Basta saper vedere

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Basta saper vedere
Laura Bertelè
Basta saper vedere
La prevenzione nel calcio
(e in altri sport)
Intuizioni e prove scientifiche
Fondazione Apostolo
Ringraziamenti
Innanzitutto grazie a Carlo, mio marito, senza la sua
passione trascinante, la sua capacità organizzativa e
strategica questo libro non sarebbe nato.
Grazie a Gianni Pedrizzetti e Gianni Tonti, per la loro
disponibilità ad affrontare nuove avventure.
A Marco Panzeri che ancora una volta ha decifrato i
nostri manoscritti.
A Giusi Valent, cara amica, che con sensibilità e
grande professionalità ci ha aiutato a dare una forma alle
nostre intuizioni.
A Davide Carlini, laureato in Scienze motorie,
preparatore atletico formato al metodo Bertelè, antesignano
di una nuova generazione di preparatori atletici, che ci ha
suggerito gli esercizi descritti in questo libro ed eseguito le
fotografie.
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Introduzione
Siamo seduti in cerchio in un’ampia e luminosa sala nel
centro di allenamento che ospita la squadra, una delle
principali del campionato italiano di calcio di serie A.
Lo staff è al completo: allenatori, preparatori atletici,
fisioterapisti, medici.
Sono stata invitata, insieme a mio marito Carlo, dal
presidente della squadra per discutere il problema del loro
“campione”. Conosco il presidente per ragioni
professionali, e un giorno, parlando del primo infortunio
dell’atleta, avevo pronosticato che, se non avessero
modificato la sua preparazione atletica, ben presto sarebbe
incorso nello stesso tipo di trauma: la rottura del tendine
rotuleo.
L’incidente si era poi realmente verificato mentre il
calciatore effettuava una delle sue famose “finte”: un
movimento di scarto per lui assolutamente abituale.
«E lei come se ne sarebbe accorta?» mi chiede il
medico della squadra con aria di scherno. «Guardandolo in
televisione?»
«Esattamente. Basta saper vedere.»
Chiarisco poi quello che già avevo anticipato al
presidente: l’eccessivo potenziamento dei muscoli
posteriori del dorso, e soprattutto dei flessori del ginocchio
e di quelli plantari, aveva comportato nel giocatore
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un’evidente iperlordosi lombare, la rotazione interna del
femore e una rotazione esterna della tibia, sottoponendo il
tendine rotuleo a una trazione eccessiva e fuori asse sul suo
punto di inserzione tibiale.
Si decide così di farmi visitare e trattare il giocatore.
L’appuntamento viene fissato per la settimana successiva.
Quell’appuntamento non è mai avvenuto, perché
inspiegabilmente il medico, all’insaputa del presidente, fece
partire l’atleta tre giorni prima della data prevista. Fu una
decisione incomprensibile che non sappiamo quanto sia
stata determinante per la conclusione del rapporto del
medico con la squadra, avvenuta subito dopo. L’assurdo è
che dopo qualche settimana, durante una trasmissione
televisiva, l’ho sentito predicare: «La causa di questi
infortuni è l’eccessivo potenziamento dei muscoli posteriori
della coscia».
Da allora ho visitato numerosi campioni sportivi di
varie discipline, tra cui nuoto, pallacanestro, pallavolo,
motocross, atletica leggera, oltre ovviamente al calcio. Per
un certo periodo ho seguito la squadra nazionale di sci di
discesa e di fondo, tra l’altro anche nella riabilitazione degli
atleti che avevano subito gravi lesioni a seguito di incidenti.
Ho così avuto modo di osservare che nello sport in
generale la maggior parte dei problemi è dovuta a un
potenziamento muscolare eccessivo, quindi “squilibrato”. In
particolare nel calcio, ho visto troppi ragazzi, giovani e
giovanissimi, con cosce di dimensioni sproporzionate,
vittime di infortuni muscolari e tendinei dovuti ad
allenamenti sbagliati.
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Ogni volta che visitavo un giovane sportivo in cui mi
sembravano lapalissiani gli errori commessi nella
preparazione atletica con rinforzi muscolari assurdi,
riflettevo che era un vero peccato vedere un corpo così
rovinato.
Con mio marito, parlando di incidenti muscolari in
ambito sportivo, osservavamo spesso che sarebbe più
intelligente, sotto vari aspetti, intervenire sulle cause a
monte, ossia sulla preparazione atletica.
L’idea di scrivere questo libro nasce dal desiderio di
suggerire un approccio che, rispettando la morfologia
naturale e la complessità del singolo individuo, riduca il
rischio di incidenti e favorisca lo sviluppo del potenziale di
ciascuno.
Attraverso la spiegazione di alcuni infortuni “celebri”
ed esempi pratici, corredati di fotografie, ho cercato di
fornire qualche indicazione per cominciare a “vedere” e
leggere il corpo. Inoltre nel quinto capitolo gli sportivi
potranno trovare un elenco di esercizi consigliati e altri da
evitare.
Tutte le parti relative al mondo del calcio sono state
scritte in collaborazione con mio marito Carlo: abbiamo
scelto di comune accordo di non fare nomi né di giocatori
né di squadre, anche se alcuni riferimenti sono facilmente
riconoscibili.
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Il corpo e la sua complessità
Ogni parte del corpo ha una sua “voce” che partecipa al
linguaggio corporeo come uno strumento contribuisce a
creare l’armonia di un’orchestra. Il nostro lavoro, come
terapeuti, consiste nel riaccordare tutti questi strumenti tra
loro, affinché la melodia della persona possa esprimersi
liberamente.
Il linguaggio del corpo è un linguaggio analogico: per
coglierlo dobbiamo ascoltare con il cervello destro
intuitivo, non con quello sinistro della logica. Per esempio,
se c’è una patologia del ginocchio, dobbiamo valutare
anche il gomito; per l’anca dobbiamo osservare anche le
spalle e l’articolazione temporo-mandibolare. È importante
leggere sempre i legami fra le varie parti del corpo, le loro
interdipendenze sotterranee, nella finalità costante del corpo
di mantenere l’omeostasi.
Il corpo ci aiuta a trovare, o ritrovare, il nostro
cammino. Con la sua voce di dolori, contratture e a volte
con incidenti apparentemente casuali ci sussurra, dice, o, se
siamo sordi al suo richiamo e non riusciamo o non
vogliamo ascoltarlo, grida in modo anche tragico il nostro
malessere profondo.
Questa visione ampia dell’essere mi è diventata
evidente soprattutto nei primi anni di professione, quando
lavoravo come ortopedica traumatologa in un ospedale
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dell’hinterland milanese. Cercando di comprendere il
messaggio del corpo dei miei pazienti e di alleviarne i
dolori, sono così passata dall’approccio medico “ufficiale”
al metodo di rieducazione posturale (per “liberare” la forma
armonica del corpo) di Françoise Mézières, integrato da
tante altre discipline, tra cui la psicocinetica di Jean Le
Boulch e lo studio delle relazioni tra postura e vista,
occlusione dentale, udito.
Da circa una decina d’anni sono particolarmente
affascinata dalla psiconeuroendocrinoimmunologia ( PNEI),
una nuova scienza che ha verificato come sistema psichico,
neurologico, endocrino, immunologico e apparato digerente
sono interconnessi in una complessa rete di informazioni. È
stata l’alta frequenza di problemi allergici e immunologici
nei pazienti con scoliosi che mi ha portato ad approfondire
questa nuova via della medicina. Altri sintomi di uno
squilibrio di questa rete possono essere problemi ormonali,
affaticabilità fisica e mentale, fino ad arrivare a vere e
proprie patologie neuromuscolari.
Approfondire l’immunologia mi ha quindi portato a
occuparmi in particolare dell’intestino, che produce e dove
sono collocate grandissima parte delle difese: diventa così
determinante identificare quali alimenti ne affaticano e ne
rallentano la funzione. Nutrirsi con cibi a cui si è
intolleranti diminuisce nettamente la forza muscolare;
inoltre, in generale, un’alimentazione iperproteica, e
soprattutto la carne rossa, irrigidisce i muscoli, rendendoli
meno elastici.
Ricordiamo, non ultimo, il lato psicologico legato
all’attività sportiva. Diversi specialisti hanno affrontato
questo aspetto, ed esiste una bibliografia molto ricca al
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riguardo. In tutti i miei libri precedenti ho approfondito il
legame fra emozioni e postura. In ambito sportivo non è
possibile non sottolineare questa relazione: in alcuni
giocatori lo stress aumenta la loro capacità di attenzione,
precisione e forza, mentre in altri provoca un aumento del
tono muscolare, con conseguente difficoltà nel controllo del
movimento e notevole diminuzione del rendimento. Si può
così spiegare come mai alcuni calciatori danno il meglio di
sé nelle gare importanti, mentre al contrario ci sono quelli
che, pur essendo grandi campioni, “sentono” la partita, per
cui la loro performance diminuisce.
Perché ogni gesto sia ottimale è necessario che tutto
l’essere sia in armonia, e che la sua complessità si organizzi
finalizzandosi verso quell’unico obiettivo.
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Le tessere del mio mosaico
Ciascuno di noi nasce con un certo patrimonio genetico, che
costituisce la base di partenza, ma la possibilità di
sviluppare il nostro potenziale è in costante e continua
interdipendenza con l’ambiente in cui viviamo, le scelte che
facciamo o che altri fanno per noi.
Con il passare del tempo mi è diventato sempre più
evidente che problematiche complesse, come le patologie
posturali e neuromuscolari che seguo quotidianamente, non
possono essere affrontate con un approccio semplicistico e
riduttivo. Ogni paziente è un caso a sé, unico e irripetibile,
che va valutato con grande attenzione, perché due sintomi
patologici apparentemente identici, riferiti a due esseri
umani diversi potrebbero essere risolti con due approcci
terapeutici differenti.
Come ama ripetere mio marito, ingegnere
elettrotecnico e inventore, non esistono soluzioni semplici a
problemi complessi. Può sembrare strano che un medico e
un ingegnere siano pervenuti alle stesse conclusioni, ma nel
nostro caso è così. Siamo entrambi convinti che qualsiasi
realtà vada considerata nella sua complessità, e non in
modo semplicistico. Inoltre, crediamo che la rigidità, come
quando si blocca un ponte d’autostrada sugli appoggi o una
colonna vertebrale, è sempre fonte di problemi, perché
rigidità non è sinonimo di stabilità.
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Il metodo “rivoluzionario” di Françoise Mézières
Ritengo importante, a questo punto, richiamare brevemente
i principi di base del metodo di Françoise Mézières, che ho
assimilato lavorando e insegnando per anni al suo fianco, e
che oggi costituiscono il nucleo del mio lavoro, del mio
metodo, del mio insegnamento e del mio approccio alla vita.
Come lei ha visto per prima, ogni giorno verifico che il
corpo è un tutt’uno, per cui ogni movimento, anche piccolo,
in una qualsiasi sua parte comporta degli aggiustamenti,
delle reazioni, delle compensazioni in altre parti, anche
lontane, tanto più i muscoli sono tesi e contratti.
Secondo Mézières, gran parte dei muscoli è
organizzata in insiemi funzionali chiamati catene muscolari,
che sono cinque e si comportano come grandi elastici,
sempre troppo corti e troppo rigidi.
La catena principale è quella posteriore che inizia dalla
nuca, comprende tutti i muscoli dorsali, i glutei, i muscoli
della regione posteriore delle cosce e delle gambe, prosegue
con quelli della pianta del piede e termina con quelli della
regione anteriore della gamba, fino a sotto il ginocchio. La
si può immaginare come un calzettone troppo corto, il cui
bordo superiore posteriore risale fino alla nuca: questo
comporterà un’alterazione della posizione della colonna
(accentuazione delle lordosi o della cifosi, o della scoliosi)
o degli arti inferiori (deformità delle ginocchia e dei piedi;
ginocchia a x, valghe, o a parentesi, vare, piedi piatti o cavi,
dita ad artiglio).
Altre due catene sono quelle degli arti superiori,
formate dai muscoli pronatori e flessori, che ci fanno tenere
il gomito più o meno flesso, le mani più o meno chiuse e
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pronate. Più queste catene sono corte più i gomiti sono
flessi e le mani chiuse a pugno.
Ci sono poi le due catene anteriori: quella superiore, o
catena del collo, che tira la testa in avanti e spinge il mento
verso l’alto (posizione che potremmo chiamare “da
biberon”), e quella inferiore e interiore, composta dal
muscolo del diaframma e da un grosso muscolo che va dalla
regione lombare al femore (muscolo ileo-psoas). Questa
catena accentua la lordosi lombare, cioè la curva a
concavità posteriore della colonna lombare, potenziando
quindi l’azione della catena posteriore; è, inoltre,
responsabile del blocco diaframmatico in inspirazione,
costantemente presente in chi pratica sport o si sottopone a
grandi sforzi, che si traduce in un’ulteriore accentuazione
della lordosi lombare alta, o diaframmatica.
Tutte le catene descritte sono interdipendenti fra loro:
un’azione su un punto qualsiasi di una di esse provoca un
accorciamento in una o più delle altre. Questa reazione è
tanto più accentuata quanto più le catene sono corte e
rigide.
È quindi evidente che non ha senso un lavoro
segmentario sul corpo, che è assurdo potenziare, come
spesso si fa, dei muscoli, come quelli dorsali, che sono già
troppo rigidi e che con la loro forza ci schiacciano. È
sbagliato anche insistere, come si fa correntemente, con
esercizi per sviluppare gli addominali, in quanto le loro
inserzioni posteriori sono in comune con quelle dei muscoli
dorsali, e quindi potenziando i primi si potenziano anche i
secondi.
Secondo Mézières, è sempre sbagliato potenziare i
muscoli delle catene, già troppo rigidi: bisogna invece
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allungarli, e così si ottiene il contemporaneo potenziamento
dei loro antagonisti.
È quindi inutile praticare, per esempio, esercizi mirati
per potenziare i quadricipiti e gli addominali, amati da tutti
gli sportivi, se contemporaneamente non si allungano le
catene che li frenano, impedendo loro di lavorare.
Analogamente è inutile, anzi dannoso, mobilizzare
un’articolazione frenata da muscoli contratti. Come si è già
detto, bisogna, invece, sempre allungare, ammorbidire i
muscoli, agendo sull’insieme del corpo, e liberare così
l’articolazione.
Ho notato in particolare negli adolescenti in fase di
crescita ossea rapida che i muscoli delle catene, poco
elastici, diventano relativamente troppo corti, provocando
deformazioni della colonna vertebrale (lordosi, cifosi,
scoliosi) e degli arti inferiori, soprattutto delle ginocchia.
In generale ho riscontrato, sempre come conseguenza
dell’accorciamento delle catene, patologie della schiena,
deformazioni delle ginocchia, meniscopatie, lesioni dei
legamenti, pubalgie, tendiniti rotulee, del tibiale posteriore
(come quelle che ho curato in due pattinatrici della
nazionale canadese di pattinaggio sincronizzato e che
rischiavano di finire la loro carriera) e del tendine di
Achille, metatarsalgie, necrosi, osteocondrosi dell’apofisi
anteriore della tibia e del tarso (morbo di Kohler).
L’incontro con Jean Le Boulch
Mézières ripeteva che le cause delle problematiche dei
pazienti sono esclusivamente “meccaniche”, anche se poi,
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quando li toccava, era “in loro” con tutta se stessa, corpo,
psiche e anima, pur non avendone coscienza, e il paziente si
alzava completamente trasformato, non solo fisicamente.
L’esperienza quotidiana mi ha ben presto messo
davanti all’evidenza che l’essere umano è un’unità
inscindibile di corpo ed emozione. Questo mi ha portato a
cercare altri metodi che mi aiutassero a comprendere e ad
accompagnare l’altro in tutta la sua complessità. Ho così
iniziato i corsi di formazione in psicocinetica con il
professor Jean Le Boulch, medico, insegnante di
educazione fisica e psicologo. Con lui ho appreso le basi
neurologiche del movimento e della postura, che il controllo
posturale non può essere corticale (volontario), ma deve
essere sottocorticale (automatico). Infatti, non serve
suggerire e imporre una postura oggettivamente più
corretta, se il soggetto non l’ha già integrata nel suo schema
di controllo automatico. È necessario innanzitutto
modificare questo schema aiutandolo a maturare senza
interferenze.
Se Mézières liberava la postura, la finalità della
psicocinetica di Jean Le Boulch è di liberare il movimento
naturale, di trovare l’“aggiustamento libero globale”, cioè la
reazione di aggiustamento spontanea, automatica del corpo
a ogni situazione nuova che deve affrontare. Una volta
avvenuta questa fase di integrazione è possibile inserire
schemi prefissati di movimento e sequenze motorie,
ottenute apportando modifiche graduali con una sola
correzione per volta.
Per questo motivo non si devono mai proporre a
bambini prima dei dodici anni schemi di movimento
stereotipati preordinati, come le lunghe sequenze di certe
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tecniche sportive, quando lo schema posturale e il controllo
automatico del movimento non sono ancora maturi,
altrimenti si rischia di impedire il perfezionamento dei
circuiti sottocorticali.
Correre, giocare all’aperto, arrampicarsi, saltare, sono
invece attività che permettono di maturare spontaneamente,
adattandosi a situazioni sempre nuove e diverse. In questo
modo si educa, e ci si educa; imponendo schemi e
comportamenti condizionanti si addestra. Stare per ore
seduti davanti al computer, immersi in una realtà virtuale,
sviluppa solo alcune capacità, sganciando spesso il cervello
dal corpo.
Nell’educazione in senso lato è fondamentale
preservare l’aspetto ludico, variare il più possibile le attività
motorie e soprattutto scegliere lo sport verso cui il soggetto
è più portato.
Le Boulch suggeriva di mostrare ai bambini i gesti
sportivi eseguiti da ragazzini più grandi e anche da atleti,
perché fossero assorbiti in modo inconscio. Del resto da
secoli i grandi maestri orientali di arti marziali basano i loro
insegnamenti sull’imitazione, mostrando le sequenze e
limitandosi alle correzioni essenziali.
Un consiglio per i genitori che desiderano far praticare
ai propri figli uno sport, e in particolare il calcio, è quindi di
portarli fin da piccoli a guardare le partite, farli giocare con
bambini più grandi, mettere a loro disposizione palle più
leggere e lasciarli esprimere liberamente. L’ideale è trovare
spazi aperti e chiusi in cui si possano esercitare, magari
contro un muro che faccia da “risponditore”.
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L’arte di cedere senza recedere
Praticare per anni il tai-chi, antica arte marziale cinese, mi
ha fatto comprendere l’importanza di sviluppare la
percezione dell’energia interna, anche in vista di uno
scontro fisico. A differenza di quello che si crede
normalmente, che per vincere bisogna essere “forti”, le arti
marziali insegnano a sfruttare l’energia e la forza dell’altro
senza opporre resistenza, come l’acqua che di fronte a una
roccia cede ma non recede. Per poter fare questo, è
necessario rilassare i muscoli non coinvolti nell’azione, in
modo da essere veloci nello spostamento e rapidi nei cambi
di direzione, senza perdere l’equilibrio.
Si può citare in proposito, come esempio, un grande
calciatore di origine slava, praticante di arti marziali, che
grazie a questo nel gioco dimostra capacità atletiche fuori
dal comune, sia come elasticità nei movimenti sia nei
contrasti fisici.
La rete di specialisti con cui oggi lavoro
Per poter affrontare in modo adeguato la complessità del
singolo individuo, nel mio caso il paziente, il naturale
sbocco è stata la creazione nel corso degli anni di una rete
di esperti e colleghi con specifiche competenze: medici
omeopati, omotossicologi, nutrizionisti, dietologi, con cui
collaboro costantemente.
Per le patologie neuromuscolari, un importante punto
di riferimento è l’amica e collega Alba Rosverde Federici,
fisiatra, esperta nel sistema nervoso periferico e nell’esame
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elettrodiagnostico (un esame che rileva elettricamente gli
eventuali deficit muscolari dovuti a sofferenze delle radici
nervose). Insieme al marito neurologo era consulente
dell’ospedale presso cui ho lavorato anch’io. Per una
curiosa coincidenza, ho poi saputo che proprio lei, anni
prima, aveva evitato a Carlo un intervento per ernia discale
lombare, consigliato da un neurochirurgo, primario in un
grande ospedale milanese, perché con il suo esame aveva
rilevato una situazione più complessa, che quell’intervento
avrebbe non solo non risolto, ma addirittura aggravato.
La sua competenza mi ha permesso di chiarire quesiti
diagnostici in situazioni complesse di dolore o deficit
muscolari. Per esempio, ricordo una campionessa di
pallavolo, per vari anni alzatrice della nazionale, che dopo
aver consultato svariati esperti ed essersi sottoposta a cure e
trattamenti, tutti concentrati sulla schiena, è giunta da me
per una lombalgia acuta, attribuita a un’ernia discale
lombare. L’esame eseguito da Alba ha confermato il deficit
di un importante muscolo della spalla, il deltoide, che già
avevo rilevato durante la mia visita, e che nel corso degli
anni aveva provocato un aggiustamento posturale, con
conseguente compensazione a livello lombare. Le sedute di
rieducazione posturale eseguite da un mio allievo hanno
risolto il sintomo.
Per le problematiche relative all’apparato cocleovestibolare, ossia patologie dell’udito e legate all’equilibrio,
è stato ed è fondamentale il supporto del dottor Antonio
Arpini, professore di audiologia, direttore del Centro di
ricerche in bioacustica dell’Università di Milano ed esperto
in particolare dei danni da eccesso di stimolazione sonora.
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I suoi test audiometrici determinano con precisione la
capacità di sentire le frequenze gravi, medie, acute e anche
le ultrafrequenze, permettendo di arrivare a una diagnosi
oggettiva e sicura, e di impostare un eventuale programma
di terapia.
Con lui ho appreso che un rumore forte, cioè sopra i
70-80 decibel, soprattutto a bassa frequenza, viene “sentito”
non solo dall’orecchio ma da tutto il corpo, creando
microlesioni delle cellule della coclea (la parte
dell’orecchio deputata a percepire i suoni e a inviarli al
cervello) e provocando a lungo andare effetti negativi anche
sugli organi interni e sulla postura.
Parallelamente alle relazioni fra postura e udito
bisogna tenere conto di quelle fra postura e vista. Come nel
caso del portiere di calcio di cui parlo nel prossimo
capitolo, deficit di acuità visiva possono essere dovuti a
problematiche legate all’apparato muscolare. In questo
campo collaboro da anni con il dottor Mario Cigada,
oculista e psicoterapeuta, il cui motto è che «l’occhio vede
quello che la persona può e vuole vedere». Nel corso del
tempo abbiamo accompagnato insieme decine di pazienti,
che il dottor Cigada ha aiutato, con esercizi rieducativi della
muscolatura intorno agli occhi e l’uso di lenti, affinché
“allargassero” la propria visione sul mondo.
Nell’estate del 2007, parlando con gli amici colleghi
odontoiatri e gnatologi Veronica Vismara e Antonio Busato
delle relazioni che avevo notato negli adolescenti tra il
peggioramento della scoliosi e l’applicazione di un
apparecchio ortodontico fisso, abbiamo definito insieme un
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protocollo di ricerca. Avevo inoltre osservato che tutti
presentavano o un movimento della lingua non corretto
(una posizione troppo bassa, o interposta tra le arcate, o una
deglutizione comunque atipica) o una rotazione della
mandibola, oltre a una malocclusione.
Negli anni successivi questa ricerca, da loro effettuata
gratuitamente, ci ha consentito di valutare in modo
approfondito, dal punto di vista della postura,
dell’occlusione, della struttura osteofacciale e della
funzione dei muscoli periorali, centoventi adolescenti con
scoliosi: per ognuno abbiamo raccolto più di duecento dati.
I risultati si possono vedere sul sito <http://www.vismarabusato.it/>.
Abbiamo rilevato che spesso nel corso del trattamento
ortodontico vengono inseriti vincoli di rigidità che
compromettono l’elasticità dell’organo masticatorio e la sua
capacità di deformarsi reversibilmente. Per eliminare questi
vincoli, Antonio ha brevettato dispositivi e soluzioni che si
sono dimostrati molto efficaci.
Veronica ha invece messo a punto un metodo di
rieducazione funzionale del cavo orale, cioè dei muscoli
della masticazione e della lingua, che tiene conto anche dei
blocchi psicoemotivi.
L’alta frequenza di problemi allergici e immunologici
nei pazienti mi ha portato ad approfondire le relazioni tra
sistema immunitario e controllo neuromuscolare. Ne ho
parlato con mio cugino, il professor Paolo Bellavite,
referente italiano per l’Organizzazione mondiale della
sanità riguardo alle medicine complementari, che a sua
volta ha coinvolto il professor Riccardo Ortolani, direttore
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del dipartimento di immunologia dell’ospedale Borgo Roma
di Verona, all’avanguardia nella ricerca immunologica.
Riccardo ci ha proposto un protocollo di esami che tra
l’altro consente, con un semplice prelievo di sangue, di
valutare novantacinque parametri delle popolazioni
linfocitarie. Ogni parametro viene messo a confronto con un
database in cui confluiscono i dati di altri ospedali a livello
internazionale.
Raccomando di fare questo esame già alla nascita,
perché permette di cogliere segnali di una fragilità del
sistema immunitario che sconsiglierebbero di effettuare le
vaccinazioni polivalenti. Per l’interpretazione degli esiti, e
le cure successive ed eventuali approfondimenti, mi affido
agli specialisti con cui collaboro, tra cui: per i bambini e gli
adolescenti la dottoressa Ivana Basile, specialista in igiene e
omotossicologia; per gli adulti la dottoressa Maria Sarah
Trabucchi, specialista in immunologia, allergologia,
omeopatia, agopuntura.
Approfondire l’aspetto delle difese immunitarie mi ha
portato inevitabilmente ad occuparmi dell’intestino, dato
che la grandissima parte di queste difese è prodotta proprio
lì; diventano quindi determinanti gli alimenti che ne
affaticano e ne rallentano la funzione.
Dalla collaborazione con Maria Sarah è emersa
l’importanza di definire l’HLA, DQ2 e DQ8, cioè la
predisposizione genetica specifica dell’intolleranza o
dell’ipersensibilità al glutine. Abbiamo notato che questo
esame è positivo in molti disturbi complessi, come le
patologie autoimmuni (per esempio la tiroidite), allergiche
o virali cronicizzate, in particolare da Epstein-Barr, virus
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della mononucleosi, o da Herpes Zoster, virus della
varicella e del fuoco di Sant’Antonio. Queste infezioni
virali indeboliscono e abbassano ulteriormente le difese
immunitarie,
creando
a
volte
situazioni
di
immunodepressione.
Anche nel caso di disturbi muscolari e articolari
complessi di difficile inquadramento diagnostico, queste
problematiche sono presenti in un’alta percentuale che non
può essere considerata casuale.
Negli anni la rete attorno a me e di cui faccio parte si è
estesa fino a comprendere altri medici omeopati,
omotossicologi, nutrizionisti e dietologi, che accompagnano
i pazienti.
A livello di cura, il mio metodo può essere affiancato
con massaggi, in particolare quelli linfodrenanti,
l’osteopatia cranio-sacrale, la riflessologia plantare, lo
shiatsu e i metodi di educazione alla percezione, come la
psicocinetica, il metodo Feldenkrais, il metodo Bertherat.
Mi è sempre più chiaro che per problematiche
complesse, come le patologie posturali e neuromuscolari
che seguo quotidianamente, è necessario evitare un
approccio semplicistico e riduttivo: come ho già rilevato,
due sintomi patologici che sembrano identici, riferiti a due
esseri umani diversi, possono richiedere approcci
terapeutici differenti.
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Lo sport attraverso i miei occhi
Storia di un’avventura
Nel 2011 ho ricevuto una proposta di collaborazione con
una squadra di calcio a livello professionistico che ho
accettato, anche per l’interesse di mio marito appassionato
fin da ragazzo di questo sport, e che è iniziata con le visite
di ventiquattro giocatori. Dagli esami obiettivi è risultato
che ben ventitré atleti manifestavano la stessa problematica:
spalle risalite, appoggio dei piedi prevalente sulla parte
esterna, iperlordosi lombare e conseguente antiversione del
bacino, rotazione interna dei femori e rotazione esterna
delle tibie con conseguente eccesso di pressione della rotula
sul condilo esterno del femore.
Gli stessi preparatori atletici ci hanno chiarito la causa
della postura mostrandoci l’attrezzatura della palestra che i
calciatori utilizzavano con assiduità, e rivelandoci che gli
allenamenti finivano spesso con un centinaio di flessioni
sulle braccia.
Tra i giocatori che ho visto c’era il portiere titolare. Il
presidente mi aveva già anticipato che a suo avviso l’atleta
faticava a valutare la traiettoria dei tiri provenienti da
lontano. Il test di screening delle catene anteriori ha
evidenziato
problemi
di
convergenza
oculare,
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successivamente confermati dal nostro collega e amico,
l’oculista Mario Cigada, dovuti a un’eccessiva rigidità dei
muscoli paracervicali.
Mi hanno poi chiesto di visitare un ragazzo,
considerato una promessa, che dicevano affetto da una
pubalgia resistente a qualsiasi cura. Basandomi sui sintomi
da lui descritti, seguiti dall’esame obiettivo e neurologico,
ho dedotto che si trattava di una meralgia parestesica
dovuta a uno squilibrio del bacino, secondario a una frattura
della mandibola risalente all’anno precedente. La meralgia è
stata curata con successo, anche se solo quattro mesi dopo,
con infiltrazioni sottocutanee di rimedi omotossicologici, e
il quadro si è risolto.
È stata proprio la situazione del settore giovanile,
riscontrata dall’accurato lavoro svolto presso la squadra dai
nostri due fisioterapisti e dal nostro preparatore atletico, a
rafforzare in me la convinzione della necessità di
modificare la preparazione atletica attuale e di diffondere
un altro tipo di approccio al corpo.
Purtroppo il preparatore atletico e il fisioterapista
della squadra in questione si sono arroccati sulle loro
posizioni, rifiutandosi di mettere in discussione il proprio
operato: il diverso tipo di approccio e di valutazione da noi
proposto, invece di diventare un’occasione di
approfondimento e di confronto, ha portato a un ulteriore
irrigidimento da parte loro.
L’avventura ha avuto, ben presto, una fine per
problemi che con il calcio, in quanto gioco, non hanno nulla
a che fare.
Questa esperienza mi ha convinto ancora di più
dell’importanza del calcio come possibile esempio
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“positivo”, perché grazie al suo forte richiamo può
diventare un ineguagliabile momento educativo per i
giovani ed essere per loro fonte di speranza. Per questo
motivo l’ho preso come esempio nel libro, anche se per
quanto riguarda il discorso sul potenziamento muscolare
poco cambia passando ad altri sport.
Il perché di alcuni infortuni
In particolare nei calciatori, la postura e la corsa permettono
già di capire se i muscoli sono stati potenziati in modo
errato.
Spesso Carlo mi chiama per vedere la dinamica degli
infortuni di qualche calciatore. Le cause sono tristemente
ripetitive: un eccessivo potenziamento dei dorsali, dei
bicipiti femorali, dei flessori del ginocchio e dei flessori
plantari, senza che sia stato fatto un corretto riequilibrio con
un lavoro sui muscoli antagonisti.
Una volta ho assistito all’incidente di un grande
campione e capitano di un’importantissima squadra di serie
A, avvenuto durante l’iperestensione verso l’alto della
gamba nel tentativo di controllare il pallone. Un infortunio
causato anche in questo caso dal disequilibrio dei suoi
muscoli dovuto all’allenamento, e non, come mi è capitato
di sentir dire da un commentatore televisivo, perché l’atleta
aveva muscoli non adeguati ai propri tendini.
Mi ha colpito il fatto che un altro famosissimo
calciatore abbia riportato una ventina di incidenti muscolari
in pochissimi anni, spesso non dovuti a estensioni o scatti
repentini ma a un semplice cambiamento di direzione o
durante la corsa. La sua postura mostrava un’evidentissima
27
iperlordosi lombare, con antiversione del bacino e glutei
ipertrofici.
Rapporto tra denti e postura
Di recente ho visitato un ragazzo di dodici anni che gioca
nel settore giovanile di una squadra di serie A. Dall’esame
obiettivo ho rilevato che le spalle erano asimmetriche, la
regione lombare in iperlordosi, il bacino traslato e risalito
per una scoliosi lombare.
Al ragazzo era stato messo un apparecchio ortodontico
l’anno precedente e i test delle catene anteriori e di
Nahmani risultavano positivi per un’influenza discendente
dalla bocca, che comportava la rigidità di un’anca. Ho
quindi prescritto che il ragazzo poteva praticare il calcio,
ma sconsigliavo di potenziare i muscoli dorsali già
ipertonici (flettendosi in avanti con il tronco le dita
arrivavano a diciassette centimetri dal pavimento) e gli
addominali.
La madre ha consegnato le mie indicazioni scritte al
preparatore atletico che, non volendo avere limitazioni di
sorta e rifiutando qualsiasi contatto con me, ha
immediatamente escluso il ragazzo dagli allenamenti.
Questa scelta drastica dimostra un atteggiamento,
frequente nell’ambiente sportivo, che tende ad applicare
rigidamente regole e protocolli prestabiliti, sia in campo
fisiologico e neuromotorio sia in campo psicologico e
comportamentale, creando sofferenza negli atleti e in chi li
circonda.
28
Le pressioni “esterne” sull’atleta
In certi casi gli infortuni possono manifestare un disagio
perché l’attività sportiva prescelta rappresenta la
realizzazione dei sogni dei genitori, o perché l’ambizione di
preparatori atletici e dirigenti sportivi esercita una pressione
eccessiva sugli atleti affinché ottengano risultati.
Il caso più eclatante che mi è capitato anni fa è stato un
campione italiano di nuoto, stile libero. Era venuto da me
per una lombalgia acutissima, che lo bloccava
completamente. Durante i trattamenti è emerso che sentiva
“pesanti” gli allenamenti imposti e diretti dal padre, il quale
aveva riversato su di lui il proprio sogno fallito di
primeggiare nel nuoto.
L’anno scorso ho visitato una giovane pallavolista,
schiacciatrice, per una lombalgia e un dolore alla spalla.
Dopo un ciclo di quindici sedute di rieducazione posturale,
i sintomi erano scomparsi e all’esame obiettivo della visita
di controllo la postura risultava più armonica. A quel punto
la madre, ipercritica perché ex pallavolista, mi ha riferito
che nel gioco la ragazza era come “rallentata”, i suoi riflessi
risultavano “opachi”, si stancava facilmente e doveva
dormire molte ore al giorno per recuperare, inoltre
presentava cali di attenzione anche negli studi. Sapendo che
questi possono essere i segnali di un’alterazione nella rete
PNEI, in particolare dovuti a un’intossicazione da glutine
con possibile successiva infezione da Epstein-Barr (virus
della mononucleosi), le ho prescritto una visita dalla
dottoressa Maria Sarah Trabucchi, immunologa e
allergologa.
29
30
4
Visita e cure
Il momento essenziale del metodo che pratico e insegno è
l’esame obiettivo, appreso da Mézières. Si tratta di una
metodologia di osservazione del corpo che permette di
“fotografare” la situazione di quel corpo in quel momento.
L’esame obiettivo
Per un occhio esperto, l’esame richiede pochissimi minuti, e
dopo che abbiano frequentato il mio corso di formazione
può essere eseguito da fisioterapisti, ma anche da
massaggiatori, preparatori atletici e allenatori. Si osserva il
paziente in stazione eretta, spogliato, a piedi uniti, prima di
spalle, poi di fronte e infine di profilo, annotando su
un’apposita scheda tutti i dettagli che non sono conformi
alla morfologia ideale di quel corpo.
In questo modo si possono identificare con
tempestività problemi posturali che possono richiedere
sedute di riequilibrio o, nei casi più seri, la necessità di
visite specialistiche.
Si comincia osservando la posizione e l’appoggio dei
piedi, la forma degli arti inferiori, in particolare la rotazione
delle ginocchia, la morfologia del tronco, l’asse della
colonna vertebrale, l’allineamento delle scapole e delle
spalle, che non devono essere né risalite né ruotate, le
31
braccia, che non devono essere né rigide né flesse, e la
posizione della testa, che non deve essere anteposta ma in
asse.
Gli stessi criteri di valutazione possono essere
utilizzati analizzando l’atleta in movimento.
Gli strumenti elettronici attuali permettono di fare
facilmente le fotografie nelle quattro posizioni descritte e
archiviarle con i dati del paziente e il tipo di lavoro
effettuato.
Riportiamo a fine capitolo alcuni esempi di lettura del
corpo, secondo i criteri dell’esame obiettivo. Ricordiamo
che la morfologia ideale non esiste: ogni corpo presenta le
proprie disarmonie, corrispondenti all’essere di quel
momento.
La visita fisiatrica
La visita dell’atleta prevede un’anamnesi approfondita,
soprattutto per quanto riguarda l’aspetto traumatologico e
ortopedico, visionando le documentazioni mediche e
diagnostiche precedenti.
Dopo l’esame obiettivo sopra descritto, completo
l’osservazione con l’atleta chinato in avanti e poi sdraiato in
posizione supina. Infine osservo e misuro la mobilità delle
articolazioni del corpo, specie quelle interessate dal
sintomo: ad esempio, per le ginocchia valuto la presenza di
eventuali lesioni dei menischi e dei legamenti, per le anche
la mobilità con l’arto inferiore flesso ed esteso. Nei casi in
cui sospetto una patologia neurologica completo la visita
32
con l’esame neurologico (riflessi osteotendinei, sensibilità
tattile e dolorifica, forza muscolare).
Registro nella scheda dell’atleta tutte le osservazioni e
le misurazioni effettuate, fra cui la distanza dei vari
segmenti vertebrali dal filo a piombo, gli eventuali angoli di
rotazione del bacino, delle spalle e del capo, lo strapiombo
alla linea interglutea e all’intercalcaneare.
In posizione di flessione anteriore controllo i gibbi e le
distanze delle dita della mano dal suolo. In posizione
supina: gli angoli di rotazione del capo, della cintura
scapolare e pelvica, la posizione degli arti inferiori.
I test di screening
Per capire se l’atleta può avere problemi di vista, di
occlusione o di udito eseguo semplici test di screening che
mi permettono di rilevare l’eventuale necessità di
approfondimenti clinici da parte degli specialisti di
competenza.
VISTA
I cosiddetti strabismi latenti, o più precisamente forie,
possono influenzare in modo determinante la postura.
Per identificarli, osservo il paziente mentre parla,
controllando se gli occhi hanno problemi di convergenza, o
se la persona tiene il capo inclinato o ruotato. Eseguo poi il
test delle catene anteriori: con il paziente supino, gli arti
inferiori estesi, occhi chiusi e bocca aperta, valuto
l’intrarotazione, facendo ruotare le caviglie con le mani.
33
Un’eventuale limitazione monolaterale nella rotazione può
essere segno di una problematica coxofemorale.
A questo punto chiedo al paziente di aprire gli occhi,
sempre tenendo la bocca aperta per eliminare l’influenza
dell’occlusione sul tono muscolare, e di guardare lontano,
per esempio il soffitto; poi di fissare qualcosa di vicino,
come uno scritto a una ventina di centimetri di distanza
dagli occhi. Quando ci sono problemi di visus di un occhio
o di coordinazione dell’attività dei muscoli oculomotori,
l’intrarotazione di un arto inferiore si blocca.
Per avere conferma del deficit di controllo del
movimento oculare eseguo poi il cover-test, il test di
inseguimento e il test con lo strumento Maddox.
OCCLUSIONE
Sempre con il test dei rotatori verifico l’influenza
dell’occlusione sulla postura. Osservo la posizione e il
movimento della mandibola e dell’articolazione temporomandibolare, sia a bocca chiusa sia durante l’apertura,
tenendo due dita sulle due articolazioni, e seguendone il
movimento. Proseguo ricontrollando la rotazione interna
degli arti inferiori con il soggetto a occhi chiusi, prima a
bocca aperta e poi a bocca chiusa, dopo averlo fatto
deglutire.
Se il test dei rotatori rivela un problema occlusale,
cerco conferma con il test di Nahmani: chiedo al soggetto di
marciare a occhi chiusi sul posto, prima a bocca aperta (o
con dei rotolini di cotone fra le arcate dentali), poi a bocca
chiusa dopo due deglutizioni. Il sospetto di un problema
posturale “discendente”, cioè influenzato o dipendente da
34
una malocclusione, è confermato se il soggetto, a bocca
chiusa, ruota su se stesso più di venti, trenta gradi.
Con questo test emerge che è sufficiente un
precontatto o una scorretta posizione della mandibola –
congenita, post-traumatica o più frequentemente secondaria
all’apparecchio ortodontico messo in età infantile – per
irrigidire la muscolatura della catena posteriore di un lato
del corpo.
Riportiamo a fine capitolo alcune immagini relative al
test dei rotatori.
UDITO
Durante la visita osservo se la postura del paziente rivela
difficoltà di udito, per esempio se la persona offre un lato
del capo, spinge la testa in avanti per ascoltare e chiede
spesso di ripetere la domanda. In questi casi, o se il paziente
mi riferisce delle difficoltà soggettive di udito, consiglio di
effettuare l’esame audiometrico, preferibilmente dal
professor Arpini che ha apparecchiature d’avanguardia.
PSICONEUROENDOCRINOIMMUNOLOGIA
In particolare, in presenza di disturbi complessi di cui è
difficile inquadrare l’eziologia, nel corso della visita
approfondisco con domande mirate anche il funzionamento
dell’intestino, delle difese immunitarie, degli organi
endocrini e del sistema nervoso.
35
CALCIO – DILETTANTE – ANNI 11
Spalla sinistra
risalita
Punta delle scapole
sporgenti
Bacino lievemente
risalito a sinistra
Cosce a contatto
Ginocchio sinistro
in recurvatum
Ginocchia
intraruotate
Più il sinistro
Calcagni vari
Capo lievemente
ruotato a destra
Femore destro
ruotato
Rotazione esterna
tibia destra
Rotazione esterna
della caviglia destra
36
Capo anteposto
Spalla destra
antiversa
Iperlordosi lombare
Emibacino destro
nettamente antiverso
Tronco obliquo
in avanti
Emibacino sinistro
meno antiverso
37
ATLETICA – LANCIO DEL PESO – ANNI 13
Iperlordosi lombare
Bacino lievemente
risalito a sinistra
Cosce a contatto
Calcagno sinistro
pronato
Calcagno destro
supinato
Capo lievemente
inclinato a destra
Spalla sinistra
risalita
Femore destro
intraruotato
Ginocchio sinistro
in recurvatum
38
Capo anteposto
Spalla destra
antiversa
Emibacino destro
antiverso
Regione cervicale
accorciata (più che a
destra)
Spalla sinistra meno
antiversa
Emibacino sinistro
meno antiverso
39
CALCIO – GIOVANISSIMI NAZIONALI – ANNI 14
Spalla sinistra di
poco più alta
Spalle antiverse
Iperlordosi lombare
Ginocchio sinistro
in recurvatum
Ginocchia vare
Calcagni vari
Più a destra
Bacino risalito
a destra
40
Capo anteposto
Spalla destra più
antiversa
Emibacino destro
più antiverso
Spalla sinistra
meno anteposta
Emibacino destro
meno anteposto
41
CICLISMO – DILETTANTE – ANNI 15
Spalle risalite
Arti superiori
scostati
In lieve valgismo
Ginocchio sinistro
in recurvatum
Ginocchia
intraruotate
Più a destra
Calcagni vari
Spalla destra risalita
Tronco ruotato a
sinistra
Bacino lievemente
ruotato a sinistra
Femore destro
intraruotato
Tibia destra
extraruotata
42
Capo anteposto
Spalla destra
antiversa
Emibacino antiverso
Spalla sinistra meno
antiversa
Corpo obliquo
in avanti
Iperlordosi lombare
Emibacino meno
antiverso
43
CALCIO – DILETTANTE – ANNI 17
Capo lievemente
inclinato a destra
Scapola sinistra
risalita
Margine vertebre
delle scapole
scollato
Lordosi
interscapolare
Iperlordosi lombare
Tibie e ginocchia
vare
Tibie e ginocchia
ruotate all’interno
Più a sinistra.
Appoggio più a
sinistra
Calcagni vari
bilateralmente
Spalla destra
lievemente risalita
Bacino lievemente
risalito a destra
44
Capo anteposto
Antiversione
emibacino destro
Spalla sinistra
meno antiversa
Emibacino sinistro
meno antiverso
45
MULTISPORT – AMATORIALE – ANNI 18
Lieve rotazione del
capo a sinistra
Spalla sinistra
risalita
Punta scapola
destra sporgente
Ginocchia
modestamente vare
Più a sinistra.
Maggior appoggio a
sinistra
Piedi
tendenzialmente
pronati
Bacino lievemente
traslato e risalito
a destra
Bacino lievemente
ruotato a sinistra
Tibie extraruotate
Più a sinistra
46
Spalla destra
più antiversa
Lievissima
iperlordosi
Emibacino destro
più antiverso
Spalla sinistra
meno antiversa
Emibacino sinistro
meno antiverso
47
ATLETICA LEGGERA (400 ostacoli) – ANNI 18
Più a sinistra
Spalle risalite
Rotazione interna e
lieve varismo delle
ginocchia
Ginocchio sinistro
più in recurvatum
Calcagni vari
nettamente più a
sinistra
Appoggio più a
destra
Lieve rotazione a
sinistra del capo
Bacino lievemente
risalito a destra
48
Capo anteposto
Spalla destra
nettamente antiversa
Iperlordosi lombare
Emibacino destro
più antiverso
Bacino anteposto
Spalla sinistra
meno antiversa
Emibacino sinistro
meno antiverso
49
BASKET – DILETTANTE – ANNI 18
Spalla sinistra
risalita
Bacino risalito
a destra
Ginocchio sinistro
in recurvatum
Ginocchia
modestamente vare
Più il sinistro
Calcagni vari
Capo ruotato
a sinistra
50
Capo lievemente
anteposto
Spalla destra
antiversa
Iperlordosi lombare
Spalla sinistra
meno antiversa
Emibacino
meno antiverso
51
ATLETICA – MEZZOFONDO – ANNI 22
Spalla sinistra
risalita
Emibacino risalito e
traslato a sinistra
Adduttori contratti
Cosce serrate
Ginocchio sinistro
in recurvatum
Ginocchia
intraruotate
Maggior appoggio
a sinistra
Calcagni vari
Spalle risalite
Più la sinistra
Rotula destra
lateralizzata
Più la destra
Tibie extraruotate
Caviglia destra
extraruotata
52
Capo in leggera
retroversione
Spalla destra
antiversa
Emibacino destro
più antiverso
Ipertrofia dei
flessori della coscia
Spalla sinistra
meno antiversa
Emibacino sinistro
meno antiverso
53
CALCIO – AMATORIALE – ANNI 28
Spalla sinistra
risalita
Spalle antiverse
Ginocchio sinistro
tende al recurvatum
Ginocchia
intraruotate
Più il sinistro.
Appoggio maggiore
a sinistra
Calcagni vari
Capo in lieve
inclinazione a
sinistra
Gomiti in lieve
flessione
Arti superiori
scostati
Più il sinistro
Più la destra
Mani in pronazione
54
Capo anteposto
Spalla nettamente
antiversa
Tronco inclinato
in avanti
Iperlordosi lombare
Emibacino destro
nettamente antiverso
Spalla sinistra
meno anteposta
Emibacino sinistro
meno anteposto
55
TENNIS – AMATORIALE – ANNI 32
Spalla sinistra più
risalita
Più a destra
Punte scapole
sporgenti
Dorsali molto
accorciati
Più quelli a sinistra
Rotatori esterni
contratti
Ginocchio sinistro in
recurvatum
Ginocchia vare
intraruotate
Più a sinistra
Calcagni vari
Capo lievemente
ruotato a sinistra
Lieve rotazione del
tronco a sinistra
Gomito destro
lievemente flesso
Bacino risalito a
destra
56
Capo modestamente
anteposto
Spalla destra
nettamente antiversa
Iperlordosi lombare
Antiversione del
bacino
Spalla sinistra
meno antiversa
Emibacino
meno antiverso
57
Test di screening dei rotatori
Esame negativo.
Non ci sono
interferenze
discendenti
da vista o
occlusione
e la mobilità
delle anche
è simmetrica
Esame positivo.
Interferenza
discendente
per vista o
occlusione
per un problema
dell’anca destra
58
Le cure
I trattamenti di rieducazione posturale secondo il mio
metodo possono essere eseguiti da uno, due, tre o anche
quattro operatori, a seconda della necessità.
Ogni seduta inizia, come si è detto, con l’esame
obiettivo del paziente in stazione eretta, esame che viene
poi ripetuto alla fine del trattamento, per verificarne
l’efficacia.
La rieducazione avviene su un lettino da noi
progettato, con due prolungamenti mobili apribili a
centottanta gradi, in corrispondenza delle braccia. Nella
postura di base (messa in asse) il paziente viene trattato in
posizione supina: lo scopo primario è allungare, tramite
posture e massaggi di stiramento, le catene muscolari, in
modo che non frenino più le articolazioni, e gli altri muscoli
possano riprendere la propria funzione e ricuperare il tono
perduto. Si sciolgono così tutti quei “nodi” che sono
dannosi per articolazioni, tendini, legamenti, dischi e
menischi.
Compito del terapista è andare a caccia delle
compensazioni per scoprire la vera origine del problema e
nei casi più gravi risalire, facendosi guidare dal corpo, la
catena degli aggiustamenti che il paziente ha messo in atto
inconsciamente per riuscire a sopportare i dolori originali, e
originanti. Durante tutto il trattamento il terapista deve
correggere le compensazioni che il corpo via via trova per
sfuggire all’allungamento: il corpo, infatti, non sopporta
costrizioni (che siano apparecchi ortodontici, plantari,
corsetti, stiramenti) e cerca sempre di sfuggire,
contorcendosi.
59
Il terapista è innanzitutto un mezzo attraverso cui il
paziente può imparare ad ascoltare il proprio corpo.
L’intervento a livello di prevenzione, soprattutto nello
sport, ha tanto più successo quanto più l’intesa tra terapista
e atleta è buona, permettendo a quest’ultimo di identificare,
valorizzare e potenziare le qualità fisiche e tecniche innate.
È importante far capire che nascondere i problemi, anche
piccoli, per la paura di non giocare può essere
controproducente e dannoso per la propria salute.
Seguono immagini di trattamenti Bertelè a uno o più
terapisti.
60
Trattamento a un terapista (trazione della testa)
Trattamento a due terapisti
61
Trattamento a tre terapisti
Trattamento a quattro terapisti
62
5
Uno sguardo sul calcio giovanile
Ho scelto di prendere il calcio, dietro suggerimento di
Carlo, come esempio su cui fare delle valutazioni pratiche
relative all’apprendimento e alla preparazione atletica, con
una particolare attenzione alla prevenzione.
Tecniche di apprendimento
Le Boulch mi ha insegnato che l’apprendimento per
imitazione è fondamentale, in quanto avviene a livello
sottocorticale e crea una serie di automatismi che
costituiscono il patrimonio di base per il giovane calciatore.
Se si dà una palla a un gruppo di bambini, questi si
mettono spontaneamente a rincorrerla. Carlo dice che già a
questo stadio si può notare chi dimostra di avere particolari
attitudini naturali.
Tattiche e schemi di gioco, invece, esigono presenza e
attenzione, e vanno quindi insegnati a ragazzi che abbiano
già sviluppato la motricità naturale.
In tanti libri sull’insegnamento del gioco del calcio,
scritti per giovani e giovanissimi, vengono indicati molti
esercizi. La nostra preferenza va soprattutto a quelli in cui i
giocatori, correndo con scatti brevi, devono controllare la
palla al piede in percorsi sia senza ostacoli sia con ostacoli
posizionati ogni volta in modo diverso. Oltre a utilizzare
63
palloni più leggeri per i più piccoli, sarebbe consigliabile,
negli allenamenti, usare anche palle non perfettamente
sferiche per stimolare i riflessi del ragazzo.
Un altro modo per mettere il giocatore in situazioni
sempre nuove, così che apprenda a reagire velocemente,
potrebbe essere farlo giocare, da solo o in coppia, in un
campetto simile a quelli da squash, quadrato, circondato su
tre lati da pareti alte due o tre metri: rimanendo all’esterno
del lato aperto, i giocatori dovranno calciare il più
rapidamente possibile e ribattere il rimbalzo.
La superficie della parete di fondo può essere liscia, o
resa irregolare da elementi accessori, così che il ritorno del
pallone non sia prevedibile.
Per aumentare il divertimento e avere riscontri delle
capacità individuali si possono mettere sulla parete di fondo
dei bersagli in posizione strategica che registrino il numero
di tiri andati a segno e, volendo, anche la loro potenza.
Un grande campione ha rivelato di aver raggiunto la
grande precisione nei calci di punizione per cui è famoso,
esercitandosi da bambino a colpire con una palla di
gommapiuma un bersaglio al di là del divano nel soggiorno.
Con gli esordienti (dai dieci ai dodici anni) si può
iniziare a introdurre l’insegnamento di sequenze motorie,
secondo i principi dell’apprendimento per imitazione; per
esempio, tecniche di difesa del pallone, marcatura
dell’avversario, tempismo nell’anticipo, posizionamento
corretto nello scontro fisico, smarcamento, “attacco” degli
spazi e inserimenti repentini, con la finalità di far diventare
queste azioni sempre più automatiche.
Con il passaggio alle categorie superiori si cominciano
a insegnare la tattica e gli schemi di gioco, in cui il
64
controllo è soprattutto corticale. La ripetizione continua di
alcuni schemi di base, seppure noiosa, li rende automatici.
Per quanto riguarda l’allenatore di un settore giovanile,
la valutazione delle sue capacità non dovrebbe basarsi sul
numero di vittorie che ha ottenuto la squadra, ma piuttosto
da quanti ragazzi è riuscito a far progredire con successo,
valorizzando il loro talento naturale. Un buon vivaio, tra
l’altro, contribuisce ad aiutare, anche economicamente, la
società sportiva.
Principi per una preparazione atletica equilibrata
Mi capita spesso di sentir ripetere, anche da esperti in
campo sportivo, che “i muscoli vanno sempre rinforzati”. Si
tratta di un’affermazione erronea e priva di fondamento,
Ciò di cui siamo convinti, e che con questo libro
vogliamo dimostrare, è che per “creare” buoni giocatori di
calcio non bisogna aumentare a dismisura le loro masse
muscolari, come molti atleti, i loro allenatori e i loro
preparatori atletici hanno fatto e continuano a fare.
Sono assolutamente da evitare gli esercizi di rinforzo
prima dei dieci anni. Soprattutto nei bambini, una
muscolatura rigida o non equilibrata si traduce in una
postura caratterizzata da spalle curve e risalite, scapole
alate, iperlordosi lombare, addome in avanti, ginocchia vare
o valghe, e piedi piatti o cavi. È importante individuare
prima possibile questi problemi e intervenire per
riequilibrare la postura.
Come si è visto anche nel paragrafo precedente, è
importante sviluppare la capacità di controllo del pallone, la
rapidità, i riflessi, la precisione, l’agilità: tutte doti che
65
possono essere compromesse, anche irreversibilmente, se il
sistema muscolare viene eccessivamente squilibrato con
esercizi di potenziamento scriteriati.
Gli specialisti dei tiri di punizione, per esempio,
difficilmente hanno cosce particolarmente sviluppate. Si
tratta di un gesto tecnico di alta precisione e difficoltà,
perché è necessario colpire il pallone con effetto e potenza,
in modo che superi la barriera avversaria e centri la porta.
Perché il quadricipite rilasci la massima potenza al
momento dell’impatto, non deve essere frenato dai suoi
antagonisti (in particolare bicipite femorale, semimembranoso, semitendinoso). Un eccessivo potenziamento
delle cosce rende, invece, questi ultimi rigidi, impedendo
loro di allungarsi adeguatamente.
In generale, l’eccessivo potenziamento della catena
posteriore genera, in posizione eretta, rigidità e risalita delle
spalle, iperlordosi lombare, e a cascata: antiversione del
bacino, con conseguente intrarotazione delle ginocchia
(spesso in varismo) e aumento della rigidità dei muscoli
adduttori, rotazione esterna della tibia e tendenza alla
supinazione del piede (per accorciamento dei flessori
plantari). Questo insieme di compensazioni comporta il
sovraccarico del menisco mediale e la messa in tensione del
legamento crociato anteriore che, come ho visto accadere in
vari atleti, può lesionarsi anche solo per un’iperflessione del
ginocchio (per esempio nel caso di una campionessa di sci
che durante la gara di slalom alle Olimpiadi ha riportato la
rottura del crociato anteriore ed è poi caduta di
conseguenza).
66
Esercizi sconsigliati
Negli anni ho notato che nei giocatori di calcio si
presentano spesso le medesime problematiche posturali
(spalle risalite e contratte, iperlordosi lombare, antiversione
del bacino, ginocchia vare e/o intraruotate, calcagni vari)
dovute, come già si è detto, principalmente a una
preparazione atletica inadeguata. Per evitare, o almeno
ridurre, questi scompensi è importante che i calciatori,
giovani e meno giovani, nella preparazione atletica non
rinforzino ulteriormente gruppi muscolari già troppo
sviluppati e rigidi.
Le fotografie riportate nelle pagine seguenti mostrano
alcuni di questi esercizi; nelle didascalie saranno indicate le
parti del corpo erroneamente sollecitate, riferendosi a
questa legenda:
a.
b.
c.
d.
e.
f.
Blocco superiore, in particolare le spalle.
Muscoli dorsali.
Muscoli addominali.
Muscoli flessori del ginocchio.
Muscolo ileo-psoas.
Muscoli adduttori.
Visto l’amore diffuso per “gli addominali”, ci tengo a
sottolineare che i muscoli addominali profondi, il traverso e
l’obliquo interno, si inseriscono posteriormente sulle
vertebre lombari. Di conseguenza, la loro contrazione
comporta sempre anche una compressione del tratto
lombare, in particolare sui dischi intervertebrali.
67
Esercizi sconsigliati
posizioni in tenuta e flessioni sulle braccia – bench (a + b)
posizioni in tenuta – plank laterale su tavoletta (a + b)
68
Esercizi sconsigliati
posizioni in tenuta – plank (a + b)
posizioni in tenuta – plank laterale (a + b)
69
Esercizi sconsigliati
squat con bilanciere (a + b + c + d)
lat machine (a + b + c)
70
Esercizi sconsigliati
addominali (b + c + e)
71
Esercizi sconsigliati
dorsali (b)
leg curl (b + d)
leg extension (c + e)
72
Esercizi sconsigliati
elastici (b + f)
elastici (b)
posizioni in tenuta – superman (a + b)
73
Esercizi consigliati
Di seguito indichiamo, invece, alcuni esercizi che portano a
un riequilbrio della muscolatura. La seguente legenda verrà
utilizzata nelle didascalie per evidenziare gli effetti
principali di ogni esercizio.
A. Allungare la catena posteriore (esercizio di base).
B. Allungare la catena posteriore, stando in piedi.
C. Rinforzare il quadricipite (muscolo vittima per
eccellenza del rinforzo indiscriminato).
D. Migliorare la percezione degli appoggi.
E. Rilassare i dorsali.
F. Migliorare la propriocezione.
G. Consentire il lavoro degli addominali senza danni per la
regione lombare che deve essere in allungamento.
Esercizio di base (A)
Legare le caviglie con un foulard o la cintura di un accappatoio.
Sdraiarsi per terra su un tappetino, con le braccia aperte a novanta
gradi. Respirare profondamente a bocca aperta, cercando di rilasciare
tutta la muscolatura. Mantenere la posizione almeno per 15-20 minuti.
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Esercizi consigliati
Piedi uniti
Appoggiati
a un tavolo
Nuca
sacro
scapole
calcagni
allineati
Mantenere
talloni
a terra
allungamento catena posteriore (B)
-
rinforzo quadricipiti (C)
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Esercizi consigliati
automassaggio
plantare (D)
tipo di palline utilizzabili
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Esercizi consigliati
automassaggio trapezi (E)
addominali secondo Le Boulch (G)
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Esercizi consigliati
pads propiocettivi (F)
78
6
La scienza conferma
Saper vedere è un’arte che va al di là delle capacità fisiche,
anche se c’è chi si ostina a non voler vedere. Chissà se
alcuni riscontri scientificamente inoppugnabili potranno
aiutare a cambiare, se non visuale, almeno punto di vista.
Da Le Boulch ai neuroni specchio
La ricerca sui neuroni specchio, iniziata vent’anni fa da un
gruppo di ricercatori dell’Università di Parma guidati dal
professor
Giacomo
Rizzolatti,
ha
dimostrato
scientificamente che gestualità anche complesse possono
essere apprese per semplice imitazione, come a livello
intuitivo sosteneva Jean Le Boulch.
Alcuni esperimenti hanno dimostrato che quando uno
sportivo guarda un altro sportivo eseguire una sequenza
motoria conosciuta, il suo sistema nervoso attiva
inconsciamente gli stessi gruppi muscolari senza che ci sia
movimento.
Per sfruttare questo tipo di processo neurologico, le
squadre di calcio potrebbero inserire nelle loro scuole
giocatori esperti affinché fungano da modello per i
giovanissimi allievi.
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I vortici del cuore
La rete di esperti con cui collaboro si è di recente arricchita,
con l’ingresso di due scienziati: Gianni Pedrizzetti,
ordinario di ingegneria idraulica all’Università degli Studi
di Trieste e affiliato presso la Mount Sinai School of
Medicine di New York, e il cardiologo Giovanni Tonti.
Attraverso particolari tecniche di quantificazione delle
immagini sono riusciti a ricavare da una semplice analisi
ecocardiografica assolutamente non invasiva informazioni
così dettagliate sulla funzione cardiaca nella sua
complessità che, in alcuni casi, possono sostituire esami
delicati e complessi come la coronarografia. Un lavoro
prestigioso che ha già ricevuto importantissimi
riconoscimenti internazionali, tra cui le dodici copertine di
“Nature Reviews Cardiology” (vedi figura 1), una delle
riviste di cardiologia più prestigiose del mondo.
I software da loro creati e contenenti metodologie
brevettate rendono visibili con grande chiarezza i vortici
che si creano all’interno del cuore e che facilitano il flusso
del sangue nella direzione dell’aorta (vedi figure 2-5). Per
approfondimenti scientifici si rimanda al volume di Arask
Kheradvar e Gianni Pedrizzetti, Vortex Formation in the
Cardiovascular System, Springer Verlag, London 2012.
È fondamentale che il cuore, dovendo pulsare in media
quasi centomila volte al giorno, utilizzi la minor energia
possibile a battito e che nella sua dinamica non si formino
anomalie, causando affaticamenti inutili.
Il sangue entra nel ventricolo sinistro, la camera
cardiaca di maggior forza e importanza che ha una
lunghezza di pochi centimetri, a una velocità di oltre un
80
metro al secondo, e nell’arco di una frazione di secondo
deve ruotare di centottanta gradi e immettersi a pari velocità
nell’aorta. Quando il funzionamento è corretto non si hanno
inutili perdite di carico o turbolenze. Al contrario, se
vengono a formarsi vortici anomali, non soltanto il cuore si
affatica ma può subire modifiche morfologiche.
Quando il soggetto si sottopone sistematicamente ad
attività fisiche molto intense, il suo cuore tende a
ingrossare, una patologia definita in medicina “cuore
d’atleta”. In questi casi, le immagini tridimensionali tratte
dalle ecografie rivelano che con l’aumento del volume si
verifica anche un ispessimento delle pareti, senza però
avere una perdita di elasticità muscolare finché l’atleta è in
piena attività. Invece, in situazione di riposo, il numero e
l’entità delle contrazioni si riduce al minimo indispensabile
per consentire la corretta irrorazione sanguigna, e avere così
un maggior margine di incremento nell’attività fisica
intensa. Di norma, comunque, una volta che l’attività fisica
si riduce stabilmente, il cuore tende a tornare in condizioni
normali, a meno che non abbia ricevuto sollecitazioni tali
da compromettere la propria struttura in maniera
irreversibile.
Si è visto che l’assunzione di sostanze dopanti genera
conseguenze ampiamente negative sul cuore. L’apparato
cardiaco degli atleti che ne fanno uso viene infatti
sottoposto a sforzi al di là della soglia naturale, in un
crescendo continuo. Inoltre, a fine attività, un sistema
cardiaco sfruttato in questo modo non è più in grado di
tornare ai normali valori funzionali, e presenta fenomeni di
scompenso spesso in progressivo peggioramento.
81
Quest’anno la necessità della prevenzione è diventata
il leitmotiv della nostra estate: ne parlavamo fin dal mattino
in spiaggia con l’amico Gianni Pedrizzetti, anche perché
Carlo, durante i suoi abituali risvegli notturni, continuava a
elaborare possibili soluzioni ai problemi ed era una fonte
inesauribile di proposte, prima di tutte il test dei tre battiti.
Il test dei tre battiti
Un’applicazione rivoluzionaria dei software sopra descritti
è che dal filmato di un’ecografia di soli tre battiti si possono
ricavare i principali parametri della funzione sistolica
ventricolare sinistra, che attualmente sono: volumetrie (telediastolica e tele-sistolica), stroke volume e cardiac output,
frazione di eiezione (variazione volumetrica relativa) e
parametri globali di deformazione miocardica (strain
longitudinale, strain circonferenziale e strain radiale, o
ispessimento).
L’interpretazione di questi parametri fornisce
un’indicazione sulla capacità contrattile del cuore: un dato
particolarmente prezioso per chi pratica uno sport.
Questo test non è diagnostico, ma permette di rilevare
se il cuore ha caratteristiche normali e non patologiche,
segnalando, attraverso un’indicazione semaforica, con il
verde, se i valori sono nella norma; con il giallo, se se ne
discostano leggermente, per cui si consiglia di ripetere il
test a breve termine; con il rosso, se se ne discostano in
modo significativo ed è quindi auspicabile una valutazione
cardiologica.
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È importante specificare che il semaforo verde non
sostituisce in alcun modo la certificazione di idoneità fisica
richiesta per la pratica di uno sport.
Conoscere le caratteristiche dinamiche specifiche del
cuore permette tra l’altro di valutare l’attività sportiva più
congeniale al singolo atleta, verificando se il suo cuore è
adatto a resistere a una fatica prolungata, oppure a sforzi
più brevi ma intensi.
Un altro dato interessante per tutti gli atleti giovani e
nel pieno dell’attività, dilettanti o professionisti, si ottiene
confrontando il test cardiaco a riposo con quello effettuato
sotto sforzo, eseguiti l’uno dopo l’altro. I parametri
indicano se i vortici continuano a essere regolari o se
vengono a crearsi turbolenze che possono provocare
affaticamento, minore resistenza agli sforzi, specie se
prolungati, e nel tempo anche negative modifiche
morfologiche del cuore. Il rapporto tra questi due test
permette anche di valutare l’entità di eventuali pericoli.
Come abbiamo più volte sottolineato, il nostro
principale obiettivo è la prevenzione il più possibile
individualizzata per seguire con uno screening sistematico
la salute di ciascun atleta, in particolare i giovani in via di
sviluppo, e capire in tempo reale se il metodo di
preparazione e di allenamento seguito è adatto alle sue
esigenze: un corpo muscolarmente equilibrato può, infatti,
risparmiare importanti energie e avere benefici anche dal
punto di vista cardiaco.
La raccolta dei parametri sopra descritti e la
registrazione delle loro variazioni nel tempo sono di
fondamentale importanza, perché, oltre a facilitare
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l’individuazione di eventuali anomalie, permettono di
ripercorrere la “storia del cuore” dell’atleta.
Creando un archivio, su supporto magnetico o in cloud
storage, con tutti i test effettuati, atleta per atleta o per
società sportiva, si possono avere a disposizione i
diagrammi con tutti i parametri e una sintesi di facile
consultazione. I sistemi cloud storage, tra l’altro, non
richiedono alcun sistema proprietario locale, evitando
problematiche di manutenzione e obsolescenza, e
permettono di avere dati sempre aggiornati.
Si tratta di un test non invasivo, poco costoso e
consigliabile a tutti, squadre e singoli atleti professionisti,
dilettanti, amatoriali e anche persone comuni. Per tutte le
informazioni al riguardo si rimanda al sito
<www.echocardioscreening.com>. Il risultato verrà inviato
entro le ventiquattro ore.
L’esame ecomuscolare
Gli straordinari risultati ottenuti analizzando il muscolo
cardiaco ci hanno portato a studiare la possibilità di creare
software simili per i muscoli scheletrici.
Gli esperimenti eseguiti con la prima versione del
software hanno permesso di misurare l’accorciamento di un
muscolo della coscia, tracciare le mappe di deformazione e
differenziare le varie zone del muscolo durante la
contrazione. Abbiamo quindi deciso di depositare il
brevetto corredato da una breve descrizione, illustrato nelle
figure 6 e 7.
Abbiamo coinvolto per questo lavoro uno dei maggiori
esperti di muscoli, il professor Giuseppe Balconi, primario
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di radiologia all’ospedale San Raffaele di Milano, sede di
Turro, e presidente della “Sezione di Ecografia
Muscoloscheletrica SIUMB”, che ci ha confermato la
possibilità di misurare contemporaneamente, tramite un
ecografo a doppia sonda o due ecografi sincronizzati,
l’attività di un gruppo muscolare e dei suoi antagonisti,
oppure di un muscolo rispetto ad altri muscoli che si ritiene
possano essere in relazione.
Il nuovo software permetterà di misurare, per esempio,
sia la capacità contrattile sia l’entità dell’accorciamento di
un muscolo prima e dopo una prestazione atletica, oppure
prima e dopo un trattamento fisioterapico, dando
valutazioni oggettive delle performance muscolari.
Finalmente si potrà così convalidare, per la prima volta in
modo scientifico, l’importanza di un potenziamento
muscolare equilibrato e la catena delle compensazioni di cui
parlava Mézières, che abbiamo esposto nei capitoli
precedenti.
I primi risultati ottenuti dall’elaborazione delle
immagini ecografiche dei muscoli sono stati molto
incoraggianti.
È stato utilizzato un ecografo bidimensionale per
osservare le compensazioni e analizzare la contrazione del
quadricipite in un calciatore, osservando l’interferenza con i
suoi antagonisti, i flessori del ginocchio.
Risultati interessanti sono emersi dagli esami sui
masseteri, i principali muscoli masticatori, che hanno
evidenziato la loro reazione all’applicazione di vari
dispositivi ortodontici, confermando le intuizioni di
Antonio Busato.
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Inoltre la possibilità di avere una visione
tridimensionale del muscolo infortunato sarà senz’altro di
grande aiuto nelle cure e nella riabilitazione.
Fino a poco tempo fa era impensabile poter studiare i
muscoli con l’atleta in movimento libero, per via dei cavi
che collegano il soggetto agli apparecchi ecografici.
Durante le scorse vacanze estive, Gianni ci ha invece
raccontato di aver visto, durante un viaggio di lavoro negli
Stati Uniti, un fantastico ecografo portatile completamente
wireless, sia per la trasmissione dei dati sia per
l’alimentazione di energia, prodotto dalla Siemens, di
dimensioni così ridotte da poter essere applicato al corpo
dell’atleta. Una soluzione tecnica che ci consentirà di
studiare meglio i muscoli e di verificare l’esattezza delle
nostre tesi, riguardo al tipo di lavoro muscolare. Sarà inoltre
di grande aiuto nella prevenzione, permettendo di eseguire,
in caso di bisogno, approfondimenti ecografici muscolari.
Ho sempre pensato che, soprattutto per uno sportivo,
sia un peccato non riequilibrare il corpo, migliorando così
anche le proprie prestazioni, e aspettare a farlo dopo un
incidente, che spesso comporta lunghi tempi di recupero, se
non addirittura l’interruzione della carriera.
Mi auguro che questo libro possa offrire suggerimenti
preziosi ai tecnici e agli atleti e contribuisca a modificare
correttamente e perfezionare la prospettiva sulla
preparazione atletica, in particolare per i più giovani.
86
Figura 1
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Figura 2 - flusso. Ricostruzione del movimento vorticoso all’interno
del ventricolo sinistro durante il riempimento.
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Figura 3 - vortici tridimensionali. Il movimento circolatorio
(vortice) all’interno del ventricolo sinistro qui riportato è stato
ricostruito da ecografia multi-piano. Il moto fluido dall’entrata
(valvola mitrale, in alto a destra in figura) all’uscita (aorta, in alto a
sinistra) è caratterizzato da un moto rotatorio che evita turbolenze e
dissipazioni di energia.
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Figura 4 - cuore normale. Ecocardiografia quantitativa di un cuore di
un atleta a riposo con la valutazione dinamica della meccanica del
ventricolo sinistro (VS). Le frecce indicano il movimento contrattile in
sincrono con una omogenea distribuzione di deformazione (colore)
all’interno del muscolo cardiaco.
(N.B.: le ecografie mostrano il cuore ribaltato rispetto al normale
perché acquisite da sotto la cassa toracica).
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Figura 5 - cuore dilatato. Ecocardiografia quantitativa di un cuore
che ha subito una progressiva dilatazione, in particolare la figura
mostra la camera ventricolare sinistra (VS) che ha una forma quasi
sferica. Le frecce e il colore (che indica la velocità) indicano
l’asincronia del movimento contrattile a testimonianza di una scarsa
efficienza funzionale.
(N.B.: le ecografie mostrano il cuore ribaltato rispetto al normale
perché acquisite da sotto la cassa toracica).
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Figura 6
92
Figura 7
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94
Indice
pag. 3
Ringraziamenti
pag. 5
Introduzione
pag. 9
1 - Il corpo e la sua complessità
pag. 13
2 - Le tessere del mio mosaico
Il metodo “rivoluzionario” di Françoise Mézières
L’incontro con Jean Le Boulch
L’arte di cedere senza recedere
La rete di specialisti con cui oggi lavoro
pag. 25
3 - Lo sport attraverso i miei occhi
Storia di un’avventura
Il perché di alcuni infortuni
Rapporto tra denti e postura
Le pressioni “esterne” sull’atleta
pag. 31
4 - Visita e cure
L’esame obiettivo
La visita fisiatrica
I test di screening (Vista, Occlusione, Udito,
Psiconeuroendocrinoimmunologia)
Le cure
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pag. 63
5 - Uno sguardo sul calcio giovanile
Tecniche di apprendimento
Principi per una preparazione atletica equilibrata
Esercizi sconsigliati
Esercizi consigliati
pag. 79
6 - La scienza conferma
Da Le Boulch ai neuroni specchio
I vortici del cuore
Il test dei tre battiti
L’esame ecomuscolare
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