La finanza di progetto nel codice dei contratti dopo il terzo

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La finanza di progetto nel codice dei contratti dopo il terzo
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Codice dei contratti
La finanza di progetto nel codice
dei contratti dopo il terzo
correttivo D.Lgs. 152/08
di Massimo Ricchi ∗
Viene commentata l’evoluzione apportata dal terzo correttivo alla finanza di progetto, l’unico percorso di
affidamento ripartito in tre fasi, che caratterizzava la previgente disciplina, è stato sostituito da due procedimenti estremamente semplificati e da un terzo attivabile in caso di inerzia della p.a. In questa sostituzione è racchiuso il «cambio di passo» voluto dal Legislatore, meno complicazioni e più alternative percorribili per l’affidamento dei contratti di concessione o di partenariato pubblico-privato. La lettura delle
norme, che si avvale dell’interpretazione dell’analisi economica del diritto, mette in luce gli incentivi e le
sanzioni approntate per condizionare gli operatori economici a tenere comportamenti competitivi per realizzare e gestire le opere pubbliche. In queste circostanze la p.a. è chiamata a pianificare il percorso di affidamento adatto alle proprie capacità di gestione del processo e alle caratteristiche dell’operazione. Lo
studio di fattibilità è divenuto centrale per orientare la p.a. tra le opzioni procedimentali a sua disposizione e, allo stesso tempo, costituisce un documento preordinato alla redazione delle offerte dei concorrenti. Alla p.a. è chiesto un profondo mutamento: di agire utilizzando la competenza regolatoria, strumento
per il mercato più che di concessione, per ottenere opere e servizi con elevati standard qualitativi.
∗
Le opinioni dell’Autore non intendono rappresentare le posizioni dell’Ente di appartenenza (Unità Tecnica Finanza di Progetto CIPE - Presidenza del Consiglio dei Ministri).
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Il Legislatore italiano con il terzo decreto correttivo al
codice dei contratti pubblici, D.Lgs. 11 settembre
2008, n. 152 (G.U. n. 231 del 2 ottobre 2008, supplemento ordinario 227) 1 , rivoluzionando il procedimento
con il promotore, continua nella sperimentazione del
project financing e, in linea con quanto fatto
dall’esordio nel 1998, preferisce consegnare alla pubblica amministrazione una serie di opzioni alternative,
articolate in più fasi semplici e procedimentalizzate,
piuttosto che lasciare la libertà di modellizzare questo
particolare tipo di affidamento. Tale impostazione, che
tiene conto dell’indole delle stazioni concedenti nazionali poco propense ad una completa gestione autonoma, ha contribuito in modo sostanziale allo sviluppo
della finanza di progetto, trascinando anche l’altra
forma di aggiudicazione del contratto di concessione,
rappresentata dalla procedura ristretta ad iniziativa
pubblica ex art. 144 del D.Lgs. n. 163/2006, codice dei
contratti pubblici (Codice); così portando il mercato
complessivo delle concessioni, indipendentemente dai
processi di affidamento, a rappresentare nel 2005, con
circa 9 Mld €, il 25% di tutti i contratti per la realizzazione di opere pubbliche in Italia 2 .
Con queste riflessioni “a caldo” sulla nuova disciplina,
oltreché cercare di mettere in chiaro i procedimenti,
individuare i presupposti per azionarli ed indicare i
nessi con gli altri articoli del Codice, si intende evidenziare l’accresciuta discrezionalità regolatoria in capo alla p.a. 3 . L’esercizio della discrezionalità regolatoria consente alla p.a., negli spazi lasciati dalla norma,
1
I primi commenti al terzo correttivo: R. De Nictolis, Le novità del
terzo (e ultimo) decreto correttivo del codice dei contratti pubblici,
in questa Rivista, 2008, 1225; A. Coletta, Finanza di progetto e terzo decreto correttivo del codice dei contratti pubblici, in
www.giustamm.it, 2008; M. Collevecchio, Prime riflessioni sulle
modifiche della finanza di progetto inserite nel “correttivo 3”,
Convegno IGI 30 settembre 2008. Sulla previgente normativa G.
De Marzo, M. Baldi, Il project financing nei lavori pubblici, Milano, II ed., 2004; AA.VV., La finanza di progetto con particolare
riferimento ai profili pubblicistici, a cura di E. Picozza, Torino,
2005; AA.VV., Finanza di progetto, Quaderni CESFIN a cura di G.
Morbidelli, Torino, 2004; AA.VV., Project Financing e opere pubbliche, a cura di G.F. Ferrari, F. Fracchia, Milano, 2004; S. Sambri,
Project Financing,la finanza di progetto per la realizzazione di opere pubbliche, Padova, 2006; AA.VV., Finanza di progetto, problemi e prospettive, in Economia e Diritto del terziario a cura di A.
Amato, Francoangeli, n. 1, 2005. Per l’impostazione law and economics si veda G. Fidone, Aspetti giuridici della finanza di progetto, Luiss University Press, Roma, 2006; B. Raganelli, Finanza di
progetto e opere pubbliche: quali incentivi?, Torino, 2006. Per gli
aspetti privatistici A. Tullio, La finanza di progetto: profili civilistici, Milano, 2003; P. Carriere, Project financing, problemi di compatibilità con l’ordinamento giuridico italiano, Padova, 1999.
2
Il mercato del PPP e i relativi procedimenti di aggiudicazione non
conoscono battute d’arresto, vedi comunicato stampa Osservatorio
Nazionale sul Project Financing (www.infopieffe.it) del 2 maggio
2006: «le gare con queste procedure rappresentano alla fine del
2005 circa un quarto del valore della spesa appaltata nell’anno
(9.511 milioni di euro su 38.148)».
3
Sull’evoluzione della discrezionalità dall’Unità d’Italia ad oggi si
veda G.D. Comporti, Lo Stato in gara: note sui profili evolutivi di
un modello, in Il Diritto dell’Economia, n. 2, 2007; G. Alpa, Aspetti
civilistici del Codice dei contratti pubblici - Prime note, in Economia e Diritto del terziario, 2007, 3, 749 ss.
di adattare l’affidamento del contratto alla situazione
concreta; le direttrici che presiedono la scelta sono
sempre ispirate ai principi di rango comunitario, che
come è noto mettono al centro la tutela della concorrenza 4 . Nonostante l’argomento regolatorio autorizzi
più soluzioni interpretative per una stessa fattispecie e
le indicazioni qui prospettate di conseguenza ammettono alternative, si è cercato di suggerire quelle azioni
per rendere efficace ed efficiente l’attività dei soggetti
aggiudicatori 5 , soprattutto evitando le trappole interpretative incoerenti con l’impianto sistematico del Codice e con la tradizione giurisprudenziale 6 e dottrinaria
maturata in questi anni di applicazione 7 , che ha messo
in risalto come le operazioni con il promotore siano
connotate dal dialogo con il privato, guidato
dall’interesse pubblico, rivolto all’eliminazione progressiva delle asimmetrie informative 8 . Infine, è sem4
Si veda la direzione intrapresa dall’Autorità per la vigilanza sui
contratti pubblici nella relazione di L. Giampaolino, Una nuova politica per le opere pubbliche in Italia: le difficoltà da una iperregolamentazione, in Forum OICE, novembre 2007, 5, dove si legge: «L’Autorità guarda alla materia degli appalti in una luce nuova,
come strumento funzionale al mercato inteso come valore da promuovere e tutelare»; anche il CNEL, La finanza di progetto, Osservazioni e Proposte, documento 9 aprile 2008, ritiene che lo «Stato
deve intervenire sotto tre aspetti: promuovere la concorrenza, al fine
di avere strutture di prezzo, qualità e costo più efficienti; promuoverne un livello qualitativo minimo adeguato, attraverso opportuni
standard di qualità; promuoverne la solidarietà, nel senso che ne
abbassa il prezzo sotto il costo, ove ritenuto opportuno, con integrazioni pagate attraverso le tasse».
5
Per comprendere la materia degli affidamenti dei contratti di concessione o di partenariato, poiché si analizza un mercato di notevoli
dimensioni, quello delle opere e dei servizi pubblici, non si può prescindere da una lettura del terzo correttivo in chiave di law and economics: aderenti a questa impostazione sulla previgente normativa B. Raganelli, op. cit. e G. Fidone, op. cit.
Invece, mette in luce come il PPP possa connotare la complessiva
azione di politica governativa, partendo dall’analisi di budget sino
alla determinazione delle tariffe dei servizi pubblici, A. Carzaniga,
Aspetti generali del partenariato tra pubblico e privato, in Opere
pubbliche: le nuove modalità di realizzazione, a cura di D. Spinelli,
P. L. Vecchia, Milano, 2007, 1-20.
6
Cons. Stato n. 6727/06, n. 4811/07, n. 142/05, n. 6287/05, n.
2355/08; T.A.R. Puglia, Bari n. 1117/06 e n. 1946/06, T.A.R. Sicilia, Palermo n. 1358/04, T.A.R. Campania, Napoli n. 9571/04 e n.
249/07, T.A.R. Abruzzo, Pescara n. 99/05, T.A.R. Lombardia, Brescia n. 398/07.
7
Si veda T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, 23 aprile 2008, n.
1552, che si segnala per il riconoscimento di funzione di guida della
dottrina sul terreno della finanza di progetto: in particolare i principi
elaborati dalla dottrina in idem sentire con la giurisprudenza sono
deliberatamente i presupposti della decisione.
8
Cosi in F. Fracchia, op. cit., 37 ss. Inoltre, l’A. suggerisce di applicare al procedimento con il promotore la categoria di «operazione amministrativa» da cui discendono importanti conseguenze interpretative in una disciplina dove ci sono più vuoti che pieni: «In
altri termini, l’oggetto di siffatta disciplina esibisce i sopra individuati caratteri di unitarietà, di preordinazione ad un medesimo risultato pubblicistico e di assoggettamento ai principi dell’attività amministrativa che segnalano l’esistenza della categoria
dell’operazione amministrativa […]. Se così è si riesce a giustificare la circostanza che l’intera operazione risulti rilevante ai fini della
sua convenienza, della sua compatibilità ambientale o della legittimità della scelta amministrativa […]; infine, pare più agevole individuare un canone interpretativo utilizzabile per le disposizioni incerte e una serie di indicazioni circa le modalità di svolgimento
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brato utile fornire alla p.a. dei criteri per orientarsi nella scelta dei diversi procedimenti, che consentono
l’affidamento dei contratti di concessione o, secondo la
nuova definizione più estesa dell’art. 3, comma 15 del
Codice, dei contratti di Partenariato Pubblico-Privato
(PPP) 9 .
Preme sottolineare come alla p.a. sia richiesto un profondo cambiamento nell’approccio all’affidamento dei
contratti complessi 10 ; prendendo coscienza di essere
una piccola Autority 11 deve avere cura del mercato a
cui si rivolge per sviluppare una sana concorrenza e allo stesso tempo deve condizionare l’offerta alle proprie
richieste per centrare il pubblico interesse, poiché impersona la domanda di beni e servizi pubblici.
Uno degli aspetti problematici del previgente procedimento con il promotore era quello della durata, scandito sostanzialmente da tre potenziali gare. La molteplicità dei passaggi obbligati lo esponevano ad una inusitata possibilità di ricorsi giurisdizionali per un unico
procedimento: naturalmente anche il tempo impiegato
in se per arrivare alla conclusione non giocava a favore
di un suo mantenimento. Con il terzo decreto correttivo al Codice è intervenuta la riforma del promotore
che ha gemmato due procedimenti alternativi originali
entrambi
caratterizzati
dalla
semplificazione
dell’articolazione del processo di gara e un terzo percorso, condizionato dall’inattività della p.a., che apre a
tre possibili sub-procedimenti: per comodità espositiva, cogliendo le caratteristiche di ciascuno, sono stati
denominati rispettivamente promotore monofase, promotore bifase e promotore additivo.
Il coinvolgimento dei terzi nella programmazione
dell’attività dell’amministrazione, soprattutto in relazione ai casi in
cui essa deve effettuare valutazioni molto delicate».
9
Il contratto complesso rientra nella nuova definizione di contratto
di partenariato pubblico-privato inserita dal terzo decreto correttivo
nel codice all’art. 3, comma 15-ter. Per una analisi critica e comparativa del contratto di partenariato con alcune altre realtà europee, si
veda C. Rangone, Art. 3, c. 15-ter Decreto correttivo al Codice degli appalti pubblici, Convegno IGI 14 ottobre 2008.
10
Si veda l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, Relazione Annuale 2007, presentata l’8 luglio 2008, pp. 223-234.
L’Autorità ha dedicato un capitolo per descrivere le procedure di
aggiudicazione degli appalti complessi nei principali paesi europei,
Regno Unito, Francia, Germania e Spagna così concludendo «Le
singole discipline riguardanti l’aggiudicazione degli appalti complessi appaiono strutturate in modo da lasciare un buon grado di elasticità e un ampio grado di discrezionalità alle amministrazioni
nell’adattare i modelli ai casi concreti. Le discipline di questi paesi
non vedono la discrezionalità con sospetto ma anzi la considerano
utile per garantire l’efficacia dell’azione amministrativa. […]. La
combinazione preferita in questi paesi, in conclusione, sembra quella tra discrezionalità regolata dai principi, piuttosto che da vincoli
formali, versatilità e varietà dei modelli procedurali, responsabilità
per le scelte e i risultati sostanziali e cooperazione e assistenza da
parte di Autorità che, per posizione istituzionale e qualificazione
tecnica, dispongano di una visione di insieme del mercato dei contratti pubblici».
11
«Much of what we have said about auction design is no more
than an application of standard antitrust theory» in P. Klemperer,
What Really Matters in Auction Design, in Journal of Economic
Perspectives, V. 16, N. 1, Winter 2002, 186.
È stato migliorato il processo propositivo di inserimento nella programmazione di opere tramite il promotore
da parte di terzi esterni all’amministrazione; infatti, i
soggetti che possono presentare i suggerimenti da inserire negli atti programmatori, devono possedere dei requisiti di qualificazione molto più rigorosi a garanzia
della serietà del loro impegno. Questa modalità programmatoria, ora disciplinata dal comma 19 dell’art.
153 del Codice, circoscrive i requisiti di qualificazione
posseduti dagli operatori economici privati solo a quelli indicati al comma 8 (i proponenti qualificabili come
concessionari) e al comma 20 (i proponenti qualificabili con altri specifici requisiti), e non più genericamente riferibili a tutti soggetti pubblici e privati. Si noti come i soggetti pubblici non siano più menzionati,
forse per evitare le interferenze reciproche nelle programmazioni tra amministrazioni pubbliche e per presa
d’atto di scarso realismo della norma previgente.
Lo studio di fattibilità, redatto dai terzi qualificati, diventa l’unico documento da sottoporre alla p.a. ai fini
dell’inserimento dell’opera nella programmazione
pubblica; le semplici proposte di intervento, ammesse
nel previgente art. 153, non sono più sufficienti perchè
non garantivano il necessario approfondimento e costringevano, comunque, la p.a. diligente a redigere lo
studio di fattibilità. Rimane inalterato l’impianto autorizzatorio che da facoltà alla p.a. di decidere se accettare la proposta di inserimento nella programmazione,
senza l’obbligo di corrispondere un prezzo anche in
caso di accoglimento e di acquisizione dello studio di
fattibilità del privato. Inoltre, è stato imposto alla p.a. il
termine sollecitatorio di 6 mesi per decidere se adottare gli studi di fattibilità proposti dai terzi: ciò a tutela
dei privati che investono sulla redazione dello studio di
fattibilità proprio per l’opportunità di vederlo accolto
nei documenti programmatori in tempi certi, guadagnando così un vantaggio competitivo lecito
sull’operazione successiva. La categoria dei vantaggi
competitivi leciti spiega l’incentivo dei privati a compiere delle azioni apparentemente in perdita, in questo
caso affrontare i costi per la predisposizione dello studio di fattibilità senza la possibilità di recuperarli. Il
vantaggio competitivo lecito pone in capo al soggetto
privato, che presenta la proposta di programmazione in
finanza di progetto, una transitoria posizione dominante, destinata a dissolversi nelle procedure concorrenziali successive o per il rifiuto della p.a. ad accogliere
il suggerimento programmatorio. Il vantaggio competitivo lecito, nonostante si affievolisca in caso di sviluppo del procedimento, persiste in capo all’operatore economico solo se si pone attenzione al fatto che il privato ha acquisito in esclusiva una forte competenza
sull’operazione per avere prima degli altri concorrenti
studiato il caso, avere predisposto la matrice-progetto
(lo studio di fattibilità) adottata dalla p.a. per la quale
ha già pronta l’offerta e nell’avere già intrapreso un
dialogo tecnico con la p.a. procedente. Questo vantaggio, inoltre, poiché viene segnalato al mercato, dovrebbe scoraggiare tutti quei potenziali concorrenti che
non sono all’altezza di presentare una proposta compe-
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titiva con quella del proponente; insomma il vantaggio
competitivo lecito contribuisce ad innalzare il valore
qualitativo delle proposte che potrebbero essere presentate nel prosieguo del procedimento, le uniche formulate dal mercato con la coscienza di avere chances
di imporsi sul concorrente che ha determinato la programmazione della p.a.
Il promotore monofase
L’attuale art. 153 del Codice accorpa i contenuti modificati degli artt. 154 e 155 previgenti e delinea il procedimento del promotore monofase dal comma 1 al
comma 14: in estrema sintesi la p.a., dopo avere pubblicato un bando, aggiudica il contratto di concessione
al concorrente che ha sottoposto la proposta migliore,
valutata con il criterio dell’offerta economicamente
vantaggiosa.
Le precisazioni riferite all’obbligo di predisposizione
di uno studio di fattibilità prima di lanciare la gara, la
possibile programmazione nell’elenco annuale delle
opere pubbliche solo sulla base dello studio di fattibilità ex art. 128, comma 6 del Codice, la necessità di
condizionare la pubblicazione del bando, che da
l’avvio alla selezione del promotore, alle modalità previste ex art. 66 o 122 del Codice, rispondono ad esigenze minime di individuazione degli obiettivi pubblici e di comunicazione al mercato europeo 12 .
Nella previgente disciplina questi standard erano stati
messi in discussione dall’ambiguità delle disposizioni
che consentivano interpretazioni elusive. Infatti, nella
pratica si riteneva che lo studio di fattibilità non dovesse essere predisposto dalla p.a. o non dovesse essere
approfondito adeguatamente in fase di programmazione, perché i concorrenti ne redigevano uno proprio al
momento della presentazione della proposta 13 . Inoltre,
il previgente art. 153, comma 3, prescrivendo la pubblicazione dell’avviso solo sui siti informatici di cui
all’art. 66, comma 7 del Codice, consentiva di escludere la pubblicità in GURI e soprattutto in GUCE, perché
l’avviso non veniva ritenuto un bando 14 ; i commi 2 e 3
dell’art. 153 del Codice fugano ogni possibile equivoco sulla necessità di pubblicare un vero è proprio bando, utilizzando tutti i mezzi di pubblicità obbligatori
12
UTFP News n. 3, Il Mercato europeo del PPP: analisi, criticità e
proposte, in www.utfp.it Approfondimenti, ottobre-dicembre 2008.
13
Questa sviante prassi amministrativa e la corretta interpretazione
che chiarisce l’obbligatorietà dello studio di fattibilità nelle operazioni con il promotore è stata sottolineata, con la richiesta di una
precisazione normativa, nel documento UTFP, 10 Temi per migliorare il ricorso alla finanza di progetto, in www.utfp.it, 2005, 5 ss.
Nello stesso documento vengono suggeriti alcuni contenuti necessari dello studio di fattibilità per l’affidamento di contratti di concessione, in particolare l’analisi del value for money, l’applicazione del
public sector comparator, la previsione dello scenario di fallimento,
la previsione di una opportuna distribuzione dei rischi, la valutazione di impatto sul debito pubblico, etc.
14
Per la centralità dell’avviso e la sua assimilabilità al bando vedi
la determinazione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, 11 ottobre 2007, n. 8.
che gli sono propri a seconda che il valore 15 del contratto da affidare sia sopra o sottosoglia 16 .
I contenuti del bando e la negoziazione del
progetto
Gli stessi commi 2 e 3 dell’art. 153 del Codice stabiliscono i contenuti obbligatori del bando riferendosi a
quelli standard per le concessioni previsti dall’art. 144
del Codice; nel procedimento monofase, però, sono
stati aggiunti due contenuti specifici.
Questi nuovi contenuti del bando, elencati nell’art.
153, comma 3, sub lett. a) e b), costituiscono il fondamentale meccanismo regolatorio del nuovo procedimento fissato dalla legge, in particolare sub lett. a)
l’amministrazione aggiudicatrice, una volta individuato il promotore, ha la possibilità di chiedergli di apportare alla sua offerta quelle modifiche eventualmente intervenute in fase di approvazione del progetto e i conseguenti adeguamenti del piano economico-finanziario
(PEF).
La vigente disciplina consente di stabilire i limiti, i
contenuti e il tempo di esercizio del potere di richiedere modifiche all’offerta, sostanzialmente di negoziarla,
che nel previgente art. 155, comma 1, lett. a) del Codice, era solo ellitticamente presupposto, laddove la p.a.
poneva «a base di gara il progetto preliminare presentato dal promotore, eventualmente modificato sulla base delle determinazioni delle amministrazioni stesse».
Tale incisività prescrittiva ha autorizzato alcune posizioni interpretative rigide, che non ammettevano sostanziali modifiche al progetto e soprattutto al PEF, la
cui variazione era il sintomo che si stavano travalicando i limiti consentiti di esercizio del potere di variazione. Quella posizione, rendendo intangibile la proposta,
generava due inefficienze:
- la prima bloccava sine die i procedimenti di aggiudicazione le cui proposte erano sottoposte a richieste di
modifica, perché i costi aggiuntivi non potevano trovare accoglimento nel PEF;
- la seconda, ancor più grave, non consentiva alla p.a.
di modificare la proposta per centrare il pubblico interesse. La p.a. era obbligata nei fatti ad accettare una
proposta mediocre piuttosto che azzerare una gara così
complessa e dispendiosa.
La soluzione offerta dalla nuova formulazione dell’art.
153, comma 3, lett. a) non lascia dubbi riguardo la
possibilità di apportare le modiche prescritte in sede di
15
Nonostante l’art. 153, comma 2, per individuare il valore del
contratto ai fini della pubblicazione faccia riferimento all’importo
dei lavori, si veda l’interpretazione più aderente al codice, alle direttive comunitarie e soprattutto alla natura del rapporto concessorio
prospettata in UTFP News n. 1, Il valore europeo delle concessioni,
in www.utfp.it Approfondimenti, aprile-giugno 2008, 8 ss.
16
Il parere del Consiglio di Stato reso in adunanza del 14 luglio
2008, p. 9, sullo schema di decreto legislativo recante ulteriori modifiche ed integrazioni al D.Lgs. n. 163/2006, sottolinea come sia
stato risolto il problema di pubblicità dell’avviso sollevato dalla
Commissione europea laddove «al comma 3 si stabilisce che il bando di gara va pubblicato con le modalità di cui all’art. 66 ovvero di
cui all’art. 120».
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conferenza di servizi, disciplinate dagli artt. 14-bis e
ss. della L. 7 agosto 1990, n. 241, per il richiamo del
successivo comma 10, lett. c) all’art. 97 del Codice.
Neppure deve mettersi in dubbio la possibilità di richiedere modifiche progettuali e del PEF dalla stessa
p.a. procedente in fase di approvazione del progetto:
ciò sia per continuità con quella parte della giurisprudenza e dottrina 17 focalizzata sull’efficienza
dell’azione amministrativa e sia, soprattutto, per
l’esplicito richiamo normativo. La nuova disciplina
sancisce una prescrizione di carattere generale, laddove al comma 3 si riferisce alle «modifiche eventualmente intervenute in fase di approvazione del progetto»: queste, infatti, comprendono sia le eventuali richieste di modifica della stessa p.a. che, ai sensi del
comma 10, quelle generate dalla conferenza di servizi.
A questo punto si impone una riflessione supplementare proprio alla luce dei compiti regolatori della p.a. Se
dovessimo accettare la soluzione interpretativa che limita le richieste alle sole modifiche progettuali
dell’amministrazione e a quelle emerse in conferenza
di servizi – il PEF muta di conseguenza per mantenere
il nuovo equilibrio economico-finanziario imposto dalle modifiche ex art. 153, comma 3, lett. a) del Codice –
la p.a. si esporrebbe alla circostanza di poter sottoscrivere un contratto di concessione comprensivo di cospicue rendite non giustificate dai rischi assunti dal concessionario. Il limite della procedura monofase risiede
nell’impossibilità di sottoporre a confronto concorrenziale la proposta prescelta per ridurre gli ingiustificati
margini di profitto 18 . Questo esito si evita se la p.a. si
comporta come un’Autority 19 : con la capacità valutare
17
In particolare G. F. Cartei, Finanza di progetto e modelli partenariali pubblico-privati: profili critici, in Responsabilità e concorrenza nel codice dei contratti pubblici, a cura di G.F. Cartei, Napoli, 2008, 225 ss. L’A. mette in evidenza come «la natura ancipite
della finanza di progetto, sospesa a metà tra le garanzie che presiedono alle gare pubbliche e la necessità che la procedura non inasprisca i canoni dell’evidenza pubblica, ma consenta di individuare
la migliore proposta e di verificare fino a che punto l’interesse privato possa corrispondere al pubblico interesse […]. Di conseguenza, in tutte le ipotesi in cui le proposte presentate appaiano suscettibili di essere sviluppate secondo modalità diverse – per quanto equivalenti sotto il profilo della gestione contenuta nel piano economico finanziario – … l’amministrazione non dovrebbe limitarsi a
chiarimenti su meri profili di irregolarità formale, ma dovrebbe poter formulare richieste su eventuali modifiche al piano originario
che non mutino i caratteri essenziali dell’opera».
18
F. Merusi, Certezza e rischio nella Finanza di Progetto delle
Opere Pubbliche, in Finanza di Progetto, a cura di G. Morbidelli,
Torino, 2004, 20. L’Autore evidenzia che, qualora non si chiedesse
al mercato in regime di concorrenza di realizzare un’opera pubblica
in finanza di progetto, si favorirebbero iniziative di tipo parassitario
introducendo tra le spese dell’opera costi non necessari.
19
Se ciascuna stazione appaltante si comportasse come una Autorità per la vigilanza contratti pubblici e una Autorità garante della
concorrenza e del mercato si creerebbe un sistema a rete molto efficiente nella regolazione della conduzione delle gare, il cui nucleo
denso è rappresentato dalle Autority nazionali. Sembra intravedersi
la possibilità di un tale disegno in L. Giampaolino, L’attività di regolazione come strumento di efficienza del mercato dei contratti
pubblici, Convegno Infrastrutture e servizi: Competitività e Regole,
Roma 26 giugno 2008, laddove segnala l’esigenza di «Un grande
patto, in un comune contesto di garanzie, soprattutto per aumentare
ed imporre, in fase di approvazione del progetto,
l’eliminazione delle rendite, ad esempio ridimensionando i costi esposti di costruzione, i canoni richiesti
alla p.a. per le opere fredde, il contributo pubblico in
conto costruzione o gestione e procedere ad una più
equa distribuzione dei rischi, etc., in altre parole far
sopportare alla collettività un costo congruo per servizi
pubblici 20 .
In una ricostruzione sistematica, la p.a. soddisfa il
pubblico interesse non solo imponendo le modifiche
progettuali ritenute opportune ma, anche attraverso una
appropriata negoziazione, pagando al mercato il prezzo
giusto per l’opera pubblica e per i servizi erogati alla
collettività, ottenendo così il cd. value for money 21 . Le
concessioni sono un patrimonio pubblico e per tale
motivo non possono essere svalutate 22 con un corrigli investimenti pubblici e privati, (che) deve pertanto collegare in
un circuito virtuoso Autorità, stazioni appaltanti, imprese e cittadini
che, come utenti di servizi, devono entrare in un contesto bilaterale
di segnalazioni e di informazioni».
20
La Sentenza T.A.R. Campania, Napoli n. 9571/2004, dichiara
apertamente il compito della p.a. di controllare il PEF laddove «Alla stazione appaltante non è precluso l’accertamento della coerenza
e della sostenibilità economica dell’offerta […] contenuto in re ipsa
nell’esame del PEF […] non è dunque ammissibile la sottrazione
del PEF - che questi equilibri spiega e giustifica - a una seria valutazione di sostenibilità della stazione appaltante […]. Valutazione
di sostenibilità che […] non può identificarsi o risolversi
nell’asseverazione bancaria che […] non sostituisce la valutazione
amministrativa ma ne costituisce un presupposto di partenza». La
coerenza e la sostenibilità del PEF riguarda anche la congruenza del
contributo pubblico, la veridicità dei dati di input compresi i costi
corretti di costruzione, di gestione, di strutturazione finanziaria, di
domanda, etc.
Sull’esigenza di imporre una corretta distribuzione dei rischi tra p.a.
e privato concessionario si sofferma la sentenza T.A.R. Lombardia,
Brescia n. 398/2007, precisa infatti che «L’allocazione del rischio
deve quindi essere rispettosa degli indirizzi comunitari che definiscono la categoria della concessione e le forme di partenariato pubblico privato […]. La ripartizione dei rischi si effettua caso per caso, in funzione della capacità delle parti in questione di valutare,
controllare e gestire gli stessi […]. La scelta del Comune di non sottoscrivere l’originario schema di convenzione è quindi giustificata
dalla necessità di rimediare a una distribuzione dei rischi non conforme alle caratteristiche della concessione di lavori mediante finanza di progetto».
21
La definizione di value for money nel documento divulgativo sulla finanza di progetto UTFP, 100 Domande e Risposte in
www.utfp.it, p. 52: «Con il termine Value for Money (VfM) si intende la combinazione ottimale dei costi complessivi del progetto e
della qualità dei servizi erogati, in coerenza con le necessità degli
utilizzatori, ovvero l’ottenimento degli obiettivi perseguiti mediante
un ottimale sfruttamento delle risorse disponibili. Il VfM dei PPP
rappresenta il beneficio in termini finanziari derivante per
l’amministrazione dal ricorso a tale tipo di operazione.
L’accertamento del VfM da parte della pubblica Amministrazione
dovrebbe quindi rappresentare il presupposto per l’avvio di operazioni di PPP. L’Amministrazione dovrebbe verificare: 1) se il ricorso a forme di PPP è più conveniente rispetto alla procedura di appalto tradizionale; 2) se l’eventuale proposta di PPP è effettivamente quella che ottimizza i costi per il settore pubblico e, nel caso di
più proposte, scegliere quella più vantaggiosa».
22
M. Ricchi, Finanza di Progetto, Contributo Pubblico, Controllo
ed Equità (Le Concessioni sono Patrimonio Pubblico), in Il Diritto
dell’Economia, 2006, 3, 579 ss. L’A. si sofferma sulla necessità di
garantire una equità tra le parti nei contratti di concessione non solo
alla firma del contratto ma per tutta la sua durata; ciò potrà avvenire
solo inserendo delle clausole di retrocessione degli extra-profitti,
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spondente arricchimento ingiustificato del partner privato; a ragione di ciò è sufficiente richiamare il principio di rango comunitario sancito dall’art. 2 del Codice,
laddove «l’affidamento e l’esecuzione di opere lavori
pubblici, servizi e forniture, ai sensi del presente codice, deve garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità…».
Il secondo contenuto obbligatorio del bando, ai sensi
dell’art. 153, comma 3, lett. b) del Codice, prescrive
che, in caso di rifiuto del promotore di apportare le
modifiche indicate, l’amministrazione ha la facoltà di
chiedere ai concorrenti successivi in graduatoria
l’accettazione del contratto con le modifiche. Il primo
dei concorrenti in ordine di chiamata che esprime il
consenso succede al promotore e si assicura la sottoscrizione del contratto. Questa disposizione tiene il
promotore sotto pressione per l’accettazione delle modifiche alla sua offerta e, soprattutto, solleva la p.a. dal
«ricatto» della mancanza di aggiudicatari alternativi. Il
potere regolatorio della p.a. di ottenere le modifiche
dal promotore è fortificato dalla minaccia di poter perdere il contratto. Si osservi come la sanzione sia necessaria specialmente quando la p.a. interviene sulla proposta negoziando le eventuali rendite ingiustificate,
quando invece la richiesta di modifiche impone nuovi
costi, il promotore non ha ragioni per rinunciare al
contratto perchè il PEF viene obbligatoriamente riequilibrato ai sensi dell’art. 153, comma 3, lett. a) del Codice.
Al promotore che dovesse recedere è, comunque, garantita una compensazione economica pari al costo di
predisposizione dell’offerta non superiore al 2.5% del
valore di investimento ai sensi del comma 12 dell’art.
153 del Codice. Il concorrente subentrato è tenuto al
pagamento dell’indennizzo al promotore receduto e
senza dubbio ne sopporterà integralmente il costo, non
potendolo inscrivere nel PEF che regolerà il suo rapporto concessorio con la p.a.
Ai sensi dell’art. 153, comma 10, lett. d), qualora si
dovesse verificare il caso che la proposta non necessiti
di modifiche, la p.a. procede direttamente alla stipula
della concessione; la previsione certamente stimolerà
gli aspiranti promotori a sottoporre «l’offerta perfetta»
e la p.a. sarà tenuta a verifiche approfondite.
Il tempo delle modifiche della proposta
La nuova disciplina all’art. 153, comma 10 risolve la
gran parte del problema del cd. rischio amministrativo 23 , imponendo l’attivazione obbligatoria della confe-
renza dei servizi 24 ai sensi dell’art. 97 del Codice, sul
progetto preliminare presentato dal promotore anche ai
fini della valutazione di impatto ambientale. Questo rischio è legato ai pareri, autorizzazioni, nulla osta comunque denominati che devono essere rilasciati da
quegli enti della p.a. che presiedono la tutela di interessi pubblici specifici come quello ambientale, paesaggistico-territoriale, storico-artistico, della salute e
della pubblica incolumità. Nel sistema previgente accadeva alla p.a. di esprimersi sulla conformità del progetto a questi differenti interessi imponendo delle prescrizioni in momenti successivi alla pubblicazione
dell’avviso ex previgente art. 153, comma 3 del Codice; rischiando così di far saltare il PEF di ogni proposta e, dunque, il «banco» della finanza di progetto. Le
prescrizioni onerose, portatrici di nuovi costi, che intervenivano successivamente alla presentazione delle
proposte o che modificavano il lay-out progettuale,
rendevano insensato il procedimento rivolto
all’individuazione del miglior progetto, falsando, in
particolari circostanze, la concorrenza, ed espandevano
senza controllo i tempi del già lungo procedimento.
Poiché la volontà della p.a. si manifestava «a rate», la
soluzione era di provocare, prima della chiamata del
mercato mediante l’avviso, le prescrizioni che i concorrenti dovevano tenere a mente quando presentavano
le proposte. La strategia operativa per far emergere la
volontà della p.a. in anticipo rispetto alla presentazione
delle offerte, si attua mediante l’uso tempestivo
dell’accordo di programma e della conferenza di servizi o, meglio, delle conferenze di servizi 25 . La soluzione prospettata dal Codice, imponendo l’utilizzo della
conferenza di servizi sul progetto preliminare del promotore, rimuove con forza di legge gran parte del rischio amministrativo, come abbiamo detto prima risolvibile solo in via di diligente prassi amministrativa, ma
non risolve con pari vincolatività quello di efficienza
della gara; gli aspiranti promotori presentano le proposte già potenzialmente confliggenti con le prescrizioni
che verranno rese dalle varie autorità pubbliche.
I costi delle modifiche progettuali imposte dalla conferenza di servizi e dalla valutazione di impatto ambientale devono essere sostenute dal promotore stesso, ai
sensi del comma 10, lett. c) dell’art. 153 del Codice.
La norma accollando al promotore aggiudicatario il carico dei sunk costs di modifica del progetto, lo fidelizza ancor di più nel suo proposito di proseguire nella
gara e, inoltre, neutralizza la reazione di censura im24
non collegate agli effettivi rischi assunti dal concessionario e con un
pregnante controllo contabile per evitare opportunismi post contrattuali, diversamente la p.a. potrebbe firmare dei contratti predatori
delle sue stesse risorse.
23
La soluzione di mitigare il rischio amministrativo, collegato alla
localizzazione dell’opera e alle necessarie varianti al PRG, mediante un accordo di programma (anche facente funzione di conferenza
di servizi), a monte della fase programmatoria è stata suggerita nel
documento UTFP, 10 Temi per migliorare il ricorso alla finanza di
progetto, in www.utfp.it, 2005, 24 ss.
G.D. Comporti, Voce: Conferenza di servizi, in Dizionario di Diritto Pubblico diretto da S. Cassese, Milano, 2006.
25
La strategia suggerita nella prassi per abbattere integralmente il
rischio amministrativo ed ottenere una migliore concorrenzialità in
M. Ricchi, La regolazione di una operazione di PPP, in Riv. Amm.
Rep. It., 2007, 2, 161 ss., laddove «La p.a. deve agire con una incalzante sequenza tra accordo di programma e conferenze di servizi
per far emergere la sua volontà in anticipo rispetto alla presentazione delle proposte e stabilire il perimetro del progetto una volta per
tutte, evitando che le prescrizioni dettate in tempi successivi falsino
il processo di definizione dell’operazione e la gara tra i concorrenti».
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mediata che potrebbero generare quelle proposte non
in linea con la prassi largamente riconosciuta: in altre
parole la p.a. può permettersi di scegliere anche quelle
proposte di cui ha coscienza che avranno necessità di
importanti modifiche, richieste sia dalla stessa p.a.
concedente come dalle altre «anime» della p.a. che si
pronunceranno in sede di conferenza di servizi. Ai sensi dell’art. 153, comma 11 del Codice, la stipulazione
del contratto di concessione è sospensivamente condizionata: a) dalla conclusione positiva della procedura
di approvazione del progetto; b) dall’accettazione delle
modifiche da parte del promotore o del diverso concorrente aggiudicatario.
Il criterio per comparare le offerte
Il momento valutativo delle offerte nel procedimento
monofase è determinante perché la scelta individua
immediatamente l’aggiudicatario, salva la sua facoltà
di recedere in caso di modifiche non gradite. Il criterio
di valutazione delle proposte è stato sensibilmente modificato rispetto a quello che presidiava la dichiarazione di pubblico interesse: infatti, ai sensi dell’art. 153,
comma 4 del Codice, «le amministrazioni aggiudicatrici valutano le offerte presentate con il criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa di cui
all’art. 83» 26 . Il Legislatore pur facendo propri i vincoli imposti alla discrezionalità dall’offerta economicamente più vantaggiosa (OEV) ha comunque tenuto
conto della specificità dei contratti complessi con due
prescrizioni:
1) la prima, indicata al comma 5 dell’art. 153 del Codice, riguarda gli elementi di giudizio. I tradizionali
criteri di valutazione dell’OEV, elencati dalla lett. a)
alla lett. o) dell’art. 83, comma 1 del Codice, sono stati
estesi «agli aspetti relativi alla qualità del progetto preliminare presentato, al valore economico e finanziario
del piano e al contenuto della bozza di convenzione».
Questi criteri aggiuntivi di valutazione devono intendersi obbligatori e non esemplificativi, senza la possibilità di essere omessi secondo le circostanze, come
invece è possibile per quelli indicati dall’art. 83 del
Codice;
2) la seconda, inserita al comma 5 dell’art. 153 del
Codice, impone che i criteri vengano inseriti nel bando
«secondo l’ordine di importanza loro attribuita, in base
alla quale si procede alla valutazione comparativa tra
le diverse proposte». In questo caso sembra evidente
l’intenzione di rendere prescrittiva l’indicazione contenuta nell’art. 83, comma 3 del Codice, in particolare
di non precisare «la ponderazione relativa da attribuire
a ciascuno di essi, anche mediante una soglia espressa
con un valore numerico determinato…». Infatti, per i
contratti complessi la ponderazione tra criteri è piutto26
Il tema dell’offerta economicamente vantaggiosa e sui numerosi
metodi per valutarla non sono stati ancora presi in seria considerazione dalle amministrazioni aggiudicatrici in Italia, che utilizzano
largamente solo il criterio aggregativo compensatore che può condurre, però, ad inefficienze sviando l’interesse pubblico. Su questi
temi puntuale A. Coletta, op. cit., pp. 31 ss.
sto critica e può dare dei risultati indesiderati; intuitivamente è illogico utilizzare dei rigidi metri di giudizio per comparare delle proposte diverse tra loro, la soluzione è di indicare solo l’«ordine decrescente di importanza».
La combinazione di queste due prescrizioni costituisce
un sistema flessibile di valutazione delle offerte, che
introduce degli elementi che vincolano la discrezionalità della p.a. ma non al punto da indurla a commettere
scelte indesiderate in nome della trasparenza. Per
comprendere il passo compiuto si noti come sia stato
certamente abbandonato il criterio di massima discrezionalità che caratterizzava la dichiarazione di pubblico interesse 27 nel sistema previgente. Infatti, il criterio
dell’OEV costituiva solo una facoltà autovincolante
della p.a. e la discrezionalità di scelta non era limitata
né dalla ponderazione dei criteri di valutazione delle
offerte e neppure dall’indicazione dell’ordine decrescente dei criteri. C’era l’opportunità di esercitare una
discrezionalità amministrativa pura 28 .
Il nuovo sistema, introducendo l’obbligatorietà
dell’OEV e l’indicazione dell’ordine di importanza dei
criteri, ha mantenuto per la p.a. la capacità di cogliere
le proposte con soluzioni innovative. Infatti, se la
computazione dei criteri di valutazione venisse rigidamente indicata ex ante, ciò non permetterebbe di
premiare in modo appropriato le proposte con caratteristiche il cui valore non era immaginato al momento
della pre-determinazione. In questo modo la p.a. evita
di essere costretta da ponderazioni fisse quando ancora
non ha preso visione delle offerte che il mercato è stato
capace di proporre; gli operatori economici puntano
proprio sul valore dell’innovazione per assicurarsi
l’aggiudicazione del contratto. Questa maggiore flessibilità nella valutazione, non esclude che la p.a. decida,
comunque, di autovincolarsi ex ante, tramite la ponderazione dei criteri e l’assegnazione di pesi e punteggi,
qualora si trovi più a suo agio nella gestione del procedimento 29 .
27
Vedi M. Ricchi, Negoauction, discrezionalità e dialogo competitivo, in www.giustizia-amministrativa.it.
28
Si veda M. Giovannelli, Discrezionalità tecnica e amministrativa
nella scelta della proposta del promotore, commento a Cons. Stato,
n. 2355/08, in questa Rivista, 2008, 1107-1117. In questo senso è
esplicita la sentenza n. 1552/2008 del T.A.R. Emilia-Romagna,
Bologna che descrive l’evoluzione giurisprudenziale e dottrinaria
della discrezionalità amministrativa nella dichiarazione di pubblico
interesse; citando quest’ultima si parla di «un alto grado», di
«massimo margine», di «valutazione di merito» e di «una scelta
eminentemente politica».
29
Si veda R. Caponigro, La motivazione della scelta del contraente
negli appalti aggiudicati con il criterio dell’offerta
economicamente
più
vantaggiosa,
in
www.giustiziaamministrativa.it. L’A. ricostruisce l’evoluzione della valutazione
del criterio dell’offerta ceonomicamente più vantaggiosa a seguito
del terzo correttivo. In particolare l’eliminazione dal testo del
Codice della precisazione delle motivazioni di scelta del contraente,
prima rimesse alla commissione giudicatrice, ora inducono la
stazione appaltante a formulare nel bando di gara criteri e sub criteri
analitici e dettagliati per evitare di incorrere in violazione di legge e
della par condicio.
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Inoltre, in questo caso si sottolinea l’importanza della
valutazione qualitativa sul progetto, sulla convenzione
e sul PEF, perchè il giudizio su di essi consente di mirare alla sostanza dell’offerta. La necessità di dare questi giudizi aperti e determinanti per l’assegnazione finale del contratto, introduce fin da subito la competizione sul progetto, sulla convenzione e sul PEF. Nel
regime previgente, i concorrenti, al momento della
presentazione delle proposte, trascuravano la definizione qualitativa di questi documenti fondamentali,
che veniva rimessa alla successiva negoziazione, sempreché la p.a. fosse stata in grado di migliorarla.
Nel sistema vigente i concorrenti non possono più
permettersi di tenere atteggiamenti di opportunismo
pre e post contrattuale, presentando progetti, convenzioni e PEF che occultino informazioni importanti o
che espongano previsioni e dati di input non veridici o
inseriscano clausole vessatorie e depauperanti per la
p.a. Il rischio di essere messi fuori gara per i giudizi rivelatori di carenze di ogni tipo, dai dettagli ai requisiti
strutturali, su questi documenti, determina decisamente
l’innalzamento qualitativo delle offerte presentate.
Le funzioni dello studio di fattibilità
Ai sensi del comma 2 dell’art. 153 del Codice, alla base di ciascuna gara deve esserci la predisposizione dello studio di fattibilità redatto dall’amministrazione aggiudicatrice o adottato ad iniziativa di terzi ai sensi del
comma 19. Lo studio di fattibilità diventa il punto di
origine della Finanza di Progetto, così è anche il titolo
dell’art. 153: non solo è lo strumento per orientare le
decisioni della p.a. sul se fare, sul quanto fare, sul come fare, sul dove fare, sul procedimento, sul tipo di
contratto, sulle valutazioni di budget, sull’impatto sul
debito pubblico, sul timing, etc., portando la p.a. ai livelli di consapevolezza adeguati ai volumi finanziari,
sempre molto elevati, implicati in una operazione di
PPP, ma soprattutto per assumersi la responsabilità ed
il dominio di tutti quei dati necessari per redigere le offerte da parte del mercato. Lo studio di fattibilità è diventato
anche
un
documento
preordinato
all’espletamento della gara, questa connotazione era
poco evidente nella precedente normativa, adesso è
una funzione imprescindibile. La qualità dello studio
di fattibilità e, dunque, le necessarie risorse finanziarie
da spendere per la sua redazione, aumentano l’intensità
del coinvolgimento della p.a. nell’operazione; sono
una necessaria posta di apertura per entrare in gioco,
chi non è all’altezza e non riesce a sostenerla finanziariamente sin dall’inizio non dovrebbe poter utilizzare i
procedimenti. È evidente come il budget per lo studio
di fattibilità, la cui determinazione da parte della p.a.
dovrebbe essere obbligatoria prima di intraprendere
qualsiasi affidamento di PPP, sia commisurato alla
grandezza e alla complessità dell’operazione. Ciò
comporta, di conseguenza, l’urgenza di stabilire quali
siano i contenuti necessari dello studio di fattibilità30
30
Il Presidente dell’Autorità di vigilanza per i contratti pubblici cogliendo l’importanza degli studi di fattibilità per il mercato ha indi-
per le operazioni di PPP, onde evitare che
l’interpretazione soggettiva della loro qualità svilisca
l’effetto virtuoso di selezionare quelle p.a. che possono
permettersi di sostenere anche i costosi processi di aggiudicazione e di monitoraggio della concessione. La
concessione deve essere considerata concettualmente,
giuridicamente ed economicamente un unicum integrato alla durata, perciò il suo valore deve essere salvaguardato per tutto il tempo in cui il pubblico servizio è
erogato alla collettività. Più è intenso l’investimento
nello studio di fattibilità adeguato alla complessità del
contratto e minori saranno i costi dei concorrenti per la
redazione delle offerte e quelli sostenuti dalla p.a. per
l’aggiudicazione della gara. Come opzione alternativa,
qualora la p.a. decidesse di sostenere anche i costi di
redazione del contratto di concessione, con una corretta distribuzione dei rischi, e del PEF, allora potrebbe
attivare la finanza di progetto ad iniziativa pubblica ai
sensi dell’art. 144 del Codice; questi costi aggiuntivi,
da sostenere subito, sono un minimo esborso se paragonati al budget necessario per intraprendere i procedimenti con il promotore a causa della negoziazione
per la definizione del progetto inteso nel senso più ampio (progetto, PEF e contratto), o, in caso di incapacità
di gestione dell’affidamento, per le perdite a carico
della p.a., che si generano solo quando l’opera entrerà
in esercizio e per tutta la sua durata. È evidente che
una p.a. non all’altezza di gestire l’affidamento per carenza di risorse e di competenza tende a sottoscrivere
dei contratti di concessione, anche se formalmente ineccepibili, pagando eccessivamente l’infrastruttura e i
servizi resi alla collettività o, ancor peggio, acquistando mediocri standard di servizi. Se si dovesse accogliere l’interpretazione per cui la nuova disciplina della
finanza di progetto si applica solamente alle procedure
i cui bandi siano stati pubblicati dopo l’entrata in vigore del terzo decreto correttivo, il 17 ottobre 2008, come
recita l’art. 1, comma 2 del D.Lgs. n. 152/08, si avrebbe un effetto “reset” di tutti gli studi di fattibilità presenti nelle programmazioni triennali a cui, per quella
data, non è seguita la pubblicazione dell’avviso secondo la previgente disciplina. La conseguenza diretta per
tutte le amministrazioni riguarderebbe l’obbligo di
«revisionare» il proprio studio di fattibilità, non più utilizzabile, alla luce delle nuove funzioni e della centralità assunta in tutto il processo di aggiudicazione,
prima di inserirlo, questa volta, nella programmazione
annuale.
L’investimento della p.a. nello studio di fattibilità giustifica la «sparizione» della dichiarazione di pubblico
interesse, disciplinata dal soppresso art. 154, o meglio
la sua incorporazione nello studio di fattibilità; non c’è
più la necessità procedimentale della dichiarazione
cato che «L’Autorità ha, infatti, allo studio una atto di valenza generale per indicare i contenuti tecnici ed operativi minimi dello studio di fattibilità differenziandoli a seconda della complessità
dell’opera da realizzare» in L. Giampaolino, Corso sugli appalti
pubblici; la finanza di progetto, sala Gaetano Filangeri, TAR Campania, Napoli, giugno 2008, 7.
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quando il pubblico interesse sia stato descritto cosi adeguatamente nello studio di fattibilità.
Lo studio di fattibilità è anche la misura per stabilire il
valore della concessione ai fini dell’applicabilità delle
regole di pubblicazione del bando sopra e sottosoglia,
e, ai sensi dell’art. 153, comma 9 del Codice, viene utilizzato per determinare il valore dell’investimento su
cui calcolare il 2.5%, limite massimo del costo di predisposizione delle offerte.
I termini e i contenuti delle offerte
La scansione del procedimento del promotore monofase deve osservare tempi di predisposizione documentale appropriati per una gara che abbia l’obiettivo di acquisire la migliore proposta realizzabile dal mercato.
Se da un lato sono stati introdotti degli elementi di
flessibilità di valutazione delle offerte per catturare
l’innovatività delle proposte, dall’altro si è cercato di
ridurre al minimo la loro disomogeneità e ciò per la
duplice ragione di renderle facilmente comparabili e
allo stesso tempo di evitare al mercato il costo di redazione di proposte non bene allineate al pubblico interesse, che riscuoterebbero solo scarso apprezzamento 31 . Il comma 7 dell’art. 153 del Codice, quando sancisce che il «disciplinare di gara, richiamato espressamente nel bando, indica la descrizione dell’intervento
da realizzare, la destinazione urbanistica, la consistenza, le tipologie del servizio da gestire, in modo da consentire che le proposte siano presentate secondo presupposti omogenei», stabilisce appunto che ai futuri
concorrenti deve essere offerta una potenziale matrice
entro cui devono «disegnare» la propria offerta.
La nuova disciplina non indica il termine per la presentazione delle offerte: si devono evitare interpretazioni
formalistiche e procedere avendo riguardo agli scopi
che la p.a. si prefigge con la gara, i.e. stimolare la concorrenza e l’innovazione. Per questa ragione non potrà
essere adottato il termine eccessivamente breve di 52
gg. dalla data di trasmissione del bando di gara, prescritto per l’assegnazione della concessione ad iniziativa pubblica, disciplinata dall’art. 144, comma 1 del
Codice.
Poiché l’aggiudicatario è scelto in una sola battuta, deve essere individuato un termine sufficientemente ampio per consentire alle imprese di aggregarsi ed accettare la sfida di produrre innovazione e al mercato creditizio di sostenere finanziariamente la proposta. Il
termine minimo dovrebbe essere quello di 180 gg.,
collaudato dalla disciplina previgente nei procedimenti
ad iniziativa privata: prima del secondo decreto correttivo del Codice, D.Lgs. n. 113/07, tale termine era sostanzialmente il tempo intercorrente tra la data di approvazione del programma dei lavori pubblici e la scadenza del 30 giugno di ciascun anno per la presentazione delle proposte, dopo il D.Lgs. n. 113/07 esplici31
Queste considerazioni e la richiesta di una precisazione normativa in tal senso sono state delineate nel documento UTFP, 10 Temi
per migliorare il ricorso alla finanza di progetto, in www.utfp.it,
2005, 9 ss.
tamente «le proposte sono presentate entro 180 giorni
dalla pubblicazione dell'avviso indicativo».
Per analogia sistematica e a conferma dell’indicazione
prospettata, il termine minimo di sei mesi per presentare le proposte dall’approvazione dell’elenco annuale è
sancito dal nuovo comma 16 dello stesso art. 153 del
Codice, con riguardo ad un ulteriore e diverso percorso
di individuazione del promotore.
La riflessione sul tempo di presentazione delle offerte
con riguardo ai contratti complessi non si esaurisce
con la definizione del termine minimo, va estesa
all’individuazione del termine appropriato per ciascuna
gara. Si evidenzia al riguardo come la giusta mentalità
regolatoria sia già indicata dall’art. 70, comma 1 del
Codice, stabilendo infatti che le p.a. «nel fissare i termini per la ricezione delle offerte … di partecipazione,
… tengono conto della complessità della prestazione
oggetto del contratto e del tempo ordinariamente necessario per preparare le offerte, ed in ogni caso rispettano i termini minimi».
La definizione caso per caso del giusto termine è un
potere regolatorio che permette di aprire le gare nazionali al mercato europeo, spesso bloccato da barriere
all’entrata per termini eccessivamente ridotti, inadatti a
presentare proposte credibili per progetti complessi
(autostrade, metropolitane, ferrovie, aeroporti, etc.) 32 .
Il contenuto obbligatorio delle offerte differisce rispetto alla previgente disciplina. Ora ai sensi dell’art. 153,
comma 9 del Codice è richiesto un minor numero di
documenti, in particolare si tratta dello studio di inquadramento territoriale ed ambientale, dello studio di
fattibilità, dell’indicazione delle garanzie offerte e dei
criteri da far utilizzare alla p.a. nella valutazione delle
proposte. Le ragioni di queste sottrazioni sono varie,
mentre la richiesta dei criteri di valutazione delle offerte indicate dai promotori erano illogiche visto che la
gara la conduceva la p.a., invece è divenuta superflua
l’indicazione delle garanzie perché l’attuale procedimento le impone obbligatoriamente. Lo studio di inquadramento territoriale ed ambientale e lo studio di
fattibilità sono resi inutili dallo studio di fattibilità valido per tutti i concorrenti predisposto dalla p.a. e posto
a base di gara. Anche in questo caso è importante una
precisazione, l’analisi della domanda effettiva da cui
sono desunte le linee di ricavo di un progetto e i costi
di realizzazione e manutenzione ma anche altre specificità dell’offerta, tradizionalmente contenuti nello
studio di fattibilità predisposto dal promotore non più
richiesto, devono comunque essere rappresentati e motivati nella relazione al PEF, specialmente quando si
32
Come esempio europeo di un uso ragionevole del tempo di pubblicizzazione del bando relativo a contratti complessi leggasi il considerando 29 del Regolamento (CE) n. 1370/2007, relativo ai servizi di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia del 23 ottobre
2007: «Ai fini dell’aggiudicazione dei contratti di servizio pubblico
[…] le autorità competenti dovrebbero adottare le necessarie misure
per pubblicizzare, con almeno un anno di anticipo, il fatto che intendono aggiudicare tali contratti così da consentire ai potenziali
operatori del servizio pubblico di attivarsi».
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discostino da quelli indicati nello studio redatto dalla
p.a. e posto a base di gara.
Il sistema delle garanzie
Le garanzie richieste per partecipare alla gara sono coerenti con il procedimento monofase. Con la presentazione dell’offerta è obbligatorio produrre la cauzione
del 2% del valore dell’investimento, ex art. 75, comma
1 del Codice, e quella già analizzata a copertura dei
costi di predisposizione dell’offerta pari al 2.5% del
valore di investimento. Tale garanzia a carico del concorrente aggiudicatario copre le spese di predisposizione della proposta del promotore nel caso rinunci
all’aggiudicazione per non avere accettato le richieste
di modifiche all’offerta.
Una volta individuato l’aggiudicatario questi dovrà
presentare la consueta cauzione definitiva ai sensi
dell’art. 113, comma 1 del Codice pari al 10% del valore dell’investimento.
L’importante novità, disciplinata dall’art. 153, comma
13, è costituita dall’obbligo di presentazione della garanzia gestionale nella misura del 10% del costo annuo
operativo di esercizio. La norma non si limita
all’introduzione della cauzione e ad indicare il massimale assicurato ma si spinge più in la, precisando che è
costituita «a garanzia delle penali relative al mancato o
inesatto adempimento di tutti gli obblighi contrattuali
relativi alla gestione dell’opera». La precisazione contiene una filosofia regolatoria essenziale nella definizione dei contratti complessi, infatti la statuizione non
solo qualifica la fase gestionale, pressoché ignorata
dalla codificazione precedente, ma soprattutto da una
precisa indicazione alla p.a. di come deve congegnare
il contratto di concessione funzionante: tramite
l’elencazione degli obblighi del concessionario,
l’approntamento di penali in caso di mancato o inesatto adempimento ed, infine, la copertura delle penali
con la nuova garanzia gestionale a prima richiesta e
senza il beneficio della preventiva escussione.
L’unico sistema che consente di mantenere la tensione
contrattuale, garantendo il mantenimento degli standard qualitativi dei servizi per i lunghi periodi concessori, è approntare una filiera di responsabilizzazione
che leghi gli obblighi del concessionario ad una sanzione, resa effettiva da una garanzia concessa da terzi.
La chiarezza delle definizioni degli obblighi contrattuali, l’oggettività del rilevamento degli inadempimenti e l’automatismo della sanzione sono essenziali per
rendere «corta» la filiera e produrre un efficace effetto
deterrente sul concessionario, direttamente e tramite i
finanziatori: ancora una volta è la competenza regolatoria della p.a. che deve redigere il contratto tramite
incentivi e penalità. Si noti come l’obbligo di prestazione della garanzia contribuisca a selezionare a monte
un gestore qualificato; nessun assicuratore la presterebbe ad un concessionario incapace. L’importanza di
questa garanzia è talmente cruciale che la mancata presentazione configura un grave inadempimento contrattuale (art. 153, comma 13) e, ciò, consentirebbe alla
p.a. di risolvere il contratto e incamerare la cauzione
definitiva.
Al termine di questa disamina emerge un sistema autobilanciante di garanzie che sostiene il mantenimento
delle performance contrattuali.
Le disposizioni per i finanziatori
Emerge dall’art. 153, comma 9 del Codice che il PEF
potrà essere asseverato solamente dalle banche e non
più anche dalle società di servizi costituite dagli istituti
creditizi e dalle società di revisione. Sembra che la decisione di ridurre gli operatori abilitati al rilascio
dell’asseverazione sia riconducibile alla specializzazione delle banche alla concessione del finanziamento;
il più delle volte la banca asseveratrice è anche la banca che concede il credito per l’operazione ed, inoltre,
proprio l’Associazione Bancaria Italiana ha sostanzialmente messo a punto un format di asseverazione
che è diventato lo standard per le associate 33 .
Il ruolo dei finanziatori e del contratto di finanziamento emerge nel procedimento ex art. 153 e ss. del Codice in diverse norme di garanzia a loro favore: quelle
che sono state ritoccate a seguito del D.Lgs. n. 152/08,
riguardano l’istituto dello step-in right, cioè la facoltà
rimessa ai finanziatori di sostituire il concessionario
inadempiente e il riconoscimento del privilegio generale sui beni mobili a garanzia del finanziamento.
Con riferimento allo step-in right, art. 159, comma 1,
lett. b), è stato reso decisamente più flessibile il tempo
di sostituzione del concessionario inadempiente, prima
rigidamente compresso nei 90 gg. successivi alla dichiarazione della p.a. di volere procedere alla risoluzione del contratto 34 ora, invece, è alternativamente
rimesso: a) alla determinazione delle parti contenuta
nel contratto di concessione, e, perciò, indirettamente
determinato dai finanziatori che suggeriranno il tempo
ritenuto conveniente per analizzare l’insolvenza del
concessionario e produrre la documentazione che certifichi la situazione da sottoporre al potenziale sostituto;
b) rimesso, in mancanza della previsione contrattuale
sub a), all’indicazione espressa della p.a. contenuta
nella comunicazione dell’intenzione di recesso per inadempimento del concessionario ai finanziatori. La
p.a. anche in questa circostanza, ricercando una rapida
soluzione piuttosto che sostenere una traumatica ed incerta risoluzione contrattuale, è spinta a colloquiare
con i finanziatori, per comprendere quale sia il termine
ottimale per trovare un sostituto al concessionario. An33
L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici si è espressa sui
contenuti dell’asseverazione con gli atti di regolazione nn. 34/2000
e 14/2001; quest’ultimo documento è stato preceduto da una serie di
audizioni e l’ABI nella circostanza ha presentato l’asseverazione tipo. Sul sistema bancario e la finanza di progetto E. Piccozza, La finanza di progetto con particolare riferimento al ruolo del sistema
bancario, in Giurisdizione amm., 2007, fasc. 9, pp. 301 ss.
34
Il problema della rigidità dei tempi di sostituzione del concessionario e la proposta di modifica nel senso indicato dal D.Lgs. n.
152/98 sono state delineate nel documento UTFP, 10 Temi per migliorare il ricorso alla finanza di progetto, in www.utfp.it, 2005, 18
e 19, par. 3.2.
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che in questo caso la competenza regolatoria della p.a.
emerge laddove le viene rimesso il potere di perseguire
l’interesse pubblico, garantendo dei tempi di sostituzione non eccessivamente ridotti, preclusivi della ricerca del sostituto, e non troppo ampi tali da mortificare il pubblico interesse per la persistenza
dell’insolvenza, che si ripercuote nei confronti dei cittadini destinatari del pubblico servizio. Con riguardo a
queste disposizioni l’art. 253, comma 26-bis del Codice sancisce per le parti la massima libertà di fissare nel
contratto criteri e modalità di attuazione della disciplina fino a quando il Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti non emanerà il decreto attuativo. La disposizione dell’art. 159, comma 2-bis estende
l’applicazione delle nuove disposizioni alle società di
progetto costituite per qualsiasi contratto di partenariato di cui all’art. 3, comma 15-ter del Codice.
Le modifiche all’art. 160, recante «Il privilegio sui
crediti», sono state dettate dalla necessità di chiarire
che il privilegio sui beni mobili accordato ai finanziatori 35 si estende alle società di progetto, qualora la costituzione sia imposta nel bando o attuata dal concessionario, e anche al contraente generale qualora sia affidatario di un contratto di partenariato pubblicoprivato ai sensi dell’art. 3, comma 15-ter del Codice.
Poiché non si poneva in dubbio che le società di progetto potessero essere esse stesse destinatarie della disposizione anche prima della modifica, è necessario
chiarire la portata della norma. Infatti sembra che il
destinatario dell’estensione non sia esclusivamente il
concessionario trasformato in società di progetto ma
anche la società mista di progetto costituita a seguito di
gara per l’individuazione del socio di maggioranza o di
minoranza, di cui si fa menzione anche nel predetto 3,
comma 15-ter, e la società titolare della concessione
senza gara, mediante l’in house. La qualifica espressa
al comma 1 dell’art. 160 del Codice, riferita alle società di progetto, che queste possono essere sia «concessionarie» o «affidatarie», sembra implicare nel primo
caso una gara e nel secondo un affidamento diretto. In
entrambi i casi deve essere redatta e sottoscritta una
concessione, comunque denominata, che regoli i rapporti tra p.a. e società mista 36 o società affidataria senza gara; in ogni caso viene chiarito che la società di
progetto o la società mista possono essere affidatarie di
un contratto di partenariato. Nel complesso la disposizione del comma 1 dell’art. 160 del Codice, ha inteso
rafforzare l’applicabilità della garanzia anche ai con35
Per una disamina delle garanzie applicabili alle operazioni di finanza di progetto in ragione dei beni effettivamente concedibili si
rinvia a M. Ricchi, Project financing e floating charge; garanzie
per i finanziatori, pignoramento di beni a consistenza variabile e
spossessamento cooperativo, in Economia e Diritto del terziario,
2005, 1, 271-306.
36
Sulla legittimità della costituzione di una società mista che individui compiutamente i lavori e i compiti del socio privato, con esclusione di società generalista, si veda la decisone del Consiglio di
Stato, sez. VI, 23 settembre 2008, n. 4603. Sulle società miste si
veda M. Clarich, Società miste a capitale pubblico e privato tra affidamenti “in house” e concorrenza per il mercato, in Corriere giuridico, 2007, n. 7, pp. 1 ss.
tratti di partenariato, appena introdotti, ed estenderla
alle società miste affidatarie di contratti di partenariato, poiché per queste si tende a ragionare sul procedimento di gara per l’individuazione del socio privato
piuttosto che sul contratto che le lega con la p.a., e a
quelle società investite della contratto di PPP senza gara.
Il promotore bifase
Il procedimento del promotore bifase, disciplinato al
comma 15 dell’art. 153 del Codice, è scandito in due
tempi, nel primo tramite una selezione competitiva
viene scelto il promotore, nel secondo, mediante il miglioramento concorrenziale della sua offerta, viene individuato il potenziale aggiudicatario; il promotore a
questo punto potrà decidere se adeguare la propria offerta a quella risultante dalla seconda fase per assicurarsi il contratto. Il bando, per il rinvio al comma 15
dell’art. 153 del Codice, deve essere pubblicato secondo le modalità già esaminate per il promotore monofase, ma deve contenere, invece della previsione
dell’immediata
aggiudicazione
al
promotore,
l’attribuzione a questo del diritto di prelazione. Il criterio di selezione del promotore in prima fase mediante
l’OEV è il medesimo adottato dal comma 3, riferito al
promotore monofase. Il promotore potrà esercitare il
diritto di prelazione, se lo valuti conveniente, adeguando la propria offerta a quella ritenuta più vantaggiosa a conclusione della seconda fase concorrenziale;
detto meglio, il promotore per scegliere se esercitare la
prelazione attenderà l’esito della seconda fase, a cui
non partecipa, per verificare l’esistenza di offerte migliorative rispetto alla propria, posta a base di gara.
Nel caso in cui la gara della seconda fase vada deserta
il contratto è aggiudicato automaticamente al promotore ai sensi dell’art. 153, comma 15, lett. d) del Codice.
Il diritto di prelazione
La reintroduzione del diritto di prelazione rende opportuno un approfondimento. Il diritto di prelazione ha
avuto l’effetto, sin dalla sua introduzione con la L. n.
166/02, di accelerare l’uso del procedimento con il
promotore, portando in crescita il mercato delle concessioni, anche se ciò è avvenuto con ritmi tumultuosi
senza la necessaria riflessione. L’euforia che ha accompagnato l’attivazione dei procedimenti in molti casi ha deresponsabilizzato la p.a. sulla delicatezza del
processo a cui sovente seguiva la presentazione di proposte. Quando il secondo decreto correttivo al Codice,
il D.Lgs. n. 113/07, ha espunto il diritto di prelazione
ci si aspettava una contrazione del numero e del valore
dei procedimenti con il promotore che, però, è stata
smentita dai valori in crescita riportati dai principali
Osservatori 37 . Una spiegazione verosimile di questi ri37
Rassegna stampa Infopieffe www.infopieffe.it, Il Sole 24 Ore del
20 marzo 2008 «Il project financing continua ad attirare le imprese
di costruzioni; con l'entrata in vigore delle nuove regole che stabiliscono la perdita del diritto di prelazione per il promotore di un opera, da più parti si prospettava un blocco per l'avvio di nuove proce-
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sultati controintuitivi è che il diritto di prelazione, in
prima battuta, ha agito come innesco allo sviluppo del
mercato del PPP; una volta esaurito lo slancio, a sostenere il mercato delle concessioni sono intervenute altre
ragioni strutturali come la scarsità di risorse, i limiti
all’indebitamento pubblico, l’efficacia come strumento
di comunicazione politica, l’innalzamento della competenza della p.a., etc.
Anche quando il D.Lgs. n. 113/117, ha eliminato il diritto di prelazione per le giuste critiche sugli effetti distorsivi della concorrenza 38 , l’incentivo rimaneva
un’opzione possibile a disposizione della stazione concedente a condizione di correggerne gli effetti distorsivi sul mercato, i.e. la posizione dominante anticoncorrenziale di cui era portatore.
Queste riflessioni consentono di gestire al meglio la
prelazione ora che è stata reintrodotta nel Codice e di
segnalare l’importanza del rimedio approntato, disciplinato dal comma 15, lett. e) dell’art. 153 del Codice,
per mitigare gli effetti anticoncorrenziali che genera.
Infatti il concorrente aggiudicatario, che subisce
l’esercizio della prelazione, deve ricevere una compensazione economica pari al costo sostenuto dal promotore per la predisposizione della proposta a base di gara nel limite del 2.5% dell’investimento. Poiché tale
valore è di gran lunga superiore a quello sostenuto dal
concorrente per migliorare l’offerta del promotore in
questa seconda tornata, la compensazione dovrebbe essere uno stimolo efficace per indurre i concorrenti a
partecipare anche in presenza della minaccia del diritto
di prelazione. Nel caso in cui il promotore rinunci
all’esercizio della prelazione, trascorsi 45 gg. dalla
comunicazione del vincitore, ritenuto, pertanto, un
congruo periodo di riflessione se accettare o meno, ha
diritto di essere compensato dall’aggiudicatario delle
spese di predisposizione della proposta.
Si segnala come il meccanismo di rimedio
all’anticoncorrenzialità della prelazione sia parzialmente analogo a quello già sperimentato prima della
Merloni quater e come questo abbia generato comportamenti opportunistici rivolti all’accaparramento del
premio per la sola partecipazione, presentando offerte
migliorative minime rispetto alla proposta del promotore a base di gara.
dure e uno scarso interesse delle società nel partecipare a iniziative
legate alla finanza di progetto. Emerge invece che lo strumento non
ha perso appeal che enti e imprese pubblicano e concorrono con la
stessa frequenza di prima. I dati di febbraio mostrano un bilancio
positivo per il partenariato pubblico privato rispetto allo stesso mese di un anno fa. Secondo l'Osservatorio Nazionale del PPP le 88 iniziative censite, per un volume d'affari di oltre 620 milioni, registrano una crescita del 22% per il numero di avvisi, e del 33% in
valore».
38
Sull’analisi delle inefficienze prodotte dal diritto di prelazione e
come il Legislatore sia intervenuto per renderlo compatibile con il
diritto comunitario si rinvia a G. Fidone, op. cit.; invece sul tentativo di documentare la misura dell’inefficienza sulla concorrenza nelle gare con il promotore si veda C. Bentivogli, E. Panicara, A. Tidu,
Il project finance nei servizi pubblici locali: poca finanza e poco
progetto?, Banca d’Italia, settembre 2008, 15 ss.
A questo punto la competenza regolatoria della p.a.
procedente, cosciente delle alterazioni generate dalla
prelazione e del comportamento opportunistico dei
concorrenti per effetto del rimedio, dovrebbe porre in
essere un accorgimento per superare l’impasse, condizionando l’effettiva erogazione dell’incentivo al raggiungimento di un certo livello di economie a vantaggio della p.a. 39 . La p.a. al termine della prima fase e
dopo avere analizzato quali siano le rendite ingiustificate radicate nella proposta, riconoscerà l’incentivo
all’aggiudicatario che ha subito la prelazione, a condizione che la sua offerta migliori il costo della proposta
almeno al valore ritenuto equo dall’amministrazione
per conseguire il value for money, cioè la convenienza
dell’operazione.
La seconda fase
Il procedimento bifase, rispetto a quello monofase, riduce l’ampiezza della discrezionalità esercitabile dalla
p.a. nella conduzione della gara, in particolare introduce dei limiti alla richiesta di modifica dell’offerta del
promotore e nelle modalità di esercizio dell’OEV nel
successivo confronto concorrenziale. In ragione del
fatto che la gara nella seconda fase consente di ridurre
le rendite della proposta, le richieste di modifica
dell’offerta al promotore dovrebbero limitarsi a quelle
indicate dall’amministrazione procedente e a quelle
emerse in conferenza dei servizi, sempre con i conseguenti adattamenti del PEF. La p.a. non potrebbe spingersi, salvo macroscopiche evidenze, a chiedere al
promotore di diminuire i costi di costruzione
dell’opera pubblica e dei servizi erogati alla collettività
proprio perchè sarà la concorrenza ad adeguarli ai valori di mercato nella seconda fase.
Mentre, ai sensi dell’art. 153, comma 15 del Codice, il
criterio dell’OEV per l’individuazione del promotore
ricalca quello del procedimento monofase, invece ai
sensi dello stesso comma 15, lett. c) del Codice, il modello di OEV, che presiede questa gara è strettamente
disciplinato dell’art. 83 del Codice, senza la possibile
estensione del giudizio sul valore del progetto, del PEF
e della convenzione. Il disegno procedurale che emerge realizza una prima fase in cui la proposta del promotore viene modificata secondo le richieste della p.a.,
costituendo una base unica per la successiva gara, poi
nella seconda fase si realizza il confronto concorrenziale solo sugli aspetti riconducibili agli elementi economici. Si deve evidenziare come la competenza regolatoria della p.a. debba spingersi a creare le condizioni
ideali di mercato, anche con lo studio del mercato prima di lanciare la gara e con l’abbattimento delle barriere all’entrata, per consentire di avere pressione concorrenziale nella seconda fase, altrimenti non si potrebbero conseguire i risultati di economicità
39
Questa tecnica è stata formulata da M. Ricchi e L. Geminiani,
Documento UTFP, Finanza di Progetto e Diritto di Prelazione.
Clausole negoziali a difesa dai rischi di limitazione della concorrenza, in www.utfp.it, 2007.
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nell’affidamento dei contratti pubblici tutelati dai principi di rango costituzionale.
Il promotore additivo
Questo terzo procedimento di aggiudicazione di un
contratto complesso non è a soluzione unica, infatti,
dopo una fase comune, che culmina con la dichiarazione di pubblico interesse, la p.a. può scegliere, a ragione delle diverse circostanze, uno dei tre percorsi di
affidamento elencati nell’art. 153, comma 16, sub lett.
a), b) e c). La disciplina sostanziale di ciascun subprocedimento è un ibrido tra elementi del promotore
monofase, ex art. 153, comma 1 del Codice, con, rispettivamente, il dialogo competitivo, ex art. 58 del
Codice, l’aggiudicazione della concessione ad iniziativa pubblica, ex art. 144 del Codice, e il promotore bifase, ex art. 153, comma 16 del Codice.
Questi multipli esiti combinatori sono condizionati a
monte dall’inazione della p.a., la quale, dopo avere inserito nell’elenco annuale l’opera pubblica da realizzare, rimane inerte senza far seguire la pubblicazione del
bando di gara.
La precondizione affinché s’inneschi il procedimento
additivo è che l’opera sia inserita nel programma annuale, questo per avere la certezza della copertura finanziaria di un’eventuale contribuzione pubblica e per
il rispetto della prescrizione di cui all’art. 128, comma
6 del Codice; è opportuno precisare, comunque, come
ciò non sia sufficiente, infatti è determinante che la
p.a. abbia al contempo indicato di utilizzare uno dei
due processi di affidamento del promotore, o il monofase o quello bifase, previsti dall’art. 153 del Codice,
rispettivamente al comma 1 e al comma 15. Deve essere respinta la tentazione interpretativa di ammettere
l’uso di questo percorso anche al caso di inerzia programmatoria riferita alla realizzazione di opere pubbliche mediante gli appalti tradizionali, facendo leva sul
risparmio di risorse pubbliche qualora il mercato ne
individui la possibilità. Si oppone a questo ragionamento la prerogativa della p.a. di scegliere il contratto
di realizzazione dell’opera pubblica tra l’appalto o la
concessione 40 . Il caso contrario potrebbe condurre
all’ingestibilità dei procedimenti inseriti da terzi
nell’agenda delle amministrazioni pubbliche, senza alcun riguardo delle scelte compiute in conseguenza delle priorità assegnate a ciascun intervento programmato.
Inoltre, la relazione di accompagnamento alle modifiche del Codice è chiara sulla corretta interpretazione
quando si riferisce alla «mancata pubblicazione … del
bando per l’individuazione del promotore» e non
all’individuazione dell’appaltatore o di un più generico
contraente.
40
Tale prerogativa della p.a., riferita però all’inserimento programmatorio dell’opera e non come in questo caso al tipo di contratto per realizzarlo, è affermata con decisione dal parere del Consiglio di Stato del 14 luglio 2008, p. 9, laddove, censurando la previsione del promotore di poter integrare la programmazione senza
filtro, indica «che comporta pericolose interferenze con quella attività di programmazione che è bene rimanga prerogativa della p.a.».
In queste condizioni, la presentazione della proposta
da parte degli aspiranti promotori è additiva nella misura in cui costringe la p.a. ad intraprendere un percorso di aggiudicazione diverso da quello, monofase o bifase, che l’amministrazione aveva programmato ma
non perseguito.
L’azione di impulso del mercato sulla p.a., mediante la
presentazione delle proposte, può essere esercitata in
una finestra temporale di quattro mesi: non prima che
siano trascorsi sei mesi dall’approvazione dell’elenco
annuale delle opere pubbliche e non oltre dieci mesi
dallo stesso dies a quo. Prima dei sei mesi la mancata
pubblicazione del bando non legittima la reazione del
mercato e nei quattro mesi successivi, la presentazione
della proposta inibisce la pubblicazione tardiva del
bando da parte della p.a. La possibilità di pubblicare il
bando secondo le originarie intenzioni programmatorie
si riapre allo scadere dei quattro mesi per la presentazione delle proposte additive senza che ci sia stata
l’iniziativa compulsiva del mercato.
La presentazione anche di una sola proposta presentata
dagli operatori privati mette fuori gioco l’intenzione
procedimentale della p.a. espressa in fase programmatoria. La p.a. è tenuta, entro 60 giorni dalla scadenza
del termine utile per la reazione additiva del privato, a
pubblicare un avviso seguendo le forme di pubblicità
ordinarie dei bandi sopra o sottosoglia comunitaria in
dipendenza del valore della concessione. L’avviso è un
vero e proprio bando e deve comprendere sia gli opportuni contenuti strategici 41 che quelli obbligatori 42
attribuiti da dottrina e giurisprudenza formatasi
sull’avviso di sollecitazione delle proposte del previgente art. 153 del Codice. Inoltre, l’avviso deve dare il
termine di tre mesi ai concorrenti per presentare sia le
nuove proposte che quelle già presentate ma rielaborate alla luce dei criteri formulati per la dichiarazione di
pubblico interesse.
L’analisi delle proposte additive
A questo riguardo ci si domanda quali siano i limiti al
potere della p.a. di esame, valutazione e comparazione
delle proposte presentate nei quattro mesi consentiti
per attivare il procedimento additivo, in considerazione
del fatto che successivamente le stesse proposte potranno essere valutate così come sono o ulteriormente
rielaborate e ripresentate a seguito della pubblicazione
dell’avviso. In altre parole cosa dovrebbe fare la p.a.
tra l’esclusiva verifica della completezza formale della
documentazione, quale condizione sufficiente per procedere alla pubblicazione dell’avviso, e l’analisi compiuta della proposta, prendendo ispirazione anche per
l’elaborazione dell’avviso? La risposta dovrebbe superare l’obiezione che, in questo secondo caso, potrebbe
ventilarsi la violazione della par condicio nei confronti
di tutti quei concorrenti la cui proposta viene valutata
41
Ampiamente in M. Ricchi, La regolazione di una operazione di
PPP, in Riv. Amm. Rep. It., 2007, 2, 161 ss.
42
Vedi la Determinazione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici cit., 11 ottobre 2007, n. 8.
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una volta sola al fine di dichiararla di pubblico interesse. Si ritiene, però, che tutti i concorrenti siano posti in
condizioni di parità quando sottopongono le proposte
sulla base dei criteri di valutazione indicati nell’avviso,
tantoché anche ai proponenti additivi è consentito,
senza essere obbligati, di procedere alla rielaborazione
delle proprie offerte proprio per cogliere il pubblico interesse; riconoscendo, anche in questo caso, al proponente adittivo la categoria del vantaggio competitivo
lecito per avere presentato per primo la proposta che
ha rotto l’inerzia della p.a. In questa fase l’obiettivo
principale della p.a. dovrebbe essere quello di verificare se il mercato abbia già elaborato delle proposte anche al fine di perfezionare l’avviso per la dichiarazione
di pubblico interesse. Quelle prime proposte additive
contribuiscono alla formazione progressiva dei desiderata della p.a. e consegnano alla p.a. l’importante messaggio che il mercato è pronto e risponderà. Queste
considerazioni implicano che la p.a. possa rimanere inerte volontariamente per consentirgli di «auscultare»
il mercato e di precisare le idee piuttosto che procedere
alla pubblicazione del bando a cui far seguire il procedimento con il promotore monofase o bifase. Sembra
che le indagini conoscitive del mercato, tramite gli avvisi per la manifestazione di interesse, a schema libero
e non vincolanti, che caratterizzano altri settori degli
affidamenti pubblici, abbiano trovato in questo caso
una più compiuta procedimentalizzazione.
La dichiarazione di pubblico interesse
La sedimentazione interpretativa accumulatasi sulla
dichiarazione di pubblico interesse della previgente
normativa rivive in questa fase. Infatti, ai sensi dell’art.
153, comma 16 del Codice, la sollecitazione al mercato della proposta è denominata avviso e la sua pubblicazione segue le modalità dei bandi ai sensi dell’art. 66
o 122 del Codice, a seconda se l’investimento sia sopra
o sottosoglia: ciò dimostra come il Legislatore curi la
comunicazione al mercato più di quanto non abbia fatto nella disciplina previgente, consapevole che i mezzi
di diffusione definiscono il perimetro del mercato
dell’offerta 43 . Nell’avviso deve essere indicato il termine perentorio minimo di 90 gg. per la presentazione
delle proposte e i criteri in base ai quali la p.a. procede
entro 6 mesi successivi alla dichiarazione di pubblico
interesse.
Non deve, invece, essere indicato il sub-procedimento
successivo alla dichiarazione di pubblico interesse: la
scelta delle alternative è una prerogativa della p.a., che
potrà esercitare solo dopo aver eletto la proposta di
pubblico interesse e che è tenuta ad attivare anche in
mancanza di partecipanti a seguito della pubblicazione
dell’avviso.
La p.a. procede alla dichiarazione di pubblico interesse
valutando e comparando le proposte sollecitate
dall’avviso. Le modalità di valutazione e comparazione delle proposte sono quelle disciplinate dall’espunto
43
UTFP News n. 1, op. cit.
art. 154 del Codice, analizzate in questo documento,
per evidenziarne le differenze, riferite al procedimento
del promotore monofase per l’uso del criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa 44 . In sintesi tale modalità di valutazione, utilizzando appieno la
discrezionalità amministrativa più di ogni altro criterio
di scelta presente nel Codice, consente di selezionare
l’innovazione stimolando opportunamente il mercato.
Anche in questa circostanza la p.a. può sempre decidere, al contrario, di autovincolarsi ex ante a pesi e punteggi predeterminati qualora si senta più confidente
nella gestione della gara.
Si evidenzia come l’art. 153, comma 17 del Codice,
obblighi il promotore a presentare la garanzia provvisoria del 2% dell’investimento ai sensi dell’art. 75 del
Codice, che potrà essere escussa nel caso in cui questi
non partecipi al seguito del sub-procedimento scelto
dalla p.a. Si noti come questa penale qualifichi la proposta del promotore, incentivando a mantenere fermo
il suo proposito di andare fino in fondo.
I tre sub-procedimenti
La p.a., una volta dichiarato il pubblico interesse della
proposta, deve indicare quale sia il percorso di affidamento che vuole utilizzare tra il dialogo competitivo ex
art. 58 del Codice, la procedura di affidamento ad iniziativa pubblica ex art. 143 (144) del Codice e la seconda parte del procedimento bifase ex art. 153, comma 15 del Codice: in questi ultimi due casi la norma, il
comma 16 sub lett. b) e c), specifica che, costituendo
una deviazione dai modelli originali, il promotore dovrà essere, comunque, invitato alla gara.
La nuova disciplina facilita la scelta con una regola:
qualora la proposta e il progetto necessitino di modifiche non si potrà adottare altro che il dialogo competitivo e il terzo decreto correttivo, modificando l’art. 58
del Codice, ha chiarito che questa procedura può essere utilizzata anche per l’affidamento dei contratti di
concessione. Si tratta di un dialogo competitivo, la cui
base di confronto è la proposta del promotore 45 ; la gara è finalizzata a modificarla oltreche ad eliminare le
consuete rendite interne.
Quando, invece, il progetto e la proposta non necessitino di modifiche allora sono praticabili sia la procedura di affidamento ad iniziativa pubblica ex artt. 143
(144) del Codice che il procedimento bifase ex art.
153, comma 15, limitato però alla seconda fase sub
44
Per la ricostruzione della dichiarazione di pubblico interesse ex
art. 154 del Codice previgente, vedi supra paragrafo «Il criterio per
comparare le offerte».
45
M. Clarich, Il dialogo competitivo come forma di collaborazione
tra pubblico e privato, Seminario Comitato 4P, Roma 27 settembre
2005; F. Fracchia, L. Carrozza, Il difficile equilibrio tra flessibilità
e concorrenza nel dialogo competitivo disciplinato dalla direttiva
2004/18/CE, 2004, in www.giustamm.it; G. Fidone, Dalla rigidità
della Legge Merloni al recepimento del dialogo competitivo: il difficile equilibrio tra rigore e discrezionalità, in Foro Amm. TAR,
2007, 3971 ss; C. Contessa, N. De Salvo, La procedura di dialogo
competitivo fra partenariato pubblico/privato e tutela della concorrenza, in questa Rivista, 2006, 507 ss.
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lett. c), d), e) ed f). Solo con riguardo a queste due
procedimenti la norma, l’art. 153, comma 18, assicura
al promotore il diritto di prelazione e al concorrente
che lo subisce il rimedio incentivante, già esaminato al
comma 15, lett. e) nel promotore bifase, approntato
per mitigarne l’anticoncorrenzialità. Per completare lo
spettro degli incentivi, sempre per entrambi i procedimenti vale la compensazione delle spese sostenute,
nella misura massima indicata nel comma 9, per la partecipazione alla gara a vantaggio del promotore perdente, che non eserciti la prelazione, a carico
dell’aggiudicatario, per il rinvio fatto dal comma 18 al
comma 15, sub f) dell’art. 153 del Codice.
Si sottolinea come in questa fase la strategia di adottare il dialogo competitivo piuttosto che gli altri due procedimenti dovrebbe essere dettata esclusivamente
dall’esistenza o meno della necessità di modifiche al
progetto. Se la scelta della p.a. fosse motivata da altre
considerazioni, come ad esempio la difficoltà di attivazione del dialogo competitivo 46 , orientando così verso
gli altri due procedimenti senza procedere alle opportune modifiche della proposta, allora è certo il risultato
distorsivo: la p.a. non sta conseguendo il pubblico interesse. Nonostante la presentazione di un contratto
complesso senza necessità di modifiche sia una ipotesi
remota, tuttavia è plausibile che si possa manifestare in
questo versante procedimentale piuttosto che in quello
del promotore monofase. Infatti, nel procedimento con
il promotore additivo la p.a. prima ha predisposto lo
studio di fattibilità, poi ha esaminato la proposta additiva e quindi è in grado di impostare un avviso per la
sollecitazione delle proposte con requisiti stringenti,
condizionando la dichiarazione di pubblico interesse al
loro integrale soddisfacimento. In questo modo si potrebbero ottenere delle offerte che non necessitano di
modifiche e che giustificano il ricorso ai percorsi alternativi al dialogo competitivo.
Inoltre, tutti e tre i sub-procedimenti pongono a carico
dei partecipanti il sistema coerente di garanzie sancito
dal comma 13: mentre la cauzione preliminare e quella
per compensare il promotore perdente sono necessarie
per partecipare alla gara, la cd. garanzia gestionale, a
carico dell’effettivo aggiudicatario, dovrà essere operativa dalla data di inizio dell’esercizio del servizio.
Come orientarsi tra i procedimenti con il
promotore
La moltiplicazione delle soluzioni procedimentali per
l’aggiudicazione delle concessioni rivela come il Legislatore abbia compreso a fondo il mercato dei contratti
complessi. Tale mercato è caratterizzato dal lato
dell’offerta da una costante vocazione all’innovazione
in campo progettuale, finanziario e contrattuale, finalizzata ad aggiudicarsi il contratto.
La p.a. a fronte di un mercato così instabile e variegato
è opportuno che sia dotata di diversi procedimenti di
aggiudicazione, che gli consentano di essere efficace
scegliendo quello più adatto alle condizioni in cui opera di volta in volta 47 . La discrezionalità di natura regolatoria della p.a. dovrebbe individuare la soluzione opportuna; per questa ragione in questa sede possono essere delineati solo dei criteri orientativi di selezione
delle procedure di aggiudicazione riferibili al sistema
delle concessioni o più estensivamente dei contratti di
partenariato pubblico-privato. Nella nomenclatura che
segue si è voluto mantenere la distinzione tra procedimenti ad iniziativa pubblica e privata anche se in senso
stretto l’iniziativa è sempre pubblica; le due categorie
sono ancora utili perché si mantengono nel solco della
tradizione a cui le amministrazioni pubbliche sono abituate, inoltre l’iniziativa privata continua a poggiare
sulla qualifica del promotore che ha l’obbligo di presentare un’offerta ben più complessa ed articolata di
quella ad iniziativa pubblica limitata ad indicare solo
alcuni parametri.
Procedimento ad iniziativa pubblica – Affidamento
mediante procedura ristretta
La procedura ristretta ex art. 144 del Codice, o finanza
di progetto ad iniziativa pubblica, si adatta ad una p.a.
che non abbia particolare esperienza nella gestione di
processi complessi e che non sia in grado finanziariamente di acquistare tale esperienza sul mercato delle
competenze o per quelle amministrazioni che puntano
ad ottenere risultati efficienti in termini di tempi e costi. Il procedimento è costituto in modo tale da minimizzare la gran parte dei costi transattivi sia di parte
pubblica che di quella privata. Inoltre, l’affidamento
del contratto ad iniziativa pubblica ha tempi ridotti di
aggiudicazione e l’esecuzione del contratto dovrebbe
essere contenuta quando a base di gara sia stata predisposta un’accurata progettazione 48 . Tale sistema dovrebbe essere utilizzato per opere di valore medio piccolo, sufficientemente standardizzabili a basso tasso di
complessità: parcheggi, impianti sportivi, edilizia cimiteriale, uffici pubblici, etc. In questo caso la p.a. conosce esattamente quali siano i propri bisogni e le caratteristiche delle opere pubbliche che possono soddisfarli e si rivolge al mercato per cercare l’operatore economico che garantisca quegli standard realizzativi e di
47
46
Il dialogo competitivo, ex art. 58 del Codice, oltre a rappresentare un procedimento condizionato alla vigenza del nuovo Regolamento ed essere una novità assoluta, con tutte le incertezze per chi
lo deve applicare, «è consentito previo parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, e comunque ad esclusione dei lavori di cui alla parte II, titolo III, capo IV. Per i lavori di cui alla parte II, titolo
IV, capo II, è altresì richiesto il parere del Consiglio Superiore dei
beni culturali. I citati pareri sono resi entro 30 giorni dalla richiesta.
Decorso tale termine, l'amministrazione può comunque procedere».
M. Cafagno, Lo Stato banditore - gare e servizi locali, 2001. Il
testo in ambito nazionale ha aperto una corrente di studi sulle gare
pubbliche prima ignorata. La tesi centrale dell’A. conduce a considerare le gare pubbliche per l’affidamento dei contratti di appalto o
di concessione in un’ottica strategica e non meramente formale e
procedimentale.
48
Questo è chiaramente il modello spagnolo, si veda A. Germani,
M. Ricchi, Il sistema del Partenariato Pubblico Privato in Spagna Un confronto con l’Italia, UTFP-PCM, febbraio 2008, in
www.utfp.it.
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gestione del servizio pubblico al costo più conveniente.
Procedimento ad iniziativa privata - Promotore
monofase
Il procedimento del promotore monofase ai sensi
dell’art. 153, comma 1 del Codice, si colloca
all’estremo opposto, adattandosi ad una amministrazione con forti competenze negoziali e spiccate capacità regolatorie; si ricorda come la p.a. debba simulare la
concorrenza e negoziare 49 con il promotore anche le
necessarie modifiche economiche alla proposta. La p.a.
deve essere dotata di un budget considerevole per sostenere i necessari costi transattivi di gestione del processo senza lesinare sul reclutamento di specialisti e
per il loro coordinamento. Le opere da realizzare sono
di taglia medio grande 50 con un elevato grado di complessità non standardizzabile, tale per cui si chiede al
mercato di proporre soluzioni non immaginabili dalla
stessa amministrazione. L’obiettivo di questo procedimento è di catturare l’innovazione avendo la capacità
di corrispondere ai privati un prezzo equo.
Procedimento ad iniziativa privata - Promotore
bifase
Il procedimento con il promotore bifase, ai sensi
dell’art. 16, differisce da quello monofase sostanzialmente per un elemento: in questo l’operazione di compressione delle rendite ingiustificate, e dunque di calmieramento dei costi di realizzazione dell’opera e di
gestione del servizi alla collettività, è realizzato da una
fase competitiva. La previsione di una seconda fase di
gara rende il procedimento bifase più facilmente gestibile dalla p.a. rispetto all’affidamento con il promotore
monofase che si risolve in una sola tornata di selezione. Tuttavia, sarebbe opportuno utilizzarlo quando si
valuti che per dimensioni, natura dell’opera e azioni
della stessa p.a. si possa prevedere una certa pressione
concorrenziale nella seconda fase, altrimenti si vanifica il vantaggio ottenibile con questa procedura.
Procedimento ad iniziativa privata - Promotore
additivo
Il promotore additivo, ai sensi del comma 16 dell’art.
153 del Codice, può essere a ragione ritenuto una alternativa procedimentale al promotore monofase e bifase, quando la p.a. deliberatamente ometta la pubbli-
cazione del bando per provocare la reazione del mercato. Le ragioni che possono spingere la p.a. ad adottare
questa legittima strategia sono: a) la volontà di sondare
l’esistenza di un mercato disponibile quando ci sia incertezza sulla sua reale consistenza e determinazione
di partecipazione alla competizione; b) la volontà di
stimolare il mercato a mezzo della persistenza della
comunicazione della domanda pubblica, prima a seguito dell’inserimento nella programmazione annuale, poi
nell’avviso di ricerca del promotore ed infine nel bando che introduce uno dei tre sub-procedimenti e senza
dimenticare la facoltà della p.a. di pubblicare il bando
secondo le originarie intenzioni programmatorie nel
caso in cui gli operatori economici non abbiano presentato le proposte additive nel periodo concesso dalla
norma.
In conclusione è utile rammentare come la scelta casuale di uno dei procedimenti con il promotore o dettata dalla tipica credenza della p.a. di risparmiare sui costi di redazione del progetto preliminare, della convenzione e del PEF, genera invece enormi costi per la collettività, causati dalle spese evitabili per gestire processi estremamente complessi e dall’inefficacia del
procedimento così articolato rispetto al risultato che si
vuole ottenere 51 .
La competenza regolatoria della p.a.
L’analisi dell’affidamento dei contratti in finanza di
progetto a seguito del D.Lgs. n. 152/08, fin qui prospettata permette di precisare i caratteri della p.a. necessari per gestire la complessità dei procedimenti di
aggiudicazione: questa deve assumere contemporaneamente il ruolo e i poteri del decisore e del regolatore.
Si evidenzia come l’efficacia dell’azione della p.a. dipenda anche dalla sua capacità di manifestarli (rectius
comunicarli) al mercato. In altre parole è importante
che la p.a. sia percepita come un contraente all’altezza,
autorevole, imparziale, flessibile, dialogante, capace di
incrementare la concorrenza per raggiungere lo scopo
di perseguire il pubblico interesse acquisendo opere e
sevizi di elevato standard ad un costo conveniente, il
cd. value for money.
L’instabilità del mercato e dei suoi attori devono essere gestiti con padronanza, ma mentre la p.a. ritiene che
l’esercizio della discrezionalità amministrativa, quantomeno quella tecnica, sia connaturata alle proprie
51
49
R. De Nictolis, op. cit., 1231, fa risaltare la componente negoziale descrivendo le fasi del percorso di affidamento: «scelta del promotore, negoziazione con il promotore delle modifiche al progetto
preliminare, negoziazione con i successivi concorrenti in graduatoria se la prima negoziazione non va a buon fine».
50
C. Bentivogli, E. Panicara, A. Tidu, op. cit., 5. Gli AA. sostengono che «La complessità organizzativa e i relativi costi rendono
pertanto il PF indicato per le opere di maggiori dimensioni. Quanto
alla tipologia di opere, esso a senso laddove si tratti di iniziative in
cui costruzione e gestione siano intimamente connesse, in relazione
ai trade-off tra costi e tempi di costruzione (specie se non determinabili con esattezza ex ante) e tra costi e qualità dei servizi discendenti dall’opera stessa».
Con riguardo ad alcuni indicatori di efficienza relativi alle procedure con il promotore, rapportati alle dimensioni dell’operazione, si
veda C. Bentivogli, E. Panicara, A. Tidu, op. cit., 17, laddove considerano che «Questi dati sembrano indicare che il ricorso a forme
spurie di PF, tipiche per le opere di minore dimensione, non facilita
necessariamente il completamento delle procedure» inoltre a p. 18
«Il basso valore unitario di molte operazioni rilevato sopra (tav. 3)
sembra in contrasto con il fatto che la tecnica del PF presenta elevati costi «fissi» per i servizi accessori e di consulenza. La dimensione
contenuta degli investimenti, inoltre, e la tipologia di servizio pubblico locale per la quale tale strumento è stato più frequentemente
attivato, potrebbe segnalare un uso spurio del PF connesso a un non
completo repackaging dei rischi (troppo costoso per bassi importi),
con l’obiettivo di aggirare i limiti all’indebitamento degli enti della
p.a.».
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funzioni, viceversa sente estranea la discrezionalità regolatoria, essenzialmente strategica, delegandola tacitamente alle diverse Autority (AVCP, AGCM, AEEG)
operanti nell’ordinamento. L’appropriazione della discrezionalità regolatoria per affrontare il mercato è
cruciale per l’elevazione qualitativa dei processi e,
dunque, dei prodotti e servizi che la p.a. compra tramite i contratti complessi. Il regolatore vede i potenziali
offerenti nel contesto di un mercato, il decisore come
singoli; le due ottiche devono coesistere.
Ogni stazione concedente deve essere anche
un’Autority con la discrezionalità che le è propria 52 ,
sono numerose le disposizioni del Codice che impongono alla p.a. questi connotati, come quando per introdurre le limitazioni al numero di candidati idonei invitati al procedimento di selezione, è imposto di valutare
la sufficienza del grado di concorrenza effettivo e la
complessità del contratto (art. 62, comma 1 del Codice) o quando è attribuita la facoltà di stabilire se imporre al concessionario l’affidamento dei lavori a terzi
e in quale percentuale, teoricamente anche il 100%
(art. 146, comma 1, lett. a del Codice), con l’effetto di
selezionare concorrenti con vocazione gestionale e tutelare il mercato degli appalti o per decidere la non applicazione dell’esclusione automatica delle offerte anomale sottosoglia 53 , nel dissuadere, monitorare e sanzionare i fenomeni collusivi 54 , etc. Ma la gran parte
52
Sul punto si legga M. Giovannelli, op. cit., 1116, laddove «la
giurisprudenza più recente ha isolato dalla ormai acquisita separazione tra discrezionalità tecnica e merito amministrativo, la categoria delle valutazioni complesse, per lo più volte all’applicazione di
concetti giuridici indeterminati (si vedano le valutazioni economiche e di riverbero sul mercato date dall’Autorità della concorrenza
di fronte a posizioni dominanti in determinati settori), dove si registra una con testualità cronologica se non una sovrapposizione logica, tra il momento della valutazione tecnica e quella della ponderazione dell’interesse pubblico».
53
Corte Giust. CE, 15 maggio 2008, procedimenti riuniti C-147/06
e C-148/06. La sentenza attribuisce alle stazioni appaltanti del potere-dovere di disapplicazione dell’esclusione automatica delle offerte
anomale negli affidamenti sotto soglia. Il giudizio di procedere alla
non applicazione della norma nazionale deve essere fatto sulla base:
a) dell’importo dell’affidamento; b) della verifica dell’esistenza di
un interesse trasfrontaliero all’affidamento per ubicazione o motivi
tecnici tale che potrebbe attrarre imprese in altri Stati membri e
prevalere comunque sull’eventuale esiguità dell’appalto. La sentenza si spinge a rilevare come in presenza di numerose offerte, evidenza di pressione concorrenziale e certamente non le 5 previste
dalla normativa nazionale, si può invece applicare la norma di esclusione automatica privilegiando la celerità dell’azione amministrativa. Proprio a seguito di questa sentenza il D.Lgs. n. 152/08 ha
modificato il Codice, artt. 122, comma 9 e124, comma 8, consentendo l’esclusione automatica delle offerte, se prevista nel bando,
solo per appalti di lavori inferiori o pari a un milione di euro.
54
Nonostante il Codice all’art. 34, comma 2, preveda norme anticollusive ad applicazione automatica quali il divieto di partecipazione alle gare per le imprese che si trovino in posizione di controllo di diritto, di fatto e di controllo esterno, invece per
l’accertamento del collegamento sostanziale tra imprese, la p.a. ha
degli importanti margini di apprezzamento e dovrebbe svolgere
un’attività investigativa alla ricerca degli indizi denotativi della collusione, si veda G. Viciconte, La protezione multilivello della concorrenza nel settore degli appalti pubblici, in Responsabilità e concorrenza nel codice dei contratti pubblici a cura di G.F. Cartei, Napoli, 2008, 163-218.
delle azioni regolatorie non sono codificate ed in una
gara devono essere utilizzate per creare pressione concorrenziale stabilendo termini adeguati alla complessità del contratto, eliminare le barriere all’ingresso di
concorrenti nuovi ma innovativi, facilitare le PMI a
presentare le offerte, cercare di standardizzare i bandi,
i procedimenti, i contratti con incentivi e penalità, disciplinare le interlocuzioni con i concorrenti, immunizzare gli scostamenti anomali nelle valutazione discrezionali qualitative dei componenti della commissione di valutazione, fissare prezzi corretti per la fruizione dei servizi, congegnare clausole contrattuali per
spingere i concessionari a sviluppare efficienza come
quelle per eliminare eventuali extraprofitti in corso di
gestione, etc. Essere regolatore significa anche mantenere un database dei costi delle attività gestite dal pubblico (benchmark), dei processi di aggiudicazione, degli indici di performance nell’esecuzione dei lavori e
dei servizi, verificando le anomalie e pianificare i correttivi, studiare e dosare gli incentivi di presentazione
delle offerte, affrontando gli inevitabili trade off che si
possono presentare tra costi transattivi di gestione della
gara e le economie attese dalla concorrenza. È
un’attività incessante di eliminazione delle asimmetrie
informative tra p.a. e privati, di tutela e «sfruttamento»
della concorrenza per l’eliminazione delle rendite e
delle conseguenti occasioni di scambio corruttivo. Il
mercato deve essere affrontato con strumenti «stechiometrici» provando elementi e dosaggi differenti tra
gara e gara, inventando combinazioni di azioni opportune; il regolatore in moto continuo non consente agli
operatori economici di riadattarsi, escogitando dei
meccanismi elusivi delle prescrizioni anticompetitive 55
predisposte dalla stessa p.a.
Il conforto delle evidenze, di volta in volta richiamate,
implica come il modello di p.a. da perseguire per
l’affidamento dei contratti complessi debba essere improntato all’esercizio della più ampia discrezionalità
amministrativa «allargata» all’esercizio dei poteri regolatori. La visione del regolatore consente di gestire il
mercato, introduce delle prescrizioni mirate allo sviluppo concorrenziale delle idee e all’abbattimento dei
costi, con la contemporanea eliminazione degli indesiderati effetti secondari. Con la finanza di progetto «lo
Stato non concede più, ma scende nel mercato e si
comporta secondo la logica del mercato» 56 .
55
Corte Giust CE cit., la pratica di esclusione automatica delle offerte anomale sotto soglia «può dare luogo a comportamenti e ad
accordi anticoncorrenziali, se non addirittura a pratiche collusive tra
imprese nazionali o locali, intese a riservare a queste ultime gli appalti pubblici di lavori».
56
F. Merusi, op. cit., 18.
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