Mattacchine - Numero 1
Transcript
Mattacchine - Numero 1
07/12/2009 12.59 Pagina 1 Reg. Tribunale di Roma numero 357/2009 del 02.11.2009 2009_12_03b.qxd itazione ri di riabil nt ce i de he ione negata onomic la riabilitaz difficoltà ec | | i o: e rd er m al ve nu on ee to si ar ofes in ques numero ilità delle ’educatore pr dicembre 2009 T4 | accessib on il ruolo dell ti Ak | o zi a Regione La il punto sull 01 2009_12_03b.qxd 07/12/2009 12.59 Pagina 2 dedicato a Cecilia 2009_12_03b.qxd 07/12/2009 13.00 Pagina 3 Non avrei mai pensato di doverti scrivere queste note ma tu te ne sei andata così rapidamente, così inaspettatamente che mi sembra di non averti detto tutto quello che avrei voluto dirti: che tu eri il mio amore, la mia principessa, lo scopo principale della mia vita. È veramente contro natura che un figlio muoia prima del genitore. E adesso non ci sei più ma io, col mio bagaglio di sofferenza, di ansia, di delusioni, continuo a lottare perché la nostra società accetti i portatori di handicap - come eri tu - e riconosca loro la prerogativa di esseri umani con gli stessi diritti di tutti ad essere felici, ad inserirsi nella società, ad amare ed essere amati. Io ti ho dato tanto amore, tenerezza, attenzioni, premure; per te preparavo i cibi più buoni, per te compravo le cose più belle e i tuoi adorati peluches, a te raccontavo le mie giornate, i miei pensieri quasi illudendomi che tu potessi capirmi. A te cercavo di dare sicurezza e il calore di un affetto che tutto dà senza nulla chiedere. E tu, nel tuo piccolo, mi ricompensavi con quei tuoi sorrisi, quei baci, quegli sguardi che sembravano a volte così lucidi, così consapevoli. Forse agli altri poteva sembrare poco ma per me era una ragione essenziale di vita.. Ora tutto questo è finito: tu non sei più con me per un male devastante e rapido, non diagnosticato in tempo utile da un medico forse troppo pieno di impegni o forse poco rispettoso di un essere umano che, pur disabile, aveva diritto alle stesse attenzioni e cure degli altri (se non di più). Ora la rabbia che ho provato, quando ho saputo che per te non c'era alcuna speranza, si è attenuata grazie all'umanità e alla dedizione del personale di un Hospice che ti ha assistito negli ultimi giorni della tua vita praticando la terapia del dolore. È rimasto però un gran vuoto in me, un dolore profondo e la consapevolezza di non poter fare più nulla per te, per migliorare la qualità della tua vita. È rimasta però anche la certezza della mia crescita interiore: tutti gli anni vissuti con te e per te sono stati per me un grande insegnamento di amore, di comprensione per gli altri, di apprezzamento per i giusti valori della vita. Per questo ti dico grazie, per tutto il vissuto accanto a te, di grandi dolori e di piccole gioie. Grazie perché questo cammino con te così sofferto e così tragicamente finito, mi ha reso una donna diversa, pronta ad aiutare chi soffre e a riconoscere la scintilla di bontà che c'è comunque in ognuno di noi. Grazie Cecilia, di essere stata "così". la tua mamma (o "mam" come mi chiamavi) 2009_12_03b.qxd 07/12/2009 13.00 Pagina 4 indice 5 editoriale 6 7 9 8 10 22 21 12 16 18 15 24 il ruolo dell’educatore professionale difficoltà economiche dei centri di riabilitazione fragole con panna e amaretti il punto sulla regione lazio del troppo e del niente: D. D. i gusti musicali dei ragazzi accessibilità delle aree verdi libri Aktion T4 la riabilitazione negata versi poetici oroscopo RINGRAZIAMENTI desideriamo ringraziare per la preziosa collaborazione: Patrizia ARGENTIN Maria Grazia D’AVINO Laboratorio di Fotografia del Progetto “Camelot” “Il Mattacchione” rivista di carattere sociale Reg. Tribunale di Roma numero 357/2009 del 02.11.2009 editore: COES onlus Presidente: Ileana Argentin Direttore responsabile: Marco Piazza progetto grafico: Paolo Di Stefano sede: via della nocetta, 162 - 00164 roma tel./fax 06.6631051 - 06.6637268 www.coesnoprofit.it | [email protected] stampa: Tipar Arti Grafiche s.r.l. via tiburtina, 1321 - 00131 roma 2009_12_03b.qxd 07/12/2009 13.00 Pagina 5 cari amici e care amiche, il nostro giornale è finalmente decollato dopo lo start-up. Abbiamo riscontrato commenti e attenzioni gratificanti dopo il primo numero, segno evidente che questo spazio può costituire, nel tempo, un solido punto di riferimento per quanti vogliano discutere e approfondire le questioni legate al nostro impegno nella tutela dei diritti dei più deboli. Il nostro obiettivo è mettere al centro dell'azione legislativa del Parlamento di cui sono rappresentante, il lavoro che quotidianamente tutti voi portate avanti nelle strutture di competenza, dando risposte concrete alle esigenze primarie dei cittadini più svantaggiati che, dunque, necessitano di un sostegno e di un aiuto fattivo da parte dello Stato. Tutto questo senza dimenticarci che i nostri interlocutori più vicini e diretti sono le Amministrazioni Locali. Ed è a loro che ci rivolgiamo in questo numero, in particolare alla Regione Lazio che svolge un ruolo fondamentale sul tema della Sanità, croce e delizia di ogni Governatore. Crediamo che il metodo migliore per affrontare l'argomento sia il dialogo e il confronto. Con questo mensile, vogliamo favorire questo dialogo per arrivare prossimamente ad aprire un tavolo di confronto con chi sarà chiamato a governare la nostra Regione. Ma per farlo seriamente, ci serve il vostro contributo. Ed è per questo che noi siamo qui, con questo giornale. Ileana Argentin 4|5 2009_12_03b.qxd 07/12/2009 L 13.02 Pagina 'Educatore Professionale opera nei Servizi sociosanitari e socio-assistenziali. Attraverso l'elaborazione di un progetto mette in atto interventi educativi finalizzati alla promozione delle persone e al loro benessere psico-fisico. La professione di educatore si è storicamente sviluppata in Italia con maggiori difficoltà rispetto agli altri paesi europei, per due motivi: 1) L'educazione è stata sempre appannaggio dell'istruzione scolastica; 2) L'educazione rivolta alle persone in difficoltà è stata tradizionalmente assorbita da organismi religiosi e gestita su base volontaria, con la piena delega della Struttura Pubblica riguardo alla gestione del disagio sociale. Fatta questa premessa ritengo che la figura dell'Educatore professionale debba promuovere e contribuire al pieno sviluppo delle potenzialità di crescita personale, di inserimento e di partecipazione sociale nel rispetto della persona.. Nell'esercizio della sua professione ci si augura che l'Educatore professionale sia una persona equilibrata, affidabile, aperta e flessibile nelle idee e con le idee e nelle azioni, consapevole cioè delle sue capacità e dei suoi limiti. L'Educatore professionale, con il supporto di metodologie centrate sul rapporto interpersonale, attua interventi mirati, rivolti alle singole persone, al gruppo e alle sue dinamiche, al contesto ambientale e territoriale. Penso che questo profilo possa apparire come una caratterizzazione comune anche ad altri operatori sociali rischiando di generare antiche dispute di mansioni su chi deve fare cosa, che sono certamente inopportune ed improprie perché, fermo restando ruoli e mansioni regolate dai CCNL e dai Profili Professionali, ritengo importante non dimenticarci mai che il nostro è un Servizio alla Persona che spesso necessità di essere sostenuta e accompagnata nel suo percorso di vita. 6 Vitis nemo sine nascitur Ognuno ha i suoi difetti Orazio il ruolo dell'educatore professionale di Paolo Santoro 2009_12_03b.qxd 07/12/2009 13.02 Pagina 7 N "lavorazione" dei mandati ed il successivo invio all'Ospedale S. Giovanni Addolorata, il soggetto incaricato di effettuare i pagamenti. Una volta giunti a destinazione, tali mandati devono essere firmati dal Direttore Generale e portati in banca, la quale procede alla lavorazione ed al pagamento. Visto che tale "lavorazione" prevede dei tempi el numero 0 del giornale, se la biblici, mi sono sempre chiesto quali procedure e quali memoria non mi tradisce, all'interno dell'articolo rela- strumenti vengono utilizzati per questa complessa attitivo al Sistema bancario del nostro paese ho menziovità, se si usano metodi artigianali o se addirittura vennato la famosa DIRETTIVA EUROPEA gono coinvolti i monaci di qualche antica abbazia per 2000\35\CE, che impone l'obbligo alla Pubbliche lavorare in filigrana questi preziosi testi. Qualcuno sa Amministrazioni di saldare entro 90 gg tutti i debiti darmi una risposta??? In questo marasma generale, scattano dei meccanismi contratti nei confronti dei fornitori. Vorrei ripartire proprio da questa norma per tentare di di solidarietà tra noi amministratori dei Centri, con la creazione di reti di telefonate, sms, mail, etc.., in cui spiegare quali e quante difficoltà provoca alle nostre realtà, e più in generale a tutte le imprese italiane che chi è riuscito ad avere gli ultimi aggiornamenti sul'iter lavorano con il Pubblico, il mancato rispetto del termi- dei pagamenti comunica agli altri le ultime novità. La situazione raggiunge il culmine in alcuni periodi ne indicato. particolari dell'anno, durante il mese di agosto, causa La quasi totalità dei centri ex art. 26 è affetta da una ferie del personale delle ASL, oppure tra dicembre e grave patologia che in termini scientifici è denominata crisi di liquidità, la quale si manifesta in maniera costan- gennaio, quando ci ritroviamo tutti insieme a pregare affinché la Regione Lazio faccia una rimessa straordite e sistematica con forti accentuazioni in particolari naria a copertura dei budget delle ASL ormai esauriti. periodi dell'anno (mesi di Agosto e DicembreL'estate 2009 è stata particolarmente "calda" sotto Gennaio). La quota maggioritaria dei nostri fatturati deriva dall'e- questo profilo: alcuni Centri appartenenti a determinarogazione di prestazioni riabilitative svolte in regime di ti Distretti Sanitari non hanno ricevuto pagamenti per 2 mesi in quanto l'impiegato addetto alla liquidazione accreditamento (provvisorio ovviamente!!) con il delle fatture era in ferie, quindi non esisteva nessun Sistema Sanitario Regionale, ciò implica che i nostri sostituto in grado di svolgere il medesimo compito!! flussi di cassa sono strettamente legati alle rimesse Insomma il consiglio che posso dare a tutti gli addetti mensili da parte della Regione. Questa condizione, unita ad un ritardo cronico dei pagamenti che si attesta intorno ai 180 gg, ci costringe a vere e proprie acrobazie per far fronte a tutti i nostri impegni di spesa, sia sul versante dei fornitori che su quello degli oneri fiscali e previdenziali, senza dimenticare il pagamento degli stipendi al personale. Per avere notizie sullo stato dei pagaai lavori è quello di tenersi sempre ben informati sul menti bisogna affrontare un iter piuttosto complesso che prevede il confronto con ben quattro interlocutori piano ferie degli "amministrativi" del proprio fondamentali (alla faccia della semplificazione ammini- Distretto, inoltre può essere utile dare la propria disponibilità a prestare la propria forza lavoro in strativa!!). modo gratuito presso codesti uffici, d'altronde fare un Il primo è il Distretto Sanitario di propria di compepo' di volontariato verso chi ha veramente bisogno tenza: qui l'informazione importante da recepire è rafforza lo spirito e purifica l'anima!! capire se hanno fatto bene "i compiti", quindi se hanno liquidato le fatture e le hanno spedite per Vincenzo Simonetti tempo all'Ufficio Ragioneria e Bilancio della ASL. Una volta superato il primo scoglio, si passa al secondo interlocutore, l'Assessorato alla Sanità della Regione, per capire quanto tempo occorre per la difficoltà economiche dei centri di riabilitazione 6|7 2009_12_03b.qxd 07/12/2009 13.02 Pagina 8 Il punto sulla Regione Lazio: 4 miliardi di euro che il Governo si rifiuta di erogare procrastinando la crisi del comparto, già commissariato, della Sanità Il Commissario ad acta sta riesaminando il Piano Sanitario Regionale, già discusso in commissione Sanità e successivamente in Consiglio Regionale, per arrivare ad una riduzione del testo, giudicato eccessivamente lungo. "Questo non significa, però, stravolgerlo" - così ha commentato in una nota Luigi Canali, presidente della Commissione Sanità della Regione Lazio. Il Presidente ha sì condiviso la necessità di una sintesi del documento, che nasce come eccessivamente lungo, pur ribadendo la volontà di lasciare immutato l'impianto del Piano, che è stato ampiamente discusso e condiviso con le organizzazioni sindacali, imprenditoriali, le forze politiche e le società scientifiche. La Commissione Sanità della Regione Lazio ha infatti esaminato il Piano Sanitario Regionale in nove riunioni, confrontandosi con diversi interlocutori appartenenti a sessanta differenti organizzazioni tra Enti, Sindacati, Associazioni, Università, Rappresentanze Imprenditoriali e Servizi Sanitari e, per la prima volta, diverse Società Scientifiche. Le richieste dei diversi soggetti menzionati sono state analizzate e, sovente, accolte e integrate nel Piano, che rappresenta quindi tutti gli orientamenti condivisi e compartecipati. Il Piano ha inoltre raccolto le osservazioni del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, delle Università La Sapienza e Tor Vergata. A questo punto, quello che forse molta gente non sa, è che la cifra di denaro che il Governo deve alla Regione Lazio, in attesa che il testo del Piano venga approvato definitivamente, ammonta a 4 miliardi di euro, di cui 1,5 miliardi non fanno parte del piano di rientro del deficit sanitario. Questi soldi non dipendono, però, dall'approvazione che il testo in questione dovrà avere, ma sono la giusta corrispondenza per le azioni politiche già messe in atto negli ultimi anni dalla Regione. Parliamo, cioè, di quanto già dovuto in base a quanto si è già erogato in termini di servizi, ma non si è ancora visto. Dopo il commissariamento della Sanità della Regione, avvenuto nei primi giorni del mese di giugno del 2008 e anticipato di poco tempo dalla sottrazione delle deleghe alla Sanità per l'allora Assessore Augusto Battaglia, non c'è più stato un Assessore alla Sanità. Le sue funzioni sono state ricoperte dal Commissario Straordinario Piero Marrazzo e dal Commissario Morlacco. A febbraio 2009 il Presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo ha dato la delega al Vice Presidente della Regione, Esterino Montino, per quanto concerne gli ambiti della Sanità che non fanno parte del Piano di rientro. Dopo la recente autosospensione divenuta poi dimissione del Presidente Marrazzo è stato designato Commissario Straordinario alla Sanità per la Regione Lazio Elio Guzzanti. A prescindere dalle vicende dell'ex Presidente Marrazzo, quello che ancora non è stato restituito dal Governo ai cittadini del Lazio sono almeno 1,5 miliardi di euro che spettava loro per i servizi, perché quel miliardo e mezzo si è costituito con le tasse pagate dagli stessi cittadini negli anni 2007 e 2008, altro non è se non l'IRAP e l'IRPEF pagati per due anni oltre ai residui del fondo sanitario del 2004 e 2005. Allo stesso modo sono bloccati anche i 2,5 miliardi di euro che costituiscono il piano di rientro per il commissariamento della Sanità della Regione. Sforzi sono stati compiuti ed elargiti, da pare del Governo, piccoli finanziamenti a pioggia per consentire lo svolgimento delle basilari funzioni dell'Assessorato alla Sanità. Così come il Governo ha avuto modo, attraverso le periodiche verifiche dei tavoli tecnici, di valutare e considerare che la Regione, seppur tra mille difficoltà, non ha aggravato ulteriormente la propria posizione finanziaria e al contempo ha cercato di assicurare uno standard minimo dei servizi. Il problema, a questo punto, appare di rilevanza esclusivamente politica. Non può trattarsi di mera coincidenza il fatto che il Governo continui a bloccare lo stanziamento dei 4 miliardi di euro proprio in vista delle prossime elezioni regionali. Anche la mente meno maliziosa ed ingenua arriverebbe a ipotizzare una sorta di ricatto e provocata capitolazione. A questo punto bisognerebbe spiegare a tutti i soggetti, veramente tutti, dai costruttori agli operatori sanitari alle cooperative sociali, che l'oggetto della propria protesta non deve essere la Regione e il suo operato, bensì il Governo. David Giacanelli La ricetta è tratta dal ricettario che hanno fatto i ragazzi del semiresidenziale di Bagno a Ripoli 33 Claudia - Davide - Marco - Mario con l’operatrice Maria Grazia Apicella. tempi di preparazione: 10 minuti. Pagina preparazione: sciacquare le fragole e tagliarle a pezzetti, mettere nella coppetta prima la panna montata poi le fragole, aggiungere un cucchiaio di zucchero e sopra gli amaretti interi. 13.02 ingredienti: -250 g di fragole; - 2 hg di panna montata; - 8 amaretti; - 4 cucchiai di zucchero. 07/12/2009 per 4 persone Fragole con Panna e Amaretti 2009_12_03b.qxd 9 la ricetta 8|9 2009_12_03b.qxd 07/12/2009 13.03 Pagina 10 la storia Pozzoromolo - L.R. Carrino Meridiano zero Edizioni, Padova 2009 L'esempio è banale, ma è come se non ci fosse una corrispondenza, a partire da un piano linguistico, tra lui e il mondo che lo circonda. È un troppo, quello di D., che non è mai abbastanza. Mai abbastanza parole, mai abbastanza caffè o cappuccino, mai abbastanza calmo. È come riempire un cassetto senza fondo, come chiudere una finestra senza vetri. C'è sempre troppo vuoto, troppo freddo. La quantità lo esaspera, e il tempo che passa troppo lentamente, pure. Spesso chiede (anche in piena estate) quanto manca al 31 dicembre; gli ho sentito chiedere se sono tanti o pochi 40 giorni, chiedere - pur sapendo benissimo leggere l'orologio - che ore sono per diciassette volte in un'ora o, alle nove e trentasette del mattino chiedere quanto manca a mezzanotte e mezza. A nulla vale regalargli sveglie e calendari, inesorabilmente volano dalla finestra. Una delle prime cose che mi ha colpito di D., sin da quando l'ho conosciuto, sei anni fa, al COES, è stato l'uso che fa dell'aggettivo troppo. Sono stato troppo bravo Ho dormito troppo bene Mi fa male troppo la testa È come se troppo fosse l'unico avverbio di quantità che possa permettersi, anche in relazione a misure diciamo così, "giuste". Il dizionario Devoto - Oli però parla chiaro in proposito; troppo: in misura eccessiva o superiore al "normale"/ … più del dovuto, superfluo, inopportuno /.. in misura maggiore del giusto, del conveniente… Ed è in questa accezione che troppo è anche l'aggettivo più usato per definire D. da chi lo conosce e si occupa di lui (operatori, familiari, assistenti…): D. mangia troppo e troppo velocemente, beve troppi caffè, è troppo agitato, troppo furbo, D. c'ha troppe ossessioni, fa cose troppo strane, è troppo loquace o (se è in fase di chiusura) troppo taciturno, provoca troppo, c'ha la glicemia troppo alta, D. è troppo bello (vabbe', questo magari sono solo io a dirlo). Ancora mi colpisce che a fare da contraltare a questo troppo c'è un niente o, volendo, un troppo poco: troppe poche informazioni, niente o poco più di niente diagnosi (psicosi schizofrenica, una categoria diagnostica forse troppo ampia), poca storia, niente storia. D. ha 45 anni e fino ai 13 era "normale". Andava a scuola (studiavo la storia di Napoleone quando andavo alla scuola media), era bravo (alla domanda, "dimmi una città con la O." risponde, senza esitazioni, Oslo), giocava con gli altri bambini (a pallone, non in porta, ero attaccante.. poi andavo pure sul triciclo). Poi ha cominciato a fare cose troppo strane, come non voler uscire di casa, nascondersi sotto al letto, a essere troppo oppositivo, o anche aggressivo. Seguono visite specialistiche, un ricovero (all'ospedale di cura, dice D., stavo bene, avevo degli amici). La storia familiare è troppo confusa, e davvero poi alla fine non ci si capisce niente. L'arrivo al COES che frequenta tutte le mattine e da, un paio d'anni, il trasferimento in una casa famiglia ché a casa era troppo agitato e spesso troppo aggressivo, con la madre, soprattutto, che è troppo vecchia e troppo stanca per riuscire a contenerlo. Forse sono un po' troppo pochi questi elementi per rac- "Se tu fai qualcosa di troppo, un grido di troppo, un pensiero di troppo, un movimento di troppo, allora ti mettono a dormire, ti mettono sulla panchina piena di grazia e di immobilità, (…). Se tu fai tu, se tu fai quello che sei, quello che ti senti, quello che la testa ti dice, allora diventi troppo, troppo tempo da perdere per parlarti, ascoltarti, o solo per starti vicino (…)" del troppo e del n 2009_12_03b.qxd 07/12/2009 13.03 Pagina 11 contare la storia di D. Ho pensato allora di chiedere a lui… perché non chiedere aiuto al diretto interessato? D'altronde, penso, chi più di lui può saperne della sua storia. Così l'altro giorno gli ho chiesto di raccontarmi qualcosa di sé.. D: sono D., sono di Roma MG: sì, questo lo so… mi dici però qualcosa di te che non so e che pensi dovrei sapere.. qualcosa che ti fa piacere che io sappia? D: sono bravo, simpatico e antipatico, gentile, serio, ignoto, intelligente, fragile, debole. Mi ha risposto così, con questa sfilza di aggettivi, pescati chissà dove ma che - paradossalmente trovo tutti rispondenti alla realtà o meglio alla mia realtà, a quello che io penso (o mi piace pensare) di D. Penso che le parole che ognuno di noi usa, non sono mai parole a caso. Sono importanti le parole e, anche se non vogliamo, a volte è necessario e automatico chiamare le cose col proprio nome. Credo che quella sfilza di aggettivi pensati e pronunciati, non siano casuali. Ovvio che quell'"ignoto" ancora mi risuona. Ignoto, penso, come un milite (ma chi è il nemico?).. Ma questa, sento, è una via pericolosa. Preferisco allora farmi rassicurare da questo non conosciuto, non identificato né identificabile e fermarmi. Il rischio di perdersi in facili e inutili interpretazioni è alto e mi allontana dall'obiettivo che mi ero posta e cioè raccontare la storia di D. Penso che raccontare la storia di un'altra persona non è mai un'operazione semplice, nel caso di D., me ne sto accorgendo ora, lo è ancora meno. Non potendo raccontare quello che non so, racconto allora quello che vedo. Fino a qualche settimana fa era esposto al COES, su una parete nel corridoio, un quadro (acrilico su tela) fatto da D. durante l'attività di terapia occupazionale, nel troppo poco tempo di attenzione che riesce a dedicare a una qualunque attività. Da lontano mi sembrava semplicemente un'enorme macchia nera su fondo bianco. Avvicinandomi, si intravedeva sotto la coltre di nero, una sorta di volto umano. Accanto al disegno, il titolo. el niente: D. D. mero u n n u ci dici , o i z i r nta?" a - "Mau v o n e tra uno - "91" Con la sua grafia troppo grande e quindi inadeguata per lo spazio a disposizione, troppo irregolare, con le lettere troppo scollegate e scoordinate tra loro, D. ha scritto: l'egiziano fantasma. Più del quadro, più del disegno, mi ha colpito il titolo. Se penso egiziano, penso alla Storia. L'antica civiltà egizia mi fa pensare alla Storia che si studiava a scuola, mi fa pensare all'archeologia, ai tesori nascosti nelle piramidi. Penso a tutto ciò, e penso alla storia, quella di D., come a un fantasma, qualcosa che non c'è, che non c'è più ma che un tempo c'era. Qualcosa di immateriale eppure concreto, qualcosa che forse fa spavento. Ripenso a questo quadro e penso a D., alla sua (non)storia troppo spaventosa o troppo evanescente per poter essere raccontata. Più che alla storia, forse però dovrei pensare ai frammenti della sua storia, quelli che in maniera - mi si perdoni il gioco di parole - frammentata, ho cercato di riportare qui. Penso a D., alla sua storia, e penso allora a un puzzle scomposto con i pezzetti sparsi nei posti più impensabili, alcuni irrimediabilmente persi. Una volta ho sentito un professore parlare dei pazienti schizofrenici come persone in possesso di perle bellissime e meravigliose, senza però avere il filo (inteso come capacità/possibilità di integrazione delle parti) per farne collane. Penso a D. e penso a una collana di perle senza filo. Penso anche che i nostri, di fili, sono troppo corti, inadeguati, per infilare tutte le perle. Maria Grazia D'Avino 10 | 11 2009_12_03b.qxd 07/12/2009 13.03 Pagina 12 Aktion T4 Aktion T4 o più semplicemente T4, è la denominazione del progetto che portò all'uccisione degli adulti disabili. Il termine nasce dal nome di una via di Berlino, Tiergarten Straße, in cui si trovava, al numero 4, l'ufficio responsabile dell'attuazione di questo progetto. Era una villa immersa nel verde, confiscata ad una famiglia ebrea. Quest'azione di sterminio, perpetrata dai nazisti nei confronti delle persone con disabiltà, si sviluppò in Germania e nei territori occupati a partire dall'1 settembre del 1939 rappresentando l'epilogo di una politica razzista basata su principi biologici che aveva come obiettivo la creazione di uno stato "razziale puro". L'intento nazista si manifestò fin dal 1933, quando Hitler divenne Cancelliere del Reich, con la legge del 23 giugno 1933, entrata in vigore il 25 luglio, che intendeva "prevenire la nascita di bambini affetti da malattie ereditarie". Si istituirono Tribunali incaricati di giudicare sulla sanità ereditaria e ordinarne in alcuni casi la sterilizzazione. Secondo la visione nazista di purificazione razziale con questa legge si voleva prevenire l'insorgenza di malattie ereditarie nelle nuove generazioni. Fu introdotto l'obbligo della sterilizzazione per individui affetti da svariati disturbi fisici e mentali, ma esso venne applicato a una grande varietà di condizioni: cecità, sordità, difetti congeniti e stati di invalidità come piede deformato da talismo, labbro leporino e palatoschisi. Si stima che tra il luglio del '33 e l'inizio della guerra furono sterilizzate a vario titolo circa 300.000 persone, il 60% donne, ma nei cinque anni successivi la cifra crebbe a dismisura. L'offensiva nei confronti dei disabili non si limitò alla sterilizzazione e alla riduzione dei livelli di assistenza; nella primavera del '39 furono adottati provvedimenti di "eutanasia" nei confronti di bambini sotto i tre anni di età affetti da "gravi malattie ereditarie". Per legittimare le disposizioni del programma "eutanasia" il Ministero dell'Interno il 18 agosto 1939 emanò un decreto con il quale ordinò alle ostetriche e ai medici di dichiarare tutti i bambini nati con specifiche patologie quali sindrome di Down, microcefalia e idrocefalia, deformità, paralisi. Dovevano essere dichiarati anche i bambini sotto i tre anni che presentavano tali patologie. Dopo essere stati schedati, i bambini selezionati venivano trasferiti in reparti specializzati, istituiti presso gli ospedali psichiatrici, dove venivano uccisi con somministrazione di farmaci sovradosati per camuffare l'avvelenamento. Almeno 5.000 bambini trovarono così la morte. La politica di uccisione degli adulti disabili fu avviata ufficialmente con una lettera inviata da Hitler nell'ottobre 1939 "Al capo [della Cancelleria] del Reich Bouhler e al dottor Brandt viene affidata la responsabilità di espandere l'autorità dei medici, che devono essere designati per nome, perché ai pazienti considerati incurabili secondo il miglior giudizio umano disponibile del loro stato di salute possa essere concessa una morte pietosa." La lettera fu retrodatata 1 settembre 1939 per fornire copertura ad uccisioni già avvenute e collegare il programma "eutanasia" al conflitto bellico iniziato con l'invasione della Polonia, ma l'azione di sterminio era già definita dal punto di vista ideologico e programmatico nei criteri di eugenetica che negli anni precedenti avevano prodotto la sterilizzazione di massa delle persone ritenute inidonee alla procreazione di individui in linea con le caratteristiche della razza ariana. Fu attuata con determinazione e portata avanti con criteri che potremmo definire "industriali". Prevedeva un iter meticoloso e controllato, con il coinvolgimento di personale medico, amministrativo e tecnico, e la creazione ex-novo di apparecchiature dalla tecnologia innovativa. Va sottolineato che molte persone ricoverate negli istituti non erano pazienti psichiatrici, ma solo individui che soffrivano di menomazioni fisiche, ad esempio ciechi, sordi, muti, epilettici e frenastenici. Tutte queste persone, in omaggio ai criteri dell'eu- 2009_12_03b.qxd 07/12/2009 13.03 Pagina 13 genetica e ai programmi di rinnovamento della razza, furono schedate e successivamente uccise. I pazienti erano giudicati non solo in base alle loro condizioni di salute, ma anche in base alla loro capacità lavorativa. Tutti i pazienti incapaci di lavorare o coloro in grado di svolgere soltanto lavori di routine considerati non produttivi erano inclusi nell'elenco delle vittime. L'Aktion T4 prevedeva l'uccisione di una massa enorme di persone e i medici del regime ritennero inadeguato l'uso dei farmaci letali già utilizzati per l'uccisione dei bambini. Fu necessario mettere a punto un metodo di sterminio con caratteristiche innovative. Vennero così ideati i centri di uccisione, che sarebbero diventati il simbolo della Germania nazista. Fu in quell'occasione che fu scelto, studiato, sperimentato e messo a punto il metodo di uccisione che utilizzò il gas come strumento di morte. Fra il dicembre '39 ed il gennaio '40, i dirigenti della T4 decisero di sperimentare una camera a gas. Fu scelto a tale scopo un vecchio edificio carcerario a Brandeburgo, inutilizzato dal 1932, nel quale fu predisposto il prototipo di camera a gas. Parteciparono alla dimostrazione medici della T4 e chimici, inoltre era presente anche Christian Wirth, funzionario di polizia a Stoccarda, futuro sovrintendente dei lager di Belzec Sobibor Treblinka e comandante del lager di San Sabba. Per due giorni venne fornita una dimostrazione del metodo di soppressione mediante gas asfissiante ed i soggetti che lo sperimentarono furono alcuni pazienti disabili che erano stati selezionati per essere soppressi col metodo dell'iniezione letale. L'uccisione mediante monossido di carbonio venne estesa nei sei centri di uccisione dell'Aktion T4, appositamente collocati presso ex-ospedali o case di cura, nelle località di Hartheim, Sonnestein, Grafeneck, Hadamar, Brandeburgo, Bernburg. Al processo di Norimberga Viktor Brack descrisse come furono progettate le camere a gas nei centri di uccisione: "Non fu costruita una camera a gas speciale. Fu utilizzata una stanza appropriata dell'ospedale, una stanza adiacente al reparto di accoglienza… Questa fu trasformata in una camera a gas. Essa fu sigillata, fu munita di porte e finestre speciali e quindi fu approntato un condotto di gas lungo alcuni metri, una sorta di tubo su cui erano stati praticati dei fori. Fuori di questa stanza c'era una bombola con l'apparato necessario, gli strumenti necessari, un manometro ecc.." (Trascrizione atti processuali p.7652) Alcuni rapporti statistici sul numero dei pazienti uccisi furono recuperati dai soldati americani da una cassaforte ad Hartheim. Secondo tale statistica il numero delle vittime eliminate nei 6 centri di uccisione nel 1940-1941 era 70.273. Tuttavia, dopo la guerra, i Pubblici Ministeri, sulla base di documenti disponibili ed interrogatori, si convinsero che la cifra più verosimile fosse 80.000 se non più elevata. A questa cifra va aggiunto il numero delle persone disabili uccise con somministrazione di farmaci e fame, tra cui i 5.000 bambini. Durante la seconda metà del 1940 si diffusero voci su quanto accadeva nei centri tedeschi di uccisione e ciò generò malumore e inquietudine tra la popolazione. Il centro di Brandeburgo fu chiuso a causa del crematorio e dell'odore avvertito in città, quello di Grafeneck fu chiuso per l'ostilità degli abitanti del luogo, ma furono sostituiti dai centri di Bernburg e Hadamar. L'opposizione delle chiese si fece sentire alla fine dell'estate del 1940, quando il numero delle uccisioni era già rilevante e culminò con la protesta del conte Clemens August von Galen, vescovo di Munster, che pronunciò un vibrante sermone di denuncia, letto in tutte le chiese della sua diocesi. Il 24 agosto 1941 Hitler ordinò la fine dell'Aktion T4. La storia popolare ha attribuito all'opposizione da parte delle chiese il merito di questa revoca dell'operazione di sterminio. Tuttavia è assai probabile che l'influenza delle chiese sia stata marginale e che Hitler sia stato spinto a dare il cosiddetto ordine di sospensione soprattutto a causa della progressiva diffusione delle notizie relative alla morte dei pazienti ricoverati in ospedali e case di cura e dell'ampia risonanza pubblica di tali fatti. L'ordine di sospensione provocò la chiusura dei centri di uccisione, ma non pose termine all'eliminazione degli individui considerati "indegni di vivere". Il progetto di sterminio T4 fu esteso ai campi di concentramento e fu chiamato "trattamento speciale 14f13". I prigionieri venivano selezionati e trasferiti nelle camere a gas dei centri di uccisione della T4. Il codice 14f13 era il numero d'archivio utilizzato dall'Ispettorato dei campi per riferirsi all'uccisione di questi prigionieri. Le vittime erano preselezionate dai medici delle SS e successivamente dai medici della T4 che, utilizzando i già collaudati questionari, si recavano nei campi per individuare quelle effettive da eliminare. I criteri di selezione si dovevano basare sulla presenza di malattie fisiche incurabili inabilitanti al lavoro, ma la selezione seguì anche criteri eugenetici e razziali includendo disabili, ebrei, prigionieri con precedenti penali e antisociali. Le vittime dell'operazione 14f13 furono uccise con il gas nei centri di uccisione di Sonnenstein e Bernburg fino al 1943, quando la 14f13 fu sospesa, ma ad Hartheim proseguirono le uccisioni fino alla fine del 1944. Il numero dei prigionieri uccisi è probabilmente vicino a 20.000. La collaborazione tra SS e T4, che culminò nelle operazioni di sterminio ad Est, costituì un anello di congiunzione tra il programma eutanasia e la soluzione finale. L'omicidio di massa dei disabili proseguì con altri mezzi fino al 1945. Medici ed infermieri uccisero gli adulti disabili somministrando loro pastiglie, praticando iniezioni o lasciandoli morire di fame. Francesco Brugioni 12 | 13 2009_12_03b.qxd 07/12/2009 13.03 Pagina 14 "In memoriam": storia di una mostra viduale di chi si vide strappare gli affetti più cari proprio da coloro ai quali Nel 1980, in un periodo nel quale una nuova generaerano stati affidati perché bisognosi di cure. Ci troviamo di fronte a casi chiazione di psichiatri, influenzati dalle teorie e proposte di mati per nome, quindi definibili, riconoscibili, che potrebbero essere anche Basaglia, intendeva realizzare la riforma della psichiaquelli di ciascuno di noi o del vicino della porta accanto. Incontriamo Ernst tria de-istituzionalizzando i pazienti ricoverati negli istiLossa, un ragazzino di 12 anni e lo seguiamo negli ultimi 2 anni della sua vita. tuti, il dott. Michael von Cranach divenne Direttore È un ragazzino vivace, forte, agile, svelto, furbo, è servizievole se preso nel dell'Ospedale psichiatrico di Kaufbeuren. Fu subito verso giusto, ma ha una "fantasia troppo sviluppata che non gli permette di chiaro che ciò che aveva intenzione di attuare non concentrarsi sui compiti". E poi ruba tutto quello che vede, ha pensieri sporpoteva avere inizio senza fare luce sul terribile passato chi, "che possono costituire un pericolo per i suoi compagni". che riguardava i pazienti uccisi nelle stanze dove quotiViene "eutanasizzato" con una iniezione di Morfina-Scopolamina. dianamente egli stesso lavorava. Alcuni infermieri, così La mostra ci conduce poi attraverso gli esperimenti medici che venivano concome alcuni pazienti, avevano personalmente vissuto dotti su bambini. Anche qui seguiamo, attraverso uno scambio di lettere tra tali azioni, e quel passato, del quale a lungo non si era un ricercatore e il direttore di un istituto psichiatrico, la lunga e penosa agoparlato e che era rimasto irrisolto, era presente, come nia di Anton, Alois, Hans, Rosa e Ida, cinque bambini sottoposti a terribili una nebbia, sopra l'intero istituto, paralizzando le esperimenti per vedere gli effetti devastanti provocati da un vaccino contro necessarie azioni di riforma. la tubercolosi. Per il dott. von Cranach era diventato evidente che E, sempre attraverso questa mostra, si può conoscere a quali vette di crudelportare luce dentro tale buio era un prerequisito di tà si possa arrivare, nell'invenzione, per esempio, della cosiddetta "Dieta E", ogni attività innovativa e con un gruppo di colleghi iniuna dieta totalmente priva di grassi che provocava la morte per fame, proziò le ricerche presso gli archivi dell'ospedale, interviposta dal primario bavarese e adottata poi nella quasi totalità degli istituti stò testimoni, cercò materiale tramite la letteratura e psichiatrici. Nell'ospedale di Kaufbeuren trovarono la morte anche le persole cartelle cliniche e, in questo modo, ricostruì la storia ne deportate dell'est, gli Ostarbeiter. Nella mostra è documentata la storia di dell'ospedale durante il nazismo e, più tardi, tramite Maria, ucraina uccisa con numerosi elettroshock e farmaci. una esauriente ricerca relativa a tutti gli ospedali della La mostra ci porta infine a dopo la guerra, al processo di Norimberga, ai Baviera, il retroscena di quegli eventi. medici nazisti, allo strano silenzio che ne è seguito e che si è protratto per Nel 1999, in occasione del quadriennale Congresso oltre venti anni, fino a quando una nuova generazione di psichiatri ha sentiinternazionale di Psichiatria che si svolse, per la prima to il bisogno di alzare la pesante cortina di silenzio e fare i conti con un pasvolta in Germania dopo la guerra, ad Amburgo, la sato che era stato solo rimosso ma non elaborato e che dunque sempre si Società Tedesca di Psichiatria decise, non senza qualripresentava ingombrante e imbarazzante. che insicurezza ed esitazione, di documentare ciò che accadde durante il nazismo ai pazienti psichiatrici e La mostra è stata donata all'Associazione AVI - Agenzia per la Vita diede al dott. von Cranach l'incarico di realizzarla. Indipendente onlus - che da anni ha avviato ricerche ed iniziative per racconLa mostra illustra le fasi che portarono all'uccisione tare questa pagina di storia ancora poco nota. delle persone disabili dal 1940 al 1945. La mostra ci La mostra è stata presentata a Roma nel 2006 all'Auditorium Parco della parla di tutto questo utilizzando documenti e testimomusica in occasione del Convegno "Crimini dimenticati" organizzato con il nianze riguardanti singoli casi. E attraverso le lettere Comune di Roma - Ufficio del Delegato del Sindaco per le politiche dell'handisperate della mamma di Elizabeth che chiede notizie dicap. circa l'improvviso trasferimento della sua bambina, o La mostra è esposta permanentemente all'ex-manicomio Santa Maria della quelle della moglie di Franz, veterano della prima guerpietà di Roma.. Fancesco Brugioni ra mondiale, si mette a fuoco il dolore, la tragedia indiSi ringrazia per la collaborazione Silvia Cutrera 2009_12_03b.qxd 07/12/2009 13.03 Pagina 15 versi poetici ‘’ inverno È Iniziato il maledetto e cattivo tempo, cadono le foglie e fa freddo, è emozionante quando vedi la gente che cammina, ma d'inverno non senti nemmeno nessuno solo il miagolio dei gatti. Il cattivo tempo. L'aurora è cosi lontana: solo il rumore delle macchine e gli autobus che corrono. Quanto è lontana l'estate piena di sole ma adesso solo giacconi. Stefano C. 14 | 15 2009_12_03b.qxd 07/12/2009 13.03 Pagina 16 ’ ACCESSIBILITA DELLE AREE VERDI Per "aree verdi" s'intendono sia le sistemazioni urbane (giardini pubblici, parchi urbani, aree gioco per bambini), che quelle extraurbane (parchi naturali, sentieri ed itinerari naturalistici, aree balneari), ovvero quei luoghi in cui si possono svolgere attività di carattere ludico, ricreativo e del tempo libero a contatto con la natura. re studiato in modo tale da consentire la scelta tra più alternative, rispetto alla lunghezza del tragitto e deve dare la possibilità di effettuare, in determinati punti, delle scorciatoie. Aree per la sosta Le aree per la sosta, con posizione prossima ai parcheggi, ai giardini e lungo i percorsi, rivestono una grande importanza per gli anziani, oltre che per i disabili mentali. La funzione è quella di consentire il riposo, la riflessione e la socializzazione tra le persone, pertanto devono essere confortevoli e devono essere attrezzate con una serie d'oggetti di pratico utilizzo, quali cestini portarifiuti, fontanelle per bere, pannelli informativi, ecc. L'area di sosta dovrebbe essere protetta per una parte da una pensilina o da alberi che portano ombra e prevedere uno spazio per la sedia a ruote o per un passeggino accanto alla panchina; quest'ultima deve essere dotata di braccioli, per consentire alle persone anziane di sollevarsi più facilmente. È opportuno che le aree per la sosta, attrezzate con almeno una panchina, siano collocate lungo i sentieri/percorsi circa ogni 200 m. Di "verde" si parla molto all'interno della città ed anche la normativa italiana è ben orientata, in tal senso, tanto alla tutela del valore ecologico ed ambientale che tali aree rivestono, quanto al riconoscimento della loro funzione di servizio di uso pubblico. Tuttavia le aree verdi, urbane ed extraurbane, sono spesso in stato di degrado, difficilmente accessibili ai disabili, ma anche scarsamente fruibili dai cosiddetti "normodotati". Spazi verdi che presentano soluzioni particolari a favore dei disabili mentali sono ancora una chimera: si tratta di rari interventi di giardini pensati per malati di Alzheimer o giardini plurisensoriali, che favoriscono l'orientamento dei disabili sensoriali e mentali e stimolano i diversi sensi, con luoghi "calmi" e "sicuri" dove poter sostare. Poco diffuse, ancora, le aree gioco per bambini Attrezzature di servizio ed arredo che possono essere utilizzate diversamente La fruibilità e il comfort di un'area verde da persone con diverse abilità, favorendo dipendono molto dalla presenza di attrezzatul'integrazione dei bambini disabili. re e servizi. Innanzitutto si devono prevedere servizi igienici accessibili, dimensionati Caratteristiche generali delle aree verdi opportunamente sulla base degli spazi di accessibili manovra della sedia a ruote. Si devono poi Prima di parlare di spazi verdi e giardini idea- prevedere una serie di oggetti di arredo li per la disabilità mentale, può essere utile (sistemi di seduta, appoggi ischiatici, fontacapire, dal punto di vista architettonico, quali nelle per bere, cestini portarifiuti, portabicisono gli elementi di base dell'accessibilità, clette) e punti informativi utilizzabili anche dai utile a garantire la fruizione da parte di tutti. Punti d'ingresso In punti di facile accesso al giardino/parco si devono prevedere parcheggi con posti auto riservati ai possessori di contrassegno. L'ingresso deve essere accessibile alla sedia a ruote, con dissuasori che inibiscano, però, l'accesso ai motocicli. Percorsi interni all'area verde Il tappeto erboso può risultare difficilmente fruibile da disabili su sedia a ruote, quindi si devono prevedere percorsi pavimentati che colleghino le strutture d'uso pubblico all'interno del giardino o sentieri, in aree verdi più vaste, che presentino un fondo compatto. L'andamento dei percorsi, inoltre, deve esse- 2009_12_03b.qxd 07/12/2009 13.04 Pagina 17 non vedenti, che diano indicazioni precise sui percorsi di visita, che ognuno possa scegliere in funzione delle proprie esigenze personali e/o energie residue, su ciò che si trova lungo il tragitto e sulla posizione dei servizi. Percorso ginnico-s sportivo - Aree gioco bambini È opportuno che agli interventi di base per rendere il luogo accessibile, se ne accompagnino altri volti a realizzare aree attrezzate, fruibili da tutti, per lo sport ed il gioco, che costituiscono momenti importanti della vita nel giardino/parco, soprattutto per i bambini, per i quali possono essere luogo di condivisione e partecipazione alle reciproche diversità. Percorso - ginnico sportivo Per quanto attiene alle attrezzature sportive integrabili nei parchi urbani, risponde ai criteri di una corretta impostazione progettuale un particolare tipo di percorso ginnico-sportivo denominato "percorso vita". Un'installazione di questo tipo prevede una serie d'esercizi appositamente studiati da esperti psicomotricisti, eseguibili da tutti in piena libertà. Comprende esercizi d'abilità e coordinamento neuromuscolare, esercizi di respirazione e recupero, d'articolabilità, allungamento e rafforzamento muscolare. Il percorso è articolato in diverse "stazioni", che prevedono tracciati slalom, rampe, bersagli da colpire con palle in gommapiuma, canestri con sonagli (individuabili anche dai non vedenti), ed altre attrezzature che possono essere fruite in modo diverso da ciascuno. Questo tipo di spazio ludico-sportivo non è un ambiente riservato specificatamente ai disabili o agli anziani, ma un luogo dove, attraverso lo sport, può realmente nascere integrazione sociale. È, altresì, importante che percorsi sportivi di questo tipo siano flessibili, e lascino aperta la possibilità di essere variati o ampliati in momenti successivi. Giochi per bambini I giochi per i bambini, in un parco urbano, devono essere adeguati alle esigenze di un'utenza ampliata e contribuire a formare ed educare gli stessi ad una cultura della partecipazione e dell'integrazione, potendo riconoscere, da subito, nel momento del gioco, nella diversità degli altri una risorsa. Nei disabili mentali, come in tutti i bambini, la partecipazione al gioco, quale esso sia, costituisce un momento di crescita e di apprendimento. Dal punto di vista della struttura tali aree devono avere i requisiti di accessibilità già esplicitati in precedenza a proposito delle aree esterne. Devono essere attentamente considerati i materiali delle pavimentazioni, perché abbiano solidità, antisdrucciolevolezza e siano sicuri per i bambini con disabilità mentale. Le aree con sabbia devono essere recintate e chiaramente diversificate dalle altre zone. Gli oggetti d'arredo, alla pari di tutti quelli previsti nelle aree verdi, non devono presentare spigoli o sporgenze pericolose. Le aree gioco devono prevedere un'organizzazione in spazi dalle piccole dimensioni, dove i bambini possono giocare in piccoli gruppi, e in aree dalle grandi dimensioni per giochi che richiedono una maggiore estensione superficiale, in modo da poter essere utilizzate per differenti tipi di attività: per il gioco con la sabbia, per saltare, per giochi con l'acqua, per lo sport e per il giardinaggio. Attraverso alcune aggiunte e opportuni accorgimenti, infatti, si possono realizzare giochi che, a differenza di quelli attualmente in commercio e diffusi nei parchi urbani, sono fruibili da tutti i bambini, disabili e non. Si possono integrare ai giochi fontane d'acqua, suoni, piante odorose ed altri elementi naturali, che sollecitando le sensibilità tattili, acustiche ed olfattive di ogni bambino, consentono una migliore conoscenza del mondo della natura nella quale viviamo. I "Giochi dei sensi", per esempio, per il parco "Le strade e le piazze dei venti" dell'Anffas di Milano (progetto dell'Arch. Elena Brusa Pasquè) rispondono a questi requisiti: frutto di una ricerca in cui sono stati affrontati il tema del rispetto dei bambini, dell'ambiente e le problematiche relative alla disabilità psichica, motoria e sensoriale. Questo parco dei giochi "ideale" è un luogo dove si può esprimere lo spirito di competitività, di condivisione, di comunicazione e di divertimento. Matteo Clemente ”Mauri ', sa aerea i i qual è la co taliana mpagn ? Ali… ia Ali…” ”Alibab à” 16 | 17 2009_12_03b.qxd 07/12/2009 13.05 Pagina 18 la riabilitazione negata La lista d'attesa per accedere alle prestazioni riabilitative raggiunge ormai i 18/24 mesi in tutti i Centri di riabilitazione che si occupano prevalentemente di disabilità della sfera psichica (autismo, ritardo mentale, disturbi specifici dello sviluppo, disturbi dell'apprendimento e altre patologie che compromettono le funzioni cognitive), né va meglio a chi deve intraprendere un percorso riabilitativo più "facile" ad esempio un disturbo fonologico puro. La risposta che ci si trova costretti a porgere a quei genitori che chiedono aiuto per la loro situazione di difficoltà non ci piace ma siamo costretti a causa delle limitazioni imposte dalla Regione con i tagli generalizzati alla Sanità. Per Fra quanto tempo potrò avere le terapie per mio quest'anno è stato tagliato lo 8% della spesa per figlio? È la domanda che ogni genitore rivolge al i Centri di riabilitazione. Ma c'è anche la disatteCentro di riabilitazione presso il quale vorrebbe sa promessa di consentire a quei centri che portare il proprio figlio. hanno accolto i pazienti provenienti dall'ex IKT Ci spiace ma dovrà attendere almeno 18 mesi e (scandalo di Lady ASL) di aumentare i posti a forse anche 24. È la frase che tutti i genitori, disposizione come contropartita per evitare che che hanno il proprio figlio nella non felice condi- si determinasse un grave problema sociale e zione di affrontare una terapia riabilitativa, si sanitario visto che in quel malaffare si trovarono sentono rispondere. coinvolti loro malgrado anche circa 2500 perso- 2009_12_03b.qxd 07/12/2009 13.06 Pagina 19 ne, (tra adulti, adolescenti e bambini) che avevano effettivamente bisogno di essere assistite. Si aggiunga a tutto ciò un'inesistente programmazione sanitaria imputabile a tutte le Amministrazioni che fin qui si sono succedute a cui si somma anche il prevalere, talvolta, degli interessi privati al posto di quelli generali. La Regione fino a non molto tempo fa non aveva cognizione della domanda di riabilitazione esistente nel Lazio. Noi non siamo convinti che oggi la situazione sia mutata, se ciò fosse vero si sarebbe dovuto sapere che ci sono liste di attesa chilometriche presso i Centri di riabilitazione e dunque, non solo non si sarebbe dovuto tagliare in un comparto molto delicato ma anzi si sarebbe dovuto investire altre risorse. Si sa tuttavia che, mentre alcuni comparti "pesano" molto nella Sanità (basti pensare all'industria farmaceutica e alla spesa per i farmaci o alla spesa per l'ospedalità privata che la Regione affronta), la riabilitazione (che costa solo 234 milioni di euro l'anno a fronte di otto miliardi di euro del bilancio della Sanità) non ha voce in capitolo nel determinare le scelte politiche di indirizzo. Si aggiunga ancora che questa Amministrazione, nella figura dell'ex-Assessore alla Sanità, prima di essere commissariata dal Governo centrale si era chiusa in una sorta di torre d'avorio non ascoltando più nessun soggetto operativo, almeno non quelli della riabilitazione. Si è pensato solo a fronteggiare le emergenze come quella che si è creata con il caso di Anni Verdi che dopo essere entrata in crisi ha visto la Regione impegnata a trovare una soluzione inadeguata alle esigenze e senza sentire nessun soggetto già operativo nel settore. In questo quadro desolante si colloca la questione "marginale" delle liste di attesa. A tale proposito mi piace raccontare quanto mi è capitato di raccogliere dalla voce di un genitore che si è presentato presso il nostro Centro di riabilitazione Didasco cooperativa sociale. Si tratta di una famiglia che ha un bambino a cui è stato diagnosticato un disturbo dell'apprendimento, ebbene dopo avere compilato la scheda di presa in carico la mamma del bambino ha chiesto quando suo figlio avrebbe potuto iniziare la terapia, dunque la fatidica domanda è stata formulata e altrettanto fatalmente abbiamo dovuto segnalare che l'attesa sarebbe stata di circa due anni. Il più delle volte queste famiglie arrivano talmente provate che accettano qualunque situazione ma in questo caso questa signora si è rivelata molto combattiva e comunque molto determinata a capire come si possa arrivare a questo livello di ignavia. Le ho spiegato qual è la situazione della Regione e quella nostra in particolare, le ho spiegato che noi siamo accreditati per 60 trattamenti giornalieri e che altri 20 ne avremmo dovuti avere se la Regione avesse mantenuto le promesse fatte quando ci chiese di prendere i bambini che rimanevano senza assistenza dopo che l'IKT aveva cessato di operare a causa del malaffare. Dalle considerazioni che si sono sviluppate si è capito che questa mamma è anche orientata politicamente, cioè non pregiudizialmente ostile a questa Amministrazione Regionale, tuttavia non ha potuto non rilevare che la Regione ha realizzato il massimo dell'ingiustizia nei confronti della nostra cooperativa e comunque nei confronti di tutti quelli che hanno accolto i pazienti ex IKT, infatti le è risultato del tutto evidente che quei pazienti hanno ottenuto dei trattamenti riabilitativi che al proprio figlio sono negati. La prima considerazione che la signora ha fatto riguarda proprio l'ingiustizia che si è consumata sulla pelle di quanti non hanno avuto la "fortuna" di incappare in una faccenda come quella dell'IKT poiché gli altri, questi paria della società, devono attendere anni prima di essere ammessi ad un trattamento riabilitativo. Questi bambini, lei ha detto "mio figlio", dovrà aspettare tutti quei mesi perchè la Regione non ha mantenuto le promesse e mi ha domandato perchè non ci ribelliamo a questo stato di cose. Francamente la domanda mi ha veramente imbarazzato poiché la nostra cooperativa, insieme ad altri Centri di riabilitazione che si occupano prevalentemente di disabilità mentale, si è mossa anche con manifestazioni di piazza, ma purtroppo come si dice "non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire", e la Regione, in questo caso, e il sub-commissario di nomina governativa hanno veramente seri problemi alle orecchie. Sempre nel tentativo di placare un'ira montante ho provato a spiegare che le liste di attesa esistono in molti altri settori e che dunque nel nostro caso si è nella "norma" (mistero buffo); la signora ha giustamente ribattuto che è da paese 18 | 19 2009_12_03b.qxd 07/12/2009 13.06 Pagina 20 incivile non consentire l'accesso in tempi compatibili con le patologie alle necessarie cure e che suo figlio rischia di perdere il treno del recupero funzionale che si può ottenere solo intervenendo in una finestra temporale limitata legata all'età del paziente e non intervenendo indistintamente in qualunque periodo della vita; ha aggiunto con un moto di sconforto che se fosse ricca e potente non sarebbe certo in questa situazione di bisogno insoddisfatto. Come si può contestare la correttezza di tali affermazioni? Vorrei girare la domanda ai Dirigenti politici e amministrativi della Regione e vorrei fossero capaci di guardare in faccia le persone che hanno un problema di salute grave e vorrei che si sentissero sulla pelle l'ira di queste persone e vorrei che si sentissero come mi sono dovuto sentire io di fronte a questa mamma e davanti a tutte le famiglie alle quali si deve dire di ripassare dopo due anni circa. Volete sapere come si incrementa la spesa privata? Costruite una lista di attesa e avrete la risposta. La domanda ad un bisogno fondamentale trova riscontro nella spesa privata, sempre che chi vi ricorre sia in grado di sostenerla altrimenti si arrangi. Solo che una famiglia che ha un figlio con l'autismo o con un ritardo mentale medio-grave non è nelle condizioni di sostenere i costi privati delle terapie che sono oggettivamente salati. Nel campo della riabilitazione cognitiva e mentale in genere si è prevalentemente in presenza di patologie che durano l'intera vita del paziente, dunque anche la rotazione degli utenti dei centri è rallentata. Se un paziente con ictus ha un momento di ingresso e un tempo di permanenza nel Centro di terapia e, salvo complicazioni, anche un momento di dimissione, magari protetta ma pur sempre dimissione, nel caso delle patologie mentali tutto questo non avviene; dunque le porte sono appena socchiuse e il flusso è molto lento perciò si deve fare in modo che, valutando la domanda di riabilitazione, si adeguino i criteri di accesso e si consenta ai Centri specializzati di rispondere alle esigenze che provengono dal territorio. Si ammetta che c'è una domanda inevasa e si riconosca che la Regione non ha mantenuto le promesse incrementando anche per questa via l'allungarsi delle liste d'attesa. I Servizi territoriali delle ASL non sono in grado di dare risposte di medio-lungo periodo perciò si è determinato il sistema attuale che è una soluzione mista pubblico-privato capace di dare risposte operative concrete; se solo si riuscisse a fare in modo che la Pubblica Amministrazione programmasse e controllasse la domanda e l'offerta, fissando standard operativi realistici, coerenti con le tipologie delle varie patologie (poiché non tutte le situazioni sono uguali). La Regione può svolgere il compito programmatorio se solo avesse il coraggio politico di scegliere, ma come Manzoni fa dire a Don Abbondio: il coraggio chi non ce l'ha non se lo può dare. Elso Colarossi - "vogl io - "perc anda' in Bra sil hé - "le pi ? Che c'è in B e" an rasile c he ti p - "le pi tagioni" iace ta antagi nto?" oni di - "le pi che cos antagi a? oni di dinosa " uri" 2009_12_03b.qxd 07/12/2009 13.07 Pagina 21 Il futuro della libertà Noi Consigli non richiesti ai nati nel 1989 di Gianfranco Fini Rizzoli - 2009 Nel ventesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino, Gianfranco Fini prende spunto da quest'evento epocale per analizzare i radicali cambiamenti che il mondo ha vissuto negli ultimi anni e puntare lo sguardo al futuro. Ne "Il futuro della libertà", 166 pagine dedicate a "la prima generazione di italiani ed europei ad aver vissuto davvero in un'epoca di libertà, democrazia e possibilità…", il presidente della Camera racconta il "mondo di ieri" esortando i giovani a costruire quello di domani. È ora, venute meno le grandi opposizioni ideologiche, secondo Fini, il momento in cui è finalmente possibile lavorare per una nuova libertà, completa e allargata a tutti. Il testo, nella forma di una lettera rivolta ai giovani nati nel 1989, è colmo di citazioni più o meno notevoli, una parte importante è dedicata alle tragedie del "secolo breve" e leggendo si percepisce il senso di una battaglia vinta contro le ombre del passato, ma allo stesso tempo un invito a non abbassare la guardia, ad acquisire la consapevolezza che molto è stato fatto, ma bisogna raccogliere le forze, perché molto ancora bisogna fare. Gianfranco Fini non parla dell'attualità politica in senso stretto, non cita Berlusconi e gli altri leader, ma illustra ai giovani i valori sui quali puntare, sviscerando le problematiche che oggi caratterizzano la nostra società. Senza troppa ideologia e con moderazione, l'autore premette che non esiste una società perfetta, né dei migliori, e avverte dell'esigenza di capire il "nuovo", esamina con chiarezza questioni complesse come l'immigrazione, la cittadinanza, la ricerca scientifica, la laicità, su cui assume posizioni talvolta in contrasto con quelle prevalenti nel suo schieramento. Sulla fecondazione assistita, ad esempio, afferma che "mantenere una legislazione restrittiva significa rifiutarsi di conoscere il dramma di tante coppie sterili per le quali un figlio non è un capriccio", un'apertura che ritroviamo anche sul tema della "cittadinanza breve". Una sorpresa insomma? Non proprio; il presidente della Camera ci ha abituato ad un certo "non allineamento" e alla sua spiccata onestà intellettuale e questo libro di grandi stimoli dove prevale un sano ottimismo ne è la conferma. Loredana Conforti di Walter Veltroni Rizzoli - 2009 Forse il più bel romanzo di Walter Veltroni, che racconta la storia di "Noi" italiani attraverso quattro episodi e quattro giovani e giovanissimi protagonisti a circa venti anni di distanza l'uno dall'altro. Ogni racconto parla di un passaggio fondamentale della storia del nostro paese e di come, le diverse generazioni di italiani le hanno vissute, metabolizzate ed interpretate. Il romanzo inizia dall'origine della nostra storia democratica: il 1943, la guerra civile apertasi con la disgregazione del regime fascista. A raccontarlo è Giovanni, scioccato dalla tragedia dei bombardamenti del quartiere di San Lorenzo a Roma e dalle leggi razziali che impone ad una bambina ebrea, Giuditta, di rifugiarsi a casa sua per sfuggire alla persecuzione. Giovanni rappresenta quella generazione che, avendo conosciuto in prima persona la tragedia della guerra e del regime mussoliniano, ne porterà un ricordo sempre vivo e amerà la democrazia più di ogni altra cosa. Valori che rimangono vivi anche nella generazione successiva di italiani che, venti anni dopo, vivono in un contesto sociale, economico e politico assolutamente diverso: il boom economico degli anni sessanta, narrato nel secondo racconto in cui il protagonista è il figlio di Giovanni, Andrea. Il suo viaggio in macchina con il padre attraverso la neonata autostrada del Sole diventa il viaggio della scoperta di un'Italia finalmente unita: "Quel viaggio stava diventando anche una conquista di nuove frontiere di conoscenza e di consapevolezza". Saltando gli anni settanta, il terzo racconto ci porta direttamente negli anni ottanta, con il figlio di Andrea, Luca, undicenne, alle prese con una Società che si trasforma vertiginosamente attraverso le tragedie del terrorismo brigatista. Il romanzo si chiude con la generazione del futuro rappresentata da Nina, figlia di Luca. È questa, a mio avviso, la parte più affascinante e che più fa riflettere di questo romanzo "storico": il racconto più umano e politico allo stesso tempo, raccontato in perfetto stile veltroniano, ci parla della futura generazione. Quella che ha difficoltà a tenere il filo della storia e la memoria delle generazioni che l'hanno preceduta; quella generazione a cui non sono negati i diritti formali ma quelli sostanziali. Perché senza la certezza di un posto di lavoro, e del merito come condizione indispensabile per affermarsi, le generazioni future non potranno mai eguagliare o migliorare la condizione di vita dei nonni e dei padri che l'hanno precedute. Alessio Cecera i libri 20 | 21 2009_12_03b.qxd 07/12/2009 13.09 Pagina 22 ondando i gusti musicali dei ragazzi con cui lavoro, devo dire che ho scoperto un mondo per loro abbastanza variegato e ricco ed ho notato che hanno con la musica un rapporto bello e naturale direi quasi istintivo; il ritmo musicale è la loro seconda pelle, non fanno alcuno sforzo a coinvolgersi nei ritmi musicali di qualsiasi genere. La musica è qualcosa che gli appartiene in maniera coinvolgente, direi quasi viscerale. Senza contare poi l'attaccamento ai loro cantanti preferiti che vanno da Venditti a Claudio Baglioni, da Tiziano Ferro a Gigi D'Alessio a Laura Pausini, Jovanotti, Eros Ramazzotti, Fiorello, Renato Zero, Nek, Lucio Dalla, Pino Daniele, Fiorella Mannoia e chi più ne ha più ne metta. Ogni occasione, che sia un compleanno o altro, è buona per festeggiare ma, sempre, con la musica ed il ballo. Ricordo dei momenti, nel passato (visto che adesso non lavoro direttamente con loro), in cui per queste persone la bellezza e la sintonia dei movimenti con la musica era tutt'uno. Sarebbe interessante creare degli spazi musicali creativi anche per loro in base alle esigenze ed alla loro versatilità S i gusti musicali dei ragazzi artistica in generale. Il problema dei Centri su questo aspetto è che ormai con la parola magica "riabilitativo" - dal momento che tutto deve essere appropriato in base alle Direttive Regionali (direttive che spesso passano sulla testa delle persone), si fanno degli interventi che sono riabilitativi nella forma ma sostanzialmente non incidono in maniera efficace sulla persona. Se ci fosse una visione ad ampio spettro della riabilitazione con le persone disabili mentali, si potrebbe pensare ad uno spazio creativo per così dire normale, in cui queste persone possano trovare strumenti e competenze, per esprimere - pur con i loro disagi - la loro sensibilità attraverso la musica o altre forme espressive. Oggi che nessuno ci ascolta, che le Istituzioni sono sorde e si parla solo di rientro di budget, il disabile non viene visto, costa troppo. Su di loro non viene fatto nessun investimento, tant'è che siamo fermi a dieci anni fa. Ultimamente si sta addirittura pensando di spostare la maggior parte delle persone assistite dai Centri ex art.26 nel Sociale dove lì le risorse sono esigue, i disabili continueranno così a vivere nel limbo e se qualcosa verrà fatta con loro, è grazie all'impegno di chi ci lavora quotidianamente e continua a credere nel diritto di ognuno, disabile e non, a poter vivere la propria vita nella forma più dignitosa e rispettosa della propria e altrui persona. Maria Civiello 2009_12_03b.qxd 07/12/2009 13.11 Pagina Come è stato detto, i gusti musicali dei nostri ragazzi sono vari ed eterogenei, ecco alcune testimonianze raccolte dai diretti interessati. C'è chi apprezza i contemporanei.. Marco Carta è proprio un bel tipo, è intelligente; è un cantante di Amici, la trasmissione di Maria De Filippi. Mi piace perché è bello ma mi piace anche perché ha fatto un cd molto carino. Mi piacciono molto le sue canzoni soprattutto "la forza mia". La canto tutti i giorni con Fabio a musica. Sarah E chi invece ascolta i classici… Fabrizio De Andrè è un cantante italiano che è recentemente scomparso purtroppo. Era nato a Genova ed è morto di cancro. La sua carriera cominciò quando con la sua compagna Dori Ghezzi cantò canzoni bellissime. Messosi con il gruppo della PFM cantò dal vivo in vari teatri. Io mi ricordo i concerti al teatro tenda di Firenze e Bologna perché ho le cassette registrate dal vivo. Le sue canzoni sono tuttora ricordate come "bocca di rosa", "la canzone di Marinella" e tante altre. Stefano Anche se a volte un po' datati.. Mi piacciono quelli del Banco del Mutuo Soccorso. Ho scelto questo gruppo perché preferisco sempre gli stessi complessi degli anni '70 ad altri cantanti. Ho sentito la canzone "il ragno" e mi è piaciuta abbastanza ho provato a ascoltarli per conoscerli meglio così mi sono fatto registrare una cassetta, e quindi ho provato a metterla alcune volte e sì, mi piace. Stefano C'è chi è romantico… Claudio Baglioni è un cantante italiano molto simpatico. Le sue canzoni mi piacciono molto. L'anno scorso sono stata a vedere un suo concerto. Era bello. Francesca Di Claudio Baglioni mi piacciono le canzoni, ma anche lui mi piace. Mi piacerebbe andare a vedere un concerto all'Olimpico. Vederlo tutto sano, di persona è 23 molto meglio. Sarah Claudio Baglioni mi piace perché canta bene, e ha una bella voce. La mia canzone preferita è Sabato pomeriggio perché è una canzone d'amore anche se è un po' triste. Carla Gigi D'Alessio e' il mio cantante preferito. Mi piace come persona perché è generoso e anche perché canta bene. Le sue canzoni sono romantiche e quando le sento sono felice. Sarah Gigi D'Alessio mi piace più di Biagio Antonacci. Canta bene, e le sue canzoni sono romantiche soprattutto quelle che canta con Anna Tatangelo. La mia preferita è "un nuovo bacio". Valeria E chi è esperto.. Bob Marley: Nato nel 1941 a Sant'Ann in Giamaica, sposato con una donna che si chiamava Rita, è stato il fondatore dei Wailers con la moglie e due ragazze, ha suonato per stadi, tra cui anche San Siro a Milano e locali. Con il passare degli anni ha incontrato un suo amico con il nome di Peter Mac Intosch detto Peter Tosch. Tanti album sono stati fatti e interpretati, ma poi si è messo anche da solo. Ha avuto nel 1980 il cancro di cui morì. Ha avuto ben tredici figli dalla relazione con diverse donne. Rastafari è la sua religione. Le canzoni importanti citate da lui sono "Buffalo Soldier"," No Woman no Cry" , "Rastamen". Io penso che lui è stato un grande genio della musica contemporanea, un padre. È stato il primo fondatore della musica Reggae e Ska, dopo di lui tutti lo hanno imitato. Mi piacciono le sue performance ed il suo modo di vestire strano con quei capelli strani, e la sua musica che inneggia anche alla politica e alla Religione. Stefano Una brava pure è Beyoncè. L'ultima canzone, quasi l'ultima, di Beyoncè è "halo". Questo video mi piace perché è bella la canzone e lei balla pure bene, balla in palestra. Nel video lei sta con un uomo però non è il suo fidanzato, è un altro. Un'altra canzone che mi piace molto è quella con Shakira, "beautiful lier". Ma la mia preferita è "listen" perché mi piace la melodia ed è una canzone quasi d'amore perché abbiamo letto la traduzione e sembra quasi che si lasciano perché lui non ascolta. Ma la mia preferita in assoluto è Britney Spears. Ha fatto dei video carini, quello più carino per me è' "piece of me". Quello che non capisco è perché in questo video lei porta la parrucca. Valeria Infine, c'è posto anche per qualche nota di autoreferenzialità A me piace Alessio che canta "il castello fatato" ("la nostra favola" Gimmy Fontana ndr). Altre canzoni sono… Gianni Morandi, canta bene e l'altra canzone … la conosci "scende la pioggia"? Mi piacciono tanto, tantissimo queste canzoni, che le canto io. Alessio Antica o moderna, rock o lenta, romantica o trash, la musica, le canzoni, restano un fondamentale canale di espressione di tutti, dei "nostri" ragazzi, dei loro gusti, delle loro passioni, della loro personalità e diventano, per noi, veicolo di contatto e conoscenza. Maria Grazia D'Avino Abbiamo poi gli "esterofili" come Valeria A me piacciono gli Evanescence. Questo gruppo è di origini americane. La cantante è bravissima, si chiama Amy Lee ed è molto bella. È la mia cantante preferita. Gli Evanescence suonano un rock metal, molto duro ma bellissimo. Il disco che mi piace di più è il primo (Fallen) soprattutto la quarta (My immortal). 22 | 23 07/12/2009 13.11 Pagina 24 ariete: questo periodo rischia di vedervi scornare con qualche problema di troppo. Non impiegate più energie del dovuto. Non tutte le situazioni richiedono di abbassare la testa e partire in quarta con intenzioni bellicose. scorpione: riponete il pungiglione, e non avrete da pentirvene. Questo periodo non richiede sforzi, né necessita la vostra proverbiale calma e pazienza, rischiano a volte di farvi di stare sempre sul chi va là. Potete rilassarvi (se vi riesce) e starvene buoni buoni sotto il vostro sasso: niente e nessuno esitare in situazioni che invece oserà disturbarvi. andrebbero affrontate subito e di petto. Non temete, quindi, a scendefinalmente avete smesso di scornarvi re nell'arena anche se ciò dovesse con la vostra immagine allo specchio. Curate il mal di testa e comportare confrontarsi con matador guardatevi bene intorno. Cose buone e giuste "intralceranno" scaltri cui, siamo certi, riuscirete a il vostro cammino. tener testa. toro: capricorno: gemelli: voi, che di doppio ve acquario: accogliete tutto ciò che salterà nelle acque OROSCOPO 2009_12_03b.qxd ne intendete, non esitate nell'appog- calme e placide del vostro grembo. Saranno sicuramente buone occasioni, ottimi affari. La pesca sarà fruttuosa. giarvi alla vostra dolce metà in un periodo che potrebbe affaticarvi più del dovuto. Avrete comunque energie "per due" per far fronte agli inconvenienti che le stelle pongono sul vostro cammino. finalmente, sfuggiti al retino del dispettoso destino, potrete sguazzare come ultimamente avete faticato non poco, a più vi piace nelle calde acque del vostro pricausa della vostra andatura irregolare, per raggiungere la vato oceano. Qui, niente squali all'orizzonte. meta che vi siete prefissati. Finalmente però siete giunti, gli scogli sono finiti e si apre davanti a voi una distesa azzurra in cui tuffarvi e rinfrescarvi dopo tanto lavoro. pesci: cancro: leone: ve ne state quieti, riposando all'ombra, come dopo una battuta di caccia cui siete miracolosamente scampati. Godetevi il meritato riposo e lasciate che gli altri si prendano cura di voi trattandovi come un re… della foresta. vergine: calma piatta in ogni settore, soprattutto quello sentimentale. Smettete di perseguire (e perseguitare) eventuali partner e vedrete che presto qualcosa accadrà. Occorre saper aspettare. bilancia: non potete fare, come si dice, due pesi e due misure. Sappiate affrontare ogni situazione con la giusta dose di calma, pazienza, lungimiranza.. doti di cui non fate certo difetto. Evitate però l'approssimazione, insomma, occhio a non arrotondare sempre, soprattutto per eccesso. SEGNO DEL MESE sagittario: dopo tanti scossoni, dopo aver combattuto con estrema forza e coraggio contro nemici (veri e presunti) potete riporre le frecce e l'arco. Galoppate sicuri verso l'oasi che fa per voi, per riposare e recuperare tutte le energie che avete impiegato ultimamente.