alla Perfezione, alla Fede e alla Conoscenza. Il nove, che era considerato un numero sacro dagli antichi, rappresenta il cambiamento, l'invenzione e la perfezione massima, poiché quadrato del numero tre Il dieci è la rappresentazione di Uno in una "ottava" maggiore e significa la conclusione di un importante ciclo dal quale scaturirà un cambiamento Il sette è il numero della perfezione umana, intesa come sintesi delle possibilità dell’uomo, ma anche, in negativo, dei vizi capitali (richiamati nelle sette cornici del Purgatorio) , inoltre anticamente, il sistema solare consisteva di sette pianeti e nel corpo umano si individuavano sette plessi Settanta è il numero della vita perfetta, nel primo verso del poema si fa riferimento ai trentacinque anni di età del poeta. « Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. Nel “Purgatorio” di Dante vi sono numerosi riferimenti alla numerologia Un argomento di grande interesse è rappresentato dalla presenza di un numero dal significato enigmatico: il 515. Questo numero, che in cifre romane si scrive DXV, si trova nel canto XXXIII v v. 37- 45: Se il numero DXV viene anagrammato può essere letto come la parolaDVX, ossia “comandante”, che alcuni riferiscono alla persona di Arrigo VII di Lussemburgo, re di Germania e imperatore del Sacro Romano Impero. Secondo Dante il volere dell’imperatore e quello del Papa erano equivalenti, il primo non doveva essere subordinato al secondo, perché entrambi erano scelti secondo un volere divino. Vi è però un’altra ipotesi: DVX sarebbero le iniziali di Domini Xristi Vicarius, cioè il Papa. Questa tesi è meno accreditata sia per i contrasti tra Dante e Bonifacio VIII, sia per l’importanza che avrebbe attribuito ad una carica della quale più volte aveva sottolineato gli aspetti negativi. Questo numero rimane un piccolo mistero. Oltre all'uso simbolico di alcuni numeri, Dante fa un sapiente uso dell'aritmetica, utilizzando spesso regole o proprietà per fare dei paragoni o per rendere più chiaro un concetto. Ad esempio, disseminando qua e là indizi, lascia capire quale proporzione bisogna risolvere per scoprire la statura di Lucifero, che supera il chilometro; oppure fa riferimento alla proprietà dei numeri naturali di avere sempre un successivo Tu credi che a me tuo pensier mei Da quel che è primo così come raia Da l’un, se si conosce, il cinque e’l sei Par.XV 55-57 Ancora Dante ci stupisce all’inizio del sesto canto del Purgatorio ( vv. 1-24) quando, nell’antipurgatorio, viene accerchiato, assieme a Virgilio, dalle anime di coloro che sono morti di morte violenta. Queste si affollano imploranti poiché, riconoscendolo come vivo, gli chiedono di ricordarle nelle preghiere sulla Terra, così da ridurre il loro periodo di attesa lì. Dante paragona se stesso al vincitore del gioco della zara, in cui è importante conoscere le regole elementari di probabilità se si vuole sperare di vincere. Quando si parte il gioco de la zara, colui che perde si riman dolente, repetendo le volte, e tristo impara; Ovviamente Dante non poteva conoscere il calcolo della probabilità (che è un risultato molto più tardo) e i relativi teoremi in cui si mostra come, in un gioco come la Zara (in cui si devono indovinare le somme ottenute lanciando tre dadi aventi sei facce numerate da 1 a 6) le somme 10 e 11 hanno una probabilità molto maggiore di uscire che non tutte le altre. Ciò che colpisce è la sagacia di Dante, un uomo che pensa con la propria testa e non crede, come gli stolti, al ‘caso’. Ma sicuramente il riferimento aritmetico più stupefacente è quello relativo alla nascita del gioco degli scacchi descritto di seguito: La leggenda di Sissa Nassir e il numero degli angeli Dante si serve della leggenda di Sissa Nassir e dell'operazione di elevamento a potenza per tentare di descrivere l'enorme numero di angeli che vede girare come cerchi di fuoco intorno a Dio. Nel canto XXVIII del Paradiso (vv.91-93), infatti, Dante si esprime così: L’incendio suo seguiva ogne scintilla; ed eran tante, che ‘l numero loro più che ‘l doppiar de li scacchi s’inmilla. Ogni scintilla seguiva il cerchio fiammeggiante, ed erano così tante che il loro numero entra nelle migliaia (è alto) più del raddoppiare delle caselle del gioco degli scacchi. In questa terzina vi è un evidente riferimento alla famosa leggenda di Sissa Nassir, inventore degli scacchi. La leggenda narra che un re di Persia, annoiato, chiese al mago di corte, Sissa Nassir, di inventare un gioco coinvolgente che potesse occupare parte delle sue ordinarie giornate, promettendogli in cambio qualsiasi cosa egli avesse chiesto. Dopo aver soddisfatto il desiderio del re, Sissa Nassir chiese, come ricompensa, un chicco di grano nella prima casella della scacchiera 8x8, due nella seconda, quattro nella terza e così via sempre raddoppiando.. Il re ritenne la richiesta molto esigua e facile da esaudire, ma dopo che il gran ciambellano gli quantificò il valore 20 + 21 + 22 + 23 + … + 263 = 18446744073709551615, in notazione scientifica 1,8447 x 1019 (dieci alla diciannovesima), un numero illeggibile! si sentì terribilmente deriso da Sissa Nassir e ordinò ai suoi sudditi di decapitarlo, con l'accusa di alto tradimento. Per rendersi conto dell’enormità di questo numero, si può immaginare di distribuire i chicchi di Sissa Nassir su tutta la superficie terrestre, mari, monti, ghiacciai ed oceani inclusi: ogni centimetro quadrato di superficie terrestre dovrebbe essere ricoperto da circa 3 chicchi e mezzo!!! Non sarebbe quindi bastato tutto il grano del regno per accontentare Sissa Nassir!!! Ma una volta precisato che questo aneddoto faceva parte di un nutrito corpus di giochi ed esempi matematici che circolavano in tutta Europa per “rendere acuta” la mente dei giovani ci si chiede: non sarebbe stato più semplice per Dante scrivere che gli angeli erano ‘infiniti’ ? Questo forse per un altro poeta, ma non per il Sommo poeta … Per un uomo della sua cultura, parlare di infinito significava confrontarsi con Aristotele e con il suo divieto ai filosofi di parlare di infinito ‘in atto’, ossia preso come dato tramite un unico atto di pensiero. Per lo Stagirita, e quindi, anche per Dante, per poter parlare in modo corretto di infinito si doveva sempre fare riferimento a un infinito ‘in potenza’, cioè a una situazione che nell’istante in cui se ne parla è finita, ma con la sicurezza che si può sempre andare al di là del limite posto. Ma un uomo come Dante conosceva il modo di calcolare un numero così grande? E se sì, di quali mezzi si sarebbe servito ? Per Bruno D’Amore Dante aveva quasi certamente conoscenza del sistema numerico indo_arabo, che è quello che utilizziamo ancora oggi. Basato, cioè, sul sistema posizionale, su una numerazione in base 10 e sull’uso dello zero Se infatti il figlio di Dante, Jacopo, studiò le matematiche presso la scuola fiorentina del maestro Paolo dell’Abaco, che come è noto insegnava le “cifre dell’indi”, il babbo non poteva, con tutta probabilità, esserne all’oscuro. . Il XVII teorema di Euclide e le previsioni di Cacciaguida «O cara piota mia che sì t’insusi, che, come veggion le terrene menti non capere in triangol due ottusi, così vedi le cose contingenti anzi che sieno in sé, mirando il punto a cui tutti li tempi son presenti; «O caro mio capostipite, che ti innalzi a tal punto che, come le menti terrene vedono che in un triangolo non possono esserci due angoli ottusi, così vedi le cose contingenti prima che avvengano, osservando il punto (la mente di Dio) in cui è un eterno presente; Così come in tante altre occasioni, Dante si serve di un esempio geometrico per dimostrare l'impossibilità logica di una determinata situazione; in tal caso Dante cita il XVII teorema (nel XVII canto del Paradiso... ) del primo libro degli Elementi di Euclide, sostenendo che per Cacciaguida è così lampante il futuro, è così semplice prevederlo,proprio com'è semplice per un essere umano comprendere che in un triangolo non può esserci più di un angolo ottuso. Sappiamo, infatti, che la somma degli angoli interni di un triangolo, nella geometria euclidea, è di 180° e quindi, se ci fossero due angoli ottusi (>90°), non si formerebbe più un triangolo, bensì una linea spezzata aperta. Io mi fermo qui, ma sono convinta che c’è tantissimo ancora da scoprire e se ho suscitato un minimo di curiosità in voi vi invito a continuare il mio piccolo lavoro. Bibliografia Bruno D’Amore Franco Maria Boschetto Ufficio scolastico regionale per l’istruzione Umbria. Paola Grillo Coppola Classe III sez D .