Storia dell`allevamento del maiale in Provincia di Rieti
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Storia dell`allevamento del maiale in Provincia di Rieti
Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti Storia dell’allevamento del maiale in Provincia di Rieti a cura di Massimo Tanca e Paola Cirioni Arsial Area Studi e Progetti Legge Reg.le 15/2000 tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 2 Questo lavoro è stato possibile grazie anche al contributo di: Istituzioni Arsial sede di Rieti; Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Rieti; Provincia di Rieti: Assessorato alla Cultura, Assessorato all’Agricoltura; Museo della Mezzadria di Buonconvento (Siena); Istituto di Studi Romani (Roma); Assessorato Cultura Regione Lazio; Biblioteca Senato della Repubblica; Biblioteca Nazionale Centrale di Roma; Università di Cagliari Dipartimento di Filosofia; Archivio Centrale dello Stato; Archivio di stato di Rieti; Archivio di Stato dell’Aquila; Abbazia di Farfa: Biblioteca, Archivio Storico; Comunità Montana Montepiano Reatino; Comunità Montana del Velino; Università Agraria Colle di Tora; Comunità Montana del Turano; Comunità Montana del Salto Cicolano; Museo civico di arti e tradizioni popolari di Micigliano; Museo civico sezione etnografica di Borgo Velino; Museo della nostra terra (Leonessa); Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana; Università Roma III Facoltà di Lettere Laboratorio Geocartografico; Ministero Beni Culturali Ufficio Centrale per i Beni Archivistici; Ecole Francaise de Rome Biblioteca; INARS (Istituto Nazionale Regioni Storiche); Regione Lazio SDA Rieti; Comune di Posta; Comune di Petrella Salto; Comune di Pescorocchiano; Comune di Micigliano; Comune di Fiamigniano; Comune di Leonessa; Comune di Cittareale; Comune di Cittaducale; Comune di Castel Sant’Angelo; Comune di Cantalice; Comune di Borgovelino; Comune di Borgorose; Comune di Amatrice; Comune di Antrodoco; Comune di Accumoli; Comune di Borbona; Biblioteca Naz.le Centrale di Napoli; Biblioteca Bruno Malajoli di Napoli; Biblioteca provinciale Scipione e Giulio Capone di Avellino; Biblioteca provinciale Salvatore Tommasi dell’Aquila; Biblioteca Casanatense di Roma; Biblioteca Società Romana di Storia Patria; Archivio di Stato di Caserta; Biblioteca Comunale Cantalupo in Sabina-Rieti; Biblioteca Comunale Contigliano-Rieti; Biblioteca Comunale Forano-Rieti; Biblioteca Comunale Magliano Sabina-Rieti; Biblioteca Comunale Montopoli Sabina-Rieti; Biblioteca Comunale Poggio Mirteto-Rieti; Biblioteca Comunale Paroniana Rieti. Persone Prof. Persilio Leggio (Assessore alla Cultura Prov.cia di Rieti); Dr.ssa Emilia Cento (Assessorato alla Cultura Regione Lazio); Prof.ssa M.G. Da Ré (Antropologia Culturale, Università di Cagliari Dipartimento di Filosofia); Prof.ssa Cristina Amoroso (Istituto Nazionale Regioni Storiche); Dr.ssa Antonella Grillo (Regione Lazio SDA Rieti); Dr.ssa Roberta Rezzi (Assessorato alla Cultura della regione Lazio); Dott.Roberto Lorenzetti (Archivio di stato di Rieti). Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 3 Introduzione storico geografica La provincia di Rieti come oggi la rappresentiamo è il risultato di apporti di territori che nel corso della storia sono appartenuti rispettivamente al Lazio, all’Abruzzo, al Molise e all’Umbria. Questa unione più o meno forzata ci consente di intravedere delle diversità culturali lontane con conseguenti zone omogenee che continuano a mantenere, malgrado l’evolversi più veloce e standardizzato della società, loro caratteristiche peculiari. Il reatino è stato per secoli una zona di confine. I suoi monti hanno rappresentato il limite naturale del Lazio verso l’Abruzzo, le Marche e l’Umbria ed il confine tra Regno di Napoli e lo Stato della Chiesa. Ancora oggi, secondo quanto riportato da Ines Millesimi nel suo libro sulla Sabina1 , sono ben definibili sette aree etniche: quella della Valle del Tronto a Nord, con Amatrice ed Accumoli, tra le Marche e l’Abruzzo; quella che unisce l’Altopiano di Leonessa con la montagna di Poggio Bustone, fino a Rivodutri e Labro e che si qualifica come zona “umbra”; la media e l’alta Valle del Velino, ad est, dalla parte di Rieti e Cittàducale, Antrodoco, fino a Cittàreale area per così dire “aquilana”; la Valle del Salto, il Cicolano, a sudest, zona “abbruzzese”; la Valle del Turano, con Rocca Sinibalda, Ascrea e Poggio Moiano, area di transizione tra la parte abbruzzese e la bassa Valle del Tevere, ossia la Sabina propriamente detta, con Poggio Mirteto, Magliano, e Fara Sabina. Ma anche sulla delimitazione geografica della Sabina poche aree regionali italiane risultano ancora oggi così indefinite. Un aiuto alla comprensione delle diverse posizioni ci viene da Roberto Lorenzetti nel suo libro Il Territorio di carta la Sabina2 . “Il senso comune”, riporta testualmente il Lorenzetti, “identifica oggi questo termine con gli attuali limiti della provincia di Rieti, anche se non pochi lo vogliono riservato per quella sola parte che si estende dai Monti Sabini al Tevere, escludendo quindi il reatino e ovviamente l’ex circondario di Cittaducale, il primo considerato come area storicamente umbra, il secondo come territorio abruzzese forzatamente traslato nel Lazio solo nel 1927 all’atto della nascita della provincia di Rieti, e non mancano coloro 1 2 Millesimi Ines, “Sabina”, editalia, anno 1997. Roberto Lorenzetti Il Territorio di carta la Sabina, Editalia, Roma, 1994. Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 4 che, richiamandosi alla più antica tradizione storica, ricorrono a questa definizione geografica per indicare una regione decisamente più estesa, che arriva ad includere territori oggi appartenenti a province e regioni diverse. A seconda dei punti di osservazione un pò tutti hanno ragione. Se si vuole identificare il territorio della Sabina con quello occupato per un lungo arco cronologico dai Sabini dobbiamo abbandonare l’attuale delimitazione provinciale ed addentrarci verso larghe fasce dell’Abbruzzo, dell’Umbria e dell’attuale provincia di Roma. In base alle testimonianze dei classici i limiti del territorio sabino seguivano a sud-est il Tevere oltre Magliano per proseguire lungo la via Flaminia fino a Narni, e ancora lungo il Nera fino a Piediluco, limite estremo dell’antico Lacus Velinus che un tempo ricopriva per intero l’Agro reatino. Da qui il confine proseguiva verso Nord fino a Triponzo per poi iniziare a salire verso Norcia e tagliando il Tronto prima di Arquanta, includeva Accumoli da dove proseguiva verso Est per Amiterno. Da questa antica città il limite di confine scendeva fino a Preturo e Sella di Corno, per poi tornare a lambire il Nuria e quindi proseguire linearmente verso Fiamignano e Carsoli da dove raggiungeva l’Aniene che lambiva fino alla sua confluenza con il Tevere inglobando nel proprio territorio Tivoli, Preneste e Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 5 Fidene e altri centri dell’attuale area romana come Monterotondo, Palombara e Montelibretti, ma anche insediamenti umbri come Cascia, Norcia e Narni. Tutte le carte realizzate fino alla fine del cinquecento, ma in alcuni casi anche oltre, raffigurano la Sabina tenendo conto più dei limiti del suo antico territorio che della organizzazione amministrativa del loro tempo”. L’ex Circondario di Cittaducale Il Circondario di Cittaducale costituiva una parte di quei territori abitati anticamente dai Sabini e dagli Equi era collocato nel centro d’Italia in mezzo all’Appennino, costituiva la parte estrema di quello che veniva chiamato Abruzzo Ulteriore II° (Provincia e dipartimento dell’Aquila) verso l’Umbria. Confinava a Nord con la Provincia dell’Umbria, Ascoli e Teramo; a Est col distretto del capoluogo della Provincia, a Sud col Circondario di Avezzano, a Ovest colla Provincia dell’Umbria e precisamente col circondario di Rieti, Foligno e Spoleto. “Nell’insieme”, per dirla con le parole del Professor Antonio Piccinini3 : “ha la forma di una cornamusa, colla punta dalla parte di mezzogiorno e rivolta all’est … abbraccia 17 comuni … la parte coltivabile conserva ancora un certo grado di fertilità e produce cereali di ogni genere … La pastorizia è forse una delle sue risorse … principali per i numerosi pascoli della parte montana … Il territorio del Circondario di Cittaducale è pressoché tutto montuoso, i suoi 4/5 possono considerarsi occupati dai rilievi del suolo più o meno considerevoli. In qualche parte sono colline deliziose, in altre montagne elevate, la superficie pianeggiante è in piccole proporzioni, tenendo anche a calcolo il fondo delle vallate. In questo Abruzzo ulteriore l’Appennino raggiunge le maggiori altezze … e senza contare il Gran sasso d’Italia …Cittaducale capoluogo del Circondario siede sopra di un monte, circondato da boschi e a poca distanza dalla destra del fiume Velino; dista dall’Aquila circa Km 41. Il suo territorio fertile somministra vini, ulivi …vi si fa pure buona caccia e buona pesca. Nei suoi dintorni … esistono varie sorgenti di acque sulfuree, acidule e minerali (descrizione dei comuni che fanno parte del Circondario) segue Pescorocchiano, nel cui territorio si 3 A. Piccinini, “Monografia sul Circondario di Cittaducale”, Parlamento Italiano, Atti della Giunta per la Inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola in Italia (Inchiesta Jacini), 1877 – 1885. Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 6 allevano molti maiali …Il punto più basso del Circondario, in cui l’uomo ha stabilito la sua dimora è di circa m. 500 sul livello del mare; ed il più elevato a circa 1100 … le sorgenti d’acqua sono frequenti …chiunque penetra in questo territorio non può a meno di restare meravigliato della estesa distribuzione dei bacini acquiferi e della varietà delle rocce ... Il rapporto ... tra la popolazione urbana e la rurale mostra all’evidenza il carattere eminentemente agricolo e pastorale di questo circondario ... l’istinto di possedere, sia pure pochi metri quadrati di terra, da cui ottiene prodotti poco renumerativi ma è soddisfatto perché l’ottiene dalla sua piccola proprietà, e non si vede costretto ad acquistarlo da altri anche migliori fatti. La proprietà è molto divisa e questa è una ragione per cui si ha quel rapporto ... vi ha poi influito la vendita di beni demaniali a piccoli lotti ... con la facilitazione del pagamento rateale ... la facile cessione dei proprietari di appezzamenti in affitto e a mezzadria ... la mancanza di capitali forti. Il numero di proprietari di fondi rustici nel Circondario è di 18.065. E’ vario per ogni comune. Prendendo in esame la superficie catastale in relazione ai proprietari, sarebbe maggiore in Cittareale ettari 7,19 ... per ultimo Borgovelino ... con ettari 0,42 ... che la proprietà sia molto divisa ci si persuade dando una occhiata al numero rilevante di proprietari ... il 54,9 per cento della popolazione; ma è molto frazionata per numero non lo è per importanza, essendovi due estremi e mancando le medie ... vi sono vastissime proprietà dei comuni e dei privati, mentre le altre sono quasi generalmente piccolissime”. Popolazione agricola e proprietà della terra a fine ‘800 nel Circondario di Rieti Nel 1853 gli abitanti del circondario di Rieti erano 73.683 raggruppati in 14.668 nuclei famigliari dei quali oltre il 90% fondava la propria esistenza sul lavoro agricolo. Il censimento del 1881 ci fa conoscere anche la ripartizione professionale della popolazione agricola ed indica il circondario di Rieti come quello con il maggior numero di contadini che coltivano terreni propri dell’intera provincia di Perugia di cui Rieti faceva parte (vedi allegato). Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 7 Nel 1873 R. Gamba rilevava nel solo agro reatino 4 la presenza di 2.182 mezzadri, 153 affittuari, 111 terzaruoli e 92 quartaroli5 . La grande maggioranza della proprietà era costituita da piccolissimi appezzamenti di terreno, il più delle volte posseduti in comune da più persone. Il 50,11% di coloro che dal censimento del 1881 vennero classificati come proprietari, possedeva poderi la cui estensione era inferiore ad un ettaro, mentre sullo 0.001% di essi, erano concentrati fondi che si estendevano dai 1.000 agli oltre 5.000 ettari. La “cultura del maiale” in provincia di Rieti In una provincia come quella reatina, fortemente ancorata alle origini contadine dove i grandi allevamenti suinicoli intensivi sono scarsamente rappresentati la consistenza media è di circa due capi in allevamento per azienda agricola. La “cultura del maiale”, continua ad avere nel tempo una sua consistenza, esiste ancora oggi l’abitudine anche in molte famiglie che vivono nei centri urbani di farsi allevare il maiale o comprarlo presso aziende di conoscenti, provvedendo alla macellazione e alla lavorazione delle carni, che solitamente si effettuano nel periodo delle feste natalizie, per poter poi mangiare prosciutto ed insaccati “caserecci”. La presenza di questa “cultura” è dimostrata da uno studio demologico sul ciclo del maiale in Sabina6 , realizzato a fine anni ’70 in tre zone7 che malgrado il forte dinamismo sociale e la conseguente standardizzazione di usi e linguaggi, conservano ancora una struttura culturale relativamente autonoma. 4 Sull’agro reatino gravitano i comuni di Rieti, Rivodundri, S. Elia, Contigliano, Labro, Morro, Poggio Bustone, Cerchiara, Collebeccaro, S. Benedetto, S. Giovanni Reatino, Greccio, Poggio Fidoni, Montenero, Monte S. Giovanni. 5 R. Gamba, Monografia statistico-economica sull’agro reatino e suo mandamento, Terni, 1873, 2 voll., vol. 1, p.202. 6 Roberto Lorenzetti e Roberto Marinelli, “Il ciclo del maiale in Sabina”, estratto da Brads, n. 9, Cagliari, 1980. 7 Zona A: La Valle Superiore del Velino e del Tronto che si estende dalla parte nord-orientale della provincia di Rieti e comprende i Comuni di Accumoli, Cittareale, Borbona, Posta, Micigliano, Borgovelino e Castel S. Angelo. La zona si disloca nell’Appennino centrale e presenta pertanto caratteristiche morfologiche tipicamente montane con quote che superano i 2.400 metri. La valle ha una superficie ha boschi, a prati e prati-pascoli pari al 68% dell’intera area zonale. Fondamentale per l’economia della zona è quindi il patrimonio zootecnico costituito da 32.000 capi ovini, 2.000 capi equini, 6.000 capi bovini, e 3.000 capi suini, (l’allevamento suinicolo è esclusivamente a conduzione familiare ). Zona B: Montepiano Reatino, è localizzata nella zona centro settentrinale della provincia, in questa zona è inclusa anche l’area della pianura reatina. L’attività agricola è ampiamente diffusa e l’ottima produzione foraggera consente una buona produzione zootecnica (13.000 capi bovini e 8.000 capi suini). Zona C: comprende la “Valle del Salto” ed occupa la parte sud-orientale della provincia; risulta caratterizzata dalla presenza di catene montuose, l’attività prevalente è quella agro-silvo-pastorale. Il patrimonio zootecnico comprende 3.000 capi bovini, 1.300 capi equini, 45.000 capi ovini e caprini, e 6.000 capi suini. L’allevamento suino anche in questo caso soddisfa le esigenze familiari. Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 8 Le parole per indicare il porcile8 , dove il maiale beve9 e dove mangia10 sono diverse a seconda della zona. E’ possibile individuare due tipologie costruttive del porcile a seconda che ci troviamo nella zona montana od in quella piana. ubicazione costruzione Zona piana isolato In muratura su ordinazione Zona montana Annesso ad altri elementi In proprio materiale da scarto I maiali si comprano ancora piccoli, “di latte”, nelle fiere di marzo, aprile e maggio; fino a circa quaranta anni fa, invece, nella zona di Amatrice venivano acquistati nelle fiere di settembre-ottobre, prima cioè che quelli vecchi venissero uccisi (periodo dicembre-gennaio). Allora il maiale raggiungeva l’età di quindici, sedici mesi, adesso invece arrivano a non più di dieci, undici mesi. Le bestie ancora piccole chiamate lattarini, sono allevate con un miscuglio di semola, acqua e in qualche caso anche farina e latte che nella zona di Amatrice è chiamato u papparozzu11 , Mano a mano che l’animale cresce il pappone si infittisce, fino a diventare più sostanzioso: patate cotte mescolate con acqua e semola, orzo, polenta, erbe di vario tipo e barbabietole. In autunno, un mese prima dell’uccisione, gli si dà granturco e ghianda, l’alimento più nutriente che nell’amatriciano è detto il vago. Si chiama porcareccia nella zona A, sterillu nella zona B e stopigliu nella zona C. n droccu o troccu in tutte e tre le zone. 10 u troccu nella zona A, mandriu nella zona B, u scifu nella zona C. 8 9 Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 9 In famiglia un pò tutti sono addetti all’allevamento del maiale che è sempre tenuto nella stalla, anche se in genere se ne occupano più le donne. Ancora quindici o venti anni fa esisteva il porcaro che portava al pascolo per tutta l’estate i maiali entrati nel secondo stadio dell’alimentazione. All’inizio dell’autunno poi, le bestie erano ritirate nelle stalle e fatte ingrassare. L’uccisione avviene nel periodo dicembre-gennaio, quando l’animale è arrivato al massimo dell’ingrassamento; essa comunque si effettua quando è luna piena perchè solo così si è sicuri che poi la carne si mantenga bene. Il sistema è ancora quello dell’accoratura che si effettua con un lungo coltello che si conficca all’altezza della spalla. In genere il maiale viene tenuto a braccia su un tavolino apposito, di cui nei paesi più piccoli esiste un unico esemplare usato a turno da tutte le famiglie. In alcuni paesi dell’amatriciano, invece, la bestia viene legata alla traja, una grossa slitta trainata da buoi che normalmente è usata per il trasporto nei campi durante i mesi estivi e come spazzaneve in inverno. Di solito ogni famiglia ammazza il proprio maiale; se qualcuno lo fa per altri gruppi familiari è previsto un compenso che è fissato dalle diverse consuetudini, ma che consiste sempre in alcune parti del maiale ucciso. Il maiale ucciso si pela in acqua bollente, poi si appende per le zampe posteriori, quindi si squarta e si spacca in due parti, e prima di passare a ricavare i vari pezzi si lascia la carne “a gelare” per qualche giorno12 . Dalle cosce e dalle spalle si ricavano i prosciutti, dalla parte esterna del ventre la pancetta o ventresca, dal sottomento il guanciale. I prosciutti si premono con lo stenderello per far uscire il sangue residuo, si arrotondano togliendo il grasso in eccesso, si mettono sotto sale per un periodo che varia dai venti ai venticinque giorni, fino ad un massimo di un mese e mezzo; poi, coperti di pepe, si appendono in un ambiente riscaldato dal camino. Quando il prosciutto è asciutto forma delle crepe che si chiudono, per non farci andare gli insetti, con la spugna o con la cenere del camino impastata con la semola, oppure con grasso e peperoncino fatti bollire preventivamente; fatta questa operazione il prosciutto viene messo in ambiente fresco e asciutto a stagionare per circa un anno. A Corvaro u papparozzu e a Contigliano a lavatura . A Corvaro la bestia uccisa viene lasciata appesa al fresco prima ancora d’essere squartata; in alcune zone dell’amatriciano invece la carne non si lascia riposare e si passa immediatamente a ricavare i vari pezzi. 11 12 Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 10 La prassi di conservazione della carne di maiale è molto più seguita nelle zone montane che nelle zone della pianura. Le motivazioni possono essere ricercate nei seguenti motivi: a) nella esigenza di scorte alimentari delle popolazioni montane che, fino a non molto tempo fa e per alcuni aspetti ancora oggi, erano costrette all’emarginazione invernale a causa della neve; b) nella precarietà socio-economica della condizione contadina montana che spinge verso la ricerca di forme alimentari autarchiche. Nel discorso sul ciclo del maiale non è possibile non introdurre i collegamenti più o meno vistosi con la figura di S. Antonio Abate, considerato il protettore degli animali domestici ed in particolar modo del maiale. In alcune zone dell’antica Sabina, esiste una credenza che può essere ricondotta a quella mitica esistente nell’area abruzzese dove, ad esempio, quando qualcuno non trovava cibo da offrire al porcello era solito dire Antuò, vattènne. Un elemento molto appariscente e singolare è Lu porchette de S. Andonie; l’usanza, ormai quasi del tutto scomparsa, consisteva nell’acquistare un maialino il giorno di S. Antonio Abate (17 gennaio) e di lasciarlo libero nel paese dove riceveva cibo da tutte le famiglie. Il 17 gennaio dell’anno successivo veniva venduto all’asta e secondo la tradizione chi mangiava i suoi prodotti veniva accompagnato dalla fortuna per tutto l’anno. Le origini L’allevamento del maiale in provincia di Rieti ha origini molto antiche. Già negli insediamenti dell’età del bronzo sono presenti ossa di suino che attestano la sua utilizzazione nella dieta alimentare umana dell’epoca13 . Le testimonianze archeologiche o documentarie da allora in avanti sono sempre più frequenti, in particolare per l’età romana, quando il paesaggio della Sabina era connotato dalla fitta presenza di boschi di querce14 le cui ghiande costituivano il principale nutrimento per i maiali. In alcuni casi, poi, per ingrassarli si utilizzava il letame degli allevamenti di tordi15 . G. Filippi, M. Pacciarelli, Materiali protostorici dalla Sabina tiberina. L’età del bronzo e la prima età del ferro tra il Farfa ed il Nera, Magliano Sabina 1991, pp. 150-152. 14 Strabo, Geo., V, 228. 15 Varro, R.R., I, 38, 2. 13 Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 11 A partire dall’alto medioevo, le fonti sono molto più ricche ed attestano la presenza sempre più fitta e costante dei maiali nell’economia agraria della Sabina. Diffusa anche la presenza nei documenti dell’abbazia benedettina di Farfa di porcari ed anche di arciporcari16 , ricordati intorno alla metà del secolo VIII, destinati a governare la conduzione dei suini al pascolo brado. Nel secolo IX, ad esempio, il monastero di S. Giulia di Brescia possedeva lungo la valle del Velino un’azienda agraria, nella quale oltre 15 ettari erano destinati ad ingrassare i maiali17 . Non conosciamo per questo periodo i modi e le forme nei quali il maiale era macellato e conservato, anche se non vi sono molti dubbi sul fatto che la salagione fosse il sistema fosse il sistema più diffuso di conservazione18 , in considerazione del fatto stesso che la via più importante che attraversava la Sabina aveva da antico tempo il nome di Salaria, derivato dal prodotto che vi era ampiamente commerciato ed importato a partire dalle saline tirreniche di Ostia e di Porto e da quelle meno importanti poste sull’Adriatico. Soltanto a partire dal secolo X conosciamo con qualche dettaglio maggiore il sistema di partizione dei suini. Ad esempio i monaci dell’abbazia di Farfa ricevevano come regalie annuali dai loro livellari soprattutto lombi e spalle19 . Ed è a partire dal tardo medioevo che le fonti ci consentono di avere un quadro più dettagliato sullo specializzarsi delle produzioni ed in particolare con l’avviarsi di importanti flussi commerciali. Nel 1327 infatti gli abitanti di Capradosso, castello posto a cavaliere tra la Valle del Velino e quella del Salto, gli abitanti promisero ad alcuni signori del posto, i de Romania, tra l’altro, ben 60 paia di prosciutti l’anno se li avessero aiutati a liberarsi dalla signoria dell’abbazia benedettina di S. Salvatore Maggiore che li opprimeva pesantemente20 . Sempre nel Cicolano, dove le fonti scritte sono maggiormente conservate, è attestata la consuetudine signorile di prelevare dai vassalli i prosciutti, spalle e lombi, 16 17 18 19 20 Codice diplomatico longobardo, a cura di C.Bruhl, IV/1, Roma 1981, pp. 13-15 n. 5 del 746 e 46-48 n. 16 del 761. S. Giulia di Brescia, a cura di G. Pasquali, in Inventari altomedievali di terre, coloni e redditi, Roma 1979, pp. 93-94. M. Baruzzi e M. Montanari, Porci e porcari nel Medioevo, Clueb, Bologna, 1981 Liber Largitarius vel Notarius Monasterii Pharphensis, ed. G. Zucchetti, I, Roma 1913, p. 379, n. 806 del 1011. R. Caggese, Roberto d’Angiò e i suoi tempi, I, Firenze, 1922, p. 465. Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 12 così come ricordano i cosiddetti Statuti del Cicolano redatti sullo scorcio del XIV secolo, quando ne era signore Lippo Mareri21 Nel Quattrocento i libri di introiti ed esiti del Comune di Rieti22 ricordano importazioni cospicue di maiali dalle zone limitrofe con particolare frequenza da Porcigliano (oggi Sala), Capradosso, Roccaranieri ad attestare un consumo importante di carni di maiale lavorate nella città sabina. Le Riformanze della città sabina, a loro volta, riportano i prezzi delle carni che erano vendute al mercato. Agli inizi del Quattrocento una libbra di carne di capriolo aveva un prezzo imposto di 12 denari, pari a quella del maiale, ma inferiore a quella del castrato venduta a 15 denari, mentre una libbra di carne di cinghiale costava 10 denari, soltanto 6 quella di cervo. Nel corso del secolo il prezzo delle carni degli animali selvatici venne lievitando, probabilmente a causa di una loro rarefazione sul mercato, dovuta ad un prelievo troppo accentuato che preludeva all’incipiente estinzione di alcune specie. Alla metà del secolo, infatti, la carne di capriolo si stabilizzò ad un prezzo più o meno equivalente a quella del castrato, 14 denari la libbra, quella del cinghiale a quella del maiale, 12 denari, mentre la carne di cervo raggiunse il costo di 10 denari23 . Una tendenza di mercato questa che non caratterizzava soltanto ed esclusivamente la città di Rieti, ma che, nelle linee essenziali, doveva riverberarsi anche nelle zone più adatte alla cattura della selvaggina ed all’allevamento brado dei maiali. Periodo pre-unitario Per la zona di Amatrice in particolare, la Statistica del Regno di Napoli fatta stilare da Gioacchino Murat nel 1811 attesta in modo puntuale la presenza di una importante industria per la lavorazione delle carni suine che venivano esportate in larga misura nelle città circostanti. Il segreto del successo dei prodotti amatriciani derivava principalmente da due fattori: il clima, particolarmente adatto alla lavorazione delle Statuti del Cicolano (acc. XIII-XIV), a cura di P. Sella, in Atti del convegno storico abruzzese-molisano, III, Casalbordino, 1940, pp.863-899. 22 Archivio di Stato di Rieti, archivio storico del Comune di Rieti, carmelengato, introitus et exitus, nn. 321-328 degli anni 14331456. 23 Archivio di Stato di Rieti, archivio storico del Comune di Rieti, Riformanze, 1407-1411, cc. 71r e 82r; 1419-1424, cc. 35r e 80r; 1425, c. 80v; 1438-1440, c. 63r; 1444-1446, c. 37r; 1453-1454 c. 75r. 21 Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 13 carni suine, e la natura delle carni adoperate. Se infatti i maiali non fossero stati nutriti esclusivamente con ghianda i prodotti non sarebbero stati di buona qualità24 . Il 2 gennaio 1864 in Rieti quaranta persone si associavano allo scopo di promuovere il miglioramento dell’agricoltura nel Circondario della Sabina prendendo il nome di Comizio Agrario di Rieti Nella relazione sul concorso e sulla esposizione organizzata da Comizio Agrario di Rieti nel 1866 notiamo la presenza nel caso specifico del prosciutto, alla Sezione II Industria Agraria (classe 2 Manipolazione dei prodotti animali, per quanto spetta al coltivatore), punto A Carni salate: 1. Celli Bartolomeo di Morro per Prosciutto di squisiti sapore del 1865. La carne salata di Morro non lascia altro a desiderare che la certezza di avere costantemente prodotti consimili e di averne in copia perché se si potesse mettere in commercio, non temerebbe la concorrenza di altri salati accreditatissimi;(Medaglia di Bronzo). 2. Ciancarelli Vincenzo di Rieti per lardo e Prosciutto assai grandi e quest’ultimo di molto buon sapore. La carne porcina di Ciancarelli lodevole per sapore e grandezza è un felice principio dell’introdurre i maiali di grandi razze che senza andare all’estero si trovano in talune provincie Italiane; (Medaglia di Bronzo). “Pochi ma veramente buoni furono trovati i prosciutti, ma dispiacque di non vedere le carni suine insaccate, di cui non comparve alcun campione, mentre sappiamo che nella parte alta del Reatino territorio si confezionano assai bene.” E per quanto riguarda l’allevamento del maiale nella Sezione IV Pastorizia (classe 4 specie suina): 1. Falconi Giovanni per un maiale Collelungo; 2. Ficorilli Antonio per un maiale Rieti; 3. Fusacchia Niccola per un maiale Rieti; 4. Fusacchia Pietro per due maiali Rieti; 5. Pitorri Claudio per un maiale Collelungo; 6. Potenziani Marchese Giovanni, verre, 3 troie, 4 porcelli. Questa razza, viene testualmente riportato, discende da due coppie di maiali venuti molti anni sono di Francia ora un poco degenerati dalle forme primitive ... Per gli animali indigeni di specie suina la Commissione ha conferito il Primo Premio al sig. C. Pitorri di Colle 24 La statistica del regno di Napoli nel1811, a cura di D. Demarco, I, Roma, 1988. Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 14 Lungo. Per gli animali distinti si è reputato meritevole del Primo premio il sig. N. Fusacchia di Rieti. Si sono finalmente reputati degni di Menzione Onorevole per gli animali riproduttori ed allievi il sig. Mse Giovanni Potenziani per razza incrociata coll’Indiana. L’esposizione del bestiame non riuscì molto bene a motivo delle disposizioni sanitarie prese contro il colera, in ogni caso è interessante riportate una statistica del bestiame limitata al solo Comune di Rieti fatta dallo stesso municipio nel 1864 Vacche 148 Bovi 606 Giovenchi 369 Cavalli e cavalle 670 Capre 471 Castrati 34 Pecore 1833 Troje 79 Majali 1162 Presenza del maiale nei contratti di mezzadria Da una attenta lettura dei contratti di mezzadria stipulati in Sabina tra l’ottocento ed il novecento in particolare tra le forme di soggiacenza che si ripropongono tali e quali dall’età medievale notiamo come il maiale ed i suoi prodotti mantengono nei secoli la loro importanza. Ad esempio si porta Ø Il contratto stipulato nel 1325 tra Anthonius Muctii Casella e Gianni di Pietro Paolo relativo ad un fondo dell’Agro reatino, si legge che il colono doveva obbligatoriamente corrispondere al padrone a titolo di regalia “unum par pollastrum et bonorum gallinorum in feste carnisprimi, item unum par presutiorum unu anco et alio ut sequitur unam lonzam de porco”25 ; Ø L’Apoca di Colonia in vigore nelle proprietà Potenziani nel 1815: “Colla presente privata scrittura ... art. 25 Ogni colono dovrà anche ritenere due Majali da leva, che verranno a tempo debito comprati dal colono coll’intervento del Ministro di campagna e per la compra dei medesimi i Sigg. Marchesi metteranno scudo uno, e baj quaranta di antiparte, ed il resto del prezzo sarà pagato metà per ciascuno. Il Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 15 mantenimento, e l’ingrasso dei medesimi sarà interamente a carico del colono, ingrassati che saranno se ne farà la divisione entro il mese di Dicembre a piacimento del Padrone, che scegliendo il Majale di maggior peso dovrà dare un compenso al colono a sentimento di due periti, e così viceversa fatta la divisione dovrà il colono nel termine di tre giorni o uccidere il Majale assegnatogli, o mandarlo fuori del Predio, ed in caso di contravenzione si assoggetta alla multa di Scudo uno, al giorno, a profitto dei Guardiani delli Sig. Marchesi. La stessa multa, è applicabile nel caso si ritenghino altri Majali oltre i due di sopra espressi, quantunque non siano di loro proprietà”; Ø Il Capitolato Generale per la Colonia dei terreni del Colle S. Mauro e della Pianura Reatina dell’Eccellentissima Casa Potenziani redatto lo stesso anno. Art.23 “Il Colono dovrà ritenere il numero di Troie e Maiali che sarà prescritto dal Fattore, ed a piacimento del fattore sarà obbligato a venderli od a dividerli. Il loro mantenimento come quello degli altri bestiami è a totale carico dei Coloni”, di seguito all’art. 24 “Il Colono dovrà ingrassare a tutte sue spese il numero di Majali, che sarà prescritto dal Fattore, e conservarli sino al 31 dicembre di ogni anno. Fatta la divisione il Colono dovrà entro tre giorni uccidere i maiali che gli saranno toccati in porzione od altrimenti portarli via dal podere”, e inoltre all’art. 25 “Il capitale impiegato nei suini dovrà essere fornito metà dal Padrone, e metà dal Colono. Tutti gli utili e perdite che si verificheranno saranno divisi a metà tra il Padrone ed il Colono”; Ø Ancora in riferimento alla riforma dei patti agrari nel Reatino, nel foglio a stampa diffuso dalla Lega di Rieti nel 1902, al punto 4 delle rivendicazioni: “Che non si tiene calcolo degli aggravi, che molti padroni impongono, cioè a dire: a) L’uva divisa al terzo, b) Opere di bovi e di persona, gratuite fuori del campo, c) La regalia di un maiale ogni anno ... “; Ø Il Patto colonico per l’Agro Reatino concordato tra l’Associazione dei proprietari e l’Unione di miglioramento dei contadini di Rieti, con l’assistenza della Federazione Umbra dei lavoratori della terra, 25 agosto 1920, art. 24 “La spesa per l’acquisto dei suini è sopportata a metà; però il proprietario anticiperà la parte del colono senza interessi addebitandogliela nel conto colonico. Saranno acquistati, allevati ed ingrassati due o più suini a seconda delle esigenze delle rispettive famiglie colonica e padronale. La spesa d’ingrasso dei medesimi è sopportata a metà: a titolo di contributo 25 ASR, bib., A. Bellucci, Inventario dell’archivio comunale di Rieti, Istrumento del 2 gennaio 1325, p. 130. Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 16 per l’allevamento di essi e della maialessa per allevamento, per tutto il tempo che precede rispettivamente l’epoca dell’ingrasso e la figliatura di quest’ultima, il proprietario corrisponderà al colono chilogrammi venticinque di crusca per ogni capo di bestiame suino. Per ogni figliatura della maialessa il proprietario concorre con due misure di crusca e due di vago. Quanto all’allevamento dei suini d’industria si concorderanno volta per volta colono e proprietario”. Ø Fino ad arrivare al modello di contratto di mezzadria approvato per la Provincia di Rieti nel 1927, che prevedeva all’art. 26 “Per l’ingrasso dei suini tutta la ghianda prodotta dalla colonia verrà utilizzata senza stima”. Il periodo post-unitario Nel 1870 Riccardo Gamba26 analizzando la situazione agraria dell’Agro Reatino, in merito alle condizioni alimentari dei contadini elaborò un bilancio economico di una famiglia colonica di 5 persone in un fondo di 8 ettari condotto con rotazione biennale senza maggese. Secondo il Gamba questa forma era “la più comune in cui trovasi soggetta e divisa la proprietà rurale affittata alla mezzadria”. Rispetto ai prodotti: “Il proprietario col colono allevano annualmente due maiali, i quali ingrassati, potranno pesare due quintali: al prezzo di lire cento al quintale”. Sempre il Gamba sottolineava che l’utilizzo della carne era esclusivamente limitato alla domenica e agli altri giorni festivi quando era possibile mangiare carne di maiale conservata con vari sistemi. Questo animale offriva anche l’unico condimento per i cibi cucinati quotidianamente, cioè il grasso estratto dal tessuto adiposo e insaccato nella membrana intestinale, il quale era usato come surrogato dell’olio e del burro. Infatti per quanto riguarda la parte passiva della famiglia colonica, punto B Spese di alimentazione, in media all’anno ogni giorno consumasi per i seguenti pasti: “Colazione, due uomini abbisognano almeno di due pagnotte a testa ... la donna 1/3 dell’uomo ... due ragazzi come un adulto. Il companatico consistendo specialmente in cacio pecorino o caprino, sardine, aringhe, carni salate di maiale ecc”. “Pranzo: Minestra al brodo. Questa minestra consiste in pasta fatta in casa, cotta in brodo fatto comunemente con grasso di maiale sfritto ad olio; rarissime volte con carne fresca di pecora, capra o vaccina. Pane, condimento al pane. 26 Ricardo Gamba, Monografia statistico-economica dell’agro reatino e suo mendaamento, Terni 1872-73, 2 voll., v.1. Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 17 Quando la minestra non è fatta con carne, il condimento consiste in legumi conditi, o carni salate in piccola proporzione”. Dall’Inchiesta sulle condizioni igienico-sanitarie del territorio comunale di Rieti redatta nel 1885 dal Sindaco F. D. Raccuini. Alla questione XII. Bestiame e stalle, risultava dai ruoli delle tasse sul bestiame che nel Comune di Rieti c’erano i seguenti animali: Buoi 801 Giovenche 575 Vacche 485 Cavalli e muli 672 Asini 466 Maiali 2.319 Pecore 3.463 Capre 2.036 Mentre alla questione XIII. Alimentazione, al punto due: “Il consumo di carni fresche è fortissimo, ma la bassa gente ricorre spesso alle carni salate, ossami e fianchi di maiale, aringhe, saracche, baccalà”. Circondariato di Cittaducale Il Professor Antonio Piccinini27 , Direttore in scienze agrarie dell’Istituto Tecnico di Reggio Calabria, nella sua “Monografia sul Circondario di Cittaducale”, redatta per la Giunta per la Inchiesta Agraria e sulle condizioni della classe agricola in Italia, promossa dal Parlamento Italiano, meglio nota come Inchiesta Jacini, tra il 1877 – 1885, descrivendo i 17 comuni che fanno parte del Circondario così si esprimeva: “… la parte coltivabile conserva ancora un certo grado di fertilità e produce cereali di ogni genere … La pastorizia è forse una delle sue risorse … principali per i numerosi pascoli della parte montana … Si fanno dappertutto ottimi prosciutti anche disossati nel Cicolano … salsicce fresche e secche, salami e mortadelle, le quali ultime formano un capo di 27 A. Piccinini, “Monografia sul Circondario di Cittaducale”, Parlamento Italiano, Atti della Giunta per la Inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola in Italia (Inchiesta Jacini), 1877 – 1885. Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 18 commercio in Amatrice”. Un capitolo specifico riguarda le razze suine presenti nel Circondario che si riporta integralmente di seguto: Razze Suine a) Loro importanza in ciascuna zona b) Razze e sistema di allevamento c) Ibridismi e introduzione di nuove razze per opera del governo, di comizi agrari e dei privati e risultati ottenuti d) a) In che consiste principalmente l’alimentazione degli animali di questa specie. I suini per la loro diffusione hanno una media importanza ma potrebbero averne una maggiore qualora si curasse di più dal lato industriale . Nella 3° zona assume poca importanza, poichè la maggior parte dei maiali si alleva presso le famiglie delle due zone coltivate. Infatti quasi tutte le famiglie allevano uno o più animali suini a esclusivo uso dei bisogni propri. Vi sono di quelli che li tengono per esclusivo uso della riproduzione, ed i migliori si riscontrano nel comune di Cittareale. b) La figura C nel quadro n.6 rappresenta un tipo dei nostri maiali dei quali mi risparmio di dare i caratteri esteriori che meglio appariscono dalla figura medesima. Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 19 Il pelame è nero qualche volta pezzato di bianco o fasciati sul ventre. Il pelo è lungo nel dorso e sulle altre parti del corpo, il ventre è sempre nudo, e in altre varietà la ... è quasi sprovvista, ma in questo caso sono più sensibili al freddo. Appena nati i maiali si tengono in apposite stalle con le madri le quali si nutrono con crusca infusa nell’acqua o con patate cotte o con sostanze farinacee. Fatti più grandi i porcelli, nella stagione estiva si mandano al pascolo durante il giorno nelle campagne e la sera si riducono alle stalle. Anche qui abbiamo un apposito porcaro, come per le pecore e per le capre si avevano appositi pastori. L’ingrassamento si fa nelle case in piccola proporzione nei boschi dove raccolgono le ghiande, le fagioline, le radici e le erbe. In qualche luogo vengono in autunno individui dalla vicina Umbria, i quali prendono i maiali dalle famiglie pattuiscono una corrisposta e assumono l’obbligo di condurli nei loro boschi per ingrassarli dopo di che li restituiscono ai rispettivi proprietari. La corrisposta varia col tempo che dura l’ingrassamento e collo stato dell’animale in quel momento, sia rispetto alle carni sia rispetto alla grandezza. Ordinariamente va dalle tre alle venti lire. Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 20 c) I verri sono tutti indigeni. d) I suini vengono governati alla mattina e alla sera dopo il pascolo con beveroni di crusca. Si utilizza l’acqua con cui sono lavate le stoviglie, il siero dopo estrattane la ricotta. In qualche luogo si aggiunge del sale quale accondimento. Questo è il genere di alimento più generalmente adottato in principio dello allevamento, si somministra per lo più caldo e spesso si continua anche per l’epoca dell’ingrassamento. Dall’ottobre in poi si governano con patate, granturco, ghianda, castagne, granone, oppure si mandano a pascolare le ghiande cadute nei mesi di novembre e dicembre in boschi ove abbondano. In alcuni luoghi i beveroni si fanno anche con farine di granone, di sorgo da spazzole, che fa le carni sode e asciutte. Le patate fanno le carni flosce, il che si verifica pure con la somministrazione di carni o altre sostanze animali, di cui i suini vanno assai ghiotti. Le zucche cotte somministrate con molto brodo in cui sia mischiata della farina di fromentone, compongono un ottimo alimento, come pure è buono il beverone fatto con acqua in cui siano state cotte la pasta o altra sostanza come crusca. Qualcuno sugli ultimi giorni dell’ingrassamento somministra anche favetta se ne ha a disposizione. L’ingrassamento però d’ordinario non si spinge tanto oltre quantunque i nostri maiali quasi in genere godano della proprietà di impinguare in modo molto spiccato; anzi molto spesso i maiali si mattano quando hanno appena raggiunto una mezza carne. Dei porci si utilizza tutto e la consumazione avviene tanto alla stato fresco che salato. Se ne fanno prosciutti, salami magri, mortadelle in Amatrice, salsicce di carne, col fegato e col polmone, mescolando ad essi del grasso e qualche volta dando un ... aglio. Colla pasta grassa e glandolari che sono ai lati della mascella inferiore estendendosi più vicino al collo si fanno le barbozze che asciugate si tagliano a fette e si cuociono in padella con aceto e salvia, colle parti grasse del ventre si fanno le ventresche, con quelle dei fianchi e del dorso i lardi. Colla sugna o grasso attorno ai reni e con tutto quello che è nella parte intestinale, dopo qualche giorno del sacrificio dell’animale si fa dello strutto o distrutto, cioè si separa la vera parte grassa dalla membranosa che costituisce gli sfrizzoli con cui si fanno le pizze. Ancor caldo il distrutto si pone entro vesciche, budelli o vasi di terra, in cui si conserva fino a che deve consumarsi. L’uso di questi grassi è assai diffuso e non vi è cucina che questi quotidianamente non ne adoperi una certa do, mancando il burro e poco uso facendosi dell’olio. L’allevamento dei suini va subendo un certo aumento progressivo che però Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 21 non è di grande entità, ma i miglioramenti non gran cosa sensibili. Il numero complessivo dei maiali si può oggi ritenere di 11.541, divisi nelle seguenti categorie: Quadro statistico dimostrante l’allevamento suino nei suoi rapporti con le superfici col numero degli abitanti e dei proprietari. Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 22 Il Circondariato di Rieti Dalla memoria sulle condizioni dall’Agricoltura e della Classe Agricola nel Circondario di Rieti, compilata per incarico del Presidente del Comizio Agrario Sabino Sig. Conte Pietro Vincentini da Palmegiani Giuseppe e Fallerini Pietro conforme al programma stabilito dalla Giunta per l’Inchiesta agraria istituita per legge del dì 15 marzo 1877, paragrafo titolato Razza suina: “Notevole importanza ha l’allevamento degli animali suini in questo Circondario. Nel piano di Rieti vengono allevati tre o quattro maiali in ogni podere dell’estensione di circa dieci ettari. Nella parte montuosa Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 23 se ne allevano anche piccole mandrie che vengono ingrassate coi prodotti delle quercie e dei cerri. Maggiore importanza potrebbe avere questo allevamento se si avesse più cura dei luoghi e non dominasse la mania di tagliare piante per legname da costruzione. Nel piano di Rieti i porci sono tenuti la notte in stalla, ed il giorno sono condotti al pascolo ... sotto la scorta di ragazzi. Nei monti e nei colli si tengono ordinatamente all’aperto, si fanno pascere di ghianda nelle macchie di quercia. La produzione di siffatti animali non pure è bastevole per ... il Circondario, ma parecchi ... se ne esportano nel mercato di Roma, dove vengono vendute con vantaggio”. Statistica approssimativa della razza suina del Circondari di Rieti Verri 146 Troie 1772 Maiali da ingrasso 10055 Maiali lattanti 3475 Totale 15448 Gli usi le consuetudini le trasformazioni il commercio Nella tradizione locale, dai maiali allevati in azienda e finissati si prelevano le cosce che una volta rifilate vengono prima spremute per far fuoriuscire il sangue dall’arteria femorale, poi poste a salatura per un tempo variabile a seconda della pezzatura; completata la salatura si ripuliscono bene e si pongono per circa 10 giorni ad asciugare in un ambiente con camino, si trasferiscono poi a stagionare in una cantina ben aereata. Oggi accanto alla produzione casalinga e a quella dei piccoli laboratori artigianali ritroviamo anche quella effettuata su scala industriale da aziende che vantano lunga tradizione nel settore delle trasformazioni norcine. Nella raccolta degli usi e delle consuetudini commerciali ed agrarie della Provincia di Rieti pubblicata nel 1934 dal Consiglio Provinciale dell’Economia Corporativa di Rieti, si ritrovano notizie sugli usi legati alla compravendita dei suini sia vivi che morti. Riguardo all’acquisto dell’animale da vita o da ingrasso, l’acquirente Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 24 viene garantito da eventuali vizi occulti dalla possibilità di annullare il contratto qualora si verificassero malattie infettive che formano oggetto di polizia sanitaria. Per quanto riguarda il bestiame da macello è uso che i suini vengano contrattati sia a peso vivo che a peso morto. In quest’ultimo caso si considera un abbuono del 2% sul peso per il cosiddetto sfreddo. La frittaglia non si conteggia nel peso pure andando a beneficio del compratore. Proprietà di ARSIAL (Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio) Il presente documento può essere riprodotto liberamente con qualsiasi mezzo a condizione di citarne la fonte Storia dell’allevamento del maiale in provincia di Rieti 25 Bibliografia 1. “Il divin porcello, storia del maiale nella storia”, a cura di Gino Civitelli, terre de sienne editrice ; 2. R. Lorenzetti, “Il territorio di Carta: la Sabina”, Editalia, Roma, 1994; 3. J. C. Marie Vigueur, Les pàturages de l'Eglise et la Duane du bétail dans la province du Patrimonio (XIV° - XV° siècles), Istituto di Studi Romani, Roma 1981 ; 4. “Atlante storico politico del Lazio”, Roma-Bari, 1996; 5. F. Palmegiani, “Rieti e la regione sabina”; 6. Ines Millesimi, Sabina, Editalia, anno 1997; 7. A. 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