Le Ragioni Per Cui Vale La Pena Vivere: Manhattan New York

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Le Ragioni Per Cui Vale La Pena Vivere: Manhattan New York
Le Ragioni Per Cui Vale La Pena Vivere: Manhattan <<New York era la sua città. E lo sarebbe sempre stata.>> Innamorarsi di New York, di Manhattan, è molto semplice. Ne da una prova Woody Allen con il suo film del 1979, Manhattan, magistralmente girato in bianco e nero con la splendida fotografia di Gordon Willis e le musiche di George Gershwin. La Manhattan che ci offre il regista è tutta mediata dal cinema, dove la realtà è completamente trasfigurata: possiamo infatti considerare questo film come un sogno in bianco e nero dell’autore che ha nostalgia di una New York ormai lontana, quella degli anni ’30. Nel film aleggia una profonda memoria cinematografica e di come le storia d’amore vengono raccontate, senza mai cadere nel melodramma. Le inquadrature iniziali del film ci fanno subito capire in che film stiamo per immergerci: possiamo considerare l’ouverture di Manhattan come una composizione orchestrale: il film è una vera e propria “rapsodia” metropolitana. La prima sequenza non può essere considerata come l’inizio del film: infatti essa non presenta al pubblico i personaggi, non svela niente circa le vicissitudini dei protagonisti che a breve conosceremo e non fornisce nessun tipo d’informazioni narrative. Questa prima sequenza, in realtà, è un omaggio alla grande bellezza di New York: una serie di inquadrature fisse raffigurano l’isola di Manhattan durante tutte le stagioni dell’anno, nonché a tutte le ore del giorno e della notte. La voce che accompagna questa prima sequenza è quella di Isaac Davis, detto Ike (interpretato da Woody Allen) che sta per scrivere l’incipit del suo nuovo libro che parla proprio di New York. Con questa prima sequenza Woody Allen ci dice che l’inizio di Manhattan, pur non essendo l’inizio di una storia, ci parla ugualmente di un altro inizio: l’inizio del romanzo che Ike sta per scrivere. L’”azione”, la storia, comincia a partire dalla sequenza numero Due. Questa è una sequenza molto importante perché finalmente l’autore ci presenta alcuni dei personaggi principali: Ike (Woody Allen), Yale (Michael Murphy), Tracy (Mariel Hemingway, nipote del celebre scrittore Ernest Hemingway) ed Emily (Anne Byrne). La sequenza è ambientata nel ristorante Elaine’s: i personaggi hanno appena finito di cenare. La prima inquadratura raffigura l’insegna del grande e famoso ristorante dall’esterno. In Manhattan non esiste un personaggio principale. Esistono, infatti, “Dei Personaggi Principali”. Il personaggio di Ike, inizialmente, può confondere lo spettatore: sembra, infatti, il personaggio protagonista della storia. Così non è. A testimonianza di ciò è proprio la sequenza numero Due dove il regista non inquadra per primo il personaggio di Ike ma quello di Yale con un primo piano, seguono altri primi piani: uno di Tracy, uno di Ike, uno di Emily, ancora Tracy, cui segue infine un’inquadratura che racchiude il quartetto di amici intenti a discutere. Nel corso del dialogo Ike introduce il personaggio di Jill, sua seconda ex moglie, anche lei in procinto di scrivere un libro sul tormentato matrimonio con Ike. Possiamo quindi dire che dopo sole due sequenze il regista ci presenta tutti i personaggi principali: da questo momento in poi la storia narrerà le vicissitudini sentimentali di questi personaggi. Dominante è quindi il “Gioco Delle Coppie” dove l’autore le scompone e le ricompone continuamente: 1) Ike e Tracy; 2) Yale ed Emily; 3) Ike e Jill; 4) Yale e Mary; 5) Ike e Mary. Siamo dinanzi ad una narrazione plurale che vede protagonisti i personaggi principali disposti a “scacchiera”. Anche questa è una dimostrazione di quanto Ike non sia in realtà il solo personaggio protagonista del film. Infatti Ike non solo non racconta tutto, ma non sa tutto: non sa che Emily desidera un figlio da Yale ad esempio. Questo discorso coinvolge non solo Ike: ad esempio Emily non sa che Yale, suo marito, ha una relazione con un’amante, Mary. E, più tardi, Yale non sa che Ike è attratto da Mary; Emily non sa che Ike era a conoscenza della relazione tra Mary e Yale. Quindi tutti i personaggi sono all’oscuro di qualcuno o qualcosa e l’esempio lampante è quello di Emily che rimprovera ad Ike di aver presentato la sua fidanzata Mary a Yale. Quindi solo gli spettatori sono a conoscenza di tutto e di tutti. Woody Allen non è solo attore ma anche autore. E proprio come Allen, in Manhattan Isaac Davis è un ebreo di New York follemente innamorato della propria città. E’ un personaggio che abita in un bellissimo appartamento a due piani che si affaccia sul Central Park. Probabilmente è un personaggio che soffre di bovarismo: sempre alla ricerca di qualcosa ed eternamente insoddisfatto (come gli fa notare Yale nel confronto finale). Ike è un comico di successo, scrive per uno Show Televisivo ma non è felice. Woody Allen, proprio come Marcello Mastroianni nel film di Federico Fellini La Dolce Vita, veste i panni di un uomo insoddisfatto del suo lavoro, tenta infatti la scalata verso il “mondo intellettuale”: abbandona il suo lavoro per dedicarsi alla stesura di un libro. Manhattan non è un film autobiografia dell’autore ma un film di finzione. Può essere considerato autobiografico solo dove le proiezioni dell’autore si mescolano con invenzioni e soprattutto quando si incrociano con altri personaggi precedenti e successivi dei suoi film (ad esempio il personaggio di Isaac Davis può essere associato ad Alvy Singer, il protagonista di Io e Annie). All’interno della narrazione plurale, il personaggio di Ike occupa un ruolo chiave per il semplice motivo che partecipa a più coppie: egli, infatti, ha un rapporto di amicizia con Yale e con Emily, è divorziato da Jill ma soprattutto è innamorato del vero protagonista della storia: New York. Infatti tutte le immagini della città che scorrono durante l’ouverture, ma anche durante le tre inquadrature finali, appartengono a Woody Allen che immagina e sogna una New York degli anni ’30, e ad Ike. In un mondo dove tutti badano solo ai propri interessi, le sole figure se vogliamo pure e oneste sono quelle di Tracy ed Emily. Tracy incarna il perfetto ideale di equilibrio, stabilità e quiete. Insieme ad Emily, è anche il solo personaggio che non scrive libri e nel corso di tutta la storia i loro sentimenti sono concentrati solo ed esclusivamente su una sola persona. Dopo la separazione da Ike, Tracy non si lega a nessun altro. Ed è proprio questo l’elemento fondamentale che caratterizza il carattere e il personaggio di Tracy: esso è un personaggio incorrotto e proprio per questo è il più positivo (come dice Ike “La risposta di Dio a Giobbe”). Se vogliamo è ancora più positivo di Emily perché dalla sua parte ha la sua giovane età e quindi non è costretta ad accettare nessun tipo di compromessi, come invece capita ad Emily che accetta i tradimenti del marito Yale. Se vogliamo è la figura più razionale della trama, il personaggio che, nonostante la giovane età, possiede una grande saggezza. Saggezza che riesce a trasmettere soprattutto ad Ike. E proprio quest’ultimo confessa, in una delle sequenze finali, ad Emily di sentire la mancanza della giovane ragazza ormai in procinto di trasferirsi a Londra per studiare Teatro e recitazione. Nella sequenza 34 Ike, coricato sul divano di casa, registra tramite registratore alcuni suoi appunti e le ragioni per cui vale la pena vivere: tra di esse, elenca anche il sorriso di Tracy. Nella medesima sequenza, in esterno giorno, Ike è protagonista di una scena molto importante che non può non ricordare la scena finale, leggendaria, del film francese I 400 Colpi di François Truffaut. Ike, quindi, corre verso casa di Tracy e la trova sulla porta mentre sta per partire per Londra. Invano, Ike cerca di convincere Tracy a non partire. Se vogliamo il finale regala qualche incognita, infatti nessuno sa come andrà a finire e se terminerà la relazione tra Ike e Tracy. Il finale di questa sequenza regala anche un messaggio morale, pronunciato proprio da Tracy, che veste i panni di una “Maestra di Vita” affermando: << Ehm, vedi, devi avere un po’ di fiducia nella gente>> (Ike, con una smorfia di sorpresa, sorride.). Il film termina con tre inquadrature che riprendono New York in tre differenti fasi della giornata: all’alba, al tramonto, di notte. Innamorarsi di New York, di Manhattan, è facile………. Lorenzo Di Nubila