note di psicopatologia e norme di legge
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note di psicopatologia e norme di legge
Psicologia e Giustizia Anno 5, numero 1 Gennaio – Giugno 2004 PEDOFILIA ED IMPUTABILITA’: NOTE DI PSICOPATOLOGIA E NORME DI LEGGE. Giuseppe Manuel Festa e Micol Careri Istituto di Psichiatria e Psicologia – Università Cattolica del Sacro Cuore - Roma Riassunto Sempre più spesso ci si trova, nel campo della psicologia forense, a doversi confrontare con reati su minori ad opera di pedofili. Per espletare con zelo e nozione di causa il compito di periti e consulenti non si può prescindere dal conoscere l’assetto psicopatologico della pedofilia e le norme legislative più spesso applicate per i reati afferenti a quest’area. Lo scopo di quest’articolo è quello di descrivere con un breve exursus il quadro fenomenologico della pedofilia, mostrando brevemente alcuni dei principali modelli clinici che hanno indagato tale disturbo. Sono state, quindi, descritte sia le modalità comportamentali di espressione sia alcuni dei fattori eziologici implicati nella genesi di questa patologia. Nella seconda parte, sono state esaminate alcune delle norme di legge che sono applicate nel processo penale a seguito di reati su minori ad opera di pedofili. Parole-chiave: Pedofilia, Imputabilità giuridica. Summary Offences against minors operated by paedophiles have been faced more and more frequently in the field of the forensic psychology. Experts and consultants, in order to carry out their appraisals professionally, need to posses a deep knowledge of the psychopathologic frame behind the paedophilia disorder and of the legislative rules more often applied for this kind of offences. 1 Psicologia e Giustizia Anno 5, numero 1 Gennaio – Giugno 2004 The article aims to illustrate paedophilia phenomenology showing some of the main clinical models investigating such disorder. The first part describes the behavioural patterns and the aetiology involved in the genesis of this dysfunctional behaviour. The second part examines some of the laws applied in criminal trials against offences related to paedophilia. Words-key: Paedophilia, Chargeability. 1. Premessa Il fenomeno della pedofilia, sulla scia della visibilità data dai mezzi di comunicazione tradizionali, suscita un particolare allarme sociale. Attualmente, la diffusione di tale parafilia è resa ancor più praticabile per mezzo della diffusione del mezzo informatico, attraverso chats dedicate via Internet, che garantiscono spesso anonimato e facilità nell’acquisire quel tipo di contatti e materiale telematico attinente agli interessi del pedofilo. Oltre ad Internet, oggigiorno, il quadro delle modalità di espressione della pedofilia si è arricchito di ulteriori nuove forme: prostituzione minorile; tratta dei minori a scopo sessuale, turismo pedofilo (lolitismo) ed, infine, pornografia infantile su materiale stampato, film o chat. Queste nuove modalità pedofile devono divenire oggetto d’attenzione e approfondimento clinico oltre che dell’ambito giuridico. È doveroso acquisire una professionalità data da maggiori approfondimenti e sistematicità nell’analisi e interpretazione del comportamento delittuoso della pedofilia. Tale esigenza deriva, oltre che dalle spinte sociali, dai numerosi ambiti professionali ed istituzionali (psicologi clinici, psichiatri, criminologi, avvocati, giudici, etc.) che sono delegati alla valutazione, interpretazione e riabilitazione di tale disturbo. I reati ascritti alla pedofilia comportano la partecipazione, infatti, di ambienti clinici, investigativi e giudiziari, soprattutto per quanto attiene al versante criminologico e psicologicogiuridico. 2 Psicologia e Giustizia Anno 5, numero 1 Gennaio – Giugno 2004 Pertanto riteniamo utile proporre, in questo lavoro, alcuni schemi interpretativi sul versante della psicopatologia del disturbo per evidenziare gli indici patognomonici della perversione, e quindi arrivare a descriverne alcuni aspetti eziologici del complesso quadro clinico. Tale analisi contribuisce all’interpretazione e alla comprensione delle motivazioni e dinamiche che sottendono la condotta e la scelta antisociale dell’autore del crimine di natura sessuale. Il lavoro di individuazione dei sottostanti costrutti mentali dell’autore del comportamento deviante è conditio sine qua non per la successiva scelta del percorso riabilitativo del soggetto e per eventuali ed auspicabili interventi di prevenzione. Poiché il comportamento del pedofilo, come è ovvio, conduce a conseguenze giudiziarie non è di secondaria importanza, per un clinico forense, avere un quadro generale degli aspetti legislativi adottati dall’autorità giudiziaria che è chiamata ad intervenire per garantire la sicurezza sociale e, al tempo stesso, per assegnare il reo a strutture volte alla “rieducazione”. Come è ovvio, la repressione giudiziaria da sola non basta, anche se il nostro Paese, in questo campo, si è fornito di un quadro legislativo avanzato a livello europeo. Purtuttavia i problemi da risolvere, ai fini di un'adeguata ed efficace tutela civile e penale dei minori, e di un recupero dei rei sono ancora numerosi. È per la complessità e delicatezza di tali problematiche che si auspica una sinergia sempre maggiore fra organi giudiziari e ambiti clinici al fine di attuare metodologie, scientificamente orientate, su cui costruire più efficaci strategie di intervento e di prevenzione. 2. La pedofilia: note storiche ed aspetti psicopatologici. Nelle varie epoche storiche la pedofilia assume significati differenti: nell’antichità il pedofilo è considerato l’amante dei fanciulli con valenze educative (Jaria, Capri, 1987). Al tempo dei Greci e dei Romani, la pedofilia che riguarda i bambini prepuberi è largamente tollerata. Nel Medioevo ha ancora caratteristiche di tollerabilità, mentre nell’età moderna diventa un concetto e una modalità comportamentale aberrante e inaccettabile. 3 Psicologia e Giustizia Anno 5, numero 1 Gennaio – Giugno 2004 I cambiamenti dell'atteggiamento culturale nei confronti della pedofilia sono rilevabili non solo a livello storico ma anche a livello antropologico. Tuttora, in alcune aree della Terra, tale fenomeno viene sanzionato in maniera meno incisiva rispetto ad altre parti del mondo. Attualmente, gli orientamenti sulla pedofilia s’innestano su diversi percorsi interpretativi: 1) l’approccio di tipo socio-antropologico concepisce la pedofilia come “pervertimento sociale”, solo in riferimento a particolari periodi storici e ad alcune società, mentre per altre rientra all’interno di una modalità largamente accettata (Scardaccione, et al., 1997); 2) l’approccio di tipo antropo-fenomenologico si concentra sull’osservazione nella pedofilia della presenza di stati emotivi caratterizzati da impellenza, che diventano ostacolo per la costruzione di un legame normale amoroso fra due soggetti adulti di sesso diverso; 3) l’approccio di tipo clinico definisce la pedofilia come una perversione sociale e la tratta come un disturbo della sfera sessuale (Coluccia et al., 1999; Quinsey, 2003). Il DSM-IV-TR (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali-IV-Text Revision) classifica la pedofilia tra le parafilie: si tratta di quelle manifestazioni patologiche della sessualità che sono state chiamate dapprima perversioni e poi deviazioni sessuali. Il termine parafilia sta ad indicare che la deviazione (παρα [para]) dipende dall’oggetto fonte d’attrazione (ϕιλια [filia]). Le caratteristiche essenziali delle parafilie sono fantasie, impulsi sessuali o comportamenti ricorrenti o intensamente eccitanti sessualmente, che possono riguardare oggetti inanimati, la sofferenza e l’umiliazione di se stessi o del partner, di bambini o di altre persone non consenzienti (DSM-IV-TR). In alcuni casi, è indispensabile al soggetto, per l’eccitamento sessuale, la presenza di fantasie e stimoli parafilici mentre, in altri casi, questi si manifestano sporadicamente, per esempio nei periodi di forte stress. Ci sono, inoltre, soggetti con parafilia che riescono ad essere sessualmente attivi anche senza ricorrere a fantasie o stimoli di questo genere. Le fantasie parafiliche possono essere agite con un partner non consenziente, come nel caso della pedofilia. Perché venga fatta diagnosi di tale disturbo il soggetto che pratica attività sessuale con bambini prepuberi deve avere almeno sedici anni. Deve inoltre essere maggiore d’età della vittima di almeno cinque anni. 4 Psicologia e Giustizia Anno 5, numero 1 Gennaio – Giugno 2004 “I soggetti affetti da tale disturbo che sfogano i propri impulsi con bambini possono limitarsi a spogliare il bambino e a guardarlo, a mostrarsi, a masturbarsi in sua presenza, a toccarlo con delicatezza e a carezzarlo. Altri, comunque, sottopongono il bambino a fellatio o cunnilingus, o penetrano la vagina, la bocca o l'ano del bambino con le dita, con corpi estranei, o con il pene e usano vari gradi di violenza per fare ciò” (DSM-IV-TR). Tali attività, in genere, sono giustificate dal pedofilo come educative, apportatrici di piacere per il bambino, oppure sono presentate come la risposta ai comportamenti “seduttivi” messi in atto dalla vittima stessa (Lawson, 2003). In quest’ultimo caso, il bambino non è considerato come un oggetto abusato ma come un soggetto attivo in grado di proporsi sessualmente e di provare piacere. Non esiste un’età media cui ricondurre il soggetto pedofilo (Dickey et al., 2002) e non è possibile rintracciare neanche una classe sociale cui un soggetto affetto da tale disturbo appartiene. Il sesso del pedofilo è quasi esclusivamente rappresentato dal genere maschile, ma non è esclusa la presenza di quello femminile in tale fenomeno. Per quanto riguarda la meta d’attrazione, alcuni pedofili preferiscono minori dello stesso loro genere (pedofilia omosessuale), altri quelli di sesso opposto (pedofilia eterosessuale), altri ancora sono eccitati sia dagli uni sia dagli altri (pedofilia bisessuale) (Von Krafft-Ebing, 1964). L’attrazione verso le femmine è descritta come la più frequente e riguardante per lo più bambine dagli otto ai dieci anni, quella per i maschi, invece, sembra coinvolgere minori con un’età leggermente più elevata. Tra i pedofili è possibile, inoltre, osservare soggetti attratti esclusivamente da bambini (Tipo Esclusivo) e soggetti attratti da bambini e adulti (Tipo Non Esclusivo) (DSM-IV-TR). In genere, i pedofili riferiscono un interesse sessuale rivolto a minori di una particolare fascia d’età, come descritto in precedenza. Sono individui particolarmente attratti da soggetti che hanno un’età che precede, rientra o ha appena superato la pubertà (Hertoft, 1976). Da ciò consegue che non appena queste piccole vittime, crescendo, assumono sembianze più adulte viene meno la capacità di attrarre sessualmente il pedofilo (De Leo, Petruccelli, 1999). In genere, quest’ultimo trova spiacevoli le caratteristiche sessuali secondarie, come la presenza di peluria pubica. 5 Psicologia e Giustizia Anno 5, numero 1 Gennaio – Giugno 2004 Le ricerche sull’infanzia rivelano che molti pedofili sono stati vittime di un’infanzia decisamente problematica, molti dichiarano di essere stati abusati sessualmente (Freund et al., 1994): da ciò deriva quello che è stato definito come “Ciclo ripetitivo dell’abuso” (Cirillo et al., 1998). La teoria dell’attaccamento ha descritto ed evidenziato empiricamente come gli schemi rappresentazionali relativi all’attaccamento vengano aggrediti e segnati da esperienze di tipo abusante, portate ad opera dei caregivers. In particolare si è osservato, in età adulta, la presenza di modalità d’attaccamento insicure, soprattutto di tipo U/d (Irrisolto/disorganizzato) e Ds (Distanziante), in concomitanza ad esperienze di tipo abusante e/o terrorizzante vissute nell’infanzia (Festa, 2002). Tali schemi interiorizzati andranno ad influire sui processi di regolazione delle emozioni e sui nuclei strutturali del Sé e del Sé con l’altro, con possibilità di innesco del ciclo intergenerazionale dell’abuso. Per alleviare il dolore percepito da tali lesioni dei nuclei del Sé, la vittima si trasformerà in aggressore, attuando un tentativo di mitigazione del senso d’impotenza vissuto in passato. Le perversioni nascono dal desiderio di vendicare traumi infantili causati dai genitori: esse rappresentano, dunque, l’espressione di fantasie volte all’umiliazione dell’altro (Stoller, 1975, 1985). La perversione serve, dunque, a rivivere l’antico trauma sessuale che, nell’atto perverso, viene ad essere annullato e trasformato in piacere, costituendo così una sorta di rivincita simbolica in cui il bambino abusato passa dal ruolo di vittima a quello di vincitore: è il fenomeno definito come “identificazione con l’aggressore” (Groth, 1981). Il metodo di vendetta, attraverso la trasformazione del trauma passivo in vittimizzazione perpetrata attivamente (Gabbard, 1995), è quello di umiliare e disumanizzare la vittima durante il comportamento perverso. Naturalmente non tutti i bambini abusati diventeranno, una volta cresciuti, dei pedofili (Glasser et al., 2001): dipende molto dalle occasioni e dalle capacità che il soggetto attiverà per elaborare e risolvere le esperienze traumatiche (Salter et al., 2003; Cohen et al., 2002). Secondo alcuni autori, si può affermare che il pedofilo nella relazione con i bambini cerca se stesso (Fenichel, 1945). Il contatto con il minore, infatti, lo aiuta a mantenere un’immagine positiva di sé: poiché i bambini sono idealizzati. L’attività 6 Psicologia e Giustizia Anno 5, numero 1 Gennaio – Giugno 2004 sessuale con questi è considerata come una fantasia inconscia di fusione con un oggetto ideale, come una fantasia di ristrutturazione di un Sé giovane e idealizzato. L’ansia derivante dalla paura dell’invecchiamento e della morte viene così annullata (Gabbard, 2002). Per altri autori, la pedofilia deriva da disturbi narcisistici del comportamento, che sono da ricondurre all’infanzia e che consistono nella frustrazione, da parte delle figure genitoriali, dei bisogni di rispecchiamento, valorizzazione e compattamento del Sé del bambino (Kohut, 1971). E’ presente dunque, un deficit nello sviluppo del Sé (Kohut, 1977). In questo senso, l’attività perversa diventa un tentativo dell’adulto di ristabilire l’integrità e la coesione del Sè in mancanza di risposte empatiche oggetto-Sé da parte delle figure parentali. L’attività perversa può rappresentare, in alcuni contesti, una sfida all’invadente influenza della madre interna, da cui può scaturire, per il soggetto, un sentimento di indipendenza e di trionfo (Mitchell, 1988). Alla base della pedofilia, secondo Kernberg, si trova l’angoscia di castrazione che non permette l’accesso ad una sessualità matura, genitale (Kernberg, 1993). Il pedofilo è quindi attratto da un minore e non da un adulto, in quanto spaventato dalla penetrazione vaginale. Con il minore può evitarla o, se l’affronta, può farlo da una posizione di “superiorità”, in cui egli mantiene il controllo sull’altro individuo. L’età d’insorgenza di questa parafilia, di solito, è da ascriversi all’infanzia anche se alcuni soggetti riferiscono di essere stati eccitati dai bambini solo a partire dalla mezza età. A tale riguardo, i pedofili possono essere distinti considerando la presenza di un blocco evolutivo, per cui il soggetto è attratto sessualmente da individui più giovani sin dall’adolescenza, o di una regressione, in tale caso l’attrazione sessuale nei confronti di persone più giovani compare non prima dell’età adulta (Groth et al., 1979; McConaghy, 1998; Gabbard, 2002). È da evidenziare, inoltre, che la pedofilia può manifestarsi con manifestazione intrafamiliare (incesto) (Caputo, 1995) o extrafamiliare, riguardardando bambini al di fuori della cerchia familiare (Rice et al., 2002; Macario, Damilano, 1995; Kempe, Kempe, 1989; Pacciolla, et al., 1999). Nel primo caso, il pedofilo limita la sua attività a figli, figliastri o parenti. Nel caso di relazioni incestuose, si tratta spesso di uomini che non si sentono amati dalle proprie mogli, che covano una forte ostilità verso le donne e 7 Psicologia e Giustizia Anno 5, numero 1 Gennaio – Giugno 2004 ricercano nei figli gratificazione e risposte di protezione presentandosi loro come vittime (Ganzarain, Buchele, 1990): i figli possono assumere, quindi, il ruolo di mogliesurrogato. Nella modalità d’espressione extrafamiliare, i pedofili possono mettere in atto delle tecniche sofisticate per poter avvicinarsi ai bambini, come per esempio guadagnare la fiducia dei genitori, sposare la madre di un bambino “attraente” o intraprendere lavori che lo mettano in contatto con le piccole vittime. Generalmente il soggetto pedofilo è attento ai bisogni del bambino in quanto desidera ottenerne l’affetto, l’interesse, la fedeltà e comprarsi in questo modo anche il suo silenzio. Differente è il caso in cui il disturbo è associato a sadismo sessuale. Si parla allora di pedosadismo, indicando con tale termine quella perversione in cui il piacere sessuale deriva dal maltrattare e seviziare sia fisicamente sia psichicamente i bambini, percuotendoli, affamandoli o con altre modalità sadiche. Talvolta, queste condotte portano all’uccisione della vittima. Nella pedofilia il tentativo di praticare il coito è raro, quindi le lesioni ai genitali dei bambini si verificano solo se è stato compiuto un atto pedosadico e non pedofilo (Borneman, 1988). Canziani (1996), in base alle caratteristiche di personalità e di gravità, distingue: 1) i pedofili omosessuali, che desiderano avere rapporti con bambini dello stesso sesso, con modalità “d’amore” vicine a quelle fra madre e figlio; 2) i pedofili compulsivi, che agiscono in modo irrefrenabile i comportamenti sessuali sui bambini in associazione ad un restringimento dello stato di coscienza, al di fuori del quale soffrono per tale comportamento; 3) i pedofili regressivi, che rivolgono il loro interesse sui bambini, perché sono caratterizzati da una personalità immatura e fissata ad un livello infantile di sviluppo psicosessuale; 4) i pedofili perversi, che non considerano il minore come soggetto, ma solo un mezzo per soddisfare un comportamento sessuale, intriso di ritualità violenta. Alla luce delle precedenti considerazioni di natura eziopatogenetica, la pedofilia sembrerebbe derivare dunque da una molteplice classe di eventi, sia intrapsichici sia esterni, pur considerando che non sembra esistere un'unica tipologia di pedofili. Un modello di natura multifattoriale maturo, che deve essere articolato su un numero di differenti livelli, è auspicabile per spiegare tale complesso disturbo. 8 Psicologia e Giustizia Anno 5, numero 1 Gennaio – Giugno 2004 La prognosi di tale disturbo è, generalmente, sfavorevole particolarmente in associazione ad alta frequenza degli atti, età di insorgenza precoce, assenza di senso di colpa o vergogna riguardo all'atto, attrazione soprattutto per il genere maschile. Le recidive, in quest’ultimo caso, sono stimate del doppio rispetto a quei soggetti che preferiscono le femmine. Per quanto riguarda la terapia, questa risulta difficile in quanto il pedofilo, nella maggioranza dei casi, non vuole essere privato del proprio sintomo ossia della sua attività perversa, in quanto non prova disagio clinicamente significativo. Raramente ammette la propria perversione poiché non la vive come una malattia: il sintomo, dunque, è generalmente egosintonico. E’ per tale motivo che, in genere, il soggetto affetto da pedofilia giunge all'osservazione degli psicologi clinici o degli psichiatri solo quando la sua condotta lo ha portato di fronte alla legge. E quando come in quest’ultimo caso, il trattamento ha un invio di carattere giudiziario, come indispensabile per ottenere la libertà condizionata, ciò contribuisce ulteriormente a rendere qualsiasi tipo di terapia di difficile attuazione. Tuttavia, in alcuni casi, è possibile ottenere esiti positivi nonostante l'assenza di una motivazione iniziale del soggetto (Roccia, Foti, 1994). La prognosi è solitamente favorevole quando non vi è invio a causa d’intervento giudiziario e la motivazione al cambiamento risulta elevata, in quanto il disturbo provoca disagio clinicamente significativo (Kaplan, Sadock 1993). È da considerare, infine, come le sindromi pedofile possano manifestarsi, anche con nuove modalità d’espressione: a) attraverso il facile utilizzo della Rete Internet, che rende possibile il “sesso in rete”, per mezzo di chats dedicate in pay passwords via internet; b) nella diffusione della pornografia infantile su materiale stampato, film o chats; c) nella prostituzione minorile coatta o con ottenimento del consenso; d) nella tratta dei minori a scopo sessuale; e) ed, infine, nel turismo pedofilo (lolitismo), che è indirizzato verso quei Paesi in cui è largamente presente la prostituzione minorile e dove il pedofilo può quindi avere facile accesso ai bambini (Mastronardi, Villanova, 1998; Scardaccione, 1992). 9 Psicologia e Giustizia Anno 5, numero 1 Gennaio – Giugno 2004 3. Imputabilità giuridica nei reati connessi alla pedofilia. La possibilità del soggetto pedofilo, che commette violenza sessuale su minori, di essere considerato imputabile, quindi punibile dalla legge, dipende dalla dimostrazione, attraverso una perizia psichiatrica, della presenza della capacità di intendere e di volere. Tali capacità rappresentano, infatti, i requisiti fondamentali perché un soggetto possa essere considerato responsabile dei suoi atti. In assenza di responsabilità non è possibile dichiarare la persona imputabile (Quadrio, De Leo, 1995). Per questo motivo assume particolare importanza lo stabilire se, al momento in cui è stato commesso il fatto, il soggetto era in possesso di una piena o parziale capacità di intendere e di volere, ossia della facoltà di comprendere il significato e le conseguenze dell’azione e della facoltà di autocontrollo. Quando la capacità di intendere e di volere non è presente o è abbondantemente compromessa si parla rispettivamente di “vizio totale” e “vizio parziale” di mente. L’art. 88 c.p. (rubricato vizio totale di mente) recita “Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere o di volere”. Per la non imputabilità, dunque, deve essere dimostrata una condizione d’incapacità, sia sotto l’aspetto temporale sia sotto quello causale: temporale in quanto il codice penale sottolinea l’incapacità al momento del fatto; causale poiché deve essere presente un nesso eziologico tra la patologia ed il reato commesso, ossia quest’ultimo deve essere considerato come un “sintomo” della patologia del soggetto. L’orientamento giuridico dominante, comunque, preferisce la soluzione per cui non deve sussistere un rapporto diretto tra il reato commesso e il settore della mente compromesso, sulla base del fatto che l’art. 88 rapporta l’incapacità alle condizioni del soggetto al momento del fatto e non allo specifico fatto (Fiandaca G., Musco E., 2001). Secondo l’art 89 c.p. (vizio parziale di mente) “chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità di intendere o di volere, risponde del reato commesso, ma la pena è diminuita”. Questa riduzione è pari ad un terzo della pena prevista dalla legge. 10 Psicologia e Giustizia Anno 5, numero 1 Gennaio – Giugno 2004 Se il soggetto pedofilo è ritenuto imputabile si applica l’art. 609-bis c.p. relativo ai reati di violenza sessuale, che afferma, tra l’altro, che viene punito con la reclusione da cinque a dieci anni chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso d’autorità, costringa taluno a compiere o subire atti sessuali, abusando delle condizioni d’inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto. L’art. 609-ter c.p. riguarda, invece, le circostanze aggravanti, rappresentate dalle situazioni in cui la violenza è commessa nei confronti di una persona che non abbia compiuto i quattordici anni, o nei confronti di una persona che non abbia compiuto i sedici anni e della quale il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo o il tutore. In questo caso, la pena consiste nella reclusione dai sei ai dodici anni. L’aggravamento massimo (da sette a quattordici anni di reclusione) è previsto, infine, quando la violenza, la minaccia o l’abuso d’autorità siano stati esercitati su minori di dieci anni (comma 4°, art. 609 ter). Purtroppo la violenza su bambini così piccoli non è infrequente: tipico è il caso del genitore che, abusando della propria autorità nell’ambito familiare, costringe il figlio a subire atti sessuali. Lo stesso abuso d’autorità può ritrovarsi nei casi in cui è un insegnante, un bidello, un sanitario o un amico di famiglia ad esercitare violenza sul minore. Come si può notare, il nostro ordinamento giuridico mostra di ritenere connotato da maggiore gravità il comportamento di quei soggetti che dovrebbero rappresentare per il minore un modello ed un supporto ed invece si trasformano in carnefici. La legge contempla anche il caso in cui il minore non venga costretto agli atti sessuali ma sia consenziente (ad esempio, a seguito della promessa di denaro). In tali casi è applicabile l’art. 609-quater c.p. ed il confine tra il lecito e l’illecito viene ad essere determinato dall’età: il fatto costituisce reato solo se il minore non ha ancora compiuto i quattordici anni. Ma se autore del fatto è il genitore o il tutore, o l’ascendente o l’affidatario, o una persona convivente con il minore, i rapporti consensuali costituiscono un reato, sempre che il minore non abbia ancora compiuto i sedici anni. In presenza di tali relazioni tra abusato e abusante si procede d’ufficio e la pena è, anche in questo caso, aggravata se il minore ha meno di dieci anni. In sintesi, il legislatore ritiene che all’interno di rapporti coinvolgenti, come quelli con un genitore, il 11 Psicologia e Giustizia Anno 5, numero 1 Gennaio – Giugno 2004 minore sia facilmente suggestionabile e, pertanto, non sia sufficiente, affinché il suo consenso si possa ritenere un atto libero e consapevole, il livello di maturità proprio dei quattordici anni ma sia necessario quello dei sedici anni. E’ da notare che se il minore ha superato i quattordici anni non si configura, per la legge, alcuna ipotesi di reato verso l’estraneo che abbia con lui dei rapporti consensuali. E se ha superato i sedici anni, non è sanzionato neanche il caso di rapporti sessuali con il genitore, il tutore, l’affidatario, o persona convivente con il minore. Come già detto in precedenza, negli ultimi tempi si è sviluppato un prolifico mercato del sesso che ha come destinatari soggetti affetti da devianze sessuali e come vittime adolescenti e bambini d’ogni razza (Monni, 2002). A tal proposito, imponente è la diffusione della pornografia minorile, nella fattispecie della divulgazione d’immagini di bambini nudi in pose provocanti e nell’atto di congiungersi con adulti. A questo riguardo sono state introdotte specifiche disposizioni che sanzionano non solo lo sfruttamento della pornografia ma anche della prostituzione e del turismo sessuale con minori. Due leggi (prima la n. 66/1996, intitolata “Norme contro la violenza sessuale” e poi la legge n. 269 del 3/8/1998, dal titolo “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù”) hanno appunto modificato la disciplina della protezione sessuale dei minori. In particolare, nell’ambito della L. 269/1998, è l’art. 3 ad occuparsi della pornografia minorile. Tale articolo prevede, infatti, la reclusione (da sei a 12 anni) e la multa da 25.822 a 258.228 euro per chiunque sfrutti minorenni al fine di realizzare esibizioni pornograficche o di produrre materiale pornografico, come ad es. videotape, fotografie, videocassette. Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico. Il terzo comma dell’art. 600-ter c.p. punisce invece, con pene più leggere (da uno a cinque anni), chi distribuisce, divulga, o pubblicizza con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, materiale pornografico o comunque notizie finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale dei minori. In questo modo si vuole perseguire un fenomeno in forte crescita rappresentato dai siti telematici dedicati alla pedofilia, da cui spesso si diffondono messaggi destinati a adescare bambini, soprattutto attraverso newsgroup e Chat-line, e si diffondono informazioni per alimentare il mercato della pedofilia. 12 Psicologia e Giustizia Anno 5, numero 1 Gennaio – Giugno 2004 Tuttavia, in presenza di un modo così difforme di punire chi commercia riviste o video aventi per protagonisti i bambini e chi utilizza i siti Web per diffondere il medesimo materiale, si ha l’impressione che venga sottovalutata la pericolosità del canale telematico per la diffusione della pedofilia. Allo stato attuale delle cose, la divulgazione attraverso la rete Internet rappresenta la modalità più facile e veloce di diffusione di notizie per agevolare lo sfruttamento sessuale dei minori, consentendo, tra l’altro, l’anonimato. Oggi, per mezzo di Internet, il circuito della pornografia minorile non è più circoscritto a pochi canali difficili da raggiungere ed il pedofilo non è più isolato come in passato. Infatti, sono ormai numerose le associazioni fondate da gruppi di pedofili al fine di diffondere la pratica della pedofilia. Delle iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile si occupa l’art. 600-quinquies c.p., che punisce con la reclusione (da sei a 12 anni) e con la multa (da 15.493 a 159.937 euro) chi organizza o propaganda viaggi che comprendono o sono esclusivamente finalizzati alla fruizione d’attività di prostituzione a danno di minori. E’ da notare che è sanzionata la semplice organizzazione o propaganda di quelli che vengono comunemente definiti i tours del sesso e ciò avviene indipendentemente dal fatto che il viaggio si realizzi effettivamente, o che si verifichino in tale viaggio gli incontri sessuali con minori. L’art. 600-sexies c.p. prevede aggravanti di pena (con aumento da 1/3 alla metà) nel caso in cui il fatto sia commesso a danno di soggetti con un’età inferiore ai quattordici anni. Ai soggetti imputabili o semi-imputabili sono rivolte tutte le sanzioni di cui finora si è parlato. Accanto a queste misure penali troviamo le cosiddette misure di sicurezza che, come le prime, hanno un carattere rieducativo. In particolare, le misure di sicurezza assolvono una finalità riabilitativa e sono applicate ai soggetti ritenuti “socialmente pericolosi” (presupposto soggettivo) che hanno già commesso un fatto previsto dalla legge come reato (presupposto oggettivo). Destinatari sono quindi i soggetti imputabili e socialmente pericolosi, i soggetti semi-imputabili e i non imputabili. Per i primi due, la misura di sicurezza si cumula alla pena, invece ai soggetti non imputabili si applica in via esclusiva. Per la disposizione di una misura di sicurezza il giudice deve aver, dunque, necessariamente accertato la pericolosità 13 sociale della persona. Tale Psicologia e Giustizia Anno 5, numero 1 Gennaio – Giugno 2004 valutazione si fonda sull’analisi della gravità del reato, sulle condizioni di vita del soggetto e sulla prognosi di recidiva (Occulto, 2003). Nel caso del soggetto pedofilo, qualora venga stabilita la presenza di una condizione d’infermità mentale associata a pericolosità sociale (derivante appunto dalla condizione patologica), si procede con una particolare misura di sicurezza, rientrante nelle misure di sicurezza personali detentive, ossia il ricovero in Ospedale Psichiatrico Giudiziario (O.P.G. – art. 222 c.p.). Nel caso, invece, in cui ci sia l’infermità di mente ma non la pericolosità il soggetto è dichiarato libero. A differenza di quanto avviene per la pena, la misura di sicurezza è indeterminata nel massimo mentre la legge prevede un tempo minimo che corrisponde alla presunta durata della pericolosità sociale. La mancanza di un periodo temporale massimo definito inizialmente nasce dalla difficoltà di conoscere, nel momento in cui si applica la misura di sicurezza, il tempo necessario all’estinzione della pericolosità del soggetto. Il principio della durata a tempo indeterminato discende quindi dalla finalità stessa del provvedimento stabilito a garanzia degli interessi sociali, ed è in tutto coerente con lo scopo pratico di rendere innocuo il soggetto isolandolo per tutta la durata della sua pericolosità. Alla scadenza del termine minimo viene comunque previsto un riesame delle condizioni della persona sottoposta a misura di sicurezza per stabilire se essa sia ancora socialmente pericolosa (Occulto, 2003). Ad ogni modo, è possibile disporre la revoca della misura di sicurezza in ogni momento, purché si possa escludere la pericolosità della persona. In conclusione, merita un accenno l’iniziativa dei senatori Tredese e Fasolino che intendono, col disegno di legge N. 1342/2002, apportare modifiche al codice penale e di procedura penale, introducendo nuove norme per la prevenzione di reati connessi alla pedofilia e promuovere norme per il rispetto dei codici deontologici da parte dei providers che forniscono servizi Internet. In sintesi, novità significative riguarderebbero da un lato un inasprimento delle pene: l’eliminazione dell’alternatività della pena (reclusione-multa) nei confronti di coloro i quali mettono in atto comportamenti sessuali con minori tra 14 e i 16 anni in cambio di denaro (art. 2); la punibilità non solo per chi organizza i cossidetti tours del sesso ma anche per coloro i quali vi partecipano (art. 5); l’estensione dei casi di arresto obbligatorio in flagranza, che può essere consentito 14 Psicologia e Giustizia Anno 5, numero 1 Gennaio – Giugno 2004 anche nei confronti di minori (art. 12); l’esclusione della possibilità di richiesta di patteggiamento sia per chi compie atti sessuali con minori tra 14 e i 16 anni, in cambio di denaro, sia per quelli che divulgano o distribuiscono materiale pedopornografico (art. 13). Dall’altro le novità forse più interessanti e significative del disegno riguardano l’introduzione di: norme rivolte ad incrementare la tutela del minore nel corso dei procedimenti penali che lo riguardano (articoli 7, 8 e 9); misure volte alla prevenzione di reati connessi alla pedofilia, con la previsione di trattamenti (psicoterapeutici, neuropsichiatrici e farmacologici) di sostegno per i condannati e gli indagati (art. 14); obblighi per providers di agevolare l’identificazione di coloro che commettono illeciti in rete anche con l’adozione obbligatoria di codici di autoregolamentazione (art. 17). Bibliografia AMERICAN PSYCHIATRIC ASSOCIATION (2001), Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, Text Revision, DSM IV-TR, Masson, Milano. BORNEMAN, E. (1988), Das Geschlechtsleben des Kindes, Beitraege zur Kinderanalyse und Sexualpaedologie, dtv Muenchen. CANZIANI, F. 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