Slide Del Corso I Semestre Mod. A

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Slide Del Corso I Semestre Mod. A
Il Gangster movie dalle origini ad
oggi. Autori e tendenze
Una carrellata di (quasi) cento anni nel mondo del crimine
da
The Musketeers of Pig Alley (1912)
di David W. Griffith a
Public Enemies
(Nemico pubblico, 2009) di Michael Mann
Programma del corso da scaricare sul sito di Didattica web:
http://didattica.uniroma2.it
Orario di ricevimento: martedì e venerdì ore 10-11 Stanza 40 II° piano
Edificio B (nel periodo delle lezioni), altrimenti vedere in didattica web
I RAPPORTI TRA LA LETTERATURA E
IL CINEMA
Hollywood nel corso della sua storia ha creato due fondamentali figure
simboliche contrapposte:
• Il Gangster
• Il Private-eye (il detective privato), derivato dalla letteratura hardboiled.
Tale espressione si riferisce ad un genere letterario diventato fondante per il
cosiddetto film noir degli anni Quaranta a partire da The Maltese Falcon/Il
mistero del falco (1941), opera prima di John Huston.
Le basi sono nei romanzi di:
• Dashiell Hammett (1894-1961, autore della celebre e archetipa
figura di Sam Spade) verso la fine degli anni venti
• Raymond Chandler (1888-1959, padre invece di Philip Marlowe) nei
tardi anni trenta
Questi due scrittori quasi coetanei sono diventati i padri fondatori dell’hardboiled.
L’hard boiled, sia in letteratura che al cinema dove è diventato il
marchio di fabbrica della star Humphrey Bogart, si contraddistingue
per una rappresentazione per nulla sentimentale del crimine, della
violenza e del sesso.
Fin dalle sue origini il genere è stato pubblicato sulle riviste pulp, ad
esempio la celeberrima “Black Mask”. Qui vedete la copertina della
rivista del settembre 1929 con Il falcone maltese, uscito in forma di
libro nel 1930 e poi diventato film nel 1941 per la regia di John Huston
e l’interpretazione di Humphrey Bogart (nella parte del detective Sam
Spade), Mary Astor e Peter Lorre.
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Molti racconti di tipo poliziesco (ma non solo) furono pubblicati da case editrici
specializzate in edizioni a basso costo, i “Pulp magazine”.
Il pulp nacque nei primi anni Venti negli Stati Uniti con storie a puntate in riviste,
in genere di 128 pagine, dalle sfolgoranti copertine tipo la già citata «Black
Mask» ma con le pagine interne stampate su carta non rifilata di pasta di legno
(in inglese appunto pulp), quindi di bassa qualità.
Negli anni Trenta il pulp ebbe il suo apice con pubblicazioni come «Weird Tales»
(qui il primo numero del marzo del 1932) o «Amazing Stories» (foto del primo
numero in aprile 1926) che si occupava di fantascienza. Perciò l’espressione “pulp
fiction” è stata spesso usata come sinonimo per “hard-boiled”.
Tarantino ha voluto fare un omaggio a questo tipo di narrativa già dal poster del
suo film.
Letteratura vs giornalismo
Cosa c’entrano il razzismo e l’emigrazione?
• Le figure archetipiche del detective privato e del gangster
hanno in comune il fatto di essere entrambi degli individualisti
che rappresenta un tipico aspetto della società americana.
• Il detective è però un osservatore critico che guarda in
modo quasi esterno e cinico ai fatti,
• Il gangster incarna”il dinamismo amorale e le sue tragiche
conseguenze”.
• Una importante differenza: mentre la prima figura ha una
importante derivazione letteraria, quella del gangster parte,
invece, da elaborazioni di cronaca e da eventi giornalistici,
tipici dell’epoca del proibizionismo (1920-1933).
• Quindi è necessario parlare di razzismo e dell’enorme
problema dell’emigrazione italo-americana in America.
Gangsterismo e pregiudizi contro gli italiani
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Negli anni ‘20 e ’30 gli emigrati italiani subivano, come i neri, grandi discriminazioni. Ciò
anche (ma non solo) per la diffidenza esercitata dai nomi di alcuni celebri gangster come Al
Capone a Chicago, Lucky Luciano e Frank Costello a New York.
Non erano solo gli emigrati italiani a commettere crimini o far parte di organizzazioni
malavitose. A differenza, però, di altri gruppi etnici (ebrei, irlandesi, africani e asiatici)
anch’essi coinvolti in attività criminali, solo gli italoamericani avevano illustri predecessori nel
proprio paese d’origine come la mafia siciliana e la camorra napoletana, risalenti
all’Ottocento. Ciò ha permesso una generalizzazione in parte impropria che ha fatto diventare
gli emigrati italiani l’antenato mitico di tutto il crimine organizzato negli USA.
Fred Gardaphè ricorda come già dall’uscita di Scarface di Howard Hawks nel 1932, le
associazioni italo-americane hanno tentato di combattere l’identificazione dell’italoamericano con il gangster, senza però riuscire a scalfire un cliché già allora radicato nella
cultura americana.
Il cinema ha potentemente contribuito a riguardo: in una statistica elaborata dall’Italian
Studies Institute (cfr. Ben Lawton) su un totale di 1057 film prodotti negli Usa tra il 1928
(anno di nascita del sonoro) e il 2000, che contengono riferimenti agli italiani, 287 (il 27%) li
ritraggono positivamente mentre 770 (il 73%) li presentano in modo negativo.
Nota bibliografica:
- Fred Gardaphè, Capire il gangster italo-americano, un’azione di classe, in Anna Camaiti Hostert, Anthony
Julian Tamburri, (a cura di), Scene italoamericane, Ed. Luca Sossella , Roma 2002, pp. 57-58.
- Ben Lawton, La mafia e il cinema. Perché “ italo-americano” diventa sinonimo di crimine organizzato?, in
Scene italoamericane, op. cit., p. 83.
Le situazioni topiche del gangster movie classico
Gli studiosi affermano che il gangster-movie ha avuto il notevole pregio di plasmarsi
al mutare del quadro sociale e culturale, diventando una cartina al tornasole dei
mutamenti socio-economici avvenuti nel Novecento americano.
Jack Shadoian sintetizza così le situazioni tipiche di un film gangster:
• Un uomo, una donna o un gruppo si oppone alla società;
• Si descrivono le caratteristiche della società e degli emarginati che si oppongono
alla stessa; per definizione il gangster è al di fuori o contro il legittimo ordine
sociale;
• Grazie alla struttura che distingue i membri della società dagli esclusi, il genere
può affrontare qualsiasi problema quotidiano. Attraverso la giustapposizione, il
contrasto, il paragone e l’analogia dell’ambiente e dei personaggi trai due “poli”, si
può parlare dei problemi “caldi” della società americana (comunismo, malattie
mentali, angosce nucleari, il ruolo della donna);
• Il film gangsteristico/poliziesco si interessa del mondo della malavita opposto alla
società legale. Esso ci offre un’ampia descrizione di questo Stato nello Stato.
Jack Shadoian, Sogni e vicoli ciechi. Il cinema gangsteristico nella società americana,
Ed. Dedalo Libri, Bari, 1980
Tra Realtà e finzione
• Il critico americano Fred Gardaphè afferma che il gangster conosciuto oggi è uno
strano mix di realtà e finzione nato in risposta all’evoluzione del capitalismo
manageriale agli inizi del XX secolo. A cavallo dei primi anni Trenta, le imprese di
gangster quali Al Capone, John Dillinger, “Baby Face” Nelson, e “Pretty Boy” Floyd
raggiunsero la notorietà, alimentando racconti romanzeschi e seducendo
l’immaginario collettivo.
• Gli americani si invaghivano del gangster, un uomo dalle umili origini che ostentava
vestiti eleganti e automobili di lusso, sfidando le barriere tra le classi sociali. Da qui
l’ascesa dell’iconografia legata a Al Capone nei “ruggenti” e dissoluti anni Venti.
• Le pressioni delle forze religiose ultraconservatrici spinsero il Congresso americano
ad approvare il Volstead Act (1919-1933), la legge che vietava la produzione e la
vendita di alcolici. La delinquenza ebbe l’opportunità di prosperare grazie al mercato
nero che ne derivò.
• Al Capone è diventato il simbolo della gestione del potere in quella fase: le sue
imprese facevano capire che non solo la criminalità rendeva ma rendeva bene.
• Dalla sua leggenda e da quella di altri gangster sono nati molti film degli anni Trenta
ed oltre.
Nota bibliografica: Fred Gardaphè, La figura del gangster nel cinema e nella letteratura
americana , in Giuliana Muscio/Giovanni Spagnoletti (a cura di), Quei bravi ragazzi. Il cinema
italoamericano contemporaneo, Marsilio, Venezia 2007, p. 55.
L’importanza culturale del gangster nella società
americana
• Rivelandosi molto più di una semplice evoluzione urbana del fuorilegge del western, il
gangster è penetrato nella cultura americana in un momento in cui la società era
attraversata da un profondo mutamento, e da allora vi è rimasto. Nel 1974 Richard
Gambino ha sottolineato come «il mafioso gareggia con il cowboy per accaparrarsi il
titolo di figura principale del folklore americano, e la Mafia gareggia con la vecchia
frontiera americana come fonte di intrattenimento popolare».
• Già prima Robert Warshow (in un saggio pionieristico molto famoso del 1948:The
Gangster as Tragic Hero) ha colto questo nesso in maniera anche più sottile:
«Il western, per quanto non sembri mai perdere popolarità, rappresenta ormai per la
maggior parte di noi un’espressione folcloristica del passato, familiare e comprensibile
solo in virtù della suo continuo ripetersi. Il gangster movie ci è molto più vicino. In modi
che non riusciamo facilmente o volentieri a definire, il gangster è il nostro portavoce,
esprime quella parte della psiche americana che rifiuta i caratteri e le pretese della vita
moderna, che rifiuta l’”americanismo” stesso».
Richard Gambino, Blood of my blood: the dilemma of the Italian-Americans, Anchor 1974
Robert Warshow, Il gangster come eroe tragico in «Calibano 2», Roma 1978
Il cambiamento di prospettiva a partire
dalla fine degli anni sessanta
• Con il libro di Mario Puzo Il padrino (1969) (poi
diventato il celebre film di Coppola), la cultura
italoamericana ha trasformato il gangster in una
figura in grado di aiutarci a capire molto di noi
stessi e della nostra società.
• Il padrino esplora anche il mutare del concetto
americano di mascolinità.
• La differenza tra Francis Coppola e Martin
Scorsese: il romanticismo dell’uno, il realismo
dell’altro
L’ulteriore momento di sviluppo del gangster
nella cultura americana oggi
• Oggi sia nella letteratura che nel cinema siamo giunti ad un
periodo caratterizzato dalla parodia e dalla rinuncia alle
precedenti figure di gangster. Tale fase ha inizio con la serie
televisiva di David Chase, I Soprano (1999-2007).
• Un altro caso è Bronx (1993), il debutto alla regia di Robert De
Niro.
• Sono frequenti poi gli esempi di parodie e commedie sui gangster:
Il boss e la matricola (1990), Il testimone più pazzo del mondo
(1990), Mafia! (1998), Terapia e pallottole (1999), e Un boss sotto
stress (2002), nessuno dei quali però è opera di italo-americani
James Gandolfini (Tony Soprano)
IL GANGSTER MOVIE OGGI
Public Enemies (Nemico pubblico, 2009) di Michael Mann: da una parte abbiamo il
gangster John Dillinger (Johnny Depp) e dall’altra il suo nemico mortale l’agente
speciale Melvin Purvis (Christian Bale) insieme al capo della FBI diretta dal giovane J.
Edgard Hoover (Billy Crudup).
Più sotto la serie HBO Boardwalk Empire - L’impero del crimine (2010 e 2011) ideata da
Terence Winter ed interpretata da Steve Buscemi – Scorsese ha girato il pilot.
IL PRIMO GANGSTER MOVIE DELLA STORIA DEL CINEMA
The Musketeers of Pig Alley (1912) di David W. Griffith:
• Gli stereotipi sugli italoamericani hanno profondamente influenzato da subito il
cinema americano.
• Il “politicamente corretto” non esisteva all‟epoca e abbondavano i vari epiteti
anti-italiani: greaser (sudici), guineas (marocchini), wuops (guappi) e soprattutto
dagos (storpiamento di Diego)
La protagonista Lilian Gish
La trama di The Musketeers of Pig Alley
Snapper Kid (Elmer Booth) che è a capo di una gang (i
moschettieri del titolo), deruba un povero musicista nel
corridoio del suo caseggiato del Lower East Side a New
York, senza sapere che si tratta del fidanzato della sartina
(Lilian Gish) su cui ha da poco messo gli occhi. Mentre il
musicista è lontano, la sartina va in una sala da ballo. Qui
c’è anche Snapper, il quale sorprende il boss di una banda
rivale nell’atto di drogare la bevanda della ragazza. Lo
affronta scatenando una guerra fra le due bande. Segue un
agguato e una sparatoria. La polizia interviene ma il
musicista, imbattutosi in Snapper, riesce ad rimpossessarsi
dei suoi soldi, che gli servono per sposare la ragazza.
Quando il gangster si precipita dalla ragazza pretendendola
per sé, lei le presenta il fidanzato, respinge il gangster, ma
quando sta per essere arrestato dalla polizia, lei lo salva. Il
gangster prende una mazzetta.
Underworld (Castigo o Le notti di Chicago),
1927, regia di Joseph von Sternberg
• Regeneration (1915) di Raoul Walsh è il primo gangstermovie di lungometraggio nella storia del cinema.
• Josef von Sternberg (1894 – 1969) è un ebreo europeo. A
differenza dei suoi colleghi (Friedrich W. Murnau, Ernst
Lubitsch e Fritz Lang) emigrò giovanissimo e cominciò a
Hollywood la carriera. Il genere per cui è famoso, a partire
dall‟Angelo azzurro (Der blaue Engel, 1930, girato in
Germania), sarà negli anni Trenta il melodramma. Molti suoi
film sono stati interpretati dalla diva tedesca antinazista
Marlene Dietrich (1901-1992).
• La trama: Il gangster Bull Wedd (George Bancroft) ha due
amici: la sua ragazza “Feathers” McCoy (Evelyn Brent) e il
suo luogotenente “Rolls Royce” (Clive Brook). Dopo aver
ucciso un rivale per cui è condannato a morte, il gangster
evaso dal carcere sospetta che la donna e “Rolls Royce”
l‟abbiano tradito. Quando scopre che non è vero e che sono
innamorati, li fa mettere in salvo e si arrende alla polizia.
• Su soggetto di Ben Hecht (ispirato alla figura di Tommy
O’Connor) è “il capolavoro del genere, contenendo tutti gli
elementi che diventeranno cliché nei film successivi” (Kevin
Brownlow)
Underworld (Castigo o Le notti di Chicago),
1927, regia di Joseph von Sternberg
• Dopo Regeneration (1915) di Raoul Walsh - il
primo gangster-movie di lungometraggio nella storia
del cinema – segue per importanza Underworld
ancora girato muto.
• Underworld è un‟opera ibrida, divisa tra la regia
barocca ed estetizzante di von Sternberg e il
realismo giornalistico di Ben Hecht che aveva
mutuato la figura del protagonista da un gangster
dell‟epoca “Terrible” Tommy O’Connor.
• Sembra quasi una storia d‟amore a tre mascherata
da gangster movie.
Lo Studio System nella Hollywood classica
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Con la nascita del sonoro lo Studio System era così configurato: cinque compagnie
grandi, le cosiddette “Big Five”, le "Majors“ - Paramount, Metro-Goldwyn-Mayer (la
più grande), 20th Century Fox, Warner Bros, e Rko (Radio-Keith-Orpheum) - e tre
compagnie minori , le Little Three (o "Minors": Columbia, Universal, United Artists). In
più esisteva uno Studio anomalo la Walt Disney che produceva solo cartoni animati.
Tutte insieme formavano il Motion Pictures Producers and Distibutors Association
(MPPDA ) poi diventato dal 1945 il Motion Picture Association of America (MPAA).
La differenza sostanziale tra i due gruppi era che le Big 5 possedevano una propria
catena di sale le Little 3 no.
Esistevano anche degli indipendenti come David Selznick o Howard Hughes oppure
delle compagnie molto minori come la Monogram , la Republic o la PRC (Producers
Releasing Corporation) chiamate con disprezzo le società della “Poverty Row” (La
strada della miseria).
Ogni compagnia aveva i propri Studios, dove andava a lavorare tutto il personale
tecnico e artistico come in una fabbrica.
Il film usciva dallo Studio e veniva poi distribuito nelle sale spesso possedute dalla
stessa casa di produzione. Alle sale indipendenti veniva riservato il trattamento di blockbooking (o blind booking).
Questo sistema quasi perfetto andò in frantumi quando nel 1949 l’Antitrust americano
riuscì a impedire che le Major potessero avere un sistema di “integrazione verticale”.
Il codice Hays
• Il cinema classico americano si basa su quattro
assunti: la strutturazione in generi, lo StudioSystem, lo Star-System, il Codice Hays.
• Il “Production Code” (1934-1967) è passato alla
Storia come codice Hays, dal nome del senatore
William Harrinson Hays (1879-1954).
• Il codice venne reso vincolante nel 1934 dalla
Associazione dei produttori americani.
• Per facilitare il compito dei produttori fu istituito un
apposito ufficio al cui capo venne posto Joseph
Breen (1888–1965) , che rimase in carica sino al
1954.
• I tre principi generali del “Production Code”:
1) Non produrre film che abbassino gli standard
morali degli spettatori;
2) Saranno presentati solo standard di vita corretti,
con le sole limitazioni necessarie al dramma e
all'intrattenimento;
3) La Legge, naturale, divina o umana, non sarà mai
messa in ridicolo.
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Le ragioni della prima ondata di gangster
movie nell’era Pre-code (1930-34)
Si registra il profondo cambiamento della società in
America con la nascita di un nuovo tipo di criminale.
Gli americani si invaghiscono del gangster di umili
origini che ostenta vestiti eleganti e automobili di lusso.
Il tipico paradosso americano: da un lato gli Stati Uniti
come regno delle possibilità infinite, dall’altro la
speranza di una società democratica che vuole
abbattere le vecchie classi sociali.
La materializzazione del sogno americano si esprime in
tre celebri film: Little Cesar/Piccolo cesare (di Mervyn
LeRoy, 1930), The Public Enemy/Nemico pubblico (di
William A. Wellman, 1931) e Scarface (di Howard
Hawks, 1932).
Essi escono al momento giusto, intercettando un nervo
scoperto dei tempi.
La prima ondata di gangster movie
Nasce un nuovo tipo di
criminalità: non più lo sbandato
che lotta per la sopravvivenza, ma
il criminale che vuole conquistare il
successo a dispetto delle proprie
umili origini. E’ la materializzazione
del sogno americano.
• Tale sogno si esprime in tre
celebri film-modello: Little
Cesar/Piccolo cesare (di Mervyn
LeRoy, 1930), The Public
Enemy/Nemico pubblico (di
William A. Wellman, 1931) e
Scarface (di Howard Hawks, 1932).
• Due trattano di delinquenti italoamericani mentre in Nemico
pubblico si rappresenta la figura di
un gangster d’origine irlandese.
•
Alcune caratteristiche di questi tre primi classici
• L’atmosfera di pessimismo in cui le storie sono immerse.
Il Cesare Rico Bandello di Little Caesar, il Tom Powers di
The Public Enemy e il Tony Camonte di Scarface pagano
con la morte il loro sregolato stile di vita.
• Il contenuto centrale del gangster-movie classico
evidenzia un tipico paradosso americano: da un lato gli
Stati Uniti come regno delle possibilità infinite e
dall’altro la visione di una società democratica che vuole
abbattere le vecchie classi sociali.
• La città oscura è il luogo dove il gangster realizza le sue
ambizioni, ma è anche il luogo dove trova la morte.
• La disintegrazione e la distruzione della famiglia.
Sempre sui tre primi classici del gangster-movie
• Mix di realismo da resoconti giornalistici e di mitologie del
successo nate in un’epoca di trasformazione e miseria.
• Si narra l’ascesa e caduta di un personaggio.
• Tra dramma alla Shakespeare e cronaca del tempo.
• L’atmosfera di pessimismo in cui le storie sono immerse.
• La città oscura come teatro delle ambizioni del gangster ma
anche luogo di morte.
• La disintegrazione e la distruzione della famiglia.
• Gli attori non sono mai quasi mai del gruppo etnico
rappresentato. L’esempio più famoso: Rodolfo
Valentino (1895-1926).
• La figura del gangster viene esplicitamente legata
ad un preciso gruppo sociale, in particolare quello
italoamericano.
Little Cesar/Piccolo cesare
di Mervyn LeRoy (1930)
•
Il film è tratto dal primo romanzo omonimo uscito nel
1929 di William Riley (spesso abbreviato in W.B.)
Burnett (1899 –1982), lo scrittore dai cui libri sono
stati tratti altri due classici del gangster-movie: Una
pallottola per Roy (High Sierra, 1941) di Raoul Walsh e
Giungla d'asfalto (The Asphalt Jungle, 1950) di John
Huston.
• Secondo Burnett due sono stati i motivi di successo del
libro (e di conseguenza anche del film):
a) l’uso dello slang malavitoso
b) il racconto del mondo criminale dall’interno.
• Gli elementi della tragedia greca o shakespeariana
nella parabola un personaggio che sfida tutto e tutti.
• L’esplicita caratterizzazione italoamericana.
• La memorabile interpretazione “fisica” del
protagonista interpretato da Edward. G. Robinson.
Public Enemy/Nemico pubblico
di William A. Wellman (1931)
-Secondo film modello della Warner Bros.
Realizzato a pochi mesi di distanza da Nemico
pubblico ma molto differente. La Warner
diventerà lo Studio specializzato nel gangster
movie.
- Un affresco proletario raccontato in brevi episodi
- L‟ interpretazione di James Cagney di
straordinaria modernità tra spudoratezza e
ingenuità. L‟attore era inizialmente previsto nella
parte del fratello buono, il reduce di guerra.
- Fotografia chiara.
- Due scene violente molte volte riportate nella
storia del cinema: quella del pompelmo al tavolo
di colazione e il finale con il corpo morto di Tom
restituito alla famiglia.
- La sagace regia di William Wellman mescola
con intelligenza violenza e romanticismo.
Scarface di Howard Hawks (1932)
Trama: Ispirata alle vere gesta di Al Capone, la scalata al potere di
Tony Camonte (Paul Muni) che diventa il n. 1 della criminalità
organizzata di Chicago negli anni '20 finchè commette uno sbaglio:
per gelosia della propria sorella Cesca (Ann Dvorak), uccide
l'amico e complice Gino Rinaldo (George Raft).
• Girato nel 1931 uscì un anno dopo e ebbe molti guai con la
censura. Il film subì diversi rimaneggiamenti e gli venne imposto il
titolo Scarface, Shame of a Nation.
• Doppio finale
• Il protagonista è uno “psicopatico, uno squilibrato”
• il film è stato scritto da Ben Hecht che rielabora temi già
utilizzati nei suoi copioni precedenti.
• Fred Gardaphè ricorda come già dall‟uscita le associazioni italoamericane hanno tentato di combattere l‟identificazione tra la loro
etnica e il gangster, senza però riuscire a scalfire un cliché già
allora radicato nella cultura americana.
Le tre H di Scarface: Howard Hawks
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A partire dalla produzione indipendente Scarface (1932), Howard Hawks
(1896-1977) lavorerà da free lance senza firmare contratti a lungo termine con
le Majors.
Incredibile versatilità. Commedie: Twentieth Century (Ventesimo secolo, 1934) ,
Bringing Up Baby (Susanna, 1938), His Girl Friday (La signora del venerdì,
1940) a Ball of Fire (Colpo di fulmine, 1942); film di guerra e d‟aviazione: Only
Angels Have Wings (Gli avventurieri dell'aria, 1939), Sergeant York (Il sergente
York,1941) o Air Force; film noir con la coppia Humphrey Bogart-Lauren
Bacall: Have and to Have Not (Acque del sud, 1944) o The Big Sleep (Il grande
sonno, 1946); western con John Wayne: Red River (Fiume rosso, 1948), The Big
Sky, (Il grande cielo, 1952), Rio Bravo (Un dollaro d'onore, 1959), El Dorado
(Id., 1967). Ma anche film d‟azione, musical, fantascienza e peplum.
Ha lanciato attrici come Marilyn Monroe in Monkey Business (Il magnifico
scherzo, 1952) o Gentlemen Prefer Blondes (Gli uomini preferiscono le
bionde,1953).
Come Hitchcock, è stato scoperto dalla seconda metà degli anni Cinquanta dai
giovani critici francesi dei “Cahiers du Cinéma” (poi diventati come Truffaut e
Godard i maestri della “Nouvelle Vague”) come uno dei massimi registi
americani.
Il suo talento si esprime in una tecnica «invisibile» e una cinepresa «a livello
dello sguardo»; nei suoi film troviamo: la lotta fra i sessi, la determinazione, la
velocità d'azione, il cameratismo, la collocazione dell'eroe sempre in situazioni
di pericolo.
Le tre H di Scarface: Ben Hecht e Howard Hughes
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Ben Hecht (1894-1964), commediografo, sceneggiatore, scrittore e giornalista, è stato definito
lo “Shakespeare di Hollywood”. Autore di circa 70 sceneggiatore e di 35 libri, due volte premio
Oscar (nel 1929 per Underworld di von Sternberg) è per alcuni critici LO sceneggiatore per
eccellenza del cinema americano classico.
Ha lavorato con i maggiori registi a Hollywood come Hawks (Scarface, 1932; La signora del
venerdì, 1940; Il magnifico scherzo, 1952), Ernst Lubitsch (Partita a quattro, 1933), Alfred
Hitchcock (Io ti salverò, 1945, Notorious - L'amante perduta, 1946).
Howard Hughes, Jr. (1905 – 1976) è stato un miliardario, imprenditore, regista, aviatore e
produttore cinematografico statunitense. È famoso per aver ideato, progettato e costruito
diversi aeroplani e per il suo autodistruttivo ed eccentrico comportamento dovuto ad una
malattia.
Tra i suoi film si ricordano Hell's Angels (Gli angeli dell'inferno, 1930), Scarface di Hawks, e il
western misogino The Outlaw (Il mio corpo ti scalderà, 1940-50), iniziato da Hawks che poté
uscire solo dopo anni di lotta con la censura.
Considerato l'uomo più ricco e potente degli Stati Uniti, ha avuto diversi guai con
l'establishment politico e industriale, proprio a causa del carattere eccentrico. Dal 1948 al
1955 ha posseduto la Major RKO Pictures, che dovette però poi cedere in virtù delle leggi
antitrust. Uguale sorte ebbe la sua casa di produzione di aerei, la Hughes Aircraft.
La sua vita avventurosa e bizzarra è stata spesso rievocata dal cinema (ad esempio in F for
Fake, 1975 di Orson Welles) e dai media, di recente la ha messa in scena Martin Scorsese in
The Aviator (2004) per l’interpretazione di Leonardo Di Caprio.
Ricapitoliamo le caratteristiche dei tre primi classici
del gangster-movie
•
Ascesa e caduta di un personaggio.
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Tra dramma alla Shakespeare e cronaca del tempo mix di realismo da resoconti
giornalistici e di mitologie del successo nate in un’epoca di trasformazione e miseria.
•
L’atmosfera di pessimismo in cui le storie sono immerse.
•
La città oscura e notturna (eccezione Public Enemy) come teatro delle ambizioni del
gangster ma anche il suo luogo di morte.
•
La disintegrazione e la distruzione della famiglia.
•
Gli attori non sono mai quasi mai del gruppo etnico rappresentato: il protagonista di
Scarface, Paul Muni (1895-1967 pseudonimo di Meshilem Meier Weisenfreund), era
un ebreo ucraino di Leopoli; lo stesso vale per un altro ebreo di origine orientale: il
rumeno Edward G. Robinson, (Emmanuel Goldenberg, 1893-1973) di Piccolo Cesare.
Solo il gangster irlandese Tom Powers in Public Enemy era un attore americano: James
Cagney (1899 –1986).
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La figura del gangster già partire da Little Caesar viene esplicitamente legata ad un
preciso gruppo sociale, in particolare quello italoamericano.
La metamorfosi del gangster movie dopo Scarface
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Dopo la fine del proibizionismo (1933) e l’introduzione
vincolante del codice Hays (1934) iniziano delle importanti
trasformazioni. L’enfasi nella lotta al gangsterismo rurale, la
controffensiva propagandistica di Edgar J. Hoover e dell’FBI
producono un ridimensionamento e trasformazione del gangster
movie (lo racconta anche Eastwood nel suo J. Edgar, 2011).
Nasce una serie di film dove l’eroe è un agente dell’FBI o un
infiltrato nella malavita, personaggi interpretati dalle stesse star
che prima facevano i fuorilegge: La pattuglia dei senza paura (GMen¸1935) di William Keighley, con James Cagney e Ann Dvorak o
Le belve della città (Bullets or Ballots, 1936) sempre diretto da
William Keighley con Edward G. Robinson.
La Warner Bros. è restata nei decenni la Major che ha con
maggiore decisione portato avanti il gangster movie, anche se
non in maniera esclusiva.
All’inizio degli anni Quaranta la figura del criminale entra in crisi
e si affaccia prepotente ad osservare la scena del crimine il
detective privato (Private Eye). Nell’epoca del noir si assiste ad
una trasformazione “esistenziale” del fuorilegge.
All’entrata in guerra dell’America il 7 dicembre 1941 a seguito
dell’attacco giapponese a Pearl Harbor, gli Studios decisero di
non produrre più gangster movie.
A parte qualche caso isolato film “indipendente”, il genere
risorgerà solo nella seconda metà degli anni Quaranta.
Raoul Walsh (1887 – 1980)
• Di
famiglia irlandese, giramondo e cow-boy, lavora per la prima volta
al cinema in una prima piccola parte a vent‟anni nel 1907.
D.W. Griffith lo lancia come attore (Nascita di una nazione, 1915, vedi
foto) e aiuto-regista: “Osservavo il vecchio [Griffith], gli stavo sempre
alle costole” ha scritto nell‟autobiografia.
• Ha avuto una delle più lunghe e feconde (oltre cento film) carriere
della storia del cinema. Dal 1939 ha lavorato stabilmente alla Warner.
• Rappresenta un esempio tipico del modo di produzione hollywoodiano
classico per la capacità di realizzare film anche molto personali ma
sempre rispettosi delle richieste dei produttori.
• Artigiano di grande ed eclettico mestiere, tanto da essere spesso
chiamato a sostituire altri registi in difficoltà, Walsh è un narratore
impareggiabile (Storyteller), dal linguaggio spoglio ma efficace.
• Ottimo direttore di attori, e bravo attore egli stesso (fino al 1929,
quando perde un occhio) ha frequentato tutti i generi nel muto (Il ladro
di Bagdad, 1924; Gloria, 1926) e poi nel sonoro. A suo agio, oltre che
nel gangster movie, nel film d‟avventure (Il mondo nelle mie braccia,
1952) e di guerra (Obiettivo Burma, 1955; Il nudo e il morto, 1958), ha
realizzato eccellenti western (La storia del generale Custer, 1941; Notte
senza fine, 1947; Gli amanti della città sepolta, 1949; Tamburi lontani,
1951; Gli implacabili, 1955).
Tre capolavori di Raoul Walsh (1939-49) alla Warner
Humphrey Bogart, James Cagney,
Jeffrey Lynn
High Sierra (1941) e White Heat (1949)
High Sierra/Una pallotola per Roy (1941)
• Dal romanzo omonimo High Sierra (1940) di W.R. Burnett, da
lui sceneggiato con John Huston.
• Svolta nella carriera di Humphrey Bogart, promosso a
protagonista.
• Rifatto in chiave western, con Gli amanti della città sepolta
(1948) dello stesso Raoul Walsh.
White Heat/ La furia umana (1949)
• Un film di due epoche: appartiene agli anni ’30 per il ritmo
veloce, il forsennato dinamismo, la recitazione spiccia; d’altro
lato risente del film noir (l’interiorizzazione delle ragioni del
protagonista; la malattia mentale)
• Brutalità del protagonista caratterizzato in modo psicotico nel
suo attaccamento con la madre.
• A differenza degli altri gangster interpretati da Cagney che non
muoiono da eroi, qui il personaggio di Cody Jarrett raggiunge
l’immortalità.
Una nuova consapevolezza del crimine negli USA
• Il 10 maggio 1950 il Senato degli Stati Uniti costituì uno
“Special Committee to Investigate Crime in Interstance
Commerce” guidata dal senatore democratico Estes
Kefauver (1903-1963).
•«Esiste un sindacato della delinquenza ramificato in tutto il
Paese [...]. Le sue attività sono controllate da una corrotta e
cinica associazione di gangster, politicanti venali, e uomini
d'affari e di legge. Non c'è un capo supremo».
• Molti sono i dubbi sulla veridicità delle affermazioni della
Commissione, tuttavia a partire da essa si inizia per la prima
volta a parlare di Mafia negli Usa.
• Kefauver: «Dietro le bande locali che formano l'insieme del
sindacato nazionale della delinquenza c'è una misteriosa
organizzazione criminale nota sotto il nome di Mafia».
• L‟opinione pubblica americana, informata tramite il nuovo
medium tv, si confrontò una seconda volta dopo il
proibizionismo con la vastità del fenomeno criminale.
• Ciò produsse un nuova grande ondata di gangster movie
tra cui il nuovo genere del caper film o heist film (slang per
“colpo grosso” a partire da Giungla d’asfalto.
The Asphalt Jungle/Giungla d’asfalto (1950)
Con: Sterling Hayden, Sam Jaffe, Louis Calhern, Jean
Hagen, Marilyn Monroe, James Whitmore, John
McIntire.
Diretto da John Huston, Giungla d’asfalto inizia una
tendenza di grande importanza, quella del caper film o
heist film. Caper deriva da capriola (che a sua volta
deriva dal latino capra).
• Col il termine si definisce un particolare sottogenere
del gangster movie in cui una banda organizza e mette
in atto un grande furto in maniera avventurosa.
• Classici esempi spaziano da Rififi (1955) di Jules
Dassin a I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli, da
Le iene (1992) di Quentin Tarantino a Ocean's Eleven
- Fate il vostro gioco (2001) di Steven Soderbergh.
• E‟ in genere caratterizzato dalla preminte costruzione
dei personaggi e dal grande ruolo del destino.
John Houston (1906-1987)
• Figlio del bravo attore Walter Huston, dedica prima alla carriera militare, poi al
giornalismo e contemporaneamente alla boxe. Assunto dalla Warner Bros all‟inizio
degli anni Trenta, scrive la sceneggiatura di vari film, tra cui Una pallottola per
Roy (1941) e Il sergente York (1941) di Howard Hawks,
• Passa alla regia con Il mistero del falco, (1941) capolavoro del noir. Durante la
guerra gira dei documentari di propaganda come The Battle of San Pietro (1944).
Poi del 1948 è un altro capolavoro del noir Il tesoro della Sierra Madre (1948).
• Carattere anticonformista e ribelle, dirige per la MGM Giungla d’asfalto (1950).
Di lì in poi inizia una partita di do ut des con le Majors, girando film di alta qualità
mercantile al fine di procurarsi i mezzi per vivere lontano da Hollywood
(soprattutto tra Messico e Irlanda). Tra le sue tante opere importanti: il suo primo
film a colori La regina d’Africa (1951), Moulin Rouge (1952) e Moby Dick, la
balena bianca (1954-56).
• Dagli anni Sessanta gira altri venti film in tutti i generi: Gli spostati (1961), La
notte dell’iguana (1964), La Bibbia (1966), Riflessi in un occhio d’oro (1967),
James Bond 007 - Casino Royale (1967), Lettera al Kremlino (1970), Città amara
(1972), L’uomo dai sette capestri (1972).
• Infine Fuga per la vittoria (1981), Sotto il vulcano (1983), L’onore dei Prizzi
(1985) per cui la figlia Anjelica Huston vince l‟Oscar per la miglior attrice non
protagonista.
• Ormai malato di cancro e al termine della vita, realizza quello che si può forse
definire il suo capolavoro: The Dead - Gente di Dublino (1987), tratto dai James
Joyce.
The Killing/Rapina a mano armata (1956)
Con Sterling Hayden, Coleen Gray, Marie Windsor, Elisha Cook Jr., Vince
Edwards.
• Dal romanzo pulp Clean Break di Lionel White, sceneggiato da Kubrick
con lo scrittore Jim Thompson, è il film che ha rivelato il regista.
• Trama e protagonista principale sono identici a Giungla d’asfalto
(1950). La differenza trai due film è che quello di Huston è basato sulla
costruzione psicologica dei personaggi, The Killing invece segue il
romanzo originale nella rottura della continuità narrativa.
• Lo spettatore segue l'azione secondo diverse prospettive. Questo
procedimento troverà una rielaborazione in Le iene (1992) e Pulp
Fiction (1994) di Tarantino o in Elephant (2003) di Gus van Sant.
• Splendida la fotografia di Lucien Ballard contro cui il ventottenne
Kubrick ebbe parecchio da combattere per imporsi.
• Il protagonista Sterling Hayden (nome d’arte per Sterling Relyea
Walter, 1916-1986) è stato un attore degli anni cinquanta famoso
anche per le controverse scelte di fronte alla Commissione per le
attività antiamericane del senatore repubblicano Joseph McCarthy
(1908 -1957). Nella sua filmografia si ricordano Johnny Guitar (1954) di
Nicholas Ray, Il dottor Stranamore (1964), sempre di Kubrick, Il
padrino parte I (1971) di Francis Ford Coppola e infine Novecento
(1976) di Bernardo Bertolucci.
Gli anni Sessanta: Bonnie and Clyde (Gangster Story, 1967)
Con Warren Beatty, Faye Dunaway, Gene Hackman, Gene Wilder,
Michael J. Pollard, Estelle Parsons.
Trama: Nel 1933 a Dallas (Texas) Clyde Barrow, giovane ladro
d'auto, e Bonnie Parker, cameriera, si mettono insieme e diventano,
con alcuni complici, la banda di rapinatori di banche più famosa
d'America.
Il regista: dopo un apprendistato tra teatro e televisione, Arthur
Penn (1911-2010) debutta nel cinema con un bel western
psicanalitico: The Left-Handed Gun (Furia Selvaggia, 1958) tratto
da un testo di Gore Vidal con un giovane Paul Newman nella parte
del ribelle Billy The Kid. Dopo alcuni altri film ritornerà al successo
con The Chase (La caccia, 1966). Warren Beatty, questa volta
anche in veste di produttore, recita una seconda volta dopo Mickey
One (1965) per Arthur Penn in Bonnie and Clyde. Arthur Penn è
stato il primo regista del movimento della New Hollywood ad
entrare in contatto con il genere gangster.
Sceneggiato da David Newman e Robert Benton (e scritto per
François Truffaut), il film ha avuto 11 nomination agli Oscar
vincendone 2 per la fotografia di Burnett Guffey e l‟attrice non
protagonista Estelle Parsons.
Le innovazioni di Bonnie and Clyde
L’azione si sposta da un’ambientazione urbana a una rurale,
si rende la coppia simpatica agli spettatori e si esibisce una
violenza prima impossibile da mostrare (codice Hays).
• Il film si ispira alle vere “gesta” della Barrow Gang (foto).
che compì una serie di crimini e rapine tra il 1932 e il 1934.
• Penn ha sviluppato la storia passando attraverso diversi
momenti: comici, poetici, violenti e romantici (spiegare).
Riguardo allo stile, Bonnie and Clyde è molto vicino alle sperimentazioni
formali della Nouvelle Vague francese:
 nella scelta di lavorare in esterni “veri.
 Nell‟uso dell‟ellisse temporale.
 Nell‟inserimento nei titoli di testa di uno pseudo-documentario con
vecchie fotografie in bianco e nero e delle didascalie biografiche.
 Nell‟uso di teleobiettivi dalla lunghezza focale molto lunga per annullare
la profondità di campo.
 Nell‟uso della tecnica dello straneamento.
 Nell‟uso di accellerati e ralenties per modificare il tradizionale tempo
della narrazione.
La carriera di Roger Corman
• (1926, Detroit) con John Cassavetes (1929-1989) è stato negli USA
la maggiore personalità nel trapasso tra cinema classico e moderno.
• E‟ stato l‟inventore e il re del film a basso costo, il Director/Producer
“indi” per eccellenza del cinema americano.
• Ciò non significa che sia stato linguisticamente un innovatore.
• Alla AIP (American International Picture) di James H. Nicholson
(non Jack, l‟attore) e Samuel Z. Arkoff gira e produce dal 1955 agli
inizi degli anni Sessanta 23 B-movie in tutti i generi. Si crea una
“famiglia” comprendente: Floyd Crosby (fotografia), Charles B.
Griffith o Richard Matheson (sceneggiatura), David Haller
(scenografie) e Ronald Stein (musica).
• Tra il 1960 e il 1966 realizza un celebre ciclo horror di 9 film tratti da
racconti o spunti di Edgar Allan Poe; poi giraThe Wild Engels/I selvaggi
(1966) e The Trip/Il serpente di fuoco (1967), due film fondamentali per
la controcultura dell‟epoca.
• Nel 1971 al 48essimo film chiude la carriera di regista per dedicarsi
alla produzione e la distribuzione.
• Alla sua Factory sono passati : Jack Nicholson, Irwin Kershner,
Monte Hellman, F.F. Coppola , P. Bogdanovich, Martin Scorsese,
Jonathan Kaplan, Paul Bartel; e poi la generazione successiva degli
“indie” : Johnatan Demme, Joe Dante, Ron Howard, ecc.
I tre Gangster movie di Corman
Machine-Gun Kelly (La legge del mitra, 1958). Nel periodo postproibizionismo, nel 1935 si racconta un tipico caso di ascesa e caduta di un
gangster, George Kelly, detto Machine-Gun (Charles Bronson), dominato da
una amante-madre. E‟ un b-movie dal ritmo spiccio e con un personaggio
credibile. Ironia e freudismo si palesano già come marchi del regista.
St. Valentine's Day Massacre (Il massacro del giorno di San Valentino,
1967) ricostruisce la celebre strage del 14 febbraio 1929 in un garage di
Chicago. Prodotto da una Major, la Fox, (a cui Corman fece risparmiare una
parte del budget) è una tradizionale produzione in Studio, in cui si compie
una rilettura del genere dall‟interno con diverse citazioni (per esempio da
Nemico Pubblico) e qualche trasgressione (la frase in off contro la
corruzione delle istituzioni). Un buon film però standard: Venturelli fa
notare come qui si seppellisca il vitalismo del gangster movie.
Bloody Mama (Il clan dei Barker, 1970). Il migliore dei tre: è il ritratto di
un personaggio realmente esistito, Alice “Ma” Barker che negli anni „30
guidò i suoi quattro figli in imprese criminali e morì dopo un assedio della
polizia. Al solito tra freudismo e ironia Corman ci offre tutto il contrario
della rappresentazione del gangsterismo rurale fatto da Penn: da una parte la
ballata romantica, dall‟altra l‟incesto e la tara psichica. “Nella sua altalena
fra tragedia greca in versione pop art e freudismo da supermarket un film
fantastico. Tutti bravi e una grande Shelley Winters spaventevole e
mostruosa Ecuba con il mitra in mano”. (Morando Morandini)
Point Blank/Senza un attimo di tregua (1967)
Con: Lee Marvin, Angie Dickinson, Keenan Wynn, John Vernon.
Trama: Reese (John Vernon) e Walker (Lee Marvin) sono due ex compagni
di galera. Di nuovo insieme decidono di compiere una rapina. Reese però
frega i soldi all‟amico, lo lascia quasi morto nel carcere di Alcatraz deserto
e gli porta via anche la moglie. Anni dopo Walker si mette allora sulle
tracce dell‟uomo aiutato da un misterioso personaggio Yost (Keenan Wynn)
che vuole risalire all‟Organizzazione a cui Reese apparteneva.
• E‟ il secondo film del regista inglese John Boorman (1933), autore di
film importanti come Deliverance (Un tranquillo week-end di paura,
1972), Zardoz (1973), Exorcist II: The Heretic (L’esorcista II – L’eretico,
1977), Excalibur (1981) o The Tailor of Panama (Il sarto di Panama,
2001).
• Dal romanzo The Hunter di Donald E. Westlake che l‟ha firmato con lo
pseudonimo Richard Stark, è un film dalla trama improbabile ma da un
forte stile “modernista” che porta nel gangster movie ancor più di Bonnie
and Clyde le innovazione Nouvelle Vague montaggio vertiginoso che
procede avanti e indietro nel tempo, frammentazione dello spazio,
narrazione quasi onirica, cinema della memoria, colore psichedelico.
•Grande interpretazione di Lee Marvin (1924- 1987) in uno dei ruoli
migliori di duro della sua notevolissima carriera.
• Rifatto nel 1998 da Brian Helgeland in Payback - La rivincita di Porter
con protagonista Mel Gibson.
IL CINEMA DELLA NEW HOLLYWOOD
Riassumiamo con Franco la Polla il fenomeno della “Nuova Hollywood” in cui i registi
italoamericani avranno un ruolo decisivo.
Il termine si usa per definire il periodo di passaggio negli Usa tra cinema classico e cinema moderno,
temporalmente quindi tra circa il 1967 e il 1980 (dove torna ad essere dominante la figura del
produttore e non del regista-produttore, l‟autore, mutuato dall‟Europa):
1. Incremento delle produzioni indipendenti
2. Piccoli budget produttivi
3. Ricerca di un pubblico giovane
4. Messa in questione dei valori etico-sociali sostenuti dal cinema precedente
5. Attenzione alla politica e al costume
6. Costruzione e stilemi di carattere documentaristico
7. Rinuncia agli studios e ricerca degli spazi quotidiani
8. Ricambio delle leve registiche
9. Abbandono dello star system e lancio di volti nuovi
10. Revisione ideologica dei generi classici
(Franco La Polla, Sogno e realtà americana nel cinema di Hollywood, Il Castoro, Milano 2004, p.273)
• Il concetto di “indipendenti” “Indie(s)” e quello di exploitation (pubblico giovanile, drive-in,
delle sale di provincia, ecc. con i nuovi generi tra cui il “road movie”).
• Il rapporto “Indies”- avanguardia e l‟opposizione west/east cost (New York/Hollywood).
• La differenza con le Nouvelle Vague europee.
• Easy Rider costato circa 400.000 $ ha reso alla Columbia 26 (o secondo altre fonti 40 milioni) di
dollari.
Un tentativo di sintetizzare il cinema di Martin Scorsese
• Un cineasta testimoniale ma anche molto altro: la passione e la
memoria cinefila si sposa con la realtà etnica e culturale italoamericana.
• Alterna da sempre film più di fiction (musical, remake, film in
costume) a quelli di rilevazione della realtà. Ha realizzato sia film ad
alto budget sia opere minori (talvolta di non fiction come i recenti doc.
musicali su Bob Dylan, Rolling Stones e George Harrison).
• Il suo è un cinema “antropologico” declinato al maschile dove un
uomo in crisi lotta contro l‟ambiente alla ricerca della redenzione talvolta riesce, talvolta no.
• Il tutto nasce da un fondamentale impulso cattolico-religioso.
• Elementi spesso ricorrenti: l‟insistere su alcuni spazi prediletti (la città
di New York, il quartiere della Little Italy); la passione per la musica
rock e jazz; la violenza come cifra stilistica.
• Uso della tecnica dell‟improvvisazione e delle “prove programmate”.
• Ha coltivato una propria “famiglia” cinematografica: gli sceneggiatori
Paul Schrader, Mardik Martin; la montatrice Thelma Schoonmaker;
i direttori della fotografia: Michael Chapman, Michael Ballhaus;
alcuni attori feticcio: Harvey Keitel, Bob De Niro, Leo DiCaprio.
• Dice di sé «sono un regista americano, e ciò significa che sono un
regista di Hollywood». Il suo è uno stile sempre in bilico tra innovazione
e tradizione, dentro e fuori il sistema: ciò lo rende il più hollywoodiano
dei filmaker “indie”.
Alcune affermazioni interessanti su e di Scorsese
•
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Lo stile narrativo: «Ciò che amavo delle tecniche tipiche di Truffaut e di Godard dei primi anni ’60 era
che la linearità della narrazione non era in primo piano. (…) Prendi un gangster movie americano
tradizionale e analizzalo episodio per episodio, ma poi inizia dal centro della storia e muoviti avanti e
indietro» (In Scorsese secondo Scorsese a cura di Ian Christie e David Thompson, Ubulibri, Milano 2003,
pp. 184-185).
La violenza: ”Marty ha sempre ritenuto che la violenza debba essere mostrata in un film per affermare
un punto di vista morale. Se è realistica, o addirittura disturbante, è per una ragione ben precisa. Non
serve a divertire; è un modo per mostrare come queste persone hanno scelto di vivere. In Casinò la
violenza lascia una sensazione di grande tristezza. Sotto questo punto di vista è molto diverso da Quei
bravi ragazzi. Racconta la fine di un’epoca. In Quei bravi ragazzi, invece la violenza è improvvisa, inattesa
e scioccante. Parte del compito del montaggio è di far sì che la violenza sembri vera”. (Thelma
Schoonmaker in Martin Scorsese, Il bello del mio mestiere, Minimum fax, Roma, 2002, pp. 108-109).
La genesi di Casinò: « nel quartiere di New York dove sono nato, Little Italy, tra gli operai e i piccoli
borghesi, Las Vegas era considerata una sorta di Camelot, un regno di magia *…+ I veri boss, non
lasciavano mai il quartiere. Erano talmente conosciuti che non potevano mettere piede a Las Vegas. Un
ambiente toccato direttamente dal crimine organizzato … era quello dello showbusiness. Tutto è
cominciato a partire dagli anni ’20 con gli speakeasy [il luogo dove si trova ciò che è illecito], bar o locali
notturni nei quali venivano serviti alcolici durante il proibizionismo. E’ stato allora che i veri gangster
sono entrati in ballo. La mafia ha approfittato di tutto quello che l’America poteva offrire (il
proibizionismo rendeva illegali tutte le attività collegate all’alcool) per fondare un vero e proprio impero.
Era soprattutto la mafia siciliana. Dopo il proibizionismo gli speakeasy sono diventati night club sempre
di proprietà dei gangster. Nicolas Pileggi, mi ha spiegato che durante gli anni ’70, ogni hotel-casinò di Las
Vegas apparteneva ad una famiglia mafiosa. Si erano divisi tutto: la mafia di New York possedeva un
casinò, quella di Chicago ne aveva quattro» (Thierry Jousse/Nicolas Saada, Intervista a Martin Scorsese
in «Cahiers du cinéma», n. 500, marzo 1996, p. 9).
Il primo gangster movie di Scorsese: Boxcar Bertha (America
1929: sterminateli senza pietà, 1972)
Trama: rimasta orfana nell’America della Grande Depressione,
Bertha (Barbara Hershey) conosce Big Bill Shelly (David Carradine),
sindacalista del IWW. Poi si lega a Rake un baro ebreo di cui
diviene complice. Ritrovato Shelly, la ragazza riesce a liberare i due
uomini dal carcere dove sono finiti insieme al nero Von (Bernie
Casey). Il gruppo costituisce una banda che si getta in una serie di
rapine contro il potente Sartoris (John Carradine), padrone della
ferrovia. Nel finale gli uomini di Sartoris riescono a prendere Shelly
ma vengono uccisi da Von.
• Dopo il debutto da assoluto “indie” con Who’s That Knocking at
My Door/Chi sta bussando alla mia porta? (1969), Scorsese passa
qui alla factory di Roger Corman.
• Uno nuovo mondo raccontato : quello degli Hobo (vagabondi) e
dei Wobblies, i sindacalisti del IWW che si spostavano in ferrovia.
• Tratto dalle memorie di “Boxcar” Bertha Thompson, è un tipico
film impegnato della New Left un melodramma proletario che
riprende una visione alternativa della Grande Depressione dopo
Bonnie and Clyde e Bloody Mama/Il clan dei Barker.
• Si mostra già la cinefilia di Scorsese ad esempio nella scelta del
duo John Carradine (1906 – 1988) e David (1936 – 2009), padre e
figlio, antagonisti nella storia.
La trilogia della mafia: Mean Streets (1973), Goodfellas
(Quei bravi ragazzi, 1990) e Casinò (1996)
• La “trilogia della mafia” è imperniata su elementi biografici e
documentari per analizzare varie tipologie di criminalità italo-americana.
• Da spunti autobiografici Scorsese costruisce in Mean Streets un affresco
sulla gioventù sbandata della Little Italy a New York. Sempre attingendo da
personali esperienze di giovinezza, in Quei bravi ragazzi si disegna un
minuzioso ritratto della “piccola mafia” newyorkese che sogna di fare il
salto in alto. Infine in Casinò si esaminano i modi in cui la mafia amministra
il suo impero a Las Vegas.
• Mentre Mean Streets parte da un copione scritto nel „66 con Mardik
Martin intitolato Season of the Witch, i film successivi sono tratti da libri del
giornalista Nicholas Pileggi (1933): Wiseguy (Il delitto paga bene, 1986) e
Casino: Love and Honor in Las Vegas (1995) basati su storie vere.
• Goodfellas e Casinò hanno elementi stilistici comuni: la narrazione con
la voce fuori campo, l‟uso di una struttura diegetica non lineare, il
“pedinamento” psicologico dei personaggi, il dinamismo dello sguardo dai
titoli di testa a il reiterato uso dei piani-sequenza.
• Solo in Casinò che è anche la storia di un triangolo amoroso il
personaggio femminile ha una certa rilevanza.
• Lo sguardo da entomologo di Scorsese: comportamenti e riti familiari,
differenze etniche, come i gangster lavorano, si vestono, stanno in cucina
o si divertono.
• A differenza di Coppola non c‟è l‟epica della famiglia mafiosa ma una
relazione clinica sul loro essere.
Il primo capolavoro: Mean Streets (1973)
La trama: Charlie Cappa (Harvey Keitel), un giovane della Little
Italy di New York, ha uno zio mafioso, che gli affida piccole
missioni ma che vorrebbe farne un boss. Charlie, però, non
riesce ad allontanarsi né dall‟amico pazzoide Johnny Boy
(Robert De Niro), che si mette sempre nei guai né da Teresa
Ronchelli (Amy Robinson), cugina di Johnny, una ragazza
epilettica con cui ha una storia non ben vista dallo zio.
L‟amicizia lo porterà ad essere coinvolto in uno scontro a fuoco
dove viene ucciso Johnny.
• Prodotto in maniera indipendente dal manager di Bob Dylan
Jonathan Taplin con un budget bassissimo (mezzo milione di
dollari) Mean Streets (1973), rappresenta una straordinaria
ricognizione psico-sociologica sul quartiere di Little Italy e i suoi
eroi a partire da un copione scritto nel „66 con Mardik Martin
intitolato Season of the Witch (La stagione della strega).
• Uso della musica e molti elementi cinefili (citazioni di film e
poster).
• Due grandi innovazioni rispetto al gangster-movie: la vicenda
si basa su esperienze autobiografiche; si racconta la piccola
criminalità di quartiere.
Goodfellas (Quei bravi ragazzi, 1990) e Casinò (1996)
• Entrambi i film sono tratti da libri di Nicholas Pileggi (1933):
Wiseguy (Il delitto paga bene, 1986) e Casino: Love and Honor in Las
Vegas (1995) ed entrambi a loro volta sono basati su storie vere.
• I due film che chiudono la cosiddetta trilogia della mafia iniziata con
Mean Streets (1973), sono imperniati su elementi biograficidocumentaristici per analizzare varie tipologie della criminalità italoamericana.
• Attingendo a spunti autobiografici, con Mean Streets si costruisce un
affresco sulla gioventù sbandata della Little Italy. Sempre da personali
esperienze di giovinezza, in Quei bravi ragazzi si disegna un
minuzioso ritratto della “piccola mafia” a New York che sogna di
diventare “grande”. Per giungere infine in Casinò ad esaminare i modi
in cui la mafia amministra il suo impero a Las Vegas.
• Diversi elementi stilistici in comune: la narrazione con la voce fuori
campo, l‟uso di una struttura diegetica non lineare, il “pedinamento”
psicologico dei personaggi, il dinamismo dei titoli di testa e dei pianisequenza.
• Lo sguardo da entomologo di Scorsese: comportamenti e riti familiari,
differenze etniche, sottigliezze verbali, rapporti tra famiglia e Famiglia,
come i gangster lavorano, si vestono, stanno in cucina, si divertono.
• A differenza di Coppola non l‟epos ma una relazione clinica.
The Departed - Il bene e il male (2006)
Trama: A Boston in un quartiere irlandese è in atto una guerra tra
la polizia e una banda della malavita. Billy Costigan (Leo
DiCaprio), giovane poliziotto è infiltrato nella gang capeggiata dal
boss Frank Costello (Jack Nicholson). Mentre Billy guadagna
rapidamente la fiducia di Costello, Colin Sullivan (Matt Damon), a
sua volta viene infiltrato nella polizia ottenendo una posizione di
rilievo. Sia Billy che Colin vivono questa doppia identità come
un'esperienza alienante. Ma appena appare chiara l'esistenza di
una talpa, sia nella polizia che fra i gangster, Billy e Colin si
ritrovano improvvisamente in pericolo…
• Sceneggiato da William Monahan, è un remake abbastanza
fedele del film hongkongese di Andrew Lau Infernal Affairs (2002),
interpretato da due star del cinema orientale: Tony Leung ChiuWai e Andy Lau (nella foto).
• Il film non nasce quindi da elementi documentario-autobiografici
ma dal cinema stesso.
• Tre premi oscar: migliore regia a Martin Scorsese, migliore
sceneggiatura non originale a William Monahan, miglior
montaggio a Thelma Schoonmaker.
Due o tre cose che so di lui: Ford Francis Coppola
• E’ il leader della “generazione del ‘39” composta da lui, Peter Bogdanovich,
William Friedkin, a cui aggiungere i più vecchi Monte Hellman (1931) e Jack
Nicholson (1937) e il più giovani colleghi italoamericani: Brian De Palma (1940) e
Martin Scorsese (1942). Distanziati solo di qualche anno vengono altri due
movie brats, i Golden Boy della New Hollywood: George Lucas (1944, il miglior
allievo di Coppola) e Steven Spielberg (1946). Tutti sono stati degli “indie”, tutti
hanno in comune la formazione all’ università, l’esperienza in tv e/o
l’exploitation di Roger Corman.
•“Coppola non ha mai avuto uno stile, perché ha sempre inseguito un progetto.
(...) E’ l’ultimo artista totale del cinema americano, e insieme una specie di
performer concettuale, che si esprime più nei progetti lasciati in sospeso che
nelle imprese effettivamente realizzate. E’ l’ultimo dei romantici e il più grande
dei cinici” (V. Buccheri). «L’avventura professionale, artistica e umana di Coppola
è la più appassionante e mirabolante di tutto il cinema degli anni Settanta,
proprio per la fusione in una persona di competenze e qualifiche diverse:
artista, regista, produttore, sceneggiatore, inventore, capitano d’industria,
avventuriero (guastatore e rinnovatore) dello show-business» (V. Zagarrio).
• «Io modello la mia esistenza su quella di Hitler: lui non ha solo preso il potere
nel suo paese ma si è scavato un cammino nel governo in carica. Per arrivare al
potere, non ci si deve limitare a sfidare l’establishment. Occorre costruirsi una
propria posizione all’interno di esso e solo dopo sfidarlo e superarlo» (FFC)
• “Regista corsaro” alternando trionfi e sconfitte, successi clamorosi e clamorosi
flop, ha realizzato alcune opere indimenticabili: la saga de Il Padrino, La
conversazione (1974), Apocalypse Now (1978), Dracula di Bram Stocker (1992).
• Oggi a 72 anni fa più vino che cinema. Il suo ultimo film, il 26 lm, è un horror a
basso costo: Twixt (2011), un omaggio al suo primo maestro Roger Corman.
Alcune info sulla formazione di Coppola
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Francis Ford Coppola (il secondo nome era un omaggio a Henry Ford, poi lo ometterà,
affermando che nessuno può fidarsi di chi ha tre nomi!) nasce a Detroit il 7 aprile 1939,
secondo figlio di una famiglia di origine italiana: i suoi nonni erano emigranti di Bernalda in
provincia di Matera dove qualche mese fa si è sposata la figlia Sofia. Poi si trasferisce a New
York. Da piccolo è malato di poliomelite.
L’importanza del clan familiare e del suo essere un “figlio d’arte”. La passione per la musica e
il teatro.
Entrato nel 1955 alla Hofstra University (nei dintorni di New York) nel 1959 si laurea in
teatro. La visione di Ottobre (1924) di Ejzenstein lo convince a studiare cinema alla UCLA a
Los Angeles dove però non è attratto dalla cinefilia né dai gusti europei dei suoi futuri
colleghi.
Più attratto dalla pratica che dallo studio, inizia con Roger Corman presso cui realizza un
horror a basso costo: Dementia 13/Terrore alla tredicesima ora (1963).
L’interesse per la scrittura e il lavoro di sceneggiatore per le Majors si accompagna al vero
debutto professionale: You’re a Big Boy Now/Buttati Bernardo (1966) che a rigore è il primo
vero film della Nuova Hollywood.
Dopo un bel road-movie The Rain People/Non torno a casa stasera (1969) c’è il primo
strappo con Hollywood: si trasferisce a San Francisco dove fonda l’American Zoetrope (vita e
movimento) un punto di raccolta di autori come Stanley Kubrik e Orson Welles, o di giovani
come John Milius e George Lucas di cui produce il primo lungometraggio di fantascienza:
THX-1138/L’uomo che fuggì dal futuro (1970).
Per non fallire, accetta l’offerta di Robert Evans, vicepresidente della Paramount, di girare Il
padrino tratto dall’omonimo libro di Mario Puzo (1920 – 1999).
Il film ha avuto molti problemi: le scelta del cast (Brando e Pacino) e l’ambientazione.
Pressioni sulla Paramount riguardanti il tema mafia da parte del cantante Frank Sinatra e
delle associazioni italoamericane.
La saga del Padrino: 1972, 1974 e 1990
•The Godfather (1972) con: Marlon Brando, Al Pacino, Robert Duvall,
James Caan, Diane Keaton, John Cazale, Talia Shire, Sterling Hayden.
Trama: tornato eroe di guerra nel 1945, Michael Corleone (Pacino) viene
sempre più coinvolto nei sanguinosi affari di famiglia. Alla morte del padre
Don Vito (Brando) che aveva dominato per due generazioni un clan di
mafia, diventerà il nuovo Padrino. Storia di una successione è la parte
che ha impostato tutta la successiva mitologia della saga.
•The Godfather, Part II (1974) con: Al Pacino, Robert De Niro, Diane
Keaton, Robert Duvall, John Cazale, Lee Strasberg, Gastone Moschin,
Talia Shire, Danny Aiello, James Caan, Leopoldo Trieste. Trama: la saga
dei Corleone continua con la storia parallela di due figure che abbiamo già
conosciuto: nel 1901 Vito Andolini raggiunge gli Stati Uniti, per una svista
prende il nome di Vito Corleone (De Niro), si fa strada nella Little Italy, crea
un impero del crimine che trasmette al figlio Michael (Pacino). Nel 1958
Mike si trova nei guai: il fratello Fredo (Cazale) lo tradisce, il Senato lo cita,
Cuba passa a Fidel Castro, la moglie (D. Keaton) si procura un aborto. E‟
insieme un sequel e un prequel, con un progressivo incattivimento dei
personaggi da Mike alle figure femminili. E’ forse la parte più riuscita.
• The Godfather, Part III (1990) con Al Pacino, Diane Keaton, Talia Shire,
Andy Garcia, Eli Wallach, Joe Mantegna, Sofia Coppola. Trama: Alla fine
degli anni '70 Mike (sempre Pacino), vuole liquidare le attività criminali del
clan. Passa il comando a un nipote (Garcia), entra in affari con una
immobiliare europea che fa capo al Vaticano sullo sfondo di sanguinosi
complotti in cui perde la vita la figlia Mary (S. Coppola). E‟ uno sconsolato
melò politico che culmina nella malinconica morte del protagonista.
Alcune caratteristiche della saga
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E’ la più importante saga gangster della storia del cinema, un kolossal che va dalla metà degli anni 40
alla fine degli anni Settanta, descrivendo l’evolversi del crimine da azienda familiare a multinazionale e
il progressivo logorarsi dei rapporti umani. Sino ad allora la parola mafia si era poco usata al cinema.
Le intenzioni di Coppola: «ho sempre cercato di usare la Mafia come metafora per l’America. Se tu guardi
il film, noti che è messa a fuoco questa via, infatti la prima battuta è: “Io credo nell’America”. *…+ Penso
che il segreto del successo del libro di Mario Puzo stia nel fatto che alla gente piace leggere su una
organizzazione che veramente si prende cura di noi. Insomma la gente ha una concezione romantica
della Mafia, che ha il senso della giustizia; questa è la differenza tra la Mafia vera e come io l’ho
concepita». Inoltre si assiste ad una progressiva politicizzazione del plot culminata nella terza parte.
Nella saga dove gli affetti familiari sono intervallati dalle attività di malavita, c’è la presenza di tre
diversi modi di intendere la famiglia: 1) La famiglia esteriore di mogli e bambini, matrimoni, pranzi, che
regola tutto ciò che è esterno; 2) la famiglia interiore, fatta solo di uomini, che gestisce gli affari, che
uccide e viene uccisa; 3) il mito della famiglia, concetto primario mantenuto dai Corleone per proteggere
i membri, per esercitare il potere.
A differenza dei classici degli anni Trenta, nella prima parte Don Vito non cerca disperatamente il
successo: è già in suo possesso in quanto è nell’età della vecchiaia. Altra novità rispetto al gangster
movie classico: il successo non è il risultato di un individuo ma di un lavoro di gruppo (la Famiglia).
Inoltre la figura di Corleone è visto più nella sua parte domestica.
Nella seconda parte invece Coppola riprenderà la tradizionale scalata individuale nella parte del
giovane Don Vito (Robert De Niro) ambientato agli inizi del ventesimo secolo.
L’uso del montaggio parallelo, la straordinaria qualità della fotografia (Gordon Willis), della scenografia
(Dean Tavoularis già autore di Bonnie and Clyde), la musica di Nino Rota (e Carmine Coppola nella
terza parte) e di un cast eccezionale.
Realizzato nel corso di due distinti decenni, ha avuto all’inizio una accoglienza molto contraddittoria.
Un bel film dimenticato: Cotton Club (1984)
Con: Richard Gere, Diane Lane, Gregory Hines, Bob Hoskins, Nicolas
Cage, Joe Dallesandro, Tom Waits, Julian Beck, Laurence Fishburne.
Trama: L'America dei gangsterismo e della Grande Depressione
attraverso la storia di un famoso locale di Harlem tra il '28 e il '35 e
due storie di amore tribolato, una bianca e una nera.
• Un film originale in cui si unisce il gangster movie al musical (due
tipici generi americani nati entrambi con il sonoro) - un omaggio ad un
leggendario locale “che ha ospitato impareggiabili artisti del jazz, virtuosi
del tip-tap, orchestrine e solisti memorabili; il ritrovo della New York
facoltosa, dei divi hollywoodiani e dei re della malavita”.
• Si ripropone lo schema narrativo della trilogia del Padrino, inserendo
nella storia urbana gangsteristica quella di finzione basata sulla vita di un
nucleo familiare e su episodi d’amore travagliati. I gangster però sono
rappresentati come cinici, arroganti, volgari nei loro modi di fare da
arricchiti, così come venivano descritti nei classici degli anni Trenta.
• La sceneggiatura di Coppola, Puzo e William Kennedy vede interagire
fuorilegge realmente esistiti nel passato (Charles “Lucky” Luciano, Dutch
Schultz e Owney Madden) con personaggi inventati, il tutto “al servizio
della finzione e non della Storia”.
• Colonna musicale di Duke Ellington (con Richard Gere che non si fa
doppiare alla cornetta).
• Costato 50 milioni di dollari e prodotto da Robert Evans (lo stesso del
primo Padrino), è caratterizzato dalle sontuose scenografie di Richard
Sylbert e i costumi di Milena Canonero. Purtroppo al botteghino è stato
un clamoroso flop, uno dei tanti di un bel film di Coppola.
Riassumiamo le caratteristiche della saga del Padrino
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E’ la più importante saga gangster della storia del cinema, un kolossal che va dalla metà degli anni 40
alla fine degli anni Settanta, descrivendo l’evolversi del crimine da azienda familiare a multinazionale e
il progressivo logorarsi dei rapporti umani. Sino ad allora la parola mafia si era poco usata al cinema.
Le intenzioni di Coppola: «ho sempre cercato di usare la Mafia come metafora per l’America. Se tu guardi
il film, noti che è messa a fuoco questa via, infatti la prima battuta è: “Io credo nell’America”. *…+ Penso
che il segreto del successo del libro di Mario Puzo stia nel fatto che alla gente piace leggere su una
organizzazione che veramente si prende cura di noi. Insomma la gente ha una concezione romantica
della Mafia, che ha il senso della giustizia; questa è la differenza tra la Mafia vera e come io l’ho
concepita». Inoltre si assiste ad una progressiva politicizzazione del plot culminata nella terza parte.
Nella saga dove gli affetti familiari sono intervallati dalle attività di malavita, c’è la presenza di tre
diversi modi di intendere la famiglia: 1) La famiglia esteriore di mogli e bambini, matrimoni, pranzi, che
regola tutto ciò che è esterno; 2) la famiglia interiore, fatta solo di uomini, che gestisce gli affari, che
uccide e viene uccisa; 3) il mito della famiglia, concetto primario mantenuto dai Corleone per proteggere
i membri, per esercitare il potere.
A differenza dei classici degli anni Trenta, nella prima parte Don Vito non cerca disperatamente il
successo: è già in suo possesso in quanto è nell’età della vecchiaia. Altra novità rispetto al gangster
movie classico: il successo non è il risultato di un individuo ma di un lavoro di gruppo (la Famiglia).
Inoltre la figura di Corleone è visto più nella sua parte domestica.
Nella seconda parte invece Coppola riprenderà la tradizionale scalata individuale nella parte del
giovane Don Vito (Robert De Niro) ambientato agli inizi del ventesimo secolo.
L’uso del montaggio parallelo, la straordinaria qualità della fotografia (Gordon Willis), della
scenografia (Dean Tavoularis già autore di Bonnie and Clyde), la musica di Nino Rota (e Carmine
Coppola nella terza parte) e di un cast eccezionale.
Realizzato nel corso di due distinti decenni, ha avuto all’inizio una accoglienza molto contraddittoria.
Brian DePalma un excursus
• Trai grandi registi italoamericani, Brian Russell DePalma (1940) è quello
meno legato alle sue origini (i nonni venivano da Alberona in provincia di
Foggia): “i miei genitori volevano a tutti i costi far parte della gerarchia wasp
[White Anglo-Saxon Protestant]. Piuttosto che crescere i figli cattolici, ci hanno
mandato ad una scuola di quaccheri.”
• All’università studia fisica, poi si occupa prima di teatro e dopo di cinema.
Dopo un paio di cortometraggi tra cui Wotan’s Wake (1962) e diventato un
accanito cinefilo, è affascinato dalla Nouvelle Vague francese e in particolare
da Jean-Luc Godard.
• Realizza con il suo professor Wilford Leach la commedia The Wedding Party
(Oggi sposi!), prima prova d’attore del ventenne Robert De Niro (1943), che
iniziata nel 1963, viene finita nel 1966 e uscirà solo nel 1969.
• Il suo primo successo è il film più caratteristico (con Easy Rider) della cultura
americana alternativa: Greetings/Ciao America (1968) con De Niro dove si
raccontano le avventure di tre giovani amici, ossessionati dal sesso, nella New
York del Greenwich Village. Segue Hi, Mom! (1969), sequel del precedente.
• All’inizio degli anni Settanta conclude la sua fase di sperimentazione. Dopo
una infelice esperienza alla Warner con Get to Know Your Rabbit/Impara a
conoscere il tuo coniglio (1970 ma uscito manipolato nel 1972), DePalma da
Godard passa all’influenza di Alfred Hitchcock.
• Realizza per più di un decennio thriller a suspense ispirati al maestro inglese:
Sisters /Le due sorelle (1973), Phantom of the Paradise/Il fantasma del
palcoscenico (1974), Obsession /Complesso di colpa (1975), Carrie/Carrie – lo
sguardo di satana (1976, il primo grande successo di pubbico), Fury (1978),
Dressed to Kill/Vestito per uccidere (1980), Blow Out (1981), Body
Double/Omicidio a luci rosse (1985).
• Poi però non ha più avuto una filmografia così coerente sino ad oggi.
Alcune caratteristiche del cinema postmodern di DePalma
• Un “vampiro di cinema” che ha frequentato soprattutto il thriller ma anche
la commedia e il gangster movie e si è nutrito dell’insegnamento di
Hitchcock di cui è considerato il migliore allievo. Per alcuni critici però il suo
cinema pur stilisticamente ineccepibile manca di vera originalità, è
“manierista”.
• Uso di tecniche con cui esaltare l’attenzione dello spettatore: la suspense, il
ralenty, lo split-screen. Grande virtuosismo tecnico nel ricorrere a pianisequenza molto lunghi e complessi.
• Il ritornare su alcune tematiche riprese in gran parte da Hitchcock: il tema
del doppio, , l’alternanza e lo scambio tra il colpevole-innocente e
l’innocente-colpevole, il complesso di colpa, la vittimizzazione della donna,
il binomio sesso-violenza.
• Il ripetuto gusto della citazione (tipo la sequenza della doccia di Psyco) e i
remake di film classici.
• L’importanza della musica nella narrazione: Bernard Herrmann (1911 –
1975) e Pino Donaggio (1941) , il musicista veneziano con cui ha collaborato
sino a Raising Cain (Doppia personalità, 1993).
• La sua carriera è stata vista come la cartina al tornasole della lenta resa e/o
trasformazione del cinema più innovativo della Nuova Hollywood rispetto
agli inizi.
Scarface (1983)
• La trama segue a grandi linee l’originale compreso il
rapporto quasi incestuoso con la sorella Gina (Mary Elizabeth
Mastrantonio): Tony Montana (Al Pacino) comincia come
sicario a pagamento, diventa gorilla e poi luogotenente di un
trafficante di droga, si mette in proprio e, fatto fuori l'ex
padrone, ne sposa la donna (Michelle Pfeiffer nella foto sotto
con De Palma) e diventa il boss. Ma va in rovina per una
buona azione.
• Oltre al turpiloquio (una parolaccia ogni minuto circa), il
film si contraddistingue per l’alto budget (25 millioni di $), la
sceneggiatura di Oliver Stone, la musiche di Giorgio
Moroder, la fotografia di John Alonzo oltre che per la
presenza carismatica di Pacino.
• Molti i cambiamenti: Tony Camonte diventa l’immigrato
cubano Tony Montana; la Chicago degli anni ’20 diventa la
Miami degli anni ’80; l’alcool è sostituito dallo spaccio di
cocaina; la violenza viene presentata in modo aperto e alla
luce del sole; Tony viene ucciso dai trafficanti di droga e non
dalla polizia.
• L’assenza dello Stato è il completamento di un duplice
discorso del film: sul capitalismo e sulla corruzione delle
Istituzioni.
The Untouchables (Gli Intoccabili) 1987
• Stessa formula vincente di Scarface: alto budget (24 milioni di
dollari), sceneggiatura scritta da un famoso nome (David Mamet),
musica di Ennio Morricone un grande cast: Sean Connery (oscar
come migliore attore non protagonista), Andy García, Robert De
Niro, Kevin Costner.
• Il film si basa sull’autobiografia omonima scritta da Elliot Ness e
Oscar Fraley che aveva ispirato una celebre serie tv The
Untouchables trasmessa in America tra il ’59 e il ’63 dalla ABC e
interpretata da Robert Stack (nella foto).
Trama: Chicago, 1930. Una squadra composta dall'agente speciale
del Tesoro Elliot Ness (Costner), l'anziano ed esperto poliziotto
James Malone (Connery), dalla recluta George Stone/Giuseppe Petri
(Garcia) e dal ragioniere Oscar Wallace riesca a far crollare l'impero
costruito dal boss del crimine Al Capone (De Niro).
• A differenza di Scarface, Gli Intoccabili è un film positivo e vecchio
stile in cui assistiamo ad uno scontro manicheo tra il bene e il male.
• La contaminazione con il western.
• Uso continuo degli omaggi e delle citazioni dai maestri del western
a Coppola e di Ejzenštejn.
• E’ stato uno dei maggiori successi commerciali nella carriera di
DePalma.
Carlito’s Way (1993)
Trama: Harlem 1975. Uscito di prigione grazie ad un cavillo legale
e a David Kleinfeld, il suo avvocato (Sean Penn), il gangster
portoricano Carlito Brigante (Al Pacino) vorrebbe rifarsi una vita
onesta. Ritrova anche l’amore di Gail (Penelope Ann Miller) ma
Kleinfeld, cocainomane e colluso, lo coinvolge nell’omicidio di un
boss mafioso…
• Prodotto da Martin Bregman (lo stesso di Scarface),
sceneggiato da David Koepp, rielaborando due romanzi (After
Hours, 1975 e Carlito’s Way, 1979), del giudice e poi scrittore
portoricano Edwin Torres, Carlito’s Way è una delle poche opere
di DePalma che ha messo d’accordo tutti.
• E’profondamente influenzato da elementi tipici del noir:
l’ambiente urbano come luogo maledetto da cui fuggire,
atmosfere notturne e piovose, uso della voice over del
protagonista che narra in flash-back la sua storia e infine su tutto
il destino fatale che incombe sul protagonista.
• DePalma sviluppa qui due temi: il sogno e l’amicizia.
• Il regista si è ispirato non solo a classici noir come Double
Indemnity (La fiamma del peccato, 1944) e Sunset Boulevard
(Viale del tramonto, 1950) entrambi diretti da Billy Wilder ma
anche a High Sierra (Una pallottola per Roy, 1941) di Raoul Walsh
oltre a contenere diverse autocitazioni.
• L’unica giustizia è quella della strada, il codice della vendetta.
Per ricapitolare tre gangster-movie molto diversi
•A
De Palma è sconosciuto l’interesse realistico e antropologico di Scorsese per la
matrice italo-americana del crimine oppure la sua romanticizzazione e il
melodramma tipici di Coppola.
• L’approccio di DePalma resta sul terreno del cinema-cinema e del metacinema
postmodern.
• Tutti e tre i film, pur se in misura diversa, sono impostati sui personaggi narrati e
quindi sono improntati ad una maggiore sobrietà formale, perché «quando i
personaggi parlano, il pubblico vuole vedere i loro volti, le loro emozioni, e non una
macchina da presa che fa giravolte».
• In Scarface si compie un’operazione di attualizzazione del “mito” del protagonista e
delle tematiche del classico di Howard Hawks.
• Con Gli Intoccabili nell’affrontare l’epoca del proibizionismo, De Palma rassicura lo
spettatore che a contrastare l’ascesa del male c’è il bene impersonato dal gruppo di
agenti speciali. Il film nasce dalla contaminazione con il western.
• In Carlito’s Way il discorso si trasferisce nella New York della metà dei ’70 e De
Palma avvolge il destino del protagonista nell’atmosfera tipica del film noir:
l’impossibilità della fuga. Carlito non ha calcolato il destino. Ad aumentare il tono
pessimistico del film c’è la triste constatazione che non ci si può fidare di nessuno e
che Il Dio denaro regola tutti rapporti sociali.
Abel Ferrara: per riassumere in poche parole
• Il tema del peccato e dell’espiazione, della violenza urbana e della sessuofobia
sono centrali in Ferrara e nel suo sceneggiatore Nicholas St. John che ha scritto
i migliori film del regista newyorkese, salvo Bad Lieutenant (Il cattivo tenente,
1992) interpretato da Harvey Keitel.
• Nato il 19 luglio 1951 nel Bronx, da un padre allibratore spesso ricercato per
scommesse clandestine, vive la giovinezza in prevalenza con il nonno, un
immigrato napoletano.
• E’ stato molto influenzato dall’opera di Scorsese, in particolare da Taxi Driver
• Un po’ “genio e sregolatezza”, è considerato uno dei registi più controversi
della scena “indie” americana, ben più noto e stimato in Europa che negli Usa.
• Ha una filmografia altalenante iniziata con un porno e degli horror, alcuni
diventati dei cult.
• Con King of New York (1990) inizia la collaborazione con il suo “attore
feticicio” Christopher Walken che interpreterà anche The Addiction (1995),
Fratelli (The Funeral) ma anche il molto più debole New Rose Hotel (1998).
• Tre film costituiscono la cosiddetta “Trilogia del Peccato”: Bad Leutenent,
Snake Eye (Occhi di serpente, 1993) e The Addiction.
• Pur non essendo un grande cinefilo per tre volte ha usato lo stratagemma
narrativo del film nel film in Snake Eye (1993), Blackout (1997) e Mary (2005).
• Ferrara ha lavorato una volta sola per una Major, la Warner, realizzando Body
Snatchers (Ultracorpi – L’invasione continua, 1993) con Forest Whitaker, un
fiacco remake di un classico della fantascienza degli anni cinquanta L’invasione
degli ultracorpi (1956) di Don Siegel.
• La sua filmografia che ormai conta una ventina di lungometraggi alcuni di
produzione italiana e alcuni documentari “etnici”, si chiude (sino a oggi) con
4:44 Last Day on Earth in Concorso al Festival di Venezia del 2011.
King of New York (1990) e The Funeral (Fratelli, 1996)
• Atmosfere, personaggi e luoghi legati alla malavita o alla mafia sono di
casa nell’opera di Abel Ferrara. Due sono i suoi gangster movie migliori.
• La trama: Frank White (Walken) esce dal carcere, si installa al Plaza
Hotel di New York e riprende il traffico della droga, con lo scopo di
finanziare un ospedale nel Bronx. Bande rivali come quella del nero
Jimmy Jump (Laurence Fishburne) e una squadra di tre poliziotti irlandesi
vogliono bloccarlo.
• Come il precedente Chine Girl (1987), King of New York, scritto da
Nicholas St John, è film violento e notturno che corre sempre il rischio
del manierismo. A riscattarlo è soprattutto l’interpretazione straordinaria
di Walken che conquista lo schermo con la sua presenza fisica.
• La trama: alla metà degli anni ’30, presumibilmente a Brooklyn, durante
la veglia funebre, i fratelli Ray (Walken) e Chez (Chris Penn) Tempio
decidono di vendicare l'assassinio del più giovane e anticonformista
Johnny (Vincent Gallo). Il film si conclude in un bagno di sangue in una
sorta di autodafé rituale della famiglia.
• The Funeral ha una complessa struttura narrativa a mosaico insolita nel
cinema di Ferrara.
• Sempre scritto da St John (la loro ultima collaborazione) è fotografato
con grande abilità da Ken Kelsh su due tonalità dominanti (nero, verde).
• Rappresenta una profonda disamina del mondo italoamericano dove è
fondamentale l’apporto delle figure femminili, di solito messe in un
angolo. In questo modo è uno dei pochi film italoamericani a “negare il
fascino” della famiglia mafiosa.
Il falso italoamericano Quentin Tarantino
• Nasce il 27 marzo del 1963 a Knoxville (Tennessee) da una
infermiera di 16 anni, di origini metà irlandesi e metà Cherokee:
Connie McHugh; il padre, il 21enne Tony Tarantino che Quentin non
ha mai conosciuto, era un aspirante attore nato e cresciuto a New York
da una coppia di immigrati italiani originari di Napoli, esperto di arti
marziali e con la passione per i western.
• La madre, in omaggio al personaggio di Quint Asper, interpretato da
Burt Reynolds nella serie tv Gunsmoke, lo chiamerà Quentin.
• A soli 14 anni scrive la prima sceneggiatura, Captain Peachfuzz and
the Anchovy Bandit. Abbandonata la scuola, nel 1981 inizia a prendere
lezioni di recitazione, la sua prima passione.
• Dopo diversi lavori saltuari passa nel 1984 al lavorare presso il
videonoleggio Manhattan Beach Video Archives a Los Angeles, dove
stringe una grande amicizia con Roger Avary.
• Per tre anni lavora ad un film indipendente My Best Friend’s Birthday
insieme all‟amico Craig Hamann che rimane incompiuto.
• Inizia contemporaneamente la stesura di alcune sceneggiature: Una
vita al massimo (True Romance, 1993, con Roger Avary), realizzata
nel 1993 da Tony Scott; Assassini nati (Natural Born Killers), portata
sullo schermo nel 1994 da Oliver Stone; Dal tramonto all’alba (From
Dusk Till Dawn), diretto nel 1995 (ma uscito l‟anno dopo) dall‟amico, il
regista di origine messicana Robert Rodrìguez.
Reservoir Dogs (Le iene/Cani da rapina, 1992)
• Grazie a Lawrence Bender (che poi produrrà tutti i suoi film
tramite la “Band a part” (nome ispirato al film di Godard)
fondata con lo stesso regista per Pulp Fiction), e l’aiuto del
regista Monte Hellman, nasce su sua sceneggiatura e di
Roger Avary, Reservoir Dogs, opera prima girata in 5
settimane nell’estate del 1991, a low budget.
• Trama: dei 6 partecipanti alla rapina fallita di una gioielleria
a Los Angeles – che non si conoscono tra loro e sono stati
ribattezzati con nomi di colori – due sono morti (Mr. Blue =
Edward Bunker e Mr. Brown = Tarantino) e un terzo (Mr.
Orange = Tim Roth) è ferito. I quattro superstiti si ritrovano in
un deposito: uno di loro è una spia.
• Con Harvey Keitel (anche coproduttore del film), Tim Roth,
Chris Penn, Steve Buscemi, Lawrence Tierney, Michael
Madsen.
• Gli elementi caratterizzanti lo stile di Tarantino: cinefilia
forsennata, l’ambiguità morale dei personaggi, dialoghi
barocchi sboccati e dallo humour surreale, uso disinvolto del
flashback e l’esibizione di una grande violenza grafica.
• Il modello è The Killer (Rapina a mano armata, 1956) di
Stanley Kubrick.
Pulp Fiction (1994)
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Al secondo film, il celebre Pulp Fiction, vince la Palma d’oro al
Festival di Cannes nel 1994 con la giuria presieduta da Clint
Eastwood (oltre a l’Oscar per la migliore sceneggiatura a
Tarantino e Roger Avary).
E’ il cineasta più emblematico della sua generazione perché
“mentre quella di Scorsese e dei Coppola apprende il
mestiere e organizza la sua cinefilia all’università, la nuova
generazione invece impara sul campo, guardando e
riguardando le cassette video” (ma si potrebbe anche
aggiungere le serie tv).
La trama: 4 storie di violenza a Los Angeles che s’intersecano
in una struttura apparentemente circolare avanti e indietro
nel tempo: 1) due balordi (Tim Roth e Amanda Plummer) si
accingono a fare una rapina in una tavola calda; 2) due sicari
(John Travolta, Samuel L. Jackson) recuperano una valigetta
preziosa, ripuliscono la loro auto dei resti di un uomo ucciso
per sbaglio con l’aiuto di Mr. Wolf (Harvey Keitel), l’uomo
risolvi problemi, e vanno a mangiare nella tavola calda della
rapina; 3) uno dei due sicari (Travolta) deve portare a ballare
Mia (Uma Thurman), la moglie del capo che, scambiata eroina
per cocaina, va in overdose; 4) il pugile Butch (Bruce Willis)
vince un incontro truccato, scappa con la borsa ma insieme al
suo inseguitore finisce nella tana di due assassini sadici.
E’ ispirato alla narrativa pop pubblicata dai “pulp magazines”.
Jackie Brown (1997)
• Terminato il sodalizio con Roger Avary (di cui aveva prodotto
l‟opera di debutto: Killing Zoe, 1994) e dopo l‟infelice Four Rooms
(1995), film a 4 episodi di Allison Anders, Alexandre Rockwell,
Robert Rodriguez e lo stesso Tarantino, ormai diventato un regista di
culto realizza un altro capolavoro ma sorprendendo i suoi fan
“tarantinisti”.
• Trama: un mercante d‟armi, Ordell (Samuel L. Jackson), vuole
ritirarsi dagli affari, ma non prima di riprendersi un‟ingente somma
depositata in Messico. Dovrebbero aiutarlo l‟amico Louis Gara
(Robert De Niro), appena uscito di prigione, l‟amante Melanie
(Bridget Fonda) e la ex socia (Pam Grier), arrestata per colpa sua.
Max Cherry (Robert Forster) che la fa uscire di prigione, pagando
una grossa cauzione, s‟innamora di lei e la aiuterà a…
• Interpretato dalla ex-star della blaxspoitation (black exploitation)
Pam Grier e da un‟altra riscoperta cinefila, Robert Forster, tratto
dal romanzo Rum Punch di Elmore Leonard (1925), il film che sino
ad oggi è restato l‟unica sceneggiatura non originale di T., mostra
una struttura molto più tradizionale. Si basa su atmosfere noir e
sull‟approfondimento dei personaggi, oltre a segnare la fine del
predominio maschile nell‟opera del regista. Uma Thurman diventerà
presto la musa del cinema tarantiniano nel nuovo millennio.
Il Tarantino del Terzo millennio
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Passano sei anni di silenzio e nel nuovo millennio Tarantino
potenzia il suo stile post-modern con Uma Thurman (autrice
anche del soggetto) nella parte della Dea della vendetta in Kill
Bill: Vol. 1 (2003) e Kill Bill: Vol. 2, (2004). Distaccandosi da un
certo realismo che permeava Le iene o Pulp Fiction, Tarantino
mixa: anime, kung-fu, spaghetti-western e Sergio Leone, teatro
d’ombre, action movies di Hong Kong, Opera di Pechino, teatro
kabuki, chambara (film di spada giapponesi), wu xa pian (cappa e
spada in mandarino), Ennio Morricone e Bernard Hermann.
Molto meno bene ha funzionato il progetto Grindhouse – Death
Proof (Grindhouse – A prova di morte, 2007), originariamente
pensato come un “doppio spettacolo”, un horror/splatter in due
parti dirette da Quentin Tarantino e dall’amico Robert Rodriguez.
Era un omaggio alle sale dei “doppi spettacoli” le Grind-house
(Grind significa macinare) che sino all’avvento dell’home movie
presentavano film d’exploitation. Per ragioni commerciali è stato
poi diviso in due distinti film.
Dopo questo incidente di percorso (anche economico) si è
ripreso con Inglourious Basterds (Bastardi senza gloria) dalla
durata extralarge (160 minuti, Tarantino ormai fa dei film “fuori
formato”). Christoph Waltz ha vinto il premio come migliore
attore a Cannes (dove è stato presentato nel 2009) e l’Oscar
come miglior attore non protagonista.
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