IL BAMBÙ IN ITALIA - Osservatorio Piemontese di Frutticoltura

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IL BAMBÙ IN ITALIA - Osservatorio Piemontese di Frutticoltura
IL BAMBÙ IN ITALIA
Il bambù è una pianta ampiamente diffusa in diverse parti del mondo e in particolare
in Asia, Africa e Sud America. Negli ultimi anni la ricerca di materie prime
ecosostenibili e rinnovabili ha portato ad identificare in questo vegetale un
sorprendente insieme di proprietà vantaggiose e conseguentemente sono stati
ottenuti da tale risorsa alcuni prodotti derivati innovativi, ecosostenibili, economici e
ad elevate prestazioni e altri sono in sviluppo. Ciò ha generato una crescita della
domanda di materia prima senza precedenti. In particolare, per quanto riguarda
l’Europa, le importazioni di bambù e suoi derivati sono in vertiginosa crescita con
andamenti esponenziali per alcune applicazioni.
Relativamente alle condizioni ideali per la crescita e coltivazione del bambù, e a
sostegno della tesi che vede nell'Italia una zona ideale per questa applicazione,
bisogna considerare che il nostro Paese presenta delle caratteristiche climatiche
comprese in un range di temperatura e umidità particolarmente favorevoli alla crescita
della pianta. In effetti l’intera penisola italiana si pone in Europa come l’unica regione
con un clima sufficientemente temperato ed umido da poter ospitare la coltivazione di
un’ampia gamma di specie di bambù e soprattutto si pone come zona ideale allo
sviluppo delle specie più interessanti da un punto di vista industriale, come ad
esempio il Phyllostachys edulis (o pubescens), che presenta culmi che raggiungono
anche 30 metri di altezza e un diametro di 12 – 13 cm (eccezionalmente 20 cm).
Il bambù presenta alcuni vantaggi sostanziali in termini di produzione di materiali
ecosostenibili ad elevate prestazioni. Da un punto di vista ambientale la caratteristica
più importante del bambù risiede nel suo ciclo di crescita estremamente rapido che
può permettere produzioni molto abbondanti di materiali molto resistenti in un limitato
lasso di tempo. Un bambuseto infatti , dopo aver raggiunto il suo apice produttivo in
circa 8-10 anni, rimane costantemente in produzione anche per più di 100 anni
producendo materiale pregiato ogni anno in quantità e/o qualità superiore rispetto alle
colture arboree. Al contrario, per far crescere un bosco di alberi sono generalmente
necessari tempi molto più lunghi e in caso di abbattimento per l'approvvigionamento
di materiale i tempi di ricrescita sono nuovamente molto importanti e lasciano il
territorio per lunghi anni con un ridotto carico vegetativo. Per questo motivo il bambù
è un sostituto/surrogato del legno il cui utilizzo è raccomandato a livello internazionale
per attenuare la pressione sul patrimonio forestale.
Secondo dati sperimentali [] la capacità di immagazzinare CO2 di un bambuseto
correttamente gestito è analoga o superiore a quella di un bosco di alberi. Per tale
ragione la diffusione di piantagioni di bambù è considerata tra le più efficienti soluzioni
per lo stoccaggio della CO2 e contributi economici vengono riconosciuti alle
piantagioni di bambù in accordo con le risoluzioni derivate dal Protocollo di Kyoto.
Il bambù è una pianta usata per il contrasto dell'erosione dei suoli. Grazie al suo
apparato radicale che costituisce una fitta rete naturale è infatti in grado di
consolidare terreni franosi e di attenuarne o prevenirne il dilavamento e lo slittamento.
Il bambù viene inoltre usato per migliorare la qualità dei terreni. E' un grande
assorbitore di azoto e può contribuire ad abbassarne il contenuto in residui quali i
fanghi di scarto dei biodigestori. E' inoltre in grado di assorbire e/o neutralizzare altre
sostanze potenzialmente inquinanti potendo crescere in terreni contaminati non adatti
alla coltivazione di prodotti agricoli alimentari e contribuirne al risanamento. Il bambù
è una colture a basso impatto ambientale in quanto non richiede uso di pesticidi e/o
prodotti inquinanti.
Le possibilità offerte dalla produzione italiana sembrano molto incoraggianti in quanto
essa risponderebbe alle moderne esigenze di sostenibilità ambientale dei nuovi
materiali e permetterebbe di colmare alcuni limiti del prodotto cinese:
Per essere venduto in Europa il bambù cinese deve affrontare un lungo viaggio,
costoso sia in termini economici che ambientali ed energetici.
L’uso di bambù locale in sostituzione di materiali plastici di origine petrolifera ha un
doppio valore aggiunto.
La possibilità di implementare l’industrializzazione e la meccanicizzazione di numerose
fasi produttive consentirà di contenere notevolmente i costi della manodopera per la
produzione di bambù italiano rendendolo del tutto competitivo economicamente con
quello cinese.
La disponibilità sul mercato europeo di bambù da agricoltura biologica è oggi nulla e
potrebbe rappresentare un'importante eccellenza per l'Italia.
Le caratteristiche di ecosostenibilità del materiale cinese sono oggetto di critica; in
particolare è sotto accusa la diminuzione della biodiversità conseguente al
disboscamento indiscriminato per far posto a impiantamenti di bambù in monocoltura.
Il rispetto per l’ambiente è argomento fondante della nuova Politica Agricola
Comunitaria (PAC), molto attenta alla salvaguardia degli agroecositemi.
Una futura produzione italiana potrà quindi orientarsi sia all’acquisizione di quote di
mercato europeo nel suo insieme, sia alla rapida creazione di nicchie come quella del
bambù da agricoltura biologica e a “Km 0” che troverebbero sicuramente uno sbocco
immediato sia in Italia che in mercati eco-friendly come quelli del Nord Europa.
Date queste premesse è auspicabile, sulla scia dei fabbisogni crescenti di bambù,
avviare in Italia una vera e propria filiera specifica con un’economia ad essa connessa
in grado di coinvolgere un gran numero di soggetti: dalle aziende agricole agli
stabilimenti industriali, dalle imprese delle costruzioni a quelle del settore alimentare,
dell’automotive e della produzione energetica passando dal comparto tessile,
cosmetico e farmacologico.
Walter Montiglio
Osservatorio Piemontese di Frutticoltura "Alberto Geisser"