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Consorzio Culturale del Monfalconese
Cinema & guerra
ORIZZONTI DI GLORIA
[Paths of Glory]
Stanley Kubrick, USA 1957, b/n 86’
www.grandeguerra.ccm.it
soldati la struggente canzone finale, diventerà la
moglie di Stanley Kubrick.
“Raramente il cinema è riuscito ad esprimere un
messaggio così incisivo e progressista senza cadere
nella pur minima retorica o nella violenza brutalmente
esibita” (Mario Guidorizzi)
Suggerimenti per la didattica
Fronte franco-tedesco, 1916: il generale Mireau, in
cerca di successi e avanzamenti di carriera promessigli
dal suo superiore Broulard, scatena un folle attacco al
Formicaio, formidabile fortificazione tedesca. L’assalto
fallisce con gravi perdite umane, ma il generale, per
dare un esempio, fa processare tre soldati accusati di
codardia, vanificando il nobile tentativo di difesa da
parte del colonnello Dax che tenta di opporsi
all’ingiustizia. Dopo la fucilazione dei tre soldati,
Broulard offre a Dax il grado di Mireau finito sotto
inchiesta, ma Dax rifiuta sdegnato. Il film si chiude
sulla struggente canzone di una giovane ragazza che
commuove i soldati in procinto di ritornare in trincea.
Capolavoro di stile e forza narrativa, il film fu
realizzato grazie alle grandi insistenze di Kirk Douglas,
attore protagonista ma anche produttore di questo
film. Douglas adoperò la sua influenza di star
hollywoodiana per far sì che il film fosse girato. In
Francia il film uscì solo nel 1975, per le resistenze ad
un’opera che suscitava inopportuni patriottismi (o sensi
di colpa? Sono gli anni della questione algerina) mentre
si trattava di un film che non era certo contro la
Francia ma contro tutte le guerre di ogni tempo e di
ogni luogo. Tratto da un racconto di Humphrey Cobb, il
film non concede nulla alla retorica, tanto da suscitare
in qualche momento un senso di freddezza e di
distacco. Orizzonti di gloria è girato con una
straordinaria abilità stilistica che sottolinea ad ogni
passo il contrasto tra due mondi inconciliabili: da una
parte il comando, insediato in un palazzo
settecentesco, un castello dove i generali “giocano”
alla guerra come agli scacchi tessendo le loro meschine
trame di politica militare; dall’altra la trincea, dove si
muore veramente, e la sopravvivenza è il problema
quotidiano. Kubrick filma le trincee con grande
maestria, adoperando carrelli in avanti e indietro in
inquadrature che rimarranno per sempre nella storia del
cinema. Suzanne Christian, la ragazza che canta con i
In Orizzonti di gloria prevalgono le osservazioni sul
linguaggio cinematografico, perché è lo stile della regia
che dà un senso compiuto al film.
1. Il film inizia con inquadrature che riprendono in
distanza: campi lunghi e lunghissimi. Il palazzo dov’è
insediato il comando, inquadrato all’inizio del film,
ritornerà nei momenti drammatici della storia.
2. Il linguaggio tra i due generali sembra quello di un
ricevimento e proprio un ricevimento sarà un
momento determinante del film. Kubrick prende
subito le distanze; noi capiamo da che parte sta dal
modo in cui ci presenta l’ambiente nel quale si
incontrano questi generali.
3. Quando il generale Mireau inizia a fare il suo giro in
trincea per galvanizzare le truppe, un ferito esce di
scena, portato in barella. Un segnale per evidenziare
che cosa “porterà” il generale ai soldati della prima
linea, già duramente provati dai combattimenti.
4. Mentre Mireau passa in rassegna i soldati, la
macchina da presa non si stacca mai da lui, con un
movimento chiamato carrello indietro. Carrello
indietro e carrello avanti saranno le due modalità
principali con cui Kubrick muoverà la macchina da
presa lungo le trincee. È un movimento logico vista
la struttura fisica delle trincee, ma serve anche a
sottolineare lo spazio in cui si snoda la vicenda, un
lungo movimento che ci obbliga a seguire i
personaggi come se anche noi spettatori fossimo sul
posto, in una finta soggettiva. Anche qui, come nel
palazzo, uno spazio filmico e fisico che ritroveremo
in seguito con connotazioni ben diverse.
5. Appena il generale ha parlato della manutenzione
del fucile e di quanto esso sia utile al soldato, è
interrotto dallo scoppio di una granata
dell’artiglieria nemica, quasi a bloccarlo, a
contraddirlo, quasi a predire come si svolgerà lo
scontro fra le forze superiori dei tedeschi e il
battaglione francese. Una metafora visiva e acustica
molto raffinata.
6. Per tutto il film, che pure parla di una guerra al
fronte, i soldati tedeschi, non si vedono mai (scelta
che farà scuola: gli austriaci in Uomini contro di
Francesco Rosi nel 1971 e i turchi ne Gli anni
spezzati di Peter Weir nel 1981 saranno quasi
altrettanto invisibili), quasi ad affermare che il
problema, il nemico, non va cercato
necessariamente nelle trincee che innalzano una
bandiera diversa.
7. L’importanza dell’illuminazione, del bianco e nero.
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La luce è molto forte, molto netta, di tipo
impressionistico, che esalta, invece di ammorbidire,
i contrasti fra luce e buio. In tutto il film i
personaggi sono spesso illuminati in maniera cruda,
dura, o avvolti da una fitta ombra. Kubrick, anche
nella scelta della fotografia, non accetta
compromessi. È un film dove ci si deve schierare: o
bianco o nero.
8. Le scene di battaglia sono giustamente famose,
tanto che Winston Churchill si congratulò con
Kubrick per la verosimiglianza della ricostruzione. La
lunga sequenza dell’attacco richiama All’ovest
niente di nuovo (Lewis Milestone, 1930) che
propone una battaglia a cui sia Orizzonti di gloria
sia La grande guerra sono debitori perché gli
stilemi narrativi e i movimenti di macchina sono
simili.
9. Dal posto di comando gli uomini in battaglia non
vengono visti con occhio umano, ma attraverso la
mascherina di un binocolo: il distacco è ancora più
totale. Gli alti ufficiali non sono coinvolti nella
battaglia, sembra che giochino ai soldatini.
10.Il luogo dove si svolge la fucilazione è lo stesso
palazzo visto all'inizio: da un luogo ufficiale dove si
parlava di quadri e battaglie in cui gli uomini erano
considerati quasi soldatini di piombo, diventa teatro
di un dramma umano dove tre soldati,
ingiustamente, sono fucilati solo per dare l'esempio.
E si propone ancora la modalità del carrello indietro:
come prima ci accompagnava nella trincea, adesso
accompagna i tre soldati alla fucilazione. Il cerchio
si chiude: Kubrick ritorna sul luogo iniziale del film
riproponendo la carrellata, a completare il ciclo
dell’ingiustizia sullo sfondo di una guerra altrettanto
ingiusta e folle.
[a cura di Marco Cuzzi]