Slide Del Corso I Semestre Mod. A
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Il Gangster movie dalle origini ad oggi. Autori e tendenze Una carrellata di (quasi) cento anni nel mondo del crimine da The Musketeers of Pig Alley (1912) di David W. Griffith a Public Enemies (Nemico pubblico, 2009) di Michael Mann Programma del corso da scaricare sul sito di Didattica web: http://didattica.uniroma2.it Orario di ricevimento: martedì e venerdì ore 10-11 Stanza 40 II° piano Edificio B (nel periodo delle lezioni), altrimenti vedere in didattica web I RAPPORTI TRA LA LETTERATURA E IL CINEMA Hollywood nel corso della sua storia ha creato due fondamentali figure simboliche contrapposte: • Il Gangster • Il Private-eye (il detective privato), derivato dalla letteratura hardboiled. Tale espressione si riferisce ad un genere letterario diventato fondante per il cosiddetto film noir degli anni Quaranta a partire da The Maltese Falcon/Il mistero del falco (1941), opera prima di John Huston. Le basi sono nei romanzi di: • Dashiell Hammett (1894-1961, autore della celebre e archetipa figura di Sam Spade) verso la fine degli anni venti • Raymond Chandler (1888-1959, padre invece di Philip Marlowe) nei tardi anni trenta Questi due scrittori quasi coetanei sono diventati i padri fondatori dell’hardboiled. L’hard boiled, sia in letteratura che al cinema dove è diventato il marchio di fabbrica della star Humphrey Bogart, si contraddistingue per una rappresentazione per nulla sentimentale del crimine, della violenza e del sesso. Fin dalle sue origini il genere è stato pubblicato sulle riviste pulp, ad esempio la celeberrima “Black Mask”. Qui vedete la copertina della rivista del settembre 1929 con Il falcone maltese, uscito in forma di libro nel 1930 e poi diventato film nel 1941 per la regia di John Huston e l’interpretazione di Humphrey Bogart (nella parte del detective Sam Spade), Mary Astor e Peter Lorre. • • • • Molti racconti di tipo poliziesco (ma non solo) furono pubblicati da case editrici specializzate in edizioni a basso costo, i “Pulp magazine”. Il pulp nacque nei primi anni Venti negli Stati Uniti con storie a puntate in riviste, in genere di 128 pagine, dalle sfolgoranti copertine tipo la già citata «Black Mask» ma con le pagine interne stampate su carta non rifilata di pasta di legno (in inglese appunto pulp), quindi di bassa qualità. Negli anni Trenta il pulp ebbe il suo apice con pubblicazioni come «Weird Tales» (qui il primo numero del marzo del 1932) o «Amazing Stories» (foto del primo numero in aprile 1926) che si occupava di fantascienza. Perciò l’espressione “pulp fiction” è stata spesso usata come sinonimo per “hard-boiled”. Tarantino ha voluto fare un omaggio a questo tipo di narrativa già dal poster del suo film. Letteratura vs giornalismo Cosa c’entrano il razzismo e l’emigrazione? • Le figure archetipiche del detective privato e del gangster hanno in comune il fatto di essere entrambi degli individualisti che rappresenta un tipico aspetto della società americana. • Il detective è però un osservatore critico che guarda in modo quasi esterno e cinico ai fatti, • Il gangster incarna”il dinamismo amorale e le sue tragiche conseguenze”. • Una importante differenza: mentre la prima figura ha una importante derivazione letteraria, quella del gangster parte, invece, da elaborazioni di cronaca e da eventi giornalistici, tipici dell’epoca del proibizionismo (1920-1933). • Quindi è necessario parlare di razzismo e dell’enorme problema dell’emigrazione italo-americana in America. Gangsterismo e pregiudizi contro gli italiani • • • • Negli anni ‘20 e ’30 gli emigrati italiani subivano, come i neri, grandi discriminazioni. Ciò anche (ma non solo) per la diffidenza esercitata dai nomi di alcuni celebri gangster come Al Capone a Chicago, Lucky Luciano e Frank Costello a New York. Non erano solo gli emigrati italiani a commettere crimini o far parte di organizzazioni malavitose. A differenza, però, di altri gruppi etnici (ebrei, irlandesi, africani e asiatici) anch’essi coinvolti in attività criminali, solo gli italoamericani avevano illustri predecessori nel proprio paese d’origine come la mafia siciliana e la camorra napoletana, risalenti all’Ottocento. Ciò ha permesso una generalizzazione in parte impropria che ha fatto diventare gli emigrati italiani l’antenato mitico di tutto il crimine organizzato negli USA. Fred Gardaphè ricorda come già dall’uscita di Scarface di Howard Hawks nel 1932, le associazioni italo-americane hanno tentato di combattere l’identificazione dell’italoamericano con il gangster, senza però riuscire a scalfire un cliché già allora radicato nella cultura americana. Il cinema ha potentemente contribuito a riguardo: in una statistica elaborata dall’Italian Studies Institute (cfr. Ben Lawton) su un totale di 1057 film prodotti negli Usa tra il 1928 (anno di nascita del sonoro) e il 2000, che contengono riferimenti agli italiani, 287 (il 27%) li ritraggono positivamente mentre 770 (il 73%) li presentano in modo negativo. Nota bibliografica: - Fred Gardaphè, Capire il gangster italo-americano, un’azione di classe, in Anna Camaiti Hostert, Anthony Julian Tamburri, (a cura di), Scene italoamericane, Ed. Luca Sossella , Roma 2002, pp. 57-58. - Ben Lawton, La mafia e il cinema. Perché “ italo-americano” diventa sinonimo di crimine organizzato?, in Scene italoamericane, op. cit., p. 83. Le situazioni topiche del gangster movie classico Gli studiosi affermano che il gangster-movie ha avuto il notevole pregio di plasmarsi al mutare del quadro sociale e culturale, diventando una cartina al tornasole dei mutamenti socio-economici avvenuti nel Novecento americano. Jack Shadoian sintetizza così le situazioni tipiche di un film gangster: • Un uomo, una donna o un gruppo si oppone alla società; • Si descrivono le caratteristiche della società e degli emarginati che si oppongono alla stessa; per definizione il gangster è al di fuori o contro il legittimo ordine sociale; • Grazie alla struttura che distingue i membri della società dagli esclusi, il genere può affrontare qualsiasi problema quotidiano. Attraverso la giustapposizione, il contrasto, il paragone e l’analogia dell’ambiente e dei personaggi trai due “poli”, si può parlare dei problemi “caldi” della società americana (comunismo, malattie mentali, angosce nucleari, il ruolo della donna); • Il film gangsteristico/poliziesco si interessa del mondo della malavita opposto alla società legale. Esso ci offre un’ampia descrizione di questo Stato nello Stato. Jack Shadoian, Sogni e vicoli ciechi. Il cinema gangsteristico nella società americana, Ed. Dedalo Libri, Bari, 1980 Tra Realtà e finzione • Il critico americano Fred Gardaphè afferma che il gangster conosciuto oggi è uno strano mix di realtà e finzione nato in risposta all’evoluzione del capitalismo manageriale agli inizi del XX secolo. A cavallo dei primi anni Trenta, le imprese di gangster quali Al Capone, John Dillinger, “Baby Face” Nelson, e “Pretty Boy” Floyd raggiunsero la notorietà, alimentando racconti romanzeschi e seducendo l’immaginario collettivo. • Gli americani si invaghivano del gangster, un uomo dalle umili origini che ostentava vestiti eleganti e automobili di lusso, sfidando le barriere tra le classi sociali. Da qui l’ascesa dell’iconografia legata a Al Capone nei “ruggenti” e dissoluti anni Venti. • Le pressioni delle forze religiose ultraconservatrici spinsero il Congresso americano ad approvare il Volstead Act (1919-1933), la legge che vietava la produzione e la vendita di alcolici. La delinquenza ebbe l’opportunità di prosperare grazie al mercato nero che ne derivò. • Al Capone è diventato il simbolo della gestione del potere in quella fase: le sue imprese facevano capire che non solo la criminalità rendeva ma rendeva bene. • Dalla sua leggenda e da quella di altri gangster sono nati molti film degli anni Trenta ed oltre. Nota bibliografica: Fred Gardaphè, La figura del gangster nel cinema e nella letteratura americana , in Giuliana Muscio/Giovanni Spagnoletti (a cura di), Quei bravi ragazzi. Il cinema italoamericano contemporaneo, Marsilio, Venezia 2007, p. 55. L’importanza culturale del gangster nella società americana • Rivelandosi molto più di una semplice evoluzione urbana del fuorilegge del western, il gangster è penetrato nella cultura americana in un momento in cui la società era attraversata da un profondo mutamento, e da allora vi è rimasto. Nel 1974 Richard Gambino ha sottolineato come «il mafioso gareggia con il cowboy per accaparrarsi il titolo di figura principale del folklore americano, e la Mafia gareggia con la vecchia frontiera americana come fonte di intrattenimento popolare». • Già prima Robert Warshow (in un saggio pionieristico molto famoso del 1948:The Gangster as Tragic Hero) ha colto questo nesso in maniera anche più sottile: «Il western, per quanto non sembri mai perdere popolarità, rappresenta ormai per la maggior parte di noi un’espressione folcloristica del passato, familiare e comprensibile solo in virtù della suo continuo ripetersi. Il gangster movie ci è molto più vicino. In modi che non riusciamo facilmente o volentieri a definire, il gangster è il nostro portavoce, esprime quella parte della psiche americana che rifiuta i caratteri e le pretese della vita moderna, che rifiuta l’”americanismo” stesso». Richard Gambino, Blood of my blood: the dilemma of the Italian-Americans, Anchor 1974 Robert Warshow, Il gangster come eroe tragico in «Calibano 2», Roma 1978 Il cambiamento di prospettiva a partire dalla fine degli anni sessanta • Con il libro di Mario Puzo Il padrino (1969) (poi diventato il celebre film di Coppola), la cultura italoamericana ha trasformato il gangster in una figura in grado di aiutarci a capire molto di noi stessi e della nostra società. • Il padrino esplora anche il mutare del concetto americano di mascolinità. • La differenza tra Francis Coppola e Martin Scorsese: il romanticismo dell’uno, il realismo dell’altro L’ulteriore momento di sviluppo del gangster nella cultura americana oggi • Oggi sia nella letteratura che nel cinema siamo giunti ad un periodo caratterizzato dalla parodia e dalla rinuncia alle precedenti figure di gangster. Tale fase ha inizio con la serie televisiva di David Chase, I Soprano (1999-2007). • Un altro caso è Bronx (1993), il debutto alla regia di Robert De Niro. • Sono frequenti poi gli esempi di parodie e commedie sui gangster: Il boss e la matricola (1990), Il testimone più pazzo del mondo (1990), Mafia! (1998), Terapia e pallottole (1999), e Un boss sotto stress (2002), nessuno dei quali però è opera di italo-americani James Gandolfini (Tony Soprano) IL GANGSTER MOVIE OGGI Public Enemies (Nemico pubblico, 2009) di Michael Mann: da una parte abbiamo il gangster John Dillinger (Johnny Depp) e dall’altra il suo nemico mortale l’agente speciale Melvin Purvis (Christian Bale) insieme al capo della FBI diretta dal giovane J. Edgard Hoover (Billy Crudup). Più sotto la serie HBO Boardwalk Empire - L’impero del crimine (2010 e 2011) ideata da Terence Winter ed interpretata da Steve Buscemi – Scorsese ha girato il pilot. IL PRIMO GANGSTER MOVIE DELLA STORIA DEL CINEMA The Musketeers of Pig Alley (1912) di David W. Griffith: • Gli stereotipi sugli italoamericani hanno profondamente influenzato da subito il cinema americano. • Il “politicamente corretto” non esisteva all‟epoca e abbondavano i vari epiteti anti-italiani: greaser (sudici), guineas (marocchini), wuops (guappi) e soprattutto dagos (storpiamento di Diego) La protagonista Lilian Gish La trama di The Musketeers of Pig Alley Snapper Kid (Elmer Booth) che è a capo di una gang (i moschettieri del titolo), deruba un povero musicista nel corridoio del suo caseggiato del Lower East Side a New York, senza sapere che si tratta del fidanzato della sartina (Lilian Gish) su cui ha da poco messo gli occhi. Mentre il musicista è lontano, la sartina va in una sala da ballo. Qui c’è anche Snapper, il quale sorprende il boss di una banda rivale nell’atto di drogare la bevanda della ragazza. Lo affronta scatenando una guerra fra le due bande. Segue un agguato e una sparatoria. La polizia interviene ma il musicista, imbattutosi in Snapper, riesce ad rimpossessarsi dei suoi soldi, che gli servono per sposare la ragazza. Quando il gangster si precipita dalla ragazza pretendendola per sé, lei le presenta il fidanzato, respinge il gangster, ma quando sta per essere arrestato dalla polizia, lei lo salva. Il gangster prende una mazzetta. Underworld (Castigo o Le notti di Chicago), 1927, regia di Joseph von Sternberg • Regeneration (1915) di Raoul Walsh è il primo gangstermovie di lungometraggio nella storia del cinema. • Josef von Sternberg (1894 – 1969) è un ebreo europeo. A differenza dei suoi colleghi (Friedrich W. Murnau, Ernst Lubitsch e Fritz Lang) emigrò giovanissimo e cominciò a Hollywood la carriera. Il genere per cui è famoso, a partire dall‟Angelo azzurro (Der blaue Engel, 1930, girato in Germania), sarà negli anni Trenta il melodramma. Molti suoi film sono stati interpretati dalla diva tedesca antinazista Marlene Dietrich (1901-1992). • La trama: Il gangster Bull Wedd (George Bancroft) ha due amici: la sua ragazza “Feathers” McCoy (Evelyn Brent) e il suo luogotenente “Rolls Royce” (Clive Brook). Dopo aver ucciso un rivale per cui è condannato a morte, il gangster evaso dal carcere sospetta che la donna e “Rolls Royce” l‟abbiano tradito. Quando scopre che non è vero e che sono innamorati, li fa mettere in salvo e si arrende alla polizia. • Su soggetto di Ben Hecht (ispirato alla figura di Tommy O’Connor) è “il capolavoro del genere, contenendo tutti gli elementi che diventeranno cliché nei film successivi” (Kevin Brownlow) Underworld (Castigo o Le notti di Chicago), 1927, regia di Joseph von Sternberg • Dopo Regeneration (1915) di Raoul Walsh - il primo gangster-movie di lungometraggio nella storia del cinema – segue per importanza Underworld ancora girato muto. • Underworld è un‟opera ibrida, divisa tra la regia barocca ed estetizzante di von Sternberg e il realismo giornalistico di Ben Hecht che aveva mutuato la figura del protagonista da un gangster dell‟epoca “Terrible” Tommy O’Connor. • Sembra quasi una storia d‟amore a tre mascherata da gangster movie. Lo Studio System nella Hollywood classica • • • • • • • Con la nascita del sonoro lo Studio System era così configurato: cinque compagnie grandi, le cosiddette “Big Five”, le "Majors“ - Paramount, Metro-Goldwyn-Mayer (la più grande), 20th Century Fox, Warner Bros, e Rko (Radio-Keith-Orpheum) - e tre compagnie minori , le Little Three (o "Minors": Columbia, Universal, United Artists). In più esisteva uno Studio anomalo la Walt Disney che produceva solo cartoni animati. Tutte insieme formavano il Motion Pictures Producers and Distibutors Association (MPPDA ) poi diventato dal 1945 il Motion Picture Association of America (MPAA). La differenza sostanziale tra i due gruppi era che le Big 5 possedevano una propria catena di sale le Little 3 no. Esistevano anche degli indipendenti come David Selznick o Howard Hughes oppure delle compagnie molto minori come la Monogram , la Republic o la PRC (Producers Releasing Corporation) chiamate con disprezzo le società della “Poverty Row” (La strada della miseria). Ogni compagnia aveva i propri Studios, dove andava a lavorare tutto il personale tecnico e artistico come in una fabbrica. Il film usciva dallo Studio e veniva poi distribuito nelle sale spesso possedute dalla stessa casa di produzione. Alle sale indipendenti veniva riservato il trattamento di blockbooking (o blind booking). Questo sistema quasi perfetto andò in frantumi quando nel 1949 l’Antitrust americano riuscì a impedire che le Major potessero avere un sistema di “integrazione verticale”. Il codice Hays • Il cinema classico americano si basa su quattro assunti: la strutturazione in generi, lo StudioSystem, lo Star-System, il Codice Hays. • Il “Production Code” (1934-1967) è passato alla Storia come codice Hays, dal nome del senatore William Harrinson Hays (1879-1954). • Il codice venne reso vincolante nel 1934 dalla Associazione dei produttori americani. • Per facilitare il compito dei produttori fu istituito un apposito ufficio al cui capo venne posto Joseph Breen (1888–1965) , che rimase in carica sino al 1954. • I tre principi generali del “Production Code”: 1) Non produrre film che abbassino gli standard morali degli spettatori; 2) Saranno presentati solo standard di vita corretti, con le sole limitazioni necessarie al dramma e all'intrattenimento; 3) La Legge, naturale, divina o umana, non sarà mai messa in ridicolo. • • • • • Le ragioni della prima ondata di gangster movie nell’era Pre-code (1930-34) Si registra il profondo cambiamento della società in America con la nascita di un nuovo tipo di criminale. Gli americani si invaghiscono del gangster di umili origini che ostenta vestiti eleganti e automobili di lusso. Il tipico paradosso americano: da un lato gli Stati Uniti come regno delle possibilità infinite, dall’altro la speranza di una società democratica che vuole abbattere le vecchie classi sociali. La materializzazione del sogno americano si esprime in tre celebri film: Little Cesar/Piccolo cesare (di Mervyn LeRoy, 1930), The Public Enemy/Nemico pubblico (di William A. Wellman, 1931) e Scarface (di Howard Hawks, 1932). Essi escono al momento giusto, intercettando un nervo scoperto dei tempi. La prima ondata di gangster movie Nasce un nuovo tipo di criminalità: non più lo sbandato che lotta per la sopravvivenza, ma il criminale che vuole conquistare il successo a dispetto delle proprie umili origini. E’ la materializzazione del sogno americano. • Tale sogno si esprime in tre celebri film-modello: Little Cesar/Piccolo cesare (di Mervyn LeRoy, 1930), The Public Enemy/Nemico pubblico (di William A. Wellman, 1931) e Scarface (di Howard Hawks, 1932). • Due trattano di delinquenti italoamericani mentre in Nemico pubblico si rappresenta la figura di un gangster d’origine irlandese. • Alcune caratteristiche di questi tre primi classici • L’atmosfera di pessimismo in cui le storie sono immerse. Il Cesare Rico Bandello di Little Caesar, il Tom Powers di The Public Enemy e il Tony Camonte di Scarface pagano con la morte il loro sregolato stile di vita. • Il contenuto centrale del gangster-movie classico evidenzia un tipico paradosso americano: da un lato gli Stati Uniti come regno delle possibilità infinite e dall’altro la visione di una società democratica che vuole abbattere le vecchie classi sociali. • La città oscura è il luogo dove il gangster realizza le sue ambizioni, ma è anche il luogo dove trova la morte. • La disintegrazione e la distruzione della famiglia. Sempre sui tre primi classici del gangster-movie • Mix di realismo da resoconti giornalistici e di mitologie del successo nate in un’epoca di trasformazione e miseria. • Si narra l’ascesa e caduta di un personaggio. • Tra dramma alla Shakespeare e cronaca del tempo. • L’atmosfera di pessimismo in cui le storie sono immerse. • La città oscura come teatro delle ambizioni del gangster ma anche luogo di morte. • La disintegrazione e la distruzione della famiglia. • Gli attori non sono mai quasi mai del gruppo etnico rappresentato. L’esempio più famoso: Rodolfo Valentino (1895-1926). • La figura del gangster viene esplicitamente legata ad un preciso gruppo sociale, in particolare quello italoamericano. Little Cesar/Piccolo cesare di Mervyn LeRoy (1930) • Il film è tratto dal primo romanzo omonimo uscito nel 1929 di William Riley (spesso abbreviato in W.B.) Burnett (1899 –1982), lo scrittore dai cui libri sono stati tratti altri due classici del gangster-movie: Una pallottola per Roy (High Sierra, 1941) di Raoul Walsh e Giungla d'asfalto (The Asphalt Jungle, 1950) di John Huston. • Secondo Burnett due sono stati i motivi di successo del libro (e di conseguenza anche del film): a) l’uso dello slang malavitoso b) il racconto del mondo criminale dall’interno. • Gli elementi della tragedia greca o shakespeariana nella parabola un personaggio che sfida tutto e tutti. • L’esplicita caratterizzazione italoamericana. • La memorabile interpretazione “fisica” del protagonista interpretato da Edward. G. Robinson. Public Enemy/Nemico pubblico di William A. Wellman (1931) -Secondo film modello della Warner Bros. Realizzato a pochi mesi di distanza da Nemico pubblico ma molto differente. La Warner diventerà lo Studio specializzato nel gangster movie. - Un affresco proletario raccontato in brevi episodi - L‟ interpretazione di James Cagney di straordinaria modernità tra spudoratezza e ingenuità. L‟attore era inizialmente previsto nella parte del fratello buono, il reduce di guerra. - Fotografia chiara. - Due scene violente molte volte riportate nella storia del cinema: quella del pompelmo al tavolo di colazione e il finale con il corpo morto di Tom restituito alla famiglia. - La sagace regia di William Wellman mescola con intelligenza violenza e romanticismo. Scarface di Howard Hawks (1932) Trama: Ispirata alle vere gesta di Al Capone, la scalata al potere di Tony Camonte (Paul Muni) che diventa il n. 1 della criminalità organizzata di Chicago negli anni '20 finchè commette uno sbaglio: per gelosia della propria sorella Cesca (Ann Dvorak), uccide l'amico e complice Gino Rinaldo (George Raft). • Girato nel 1931 uscì un anno dopo e ebbe molti guai con la censura. Il film subì diversi rimaneggiamenti e gli venne imposto il titolo Scarface, Shame of a Nation. • Doppio finale • Il protagonista è uno “psicopatico, uno squilibrato” • il film è stato scritto da Ben Hecht che rielabora temi già utilizzati nei suoi copioni precedenti. • Fred Gardaphè ricorda come già dall‟uscita le associazioni italoamericane hanno tentato di combattere l‟identificazione tra la loro etnica e il gangster, senza però riuscire a scalfire un cliché già allora radicato nella cultura americana. Le tre H di Scarface: Howard Hawks • • • • • A partire dalla produzione indipendente Scarface (1932), Howard Hawks (1896-1977) lavorerà da free lance senza firmare contratti a lungo termine con le Majors. Incredibile versatilità. Commedie: Twentieth Century (Ventesimo secolo, 1934) , Bringing Up Baby (Susanna, 1938), His Girl Friday (La signora del venerdì, 1940) a Ball of Fire (Colpo di fulmine, 1942); film di guerra e d‟aviazione: Only Angels Have Wings (Gli avventurieri dell'aria, 1939), Sergeant York (Il sergente York,1941) o Air Force; film noir con la coppia Humphrey Bogart-Lauren Bacall: Have and to Have Not (Acque del sud, 1944) o The Big Sleep (Il grande sonno, 1946); western con John Wayne: Red River (Fiume rosso, 1948), The Big Sky, (Il grande cielo, 1952), Rio Bravo (Un dollaro d'onore, 1959), El Dorado (Id., 1967). Ma anche film d‟azione, musical, fantascienza e peplum. Ha lanciato attrici come Marilyn Monroe in Monkey Business (Il magnifico scherzo, 1952) o Gentlemen Prefer Blondes (Gli uomini preferiscono le bionde,1953). Come Hitchcock, è stato scoperto dalla seconda metà degli anni Cinquanta dai giovani critici francesi dei “Cahiers du Cinéma” (poi diventati come Truffaut e Godard i maestri della “Nouvelle Vague”) come uno dei massimi registi americani. Il suo talento si esprime in una tecnica «invisibile» e una cinepresa «a livello dello sguardo»; nei suoi film troviamo: la lotta fra i sessi, la determinazione, la velocità d'azione, il cameratismo, la collocazione dell'eroe sempre in situazioni di pericolo. Le tre H di Scarface: Ben Hecht e Howard Hughes • • • • • • Ben Hecht (1894-1964), commediografo, sceneggiatore, scrittore e giornalista, è stato definito lo “Shakespeare di Hollywood”. Autore di circa 70 sceneggiatore e di 35 libri, due volte premio Oscar (nel 1929 per Underworld di von Sternberg) è per alcuni critici LO sceneggiatore per eccellenza del cinema americano classico. Ha lavorato con i maggiori registi a Hollywood come Hawks (Scarface, 1932; La signora del venerdì, 1940; Il magnifico scherzo, 1952), Ernst Lubitsch (Partita a quattro, 1933), Alfred Hitchcock (Io ti salverò, 1945, Notorious - L'amante perduta, 1946). Howard Hughes, Jr. (1905 – 1976) è stato un miliardario, imprenditore, regista, aviatore e produttore cinematografico statunitense. È famoso per aver ideato, progettato e costruito diversi aeroplani e per il suo autodistruttivo ed eccentrico comportamento dovuto ad una malattia. Tra i suoi film si ricordano Hell's Angels (Gli angeli dell'inferno, 1930), Scarface di Hawks, e il western misogino The Outlaw (Il mio corpo ti scalderà, 1940-50), iniziato da Hawks che poté uscire solo dopo anni di lotta con la censura. Considerato l'uomo più ricco e potente degli Stati Uniti, ha avuto diversi guai con l'establishment politico e industriale, proprio a causa del carattere eccentrico. Dal 1948 al 1955 ha posseduto la Major RKO Pictures, che dovette però poi cedere in virtù delle leggi antitrust. Uguale sorte ebbe la sua casa di produzione di aerei, la Hughes Aircraft. La sua vita avventurosa e bizzarra è stata spesso rievocata dal cinema (ad esempio in F for Fake, 1975 di Orson Welles) e dai media, di recente la ha messa in scena Martin Scorsese in The Aviator (2004) per l’interpretazione di Leonardo Di Caprio. Ricapitoliamo le caratteristiche dei tre primi classici del gangster-movie • Ascesa e caduta di un personaggio. • Tra dramma alla Shakespeare e cronaca del tempo mix di realismo da resoconti giornalistici e di mitologie del successo nate in un’epoca di trasformazione e miseria. • L’atmosfera di pessimismo in cui le storie sono immerse. • La città oscura e notturna (eccezione Public Enemy) come teatro delle ambizioni del gangster ma anche il suo luogo di morte. • La disintegrazione e la distruzione della famiglia. • Gli attori non sono mai quasi mai del gruppo etnico rappresentato: il protagonista di Scarface, Paul Muni (1895-1967 pseudonimo di Meshilem Meier Weisenfreund), era un ebreo ucraino di Leopoli; lo stesso vale per un altro ebreo di origine orientale: il rumeno Edward G. Robinson, (Emmanuel Goldenberg, 1893-1973) di Piccolo Cesare. Solo il gangster irlandese Tom Powers in Public Enemy era un attore americano: James Cagney (1899 –1986). • La figura del gangster già partire da Little Caesar viene esplicitamente legata ad un preciso gruppo sociale, in particolare quello italoamericano. La metamorfosi del gangster movie dopo Scarface • • • • • • Dopo la fine del proibizionismo (1933) e l’introduzione vincolante del codice Hays (1934) iniziano delle importanti trasformazioni. L’enfasi nella lotta al gangsterismo rurale, la controffensiva propagandistica di Edgar J. Hoover e dell’FBI producono un ridimensionamento e trasformazione del gangster movie (lo racconta anche Eastwood nel suo J. Edgar, 2011). Nasce una serie di film dove l’eroe è un agente dell’FBI o un infiltrato nella malavita, personaggi interpretati dalle stesse star che prima facevano i fuorilegge: La pattuglia dei senza paura (GMen¸1935) di William Keighley, con James Cagney e Ann Dvorak o Le belve della città (Bullets or Ballots, 1936) sempre diretto da William Keighley con Edward G. Robinson. La Warner Bros. è restata nei decenni la Major che ha con maggiore decisione portato avanti il gangster movie, anche se non in maniera esclusiva. All’inizio degli anni Quaranta la figura del criminale entra in crisi e si affaccia prepotente ad osservare la scena del crimine il detective privato (Private Eye). Nell’epoca del noir si assiste ad una trasformazione “esistenziale” del fuorilegge. All’entrata in guerra dell’America il 7 dicembre 1941 a seguito dell’attacco giapponese a Pearl Harbor, gli Studios decisero di non produrre più gangster movie. A parte qualche caso isolato film “indipendente”, il genere risorgerà solo nella seconda metà degli anni Quaranta. Raoul Walsh (1887 – 1980) • Di famiglia irlandese, giramondo e cow-boy, lavora per la prima volta al cinema in una prima piccola parte a vent‟anni nel 1907. D.W. Griffith lo lancia come attore (Nascita di una nazione, 1915, vedi foto) e aiuto-regista: “Osservavo il vecchio [Griffith], gli stavo sempre alle costole” ha scritto nell‟autobiografia. • Ha avuto una delle più lunghe e feconde (oltre cento film) carriere della storia del cinema. Dal 1939 ha lavorato stabilmente alla Warner. • Rappresenta un esempio tipico del modo di produzione hollywoodiano classico per la capacità di realizzare film anche molto personali ma sempre rispettosi delle richieste dei produttori. • Artigiano di grande ed eclettico mestiere, tanto da essere spesso chiamato a sostituire altri registi in difficoltà, Walsh è un narratore impareggiabile (Storyteller), dal linguaggio spoglio ma efficace. • Ottimo direttore di attori, e bravo attore egli stesso (fino al 1929, quando perde un occhio) ha frequentato tutti i generi nel muto (Il ladro di Bagdad, 1924; Gloria, 1926) e poi nel sonoro. A suo agio, oltre che nel gangster movie, nel film d‟avventure (Il mondo nelle mie braccia, 1952) e di guerra (Obiettivo Burma, 1955; Il nudo e il morto, 1958), ha realizzato eccellenti western (La storia del generale Custer, 1941; Notte senza fine, 1947; Gli amanti della città sepolta, 1949; Tamburi lontani, 1951; Gli implacabili, 1955). Tre capolavori di Raoul Walsh (1939-49) alla Warner Humphrey Bogart, James Cagney, Jeffrey Lynn High Sierra (1941) e White Heat (1949) High Sierra/Una pallotola per Roy (1941) • Dal romanzo omonimo High Sierra (1940) di W.R. Burnett, da lui sceneggiato con John Huston. • Svolta nella carriera di Humphrey Bogart, promosso a protagonista. • Rifatto in chiave western, con Gli amanti della città sepolta (1948) dello stesso Raoul Walsh. White Heat/ La furia umana (1949) • Un film di due epoche: appartiene agli anni ’30 per il ritmo veloce, il forsennato dinamismo, la recitazione spiccia; d’altro lato risente del film noir (l’interiorizzazione delle ragioni del protagonista; la malattia mentale) • Brutalità del protagonista caratterizzato in modo psicotico nel suo attaccamento con la madre. • A differenza degli altri gangster interpretati da Cagney che non muoiono da eroi, qui il personaggio di Cody Jarrett raggiunge l’immortalità. Una nuova consapevolezza del crimine negli USA • Il 10 maggio 1950 il Senato degli Stati Uniti costituì uno “Special Committee to Investigate Crime in Interstance Commerce” guidata dal senatore democratico Estes Kefauver (1903-1963). •«Esiste un sindacato della delinquenza ramificato in tutto il Paese [...]. Le sue attività sono controllate da una corrotta e cinica associazione di gangster, politicanti venali, e uomini d'affari e di legge. Non c'è un capo supremo». • Molti sono i dubbi sulla veridicità delle affermazioni della Commissione, tuttavia a partire da essa si inizia per la prima volta a parlare di Mafia negli Usa. • Kefauver: «Dietro le bande locali che formano l'insieme del sindacato nazionale della delinquenza c'è una misteriosa organizzazione criminale nota sotto il nome di Mafia». • L‟opinione pubblica americana, informata tramite il nuovo medium tv, si confrontò una seconda volta dopo il proibizionismo con la vastità del fenomeno criminale. • Ciò produsse un nuova grande ondata di gangster movie tra cui il nuovo genere del caper film o heist film (slang per “colpo grosso” a partire da Giungla d’asfalto. The Asphalt Jungle/Giungla d’asfalto (1950) Con: Sterling Hayden, Sam Jaffe, Louis Calhern, Jean Hagen, Marilyn Monroe, James Whitmore, John McIntire. Diretto da John Huston, Giungla d’asfalto inizia una tendenza di grande importanza, quella del caper film o heist film. Caper deriva da capriola (che a sua volta deriva dal latino capra). • Col il termine si definisce un particolare sottogenere del gangster movie in cui una banda organizza e mette in atto un grande furto in maniera avventurosa. • Classici esempi spaziano da Rififi (1955) di Jules Dassin a I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli, da Le iene (1992) di Quentin Tarantino a Ocean's Eleven - Fate il vostro gioco (2001) di Steven Soderbergh. • E‟ in genere caratterizzato dalla preminte costruzione dei personaggi e dal grande ruolo del destino. John Houston (1906-1987) • Figlio del bravo attore Walter Huston, dedica prima alla carriera militare, poi al giornalismo e contemporaneamente alla boxe. Assunto dalla Warner Bros all‟inizio degli anni Trenta, scrive la sceneggiatura di vari film, tra cui Una pallottola per Roy (1941) e Il sergente York (1941) di Howard Hawks, • Passa alla regia con Il mistero del falco, (1941) capolavoro del noir. Durante la guerra gira dei documentari di propaganda come The Battle of San Pietro (1944). Poi del 1948 è un altro capolavoro del noir Il tesoro della Sierra Madre (1948). • Carattere anticonformista e ribelle, dirige per la MGM Giungla d’asfalto (1950). Di lì in poi inizia una partita di do ut des con le Majors, girando film di alta qualità mercantile al fine di procurarsi i mezzi per vivere lontano da Hollywood (soprattutto tra Messico e Irlanda). Tra le sue tante opere importanti: il suo primo film a colori La regina d’Africa (1951), Moulin Rouge (1952) e Moby Dick, la balena bianca (1954-56). • Dagli anni Sessanta gira altri venti film in tutti i generi: Gli spostati (1961), La notte dell’iguana (1964), La Bibbia (1966), Riflessi in un occhio d’oro (1967), James Bond 007 - Casino Royale (1967), Lettera al Kremlino (1970), Città amara (1972), L’uomo dai sette capestri (1972). • Infine Fuga per la vittoria (1981), Sotto il vulcano (1983), L’onore dei Prizzi (1985) per cui la figlia Anjelica Huston vince l‟Oscar per la miglior attrice non protagonista. • Ormai malato di cancro e al termine della vita, realizza quello che si può forse definire il suo capolavoro: The Dead - Gente di Dublino (1987), tratto dai James Joyce. The Killing/Rapina a mano armata (1956) Con Sterling Hayden, Coleen Gray, Marie Windsor, Elisha Cook Jr., Vince Edwards. • Dal romanzo pulp Clean Break di Lionel White, sceneggiato da Kubrick con lo scrittore Jim Thompson, è il film che ha rivelato il regista. • Trama e protagonista principale sono identici a Giungla d’asfalto (1950). La differenza trai due film è che quello di Huston è basato sulla costruzione psicologica dei personaggi, The Killing invece segue il romanzo originale nella rottura della continuità narrativa. • Lo spettatore segue l'azione secondo diverse prospettive. Questo procedimento troverà una rielaborazione in Le iene (1992) e Pulp Fiction (1994) di Tarantino o in Elephant (2003) di Gus van Sant. • Splendida la fotografia di Lucien Ballard contro cui il ventottenne Kubrick ebbe parecchio da combattere per imporsi. • Il protagonista Sterling Hayden (nome d’arte per Sterling Relyea Walter, 1916-1986) è stato un attore degli anni cinquanta famoso anche per le controverse scelte di fronte alla Commissione per le attività antiamericane del senatore repubblicano Joseph McCarthy (1908 -1957). Nella sua filmografia si ricordano Johnny Guitar (1954) di Nicholas Ray, Il dottor Stranamore (1964), sempre di Kubrick, Il padrino parte I (1971) di Francis Ford Coppola e infine Novecento (1976) di Bernardo Bertolucci. Gli anni Sessanta: Bonnie and Clyde (Gangster Story, 1967) Con Warren Beatty, Faye Dunaway, Gene Hackman, Gene Wilder, Michael J. Pollard, Estelle Parsons. Trama: Nel 1933 a Dallas (Texas) Clyde Barrow, giovane ladro d'auto, e Bonnie Parker, cameriera, si mettono insieme e diventano, con alcuni complici, la banda di rapinatori di banche più famosa d'America. Il regista: dopo un apprendistato tra teatro e televisione, Arthur Penn (1911-2010) debutta nel cinema con un bel western psicanalitico: The Left-Handed Gun (Furia Selvaggia, 1958) tratto da un testo di Gore Vidal con un giovane Paul Newman nella parte del ribelle Billy The Kid. Dopo alcuni altri film ritornerà al successo con The Chase (La caccia, 1966). Warren Beatty, questa volta anche in veste di produttore, recita una seconda volta dopo Mickey One (1965) per Arthur Penn in Bonnie and Clyde. Arthur Penn è stato il primo regista del movimento della New Hollywood ad entrare in contatto con il genere gangster. Sceneggiato da David Newman e Robert Benton (e scritto per François Truffaut), il film ha avuto 11 nomination agli Oscar vincendone 2 per la fotografia di Burnett Guffey e l‟attrice non protagonista Estelle Parsons. Le innovazioni di Bonnie and Clyde L’azione si sposta da un’ambientazione urbana a una rurale, si rende la coppia simpatica agli spettatori e si esibisce una violenza prima impossibile da mostrare (codice Hays). • Il film si ispira alle vere “gesta” della Barrow Gang (foto). che compì una serie di crimini e rapine tra il 1932 e il 1934. • Penn ha sviluppato la storia passando attraverso diversi momenti: comici, poetici, violenti e romantici (spiegare). Riguardo allo stile, Bonnie and Clyde è molto vicino alle sperimentazioni formali della Nouvelle Vague francese: nella scelta di lavorare in esterni “veri. Nell‟uso dell‟ellisse temporale. Nell‟inserimento nei titoli di testa di uno pseudo-documentario con vecchie fotografie in bianco e nero e delle didascalie biografiche. Nell‟uso di teleobiettivi dalla lunghezza focale molto lunga per annullare la profondità di campo. Nell‟uso della tecnica dello straneamento. Nell‟uso di accellerati e ralenties per modificare il tradizionale tempo della narrazione. La carriera di Roger Corman • (1926, Detroit) con John Cassavetes (1929-1989) è stato negli USA la maggiore personalità nel trapasso tra cinema classico e moderno. • E‟ stato l‟inventore e il re del film a basso costo, il Director/Producer “indi” per eccellenza del cinema americano. • Ciò non significa che sia stato linguisticamente un innovatore. • Alla AIP (American International Picture) di James H. Nicholson (non Jack, l‟attore) e Samuel Z. Arkoff gira e produce dal 1955 agli inizi degli anni Sessanta 23 B-movie in tutti i generi. Si crea una “famiglia” comprendente: Floyd Crosby (fotografia), Charles B. Griffith o Richard Matheson (sceneggiatura), David Haller (scenografie) e Ronald Stein (musica). • Tra il 1960 e il 1966 realizza un celebre ciclo horror di 9 film tratti da racconti o spunti di Edgar Allan Poe; poi giraThe Wild Engels/I selvaggi (1966) e The Trip/Il serpente di fuoco (1967), due film fondamentali per la controcultura dell‟epoca. • Nel 1971 al 48essimo film chiude la carriera di regista per dedicarsi alla produzione e la distribuzione. • Alla sua Factory sono passati : Jack Nicholson, Irwin Kershner, Monte Hellman, F.F. Coppola , P. Bogdanovich, Martin Scorsese, Jonathan Kaplan, Paul Bartel; e poi la generazione successiva degli “indie” : Johnatan Demme, Joe Dante, Ron Howard, ecc. I tre Gangster movie di Corman Machine-Gun Kelly (La legge del mitra, 1958). Nel periodo postproibizionismo, nel 1935 si racconta un tipico caso di ascesa e caduta di un gangster, George Kelly, detto Machine-Gun (Charles Bronson), dominato da una amante-madre. E‟ un b-movie dal ritmo spiccio e con un personaggio credibile. Ironia e freudismo si palesano già come marchi del regista. St. Valentine's Day Massacre (Il massacro del giorno di San Valentino, 1967) ricostruisce la celebre strage del 14 febbraio 1929 in un garage di Chicago. Prodotto da una Major, la Fox, (a cui Corman fece risparmiare una parte del budget) è una tradizionale produzione in Studio, in cui si compie una rilettura del genere dall‟interno con diverse citazioni (per esempio da Nemico Pubblico) e qualche trasgressione (la frase in off contro la corruzione delle istituzioni). Un buon film però standard: Venturelli fa notare come qui si seppellisca il vitalismo del gangster movie. Bloody Mama (Il clan dei Barker, 1970). Il migliore dei tre: è il ritratto di un personaggio realmente esistito, Alice “Ma” Barker che negli anni „30 guidò i suoi quattro figli in imprese criminali e morì dopo un assedio della polizia. Al solito tra freudismo e ironia Corman ci offre tutto il contrario della rappresentazione del gangsterismo rurale fatto da Penn: da una parte la ballata romantica, dall‟altra l‟incesto e la tara psichica. “Nella sua altalena fra tragedia greca in versione pop art e freudismo da supermarket un film fantastico. Tutti bravi e una grande Shelley Winters spaventevole e mostruosa Ecuba con il mitra in mano”. (Morando Morandini) Point Blank/Senza un attimo di tregua (1967) Con: Lee Marvin, Angie Dickinson, Keenan Wynn, John Vernon. Trama: Reese (John Vernon) e Walker (Lee Marvin) sono due ex compagni di galera. Di nuovo insieme decidono di compiere una rapina. Reese però frega i soldi all‟amico, lo lascia quasi morto nel carcere di Alcatraz deserto e gli porta via anche la moglie. Anni dopo Walker si mette allora sulle tracce dell‟uomo aiutato da un misterioso personaggio Yost (Keenan Wynn) che vuole risalire all‟Organizzazione a cui Reese apparteneva. • E‟ il secondo film del regista inglese John Boorman (1933), autore di film importanti come Deliverance (Un tranquillo week-end di paura, 1972), Zardoz (1973), Exorcist II: The Heretic (L’esorcista II – L’eretico, 1977), Excalibur (1981) o The Tailor of Panama (Il sarto di Panama, 2001). • Dal romanzo The Hunter di Donald E. Westlake che l‟ha firmato con lo pseudonimo Richard Stark, è un film dalla trama improbabile ma da un forte stile “modernista” che porta nel gangster movie ancor più di Bonnie and Clyde le innovazione Nouvelle Vague montaggio vertiginoso che procede avanti e indietro nel tempo, frammentazione dello spazio, narrazione quasi onirica, cinema della memoria, colore psichedelico. •Grande interpretazione di Lee Marvin (1924- 1987) in uno dei ruoli migliori di duro della sua notevolissima carriera. • Rifatto nel 1998 da Brian Helgeland in Payback - La rivincita di Porter con protagonista Mel Gibson. IL CINEMA DELLA NEW HOLLYWOOD Riassumiamo con Franco la Polla il fenomeno della “Nuova Hollywood” in cui i registi italoamericani avranno un ruolo decisivo. Il termine si usa per definire il periodo di passaggio negli Usa tra cinema classico e cinema moderno, temporalmente quindi tra circa il 1967 e il 1980 (dove torna ad essere dominante la figura del produttore e non del regista-produttore, l‟autore, mutuato dall‟Europa): 1. Incremento delle produzioni indipendenti 2. Piccoli budget produttivi 3. Ricerca di un pubblico giovane 4. Messa in questione dei valori etico-sociali sostenuti dal cinema precedente 5. Attenzione alla politica e al costume 6. Costruzione e stilemi di carattere documentaristico 7. Rinuncia agli studios e ricerca degli spazi quotidiani 8. Ricambio delle leve registiche 9. Abbandono dello star system e lancio di volti nuovi 10. Revisione ideologica dei generi classici (Franco La Polla, Sogno e realtà americana nel cinema di Hollywood, Il Castoro, Milano 2004, p.273) • Il concetto di “indipendenti” “Indie(s)” e quello di exploitation (pubblico giovanile, drive-in, delle sale di provincia, ecc. con i nuovi generi tra cui il “road movie”). • Il rapporto “Indies”- avanguardia e l‟opposizione west/east cost (New York/Hollywood). • La differenza con le Nouvelle Vague europee. • Easy Rider costato circa 400.000 $ ha reso alla Columbia 26 (o secondo altre fonti 40 milioni) di dollari. Un tentativo di sintetizzare il cinema di Martin Scorsese • Un cineasta testimoniale ma anche molto altro: la passione e la memoria cinefila si sposa con la realtà etnica e culturale italoamericana. • Alterna da sempre film più di fiction (musical, remake, film in costume) a quelli di rilevazione della realtà. Ha realizzato sia film ad alto budget sia opere minori (talvolta di non fiction come i recenti doc. musicali su Bob Dylan, Rolling Stones e George Harrison). • Il suo è un cinema “antropologico” declinato al maschile dove un uomo in crisi lotta contro l‟ambiente alla ricerca della redenzione talvolta riesce, talvolta no. • Il tutto nasce da un fondamentale impulso cattolico-religioso. • Elementi spesso ricorrenti: l‟insistere su alcuni spazi prediletti (la città di New York, il quartiere della Little Italy); la passione per la musica rock e jazz; la violenza come cifra stilistica. • Uso della tecnica dell‟improvvisazione e delle “prove programmate”. • Ha coltivato una propria “famiglia” cinematografica: gli sceneggiatori Paul Schrader, Mardik Martin; la montatrice Thelma Schoonmaker; i direttori della fotografia: Michael Chapman, Michael Ballhaus; alcuni attori feticcio: Harvey Keitel, Bob De Niro, Leo DiCaprio. • Dice di sé «sono un regista americano, e ciò significa che sono un regista di Hollywood». Il suo è uno stile sempre in bilico tra innovazione e tradizione, dentro e fuori il sistema: ciò lo rende il più hollywoodiano dei filmaker “indie”. Alcune affermazioni interessanti su e di Scorsese • • • Lo stile narrativo: «Ciò che amavo delle tecniche tipiche di Truffaut e di Godard dei primi anni ’60 era che la linearità della narrazione non era in primo piano. (…) Prendi un gangster movie americano tradizionale e analizzalo episodio per episodio, ma poi inizia dal centro della storia e muoviti avanti e indietro» (In Scorsese secondo Scorsese a cura di Ian Christie e David Thompson, Ubulibri, Milano 2003, pp. 184-185). La violenza: ”Marty ha sempre ritenuto che la violenza debba essere mostrata in un film per affermare un punto di vista morale. Se è realistica, o addirittura disturbante, è per una ragione ben precisa. Non serve a divertire; è un modo per mostrare come queste persone hanno scelto di vivere. In Casinò la violenza lascia una sensazione di grande tristezza. Sotto questo punto di vista è molto diverso da Quei bravi ragazzi. Racconta la fine di un’epoca. In Quei bravi ragazzi, invece la violenza è improvvisa, inattesa e scioccante. Parte del compito del montaggio è di far sì che la violenza sembri vera”. (Thelma Schoonmaker in Martin Scorsese, Il bello del mio mestiere, Minimum fax, Roma, 2002, pp. 108-109). La genesi di Casinò: « nel quartiere di New York dove sono nato, Little Italy, tra gli operai e i piccoli borghesi, Las Vegas era considerata una sorta di Camelot, un regno di magia *…+ I veri boss, non lasciavano mai il quartiere. Erano talmente conosciuti che non potevano mettere piede a Las Vegas. Un ambiente toccato direttamente dal crimine organizzato … era quello dello showbusiness. Tutto è cominciato a partire dagli anni ’20 con gli speakeasy [il luogo dove si trova ciò che è illecito], bar o locali notturni nei quali venivano serviti alcolici durante il proibizionismo. E’ stato allora che i veri gangster sono entrati in ballo. La mafia ha approfittato di tutto quello che l’America poteva offrire (il proibizionismo rendeva illegali tutte le attività collegate all’alcool) per fondare un vero e proprio impero. Era soprattutto la mafia siciliana. Dopo il proibizionismo gli speakeasy sono diventati night club sempre di proprietà dei gangster. Nicolas Pileggi, mi ha spiegato che durante gli anni ’70, ogni hotel-casinò di Las Vegas apparteneva ad una famiglia mafiosa. Si erano divisi tutto: la mafia di New York possedeva un casinò, quella di Chicago ne aveva quattro» (Thierry Jousse/Nicolas Saada, Intervista a Martin Scorsese in «Cahiers du cinéma», n. 500, marzo 1996, p. 9). Il primo gangster movie di Scorsese: Boxcar Bertha (America 1929: sterminateli senza pietà, 1972) Trama: rimasta orfana nell’America della Grande Depressione, Bertha (Barbara Hershey) conosce Big Bill Shelly (David Carradine), sindacalista del IWW. Poi si lega a Rake un baro ebreo di cui diviene complice. Ritrovato Shelly, la ragazza riesce a liberare i due uomini dal carcere dove sono finiti insieme al nero Von (Bernie Casey). Il gruppo costituisce una banda che si getta in una serie di rapine contro il potente Sartoris (John Carradine), padrone della ferrovia. Nel finale gli uomini di Sartoris riescono a prendere Shelly ma vengono uccisi da Von. • Dopo il debutto da assoluto “indie” con Who’s That Knocking at My Door/Chi sta bussando alla mia porta? (1969), Scorsese passa qui alla factory di Roger Corman. • Uno nuovo mondo raccontato : quello degli Hobo (vagabondi) e dei Wobblies, i sindacalisti del IWW che si spostavano in ferrovia. • Tratto dalle memorie di “Boxcar” Bertha Thompson, è un tipico film impegnato della New Left un melodramma proletario che riprende una visione alternativa della Grande Depressione dopo Bonnie and Clyde e Bloody Mama/Il clan dei Barker. • Si mostra già la cinefilia di Scorsese ad esempio nella scelta del duo John Carradine (1906 – 1988) e David (1936 – 2009), padre e figlio, antagonisti nella storia. La trilogia della mafia: Mean Streets (1973), Goodfellas (Quei bravi ragazzi, 1990) e Casinò (1996) • La “trilogia della mafia” è imperniata su elementi biografici e documentari per analizzare varie tipologie di criminalità italo-americana. • Da spunti autobiografici Scorsese costruisce in Mean Streets un affresco sulla gioventù sbandata della Little Italy a New York. Sempre attingendo da personali esperienze di giovinezza, in Quei bravi ragazzi si disegna un minuzioso ritratto della “piccola mafia” newyorkese che sogna di fare il salto in alto. Infine in Casinò si esaminano i modi in cui la mafia amministra il suo impero a Las Vegas. • Mentre Mean Streets parte da un copione scritto nel „66 con Mardik Martin intitolato Season of the Witch, i film successivi sono tratti da libri del giornalista Nicholas Pileggi (1933): Wiseguy (Il delitto paga bene, 1986) e Casino: Love and Honor in Las Vegas (1995) basati su storie vere. • Goodfellas e Casinò hanno elementi stilistici comuni: la narrazione con la voce fuori campo, l‟uso di una struttura diegetica non lineare, il “pedinamento” psicologico dei personaggi, il dinamismo dello sguardo dai titoli di testa a il reiterato uso dei piani-sequenza. • Solo in Casinò che è anche la storia di un triangolo amoroso il personaggio femminile ha una certa rilevanza. • Lo sguardo da entomologo di Scorsese: comportamenti e riti familiari, differenze etniche, come i gangster lavorano, si vestono, stanno in cucina o si divertono. • A differenza di Coppola non c‟è l‟epica della famiglia mafiosa ma una relazione clinica sul loro essere. Il primo capolavoro: Mean Streets (1973) La trama: Charlie Cappa (Harvey Keitel), un giovane della Little Italy di New York, ha uno zio mafioso, che gli affida piccole missioni ma che vorrebbe farne un boss. Charlie, però, non riesce ad allontanarsi né dall‟amico pazzoide Johnny Boy (Robert De Niro), che si mette sempre nei guai né da Teresa Ronchelli (Amy Robinson), cugina di Johnny, una ragazza epilettica con cui ha una storia non ben vista dallo zio. L‟amicizia lo porterà ad essere coinvolto in uno scontro a fuoco dove viene ucciso Johnny. • Prodotto in maniera indipendente dal manager di Bob Dylan Jonathan Taplin con un budget bassissimo (mezzo milione di dollari) Mean Streets (1973), rappresenta una straordinaria ricognizione psico-sociologica sul quartiere di Little Italy e i suoi eroi a partire da un copione scritto nel „66 con Mardik Martin intitolato Season of the Witch (La stagione della strega). • Uso della musica e molti elementi cinefili (citazioni di film e poster). • Due grandi innovazioni rispetto al gangster-movie: la vicenda si basa su esperienze autobiografiche; si racconta la piccola criminalità di quartiere. Goodfellas (Quei bravi ragazzi, 1990) e Casinò (1996) • Entrambi i film sono tratti da libri di Nicholas Pileggi (1933): Wiseguy (Il delitto paga bene, 1986) e Casino: Love and Honor in Las Vegas (1995) ed entrambi a loro volta sono basati su storie vere. • I due film che chiudono la cosiddetta trilogia della mafia iniziata con Mean Streets (1973), sono imperniati su elementi biograficidocumentaristici per analizzare varie tipologie della criminalità italoamericana. • Attingendo a spunti autobiografici, con Mean Streets si costruisce un affresco sulla gioventù sbandata della Little Italy. Sempre da personali esperienze di giovinezza, in Quei bravi ragazzi si disegna un minuzioso ritratto della “piccola mafia” a New York che sogna di diventare “grande”. Per giungere infine in Casinò ad esaminare i modi in cui la mafia amministra il suo impero a Las Vegas. • Diversi elementi stilistici in comune: la narrazione con la voce fuori campo, l‟uso di una struttura diegetica non lineare, il “pedinamento” psicologico dei personaggi, il dinamismo dei titoli di testa e dei pianisequenza. • Lo sguardo da entomologo di Scorsese: comportamenti e riti familiari, differenze etniche, sottigliezze verbali, rapporti tra famiglia e Famiglia, come i gangster lavorano, si vestono, stanno in cucina, si divertono. • A differenza di Coppola non l‟epos ma una relazione clinica. The Departed - Il bene e il male (2006) Trama: A Boston in un quartiere irlandese è in atto una guerra tra la polizia e una banda della malavita. Billy Costigan (Leo DiCaprio), giovane poliziotto è infiltrato nella gang capeggiata dal boss Frank Costello (Jack Nicholson). Mentre Billy guadagna rapidamente la fiducia di Costello, Colin Sullivan (Matt Damon), a sua volta viene infiltrato nella polizia ottenendo una posizione di rilievo. Sia Billy che Colin vivono questa doppia identità come un'esperienza alienante. Ma appena appare chiara l'esistenza di una talpa, sia nella polizia che fra i gangster, Billy e Colin si ritrovano improvvisamente in pericolo… • Sceneggiato da William Monahan, è un remake abbastanza fedele del film hongkongese di Andrew Lau Infernal Affairs (2002), interpretato da due star del cinema orientale: Tony Leung ChiuWai e Andy Lau (nella foto). • Il film non nasce quindi da elementi documentario-autobiografici ma dal cinema stesso. • Tre premi oscar: migliore regia a Martin Scorsese, migliore sceneggiatura non originale a William Monahan, miglior montaggio a Thelma Schoonmaker. Due o tre cose che so di lui: Ford Francis Coppola • E’ il leader della “generazione del ‘39” composta da lui, Peter Bogdanovich, William Friedkin, a cui aggiungere i più vecchi Monte Hellman (1931) e Jack Nicholson (1937) e il più giovani colleghi italoamericani: Brian De Palma (1940) e Martin Scorsese (1942). Distanziati solo di qualche anno vengono altri due movie brats, i Golden Boy della New Hollywood: George Lucas (1944, il miglior allievo di Coppola) e Steven Spielberg (1946). Tutti sono stati degli “indie”, tutti hanno in comune la formazione all’ università, l’esperienza in tv e/o l’exploitation di Roger Corman. •“Coppola non ha mai avuto uno stile, perché ha sempre inseguito un progetto. (...) E’ l’ultimo artista totale del cinema americano, e insieme una specie di performer concettuale, che si esprime più nei progetti lasciati in sospeso che nelle imprese effettivamente realizzate. E’ l’ultimo dei romantici e il più grande dei cinici” (V. Buccheri). «L’avventura professionale, artistica e umana di Coppola è la più appassionante e mirabolante di tutto il cinema degli anni Settanta, proprio per la fusione in una persona di competenze e qualifiche diverse: artista, regista, produttore, sceneggiatore, inventore, capitano d’industria, avventuriero (guastatore e rinnovatore) dello show-business» (V. Zagarrio). • «Io modello la mia esistenza su quella di Hitler: lui non ha solo preso il potere nel suo paese ma si è scavato un cammino nel governo in carica. Per arrivare al potere, non ci si deve limitare a sfidare l’establishment. Occorre costruirsi una propria posizione all’interno di esso e solo dopo sfidarlo e superarlo» (FFC) • “Regista corsaro” alternando trionfi e sconfitte, successi clamorosi e clamorosi flop, ha realizzato alcune opere indimenticabili: la saga de Il Padrino, La conversazione (1974), Apocalypse Now (1978), Dracula di Bram Stocker (1992). • Oggi a 72 anni fa più vino che cinema. Il suo ultimo film, il 26 lm, è un horror a basso costo: Twixt (2011), un omaggio al suo primo maestro Roger Corman. Alcune info sulla formazione di Coppola • • • • • • • • • Francis Ford Coppola (il secondo nome era un omaggio a Henry Ford, poi lo ometterà, affermando che nessuno può fidarsi di chi ha tre nomi!) nasce a Detroit il 7 aprile 1939, secondo figlio di una famiglia di origine italiana: i suoi nonni erano emigranti di Bernalda in provincia di Matera dove qualche mese fa si è sposata la figlia Sofia. Poi si trasferisce a New York. Da piccolo è malato di poliomelite. L’importanza del clan familiare e del suo essere un “figlio d’arte”. La passione per la musica e il teatro. Entrato nel 1955 alla Hofstra University (nei dintorni di New York) nel 1959 si laurea in teatro. La visione di Ottobre (1924) di Ejzenstein lo convince a studiare cinema alla UCLA a Los Angeles dove però non è attratto dalla cinefilia né dai gusti europei dei suoi futuri colleghi. Più attratto dalla pratica che dallo studio, inizia con Roger Corman presso cui realizza un horror a basso costo: Dementia 13/Terrore alla tredicesima ora (1963). L’interesse per la scrittura e il lavoro di sceneggiatore per le Majors si accompagna al vero debutto professionale: You’re a Big Boy Now/Buttati Bernardo (1966) che a rigore è il primo vero film della Nuova Hollywood. Dopo un bel road-movie The Rain People/Non torno a casa stasera (1969) c’è il primo strappo con Hollywood: si trasferisce a San Francisco dove fonda l’American Zoetrope (vita e movimento) un punto di raccolta di autori come Stanley Kubrik e Orson Welles, o di giovani come John Milius e George Lucas di cui produce il primo lungometraggio di fantascienza: THX-1138/L’uomo che fuggì dal futuro (1970). Per non fallire, accetta l’offerta di Robert Evans, vicepresidente della Paramount, di girare Il padrino tratto dall’omonimo libro di Mario Puzo (1920 – 1999). Il film ha avuto molti problemi: le scelta del cast (Brando e Pacino) e l’ambientazione. Pressioni sulla Paramount riguardanti il tema mafia da parte del cantante Frank Sinatra e delle associazioni italoamericane. La saga del Padrino: 1972, 1974 e 1990 •The Godfather (1972) con: Marlon Brando, Al Pacino, Robert Duvall, James Caan, Diane Keaton, John Cazale, Talia Shire, Sterling Hayden. Trama: tornato eroe di guerra nel 1945, Michael Corleone (Pacino) viene sempre più coinvolto nei sanguinosi affari di famiglia. Alla morte del padre Don Vito (Brando) che aveva dominato per due generazioni un clan di mafia, diventerà il nuovo Padrino. Storia di una successione è la parte che ha impostato tutta la successiva mitologia della saga. •The Godfather, Part II (1974) con: Al Pacino, Robert De Niro, Diane Keaton, Robert Duvall, John Cazale, Lee Strasberg, Gastone Moschin, Talia Shire, Danny Aiello, James Caan, Leopoldo Trieste. Trama: la saga dei Corleone continua con la storia parallela di due figure che abbiamo già conosciuto: nel 1901 Vito Andolini raggiunge gli Stati Uniti, per una svista prende il nome di Vito Corleone (De Niro), si fa strada nella Little Italy, crea un impero del crimine che trasmette al figlio Michael (Pacino). Nel 1958 Mike si trova nei guai: il fratello Fredo (Cazale) lo tradisce, il Senato lo cita, Cuba passa a Fidel Castro, la moglie (D. Keaton) si procura un aborto. E‟ insieme un sequel e un prequel, con un progressivo incattivimento dei personaggi da Mike alle figure femminili. E’ forse la parte più riuscita. • The Godfather, Part III (1990) con Al Pacino, Diane Keaton, Talia Shire, Andy Garcia, Eli Wallach, Joe Mantegna, Sofia Coppola. Trama: Alla fine degli anni '70 Mike (sempre Pacino), vuole liquidare le attività criminali del clan. Passa il comando a un nipote (Garcia), entra in affari con una immobiliare europea che fa capo al Vaticano sullo sfondo di sanguinosi complotti in cui perde la vita la figlia Mary (S. Coppola). E‟ uno sconsolato melò politico che culmina nella malinconica morte del protagonista. Alcune caratteristiche della saga • • • • • • • E’ la più importante saga gangster della storia del cinema, un kolossal che va dalla metà degli anni 40 alla fine degli anni Settanta, descrivendo l’evolversi del crimine da azienda familiare a multinazionale e il progressivo logorarsi dei rapporti umani. Sino ad allora la parola mafia si era poco usata al cinema. Le intenzioni di Coppola: «ho sempre cercato di usare la Mafia come metafora per l’America. Se tu guardi il film, noti che è messa a fuoco questa via, infatti la prima battuta è: “Io credo nell’America”. *…+ Penso che il segreto del successo del libro di Mario Puzo stia nel fatto che alla gente piace leggere su una organizzazione che veramente si prende cura di noi. Insomma la gente ha una concezione romantica della Mafia, che ha il senso della giustizia; questa è la differenza tra la Mafia vera e come io l’ho concepita». Inoltre si assiste ad una progressiva politicizzazione del plot culminata nella terza parte. Nella saga dove gli affetti familiari sono intervallati dalle attività di malavita, c’è la presenza di tre diversi modi di intendere la famiglia: 1) La famiglia esteriore di mogli e bambini, matrimoni, pranzi, che regola tutto ciò che è esterno; 2) la famiglia interiore, fatta solo di uomini, che gestisce gli affari, che uccide e viene uccisa; 3) il mito della famiglia, concetto primario mantenuto dai Corleone per proteggere i membri, per esercitare il potere. A differenza dei classici degli anni Trenta, nella prima parte Don Vito non cerca disperatamente il successo: è già in suo possesso in quanto è nell’età della vecchiaia. Altra novità rispetto al gangster movie classico: il successo non è il risultato di un individuo ma di un lavoro di gruppo (la Famiglia). Inoltre la figura di Corleone è visto più nella sua parte domestica. Nella seconda parte invece Coppola riprenderà la tradizionale scalata individuale nella parte del giovane Don Vito (Robert De Niro) ambientato agli inizi del ventesimo secolo. L’uso del montaggio parallelo, la straordinaria qualità della fotografia (Gordon Willis), della scenografia (Dean Tavoularis già autore di Bonnie and Clyde), la musica di Nino Rota (e Carmine Coppola nella terza parte) e di un cast eccezionale. Realizzato nel corso di due distinti decenni, ha avuto all’inizio una accoglienza molto contraddittoria. Un bel film dimenticato: Cotton Club (1984) Con: Richard Gere, Diane Lane, Gregory Hines, Bob Hoskins, Nicolas Cage, Joe Dallesandro, Tom Waits, Julian Beck, Laurence Fishburne. Trama: L'America dei gangsterismo e della Grande Depressione attraverso la storia di un famoso locale di Harlem tra il '28 e il '35 e due storie di amore tribolato, una bianca e una nera. • Un film originale in cui si unisce il gangster movie al musical (due tipici generi americani nati entrambi con il sonoro) - un omaggio ad un leggendario locale “che ha ospitato impareggiabili artisti del jazz, virtuosi del tip-tap, orchestrine e solisti memorabili; il ritrovo della New York facoltosa, dei divi hollywoodiani e dei re della malavita”. • Si ripropone lo schema narrativo della trilogia del Padrino, inserendo nella storia urbana gangsteristica quella di finzione basata sulla vita di un nucleo familiare e su episodi d’amore travagliati. I gangster però sono rappresentati come cinici, arroganti, volgari nei loro modi di fare da arricchiti, così come venivano descritti nei classici degli anni Trenta. • La sceneggiatura di Coppola, Puzo e William Kennedy vede interagire fuorilegge realmente esistiti nel passato (Charles “Lucky” Luciano, Dutch Schultz e Owney Madden) con personaggi inventati, il tutto “al servizio della finzione e non della Storia”. • Colonna musicale di Duke Ellington (con Richard Gere che non si fa doppiare alla cornetta). • Costato 50 milioni di dollari e prodotto da Robert Evans (lo stesso del primo Padrino), è caratterizzato dalle sontuose scenografie di Richard Sylbert e i costumi di Milena Canonero. Purtroppo al botteghino è stato un clamoroso flop, uno dei tanti di un bel film di Coppola. Riassumiamo le caratteristiche della saga del Padrino • • • • • • • E’ la più importante saga gangster della storia del cinema, un kolossal che va dalla metà degli anni 40 alla fine degli anni Settanta, descrivendo l’evolversi del crimine da azienda familiare a multinazionale e il progressivo logorarsi dei rapporti umani. Sino ad allora la parola mafia si era poco usata al cinema. Le intenzioni di Coppola: «ho sempre cercato di usare la Mafia come metafora per l’America. Se tu guardi il film, noti che è messa a fuoco questa via, infatti la prima battuta è: “Io credo nell’America”. *…+ Penso che il segreto del successo del libro di Mario Puzo stia nel fatto che alla gente piace leggere su una organizzazione che veramente si prende cura di noi. Insomma la gente ha una concezione romantica della Mafia, che ha il senso della giustizia; questa è la differenza tra la Mafia vera e come io l’ho concepita». Inoltre si assiste ad una progressiva politicizzazione del plot culminata nella terza parte. Nella saga dove gli affetti familiari sono intervallati dalle attività di malavita, c’è la presenza di tre diversi modi di intendere la famiglia: 1) La famiglia esteriore di mogli e bambini, matrimoni, pranzi, che regola tutto ciò che è esterno; 2) la famiglia interiore, fatta solo di uomini, che gestisce gli affari, che uccide e viene uccisa; 3) il mito della famiglia, concetto primario mantenuto dai Corleone per proteggere i membri, per esercitare il potere. A differenza dei classici degli anni Trenta, nella prima parte Don Vito non cerca disperatamente il successo: è già in suo possesso in quanto è nell’età della vecchiaia. Altra novità rispetto al gangster movie classico: il successo non è il risultato di un individuo ma di un lavoro di gruppo (la Famiglia). Inoltre la figura di Corleone è visto più nella sua parte domestica. Nella seconda parte invece Coppola riprenderà la tradizionale scalata individuale nella parte del giovane Don Vito (Robert De Niro) ambientato agli inizi del ventesimo secolo. L’uso del montaggio parallelo, la straordinaria qualità della fotografia (Gordon Willis), della scenografia (Dean Tavoularis già autore di Bonnie and Clyde), la musica di Nino Rota (e Carmine Coppola nella terza parte) e di un cast eccezionale. Realizzato nel corso di due distinti decenni, ha avuto all’inizio una accoglienza molto contraddittoria. Brian DePalma un excursus • Trai grandi registi italoamericani, Brian Russell DePalma (1940) è quello meno legato alle sue origini (i nonni venivano da Alberona in provincia di Foggia): “i miei genitori volevano a tutti i costi far parte della gerarchia wasp [White Anglo-Saxon Protestant]. Piuttosto che crescere i figli cattolici, ci hanno mandato ad una scuola di quaccheri.” • All’università studia fisica, poi si occupa prima di teatro e dopo di cinema. Dopo un paio di cortometraggi tra cui Wotan’s Wake (1962) e diventato un accanito cinefilo, è affascinato dalla Nouvelle Vague francese e in particolare da Jean-Luc Godard. • Realizza con il suo professor Wilford Leach la commedia The Wedding Party (Oggi sposi!), prima prova d’attore del ventenne Robert De Niro (1943), che iniziata nel 1963, viene finita nel 1966 e uscirà solo nel 1969. • Il suo primo successo è il film più caratteristico (con Easy Rider) della cultura americana alternativa: Greetings/Ciao America (1968) con De Niro dove si raccontano le avventure di tre giovani amici, ossessionati dal sesso, nella New York del Greenwich Village. Segue Hi, Mom! (1969), sequel del precedente. • All’inizio degli anni Settanta conclude la sua fase di sperimentazione. Dopo una infelice esperienza alla Warner con Get to Know Your Rabbit/Impara a conoscere il tuo coniglio (1970 ma uscito manipolato nel 1972), DePalma da Godard passa all’influenza di Alfred Hitchcock. • Realizza per più di un decennio thriller a suspense ispirati al maestro inglese: Sisters /Le due sorelle (1973), Phantom of the Paradise/Il fantasma del palcoscenico (1974), Obsession /Complesso di colpa (1975), Carrie/Carrie – lo sguardo di satana (1976, il primo grande successo di pubbico), Fury (1978), Dressed to Kill/Vestito per uccidere (1980), Blow Out (1981), Body Double/Omicidio a luci rosse (1985). • Poi però non ha più avuto una filmografia così coerente sino ad oggi. Alcune caratteristiche del cinema postmodern di DePalma • Un “vampiro di cinema” che ha frequentato soprattutto il thriller ma anche la commedia e il gangster movie e si è nutrito dell’insegnamento di Hitchcock di cui è considerato il migliore allievo. Per alcuni critici però il suo cinema pur stilisticamente ineccepibile manca di vera originalità, è “manierista”. • Uso di tecniche con cui esaltare l’attenzione dello spettatore: la suspense, il ralenty, lo split-screen. Grande virtuosismo tecnico nel ricorrere a pianisequenza molto lunghi e complessi. • Il ritornare su alcune tematiche riprese in gran parte da Hitchcock: il tema del doppio, , l’alternanza e lo scambio tra il colpevole-innocente e l’innocente-colpevole, il complesso di colpa, la vittimizzazione della donna, il binomio sesso-violenza. • Il ripetuto gusto della citazione (tipo la sequenza della doccia di Psyco) e i remake di film classici. • L’importanza della musica nella narrazione: Bernard Herrmann (1911 – 1975) e Pino Donaggio (1941) , il musicista veneziano con cui ha collaborato sino a Raising Cain (Doppia personalità, 1993). • La sua carriera è stata vista come la cartina al tornasole della lenta resa e/o trasformazione del cinema più innovativo della Nuova Hollywood rispetto agli inizi. Scarface (1983) • La trama segue a grandi linee l’originale compreso il rapporto quasi incestuoso con la sorella Gina (Mary Elizabeth Mastrantonio): Tony Montana (Al Pacino) comincia come sicario a pagamento, diventa gorilla e poi luogotenente di un trafficante di droga, si mette in proprio e, fatto fuori l'ex padrone, ne sposa la donna (Michelle Pfeiffer nella foto sotto con De Palma) e diventa il boss. Ma va in rovina per una buona azione. • Oltre al turpiloquio (una parolaccia ogni minuto circa), il film si contraddistingue per l’alto budget (25 millioni di $), la sceneggiatura di Oliver Stone, la musiche di Giorgio Moroder, la fotografia di John Alonzo oltre che per la presenza carismatica di Pacino. • Molti i cambiamenti: Tony Camonte diventa l’immigrato cubano Tony Montana; la Chicago degli anni ’20 diventa la Miami degli anni ’80; l’alcool è sostituito dallo spaccio di cocaina; la violenza viene presentata in modo aperto e alla luce del sole; Tony viene ucciso dai trafficanti di droga e non dalla polizia. • L’assenza dello Stato è il completamento di un duplice discorso del film: sul capitalismo e sulla corruzione delle Istituzioni. The Untouchables (Gli Intoccabili) 1987 • Stessa formula vincente di Scarface: alto budget (24 milioni di dollari), sceneggiatura scritta da un famoso nome (David Mamet), musica di Ennio Morricone un grande cast: Sean Connery (oscar come migliore attore non protagonista), Andy García, Robert De Niro, Kevin Costner. • Il film si basa sull’autobiografia omonima scritta da Elliot Ness e Oscar Fraley che aveva ispirato una celebre serie tv The Untouchables trasmessa in America tra il ’59 e il ’63 dalla ABC e interpretata da Robert Stack (nella foto). Trama: Chicago, 1930. Una squadra composta dall'agente speciale del Tesoro Elliot Ness (Costner), l'anziano ed esperto poliziotto James Malone (Connery), dalla recluta George Stone/Giuseppe Petri (Garcia) e dal ragioniere Oscar Wallace riesca a far crollare l'impero costruito dal boss del crimine Al Capone (De Niro). • A differenza di Scarface, Gli Intoccabili è un film positivo e vecchio stile in cui assistiamo ad uno scontro manicheo tra il bene e il male. • La contaminazione con il western. • Uso continuo degli omaggi e delle citazioni dai maestri del western a Coppola e di Ejzenštejn. • E’ stato uno dei maggiori successi commerciali nella carriera di DePalma. Carlito’s Way (1993) Trama: Harlem 1975. Uscito di prigione grazie ad un cavillo legale e a David Kleinfeld, il suo avvocato (Sean Penn), il gangster portoricano Carlito Brigante (Al Pacino) vorrebbe rifarsi una vita onesta. Ritrova anche l’amore di Gail (Penelope Ann Miller) ma Kleinfeld, cocainomane e colluso, lo coinvolge nell’omicidio di un boss mafioso… • Prodotto da Martin Bregman (lo stesso di Scarface), sceneggiato da David Koepp, rielaborando due romanzi (After Hours, 1975 e Carlito’s Way, 1979), del giudice e poi scrittore portoricano Edwin Torres, Carlito’s Way è una delle poche opere di DePalma che ha messo d’accordo tutti. • E’profondamente influenzato da elementi tipici del noir: l’ambiente urbano come luogo maledetto da cui fuggire, atmosfere notturne e piovose, uso della voice over del protagonista che narra in flash-back la sua storia e infine su tutto il destino fatale che incombe sul protagonista. • DePalma sviluppa qui due temi: il sogno e l’amicizia. • Il regista si è ispirato non solo a classici noir come Double Indemnity (La fiamma del peccato, 1944) e Sunset Boulevard (Viale del tramonto, 1950) entrambi diretti da Billy Wilder ma anche a High Sierra (Una pallottola per Roy, 1941) di Raoul Walsh oltre a contenere diverse autocitazioni. • L’unica giustizia è quella della strada, il codice della vendetta. Per ricapitolare tre gangster-movie molto diversi •A De Palma è sconosciuto l’interesse realistico e antropologico di Scorsese per la matrice italo-americana del crimine oppure la sua romanticizzazione e il melodramma tipici di Coppola. • L’approccio di DePalma resta sul terreno del cinema-cinema e del metacinema postmodern. • Tutti e tre i film, pur se in misura diversa, sono impostati sui personaggi narrati e quindi sono improntati ad una maggiore sobrietà formale, perché «quando i personaggi parlano, il pubblico vuole vedere i loro volti, le loro emozioni, e non una macchina da presa che fa giravolte». • In Scarface si compie un’operazione di attualizzazione del “mito” del protagonista e delle tematiche del classico di Howard Hawks. • Con Gli Intoccabili nell’affrontare l’epoca del proibizionismo, De Palma rassicura lo spettatore che a contrastare l’ascesa del male c’è il bene impersonato dal gruppo di agenti speciali. Il film nasce dalla contaminazione con il western. • In Carlito’s Way il discorso si trasferisce nella New York della metà dei ’70 e De Palma avvolge il destino del protagonista nell’atmosfera tipica del film noir: l’impossibilità della fuga. Carlito non ha calcolato il destino. Ad aumentare il tono pessimistico del film c’è la triste constatazione che non ci si può fidare di nessuno e che Il Dio denaro regola tutti rapporti sociali. Abel Ferrara: per riassumere in poche parole • Il tema del peccato e dell’espiazione, della violenza urbana e della sessuofobia sono centrali in Ferrara e nel suo sceneggiatore Nicholas St. John che ha scritto i migliori film del regista newyorkese, salvo Bad Lieutenant (Il cattivo tenente, 1992) interpretato da Harvey Keitel. • Nato il 19 luglio 1951 nel Bronx, da un padre allibratore spesso ricercato per scommesse clandestine, vive la giovinezza in prevalenza con il nonno, un immigrato napoletano. • E’ stato molto influenzato dall’opera di Scorsese, in particolare da Taxi Driver • Un po’ “genio e sregolatezza”, è considerato uno dei registi più controversi della scena “indie” americana, ben più noto e stimato in Europa che negli Usa. • Ha una filmografia altalenante iniziata con un porno e degli horror, alcuni diventati dei cult. • Con King of New York (1990) inizia la collaborazione con il suo “attore feticicio” Christopher Walken che interpreterà anche The Addiction (1995), Fratelli (The Funeral) ma anche il molto più debole New Rose Hotel (1998). • Tre film costituiscono la cosiddetta “Trilogia del Peccato”: Bad Leutenent, Snake Eye (Occhi di serpente, 1993) e The Addiction. • Pur non essendo un grande cinefilo per tre volte ha usato lo stratagemma narrativo del film nel film in Snake Eye (1993), Blackout (1997) e Mary (2005). • Ferrara ha lavorato una volta sola per una Major, la Warner, realizzando Body Snatchers (Ultracorpi – L’invasione continua, 1993) con Forest Whitaker, un fiacco remake di un classico della fantascienza degli anni cinquanta L’invasione degli ultracorpi (1956) di Don Siegel. • La sua filmografia che ormai conta una ventina di lungometraggi alcuni di produzione italiana e alcuni documentari “etnici”, si chiude (sino a oggi) con 4:44 Last Day on Earth in Concorso al Festival di Venezia del 2011. King of New York (1990) e The Funeral (Fratelli, 1996) • Atmosfere, personaggi e luoghi legati alla malavita o alla mafia sono di casa nell’opera di Abel Ferrara. Due sono i suoi gangster movie migliori. • La trama: Frank White (Walken) esce dal carcere, si installa al Plaza Hotel di New York e riprende il traffico della droga, con lo scopo di finanziare un ospedale nel Bronx. Bande rivali come quella del nero Jimmy Jump (Laurence Fishburne) e una squadra di tre poliziotti irlandesi vogliono bloccarlo. • Come il precedente Chine Girl (1987), King of New York, scritto da Nicholas St John, è film violento e notturno che corre sempre il rischio del manierismo. A riscattarlo è soprattutto l’interpretazione straordinaria di Walken che conquista lo schermo con la sua presenza fisica. • La trama: alla metà degli anni ’30, presumibilmente a Brooklyn, durante la veglia funebre, i fratelli Ray (Walken) e Chez (Chris Penn) Tempio decidono di vendicare l'assassinio del più giovane e anticonformista Johnny (Vincent Gallo). Il film si conclude in un bagno di sangue in una sorta di autodafé rituale della famiglia. • The Funeral ha una complessa struttura narrativa a mosaico insolita nel cinema di Ferrara. • Sempre scritto da St John (la loro ultima collaborazione) è fotografato con grande abilità da Ken Kelsh su due tonalità dominanti (nero, verde). • Rappresenta una profonda disamina del mondo italoamericano dove è fondamentale l’apporto delle figure femminili, di solito messe in un angolo. In questo modo è uno dei pochi film italoamericani a “negare il fascino” della famiglia mafiosa. Il falso italoamericano Quentin Tarantino • Nasce il 27 marzo del 1963 a Knoxville (Tennessee) da una infermiera di 16 anni, di origini metà irlandesi e metà Cherokee: Connie McHugh; il padre, il 21enne Tony Tarantino che Quentin non ha mai conosciuto, era un aspirante attore nato e cresciuto a New York da una coppia di immigrati italiani originari di Napoli, esperto di arti marziali e con la passione per i western. • La madre, in omaggio al personaggio di Quint Asper, interpretato da Burt Reynolds nella serie tv Gunsmoke, lo chiamerà Quentin. • A soli 14 anni scrive la prima sceneggiatura, Captain Peachfuzz and the Anchovy Bandit. Abbandonata la scuola, nel 1981 inizia a prendere lezioni di recitazione, la sua prima passione. • Dopo diversi lavori saltuari passa nel 1984 al lavorare presso il videonoleggio Manhattan Beach Video Archives a Los Angeles, dove stringe una grande amicizia con Roger Avary. • Per tre anni lavora ad un film indipendente My Best Friend’s Birthday insieme all‟amico Craig Hamann che rimane incompiuto. • Inizia contemporaneamente la stesura di alcune sceneggiature: Una vita al massimo (True Romance, 1993, con Roger Avary), realizzata nel 1993 da Tony Scott; Assassini nati (Natural Born Killers), portata sullo schermo nel 1994 da Oliver Stone; Dal tramonto all’alba (From Dusk Till Dawn), diretto nel 1995 (ma uscito l‟anno dopo) dall‟amico, il regista di origine messicana Robert Rodrìguez. Reservoir Dogs (Le iene/Cani da rapina, 1992) • Grazie a Lawrence Bender (che poi produrrà tutti i suoi film tramite la “Band a part” (nome ispirato al film di Godard) fondata con lo stesso regista per Pulp Fiction), e l’aiuto del regista Monte Hellman, nasce su sua sceneggiatura e di Roger Avary, Reservoir Dogs, opera prima girata in 5 settimane nell’estate del 1991, a low budget. • Trama: dei 6 partecipanti alla rapina fallita di una gioielleria a Los Angeles – che non si conoscono tra loro e sono stati ribattezzati con nomi di colori – due sono morti (Mr. Blue = Edward Bunker e Mr. Brown = Tarantino) e un terzo (Mr. Orange = Tim Roth) è ferito. I quattro superstiti si ritrovano in un deposito: uno di loro è una spia. • Con Harvey Keitel (anche coproduttore del film), Tim Roth, Chris Penn, Steve Buscemi, Lawrence Tierney, Michael Madsen. • Gli elementi caratterizzanti lo stile di Tarantino: cinefilia forsennata, l’ambiguità morale dei personaggi, dialoghi barocchi sboccati e dallo humour surreale, uso disinvolto del flashback e l’esibizione di una grande violenza grafica. • Il modello è The Killer (Rapina a mano armata, 1956) di Stanley Kubrick. Pulp Fiction (1994) • • • • Al secondo film, il celebre Pulp Fiction, vince la Palma d’oro al Festival di Cannes nel 1994 con la giuria presieduta da Clint Eastwood (oltre a l’Oscar per la migliore sceneggiatura a Tarantino e Roger Avary). E’ il cineasta più emblematico della sua generazione perché “mentre quella di Scorsese e dei Coppola apprende il mestiere e organizza la sua cinefilia all’università, la nuova generazione invece impara sul campo, guardando e riguardando le cassette video” (ma si potrebbe anche aggiungere le serie tv). La trama: 4 storie di violenza a Los Angeles che s’intersecano in una struttura apparentemente circolare avanti e indietro nel tempo: 1) due balordi (Tim Roth e Amanda Plummer) si accingono a fare una rapina in una tavola calda; 2) due sicari (John Travolta, Samuel L. Jackson) recuperano una valigetta preziosa, ripuliscono la loro auto dei resti di un uomo ucciso per sbaglio con l’aiuto di Mr. Wolf (Harvey Keitel), l’uomo risolvi problemi, e vanno a mangiare nella tavola calda della rapina; 3) uno dei due sicari (Travolta) deve portare a ballare Mia (Uma Thurman), la moglie del capo che, scambiata eroina per cocaina, va in overdose; 4) il pugile Butch (Bruce Willis) vince un incontro truccato, scappa con la borsa ma insieme al suo inseguitore finisce nella tana di due assassini sadici. E’ ispirato alla narrativa pop pubblicata dai “pulp magazines”. Jackie Brown (1997) • Terminato il sodalizio con Roger Avary (di cui aveva prodotto l‟opera di debutto: Killing Zoe, 1994) e dopo l‟infelice Four Rooms (1995), film a 4 episodi di Allison Anders, Alexandre Rockwell, Robert Rodriguez e lo stesso Tarantino, ormai diventato un regista di culto realizza un altro capolavoro ma sorprendendo i suoi fan “tarantinisti”. • Trama: un mercante d‟armi, Ordell (Samuel L. Jackson), vuole ritirarsi dagli affari, ma non prima di riprendersi un‟ingente somma depositata in Messico. Dovrebbero aiutarlo l‟amico Louis Gara (Robert De Niro), appena uscito di prigione, l‟amante Melanie (Bridget Fonda) e la ex socia (Pam Grier), arrestata per colpa sua. Max Cherry (Robert Forster) che la fa uscire di prigione, pagando una grossa cauzione, s‟innamora di lei e la aiuterà a… • Interpretato dalla ex-star della blaxspoitation (black exploitation) Pam Grier e da un‟altra riscoperta cinefila, Robert Forster, tratto dal romanzo Rum Punch di Elmore Leonard (1925), il film che sino ad oggi è restato l‟unica sceneggiatura non originale di T., mostra una struttura molto più tradizionale. Si basa su atmosfere noir e sull‟approfondimento dei personaggi, oltre a segnare la fine del predominio maschile nell‟opera del regista. Uma Thurman diventerà presto la musa del cinema tarantiniano nel nuovo millennio. Il Tarantino del Terzo millennio • • • Passano sei anni di silenzio e nel nuovo millennio Tarantino potenzia il suo stile post-modern con Uma Thurman (autrice anche del soggetto) nella parte della Dea della vendetta in Kill Bill: Vol. 1 (2003) e Kill Bill: Vol. 2, (2004). Distaccandosi da un certo realismo che permeava Le iene o Pulp Fiction, Tarantino mixa: anime, kung-fu, spaghetti-western e Sergio Leone, teatro d’ombre, action movies di Hong Kong, Opera di Pechino, teatro kabuki, chambara (film di spada giapponesi), wu xa pian (cappa e spada in mandarino), Ennio Morricone e Bernard Hermann. Molto meno bene ha funzionato il progetto Grindhouse – Death Proof (Grindhouse – A prova di morte, 2007), originariamente pensato come un “doppio spettacolo”, un horror/splatter in due parti dirette da Quentin Tarantino e dall’amico Robert Rodriguez. Era un omaggio alle sale dei “doppi spettacoli” le Grind-house (Grind significa macinare) che sino all’avvento dell’home movie presentavano film d’exploitation. Per ragioni commerciali è stato poi diviso in due distinti film. Dopo questo incidente di percorso (anche economico) si è ripreso con Inglourious Basterds (Bastardi senza gloria) dalla durata extralarge (160 minuti, Tarantino ormai fa dei film “fuori formato”). Christoph Waltz ha vinto il premio come migliore attore a Cannes (dove è stato presentato nel 2009) e l’Oscar come miglior attore non protagonista. STUDIATE I SEGUENTI FILM DEL VOSTRO LIBRO STUDIATE I SEGUENTI FILM DEL VOSTRO LIBRO (2)