101 dalla drug addiction al benessere dell`individ - D

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101 dalla drug addiction al benessere dell`individ - D
STUDI E RICERCHE
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DALLA DRUG ADDICTION AL BENESSERE DELL’INDIVIDUO QUALE
FENOMENO SOCIO-AMBIENTALE
di Giovanni Pieretti, Enzo Grossi
∗
Premessa
Il tema della dipendenza è da tempo argomento d’interesse a livello
pubblico e privato, dato il tratto di criticità che tale elemento induce
nell’individuo, sia a livello sociale che economico.
In generale il fenomeno della dipendenza è ascrivibile a due dimensioni
principali, la dipendenza indotta da un comportamento reiterato, come nel
caso del gioco o da media digitali, e quella derivante dall’assunzione di una
o più sostanze (in un certo tempo e luogo legali od illegali) con effetti psicotropi. Se in entrambi i casi si può assumere quale dinamica d’innesco della dipendenza il coinvolgimento di neuro trasmettitori e recettori, profondamente diversa ne è però, nel caso di assunzione di sostanze, la modalità
di attivazione, le soglie di criticità, la modalità di dosaggio che promuovono nell’individuo l’avvio della dipendenza. Seguendo tale impianto teorico,
le definizioni proposte dalla maggiore istituzione internazionale in tema di
salute come l’OMS (WHO: la dipendenza patologica è una malattia, cronica e recidivante), risultano certo non esaurienti e meritano di essere confutate. La dipendenza patologica non è una malattia, non è cronica (non
nell’accezione corrente) e non è (necessariamente) recidivante. Nel contempo anche per le dipendenze patologiche risultano sempre valide le considerazioni di Talcott Parsons (1975) nel famosissimo The Sick Role and
the role of the Physician Reconsidered, in particolare quanto alla “devianza
involontaria”.
Focalizzando l’attenzione sulla dipendenza e la relazione con le sostanze psicotrope, è possibile verificare come questo tipo di sostanze promuovano nel soggetto che le utilizza due diverse tipologie dipendenti: la dipendenza di tipo fisico, che è caratterizzata da possibili disturbi, spasmi o
comportamenti incontrollati, quando ad esempio venga meno l’utilizzo di
tali sostanze. A questa si associa un livello più profondo di dipendenza, di
Università di Bologna, [email protected];
[email protected]
Sociologia urbana e rurale n. 106, 2015
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Fondazione
Bracco
En-
Pieretti, Grossi
natura psichica e psicologica, che può essere anche causa dell’avvio di tale
dinamica (Bottura, Dondi, 2014). In questo caso l’individuo ricerca la possibilità di estraniarsi dalla realtà circostante, ad esempio dall’ambiente, per
ragioni oggettive e/o soggettive, in un processo nel quale l’utilizzo di sostanze di natura psicotropa diviene la piattaforma ideale per entrare in un
possibile mondo ideale, privo di condizionamenti o limiti (Olievenstein,
1981).
La dipendenza di matrice psichica è spesso correlata all’esistenza di disturbi di elementi di natura cognitiva e comportamentale dell’individuo
(DSM V), oppure essere indotta dall’essere parte - vivere ed operare - di un
ambiente in cui sono presenti condizioni per l’attivazione, come a puro titolo esemplificativo, di modelli di vita rapportati a fenomeni di devianza famigliare o sociale, degrado territoriale, crisi economica, povertà relazionale. Se gli elementi descritti possono concorrere a innescare fenomeni di dipendenza, altresì possono configurarsi quali fattori del rischio da dipendenza, divenendo potenziali “determinanti” su cui agire per la costruzione di
una politica di welfare, che quindi trova la matrice costitutiva nella qualità
dell’ambiente sociale, economico e culturale del territorio.
Fino ad ora l’attenzione dei policy makers in relazione alle strategie di
riduzione del rischio dalla dipendenza dell’individuo da sostanze psicotrope
è stata guidata ex-ante da possibili elementi normativi, quali leggi e regolamenti e/o azioni di prevenzione informativa nella società sui rischi derivanti dall’acquisto ed uso di tali sostanze, oppure ex-post attraverso
l’impiego dei servizi di natura pubblica, ad esempio detentivi o collegati
alla dimensione della sanità e/o socio-assistenziali.
Nella realtà emerge con sempre maggiore evidenza il valore
dell’ambiente nel quale un individuo vive ed opera al fine di prevenire il
fenomeno della dipendenza, laddove la qualità dell’ambiente diviene il possibile strumento per una politica anche e soprattutto a carattere pro-attivo
nei confronti dei fenomeni di marginalità e dipendenza. In questa prospettiva gli studi stanno dimostrando come tra i determinanti che contribuiscono
in maniera sostanziale alla qualità della vita degli individui, i fattori di natura relazionale rivestano una funzione preminente nella composizione della
salute psichica e fisica delle persone, ed in particolare come quelli collegati
di natura culturale (consumo, partecipazione) e comunitari (associazioni di
volontariato e di vicinato), fungono da ideali connettori attraverso i quali
l’individuo è in grado di configurare - e sentirsi parte di - una rete di relazioni a cui poter attingere per l’appropriazione di valori, significati e norme
per la propria vita. È quindi su tali aspetti che le politiche di contrasto del
fenomeno della dipendenza rispetto le sostanze psicotrope dovrebbero con102
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centrarsi, nell’attenzione a strategie di prevenzione che valorizzino la qualità sociale territoriale quale strumento di prevenzione del disagio. Si tratta
quindi di passare da un approccio di tipo tecnico meccanicistico a una prospettiva collegata alla correlazione territorio e benessere dell’individuo, un
cambio di paradigma in grado di produrre notevoli benefici sia per quanto
concerne la riappropriazione da parte degli individui della propria posizione
sociale e del senso della comunità, sia per quanto concerne la spesa pubblica per l’assistenza erogata, nelle dimensioni della salute e dei servizi sociali, la quale potrebbe beneficiare di consistenti risparmi e ri-allocazione di
risorse verso un programma di prevenzione attraverso la valorizzazione socio-territoriale, localizzata e community - based. Il presente contributo di
carattere fondativo intende promuovere un nuovo percorso di ricerca ed approfondimento rispetto al tema della dipendenza, che sarà approfondito e
che intende suscitare un potenziale dibattito e confronto sia con gli operatori professionali sia con i vari stakeholder a vario titolo conivolti nel fenomeno delle dipendenze.
1. Il benessere dell’individuo, una prospettiva d’insieme
Nel corso degli ultimi trent’anni, le indagini inerenti la qualità della vita
degli individui, ovvero quali siano gli elementi che contribuiscono a “far
stare bene” a livello di benessere una persona, hanno presentato tre gradi di
sviluppo conseguenti agli approfondimenti realizzati. Tra gli anni ’70 ed
’80, l’attenzione è stata prevalentemente diretta a verificare l’incidenza delle variabili endogene individuali quali età, impiego, genere ed educazione
in quanto considerate elementi prioritari rispetto all’analisi della percezione
del benessere nell’individuo. Partendo da un approfondimento puntuale,
uno dei temi maggiormente investigati è stato la relazione tra reddito e benessere delle persone. Su questo piano, si segnala in particolare lo studio
condotto da Easterlin (Easterlin, 2000), in cui l’autore effettua una revisione delle ricerche e survey sul tema che a partire dagli anni ’80, portando in
evidenza come la percezione di benessere sia direttamente correlata alla
crescita del reddito, ma solo fino al raggiungimento di una soglia identificabile nel corrispettivo economico necessario affinché l’individuo possa
trovare risposta alle necessità e bisogni primari (Blachflower, Oswald,
2002). Ulteriormente a livello invece complessivo e non puntuale come nel
caso precedente Diener (1994) ha permesso di verificare possibili relazioni
significative tra il benessere di un individuo e le determinanti endogene
precedentemente descritte, illustrando inoltre come esista una possibile
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causalità tra stati d’animo percepiti, condizione sociale e comportamento
dell’individuo nella società. Questo studio porta in evidenza un dato che
sarà approfondito nelle fasi successive d’indagine, ovvero l’influenza delle
varie dimensioni del territorio sui meccanismi sociali e salute degli individui.
La fase successiva, idealmente collocabile negli anni ’90, ha approfondito gli studi condotti, verificando come gli elementi precedentemente descritti sono una parte dei fattori che configurano il paniere complessivo delle variabili da considerare nella sfera del benessere individuale. In questa
seconda fase le ricerche hanno quindi cercato di comprendere il contributo
delle determinanti sia di natura endogena sia esogena all’individuo. Nel
primo caso, variabili endogene, l’attenzione è andata a focalizzarsi su
aspetti propri della persona o creati dalla relazione tra questi, come ad
esempio il reddito, il capitale umano e sociale, le informazioni, la salute.
Nel secondo caso le variabili soggette ad indagine sono state la natura, le
tecnologie, la popolazione, valori e norme, istituzioni, l’economia, ovvero
all’influenza delle componenti ambientali e territoriali sul benessere
dell’individuo. Aderendo a tale modello teorico-interpretativo, Frey e Schutzer (2002) hanno portato in evidenza come alcune variabili endogene
“classiche” (età, posizione lavorativa, competenze e titolo di studio) abbiano nell’individuo un peso relativo nella definizione del concetto di benessere, e come le variabili esogene collegate, ad esempio, a dinamiche relazionali, ovvero alla presenza di luoghi ed occasioni di socializzazione, rivestano un peso crescente, soprattutto nei paesi economicamente più sviluppati.
Ulteriormente Ryan e Deci (2001), attraverso gli studi condotti illustrano
come la percezione di benessere sia correlata alle abilità e capacità di cui
una persona è dotata, e quindi al grado di potenziale funzionamento
nell’ambiente, insieme alle opportunità di auto-realizzazione che un soggetto può trovare nel territorio, ovvero alla qualità dell’ambiente socioeconomico in cui vive ed opera.
La terza fase, la più recente, ha concentrato l’attenzione rispetto alle attività e ruoli dell’individuo nella realtà, e le variabili sottoposte ad analisi
sono state il lavoro, la famiglia, gli amici, l’attività civica e hobby, i processi di consumo. Tale approccio ha approfondito elementi di particolare interesse nella costituzione del benessere individuale, come la sicurezza, sentimenti ed appartenenza, in aggiunta agli aspetti collegati alla rappresentazione individuale come la stima e la psicologia. In questo senso, gli studi
hanno chiarito ancora meglio come siano i bisogni e le necessità di matrice
relazionale, quelli che presentano la maggiore incidenza sul benessere
dell’individuo. Tra gli studi maggiormente esaustivi si segnalano quelli
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condotti da Grossi (et al., 2012) che ha investigato la relazione tra le attività
condotte nel tempo libero e la qualità della vita percepita dagli individui.
Attraverso un’indagine condotta su un campione rappresentativo della popolazione italiana, gli autori hanno evidenziato come ci sia una diretta correlazione tra attività di matrice culturale, ricreativa e sociale che un individuo svolge, ed il livello di salute sia fisica che psicologica, soprattutto laddove queste attività abbiano un corrispettivo di utilità per l’individuo non
afferente alla dimensione economica ma relazionale, ovvero dove siano attivate pratiche di connessione e conoscenza tra le persone. Seguendo tale
filone di sviluppo, Tavano Blessi (et al., 2014) hanno effettuato un approfondimento del tema, allo scopo di comprendere quali tra le attività afferenti alle dimensioni precedenti producano un maggiore beneficio in termini di
benessere nell’individuo. Lo studio ha portato in evidenza come siano proprio le attività riconducibili a formule relazionali, alla costruzione di connessioni tra gli individui, quelle in grado di promuovere gli effetti maggiori
sul benessere delle persone, soprattutto laddove sono correlate ad un sistema locale di offerta integrata, ovvero ad un territorio infrastrutturato in
termini di iniziative ed eventi, tali da condurre alla costruzione di beni relazionali.
Uno studio di assoluto interesse sul ruolo dell’ambiente rispetto al benessere degli individui proviene da Keyes (2010). L’autore dimostra come
la presenza/assenza di malattie sia solo un indicatore parziale rispetto alla
misurazione del grado di salute di una persona, verificando come in assenza
di una strategia di effettivo miglioramento delle condizioni di benessere,
che l’autore identifica nella capacità di auto-realizzazione e nella presenza
di un “humus sociale” propositivo, gli individui saranno più propensi ad innescare patologie di natura mentale e devianze (alcolismo, uso di sostanze
stupefacenti). Keys rimarca inoltre come le terapie sanitarie adottate siano
scarsamente efficaci in termini terapeutici laddove non venga presa in seria
considerazione l’inserimento del trattamento terapeutico all’interno di un
quadro complessivo d’intervento che prenda in considerazione anche
l’ambiente e le opportunità di sviluppo che la realtà può fornire ad una persona. Il modello delineato quindi distingue due grandi categorie di soggetti,
coloro che rientrano nella tipologia definita Languishing, ovvero che “languiscono” in uno stato non consapevole di malessere conclamato, ma in
realtà soggette a questo stato e alla conseguente perdita di qualità sociale, e
Fluorishing, coloro che invece si muovono verso una crescita del livello di
benessere e salute, in cui la variabile di sviluppo individuale e la qualità sociale e dell’ambiente ove vivono ed operano è la chiave di lettura. Keys delinea quindi la possibile strategia per la salute delle persone, ovvero amplia105
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re le capacità di realizzazione dell’individuo, agendo affinché sia possibile
generare un percorso di sviluppo del territorio in grado di fornire i canali di
sbocco per l’effettiva realizzazione delle persone, una strategia utile tra
l’altro a diminuire la spesa pubblica nei settori della sanità e servizi socioassistenziali sia ex-ante che ex-post l’insorgenza di fenomeni di malessere.
Le ricerche hanno quindi portato a coagulare le variabili identificate al
fine di ottenere un quadro concettuale analitico ed unitario, dal quale scaturisce come sia il territorio, nelle sue varie dimensioni, a divenire il principale vettore per la qualità della vita degli individui. È proprio sul territorio
con riferimento agli spazi maggiormente antropizzati come le aree urbane,
che negli ultimi anni le ricerche hanno posto attenzione alla relazione tra
ambiente e benessere degli individui. In particolare due studi di Ballas
(2013) e Florida (2013) illustrano con dovizia di dati come la qualità
dell’ambiente urbano sia elemento portante per la promozione sia del benessere sia della salute degli individui.
Emerge quindi con sempre maggiore evidenza la funzione delle risorse
socio-territoriali nella costruzione del benessere delle persone, ma anche e
soprattutto il ruolo di piattaforma per un welfare comunitario in grado di
configurare la rete di protezione dell’individuo dall’insorgenza di fenomeni
dipendenti, in particolare quelli derivanti dall’assunzione di sostanze psicotrope.
2. Per un approccio ermeneutico: “liberalizzare” il dibattito
Quanto sostenuto assume particolare significato per oltrepassare, quanto
al tema delle dipendenze patologiche, contrapposizioni obsolete quali liberalizzazione vs proibizione delle sostanze d’abuso. Il tema delle dipendenze
può essere affrontato, sia dal punto di vista scientifico sia da quello del senso comune, inserendolo direttamente nella ampia cornice della Public
Health, per sua natura attenta al ruolo del territorio. I riferimenti normativi,
stando al nostro paese, stanno naturalmente nell’art. 32 della Carta Costituzionale, nella 833/78 e nella 328/2000, mentre il riferimento più ampio è da
ricercarsi nel diritto sociale europeo (Santuari, 2014).
Se il centro dell’interesse è la salute del cittadino, numerose sono le sostanze, legali, semilegali ed illegali ad interessare, così come comportamenti compulsivi e coatti (gioco d’azzardo patologico, per tutti) che tuttavia,
tramite la neuroradiologia per immagini, è doveroso considerare come vere
e proprie “sostanze” (ovviamente non chimiche) d’abuso (Cambria, 2004).
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In questo quadro è da considerare che il numero di soggetti coinvolti
nelle dipendenze patologiche, se si considerano anche le sostanze non illegali e le sostanze-non sostanze (le addictions non chimiche), come potremmo chiamarle, in questo periodo storico nel nostro paese, assommano
numeri tanto inquietanti quanto non facilmente approssimabili se non con
stime o, come si è usi, tramite survey.
Dall’uso indiscriminato di benzodiazepine (e dalla prescrizione easy
delle medesime) all’alcol, giusto per citare le evidenze meno discutibili, al
dilagare del gioco d’azzardo in tutte le fasce della popolazione italiana (circa 1500 euro pro-capite per anno, secondo autorevoli stime), la quantità di
popolazione italiana in grado di affrontare la vita senza cogenti forme di
addiction è in vistosa crescita.
Non è peraltro chi non veda il prevalere inevitabile di un atteggiamento
di consumo nel cercare di risolvere, attutire o mitigare ogni difficoltà della
vita tramite il ricorso all’addiction. La logica compulsiva tossicomanica
ben si sposa con il “sistema inespresso di calcolo dei costi” di schumpeteriana memoria, ovvero il principio cardine dell’utilitarismo (“massimo risultato con il minimo sforzo”).
Siamo soliti considerare sostanze d’abuso le droghe tradizionali, per
molti versi con giusta ragione. Il dibattito langue, da oltre trent’anni, pertanto, intorno a politiche proibizioniste o antiproibizioniste. La legislazione
in materia, nel corso degli anni, ha subito modificazioni che, in ogni caso,
sono state influenzate dal prevalente problema delle sostanze d’abuso illegali. Così le politiche messe in campo si sono concentrate prevalentemente
sulle sostanze illecite anche dal punto di vista delle strategie di prevenzione
(peraltro quasi assenti negli anni più recenti). Gli stessi media appaiono attenti ad una lettura del problema delle dipendenze patologiche che si concentra sulle sostanze d’abuso illecite e più diffuse in determinati ambienti
sociali.
Nel frattempo, cioè dagli anni Settanta, le cose si sono complicate e le
abitudini più o meno direttamente tossicomaniche si sono diffuse in strati
vastissimi della popolazione, anche quelli che non hanno mai assunto sostanze illegali. All’alcolismo si sono aggiunti, in modo subdolo e massiccio, gli psicofarmaci, in particolare le benzodiazepine, finendo per estendersi a ogni strato sociale e ad ogni fascia d’età. Il farmaco più venduto in
Italia, esclusi i farmaci da banco ed i salvavita, è appunto una nota benzodiazepina, prescritta con sorprendente leggerezza ed assunta con tranquillo
stato d’animo. I comportamenti tossicomanici, compulsivi e coatti, toccano
ormai una gran parte della popolazione, a partire da addictions non tradi-
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zionali ma non per questo ugualmente produttive di danni non tanto collaterali.
3. Dipendenze e benessere: verso una tassonomia d’insieme
Come delineato nelle sezione precedenti, il fenomeno delle dipendenze
può essere ricondotto all’interno di due fondamentali modelli: il modello
definito come neurobiologico, ovvero collegato alle necessità di tipo psichico e psicologico, e il modello di matrice bio-comportamentale, laddove
la presenza di un determinato ambiente, in termini di caratteristiche territoriali, diviene un potenziale elemento di predisposizione in senso causale rispetto ai fattori di rischio individuali, per il successivo utilizzo di sostanze
di natura psicotropa. È spesso difficile identificare gli elementi di causa effetto in tale processo, ovvero promuovere un ideale ranking degli elementi puntuali, come da esempio condizione sociale e/o famigliare, relazioni,
crisi economica solo per citarne alcune in riferimento alla dimensione biocomportamentale innescanti tale dinamica. Si rende però necessario quanto
meno promuovere una chiara evidenza dei fattori ambientali, sia di rischio
sia difensivi, in grado di proteggere l’individuo dall’insorgenza di tale problematica, in questo precedendo dalla comprensione dei meccanismi che
fungono da base per la dipendenza dalle sostanze psicotrope, per quindi
successivamente evidenziare quali siano gli elementi ambientali in grado di
frapporsi in tali dinamiche sia ex-ante sia ex-post.
Un soggetto che assume una sostanza psicotropa effettua un’esperienza
che genera uno stato di gratificazione che, riconosciuto dai circuiti cerebrali, renderà più semplice il ripetersi dell’evento. La dipendenza è quindi il
risultato dell’interazione tra gli impatti di natura fisiologica che una sostanza attiva nel cervello dell’individuo, insieme a “cause” definibili intrinseche dell’individuo, presenti ex-ante la somministrazione, come nel caso
delle motivazioni ed emozioni. Ecco emergere quindi un dato di analisi su
cui basare le possibili strategie sia di prevenzione sia di cura ex-post, ovvero le aree collegate alle motivazioni ed emozioni, che sono anche identificabili come indicatori della possibile efficienza dell’individuo in termini di
autorealizzazione, tutti elementi che hanno una profonda relazione con
l’ambiente, ovvero con le opportunità di costruzione di un individuo che un
territorio è in grado di fornire. Partendo dall’accezione del benessere di una
persona, è possibile osservare come questa condizione sia espressione più
generale rispetto alla mera risposta ai bisogni primari attraverso il mercato,
e sia correlata prevalentemente con due dimensioni:
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la capacità di realizzare i propri obiettivi;
la presenza delle condizioni ambientali in grado di fornire tali opportunità di realizzazione.
Il principio generale su cui si fonda questa teoria è collegata al concetto
di libertà di Sen (2000), che partendo dall’idea di libertà dirige l’attenzione
sul risultato della relazione tra opportunità ed ambiente in prospettiva di
sviluppo del benessere degli individui. Sen illustra come la libertà delle
persone sia composta da due concetti fondamentali che sono il funzionamento (human functioning) e le capacitazioni (capabilities). Il concetto di
funzionamento riguarda ciò che una persona può desiderare - in quanto gli
dà valore - di fare o di essere. I funzionamenti a cui viene riconosciuto valore vanno dai più elementari, come l’essere nutrito a sufficienza, essere
libero inteso quale possibilità di liberta versus sfruttamento, vivere in un
ambiente sano e non inquinato, avere opportunità di crescita sociale e professionale, a condizioni personali molto complesse come l’avere rispetto di
sé (autostima) e motivazioni. La capacitazione di una persona non è che
l’insieme delle combinazioni possibili di funzionamenti che essa è in grado
di realizzare. È dunque una sorta di libertà: la libertà effettiva di comporre
più combinazioni alternative di funzionamenti, ovvero di modificare e realizzare più stili di vita. Mentre la combinazione dei funzionamenti effettivi
di una persona rispecchia la sua riuscita reale, l’affrancamento dagli impedimenti, l’insieme delle capacitazioni rappresenta la sua libertà di riuscire,
le composizioni alternative di funzionamenti tra cui l’individuo può scegliere all’interno della realtà in cui vive ed opera. Laddove mancano queste
opportunità, ovvero il territorio non sia in grado di fornire adeguati supporti
a tale processo di sviluppo, vengono meno le condizioni per un effettivo
stato di benessere delle persone, con profonde ripercussioni in termini di
impatti sul funzionamento sociale e disagio, che potenzialmente può sfociare in fenomeni di marginalizzazione e dipendenza.
In tale prospettiva, gli elementi ambientali divengono quindi potenziali
determinanti dell’insorgenza della dipendenza, collegati alla presenza di
degrado sociale, povertà, instabilità, cultura sociale, carente presidio del
territorio da parte delle istituzioni sia rispetto, ad esempio, alla dimensione
formativa (educazione, formazione, lavoro), assistenziale, e di sicurezza
nonché alla prevalenza di determinati modelli di sviluppo. A questi si associano poi potenziali determinanti soggettivi, ovvero individuali, come descritti in precedenza, che vengono ad essere amplificati dalla correlazione
con la qualità del territorio rispetto alle dimensioni citate. Non bastano
quindi la presenza in un individuo di caratteristiche come, ad esempio, abilità sociali, competenze, comportamenti autoprotettivi, interesse verso il
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proprio benessere, resistenza alla pressione sociale, per configurare un adeguato livello di benessere in grado di prevenire e/o definire strategie per la
cura dalla dipendenza. Se certamente questi fattori sono una base di partenza importante, è il confronto con la realtà dove un soggetto vive ed opera,
ovvero con l’ambiente, a divenire la piattaforma in grado di amplificare le
potenzialità e le caratteristiche di un individuo. In questa direzione quindi
gli elementi protettivi che un territorio può fornire riguardano ad esempio la
possibile situazione economica e lavorativa, l’essere parte di un gruppo e
quindi di integrazione nel tessuto sociale, il supporto derivante da questo
sia in termini materiali che immateriali, ulteriormente la presenza dei cosiddetti life events che se di matrice positiva sono in grado di definire le
condizioni per aiutare l’individuo a prevenire l’insorgenza degli elementi
che possono condurre alla necessità di attingere a sostanze psicotrope per
uscire da una dimensione ambientale scarsamente soddisfacente, carente in
termini di opportunità e mancante degli elementi in grado di valorizzare
una persona rispetto alla crescita delle capabilities individuali.
Ecco quindi emergere con chiarezza come la qualità del territorio, in tutte le sue dimensioni (economica, sociale, ambientale, culturale) quale strumento di prevenzione e trattamento a livello individuale, nella direzione di
sviluppare il benessere di una persona e protezione dall’insorgenza della
dipendenza.
Conclusioni
Le ricerche nel settore delle scienze sociali hanno dimostrato che gli individui hanno tanto bisogni materiali quanto bisogni relazionali. Mentre la
quasi totalità dei primi possono essere soddisfatti attraverso attività collegate al mercato, per giungere alla soddisfazione dei secondi è richiesto necessariamente la presenza di due elementi, ovvero il coinvolgimento di altre
persone, e dunque una qualche forma di partecipazione sociale, insieme alla
possibilità di realizzare le proprie capacità in un ambiente che fornisca le
opportunità per il miglioramento delle condizioni di vita, lavoro e relazione
dell’individuo. Le società contemporanee, soprattutto quelle dei paesi occidentali, hanno portato i bisogni materiali ad un inedito e particolarmente
elevato livello di soddisfazione. È più difficile affermare che questo modello di sviluppo abbia generato un analogo andamento anche per ciò che riguarda i bisogni relazionali e delle opportunità di sviluppo effettive (non
materiali) degli individui. Da tempo quindi è in atto un dibattito che con
sempre maggiore insistenza vuole promuovere nuovi indicatori che possano
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raffigurare il benessere di un individuo e del territorio, che tengano in considerazione una serie di variabili diverse dalla mera dimensione economica,
come ad esempio la disponibilità di tempo libero, la salute, l’educazione, i
modelli culturali, la qualità della vita comunitaria e in famiglia, la tutela
delle caratteristiche locali, la conoscenza, il benessere psicologico. Sono
questi gli elementi su cui un individuo valuta il suo stato di benessere e la
qualità della vita, che in caso di assenza divengono la causa scatenante di
malessere e possibili patologie come nel caso della dipendenza da sostanze
psicotrope.
Ecco quindi in quale direzione dovrebbe essere indirizzata l’attenzione
delle politiche di welfare per le dipendenze, verso la promozione del benessere, parola che deve essere intesa quale risultato dell’integrazione della
dimensione sociale e di quella della sanità e inserita nel campo della Public
Health. Si tratta di un cambio radicale di paradigma, uno spostamento
dell’attenzione e dell’intervento dalla dimensione ex-post a quella ex-ante,
ricercando le condizioni ottimali per lo sviluppo di un individuo. È questa
una nuova prospettiva pro-attiva per la salute delle persone, correlata al
concetto di sostenibilità dei processi di sviluppo delle società, in particolare
quelle maggiormente industrializzate, che se adottata può divenire una lungimirante strategia indirizzata a promuovere l’incremento del benessere a
livello individuale e collettivo, producendo al contempo un risparmio in
termini economici rispetto ai servizi di prevenzione e trattamento delle dipendenze, quali che siano, come fino ad ora pianificati.
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