epidemiologia e controllo della leishmaniosi
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epidemiologia e controllo della leishmaniosi
04 dossier © Virbac Zoonosi EPIDEMIOLOGIA E CONTROLLO DELLA LEISHMANIOSI Da sempre endemica nei Paesi che si affacciano sul mar Mediterraneo, la leishmaniosi sta sempre più ampliando i suoi areali di diffusione. Proprio per approfondire lo stato della diffusione di questa zoonosi, sia in ambito umano che veterinario, Resfiz (rete di epidemiosorveglianza francoitaliana delle zoonosi) ha recentemente organizzato una giornata di studio*. La Settimana Veterinaria - N°675 - 2 dicembre 2009 S empre più frequentemente si parla di “medicina unica”, intendendo la necessità e l’utilità di integrare ancor più le conoscenze della Medicina umana e della Veterinaria. Lo studio delle zoonosi e della loro gestione sanitaria risulta senza dubbio l’ambito privilegiato su cui svolgere tale confronto e collaborazione. In un simile contesto, un’importanza sempre più rilevante vanno assumendo le problematiche legate alle leishmaniosi (vedere riquadro 1); alcune di queste 05 1-Forme di leishmaniosi Situazione epidemiologica della leishmaniosi canina in Europa Leishmaniosi cutanea e mucosa (bottone di Aleppo, Baghdad o Delhi; ulcera d’Oriente; ulcera Espundia, Uta, Chiclero) Leishmania tropica Leishmania major Leishmania aethiopica Leishmania braziliensis Leishmania mexicana Leishmania infantum/chagasi Area endemica Casi importati Leishmaniosi viscerale (Kala-azar) Leishmania donovani Leishmania infantum Leishmania tropica Leishmania chagasi sono da sempre endemiche nei Paesi che si affacciano sul mar Mediterraneo e da diverso tempo stanno ampliando i propri areali di diffusione, grazie anche ai cambiamenti climatici in atto. Da più di dieci anni un esempio di “medicina unica” è concretamente rappresentato dal “Réseau d’épidemio-surveillance franco-italien des zoonoses” (Resfiz). Nata su iniziativa di diverse istituzioni veterinarie e mediche italiane e francesi, questa rete di epidemiosorveglianza opera prevalentemente sul territorio transfrontaliero e ha la propria sede principale presso il Laboratorio di parassitologia e micologia della Facoltà di Medicina di Nizza. Proprio il Resfiz, in collaborazione con l’Istituto zooprofilattico sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, l’Azienda sanitaria locale n. 1 imperiese e la Virbac, ha tenuto il 10 ottobre nella sala consiliare del Comune di Diano Marina una giornata di studio per approfondire lo stato della diffusione delle leishmaniosi, sia in ambito umano che veterinario, con particolare attenzione alla situazione del bacino del Mediterraneo. Attualità della diffusione delle leishmaniosi nel mondo Ventidue sono le specie di Leishmania in grado di causare la malattia nell’uomo in 88 Paesi presenti in tutti i continenti, con la sola esclusione geografica dell’Oceania, 370 milioni sono complessivamente le persone potenzialmente esposte al rischio di contrarre una delle forme di leishmaniosi (cutanea, cutaneomucosa, viscerale) e circa due milioni sono i casi effettivamente registrati ogni anno. In particolare, per quanto riguarda la leishmaniosi viscerale (antroponotica, zoonotica), è presente in 61 Paesi e in questi circa duecento milioni di persone sono esposte al rischio di ammalarsi, mentre a livello mondiale ogni anno vengono registrati cinquecentomila nuovi casi. La leishmaniosi viscerale antroponotica (LVA) sostenuta da Leishmania donovani, che ha l’uomo come unico reservoir, vede il 90% dei casi concentrarsi di fatto in soli cinque Paesi: India, Nepal, Bangladesh, Sudan e Brasile. Nel subcontinente indiano la maggior parte dei casi è registrata nello Stato di Bihar (sino al 2% di mortalità), mentre in Africa la situazione è particolarmente grave nella regione transfrontaliera tra il Sudan e l’Etiopia; invece, concentrati prevalentemente nella regione del nord-est, in Brasile ogni anno si verificano 4.000-5.000 casi, soprattutto in età pediatrica, a causa della malnutrizione. La leishmaniosi viscerale zoonotica (LVZ) sostenuta da Leishmania infantum vede nel cane il suo reservoir e interessa, oltre al Brasile, i Paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo: nei Paesi del Maghreb (Marocco, Algeria, Tunisia) si registrano diverse centinaia di casi di leishmaniosi viscerale ogni anno, che riguardano prevalentemente (95% dei casi) bambini al di sotto dei cinque anni di età. Leishmania infantum è anche responsabile di forme cutanee, ma assai spesso, a meno che non interessino il viso, le lesioni non sono importanti e in genere possono guarire spontaneamente; al contrario, la forma viscerale può risultare fatale se non prontamente diagnosticata e non adeguatamente curata. Gli studi sulle leishmaniosi già da molto tempo con- (Originale di P. Bourdeau, Precongres Esvd/Ecvd, Bled, Slovenia, settembre 2009) Casi autoctoni /Focolai fermano che attualmente ci si trova di fronte a fenomeni che sempre più rappresentano la punta di un iceberg, in considerazione soprattutto del fatto che i mezzi diagnostici sempre più raffinati dimostrano un’importante quota di soggetti asintomatici portatori, che possono rimanere tali indefinitivamente o ammalarsi anche molti anni dopo essersi infettati con la puntura di un flebotomo. La situazione franco-italiana In Francia la leishmaniosi viscerale zoonotica è attualmente limitata a venti Dipartimenti meridionali (vedere tabella 1) e i dati raccolti dal “Centre national de références des leishmania” (Cnrl) di Montpellier, che istituito nel 1988 svolge attività di consulenza e sorveglianza anche per i territori francesi d’oltremare, fanno notare come l’aumento dei casi autoctoni è in buona misura (40%) collegato alle coinfezioni favorite da stati immunitari compromessi (AIDS, trapiantati d’organi, malattie reumatiche autoimmuni). Le ricerche si stanno concentrando in particolare sull’accertamento della prevalenza dei portatori asintomatici umani e di quelli canini, e i dati sinora raccolti risultano estremamente interessanti, perché delineano scenari particolari e per alcuni versi inaspettati, a conferma dell’estrema complessità che lo studio dei focolai di leishmaniosi comporta: ad esempio nella zona di Nizza sono stati individuati più soggetti asintomatici nella popolazione umana che in quella canina, mettendo in discussione i parametri classici riguardanti le modalità di diffusione della malattia. ••• La Settimana Veterinaria - N°675 - 2 dicembre 2009 06 dossier Tab. 1 - Dipartimenti francesi interessati dalla leishmaniosi 04 Alpes de Haute Provence 06 Alpes Maritimes 09 Ariège 12 Aveyron 26 Drôme 31 Haute Garonne 48 Lozère 65 Hautes Pyrénées 81 Tam 84 Vaucluse 05 Hautes Alpes 07 Ardèche 11 Aude 13 Bouches du Rhône 30 Gard 34 Hérault 64 Pyrénées Atlantiques 66 Pyrénées Orientales 83 Var 98 Monaco Tab. 2 - Stadiazione dei cani affetti da leishmaniosi (Oliva et al., 2008) Stadio Definizione Descrizione A Esposto B Infetto C Malato D Malato con grave quadro clinico E Refrattario Recidivo Cane senza alterazioni patologiche dimostrabili; i test parassitologici sono negativi, ma sono evidenziabili titoli anticorpali specifici (non superiori a 4 volte il valore soglia del laboratorio di riferimento). I cani solitamente soggiornano o hanno soggiornato in un’area dove è accertata la presenza di flebotomi Cane senza alterazioni clinico-patologiche dimostrabili, nel quale è possibile mettere in evidenza il parassita sia con metodi diretti (microscopia, coltura o PCR) che indiretti (presenza di anticorpi specifici) Cane infetto, nel quale sia dimostrabile qualunque alterazione clinico-patologica riferibile a leishmaniosi e nel quale sia dimostrabile il parassita o titoli anticorpali superiori a 4 volte il valore soglia del laboratorio di riferimento Cane malato affetto da: (I) nefropatia proteinurica; (II) insufficienza renale cronica; (III) gravi malattie oculari che possano comportare la perdita funzionale e/o richiedano terapie immuno-depressanti; (IV) gravi malattie articolari che possano invalidare la funzione motoria e/o richiedano terapie immuno-depressanti; (V) gravi malattie concomitanti di natura infettiva, parassitaria, neoplastica, endocrina o dismetabolica Cane malato refrattario al trattamento Cane malato sottoposto a trattamento con recidiva precoce ••• Per quanto riguarda la situazione nel nostro Paese sono stati riferiti dati che confermano come, a partire dagli anni novanta, si siano registrati casi autoctoni di leishmaniosi canina nelle Regioni del nord-ovest. Le successive campagne di monitoraggio condotte hanno evidenziato diversi focolai in Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, rilevando un rischio in termini di sanità pubblica; allo scopo di valutarlo, nella Provincia di Asti sono state effettuate indagini sui cani, sulla popolazione umana e sui flebotomi vettori (35 stazioni di prelievo). Recentemente nuovi studi hanno ipotizzato che anche i carnivori selvatici possano mantenere il parassita all’interno delle loro popolazioni; per verificare più approfonditamente tale ipotesi sono stati analizzati campioni di sangue e tessuti prelevati da volpi e cani provenienti dalla Provincia di Imperia. I campioni provenienti da soggetti positivi alla PCR sono stati poi comparati per valutare i pattern circolanti nelle due specie (vedere intervista al dr. Wal- ter Mignone a pag. 10). Nella stessa area è stata inoltre effettuata un’indagine su gatti di proprietà, al fine di meglio chiarire l’epidemiologia della leishmaniosi in questa specie. I dati conclusivi delle diverse ricerche hanno dimostrato che i pattern delle volpi e dei cani non risultano sovrapponibili e che la sieroprevalenza sia nei cani che negli uomini è sorprendentemente alta. Novità terapeutiche Anne-Laure Banuls (Laboratorio Génétique et evolution des maladies infectieuses - GEMI, Montpellier, Francia) ha riferito nel suo intervento della situazione della leishmaniosi nelle regioni meridionali francesi. La Settimana Veterinaria - N°675 - 2 dicembre 2009 Come già detto la leishmaniosi viscerale rappresenta una patologia particolarmente grave per via della disseminazione del parassita in diversi organi e particolarmente complessi risultano i protocolli terapeutici da utilizzare. I derivati pentavalenti dell’antimonio vengono impiegati dal 1937 e risultano ancora la prima linea di trattamento delle leishmaniosi umane in numerosi Paesi, mentre l’amfotericina B, la miltefosina e l’amminosidina rappresentano valide integrazioni terapeutiche. Per la terapia della leishmaniosi cutanea, i medici utilizzano gli antimoniali iniettati direttamente nelle lesioni, il fluconazolo somministrato per via orale o formulazioni di paramomicina per uso topico. Per quanto riguarda la leishmaniosi canina, prima di decidere se e come trattare un cane infetto da Leishmania infantum, va stabilito chiaramente se si tratta di uno stato di infezione o di malattia (vedere tabella 2). I cani riferibili allo stadio A non devono essere trattati con farmaci anti-leishmaniotici, in quanto si tratta di soggetti il cui stato d’infezione è in una fase di evoluzione assolutamente non prevedibile; anche per i soggetti inquadrabili nello stadio B potrebbe essere valido lo stesso ragionamento, sebbene in questi cani la facile evidenziazione del parassita, accompagnata dall’evidenziazione di titoli anticorpali crescenti nel tempo (sieroconversione), potrebbe suggerire di anticipare i tempi della terapia, con l’obiettivo di prevenire la comparsa di sintomi clinici, ma anche di limitare la potenziale pericolosità del cane come serbatoio attivo di leishmanie. I cani appartenenti agli stadi C e D, poiché malati, debbono sempre essere curati con una specifica terapia anti-leishmania; è utile ribadire che tale terapia antiparassitaria, pur assicurando una buona percentuale di miglioramento clinico, non va considerata l’unico mezzo per porre rimedio ai danni organici determinati dal protozoo, come ad esempio in presenza di una nefropatia proteinurica. Per i cani classificabili nello stadio E, prima di intraprendere protocolli terapeutici alternativi o la modifica di quello già adottato, va sempre riconsiderata la diagnosi, nonché la corretta applicazione del protocollo impiegato e l’eventuale concomitanza di altre patologie di natura infettiva e non. Importante è ricordare che i principali farmaci a disposizione del veterinario ancora oggi sono stati pensati e sviluppati in fasi pre-cliniche e cliniche esclusivamente per la terapia delle leishmaniosi umane e solo in seguito sono stati studiati, adattandoli, per la leishmaniosi canina. Quasi tutti gli studi riportati in letteratura veterinaria presentano poi diverse carenze metodologiche (impossibilità di impiegare gruppi di animali controllo, impiego di soggetti quasi sempre disomogenei e, di conseguenza, difficoltà a paragonare i risultati ottenuti anche tra lavori analoghi) e non sempre sono in grado di ••• 08 dossier Tab. 3 - Pubblicazioni sui farmaci studiati per la terapia della leishmaniosi canina Farmaco Antimoniali Allopurinolo Miltefosina Amminosidina Amfotericina B Pentamidina Spiramicina/Metronidazolo Enrofloxacina Marbofloxacina Domperidone n. studi 34 19 4 4 3 1 1 1 1 1 ••• evidenziare a sufficienza le motivazioni che hanno portato a proporre un determinato protocollo terapeutico (vedere tabella 3). Pertanto risulta inevitabile che l’impiego di alcuni farmaci anti-leishmania spesso non sia adeguatamente confortato da validazione scientifica. In controtendenza rispetto a ciò sono i risultati proposti da uno studio clinico multicentrico, per valutare l’efficacia e la sicurezza d’impiego dell’associazione miltefosina (analogo dei fosfolipidi) e allopurinolo da affiancare alla più consolidata terapia con antimoniato di N-metilglucamina e allopurinolo, da cui è emersa la sostanziale equivalenza in termini di efficacia terapeutica. In particolare, risulta poi che la miltefosina può essere utilizzata anche in cani con nefropatie, senza correre rischi di sovradosaggi, in quanto la molecola viene metabolizzata a livello epatico in colina (composto innocuo), che viene in parte riutilizzata dall’organismo e in parte eliminata come tale con le feci. Al termine della giornata di studi, a cui hanno partecipato diversi veterinari e medici provenienti da numerosi Paesi mediterranei, abbiamo rivolto alcune domande a due dei numerosi relatori, Walter Mignone dell’Izs Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, e Claudio Brovida dell’Ospedale veterinario Anubi di Moncalieri (To). Al termine della giornata tutti i relatori hanno posato per una foto ricordo. terinari e l’Associazione ligure veterinari liberi professionisti. La situazione epidemiologica emersa consentì di individuare un’ampia area estesa dal confine francese all’albenganese dove la malattia si poteva considerare endemica, un’altra zona di endemia che comprendeva buona parte del finalese e una maggiore concentrazione di microfocolai nell’area urbana di Genova rispetto al territorio provinciale, mentre in tutto il restante territorio regionale i ca- La Settimana Veterinaria: Dottor Mignone può descriverci la storia e l’attuale situazione della leishmaniosi sulla costa ligure? Walter Mignone: In Liguria, il primo studio epidemiologico relativo alla diffusione della leishmaniosi risale alla fine degli anni ’80, quando furono evidenziati dall’Izs Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta numerosi focolai in Provincia di Imperia e nell’estremo ponente della Provincia di Savona. Successivamente, la Regione Liguria promosse e finanziò un piano di monitoraggio esteso a tutto il territorio regionale, che venne realizzato in due periodi successivi, da ottobre 1994 a maggio 1995 e da ottobre 1995 a maggio 1996. I cani controllati furono 10.293 e, oltre al Servizio veterinario della Regione Liguria, collaborarono attivamente alla realizzazione del progetto i Servizi veterinari delle Assl liguri, gli Ordini provinciali liguri dei medici veLa Settimana Veterinaria - N°675 - 2 dicembre 2009 Walter Mignone, responsabile della Sezione di Imperia dell’Istituto zooprofilattico sperimentale Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. si risultavano assolutamente sporadici. La prevalenza della malattia risultava diminuita nel secondo periodo rispetto al primo, perché all’inizio furono frequenti i prelievi effettuati su animali con sospetto clinico, mentre nel secondo periodo grazie alla campagna di sensibilizzazione (manifesti e brochure informative negli studi veterinari, convegni) aumentarono i prelievi eseguiti a scopo profilattico; parte del calo della prevalenza potrebbe essere conseguenza delle misure di profilassi applicate a molti dei 996 cani infetti individuati. Certamente il monitoraggio del 1995-1996 consentì di sensibilizzare i veterinari operanti nei territori di endemia verso l’importanza di una sorveglianza attiva; in queste aree, infatti, molti veterinari oggi propongono un controllo sierologico da eseguire tra novembre e marzo a tutta la loro clientela. Negli anni, per mantenere alta l’attenzione sulla zoonosi, l’Izs ha organizzato, in collaborazione con altri enti pubblici e privati, una ventina tra convegni e tavole rotonde rivolte a veterinari, medici e proprietari di cani, e nel 2004 durante la “Giornata di studio sulla tutela animale sul territorio della Regione Liguria” il gruppo di lavoro della Regione Liguria per la sorveglianza e il controllo della leishmaniosi presentò delle linee guida per il controllo della leishmaniosi umana e canina nella Regione. Da questa attività è conseguito un ulteriore aumento dei soggetti sottoposti a controllo sierologico annuale rispetto al ’95-’96; i campioni inviati per analisi ai laboratori di sierologia dell’Izs sono stati in costante incremento fino al 2007, quando l’introduzione di un tariffario ha provocato una leggera flessione. Nel 2004, con i dati raccolti nell’archivio informatico dell’Izs, la dr.ssa Monica Dellepiane ha creato una nuova mappa della diffusione della ••• 10 dossier ••• leishmaniosi canina sul territorio regionale, dalla quale si evidenziava il persistere della malattia nell’intera Provincia d’Imperia, in buona parte di quella di Savona e in alcuni Comuni delle Province di Genova e La Spezia. La prevalenza calcolata per quasi tutti i Comuni costieri da Ventimiglia a Genova varia tra il 5 e il 15%, tranne quelli di Noli e Varazze in cui questa è inferiore al 5%, mentre scarse sono le informazioni relative all’entroterra, al ponente genovese e a parte della Provincia di La Spezia; a questo proposito è in corso un piano di monitoraggio nell’area dell’Asl 4 chiavarese, che comprende buona parte del ponente della Provincia di Genova, e i cui risultati definitivi non sono ancora disponibili. Rispetto al monitoraggio del ’95-’96 si evidenzia una diffusione della leishmaniosi verso levante e verso l’entroterra in Provincia di Savona, dove sono sempre più frequenti i riscontri di positività sierologica e clinica in Comuni precedentemente indenni. In Provincia di La Spezia è aumentato il numero dei Comuni coinvolti localizzati prevalentemente nella parte più orientale del territorio provinciale. In generale, le prevalenze calcolate sono leggermente inferiori a quelle riscontrate nel ’95-’96, presumibilmente non a causa di una reale riduzione, ma piuttosto poiché il piano di monitoraggio, effettuato su base volontaria, aveva interessato molti cani sospetti di infezione, come già rilevato in precedenza. Con il piano di monitoraggio del ’95-’96 è stato evidenziato che il 48,3% dei cani infetti era definito dal veterinario curante come clinicamente asintomatico al momento della diagnosi sierologia e tale dato, che inizialmente aveva stupito, si è confermato nel corso degli anni, dimostrando l’importanza della sorveglianza sierologica per una più tempestiva identificazione dei soggetti infetti, ai fini dell’intervento terapeutico e dell’attuazione delle misure di profilassi per il controllo della trasmissione. Attualmente, solo una parte della popolazione canina ha contatti regolari con un veterinario e non tutti sono sottoposti a un sistematico controllo sierologico. Ne consegue che la sorveglianza attiva dovrà essere implementata su tutto il territorio regionale, raggiungendo anche quei cani che non vengono sottoposti a controlli veterinari, così come suggerito anche dalle Linee guida per il controllo della leishmaniosi viscerale in Italia coordinate dall’Iss ed emanate durante il Convegno consenso di Roma del 2004, che prevedono almeno un controllo sierologico annuale per tutta la popolazione canina residente in area endemica. S. V.: In base agli attuali dati epidemiologici, quali sono le prospettive della parassitosi nel territorio ligure e nelle Regioni limitrofe? W. M.: Attualmente i dati epidemiologicii confermano che la Liguria è un’area con endemia stabile, in cui il riscaldamento globale ha favorito l’espansione della leishmaniosi dalla costa alle zone interne. Leggermente mutati appaiono gli aspetti clinici della malattia: sempre più rari sono i casi eclatanti con sintomatologia evidente e classica, mentre sono in La Settimana Veterinaria - N°675 - 2 dicembre 2009 aumento le forme atipiche e quelle con sintomatologia sfumata. Se questo è un segno che interazione tra ospite e parassita sta andando verso un equilibrio meno dannoso per l’ospite, è bene ricordare che in ogni caso la malattia mantiene intatto il suo potenziale zoonosico. Nelle Regioni limitrofe la malattia è ormai presente da anni e alcune aree del Piemonte possono ormai definirsi endemiche. S. V.: Qual è il ruolo che altre specie animali, oltre al cane, possono svolgere nella diffusione della leishmaniosi? W. M.: In Liguria la volpe rossa (Vulpes vulpes) e il gatto sono gli unici animali sicuramente recettivi per la leishmaniosi: le notizie sulla volpe sono state frutto di collaborazioni tra Izs del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, Istituto superiore di sanità, Dipartimento di Patologia animale profilassi e igiene degli alimenti di Pisa e Dipartimento di Produzioni animali epidemiologia ed ecologia di Torino. Sono stati esaminati i sieri di sangue di 50 volpi della Provincia di Imperia, mediante IFI ed ELISA, e 9 soggetti presentavano anticorpi anti-Leishmania spp.; nel 1999 è stato identificato con PCR un ceppo di L. infantum a partire dalla milza e dal fegato di una volpe rinvenuta nel territorio del comune di Baiardo (IM). Nel 2003 una volpe colpita da rogna sarcoptica, rinvenuta morta nel Comune di Isolabona (Im), è risultata positiva all’IFI per leishmaniosi (diagnosi confermata con Western Blot) e due casi più recenti risalgono a dicembre 2004 e a dicembre 2005, entrambi diagnosticati mediante IFI. La leishmaniosi nei gatti in Liguria è sporadica e sono stati rilevati solo quattro casi clinici, a Villanova d’Albenga (2000), Albenga (2002), Imperia (2003) e Ventimiglia (2004), mentre a Nizza dal midollo osseo di un gatto con sintomatologia clinica conclamata è stata isolata L. infantum Mon1, responsabile in Liguria e in Costa Azzurra dei casi di leishmaniosi nel cane, nella volpe, nel gatto e nell’uomo. Sono stati processati con Western Blot 194 sieri di sangue di gatto provenienti dal territorio della Provincia di Imperia e sono emerse 5 positività (2,58%). La sieroprevalenza osservata si situa tra i valori medi osservati dai ricercatori che hanno condotto analisi simili in altre aree del bacino del Mediterraneo. Sia il gatto che la volpe non rivestono comunque un ruolo importante nell’epidemiologia della leishmaniosi in Liguria, poiché il ruolo di serbatoio della malattia è di esclusiva competenza del cane. La Settimana Veterinaria: Dottor Brovida, la sua attività professionale è svolta in Piemonte; in base alla sua esperienza qual è la situazione piemontese della diffusione della leishmaniosi canina? Claudio Brovida: È una malattia certamente ormai consolidata endemicamente sul nostro territorio ed è una patologia che viene considerata routinariamente nelle diagnosi differenziali delle varie patologie di apparato o sistemiche che colpiscono la popolazione canina. Claudio Brovida, direttore sanitario dell’Ospedale veterinario Anubi di Moncalieri (To). S. V.: Considerato il potenziale zoonosico di questa parassitosi, è mutato il rapporto uomo-cane e, se sì, quali sono le prospettive future anche rispetto al ruolo che il veterinario può giocare in tale contesto? C. B.: Non mi risulta vi siano dei cambiamenti nel rapporto uomo-cane conseguenti a questa nuova realtà endemica. Certamente i proprietari dei cani sono molto bene informati su questa situazione e preparati ad accettare ogni discorso di prevenzione e terapia. Questo credo sia un merito della nostra categoria, che divulga in modo corretto la problematica sanitaria associata alla leishmaniosi canina. S. V.: Lei svolge anche attività di ricerca; può riferirci, se ci sono, quali sono le nuove acquisizioni sul piano terapeutico per la leishmaniosi canina? C.B.: Attualmente sono proposti e applicati dei protocolli di provata efficacia. Il recente ingresso sul mercato di una nuova molecola, la miltefosina, aggiunge ulteriori potenzialità terapeutiche. Tuttavia, va sempre sottolineato che, almeno in Medicina veterinaria, non esiste un farmaco unico per questa malattia e che l’efficacia della terapia è sempre direttamente proporzionale alla precocità della diagnosi, alla possibilità di evitare ulteriori infezioni e all’associazione dei farmaci che agiscono direttamente sul protozoo ad altri presidi medicali che controllano gli effetti della malattia sull’organismo. L’uso equilibrato di questa associazione può ottimizzare, con successo, il trattamento e la cura della leishmaniosi. ■ Vitantonio Perrone * Diano Marina (IM), 10 ottobre 2009: 4a Giornata di aggiornamento Resfiz “La leishmaniosi oggi in Europa”