caratterizzazione microbiologica dei compost da reflui
Transcript
caratterizzazione microbiologica dei compost da reflui
CARATTERIZZAZIONE MICROBIOLOGICA DEI COMPOST DA REFLUI OLEARI Milva Pepi e Silvano Focardi Università degli Studi di Siena, Dipartimento di Scienze Ambientali, Via P.A. Mattioli, 4; 53100 Siena 1. Introduzione 1.1 Compost da reflui oleari e microrganismi Durante il processo di compostaggio, i microrganismi degradano una parte della materia organica a biossido di carbonio (CO2) ed acqua, in condizioni di aerobiosi, mentre la frazione di materia organica rimanente dà luogo alla formazione di bio-fertilizzanti grazie alla produzione di humus (Vlyssides et al. 1996; Tomati et al. 1996; Paredes et al. 2000; Bertoldi and Shnappinger 2001; Baeta-Hall et al. 2004). Un caratteristico processo di compostaggio richiede condizioni ottimali di temperatura e di umidità, tali da permettere la crescita e lo svolgimento delle attività fisiologiche dei microrganismi, ad esempio il contenuto in umidità deve essere compreso tra il 50 ed il 65% (Arvanitoyannis and Kassaveti 2006). Inoltre, una condizione importante per il buon funzionamento del processo di compostaggio è rappresentato da una sufficiente aerazione e porosità tra le particella, favorendo così il flusso di aria (Arvanitoyannis and Kassaveti 2006). Durante il processo di compostaggio vengono aggiunti materiali igroscopici di supporto per mantenere livelli ottimali di umidità e di aerazione (Caputo et al. 2002). I reflui oleari vengono miscelati con porzioni di materiali diversi e la miscela viene rigirata circa una volta a settimana, permettendo l’aerazione meccanica. I materiali miscelati ai reflui oleari sono in genere costituiti da materiale di scarto dell’agricoltura ( sfalci e potature), facilmente recuperabili e non costosi (Baeta-Hall et al. 2004). Questi materiali fanno diminuire 1 il contenuto dell’umidità e forniscono un ulteriore supporto all’aerazione della miscela (BaetaHall et al. 2004). La temperatura gioca un ruolo vitale nel processo di compostaggio, ed è un parametro legato all’attività microbica, al rapporto C:N ed al pH. La temperatura degli ammassi di compost viene misurata giornalmente ad una profondità di 20 cm a partire dalla sommità dell’ammasso, e da altri punti scelti a caso all’interno dell’ammasso stesso. Il rimescolamento meccanico favorisce il graduale aumento della temperatura, permettendone un aumento fino alla fase termofila (Baeta-Hall et al. 2004). Il rapporto C:N intorno a 25–35 risulta essere il più favorevole per il compostaggio (Tomati et al. 1996; Barrington et al. 2002, Charest and Beauchamp 2002; Baeta-Hall et al. 2004; Arvanitoyannis and Kassaveti 2006). Se il rapporto C:N è elevato, il processo di compostaggio inizierà lentamente e continuerà per un lungo periodo (Baeta-Hall et al. 2004). Il processo di compostaggio richiede, in alcuni casi, periodi di oltre 6 mesi per raggiungere lo stato di maturazione (Baeta-Hall et al. 2004). Talvolta è necessario ottimizzare la crescita microbica se si è in un contesto industriale per la produzione di compost (Thassitou and Arvanitoyannis 2002). In alcuni processi di compostaggio di sansa vergina tal quale il materiale viene dapprima coperto da batteri mesofili e la relativa comunità microbica aumenta alla fine del processo di compostaggio (Baeta-Hall et al. 2004). I batteri mesofili iniziano la decomposizione delle sanse vergini tal quali a temperature comprese tra 30 e 45°C, con il risultato di reazioni esotermiche che facilitano la crescita dei batteri termofili a 50–60°C (Thassitou and Arvanitoyannis 2002). Se non monitorati, i batteri termofili possono aumentare ulteriormente fino a temperature di circa 70°C, portando ad una diminuzione dell’attività (Thassitou and Arvanitoyannis, 2002). Le concentrazioni di ossigeno, il pH, il contenuto in umidità, il rapporto carbonio - azoto (C:N) e la taglia delle particelle, devono quindi essere ottimizzati per raggiungere la massima efficienza del processo (Thassitou and Arvanitoyannis 2002). Dopo la fase termofila, il materiale del compost raggiunge il valore della temperatura ambiente, una fase che costituisce lo stadio di maturazione (Baeta-Hall et al. 2004). Per quanto riguarda il compost ottenuto dai reflui oleari, l’aerazione meccanica è il metodo più efficace per raggiungere lo stadio di maturazione (Baeta-Hall et al. 2004). Questo metodo favorisce inoltre l’aumento della temperatura ed il raggiungimento di una migliore efficienza durante l’umificazione (Baeta-Hall et al. 2004). L’aerazione meccanica è più vantaggiosa dal punto di vista energetico e necessita di una minore specializzazione da parte dei tecnici coinvolti (Baeta-Hall et al. 2004). 2 Il contenuto in fenoli ed in lipidi caratteristico dei reflui oleari si riduce drasticamente alla fine del processo di compostaggio (Baeta-Hall et al. 2004). La materia organica viene ridotta di più del 50% nello stadio finale del compostaggio (Baeta-Hall et al. 2004). La stabilità del compost dipende dal grado di humificazione e si ha una riduzione in fitotossicità alla fine della maturazione del compost (Baeta-Hall et al. 2004) (Fig. 1). O2 microrganismsi (batteri, attinomiceti, funghi) enzimi CO2 calore materia organica • proteine • carboidrati • lipidi • lignina humus rapporto C/N umidità temperatura pH Figura 1. Schema del processo di compostaggio e ruolo dei microrganismi nella trasformazione dei substrati e produzione di CO2, calore ed humus. 1.2 I microrganismi del compostaggio Nel processo di compostaggio, i microrganismi trasformano i substrati organici e gli agenti igroscopici aggiunti al compost, entrambi derivati da materiale vegetale. I componenti principali della materia organica sono rappresentati da carboidrati (e.g. cellulosa), proteine, lipidi e lignina. La capacità dei microrganismi di assimilare la materia organica dipende dalla loro attitudine a produrre gli enzimi necessari per la degradazione dei substrati. Più complesso è il substrato, più esteso ed adattabile è il sistema di enzimi richiesto. Attraverso l’azione sinergica dei microrganismi, i composti organici complessi vengono degradati a piccole molecole che possono poi essere utilizzate dalle cellule microbiche (Golueke, 1991, 1992¸ Tuomela et al. 2000). 3 I microrganismi richiedono una fonte di carbonio, macronutrienti come azoto, fosforo e potassio per la loro crescita. Il carbonio serve in primo luogo come fonte di energia per i microrganismi, mentre una piccola frazione dello stesso carbonio viene incorporato all’interno delle loro cellule. Una parte dell’energia che si viene a formare viene utilizzata per il metabolismo microbico, e la parte rimanente viene rilasciata come calore. L’azoto rappresenta un elemento critico per i microrganismi perché è un componente delle proteine, degli acidi nucleici, di aminoacidi, di enzimi e co-enzimi ed è necessario per la crescita della cellula e per il suo funzionamento. Se l’azoto costituisce un fattore limitante durante il compostaggio il processo di degradazione risulta lento. Per contro, se c’è un eccesso di azoto, questo viene spesso perduto dal sistema in forma di gas come ammonio o altri composti dell’azoto. Il rapporto ottimale C/N risulta compreso tra 25 e 40, ma il valore può variare in funzione del substrato (Golueke, 1991). I microrganismi sono capaci di utilizzare le molecole organiche solubili in acqua. Se il contenuto in umidità scende sotto un livello critico, l’attività microbica diminuisce ed i microrganismi entrano in una fase di dormienza. Per contro, un livello di umidità troppo elevato può causare una perdita di aerazione e la lisciviazione dei nutrienti, con la presenza di zone di anaerobiosi ed una diminuzione della velocità di degradazione e l’insorgenza di problemi dovuti agli odori (Golueke, 1991). In condizioni ottimali, il compostaggio procede attraverso tre fasi: (1) la fase mesofila, (2) la fase termofila, che si protrae da pochi giorni ad alcuni mesi, e (3) la fase di raffreddamento e maturazione che si protrae per diversi mesi. La lunghezza delle fasi di compostaggio dipende dalla natura della materia organica che deve essere compostata e dalla efficienza del processo, che viene determinato anche dal grado di aerazione e di agitazione. All’inizio del compostaggio la massa si trova a temperatura ambiente e di solito è leggermente acida. Le fonti di carbonio solubili e facilmente degradabili, come i monosaccaridi, amidi e lipidi, vengono utilizzati dai microrganismi nei primo stadio del compostaggio. Il pH diminuisce perché durante la degradazione di questi composti si formano acidi organici. Nello stadio successivo i microrganismi iniziano a degradare le proteine, con il risultato della liberazione di ammonio e di un aumento dei valori di pH. Dopo che sono state consumate le fonti di carbonio facilmente degradabili, vengono degradati e parzialmente trasformati in humus i composti più resistenti come cellulosa, emicellulose e lignina (Crawford, 1983, Paatero et al., 1984). L’humus è il prodotto finale del processo di humificazione, nel quale i composti di origine naturale vengono parzialmente trasformati in sostanze humiche relativamente inerti. 4 Le sostanze humiche possono essere considerate la riserva più importante di carbonio organico nei suoli e negli ambienti acquatici (Aiken et al., 1985). Non è ancora ben nota la struttura definitiva delle sostanze humiche, ma queste vengono solitamente divise in gruppi sulla base del frazionamento chimico. La materia organica presente nel compost è solitamente complessa dal punto di vista chimico ed è difficile da scomporre. Aiken et al. (1985) hanno diviso le sostanze humiche nei seguenti gruppi: humina (non solubile in acqua a qualsiasi pH), acidi humici (non solubili in acqua in condizioni acide) ed acidi fulvici (solubile in acqua in tutte le condizioni di pH). Il compostaggio è un processo dinamico effettuato da popolazioni microbiche in rapida successione. I gruppi principali di microrganismi coinvolti sono batteri, inclusi gli attinomiceti, ed i funghi (Golueke, 1991). Sebbene il numero complessivo di microrganismi non cambia in modo significativo durante il compostaggio, la diversità microbica può variare durante le diverse fasi del compostaggio (Atkinson et al., 1996a). La natura precisa della successione ed il numero dei microrganismi in ciascuna fase del compostaggio dipende dal substrato e dal microrganismo precedente (Crawford, 1983). Figure 2 – Le ife del micelio vegetative di Saccharomonospora viridis ceppo P101T sono ramificate ed in alcuni casi sono presenti estremità arrotolate. Le singole spore sono osservate solo nel micelio aereo (Pati et al. 2009) 5 All’inizio del compostaggio i batteri mesofili predominano, ma dopo che la temperatura è aumentata oltre i 40°C, si rilevano i batteri termofili ed anche i funghi termofili si manifestano nel compost. Quando la temperatura eccede i 60°C, l’attività microbica diminuisce drammaticamente, ma dopo che il compost si è raffreddato i batteri mesofili e gli attinomiceti predominano ancora (McKinley and Vestal, 1985; Strom, 1985a). Il compostaggio è generalmente un processo aerobico, ma si possono sviluppare microambienti anaerobi. Atkinson et al. (1996b) hanno stimato che almeno l’1% di tutti i batteri riscontrati nel compost da rifiuti solidi urbani sono anaerobi. Tutti i batteri anaerobi riscontrati sono altamente cellulosolitici e quindi in grado di giocare un ruolo significativo nella degradazione delle macromolecole. La maggior parte dei batteri anaerobi mesofili sono facoltativi, mentre in condizioni di termofilia vengono riscontrati batteri anaerobi in maggiore quantità (Atkinson et al., 1996b). 1.3 Batteri e funghi del compost Tra i microrganismi che guidano il processo di compostaggio, i batteri sono strutture unicellulari con dimensioni che vanno da 0,5 a 3,0 µm. A causa della loro piccola taglia, i batteri hanno un rapporto superficie/volume molto elevato, tale da permette rapidi trasferimenti di substrati solubili nella cellula. Come conseguenza, i batteri sono solitamente molto più dominanti rispetto ai microrganismi più grandi come i funghi. Alcuni batteri, e.g. Bacillus spp., sono capaci di produrre endospore con spesse pareti che sono molto resistenti al calore, alle radiazioni ed ai disinfettanti chimici (Haug, 1993). Un ampio intervallo di batteri son stati isolati da differenti ambienti di compost, e sono stati assegnati ai generi Pseudomonas, Klebsiella e Bacillus (Nakasaki et al., 1985; Strom, 1985a,b; Falcón et al., 1987). Specie batteriche caratteristiche della fase termofila appartengono al genere Bacillus, e.g. B. subtilis, B. licheniformis e B. circulans. Strom (1985b) ha riportato che una percentuale pari all’87% di colonie selezionate a caso durante la fase termofila del compostaggio apparteneva al genere Bacillus. Molte specie termofile del genere Thermus sono state inoltre isolate dal compost a temperature elevate, fino a 65°C ed anche 82°C (Beffa et al., 1996). Gli attinomiceti sono batteri che formano filamenti multicellulari, quindi possono assomigliare ai funghi. Essi sono particolarmente evidenti durante la fase termofila, come anche durante la fase di raffreddamento e maturazione del compost, e possono essere così 6 numerosi da divenire visibili sulla superficie del compost. Gli attinomiceti termofili sono stati isolati a partire da un’ampia serie di substrati naturali, e.g. dalla sabbia del deserto e dal compost (Cross, 1968). I generi degli attinomiceti termofili isolati dal compost comprendono Nocardia, Streptomyces, Thermoactinomyces e Micromonospora (Waksman et al., 1939b; Strom, 1985a). Gli attinomiceti sono capaci di degradare alcuni tipi di cellulosa e possono solubilizzare la lignina, ed inoltre tollerano temperature e pH più alti rispetto ai funghi. Quindi gli attinomiceti sono agenti importanti per la degradazione della ligno-cellulosa durante i picchi di temperatura, anche se la loro capacità di degradare la cellulosa e la lignina non è così elevata come quella dei funghi (Crawford, 1983). In condizioni avverse gli attinomiceti sopravvivono in forma di spore (Cross, 1968). Per quanto riguarda i funghi, il fattore più importante che influenza la loro crescita è la temperatura. Altri fattori importanti sono le fonti di carbonio e di azoto, ed il pH. Per la crescita dei funghi è necessario un livello moderatamente alto di azoto, sebbene alcuni funghi, principalmente funghi che degradano il legno, crescono in presenza di un basso livello di azoto. Infatti, un basso livello di azoto rappresenta spesso un prerequisito per la degradazione della lignina (Eriksson et al., 1990; Dix and Webster, 1995). La maggior parte dei funghi preferisce un ambiente acido ma tollera un ampio intervallo di pH, ad eccezione dei Basidiomycotina che non crescono bene ad un pH superiore a 7,5. Le specie del genere Coprinus sono le uniche dei Basidiomycotina che richiedono un ambiente alcalino (Dix and Webster, 1995). La maggior parte dei funghi è costituita da mesofili, che crescono in un intervallo di temperatura che va dai 5°C ai 37°C, con un optimum compreso tra 25 e 30°C (Dix and Webster, 1995). Tuttavia, nell’ambiente del compost la temperatura elevata significa che un piccolo gruppo di funghi termofili costituisce un importante agente di biodegradazione. In natura i funghi termofili crescono nei mucchi di compost nei giardini, nei nidi degli uccelli, mucchi di carbone, nei tubi e negli scarichi per il raffreddamento delle centrali elettriche, negli stoccaggi di molti prodotti agricoli (come fieno, grano, etc.) ed in mucchi di trucioli di legno nella torba (Sharma, 1989; Dix and Webster, 1995). Nel compost per la crescita dei funghi, i funghi termofili sono responsabili della degradazione della lignocellulosa, che è un prerequisito per la crescita dei funghi commestibili (Sharma, 1989). Cooney ed Emerson (1964) definiscono i funghi termofili come funghi con un massimo di crescita di temperatura di 50°C o più alti e con un minimo di temperatura di 20°C o più alto. Le specie termotolleranti hanno un massimo di temperatura di crescita di circa 50°C ed un minimo ben al di sotto di 20°C (Cooney and Emerson, 1964). Crisan (1973) definisce tuttavia termofili quei funghi che presentano un optimum di temperatura uguale o superiore a 40°C. 7 Alcuni funghi termotolleranti e termofili sono noti per avere attività cellulosolitica o ligninolitica, o si possono ritrovare in crescita su substrati di lignocellulosa o compost. Alcune specie e di funghi termofili sono state caratterizzate (Cooney and Emerson, 1964; Crisan, 1973, Rosenberg, 1975, Brock, 1978, Mouchacca, 1997). L’optimum della temperatura di crescita per la maggior parte dei funghi termofili è compresa tra 40°C e 50°C ed il massimo è di 55°C. In accordo con Cooney ed Emerson (1964), 60°C rappresentano la temperatura limite per i funghi e, in accordo con Brook (1978), 60-61,5°C è la temperatura limite per tutti gli eucarioti. La tolleranza alle temperature varia tra i generi ed anche tra i diversi isolati delle specie dei funghi. Il substrato può anche avere alcune influenze sulla tolleranza alle temperature (Ofosu-Asiedu and Smith, 1973). Sono stati invece descritti funghi capaci di crescere oltre i 61,5°C. El-Naghy et al. (1991) hanno riportato una attività di saccarificazione in Sporotrichum thermophile (sin. Myceliophthora thermophile) a 65°C, ed Ofosu-Asiedu e Smith (1973) mostrarono che Talaromyces emersonii era ancora molto attivo dopo quattro settimane a 60°C, indicando che il fungo può essere attivo anche a temperature più elevate. Tuttavia, la crescita del fungo vicino al massimo di temperatura è molto lenta, se confrontata con quella all’optimum di temperatura (Rosenberg, 1975). I più attivi degradatori di lignina sono i Basidiomycotina, ma in accordo con Cooney ed Emerson (1964) tutti i Basidiomycotina sono mesofili. Tuttavia, un piccolo gruppo di Basidiomycotina cresce bene ad elevate temperature. Phanerochaete chrysosporium è un fungo della muffa bianca con un optimum di temperatura di 36-40°C ed un massimo di temperatura di 46-49°C. Ganoderma colossum è un altro fungo della muffa bianca che è ancora capace di crescere a 45°C ed ha un optimum di crescita a 40°C (Adaskaveg et al., 1990; 1995). Nel genere Coprinus ci sono alcune specie che hanno un optimum di temperatura superiore ai 40°C (Crisan, 1973). Alcune specie di Coprinus del marciume del legno sono funghi della marciume bruno che modificano, piuttosto che degradare la lignina (Rayner and Boddy, 1988). Un fungo termofilo appartenente alla sottodivisione Ascomycotina, Thermoascus auranticus, ha mostrato un’elevata capacità ligninolitica (Machuca et al., 1995), ed è stato isolato dal compost (von Klopotek, 1962). Funghi del marciume lieve termo-tolleranti come Thielavia terrestris, Paecilomyces sp. e Talaromyces thermophilus, sono debolmente ligninolitici (Dix and Webster, 1995). Waksman et al. (1939a,b) hanno studiato il compostaggio su scala di laboratorio alle temperature di 28°C, 50°C, 65°C e 75°C. A 28°C la popolazione era eterogenea con i batteri che risultavano dominanti in tutto l’intero periodo, ed i funghi appaiono successivamente. I funghi, 8 insieme ai batteri ed agli attinomiceti, formano la popolazione microbica nel compost a 50°C. All’inizio ci sono funghi termofili attivi, i quali vengono poi seguiti dai batteri e dagli attinomiceti, alcuni dei quali crescono sul micelio fungino. I compost utilizzati in altri studi descritti sopra erano su ampia scala. Il materiale grezzo del compost contiene circa 106 conte microbiche di funghi mesofili/g di materiale grezzo e 103-106/g di funghi termofili (von Klopotek, 1962; Thambirajah and Kuthubutheen, 1989; Thambirajah et al., 1995). Il fungo mesofilo predominante nel materiale grezzo è stato individuato essere il genere Geotrichum (von Klopotek, 1962; Nusbaumer et al., 1996) ed il fungo termofilo l’Aspergillus fumigatus (von Klopotek, 1962). Le conte dei funghi diminuiscono all’aumentare delle temperature, ed a 64°C tutti i funghi temofili scompaiono. Tuttavia, un fungo mesofilo, Cladosporium cladosporioides, cresce bene a 64±65°C, ma non son stati riscontrati funghi ad una temperatura di 67°C (von Klopotek, 1962). Negli studi di Thambirajah et al. (1995) e Waksman et al. (1939a,b), non erano stati individuate funghi quando la temperatura superava i 60°C. Nello studio di Thambirajah e Kuthubutheen (1989) i funghi sopravvivono alle alte temperature, probabilmente per il breve tempo di durata del picco di riscaldamento. Quando la temperatura scende sotto i 60°C, i funghi mesofili e quelli termofili riappaiono nel compost (von Klopotek, 1962; Thambirajah et al., 1995). Il fungo dominante dopo il picco di temperatura è il genere Aspergillus (Nusbaumer et al., 1996) o la specie Thermomyces lanuginosus (von Klopotek, 1962), che era stato individuate come fungo dominante anche a 50°C. T. lanuginosus è in grado di decomporre la cellulosa, le emicellulose ed anche la lignina, sebbene con una bassa efficienza rispetto agli altri componenti (Waksman et al.,1939a,b). Thambirajah e Kuthubutheen (1989) e Thambirajah et al. (1995) hanno messo in evidenza che il numero di funghi mesofili e termofili fungi (104±106/g) nel compost maturo era lo stesso, ma von Klopotek (1962) ha mostrato che i funghi termofili dominavano, soprattutto nelle zone secche del compost maturo. Coprinus sp. (von Klopotek, 1962; Nusbaumer et al., 1996), Panaeolus sp., Corticium coronilla e forse Mycena sp. (von Klopotek, 1962) sono Basidiomycotina che si riscontrano nel compost. Questi sono stati tutti isolati dal compost durante la fase di raffreddamento e di maturazione o da compost maturo (von Klopotek, 1962; Nusbaumer et al., 1996). 1.4 Casi di studio microbiologici del compost da reflui oleari Le comunità microbiche del compost da reflui oleari possono selezionare per microrganismi con caratteristiche peculiari. Alcuni batteri capaci di degradare i tannini, selezionati all’interno di compost da reflui oleari, sono stati isolati in presenza di acido tannico come unica fonte di 9 carbonio e di energia. I ceppi batterici isolati sono stati assegnati ai generi Serratia e Pantoea. In questo studio, per la prima volta, ceppi batterici capaci di degradare l’acido tannico sono stati isolati da compost allestito da reflui oleari (Pepi et al., 2010). Le comunità microbiche di compost da reflui oleari di un sistema a due fasi sono state caratterizzate sia dal punto di vista genetico, sia fisiologico, mettendo in evidenza un’elevata biodiversità ed una variabilità nelle conte dei microrganismi nella fase termofila. Inoltre sono stati messi in evidenza microrganismi capaci di degradare i tannini, ed alcuni ceppi sono stati isolati dalla stessa fase termofila ed identificati come Lysinibacillus fusiformis, Kocuria palustris, Tetrathiobacter kashmirensis e Rhodococcus rhodochrous, ed è stato definito il loro ruolo nella degradazione di acido tannico e nella produzione di tannasi (Federici et al., 2011). Studi sulle comunità microbiche, inclusi i batteri patogeni, E. coli e Salmonella spp., e sulle attività enzimatiche in compost da reflui oleari hanno mostrato la diminuzione della tossicità e della patogenicità e lo sviluppo di attività enzimatiche positive all’interno del compost (Sciancalepore et al., 1996). La presenza di microrganismi con caratteristiche vantaggiose è stata inoltre messa in evidenza nel compost da reflui oleari, come nel caso di uno studio che ha mostrato un aumento delle popolazioni di batteri azoto-fissatori alla fine della fase termofila del compostaggio (Galli et al., 1997). L’aumento di nitrati e la presenza di batteri azoto fissatori sono stati inoltre messi in evidenza in suoli ammendati con compost da reflui oleari, suggerendo il ruolo positivo delle aggiunte del compost prodotto da reflui oleari (Pepi et al., 2009). Altri aspetti microbiologici positivi sono stati inoltre messi in evidenza, sempre in compost da reflui oleari, dove sono stati individuati lieviti, funghi e batteri eterotrofi, cellulolitici e nitrificanti, quindi attivi all’interno del compost e con un ruolo di primo piano nella trasformazione dei composti organici in compost maturo (Filippi et al., 2002). 1.5 I tannini I tannini, composti polifenolici ampiamente diffusi in natura, si ritrovano nelle foglie, nella frutta e nei semi, così come nel legno e nella corteccia degli alberi. Secondo gruppo polifenolico per ordine di abbondanza dopo la lignina, sono composti metabolici secondari delle piante, in quanto non hanno un ruolo diretto nel loro metabolismo. Il peso molecolare di questo gruppo varia tra i 500 ed i 3000 Dalton (Kumar et al., 1999). 10 Differiscono dagli altri polifenoli in quanto hanno la capacità di far precipitare le proteine presenti in soluzione, dando luogo a complessi molto stabili ed inoltre hanno la capacità di reagire anche con altre macromolecole quali amido, cellulosa e minerali (Aguilar e Gutiérrez-Sànchez, 2001). Sulla base della loro struttura e delle loro proprietà i tannini ed i loro derivati vengono classificati in quattro gruppi differenti: i) gallotannini; ii) ellagitannini (questi due gruppi sono anche detti tannini idrolizzabili); iii) tannini complessi; iv) tannini condensati (Aguilar et al., 2007) (Fig. 2). Figura 2 - Strutture chimiche dei tannini (da Mingshu et al., 2006). I gallotannini sono caratterizzati dalla presenza di molecole di acidi organici, come l’acido gallico ed il digallico, esterificati ad un nucleo centrale di zucchero (generalmente glucosio). Gli ellagitannini formano blocchi di unità di acido ellagico legati ai glucosidi e sono frequentemente presenti nella corteccia degli alberi e nel legno. Gli ellagitannini sono molto più stabili dei gallotannini in quanto presentano il legame carbonio-carbonio. 11 Il gruppo dei tannini complessi è costituito da strutture ottenute dalle reazioni tra l’acido gallico o l’acido ellagico con le catechine ed i glucosidi. I tannini condensati sono composti complessati ad un gruppo centrale di flavonoidi e non vengono considerati facilmente idrolizzabili (Aguilar et al., 2007). Tra questi è possibile trovare i derivati delle catechine, come ad esempio la cianidina e la delfinidina, responsabili del carattere astringente di alcuni tipi di frutta e del vino (Sanchez, 2001). Quando sono presenti in elevate concentrazioni nel suolo, i tannini possono rallentare il tasso di decomposizione della sostanza organica, agendo indirettamente con l’inibizione degli enzimi degradanti dei microorganismi (Scalbert, 1991). Uno degli effetti negativi dei tannini riguarda la nutrizione animale, per la capacità di dar luogo a complessi stabili tra gli enzimi ed i minerali altrimenti richiesti dai microrganismi presenti nell’apparato digerente (Aguilar et al., 2007). I tannini possono avere un impatto negativo per l’ambiente. Ad esempio, i tannini residui presenti negli scarichi delle concerie e nei reflui delle industrie agricole possono avere effetti negativi per gli organismi viventi, sia acquatici che terrestri, causando così seri problemi di inquinamento ambientale (Kumar et al., 1999). I tannini sono in grado di inibire anche la crescita di un gran numero di microorganismi (Akiyama et al., 2001), presentano infatti non solo degli effetti antimicrobici, ma anche degli effetti antivirali (Kim et al., 2010). I tannini idrolizzabili resistono all'attacco microbico e sono quindi recalcitranti; sia questi che quelli condensati in forma insolubile si legano alle pareti cellulari ed alle proteine, rendendo queste strutture chimicamente e fisicamente, meno accessibili all’attacco dei microrganismi decompositori e quindi resistenti alla biodegradazione (Field e Lettinga, 1992). Nonostante le proprietà antimicrobiche dei tannini, alcuni batteri appartenenti ai generi Bacillus (Mondal e Paty, 2000), Klebsiella (Deschamps, 1983), Citrobacter (Kumar et al., 1999), nonché funghi e lieviti sono resistenti a queste molecole ed hanno sviluppato alcuni meccanismi per degradarli in ambienti naturali, utilizzandoli come fonte di carbonio e di energia (Deschamps, 1989). 1.6 L’acido tannico L'acido tannico, appartenente al gruppo dei gallotannini, è un polifenolo idrosolubile contenente zuccheri esterificati (in maggior parte glucosio) ed acidi fenol-carbossilici come 12 l’acido gallico, l’acido esaidrossidifenico o il suo stabile dilattone, l’acido ellagico (Akiyama et al., 2001). L’acido tannico mostra caratteristiche positive, come le proprietà antiossidanti, antimutagene, anticarcinogeniche, antimicrobiche ed antivirali, unite a proprietà negative, come l’attività pro-ossidante e la tossicità indotta se è presente in elevate concentrazioni. Come composto antiossidante, l’acido tannico viene ampiamente utilizzato come additivo nell’industria alimentare ed in quella farmaceutica. Inoltre si è mostrato utile nel prevenire l’ossidazione dei lipidi di membrana, ed agisce come mediatore dei danni prodotti dall’ossigeno e dai suoi radicali liberi sul DNA. Così come la gran parte dei polifenoli naturali, l’acido tannico presenta anche attività pro-ossidanti. E’ stato infatti dimostrato che in presenza di Cu(II) l’acido tannico provoca la degradazione del DNA originando le specie reattive dell’ossigeno (Khan et al., 2000) (Fig. 3). Figura 3 - Struttura chimica dell’acido tannico (da Kim et al., 2010). A causa della sua natura idrosolubile, l’acido tannico può indurre effetti tossici per gli organismi acquatici come le alghe, il fitoplankton, i pesci e gli invertebrati (Wang et al., 2009). Per le sue note proprietà antimicrobiche, l’acido tannico può inibire la crescita dei batteri dell’intestino, probabilmente a causa della sua forte capacità di legare il ferro, diminuendone la biodisponibilità. E’ stata infatti individuata l’inibizione della crescita per batteri dei generi Bacteroides, Clostridium, Enterobacter, Escherichia, Salmonella (Chung et al., 13 1998). E’ stata riscontrata anche l’inibizione della crescita di batteri appartenenti a generi diversi: Aeromonas (Chung et al., 1995), Cytophaga (Zhao et al., 1997), Helicobacter (Funatogawa et al., 2004), Klebsiella, Listeria e Staphylococcus (Chung et al., 1993). Nonostante le proprietà antimicrobiche, sono tuttavia noti batteri acido tannicodegradanti. Lewis e Starkey (1969) individuarono per la prima volta la degradazione dell’acido tannico da parte di batteri anaerobi Achromobacter sp. Deschamps et al., riportarono uno studio dettagliato riguardante questo fenomeno e attraverso la tecnica delle colture di arricchimento, in cui l'unica fonte di carbonio risultava essere l'acido tannico, isolarono quindici differenti ceppi batterici acido tannico-degradanti, che risultarono appartenere ai generi Bacillus, Staphylococcus e Klebsiella. (Deschamps et al., 1980, 1983, 1985; Deschamps e Lebeault, 1981). Studi recenti hanno inoltre messo in evidenza ulteriori ceppi batterici acido tannico-degradanti appartenenti ai generi Lactobacillus (Ayed e Hamdi, 2002; Kostinek et al., 2007; Rodríguez et al., 2008; Sasaki et al., 2005), Streptococcus (Sasaki et al., 2005), Pantoea (Pepi et al., 2010), Pseudomonas (Selwal et al., 2009), Serratia (Belur et al., 2010; Pepi et al., 2010). Batteri capaci di crescere in presenza di 2 g l-1 di acido tannico vengono comunemente considerati come acido tannico-resistenti (Pell et al., 2000). Sono inoltre noti alcuni ceppi di funghi di Aspergillus sp., Fusarium sp., Penicillium sp. e Sporotrichum sp. (Chandra et al., 1973; Makkar et al., 1994; Saeki et al., 1980) ed anche ceppi di lieviti come quelli delle specie Candida nitrativorans, Debaromyces hansenii, Pichia adzetti, P. monospora, P. polymorpha e P. strasburgensis, che sono stati caratterizzati e sono in grado di degradare l’acido tannico (Jacob e Pignal, 1975). 1.7 L’enzima tannasi La Tannin acil idrolasi (E.C. 3.1.1.20), conosciuta come tannasi, è un enzima scoperto in modo casuale da Tieghem nel 1867, nel corso di un esperimento di formazione dell'acido gallico a partire da una soluzione acquosa di tannini, in cui crescevano due specie funginee, successivamente identificate come Penicillium glaucum e Aspergillus niger (Lekha e Lonsane, 1997). La tannasi è un enzima inducibile, in grado di catalizzare l'idrolisi dei legami estere dei tannini idrolizzabili (come l'acido tannico, il metil gallato, l'etil gallato, l’n-propilgallato e l'isoamil gallato), dei tannini complessi e degli esteri dell’acido gallico. L'acido tannico viene completamente idrolizzato dalla tannasi ad acido gallico e glucosio (Aguilar et al., 2007) (Fig. 4). 14 Tra i produttori della tannasi, oltre ai funghi, è possibile trovare anche batteri (Ayed e Hamdi, 2002; Kumar et al., 1999; Deschamps et al., 1983; Mondal e Pati, 2000) e lieviti. Non ci sono molte informazioni riguardanti la produzione di tannasi da parte dei lieviti, ad eccezione di uno studio condotto da Kumar et al., (1999), dove venne riportato che Paecilomyces sp. era in grado di idrolizzare i tannini ad acido gallico. Nonostante i funghi siano il più grande gruppo di decompositori dei tannini, il loro utilizzo comporta delle limitazioni in quanto l’efficacia risulta essere bassa, non solo a causa della crescita lenta, ma anche perché la loro attività può essere rilevata solamente quando le concentrazioni di tannini risultano minime (Lekha et al., 1993).. 15 Figura 4 - Meccanismi di azione della tannasi (da Mingshu et al., 2006). L’utilizzo dei ceppi batterici acido tannico-degradanti per la produzione della tannasi risulta più vantaggioso in quanto la crescita e la produzione dell’enzima risultano meno difficoltose (Mingshu et al., 2006). In questo caso infatti, grazie alla natura inducibile dell’enzima, l’acido tannico agisce sia come induttore, sia come unica fonte di carbonio. Inoltre, l’aggiunta di basse concentrazioni di glucosio o lattosio come fonti di carbonio, ne aumentano la produzione (Mingshu et al., 2006). La tannasi può essere utilizzata anche in processi di biorisanamento, attraverso le reazioni che si possono effettuare applicando sia l’enzima purificato, sia la cellula batterica intera (Li e Trost, 2008). L’insieme di queste applicazioni rientra nell’ambito delle reazioni di biocatalisi a singolo step (nome generico di una catalisi naturale, effettuata al fine di compiere delle trasformazioni chimiche sui residui organici). Di queste fanno parte le reazioni di ossidoriduzione, di amminazione, di glicosilazione, di idrolisi, nonché le reazioni di formazione e di rottura del legame carbonio-carbonio (Wohlgemuth, 2007). La tannasi, essendo un’acil-idrolasi, compie le reazioni di idrolisi del substrato, effettuabili sia in fase acquosa che in quella non-acquosa, senza l’utilizzo di cofattori (Wohlgemuth, 2010). La possibilità di impiego di queste biotecnologie fanno della biocatalisi una nuova frontiera della biologia, in quanto le industrie necessitano sempre più di ottenere composti in maniera rapida, efficiente, a basso impatto ambientale e soprattutto a bassi costi (Wohlgemuth, 2007). L’impiego della biocatalisi non riguarda solo gli ambiti più strettamente chimico-farmacologici ma si estende anche in campo ambientale, come possibile impiego in 16 processi di biorisanamento. La tannasi, grazie alle sue proprietà, potrebbe essere utilizzata per esempio per la degradazione dei tannini contenuti nei rifiuti industriali (Kar e Banerjee, 2000), come quelli prodotti dalle concerie (Gammoun et al., 2006). Gli scarti ottenuti dalla molitura delle olive contengono un elevato contenuto di composti polifenolici, compresi i tannini in forma condensata ed idrolizzabile e richiedono procedure appropriate per lo smaltimento. Anche in questo caso l’impiego della tannasi può risultare vantaggioso (Bettazzi et al., 2006). Purtroppo, l'utilizzo di questo enzima è limitato a causa delle insufficienti conoscenze sulle sue proprietà, sulle condizioni ottimali di attività e dalla difficoltà derivate dalle applicazioni su larga scala. L'enzima viene comunque utilizzato nei processi di trasformazione di cibi e bevande, nell'elaborazione di tè istantanei e come agente chiarificante in vini, birre, succhi di frutta (Aguilar et al., 2007). Le maggiori applicazioni commerciali delle tannasi si hanno nella produzione in ambito farmaceutico, dell’acido gallico (Pourrat et al., 1985). Questo catecolo infatti, è un intermedio chiave per la sintesi di un medicinale antifolico ed antimicrobico, il trimethoprim. L'acido gallico viene inoltre utilizzato come substrato per la sintesi enzimatica del propilgallato, un potente antiossidante. Lekha e Lonsane (1997) descrivono l'utilizzo di questo enzima anche in campo alimentare, poiché il trattamento e la sintesi di esteri, dà luogo ad un composto antiossidante, il propilgallato, il quale può essere utilizzato sia nell'industria alimentare, sia come resina fotosensibile per la produzione di semiconduttori. 1.8 Importanza dello studio dei microrganismi degradanti l’acido tannico La ricerca di specie microbiologiche capaci di degradare i tannini risulta pertanto fondamentale per migliorare i sistemi di gestione dei reflui oleari, con lo scopo di ridurre i danni prodotti da un settore industriale ad oggi in continua espansione e che interessa in particolare il bacino del Mediterraneo (Bhat et al., 1998). 17 2. Materiali e metodi 2.1 Caratterizzazione del compost allestito dai reflui oleari e campionamento Il compost dei reflui oleari (Olive Mill Waste, OMW) utilizzato è stato prodotto secondo il metodo messo a punto nell’ambito del progetto TIRSAV. Il refluo oleario, costituito da sanse e noccioli di olive è stato denocciolato e unito ad additivi organici igroscopici costituiti da paglia (8,5%), scarti di lana (11%) e segatura (8,5%), al fine di produrre una miscela non percolante ed inodore. La miscela del compost è stata inserita all’interno di sacchi di rete in modo da permettere il metabolismo aerobico durante il processo di compostaggio (Altieri e Esposito, 2008). La miscela di compost è stata mantenuta per 60 giorni in sacchi, in due differenti condizioni: in serra (indoor) e all’esterno, al riparo dalla pioggia (outdoor). Per favorire il metabolismo microbico solo alla miscela mantenuta in condizioni indoor è stata periodicamente aggiunta acqua per mantenere un’umidità superiore al 50% (Altieri e Esposito, 2008) (Fig. 5). a b Figura 5 - Processo di compostaggio aerobico della miscela di reflui oleari: a) indoor; b) outdoor. I campioni di compost sono stati prelevati intorno al 40° giorno, mentre il processo di compostaggio completo ha avuto una durata di 60 giorni (Baeta-Hall et al., 2005). I campioni di compost sono stati prelevati impiegando spatole e pinzette sterili e mantenuti a 4°C all’interno di contenitori sterili (Wirl-pak, Nasco). I campioni sono stati trasportati in laboratorio nel più breve tempo possibile ed immediatamente processati. Le proprietà della miscela impiegata per gli studi di microbiologia qui condotti sono state rilevate dal gruppo di ricerca dell’Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo, CNR, Via della Madonna Alta, 128; 06128 Perugia, e sono state riportate in Tabella I. 18 Tabella I - Principali caratteristiche dell’OMW utilizzato per l’inoculo; T0=inizio del compostaggio; Tfin=fine del compostaggio indoor; Tfout=fine del compostaggio outdoor. I valori sono riportati in peso secco; i dati rappresentano la media dei triplicati, con il Coefficiente di Variazione (CV) inferiore al 5%. Parametri Umidità % pHa a T0 Tfin Tfout 66,5 22,3 64,6 6,18 6,96 7,12 Conduttività elettricaa Ds m-1 1,59 2,52 1,35 Ceneri % 14,7 26,2 19,0 Carbonio organico totale % 45,1 40,5 42,3 Azoto totale % 2,2 3,6 3,0 Polifenoli Mg kg-1 1007 251 342 Indice di germinazione % 43,7 76,6 57,0 Perdita di materia organicab % / 51,5 26,5 Valutati su estratti di acqua 1:10 (w/v); b Perdita di materia organica%=100-100[X1(100-X2)]/ [X2(100-X1)] (da Altieri e Esposito, 2008). 2.2 Colture di arricchimento I campioni di compost prelevati dal materiale mantenuto indoor sono stati denominati Cilento 1, Cilento 2 e Cilento 3 e sono stati impiegati come inoculi per allestire le colture di arricchimento. Le colture di arricchimento sono state allestite in terreno di coltura sintetico Mineral Salt Basal Medium (MSBM) contenente, per litro di acqua bidistillata: 0,1 g di MgSO4 x 7H2O, 1,5 g di KH2PO4, 7,9 g di Na2HPO4 x 2H2O, 0,8 g di NH4Cl. I sali componenti il terreno sono stati sterilizzati separatamente in autoclave (CDL, mod. steristeam) a 121°C per 20 min. Le soluzioni contenenti i sali sono state fatte raffreddare, sono stati quindi miscelati in modi da costituire il terreno MSBM finale, a cui sono stati aggiunti 10 ml di soluzione di Pfenning per 19 litro di terreno. La composizione della soluzione di Pfenning, per litro di acqua bidistillata, era la seguente: 0,1 g di ZnSO4 x 7H2O, 0,03 g di MnCl2 x 4H2O, 0,3 g di H3BO3, 0,2 g di CoCl2 x 6H2O, 0,01 g di CuCl2 x 2H2O, 0,02 g di NiCl2 x 6H2O, 0,03 g di Na2MoO4 x 2H2O, e 0.05 g di FeCl3. Aliquote di 1 g di compost sono state aggiunte a 50 ml di terreno MSBM in presenza di acido tannico (Sigma, Milano) aggiunto allo 0,5% (w/v). Le colture sono state allestite in doppio e sono state incubate a 28°C al buio per 2 settimane. Le colture di arricchimento che mostravano torbidità, come indice della crescita microbica, sono state utilizzate per i successivi processi di isolamento dei ceppi batterici acido tannico-degradanti. 2.3 Isolamento dei ceppi batterici acido tannico-degradanti Si è proceduto all’isolamento dei ceppi batterici a partire dalle colture di arricchimento che mostravano torbidità. Aliquote di 100 µl sono state prelevate sterilmente dalle colture e distribuite sulla superficie di piastre Petri contenenti terreno di coltura MSBM solidificato con l’1,6% di agar (Difco, Milano), in presenza di acido tannico aggiunto sulla superficie a partire da una soluzione acquosa di acido tannico al 2%, lasciata complessare con il terreno di coltura ed eliminando poi, l’eccesso della soluzione. Le piastre così inoculate sono state incubate a 28°C. Dopo 2 giorni di incubazione, le colonie cresciute che mostravano differenza per colore, forma, dimensione e consistenza, sono state trasferite per altri tre passaggi su piastre con terreno MSBM in presenza di uno strato di acido tannico. Allo scopo di verificare ulteriormente la sterilità delle colonie è stato effettuato un altro passaggio in terreno di coltura complesso contenente 5,0 g di triptone, 2,5 g di estratto di lievito e 1,0 g di D-glucosio, per litro di acqua bidistillata (YEPG). Questo trasferimento in terreno di coltura complesso si è reso necessario per verificare l’eventuale presenza di microrganismi che non erano in grado di crescere in presenza di acido tannico, ma che avrebbero potuto rimanere in forma silente nel terreno selettivo. Per conservare i ceppi batterici isolati da ciascun ceppo sono state allestite colture liquide e 2 ml trasferiti in tubi sterili cryovials (Nalgene, Milano), per permettere il loro mantenimento ad una temperatura di -80°C, in presenza del 30% di glicerolo sterile. 2.4 Estrazione del DNA genomico dai ceppi batterici acido tannico-degradanti Colonie singole di ciascun isolato cresciute su piastre con terreno YEPG sono state prelevate impiegando un’ansa per batteriologia sterile e risospese in 2 ml di tampone di lisi (Tris-HCl 10 mM, EDTA 5 mM; pH 8,0). Queste sospensioni cellulari sono state sottoposte a sonicazione per cinque cicli, a 20KHz, quindi sono stati aggiunti 40 μl di una soluzione 100 mM di lisozima 20 (Sigma, Milano) ed incubate a 37°C per un'ora. Successivamente sono stati aggiunti 25 μl di una soluzione al 20% di sodio-dodecilsolfato (SDS), 35 μl di una soluzione 50 mM di Proteinasi K, e le sospensioni sono state incubate overnight a 55°C. Queste, sono state poi sottoposte per tre passaggi successivi, a centrifugazione a 14.000 x g per 5 min, con il successivo trasferimento del sovranatante in una nuova provetta con l'aggiunta di 1 volume di cloroformio-alcool isoamilico 1:24. Da ogni provetta è stata recuperata la fase acquosa che è stata quindi trasferita in una nuova, aggiungendo un volume corrispondente ad 1/10 di acetato di sodio 3 M ed un ugual volume di alcol isopropilico. Le sospensioni sono state mantenute a -20°C per un'ora, quindi sottoposte a centrifugazione a 14.000 x g per 15 min. Il sovranatante è stato quindi eliminato e al pellet è stato aggiunto 1 ml di alcool etilico al 70%. Le sospensioni sono state sottoposte alle stesse condizioni di centrifugazione del passaggio precedente e, previa eliminazione del sovranatante, sono stati fatti asciugare. I pellet di DNA sono stati risospesi in 50 μl di acqua bidistillata filtrata e sterilizzata in autoclave a 121°C per 20 min. Per ottenere una valutazione quantitativa del DNA estratto, i campioni sono stati analizzati tramite uno spettrofotometro (Perkin-Elmer 400B), rilevando il rapporto di Assorbanza a lunghezze d’onda di 260/280 nm. 2.5 Caratterizzazione dei ceppi batterici isolati ed analisi del gene rRNA 16S I ceppi batterici isolati sono stati fatti crescere su piastre Petri contenenti terreno di coltura complesso YEPG e la morfologia delle colonie è stata osservata con l’utilizzo di uno stereomicroscopio (Optika, mod.501). Per ogni colonia è stata inoltre eseguita la determinazione di Gram (Gram stain kit, Carlo Erba, Milano). Il saggio della catalasi e la determinazione dell’attività dell’ossidasi sono stati eseguiti in accordo con il metodo di Smibert e Krieg (1981). L’amplificazione del gene rRNA 16S è stata eseguita impiegando 10 ng di DNA genomico in 20 µl di tampone 1X Amplitaq (10 mM Tris-HCl; 50 mM KCl; 1,5 mM MgCl2), con l’aggiunta di 150 ng dei primers 27f (5’-GAGAGTTTGATCCTGGCTCAG-3’) e 1495r (5’CTACGGCTACCTTGTTACGA-3’), 250 µM dNTPs ed 1 U di Taq polimerasi Amplitaq (Perkin-Elmer). La miscela di reazione è stata incubata a 95°C per 90 s e poi sottoposta a 35 cicli secondo il seguente profilo di temperature: 95°C per 30 s, temperatura di annealing (Ta) per 30 s e 72°C per 4 min. La Ta era 60°C per i primi cinque cicli, 55°C per i successivi cinque e 50°C per gli ultimi 25 cicli. Infine, la miscela è stata incubata a 72°C per 10 min e a 60°C per 10 min; 2 µl di ciascuna miscela di amplificazione sono stati quindi analizzati per mezzo di elettroforesi, in un gel di agarosio (1,2% w/v), in tampone TAE (0,04 M Tris-acetato, 0,001 M EDTA) contenente 0,5 µg ml-1 (w/v) di bromuro di etidio. Il sequenziamento del gene rRNA è stato eseguito presso il servizio di biologia molecolare e sequenziamento dell’azienda BMR Genomics srl con sede 21 presso l’Università di Padova. 2.6 Crescita dei ceppi isolati su terreno di coltura solido in presenza di acido tannico I quattro isolati sono stati strisciati sulla superficie di terreno di coltura YEPG solidificato con l’1,6% di agar e trattato con una soluzione di acido tannico al 2% per la complessazione dell’acido tannico sulla superficie. Le piastre inoculate ed i relativi controlli senza l’aggiunta di batteri, sono state incubate a 28°C al buio per 24 ore. Gli aloni di degradazione dell’acido tannico sviluppati attorno alle colonie dei ceppi batterici sono stati presi in considerazione come un segnale della presenza dell’enzima tannasi e della degradazione dell’acido tannico. 2.7 Saggio colorimetrico dell’attività della tannasi Gli studi sui batteri acido tannico degradanti sono proseguiti utilizzando terreno minerale sintetico M9, contenente per litro di acqua bidistillata: 6 g di Na2HPO4, 3 g di KH2PO4, 0,5 g di NaCl ed 1 g di NH4Cl. L'attività dell’enzima tannasi è stata saggiata seguendo i metodi di lettura spettrofotometrica e visiva descritti da Osawa e Walsh (1993). Le colonie cresciute su terreno YEPG sono state trasferite su piastre con terreno M9 ed acido tannico aggiunto sulla superficie, a partire da una soluzione acquosa al 2% (w/v), ed incubate a 28°C per 24 ore. Dalle piastre che avevano mostrato crescita batterica visibile con colonie circondate da un alone chiaro di degradazione, la biomassa batterica, tramite un tampone sterile, è stata prelevata e risospesa in due provette contenenti ciascuna 3 ml di una soluzione tampone a pH 5,0 costituito da NaH2PO4 ad una concentrazione 33 mM e metil gallato 20 mM, (Fluka Chemie, Germany), in modo da ottenere una sospensione densa, equivalente ad una torbidità di 3 McFarland. La sospensione batterica è stata quindi incubata per 24 ore a 28°C per il primo esperimento e a 37°C per il secondo esperimento. Questo saggio è stato effettuato a due differenti temperature per ottenere maggiori informazioni sull’attività dell’enzima tannasi. Dopo l’incubazione a temperatura nota, le sospensioni batteriche sono state alcalinizzate aggiungendo un volume equivalente di una soluzione di NaHCO3 satura, a pH 8,6 e mantenuto a temperatura ambiente per 1 ora. Il cambiamento di colore delle sospensioni dal verde al marrone, è stato considerato come segnale positivo dell'attività dell’enzima tannasi, secondo il metodo di lettura visiva. Un millilitro di ciascuna sospensione è stato quindi rimosso, sottoposto a centrifugazione a 14.000 x g per 5 min ed i valori di assorbanza del sovranatante sono stati rilevati ad una lunghezza d’onda di 440 nm, impiegando uno spettrofotometro UVvisibile (Jenway, mod. 6505). L'esperimento è stato eseguito in triplicato. 22 2.8 Allestimento di colture per il rilevamento della degradazione di acido tannico per via spettrofotometrica I ceppi batterici C2A e C2C sono stati fatti crescere su piastre Petri contenenti terreno M9 in presenza della soluzione di Pfenning (SL-6) ed acido tannico aggiunto a partire da una soluzione al 2% (w/v). Dalle colonie cresciute sulle piastre sono state allestite le colture liquide in terreno liquido M9 contenente la soluzione di Pfenning ed acido tannico allo 0,5% (w/v), incubati in agitazione a 300 r.p.m., a 28°C per 48 ore. 2.9 Determinazione delle concentrazioni di acido tannico La determinazione del contenuto in acido tannico per via spettrofotometrica è stata ottenuta in accordo con il metodo di Hagerman e Butler (1978). Un millilitro di coltura è stato prelevato sterilmente e filtrato con filtri sterili con pori del diametro di 0,2 µm. Al campione filtrato sono stati aggiunti 2 ml di una soluzione di albumina serica bovina (BSA) con una concentrazione 1 mg ml-1 e successivamente è stata aggiunta una soluzione di NaCl ad una concentrazione 0,17 M allestita in una soluzione 0,2 M di tampone sodio acetato, NaCH3CO2, a pH 5,0. Dopo 10 min a temperatura ambiente, la sospensione è stata centrifugata a 4000 x g per 10 min, ed il pellet è stato lavato con un tampone sodio acetato, NaCH3CO2, quindi risospeso in 4 ml di soluzione contenente SDS/TEA (1% sodiododecilsolfato w/v, 5% trietanolamina v/v) ed 1 ml di FeCl3 (0,01 M di FeCl3 in 0,01 N di HCl). La sospensione è stata incubata a 30°C per 30 min. L’assorbanza della sospensione è stata rilevata ad una lunghezza d’onda di 510 nm, come misura della concentrazione di acido tannico. 2.10 Allestimento degli standard per il rilevamento di acido tannico, acido gallico e di pirogallolo nelle colture batteriche tramite cromatografia liquida ad alte pressioni (HPLC) Dagli standard per le analisi HPLC costituiti da acido tannico, acido gallico e pirogallolo, sono state preparate delle diluizioni a concentrazione nota (1:1000 per l’acido tannico e per l’acido gallico e 1:100 per il pirogallolo) a partire da soluzioni madre (1 mg ml-1) di tali composti. Il solvente della soluzione madre era così composto: 78% acqua bidistillata; 20% acetonitrile; 2% acido acetico. Gli spettri ed i picchi di massimo assorbimento sono stati rilevati effettuando letture allo spettrofotometro a doppio raggio (Cary UV-Vis Spectrophotometer), in un intervallo di assorbanza compreso tra i 200 ed i 400 nm. 23 2.11 Allestimento di colture batteriche in presenza di acido tannico per saggi di cromatografia liquida ad alte pressioni (HPLC) Per ciascuno dei ceppi batterici C2A e C2C sono state allestite colture in terreno liquido M9 in presenza di acido tannico allo 0,5% (w/v) e 10 ml per litro della soluzione di elementi traccia di Pfenning. Per tale esperimento sono state utilizzate tre differenti beute da 500 ml precedentemente sterilizzate, due per i ceppi batterici C2A e C2C, la terza impiegata come controllo, con solo terreno M9 ed acido tannico allo 0,5% senza l’aggiunta di batteri. L’inoculo è stato effettuato a partire da colonie singole cresciute su piastre con terreno M9 ed acido tannico aggiunto sulla superficie a partire da una soluzione al 2% (w/v), con un inoculo iniziale pari ad una assorbanza di 0,030 rilevata a 600 nm. Le colture sono state incubate a 300 r.p.m. a 28°C per 48 ore e a tempi definiti (0, 6, 12, 18, 24, 36 e 48 ore) sono stati prelevati 5 ml da ciascuna coltura per rilevare le UFC ml-1 e per effettuare le relative analisi HPLC. 2.12 Estrazione di acido tannico e suoi derivati dalle colture batteriche Cinque millilitri di ogni coltura batterica sono stati processati attraverso l’estrazione liquido/liquido aggiungendo alcol etilico (Carlo Erba, Milano). L’estrazione è stata eseguita per due volte consecutive, gli estratti di ogni campione (6 ml + 6 ml) sono stati combinati e trasferiti in provette di vetro da 25 ml ed i precipitati sono stati disgregati tramite trattamento delle soluzioni in un bagno ad ultrasuoni per 30 min, ad una intensità del 70% (Eia, Mod. CP830). Questo metodo di estrazione ha permesso un recupero dell’acido tannico del 70%. 2.13 Analisi HPLC per la determinazione del contenuto in acido tannico Le analisi dei campioni così estratti sono state eseguite attraverso la cromatografia liquida ad alte pressioni-DAD (HPLC-DAD), in accordo con le metodologie proposte da Cawthray (2003). L’HPLC è stato equipaggiato con un cromatografo Waters (Milford, MA, USA), dotato di un sistema di controllo 600, costituito da un fotodiodo di array rilevamento(DAD) 996 ed un software Millennium 32. La separazione è stata eseguita impiegando una colonna a fase inversa Nova-Pack C-18 (250 mm x 4,0 mm d.i., 4,6 µm), a temperatura ambiente. L’eluizione dei campioni è stata effettuata secondo un gradiente costituito dal solvente A (acqua/acido acetico, 98:2, v/v) e dal solvente B (acqua/acetonitrile/acido acetico, 78:20:2, v/v/v), costruito come riportato di 24 seguito: 0-80% del solvente B lineare da 0 a 55 min, ad un flusso di 1,1 ml min-1; 80-90% del solvente B lineare dai 55 ai 57 min, ad un flusso di 1,2 ml min-1; 90% del solvente B isocratico dai 57 ai 70 min, ad un flusso di 1,2 ml min-1; 90-95% del solvente B lineare dai 70 agli 80 min, ad un flusso di 1,2 ml min-1; 95-100% del solvente B dagli 80 ai 90 min ad un flusso di 1,2 ml min-1. Si è proseguito mediante lavaggio della colonna in metanolo e suo successivo equilibramento dai 90 ai 120 min ad un flusso di 1,1 ml min-1. Il rilevamento è stato effettuato tramite una scansione all’interno di un intervallo compreso tra 190 e 400 nm, precedentemente determinato in base agli standard di riferimento. I campioni sono stati iniettati in doppio all’interno della colonna, previa filtrazione con filtri in teflon (PVDF) con pori del diametro di 0,45 µm (Teknokroma, Spagna) (Rodríguez et al., 2008). L’identificazione dell’acido tannico e dell’acido gallico è stata possibile comparando il tempo di ritenzione ed i dati dello spettro di ciascun picco con quelli degli standard forniti da Extrasynthese (Milano, Italia). Il limite di rilevamento (LOD) è stato calcolato come 3 x deviazione standard dalla media dell’area di disturbo durante l’iniezione del bianco, aggiunto al responso del segnale di tale composto. Il LOD dello strumento è stato calcolato come 1,20 µg ml-1. Tutti i componenti hanno mostrato una buona linearità (R≥0,989) in un intervallo relativamente ampio di concentrazioni. 2.14 Campionamento da compost diversi Ai primi campioni sperimentali di compost prodotti in laboratorio si sono aggiunti i Compost prodotti presso il Centro Sperimentale di Compostaggio (CESCO) attraverso un processo industriale standardizzato e messo a punto nell’ambito del progetto TIRSAV Plus. I diversi compost presentavano caratteristiche differenti, come riportato in Tab. I. I campioni per le analisi sono stati prelevati ad un profondità standard di 40 cm all’interno del cumulo, impiegando strumenti sterili sia per il prelievo, sia per il mantenimento dei campioni di compost. 25 Tabella II – caratterizzazione chimico-fisica dei differenti campioni di compost ottenuti a partire con procedure differenti di maturazione analizzate presso il CESCO_LAB. Codice campione Ammendante MON120511BOUT15M MON120511BOUT-M UTR190711BOUT-R UTR050711BOUT-Q MON110511BOUT-I NAT231110BIS NAT280211 UTR040811BOUT-T UTR280711BOUT-S UTR220711BOUT-R QN040711OUT-Q NAT150411 QR2150611OUT-I-P VERDE VERDE VERDE VERDE VERDE MISTO MISTO VERDE VERDE VERDE VERDE MISTO VERDE NAT300611 UTR111210 NAT090611 MISTO MISTO MISTO Metodo di maturazione BINS BINS BINS BINS BINS REATTORI REATTORI BINS BINS BINS PIAZZOLA REATTORI QRING REATTORE N8 BINS REATTORI % Utot pH Conducibilità mS/cm % TOC %N totale C/N 35,71 7,52 1,12 36,76 1,74 21,13 56,85 41,8 24,17 36,07 33,06 31,27 46,42 38,61 41,43 39,35 32,41 45,15 7,74 7,03 6,57 7,13 7,88 7,89 6,79 6,33 6,48 6,16 7,37 6,03 1,43 1,03 0,72 0,71 1,55 0,88 1,38 1,25 1,17 0,94 1,84 1,36 38,86 39,79 42,21 37,81 40,58 40,73 39,05 39,56 40,32 40,49 38,35 42 1,44 0,72 1,03 1,45 2,24 2,5 1,22 1,19 1,08 1,04 2,35 1,05 26,99 55,26 40,98 26,08 18,12 16,29 32,01 33,24 37,33 38,93 16,32 40 31,8 6,69 1,41 39,76 1,44 27,61 17,46 49,06 8,35 6,75 2,24 1,25 34,69 2,29 1,32 15,15 0 2.15 Conte dei microrganismi ed isolamenti di batteri polifenolo-degradanti Da ciascun campione di compost sono state prelevate aliquote pari a 1 g ed aggiunte a 9 ml di soluzione fisiologica (NaCl 0,85%). Questa diluizione (1:10) è stata successivamente sottoposta 26 ad una serie di diluizioni seriali, fino a valori pari a 10-7 e 10-8. Da ciascuna diluizione seriale sono state prelevate aliquote pari a 100 µl che sono state quindi distribuite sulla superficie di piastre Petri contenenti terreno di coltura complesso YEPG, o terreno minerale MSBM con l’aggiunta di acido tannico sulla superficie (vedi sopra). Le piastre così inoculate sono state quindi incubate a 28°C e le unità formanti colonie (UFC) per millilitro rilevate tramite conta dopo 48 ore e dopo 1 settimana di incubazione. Dalle piastre contenenti terreno MSBM in presenza di acido tannico sono state inoltre isolate le colonie che presentavano differenze per forma, caratteristiche dei margini, colore, consistenza. Le colonie isolate sono state mantenute a -80°C in presenza di glicerolo al 30%. 27 3. Risultati 3.1 Isolamento dei ceppi batterici degradanti l’acido tannico A partire dalle colture di arricchimento allestite con i campioni di compost sono stati isolati quattro ceppi batterici che sono stati denominati CESCO2A, CESCO2B, CESCO2C e CESCO2D. Le colonie batteriche che mostravano la capacità di crescere in presenza di acido tannico sono risultate essere quelli provenienti dal campione di compost denominato Cilento 2. Dai campioni Cilento 1 e Cilento 3 sono state ottenute colonie fungine che hanno invaso le piastre Petri e che hanno reso difficile l’isolamento delle poche colonie batteriche cresciute. Inoltre per il campione Cilento 3 è stata registrata la crescita di alcune colonie batteriche solo al primo passaggio, ma non in quelli successivi in presenza di acido tannico. I quattro ceppi batterici tannico degradanti sono stati caratterizzati dal punto di vista morfologico e fisiologico. Sono risultati essere tutti Gram negativi, catalasi positivi, ossidasi negativi (Tab. III). Tabella III - Caratterizzazione fisiologica dei ceppi batterici acido tannico-degradanti. Colorazione Ceppo Aspetto colonie Catalasi Ossidasi di Gram Ø1,0-1,5 mm, color crema, translucida, C2A concava, rotonda, margini netti, + - - + - - + - - + - - mucosa Ø1,0-1,5 mm, color crema, translucida, C2B concava, rotonda, margini netti, mucosa Ø1,0-1,5 mm, color crema, translucida, C2C concava, rotonda, margini netti, mucosa Ø1,0-1,5 mm, color crema, translucida, C2D concava, rotonda, margini netti, mucosa 28 3.2 Caratterizzazione molecolare del rRNA 16S dei ceppi acido tannico-degradanti isolati I quattro ceppi caratterizzati in questo studio sono stati sottoposti alle analisi di tipo genetico per determinare i generi di appartenenza. L’amplificazione ed il sequenziamento del gene 16S rRNA di ciascun ceppo acido tannico-degradante ha permesso di confrontare le sequenze geniche ottenute con quelle depositate in GenBank, nel sito RDBII Project (http://rdp.cme.msu.edu/); è stato così possibile assegnare il genere di appartenenza ai ceppi batterici isolati, come mostrato in Tabella IV. I quattro ceppi analizzati sono risultati tutti appartenere al genere Klebsiella, facente parte del phylum Proteobacteria, classe Gamma, ordine Enterobacteriales, famiglia Enterobacteriaceae (Bergey’s Manual, 2007). Tabella IV – Assegnazione ai generi corrispondenti dei ceppi acido-tannico degradanti isolati da compost di reflui oleari. Nome ceppi Genere batterico batterici assegnato CESCO2A Klebsiella CESCO2B Klebsiella CESCO2C Klebsiella CESCO2D Klebsiella Il confronto delle sequenze del gene rRNA 16S con quelle depositate nel sito dell’NCBI nel programma RDP II del progetto database con le sequenze del gene rRNA 16S ha assegnato i ceppi batterici isolati CESCO2A, CESCO2B, CESCO2C, e CESCO2D al genere Klebsiella. 3.3 Crescita batterica in presenza di acido tannico La degradazione dell’acido tannico da parte dei batteri isolati, in virtù della presenza dell’enzima tannasi è stata saggiata sia su piastre di terreno M9 ed acido tannico, sia in colture liquide allestite all’interno di beute. 29 Nella piastre, l’attività di questo esoenzima è risultata visibile sottoforma di un alone chiaro presente attorno alla zona di crescita batterica: i ceppi C2A e C2C fatti crescere in piastre contenenti terreno M9 ed acido tannico al 2% (w/v), hanno mostrato la presenza dell’alone, a differenza della piastra utilizzata come controllo, senza l’aggiunta di batteri (Fig. 6). Figura 6 - Piastre Petri contenenti terreno di coltura minerale M9 ed acido tannico aggiunto ad una concentrazione del 2% (w/v). E’ risultato evidente il particolare della formazione dell’alone chiaro attorno alla zona di crescita batterica, dovuto all’attività enzimatica esocellulare da parte delle cellule batteriche. Inoltre, la crescita batterica in presenza di acido tannico è stata saggiata in terreno liquido M9 ed acido tannico all’0,5% (w/v), in presenza di una miscela di elementi essenziali denominata mineral mix. I ceppi di interesse hanno mostrato la capacità di crescere in questo terreno liquido, rilevabile come presenza di torbidità e cambiamento di colore, con un viraggio verso il colore rosa-arancio rispetto ad un controllo, privo di batteri, che ha invece mostrato un cambiamento al colore verde dell’acido tannico nel corso dell’esperimento (Fig. 7). 30 Figura 7 - Crescita batterica dei ceppi CESCO2A e CESCO2C visibile come torbidità in terreno di coltura minerale M9 ed acido tannico all’0,5% (w/v) in presenza di mineral mix, rispetto al controllo. Il controllo con solo acido tannico, senza l’aggiunta di batteri mostra un naturale cambiamento di colore per una probabile ossidazione del substrato. 3.4 Saggio colorimetrico dell’enzima tannasi nelle colture batteriche I valori dell’attività dell’enzima tannasi effettuata a 37°C hanno mostrato un viraggio del colore dal verde al marrone per tutti i batteri acido tannico-degradanti isolati nel rilevamento spettofotometrico le colture batteriche hanno fatto registrare valori molto più elevati rispetto al controllo. In particolare il ceppo Klebsiella sp. CESCO2C ha mostrato il valore più elevato di assorbanza a 400 nm, pari a 0.905 ± 0.05 (Tabella V). 31 Tabella V - Attività della tannasi a 37°C dei ceppi batterici isolati valutati attraverso metodi spettrofotometrici e visivi. I dati rappresentano la media dei triplicati ± deviazione standard. Ceppi batterici Attività tannasi A440nm Variazione colore da verde a marrone C 0,379±0,017 - CESCO2A 0,823±0,055 +++ CESCO2B 0,821±0,018 +++ CESCO2C 0,760±0,029 +++ CESCO2D 0,905±0,047 +++ Il rilevamento della degradazione di acido tannico con metodi spettrofotometrici ha permesso di rilevare una diminuzione del contenuto in acido tannico dopo 12 ore di incubazione ed in corrispondenza dell’aumento di biomassa per il ceppo Klebsiella sp. CESCO2C. Dopo 18 ore di incubazione è stata rilevata una diminuzione del 75% del contenuto in acido tannico, che ha poi mantenuto una concentrazione costante fino alla fine dell’esperimento con un residuo finale pari al 18%. I valori di acido tannico nel controllo, in assenza di batteri ha mostrato un andamento costante (Fig. 8). Il ceppo batterico Klebsiella sp. CESCO2C ha mostrato un andamento della degradazione di acido tannico, rilevata tramite metodi spettrofotometrici, con una diminuzione del 16% dopo 12 ore di incubazione, in corrispondenza dell’inizio dell’incremento della crescita batterica, con una leggera diminuzione della degradazione al 22% dopo 18 ore di incubazione e con una sensibile diminuzione del contenuto in acido tannico in corrispondenza della fase esponenziale di crescita, con una diminuzione della concentrazione di acido tannico pari all’80% dopo 24 ore di incubazione. La concentrazione di substrato si è poi mantenuta costante fino al termine dell’esperimento, dopo le 48 ore. La concentrazione di acido tannico senza l’aggiunta di batteri si è mantenuta costante nel corso dell’esperimento (Fig. 8). 32 Figura 8 – Crescita del ceppo batterico CESCO2C (♦) in presenza di acido tannico e relativa degradazione del substrato (▲). La concentrazione di acido tannico nel controllo, senza l’aggiunta di batteri, si è mantenuto costante nel corso dell’esperimento (*). La degradazione dell’acido tannico rilevata tramite analisi di cromatografia liquida ad altre pressioni (HPLC), ha mostrato l’inizio della degradazione dell’acido tannico dopo 18 ore di incubazione e la conseguente produzione di acido gallico nel ceppo Klebsiella sp. CESCO2C (Fig. 9. 33 4000 7,00E+08 3500 6,00E+08 3000 5,00E+08 4,00E+08 2000 3,00E+08 UFC ml-1 mg l-1 2500 1500 2,00E+08 1000 1,00E+08 500 0 0,00E+00 0 6 12 18 24 36 48 Tempo, ore Figura 9 – Crescita del ceppo batterico Klebsiella sp. C2C (▲) e degradazione di acido tannico (*), con conseguente produzione di acido gallico (×). Concentrazione di acido tannico (♦) e di acido gallico (■) nel controllo, in assenza di batteri. 34 Per quanto riguarda il ceppo batterico Klebsiella sp. CESCO2C, dopo 18 ore di incubazione è stata osservata una concentrazione costante di acido tannico, mentre dopo 24 ore è stata rilevata una diminuzione del contenuto in acido tannico pari al 70%, per poi non ritrovare acido tannico nei punti successivi di incubazione. Il contenuto in acido gallico in colture di Klebsiella sp. CESCO2 ha mostrato una concentrazione corrispondente a quella dell’acido tannico degradato, dopo 24 ore di incubazione. Questa concentrazione di acido gallico si è mantenuta costante nel prosieguo dell’esperimento. Nel controllo, in assenza di batteri, è stata registrata una concentrazione di acido tannico che si è mantenuta costante fino alle 24 ore di incubazione ed il mantenimento di una concentrazione costante nel prosieguo dell’esperimento (Fig. 11). Dall’osservazione dei cromatogrammi ottenuti tramite analisi HPLC è stato possibile inoltre mettere in evidenza la presenza del picco dell’acido tannico sia nel controllo rilevato all’inizio dell’esperimento (Fig. 12), sia alla fine del periodo di incubazione, con solo una lieve diminuzione della concentrazione di acido tannico (Fig. 13). Figura 10 – Controllo, in assenza di batteri, al tempo 0, che mostra il picco dell’acido tannico. Figura 11– Controllo, in assenza di batteri, al termine dell’esperimento che mostra il picco dell’acido tannico con una lieve diminuzione. Per quanto riguarda il ceppo batterico Klebsiella sp. CESCO2C l’acido tannico presente all’inizio dell’esperimento (Fig. 12) è stato rimosso dopo 48 ore di incubazione con la comparsa di un picco di acido gallico, ed uno di piccole dimensioni con un tempo di ritenzione di 43 min (Fig. 13). Figura 12 – Coltura di Klebsiella sp. C2A al Figura 13 – Coltura di Klebsiella sp. C2A alla tempo 0 che mostra il picco dell’acido fine dell’esperimento, con la scomparsa 35 di acido tannico e la presenza di acido gallico. tannico. 3.5 Conte di microrganismi da diversi campioni di compost Gli esperimenti per la determinazione della carica microbica nei campioni di compost, ha permesso di individuare un contenuto in microrganismi eterotrofi totali compreso tra 10 6 e 108 UFC/ml (Tab. VII). Per quanto riguarda i batteri cresciuti in presenza di acido tannico come unica fonte di carbonio e di energia, sono stati invece individuati valori UFC/ml compresi tra 103 e 105 (Tab. VII). Sono stati isolati un totale di 63 ceppi batterici acido tannico-degradanti, che sono stati mantenuti a -80°C per ulteriori caratterizzazioni. 36 Tabella VII – Batteri eterotrofi totali ed acido tannico-degradanti rilevati nei campioni di compost preparati in diverse condizioni 37 4. Discussione La presenza di batteri del genere Klebsiella capaci di degradare l’acido tannico, isolati da compost da reflui oleari è probabilmente da far risalire al fatto che nell’allestimento della miscela sono stati impiegati anche scarti della lavorazione della lana, quindi campioni di derivazione animale e potenziali vettori di batteri del gruppo delle Enterobacteriaceae, a cui questo genere appartiene (Altieri e Esposito, 2008; Brock et al., 2003). L’isolamento di batteri appartenenti alle Enterobacteriaceae da compost può sembrare non desiderabile, dal momento che nel corso del compostaggio la fase termofila dovrebbe eliminare eventuali patogeni, potenzialmente presenti nel gruppo delle Enterobacteriaceae. Tuttavia il campionamento dal compost è stato eseguito al 40° giorno di maturazione, quando le temperature si mantenevano intorno a 48–50°C e la popolazione batterica era ancora ampiamente diversificata (Altieri e Esposito, 2008). I ceppi batterici qui isolati sono stati isolati dal compost ottenuto da reflui oleari, altre Enterobacteriaceaea sono stati isolati da questi substrati appartenenti ai generi Serratia e Pantoea (Pepi et al., 2010). Il genere Klebsiella venne proposto per la prima volta da Trevisan nel 1885 con Klebsiella pneumoniae come specie tipo. Il genere Klebsiella consiste di cinque specie, K. granulomatis, K. pneumoniae, K. oxytoca, K. variicola e K. singaporensis (Drancourt et al., 2001; Li et al., 2004). Nelle specie del genere Klebsiella si riscontrano batteri aerobi (anaerobi facoltativi), aventi tipi di metabolismo sia respiratorio, sia fermentativo, fisiologicamente versatili, con cellule bastoncellari, Gram-negative, ossidasi negative e catalasi positive (Drancourt et al., 2001; Li et al., 2004). I batteri del genere Klebsiella costituiscono importanti cause di infezioni nosocomiali, presentano un abbondante glicocalice e sono immobili. Pur essendo enterobatteri, si ritrovano spesso associati a patologie dell’apparato respiratorio. Batteri del genere Klebsiella sono stati abbondantemente isolati dall’ambiente e per alcuni ceppi di questo genere è nota la capacità di fissare l’azoto (Xu et al., 2010). L’attività antimicrobica dei tannini è stata individuata in numerosi studi (Scalbert, 1991). Alcuni microrganismi sono tuttavia capaci di degradare i tannini e di utilizzarli come fonte di carbonio e di energia (Bhat et al., 1998). Sono stati condotti studi per poter valutare il potenziale di applicazione di batteri acido tannico-degradanti per impieghi su larga scala dell’industria alimentare, quella dei mangimi, nella medicina e nel trattamento degli scarichi provenienti dalle concerie (Mingshu et al., 2006). 38 L’applicazione del metodo delle colture di arricchimento per lo studio microbiologico di campioni provenienti da siti contaminati, ha permesso l’isolamento di diversi microrganismi acido tannico-degradanti. Da sedimenti prelevati da un’area contaminata da scarichi di una conceria, Franco et al. (2005) avevano isolato differenti ceppi batterici caratterizzati da queste proprietà, alcuni di questi appartenenti al genere Klebsiella. Inoltre, in un esperimento di screening di campioni di suolo molti altri ceppi batterici appartenenti al gruppo delle Enterobacteriaceae si erano mostrati capaci di degradare l’acido tannico (Zeida et al., 1998). La degradazione dell’acido tannico nei batteri del genere Klebsiella qui caratterizzati è stata confermata dalla produzione di acido gallico e di glucosio, quest’ultimo utilizzato come fonte di carbonio per la crescita batterica. Profili degradativi simili sono stati individuati in precedenza in batteri del genere Klebsiella (Mingshu et al., 2006). Per quanto riguarda l’attività tannasica dei ceppi batterici qui isolati è stato messo in evidenza un profilo di degradazione in presenza di acido tannico simile a quello rilevato in alcuni ceppi batterici isolati da scarichi provenienti da una conceria (Franco et al., 2005). Sebbene l’attività della tannasi sia stata ampiamente riportata in piante ed animali, i microrganismi (batteri, lieviti e funghi) sono quelli che mostrano l’attività tannasica più elevata (Aguilar et al., 2007). I ceppi Klebsiella spp. isolati in questa tesi hanno mostrato un’attività della tannasi simile a quella di altri ceppi batterici (es. Lactobacillus plantarum) isolati da diversi substrati, come uva, mosto e vino (Vaquero et al., 2004). Evidenze dell’attività tannasica è stata inoltre riportata da Osawa e Walsh (1993), in batteri del gruppo delle Enterobacteriaceae isolati dal tratto alimentare dei koala, ed in batteri della specie Streptococcus bovis isolati dalle feci dei koala. Altri batteri del gruppo delle Enterobacteriaceae, Klebsiella planticola e Klebsiella pneumoniae (Deschamps et al., 1983), Enterococcus faecalis (Goel et al., 2005) sono stati riportati come produttori dell’enzima tannasi. Il ceppo Klebsiella sp. CESCO2C qui analizzato ha mostrato una crescita maggiore in terreno di coltura con aggiunta della soluzione di Pfenning, rispetto a quella rilevata nello stesso terreno, senza aggiunta della soluzione di elementi in traccia. Questo può essere dovuto alla presenza di Fe2+ nella soluzione, un cofattore dell’enzima tannasi (Aguilar et al., 2007). La degradazione di acido tannico e la produzione di acido gallico da parte dei batteri qui caratterizzati ha mostrato un andamento stechiometrico fino alle 24 ore di incubazione, mentre nel prosieguo dell’esperimento la concentrazione di acido gallico ha mantenuto una 39 concentrazione costante. Questo si può spiegare considerando che l’acido gallico può andare incontro ad una ulteriore degradazione a catecoli (Franco et al., 2005). Nelle colture batteriche non è stato tuttavia possibile rilevare la presenza di catecoli, probabilmente a causa della loro elevata reattività con l’ossigeno. Quindi le molecole dei catecoli possono ossidarsi, dando spesso luogo a substrati colorati dal marrone al giallo-arancio, ma non si ritrovano nel terreno di coltura. A supporto di questa ipotesi, le colture del cepp Klebsiella sp. CESCO2C ha mostrato una colorazione rosa-arancio dopo 36-48 ore di incubazione in presenza di acido tannico. L’eventuale presenza di catecoli nel corso della degradazione batterica di acido tannico sarà ulteriormente indagata, eventualmente, effettuando saggi di degradazione in condizioni di anaerobiosi. In ceppi del genere Klebsiella sono stati riscontrati profili degradativi che non portavano alla produzione di pirogallolo ma di un catecolo con una differente distribuzione dei gruppi ossidrilici, il floroglucinolo (Mingshu et al., 2006). Nel corso delle analisi HPLC sono stati individuati picchi che al momento non è stato possibile caratterizzare, ma che saranno oggetto di ulteriori studi per individuare l’esatto profilo di degradazione dell’acido tannico da parte del ceppo Klebsiella sp. CESCO2C qui saggiato. Una lieve diminuzione della concentrazione di acido tannico è stata rilevata anche nei controlli negli ultimi due punti di prelievo, dopo 36 e 48 ore di incubazione. Questa diminuzione del substrato può essere attribuita ad una trasformazione aspecifica, probabilmente dovuta all’esposizione, alla temperatura di incubazione o al contatto con l’ossigeno atmosferico. In corrispondenza della diminuzione di acido tannico nei controlli non è stata peraltro rilevata la presenza di acido gallico, dimostrando l’assenza di enzimi di provenienza batterica in grado di rompere il legame estere tra il glucosio e l’acido gallico della molecola di acido tannico (Aguilar et al., 2007). Il numero di microrganismi eterotrofi totali individuato nei diversi campioni di compost allestiti in accordo con differenti metodi, ha permesso di individuare valori in accordo con quelli caratterizzati in campioni di compost simili. Questi valori hanno messo in evidenza elevati numeri di popolazioni microbiche ed una verosimile elevata attività microbica all’interno dei campioni di compost. A partire dalle piastre allestite in presenza di acido tannico sono stati isolati un totale di 63 ceppi batterici acido tannico-degradanti, e la loro successiva caratterizzazione permetterà un ulteriore approfondimento delle loro proprietà fisiologiche ed enzimatiche e fornirà informazioni sulle caratteristiche dei diversi compost saggiati. 40 Il compostaggio a partire da OMW rappresenta un modo facile e conveniente per lo smaltimento questo sottoprodotto agro-industriale. Nel processo di compostaggio, i microrganismi svolgono un ruolo chiave, trasformando la materia organica dei rifiuti in una forma modificata di alta qualità e ricca di elementi nutritivi per le piante. Lo studio microbiologico riportato è stato condotto in composti preparati con tecnologie differenti, ossia il compostaggio semplificato passiva (PCS) e il compostaggio composito attivo (ACC). Si tratta di sistemi implementati nella cornice del progetto TIRSAV e, variando alcuni parametri tecnologici, come la miscela di composizione, il tipo di modifica e il tempo di maturazione metodo. Questo studio dimostra che microrganismi peculiari esistono in compost diversi, anche se questi ultimi hanno origine dalla stessa OMW. La presenza di comunità microbiche compost-specifiche può essere correlata al diverso approccio tecnologico impiegato e potrebbe quindi essere utilizzato come parametro di qualità per il processo di compostaggio e per caratterizzare il prodotto finito. 41 5. Conclusioni Le comunità microbiche attive nel processo di compostaggio a partire da reflui oleari rappresentano un aspetto importante da approfondire sia in termini genetici e tassonomici, sia fisiologici. In particolare quest’ultimo aspetto può fornire informazioni importanti sui meccanismi di degradazione dei substrati del compost da parte dei microrganismi, sugli enzimi coinvolti e sui prodotti delle degradazioni. Questi ultimi costituiscono i substrati di altri microrganismi e quindi il processo di compostaggio può proseguire, con una stretta concatenazione e dipendenza dei vari fattori tra di loro. La caratterizzazione delle comunità microbiche del compost può quindi rappresentare un elemento in grado di definire la qualità del compost stesso. Batteri del phylum delle Enterobacteriaceae appartenenti al genere Klebsiella sono stati isolati da compost da reflui oleari, mettendo in evidenza la loro resistenza al processo di compostaggio. Questi ceppi batterici hanno mostrato la capacità di degradare l’acido tannico in virtù della presenza dell’enzima tannasi. La degradazione di acido tannico e la crescita batterica hanno mostrato il loro picco massimo dopo 24 ore a 28°C. Dopo 18 ore di incubazione è stata messa in evidenza la presenza di acido gallico nelle colture batteriche, indice della degradazione dell’acido tannico, mentre il glucosio viene utilizzato come fonte di carbonio dalle cellule batteriche. Al momento non è stato possibile mettere in evidenza la presenza di ulteriori prodotti della degradazione dell’acido tannico, poiché è probabile che si tratti di catecoli reattivi con l’ossigeno. Per ottenere queste informazioni saranno condotti ulteriori esperimenti in assenza di ossigeno. Una serie di ceppi batterici acido-tannico-degradanti, pari ad un numero di 63 ceppi, sono stati isolati dai diversi compost saggiati per la crescita in presenza di terreni di coltura complessi e con l’aggiunta di acido tannico. Questi ceppi batterici possono rappresentare una potenziale risorsa per applicazioni biotecnologiche, come un incremento della rimozione di polifenoli durante il compostaggio, poiché possono svolgere un ruolo determinante per il processo di umificazione della materia organica che contiene un carico elevato di polifenoli, come nel caso dei reflui oleari. Le analisi microbiologiche dei campioni di compost hanno messo in evidenza una elevata attività microbica, sia per quanto riguarda i batteri eterotrofi, responsabili della trasformazione della materia organica del compost e quindi coinvolti nel processo di umificazione, sia per quanto riguarda i batteri specializzati per la degradazione dei polifenoli. Questi ultimi, in particolare, sono batteri che hanno mostrato adattamenti a livello enzimatico, 42 tramite la produzione dell’enzima tannasi, che conferisce loro la capacità di degradare l’acido tannico a glucosio ed acido gallico. I batteri caratterizzati da questo profilo degradativo sono molto importanti in quanto sono in grado di compiere il primo passaggio della degradazione, quello più difficile da effettuare, ma che comporta la produzione di molecole più facili da degradare e biodisponibili per le altre popolazioni microbiche presenti nel compost. Da queste considerazioni sei evince quindi che la presenza di batteri specializzati è determinante anche per la rimozione di substrati difficili da degradare, e quindi la loro caratterizzazione è importante e deve essere approfondita, con studi a livello delle membrane cellulari, per mettere in evidenza gli eventuali adattamenti delle cellule batteriche ai substrati tossici. 43 References Adaskaveg, J.E., Gilbertson, R.L., Blanchette, R.A., 1990. Comparative studies of delignification caused by Ganoderma species. Appl. Environ. Microbiol. 56, 1932-1943. Adaskaveg, J.E., Gilbertson, R.L., Dunlap, M.R., 1995. Effects of incubation time and temperature on in vitro selective delignification of silver leaf oak by Ganoderma colossum. Appl. Environ. Microbiol. 61, 138-144. Aguilar, C.N., Gutiérrez-Sànchez, G., (2001). Review sources, properties, applications and potential uses of tannin acyl hydrolase. Food Sci. Technol. Int., 7, 373-382. Aguilar, C.N., Rodríguez, R., Gutiérrez-Sànchez, G., Augur, C., Favela-Torres, E., Prado-Barragan, L.A., Ramírez-Coronel, A., Contreras-Esquivel, J.C., (2007). Microbial tannases: advances and perspectives. Appl. Microbiol. Biotechnol., 76, 47-59. Aiken, G.R., McKnight, D.M., Wershaw, R.L., MacCarthy, P., 1985. An introduction to humic substances in soil, sediment, and water. In: Aiken, G.R., McKnight, D.M., Wershaw, R.L., MacCarthy, P. (Eds.), Humic Substances in Soil, Sediment, and Water: Geochemistry, Isolation, and Characterization, 1-9. Wiley, USA. Akiyama, H., Fujii, K., Yamasaki, O., Oono, T., Iwatsuki, K., (2001). Antibacterial action of several tannins against Staphylococcus aureus. J. of Antimi. Chemothe., 48, 487-491. Altieri, R., Esposito, A., (2008). Olive mill waste amendments in an intensive olive orchard: effects on soil organic carbon, plant growth and yield. Bioresour. Technol., 99, 8390-8393. Altschul, S.F., Madden, T.L., Schäffer, A.A., Zhang, J., Miller, W., Lipman, D.J., (1997). Gapped BLAST and PSI-Blast: a new generation of protein database search programs. Nucleic Acid Res., 25, 3389-3402. APAT, (2003). Manuali e linee guida 20/2003. Metodi microbiologici di analisi del compost. Arvanitoyannis IS, Kassaveti A (2006) Current and potential uses of composted olive oil waste. Int J Food Sci Technol 42:281–295. Atkinson, C.F., Jones, D.D., Gauthier, J.J., 1996a. Biodegradabilities and microbial activities during composting of oxidation ditch sludge. Compost. Sci. Utiliz. 4, 84-96. 44 Atkinson, C.F., Jones, D.D., Gauthier, J.J., 1996b. Putative anaerobic activity in aerated composts. J. Ind. Microbiol. 16, 182-188. Ayed, L., Hamdi, M., (2002). Culture conditions of tannase production by Lactobacillus plantarum. Biotechnol. Lett., 24, 1763-1765. Baeta-Hall L, Ceu Saagua M, Bartolomeu ML, Anselmo AM, Rosa MF (2004) Bio-degradation of olive oil husks in composting aerated piles. Bioresour Technol 96:69–78. Baeta-Hall, L., Ceu Saagua, M., Bartolomeu, M.L., Anselmo, A.M., (2005). Bio-degradation of olive oil husks in composting aerated piles. Bioresour. Technol., 96, 69-78. Barrington S, Choiniere D, Trigui M, Knight W (2002) Effect of carbon source on compost nitrogen and carbon losses. Bioresour Technol 83(3):189–194. Beffa, T., Blanc, M., Lyon, P.F., Vogt, G., Marchiani, M., Fischer,J.L., Aragano, M., 1996. Isolation of Thermus strains from hot composts 60-80°C. Appl. Environ. Microbiol. 62, 1723-1727. Belur, Prasanna, D., Gopal M., Nirmala, K.R., Basavaraj, N., (2010). Production of novel cellassociated tannase from newly isolated Serratia ficaria DTC. J. Microbiol. Biotechn., 20, 732736. Bergey’s Manual of Systematic Bacteriology (2007). Second Edition. Bertoldi M, Shnappinger U (2001) Correlation among plant design, process control and quality of compost. In: International conference ORBIT 2001 on biological processing of waste, May, pp 3–13. Bettazzi, E., Morelli, M., Caffaz, S., Caretti, C., Azzari, E., Lubello, C., (2006). Olive mill wastewater treatment: an experimental study. Water Sci. Technol., 54, 17-25. Bhat, T.K., Singh, B., Sharma, O.P., (1998). Microbial degradation of tannins: a current perspective. Biodegradation 9, 343-357. Brock, T.D., 1978. Thermophilic Microorganisms and Life at High Temperatures. Springer, USA. Brock et al., 2003. Biology of microorganisms. Prentice Hall. Caputo AC, Scacchia F, Pelagagge PM (2002) Disposal of byproducts in olive oil industry: wasteto-energy solutions. Appl Thermal Eng 23:197–214. 45 Cawthray, G.R., (2003). An improved reversed-phase liquid chromatographic method for the analysis of low-molecular mass organic acids in plant root exudates. J. Chromatogr., 1011, 233240. Chandra, T., Krishnamurthy, V., Madhavakrishna, W., Nayudamma, Y., (1973). Astringency in fruits: Microbial degradation of wood apple tannin. Leather Sci., 20, 269-273. Charest M-H, Beauchamp CJ (2002) Composting of de-inking paper sludge with poultry manure at three nitrogen levels using mechanical turning: behavior of physico-chemical parameters. Bioresour Technol 81(1):7–17. Chung, K.T., Stevens, S.E., Jr., Lin, W.F., Wei, C.I., (1993). Growth inhibition of selected foodborne bacteria by tannic acid, propyl gallate and related compounds. Letters in Applied Microbiology, 17, 29-32. Chung, K.T., Lu Z., Chou, M.W., (1995). Mechanism of inhibition of tannic acid and related compounds on the growth of intestinal bacteria. Food Chem.Toxicol., 36, 1053-1060. Chung, K.T., Wong, T.Y., Wei, C.I., Huang, Y.W., Lin, Y., (1998). Tannins and human health: a review. Critical Reviews in Food Science and Nutrition, 38, 421-464. Cooney, D.G., Emerson, R., 1964. Thermophilic Fungi. W.H. Freeman, USA. Crawford, J.H., 1983. Composting of agricultural wastes - a review. Process Biochem. 18, 14-18. Crisan, E.V., 1973. Current concepts of thermophilism and the thermophilic fungi. Mycologia 65, 1171-1198. Cross, T., 1968. Thermophilic actinomycetes. J. Appl. Bact. 31, 36-53. Deschamps, A.M., (1985). Evaluation de la degradation de deux types de tannin condensé par de bacteries isolées d’ecorees en décomposition. Can. J. Microbiol., 31, 499-505. Deschamps, A.M., (1989). Microbial degradation of tannins and related compounds. In: Lewis, N.G., Paice, M.G. (Eds.), Plant Cell Wall Polymers Biogenesis and Biodegradation. American Chemical Society, Washington, DC., 559-566. Deschamps, A.M., Lebeault, J.M., (1981). Bacterial degradation of tannins. In: Advances in Biotechnology 2 (M. Mooyoung and C. W. Robinson, Editors), Pergamon Press, London 639643. Deschamps, A.M., Mohudeau, G., Conti, M., Lebeault, J.M., (1980). Bacteria degrading tannic acid and related compounds. J. Ferment. Technol., 58, 93-97. 46 Deschamps, A.M., Otuk, G., and Lebeault, J.M., (1983). Production of tannase and degradation of chestnut tannins by bacteria. J. Ferm. Technol., 61, 55-59. Dix, N.J., Webster, J., 1995. Fungal Ecology. Chapman & Hall, Cambridge, Great Britain. El-Naghy, M.A., El-Katatny, M.S., Attia, A.A., 1991. Degradation of cellulosic materials by Sporotrichum thermophile culture filtrate for sugar production. Int. Biodeter. 27, 75-86. Eriksson, K.-E.L., Blanchette, R.A., Ander, P., 1990. Microbial and Enzymatic Degradation of Wood and Wood Components. Springer, Berlin, Germany. Falçon, M.A., Corominas, E., Perez, M.L. and Perestelo, F. (1987) Aerobic bacterial populations and environmental factors involved in the composting of agricultural and forest wastes of the Canary Islands. Biological Wastes 20, 89–99. Federici E. ,Pepi M., Esposito A., Scargetta S., Fidati L., Gasperini S., Cenci G.and Altieri R. 2011. Two-phase olive mill waste composting: Community dynamics and functional role of the resident microbiota. Bioresource Technology 102, 10965–10972. Filippi, C., Bedini, S., Levi-Minzi, R., Cardelli, R., Saviozzi, A., 2002. Co-composting of olive mill byproducts: Chemical and microbiological evaluations. Compost Sci. Util., 10: 63-71. Franco, A.R., Calheiros, C.S.C., Pacheco, C.C., De Marco, P., Manaia, C.M., Castro, P.M.L., (2005). Isolation and characterization of polymeric galloyl-ester-degrading bacteria from a tannery discharge place. Microb. Ecol., 50, 550-556. Funatogawa, K., Hayashi, S., Shimomura, H., Yoshida, T., Hatano, T., Ito, H., et al., (2004). Antibacterial activity of hydrolyzable tannins derived from medicinal plants against Helicobacter pylori. Microbiology and Immunology, 48, 251-261. Galli E. et al. 1997. Olive-mill wastewater composting: microbiological aspects. Waste Manage Res 15:323–333. Gammoun, A., Moros, J., Tahiri, S., Garriques, S., Guardia, M., (2006). Partial leastsquares nearinfrared determination of hydrocarbons removed from polluted waters by tanned solid wastes. Anal. Bioanal. Chem., 385, 766-770. Goel, G., Puniya, A.K., Aguilar, C.N., Singh, K., (2005). Interaction of gut microflora with tannins in feeds. Naturwissenschaften, 92, 497-503. Golueke, C.G., 1991. Principles of composting. In: The State of BioCycle Journal of Waste Recycling. The Art and Science of Composting. The JG Press Inc., Pennsylvania, USA, pp. 14-27. 47 Golueke, C.G., 1992. Bacteriology of composting. BioCycle 33, 55-57. Hagerman, A.E., Butler, L.G., (1978). Protein precipitation method for quantitative determination of tannins. J. Agri. Food Chem., 26, 809-812. Haug, R.T., 1993. The Practical Handbook of Compost Engineering. Lewis Publishers, Boca Raton, USA. Jacob, F.H., Pignal, C., (1975). Interaction Levures-Tannins II. Etudes en milieu tannin de quelque levures hydrolysant l’acid tannique. Mycopathol., 57, 139-148. Kar, B., Banerjee, R., (2000). Biosynthesis of tannin acyl hydrolase from tannin-rich forest residue under different fermentation conditions. J. Ind. Microbiol. Biotech., 25, 29-38. Khan, N.S., Aamir, A., Hadi, S.M., (2000). Anti-oxidant, pro-oxidant properties of tannic acid and its binding to DNA. Chemio-Biological Interactions, 125, 177-189. Kim, T.J., Silva, J.M., Jung Y.S., (2010). Enhanced antioxidant capacity and antimicrobial activity of tannic acid by thermal processing. Food chemistry, 118, 740-746. Kumar, A.R., Gunasekaran, P., Lakshmanan, M., (1999). Biodegradation of tannic acid by Citrobacter freundii isolated from a tannery effluent. J. Basic Microbiol., 39, 3, 161-168. Lekha, P.K., Lonsane, B.K., (1997). Production and application of tannin acyl hydrolase: state of the art. Adv. Appl. Microbiol., 44, 215-260. Lewis J.A., Starkey, R.L., (1968). Vegetable tannin, their decomposition and effect on decomposition of organic compounds. Soil Sci., 106, 241-247. Li, C.J., Trost, B.M., (2004). Green chemistry for chemical synthesis. Proc. Natl. Acad. Sci., 105, 13197-13202. Machuca, A., Milagres, A.M.F., Aoyama, H., Dur_an, N. 1995. Extracellular component with high phenoloxidase activity from Thermoascus aurantiacus: potentials in pulp and paper applications. Proc. of the 4th Brazilian Symposium on the Chemistry of Lignins and Other Wood Components. Technology Centre, Federal University of Pernabuco, Recife, PE, Brazil, 28 November-1 December 1995. Makkar, H.P.S., Singh, B., Kamra, D.N., (1994). Biodegradation of tannins in oak (Quercus incana) leaves by Sporotrichum pulverulentum. Lett. Appl. Microbiol., 18, 39-41. McKinley, V.L., Vestal, J.R., 1985. Physical and chemical correlates of microbial activity and biomass in composting municipal sewage sludge. Appl. Environ. Microbiol. 50, 1395-1403. 48 Mingshu, L., Kai, Y., Qiang, H., Dongying, J., (2006). Biodegradation of gallotannins and ellagitannins. J. Basic Microbiol., 1, 68-84. Mondal, K.C., Pati, B.R., (2000). Studies on the extracellular tannase from newly isolated Bacillus licheniformis KBR 6. J Basic Microbiol., 40,223-232. Mouchacca, J., 1997. Thermophilic fungi: Biodiversity and taxonomic status. Cryptogamie Mycol. 18, 19-69.Mupondi, L.T., Mnkeni, P.N.S., Brutsch, M.O., (2006). The effects of goat manure, sewage sludge and effective microorganisms on the composting of pine bark. Compost 3, 201-210. Nakasaki, K., Sasaki, M., Shoda, M., Kubota, H., 1985. Characteristic of mesophilic bacteria isolates isolated during thermophilic composting of sewage sludge. Appl. Environ. Microbiol. 49, 42-45. Nusbaumer, C., Job, D., Aragno, M., 1996. Etude de l’alteration par les champignons de l’ètat physico-chimique des compos_es lignocellulosiques dans un processus naturel de compostage. Mycologia Helvetica 8, 51-67. Ofosu-Asiedu, A., Smith, R.S., 1973. Some factors affecting wood degradation by thermophilic and thermotolerant fungi. Mycologia 65, 87-98. Osawa, R., Walsh, T.P., (1993). Visual reading method for detection of bacterial tannase. Appl. Environ. Microbiol., 59, 1251-1252. Paatero, J., Lehtokari, M., Kemppainen, E. 1984. Kompostointi. WSOY, Juva. Paredes C, Roig A, Bernal MP, Sanchez-Monedero MA, Cegarra J (2000) Evolution of organic matter and nitrogen during co-composting of olive mill wastewater with solid organic wastes. Biol Fertile Soils 32(3):222–227. Pati, A. et al. 2009. Complete genome sequence of Saccharomonospora viridis type strain (P101T). Stand. Genomic Sci. Pell, A.N., Woolston, T.K., Nelson, K.E., Schofield, P., (2000). Tannins: biological activity and bacterial tolerance. In: Brooker, J.D. (Ed.), Tannins in Livestock and Human Nutrition, Proceedings No. 92, first ed. Australian Centre for International Agricultural Research, Adelaide, Australia, 121-126. Pepi M., Altieri R., Esposito A., Lobianco A., Borghini F., Stendardi A., Gasperini S., and Focardi S.E. 2009. Effects of olive mill by-products amendment on soils revealed by nitrifying bacteria. Chemistry and Ecology 25(4):293-303. 49 Pepi M., Lampariello L.R., Altieri R., Esposito A., Perra G., Renzi M., Lobianco A., Feola A., Gasperini S., and Focardi S.E. 2010. Tannic acid degradation by bacterial strains Serratia spp. and Pantoea sp. isolated from olive mill waste mixtures. Int. Biodeter. Biodegr. 64, 73–80. Pourrat, H., Regerat, F., Pourrat, A., Jean, D., (1985). Production of gallic acid from tara tannin by a strain of A. niger. J Ferment. Technol., 63, 401-403. Rayner, A.D.M., Boddy, L., 1988. Fungal Decomposition of Wood. Wiley, Great Britain. Rodríguez, H., Rivas, B., Gómez-Cordovés C., Muñoz, R., (2008). Degradation of tannic acid by cell-free extracts of Lactobacillus plantarum. Food Chemistry, 107, 664-670. Rosenberg, S.L., 1975. Temperature and pH optima for 21 species of thermophilic and thermotolerant fungi. Can. J. Microbiol. 21, 1535-1540. Saeki, Y., Nozaki, M., Senoh, S., (1980). Isolation, purification and some properties of Penicillium chrysogenum tannase. J. Biol. Chem., 255, 8465-8471. Sanchez, E.E., (2001). Applications and potential uses of tannase and tannins (in Spanish). B. Sc. Thesis, Universidad Autonóma de Coahuila, Saltillo, Coach, 25. Sasaki, E., Shimada, T., Osawa, R., Nishitani, Y., Spring, S., (2005). Isolation of tannin-degrading bacteria isolated from feces of the Japanese large wood mouse, Apodemus speciosus, feeding on tannin-rich acorns. Systematic and Applied Microbiology, 28, 358-365. Scalbert, A., (1991). Antimicrobial properties of tannins. Phytochemistry, 30, 3875-3883. Sciancalepore, V., Colangelo, M., Sorlini, C., Ranalli, G. 1996. Composting of effluent from a new two-phases centrifuge olive mill. Microbial characterization of the compost. Toxicological and Environmental Chemistry. 55, 145-158. Selwal, M.K., Yadav, A., Selwal, K.K., Aggarwal, N.K., Gupta R., Gautam, S.K., (2009). Optimization of cultural conditions for tannase production by Pseudomonas aeruginosa IIIB 8914 under submerged fermentation. World Journal Microbiology Biotechnology, 26, 599-605. Sharma, H.S.S., 1989. Economic importance of thermophilous fungi. Appl. Microbiol. Biotechnol. 31, 1-10. Smibert, R.M., Krieg, N.R., (1981). General characterization. In Manual of methods for general bacteriology. Edited by P. Gerhardt, R.G.E. Murray, R.N. Costilow, E.W. Nester, W.A. Wood, N.R. Krieg, and G.B. Philips. American Society for Microbiology, Washington, 411-442. 50 Strom, P.F., 1985a. Effect of temperature on bacterial species diversity in thermophilic solidwaste composting. Appl. Environ. Microbiol. 50, 899-905. Strom, P.F., 1985b. Identification of thermophilic bacteria in solidwaste composting. Appl. Environ. Microbiol. 50, 907-913. Thambirajah, J.J., Kuthubutheen, A.J., 1989. Composting of palm press fibre. Biol. Wastes 27, 257-269. Thambirajah, J.J., Zukali, M.D., Hashim, M.A., 1995. Microbiological and biochemical changes during composting of palm emptyfruit-bunches. Effect of nitrogen supplementation on the substrate. Bioresource Technol. 52, 133-144. Thassitou PK, Arvanitoyannis IS (2002) Bioremediation: a novel approach to food waste management. Trends Food Sci Technol 12:185–196. Tieghem, P., (1867). Sur la fermentation gallique. CR Acad. Sci. (Paris), 65, 1091-1094. Tomati U, Galli E, Fiorelli F, Pasetti L (1996) Fertilisers from composting of olive-mill wastewaters. Int Biodeterior Biodegrad 38(3–4):155–162. Tuomela M., Vikman M., Hatakka A., Itaavaara M. (2000) Biodegradation of lignin in a compost environment: a review. Bioresource Technology 72 169-183. Vaquero, I., Marcobal, Á., Muñoz, R., (2004). Tannase activity by lactic acid bacteria isolated from grape must and wine. Int. J. Food Microbiol., 96, 199-204. Vlyssides AG, Bouranis DL, Loizidou M, Karvouni G (1996) Study of a demonstration plant for the co-composting of olive-oil processing wastewater and solid residue. Bioresour Technol 56(2–3):187–193. von Klopotek, A., 1962. Uber das Vorkommen und Verhalten von Schimmelpilzen bei der Kompostierung Stȁdtischer Abfallstffe. Antonie v. Leeuwenhoek 28, 141-160. Waksman, S.A., Umbreit, W.W., Cordon, T.C., 1939a. Thermophilic actinomycetes and fungi in soils and in composts. Soil Sci. 47, 37-61. Waksman, S.A., Cordon, T.C., Hulpoi, N., 1939b. Influence of temperature upon the microbiological population and decomposition processes in composts of stable manure. Soil Sci. 47, 83-114. Wang, J., Li, A., Xu, L., Zhou, Y., (2009). Adsorption of tannic acid on a new polymeric adsorbent and the effect of Cu(II) on their removal. Journal of Hazardous Materials, 169, 795-800. 51 Weetal, H.H., (1985). Enzymatic gallic acid estrification. Biotechnol. Bioeng., 27, 124-127. Wohlgemuth, R., (2007). Interfacing biocatalysis and organic synthesis. J. Chem. Technol. Biotechnol., 82, 1055-1062. Wohlgemuth, R., (2010). Large-scale applications of hydrolases in biocatalytic asymmetric synthesis. In: Large-Scale Asymmetric Catalysis. Edited by Blaser HU, Federsel HJ. Weinheim: Wiley-VHC. Xu, J., Li, W., Chen, X., Zhou, Y., (2010). Klebsiella alba sp. nov., a novel pesticide-tolerant bacterium from a heavily polluted environment. J. Gen. Appl. Microbiol., 56, 241-247. Zeida, M., Wieser, M., Yoshida, T., Sugio, T., Nagasawa, T., (1998). Purification and characterization of gallic acid decarboxylase from Pantoea agglomerans T71. Appl. Environ. Microbiol., 64, 4743-4747. Zhao, G., Chung, K.T., Milow K., Wang, W., Stevens, S.E. Jr., (1997). Antibacterial properties of tannic acid and related compounds against the fish pathogen Cytophaga columnaris. Journal of Aquatic Animal Health, 9, 303-313. web sites: http://rdp.cme.msu.edu/ http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/ 52