La Messa per PINO

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La Messa per PINO
La Messa per PINO
1. L'omelia di don Giovanni
Giuseppe è definito “uomo giusto” dall’evangelista.
Il concetto di giustizia è un concetto complesso nel percorso della Bibbia.
Insieme alla fraternità (l’amore generato dalla consapevolezza di essere tutti fratelli
e a cui la giustizia è inscindibilmente legata) è la condizione necessaria perché
ognuno possa vivere felice.
Corrisponde, come concetto, alla pienezza della volontà di Dio.
La giustizia è lo status di coloro che hanno compreso la volontà di Dio e si
muovono per realizzarla. È la consegna del popolo ebraico alle porte della terra
promessa, consegna affidata al rispetto dei comandamenti. È lo stile delle prime
comunità cristiane, generate dalla resurrezione di Gesù e contrassegnate dalla
novità delle beatitudini, che non a caso hanno proprio la giustizia come chiave di
lettura di tutto il brano.
Il giusto è chi è affamato della volontà di Dio, e quindi la mette al centro della
propria vita, diventa il criterio fondante delle proprie scelte affettive, professionali,
personali.
Il Giusto, come Giuseppe, è colui che può assumersi la responsabilità e, oserei
dire, la paternità di un mondo nuovo, anche senza avere la presunzione di averlo
generato. E quindi vive questa responsabilità con discrezione, con pochissime
parole. Con fedeltà assoluta.
Forse l’unico rischio del giusto è proprio la fedeltà. Perché corre il rischio di
leggere come volontà di Dio, qualcosa che invece è volontà degli uomini spacciata
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come volontà di Dio. È accaduto a Giuseppe: gli avevano detto che era giusto
(corrispondente alla volontà di Dio) ripudiare Maria. Giuseppe, che era giusto, non
capiva questa volontà, ed allora cercava di realizzarla di nascosto (la faccio, ma
senza esporre colei che comunque amo). Ma quello che contraddistingue il giusto è
proprio la così grande sintonia con Dio che alla fine la volontà di Dio trionfa. E la
verità viene generata. È grandissimo quello che succede a Giuseppe: è così
profondamente fedele alla Legge, da stanare quando la legge non è fedele a se
stessa ed al proprio mandato. Ed allora non obbedisce alla Legge, ma alla sua
verità più profonda. Quella verità che non si era riusciti a scrivere, ma che il suo
cuore nel profondo gli dettava.
Non è molto distante Giuseppe da Abramo che viene chiamato a sacrificare il
proprio figlio. E stanotte mi sono chiesto se l’obbedienza di Abramo tanto
decantata dalla Bibbia non sia tanto l’aver accettato di sacrificare Isacco o piuttosto
quella di aver capito che quella non era la volontà di Dio.
Queste cose il cultore della legalità non le può capire. Le può comprendere solo il
giusto, come Giuseppe, come Abramo. Solo chi si rende disponibile a fare la
Volontà di Dio.
Come per Abramo, anche per Giuseppe il frutto della sua fedeltà diventa la
costruzione di qualcosa di grande, di una ramificata rete di legami, come le stelle
del cielo diceva efficacemente la Genesi, che ha come origine la giustizia, e la
giustizia come orizzonte.
Ma c’è un’altra caratteristica del giusto, che viene messa in risalto dalla prima
lettura, che mamma ha voluto per questa celebrazione. E che cioè il giusto vive
così profondamente la volontà di Dio, la consapevolezza di appartenere a Lui, che
vita o morte per lui diventano indifferenti: Quello che conta, l’essenziale, lo hai
raggiunto, a questo punto vivere o morire diventa una questione di dettagli. Perché
quello che hai costruito con fatica, con sofferenza, con passione, con amore, non
può essere distrutto dalla morte. Perché la comunione capace di unire cuori e
mondi così diversi non può essere spazzata via dall’ultimo sospiro soffiato da
polmoni ormai senza vento. Penso che solo a questo punto ci si possa permettere di
andare verso Casa, come diceva papà, con un sorriso. E lasciare un sorriso come
ultimo saluto.
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2. Preghiera di Maria Giovanna
Attorno al letto di papà,la notte in cui se ne è andato- ma non se ne è andato- stavo
con mio fratello, mia cognata e la mamma.
Grazie a Dio ci sono incombenze pratiche da svolgere che esorcizzano da certi
momenti dolorosi, così la mamma ad un tratto alza gli occhi e chiede: -e le
scarpe?-... già le scarpe …
-Le abbiamo delle scarpe nuove per papà?- faccio io.
Lei guardandomi risponde:- Ma perché delle scarpe nuove? Ho quelle con cui ha
sempre camminato. E papà ha camminato tanto … E’vero, sobrio come era sempre, anche con le scarpe che portava a consumo, papà
ha tanto camminato con passi calibrati al cammino di chi aveva a fianco, piccoli
passi per i passi dei bambini, passi veloci con gli adulti, passi lenti per stare a
fianco della mamma. Né avanti, né indietro … esserci , ma insieme, con lo stesso
passo.
Questo, allevia la fatica, consola nel dolore, moltiplica la gioia.
Aiutaci a sentire l’amore dei passi di coloro che amiamo e che ogni tanto ci
passeggiano dentro lasciando orme leggere nel nostro cuore.
Perché lo sappiamo:non siamo soli. Mai.
3. Il saluto, alla fine della Messa, di Vincenzo Varagona
Si va verso casa..”: così papà, serenamente, ha detto a Giovanni, che lo assisteva in
ospedale, quando ha avvertito avvicinarsi il periodo più critico della sua malattia.
Si capiva quale casa intendesse. Ma è interessante notare come l’idea di ‘casa’ ha
fatto un po’ da cornice alla sua esistenza. Durante la malattia ha chiesto spesso di
tornare nella sua abitazione, che gli mancava tanto. Il cruccio di non riuscire a
soddisfare questo desiderio lo velava di tristezza. Ma alla fine ci è riuscito.
Un’altra sua casa è stata la Chiesa salesiana. Veniva dai Salesiani di Marsala, ,
dove era cresciuto e dove aveva sposato la mamma. Non appena arrivato ad
Ancona, aveva ‘cercato’ questa casa e non l’aveva mai abbandonata. Ogni
mattina, alle 7, entrava in questa casa del Signore e in queste mura ha voluto
congedarsi, almeno fisicamente, dalla sua comunità.
Ad Ancona aveva avuto tre abitazioni: le aveva studiate per sistemarci
decorosamente la sua numerosa famiglia, e in ognuna aveva voluto un ambiente
comunitario accogliente, in grado di ospitare non solo familiari, ma parenti (anche
questi tanti) e amici. Un grande senso dell’accoglienza e dell’ospitalità.
Desiderava, con mamma, che chiunque entrasse si sentisse a suo agio, a casa.
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Una casa per tutti: per quanti volessero semplicemente parlare, o anche per persone
con fragilità che avessero bisogno di un sostegno, per alcuni giorni o anche per
mesi… casa per i fidanzati che si preparavano in parrocchia al matrimonio, casa
per gli amici dei figli, per il gruppo dell’Azione Cattolica, insomma, casa
veramente per tutti quelli che avessero bisogno di un po’ di calore. Ricorda una
nostra amica che la sua presenza si sentiva nei momenti difficili: “parlava
poco, ma comunicava tanto, una grande pazienza e saggezza con la quale – afferma
- ci ha guidato nei nostri momenti più difficili, un padre anche per gli amici.
Un’altra amica dice: discreto e solido come una roccia; nell’obbedienza alla Chiesa
coniugata alla autonomia dei
laici, all’assunzione delle responsabilità; nel servizio alla società, con correttezza,
professionalità, sobrietà”.
Oggi che non c’è più è umano avvertire dolore, soprattutto la mancanza avvertiamo
tutto la mancanza della fisicità del rapporto con lui, che durante la malattia voleva
stringere e farsi stringere la mano, come anche un massaggio in alcune parti del
corpo che lo stavano abbandonando.
Ma è anche il momento della letizia, direi della gioia, perché si realizza tutto quello
per cui papà ha vissuto, lottato. E’ il momento della ri-nascita che non può non
essere festeggiato. In culture non lontane dalla nostra la morte è non solo una festa
ma una grande festa, perché sentono la presenza divina molto più di noi. Dobbiamo
semplicemente pensarlo come lui è adesso, più vivo e vicino che mai nei nostri
cuori.
Ricordiamo il papà distinto, tutti lo ricordano con la 'cravatta d'ordinanza', ma
sempre sobrio nello stile di vita. Sui cosiddetti ‘eccessi’ discuteva chiedendo e
chiedendosi: ma è proprio necessario?
Era signorile nel suo essere antico (noi ricordiamo la sua cultura tipicamente
siciliana nel dare del voi alla madre, per noi cosa distante anni luce) ma giovane
dentro e ancora modernissimo nello stile, il primo a insegnarci a usare il computer,
la posta elettronica, realizzare siti internet, anche usare i social-network.
Tutti strumenti segno del dialogo, che a casa, nonostante tanti pudori, non e mai
mancato. Si discuteva e si continuerà a discutere, per crescere. E nel confronto non
era raro che papà, per noi
riferimento sempre, ci dicesse che avevamo ragione. Ma era molto più frequente
che noi ne uscissimo arricchiti.
Per tutti noi e' stato Giuseppe, uomo giusto, come ha voluto ricordare Giovanni
nell'omelia, nel giorno in cui lo abbiamo salutato, nella chiesa della Santa famiglia.
Lo e' stato nel difficile periodo in cui gli e' stato chiesto di guidare l'azione
cattolica, a meta' degli anni '80. Lo e' stato nel lavoro. Decine di ex colleghi
continuano e chiederci, quando li incontriamo: salutami con affetto papà, e ' stato
un grande. Tante persone hanno camminato a fianco di papà, nella vita di ogni
giorno, nell'impegno ecclesiale, nel volontariato. Lo ha ricordato in chiesa Maria
Giovanna, sottolineando come il simbolo di questo cammino, di questo passo
instancabile, e nelle scarpe che lo accompagnano nell'ultimo viaggio del suo corpo.
Papà ha amato tanto, nelle sue forme più congeniali, condite dalla discrezione. E
ha raccolto anche più di quello che ha seminato, seguendo la legge dell’amore.
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