La rivoluzione bolivariana di Chavez secondo Oliver Stone

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La rivoluzione bolivariana di Chavez secondo Oliver Stone
La rivoluzione bolivariana di Chavez secondo Oliver Stone
Parlano il regista e il saggista Tariq Ali che ha partecipato alla sceneggiatura
Roberta Ronconi - Venezia
All'inizio era Hugo Chavez, presidente del Venezuela. Poi è stato anche Evo Morales, primo
presidente indio della Bolivia, Nestor e Cristina Kirchner, ex e attuale presidente dell'Argentina,
Fernando Lugo presidente del Paraguay, Rafael Correa capo di Stato dell'Ecuador, Raul Castro
presidente cubano, Lula da Silva presidente brasiliano. In pochi mesi (da gennaio ad aprile
2009), quello che era iniziato come un viaggio di scoperta del vero volto dell'anti-imperialista
per eccellenza Chavez si è trasformato - nelle mani di Oliver Stone e del suo produttore e
co-sceneggiatore Tariq Ali - in un incredibile panorama sul "laboratorio bolivariano": il
continente latino-americano.
Al contrario di quanto sinora scritto dai media, South of the Border ( A sud della frontiera ) non
fa parte tanto della galleria stoniana sui capi di stato più controversi del 20mo secolo ( W ,
Nixon), quanto della sua attenta esplorazione di quello che a Washington definiscono "il cortile"
statunitense, il continente utilizzato dai politici e dai finanzieri nord-occidentali per sperimentare
i più audaci colpi di mano del capitalismo. Questo ultimo lavoro di Stone segue quindi la strada
segnata da Salvador (sul coinvolgimento degli Usa nel lavoro sporco degli squadroni della
morte) e dal doppio film sulla Cuba di Castro Comandante e Looking for Fidel . Un viaggio nei
nuovi governi «nati dal popolo», presentati come presìdi del terrorismo internazionale da
televisioni e giornali statunitensi, in realtà nuova speranza dei poveri del Sud America. La tesi di
Stone e Ali su questo non ha tentennamenti né sfumature.
Alle domande dei giornalisti veneziani Oliver Stone ha risposto generosamente, ma anche con
molta attenzione, lasciando a Tariq Ali le domande politicamente più spinose.
Signor Stone, nel suo film le responsabilità delle tragedie economiche che hanno messo in
ginocchio il continente latino-americano all'inizio degli anni 2000, vengono interamente ascritte
al Fondo monetario internazionale, più che ai governi occidentali. E' questa la sua tesi?
Stone: L'Fmi è una forza neo-conservatrice responsabile in prima persona di fenomeni quali la
svalutazione in Argentina del 2001. Il presidente Chavez è stato il primo a sfidare l'Fmi e a
bloccarne il potere finanziario nel suo paese.
Il suo ritratto di Chavez, ma anche degli altri capi di Stato sud-americani, non ha sfumature, è
totalmente positivo.
Ali: Prima degli attuali governi, questi erano tutti paesi fortemente polarizzati, una classe
sociale di ricchi e un'altra di estremamente poveri. Le oligarchie possedevano, e posseggono
ancora, il 95% dei mezzi di informazione, fortemente ostili a Chavez. E quel tipo di informazione
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è la stessa che caratterizza i media in Usa e in Europa. Ci è sembrato giusto fare un lavoro di
informazione sulla realtà che riequilibrasse le cose. Questo era il nostro obiettivo principale.
E dei legami di Chavez con l'Iran di Ahmadinejad?
Stone: Chavez aveva rapporti stretti anche con Katami e dipendevano dal fatto che entrambi i
paesi, Iran e Venezuela, sono forti produttori di petrolio.
Quali impressioni avete tratto da questo viaggio così intenso in tanti paesi dell'America latina?
Ali: Da qui è difficile capire cosa stia succedendo in quei paesi. C'è una reale trasformazione,
ed è partita dal basso. Per la prima volta i diseredati, i poveri di quei paesi hanno qualcuno che
lavora per loro, che ha fatto delle promesse prima di essere eletto al governo del paese e poi le
ha mantenute. Il fatto è che noi in Occidente a queste cose non siamo abituati.
Qual è, secondo voi, l'obiettivo finale di Chavez?
Stone: Cercare di unire il Sud America perché, davanti agli Usa e alle sue richieste, parli con
una sola voce. Era il sogno di Bolivar rispetto al dominio spagnolo. Ed ora è il suo.
Ali: L'ostilità degli Stati Uniti, ma anche dell'Europa, rispetto ai governi di questi paesi, è
sinceramente inspiegabile. L'unico reale motivo non è politico, ma economico. Ovvero la
possibilità che questi paesi si stanno dando di contrastare l'economia Usa e in genere di tutto
l'Occidente.
Però voi sapete che in Venezuela non tutti sono schierati con il presidente. Anzi, nel paese c'è
un'opposizione sempre più forte e si parla di molti processi ai dissidenti.
Ali: Io so che Chavez è stato eletto democraticamente presidente più volte e per un mandato di
12 anni e che ha dato al Venezuela una Costituzione democratica. Tanto democratica da
prevedere la deposizione del presidente con una semplice raccolta di firme. Una cosa che le
nostre costituzioni non permettono.
Signor Stone, lei crede che si possa parlare, per l'America latina, di "laboratorio" di nuove
politiche di sinistra?
Stone: Beh, posso dire che senz'altro l'Fmi ha fatto del Sud America il laboratorio di una serie
di politiche di privatizzazioni dell'acqua e delle risorse naturali. E che contro questo tentativo si
stanno muovendo alcuni di questi paesi - penso al Brasile di Lula - in modo molto interessante.
Chavez è quello che più sta lavorando per un'unione dei vari stati in grado di contrastare non
solo il potere del governo statunitense ma anche quello delle multinazionali.
Quale sarà ora il cammino distributivo del film?
Ali: Essendo un prodotto completamente indipendente, seguirà una strada simile. Negli Usa
uscirà sulle televisioni via cavo e tramite distributori indipendenti e speriamo di evitare la
censura. Nel Sud America invece uscirà ovunque in sala ed è molto atteso.
Nella sua galleria di capi di stato e di governo particolarmente controversi, ha mai pensato di
includere anche l'italiano Berlusconi?
Stone: Non ne so abbastanza.
Ali: Avete registi sufficientemente validi in patria, come Moretti e Sorrentino, per fare film del
genere. Moretti se non sbaglio ne ha già fatto uno.
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Sì, ma….
Ali: Sì, sì, ho capito qual è lo spirito della sua domanda. E le rispondo così. L'Italia e il
Venezuela sono paesi molto diversi tra loro. Per esempio, voi avete un presidente del Consiglio
che possiede diverse televisioni. E questo in Venezuela non sarebbe assolutamente possibile.
Da: Liberazione - 08/09/2009
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