il seicento, l`eta` del barocco
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il seicento, l`eta` del barocco
ITALIANO CLASSE IV A PROF.SSA RAFFAELLA ARISTODEMO MODULO N 1 IL SEICENTO, L’ETA’ DEL BAROCCO U.D. 1 IL BAROCCO: CONTESTO STORICO-SOCIALE E CULTURALE U.D. 2 GIAMBATTISTA MARINO: LA VITA E LE OPERE, L’ADONE. U.D. 3 IL MARINISMO E LA POETICA DELLA MERAVIGLIA U.D. 4 GALILEO GALILEI: LA VITA E LE OPERE, IL PENSIERO U. D. 1 IL BAROCCO: CONTESTO STORICO-SOCIALE E CULTURALE Nel 1600 si affermò in Italia e non solo l’arte barocca. A partire dalla seconda metà del 1500, la penisola italiana visse in condizioni di degrado economico e sociale a causa della dominazione spagnola. L’Italia, frazionata in tanti piccoli staterelli, era fortemente tassata dai vari governatori spagnoli, e si trovava per questo motivo arretrata rispetto ad altri paesi più industrializzati e più evoluti, quali la Francia e l’Inghilterra. La decadenza italiana riguardava non solo l’ambito sociale ed economico, ma anche la cultura, la letteratura e l’arte in generale. I letterati, scrittori e poeti, negli ultimi tempi vivevano in condizioni difficili a causa di un serrato controllo sulla loro attività che non era totalmente libera. A rendere difficile la condizione dei letterati fu, già nel secolo precedente, l’opera fortemente repressiva attuata dalla Chiesa con il movimento della Controriforma. Essa voleva riformare tutto l’apparato ecclesiastico, fortemente corrotto e per questo mirava a sopprimere, censurare, eliminare le opere letterarie che contenevano messaggi ritenuti offensivi per il Cattolicesimo. La Chiesa, utilizzando un Tribunale dell’Inquisizione, arrivò addirittura a processare e condannare molti uomini di scienza e di cultura accusati di essere eretici. Così, nel XVII secolo, i poeti e gli scrittori italiani evitarono di comporre opere che potessero suscitare i sospetti del Tribunale dell’Inquisizione e preferirono dar vita a romanzi e poesie più leggere e meno impegnative. Scopo principale dei poeti e degli scrittori del Seicento divenne quello di provocare con le loro opere nel lettore il diletto (il divertimento), lo stupore e la meraviglia, ricorrendo a giochi di parole, concetti bizzarri e ricercati. I letterati nel ‘600 apparivano perciò profondamente diversi da quelli del Rinascimento cinquecentesco, il periodo precedente. Nel ‘500 infatti non solo poeti e scrittori, ma anche pittori, architetti e scultori diedero vita ad opere simili a quelle dell’antichità latina e greca e dunque improntate sul buon gusto, sull’equilibrio e sulla misura. Si è molto discusso sull’origine del termine “Barocco”. Probabilmente esso deriva dalla parola “Baroco”, usata nel Medioevo per indicare un ragionamento bizzarro e stravagante. Secondo altri, invece, il termine deriverebbe dal francese “Baroque”, che significa “eccentrico”, a sua volta ripreso dal portoghese “Barroco” ( perla dalla forma irregolare). Ciò che conta è che inizialmente dai critici il Barocco fu definito in senso negativo e dispregiativo in quanto rappresentava un’arte irregolare, stravagante e bizzarra, quindi di cattivo gusto. ARCHITETTURA, PITTURA, SCULTURA Il barocco si manifestò anche nell’architettura, nella pittura, nella scultura. In architettura furono costruiti sontuosi e grandissimi palazzi, chiese e teatri. Le pareti erano arricchite da numerose sporgenze, cornici e nicchie; i portali delle entrate e le finestre erano squisitamente decorati. Gli architetti italiani più importanti furono il Bernini e il Borromini, che operarono soprattutto a Roma. Nella pittura l’artista più importante fu il Caravaggio, il quale dipinse quadri dai colori molto forti e molto accesi per creare effetti drammatici. Nella scultura, l’artista più importante fu Lorenzo Bernini che decorò la Basilica di San Pietro a Roma e sistemò la piazza con un antico colonnato U.D. 2 GIAMBATTISTA MARINO LA VITA E LE OPERE Egli fu il più significativo rappresentante del Barocco letterario. Nato a Napoli nel 1569, il Marino condusse, fin quando rimase nella città partenopea, una vita all’insegna della sregolatezza e delle avventure amorose, finendo addirittura più volte in prigione. Avviato dal padre agli studi di diritto, ben presto li abbandonò per coltivare la passione per la poesia. Nel Seicento lasciò Napoli per vagare da una città all’altra, ma frequentando sempre gli ambienti di corte nei quali diversamente da quanto avveniva nel Rinascimento, dove i letterati erano veri e propri servitori dei vari signori, la condizione di subordinazione al Sovrano diventava per lui motivo di vanto. Soggiornò a Roma, dove fu segretario del Cardinale Pietro Aldobrandini; si recò in seguito a Ravenna e poi nel 1608, a Torino, presso la corte del duca Carlo Emanuele I di Savoia. Nella città piemontese, il Marino fu tra i protagonisti della vita intellettuale di corte, ma si lasciò coinvolgere in numerosi diverbi, il più acceso dei quali con lo scrittore genovese, nonché segretario del duca, Gaspare Murtola che addirittura tentò di assassinarlo. Nel 1611 il Marino cadde in disgrazia presso il duca, irritato dal suo comportamento esuberante, e finì nuovamente in galera, rimanendovi questa volta per alcuni mesi. Nel 1612 riacquistò la libertà e i favori del duca, ma nel 1615, stanco della vita che conduceva nella città sabauda, decise di lasciare Torino per trasferirsi a Parigi, dove fu accolto a corte con tutti gli onori dal Re Luigi XIII. Durante il soggiorno in Francia pubblicò la sua opera più importante, “l’Adone”. Ma, afflitto da problemi di salute, sentì il bisogno di tornare in Italia a Napoli, dove fu accolto trionfalmente e dove morì il 25 marzo 1625. L’ADONE E’ la sua opera più importante, un poema lunghissimo, diviso in 20 canti, pubblicato a Parigi nel 1623. Vi si narra la favola mitologica dell’amore tra la dea Venere e Adone, la stessa che fu raccontata nel passato dallo scrittore latino Ovidio nella sua opera “Le Metamorfosi”, ma ben più breve. L’opera del Marino fu dedicata al Re di Francia Luigi XIII. Adone era il bellissimo giovane che il Dio Marte per gelosia di Venere, fece uccidere da un cinghiale. In effetti il Marino trasse, dall’opera del poeta latino, soltanto il nucleo narrativo, un esile argomento mitologico che poi lui dilatò, arricchì di nuovi episodi, e allungò a dismisura. La trama risulta quindi arricchita da una serie di descrizioni spettacolari che prevalgono sull’azione e da un’abile trasfigurazione del reale, attuata mediante un linguaggio elaborato e raffinato. La trama può essere così sintetizzata: Venere, la dea dell’amore e della bellezza, mentre sta camminando tra i boschi dell’isola di Cipro, è punta da una spina di una rosa bianca che, bagnata dal suo sangue, da quel momento rimarrà per sempre rossa. La dea, per detergersi la ferita., si avvicina ad una fonte dove scorge, addormentato sull’erba, Adone, di cui subito s’innamora. Egli è un bellissimo giovane arabo, che Cupido, adirato con la madre Venere, aveva fatto giungere nell’isola dopo una tempesta, per vendicarsi facendola innamorare di lui.Venere porta con sè Adone in un viaggio della durata di tre giorni, nel corso del quale i due visitano prima la fontana del dio Apollo, poi cinque meravigliosi giardini e poi, su un cocchio guidato da Mercurio, la luna e i pianeti, ed infine ritornano a vivere nel palazzo da dove erano partiti. Ma Marte, furente di gelosia, un giorno trasforma Adone persino in un uccello. In un’altra occasione, mentre Venere è assente, Adone decide di partecipare ad una caccia durante la quale viene azzannato da un cinghiale aizzatogli contro da Marte. La dea, tornata a Cipro, fa appena in tempo a vedere il giovane morire tra le sue braccia. U.D. 3 IL MARINISMO E “LA POETICA DELLA MERAVIGLIA” Il Marino fu l’artefice della “poetica della meraviglia”. La poesia barocca è definita anche con il termine “Marinismo”, dal nome del poeta napoletano Giambattista Marino. Secondo il “Marinismo”, l’opera poetica doveva dilettare (divertire) il lettore, meravigliarlo; per ottenere ciò il poeta utilizzava versi strani, complicati, e trattava nelle poesie argomenti insoliti, stravaganti, esagerati, non comuni. Tale funzione della poesia è spiegato bene da una frase dello stesso Marino:“è del poeta il fin la meraviglia”. I marinisti nelle loro poesie fecero molto uso delle metafore, delle similitudini e delle assimilazioni, accostando e paragonando vari oggetti tra di loro. Ad esempio, in un verso del componimento poetico del poeta Anton Maria Narducci c’è scritto:”sembran fere d’avorio in bosco d’oro/le fere erranti onde sì ricche siete”. In questo passo le piccole fiere erranti sono i pidocchi, mentre il bosco d’oro è la capigliatura della donna. Altro canone dei marinisti fu il “Descrittivismo”, cioè la descrizione minuziosa e particolareggiata di aspetti della realtà, di un oggetto o di una persona. I vocaboli utilizzati dai poeti erano di uso quotidiano, ma ricorrevano anche a termini latini o derivati dal linguaggio scientifico. Altro elemento è “La musicalità”; i versi delle poesie avevano un andamento estremamente musicale. Ne è un celebre esempio un passo del poema “L’Adone”, in cui con le parole in versi, veniva riprodotto il canto armonico dell’usignolo. Il Marino e i marinisti proposero un enorme cambiamento nella cultura e nel gusto del Seicento, ma negli ultimi anni “La poetica della meraviglia” fu criticata in quanto considerata di cattivo gusto. Solo nel Novecento se ne ebbe una rivalutazione critica in positivo. U.D. 4 GALILEO GALILEI:LA VITA E LE OPERE, IL PENSIERO, “IL DIALOGO SOPRA I DUE MASSIMI SISTEMI” PREMESSE:LA PROSA SCIENTIFICA Nel Seicento nacque la prosa scientifica, che, per il suo linguaggio diretto, lineare ed essenziale, per l’uso dell’italiano e non più del latino, si configurò subito in opposizione alle opere barocche del secolo. Nel Seicento la scienza si proclamò autonoma e non più dipendente dagli altri saperi, quali la Teologia e la Filosofia. Nacquero anche diverse Accademie scientifiche GALILEO GALILEI: LA VITA E LE OPERE Galileo Galilei nasce a Pisa il 15 febbraio del 1564. si iscrive all’Università di Pisa e si sente fortemente attratto dallo studio della matematica, della geometria e della meccanica. Nel 1585 abbandona l’Università, ma nel 1589 ottiene la cattedra di matematica allo Studio di Pisa. La passione per la matematica e la meccanica, non impedisce a Galilei di coltivare anche interessi letterari. Nel 1592, lo scienziato lascia Pisa per l’Università di Padova, dove rimane per i successivi 18 anni della sua vita. A Padova si fa allestire un’officina accanto allo Studio, dove vengono costruiti apparecchi e strumenti utilizzati nelle sue lezioni; questo testimonia il suo interesse per la tecnica. Galilei è anche tenuto, come professore, a tenere un corso elementare sull’astronomia tradizionale e dunque compone un’opera, nel 1597, dal titolo”IL TRATTATO DELLA SFERA O COSMOGRAFIA”, in cui fornisce una chiara esposizione della teoria tolemaica. In questo trattato egli afferma di essere favorevole al sistema copernicano, che, a differenza del sistema tolemaico, che metteva al centro dell’Universo la terra, immobile, asserisce che la terra non è piatta, gira su se stessa e con gli altri pianeti intorno al sole. Anche nelle Sacre Scritture (la Bibbia), c’era scritto che la terra è piatta e immobile al centro dell’Universo, così come affermava il sistema tolemaico. Sostenere altre teorie, come quella copernicana, è ritenuta una menzogna e soprattutto un’offesa a Dio e alla Chiesa. Nei primi anni del ‘600 circolano in giro voci su una costruzione, avvenuta in Olanda, di un occhiale speciale tramite il quale è possibile vedere gli oggetti lontani più vicini, ma in maniera capovolta. Nel 1609 lo stesso Galilei costruisce un suo cannocchiale e fa, osservando il cielo, straordinarie scoperte che pubblica in un volumetto scritto in latino, “IL SIDEREUS NUNCIUS”, nel 1610. Le scoperte rivelano che la via Lattea è formata da migliaia di stelle, e questo lo convince che l’Universo è molto più grande di quanto si era fino allora pensato. Il sole ha delle macchie e la luna non ha una superficie liscia ma dotata di crateri e montagne come la terra. Lo scienziato scopre poi che il pianeta Giove ha attorno a sé quattro satelliti. Il trattato rende Galilei un personaggio pubblico e famoso ovunque. Ritorna a Firenze, ma poco dopo il suo arrivo, nel 1615, è denunciato dagli ambienti ecclesiastici domenicani, in quanto sostengono che il Copernicanesimo di cui parla Galilei è in contrasto con le Sacre Scritture. Egli subisce un primo processo, ed è ammonito a non occuparsi più della teoria di Copernico, condannata dal Sant’Uffizio. Nel 1623 Galilei scrive un’altra opera “IL SAGGIATORE” e nel 1632 “IL DIALOGO SOPRA I DUE MASSIMI SISTEMI DEL MONDO, TOLEMAICO E COPERNICANO”, in cui nuovamente difende le teorie di Copernico. Viene però dato l’ordine di sospendere la diffusione dell’opera e nel 1633 Galilei viene processato per la seconda volta dal Tribunale dell’Inquisizione romana. Questo processo si conclude con una sua condanna alla prigione a vita,poi trasformata nel domicilio coatto nella sua villa di Arcetri, presso Firenze, dove muore, vecchio e cieco, l’8 gennaio 1642. IL PENSIERO-Galilei è un grande scienziato, gli studi astronomici portano Galileo ad aderire alla teoria eliocentrica di Copernico.Ciò gli attira le ire della Chiesa. Condotto davanti al Tribunale dell’Inquisizione egli deve dichiarare la falsità di ciò che l’esperienza e gli esperimenti gli avevano chiaramente dimostrato. Il dramma di Galileo ci offre la misura del clima di intolleranza e di ottusità che in quel tempo limitava fortemente la libertà della ricerca scientifica. Trascorreranno ancora molti anni prima che tale clima muti e la scienza possa scrutare senza paura la natura e le sue leggi. E’fondamentale per lo scienziato evitare qualsiasi confusione tra religione e scienza, difendere l’autonomia di questa e dimostrare i diversi compiti che hanno la scienza e la religione cattolica. La scienza ha il compito di farci scoprire la struttura dell’Universo e come esso è fatto, la religione attraverso i messaggi della Bibbia, deve guidare gli uomini alla fede e portarli alla salvezza dell’anima. Un altro elemento importante è l’utilizzo, per le sue opere, non più del latino, ma dell’italiano, di un linguaggio rigoroso ed esatto, chiaro, essenziale, non complicato ma comprensibile ai molti. IL METODO SPERIMENTALE Poiché il mondo della natura, creato da Dio, è regolato da leggi precise e infallibili, Galilei formula per primo, in Europa, il “Metodo Sperimentale”, articolato in 4 fasi. La prima è l’osservazione diretta del fenomeno naturale oggetto di studio, la seconda è l’ipotesi, o congettura, che ci fa intravedere le possibili cause del fenomeno, la terza è l’esperimento, che cerca di riprodurre il fenomeno nell’ambito delle cause che lo determinano, la quarta è la formulazione della legge, che viene espressa in formula matematica di valore assoluto e universale, allorché l’esperimento ha confermato l’ipotesi. Col suo metodo sperimentale Galilei incarna una nuova figura di scienziato, che è un ricercatore cauto e paziente, perché, nonostante la grande fede nelle capacità intellettive dell’uomo, non presume mai di possedere la verità assoluta sulla conoscenza dell’Universo, ma procede per gradi, scoprendo verità parziali dei fenomeni naturali e non definitive, che possono essere sostituite da nuove teorie. IL DIALOGO SOPRA I DUE MASSIMI SISTEMI DEL MONDO E’un’opera che si svolge in quattro giornate e ne sono protagonisti il fiorentino Filippo Salviati e il veneziano Giovan Francesco Sagredo, amici di Galilei e sostenitori del sistema copernicano. Contro di loro vi è un altro personaggio Simplicio, che sostiene le vecchie teorie scientifiche, soprattutto quelle del filosofo Aristotele, e il sistema tolemaico. Simplicio non accetta le nuove teorie sullo studio dei fenomeni naturali. Durante la conversazione, Sagredo afferma che, ad esempio,diversamente da quanto credevano gli aristotelici, l’origine dei nervi non è nel cuore ma nel cervello e ciò è testimoniato da esperimenti concreti.