Welcome Plato! - "Ferraris"

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Welcome Plato! - "Ferraris"
Paolo Giannitrapani1
Welcome Plato!
Aspetti di una lettura analitica
Bisogna pur che qualcuno ci capisca
Dario Palladino, ordinario di Logica
I filosofi hanno le mani in pasta dappertutto
Luigi della Rocca, matematico
La riflessione filosofica è come il mercurio:
va sempre a ficcarsi nei luoghi più impensati
e, spesso, anche improbabili
Fabio Minazzi, ordinario di filosofia teoretica
La matematica è sempre quella che è
Ciro Iannone, matematico
Io ho infatti la ferma convinzione che
Platone sia il più grande filosofo in
assoluto finora comparso sulla terra e che
il compito di chi lo vuole comprendere e
fare comprendere agli altri, pur
avvicinandosi sempre di più alla Verità,
non può mai avere fine
Giovanni Reale
Un uomo non va onorato più della verità
Platone
1. Premesse. Giustificazione dei contenuti
Ci domandiamo: perché Zenone, personaggio nella prima parte del dialogo platonico
Parmenide, usa nel suo ragionamento la reductio ad impossibile? In che consiste
analiticamente (logicamente) parlando il dialogare incessante di Socrate, id est il metodo
che egli impiega nel suo argomentare? Che ruolo svolge la matematica (la matematica
naturalmente quale si trova ad essere in vita nel 360 circa p.e.v.) nella formazione del
pensiero maturo di Platone? Esiste un legame con Euclide? Come va ricostruita la nozione
di idea e la teoria delle idee, per cui Platone è famoso, ma che non sono sistematicamente
definite in nessuna parte dei suoi dialoghi? Esiste un contributo di Platone alla logica?
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Centro Insubrico «Carlo Cattaneo e Giulio Preti», Univ. Insubria, Varese.
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Domande cui tenteremo di rispondere e che richiedono una visione logico-analitica per
almeno queste ragioni: 1. il progresso della logica rende più chiaro il pensiero di Platone; 2.
Platone stesso avrebbe gradito di possedere strumenti idonei di indagine per esprimere il suo
pensiero. Platone nel parlare delle idee o è generico o ambiguo volutamente o
drammaticamente ricerca quegli strumenti che non poteva avere a disposizione. In ogni caso
la logica lascia sul campo una constatazione teoretica: l’idea2 di Platone è formulata
genericamente, con passaggi che vanno ricostruiti. Queste difficoltà non impediscono a
Platone di proseguire nella sua ricerca e di avere un enorme impatto nella storia del
pensiero.
Parliamo di Platone. Il massimo filosofo di tutti i tempi come osserva Giovanni Reale.
Richiamerei preliminarmente (alcune) orme profonde impresse da Platone, come:
• il platonismo in filosofia della matematica in cui hanno creduto Bertrand Russell e
Kurt Goedel;
• l’insiemistica, teoria ritenuta basilare per la matematica, si può intendere come una
conclusione e un’applicazione estrema del platonismo;
• la nascita della scienza con Galileo presuppone un mondo sottostante
all’osservazione e alla misurazione che possiede un’intelaiatura pitagorico-platonica;
• Newton e i platonici di Cambridge assumevano spazio e tempo come idee assolute
nel senso di Platone;
• come non ricordare la famosa sentenza di N. A. Whitehead secondo cui tutta la storia
della filosofia è una serie di note a piè di pagina al testo di Platone?
Ma trascurata mi sembra la linea filosofica analitica nelle ordinarie presentazioni di Platone
che viene affidato generalmente alla tradizione retorica scolastica. Ma Giovanni Reale3
stesso indica come un valido interprete di Platone Gregory Vlastos, studioso di lingua
inglese, analitico, che troviamo citato anche da Franco Ferrari nel suo commento al
Parmenide4 e che seguiremo ampiamente in queste note. Generalmente parlando la
tradizione filosofica retorico-teologica (come si esprimeva Giulio Preti) va integrata (o
andrebbe integrata) con il punto di vista logico-analitico-matematico, ormai credo,
imprescindibile. Come osserva Evandro Agazzi viviamo in un mondo ad altissima presenza
scientifico-tecnologica ma nel contempo ignorante e volutamente ignorante di questo (basti
pensare al successo della sciocchezza: «la bellezza salverà il mondo» o l’incredibile
divulgazione degli oroscopi come saperi serissimi o l’idea liceale diffusa per cui il «latino
insegna a ragionare»). Quel mondo analitico-scientifico la cui conoscenza, a livello di
“pubblico colto”, è alla portata di tutti; gli informatici (Federico Gobbo) ci avvertono che
oggi viviamo in un universo dove regna la divulgazione accessibile a tutti anzi la
sovrabbondanza delle nozioni.
Questo ci porta al campo educativo, si propongono nel corso di questi appunti nuovi
percorsi di studio di Platone, già un’allieva di Ludovico Geymonat (e Antonio Banfi),
Aurelia Monti5, indicava, negli anni ’80, la possibilità di immettere linfa vitale nell’asfittico
D’ora in avanti scriveremo idea (o Idea) in senso platonico strictu sensu) ≠ idea (nel senso moderno o
psicologico).
3
Giovanni Reale, Platone. Alla ricerca della sapienza segreta, Vita e Pensiero, RCS Libri, Milano 1998, pp.
366.
4
Platone, Parmenide, a cura di Franco Ferrari, RCS Libri, Milano I ed. 2004, pp. 367.
5
Aurelia Monti, in: Sidoni Gianna (a cura di), Filosofia e Matematica. Ragioni di un dialogo, Edizioni
dell’Arco-IRRSAE Lombardia, Presentazione di Cesare Scurati, Milano 1984, pp. 140. [Saggio di Aurelia
Monti e Gianni Micheli: Momenti della riflessione filosofica antica sulle matematiche].
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insegnamento della filosofia (in una scuola a sua volta asfittica e burocratizzata lontana
dalla realtà) con il riscoprire i classici della matematica come Euclide, Proclo, e la filosofia
della matematica. Si propone qui una lettura di Platone tenendo conto che i giovani sono
immersi in una dimensione che richiede drammaticamente saperi consoni al tempo in cui
essi si trovano a vivere, altrimenti è, studiando il pensiero antico, ridurre l’insegnamento a
prassi retorico-burocratica, scossa ai cadaveri, saperi da cimitero. I giovani sono assetati di
saperi aggiornati, percepiscono immediatamente che le tesi studiate a scuola sono tutte
contemporanee (come ben intuisce la prof.ssa Lazzari); esse inoltre hanno un impatto
esistenziale immediato e appunto per questo vanno connesse col tempo d’oggi. Ora, le idee
come sono viste da Platone costituiscono un sapere obsoleto al giorno d’oggi, «sono fuori
corso legale» come dice Franco Trabattoni6. Ma possono, alla luce di una lettura analitica di
integrazione, essere il punto di avvio di interessanti percorsi culturali. La lezione ci viene
proprio dai Giovani Pensatori, dall’esperienza ormai quinquennale del Progetto di didattica
filosofica promosso dall’Università dell’Insubria e persino dall’ascolto della filosofia dei
bambini che ad esempio hanno rivoluzionato il mito della caverna del VII libro della
Repubblica di Platone mettendo al posto di prigionieri e statue dietro il muro spettatori in un
cinema condannati a guardare lo schermo.
A tutti è noto il pensiero di Platone ma è bene richiamare i capisaldi della sua filosofia,
prima di procedere anche per evitare l’impressione che il formalismo o l’analisi possano
assorbire ogni altra dimensione di contenuti legati a Platone. Pertanto evocheremo alcuni
passi di filosofi (Bertrand Russell, Umberto Galimberti e Franco Trabattoni) che nel corso
di determinate loro opere si sono imbattuti in Platone sintetizzando con maestria il suo
pensiero.
Bertrand Russell:
«The most important matters in Plato’s philosophy are: his Utopia, which is the
earlier of a long series; second, the theory of ideas, which was a pioneer attempt to
deal with the still unsolved problem of universal; third, his arguments in favour of
immortality; fourth, his cosmogony; fifth, his conception of knowledge as
reminiscence rather than perception». 7
Umberto Galimberti8:
«Le conclusioni di Platone sono note: la politica, come coordinamento delle tecniche
e come misura del loro esercizio in ordine al ‘conveniente, all’opportuno e al dovuto’,
deve essere affidata ai filosofi, perché sono i soli ad aver cura delle idee in cui si
esprime la norma delle cose e del loro corretto uso e, attraverso le idee, del Bene, che è
a sua volta norma delle idee e del loro corretto uso».
6
Franco Trabattoni, Attualità di Platone. Studi sui rapporti tra Platone e Rorty, Heidegger, Gadametr,
Derrida, Cassirer, Strauss, Nussbaum e Paci, Vita e Pensiero, Milano 2009, pp. 236.
7
«I soggetti più importanti della filosofia di Platone sono: primo, la sua utopia, che segnò l’inizio di una
lunga serie; secondo, la teoria delle idee, che fu un primo tentativo di affrontare il problema ancora non
risolto degli universali; terzo, gli argomenti in favore dell’immortalità; quarto, la cosmologia; quinto, la
concezione della conoscenza come memoria piuttosto che come percezione». Russell Bertrand, History of
Western Philosophy and its Connection with Political and Social Circumstances from the Earliest Times to
the present Day, 1945, tr. it di Luca Pavolini.
8
Umberto Galimberti, Cristianesimo. La religione dal cielo vuoto, Feltrinelli, Milano 2012, p. 81.
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Franco Trabattoni9:
«La prospettiva platonica […] è ancora oggi l’orizzonte in cui non può non muoversi
il discorso filosofico».
L’indagine di Platone per questo filosofo corrisponde all’esercizio della ragione stessa, alla
stessa filosofia che consiste nell’articolazione dei rapporti tra universale e particolare, come
il particolare si connetta all’universale, ma questa è anche la ricerca di Platone.
2. Platone e la reductio ad impossibile
Il metodo confutatorio di Socrate quale compare nei dialoghi platonici giovanili e che
studieremo nel numero 3, lo troviamo nel Parmenide, dialogo posteriore della maturità. Ci
riferiamo agli argomenti impiegati da Zenone nella I parte del dialogo Parmenide. Nel
Parmenide (scritto tra il 370 e il 365 p.e.v., ricordiamo anche il 399 data della morte di
Socrate come utile localizzazione storica) è evidente la presenza dell’argomento logico della
confutazione ad impossibile (απαγωγή εις τό αδύνατον). Si ricorderà che Socrate in questo
dialogo a sua volta confuta Zenone mediante la teoria delle idee, di cui poi ancora
successivamente si evidenziano difficoltà e aporie. Nel corso del testo Platone fa parlare
Zenone che usa il metodo logico di dimostrazione indiretta. Si dimostra che una tesi è falsa
considerando la contraddittorietà delle sue conseguenze. Data una tesi A, ne conseguono
assurdità, pertanto A è da refutare. Siamo partiti da A e ora concludiamo non A. Si tratta in
simboli dello schema MT (modus tollens) che viene qui riportato (in logica “→” si legge
“implica”, la negazione, non, si scrive “¬”).
MT in simboli:
A→B
¬B
∴¬A
È il principio della reductio ad absurdum (abs) o ad impossibile. Questo argomento logico
della reductio viene usato tre volte nel Parmenide. Il suo schema è riportato da Fronterotta
nel suo commento al Parmenide, Zenone dimostra che il molteplice non è, che solo l’essere
è:
A (= “il molteplice è”) e se A allora a’, a’’, a’’’ ……a n (conseguenze) ma se almeno una
delle conseguenze è falsa, allora ¬A (non A).
In simboli:
A
a’, a’’, a’’’ ……an
¬a
∴¬A
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Trabattoni, op. cit.
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Oppure ponendo le contraddizioni al posto della negazione:
(1) i molti sono
(2) da (1) derivano queste contraddizioni: a) l’uno-totalità è anche molteplicità; b) un
ente è simile e dissimile (oppure è uguale e diverso) nello stesso tempo
(3) conclusione : la premessa (1), dato che implica il falso, va respinta
Dunque per Zenone (che difende la tesi parmenidea per cui “l’uno è” = “i molti non sono”)
non esiste la molteplicità degli enti o di infiniti oggetti reali (avrebbe potuto essere un modo
per confutare l’atomismo, ma Platone, misteriosamente, non considera mai Democrito).
Il ragionamento nel Parmenide procede con Socrate che risolve le contraddizioni rilevate da
Zenone ricorrendo alla teoria delle idee.
Volendo ora richiamare la sistemazione classica della logica (Principia Mathematica,
PM10), si osserverà che la reductio ad absurdum, Abs, è un teorema. Si respinge la
proposizione che implica il falso. Nei PM troviamo il simbolismo di Peano-Russell: “∼”
indica la negazione, “⊃” l’implicazione, se … allora. Pertanto il famoso principio impiegato
da Zenone acquista questa sistemazione fomale:
*2.01 p ⊃ ∼ p . ⊃. ∼ p Abs
dimostrabile a partire dalla proposizione Taut. : p ∨ p .⊃. p. con la regola di sostituzione.
Da notare ancora che Abs. fa parte delle immediate consequences of the primitive
propositions, esse sono 68, tra cui i celeberrimi principi di identità:
*2.08 p ⊃ p Id.
e terzo escluso:
*2.11 p ∨ ∼ p
riguardo al PNC esso è il
*3.24. ∼( p . ∼ p)
Corollario: i principi metafisici compaiono sotto forma di o sono teoremi!
Siamo probabilmente nel 370 p.e.v. quando Platone usa l’argomento confutatorio della
reductio ad impossibile appena descritto ma Platone ne ascrive la paternità a Zenone, nato
nel 489, 120 anni prima. Zenone impiega il metodo della refutazione che in greco si dice
ελεγκος. Questo tipo di argomento è una delle maggiori acquisizioni del pensiero greco e
della logica antica, usato come vedremo anche da Socrate il quale impiegando scientemente
la logica si mostrava tutt’altro che spontaneo e bonario parlatore. La democrazia che aveva
in serbo per lui la cicuta l’aveva in serbo anche per la logica. Aristotele dice che Zenone fu
l’inventore della dialettica (nel senso della reductio ad impossibile), come attestano anche
Diogene Laerzio e Sesto Empirico. Fa dunque la sua comparsa in Grecia la logica dialettica
Russell, Bertrand - Whitehead, Norton Alfred, Principia Mathematica to ∗ 56, CUP, repr. 1970. First
Edition, 1910. Edition to ∗ 56, 1962. [si tratta dell’editio minor dei Principia, dal titolo Principia
Mathematica to * 56 ]
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come metodo indiretto. Zenone non dimostra cosa è il molteplice, o non dimostra che è
impossibile il molteplice, ma solamente cosa accadrebbe se si ammettesse il molteplice.
Non si entra dentro il molteplice, cioè non si valuta un oggetto ma le conseguenze della sua
assunzione, si respinge la tesi di partenza ma non si acquista qualcosa di nuovo, sono le
tipiche difficoltà del metodo indiretto.
Ma partendo da Zenone, ricostruendo la storia del metodo ad impossibile, si può risalire ai
pitagorici, come osservano i Kneale11:
«È possibile che a Zenone l’abbia suggerita [si sta parlando della reductio ad
impossibile] l’uso che di essa faceva la matematica pitagorica».
Pitagora (570-490) muore un anno prima della nascita di Zenone. Pitagora avrebbe
presentato l’incommensurabilità tra lato e diagonale del quadrato sotto forma di reductio ad
impossibile, tra l’altro la dimostrazione (che compare come testo frutto di interpolazione in
Euclide, X, 117) è di capitale importanza dato che porta alla scoperta degli irrazionali che
avrebbe terremotato la matematica greca e spostato l’asse di equilibrio dall’aritmetica alla
geometria. La reductio ad impossibile compare in Euclide, con Euclide siamo nel 300 p.e.v.
La dialettica fa la sua comparsa sotto forma di metodo confutatorio nel senso appena
descritto. Ancora alcune distinzioni importanti. L’argomento ad absurdum di tipo logico va
distinto rispetto a quello di tipo matematico che se ne differenzia poiché definisce le
premesse. Inoltre mentre Socrate porta a conclusioni false a partire dalla tesi
dell’interlocutore, Zenone come si è visto arriva a conclusioni non false ma contraddittorie.
Quindi nell’argomento ad absurdum si verifica il caso che da p deriva o non p oppure p e
non p
3. Logica e metalogica di Socrate: il metodo confutatorio
Il dialogare di Socrate è generalmente descritto in astratto, ad esempio come il metodo del
«filosofo terapeuta dell’anima». Questa è la definizione di Werner Jaeger12, autore di
un’opera classica sulla filosofia greca, che però non si sofferma analiticamente a descrivere
il metodo di indagine socratica, limitandosi a distinguere tra attitudine protrettica e
confutatoria in Socrate. Curiosamente Jaeger evidenzia l’interesse di Socrate per la
medicina e il suo occhio medico. Che Socrate usasse il metodo confutatorio è largamente
acquisito, manca la descrizione in senso teoretico-analitico da parte degli studiosi. Hegel si
diffonde su Socrate evidenziando la sua ricerca dell’universale e il fatto che entrava in
estasi mistico-razionale ma nulla dice sull’articolazione logica del suo dialogare13.
11
Kneale William, Calvert-Kneale Martha,.Storia della logica, Torino, Einaudi, 1972. A cura e con una
premessa di Amedeo G. Conte. Traduzioni di Amedeo G. Conte e Luca Cafiero. Titolo originale: The
Development of Logic, 1962.
12
Werner Jaeger, Paideia. La formazione dell’uomo greco, traduzione di Alessandro Setti, vol. II “Alla
ricerca del divino”, La Nuova Italia Editrice, Firenze I ed. 1954, pp. 665. Titolo originale Paideia. Die
Formung des griechische Menschen, Berlin u. Leipzig 1954. Da vedere i capitoli su Socrate e sul ruolo
svolto dalla matematica in Platone.
13
G. W. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, a cura di Roberto Bordoli, Laterza, Bari 2013, p. 193 e
segg.
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Molti altri si sono occupati di Socrate, ricordiamo Antonio Banfi14, Giovanni Reale15. Di
recente il ceco Jan Patočka16, allievo di Husserl e il francese Pierre Hadot17. Patočka si può
considerare come esempio di tutto un modo diffuso di considerare il dialogo socratico,
l’ironia viene assunta come punto centrale dell’investigare socratico ma senza definizione
logica: per Patočka l’ironia è un aspetto dialettico o confutatorio o elenchica del metodo di
Socrate; meglio il secondo, sulla strada giusta, che osserva come Socrate «induca
l’interlocutore a riconoscere la contraddittorietà della sua posizione iniziale»18. Ludovico
Geymonat19 si occupa delle Caratteristiche del dialogo socratico evidenziando in modo
piuttosto generico il carattere sincero della sua ricerca rispetto ai sofisti. Socrate avrebbe
posto logicamente in crisi il modo di pensare tradizionale con lo spostare l’attenzione dalla
realtà, dalle cose alle sue relazioni allo scopo di garantire un metodo d’indagine più duttile,
più comprensivo, col risultato che il peso della proposizione poggia non più sul soggetto (il
numero, l’essere, il fuoco, il logos) ma sul predicato. Tuttavia la conclusione è che l’analisi
del cosiddetto dialogo socratico in tutti questi autori non è sottoposta a criteri logici.
Interessante il giudizio di Gino Loria e Carl Boyer su Socrate. Gino Loria 20 pone Socrate
all’estremo di quell’intervallo che ha Euclide come termine. Si tratta della fase dei
precursori di Euclide inaugurata appunto da Socrate. Con queste parole:
«Socrate (n.470, m. 399 p.e.v.) ... quantunque non fosse matematico né della matematica
estimatore, pure coll’insegnare un suo particolare metodo di sviluppare le facoltà del
raziocinio (metodo induttivo) e col fondare il principio della determinazione scientifica dei
concetti (principio della definizione) contribuì possentemente ad addestrare i Greci nella
difficile arte del ben ragionare, arte da cui le scienze esatte più di tutte le altre dipendono»21.
Il ben ragionare non apre però su quanto stiamo cercando di investigare, cioè su quale fosse
la logica di Socrate anche se il giudizio conferma che Socrate contribuisce alla nascita del
pensiero logico occidentale. Socrate in sostanza si connette a Zenone nel metodo logico
confutatorio e non considera la matematica pitagorica di Archita. Carl Boyer 22 neppure getta
luce sulla logica di Socrate, evidenziando che proprio nel Fedone Socrate si mostra scettico
sul sapere matematico e non comprende il funzionamento dell’addizione:
«L’influsso di Socrate sullo sviluppo della matematica fu dunque trascurabile se non
addirittura negativo»23.
14.
Antonio Banfi, Socrate, Garzanti, Milano 1944.
Giovanni Reale, Socrate. Alla scoperta della sapienza umana, RCS Libri, Milano 2000, pp. 348..
16
Patočka Jan, Socrate. Lezioni di filosofia antica, Milano, Bompiani, 2003. Introduzione, apparati e
bibliografia di Giuseppe Girgenti. Traduzione di Martin Cajthami.
17
Hadot Pierre, Elogio di Socrate, Genova, Il Melangolo, 1999. Traduzione di Elena Giovannelli, titolo
originale: Eloge de Socrate, 1998.
18
Hadot, op. cit. p. 24
19
Geymonat Ludovico, (a cura di), Storia del pensiero filosofico e scientifico, Vol. I, Garzanti, Milano II ed.
1975, p. 110.
20
Loria Gino, Le scienze esatte nell’antica Grecia, (Hoepli, 1914), Milano, Cisalpino-Goliardica, rist.
anastatica, 1987.
21
Loria, op. cit., p.107.
22
Boyer, Carl B., Storia della matematica, (1976, ISEDI), Milano, Arnoldo Mondadori, 1990. Prefazione
all’edizione italiana di Lucio Lombardo Radice. Traduzione di Adriana Carugo. Titolo originale : A History
of Mathematics, 1968
23
Boyer, op. cit., p. 99.
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Socrate fu però maestro di Platone presso il quale fu forte l’esigenza di un’organizzazione
deduttiva della conoscenza; Platone, egli stesso ispiratore del pensiero matematico del IV
sec. p.e.v. Ma Socrate secondo i Kneale24 non era un bonario amatore della conversazione
filosofica. Infatti la tecnica logica di Socrate, almeno come lo vediamo nei primi dialoghi
platonici, è la reductio ad impossibile, come vedremo. Socrate argomenta e fa uso di λογοι
(= argomentazioni o ragionamenti) evidenziando almeno tre caratteristiche:
a) un’attitudine o sensibilità logica particolare più o meno conscia nell’usare argomenti
logici,
b) un’oggettiva presenza di osservazioni metalogiche,
c) l’impiego di schemi come il MT, modus tollens che possiamo ricondurre
genericamente alla reductio.
Da ricordare il noto giudizio di Aristotele su Socrate, in una prospettiva logica25:
«Due sono le scoperte che si possono a giusta ragione attribuire a Socrate: i ragionamenti
induttivi (τούς επακτικούς λόγους) e la definizione universale: scoperte queste che
costituiscono la base della scienza».
Nel medesimo contesto Aristotele sta argomentando sulla differenza tra Idee platoniche ed
Enti matematici (definiti astrazioni dal mondo sensibile) e sulla provenienza delle idee
platoniche dalla definizione nel senso di Socrate. Ma Aristotele non approfondisce il metodo
logico socratico. Eppure Aristotele classifica i tipi di dialettica distinguendo tra una
dialettica con premesse ritenute vere da chi parla e dialettica con premesse ritenute vere dai
più. L’argomentazione tipica di Socrate (metodo confutatorio o modus tollens) si basa sul
primo tipo o forma peirastica di dialettica: l’interlocutore di Socrate assume per vero ciò
che egli dice, ma non viene assunto come universalmente vero. Socrate appartiene alla fase
pre-aristotelica della logica. Osserva padre J. Bocheński:
«Non conosciamo alcuna logica, cioè alcuna dottrina elaborata in regole o leggi,
anteriori ai Topici. Tuttavia, pare che certe regole di inferenza siano state applicate
consciamente lungo tempo prima di Aristotele da molti greci senza che fossero
formulate esplicitamente e ancor meno assiomatizzate»26.
Una di queste regole o tecniche logiche in uso deriva da Zenone l’Eleate e compare in
Socrate, ed è il principio di confutazione della reductio. Il punto è confutare la tesi
dell’interlocutore, dimostrando la sua falsità, mediante il mostrare l’assurdità delle
conseguenze. La logica esordisce, pare, come tecnica di confutazione. Si pone però una
questione preliminare, affrontata dalla storia della logica di J. Bocheński, storia che studia la
logica dalle origini fino alla prova di Gödel (1931) e caratterizzata dall’essere composta di
testi (l’ideale integrazione della storia della logica dei Kneale). La questione preliminare
consiste in questo: i logoi pre-aristotelici vanno postulati nel senso della logica
proposizionale oppure nel senso della logica dei predicati? In sostanza dato l’enunciato:
‘Paolo studia e Pietro gioca’ la simbolizzazione corretta è A∧B (A, B, proposizioni) oppure
24
Kneale William, Calvert-Kneale Martha, op. cit.
Arist. Met. XIII,4,1078 b.
26
J.M. Bocheński, La logica formale, Torino, Einaudi, 1972. Edizione italiana a cura di Alberto Conte.
Traduz. Alberto Conte. 2 voll. Vol.1 Dai Presocratici a Leibniz, Vol. 2 La logica matematica. Tit. or.
Formale Logik, Freiburg-München, 1956, p.48.
25
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della forma P(x) ∧ Q(y), (con x, y, individui e P,Q, predicati)? Secondo Bocheński, i prearistotelici ragionavano non in senso megarico-stoico o proposizionale, Aristotele stesso la
cui sillogistica è una logica di predicati, «venne a conoscenza delle leggi astratte della logica
proposizionale soltanto eccezionalmente e alla fine della sua carriera scientifica» 27. La
dialettica pre-aristotelica non poteva pensare alla reductio ad impossibile in questi termini:
se p allora q; ma non q; quindi non p
ma:
P(x) → Q(x)
¬ Q(x)
_______
¬ P(x)
Le argomentazioni di Socrate andrebbero lette alla luce della logica dei predicati, conclude
Bocheński.
Chiediamoci ora, più in generale quale tipo di logica ci fosse ai tempi di Socrate. Abbiamo
individuato in Socrate la confutazione dell’avversario come schema che evidenziando le
assurdità delle conseguenze, porta alla refutazione della tesi di partenza. Ma è bene
chiedersi quale fosse in generale l’orizzonte logico pre-aristotelico e quali fossero i contesti
di tipo logico che potevano caratterizzare l’attitudine argomentativa al tempo in cui visse
Socrate. L’uso di argomentazioni si può definire sviluppato in epoca pre-aristotelica.
Tecniche dimostrative esistevano almeno in tre ambiti:
a) matematico,
b) metafisico;
c) ragionamento quotidiano (nei tribunali e in politica)28.
a) dalla geometria proveniva l’abitudine a considerare ad es. asserti generali (generale da:
genere), proposizioni universali necessariamente vere, definizioni, rapporti tra verità
specifiche e verità generali, è la tradizione che influenzò Aristotele e che porterà ad Euclide;
la ricerca socratica come è noto si articola molto sulla ricerca del definire il concetto,
definito per tutti.
b) un secondo filone logico è più orientato non tanto verso la dimostrazione (απόδειξις) ma
verso la refutazione (έλεγχος). Qui troviamo la reductio ad absurdum proveniente da
Zenone e che si trova in Socrate. Zenone usa la reductio in difesa del monismo di
Parmenide ma, come visto, può risalire ai Pitagorici. Il metodo dialettico pertanto confluisce
a Socrate e Platone da Zenone. L’uso della reductio ad impossibile è tra la maggiori
acquisizioni dello spirito greco. Socrate adotta ai propri fini il metodo di Zenone. I Kneale
arrivano alle nostre stesse conclusioni:
«[Le argomentazioni di Socrate] fanno pensare che non fosse meramente un amatore
della conversazione filosofica ma un uomo che praticava una ben definita tecnica di
27
28
J.M.Bochenski, op. cit. p. 50.
Tripartizione desunta dal testo dei Kneale, op. cit..
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confutazione delle ipotesi: mostrare che esse comportavano conseguenze incompatibili
o inaccettabili». 29
c) i ragionamenti di ogni giorno portano a Eubulide (celebre per il paradosso del mentitore),
successore di Euclide di Megara a sua volta allievo di Socrate. Forse è Socrate che dovrebbe
essere considerato il padre della logica greca.
Socrate impiega precise tecniche di refutazione di una tesi (principio da cui discendono la
reductio e il modus tollens). Socrate stesso definisce λόγοι, dimostrazioni, il suo
argomentare, di cui esiste un’arte (τέχνε); i discorsi constano di premesse e conclusione, a
partire da postulati (υπόθεσις). L’argomentare logico che è il cuore della filosofia, della
ricerca, va sempre tenuto vivo, osserva Socrate30, poiché la sua morte determinerebbe «lo
scacco matto della filosofia»31. Socrate considera pertanto il ragionare logico come
fondamentale, ai fini della ricerca della verità; Socrate avverte, non si deve essere μισόλογι
(“misologi” quelli che odiano i ragionamenti), i λόγοι, dimostrazioni, sono lo strumento
della verità nel senso che devono essere veri; Socrate non distingue tra verità e correttezza,
chiama veri i ragionamenti corretti; mentre vere o false possono essere solo le proposizioni.
Troviamo un esempio di sillogismo disgiuntivo. «Cosa diciamo dunque dell’anima? Che è
visibile (ορατόν) o che non è visibile (αόρατον)? Che non è visibile. Allora è invisibile» 32.
L’argomento è funzionale alla dimostrazione che l’anima è simile all’invisibile per cui è
immortale. Ma lo schema usato consapevolmente da Socrate, non esplicitato, è il sillogismo
disgiuntivo (SD):
A∨B
¬A
________
B
Detto anche modus tollendo ponens è il principio per cui data una disgiunzione e la
negazione di uno dei suoi disgiunti ne deriva l’altro disgiunto. Esso è impiegato nel normale
processo deduttivo33.
Le due seguenti dei PM evidenziano ancora l’importanza del SD:
* 2.63 p ∨ q . ⊃ : ∼ p∨ q . ⊃ . q
* 2.64 p ∨ q . ⊃ : p∨ ∼q . ⊃ . p
Veniamo ad un esempio di argomentazione per refutazione; tratto dal Fedone (ma è nei
dialoghi giovanili platonici che troviamo abbondanza caratteristica della refutatio). Socrate
refuta la tesi o l’argomento dell’interlocutore Simmìa il quale pone: anima = armonia. Per
Simmìa (personaggio del Fedone il noto dialogo platonico dove si discute se la psiche è
αθάνατον, immortale) l’anima non è immortale, non può sussistere dopo la morte, così come
29
Kneale, op. cit. p 50.
Platone, Fedone, a cura di Giovanni Reale, Rusconi, Milano 1997, 89 C.
31
Fedone, op. cit., nota n. 88 , p. 199.
32
Fedone, op. cit.,79 B.
33
Copi Irving, Introduzione alla logica, Bologna, Il Mulino, (1964), II ed.1969. Introduzione di Enzo
Melandri. Traduz. di Marialuisa Stringa, p.393. Tit.or.: Introduction to Logic, N.Y. 1961.
30
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nella lira dopo che si spezzino le corde non c’è più l’armonia generata dallo strumento.
L’anima pertanto è mortale come lo è la fusione dei vari elementi che sono distribuiti per il
corpo. Socrate nella sua argomentazione dell’ “anima come armonia” mostra che ritenere
anima = armonia porta a conseguenze false pertanto è da respingere. Sono da respingere
quelle premesse che portano a conseguenze false. Socrate impiega consapevolmente senza
esplicitarlo il modus tollendo tollens o MT (principio per cui, come abbiamo visto, dato un
condizionale e la negazione del conseguente ne deriva la negazione dell’antecedente)
secondo questo schema (MT):
A→B
¬B
________
¬A
ponendo:
A = “l’anima è armonia”
B = “l’armonia presiede al governo del corpo”;
Ma B è da respingere (si pone ¬B) poiché non è vero che presieda al corpo infatti non può
operare la distinzione etica tra chi è più virtuoso o meno virtuoso, rendendo tutte le anime
uguali, il che non è, pertanto B è falsa.
Dunque la tesi iniziale di Simmìa va respinta, conclusione, dice Socrate: «E dunque non sta
bene dire che l’anima è armonia».
«In base a questo ragionamento [= l’anima è armonia] tutte le anime di tutti viventi
saranno per noi buone alla stessa maniera ... e ti pare che il ragionamento sarebbe
giunto a questa conclusione se fosse vera la supposizione che l’anima è armonia?».34
Socrate, inoltre, fa riferimento a due principi destinati, nel corso della storia del pensiero, a
ulteriore approfondimento, teorizzazione e formalizzazione: il principio d’identità e quello
di non contraddizione. Un’idea è se stessa e non può essere nel medesimo tempo se stessa e
il suo contrario (το εναντιον). «E così nessuno dei contrari, continuando a rimanere quello
che era, vorrà essere o divenire, a un tempo, il proprio contrario». 35 «Il contrario stesso non
può mai diventare contrario a se medesimo»36. «Dunque – conclude Socrate – su questo
siamo senz’altro d’accordo, ossia che un contrario non potrà mai essere contrario di se
medesimo».37
¬ (A ∧¬ A ) oppure: ¬ ( P(x) ∧¬ P(x))
Sono principi non teorizzati ma usati in modo funzionale alla dimostrazione che l’anima cui
è connessa l’Idea di vita non può accogliere il suo contrario. Socrate in sostanza posto:
x=x
34
Fedone, op. cit.94 B.
Fedone, op. cit.102 E.
36
Fedone, op. cit.103 C.
37
Fedone, op. cit.103 C.
35
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dimostra che è impossibile che coesista la sua negazione, il cinque ad es. non ammetterà mai
l’idea del pari, aggiunge Socrate.
Ora, vale la pena di passare dal riferimento di Socrate all’identità (ma non esplicitato) al suo
status logico successivo presso Aristotele. Aristotele parla di identità nei seguenti luoghi38:
a) Metaphysica, Quinto Libro, quando discute la differenza sui termini: identico, diverso,
differente, simile e dissimile; qui Aristotele distingue tra identico per accidente e identico
per essenza;
b) Topica, VII Libro; qui Aristotele apporta incidentalmente contributi sulla teoria
dell’identità con una formulazione del principio dell’indiscernibilità degli identici e una
versione del principio dell’identità degli indiscernibili, verità non ben messe in rilievo e
destinate a essere riscoperte in seguito;39 notevole il giudizio di J. M Bocheński: Aristotele
introduce nei Topici più particolari sull’identità di quanto elenchi Russell nella sezione *13
dei PM dedicata alla teoria dell’identità!
c) Analytica priora, II Libro, in cui Aristotele si trova a introdurre a livello logico-formale
l’identità dovendo usare un asserto del tipo Tutti gli a sono a , funzionale alla riduzione dei
sillogismi.
Torniamo al modus tollens o alla refutatio ad impossibile. Nella confutazione Socrate
considera che le premesse siano considerate vere soltanto dal suo interlocutore, esse
pertanto non sono vere oggettivamente o per evidenza (come in logica dimostrativa) né vere
per i più (come in logica dialettica).
Seguiamo a questo punto lo studio di Gregory Vlastos che getta luce sulla metodica ad
impossibile di Socrate quale si trova nei dialoghi giovanili platonici, dato che
successivamente, col Platone maggiore emerge un nuovo Socrate che abbandona l’elenchos
confutatorio per abbracciare un altro tipo di argomentazione e un altro tipo di premesse,
come vedremo. Socrate infatti a partire dal Gorgia, cambia logica, ma a questo punto non si
tratterà più del Socrate-Socrate ma del Socrate-Platone il quale non si proporrà più di
respingere una tesi di partenza espressa dall’interlocutore ma di porre una tesi diretta
fondata su ipotesi da verificare, su convinzioni fondate.
La logica dialettica confutatoria socratica ubbidisce al modus tollens. Così lo descrive
Gregory Vlastos40, chiamandolo:
«‘elenchos standard’ che considero il principale strumento di ricerca usato da Socrate,
come del resto confermano le acquisizioni filosofiche che egli stabilisce proprio sulla scorta
di questa forma di argomentazione»,
secondo questo schema (già visto prima ma ora espresso in altro modo):
38
Cfr. Kneale, op. cit.
Kneale, op. cit. p. 55.
40
Gregory Vlastos, Studi socratici, Vita e pensiero, Milano 2003. Tit. originale Socratic Studies, 1994. Del
medesimo autore vedere anche: Gregory Vlastos, Socrate, il filosofo dell’ironia complessa, a cura di Andrea
Blasina, La Nuova Italia, Firenze 1998, pp. 439. Titolo originale Socrates: Ironist and Moral Philosopher,
Cambridge 1991.
39
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1. L’interlocutore asserisce come vera la proposizione p. Socrate non fornisce una sua
tesi ma “esamina” quella dell’avversario. Secondo l’uso: “parla, di’ ciò a cui credi”.
Socrate ritiene in partenza p falsa, p è assunta come bersaglio delle confutazioni di
Socrate, lo scopo è mostrare la falsità di p . Ma come?
2. Socrate accetta ulteriori proposizioni q, r dell’interlocutore che accompagnano p, ma
non sono proposizioni da dimostrare.
3. Ma p è dimostrata falsa da Socrate. Si ha l’argomentare (in simboli) secondo questo
schema: q ∧ r → ¬ p le premesse dell’interlocutore portano a refutare la tesi p di
partenza. Nelle conseguenze false si annidano però verità.
4. Quindi vero è non p, e p è falsa. Ma aver asserito la falsità della partenza non
significa aver acquisito verità assolute, il metodo socratico è induttivo. Si tratta del
deficit epistemico41 dell’elenchos socratico stesso.
In simboli:
1. p
2. q ∧ r
3. q ∧ r → ¬ p
4. ¬ p
Il Socrate giovanile è il Socrate elenctico (SE) che usa la refutatio, contrapposto al Socrate
dei dialoghi di mezzo (SM). Il passaggio dal Socrate giovanile al Socrate platonico
maggiore è fondamentale e schiude le porte alla filosofia maggiore di Platone, un passaggio
che consiste nel fatto che Platone abbandona il metodo indiretto quale è quello del MT, tra
l’altro determinato dall’impatto con la geometria, con i pitagorici, coma sarà detto sotto.
Nei dialoghi Ione, Critone, Eutifrone, Respublica troviamo conclusioni di ragionamenti
acquisiti con questo metodo confutatorio o di reductio ad impossibile; sono quelle
proposizioni che in partenza venivano date come false dall’interlocutore, ma cha alla fine
della argomentazione socratica risultano vere, alcuni esempi:
-
“La poesia è follia non abitudine”;
-
“In materia di giustizia va seguito l’esperto in materia non l’opinione dei molti”;
-
“Non dovremmo mai ricambiare il torto con il torto, il male con il male”;
-
“L’azione santa è amata dagli dei perché santa, e non è santa perché amata dagli dei”;
-
“Il buono non è uguale al piacere, il piacere va perseguito a causa del buono”;
41
Il celebre «so di non sapere» sarebbe indotto dal deficit epistemico, secondo Vlastos.
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-
“Meglio subire un torto che commetterlo e meglio subire la punizione se meritata”.
Altre sorprendenti conclusioni cui perviene Gregory Vlastos:
a) Socrate non sempre segue rigorosamente e correttamente il suo impianto confutatorio allo
scopo della ricerca etica spinto dalla domanda: “Come si deve vivere?”. Socrate in qualche
caso (ad es. nel Gorgia) bara cioè fa il sofista, è volutamente sofistico, è un ingannatore,
spesso studiosi hanno lanciato questa accusa.
b) In merito al daimon socratico. Socrate sente le voci divine, Vlastos ricorda almeno un
passo dall’Apologia:
«il dio mi ordinò, come io supposi e ritenni, di vivere filosofando, esaminando me
stesso e gli altri» (Apologia, 28E)
Socrate deve seguire i comandi del soprannaturale; ma sul problema se seguire il dio o
seguire la logica, Socrate non ci vede nulla di conflittuale. Conclude Vlastos:
«Non può esservi conflitto alcuno [in Socrate]fra la disponibilità incondizionata a
seguire la ragione critica dovunque lo conduca e il suo impegno parimenti
incondizionato a obbedire a comandi impartitigli dal suo dio soprannaturale mediante
segni soprannaturali»
c) La ricerca socratica è orientata secondo il razionalismo etico. Gregory Vlastos che però
critica i filosofi che pontificano in astratto, individua rigorosamente, nell’indagine socratica
in relazione ai rapporti tra bene e male, giusto e ingiusto, i seguenti principi o correlazioni
(che fanno di Socrate, usando un’immagine di Giovanni Reale, un sovvertitore delle tavole
dell’etica corrente) (Critone, 49b4-c9), generalmente presentati senza rigore alcuno:
1. Non dobbiamo mai compiere ingiustizia
2. Non dobbiamo mai compiere un’ingiustizia in contraccambio ad un’ingiustizia
3. Non dobbiamo mai fare del male a un essere umano
4. Non dobbiamo mai restituire male per male
5. Fare del male a qualcuno = agire con ingiustizia contro qualcuno
Il male è compreso nell’ingiustizia, Socrate abolisce la lex talionis, un duro colpo per la
mentalità corrente greca.
d) Ma in che rapporto stanno aretè e eudaimonìa? In rapporto di identità o di implicazione
reciproca?
e) Un utile approfondimento teoretico e insieme logico è stabilire la relazione tra i 5 principi
appena visti, ad es. è evidente che il 2. deriva dall’1. Inoltre unendo 1. e 5. deriva il 4.
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Torniamo al metodo elenctico di Socrate dei dialoghi giovanili. Coma mai Platone
abbandona tale metodo nei dialoghi maggiori? La risposta è una lenta gestazione di Platone
che abbandona la dialettica socratica del maestro suo dopo aver scoperto la geometria, la
matematica, dopo l’incontro con Archita pitagorico. Il passaggio dal Socrate dei dialoghi
giovanili al Socrate dei dialoghi maggiori vale a dire al Platone maturo avviene con un
abbandono del metodo diretto e all’uso della dimostrazione diretta grazie all’incontro con la
matematica (pitagorica). Questo significa abbandono delle lacune del metodo indiretto, di
quel deficit di cui si era detto e passaggio alla dimostrazione diretta. Interviene la
conoscenza della matematica. La conoscenza acquisita da Platone della geometria al tempo
del Menone porta Platone a una forma di conoscenza diretta e all’abbandono del metodo
indiretto. Ma geometria è dedurre da premesse evidenti. Platone impara la deduzione della
tesi p da h assunta come ipotesi. Impara il metodo dalla geometria. La geometria come
paradigma della conoscenza. Ad es. se Socrate-Platone investiga su p = “la virtù è
insegnabile” va posta l’ipotesi h = “la virtù è conoscenza”. Pertanto il problema sarà la
deduzione diretta di p da h.
4. La teoria delle idee di Platone: una ricostruzione logica
Platone parla in più luoghi delle idee. I logici asseriscono che una delle migliori definizioni
di idea data da Platone stesso è in Rep. X 596a. Questa definizione di idea afferma che
l’idea è un raggruppamento di oggetti, cui applichiamo lo stesso nome42.
«Noi siamo stati abituati ad assumere una singola idea per ogni gruppo di cose cui
applichiamo un nome comune».
Da notare in questo passo la presenza simultanea di termini come molteplicità o gruppo (τα
πολλά), nome (όνομα) e idea (είδος). Ma la definizione è ambigua per quanto sia giudicata
da Russell43 a very clear exposition della teoria delle idee. Russell osserva che Platone con
le idee introduce l’indiscutibile progresso costituito dagli universali che risolvono la
difficoltà costituita dal riferimento ai singoli che costringerebbe a rimanere bloccati in un
universo illimitato di oggetti o in un mondo di particolari ciascuno con un suo nome
singolo. Manca però secondo Russell, nella idee platoniche l’aspetto della sintassi, uin
effetti quello di Platone è un universo di oggetti senza relazioni sintattiche. Ma la teoria
delle idee va ricostruita, va chiarito il processo logico di costituzione di un’idea e vanno
posti gli assiomi in un sistema. Che si deve intendere per idea? Quali sono gli assiomi di
una teoria ricostruita delle idee (d’ora in avanti T-idee)? Anche Platone avrebbe gradito
strumenti logici più efficaci di quelli del tempo suo. Il concetto di idea va letto e aggiornato
alla luce della logica moderna. In primis ben vedono i logici secondo cui il concetto di idea
nel senso di Platone si presta a due interpretazioni; secondo i Kneale l’idea platonica si può
intendere (ambiguamente) in due sensi:
1. l’idea è un carattere comune (o più caratteri comuni) ad un certo numero di cose (un
carattere comune viene ipostatizzato);
42
Kneale, op. cit., p. 28. Cfr. anche più avanti nel paragrafo sulla logica di Platone altre traduzioni di questo
passo.
43
Russell, op. cit. p. 137.
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2. l’idea esiste separatamente dalle cose e non è la generalizzazione di un carattere
comune o più caratteri comuni, ma è un modello o cosa migliore del genere cui gli
oggetti si approssimano; il caso 2 è proprio quello per cui si dice ideale, il letto ideale
o il tavolo ideale o il letto e il tavolo migliore44. La cosa stessa.
Platone è nella seconda definizione platonista. Ma se cade nella prima definizione non è più
platonista.
Assumere l’idea platonica senza nessun’altra determinazione logica è un sapere fuori corso
legale (Trabattoni)45. «Platone si serve spesso delle idee ma raramente ne fa oggetto di una
trattazione» (Ferrari)46. Ne parla Socrate nel Parmenide, per opporsi a Zenone che aveva
dimostrato che se si ammette che esista la molteplicità (come sarebbe disposto a
scommettere qualsiasi persona razionale) si incappa in contraddizioni. Dalle contraddizioni
evidenziate da Zenone se ne esce ammettendo l’esistenza delle idee. In questo contesto si
parla delle idee ma dal discorso di Socrate derivano tuttavia 5 tesi o possibili interpretazioni
o proprietà sulla nozione di idea che pertanto è tutt’altro che univoca (da Ferrari).
Esse sono:
1. (tesi ontologica) le idee esistono ontologicamente e non sono fatti mentali, non sono
viziate da alcuna forma di contrarietà o relatività;
2. (tesi logica) nel senso che si deve ammettere un passaggio logico, id est dall’idea al
predicato che essa esprime; l’idea o forma del “giusto” si identifica con senso del
predicato “giusto”; forma = eidos = predicato = universale; la tesi logica ammette un
corollario: le cose necessitano della forma ma la forma non necessita delle cose: la
relazione è pertanto asimmetrica;
3. (tesi semantica) le forme o idee rendono possibile che si possa sussumere un oggetto
all’universale, principio di astrazione, e che si possa dire di qualcosa che è qualcosa
connettendola ad un predicato, principio di predicazione. Si ha il passaggio dall’idea
astratta e fuori dal mondo ma concepita dalla mia mente, anzi dall’occhio della mente
alla sua evocazione e presenza linguistica, e descrizione, data una cosa bella posso
dire “è bella”, evocando l’idea platonica di bellezza; inoltre: se sono date delle cose
belle posso indicare “bello”. Senza la tesi semantica avrei un mondo di idee
contemplabili senza linguaggio. La cosa è impegnativa, se dico: “Questo è bello” e se
sono platonista, ho indicato e ammesso un’idea che sta da qualche parte con esistenza
propria e non un universale o predicato qualsiasi;
4. (tesi causale) le forme sono causa delle cose, causa dell’esser-così-delle cose.
L’interpretazione causale è più logica che fisica, non pone una reale causa fisica date
le difficoltà di un’autentica spiegazione fisicista causale, ma pone la definizione di
una data idea come parametro per stabilire se un dato ente ha o non ha il predicato
costituito dall’idea;
44
Tavolo e letto sono proprio gli oggetti di cui si discute in Rep., libro X.
Trabattoni, op. cit.
46
Franco Ferrari, a cura di, Platone. Parmenide, RCS Libri, Milano 2004.
45
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5. (tesi epistemologica) le idee si possono conoscere.
Esaminiamo il famoso passo di Platone sull’idea (Rep., X, 596), la possiamo leggere così:
“data una singola idea essa è comprensiva di tutte le molte singole cose cui diamo lo stesso
nome”. Compare onoma. L’Idea si connette con la molteplicità di oggetti che hanno lo
stesso nome (predicato). x è un letto, y è un letto, z è un letto. L’idea del letto trattabile
come predicato. x è L, y è L, z è L. I singoli oggetti sono letti. Si può allora porre: “L = Idea
di letto”. Gli individui hanno lo stesso predicato. Principio di comprensione: se esiste un
predicato esistono gli individui che lo soddisfano. Conclusione:
idea = predicato ascrivibile a più individui (Ferrari).
Più tradizionalmente filosofico è ammettere che il set di proprietà che Platone attribuisce
all’idea sono tratti posseduti dall’Uno di Parmenide.
L’idea a sua volta all’interno di relazioni con altre idee: nell’essere compare la molteplicità,
sono le relazioni intraeidetiche: prefigurazione del campo semantico?
La ricostruzione delle mosse logiche solo implicite in Platone, nel senso di intendere l’idea
o forma come predicato individuando un carattere comune che viene ipostatizzato se
presente in più individui, può essere la seguente (utile l’uso della logica predicativa):
Poniamo:
a, b, c, .... = individui (es. singoli gatti osservabili)
F = carattere comune o predicato (esser gatto)
se aF, bF, cF, ..., allora si postula F in sé
vale a dire:
F = Φ (forma platonica )
Definita l’idea, si ordinano le proprietà (Ferrari)
1. (ontologica) le idee esistono
2. (logica) l’idea ha natura logica, in rapporto di partecipazione (asimmetrica) con gli
oggetti reali : gli enti ricevono nome ed esistenza dalle idee, ma non l’inverso
3. (semantica) l’idea è un universale o termine o predicato; dati più oggetti o individui si
può porre un genere o predicato: P, cui sussumere un dato oggetto. “x è gatto”, P(x)
4. (causale) l’idea è causa dell’essere delle cose
5. ( epistemologica) le idee sono forme conoscibili razionalmente
Assiomi (Fronterotta)
(I) Le idee esistono; ad una singola specie di oggetti corrisponde un’idea (forma =
γένος), gli oggetti ne partecipano, derivandone: a) definizione, b) denominazione;
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(II) Le idee sono caratterizzate da predicati: a) sono separate dal mondo empirico, b)
sono ontologicamente superiori, c) sono discontinue rispetto al mondo, uniche, eterne,
compiute, immobili, etc.;
(III) Le idee si conoscono direttamente con il ragionamento.
Nonostante (II) si possono conoscere. Potrebbe anche derivare da (II) la loro non
conoscibilità, si tratta infatti della difficoltà più grande così come viene definita in un luogo
del Parmenide.
T-idee è però esposta ad un paradosso: se ho l’idea del tavolo (magari sono un falegname)
allora posso avere l’idea dell’idea del tavolo, etc. ad infinitum. Ma non è così che lo pone
Platone. Analiticamente si può ricostruire il cosiddetto paradosso della teoria delle idee
(regressus ad infinitum paradossi dell’infinito potenziale); esaminiamo la celebre aporia per
cui data una singola idea se ne genera una serie (da Vlastos in Ferrari); a, b, c, individui, F
sia proprietà o predicato; Φ forma o idea platonica (idea: “grande”):
se aF, bF, cF, ..., allora F esiste e F = Φ (1)
se {(aF∧ bF ∧ cF ...) ∧ Φ } allora Φ’ (2)
ho ottenuto una seconda idea Φ’
iterando si passa ad una successione di forme o idee (3)
Esempio: se dati oggetti sono grandi partecipano dell’idea grande. Ma anche gli oggetti
grandi e l’idea grande sono essi stessi una seconda idea, quella di GRANDE e così via
all’infinito; si noterà che il paradosso non è semplicemente nel considerare un’idea e poi
l’idea dell’idea, e poi l’idea dell’idea dell’idea etc.. Il predicato è determinato e rimane
uguale, sicché avremmo a rigore: se quegli animali sono cani, anche i cani e l’idea di cane
sono (partecipano dell’idea di) CANE. Il paradosso infatti Ferrari lo chiama del “terzo
grande”, in analogia con il paradosso del “terzo uomo” che è un paradosso abbastanza
simile presente nella Metafisica di Aristotele. Parmenide personaggio del dialogo omonimo
presentando il paradosso evidenzia una difficoltà presente nella teoria delle idee di Socrate.
Il che è come dire che Platone stesso evidenzia le difficoltà delle idee.
Secondo Vlastos (testo che risale al 1954, in Ferrari) va esplicitato logicamente che nella
formulazione di questo paradosso Parmenide del dialogo omonimo assume due premesse:
(I)
AP (autopredicazione) l’idea o forma si predica di se stessa : Φ = F
(II)
NI (non identità) se x è F, allora x non può essere Φ. Se qualcosa ha un
determinato carattere, esso non può essere identico alla forma.
Ma (I) e (II) sono contraddittori. Infatti:
per (I) Φ = F, per (II) se x è F, allora x non può essere Φ (1)
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se sostituiamo x con Φ, allora la precedente (1) diventa:
se Φ è F, allora Φ non è Φ (2)
che è contraddittoria, cade un’obiezione contro la T-idee, l’argomento del “terzo grande”,
avanzato da Parmenide del dialogo omonimo, è errato.
Asimmetria
La famosa nozione platonica di partecipazione dell’ente all’Idea è una relazione: xRy. x ha
la relazione R con y, gattino partecipa della forma o idea di “gatto”, R = ‘relazione di
partecipare’; secondo Ferrari, Parmenide del Parmenide che critica nella I parte del dialogo
la T-idee incappa in altri errori logici: pone simmetrica la relazione di somiglianza e di
separazione che lega idee e realtà fisica laddove l’analisi mostra che la relazione è
asimmetrica; ciò “salva” la T-idee coma l’aveva formulata Socrate nel corso dello stesso
dialogo; la relazione di separazione è asimmetrica: l’idea di gatto è separata dai singoli gatti,
ma i singoli gatti ricevono l’esistere dall’idea “gatto”, l’idea “gatto” non riceve l’esistenza
dai singoli gattini; nozione fondamentale di relazione, Platone può avere anticipato la logica
delle relazioni. Conclusione: la relazione di partecipazione non è simmetrica, “Briciola”
partecipa di “gatto” ma “gatto” non partecipa del singolo; “Briciola”, gatto assomiglia per
qualche aspetto all’idea “gatto” ma non l’ inverso.
Aristotele
Aristotele stesso parla di ambiguità di partecipazione dell’oggetto all’Idea. Vediamo il
passo Metaph., I 6, 987 b7-14. Qui Aristotele dice che Platone (giudicato significativamente
un pitagorico ma aperto agli eraclitei) distingue tra idee e sensibili; un nome (di un’idea)
designa una pluralità di oggetti che partecipa dell’idea; Arist. connette Platone ai Pitagorici,
i Pitagorici dicono che gli «esseri sussistono per ‘imitazione’ dei numeri», mentre Platone
secondo Arist. si limita a sostituire ‘imitazione’ con ‘partecipazione’. Si arriva alla
conclusione di Aristotele:
«In ogni modo tanto gli uni quanto l’altro [I Pitagorici e Platone] hanno egualmente
trascurato di indicare che cosa significhi ‘partecipazione’ e ‘imitazione ‘ delle Forme».
«Dire che che le Forme sono ‘modelli’ e che le cose sensibili ‘partecipano’ di esse
significa parlare a vuoto».
5. Platone e la matematica
Premessa
I rapporti tra matematica, aritmetica, geometria del IV secolo, filosofia della matematica,
filosofia del pitagorismo e Platone, le idee di Platone, il ruolo che svolge la matematica in
Platone, nella filosofia di Platone, sono complessi. Il problema non rimane confinato al fatto
che ad es. cinque drachme appartiene all’idea platonica del numero cinque o che 5 è un
esempio dell’idea di 5, cioè che i numeri sono idee.
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Ricordiamo:
• abbiamo già incontrato nel corso di questi appunti la matematica, infatti alla scuola di
Archita pitagorico, Platone può aver appreso la matematica e con essa il metodo della
deduzione. Metodo necessario al superamento delle difficoltà e dei limiti connessi
all’elenchos socratico, al metodo indiretto confutatorio socratico a favore della
dimostrazione diretta sotto la guida della geometria; con questo passaggio Platone
diventa Platone-Platone e non più Platone-Socrate;
• la matematica è importante per l’educazione del filosofo, dice Platone, è necessario
per il filosofo-governatore un lungo apprendistato in matematica;
• va distinta l’aritmetica dei numeri ordinari dai numeri ideali platonici o metafisici. Il
numero ideale assume una posizione peculiare nella derivazione delle idee dai
cosiddetti principi primi (seguendo l’interpretazione di Giovanni Reale) nel senso
che i numeri in senso platonico e non ordinario sono i primi derivati dai principi
primi e determinano formalmente la funzione delle idee.
• un legame diretto inoltre connette le idee platoniche, gli enti matematici con gli enti
di Euclide, con la fondamentale e celeberrima geometria euclidea, numeri e figure
euclidei sono astrazioni platoniche che però vanno individuati nell’universo
dell’essere e definiti e costruiti.
• discepoli di Platone, Teeteto, Eudosso, ispirano interi libri di Euclide.
Su questi aspetti sommariamente delineati si articola il numero 5.
Matematica in Platone secondo Reale
Al di sopra delle idee platoniche deve esistere un’altra realtà, ma quale realtà ci sarebbe
oltre quella delle idee? Essa è identificabile col numero? Dato che le idee considerate
insieme sono numerabili, nel senso che possiamo applicare a ciascuna un numero (naturale),
abbiamo quindi idea n.1, idea n.2, idea n.3 etc.. “bellezza”, “bontà”, “giustizia” sono
numerabili, pertanto ogni idea partecipa del numero. Così leggiamo in Sesto Empirico (in
Reale)47:
« … deve esistere qualcosa che è ancora al di sopra della loro [delle idee] realtà,
ossia il numero, per partecipazione al quale l’uno, il due, il tre o un numero maggiore
si predica di esso».
Ma il numero a sua volta deriva dalla diade, cioè dai principi primi anteriori alle idee,
pertanto il numero sembra assumere un ruolo chiave. Questa è l’interpretazione di Reale.
L’interpretazione di Giovanni Reale sui rapporti tra Platone e la matematica, costituisce
sicuramente un punto critico di rilievo che potrebbe essere assunto come antecedente ad
ogni futuro schema logico analitico, in ogni caso non certo da sottovalutare. Reale
evidenzia, innanzitutto, che nella Rep. Platone considera la matematica e la geometria come
discipline che aiutano a metter fuori la testa dal divenire e che la geometria è la scienza di
ciò che sempre è.
Platone distingue tra numeri e figure matematici in senso ordinario e numeri e figure in
senso ideale o metafisico. I numeri ideali o metafisici svolgono l’ufficio di generare i
numeri ordinari, i numeri ideali infatti sono le essenze dei numeri ordinari, ed hanno anche
47
Giovanni Reale, op. cit.
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il tratto di non essere operabili, nel senso che non puoi fare “Idea del 5” (o numero ideale 5)
elevato al quadrato. Oppure moltiplicare Idea del 5 per Idea del 7, etc. I numeri ideali o
metafisici a loro volta derivano dai principi primi. In sostanza il processo logico (fantasioso,
direbbe un analitico) è il seguente: la realtà è governata da un bipolarismo costituito dai
cosiddetti principi primi che sono l’uno che delimita e il molteplice che differenzia e
distingue. Primordiali sono quindi l’uno che delimita e il molteplice che viene delimitato.
Ma questi rapporti dell’uno e del molteplice sono rapporti logico-numerici. Essi per loro
natura sono appunto i primi elementi derivati dei principi primi, sono i numeri ideali
preposti con il loro assetto logico-formale a dare criterio e forma logica a tutte le idee
dell’universo teoretico, idee che a loro volta, coerentemente, consistono nel dar ordine al
caotico, ogni idea essendo un uno che raggruppa un molteplice. Bontà, sacro, giustizia etc..
sono idee in cui ciascuna dà unità ai suoi universi specifici di molteplicità. Ma l’unità e il
molteplice è numero, rapporto logico-numerico. Corollario: l’aver colto la dialettica tra
l’uno e il molteplice pare che si possa ascrivere come uno dei massimi meriti di Platone. Ciò
che manca è l’aspetto analitico, l’assetto sottinteso delle operazioni logiche, che vanno
ricostruiti.
Il numero è alla base di ciascuna idea, di tutte le idee; ma per numero, avverte Reale, va
inteso non il numero ordinario come per noi moderni, ma numero in senso greco vale a dire
rapporto, si pensi al rapporto numerico con cui i greci identificavano il canone della
bellezza, è un numero ma insieme un criterio più complesso di analisi. Ci si chiede: come
funziona analiticamente l’elemento numero in una data idea? Un’idea è l’elemento che
unifica dati differenziati sotto un unico punto di vista, es.: tutte le azioni buone sotto l’idea
unica di bontà. Ma dire tutti o molti e dire uno, significa postulare un rapporto logico,
ammettere che l’idea rimanda al rapporto logico-numerico uno/molti, id est al numero. In
che senso va visto oggi il rapporto logico-formale uno/molteplicità? Una soluzione sarebbe
l’insiemistica, l’idea interpretabile come predicato con la classe degli individui che
possiedono quel predicato.
Platone e la matematica ordinaria
Non ci sono contributi specifici di Platone in matematica cioè in storia della matematica
(eccetto «il procedimento da lui immaginato per inserire due medie proporzionali tra due
rette date»48 ma ebbe vedute d’insieme e influenzò il corso del pensiero matematico.
Conobbe il pitagorismo da Archita e Filolao, «fece la personale conoscenza di Filolao»
afferma Loria. Secondo Simplicio Platone pone il problema dei moti dei pianeti che poi
Eudosso avrebbe risolto con la sua teoria, Platone ispirò l’astronomia di Eudosso?
Boyer:
«Il ruolo di Platone nella storia della matematica è ancora oggetto di aspre dispute.
Alcuni lo considerano un pensatore eccezionalmente profondo e incisivo; altri lo
dipingono come un pifferaio che adescò i matematici distogliendoli da problemi
concernenti la realtà del mondo e incoraggiandoli ad abbandonarsi ad oziose
speculazioni»49 .
Lancelot Hogben appartiene a questa seconda serie di critici. Vedremo pertanto in che modo
si inserisce la matematica in Platone nella sua teoria delle idee, la maggior acquisizione
48
49
Loria, op. cit.
Boyer, op. cit.
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teoretica di Platone. Questo presuppone considerare in che stato si trovi la matematica
all’epoca di Platone distinguendo opportunamente tra calcolo, uso pratico del calcolo e
filosofia, filosofia della matematica. In ogni caso è fondamentale l’impatto col pitagorismo.
I numeri e le loro idee esistono, questo richiama il pitagorismo di Russell, i numeri hanno
esistenza a se stante, pitagorico-platonica appunto. Pitagorica è la distinzione, in pieno
adottata da Platone, tra logistica, calcolo aritmetico e aspetti filosofici della matematica. I
greci al tempo di Platone conoscevano le quattro operazioni, le frazioni, metodi per
l’estrazione della radice quadrata e cubica, scrivevano le cifre usando lettere dell’alfabeto,
ma non ci sono trattati logistici a differenza della geometria che ebbe ben altra risonanza.
Platone vive al tempo del corso aureo della geometria che si snoda da Talete a Euclide. Va
ricordato che seconda una tradizione (peraltro tardiva e discutibile) all’ingresso
dell’Accademia stava scritto: «Non entri chi non sa la geometria»; inoltre, circolava un altro
motto platonico, attribuito a Platone da Plutarco: «Dio sempre geometrizza». Platone alla
scuola ideale di Pitagora apprende che «tutto è numero». Ma Platone appartiene ad
un’epoca, parlando da un punto di vista filosofico-matematico, in cui si presenta dirompente
la crisi della matematica vale a dire dell’insieme N dei naturali, aperta dai pitagorici, con la
scoperta degli irrazionali, delle grandezze incommensurabili che sposta l’asse della
matematica dall’aritmetica alla geometria. Si scopre l’incommensurabilità tra lato e
diagonale del quadrato. Gli elementi fondamentali della realtà, la misura di tutte le cose, ora
saranno non più i numeri ma i segmenti, le figure. Platone vive l’avvento della basilarità
della geometria.
Platone e la geometria (euclidea)
Si può attribuire alla geometria la provenienza della teoria delle idee di Platone (lo crede
anche Bocheński), nel senso che le idee platoniche nascono dalla constatazione che mentre
le figure geometriche possono essere disegnate o riprodotte in vario modo, si possono
postulare quelle ideali che vanno intese in un senso diverso, astratto. «Le figure geometriche
sono ‘visioni astratte’ estrapolate da modelli concreti». Platone usa i termini eidos < eidon
“io vidi” oppure idea < idein “vedere”. Di qui il passo a considerare le figure geometriche
oggetti ideali esistenti, idee, fuori dal mondo. Di qui il passo a porre un mondo perfetto di
cui quello sensibile è imperfetto.
«Fu così che la ragionevole ‘idealizzazione’ della geometria fu, spesso
irragionevolmente, estesa ad altri campi. La ‘teoria delle forme’ divenne allora una
‘teoria dei concetti’ ottenuta per astrazione dagli oggetti, e il platonismo arrivò
pericolosamente a considerare il mondo dei concetti non solo più perfetto ma
addirittura più reale di quello degli oggetti»50.
Platone studia la connessione tra realtà empirica e idee, è il problema delle dottrine non
scritte (probabilmente) che verteva sul problema dei rapporti tra l’unità e la molteplicità, tra
l’uno e il molteplice. Tra il predicato o proprietà ideale ‘esser buono’ (l’unità) e le ‘cose
buone’ (il molteplice). Data una proprietà esistono gli individui che la possiedono. Platone
ha ispirato il moderno principio di comprensione, se si pone il predicato φ allora φx, φy, φz,
…, la definizione dell’idea si articola nei due metodi della synopsis e diaresis, dal
molteplice all’idea e l’inverso.
50
Piergiorgio Odifreddi, Le menzogne di Ulisse, Longanesi, Milano III ed. 2004, p.60.
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«È dunque significativo che siano stati proprio questi aspetti del pensiero platonico a
essere ripresi, a partire dall’ottocento, da quella teoria degli insiemi che, oltre a fornire
il principale fondamento moderno alla matematica, costituisce anche la massima
realizzazione del pensiero platonico»51.
Platone (ricordiamo che siamo nella fase peculiare per il pensiero occidentale che si snoda
dalla morte di Socrate, 399 p.e.v. alla morte di Aristotele, 322 p.e.v., Platone muore nel 347)
influenza il pensiero matematico a lui posteriore, ispira e guida i matematici del IV sec. A
giudizio di Boyer52 Platone ebbe influenza su sei matematici che ebbero rapporti stretti con
l’Accademia, vale a dire Teodoro di Cirene, Teeteto, Eudosso di Cnide, Menecmo, suo
fratello Dinostrato e Autolico di Pitane.
Influsso del platonismo sugli Elementi euclidei: nel senso che la geometria di Euclide (si
stabilisce il 300 p.e.v. come localizzazione degli Elementi) pone inizialmente enti che
esistono platonicamente e che godono di un’esistenza autonoma vale a dire non sono
chiamati ad esistere in senso moderno per definizione o creazione ma sono semplicemente
nominati e individuati e descritti, id est definiti.
Euclide pone e definisce punto, linea, estremi di una linea, linea retta, superficie, estremi di
una superficie, superficie, angolo, angolo retto, perpendicolare, angolo ottuso, angolo acuto,
termine come estremo di qualcosa, figura, cerchio, centro del cerchio, diametro,
semicerchio, figura, triangolo equilatero, isoscele, scaleno, triangolo rettangolo, ottusangolo,
acutangolo, quadrato, rettangolo, rette parallele, come enti che esistono platonicamente (si
tratta delle XXIII definizioni iniziali, quelle che precedono i postulati e le nozioni comuni).
Si tratterà poi di collegare gli enti, di ordinarli e di costruirli dimostrando come quelli
complessi si riconducono a quelli semplici o già dimostrati. Da Platone trae impulso
l’attività euclidea della costruzione geometrica con riga e compasso, il costruire la figura;
nel senso che riga e compasso generano le figure essenziali, ideali, della retta e del
cerchio. Ma la predilezione per la riga e il compasso e l’essenzialità della retta del cerchio,
osserva Boyer, può richiamare la simmetria, le configurazioni simmetriche per cui Platone
ebbe propensione, la retta infatti determina simmetrie e ogni punto rappresenta un centro di
simmetria (Boyer, 102). La geometria di Euclide è proprio una geometria della retta e del
cerchio. Il criterio della costruzione anima gli Elementi, proviene da Platone. Non si
comprendono gli Elementi se non si osserva il criterio costruttivo dell’opera di Euclide.
Euclide non menziona mai riga e compasso, in questo è platonico. I postulati famosi
mostrano aspetti da costruzione. Vediamo alcuni esempi.
Postulato I: Risulti postulato che si possa condurre una linea retta da un qualsiasi punto
ad ogni altro punto;
Postulato II: E che una retta terminata si possa prolungare continuamente in linea retta;
Postulato III: E che si possa descrivere un cerchio con qualsiasi centro ed ogni distanza.
Da notare la prima proposizione del I libro: “Su una retta terminata costruire un triangolo
equilatero”. La II, 9 è una costruzione: “Dividere per metà un angolo rettilineo dato”. La 12
insegna come condurre una perpendicolare, etc... In generale nel libro I si affronta la
costruzione di un parallelogramma equivalente ad un dato poligono. La costruzione diventa
poi funzionale alla rappresentazione geometrica dell’aritmetica, non dimentichiamoci che il
problema era, dopo la scoperta degli irrazionale e la crisi del sistema N, sostituire
51
52
Pergiorgio Odifreddi, op. cit., p. 65
Carl Boyer, op. cit.
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l’aritmetica con la geometria, più fondata e solida. Richiamiamo almeno due esempi. La
proposizione II,1 insegna a rappresentare geometricamente quello che in algebra è
(a + b) c = ac + bc
La proposizione II, 4 a costruire ciò che in algebra è:
(a + b)2 = a2 + b2 + 2ab
L’influsso dell’Accademia platonica si vede nei seguenti matematici:
• Eudosso. A lui si deve la teoria delle proporzioni, per superare gli ostacoli prodotti
dall’avvento degli irrazionali, esposta nel libro V degli Elementi di Euclide; la
definizione IV esprime il principio archimedeo. Importante la definizione V che
corrisponde all’uguaglianza di due numeri reali (razionali o irrazionali secondo che le
grandezze siano commensurabili o incommensurabili).
• Teeteto. A lui si devono:
a) il libro X degli Elementi con una classificazione degli irrazionali; quel libro X che è il più
lungo degli Elementi con le sue 115 proposizioni e che già Fibonacci giudicava difficile;
b) la trattazione dei cosiddetti “solidi platonici” del libro XIII degli Elementi dedicato
appunto ai solidi regolari, con la dimostrazione che sono solo 5 e come costruirli con riga e
compasso.
La geometria euclidea è geometria platonica, gli enti matematici sono enti con una realtà
ontologica astratta.
6. Platone e la logica. Storia della logica
Platone da un punto di vista logico. Anche in logica ci si chiede quale possa essere stato il
contributo di Platone. In logica, in un’epoca pre-aristotelica, Platone «in primo luogo ci ha
reso l’immortale servizio di cogliere e formulare per primo un chiaro concetto di logica»53,
nel Timeo Platone pone l’ardita metafora dei ragionamenti umani che siano corretti in virtù
della logica come perfette sono le orbite celesti. Platone cercò tutta la vita la connessione tra
idee, leggi logiche, senza riuscirvi. In un passo di Platone riportato da Bocheński assistiamo
al dramma di Platone che discute se “tutti gli A sono B” equivalga al converso “tutti i B
sono A”, alla ricerca di una legge logica possibile. Abbiamo mostrato l’ambiguità di Platone
proprio in merito alla sua creatura: le idee. Inoltre: la teoria delle idee rimane in ogni caso
senza sintassi. Ma Platone con il suo investigare diretto, con la ricerca della definizione, del
predicato, trasmise ad Aristotele, il che è un’eredità fondamentale e pesante, una logica di
tipo non proposizionale ma predicazionale
Platone non fu un logico e il discorso qui riguarda la logica prima di Aristotele. Intendendo
per logica la struttura dei ragionamenti validi con premesse vere, laddove nel ragionamento
53
Bocheński, op. cit.
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comune o dialettico la premessa non è data come vera. Prima di vedere da vicino un Platone
logico (attingendo a due testi sacri, i cui autori sono Kneale e Bocheński) vediamo come si
poteva configurare il ragionamento logico prima di Aristotele. Che si ragionasse e che si
cercasse di arrivare a ragionamenti validi è indubbio nella Grecia del IV sec. p.e.v. in
almeno tre ambiti (lo avevamo visto sopra):
1. geometria; lo sviluppo della geometria da Talete ai pitagorici, a Platone, ai platonici, a
Euclide, postula l’esistenza del problema logico delle dimostrazione in geometria
(nettamente almeno tra i pitagorici), come connessione tra assiomi e proposizioni, non
ancora in senso maturo euclideo, dello studio implicito di proposizioni generali (tutti gli
angoli …), di proposizioni generali ma universali necessariamente vere (tutti i triangoli
hanno …), delle definizioni, della sussunzione di verità specifiche sotto regole generali;
2. filosofia, dialettica e ragionamento metafisico; come visto, si tratta dell’uso della reductio
ad impossibile; se ne coglie una linea, da Pitagora a Zenone a Socrate e a Platone; il
giudizio dei Kneale su Socrate è significativo, in controtendenza rispetto ad un’illustre
tradizione di studi su Socrate (Hegel, Jaeger, …), Socrate è uomo che:
«praticava una ben definita tecnica di confutazione delle ipotesi: mostrare che esse
comportavano conseguenze incompatibili»
in sostanza è lo studio della dialettica con premesse non necessariamente vere. Da notare a
questo punto che Platone:
a) enuncia di tanto in tanto principi logici come il PNC (Resp. 436b);
b) avrebbe disapprovato uno studio fine a se stesso della logica;
3. logica non matematica e non filosofica, eristica e sofistica; sono gli argomenti come il
celebre paradosso del mentitore, una logica del linguaggio ordinario che metterà capo alla
tradizione stoica.
Cos’è un’idea?
Questioni logiche affrontate da Platone:
1. Vero o falso di cosa si predica? In Platone compare per la prima volta e prima di
Aristotele una filosofia della logica che va estratta dalle sue opere e che non costituiva per
lui un elemento centrale, siamo noi moderni a estrarre le riflessioni platoniche in logica,
dopo secoli di progresso logico; Platone agita il problema della funzione del predicato Vero
o Falso, nel senso che c’è ambiguità in Platone se vada applicato ai pensieri (o opinioni o
fenomeni psichici) o a configurazioni verbali (sentence, enunciato).
2. Cos’è un ragionamento corretto? Un ragionamento corretto implica la connessione tra
Idee, risponde Platone sul massimo dei problemi della logica e non tra pensieri o enunciati.
Ma cosa sono le idee (in senso platonico)?
3. Come detto non abbiamo una teoria esaustiva sulle idee platoniche, perché Platone non la
formulò mai, essa va ricostruita. I Kneale valutano il seguente passo di Platone che definisce
l’idea: «Noi siamo stati abituati ad assumere una singola idea per ogni gruppo di cose cui
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applichiamo un nome comune»54 (Rep. 596A). Ma derivano sulla base di questa generica
asserzione di Platone due definizioni di Idea:
a) l’idea è ciò che c’è in comune tra più oggetti, è un carattere generale, che pertanto non
è indipendente dalle cose;
b) l’idea non ha alcun contatto con le cose ma è il meglio tra gli oggetti, è un modello nel
suo genere, cui si approssimano gli oggetti raggruppabili in un’idea.
I Kneale osservano che se si pone a) è errato porre anche b). Secondo Aristotele, Platone
cade nell’errore di porre come carattere astratto dell’idea un tratto comune che pertanto
rientra nel caso a) ma ciò non è genuinamente platonico. La discussione mostra le difficoltà
di Platone nel definire l’idea e la necessità di un approfondimento analitico. Insomma
Platone, se usa a), non è platonista.
54
Nella traduzione di Franco Sartori: «Siamo soliti, non è vero?, porre un’unica singola specie per ciascun
gruppo di molti oggetti ai quali attribuiamo l’identico nome », Laterza 1966. Giovannni Caccia: «Abbiamo
preso l’abitudine di porre un’idea singola per ogni genere di oggetti molteplici cui assegnamo lo stesso
nome. Mi capisci o no?», Newton Compton 1997. Platone usa eidos per idea. Dunque si ha questa
concatenazione: molteplicità di oggetti-idea-nome.
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