La mafia: origini e oppositori

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La mafia: origini e oppositori
La mafia:
le origini e gli oppositori
Di Mattia Baroni
classe 2°B liceo Ulivi
a.s. 2014/2015
La mafia e le sue
origini
La mafia nacque come braccio armato della
nobiltà feudale per la repressione delle
rivendicazioni dei contadini. A fine Ottocento si
strinsero i legami tra mafia e politica, con l’ascesa
di mafiosi al potere locale e l’affermarsi della
prassi dello scambio di voti e favori, mentre si
consolidava un rapporto di dominio-protezione
della mafia sul territorio in cui operava. Il salto di
qualità coincise con l’emigrazione meridionale
negli USA agli inizi del 20° secolo.
I mafiosi rientrati dagli USA fecero della Sicilia la
centrale mediterranea del narcotraffico e del
traffico di armi. La mafia del palermitano si
organizzò quindi in ‘cupola’ (Cosa nostra), avviò
un processo di controllo della criminalità
organizzata e individuò nuovi settori di profitto
(edilizia, mercati generali, appalti).
Durante la seconda guerra mondiale alcuni
esponenti dei partiti al governo, la
legittimarono come forza antisindacale,
anticontadina e anticomunista.
La camorra e le sue
origini
La camorra è un'associazione criminale esistente
nel Napoletano fin dall’epoca spagnola (16° sec.).
Occorre distinguere tra camorra tradizionale,
durata fino alla Secondaguerra mondiale, e il
fenomeno camorristico contemporaneo.
Comportarsi in maniera camorristica prevede l’uso
della violenza e della frode per avere il controllo
del territorio.
Ogni gruppo tende a monopolizzare l’intera gamma delle attività
illegali e paralegali (gioco d’azzardo, prostituzione, contrabbando,
estorsioni ecc.) che si svolgono sul proprio territorio, insieme a una
quota limitata degli affari legali.
I camorristi godono di una cospicua
legittimazione popolare, che si aggiungeva
un’antica delega da parte delle autorità ufficiali
per la gestione dell’ordine pubblico.
Amplissimo è il ventaglio delle tipologie d’affari
delle organizzazioni camorristiche: dall’usura alle
truffe fiscali, al contrabbando di sigarette, al
traffico e spaccio di stupefacenti, alla gestione del
lotto clandestino, alle rapine, all’estorsione di
tangenti sulle attività economiche, all’importazione
clandestina di armi e negli ultimi mesi al fenomeno
dell'immigrazione.
Uomini contro la mafia
Giovanni Falcone
Giovanni Falcone è stato un magistrato italiano. Fu
assassinato con la moglie Francesca Morviglio e tre
uomini della scorta nella strage di Capaci per opera di
Cosa nostra.
Assieme all'amico e collega Paolo Borsellino è considerato
uno fra gli eroi simbolo della lotta alla mafia.
Falcone venne assassinato il 23 Maggio
1992. Stava tornando, come faceva di
solito nei fine settimana, da Roma.
Il Jet di servizio partito dall'areoporto di
Ciampino alle 16:45 arriva all'aereoporto
di Punta Raisi dopo un viaggio di 53
minuti. Appena sceso dall'aereo,
Falcone si sistema alla guida della
Croma bianca(vi erano anche altre due
machine) e accanto prende posto la
moglie mentre l'autista giudiziario va a
ocupare il sedile posteriore.
In quei momenti il mafioso Gioacchino La Barbera, seguì
con la sua auto il corteo blindato fino allo svincolo di
Capaci. Pochi secondi dopo una telefonata Brusca(un
"collega") azionò il telecomando che provocò l'splosione di
400kg di tritolo.
Nell'intervista rilasciata a Marcelle Padovani per Cose di
Cosa nostra, Falcone attesta la sua stessa profezia: "Si
muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in
un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si
dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di
sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che
lo Stato non è riuscito a proteggere."
Alcuni giorni prima dell'attentato dichiara: "Mi hanno
delegittimato, stavolta i boss mi ammazzano."
Paolo Borsellino
Il 19 luglio 1992, dopo aver pranzato a Vigilanza di Carini con
la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia, Paolo Borsellino si
recò insieme alla sua scorta in via D'Amelio, dove viveva sua
madre.
Una Fiat 126 imbottita di tritolo che era parcheggiata sotto
l'abitazione della madre detonò al passaggio del giudice,
uccidendo oltre a Borsellino anche i cinque agenti di scorta
Il 24 luglio circa diecimila persone parteciparono ai funerali
privati di Borsellino (i familiari rifiutarono il rito di Stato; la
moglie Agnese Borsellino accusava il governo di non aver
saputo proteggere il marito, e volle una cerimonia privata
senza la presenza dei politici)
Pochi giorni prima di essere ucciso, durante un incontro
organizzato dalla rivista MicroMega, Borsellino aveva parlato
della sua condizione di "condannato a morte". Sapeva di
essere nel mirino di Cosa Nostra e sapeva che difficilmente la
mafia si lascia scappare le sue vittime designate.
Una settimana dopo la strage, la giovanissima testimone di
giustizia Rita Atria, si uccise.
Nel 1985, all'età di undici anni Rita Atria perde il
padre Vito , mafioso della locale cosca ucciso in un agguato.
Alla morte del padre Rita si lega ancora di più al fratello
Nicola ed alla cognata Piera.
Da Nicola, anch'egli mafioso, Rita raccoglie le più intime
confidenze sugli affari mafiosi.
Nel giugno 1991 Nicola viene ucciso e sua moglie Piera, che
era presente all’omicidio del marito, denuncia i due assassini
e collabora con la polizia.
Rita, a soli 17 anni, decide di seguire le orme della cognata. Il
primo a raccogliere le sue rivelazioni è il giudice Paolo
Borsellino (all'epoca procuratore di Marsala ), al quale si lega
come ad un padre. Le deposizioni di Rita e di Piera,
permettono di arrestare numerosi mafiosi.
Una settimana dopo la Strage di via d'Amelio , Rita si uccide
a Roma, dove vive in segreto, lanciandosi dal settimo piano
di un palazzo di viale Amelia, 23.
« Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo
aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c'è nel giro dei
tuoi amici, la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarsi.
Borsellino sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta»
Rita Atria
Le parole contro la
mafia
Roberto Saviano
Nato a napoli il 22 settembre
del 1979, è un giornalista,
scrittore e saggista italiano.
E' famoso per il suo libro
Gomorra nel quale utilizza la
letteratura e il reportage per
raccontare la realtà
economica, di territorio e di
impresa della Camorra.
Dalle prime minacce di morte
del 2006 da parte dei cartelli
camorristici che aveva
denunciato pubblicamente
nella piazza di Casal di
Principe durante una
manifestazione sulla legalità,
Roberto Saviano è stato
posto sottoprotezione e vive
sotto scorta.
Molti personaggi importanti della cultura continuano a fare
appelli affinchè Saviano non venga lasciato perchè la
camorra uccide quando non c'è più attenzione su chi
"Disturba".
Dal romanzo "Gomorra" è
stato tratto un film nel 2009
e nei mesi passati sono
stati proiettati
settimanalmente nelle sale
cinematografiche gli
episodi dell'ononima serie.
"Spesso mi si chiede come sia possibile che
delle parole possano mettere in crisi
organizzazione criminali potenti[...]Non è lo
scrittore, l'autore, non è neanche il libro in sè,
nè la parola da sola[...]Quel che spaventa è che
qualcuno possa d'improvviso capire come
vanno le cose."
"La parola contro la camorra" Roberto Saviano, einaudi stile libero
L'impegno religioso
contro la mafia
Don Luigi Ciotti
Don Luigi Ciotti, nato nel 1945 in provincia di Belluno,viene
ordinato sacerdote e gli viene affidata come parrocchia la
strada.
Nel 1965 promuove, con alcuni suoi amici, un gruppo di
impegno giovanile che prenderà il nome di Gruppo Abele.
Ha favorito la nascita di alcune comunità per l'aiuto ai ragazzi
tossicodipendenti ("Centro Droga")
.
Negli anni novanta l'impegno di Don Ciotti
si allarga ben oltre le dipendenze (Droga,
gioco d'azzardo e prostituzione).
Si occupa della lotta contro la criminalità
organizzata, a cui si rivolge la sua
associazione Libera.
L'obbiettivo di Libera è alimentare il
cambiamento sociale e culturale
necessario per spezzare alla fonte i
fenomeni mafiosi e ogni forma
d'ingiustizia.