Relazione Geologica_Comune di San Pietro al Natisone

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Relazione Geologica_Comune di San Pietro al Natisone
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INDICE
PREMESSA…………………………………………………………...
.pag. 3
1 - METODOLOGIA DI INDAGINE……………………………………..pag. 5
2 – GEOLOGIA, GEOMORFOLOGIA E LITOLOGIA
DELL’AREA (Tav. 1 e Tav. 2)….…………………………………… pag. 7
3 - SITUAZIONE GEOSTATICA DEL TERRITORIO
COMUNALE (Tav. 2)……………………………………………….....pag. 15
4 - IDROGRAFIA SUPERFICIALE E SOTTERANEA (Tav. 3)..……….pag. 20
5 - SISMOLOGIA………………………………………………………….pag. 23
6 - ZONIZZAZIONE DEL TERRITORIO COMUNALE IN
PROSPETTIVA SISMICA (Tav. 4)..………………………………….pag. 25
7 - VINCOLI E PRESCRIZIONI DERIVANTI DAI RISCHI
CONNESSI ALLE CONDIZIONI GEOIDROLOGICHE E
MORFOLOGICHE DEL TERRITORIO (Tav. 5)......…………………pag. 29
8 – PROPOSTA DI NORMATIVA DA INSERIRE NELLE NORME
DI ATTUAZIONE DEL P.R.G.C……………………………………....pag. 31
9 – CONCLUSIONI ………………………………………………………..pag. 41
ALLEGATI:
- PROVE GEOGNOSTICHE
- RELAZIONE IDRAULICA
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PREMESSA
L'Amministrazione Comunale di S. Pietro al Natisone ha conferito allo
scrivente l'incarico per l’aggiornamento ( secondo nuove conoscenze e normative in
materia) dello studio geologico del territorio, redatto dal dott. geologo Aldo Canziani
nel 1994, contestualmente alla verifica delle zone a rischio idrogeologico e della
compatibilità della variante urbanistica generale al P.R.G.C. con le condizioni
geoidrologiche e morfologiche del territorio.
Per l'espletamento dell'incarico si è tenuto conto delle leggi nazionali e
regionali in materia ed in particolare della L. 267/98 e della L. 365/00, L.R. 5/07, del
D.M.14/01/2008, D.Lgs.152/2006 e del “Progetto di Piano stralcio per l'assetto
idrogeologico del bacino idrografico del fiume Isonzo, (del quale fa parte il territorio
comunale di S. Pietro al Natisone), del decreto del Comitato Istituzionale 03/03/2004prima variante 19/06/2007 e delle proposte, della Regione F.V.G., esposte in
conferenza programmatica del 20/12/2010 con le relative norme d’attuazione; si è
proceduto alla ricerca delle varie relazioni geologiche esistenti presso l’ufficio
tecnico comunale, ad alcuni sopralluoghi di campagna e dello“Studio geologico
precedente che viene qui riportato integralmente in caratteri minori.
Il presente lavoro riporta a colori e a scala 1:5.000 le carte tematiche
precedenti, semplificandone la lettura, aggiunge nuove conoscenze sul territorio
estrapola la “Carta idrogeologica”e aggiunge la “Carta del rischio idrogeologico”,
amplia l’indagine con scavi meccanici e tre tomografie elettriche.
Considerata la quantità dei dati geologici e geotecnici in possesso si è ritenuto
opportuno limitare lo studio nei termini qui proposti e attuati.
Le aree interessate alla variante in esame si estendono su gran parte delle zone
abitate del comune di S. Pietro al Natisone o nelle loro immediate vicinanze e sono
individuabili negli elaborati progettuali a firma dell’arch. Marcello Rollo.
Si è, inoltre, ritenuta necessaria, per maggiori approfondimenti per
l’acquisizione di ulteriori dati, una relazione idraulica, redatta prima del citato
dicembre 2010, per la verifica e la consistenza del rischio d’esondazione delle
acque trasportate dai corsi d’acqua del territorio comunale in alcune aree limitrofe
ai rispettivi alvei, avvalendosi della collaborazione dell’ing.Matteo Cuffolo.
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Nei mesi di maggio e giugno 1994 è stata svolta la presente indagine geologico- tecnica nel
territorio del comune di San Pietro al Natisone, in provincia di Udine, funzionale alla redazione
dello strumento urbanistico comunale.
L’indagine specificatamente richiesta dalla normativa nazionale (D.M 11.3.88 sez. H) e da quella
regionale (LL. RR 27/88, 52/91 e 15/92), ha avuto lo scopo principale di dotare l’amministrazione
comunale di uno strumento di supporto conoscitivo del proprio territorio, che permettesse,
preventivamente, la definizione delle problematiche geologico- tecniche che verranno sollecitate
dalle future scelte pianificatorie.
Nel territorio del comune di S. Pietro al Natisone era stata svolta, nel 1978, una indagine geologico
tecnica a carattere generale, redatta dal dott. Geologo Floreani, altri studi ed indagini tecniche a
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supporto di varianti dello strumento urbanistico allora vigente sono state svolte nel 1980 dai dott.
geol. Iaiza e Floreani. Nel 1988 e nel 1990 lo scrivente ha redatto alcune indagini geologiche nel
territorio comunale in ordine al piano generale delle fognature, ad alcune varianti urbanistiche ed in
merito ad alcuni eventi franosi conseguenti ad eccezionali apporti meteorici. Il presente lavoro ha
avuto lo scopo di integrare ed aggiornare gli studi precedenti, tenuto conto delle nuove richieste
normative, rielaborando la cartografia tematica e redigendola ad una scala più idonea all’uso
pianificatorio, infittendo la maglia delle indagini geofisiche e proponendo una serie di normative di
piano funzionali all’abbassamento della soglia di rischio connesso con le condizioni geologiche.
Per la programmazione delle indagini e per la stesura della cartografia allegata, è stato fatto
specifico riferimento a quanto riportato nei “Criteri e metodologie di studio per indagini geologico
tecniche in prospettiva sismica nelle zone terremotate del Friuli”, elaborati, per conto della Regione,
dall’Università degli studi di Trieste (1977).
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1 - METODOLOGIA DI INDAGINE
Lo studio geologico tecnico di un territorio, ancorché piuttosto vasto come quello di San Pietro al
Natisone (23.98 kmq), seppure finalizzato a rapportare le scelte urbanistiche con le condizioni
generali dell’assetto idrogeologico, non può ovviamente limitare le verticali di indagine (prove
geofisiche, sondaggi meccanici, ecc…) o il rilievo areale, alle sole zone edificate o di futura
edificazione, in quanto gli elementi morfogenetici che hanno determinato le attuali condizioni
hanno agito spaziando in tutto il comprensorio.
Procedendo ad un’analisi a “tutto campo” è stato possibile riconoscere alcune situazioni tipo, che,
per morfogenesi, litologia o per particolare condizioni geotecniche, presentavano evidenti motivi di
omogeneità, si da permettere una suddivisione del territorio secondo specifici dominii geologici.
La specifica campagna di indagine ha compreso, oltre al rilievo geologico, l’esecuzione di n. 5
sondaggi elettrici verticali (SEV) che hanno permesso di infittire la maglia rappresentata dai 30
sondaggi elettrici verticali (SEV), dalle 27 basi sismiche a rifrazione (BSR) e dai 29 sondaggi
meccanici che costituivano le prove di campagna effettuate negli studi precedenti. A questi dati si
aggiungono quelli dedotti da perizie tecniche, svolte anche dallo scrivente, nel territorio comunale
dopo il 1977.
Questa fondamentale fase di indagine è stata efficacemente supportata da una preventiva analisi
della bibliografia specifica esistente, assumendo dati ed informazioni utilizzati, in fase di
elaborazione, per un confronto critico con i risultati delle prove.
I rilievi e le indagini effettuate hanno portato alla redazione dei seguenti elaborati cartografici,
realizzati in scala 1: 5000 utilizzando la base cartografica della Carta Tecnica Regionale:
a) carta geologica;
b) carta geomorfologica dell’ubicazione delle prove e dei pozzi stratigrafici, dell’idrografia
superficiale e sotterranea e della situazione geostatica;
c) carta della zonizzazione geologico tecnica di massima del territorio;
Quest’ultimo elaborato rappresenta la sintesi delle conoscenze acquisite e deriva da una specifica
metodologia sperimentale ed applicata da tempo nelle aree della Regione Friuli Venezia Giulia
dichiarate sismiche.
La cartografia, allegata alla presente, redatta in scala 1:5.000 su C.T.R.
regionale, comprende:
a) Carta geologica – Tav . 1;
b) Carta geomorfologica, della situazione geostatica e dell’ubicazione dei punti
d’indagine – Tav. 2 ;
c) Carta idrogeologica – Tav. 3 ;
d) Carta della zonizzazione – Tav. 4 ;
e) Carta del rischio idrogeologico – Tav. 5.
Rilievi ed indagini di campagna
La sovrapposizione di metodologie di indagine diversificate, realizzate nel presente e nel precedente
studio, ha permesso l’acquisizione di importanti informazioni per la caratterizzazione geologica del
territorio comunale e nel contempo, ha portato a definire una prima organica quantizzazione dei
range di valori caratteristici delle differenti situazioni investigate.
Prima di passare alle definizioni delle singole problematiche emerse per ogni areale considerato, si
ritiene utile richiamare brevemente la metodologia d’indagine geofisica, utilizzata in campagna al
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fine di infittire la maglia dei precedenti rilievi “in situ” , per permettere di avere un utile riferimento
anche in ordine a future indagini di carattere geologico e tecnico.
Sondaggi elettrici verticali (SEV)
Per la campagna di sondaggi geoelettrici è stato utilizzato un georesistivimetro digitale a doppia
lettura simultanea con energizzazione mediante pile a secco. La configurazione elettronica assunta è
stata quella di Schlumberger, ritenuta la più idonea per questo tipo di terreni.
Il metodo è basato sulla creazione di un campo elettrico artificiale mediante l’immissione nel
terreno di corrente continua e successiva misura della distribuzione della differenza di potenziale e
della corrente che si genera.
Tale distribuzione è ovviamente determinata, oltre che dalla disposizione areale dei dispositivi i
immissione, anche dalla caratteristiche di impedenza elettrica degli strati di terreno.
Il confronto dei risultati di campagna, attraverso opportuni filtri numerici, con quelli che si
otterrebbero su un teorico modello di terreno omogeneo, costituisce il principio fondamentale delle
interpretazione delle misure.
Da questa analisi si è potuto riconoscere il range di resistività propria dei principali livelli
stratigrafici presenti nel territorio comunale, che vengono poi ripresi nella descrizione dell’assetto
stratigrafico del comprensorio esaminato.
Sulla Tav.2 non sono riportate le ubicazioni, non avendole reperite,dei S.E.V. n.ri 18,
27, 28, 29 e 30
Tomografie elettriche
L’apparecchiatura usata per l’esecuzione di tali indagini geofisiche è il
georesistivimetro PASI 16 GL con energizzatori PASI P100. L’elaborazione dei dati è
stata effettuata mediante il software RES2DINV della Geotomo Software. Sono stati
eseguiti tre stendimenti di 39 elettrodi ciascuno con la metodologia di Wenner, con
spaziatura di 2 m. tra gli elettrodi e con 234 misure effettuate. L’estensione totale è
risultata quindi di 76 m. con una potenza indagata di circa 12 m.
Per la localizzazione degli stendimenti si osservino gli allegati TOM1, TOM2 e
TOM3.
Rilievo geologico
La rielaborazione dell’indagine precedente ha comportato anche un rilievo geologico di campagna
condotto con i metodi classici del rilevamento geologico (registrazione di giaciture e degli elementi
morfogenetici, analisi delle strutture, ecc…) che ha permesso di rielaborare le cartografie tematiche
esistenti.
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2 – GEOLOGIA, GEOMORFOLOGIA E LITOLOGIA DELL’AREA (Tav.1 e
Tav. 2)
Il territorio del comune di S. Pietro al Natisone si sviluppa lungo due assi vallivi principali disposti
a raggiera da Ovest verso Est:
- la parte centro- meridionale della valle del Natisone;
- la parte terminale della valle dell’Alberone;
comprendendo anche il tratto finale (la confluenza con l’Alberone ) della valle del Cosizza.
Di conseguenza la configurazione orografica del territorio comunale risulta ben diversificata in due
aree distinte: collinare- montuosa e sub-pianeggiante di fondovalle.
L’area collinare – montuosa è decisamente maggioritaria, in termini di superficie, rispetto
all’estensione totale del comune, ma con una densità di insediamento residenziale molto inferiore a
quella di pianura – fondovalle che è sviluppata particolarmente nella valle del Natisone.
L’assetto altimetrico è compreso tra gli estremi: 866 m s.l.m.m della vetta del monte S.Giorgio (a
Nord del comune, sopra la frazione di Costa) e 150 m s.l.m.m di Ponte S.Quirino, con
l’approfondimento dato dalla forra del Natisone il cui letto è posto a quota 127 m s.l.m.m. subito a
Sud di Ponte S. Quirino.
La parte in quota del territorio comunale si sviluppa essenzialmente:
- lungo la dorsale discendente costituita dall’allineamento sub meridiano m. S. Giorgio, m. Jelencia,
m. Iesera, m.Barda, che divide la valle del Natisone da quella dell’Alberone;
- lungo le pendici meridionali del m. Mladesena e settentrionali del m. dei Bovi;
- lungo i versanti occidentali della dorsale m.S. Bartolomeo, m. Cucco, m. Vainizza;
- lungo il versante nordoccidentale del rilievo m. Spig-Castelmonte;
La parte sub pianeggiante occupa, come detto, i fondovalle. Il capoluogo è collocato a quote
comprese, generalmente, tra 175 e 165 m s.l.m.m.
In analogia con la situazione altimetrica anche l’assetto geologico del territorio del comune di
S.Pietro al Natisone è riconducibile, in termini analitici, a due situazioni fondamentali: il basamento
roccioso che caratterizza essenzialmente l’area rilevata; i depositi superficiali quaternari che
definiscono, anche se non esclusivamente, l’assetto dell’area sub pianeggiante del fondovalle.
I rilievi collinari – montuosi presenti sono caratterizzati dai termini del complesso marnoso
arenaceo dell’eocene inferiore (flisch di Stregna) e sono inseriti in una larga fascia che ammanta il
nucleo centrale mesozoico costituito da una potente pila di dolomie, di calcari del Dachestein e di
calcari cretacei della così detta “Ellissoide del Natisone”.
Questa struttura costituisce una grande piega anticlinale che si estende tra quella del Colovrat ad
oriente e l’elissoide del Bernadia ad Ovest.
Il complesso flyschoide, derivante dal ripetersi e dall’avvicendarsi di fasi di intensa erosione
costiera con momenti di sedimentazione relativamente tranquilla, è caratterizzato da prevalenza di
calcareniti , brecce calcaree e conglomerati rispetto alle arenarie con livelli di marne.
Il basamento roccioso è ben evidente lungo la valle del Natisone, da Tiglio a Ponte S.Quirino sia in
sponda destra che sponda sinistra, ma è comunque presente lungo tutti i rilievi.
Le calcareniti, che si presentano frequentemente in bancate di spessore anche superiore a 10 m, di
color grigio- azzurro, compatte, sono spesso intercalate da marne di colore grigio- azzurro o di
grigio plumbeo per lo più fittamente fogliettate con livelli talvolta anche superiori al metro.
I conglomerati si presentano in bancate che, dalla base al tetto, mostrano una netta diminuzione
delle dimensioni degli elementi e comprendono grossi ciottoli calcarei con diametro fino a 20- 30
cm con rari noduli di selce, arenaria e marna calcarea. Gli elementi che costituiscono questi
conglomerati provengono dallo smantellamento delle scogliere cretaciche e, per questo motivo, i
conglomerati basali vengono anche definiti “pseudo- cretacei”. Come detto procedendo dalla base
verso il tetto delle bancate si verifica una progressiva diminuzione del diametro degli elementi e si
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passa così a calcareniti o brecciole calcaree molto compatte note anche con il nome commerciale di
“pietra piasentina”. Al di sopra ancora le brecciole calcaree sfumano in calcilutiti e calcari marnosi
a frattura concoide celestini, cinerei o plumbei.
Le arenarie hanno una granulometria grossolana ed hanno potenza di ordine metrico, sono
prevalentemente quarzoso- feldispatiche, a grana media e fine, ben cementate. Il colore è marrone
chiaro o grigio azzurrognolo e contengono una percentuale di carbonati variabile dal 10 al 30%,
distribuito sia nel cemento che nella frazione detritica.
I livelli marnoso – arenacei hanno uno spessore variabile da 0.5 a 1 m anche se, localmente,
possono essere più potenti. Il colore è grigio- azzurrognolo o grigio plumbeo, presentano una tipica
frattura e sono costituiti da carbonati in percentuale variabile dal 50 al 70%.
Nelle note illustrative della recente “Carta geologica del Friuli Venezia
Giulia” tale complesso viene cosi definito:”….litologicamente esso è caratterizzato,
specie nella parte alta, dalle tipiche alternanze pelitico-arenacee in strati sottili, ma
ancor più da una evidente successione di potenti megabanchi carbonatici
corrispondenti a colossali olistostromi franati nel bacino torbiditico (ben 260 m. di
spessore raggiunge il famoso Megastrato di Vernasso)……da alcuni di essi,
caratterizzati dalla grana media e medio-fine delle areniti, si estraggono tuttora,
specie nei dintorni di Torreano di Cividale, le rinomate “pietre piasentine”. Nel
territorio comunale tale attività, concentrata soprattutto a nord – ovest di Mezzana, a
nord di Ponteacco ed a sud – est di Clenia, ha modificato la morfologia originale
lasciando allo scoperto affossamenti, terrazzi artificiali, pareti, detriti, ecc.
I depositi superficiali quaternari, che nell’area del comune di S.Pietro al Natisone sono presenti in
maniera rilevante, possono essere suddivisi, oltre che per genesi, anche per collocazione:
a) Depositi superficiali presenti in aree di rilievo o direttamente connesse con esse.
Detrito di frana
Nell’area comunale compare solo nella frazione di Costa ed è costituito da depositi dall’assetto
caotico con ciottoli e massi calcarenitici immersi in abbondante matrice limo sabbiosa.
Detrito di falda
Si tratta di depositi costituiti da elementi di dimensioni variabili e dall’assetto caotico che si
collocano alla base delle pareti calcarenitiche, in particolare lungo la rotabile comunale Vernasso –
Oculis – Spagnut, ad Est ( pareti di ex cava) ad Norddell’abitato di Tiglio ed a nord di quello di
Clenia. Si tratta in genere di elementi calcarenitici con glanulometria ridotta nella parte superiore
(qualche cmc) e grossolana in quella inferiore (qualche dmc).
In genere in questi la frazione grossolana è associata ad un’abbondante matrice limo- argillosa
colluviale.
Conoidi di deiezione
Allo sbocco sul piano del rio Mamula (a nord dell’abitato di Ponteacco) e del
rio Potoc (a nord ovest dell’abitato di Vernasso) sono evidenti i conoidi formati dai
due corsi d’acqua; si tratta di materiali incoerenti contenenti granuli e scaglie,
immersi in matrice limo-argillosa, provenienti dal disfacimento delle litofacies
costituenti il complesso flyschoide.
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b) Depositi superficiali presenti prevalentemente nelle zone sub pianeggianti di fondovalle.
Alluvioni argillose pedecollinari
Questi depositi, che derivano dal disfacimento e dal dilavamento del complesso marnoso arenaceo,
sono costituiti da elementi arenacei, di dimensioni variabili, da scaglie marnose ed anche da ghiaie ,
in una matrice argillo- sabbiosa di color bruno giallastro.
Si estendono a tratti ai piedi delle colline e colmano leggere depressioni del suolo oppure si
riversano sul sottostante piano ghiaioso rivestendolo con una coltre più o meno potente che rende
spesso difficile determinare il limite geologico tra i due tipi di depositi.
Depositi alluvionali quaternari attuali e recenti.
Si ritrovano nel fondo valle, nel letto dei corsi d’acqua principali e secondari, ai bordi delle aste
fluviali, nelle zone di antichi alvei e nelle aree alluvionali. Si tratta di rocce incoerenti costituite da
elementi normalmente non cementati fra loro, permeabili ed ad altissimo grado di erodibilità. Sono
principalmente ghiaie e sabbie, con poca o nulla frazione fine lungo gli attuali letti con percentuale
coesiva maggiore nei fondovalle ad una certa distanza dagli alvei, costituite da calcari, calcari
dolomitici, dolomie ed arenarie, cioè da litotipi che formano la parte alta del bacino montano. Le
dimensioni dei singoli elementi diminuiscono lungo il corso del fiume, da monte a valle. Per quanto
riguarda la composizione chimica delle ghiaie e delle sabbie si rileva una netta predominanza dei
carbonati. Le sabbie e le ghiaie attuali, rinvenibili sul greto del Natisone e degli altri corsi d’acqua,
non differiscono sostanzialmente da quelle più antiche della pianura.
Conglomerati calcarei
Questi terreni affiorano lateralmente e lungo il corso del Natisone, nel corso terminale
dell’Alberone, derivano dalla cementazione delle ghiaie e delle sabbie alluvionali. Tale fenomeno
diagenetico, più che essere connesso con l’antichità delle alluvioni stesse, è collegato alla
deposizione di sali calcarei delle acque di percolazione.
Petrograficamente si tratta di puddinghe poligenetiche a cemento carbonatico criptocristallino la cui
cementazione è molto varia e presenta maggiore variazione in senso verticale rispetto
all’orizzontale. Lenti di conglomerato più o meno spesse e più o meno estese, senza alcuna
continuità spaziale , si rinvengono normalmente a varia profondità in tutta l’area alluvionale di
fondovalle, con maggiore frequenza lungo fasce laterali più prossime al corso del Natisone e del
tratto terminale dell’Alberone – Cosizza. Lungo i due fiumi, o lateralmente ad essi, il diverso grado
di erodibilità verticale dei conglomerati (ad es. la presenza di livelli maggiormente sabbiosi o
ghiaiosi sciolti) ha permesso la formazione di ingrottamenti , marmitte e mensole più o meno
profonde. A causa di questi fenomeni erosivi si verifica, a volte, il crollo del tetto
dell’ingrottamento, sotto l’azione del proprio peso , preceduto dalla formazione di fratture beanti
parallele al corso d’acqua.
Tali facies nelle note illustrative della recente “ Carta geologica del Friuli
Venezia Giulia” vengono attribuite al Pleistocene inferiore e medio, affiorano
principalmente nelle forre create dall’erosione del Natisone, causate dal sollevamento
recente ed in atto del settore.
Depositi lacustri
Sono rappresentati da elementi coesivi limo- argillosi con frazione sabbiosa subordinata,
normalmente ricoperti da orizzonti alluvionali di debole spessore. Tali depositi sono presenti
esclusivamente nella zona compresa a monte ed a valle della confluenza Alberone- Cosizza., legati,
come afferma il Comel (“Monografia sui terreni della Pianura Friulana” – Gorizia 1954), non alla
presenza di un vero e proprio lago ma, piuttosto, ad un impaludamento legato ad un
sovralluvionamento delle valli durante la fase colmante del Wurmiano quando le correnti
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fluvioglaciali dell’Isonzo-Natisone scendendo la valle del Natisone accumularono in essa quelle
masse ghiaiose che poi, riversandosi da Cividale, diedero origine alla piana alluvionale cividalese.
Numerose indagini tecniche e studi effettuati nell’ambito di questo territorio hanno permesso di
definire i range di variazione dei principali parametri geotecnici relativi ai litotipi citati.
Ovviamente i dati riportati di seguito hanno un valore generale e non possono essere assunti come
rappresentativi di tutte le situazioni locali.
Calcareniti
Resistenza alla compressione
: 800- 1.200 kg/cmq
Peso volume
: 2.7 t/mc
Angolo di attrito interno
: 45 gradi
Coesione
: 15 kg/cmq
Erodibilità
: bassa
Permeabile per fessurazione e carsismo, normalmente assenti fenomeni di alterazione superficiale.
Brecciole calcaree
Resistenza alla compressione
: 1.200 – 2.200 kg/cmq
Peso di volume
: 2.6 t/mc
Angolo di attrito interno
: 40- 42 gradi
Coesione
: 15 kg/cmq
Erodibilità
: bassa
Permeabile per fessurazione ed in parte per porosità, normalmente assenti fenomeni di alterazione
superficiale.
Arenarie
Resistenza alla compressione
: 300- 1300 kg/cmq
Peso di volume
: 2.3– t/mc
Angolo di attrito interno
: 25- 40 gradi
Coesione
: 10-15 kg/cmq
Erodibilità
: media
Permeabile per porosità e parzialmente per fessurazione, normalmente scarsi fenomeni di
alterazione superficiale.
Marne
Resistenza alla compressione
: 35- 180 kg/cmq
Peso di volume
: 2.4–2.5 t/mc
Angolo di attrito interno
: 20- 25 gradi
Coesione
: 10-15 kg/cmq
Erodibilità
: alta
Impermeabile, accentuati fenomeni di alterazione superficiale.
Alternanza di marne ed arenarie
Peso di volume
Angolo di attrito interno
Coesione
Erodibilità
: 2.3–2.6 t/mc
: 20- 25 gradi
: 2-15 kg/cmq
: medio-alta
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Semipermeabile o permeabilità variabile da strato a strato, notevoli fenomeni di alterazione
superficiale.
Depositi locali su versante pluvio- colluviali derivanti da alterazione superficiale di flysch.
Peso di volume
Angolo di attrito interno
Coesione
Modulo di compressione
Semipermeabili o impermeabili.
: 1.8- 19 t/mc
: 20-22 gradi
: 0.12- 0.24 kg/cmq
: 20- 40 kg/cmq
Detrito di falda
Peso di volume
: 1.7- 1.9 t/mc
Angolo di attrito interno
: 35- 40 gradi
Coesione
: 0 kg/cmq
Erodibilità
: altissima
Permeabile per porosità, normalmente scarsi fenomeni di alterazione superficiale.
Depositi alluvionali quaternari
Peso di volume
: 1.8- 1.85 t/mc
Angolo di attrito interno
: 30- 35 gradi
Coesione
: 0- 0.05 kg/cmq
Erodibilità
: altissima
Permeabile per porosità, normalmente scarsi fenomeni di alterazione superficiale
Conglomerati calcarei
Resistenza alla compressione
Peso di volume
Angolo di attrito interno
Coesione
Erodibilità
Permeabile per fessurazione e per
alterazione superficiale.
: 30- 700 kg/cmq
: 1.9- 2.2 t/mc
: 40- 42 gradi
: 3 kg/cmq
: media
porosità o semipermeabile,normalmente discreti fenomeni di
Alluvioni argillose pedecollinari
Peso di volume
Angolo di attrito interno
Coesione
Erodibilità
Modulo di compressione:
Semipermeabili o impermeabili.
: 1.8- 1.9 t/mc
: 18- 20 gradi
: 0.12- 0.24 kg/cmq
: elevata
: 20- 40 kg/cmq
Depositi lacustri
Peso di volume
Angolo di attrito interno
Coesione
: 2.0- 2.2 t/mc
: 0.0- 20 gradi
: 0.0- 2.0 kg/cmq
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Erodibilità
: alta
Semipermeabili o impermeabili, accentuati fenomeni di alterazione.
Le indagini in “situ”, geofisiche e geomeccaniche, svolte sia nello studio precedente che nel
presente, permettono di definire una serie di caratteristiche dei litotipi che risultano utili per una
classificazione geotecnica del territorio funzionale alle necessità della pianificazione.
Innanzitutto bisogna precisare che, per quanto riguarda le indagini geoelettriche, l’identificazione
dei diversi livelli deriva dalle corrispondenze verificate dalle esperienze di numerose indagini
tecniche su questi territori e da comparazioni su sondaggi meccanici e fronti di scavo. In generale si
rileva che:
- terreni con resistività compresa tra poche decine di ohm*m e 200 ohm*m corrispondono a limi ed
argille con inclusioni ghiaiose (terreni agrari superficiali o alluvioni argillose pedecollinari)
I valori di resistività più bassa individuano sedimenti prevalentemente argillosi di origine lacustre.
La potenza di questi terreni coesivi è decrescente da Nord a Sud e varia da 20 a 30m nella zona di
Clenia a 10-15 m tra Azzida e Merso di Sotto, al di sopra di queste argille si rinvengono ghiaie con
abbondante matrice limo- argillosa caratterizzata da resistività comprese tra 120 e 450 ohm*m;
valori di resistività, in profondità, prossimi ai 200 ohm*m individuano l’orizzonte roccioso di base
laddove è presente nei termini prevalentemente marnoso – arenacei (al contrario valori, sempre in
profondità che oscillano intorno ai 1.000 ohm*m, qualora non riconducibili per collocazione o
successione stratigrafica a conglomerati, rappresentano il basamento flyschoide nei termini
maggiormente calcarenitici).
- terreni con resistività compresa tra 200 e 600/700 ohm*m corrispondono al materasso alluvionale
contaminato da elementi coesivi o frammisto o alternato a lenti limo-argillose o argillose;
- terreni con resistività superiori a 600/700 ohm* fino a 3.000 ohm*m corrispondono a terreni
prevalentemente ghiaiosi con drastica diminuzione delle frazione coesive ed inizio della comparsa
di livelli da poco cementati a conglomerati e ghiaie grossolane sciolte del tutto prive di frazioni
coesive;
E’ interessante citare l’esistenza di sedimenti ghiaioso- sabbioso in matrice limo-argillosa, con
resistività compresa tra 200 e 1.000 ohm*m localizzati in una fascia situata ad Est di S Pietro al
Natisone e del fiume Natisone fra Sorzento e Ponteacco. La resistività di questi terreni è molto
variabile specialmente in funzione del grado di umidità (localmente si raggiungono valori anche
inferiori ai 200 ohm*m) ed il loro spessore è raramente superiore a 20 m.
La tomografia TOM1 ha evidenziato globalmente resistività tra 30 Ωm e 470
Ωm circa. Superficialmente si osserva uno strato a bassa resistività fino ad una
profondità compesa tra circa 6 m e 9 m. I valori di resistività per tale livello sono
inferiori a 100 Ωm circa. I valori di resistività riscontrati per lo strato sono da
attribuirsi a sedimenti di granulometria fine.
Al letto dello strato a bassa resistività se ne osserva un altro a media resistività
(100 - 150 Ωm) la cui interfaccia elettrostratigrafica con lo strato superiore appare
convessa. Tali resistività portano a ritenere che i sedimenti presenti siano sciolti a
supporto di matrice. La potenza massima di questo strato giunge alla massima
profondità indagata; al margine inferiore della sezione lateralmente allo strato
succitato si osserva un aumento di resistività (150 – 470 Ωm) che evidenzia un
ulteriore elettrostrato la cui morfologia suggerisce un canale di erosione sepolto. Le
resistività rilevate portano a ritenere che tale strato possa essere costituito da alluvioni
grossolane leggermente cementate.
La tomografia TOM2 ha evidenziato globalmente resistività tra 35 Ωm e 730
Ωm circa. Superficialmente si osserva uno strato continuo a bassa resistività (< 120
12
Ωm) fino ad una profondità variabile tra 1,5 m e 3 m. Esso individua sedimenti fini.
L’aumento di resistività al letto di esso (intervallo 100 ÷ 250 Ωm) fino ai 4 m circa e il
successivo ulteriore aumento di resistività nell’intervallo 250 ÷ 730 Ωm, valori
presenti fino alla massima profondità investigata, è compatibile con sedimenti sciolti
che progressivamente si legano con cemento carbonatico.
La tomografia TOM3 ha evidenziato globalmente resistività tra 35 Ωm e 475
Ωm circa. Superficialmente si osserva uno strato continuo a bassa resistività (< 100
Ωm) fino ad una profondità variabile tra 1 m e 1,5 m. Esso individua sedimenti fini. A
letto di esso l’analisi individua un livello di sedimenti (intervallo di resistività 100 ÷
475 Ωm) fino ai 4 ÷ 6 m circa compatibile con depositi cementati o alluvionali
grossolani. Da questo livello e fino alla massima profondità indagata i sedimenti
presentano resistività nuovamente basse (< 100 Ωm) compatibili con sedimenti fini.
Le indagini effettuate portano alle seguenti considerazioni:
il sottosuolo è caratterizzato da sedimenti alluvionali le cui resistività suggeriscono
cementazioni;
sedimenti fini si riscontrano sia superficialmente che in profondità;
Il sottosuolo appare, dal punto di vista elettrostratigrafico, disomogeneo con
andamenti ondulati delle interfacce fra i vari livelli, nonché con cambiamenti laterali
accentuati.
Per quanto riguarda le prove sismiche (eseguite nel corso dell’indagine precedente) si è rilevato che:
- i terreni sciolti superficiali presentano velocità di propagazione delle onde sismiche oscillanti
intorno ai 400/450 ms;
- nelle alluvioni argillose pedecollinari, ed in generale per le ghiaie e le sabbie più o meno ricche di
contaminazioni limo- argillose, la velocità di propagazione delle onde sismiche longitudinali oscilla
intorno ai 1.000 m/s con valori prossimi ai 2.000 m/s nei termini con scarsa frazione coesione;
- i sedimenti lacustri e, in taluni casi, le argille pedecollinari, hanno fatto registrare velocità di
propagazione delle onde sismiche longitudinali di 1.500 m/s;
- i sedimenti conglomeratici presentano velocità di propagazione delle onde sismiche comprese tra
2.000 e 2.600 m/s;
- nel flysch la velocità di propagazione delle onde sismiche longitudinali oscilla tra i 1760 e i
3230m/s;
-un caso particolare è costituito dall’accumulo detritico di frana di Costa, rilevato per uno spessore
di almeno 15 m, dove la velocità di propagazione delle onde sismiche longitudinali sono comprese
tra i 450m/s del livello superficiale ed i circa 1.000 m/s del corpo detritico.
I sondaggi meccanici, al contrario delle altre prove, forniscono una immediata interpretazione del
dato rilevato.
Sulla base di queste indagini, corredata dai dati della geofisica, è possibile ricostruire l’andamento
del livello roccioso basale delle alluvioni (il bed-rock) costituito dal complesso flyscohide eocenico.
Esso compare a profondità inferiori a – 15 dal p.c lungo la valle del Natisone, in destra orografica
nella zona di Vernasso- Oculis ed in sinistra orografica nella zona di Tiglio e ad est di PonteaccoSorzento- S. Pietro al Natisone – S Quirino, nella valle dell’Alberone ad ovest di Azzida- Clenia,
per una breve fascia in sinistra orografica, nonché a sud del t. Cosizza lungo il tratto terminale delle
pendici del m. Purgessimo. In tutti i casi si tratta di aree prossime ai rilievi eocenici. In generale nel
fondovalle il bed- rock sprofonda piuttosto rapidamente, portandosi a 80/100 m dal p.c. in centro
valle a sud di Vernasso in destra orografica del Natisone o a – 80 m. dal p.c. in sinistra orografica
del Natisone (zona industriale di Azzida) con soprastanti numerosi e potenti orizzonti di ghiaie,
conglomerati e più rari livelli coesivi.
13
Uno specifico sondaggio meccanico con prove penetrometriche e prelievo campioni è stato eseguito
a Clenia, nel corso del precedente studio. Esso ha rivelato la presenza, fino a – 10 m dal p.c. di
ghiaia sabbioso-limosa. Successivamente si registra un orizzonte limo argillosa fino a -23 m dal p.c.
La falda è stata individuata a – 7.85 m dal p.c. Le prove S.P.T. effettuate in foro hanno permesso di
definire molto densa la ghiaia sopra la falda (S.P.T. 50) e compatta quella sotto la falda (S.P.T. 28).
Il livello limo-argilloso è risultato consistente all’inizio (S.P.T. 10/15) per finire con una
configurazione molto consistente (S.P.T. 19) verso i – 23 m dal p.c.
Gli elementi geomorfologici più notevoli della zona di fondovalle sono legati ai fenomeni di
ringiovanimento recente che hanno portato alla formazione di numerosi terrazzi alluvionali (vedi
cartografia allegata) nonché della forra (profondità 20- 22m.) entro la quale scorre il Natisone.
Al complesso flyschoide, a medio grado complessivo di erodibilità, si deve l’acclività dei versanti
con pendenze medie dell’ordine dei 20 gradi, interrotte in corrispondenza delle intercalazioni
conglomeratiche e calcarenitiche, poco erodibili, da accentuati aumenti dell’acclività e formazione
di pareti rocciose sub verticali.
I disturbi tettonici riportati in Tav. 1 vengono meglio descritti al successivo
capitolo 5.
In Tav. 2 sono riportati i più significativi particolari morfologici quali
terrazzi, sia fluviali che artificiali, affossamenti, generalmente di tipo carsico o nei
dintorni delle cave, ad opera dell’uomo.
14
3 - SITUAZIONE GEOSTATICA DEL TERRITORIO COMUNALE (Tav. 2 )
Le verifiche di campagna, effettuate nei primi mesi del 2007 e ripetute alla
fine del 2010, non hanno rilevato sostanziali variazioni a quanto più sotto riportato
anche se, come già accennato in premessa, diversi lavori, atti alla mitigazione dei
rischi, sono stati eseguiti sul territorio comunale.
In Tav.2 sono riportati i dissesti codificati dalla R.A.F.V.G.e
dall’I.F.F.I.(inventario dei fenomeni franosi in Italia)
.
La modesta entità dei rilievi e la collocazione geografica del territorio comunale portano ad
escludere che, per tutta l’estensione del comune, siano presenti aree interessate da rischio valanghe.
Nel corso della presente indagine è stata ricontrollata ed aggiornata la situazione dei dissesti
geostatici in suolo o in roccia già rilevata nel corso dello studio precedente.
I fenomeni di instabilità erano stati, a suo tempo, classificati di categoria A (frane in terreni e/o
suoli) e di categoria B (fenomeni di instabilità in terreni lapidei).
E’ da dire che i vari fenomeni di instabilità che interessano il comune di S. Pietro al Natisone sono,
in grande maggioranza riconducibili alla categoria B. Venivano riconosciute le seguenti 13 zone di
instabilità;
1.
Sponde del fiume Natisone
2.
Località Oculis
3.
Versanti orientali del m. Mladesena
4.
Località casali Lula
5.
Località Correda
6.-7. Versanti orientali del monte Iesera
8.
Località a nord di Pacramet
9.
Località Vernasinio di Sotto e Cedron
10.
Strada comunale Cocevaro – Costa
11.
Versanti orientali dei m. Ielencia e S.Canziano
12.
Località Costa
13.
Località Podar
Attualmente la situazione può essere così sintetizzata e riassunta:.
Sponde del fiume Natisone (da Ponte S. Quirino a S. Quirino, cod. reg. 0301030700)
I problemi di instabilità geostatica riguardano la forra del Natisone laddove il litotipo prevalente è il
conglomerato, con presenza di livelli ghiaiosi poco cementati o sabbiosi. I fenomeni erosivi hanno
determinato l’isolamento di mensole aggettanti che evolvono in crolli di porzioni di conglomerato
anche di cubatura notevole.
Il fenomeno nteressa gli edifici ad est di Ponte S.Quirino, posti immediatamente a
monte della forra ed una ristretta area ad Ovest di Azzida dove la strada n.54 corre a
ridosso della scarpata.
Località Oculis (nord e sud dell’abitato,cod.reg.0301030200, ed IFFI 030220700,
03022229800.)
Località casali Lula, aree a nord di Azzida, est e nord di monte Barda(cod.
reg.0302326000,0302325900,0301031000,0301030400).
15
Versanti orientali del m. Mladesena(cod.reg.0301030100-0301030300)
La presenza in queste località, di pareti rocciose sub verticali con sistemi di fessurazione anche
normali all’andamento generale della stratificazione determinano la suddivisione di volumi unitari
di roccia compresi tra il dmc. ed il mc. Il processo di rottura è senz’altro accelerato dall’azione
dell’acqua, dal crioclastismo, dal termoclastismo e dagli eventi sismici. In particolare i fenomeni
contrassegnati (sud di Oculis e sud-ovest di Clenia), stante l’acclività del pendio, potrebbero
interessare sedi stradali. Pertanto si riterrebbe utile una operazione di disgaggio di massi e blocchi
instabili, cosi come per la strada compresa tra Oculis e Spagnut. Anche in questo caso
l’intervento sistematorio si riduce ad un’operazione di disgaggio massi pericolanti e la realizzazione
di opere di difesa.
Località Correda ( cod.reg 0302325700)
Il fenomeno non è classificabile nelle categorie A o B in quanto si tratta di un rilevante accumulo
detritico di sfridi di un antica cava. Il materiale ha dimensioni variabili da pochi cmc a qualche dmc,
è a spigoli vivi con angolo di scarpata elevata raccolto in cumuli o sparso. Lo scivolamento
gravitativi e l’assestamento dei cumuli, complice anche l’attività sismica, potrebbe interessare
alcune case della frazione (quelle più a monte). Si ritiene pertanto necessaria una riprofilatura
adeguata del materiale accumulato.
Il sopralluogo di verifica ha constatato la necessità di ampliare l’area in quanto tutto il
versante presenta massi sparsi instabili.
Versanti orientali del monte Jesera ( cod.reg. 0302325800)
Località a nord-est della precedente(cod. reg. 03001030600)
Nel tratto segnalato si rilevano fenomeni d’instabilità legati sia all’accumulo di sfridi
derivanti da attività di cava, posta immediatamente a monte ed ora abbandonata, sia
alla configurazione dell’ammasso roccioso percorso da numerose famiglie di fratture
che tendono ad isolare piccoli volumi rocciosi compresi tra il dmc ed il mc. Il
processo di rottura è accelerato dall’azione dell’acqua, superficiale e profonda,, dal
crioclastismo, dal termoclastismo e dagli eventi sismici. I fenomeni rilevati
potrebbero interessare la S.P. n.11 della val Alberone abitazione e l’edificio di civile
ubicato a ridosso della stessa.
Località a Nord di Parcramet (cod.reg. 0302326500)
Il fenomeno riguarda un modesto smottamento in suolo su un lato della strada per
Altovizza
Vernassino di Sotto e Cedron (cod.reg.0301031200 –0301031300)
Venivano segnalati dissesti su muri a secco e di sostegno sopra la sede stradale. Tali fenomeni sono
ben visibili ancora a Vernassino di Sotto mentre non hanno potuto essere confermati, per difficoltà
di localizzazione a Cedron. In entrambi i casi potrebbe essere interessata la sede stradale, pertanto si
ritiene opportuna, una successiva verifica dello stato dei manufatti.
16
Strada comunale Cocevaro-Costa ((cod.reg. 0301030600, 0302326300, 0301031200,
0301031300, 0302326200, 0302326100, 0302326400)
L’intero tratto di strada, in particolare il primo tratto che interessa la provinciale e la
comunale, presenta evidenti segni di instabilità geostatica e dissesti (vedi cartografia) legati alle
non buone caratteristiche geotecniche del substrato ed all’azione delle acque di ruscellamento. Lo
studio precedente segnalava la possibilità di evoluzioni negative dei fenomeni che si sono
puntualmente verificate in concomitanza con eventi meteorici di notevole entità. Per alcuni ( sede
stradale immediatamente a monte di Vernassino di Sotto e prima di Costa) sono già stati attuati
degli interventi di sistemazione, altri tra quelli cartografati, avranno ulteriori evoluzioni negative,
anche se, al momento non interessano centri abitati o case isolate ma solo la sede stradale. E’ da
ipotizzare che, anche per il futuro questa strada continuerà a presentare problemi e,
nell’impossibilità di realizzare un percorso alternativo, si ritiene opportuno provvedere ad una
attenta regimazione delle acque di ruscellamento e ad una attenta sorveglianza della strada stessa in
modo da poter intervenire con rapidità laddove i fenomeni di dissesto tendano ad evolvere
rapidamente.
Lavori eseguiti:
-Interventi urgenti di protezione civile relativi alla sistemazione di due aree con
dissesti geostatici situate lungo la strada comunale Vernassino-Costa(2004)
Dissesti a nord/est del territorio comunale interessanti i versanti dei monti S.
Canziano e S. Giorgio(cod.IFFI. 0302026400,0302026300,0302026500,0302166400)
. I versanti in questione sono costituiti, per lo più, da banconi calcarenitici e brecce su
parete subverticale con diversi sistemi di fratture variamente sviluppati ed
intersecantesi rispetto ai piani di stratificazione che danno luogo a diffusi distacchi di
blocchi e massi di varie dimensioni.
Considerate l’assenza di vie di comunicazioni e le condizioni morfologiche esistenti,
si ritiene non si configurino particolari pericoli.
12.
Località Costa (cod.reg. 0302325600)
Il fenomeno rilevato non è riconducibile ad un vero e proprio dissesto in atto ma all’esistenza di un
accumulo caotico di materiale proveniente da una antica frana.
Anche supponendo una non completa stabilizzazione del materiale, soprattutto in condizioni di
azione sismica, non si ravvisano particolari problemi per l’abitato, che si trova più a monte, né per
le vie di comunicazione.
.
13.
Località Podar (cod.reg.0301030900)
Si tratta di una serie di dissesti che interessavano sia la sede stradale che i casali di Podar, con
possibilità di crolli di blocchi e massi legati alle infiltrazioni d’acqua da sorgenti esistenti. Tuttavia
allo stato attuale, non è stata rilevata una particolare evoluzione in senso negativo dei fenomeni
franosi che dovranno, al pari di quelli che interessano la strada Cocevaro- Costa, essere tenuti sotto
controllo costante.
In aggiunta a quelli già citati, nel corso del presente studio si sono potute registrare ulteriori aree
soggette a fenomeni di instabilità geostatica:
17
14.
Area ad est di Azzida (cod.reg.0302324300)
L’area in questione è collocata lungo la pendice che, ad est dell’abitato di Azzida, sovrasta la strada
provinciale n.11 della Val Alberone. In questo versante, costituito da affioramenti conglomeratici,
sono presenti numerosi ingrottamenti , a varie quote, con formazione di sporgenze o mensole
aggettanti, inoltre sono presenti infiltrazioni e sorgenti d’acqua. E’ possibile, in queste condizioni e
date le caratteristiche non omogenee della roccia,che si stacchino blocchi di conglomerato e che gli
stessi raggiungano la sottostante strada provinciale. In quest’area è quanto mai opportuno prevedere
un esteso intervento di bonifica del versante (strutture di sostegno) negli ingrottamenti, drenaggio
delle acque, ecc) o la realizzazione di strutture di protezione della strada (barriere paramassi o
valli).
In alcuni settori della “parete” sono stati effettuati, negli ultimi anni, alcuni
degli interventi proposti ma non sufficienti ad eliminare completamente il rischio su
tutta l’area in dissesto.
Lavori eseguiti:
-Interventi di consolidamento e messa in sicurezza dell’area denominata “costone di
Azzida” (2000)
-Opere di stabilizzazione della zona di “Casa Galanda”(2005)
15.
Strada
provinciale
n.
11
nel
tratto
Azzida - Clenia- Tarpezzo- Cocevaro
(Cod.reg.0301031000 – 0301030400)
Lungo i versanti occidentali immediatamente sovrastanti, la strada provinciale n 11, nel tratto citato,
si rilevano alcuni fenomeni di instabilità legati sia all’accumulo si sfridi da attività di cava, sia alla
configurazione dell’ammasso roccioso percorso da numerose famiglie di fratture che tendono ad
isolare piccoli volumi rocciosi. Per quanto si è potuto constatare sono, attualmente in corso lavori di
sistemazione lungo gran parte dei tratti instabili, è quindi opportuno che i lavori vengano estesi a
tutta l’area potenzialmente instabile.
16.
Strada comunale Ponteacco –Mezzana (Cod.reg.0302326600)
L’intero tratto di strada presenta evidenti segni di instabilità geostatica e dissesti legati alle non
buone caratteristiche geotecniche del sub strato ed all’azione delle acque di ruscellamento.
Alcuni interventi di sistemazione, relativi a fenomeni verificatosi in concomitanza con gli eventi
meteorici dell’ottobre 1990, sono già stati effettuati, altri fenomeni potrebbero avere ulteriori
evoluzioni negative, anche se, al momento non interessano centri abitati o case isolate ma solo la
sede stradale. E’ da ipotizzare che, anche per il futuro questa strada continuerà a presentare
problemi e, nell’impossibilità di realizzare un percorso alternativo, si ritiene opportuno provvedere
ad una attenta regimazione delle acque di ruscellamento e ad una attenta sorveglianza della strada
stessa in modo da poter intervenire con rapidità laddove i fenomeni di dissesto tendano ad evolvere
rapidamente. In Tav. 2 viene cartografata un’area instabile dovuta alla concomitante
erosione dei rii che scendono da entrambi i versanti ai lati della strada.
Lavori eseguiti:
- Interventi urgenti di protezione civile a salvaguardia del transito e della pubblica
incolumità lungo le strade comunali di Altovizza e Mezzana.(2000)
18
- Interventi urgenti di protezione civile relativi al ripristino della viabilità in un area
interessata da un fenomeno franoso lungo la strada comunale per la frazione di
Mezzana.(2003)
17.
Cava a Sud di Altovizza
In questa località, sul versante a valle della cava di Pietra Piasentina, si è formato un accumulo
detritico di sfridi di estrazione in condizioni di instabilità geostatica, tuttavia il fenomeno non desta
particolari preoccupazioni in quanto il percorso di rotolamento dei blocchi non interessa centri
abitati o viabilità di transito.
In concomitanza con i già citati fenomeni meterologici dell’ottobre del 1990, si rileva che un
preoccupante fenomeno di instabilità spondale si era verificato lungo l’argine che delimita la strada
provinciale n 11, all’altezza di Cedron, per azione erosiva dell’Alberone. Dopo ripetute
segnalazioni alla Protezione Civile Regionale si è proceduto alla sistemazione della sponda e,
attualmente, il problema può considerarsi risolto.
Lavori eseguiti :
- Interventi di urgenti di protezione civile a salvaguardia del transito e della pubblica
incolumità lungo le strade comunali di Altovizza e Mezzana(2000).
Si segnala che, in genere, lungo le strade che collegano il fondo valle con le frazioni
ubicate più a monte(Costa, Puoie,Vernassino, Mezzana, ecc.) si possono verificare, in
caso di “eventi naturali al di sopra della norma”, delle instabilità dei versanti, anche
se di non rilevante entità, al momento non rilevabili considerata la generalità
dell’indagine, con possibile interruzione della viabilità e negli edifici attigui creare
qualche problema di stabilità degli stessi.
Per le frane con codice IFFI( aree soggette per lo più a crolli di blocchi e massi di
varie dimensioni), viste le generalità e le finalità del presente studio nonché la loro
ubicazione, non è stato verificato il massimo avanzamento dei massi sottesi.
Tale verifica sarà obbligatoria per il loro eventuale coinvolgimento in qualsiasi opera
od attività edilizia.
19
4 - IDROGRAFIA SUPERFICIALE E SOTTERRANEA (Tav. 3 )
Permeabilità
La situazione idrografica del territorio del comune di S Pietro al Natisone è determinata dalle
diverse caratteristiche di permeabilità dei terreni presenti.
In linea generale si possono definire impermeabili le formazioni marnoso- arenacee del complesso
flyschoide.
Sono inoltre, praticamente impermeabili i livelli eluvio- colluviali derivanti dalle alterazioni
superficiali delle marne ed alcune aree delle alluvioni argillose pedecollinari (quelle a maggiore
percentuale coesiva). Sono semipermeabili i depositi di spessore minuto ed i conglomerati compatti
o poco fessurati. A questa categoria appartengono anche le alluvioni ghiaioso- sabbiose variamente
contaminate con materiale coesivo o con presenza di sedimenti limo- argillosi lacustri.
Infine sono permeabili le alluvioni ghiaioso- sabbiose sciolte , pulite e di potenza notevole, nonché
per fessurazione, le compagini calcarenitiche , conglomerati e di breccia dei rilievi e del basamento
roccioso.
1. Idrografia superficiale
L’elemento di maggiore rilievo è costituito dal fiume Natisone che, all’incirca da S Quirino, scorre
entro una profonda forra orientata, grosso modo per meridiano. In corrispondenza del confine
meridionale del comune (Ponte di S. Quirino) il Natisone riceve i contributi dei principali affluenti
di sinistra orografica (il Cosizza, l’Erbezzo e l’Alberone) convoglianti in un unico collettore che su
talune carte viene nominato come Azzida, in altre come Cosizza. Più a Nord, sempre in sinistra
orografica riceve le acque del r. Mamula e del r. Clacinza. In destra orografica gli affluenti
principali sono costituiti dal r. Tarcenciach, dal r. Podoriesciach, dal r. Qusonsciach e dal r. Potoc.
In base ai dati bibliografici esistenti si può affermare che alla traversa di Tiglio le portate di magra
del F. Natisone siano comprese tra i 2 ed i 6 mc./s, per arrivare ai 750 mc./s per le piene eccezionali.
Il t. Cosizza, alla confluenza con l’Alberone può arrivare, in fase di piena a circa 600 mc./s., mentre
il t. Alberone, sempre alla confluenza con il t. Cosizza può arrivare a circa 500 mc./s (dati
aggiornati ed approfonditi nell’allegata relazione idraulica).
Le sorgenti sono presenti in numero notevole in tutto il territorio, più frequenti ai piedi dei rilievi a
maggior presenza di alternanze marnoso-arenacee rispetto a quelli caratterizzati dalle calcareniti.
Anche se non mancano sorgenti perenni di buona portata (in Tavola 3 sono riportate solo le
principali), in generale, le emergenze sono spesso di modestissima portata e in buona parte sono
riconducibili a stillicidi. Nel corso degli ultimi anni si è registrata una costante diminuzione delle
portate delle sorgenti perenni e la scomparsa di numerose sorgenti temporanee anche non a fronte di
una generalizzata modificazione degli apporti meteorici o di un aumento dei prelievi di monte. Si
ritiene opportuno che, da parte degli Enti competenti, venga affrontata questa problematica , al fine
di chiarire le cause, data la grande importanza che assumono le sorgenti non solo nell’ambito
dell’economia montana.
2. Idrografia sotterranea
Nel territorio comunale di S. Pietro al Natisone, nelle aree sub pianeggianti di fondo valle, è
presente una falda freatica, alimentata sia dalle perdite laterali dei corsi principali che dalle acque
di infiltrazione provenienti dai rilievi.
Purtroppo la carenza di serie storiche di misure freatimetriche su pozzi permette di definire
correttamente il livello della falda solo nel comprensorio Vernasso Sud – P.te S Quirino –Zona
industriale di Azzida sulla base dei dati rilevati dalla regione Friuli Venezia Giulia dal 1976 al
20
1991. Sulla base di queste rilevazioni risulta che, in questa zona, la profondità della falda è sempre
maggiore di 10 m dal p.c. E’ probabile che nell’area a Nord di S Quirino, fino oltre S. Pietro al
Natisone la profondità del pelo freatico sia dell’ordine dei 10 m. dal p.c. o maggiore, ma, al
momento non esistono dati per suffragare questa ipotesi. Anche nel territorio di Clenia, al di sopra
del terrazzo alluvionale, basandosi su dati di una perforazione meccanica e su deduzioni
stratigrafiche da dati geofisici , si può ipotizzare la presenza di una falda freatica con altezza
compresa tra i 5 ed i 10 m dal p.c.
3. Aree esondabili
In Tav.3 vengono cartografate, tal quali, le aree riportate nella recente
proposta PAII, esaminata in sede di conferenza programmatica del 20/12/2010 alla
quale, in base al titolo 1 art. 6 delle norme di attuazione relative al Piano di che
trattasi, si è inoltrata istanza di modifica e riperimetrazione di alcune aree,
conseguentemente agli interventi di sistemazione e manutenzione idraulica, dei vari
corsi d’acqua, eseguiti, da vari Enti, sul territorio comunale dopo la redazione del
precedente studio geologico del territorio.
Di tale istanza non si è tenuto conto nella stesura delle carte tematiche allegate;
in caso di accoglimento, delle stesse, si procederà alle necessarie e dovute modifiche
della perimetrazione e del grado di pericolosità e rischio assegnati. .
Di seguito si riportano i lavori eseguiti.
-Interventi di manutenzione idraulica del torrente Alberone nel tratto
Clenia- Tarpezzo (2005).
-Interventi di sistemazione idraulico-forestale lungo il rio Tarpezzo in comune di
S.Pietro al Natisone(2005)
-Intervento urgente di protezione civile in comune di S.Pietro al Natisone di
sistemazione idraulica del rio Potoc e suoi affluenti a protezione della frazione di
Vernasso(2007).
-Lavori di manutenzione per il ripristino delle sezioni di deflusso del rio Vernasso in
comune di S.Pietro al Natisone.(2007)
Al momento della stesura definitiva della presente relazione il Piano Stralcio
non risulta ancora definitivamente adottato.
Tali fenomeni sono legati all’estrema variabilità delle portate del f. Natisone e dei suoi affluenti in
dipendenza diretta degli afflussi meteorici (il Foramitti aveva già registrato nel suo studio del 1973
che, in breve tempo, il Natisone passa da 1-2 mc./s. ai 1.200 – 1600 mc./s. alla traversa di P.te del
Diavolo a Cividale. I recenti eventi dell’ottobre del 1990 hanno dimostrato che, negli ultimi anni i
tempi di corrivazione entro il bacino del Natisone si sono ridotti e, pertanto, gli effetti di una
precipitazione eccezionale si risentono quasi immediatamente a valle con un repentino aumento
delle portate, accelerazioni dei fenomeni erosivi ed aumento del trasporto solido. Le cause di queste
diminuzioni dei tempi di corrivazione non sono ancora note, ma è ipotizzabile che esse siano in
relazione con l’abbandono costante e progressivo dei presidi abitati in quota con conseguente
riduzione degli interventi di manutenzione dei corsi montani.
Le aree soggette a fenomeni di esondazioni, come si evince dalla lettura della cartografia, sono
quelle che presentano particolari condizioni di “basso” morfologico rispetto al resto delle zone sub
pianeggianti, con l’aggravante, per le valli degli affluenti del f. Natisone, di collocarsi in prossimità,
a monte, delle confluenze principali.
21
Lo studio idraulico allegato verifica, in particolare, l’area di confluenza Rio
Potoc- F.Natisone (interessante un area pubblica adibita ad attività ricreative) e la
confluenza T.Alberone–T.Cosizza(interessante alcuni edifici ubicati immediatamente
a nord- est della confluenza stessa).
Nel precedente studio geologico del territorio comunale a sud est di Vernasso
Basso veniva cartografata, tra le aree esondabili, una zona comprendente alcune
abitazioni della stessa frazione ed il sottostante versante degradante verso il Natisone.
Si ritiene possa trattarsi d’errore in quanto:
-non si sono reperiti studi – verifiche o testimonianze sul coinvolgimento di tale area
negli eventi susseguitisi nel tempo;
-considerate le differenze di quote sul l.m.m.,(fondo alveo-abitato 20m.-fondo alveo –
inizio versante 10m.) appare evidente l’impossibilità d’invasione, da parte delle
acque del Natisone, dell’area in questione, pertanto, la stessa, viene esclusa da tale
vincolo come, anche, confermato dalla, più volte citata, proposta PAII.
Inoltre, in Tav. 3, a sud-est di Vernasso Basso viene cartografata
un’area,comprendente alcuni edifici, la quale viene allagata per rigurgito delle
condotte fognarie non sufficienti a contenere eventi pluviometrici di una certa entità.
-
22
5 - SISMOLOGIA
Il territorio del comune di S. Pietro al Natisone è dichiarato zona sismica di seconda categoria con
S=9, come appare dall’allegato alla legge 25.11.1962 n 164 e dal relativo aggiornamento di cui al
D.M 14.7.84.
La sismogenecità dell’area di S.Pietro al Natisone è ben nota e collegata, in senso più generale, a
quella dell’area cividalese. Essa è documentata sia sulla base di una semplice analisi storica, sia da
recenti studi di sismologia avviati, in maniera sistematica dopo gli eventi del 1976. Gli archivi
ricordano che il cividalese è stata sede epicentrale di numerosi eventi di intensità notevole, si
ricordano, a titolo di cronaca, i cinque terremoti avvenuti tra il 1278 ed il 1279 di intensità
compresa tra il settimo e l’ottavo grado della scala MCS, i terremoti del 1301, del 1403, del 1510 di
intensità compresa tra il settimo e l’ottavo grado della scala MCS. Nel 1511 si verificò un sisma di
intensità pari al decimo grado della scala MCS, con una serie di repliche , nel 1898, vi fu un evento
sismico di intensità pari all’ottavo grado della scala MCS. Siro e Slejko, nello studio “Modello
sismotettonico dell’area friulana: considerazioni e proposte per la scelta delle aree sismogenetiche
in funzione di diversi livelli di mitigazione del rischio” (1984), inseriscono il cividalese e le Valli
del Natisone al confine tra due grandi fasce areali sismogenetiche dell’Italia nordorientale:
1. la fascia prealpina (dal m.Grappa al confine con la Slovenia) con notevole attività neotettonica,
sismicità attuale bassa e forte e sismicità storica forte ben determinata;
2. L’area dinarica e della bassa Austria, con attività neotettonica discreta, sismicità attuale bassa e
storica forte mal determinata.
Il Carulli et. al. (1982), ripreso da Riggio e Gentile nel lavoro “Sismicità in Friuli dal maggio 1977
al dicembre 1982, distribuzione spazio- temporale e rilascio di energia” (1984), definisce la zona
cividalese come area caratterizzata da pochi eventi dispersi dove si verificano alcuni terremoti
violenti e scarsi sismi di bassa intensità.
Altri studi di sismologia (es. Fais et. al. “Primo tentativo di evidenziare eventuali periodicità nella
serie sismica del Friuli dal 1977 al 1983-1984”) tendono ad escludere che, per gli eventi maggiori,
si possa parlare di una periodicità di ritorno ben definita. Il permanere di una attività sismogenetica
nel cividalese è testimoniata dalle rilevazioni strumentali fino a tutt’oggi, che, ad es. per l’anno
1982, ha fatto registrare nell’area una concentrazione di ben sette epicentri di eventi con intensità
compresa tra 2 e 3 della scala Richter.
Dalla consultazione delle registrazioni degli eventi sismici, riscontrati in zona, negli
anni successivi (1998/2009, l’ultimo nel febbraio 2010) risultano 13 epicentri
(Drenchia, Stregna, S. Pietro, Pulfero, S. Leonardo) con 2,7 di massima intensità
della scala Richter.
Sulla base di numerosi studi, effettuati in buona parte dopo gli eventi sismici del maggio/settembre
1976, da vari enti, tra cui si segnala l’osservatorio Geofisico Sperimentale di Trieste, nel territorio
in esame il rischio sismico,intendendosi con esso la probabilità che si verifichino eventi tellurici di
intensità superiore al IX grado della scala M.C.S. nell’arco di 100 anni, è dell’ordine di 0.3.
L’accelerazione sismica massima prevista è compresa tra 0.08 e 0.1g (nell’area di Gemona del
Friuli, che presenta il massimo di sismogenecità della regione l’accelerazione massima prevista è di
0.2g ).
Com’è noto e come si è potuto registrare dalla distribuzione dei danni dopo gli eventi del 1976, in
relazione alle condizioni morfologiche, litologiche ed idrogeologiche locali possono verificarsi
circoscritti incrementi dell’intensità sismica per effetto di riflessioni, rifrazioni, diffrazioni e
risonanze delle onde sismiche laddove, ad esempio si è in prossimità di terrazzi alluvionali,
scarpate, sedimenti sciolti o coesivi di scarsa consistenza,alvei sepolti e simili. Di questo viene
23
tenuto conto nella zonizzazione in prospettiva sismica (vedi cartografia) e nelle proposte di
normativa.
La natura dei sedimenti presenti nell’area pianeggiante di fondovalle, sempre eterogenea dal punto
di vista granulometrico, esclude il rischio che si verifichino fenomeni di liquefazione in presenza di
eventi sismici.
Alla luce di nuovi studi, approfondimenti e riclassificazione delle zone
sismiche il comune in esame è confermato tra le zone sismiche di categoria 2 alle
quali viene assegnata un’accelerazione sismica compresa tra 0.15 e 0.25 g.
Dalla “Carta geologica del Friuli Venezia Giulia”, redatta dal servizio
geologico regionale nel 2006, si evince l’esistenza ,nell’ambito del territorio
comunale, di un “ sovrascorrimento secondario o faglia inversa, sepolto o presunto
ad andamento SE–NO con direzione Oculis – Azzida – Castelmonte, (Tav.1-2-5) e a
nord- est, dello stesso, tra gli abitati di Tarpezzo e Cocevaro un ulteriore faglia con lo
stesso andamento della precedente
A nord dell’ abitato di Oculis , oltre i confini comunali, la stessa “Carta “
riporta una “ faglia verticale e/o trascorrente” ad andamento ESE–NNO.
Le linee tettoniche descritte interessano il Flysch eocenico.
24
6 - ZONIZZAZIONE DEL TERRITORIO COMUNALE IN PROSPETTIVA
SISMICA ( Tav.4 ).
I risultati delle indagini stratigrafiche ed idrogeologiche vengono sintetizzati attraverso un sistema
di zonizzazione geologico-tecnica del territorio in prospettiva sismica. La metodologia adoperata
per questa suddivisione è ricavata dalle indicazioni contenute nei “Criteri e metodologie di studio
per le indagini geologico-sismiche da adottarsi per la ricostruzione” redatta a cura del Gruppo di
Lavoro dell’Università di Trieste per conto della Regione Friuli-Venezia Giulia nel 1977.
Secondo questa metodologia vengono considerate 11 classi, ognuna delle quali comprende diverse
“facies litologiche” dai termini più consistenti della classe C1 (rocce carbonatiche massicce,
masse rocciose poco stratificate, ecc.) a quelli assai poco consistenti della classe C11 (argille
soffici, riporti recenti inconsistenti, ecc.).
Ai fini della zonizzazione si considerano le caratteristiche medie dei primi 15 m. di terreno, che
sono i più significativi dal punto di vista edificatorio. Una volta individuata la classe, o le classi,
prevalenti o significative per un certo areale, si opera un confronto tra la situazione stratigrafica e
quella dell’idrologia sotterranea, con particolare riferimento al valore di minima profondità della
falda dal p.c. In base a questa ultima analisi, si perviene alla suddivisione del territorio in Zone
piuttosto omogenee per comportamento geomeccanico. Dette Zone sono in numero di sei, a partire
dalla Z 1 che corrisponde ad una quasi totale assenza di controindicazioni di tipo geologico tecnico
per l’utilizzo dell’area, fino alla Z 6 che corrisponde ad aree il cui utilizzo, dal punto di vista
geologico tecnico è molto problematico.
Nell’allegata “Carta della Zonizzazione”, a fianco delle quattro zone su
indicate, si riporta una classificazione, di larga massima, delle categorie di suoli di
fondazione, previsti dalle recenti normative, derivanti da parametri quali: Vs30, Nspt
e Cu, ritenuti fondamentali per la caratterizzazione dei suoli di fondazione, compresi
tra il piano d’imposta delle fondazioni ed il bed-rock, o a quelli presenti ad una
profondità commisurata all’estensione e all’importanza dell’opera”, al fine di definire
l’azione sismica di progetto. Inoltre la risposta sismica locale viene condizionata da
fattori topografici, morfologici superficiali e profondi, assetto e giacitura degli strati,
ecc. di sito che la presente indagine, considerata la sua generalità, non può soddisfare.
Si ribadisce ulteriormente la necessità, considerata la complessità
geomofologica del territorio, per qualsiasi intervento edificatorio, di relazioni
geologiche e geotecniche approfondite e puntuali.
Tali ulteriori valutazioni non spostano, sostanzialmente il precedente
inserimento, nelle varie classi, dei terreni in esame .
Nel territorio del comune di S. Pietro al Natisone, sulla base dell’analisi effettuata, i diversi litotipi
presenti vengono inseriti nelle seguenti classi litologiche:
Flysch eocenico
:
intermedio classi C3-C4 a seconda della prevalenza della facies
calcarenitica o marnoso arenacea
Conglomerati
:
intermedio classi C4-C5 a seconda del livello di fratturazione e
cementazione
Alluvioni ghiaiose :
classe C6
Alluvioni argillose pedecollinari e Sedimenti lacustri coperti da alluvioni quaternarie: intermedio
classe C7-C8 a seconda delle percentuali di materiale coesivo
25
Detrito di frana
:
classe C9
Detrito di falda
:
classe C10
In base a questa classificazione viene determinata la zonazione in prospettiva sismica (vedi
cartografia) e le implicazioni che derivano dall’appartenenza di un’area ad una determinata
perimetrazione; di seguito vengono brevemente descritte le singole Z che interessano il territorio di
S. Pietro al Natisone:
L’area dei rilievi, caratterizzata dall’affioramento flyschoide eocenico viene inserita nella zona Z1
(sottotermini b-c).
Sotto il profilo geomeccanico, si tratta di terreni lapidei dotati di discrete proprietà meccaniche in
termini di elasticità, deformabilità e potenza, in particolare per gli affioramenti calcarenitici
(facies litologica C3 – sottoclasse Z1 b). L’acqua ha, normalmente, limitata influenza sulle
proprietà fisico meccaniche delle matrici lapidee mentre può risultare determinante, a livello di
massa rocciosa, nel problema geostatico. I termini marnoso arenacei sono caratterizzati da una
decrescenza delle caratteristiche geomeccaniche rispetto alle calacareniti, in particolare
diminuiscono le caratteristiche di resistenza meccanica globale, aumenta la deformabilità
d’assieme sia in relazione alla minor resistenza delle matrici, sia per l’aumentato grado di
separazione e discontinuità strutturale dell’ammasso roccioso. L’acqua influisce sulle
caratteristiche meccaniche delle matrici lapidee, specialmente nei termini marnosi e può, inoltre,
assumere un’importanza determinante nei riguardi del problema geostatico particolarmente in
termini di riduzione delle resistenze di coesione e di attrito.
Si ritiene che in questa zona possano rientrare le categorie di suoli A:
“formazioni litoidi o suoli omogenei molto rigidi caratterizzati da valori di Vs30
superiori a 800 m/s, comprendenti eventuali strati di alterazione superficiale di
spessore massimo pari a 5 m.”
Per quanto riguarda l’utilizzo geotecnico dei terreni compresi in questa Zona, non si pongono
particolari limitazioni di fattibilità per soluzioni fondazionali.
Viene prescritto, ai fini di limitare l’incremento sismico locale,che le strutture di fondazione delle
nuove costruzioni o di quelle esistenti sottoposte a ristrutturazione con aumento dei carichi
originari sul terreno, siano poste a contatto diretto con elementi litoidi non alterati e che venga
esclusa la coltre eluvio-colluviale superficiale. Deve, inoltre, essere verificate l’esistenza di
sorgenti o linee di ruscellamento, anche di piccola entità e, nel caso, realizzato un opportuno
sistema di drenaggio ed allontanamento delle acque. Per tutte le opere insistenti su pendio deve
essere verificata la stabilità finale del versante tenendo conto anche delle azioni sismiche
Di tutto ciò deve essere dato conto in una specifica relazione geologica e geotecnica sottoscritta da
un tecnico abilitato (geologo nel caso di relazione geologica e congiuntamente da geologo
progettista nel caso di relazione geotecnica). Nella relazione geologica dovrà essere indicato il
valore del coefficiente ipsilon (coefficiente di fondazione di cui al p.to C. 6.1.1. del D.M 24 gennaio
1986) da adottare determinato sulla base dei valori del coefficiente di risposta meccanica ed
idrologica del terreno (C1) e del coefficiente morfotettonico (C2) (rif. D.T. della Regione Friuli
Venezia Giulia.
L’indagine dovrà essere approfondita in misura adeguata alle caratteristiche ed all’importanza del
progetto, nonché all’entità delle sollecitazioni trasmesse al terreno.
Nelle porzioni di fondovalle del territorio comunale, i litotipi presenti rientrano nelle seguenti
zone:
Conglomerati, compresi generalmente nella Z2, anche se, in questo caso è bene fare una
distinzione tra i conglomerati ben cementati (tipici, ad esempio, di gran parte della forra del
Natisone) ed i termini meno cementati o maggiormente fratturati (da cui l’appartenenza,
rispettivamente, alle classi C4 e C5). Il termine C4, a rigore, potrebbe entrare anche nella Z1c,
tuttavia si è ritenuto di inserirli nella Z2a (l’indice a è stato adottato per distinguere i conglomerati
26
dalle seguenti alluvioni ghiaiose sciolte che verranno inserite nella Z2b), in quanto, in senso
generale, anche per il fatto di sfumare lateralmente ad alluvioni ghiaiose e per presentare orizzonti
maggiormente sabbiosi, si caratterizzano come i termini di transizione delle facies di risposta
peculiare delle masse rocciose e quelle più tipiche dei suoli.
Come anticipato, le alluvioni ghiaiose, appartenenti alla classe C6, vengono inserite nella zona
Z2b. Nella zona Z2, generalmente, si configura una marcata decrescenza delle proprietà di
resistenza meccanica globale, con aumento della deformabilità d’assieme, soprattutto in relazione
allo stato di aggregazione e cementazione (ovviamente maggiore in Z2a rispetto a Z2b) nonchè,
alle condizioni di separazione strutturale. L’acqua influisce a tutti i livelli sulle caratteristiche
meccaniche dell’ammasso determinando una riduzione delle caratteristiche geotecniche.
Tale complesso può essere attribuito alla categoria di suoli A per la zona Z2a,
alla categoria C “Depositi di sabbie e ghiaie mediamente addensate o argille di media
consistenza, con spessori variabili da diverse decine di metri, caratterizzati da valori
di Vs30 compresi tra 180 m/s e 360 m/s ( 15< Nspt < 50, 70 < cu < 250 kPa )“, ove lo
spessore delle alluvioni è più consistente ed alla categoria E “Profili di terreno
costituiti da strati superficiali alluvionali, con valori di Vs30 simili a quelli dei tipi C
o D e spessore compreso tra i 5 e i 20 m, giacenti su di un substrato di materiale più
rigido con Vs30 > 800 m/s”, ove le alluvioni superficiali hanno spessori più ridotti.
Per quanto riguarda l’utilizzo geotecnico dei terreni compresi in questa Zona, non si pongono
particolari limitazioni di fattibilità per soluzioni fondazionali. Nel caso degli affioramenti
conglomeratici (Z1a) è sufficiente rilevare il grado di cementazione e suddivisione degli stessi,
anche in relazione alle capacità di smaltimento delle acque di infiltrazione. Per i depositi
alluvionali quaternari (Z1b) viene prescritto di valutare, per tutto il volume significativo coinvolto
dall’opera,l’eventuale esistenza di livelli o lenti coesive all’interno delle alluvioni. Dell’eventuale
presenza di tali orizzonti dovrà essere tenuto conto nello sviluppo della progettazione.
Di tutto ciò deve essere dato conto in una specifica relazione geologica e geotecnica sottoscritta da
un tecnico abilitato (geologo nel caso di relazione geologica e congiuntamente da geologo
progettista nel caso di relazione geotecnica). Nella relazione geologica dovrà essere indicato il
valore del coefficiente ipsilon (coefficiente di fondazione di cui al p.to C. 6.1.1. del D.M 24 gennaio
1986) da adottare determinato sulla base dei valori del coefficiente di risposta meccanica ed
idrologica del terreno (C1) e del coefficiente morfotettonico (C2) (rif. D.T. della Regione Friuli
Venezia Giulia.
L’indagine dovrà essere approfondita in misura adeguata alle caratteristiche ed
all’importanza del progetto, nonché all’entità delle sollecitazioni trasmesse al terreno.
Le alluvioni argillose pedecollinari ed i depositi lacustri, rappresentati dalle classi C7 e C8, a
seconda della percentuale della frazione coesiva, vengono inseriti nella zona Z3. sotto il profilo
geomeccanico si configura una progressiva riduzione delle caratteristiche fisico-meccaniche
rispetto alle Z superiori. La riduzione riguarda specificatamente le caratteristiche di resistenza al
taglio ed alla compressione, quindi la capacità portante e la deformabilità d’assieme degli
orizzonti che costituiscono i depositi. Questa decrescenza è in particolare legata sia alla riduzione
della coesione, sia alla riduzione degli stati di addensamento dei materiali ed è influenzata
sostanzialmente dalla presenza di acqua nei sedimenti.
Tali sedimenti si ritiene possano essere attribuiti alla categoria di suolo C (già
più sopra descritti), o alla categoria B ”Depositi di sabbie e ghiaie molto addensate, o
di argille molto consistenti, con spessori di diverse decine di metri, caratterizzati da
un graduale miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori
di Vs30 compresi tra 360 m/s.e 800 m/s (ovvero resistenza penetrometrica media
Nspt > 50, o coesione non drenata media cu > 250 kPa).“
27
L’utilizzo geotecnico dei terreni compresi in questa Zona è subordinato, in termini di
dimensionamento delle strutture di fondazione, al riconoscimento geognostico e alla
caratterizzazione geotecnica del terreno d’appoggio, segnatamente per i termini di maggiore
presenza coesiva. L’indagine dovrà essere approfondita in misura adeguata alle caratteristiche ed
all’importanza del progetto, nonché all’entità dei carichi trasmessi. Fondamentale è la rilevazione
dell’eventuale presenza di acque sotterranee (di falda o di impregnazione) e la loro quota.
Di tutto ciò deve essere dato conto in una specifica relazione geologica e geotecnica sottoscritta da
geologo e progettista nel caso di relazione geotecnica.
L’indagine dovrà essere approfondita in misura adeguata alle caratteristiche ed all’importanza
del progetto, nonché all’entità delle sollecitazioni trasmesse al terreno.
Il detrito di frana, individuato a sud di Costa, definibile dalla classe litologica C9 viene inserito
nella zona Z4. Questi terreni, stante la netta diminuzione delle proprietà fisico meccaniche vengono
normalmente inclusi nell’aggruppamento dei terreni stabili per i quali la perdita di resistenza dello
scheletro e l’entità dei cedimenti, anche sotto l’azione di una sollecitazione dinamica, non sono
ancora particolarmente significativi, tuttavia la condizione di pendio costituisce un ulteriore fattore
negativo.
Questa zona, benché sconsigliata per l’edificazione, può essere identificata
quale “suolo di fondazione” di categoria D “Depositi di terreni granulari da sciolti a
poco addensati oppure coesivi da poco a mediamente consistenti, caratterizzati da
valori di Vs30 < di 180 m/sec, NSPT < di 15, cu < di 70 KPa”, anche se le prove
sismiche effettuate, in sito, hanno dato velocità di propagazione molto superiori.
L’eventuale utilizzo geotecnico dei terreni di questa zona è, in linea di massima, sconsigliato
stante sia la situazione di pendio e le scadenti caratteristiche geomeccaniche dei terreni.
L’utilizzo dell’area potrà avvenire solo sulla base di una accurata e dettagliata indagine geologica,
geognostica e geostatica che preveda soluzioni progettuali specifiche e rigorose.
Il detrito di falda, caratterizzato dalla facies litologica C10, rappresenta il termine più delicato,
dal punto di vista dinamico e geomeccanico, fra tutti i terreni o rocce presenti. Esso viene inserito
nella zona Z5 con caratteristiche geomeccaniche decisamente scadenti legate al non completo
assestamento dei materiali che li rende particolarmente sensibili alle sollecitazioni dinamiche.
Tale tipo di “terreno” non rientra tra i suoli di fondazione.
L’eventuale utilizzo geotecnico dei terreni di questa zona è fortemente sconsigliato stante sia la
situazione di elevato incremento sismico locale, sia le scadenti caratteristiche geomeccaniche dei
terreni.
L’utilizzo dell’area potrà avvenire solo sulla base di una accurata e dettagliata indagine geologica,
geognostica e geostatica che preveda soluzioni progettuali specifiche e rigorose.
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7 - VINCOLI E PRESCRIZIONI DERIVANTI DAI RISCHI CONNESSI
ALLE CONDIZIONI GEOIDROLOGICHE E MORFOLOGICHE DEL
TERRITORIO (Tav. 5)
Nell’allegata Tav.5 sono riportate le condizioni di pericolosità e di rischio
gravanti sul territorio comunale divise tra geologiche ed idrauliche, con diversità
cromatiche per maggiore distinzione, rispondenti a quanto proposto in sede di
conferenza programmatica relativa alle modifiche ed integrazioni del progetto PAI
adottato dall’Autorità di Bacino.
L’area contrassegnata con la sigla F (pertinenza fluviale) rientra nella
classificazione “P4-R4”( pericolosità molto elevata).
Da quanto emerso dai sopralluoghi, rilevamenti di campagna, dai risultati dello
studio idraulico e dalla complessa indagine effettuata si segnalano le aree del
territorio comunale sotto elencate in quanto assumono importanza ai fini urbanistici;
1) l’area posta a monte della confluenza Rio Potoc- F. Natisone, inserita nella
variante in esame come zona S1, pur compresa in zona esondabile P3, non comporta
pericoli o rischi per persone, edifici, viabilità od ostacoli al regolare afflusso e
deflusso delle acque in quanto:
- non è compresa nella zona intrarginale,
- in caso di evento l’area viene invasa dalle acque molto lentamente,
- non è a diretto contatto con l’onda di piena,
Si consiglia, di prevedere la zona d’accesso all’area dalla strada comunale di ponte
Tiglio, posta ad ovest, a quote di tutta sicurezza;
2) la zona ubicata a nord-est della confluenza T.Alberone – F.Cosizza, riportata in
P.R.G.C. come E7.1 ed E4.1B, ad alta probabilità d’esondazione, interessa
edifici(abitazioni, stalle), parte di viabilità e comporta pericolo e rischio anche per le
persone;
3) l’area ubicata a sud di Vernasso basso, soggetta ad allagamento dovuto alla
insufficiente portata della condotta fognaria non comporta pericoli per le persone in
quanto la lama d’acqua, riscontrata durante gli eventi pluviometrici più rilevanti, non
ha superato i 20cm;
Si riporta integralmente le definizioni delle quattro classi di rischio contenute
nel DPCM 29/09/98:
moderato R1: per il quale i danni sociali, economici e al patrimonio
ambientale sono marginali;
medio R2: per il quale sono possibili danni minori agli edifici, alle
infrastrutture e al patrimonio ambientale che non pregiudicano l’incolumità del
personale, l’agibilità degli edifici e la funzionalità delle attività economiche;
elevato R3: per il quale sono possibili problemi per l’incolumità delle
persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità
degli stessi, la interruzione di funzionalità delle attività socioeconomiche e danni
rilevanti al patrimonio ambientale;
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molto elevato R4: per il quale sono possibili la perdita di vite umane e lesioni
gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutturee al patrimonio
ambientale, la distruzione di attività socioeconomiche.
I risultati e gli approfondimenti effettuati con il presente studio, benché
ampliati, concordano con l’analisi , i vincoli e le prescrizioni proposti nel precedente
studio geologico del territorio in esame.
L’analisi effettuata ha permesso di individuare l’assetto geologico del territorio , perimetrando aree
con diverse condizioni di reazione agli interventi antropici ( edificazione, urbanizzazione, reti
viarie, ecc.).
L’ottica nella quale si è sviluppato lo studio è quella definita al p.to 2 dell’art.3 della L. 4 maggio 92
n.15 laddove si prescrive di evidenziare le condizioni di pericolosità naturale in rapporto alle future
scelte urbanistiche, nonché, di valutare la possibilità di abbassare il pericolo naturale. Dall’analisi è
risultato che nel territorio del comune di S. Pietro al Natisone i principali fattori di rischio geologico
sono legati a fenomeni di instabilità geostatica ed alla presenza di aree esondabili connesse con il
verificarsi di eventi meteorici particolari come quello, già ricordato, dell’ottobre del 1990 .
Altri eventi si sono ancora verificati in anni successivi ma non hanno
oltrepassato i limiti a quel tempo rilevati.
Un ulteriore, rilevante, elemento di pericolosità su tutto il territorio comunale è costituito
dalla sismogeneticità dell’area.
Nell’allegata cartografia sono riportate le principali linee tettoniche,
interessanti il territorio comunale, ricavate dalla “Carta geologica del Friuli Venezia
Giulia” (redatta dalla R.A.F.V.G.-Direzione centrale ambiente e LL.PP.-servizio
geologico- nel 2006 ), tali disturbi (sepolti o presunti) non sono, comunque, la diretta
causa della attività sismica assegnata alla zona del cividalese.
Di conseguenza si ritiene che, in un contesto di pianificazione urbanistica e nell’obiettivo della
riduzione dei rischi, debba essere posta una particolare attenzione su due fatti rilevanti ed
interconnessi:il rapporto di interazione opera-terreno e la sismogeneticità dell’intero comprensorio
comunale. Deve cioè essere considerato l’insieme dei fattori che vengono attivati nel momento in
cui si opera una variazione delle condizioni originarie di un sito per effetto di un intervento
antropico(scavo e posa fondazioni,drenaggio acque, variazione dei carichi applicati, ecc.) in
rapporto agli elementi di rischi sopra definiti. E’ evidente che per valutare l’esistenza di fattori di
rischio geologici specifici conseguenti ad una azione esterna è necessario conoscere e valutare le
reazioni di un determinato tipo di terreno in rapporto alla struttura che verrà ad interessarlo.
Pertanto, in una fase come quella rappresentata dal presente studio, che delinea la configurazione
geologica e le eventuali condizioni di rischio “ in grande” di un territorio, non è possibile definire le
singole problematiche di rapporto tra opera e terreno in quanto le strutture da realizzare non sono
note e definite. A tal fine ed anche ricordando quanto riportato nel D.M. 11/3/88, (e successive
modifiche, aggiornamenti fino alle N.T.C. 2008) che prescrive specifiche indagini
geologiche e geotecniche, in zona sismica, per tutte le categorie di opere (dalle opere di fondazione,
alle opere di sostegno, ai movimenti terra, ai manufatti sotterranei, ai manufatti in materiale sciolto,
alle reti di servizio quali: fognature, acquedotti ,gas,ecc., alle attività estrattive, agli emungimenti ed
agli ancoraggi) vengono proposti una serie di vincoli e prescrizioni sui contenuti dell’indagine e
sugli specifici elementi da determinare in rapporto alle diverse condizioni geologiche del territorio
del comune di S. Pietro al Natisone cosi come delineate dal presente studio.
30
8 - PROPOSTA DI NORMATIVA DA INSERIRE NELLE NORME DI
ATTUAZIONE DEL P.R.G.C.
(estratte dal progetto di Piano stralcio per l’assetto idrogeologico (PAI) del bacino del
fiume Isonzo, proposte in sede di conferenza programmatica del 20/12/2010)
Vincoli per le aree a rischio e pericolo geologico
Art.1. L’utilizzo delle aree classificate a pericolosità e rischio geologico ed
idraulico P1/R1 potrà avvenire solo sulla base di un’accurata e dettagliata indagine
geologica, geognostica, geostatica ed idraulica che preveda soluzioni progettuali
specifiche e rigorose. In caso di nuova edificazione od ampliamento, nelle aree a
pericolosità idraulica P1, non è consentita la realizzazione di vani scantinati ed il
piano di calpestio, della costruzione stessa, deve porsi ad almeno 50 cm. sopra al
piano campagna circostante.
Art. 2. Le aree classificate a pericolosità e rischio geologico ed idraulico P2/R2
non sono idonee per nuove zone edificabili di espansione comunque denominate;
fanno eccezione, e sono dunque da ritenersi idonee, le nuove zone di espansione per
servizi che non prevedano la realizzazione di parcheggi o di volumetrie edilizie.
Può essere consentita la realizzazione di interventi a carico di edifici pubblici o di
pubblica utilità destinati ad accogliere persone solo se costituenti ampliamento,
prosecuzione o completamento di strutture già esistenti.
Non può comunque essere consentita la realizzazione di:
a) impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti pericolosi, così come definiti
dall’art. 184 del D. Lgs. 152/2006;
b) impianti di trattamento delle acque reflue diverse da quelle urbane;
c) nuovi stabilimenti soggetti agli obblighi di cui agli articoli 6, 7 e 8 del D.Lgs 17
agosto 1999, n.334;
d) nuovi depositi, anche temporanei, in cui siano presenti sostanze pericolose in
quantità superiori a quelle indicate nell’allegato I del D.Lgs 17 agosto 1999, n. 334.
e) Per gli stabilimenti, impianti e depositi, di cui al comma precedente, esistenti alla
data di adozione del progetto di Piano sino all’attuazione delle opere di riduzione del
grado di pericolosità, sono ammessi esclusivamente gli interventi di ordinaria e
straordinaria manutenzione, di adeguamento alle normative ovvero finalizzati alla
mitigazione del rischio. Un eventuale ampliamento potrà avvenire solo dopo che sia
stata disposta, secondo le procedure del presente piano, la riduzione del grado di
pericolosità.
Art .3. 1). Nelle aree classificate a pericolosità geologica elevata - P3, può essere
esclusivamente consentita l’esecuzione di:
a) opere di difesa e di sistemazione dei versanti, di bonifica e di regimazione delle
acque superficiali, di sistemazione dei movimenti franosi, di monitoraggio o altre
opere comunque volte a eliminare, ridurre o mitigare le condizioni di pericolosità o a
migliorare la sicurezza delle aree interessate;
31
b) opere connesse con le attività di gestione e manutenzione del patrimonio forestale
e boschivo, purché non comportino l’incremento delle condizioni di pericolosità
(probabilità di accadimento del fenomeno);
c) interventi di realizzazione e manutenzione di sentieri, purché non comportino
l’incremento delle condizioni di pericolosità e siano segnalate le situazioni di rischio;
d) interventi di manutenzione di sistemazione e di nuova realizzazione delle piste da
sci, purchè non comportino l’incremento delle condizioni di pericolosità, siano
segnalate le situazioni di rischio e sia predisposto il piano di gestione della sicurezza
delle piste ovvero il piano di gestione dal rischio di valanghe; gli interventi di
sistemazione e di nuova realizzazione non devono inoltre ricadere in aree interessate
da fenomeni di cadute massi;
e) interventi di manutenzione, restauro e risanamento di opere pubbliche o di
interesse pubblico;
f) interventi di realizzazione o ampliamento di infrastrutture a rete pubbliche o di
interesse pubblico riferite a servizi essenziali non diversamente localizzabili o non
delocalizzabili ovvero mancanti di alternative progettuali tecnicamente ed
economicamente sostenibili, dotandole di sistemi di interruzione del servizio o delle
funzioni; nell’ambito di tali interventi sono anche da ricomprendersi eventuali
manufatti accessori dimodesta dimensione e comunque non destinati all’uso
residenziale;
g) interventi di realizzazione o ampliamento di infrastrutture viarie, ferroviarie e di
trasporto pubblico, purché siano contestualmente attuati i necessari interventi di
mitigazione della pericolosità o del rischio;
modesti adeguamenti delle infrastrutture viarie esistenti sono ammissibili, anche in
deroga all’obbligo di contestuale realizzazione degli interventi di mitigazione, solo
nel caso in cui si rendano necessari per migliorare le condizioni di sicurezza della
percorribilità delle stesse;
h) interventi di realizzazione o ampliamento di itinerari ciclo-pedonali a condizione
che siano realizzate, prima dell’apertura al pubblico, le opere di mitigazione
rapportate al livello di fruizione della pista stessa;
i) ) gli interventi di demolizione senza ricostruzione;
j) sistemazioni e le manutenzioni di superfici scoperte di edifici esistenti (rampe,
muretti, recinzioni, opere a verde e simili);
k) gli interventi strettamente necessari per la tutela della pubblica incolumità e per
ridurre la vulnerabilità degli edifici;
l) interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro, risanamento
conservativo e ristrutturazione di edifici ed infrastrutture, così come definiti alle
lettere a), b), c) e d) dell'art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ovvero dalla
normativa regionale di settore, purchè non comportino né incremento di superficie o
né di volume superiore al 10% rispettivamente della superficie e del volume totale,
così come risultanti alla data di adozione del progetto di piano,non comportino
demolizione con ricostruzione e non comportino aumento del carico urbanistico.
Inoltre, nell’ambito degli interventi di restauro, risanamento conservativo e
32
ristrutturazione di edifici ed infrastrutture, è fatto obbligo di valutare la possibilità di
adottare soluzioni tecniche anche finalizzate alla mitigazione della vulnerabilità.
m) interventi di ampliamento degli edifici esistenti per motivate necessità di
adeguamento igienico-sanitario, per il rispetto della legislazione in vigore anche in
materia di abbattimento delle barriere architettoniche e di sicurezza del lavoro;
n) modesti locali accessori (ad es. legnaie, impianti tecnologici) a servizio degli
edifici esistenti e che non comportino aumento del carico urbanistico;
o) attrezzature e strutture mobili o provvisorie, non destinate al pernottamento di
persone, per la fruizione del tempo libero o dell'ambiente naturale ovvero le
attrezzature temporanee indispensabili per la conduzione dei cantieri, a condizione
che siano compatibili con le previsioni dei piani di protezione civile;
p) interventi di realizzazione di sottoservizi ricadenti in aree soggette a crolli,
colamenti rapidi e valanghe, qualora posti a profondità tali da non poter essere
coinvolti dal fenomeno che genera la situazione di pericolo;
q) Interventi di manutenzione e realizzazione di opere idrauliche, purchè compatibili
con le tipologie di pericolo individuate;
2) Gli interventi di cui al comma 1 devono essere preceduti da una specifica relazione
geologica volta a definirne le condizioni di fattibilità, le interazioni con il fenomeno
che genera la situazione di pericolo e la coerenza con le indicazioni generali di tutela
del Piano. Tale relazione, redatta da un tecnico laureato abilitato ed esperto del
settore, deve essere basata su un’attenta verifica e analisi delle condizioni geologiche
e valanghive locali e generali. Le prescrizioni contenute nella suddetta relazione
devono essere integralmente recepite nel progetto delle opere di cui si prevede
l’esecuzione;
3) La realizzazione degli interventi di cui al comma 1 alle lettere j), e o) p) nonché c),
d) e), ed l) limitatamente alla manutenzione, non richiede la redazione della relazione
di cui al comma 2.
Per gli interventi di cui alla lettera i ), la redazione della relazione è prevista solo per
interventi significativi.
4) In relazione alle particolari caratteristiche di vulnerabilità, nelle aree classificate a
pericolosità geologica elevata – P3 non può comunque essere consentita la
realizzazione di:
a) impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti pericolosi;
b) impianti di trattamento delle acque reflue diverse da quelle urbane;
c) nuovi stabilimenti soggetti agli obblighi di cui agli articoli 6, 7 e 8 del D.Lgs 17
agosto 1999, n. 334;
d) nuovi depositi, anche temporanei, in cui siano presenti sostanze pericolose in
quantità superiori a quelle indicate nell’allegato I del D.Lgs 17 agosto 1999, n. 334.
5) Per gli stabilimenti, impianti e depositi, di cui al comma precedente, esistenti alla
data di adozione del progetto di Piano sino all’attuazione delle opere di riduzione del
grado di pericolosità, sono ammessi esclusivamente gli interventi di ordinaria e
straordinaria manutenzione, di adeguamento alle normative ovvero finalizzati alla
mitigazione del rischio. Un eventuale ampliamento potrà avvenire solo dopo che sia
33
stata disposta, secondo le procedure del presente piano, la riduzione del grado di
pericolosità.
Art. 4. 1) Nelle aree classificate a pericolosità geologica molto elevata – P4 può
essere esclusivamente consentita l’esecuzione di:
a) opere di difesa e di sistemazione dei versanti, di bonifica e di regimazione delle
acque superficiali, di sistemazione dei movimenti franosi, di monitoraggio o altre
opere comunque finalizzate a eliminare, ridurre o mitigare le condizioni di
pericolosità o a migliorare la sicurezza delle aree interessate;
b) opere connesse con le attività di gestione e manutenzione del patrimonio forestale
e boschivo e agrario, purché non comportino l’incremento delle condizioni di
pericolosità (probabilità di accadimento del fenomeno);
c) interventi di realizzazione e manutenzione di sentieri, purché non comportino
l’incremento delle condizioni di pericolosità e siano segnalate le situazioni di rischio;
d) interventi di manutenzione di sistemazione e di nuova realizzazione delle piste da
sci, purchè non comportino l’incremento delle condizioni di pericolosità, siano
segnalate le situazioni di rischio e sia predisposto il piano di gestione della sicurezza
delle piste. Gli interventi di sistemazione e di nuova realizzazione non devono inoltre
ricadere in aree interessate da fenomeni di cadute massi;
e) interventi di manutenzione di opere pubbliche o di interesse pubblico;
f) interventi di realizzazione o ampliamento di infrastrutture a rete pubbliche o di
interesse pubblico riferite a servizi essenziali non diversamente localizzabili o non
delocalizzabili ovvero mancanti di alternative progettuali tecnicamente ed
economicamente sostenibili, dotandole di sistemi di interruzione del servizio o delle
funzioni; nell’ambito di tali interventi sono anche da ricomprendersi eventuali
manufatti accessori di modesta dimensione e comunque non destinati all’uso
residenziale;
g) interventi di realizzazione o ampliamento di infrastrutture viarie, ferroviarie e di
trasporto pubblico, purché siano contestualmente attuati i necessari interventi di
mitigazione della pericolosità o del rischio; modesti adeguamenti delle infrastrutture
viarie esistenti sono ammissibili, anche in deroga all’obbligo di contestuale
realizzazione degli interventi di mitigazione, solo nel caso in cui si rendano necessari
per migliorare le condizioni di sicurezza della percorribilità delle stesse;
h) interventi di realizzazione o ampliamento di itinerari ciclo-pedonali a condizione
che siano realizzate, prima dell’apertura al pubblico, le opere di mitigazione
rapportate al livello di fruizione della pista stessa;
i) interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di edifici ed infrastrutture, così
come definiti alle lettere a) e b) dell'art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ovvero
dalla normativa regionale di settore, senza aumenti di superficie e di volume, nonché
senza cambiamenti di destinazione d’uso che comportino aumento del carico
urbanistico;
j) interventi di adeguamento igienico-sanitario, per il rispetto della legislazione in
vigore anche in materia di abbattimento delle barriere architettoniche e di sicurezza
del lavoro;
k) gli interventi di demolizione senza ricostruzione;
34
l) sistemazioni e le manutenzioni di superfici scoperte di edifici esistenti (rampe,
muretti, recinzioni, opere a verde e simili);
m) gli interventi strettamente necessari per la tutela della pubblica incolumità e per
ridurre la vulnerabilità degli edifici;
n) interventi di realizzazione di sottoservizi ricadenti in aree soggette a crolli,
colamenti rapidi e valanghe, qualora posti a profondità tali da non poter essere
coinvolti dal fenomeno che genera la situazione di pericolo.
o) interventi di manutenzione e realizzazione di opere idrauliche, purchè compatibili
con le tipologie di pericolo individuate.
2) Gli interventi di cui al comma 1 devono essere preceduti da una specifica relazione
geologica volta a definirne le condizioni di fattibilità, le interazioni con il fenomeno
che genera la situazione di pericolo e la coerenza con le indicazioni generali di tutela
del Piano. Tale relazione, redatta da un tecnico laureato abilitato ed esperto del
settore, deve essere basata su un’attenta verifica e analisi delle condizioni geologiche
locali e generali. Le prescrizioni contenute nella suddetta relazione devono essere
integralmente recepite nel progetto delle opere di cui si prevede l’esecuzione.
3) La realizzazione degli interventi di cui al comma 1 alle lettere e) i) l) ed n) nonché
c) e d) limitatamente alla manutenzione, non richiede la redazione della relazione di
cui al comma 2. Per gli interventi di cui alla lettera k), la redazione della relazione è
prevista solo per interventi significativi.
4) Nelle aree classificate a pericolosità geologica molto elevata – P4 è vietato ubicare
strutture mobili e immobili, anche di carattere provvisorio o precario, salvo quelle
temporanee per la conduzione dei cantieri.
5) In relazione alle particolari caratteristiche di vulnerabilità, nelle aree classificate a
pericolosità geologica molto elevata – P4 non può comunque essere consentita la
realizzazione di:
a) impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti pericolosi ;
b) impianti di trattamento delle acque reflue diverse da quelle urbane;
c) stabilimenti soggetti agli obblighi di cui agli articoli 6, 7 e 8 del D.Lgs 17 agosto
1999, n. 334;
d) depositi, anche temporanei, in cui siano presenti sostanze pericolose in quantità
superiori a quelle indicate nell’allegato I del D.Lgs 17 agosto 1999, n. 334.
6). Per gli stabilimenti, impianti e depositi, di cui al comma precedente, esistenti alla
data di adozione del progetto di Piano sino all’attuazione delle opere di riduzione del
grado di pericolosità, sono ammessi esclusivamente gli interventi di ordinaria e
straordinaria manutenzione, di adeguamento alle normative ovvero finalizzati alla
mitigazione del rischio. Un eventuale ampliamento potrà avvenire solo dopo che sia
stata disposta, secondo le procedure del presente piano, la riduzione del grado di
pericolosità.
Art. 5. 1) Nelle aree classificate a pericolosità idraulica elevata -P3, può essere
esclusivamente consentita l’esecuzione di:
a) opere di difesa e di sistemazione idraulica, di bonifica e di regimazione delle acque
superficiali, di manutenzione idraulica, di monitoraggio o altre opere comunque
35
finalizzate a eliminare,ridurre o mitigare le condizioni di pericolosità o a migliorare la
sicurezza delle aree interessate;
b) opere connesse con le attività di gestione e manutenzione del patrimonio forestale
e boschivo, interventi di riequilibrio e ricostruzione degli ambiti fluviali naturali
nonché le trasformazioni e modifiche dei suoli connesse con le attività agricole e
opere di irrigazione, purché non in contrasto con le esigenze di sicurezza idraulica;
c) interventi di realizzazione e manutenzione di sentieri, purchè siano segnalate le
situazioni di rischio;
d) interventi di manutenzione, restauro e risanamento di opere pubbliche o di
interesse pubblico;
e) interventi di realizzazione o ampliamento di infrastrutture a rete pubbliche o di
interesse pubblico riferite a servizi essenziali non diversamente localizzabili o non
delocalizzabili ovvero mancanti di alternative progettuali tecnicamente ed
economicamente sostenibili; nell’ambito di tali interventi sono anche da
ricomprendersi eventuali manufatti accessori di modesta dimensione e comunque
non destinati all’uso residenziale;
f) interventi di realizzazione o ampliamento di infrastrutture viarie, ferroviarie e di
trasporto pubblico, purché non comportino l’incremento delle condizioni di
pericolosità e non compromettano la possibilità di realizzazione degli interventi di
mitigazione del rischio; gli interventi di realizzazione di infrastrutture stradali
classificate, ai sensi dell’art. 2 del codice della strada, nel tipo “A” (autostrade), “B”
(strade extraurbane principali), “C” (strade extraurbane secondarie), nonché di
infrastrutture ferroviarie devono tener conto dei possibili livelli idrometrici
conseguenti alla piena centenaria; gli interventi di realizzazione di infrastrutture
stradali classificate, ai sensi dell’art. 2 del codice della strada, nel tipo “D” (strade
urbane di scorrimento), “E” (strade urbane di quartiere), “F” (strade locali) “F-bis”
(itinerari ciclopedonali) devono anche essere compatibili con le previsioni del piano
di protezione civile;
g) gli gli interventi di demolizione senza ricostruzione;
h) sistemazioni e le manutenzioni di superfici scoperte di edifici esistenti (rampe,
muretti, recinzioni, opere a verde e simili);
i) gli interventi strettamente necessari per la tutela della pubblica incolumità e per
ridurre la vulnerabilità degli edifici;
j) interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro, risanamento
conservativo e ristrutturazione di edifici ed infrastrutture, così come definiti alle
lettere a), b), c) e d) dell'art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ovvero dalla
normativa regionale di settore, purchè non comportino né incremento di superficie né
di volume superiore al 10% rispettivamente della superficie e del volume totale, così
come risultanti alla data di adozione del progetto di piano, non comportino
demolizione con ricostruzione e non comportino incremento del carico urbanistico;
inoltre, nell’ambito degli interventi di restauro, risanamento conservativo e
ristrutturazione di edifici ed infrastrutture, è fatto obbligo di valutare la possibilità di
adottare soluzioni tecniche anche finalizzate alla mitigazione della vulnerabilità;
36
k) interventi di ampliamento degli edifici o infrastrutture, sia pubblici che privati, per
motivate necessità di adeguamento igienico-sanitario, per il rispetto della legislazione
in vigore anche in materia di abbattimento delle barriere architettoniche e di sicurezza
del lavoro, purché realizzati al di sopra del piano campagna;
l) modesti locali accessori (ad es. legnaie, impianti tecnologici), realizzati al di sopra
del piano campagna, a servizio degli edifici esistenti e che non comportino aumento
del carico urbanistico;
m) attrezzature e strutture mobili o provvisorie, non destinate al pernottamento di
persone, per la fruizione del tempo libero o dell'ambiente naturale ovvero le
attrezzature temporanee indispensabili per la conduzione dei cantieri, a condizione
che non ostacolino il libero deflusso delle acque e che siano compatibili con le
previsioni dei piani di protezione civile;
n) strutture temporanee per manifestazioni, da autorizzare previo nulla-osta della
competente autorità idraulica ed a condizione che sia stato predisposto un piano di
sicurezza ed adottate tutte le cautele di protezione civile, ivi compresa l’eventuale
rapida evacuazione delle persone e dei mezzi;
o) opere a verde anche connesse alla realizzazione di piani attuativi.
2). Gli interventi di cui al comma 1 devono essere preceduti da una specifica
relazione idraulica e geologica volta a definirne le condizioni di fattibilità, le
interazioni con il fenomeno che genera la situazione di pericolo e la coerenza con le
indicazioni generali di tutela del Piano. Tale relazione, redatta da un tecnico laureato
abilitato ed esperto del settore, deve essere basata su un’attenta verifica e analisi
anche storica delle condizioni geologiche e idrauliche locali e generali. Le
prescrizioni contenute nella suddetta relazione devono essere integralmente recepite
nel progetto delle opere di cui si prevede l’esecuzione.
3) La realizzazione degli interventi di cui al comma 1 alle lettere h), l) e m) ed o)
nonché c), d), e j), limitatamente alla manutenzione, non richiede la redazione della
relazione di cui al comma 2. Per gli interventi di cui alla lettera g) la redazione della
relazione è prevista solo per gli interventi significativi.
4) In relazione alle particolari caratteristiche di vulnerabilità, nelle aree classificate a
pericolosità idraulica elevata – P3 non può comunque essere consentita la
realizzazione di:
a) impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti pericolosi;
b) impianti di trattamento delle acque reflue diverse da quelle urbane;
c) nuovi stabilimenti soggetti agli obblighi di cui agli articoli 6, 7 e 8 del D.Lgs 17
agosto 1999, n.334;
d) nuovi depositi, anche temporanei, in cui siano presenti sostanze pericolose in
quantità superiori a quelle indicate nell’allegato I del D.Lgs 17 agosto 1999, n. 334.
5. Per gli stabilimenti, impianti e depositi, di cui al comma precedente, esistenti alla
data di adozione del progetto di Piano sino all’attuazione delle opere di riduzione del
grado di pericolosità, sono ammessi esclusivamente gli interventi di ordinaria e
straordinaria manutenzione, di adeguamento alle normative ovvero finalizzati alla
mitigazione del rischio. Un eventuale ampliamento potrà avvenire solo dopo che sia
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stata disposta, secondo le procedure del presente piano, la riduzione del grado di
pericolosità.
Art. 6. 1. Nelle aree classificate a pericolosità idraulica molto elevata – P4 può
essere esclusivamente consentita l’esecuzione di:
a) opere di difesa e di sistemazione idraulica, di bonifica e di regimazione delle acque
superficiali, di manutenzione idraulica, di monitoraggio o altre opere comunque
finalizzate a eliminare, ridurre o mitigare le condizioni di pericolosità o a migliorare
la sicurezza delle aree interessate;
b) opere connesse con le attività di gestione e manutenzione del patrimonio forestale
e boschivo, interventi di riequilibrio e ricostruzione degli ambiti fluviali naturali
nonché le trasformazioni e modifiche dei suoli connesse con le attività agricole e le
opere di irrigazione, purché non in contrasto con le esigenze di sicurezza idraulica;
c) interventi di realizzazione e manutenzione di sentieri, purchè siano segnalate le
situazioni di rischio;
d) interventi di manutenzione di opere pubbliche o di interesse pubblico;
e) interventi di realizzazione o ampliamento di infrastrutture a rete pubbliche o di
interesse pubblico riferite a servizi essenziali non diversamente localizzabili o
non delocalizzabili ovvero mancanti di alternative progettuali tecnicamente ed
economicamente sostenibili, dotandole di sistemi di interruzione del servizio o delle
funzioni; nell’ambito di tali interventi sono anche da ricomprendersi eventuali
manufatti accessori di modesta dimensione e comunque non destinati all’uso
residenziale;
f) interventi di realizzazione o ampliamento di infrastrutture viarie, ferroviarie e di
trasporto pubblico, purché non comportino l’incremento delle condizioni di
pericolosità e non compromettano la possibilità di realizzazione degli interventi di
mitigazione del rischio; gli interventi di realizzazione di infrastrutture stradali
classificate, ai sensi dell’art. 2 del codice della strada, nel tipo “A” (autostrade), “B”
(strade extraurbane principali), “C” (strade extraurbane secondarie), nonché di
infrastrutture ferroviarie devono tener conto dei possibili livelli idrometrici
conseguenti alla piena centenaria; gli interventi di realizzazione di infrastrutture
stradali classificate, ai sensi dell’art. 2 del codice della strada, nel tipo “D” (strade
urbane di scorrimento), “E” (strade urbane di quartiere), “F” (strade locali) “F-bis”
(itinerari ciclopedonali) devono anche essere compatibili con le previsioni del piano
di protezione civile;
g) gli interventi di demolizione senza ricostruzione;
h) sistemazioni e le manutenzioni di superfici scoperte di edifici esistenti (rampe,
muretti, recinzioni, opere a verde e simili);
i) gli interventi strettamente necessari per la tutela della pubblica incolumità e per
ridurre la vulnerabilità degli edifici.
j) interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro e risanamento
conservativo di edifici ed infrastrutture, così come definiti alle lettere a), b) c)
dell’art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ovvero dalla normativa regionale di
settore, purchè non comportino incremento di superficie e di volume e non
comportino incremento del carico urbanistico; inoltre, nell’ambito degli interventi di
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restauro e risanamento conservativo di edifici ed infrastrutture, è fatto obbligo di
valutare la possibilità di adottare soluzioni tecniche anche finalizzate alla mitigazione
della vulnerabilità;
k) attrezzature e strutture mobili o provvisorie, non destinate al pernottamento di
persone, per la fruizione del tempo libero o dell'ambiente naturale ovvero le
attrezzature temporanee indispensabili per la conduzione dei cantieri, a condizione
che non ostacolino il libero deflusso delle acque, non siano in contrasto con le
esigenze di sicurezza idraulica e che siano compatibili con le previsioni dei piani di
protezione civile;
l) strutture temporanee per manifestazioni, da autorizzare previo nulla-osta della
competente autorità idraulica ed a condizione che sia stato predisposto un piano di
sicurezza ed adottate tutte le cautele di protezione civile ivi compresa l’eventuale
rapida evacuazione delle persone e dei mezzi.
2). Gli interventi di cui al comma 1 devono essere preceduti da una specifica
relazione idraulica e geologica volta a definirne le condizioni di fattibilità, le
interazioni con il fenomeno che genera la situazione di pericolo e la coerenza con le
indicazioni generali di tutela del Piano. Tale relazione, redatta da un tecnico abilitato
laureato esperto del settore, deve essere basata su un’attenta verifica e analisi anche
storica delle condizioni geologiche e/o idrauliche locali e generali. Le prescrizioni
contenute nella suddetta relazione devono essere integralmente recepite nel progetto
delle opere di cui si prevede l’esecuzione.
3). La realizzazione degli interventi di cui al comma 1 alle lettere d), h) k), l) nonché
c) e j), limitatamente alla manutenzione, non richiede la redazione della relazione di
cui al comma 2. Per gli interventi di cui alla lettera g) la redazione della relazione è
prevista solo per gli interventi significativi.
4. In relazione alle particolari caratteristiche di vulnerabilità, nelle aree classificate a
pericolosità idraulica molto elevata – P4 non può comunque essere consentita la
realizzazione di:
a) impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti pericolosi;
b) impianti di trattamento delle acque reflue diverse da quelle urbane;
c) stabilimenti soggetti agli obblighi di cui agli articoli 6, 7 e 8 del D.Lgs 17 agosto
1999, n. 334;
d) depositi, anche temporanei, in cui siano presenti sostanze pericolose in quantità
superiori a quelle indicate nell’allegato I del D.Lgs 17 agosto 1999, n. 334.
5). Per gli stabilimenti, impianti e depositi, di cui al comma precedente, esistenti alla
data di adozione del progetto di Piano sino all’attuazione delle opere di riduzione del
grado di pericolosità, sono ammessi esclusivamente gli interventi di ordinaria e
straordinaria manutenzione, di adeguamento alle normative ovvero finalizzati alla
mitigazione del rischio. Un eventuale ampliamento potrà avvenire solo dopo che sia
stata disposta, secondo le procedure del presente piano, la riduzione del grado di
pericolosità.
- In aggiunta a quanto previsto dalle norme PAII si propone :
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Art. 7. Per l’utilizzo geotecnico delle aree Z (perimetrale in Tav. 4), vale quanto
riportato al capitolo 6 della relazione geologica.
Art. 8. Lungo le scarpate di qualsiasi natura e nelle aree limitrofe a queste la
costruzione di nuovi edifici e l’ampliamento delle strutture esistenti deve essere
accompagnato da relazione geologica e geotecnica volta a definirne le condizioni di
fattibilità in relazione alla pendenza, distanze dai cigli ed altezza della scarpata stessa
valutando approfonditamente gli interventi atti alla mitigazione del grado di pericolo
e rischio.
Art. 9. Nell’area S1, posta ad ovest della confluenza rio Potoc- fiume Natisone,
ricadente in classe di pericolosità idraulica elevata P3, è consentito:
il mantenimento delle strutture esistenti relative ad attività di tipo turistico, ricreativo
e sportivo con l’eventuale posizionamento di attrezzature temporanee, relative agli
spettacoli e manifestazioni all’aperto, che non impediscano il regolare deflusso delle
acque.
Non può comunque essere consentita la realizzazione di:
strutture destinate a campeggio ed al pernottamento di persone.
Art. 10.Nell’area soggetta ad allagamento per rigurgito condotte fognarie è ammessa
l’edificazione con piano di calpestio posto a 50cm. dal piano campagna circostante.
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9-CONCLUSIONI
Le modifiche, alle aree a rischio e pericolo geologico ed idraulico,
eventualmente apportate in sede di esame da parte dell’Autorità di bacino verranno
recepite dall’Amministrazione comunale.”
Da quanto emerso nella presente indagine, con l’inserimento degli articoli
proposti nelle norme di attuazione, si dichiara la compatibilità della variante generale
al P.R.G.C., a firma dell’arch. Marcello Rollo, del comune di S.Pietro al Natisone
con le condizioni geomorfologiche ed idrologiche del territorio.
Pozzuolo del Friuli giugno 2011
Dott. Sergio Beltrame
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