(Zurigo) 12 anni dopo - ALITALIA 404

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(Zurigo) 12 anni dopo - ALITALIA 404
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marzo 2003
Il disastro aereo dello Stadlerberg (Zurigo) 12 anni dopo
ALITALIA 404 DC-9-30 I-ATJA - 14 novembre 1990
a cura del Comandante Silvano Silenzi già capo servizio sicurezza volo della
compagnia di bandiera.
Chiunque abbia, in qualche maniera, preso parte ad un’inchiesta a seguito di un
incidente aereo sa benissimo che alcune immagini rimangono scolpite nella
memoria ed anche a distanza di tempo riaffiorano con tutta la loro lucidità nella
mente. Questo e ancor più vero se nell’incidente sono coinvolte persone che conosci
e sulle quali poi, necessariamente, devi svolgere un’indagine a tutto campo.
Riproporre qui un incidente di molti anni fa può sembrare un’inutile perdita di
tempo per il lettore, ma poiché sono convinto che la storia, pur se con diverse
modalità a volte si ripete, conoscerla serve sicuramente ad aumentare il bagaglio
professionale e può scuotere alcune certezze, come quella che «certe cose
accadano solo agli altri», che sono un vero pericolo potenziale per i piloti.
Tenterò di riportare, per quanto mi sarà possibile, tutte le difficoltà incontrate
nell’effettuare quell’indagine e tutte le sensazioni che iniziarono alle 22 circa del 14
novembre 1990.
Ero a casa quando squillò il telefono.
Dall’altro capo del telefono il responsabile del Coordinamento Operativo, con voce
tesa, mi annunciava che non si avevano più notizie del volo AZ 404 Milano-Zurigo.
Ovviamente tentai di ottenere informazioni più dettagliate, ma senza successo,
poiché anche il mio interlocutore non era riuscito, fino a quel momento, a saperne
di più.
In meno di mezz’ora ero in aeroporto a Fiumicino, dove man mano arrivavano tutti i
responsabili operativi e dove col passare del tempo, purtroppo, ci rendemmo conto,
attraverso le frammentarie comunicazioni che arrivavano, che l’aereo, un DC 9 con
40 passeggeri e 6 membri di equipaggio, era precipitato a circa quattro miglia
dall’aeroporto di Zurigo.
Fu organizzato velocemente un volo e verso le quattro del mattino arrivammo a
Zurigo, dove era già stato organizzato, insieme al capo scalo, un punto d’incontro
per il necessario supporto ai familiari dei passeggeri che, numerosi, già erano giunti
in aeroporto.
Ci fu subito comunicato che avevano individuato il luogo d’impatto del DC9, nei
pressi di un paesino a circa cinque miglia a nord di Kloten. I pompieri e le squadre
di soccorso erano già sul luogo per ricercare eventuali superstiti e per domare
l’incendio (l’aereo era caduto su una collina ricoperta da alberi ad alto fusto).
Avremmo voluto correre anche noi sul posto, ma le autorità elvetiche ci
scoraggiarono vivamente, per non dire che ci proibirono di andare, anche perché
non avremmo potuto accedere al luogo dell’incidente senza una regolare
autorizzazione emessa dall’investigator in charge, responsabile dell’indagine per
il Federal Aircraft Accident Inquiry Board. Riuscimmo però ad ottenere
l’autorizzazione a partecipare al briefing degli investigatori in programma alle 8 del
mattino seguente nella scuola media di Weich, il paesino più vicino all’incidente.
Il mattino seguente, ci trovammo, puntuali, nell’aula appositamente allestita e dopo
le presentazioni il responsabile dell’indagine organizzò e divise i vari gruppi di
lavoro (ATC, motori, struttura velivolo, operazioni volo, Human factor, ecc.) per un
più funzionale sopralluogo del luogo dell’incidente. Con dei fuori strada
raggiungemmo la collina poco distante e, dopo un breve percorso a piedi,
arrivammo sul luogo dell’impatto. Da una prima analisi era evidente che l’aereo era
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penetrato nel fitto bosco di conifere, alte fino a 30 metri, praticamente in linea di
volo, poiché aveva segnato un varco troncando le cime dei primi alberi e, quindi,
sempre più in basso, perdendo le due ali, i carrelli ed i due motori, fino all’impatto
con il suolo che in quel punto era abbastanza scosceso con una discreta pendenza.
La parte anteriore della fusoliera, dal cockpit (la cabina dei piloti) alla prima classe,
con tutto il suo contenuto umano, era letteralmente collassata in un buco
incredibilmente poco profondo ed ovviamente tutto intorno vi era una pioggia di
detriti. L’impennaggio verticale, ancora unito alla parte finale della fusoliera,
giaceva incastrato tra gli alberi, sul lato sinistro rispetto alla fusoliera e rivolto in
senso opposto, poco lontano giacevano i motori. Purtroppo era evidente che non ci
potevano essere superstiti ad un impatto simile: i corpi dei passeggeri e
dell’equipaggio privi di vita e per lo più bruciati dall’incendio, scoppiato subito dopo
l’impatto col terreno, giacevano abbastanza raggruppati vicino alla parte anteriore
della fusoliera. Sembravano tanti oggetti inanimati e al tempo stesso così pieni di
vita e di morte.
Nei corsi di sicurezza volo avevo spesso sentito parlare di Blood priority
letteralmente: priorità del sangue. Viene definita come una reazione psicologica
dettata da un bisogno elementare: la conservazione della vita, che diventa
salvaguardia dell'incolumità, o, in una parola sicurezza. «Safety».
Una sensazione mista di rabbia, di impotenza e di sconforto, insieme all’ansia di
riuscire a capire che cosa aveva potuto causare una simile tragedia. Questa, credo
sia stata l’esperienza più toccante di tutti i miei 47 anni di aeronautica. Non so chi
mi scattò questa foto, ma a distanza di anni mi riporta a quello stato d’animo e
rievoca in me forti emozioni, più di quello che possa fare il racconto.
L’investigatore incaricato, nel frattempo, con un elicottero, sorvolava il luogo per
avere un’immagine più completa, dall’alto.
Ognuno di noi, diviso in squadre, ebbe il compito di perlustrare il luogo, ovviamente
senza toccare nulla, per effettuare una prima mappatura e ovviamente per
rintracciare i registratori di volo.
I motori, da un primo sommario sguardo, al momento dell’impatto, giravano, flaps
e carrelli erano in configurazione di atterraggio. Particolare curioso, in mezzo a
quella devastazione vedemmo una bottiglia di spumante incredibilmente intatta.
Le ricerche per i registratori non durarono a lungo e alla fine della giornata, corta e
piovosa, l’investigator in charge, al de-briefing, ci comunicò che il FDR [Flight Data
Recorder] ed il CVR [Cockpit Voice Recorder] erano stati rintracciati ed erano già
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custoditi in apposite cassette, pronti per essere spediti in Inghilterra per la
decodifica, ai laboratori della UK Air Accident Investigation Branch.
Veniva quindi fissato un nuovo appuntamento per il giorno seguente sempre
nell’aula della scuola di Weich.
La Svizzera, come la maggior parte degli Stati, ha recepito per intero gli annessi
dell’ICAO e quindi conduce le inchieste secondo l’Annesso 13 ed il DOC 6920
(Manual of Aircraft Accident Investigation). Quindi il mattino seguente, intorno al
tavolo, si riuniva la Commissione nella sua interezza con tutti i membri titolari ed
accreditati.
Per quelli che non hanno molta dimestichezza con l’Annesso 13 vorrei ricordare che,
per quanto riguarda la partecipazione all’investigazione, hanno diritto di far parte
della Commissione, in qualità di accredited representatives, tra gli altri, anche i
rappresentanti dello Stato di progettazione e costruzione dell’aeromobile con i
relativi esperti, ed i rappresentanti dello Stato di registrazione, i cui rappresentanti
possono essere assistiti da uno o più esperti, (Adviser), nominati dall’Operatore.
Come rappresentante accreditato per L’Italia fu designato il responsabile della
sicurezza volo della DGAC, il quale dispose che gli esperti fossero il sottoscritto,
all’epoca capo della sicurezza volo Alitalia ed il dott. Franco Ruggero come
rappresentante della Direzione Operazioni Tecniche (il servizio manutenzione degli
aeromobili).
Quindi, come è facilmente intuibile, la riunione del giorno 16 novembre fu
particolarmente affollata.
L’investigator in charge ci mostrò le immagini relative al tracciato radar, che
mostravano l’aereo perfettamente allineato sul Localizzatore, ma notevolmente
sotto al Glide, in pratica parallelo ad esso, ma circa 1400 piedi più basso.
Ovviamente vi furono subito i primi commenti, che furono immediatamente
stroncati dal Presidente della Commissione che, essendo esperto e professionale,
chiese a tutti di non anticipare conclusioni che quasi sempre si rivelano
azzardate.
Come spesso accade nei giorni immediatamente dopo un incidente, esisteva da
parte di tutti un atteggiamento veramente collaborativo e di solidarietà nei confronti
dei rappresentanti dell’Operatore, atteggiamento che, vedremo più avanti, si
modificò drasticamente col passare dei giorni.
La rappresentanza italiana ebbe il compito di andare in Inghilterra, insieme con un
rappresentante svizzero, per la trascrizione del Voice recorder.
Arrivammo a Farnborough negli edifici adibiti dalla AAIB (Air Accident Investigation
Branch) per la decodifica dei Voice recorder in un pomeriggio freddo e piovoso
tipico inglese. Negli uffici ricavati in hangar della seconda guerra mondiale (quelli a
tronco di cilindro, metallici, ossidati dal tempo e uniti tra loro da bassi fabbricati
fatiscenti e non riscaldati) trovammo l’esperto inglese che con molta professionalità
inserì il nastro nell’apparecchiatura di lettura e in breve ottenemmo una copia del
nastro con le voci registrate negli ultimi 33 minuti, circa, di volo.
La registrazione iniziava alle 18.38.36 per terminare alle 19.11.18.
Il lavoro di trascrizione dei colloqui registrati nel cockpit fu lungo e laborioso, anche
perché gli strumenti messi a disposizione erano veramente obsoleti: non c’era
possibilità di filtrare opportunamente i suoni, né di rallentare o di accelerare
gradualmente lo scorrimento del nastro e soprattutto, non c’era la possibilità di
analizzare nel dettaglio i punti che risultavano confusi dalla sovrapposizione di suoni
o rumori.
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Anche se con difficoltà e con la certezza che non eravamo riusciti a tirar fuori tutto
quello che il nastro conteneva, dopo un giorno di lavoro, si riuscì a realizzare il
primo draft della trascrizione del CVR.
Il rappresentante svizzero che ci affiancò nel lavoro, pur essendo di lingua italiana,
non ci fu di grande aiuto, poiché i dialoghi tra i due piloti risultavano pieni di
espressioni e intercalari dialettali per lui assolutamente incomprensibili.
Nel consegnare la trascrizione a Berna, manifestammo la nostra perplessità sul
lavoro svolto a causa degli scarsi mezzi disponibili a Farnborough e chiedemmo di
poterci lavorare ancora per tentare di ottenere qualche informazione più
dettagliata, in particolare sui punti focali che cominciavano a emergere.
Ottenemmo l’OK, e quindi portammo la registrazione in Germania, dove, con
impianti più sofisticati, ottenemmo degli ottimi risultati. Ma purtroppo la
Commissione Svizzera non volle accettare alcun’altra ulteriore trascrizione, poiché,
secondo loro, la nuova versione non conteneva nulla che potesse in qualche
maniera cambiare lo scenario che avevano costruito. L’ultima trascrizione, invece a
mio parere, era divenuta pressoché completa dopo il lavoro fatto anche a Fiumicino
con sistemi più sofisticati e soprattutto con impegno lunghissimo di molti colleghi. Il
nuovo documento conteneva alcune parole che potevano far pensare a qualche
altro scenario dell’incidente. Per rendere l’idea del grande lavoro svolto, tra il primo
draft, poi allegato al final report della Commissione, e l’ultima trascrizione da noi
effettuata, trovammo:
• 96 frasi completamente nuove
• 72 frasi che differivano per qualche elemento
• 20 frasi la cui traduzione in inglese, per noi, non rendeva il senso della versione
italiana.
Per quanto riguarda i dialoghi tra i piloti avvennero in lingua italiana mentre i
contatti con gli ATC (Air Traffic Control) avvennero in lingua inglese.
L'identificazione delle voci dei due piloti, si rilevò piuttosto semplice, visto il
differente tono di voce e le differenti inflessioni dialettali dei due piloti.
Mentre fu completa l'interpretazione delle registrazioni contenute nelle piste del
nastro, dedicate alle comunicazioni radio, si incontrarono notevoli difficoltà nella
comprensione della pista dedicata al microfono, che raccoglie i suoni della cabina
piloti (area mike).
In diversi punti, infatti, i dialoghi tra i due piloti risultavano coperti dalle
comunicazioni radio, in corso tra il controllore del traffico e gli aeromobili presenti
nell'area. Questo accadeva perché i piloti non usavano le cuffie per cui
le
comunicazioni radio venivano ricevute tramite altoparlante (l'area mike ha il
microfono posto praticamente al centro tra i due altoparlanti). In alcuni punti, per la
verità molto brevi, non fu quindi possibile udire od interpretare quanto si dicevano i
piloti, nonostante gli sforzi, anche tecnologici, applicati.
Si formò una Commissione di indagine interna alla Compagnia sotto la mia
presidenza, Commissione formata dal capo-pilota DC9, dai responsabili dei vari
uffici operativi, navigazione, tecnico operativo, addestramento, Standard, fattore
umano, manutenzione, da un responsabile della medicina, del personale e
dell’associazione piloti.
La Commissione si riunì frequentemente per identificare le cause dell’incidente e
per poter quindi emanare le prime raccomandazioni, in seno alla Compagnia, che
scongiurassero il ripetersi dell’evento. Inoltre dovevamo fornire elementi validi al
rappresentante dello Stato italiano, affinché potesse contribuire alle indagini della
Commissione di inchiesta svizzera.
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La riunione successiva della Commissione svizzera, avvenne all’aeroporto di Zurigo
ed iniziò con una contestazione da parte del rappresentante dell’associazione piloti
italiana. Questi, non avendo informato, esplicitamente e formalmente, il
rappresentante accreditato italiano di voler partecipare alla riunione, si vide negare
l’accesso alla sala riunione dai gendarmi svizzeri.
Il malinteso fu poi chiarito ed il Presidente della Commissione, il giorno successivo,
autorizzò la presenza di un altro esperto italiano.
Ovviamente le due Commissioni iniziavano a produrre una serie di documenti che ci
diedero la possibilità di comprendere alcune cose significative riguardo
all’avvicinamento finale del DC9.
Ma proseguiamo con ordine. Vediamo di ricostruire quello che accadde così come
appariva dall’integrazione di tutte le informazioni disponibili.
Il volo AZA 404 proveniente da Milano Linate e diretto a Zurigo, con 40 passeggeri
e 6 membri d'equipaggio dopo un decollo, una salita ed una crociera privi di eventi
operativi significativi, veniva autorizzato a scendere sotto controllo radar e quindi
vettorato per stabilizzarsi sull'ILS della pista 14 in uso in quel momento a Zurigo.
L'ultimo bollettino meteo ricavato dal Volmet di Zurigo delle 1955, ora locale,
riportava:
Vento 240/5 kt, Visibilità 9 km, Nubi 3/8 a 1400 feet, 5/8 a 3000 feet, 7/8 a 4000
feet, Temperatura +9°C/+8°C, QNH 1019.
Il Controllo di avvicinamento assegnò all’AZ404 una prua di 325° facendolo
scendere fino a FL 90. Successivamente vennero assegnate delle prue radar per
intercettare il Localizzatore autorizzando l’AZ 404 a scendere a 4000 piedi (QNH)
fino ad intercettare e seguire il GLIDE PATH dell’ILS.
L’avvicinamento venne effettuato inizialmente in automatico (coupled approach)
utilizzando i segnali del ricevitore ILS #1 [VHF-NAV#1].
Dalla registrazione radar risultò che a 14 miglia nautiche DME (Distance Measuring
Equipment) dall'inizio pista, l'aereo intersecò per la prima volta il fascio del
Localizzatore ad una quota di 4600 piedi.
Ad una distanza di 10 miglia risultava stabilizzato sul Localizzatore.
A circa 11 miglia l'aereo passò, senza interrompere la discesa, l'altitudine di
4000 piedi; questa quota, secondo la cartina di avvicinamento pubblicata per la
pista 14, doveva essere lasciata soltanto a 8 miglia DME, cioè in
corrispondenza del Final Approach Point.
A 10 miglia DME l'aereo traversò i 3600 piedi.
A 8 miglia DME l'aereo traversò i 2700 piedi.
A 7 miglia il controllo di avvicinamento trasferì il volo alla Torre.
A 6 miglia DME l'aereo si trovava a 2200 piedi (ultima registrazione radar
dell'altitudine dell’aereo).
Poco dopo l'aereo livellò leggermente con un contemporaneo aumento della spinta
dei motori e dopo altri 20 secondi, a 5.2 miglia DME, a circa 1660 piedi QNH,
l'aereo urtò il lato nord della collina dello Stadlerberg su un ripido pendio ricoperto
da alberi ad alto fusto.
Il DC9-30 andò completamente distrutto nell'impatto col terreno.
Vi fu anche un incendio di piccole proporzioni post impatto.
Tutti i 40 passeggeri ed i sei membri dell’equipaggio rimasero uccisi nel disastro che
avvenne durante le prime ore della sera (19.11.18 UTC).
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Il punto geografico dell’impatto al suolo a nord-ovest dell’aeroporto di Kloten.
Nonostante l'impatto ed il susseguente incendio, le registrazioni effettuate da
entrambi gli apparati furono recuperate completamente: in particolare sul CVR
(Cockpit Voice Recorder) fu possibile recuperare 30 minuti di registrazione (30
minuti è il minimo richiesto dall'attuale normativa).
Per quanto riguarda il FDR (Flight data recorder) risultò disponibile l'intero volo, con
tutti i parametri registrati e coerenti.
I parametri registrati erano:
• ALTITUDINE
• VELOCITA' INDICATA
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•
•
•
•
•
•
PRUA
ASSETTO LONGITUDINALE
ASSETTO LATERALE
ACCELERAZIONI
SPINTA MOTORI (EPR)
ATTUAZIONE MICROFONI
La ricostruzione eseguita con i dati ricavati dal FDR risultò molto simile a quella del
tracciato Radar. Inoltre fu anche possibile sincronizzare le fasi di volo con il CVR,
tramite i segnali di attuazione microfoni.
Iniziavano ad emergere alcuni elementi che ci indussero a puntare la lente di
ingrandimento sugli apparati di navigazione poiché l’aereo, in funzione automatica,
effettuò l’avvicinamento ILS perfettamente stabilizzato sul localizzatore, mentre,
sull’asse verticale, l’avvicinamento avvenne su un sentiero pressoché parallelo
al glide di 3° ma circa 1400 piedi più basso.
Ricostruimmo attraverso i fogli del Quaderno Tecnico di Bordo, gli interventi
effettuati dalla manutenzione sull'a/m I-ATJA relativi agli impianti di navigazione.
In data 14 novembre 1990, in un volo precedente, sulla tratta DUS/LIN ex
AZA447, veniva riportato che il segnale di TO-FROM del VHF-NAV #2 era U/S
(unserviceable).
L'indicazione TO-FROM, realizzata con particolari simboli sugli strumenti, individua il
verso nel quale l'aereo si sta muovendo lungo una radiale VOR; non compare e non
é operativa in funzione ILS.
Inoltre, durante l'avvicinamento eseguito con l'Autopilota accoppiato al VHFNAV#1, l'A/M, ad una quota di circa 200 piedi, aveva avuto delle oscillazioni sul
GLIDE che avevano reso necessario lo sgancio dell'Autopilota stesso ed il
proseguimento della manovra in manuale.
A causa della mancanza di apparati da sostituire, veniva effettuata un’inversione
dei ricevitori per meglio individuare le cause delle avarie segnalate e, di
conseguenza, si provvedeva ad aggiornare l'ASI (Autoland Status Indicator)
esponendo l'avviso "COUPLED APPROACH NOT ALLOWED", come previsto dalle
procedure di Compagnia.
Tale avviso significava che non era permesso eseguire avvicinamenti con
l'Autopilota accoppiato al ricevitore VHF-NAV.
Venivano anche richiesti a Fiumicino due ricevitori VHF-NAV da sostituire
successivamente.
L'A/M effettuava quindi la tratta LIN/FRA e al rientro da Francoforte, ex AZA 451,
in mancanza di segnalazioni sul quaderno tecnico di bordo, veniva contattato il
Comandante (di quel volo) da parte del personale del Nucleo Tecnico per una
conferma o meno dell'avaria precedente.
Il personale di Linate dichiarò che il Com.te aveva confermato l'avaria, anche se
saltuaria, del segnale TO-FROM, ma questa volta sull'apparato VHF-NAV #1.
Riferiva, inoltre, di non aver provata l'efficienza dell'impianto Autopilota accoppiato
all'ILS in quanto la procedura non era consentita dalla scritta sull'ASI.
Successive prove a terra evidenziavano l'avaria, saltuaria, del segnale TO-FROM.
Essendo disponibili i particolari, pervenuti nel frattempo dalla base di armamento, si
procedeva alla sostituzione di entrambi gli apparati VHF-NAV.
In posizione 1 veniva installato un ricevitore KING KNR 6030 S/N.
In posizione 2 veniva installato un ricevitore Collins 51RV 2B (Part Number -108).
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Ad operazione avvenuta si eseguivano le prove previste dal Manuale di
Manutenzione Cap 34-32-0. (SELF-TEST degli apparati, e prova operativa del
sistema VOR e ILS utilizzando le frequenze locali).
Tutte le prove davano esito positivo assicurando l’efficienza dei due impianti.
Sul Quaderno Tecnico di Bordo non veniva riportata nella risposta l'esecuzione di
queste prove, in quanto costituivano la normale routine prevista per la sostituzione
dei componenti di cui sopra.
Veniva invece evidenziato il corretto funzionamento del segnale TO-FROM.
Come da procedura prevista, l'ASI venne aggiornato con la dicitura "COUPLED
APPROACH CHECK", che prevedeva la riqualificazione dell'impianto in volo prima di
poterlo operare in condizioni reali di visibilità corrispondenti alla CAT 2.
La riqualificazione richiedeva che venisse effettuato un avvicinamento “SIMULATO”
di Categoria 2, ma in condizioni reali meteo migliori o uguali di quelle minime
ammesse per la Categoria 1; l’avvicinamento doveva essere eseguito, come da
procedura prevista per avvicinamenti ILS, con il selettore radio su APPROACH e
quindi con l’Autopilota accoppiato al VHF-NAV #1 sintonizzato su una stazione ILS.
Tutto ciò era necessario per verificare il corretto funzionamento dell'Autopilota fino
a 75 piedi di quota radio-altimetro, con l’utilizzazione di un segnale ILS elaborato
dal VHF-NAV #1.
I collegamenti degli strumenti.
E’ bene, a questo punto, ricordare per gli addetti ai lavori il funzionamento degli
apparati di navigazione del DC9-30 (facciamo un pò di archeologia tecnologica
aeronautica)
Per chi non ricorda o non conosce il funzionamento dei vari selettori durante un
avvicinamento ILS, con l’aeromobile DC9, tenterò di riassumere alcuni elementi
necessari per comprendere meglio quanto accadde.
L'a/m DC9-30 installava 2 ricevitori VHF-NAV capaci di ricevere sia i segnali VOR sia
quelli ILS, di elaborarli e di trasmetterli agli strumenti di navigazione. La selezione
della frequenza dei ricevitori veniva comandata attraverso appositi quadretti (vedi
figura) situati sul "glareshield", la carenatura superiore dei pannelli strumenti
anteriori con funzione antiriflesso.
La strumentazione era costituita da
„ 2 HSI Horizon Situation Indicator (uno per ciascun pannello piloti).
„ 2 ADI Attitude Deviation Indicator (uno per pannello).
In ciascun ADI erano inclusi anche una barra verticale ed una barra orizzontale
collegati ai computer del sistema Flight Director che indicavano se era stata
impostata la corretta manovra (sul piano orizzontale e verticale) per raggiungere e
seguire la traiettoria voluta.
Alla "cattura" del Glide compariva, ma restava sul bordo inferiore del quadrante, un
indice particolare, chiamato "rising runway", che dava solo indicazioni collegate al
Localizer (expanded localizer); a 250 piedi di radioaltimetro, tale indice cominciava
a sollevarsi simulando l'avvicinarsi della pista di atterraggio.
La presentazione strumentale poteva essere variata tramite un selettore radio che
permetteva tre diverse configurazioni nei collegamenti tra VHF-NAV #1 e VHFNAV #2 e gli utilizzatori (strumenti HSI e ADI compresi).
Il selettore, infatti, agiva elettricamente sulla NAVIGATION SWITCHING UNIT: in
tale Unità un motorino elettrico faceva ruotare una serie di contatti permettendo lo
smistamento dei segnali in ingresso, provenienti dai ricevitori VHF-NAV, sui vari
utilizzatori.
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Il quadretto di comando del Flight Director, al centro, e ai lati i quadretti di selezione dei VHF-NAV.
La configurazione è quella del momento dell’impatto.
Con il selettore Radio in posizione APPROACH:
- Gli indici GLIDE dell'HSI 1, dell’ADI 2, e la barra orizzontale FD sull'ADI 1
venivano pilotati dal VHF-NAV #1.
- Gli indici GLIDE dell'HSI 2, dell’ADI 1, e la barra orizzontale FD sull'ADI 2
venivano pilotati dal VHF-NAV #2.
- Il ricevitore VHF-NAV #2 si sintonizzava automaticamente sulla stessa
frequenza del VHF-NAV #1.
- Il ricevitore DME 2 restava sintonizzato sulla frequenza impostata sul quadretto
di controllo VHF-NAV #2.
Con il selettore in posizione 1 o 2:
- Tutti gli indici erano pilotati dell'unico ricevitore selezionato.
Anche se i ricevitori VHF-NAV potevano essere sintonizzati su frequenze diverse.
I ricevitori DME erano sintonizzati sulle frequenze corrispondenti a quelle impostate
sui quadretti.
In assenza di segnale, gli indici, eccetto quelli del FD che assumevano la posizione
prevista dai comandi selezionati sul quadretto FD, venivano meccanicamente
bilanciati al centro tramite pesi e molle antagoniste: tale posizione corrispondeva a
quella di "deviazione nulla", ossia di aereo posizionato al centro del fascio emesso
dalla stazione ILS.
Quando era al fondo corsa superiore (fly-up), l'indice Glide non era visibile in
quanto coperto da una apposita mascherina, mentre era visibile se si trova al fondo
corsa inferiore.
Nel caso che la funzione a cui ciascun indice si riferiva non fosse stata affidabile,
opportune BANDIERINE AVVISO comparivano sui vari strumenti.
Ciò era ottenuto azzerando il segnale che, quando il funzionamento era regolare,
teneva le bandierine stesse fuori vista.
Il tipo di avaria che poteva causare l'uscita delle bandierine variava in funzione del
modello di ricevitore installato, del suo Part/Number e del suo stato di modifica,
tutti però dovevano rispondere alle caratteristiche richieste da ARINC (specifica
definita dalle industrie aeronautiche) e dal Technical Standard Order definito da
FAA.
Quando era selezionata una frequenza VOR (e non era quindi richiesta la presenza
della funzione ILS), gli indici Glide Path su HSI ed ADI venivano polarizzati fuori
vista e così pure le relative bandierine avviso. Il segnale di polarizzazione degli
indici Glide proveniva direttamente dal ricevitore e viaggiava sulla stessa linea
dedicata, durante il normale funzionamento in ILS, ai segnali di deviazione.
Quindi la corretta polarizzazione fuori vista degli indici Glide, quando era
selezionata una frequenza VOR, permetteva di valutare l'integrità della linea di
trasmissione tra ricevitori ed indicatori, compresi i contatti in uso della SWITCHING
UNIT e dei relè posti nello Stand-By Horizon Rack.
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Lo STAND-BY-HORIZON RACK conteneva principalmente i circuiti di controllo
dell’Orizzonte di emergenza ma era utilizzato anche per alloggiare i relè che
intervenivano nel circuito di controllo degli indici al fine di polarizzarli fuori
vista quando, mentre era selezionata una frequenza ILS, fuoriuscivano, per
qualunque motivo, le bandierine avviso avaria su HSI ed ADI.
Sull'aereo era inoltre installato un circuito di comparazione, con relativi pannelli
avvisi (COMPARATOR MONITOR) posti sul cruscotto di ciascun Pilota, che verificava,
tra l'altro, la differenza tra i segnali glide in uscita dai due ricevitori; se tale divario
eccedeva determinate tolleranze si illuminava una luce avviso "GLIDE" (ambra)
posta sui due pannelli.
Questa funzione era ovviamente operativa solo con il selettore Radio in
posizione APPROACH; non era invece operativa quando il selettore veniva posto
in posizione 1 o 2. Gli eventuali avvisi potevano essere azzerati tramite un pulsante
di "reset" posto sotto ciascun pannello.
Visto il funzionamento degli apparati radio di navigazione vediamo come l’autopilota
usava i segnali messi a disposizione.
L'AUTOPILOTA riceveva i segnali di comando dal VHF-NAV #1 con il selettore Radio
in posizione 1 o APPROACH; dal VHF-NAV #2 con il selettore su 2.
Quando il relativo selettore veniva predisposto su ILS, l'A/P veniva
"armato" per posizionare l'aereo al centro del fascio Glide. Non appena il
segnale radio ricevuto era tale da posizionare gli indici GLIDE sugli
strumenti entro una certa tolleranza di deviazione dal centro (ossia quando
il segnale di controllo degli indici era praticamente zero), si aveva la
"cattura" del fascio e l'A/P comandava automaticamente una variazione di
assetto dell'aereo fino a fargli assumere un rateo di discesa di circa 700
piedi/minuto.
Tale segnale durava circa 10 secondi; alla sua scomparsa l'aereo restava
sotto il controllo del segnale glide, se presente, o, se questo era assente,
manteneva all'incirca il rateo raggiunto; ciò grazie ai segnali di
inseguimento del sistema che tendeva a mantenere la condizione di
equilibrio stabilitasi.
In parallelo alla linea del segnale di deviazione era collegato il "FLIGHT DIRECTOR
PITCH COMPUTER", che controllava le barre glide del F.D. (le barre del F.D.,
chiamate anche "barre di tendenza", consentivano di effettuare la corretta manovra
per raggiungere e mantenere la traiettoria desiderata).
La cattura del segnale Glide sul Flight Director avveniva in modo praticamente
analogo a quello sopra descritto per l'A/P anche se con tolleranze diverse; va inoltre
considerato che il FD, cosa che non avveniva con l'A/P, non accettava di predisporsi
per catturare il Glide se non aveva prima catturato il Localizer.
Due serie di luci avviso, una sul pannello strumenti del Comandante ed un sul
pannello del Copilota, indicavano lo "status" del Flight Director, dello "Speed
Command" e dell'Autopilota (quest'ultimo solo sul pannello del Comandante).
Durante l'avvicinamento tali luci si accendevano in sequenza indicando in
particolare la predisposizione (ARM), la cattura (CAP) ed infine, a 300 piedi di radioaltimetro, l'inizio della fase "extended" della funzione Glide Path da parte dell'A/P;
lo stesso avveniva, a 250 piedi, per la funzione glide del FD (se veniva ricevuto
prima un segnale di Middle Marker, era questo che fa scattare la fase EXT).
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Ricostruiamo ora il volo così come i registratori (CVR e FDR integrati dal tracciato
radar) mostravano.
Pur mancando elementi evidenti (la registrazione tramite CVR iniziava con l'A/M in
salita per FL 140) si ritenne, anche sulla base della registrazione del DFDR, che
nulla di anormale accadde in questa fase di volo.
SALITA. Senza eventi significativi.
CROCIERA. Avvenuta a FL 200 autorizzato da Milano Controllo. Di significativo,in
questa fase, l'uso dell'antighiaccio motori e coda.
Nei pressi del punto CANNE venne iniziato il briefing per l'atterraggio tenendo in
considerazione inizialmente un "probabile" (a giudizio del Comandante)
avvicinamento CIRCLING per la pista 28 (vento riportato: 240/8).
INIZIO DISCESA. La prima parte della registrazione delle voci, dall’inizio fino al
contatto con Zurigo Arrival, fu estremamente importante per quanto riguarda
l’aspetto human factor. Infatti in questa prima parte troviamo alcune comunicazioni
tra i piloti particolarmente significative: il Comandante ripetutamente “interroga” il
Co-pilota su procedure, anche improbabili come quella di un circling per la pista 28
di notte, nonostante il Volmet indicasse un vento da 240°/5 kts e la 14 come pista
in uso. Oppure richiede la procedura da effettuare in caso di avaria radio. Il Copilota tenta di arrangiare una risposta che viene interrotta dalla comunicazione del
controllo che trasferiva il volo al settore Arrival.
Infine la ramanzina esplicita del Comandante quando si accorge che in sede di
briefing per l’avvicinamento il Co-pilota ha davanti a sé la cartina della pista 16
invece della 14.
Quindi ci troviamo di fronte ad un Comandante che rafforza il suo ruolo con
l’ostentazione di “certezze” e ad un Co-pilota, sottomesso, che è costretto ad
abbassare il suo livello di critica specie dopo la strigliata per l’errore di cartina.
Infatti dopo aver ricevuto il Volmet di Zurigo con informazione "D", che dava la
pista in uso 14, il briefing venne ripetuto per questa pista e, solo dopo il confronto
dei “landing minima” di CAT II (ovviamente diversi per le due piste) i due piloti si
resero conto che ognuno di loro stava esaminando due cartine differenti (Rwy 16 e
Rwy 14).
AVVICINAMENTO INIZIALE E INTERMEDIO. Dopo la discesa, l'a/m si trovava
nel tratto base con prua 110°, istruito dal radar ad intercettare e seguire il
Localizzatore e con l'autorizzazione a scendere a 4000 ft e poi sul GLIDE.
L'equipaggio era intenzionato ad eseguire un avvicinamento "COUPLED", per
riqualificare l'aereo alle operazioni di CAT 2, dopo la sostituzione dei due ricevitori
VHF-NAV effettuata a Linate.
In questa fase il selettore RADIO era posizionato su RADIO-1, avendo sintonizzato
sul ricevitore VHF-NAV #1 l'ILS della pista 14 (108.30) mentre sul ricevitore VHFNAV #2 era selezionato il VOR di KLO (116.40). Dal CVR in questa fase non si
notano situazioni anomale.
Con la prua di 110° l'A/M a 16.7 miglia dal contatto (ore 19.07'30") e ad una quota
di 5075 ft QNH, volava a circa 1500 ft sotto al GLIDE geometrico.
Avvicinandosi al Localizzatore il selettore venne portato su "APPROACH":
impostando questa selezione, i due piloti ricevevano indicazioni strumentali
separate ed incrociate provenienti dai due ricevitori VHF-NAV.
L'equipaggio osservò le indicazioni degli strumenti: in particolare gli indici del
GLIDE; questi erano in quel momento visibili sull'HSI-1, sull’ADI-2, mentre non
erano visibili sull'HSI-2 e sull’ADI-1, nessuna bandierina era, verosimilmente, in
vista.
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La cartina di procedura ILS 14 utilizzata dai piloti. Abbiamo indicato in rosso l’Intermediate Approach
Segment e il Final Approach Point, due elementi caratteristici di una procedura strumentale di precisione
che sono discussi nella nota finale
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A questo punto, dopo un rapido scambio di battute tra i piloti con le quali il
Comandante riceve conferma che il Copilota "non ha il Glide", il Comandante decide
di continuare la procedura seguendo le indicazioni dell'impianto VHF-NAV #1.
Il Copilota mette il selettore radio in posizione 1.
Con questa manovra veniva interrotta la sequenza procedurale relativa
all’avvicinamento di CAT 2.
Proseguendo l'avvicinamento, vennero estesi i flaps, probabilmente a 15° gradi,
venne ridotta la velocità a 160 nodi, venne notato il ciclaggio delle luci indicatrici
dello "status" autopilota e flight director. Poco dopo, in sequenza, venne ricordata la
selezione del QFE, vedremo più avanti che, in uno degli scenari plausibili, il
Comandante, distratto dalla chiamata degli slat, potrebbe non avere
aggiornato il suo altimetro sul QFE. Venne quindi predisposto l'avviso quota a
5000 piedi per la riattaccata, e venne ulteriormente ridotta la velocita' a 150 nodi.
Venne quindi eseguito il controllo per assenza di ghiaccio, il flaps abbassato a 25
gradi, venne ricordato che il check dell'Outer Marker doveva essere fatto a 1250
piedi QFE.
Quindi il flaps venne portato a 50 gradi e la velocita' a 120 nodi.
A questo punto il Copilota chiese ripetutamente se l'Outer Marker era passato,
ricevendo sempre risposta negativa. Anzi, alla seconda richiesta, il Comandante
rispose, probabilmente dopo aver verificato la cartina, che la distanza dell'O.M.
dalla soglia pista era di “3,8, quasi 4 miglia”.
A questo punto il Comandante notò che uno strumento (il DME?) “dà 7 (miglia?)”;
le sue riflessioni vennero purtroppo interrotte dal controllo del traffico che trasferì il
volo alla torre di ZHR, con un messaggio “rassicurante”: “AZ404 speed reduction
now as convenient, four miles behind a DC9, contact tower eightee-one Good
night”.
Dopo aver risposto all'ATC il Comandante espresse nuovamente perplessità sulla
situazione che "non gli torna".
Il Copilota accennò allora ad un tentativo di riattaccata; come confermato dal
FDR, i motori vengono portati da 1,3 ad 1,6 di EPR e l'assetto del velivolo viene
livellato. Il Comandante ribattè richiedendo di non riattaccare ("no,no,no,no") e di
“fattiti (?) o farsi dire il Glide”.
Dopo qualche altra battuta si sentirono, nella registrazione CVR, una serie di bip
proveniente dal radio-altimetro che segnalava la quota di 200 piedi, ai quali, dopo 7
battute, si sovrappose l'avviso dei 75 piedi.
Quindi l'urto.
La trascrizione del Voice Recorder ci aiutò a comprendere meglio questo scenario.
Si fece subito avanti l’ipotesi che ci fosse stata una qualche avaria che avesse
portato le indicazioni del glide a bloccarsi al centro e vennero effettuate alcune
prove sugli strumenti collegati, appunto, alla rappresentazione del glide in cockpit
e, in particolare, sullo "Switching Unit" ritrovato tra i rottami.
L'esame del reperto (Switching Unit), che fu ritrovato in discrete condizioni,
permise di stabilire, dopo un attento esame, che era in posizione "1" e che tutti i
collegamenti erano assicurati come da progetto. Ciò rendeva remota l'ipotesi di un
doppio contatto aperto o di un corto circuito anche perché non furono trovate parti
staccate che avrebbero potuto giustificare questa seconda ipotesi. Anche i valori
delle resistenze di carico risultarono esatti.
Per suffragare l'ipotesi di scenario, il falso contatto od il corto si sarebbe dovuto
creare mentre i selettori erano nella posizione 1 o APPROACH e si sarebbe dovuto
mantenere mentre la serie di contatti ritornava in posizione 1 passando per la
posizione 2.
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Avaria o inaffidabilità del segnale Glide da terra. Non fu mai esaminata, dalla
Commissione svizzera, la possibilità che false indicazioni "on glide" potevano essere
state provocate da difetti della stazione a terra o da anomalie di propagazione del
segnale (falso Glide) o da interferenze sul segnale stesso. Questo perché, secondo
gli esperti una tale avaria sarebbe stata notata dagli altri aeromobili presenti in quel
momento. A nulla valsero le nostre rimostranze. Noi eravamo dell’avviso che una
tale evenienza non fosse da escludere a priori, in quanto avevamo la certezza che il
DC9 si trovava circa 1000 piedi più basso della traiettoria stabilita dal glide e
quindi in una zona tutt’altro che priva di eventuali interferenze o disturbi. Inoltre ci
confortavano anche le misurazioni che effettuò un elicottero il giorno dopo
l'incidente, a nord della collina contro la quale l'aereo si é abbattuto.
Infatti in quella zona il segnale DME era assente e per quanto riguarda il Glide,
esisteva un segnale intermittente soprattutto nella zona in "ombra" della collina, e
tutto faceva pensare che, comunque, esistevano delle riflessioni del segnale Glide
che potevano aver mantenuto le bandierine fuori vista e che potevano inoltre aver
influenzato il funzionamento del GPWS (Ground Proximity Warning System)
nell'ultimo minuto di volo (se il suo mancato intervento non fosse dovuto ad altre
cause).
Dall'audizione del CVR non fu infatti possibile individuare alcun intervento del GPWS
che avvisasse l’equipaggio che l'aereo si trovava al di sotto del Glide Path.
Quindi anche il GPWS era in avaria?
Tale mancato intervento, oltre all'ipotesi di avaria dell'apparato, può avere anche le
seguenti spiegazioni:
- l'apparato non riconosce la condizione di aereo sotto il glide in quanto il segnale in
ingresso è nell'intorno dello zero a causa di interruzione o corto sulla linea.
- per l'attivazione dell'avviso "below glide" è necessario anche che la quota rilevata
dal radio-altimetro scenda sotto i 1000'.
Dalla ricostruzione della traiettoria, tale condizione si verificò solo poco più di un
minuto prima dell'impatto. Bisogna però ricordare che, prima di emettere l'avviso, il
GPWS esegue dei controlli di validità; nel caso il segnale glide sia rapidamente
variabile, vengono effettuati successivi cicli di controllo la cui durata può
raggiungere i 20 secondi. Questi cicli si ripeterebbero se il segnale venisse perso e
poi riacquisito a causa di zone d'ombra nella propagazione dietro la montagna.
Prove sul HSI del comandante.
La polizia scientifica svizzera analizzò, con l'aiuto del microscopio elettronico, lo
strumento HSI-1, rinvenuto in condizioni sufficientemente buone. In particolare, per
quanto ci riguardava, le impronte lasciate dal pointer del Glide al momento
dell'impatto indicavano che era in una posizione appena sopra al centro.
Informazioni supplementari. Precedenti conosciuti sull'impianto di navigazione.
Il DC9-30 era stato certificato e consegnato all'Alitalia, avendo installati ricevitori
VHF-NAV Collins 51RV1. Questi apparati erano privi di particolari circuiti di monitor
che, oltre all'efficienza dell'apparato, eseguissero controlli sui circuiti di ingresso o
di uscita.
Quando più avanti fu reso disponibile sul mercato il nuovo apparato 51RV2B,
l'Alitalia ne richiese l'installazione su tutti i DC9 ancora in consegna e venne
installato anche su quelli già consegnati (circa una ventina) come pure sui DC8-62
che si trovavano nella stessa situazione.
Sul nuovo apparato era installato un sistema di monitoraggio molto sofisticato,
volto principalmente a verificare le caratteristiche dei segnali irradiati dalle stazioni
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a terra. Nessun accenno venne fatto, nella letteratura tecnica del ricevitore, alla
possibilità offerta di verificare anche l'integrità delle linee di uscita.
Tale risultato, come venne accertato in seguito, derivava dalla presenza,
internamente all'apparato, del circuito che comparava i segnali in ingresso ed in
uscita con un segnale di riferimento, rivelando così, in particolare, i casi di errata
profondità di modulazione del segnale trasmesso da terra. Come fall-out tale
circuito riusciva anche ad individuare differenze sensibili tra le correnti che
circolavano nel circuito di uscita e quelle presenti nel circuito di riferimento.
Sia in caso di corto circuito che di interruzione, veniva quindi provocata la
fuoriuscita delle bandierine avviso (flags) sugli strumenti. In entrambi i casi‚ però,
era necessario che sussistesse un segnale di deviazione diverso da zero, ossia che
fossero diverse da zero le correnti in gioco.
A circuito aperto, l'avviso veniva attivato quando era presente un segnale di
deviazione corrispondente a circa tre/quarti di “dot” di deviazione dell'indice glide;
in caso di corto circuito il segnale di deviazione necessario era di ampiezza
inferiore, secondo leggi non ben definite. [La deviazione dal centro a fondo scala
era di due “dot”]
Il valore della deviazione necessaria a determinare la fuoriuscita della bandierina a
circuito aperto‚ era stato ricavato sperimentalmente dal costruttore solo più
recentemente, su esplicita richiesta Alitalia, per cui la stessa Collins non lo ritenne
praticamente utilizzabile.
A fronte di questa caratteristica di "expanded monitoring” la sofisticazione dei
circuiti era tale che l'affidabilità dell'apparato era estremamente bassa a causa della
continua comparsa della bandierina avviso senza giustificato motivo.
Di fronte alla protesta degli operatori, la Collins emise il bollettino di modifica "F" in
data 1/7/’70 che prevedeva la rimozione del circuito di monitor.
Nessuna avvertenza di carattere operativo era riportata sul documento Collins
(regolarmente approvato FAA).
Data la complessità della modifica, la Collins si offrì di eseguirla nelle sue officine.
Fu quindi emesso il bollettino Alitalia nel maggio ‘71, quando l'intervallo tra gli
sbarchi dell'apparato era di circa 80 ore.
L'affidabilità dell'apparato, con la rimozione del circuito di monitor, aumentò
notevolmente (intorno alle 2/300 ore tra gli sbarchi), pur restando bassa rispetto
agli apparati più moderni.
Nel febbraio ‘75 (quindi a campagna di modifica appena conclusa) Collins inviava
una lettera agli Operatori sostenendo che le performances delle stazioni a terra
erano migliorate al punto di rendere consigliabile la reinstallazione del circuito di
monitor. Ancora non veniva fatto alcun cenno alla capacità di tale circuito di
eseguire verifiche sull'integrità della linea di trasmissione.
Collins emetteva nell'agosto dello stesso anno il bollettino "L" per la riattivazione
del circuito dando sempre come motivo principale la capacità di tale impianto di
avvisare sulla cattiva performance delle stazioni a terra.
Il bollettino "F" (quello della rimozione del circuito di monitoring) non veniva
peraltro annullato. Nell'ottobre ‘76 ne veniva emessa una revisione nella quale per
la prima volta si richiamava l'attenzione sulla eventuale necessità di variare le
procedure operative, ma sempre indicando come problema le "ground stations
slightly out of specification".
Pur essendo stato ritrovato nell'archivio generale, non fu possibile accertare se tale
documento era stato elaborato dagli enti tecnici Alitalia.
Nel luglio 1979, in occasione del previsto inizio delle operazioni in CAT 2 con il DC930, veniva richiesto, sia alla Douglas che alla Collins, di confermare che il ricevitore
Collins 51RV2 dal quale era stato rimosso il circuito di monitor come previsto dal
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bollettino Collins "F", poteva essere impiegato in tale tipo di operazioni. La risposta
fu naturalmente positiva.
Quando nel 1989 si rese necessario sostituire alcuni apparati in quanto non più
riparabili, non essendo più in produzione il 51RV2, venne deciso di iniziare ad
installare anche sul DC9 i ricevitori KING 6030, mano a mano che andavano in
obsolescenza gli apparati Collins. Tale modello era già stato selezionato ed
installato sugli MD-80 e B-747 di Compagnia e rispondeva alla stessa specifica
ARINC e TSO del ricevitore Collins.
Proprio per la sua semplicità costruttiva, che garantiva un'ottima affidabilità,
l'apparato della KING (che fa parte del gruppo Bendix) fu scelto da diverse
compagnie, tra le quali British Airways, Quantas, Southwest e Wardair e fu scelto
dalla Boeing come equipaggiamento standard per B-727/737/747 di nuova
produzione. Le statistiche AZ del settembre ‘90 davano, per il KING, un MTBR
(Mean Time Between Removal) di 1707 ore ed un MTBF (Mean Time Between
Failures) di 4231 sull'MD-80 contro le 508 di MTBR e 865 di MTBF del Collins sul
DC9-30.
Con l'autorizzazione del RAI, venne quindi iniziato un periodo di prove in volo
(anche se ciò non era richiesto dalla Airworthiness Directive 2041A quando si
trattava di sostituire apparati che rispondevano allo stesso TSO) alla fine del quale
fu autorizzato l'imbarco del nuovo apparato.
Il 27 luglio 1984 la Douglas inviò agli operatori una ”flight operation to flight
operation letter” numero C1-E60-HHK-L134, seguita qualche giorno dopo (24
agosto 1984) da una copia della stessa inviata alla Manutenzione Alitalia con una
lettera di accompagnamento AOL (All Operators Letter 9-1565) avente per oggetto
"NAV SWITCHING FAILURE MODE" ed applicabile agli aeromobili equipaggiati con
nav switching.
La lettera conteneva informazioni su possibili avarie nei “circuiti di deviazione” degli
impianti VOR/LOC e GLIDE. Seguivano gli elenchi dei modelli di ricevitori VHF-NAV
non in grado di rilevare e segnalare tali avarie mediante la comparsa di bandierine
sugli strumenti HSI e ADI e dei modelli dotati, invece, di tale protezione ("expanded
monitoring capability").
La lettera in questione fu analizzata nell'ambito della Direzione Operazione Volo e,
poiché all'epoca la flotta DC-9-30 era equipaggiata con ricevitori Collins 51RV-2B,
inclusi nel citato elenco degli apparati muniti di expanded monitoring, fu
considerata non applicabile. Alitalia, in effetti, come già descritto e come noto
anche alla Douglas, installava sul DC-930 anche una versione dei ricevitori Collins
51RV-2B non protetta, identificata da un particolare dash number 108, che lo
avrebbe dovuto collocare nel gruppo non monitorato. Da notare che la lettera
Douglas non accennava alla possibilità di avere apparati Collins modificati come
invece riportava per i ricevitori Bendix.
In base a quanto risultava in quel momento fu deciso di non dare informazioni agli
equipaggi.
Per quanto riguarda la flotta MD-80, equipaggiata con ricevitori KING compresi
nell'elenco dei ricevitori non monitorati, fu ritenuto opportuno anche in questo caso
di non dare informazioni agli equipaggi. L'argomento fu ripreso successivamente
nell'Aprile 1985, in occasione di un seminario, organizzato dalla Douglas a Long
Beach, su diversi temi di interesse operativo. A tale seminario parteciparono per
Alitalia, alcuni Comandanti MD-80 e DC9-30 della struttura Operazioni Volo, ed uno
specialista tecnico operativo di impianti (non avionici). Anche dopo questo
seminario il Costruttore non emise alcun aggiornamento al FCOM (Flight Crew
Operating Manual) e Alitalia non fornì informazioni agli equipaggi.
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Le successive installazioni (anno 1989) sugli aeromobili DC9-30 di ricevitori KING,
peraltro autorizzata dal RAI anche per impiego in CAT 2, non fu oggetto di esame
nell'ambito della Direzione Operazioni Volo, poiché non ne derivava alcuna
variazione alle procedure operative ormai consolidate.
Sull'argomento non furono pubblicate da Douglas ulteriori informazioni fino al Marzo
1991, dopo l’incidente quindi, data in cui fu pubblicata una Flight Operation AOL,
che riproponeva le informazioni precedenti, con alcune significative variazioni ed
aggiunte, in particolare:
- l'oggetto della lettera era variato da "NAV Switching Failure Mode" a "VOR\ILS
Possible Failure Mode";
- le avarie non erano più circoscritte ai soli corto circuiti, ma includevano i casi di
apertura di circuiti;
- veniva raccomandato di inserire l'argomento nel curriculum addestrativo dei
piloti;
- veniva preannunciato un aggiornamento ai Flight Crew Manual DC9-30 e MD80.
L'aggiornamento ai Flight Crew Operating Manual fu successivamente pubblicato,
nel Maggio 1991 ed inviato agli operatori DC9 e MD-80. Tale aggiornamento
consisteva essenzialmente nell'introduzione di una "CAUTION" nelle diverse
procedure di avvicinamento, senza riferimenti specifici ai tipi di ricevitore ai quali
era applicabile.
Gli strumenti ADI,HSI, Altimetro Barometrico e Radio Altimetro. Le indicazioni corrispondono a 18
secondi prima dell’impatto. Le distanze DME sono rispettivamente, 6 NM da I-KL (ILSDME) e 7 NM da
KLO (VORDME).
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Ritengo di aver fornito alcune informazioni per capire quanto sia complessa l’analisi
di un disastro aereo e come si possa giungere a elaborare lo scenario che, alla fine,
possa essere il più probabile.
Lo scenario ipotizzato mostrava un cockpit “tagliato in due”: da una parte il
Comandante con delle indicazioni “coerenti”, tranne alcuni elementi che entrarono
troppo tardi nel suo meccanismo mentale di elaborazione, come le indicazioni DME,
e comunque sicuro di essere su un ILS, sorvegliato da un controllore radar durante
un avvicinamento che si presentava senza difficoltà per un pilota esperto.
L’ipotesi che il comandante avesse interpretato erroneamente l’indicazione
dell’altimetro barometrico fu dibattuta. Infatti il tipo di altimetro cosiddetto DRUMPOINTER aveva già implicato in diversi incidenti il “misreading” di quota intorno
all’indicazione di 1000 ft.
A questo proposito è interessante il commento fatto pervenire dall’NTSB
statunitense riportato alla fine dell’Accident Prevention Bulletin della Flight Safety
Foundation che trattò questo incidente e che proponiamo negli articoli in inglese.
Dall’altre parte del muro avevamo un co-pilota, che fino a pochi momenti prima era
stato trattato alla stregua di uno studente, che per di più aveva sbagliato il
compito.
Il co-pilota quasi certamente si era reso conto che qualcosa non andava (la quota in
rapporto alla distanza dal campo, il mancato passaggio sull’outer marker), tuttavia
non aveva avuto la motivazione ad esplicitarlo, forse temendo un’altra figuraccia.
Trovò tuttavia un momento di apertura quando pensò di aver capito che il
comandante voleva riattaccare, momento durato pochissimo in quanto la
manovra venne interrotta verbalmente e forse anche fisicamente dal
comandante.
Le indicazioni degli strumenti (sia dal lato del comandante che dal lato del copilota)
in quel momento corrispondevano alla figura della pagina precedente.
Sul lato del comandante l’indicazione dell’altimetro barometrico avrebbe potuto
essere di 1800 ft, nel caso che egli non avesse inserito la correzione del QFE della
pista 14. In questo caso si escluderebbe l’errore di lettura ma si introdurrebbe un
altro tipo di errore.
Erano le 19:10:59. Dopo 18 secondi l’aeromobile entrava in contatto con le cime
degli alberi dello Stadlerberg.
Infine c’è da rilevare il ruolo del controllore radar che in un vettoramento per l’ILS,
non comunicò mai una distanza dal campo al velivolo e che ebbe il DC9 sotto il
glide per circa 2 minuti e mezzo senza accorgersene; addirittura riuscì a dare una
comunicazione, che allora fu ritenuta rassicurante, quando disse al volo Alitalia:
“velocità a vostra discrezione, siete a 4 miglia dietro un altro DC9 contattate la
torre 118,1 Buona notte….”
[Silvano Silenzi]
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Una nota per un prossimo approfondimento sul comportamento dei piloti
del volo AZ 404
a cura di Aldo Pezzopane
Quando avvenne il disastro dello Stadlerberg avevo lasciato da un paio d’anni
l’incarico di responsabile della Commissione Tecnica dell’ANPAC per dedicarmi alla
transizione sul B747 e alla attività di lungo raggio che presentava molti aspetti
nuovi per me dopo quasi vent’anni di operazioni in Europa e Medio Oriente.
Un aspetto importante delle operazioni lungo raggio era costituito dalle norme in
vigore negli Stati Uniti riguardo ad alcune procedure ATC e a certe differenze di
termini riscontrabili nelle procedure di avvicinamento.
La FAA ha nelle TERPS (Terminal Procedures) il criterio di riferimento per la
realizzazione dei sentieri di volo e per la loro pubblicazione sulle cartine usate dai
piloti e dai controllori mentre il riferimento per l’ICAO è il DOC 8168 – Procedures
for Air Navigation Services – Aircraft Operations (PANS-OPS).
I due criteri di riferimento sono sostanzialmente equivalenti per quanto riguarda le
caratteristiche fisiche dei percorsi in volo durante le procedure strumentali, come i
margini dagli ostacoli, i gradienti di salita e discesa, gli archi di virata, ecc.
Le differenze sono di carattere grafico, con termini e definizioni a volte molto diversi
che, in funzione delle modalità di esecuzione di alcune procedure di avvicinamento
in uso nella compagnia, possono indurre in sviste od errori.
L’identificazione e la definizione dei punti Final Approach Fix e Final Approach
Point nelle TERPS sono, ad esempio, esattamente il contrario di come vengono
individuati nel DOC 8168.
Anche se in pratica questi aspetti potrebbero apparire secondari, il fatto di ignorarli
può impedire l’attuazione di comportamenti di attenzione e di allarme in caso di non
corretta evoluzione delle indicazioni strumentali. In altre parole, mancando un
riferimento forte per effettuare controlli e verifiche all’attraversamento di
determinati cancelli (gates o FIXes) durante un avvicinamento strumentale, può
accadere quello che avvenne a Zurigo e in tanti altri incidenti di tipo CFIT.
Di più su questo in una prossima edizione.
Altri aspetti relativi agli incidenti in avvicinamento sono trattati nell’articolo che
segnaliamo di seguito alla fine del quale troverete i collegamenti per altri articoli
sull’argomento.
Landing Compulsion e Controlled Flight Into Terrain
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