Animali oltre la vita

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Animali oltre la vita
I LIBRI DI
MESSAGGI DALL’INVISIBILE
Animali oltre la vita
ra e ancora, e i tuoi occhi incontrano i suoi occhi sinceri che tanto
ti hanno cercato.
LA LEGGENDA DEL PONTE ARCOBALENO (AUTORE ANONIMO)
Si narra che tra la Terra e il Cielo esista un ponte chiamato Ponte
Arcobaleno a causa dei bellissimi colori da cui è formato. Quando
un animale muore (un cane, un gatto, un coniglietto, un criceto), specialmente se è stato amato da una persona qui sulla Terra,
giunge in un luogo che si trova all’inizio di questo ponte. Ai piedi
del Ponte Arcobaleno c’è un luogo speciale in cui ci sono prati con
erba sempre fresca e profumata per tutti i nostri amici, ci sono
ruscelli che scorrono tra colline e alberi, e i nostri animali possono
correre e giocare liberamente.
Qui, tutti giocano insieme: i cani con i gatti, i gatti con i pesciolini rossi, i conigli con i furetti e i criceti con i serpenti. Trovano
sempre il loro cibo preferito, l’acqua fresca per dissetarsi e il sole
splendente per riscaldarsi e così i nostri cari amici sono felici.
È speciale anche perché tutti i nostri amici lì stanno bene: quelli
vecchi adesso sono giovani, quelli malati ora sono in splendida
forma, quelli abbandonati adesso sono felici con i loro amici, quelli a cui è stato fatto del male ora sono guariti e felici.
Ai piedi del Ponte Arcobaleno gli animali che abbiamo tanto
amato stanno bene, eccetto che per una «piccola» cosa, sentono la mancanza della persona speciale che hanno lasciato sulla
Terra. Capita, però, che qualche volta qualche animale si fermi
all’improvviso ed inizi a scrutare l’orizzonte: si tende, guarda,
osserva.
All’improvviso lascia il gruppo e tutti i suoi sensi sono in allerta,
i suoi occhi si illuminano e le sue zampe iniziano la grande corsa
(sì, qui anche le tartarughe corrono).
Sei tu… sei stato visto… e quando incontri il tuo amico speciale
lo stringi tra le braccia con grande gioia, il tuo viso è baciato anco-
Da millenni si discute se per gli animali esista un Aldilà, in
particolare per quelli a cui siamo più legati, i cosiddetti animali d’affezione: cani, gatti, cavalli, uccellini, criceti. Chi di
noi ha questi fedeli amici sa quanto sia doloroso il momento della loro dipartita. Per quanto siamo consapevoli che la
loro vita ha una precisa durata, per quanto ci prepariamo al
momento del distacco, non riusciamo a non soffrire quando esalano l’ultimo respiro. La domanda che ci facciamo,
in quel momento, è: lo rivedrò mai più, in un paradiso di
qualsiasi tipo sia? E che razza di paradiso sarebbe, se non
ci fossero anche loro? Un paio di anni fa su queste domande si basava un mio servizio per Mistero, condotto da Daniele Bossari. Quando andò in onda venimmo sommersi di
e-mail di persone commosse, emozionate, grate che fosse
stato affrontato l’argomento anima degli animali. Ce l’hanno? Non ce l’hanno? Alcuni popoli non hanno mai avuto
dubbi, prova ne siano i cimiteri per gatti degli antichi egizi.
Diverso è il discorso per la cultura cattolica, da sempre divisa sulla questione. Molti teologi hanno sempre negato che
un animale abbia un’anima immortale, mentre altri ne sono
convinti, portando a esempio la predicazione e l’esperienza
di un santo importante come Francesco d’Assisi. La discussione resta aperta. E, per quanto mi riguarda, resta anche
sterile e inutile. Più che i teologi preferisco ascoltare l’istinto,
il cuore, l’esperienza, che non mi lasciano dubbi: gli animali
hanno un’anima immortale. A riprova di ciò ci sono anche
manifestazioni di fantasmi di animali, documentate da numerose fotografie. Se i fantasmi provengono dall’Aldilà, al-
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lora in quell’Aldilà ci sono anche cani, gatti, eccetera. Punto.
Proprio nel corso del servizio di Mistero emersero un paio di
manifestazioni che ci colpirono molto. Eravamo al cimitero per animali di Asti, dove compimmo una rilevazione con
Daniele Gullà e Mattia Mascagni, suo collaboratore nonché
sensitivo. Daniele e Mattia scattarono foto alle tombe di
cani e gatti e registrarono l’audio su frequenze che l’orecchio umano non riesce a cogliere. Esaminando i dati raccolti,
scoprimmo che in trasparenza, davanti a una delle lapidi, si
stagliava il muso di un cane, mentre nella registrazione audio si avvertiva distintamente un abbaiare. Ma cani che abbaiassero quel gelido pomeriggio d’inverno non ce n’erano,
né al cimitero (isolato nella campagna), né nelle vicinanze.
Io e Bossari eravamo emozionati, toccati nel profondo. E lo
furono anche centinaia di migliaia di telespettatori. Visto il
successo del servizio, la produzione mi chiese di apparire
in video sul sito Misteroweb per raccontare la mia personale
esperienza di animali oltre la vita. Accettai volentieri. E parlai
a ruota libera dei miei tanti gatti, del rapporto particolare
nato con una di loro, che mi era attaccatissima, e dei segni
che sembrava avermi inviato dopo essere morta per un tumore. Non era un servizio ma una semplice testimonianza,
eppure il video è stato da subito cliccatissimo, a conferma
del grande interesse per l’argomento, interesse di cui si ha la
riprova facendo una rapida ricerca in Rete. Proprio da lì ho
selezionato un paio di testimonianze tra le tante.
cono ad accettarla per buona. Devo premettere che, da cucciolo, Wolverine amava giocare con una biglia che rincorreva,
facendola saltellare, per poi tenerla in bocca onde lasciarla
ricadere sul pavimento, e proprio il tipico rumore di una biglia che cade sul marmo mi è stato dato di sentire – nitidamente e per ben due volte – alla stessa ora in cui il micio era
solito tornare dai suoi vagabondaggi per mangiare e farmi
compagnia fino a tarda sera! Quasi a convalidare la genuinità di questo episodio, mi arrivava poco dopo una e-mail da
Natalie (una medium – n.d.a.), in cui mi si diceva che Nicola
(lo spirito di un defunto – n.d.a.) l’aveva informata che stava
giocando con il nostro gatto, che egli aveva aiutato a «passare
dall’altra parte», per godere anche lui della sua compagnia.
Lo aspettava già da tempo, ben sapendo che si approssimava
la sua ora di lasciarci.
CLAUDIO
Non ci crederete, ma Wolverine si è fatto sentire poche ore
dopo la sua dipartita! Ovviamente questa non è una prova, dato che non vi erano altri testimoni (in casa non c’era
nessun’altro tranne me), ma le troppe coincidenze m’indu-
DEBORA
Io non sono credente e mi viene difficile credere anche all’Aldilà. Camillo passò il suo ultimo giorno di vita dal veterinario.
Prima che iniziasse a stare male, mio padre gli aveva regalato
il colletto di peluche di un giubbotto. Camillo lo adorava: era
la sua «preda». L’oggetto aveva cuciti dei bottoni e quando
Camillino lo trascinava per casa facevano rumore e, quindi,
lo sentivo anche di notte. Quell’ultima notte mi svegliai sentendo il solito rumore prodotto dal gioco di Camillo. Pensai
immediatamente di aver sognato, perché il micio era dal veterinario e, quindi, non era possibile. Erano circa le tre del
mattino e, preoccupata per il cucciolo, non riuscii più a prendere sonno. Qualche ora dopo, saranno state le 7, mi telefonò
il veterinario dicendomi che Camillo era morto verso le tre di
notte. La cosa più strana è che cercai ovunque quel colletto di
peluche. Lo cercammo io e Andrea in casa, chiedemmo al ve-
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terinario, ma è sparito nel nulla e non l’ho mai più ritrovato. A
me piace pensare che sia venuto a salutarmi e abbia portato
con sé il suo gioco preferito.
Cose di questo tipo sono capitate anche a me, e non si trattava di autosuggestione ma di veri e propri rumori come quello
di una zampa che grattava sulla porta di una stanza completamente vuota. Oppure mi accorgevo che il gatto accanto
a me guardava il pavimento e mugolava, seguendo con gli
occhi il movimento di qualcosa di invisibile.
Anche in questo caso si è liberi di credere o non credere
che si tratti davvero dello spirito dei nostri piccoli amici, ma
è comunque inaccettabile la posizione di certi cattolici conservatori – compresi diversi sacerdoti e alti prelati – che negano che gli animali abbiano un’anima perché non sarebbero
capaci di provare i nostri stessi sentimenti. L’insensibilità mi
sembra piuttosto una caratteristica di costoro, ai quali servirebbe conoscere più da vicino il mondo animale. Poco tempo
fa mi è morta una gattina che aveva problemi neurologici e
camminava in modo particolare, dolcemente buffo. Quando
la trovai, un veterinario mi disse che le restavano pochi giorni
di vita. Cambiai veterinario e, grazie alle cure, è vissuta un
anno e mezzo, comunque felice. In questi mesi ho visto ogni
giorno gli altri miei gatti starle vicino, accudirla, farle compagnia e darle amore.
Anni fa la rivista statunitense Prediction parlò di uno strano gatto, chiamato Fingal, e raccontò che aveva un senso di
compassione, di responsabilità e di affetto molto sviluppato
verso gli altri animali. Quando la tartaruga cadeva sul dorso
e non riusciva più a raddrizzarsi, Fingal correva a chiamare
qualche membro della famiglia perché la aiutasse. Se uno dei
conigli si ammalava, Fingal restava accanto alla sua gabbia
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finché la crisi passava. Fingal seguiva una routine precisa. Gli
piaceva uscire la sera, rimanere fuori un’ora e poi tornare a
casa alle nove; per entrare picchiava forte alla finestra. Poco
dopo la morte del gatto cominciarono a udirsi dei colpi alla
finestra. Il bussare continuava fino a quando qualcuno apriva
la finestra; a quel punto i rumori smettevano all’improvviso.
Inoltre, diverse volte i padroni di Fingal e i loro parenti ebbero la netta sensazione di sentire un gatto che ronfava sul cuscino giallo che era stato del gatto. Un giorno un’amica andò
a far visita alla famiglia, portando con sé il suo gatto siamese.
L’animale avanzò tranquillo fino al cuscino preferito di Fingal, ma mentre lo sorpassava inarcò la schiena spaventato. I
suoi occhi sembrarono seguire qualcosa che si muoveva verso
la finestra. Quando la finestra venne aperta, il siamese «ospite» si rilassò, e con un piccolo salto si mise sul cuscino giallo
di Fingal con aria molto soddisfatta.
Sembra proprio, insomma, che gli animali abbiano con l’invisibile un rapporto molto diretto e riescano a vedere ciò che
noi non vediamo. Questo, a volte, li fa assurgere all’onore
delle cronache. È il caso di Oscar, un gatto bianco e grigio
nato nella clinica Steere House di Providence, Rhode Island,
Stati Uniti. Nella clinica sono ricoverati anziani con malattie
degenerative. Oscar se ne sta spesso per i fatti suoi, nessuna confidenza, niente carezze. Ma ogni mattino, da quando aveva solo sei mesi, fa il suo giro di visite. Passa davanti
alle stanze dei pazienti, si ferma, annusa, e va via. Quando
resta vuol dire che non c’è più nulla da fare. Salta sul letto
e aspetta, raggomitolato, fino alla fine. Chi passa lo ascolta
fare le fusa. Medici e infermieri ormai sanno che questo è
il momento di avvertire i parenti. Oscar non sbaglia mai. È
capitato decine di volte.
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Nell’istante preciso in cui tutto è compiuto Oscar si alza
e lascia la stanza. Felpato, senza un rumore, taciturno come
sempre. Un medico racconta che di solito tra l’arrivo di Oscar
e la morte passano non più di quattro ore.
Dicono che le prime a notare il mistero di Oscar siano state
le infermiere.
La notizia è arrivata fino al New England Journal of Medicine, e dall’Università di Brown è stato inviato David Dosa,
specialista in geriatria:
«Sembra che Oscar faccia sul serio il suo lavoro. Non fa mai
errori. Come un sensitivo sembra riesca a percepire quando un
paziente è vicino a morire».
La dottoressa Joan Teno racconta che una paziente non
mangiava più, aveva problemi di respirazione e le sue gambe
erano di un colore bluastro, sintomi di una morte imminente.
Ma Oscar quella volta non era rimasto nella stanza: «Pensavo
si fosse sbagliato, ma dopo dieci ore è apparso. È rimasto due ore
accanto alla paziente e solo allora la donna è morta».
Providence era la città di Howard P. Lovecraft, il famoso scrittore, che aveva una passione folle per i gatti. Queste sono
alcune delle parole che scrisse al loro riguardo: «A me basta
osservarli quando fanno le fusa accanto al fuoco. Il gatto è misterioso e affine alle cose invisibili che l’uomo non potrà mai conoscere. È l’animo dell’antico Egitto, è il depositario di racconti
che risalgono alle città dimenticate di Meroe e Ophir, è l’erede dei
segreti dell’Africa oscura e misteriosa. La sfinge è cugina del gatto,
che parla la sua stessa lingua ma è più antico, e ricorda cose che
essa ha dimenticato».
Il reporter dei misteri
Renzo Allegri è un altro grande amante degli animali, in particolare dei gatti, che si aggirano sornioni nella sua splendida
abitazione, una vecchia casa colonica ristrutturata. I gatti ne
conoscono ogni stanza, ogni anfratto, e ciascuno di loro ha un
proprio posto dove stare, nella quiete di un giorno d’autunno.
Oltre la vetrata il profilo delle colline, prati e campi immersi
nella foschia.
C’è un grande senso di pace, credo che Renzo abbia scelto di vivere qui proprio per questo, dopo una vita passata in
giro per l’Italia e per il mondo, a narrare storie pubblicate su
riviste e libri. Allegri ha conosciuto un sacco di gente straordinaria, raccontata con lo stile imparziale di un giornalista vero,
pronto sia a dubitare che a credere.
Renzo è una figura unica nel panorama editoriale italiano,
proprio per il suo senso della misura. La prima volta che gli
telefonai ero in grande soggezione, poi lo conobbi di persona
e mi mise subito a mio agio, con la sua cordialità e quel suo
modo di parlare anche delle cose più strane come se fossero
la normalità, in un mondo la cui comprensione ci sfugge ancora, in massima parte.
Accendo il registratore, iniziamo. La mia prima domanda
è proprio su come abbia iniziato a occuparsi di queste cose.
Allegri guarda la campagna oltre la vetrata, seguendo il filo
dei ricordi. Ma non è un tono nostalgico, il suo, perché anche
dopo una vita di scrittura è ancora oggi un uomo che vive
pienamente il presente, tra mille impegni:
Mi occupo di questi argomenti da circa mezzo secolo. Natural-
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