Mensile di aggiornamento e approfondimento in materia di

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Mensile di aggiornamento e approfondimento in materia di
Mensile di aggiornamento e approfondimento
in materia di
immobili, ambiente, edilizia e urbanistica
Numero 11 – giugno 2014
n. 11 – chiuso in redazione il 30 maggio 2014
Sommario
Pagina
NEWS
Ambiente, edilizia e urbanistica, immobili
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RASSEGNA DI NORMATIVA
Leggi, decreti, circolari: sintesi e classificazione
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RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA
Ambiente, edilizia e urbanistica, immobili
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APPROFONDIMENTI
Mediatori immobiliari
MEDIAZIONE IMMOBILIARE E PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE
Il dovere di conformarsi al principio di correttezza e l’obbligo di usare la diligenza,
nell’adempimento della sua prestazione impongono all’agente immobiliare di fornire ai
clienti tutte le informazioni relative all’affare a cui sono interessati. Del resto gli stessi
codici deontologici delle maggiori associazioni sottolineano l’obbligo del mediatore di
informare il cliente di tutte le difficoltà e condizioni dell’affare.
Giuseppe, Bordolli, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, 15 maggio 2014, n. 952
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Immobili
I CONTENUTI DEI PROCESSI DI VALORIZZAZIONE IMMOBILIARE
Il processo di valorizzazione di un immobile ha come obiettivo fondamentale
l’incremento della redditività attraverso la progettazione e realizzazione di una “nuova e
precisa identità” dell’immobile stesso. In alcuni casi il processo di valorizzazione si
determina nelle sue fasi conclusive (taglio delle superfici, materiali di rivestimento,
reception ecc.) solo nel momento dell’effettiva locazione dell’immobile oggetto del
processo di valorizzazione e sulla base delle preferenze espresse dall’ormai certo
conduttore.
Oliviero Tronconi, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, 15 maggio 2014, n. 952
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Catasto
CATASTO DEI FABBRICATI: AL VIA LA REVISIONE
Il nuovo sistema estimativo del catasto dei fabbricati, che opererà su tutto il territorio
nazionale, si baserà non solo sulle rendite, ma anche sui valori patrimoniali. Per le unità
immobiliari a destinazione catastale ordinaria, e in particolare per i fabbricati classificati
nell’attuale gruppo A, l’unità di consistenza sarà il metro quadrato e non più i vani. Le
destinazioni catastali saranno distinte soltanto in ordinarie e speciali (fabbricati
classificati nell’attuale gruppo D), con esclusione quindi di quelle particolari (fabbricati
classificati nell’attuale gruppo E). Sono queste le novità di rilievo previste dalla revisione
del catasto dei fabbricati di cui all’art. 2 della legge 23/2014.
Antonio Piccolo, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, 15 maggio 2014, n. 952
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L’ESPERTO RISPONDE
ambiente, edilizia e urbanistica, immobili
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 Immobili
 Disposizioni per l’emergenza abitativa e l’Expo 2015 – Conversione in legge
Decreto «casa»
La L. 23.5.2014, n. 80, in vigore dal 28.5.2014, converte con modificazioni il D.L. 47/2014,
contenente disposizioni urgenti per fronteggiare l‘emergenza abitativa, per potenziare il
mercato delle costruzioni e per l‘Expo 2015 (cd. decreto «casa»).
Le principali modifiche introdotte in sede di conversione sono di seguito illustrate.
Atti di allacciamento di servizi – Dati del richiedente (art. 5): dal 28.5.2014 gli atti
aventi ad oggetto l‘allacciamento di elettricità, gas, acqua e telefonia fissa, nelle forme
di stipulazione, volturazione e rinnovo, sono nulli e dunque non possono essere stipulati o
comunque adottati se non riportano i dati identificativi dei richiedenti e il titolo che
attesti la proprietà, il regolare possesso o la regolare detenzione dell‘immobile per il quale si
richiede l‘allacciamento.
Locazioni «in nero» (art. 5): sono fatti salvi, fino al 31.12.2015, gli effetti prodotti e i
rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione registrati in base all‘art. 3, co.
8 e 9, D.Lgs. 14.3.2011, n. 23. In altri termini, sospendendo gli effetti di quanto statuito dalla
Sentenza della Corte Costituzionale, 14.3.2014, n. 50, sono salve fino alla suddetta data le
tutele a favore degli inquilini (canone ridotto) che abbiano denunciato l‘esistenza di un
contratto di locazione «in nero».
Bonus mobili – Eliminazione del limite delle spese di ristrutturazione (art. 7): per il
periodo 6.6.2013-31.12.2014, ai fini della fruizione della detrazione (cd. bonus mobili), le
spese per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici (art. 16, co. 2, D.L. 63/2013,
conv. con modif. dalla L. 90/2013) sono computate indipendentemente dall‘ammontare delle
spese sostenute per i lavori di ristrutturazione che fruiscono delle detrazioni relative.
Pertanto le spese per l‘acquisto di mobili e grandi elettrodomestici sostenute nel suddetto
periodo sono soggette all‘unico limite di e 10.000.
Riscatto di alloggi sociali (art. 8): le convenzioni che regolamentano la locazione di
alloggi sociali possono contenere la clausola di riscatto (non prima di 7 anni dall’inizio
della locazione) dell‘unità immobiliare con le relative condizioni economiche. Possono
esercitare il riscatto solo i conduttori privi di altra abitazione di proprietà adeguata alle
esigenze del nucleo familiare. Tali soggetti non possono rivendere l‘immobile riscattato prima
dello scadere dei 5 anni.
Cedolare secca (art. 9): l‘opzione per la cedolare secca può essere esercitata anche per le
unità immobiliari ad uso abitativo locate nei confronti di cooperative edilizie per la
locazione o di enti senza scopo di lucro, purché sublocate a studenti universitari e date
a disposizione dei Comuni con rinuncia all‘aggiornamento (Istat) del canone di locazione o
assegnazione (nuovo art. 3, co. 6-bis, D.Lgs. 23/2011). L’aliquota agevolata del 10% della
cedolare secca per il quadriennio 2014-2017 si applica anche ai contratti di locazione stipulati
nei Comuni per i quali sia stato deliberato, nei 5 anni antecedenti alla data del 28.5.2014, lo
stato di emergenza a seguito di eventi calamitosi.
Imu, Tasi e Tari – Immobili di soggetti residenti all’estero (art. 9-bis): dal 2015 è
considerata «prima casa» una sola unità immobiliare posseduta da cittadini italiani non
residenti in Italia e iscritti all‘Aire, già pensionati nei rispettivi Stati di residenza, a titolo di
proprietà o usufrutto in Italia, se non locata o data in comodato d‘uso (modifica dell‘art. 13, co.
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2, D.L. 201/2011, conv. con modif. dalla L. 214/2011). Su questa unità immobiliare si
applicano Tasi e Tari, per ogni anno, nella misura ridotta di 2/3.
Tutela dei diritti degli acquirenti di immobili da costruire (art. 10-quater): vengono
modificati gli artt. 5, 9 e 10, D.Lgs. 20.6.2005, n. 122, contenente disposizioni per la tutela
dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire. In particolare, tra le
altre disposizioni, sono stabiliti il divieto per l‘acquirente di rinunciare alle tutele previste dallo
stesso D.Lgs. (garanzia fideiussoria e polizza assicurativa decennale) e la nullità di qualsiasi
clausola contraria, da intendersi eventualmente come non apposta (nuovo art. 5, co. 1-bis).
(www. Tecnici24.it 30 maggio 2014)
 Il Decreto Casa è legge: riduzione della cedolare secca al 10%
Pubblicato su GU n 121 del 27 maggio 2014 il testo coordinato del Decreto Legge 47/2014,
convertito dalla legge di conversione 23 maggio 2014 n 80, recante "Misure urgenti per
l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015".
Il Decreto Legge all'art.9
prevede la riduzione al 10%, nel
quadriennio 2014-2017,
dell'aliquota della cedolare secca sui contratti di locazione a canone concordato per le
abitazioni situate nei comuni con carenze di disponibilità abitative o in quelli ad alta tensione
abitativa; si tratta dei contratti, che prevedono durata minima di tre anni, più altri due di
rinnovo automatico, e canone stabilito in base agli accordi definiti a livello locale tra le
organizzazioni dei proprietari e quelle degli inquilini.
I comuni di riferimento sono attualmente:
Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e
Venezia, nonché i comuni confinanti con gli stessi e gli altri comuni capoluogo di
provincia;
comuni ad alta tensione abitativa individuati dal Cipe (entro trenta giorni l'ente
aggiornerà l'elenco, di cui alla delibera CIPE del novembre 2003).
Si ricorda che il decreto Imu a sua volta aveva stabilito la riduzione dell'aliquota per i contratti
suddetti dal 19% al 15%.
(www. Tecnici24.it 30 maggio 2014)
 Mercato immobiliare
 Agenzie immobiliari oltre la crisi: la «selezione» si basa su servizi offerti e alta
qualità
Si fa sempre più duro il processo di selezione delle agenzie immobiliari. Rispetto ai livelli
precrisi, il numero di società che svolgono attività di mediazione immobiliare si è ridotto di
oltre il 15 per cento. Servizi, qualità ed esperienza sono le uniche armi per difendersi.
«Altrimenti le realtà più piccole, che stanno soffrendo il crollo delle compravendite, sono
costrette a chiudere», afferma Valerio Angeletti, presidente Fimaa (Federazione italiana
mediatori e agenti d'affari).La maggior parte degli agenti immobiliari svolge la professione
attraverso la sua ditta individuale: se nel 2008 se ne contavano circa 33mila operative sul
mercato, oggi sono poco più di 25mila. A fare la differenze, in questi ultimi anni in cui la
categoria ha vissuto una vera e propria rivoluzione, è stata la selezione dei professionisti
abilitati: il passaggio dal vecchio Ruolo degli agenti d'affari in mediazione ai registri delle
Camere di commercio (trasferimento che si concluderà a luglio, come definito dall'entrata in
vigore dei decreti del ministero per lo Sviluppo economico del 26 ottobre 2011, G.U n. 10 del
13 gennaio 2012) ha permesso di definire i veri contorni della categoria, di fatto cancellando
tutte quelle attività "dormienti" in capo ad agenti (ben 180mila quelli che figuravano nel Ruolo)
non più operativi o che lavoravano in nero senza appoggiarsi a una società. Secondo Fimaa, in
base ai dati che arrivano alla federazione dalle camere di commercio, il 95% degli agenti in
attività ha già ultimato il passaggio e i primi dati sembrano confermare la riduzione di attività:
«Molti erano solo numeri non operativi – conferma Angeletti – e poi bisognerà vedere le nuove
dichiarazioni di inizio attività: dove il mercato è crollato di più, fuori dalle grandi città, le
agenzie hanno più difficoltà».
«Stiamo aspettando che il nuovo tesseramento si concluda – afferma Paolo Righi, presidente di
Fiaip – per avere i numeri definitivi, ma senza dubbio si tratta di un processo di
regolarizzazione salutare per la professione». A questo percorso si affianca la lotta contro gli
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abusivi, fenomeno che continua a rovinare la reputazione delle agenzie immobiliari agli occhi
dei consumatori: tutte le associazioni di categoria stanno combattendo insieme questa lotta
sostenendo l'approvazione del Ddl 471 (sull'esercizio abusivo delle professioni) già validato dal
Senato e che ora dovrà passare al vaglio della Camera. Il provvedimento inasprisce le sanzioni
a carico di chi esercita illegittimamente l'attività di intermediazione immobiliare (quelle attuali
sono previste dalla legge sulla professione 39/89) introducendo, nei confronti dei non abilitati,
fino a due anni di reclusione e una multa da 10mila a 50mila euro, con la conseguente perdita
del diritto di agire in giudizio per il pagamento della retribuzione.
A minacciare gli agenti immobiliari, inoltre, sono le nuove forme di consulenza: le società che
operano nel real estate si sono evolute negli ultimi anni e sono sempre di più i professionisti
che offrono servizi integrati (dalla valutazione alla certificazione energetica) e, in un mercato
dove far incontrare venditore e acquirente diventa sempre più difficile, i momenti e le forme di
contatto tendono a moltiplicarsi. «La società di consulenza – afferma Angeletti – dovrebbe
essere pagata in funzione di quello che fa e non del risultato, quindi non tramite provvigioni
sulla compravendita come il mediatore. Ma il confine è sottile. E purtroppo l'Italia è il Paese in
cui tutti fanno tutto e manca la cultura dei controlli, che invece di essere in capo solamente
alle camere di commercio dovrebbero essere demandati alle autorità».
Gli agenti immobiliari, per difendere l'attività di intermediazione, hanno capito che l'unica
strada è aumentare la professionalità del servizio: per questo le associazioni hanno inoltrato al
ministero del Lavoro una proposta di modifica della legge 39/49 sulla professione che consenta
innanzitutto al percorso di abilitazione di uscire dal vincolo delle normative regionali e innalzi il
livello di formazione obbligatorio a 300 ore, con esami uguali sul territorio nazionale; sono stati
richiesti anche percorsi di formazione in azienda, insieme all'introduzione di forme di
praticantato e apprendistato; oltre all'obbligo di formazione permanente per i professionisti già
abilitati. «Non è possibile che oggi per diventare agenti– conclude Angeletti – in alcune regioni
bastino 80 ore di studio e in altre be ne vogliano 320»
(Michela Finizio, Il Sole 24 ORE – Casa 24 Plus, 22 maggio 2014)
 L'agente immobiliare si affida al drone per promuovere in anteprima le abitazioni
in vendita
Un nuovo strumento promette di movimentare le metodologie di marketing del mercato
immobiliare: il drone, un piccolo veicolo volante che si guida da terra che permette di
realizzare riprese mozzafiato di proprietà esistenti o ancora in progetto con una spesa
ridottissima e un grande impatto sui possibili acquirenti.
Abbiamo imparato a conoscere questi piccoli aerei senza pilota nelle cronache militari degli
ultimi anni per i raid tra le montagne del Pakistan dove scagliavano missili contro i terroristi,
salvo non pochi errori, comandati addirittura dagli Stati Uniti ma, come spesso succede, la
tecnologia si è evoluta, i prezzi e le dimensioni si sono ridotti e i droni hanno smesso di essere
un'esclusiva degli eserciti per fare il loro ingresso in diversi utilizzi civili. All'inizio utilizzati da
polizia e protezione civile per ordine pubblico o monitoraggio di catastrofi, si sono via via diffusi
anche tra i giornalisti, per realizzare riprese aeree a costi decisamente contenuti rispetto a
quelli degli elicotteri utilizzati in precedenza, ma anche tra i semplici amatori. Negli ultimi
tempi poi il portale di e-commerce Amazon ha annunciato di avere allo studio un progetto per
consegnare a casa i prodotti con questo mezzo e si registrano già utilizzi per i servizi
metereologici, il controllo delle linee elettriche, in agricoltura o addirittura per tenere lontani gli
uccelli dalle spiagge. I droni, chiamati anche Apr aeromobili a pilotaggio remoto, che si trovano
in commercio adesso sono di fatto piccoli elicotteri che si guidano con un radiocomando,
costano poco migliaia di euro e possono essere manovrati praticamente da tutti. Una volta che
la tecnologia ha fatto il passo è toccato poi all'immaginazione fare il resto e alcuni pionieri in
poco tempo l'hanno spingono in ogni campo, anche nell'immobiliare. L'idea è di Matthew
Slutsky, presidente della BuzzBuzzHome di Toronto in Canada, dopo aver comprato il drone
per diletto e utilizzatolo nei parchi della città ha deciso che il "giocattolo" da 2.200 dollari
poteva essergli utile anche negli affari. La BuzzBuzzHome si occupa infatti della
commercializzazione di nuove case e condomini e il piccolo veicolo senza pilota equipaggiato
con una piccola telecamera rappresenta infatti la soluzione perfetta per dare un'anteprima
dell'esatta vista che si godrà da una casa non ancora costruita a un potenziale acquirente. Tra
gli utilizzi collaterali poi ci sarà anche quella di poter offrire anche immagini complete
dell'avanzamento dei lavori da diverse prospettive anche a chi non vive in città. Ma Slutsky
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non è stato il primo ad applicare questo strumento al real estate: già da alcuni mesi a Santa Fe
Brian Tercero aveva cominciato a realizzare video promozionali delle proprietà in vendita con
un drone: «Volare sopra la proprietà aggiunge un'altra dimensione, è uno strumento potente
per stimolare il compratore, anche se funziona soprattutto per chi viene da fuori città o da fuori
dallo Stato». A seguire l'esempio di Tercero sono stati in molti negli Usa ma, al momento, le
associazioni di agenti sconsigliano di continuare perché l'ente per l'aviazione Usa sta ancora
definendo le regole per l'utilizzo commerciale dei droni e ora al situazione è ancora agganciata
a pronunce delle varie corti che negli ultimi mesi hanno registrato esiti disparati, da una multa
di 10 mila dollari a una completa assoluzione.
E in Italia? Spulciando su internet già qua e là compaiono annunci di case con viste dall'alto
grazie agli Apr e diverse aziende specializzate, secondo le stime circa 500 in Italia, lo offrono
come servizio, ma sono ancora pochi casi isolati rispetto a quello che sarà il prevedibile uso
estensivo che si avrà nei prossimi anni. Per quello che riguarda le regole l'Enac, ente nazionale
per l'aviazione civile, ha varato un regolamento che permette a tutti di utilizzare un Apr dopo
aver assicurato il veicolo e ottenuto l'autorizzazione all'ente. «Siamo agli inizi – spiega Carmine
Cifaldi, direttore regolazione navigabilità di Enac – ma stiamo cercando di far diffondere la
cultura della sicurezza, la tempistica per l'autorizzazione dipende da come è redatta la richiesta
e dagli scopi che ci si propone: volare in una zona disabitata e senza rischi sarà più semplice,
basterà un'autocertificazione, rispetto ad una zona abitata dove si presentano criticità, perché
bisogna dimostrare di poter effettuare il volo in modo sicuro». Questa autorizzazione è
onnicomprensiva e permette quindi di svolgere attività commerciali, compresa quella del real
estate, ma consigliamo a tutti gli aspiranti piloti di verificare di avere la autorizzazioni per gli
immobili che si riprendono, di prestare particolare attenzione alla privacy e alla sicurezza delle
persone e di stare attenti a non volare su aree che richiedono un'autorizzazione preventiva per
esempio da parte del Comune.
(Simone Lupo Bagnacani, Il Sole 24 ORE – Casa 24 Plus, 30 maggio 2014)
 Pubblicate le analisi nel nuovo rapporto immobiliare del mercato residenziale nel
2013
Migliora nel 2013 la possibilità di accesso delle famiglie italiane all‘acquisto di un‘abitazione,
ma continua il calo delle compravendite che, con 407mila unità immobiliari scambiate, fa
registrare un -9,2% rispetto all‘anno precedente. Sono solo alcuni dei dati contenuti nel
Rapporto Immobiliare 2014, lo studio annuale sul mercato delle abitazioni presentato oggi a
Roma, frutto della collaborazione fra l‘Osservatorio del Mercato Immobiliare dell‘Agenzia delle
Entrate (Omi) e l‘Associazione Bancaria Italiana (Abi). I temi del convegno, presieduto dal Vice
Direttore dell‘Agenzia, Gabriella Alemanno, e dal Direttore generale dell‘Abi, Giovanni Sabatini,
sono stati discussi e analizzati da Gianni Guerrieri, Direttore centrale Omi, e da Gianfranco
Torriero, Direttore centrale Abi. Sono seguiti gli interventi di Roberto Monducci, Responsabile
del Dipartimento per i Conti Nazionali e le Statistiche Economiche Istat, e di Mario Breglia,
Presidente di Scenari Immobiliari, che hanno fornito ulteriori contributi al mosaico del mercato
italiano.
L’indice di accessibilità e le famiglie – L‘indice, elaborato dall‘Ufficio Studi Abi secondo le
prassi metodologiche di matrice anglosassone, sintetizza l‘analisi dei vari fattori che
influenzano la possibilità per le famiglie di comprare casa indebitandosi e ne descrive
l‘andamento (reddito disponibile, prezzi delle case, andamento, tassi di interesse sui mutui).
Nel 2013 l‘indice registra un significativo miglioramento che lo riporta in linea con i valori precrisi superando le difficoltà registrate in seguito alla crisi dei debiti sovrani. L‘andamento è
principalmente dovuto a un miglioramento del prezzo relativo delle case rispetto al reddito
disponibile, più precisamente alla diminuzione del prezzo delle case; al miglioramento
contribuisce l‘andamento dei tassi di interesse sui mutui. Il miglioramento delle condizioni di
accesso all‘acquisto di una abitazione ha riguardato non solo il totale delle famiglie ma anche
segmenti di famiglie che continuano a presentare, comunque, particolari fragilità rispetto al
tema dell‘acquisto di una abitazione: quelle delle famiglie di giovani e quelle che abitano nei
grandi centri urbani. In termini distributivi, la quota di famiglie che dispone di un reddito
sufficiente a coprire almeno il 30% del costo annuo del mutuo per l‘acquisto di una casa è,
infatti, di poco superiore al 50%, valore in buon recupero rispetto a 5 anni prima. Il
miglioramento dell‘indice di accessibilità trova riscontro anche nella ripresa del mercato dei
mutui. Nei primi tre mesi del 2014 le nuove erogazioni (riferite a un campione, altamente
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rappresentativo, di 88 banche) hanno registrato un incremento superiore al 20% rispetto allo
stesso periodo del 2013.
Il panorama immobiliare del 2013 – Il volume complessivo delle abitazioni compravendute
nel 2013 è pari a 406.928 unità rispetto alle 448.364 del 2012 (-9,2%). Il calo, che nel corso
dell‘anno ha subito anche un lieve rallentamento, ha riguardato maggiormente le aree del
Centro (-10,3%) e delle Isole (-10,8%). Seguono il Sud (-9,8%), il Nord Ovest (-8,8%) e il
Nord Est (-7,5%). Nel 2013, in tutti i Comuni le perdite più elevate si sono registrate nelle
compravendite di abitazioni ―monolocali‖ (-10,5%) e ―piccole‖ (-9%). Unica eccezione il rialzo
del 5,6% per le abitazioni ‗medio piccole‘ nei capoluoghi del Nord Est. In generale, la tipologia
abitativa più venduta è stata la ―media‖.
Il mattone nelle grandi città e loro province – Nelle maggiori città per numero di abitanti,
le compravendite di case nel 2013 sono complessivamente diminuite del 5,5%. Napoli (15,2%) e Genova (-10,3%) mostrano le flessioni più marcate, mentre Roma segue con una
discesa del 7,3%. Segnali positivi invece per Milano, che risale del 3,4% e, in maniera più
contenuta, Bologna con l‘1,5%. Nei Comuni delle province delle grandi città la flessione nella
compravendita di case risulta più elevata (-10,6%). I cali maggiori si registrano a Roma (13,8%) e a Milano (-11,1%); Torino e Genova seguono ex aequo (-10,2%). Chiudono la serie,
con il calo minore, i Comuni della provincia di Bologna (-5,7%).
(Il Sole 24 ORE – Guida Normativa, 14 maggio 2014)
 Economia, fisco, agevolazioni e incentivi
 Cedolare a doppio sconto
Le ultime modifiche in materia di cedolare sui contratti a canone concordato, che ne hanno
ulteriormente ridotto l'aliquota dal 15 per cento al 10 per cento, riportano all'attenzione dei
contribuenti l'opzione per questo regime sostitutivo. Va ricordato che la cedolare sostituisce
l'Irpef e le relative addizionali sui redditi fondiari nonché l'imposta di registro e di bollo sui
contratti di locazione. Sotto il profilo oggettivo possono rientrare nella disciplina di legge
unicamente gli immobili locati ad uso abitativo e che abbiano una destinazione catastale
abitativa. Fanno eccezione le pertinenze che, a prescindere dalla categoria catastale, se locate
tra le stesse parti tra le quali intercorre una locazione abitativa possono essere attratte
all'imposizione proporzionale. Dal lato soggettivo, sono escluse le locazioni nelle quali il
locatore o l'inquilino agiscono nell'esercizio d'impresa ovvero di una professione. Inoltre, ai fini
dell'esercizio dell'opzione, occorre che il locatore coincida con il titolare dei diritti reali
sull'immobile.
L'aliquota dell'imposta è pari al 21 per cento che, per gli immobili locati a canone concordato,
diventa il 10 per cento.
L'opzione si esercita di norma in sede di registrazione del contratto di locazione, senza
pagamento dell'imposta di registro. Condizione essenziale per la validità della scelta è la
preventiva comunicazione con raccomandata all'inquilino, nella quale si rinuncia agli
aggiornamenti contrattuali (adeguamenti Istat). E' dubbio se la rinuncia debba riguardare
anche i cosiddetti "canoni a scaletta", predeterminati in contratto in misura crescente da un
anno all'altro.
Una volta esercitata la scelta, il tardivo o l'omesso pagamento della cedolare non costituisce
motivo di decadenza dal regime agevolativo. Se si tratta del primo anno di locazione
dell'immobile e si versano gli acconti con il metodo storico non vi è obbligo del pagamento
degli acconti di cedolare. E' inoltre possibile entrare nella cedolare in una qualsiasi delle
annualità intermedie di contratto. Allo scopo, si trasmette alle Entrate l'apposito modulo entro
il termine del pagamento dell'imposta di registro annuale. Tutte le opzioni, una volta
esercitate, hanno efficacia per tutte le annualità residue di contratto. In proposito, vi è il
dubbio se l'opzione debba essere riproposta alla prima scadenza contrattuale, in presenza di
rinnovo automatico per legge per un ulteriore periodo di pari durata (4 più 4 o 3 più 3).
Sebbene sia sostenibile la tesi della proroga di efficacia dell'opzione originaria, è consigliabile
rinnovarla comunque, in via prudenziale. In presenza di più proprietari, l'opzione può essere
manifestata solo da alcuni di essi, ma tutti devono rinunciare agli aggiornamenti di contratto.
La scelta della cedolare potrebbe comportare la suddivisione dell'anno solare in due periodi,
uno soggetto a imposta "piatta", l'altro ad Irpef. Si ipotizzi una annualità contrattuale da aprile
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a marzo dell'anno successivo. Se si entra in cedolare nell'annualità intermedia che inizia a
aprile di quest'anno, si avrà che i canoni dei primi tre mesi del 2014 saranno soggetti a Irpef,
mentre gli altri nove saranno assoggettati al tributo sostitutivo.
L'uscita dalla cedolare può ugualmente intervenire in una qualsiasi annualità di contratto: è
sufficiente inviare una comunicazione in carta libera alle Entrate entro il termine di versamento
dell'imposta di registro annuale.
Con l'entrata in vigore del nuovo regime è stata introdotta una disciplina sanzionatoria
particolarmente penalizzante, relativa alle locazioni abitative. In caso di infedele o omessa
dichiarazione dei canoni di locazione le sanzioni sono raddoppiate e non è ammessa la
riduzione prevista in ipotesi di definizione agevolata dell'accertamento.
(Luigi Lovecchio, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 29 maggio 2014)
 Violazioni sui pagamenti: professionisti in prima linea
Tetto di mille euro vincolante anche per il versamento dei tributi
La limitazione all'utilizzo del denaro contante rappresenta un elemento centrale nel contrasto
alle attività illecite di riciclaggio per l'evidente motivo che tutti i pagamenti effettuati al di sopra
della soglia fissata dal legislatore non potranno che essere effettuati tramite gli strumenti
tracciati indicati nell'articolo 49 "Limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore" del
Dlgs 231/2007. Va sottolineato che tale limitazione opera al di là del carattere lecito o illecito
dell'operazione; infatti un acquisto di un qualsivoglia prodotto (ad esempio un televisore),
operazione assolutamente lecita, sarà comunque soggetta alla soglia prevista dall'articolo 49.
Per altro verso, i destinatari della normativa antiriciclaggio (e quindi anche i professionisti)
hanno l'obbligo (articolo 51 del Dlgs 231/2007) di informare il ministero dell'Economia e delle
Finanze qualora, in relazione ai loro compiti di servizio e nei limiti delle loro attribuzioni e
attività, abbiano notizia di infrazioni alle disposizioni dell'articolo 49.
Prima di esaminare una casistica di operazioni in contante, va evidenziato che il prelievo
mediante operazioni di cassa dal proprio conto corrente non è una operazione soggetta al
limite previsto dalla normativa antiriciclaggio.
Prezzo oltre i limiti di legge
Per l'acquisto di un prodotto avente prezzo superiore ai limiti di legge è possibile procedere
fino alla soglia stabilita dall'articolo 49 del Dlgs 231/07 con un pagamento in contanti e
completare il versamento con un mezzo tracciabile (ad esempio per l'acquisto di un prodotto
dal costo di 3.500 euro, si potrà pagare in contanti fino all'attuale soglia di 999,99 euro e
corrispondere il resto tramite bonifico).
Caparra in contanti
In caso di versamento di una caparra in contanti per pagamenti relativi ad importi superiori
alla soglia di cui all'articolo 49, la caparra potrà essere accettata sempre che rientri nei limiti
indicati dal legislatore a prescindere dal valore dell'operazione indicato in fattura.
Acquisto in più tranche
L'acquisto di un prodotto avente prezzo superiore al limite indicato nell'articolo 49 effettuato in
più tranche con pagamenti sottosoglia non è possibile, in quanto determina un pagamento
frazionato vietato dalla legge. La possibilità di un pagamento frazionato è ammessa quando
esistono usi commerciali (pagamento rateale) o quando sono connaturati alla natura del
contratto (locazione di immobile).
Pacchetti turistici
Nel caso del pagamento di pacchetti turistici effettuato suddividendone il prezzo in diverse
tranche con un saldo finale, siccome la rateizzazione è prevista nell'ambito di un contratto
accettato dalle parti - che deve prevedere l'importo complessivo, le singole rate e le scadenze non vi è frazionamento, fermo rimanendo che i singoli pagamenti dovranno essere al di sotto
della soglia di cui all'articolo 49. Il ministero dell'Economia e delle Finanze ha specificato, però,
che il frazionamento conforme alla legge è solo quello relativo al pagamento della caparra
effettuato al momento della prenotazione ed al saldo.
Affitti
La legge di stabilità 2014, articolo 1 comma 50, ha previsto che il pagamento di canoni di
locazione di unità abitative, fatta eccezione per quelli di alloggi di edilizia residenziale pubblica,
debbano essere corrisposti, a prescindere dall'importo del canone, in forme e modalità che
escludano l'uso del contante e ne assicurino la tracciabilità, anche ai fini della asseverazione
FIAIP News24, numero 11 - Giugno 2014
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dei patti contrattuali per l'ottenimento delle agevolazioni e detrazioni fiscali da parte del
locatore e del conduttore.
Il Mef ha chiarito, con una circolare del febbraio del 2014 che è possibile effettuare i pagamenti
in contanti entro la soglia di cui all'articolo 49, ma il locatore dovrà conservare un prova
documentale, comunque formata, attraverso la quale sia possibile abbinare con certezza il
pagamento in contanti al canone di locazione.
Tributi
Il pagamento di un tributo in contante per un importo superiore ai 999,99 euro, non è
un'operazione corretta ma viola la disposizione di cui all'articolo 49 in quanto si tratta
comunque di un trasferimento di denaro contante oltre soglia non attuato tramite banche,
poste, istituti di moneta elettronica o di pagamento.
(Luigi Fruscione, Il Sole 24 ORE – Speciale I Pagamenti elettronici, 7 maggio 2014)
 Più real estate nei fondi pensione
Una spinta dall'azione di coinvolgimento da parte della Cassa Depositi e Prestiti
Cresce l'interesse dei fondi pensione a investire nel mattone in via indiretta. A cercare di
coinvolgerli è innanzitutto Cassa Depositi e Prestiti che ha annunciato di voler mettere a punto
un fondo immobiliare chiuso a loro dedicato. Lo ha detto il presidente Franco Bassanini,
durante l'ultima audizione presso la Commissione di controllo sugli enti di previdenza e di
assistenza, in cui ha ricordato che i fondi pensione potrebbero già investire anche nel fondo
immobiliare strategico nazionale, così come nel capitale di Cdp reti (che si occupa di
infrastrutture). Se ne parlerà anche oggi nel corso Giornata Nazionale della previdenza (evento
dal 14 al 16 maggio), nell'ambito di un convegno dedicato alle forme alternative di
investimento per il settore.
In Italia l'attenzione al mattone da parte di investitori istituzionali, fondi pensione, casse di
previdenza e compagnie di assicurazione è sempre più forte. «Li stiamo aspettando al varco»,
afferma Daniela Percoco, da poco più di un mese responsabile dell'area Research &
Development dell'advisor immobiliare Reag, società che vanta circa 1.400 asset valutati in 53
portafogli gestiti da 20 Sgr e due Siiq (le uniche esistenti, ndr) per valore complessivo di 10,5
miliardi. Dopo aver toccato il fondo, negli ultimi mesi il real estate italiano è tornato ad attirare
l'interesse di alcuni investitori opportunistici per pacchetti immobiliari con un sottostante di
qualità (uno per tutti, ad esempio, Blackstone), ma «per lo sviluppo del Paese è un bene che ci
siano investitori di più lungo periodo che possano promuovere operazioni di sviluppo del
territorio», sottolinea Daniela Percoco.
Mentre crescono le previsioni di raccolta delle casse, lievitano anche i capitali dei fondi di
previdenza, che vanno gestiti e investiti in modo sempre più professionale: «I fondi pensione –
afferma la neo responsabile R&D di Reag che può contare su anni di analisi del settore
immobiliare per conto di Nomisma – sono circa un centinaio e, mentre all'estero sono
attivissimi nel mattone e sulle infrastrutture, in Italia sono ancora un po' diffidenti nei confronti
di questo tipo di investimenti». Quelli negoziali di nuova generazione possono già
indirettamente investire fino al 20% dei loro capitali nei fondi immobiliari (e in tutte le altre
forme alternative a obbligazioni e azioni). Lo hanno già fatto alcuni fondi di vecchia
generazione (direttamente o con acquisto di quote), come ad esempio il fondo pensione Banco
Popolare, il Mario Negri e il veicolo degli agenti di assicurazione (Fpa). «Gli altri sono alla
finestra – spiega l'analista – attendono di vedere i risultati. Finora hanno investito in
obbligazioni e nell'azionario e non vedono perché virare sul mattone. Qualcuno però sta
iniziando a informarsi e a guardare all'asset immobiliare con interesse». Alcuni fondi pensione,
come il piccolo fondo Priamo oppure Eurofer dei ferrotranvieri che ha già dato mandato a una
Sgr, hanno modificato ad hoc i loro statuti per poter investire nel real estate in Italia e
all'estero.
L'associazione di categoria Assoprevidenza, inoltre, ha più volte avanzato la proposta di dare
vita a dei consorzi per "unire le forze" nell'affrontare il mercato immobiliare. «Il panorama è
ancora abbastanza frammentato – sottolinea Percoco – ma quello dei fondi immobiliari italiani
ormai è un mercato di terza generazione, che sempre più sta lavorando sul miglioramento
delle performance e dell'income return. Dopo l'euforia dei primi anni, ci siamo scontrati con la
crisi finanziaria internazionale e oggi l'equilibrio tra fondi retail (15% del totale, ndr) e riservati
(85%) ci permette di dire che è un mercato maturo».
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In attesa degli investitori di lungo periodo i fondi immobiliari hanno recentemente celebrato il
risveglio dell'interesse degli internazionali con alcune importanti operazioni: lo sconto sul Nav,
che a fine anno era quasi al 60%, ora si sta progressivamente riassorbendo e si aggira sul
40%, grazie sia al miglioramento complessivo della congiuntura immobiliare, sia ad alcune Opa
lanciate sul mercato italiano (ad esempio Unicredito Immobiliare Uno gestito da Torre Sgr ad
opera di Gwm e Eurocastle; Atlantic 1 gestito da Idea Fimit ad opera di Oceano-Blackstone;
fondo Donatello su altro fondo retail Caravaggio, gestito dalla stessa Sgr, Sorgente, per
permettere una via di fuga alle famiglie sottoscrittrici; mentre per il fondo Olinda le voci di Opa
hanno fatto impennare le quotazioni, ma Prelios Sgr ha scelto la strada della vendita ed è in
fase di trattativa con Orion e Axa real estate).
Contemporaneamente, per i fondi in scadenza, si sta optando o per la proroga in attesa di un
miglioramento del mercato per procedere con più calma alla vendita (ad esempio Valore
Immobiliare Globale, Atlantic 1 e Unicredit 1) o per il periodo di grazia (Securfondo e Europa
Immobiliare 1). I percorsi di liquidazione avviati, comunque, nei prossimi due anni dovrebbero
portare all'immissione sul mercato di immobili per un valore superiore ai 2,5 miliardi.
(Michela Finizio, Il Sole 24 ORE – Casa 24 Plus, 15 maggio 2014)
 Locazioni immobiliari
 Locatore o inquilino. Addio liti. Le spese condominiali si pagano così
Le spese accessorie nel contratto di locazione. Con la locazione di un immobile, facente parte
di un edificio condominiale, il conduttore acquista il godimento non soltanto del bene ma anche
delle cose comuni, in misura pari alla quota spettante al locatore. Su quest‘ultimo grava
dunque l‘obbligo di garantire che il conduttore possa usufruire dei servizi condominiali. Gli
esborsi dovuti per la fornitura di detti servizi vengono comunemente indicati quali ―oneri
accessori‖. Ance se tale espressione non è prevista espressamente dal codice civile, è stata
introdotta linguaggio a seguito dell'entrata in vigore della legge dell'equo canone che definisce
oneri accessori gli esborsi sostenuti per la fornitura di specifici servizi in favore di colui che
conduce in locazione l'immobile e, in generale, di coloro che abitano nel medesimo edificio.
Sono quelli che il conduttore deve pagare per la fruizione dei servizi comuni. L‘obbligo di
pagamento di dette spese presenta un carattere accessorio, perché si configurano come una
prestazione subordinata a quella principale avente ad oggetto il pagamento del canone. Per tali
motivi si dà vita all‘obbligazione relativa agli oneri accessori in funzione della sussistenza
dell‘obbligazione principale del pagamento del canone.
Arriva il lifting. Dopo 15 anni, arriva la nuova tabella di ripartizione spese fra locatore e
conduttore degli oneri accessori. Frutto di un accordo fra le associazioni di categoria,
(Confedilizia, Sunia, Sicet e Uniat) la tabella contiene una rigorosa identificazione delle diverse
tipologie di spese da sostenere, che rappresenta il risultato di una minuziosa ricostruzione in
base alla giurisprudenza e agli usi, ma anche di un aggiornamento delle novità introdotte dalla
riforma sul condominio. La tabella si presenta agile e snella e contiene la nuova voce dedicata
alla videosorveglianza. La tabella è stata regolarmente registrata presso un ufficio dell‘Agenzia
delle entrate di Roma.
I contenuti essenziali della nuova tabella. Scorrendo le voci della tabella ci si accorge che
all‘inquilino gravano le spese relative alle manutenzioni ordinarie, piccole riparazioni e le spese
per il consumo di energia. In merito agli impianti comuni, sono a suo carico, le ispezioni e i
collaudi e manutenzione ordinaria dell‘ascensore, dell‘autoclave, del videocitofono,
dell‘impianto di videosorveglianza e ricezione televisiva, e la ricarica degli estintori degli
impianti antincendio. Al proprietario invece spettano le spese straordinarie relative alla:
installazione di nuovi impianti o il loro integrale rifacimento, all'adeguamento alle disposizioni
di legge, oltre alle spese relative all'acquisto degli estintori degli impianti antincendio. Per le
spese derivanti dal servizio di portierato tutte le spese sono a carico dell'inquilino al 90% e del
proprietario al 10%. Per la gli addetti alla pulizia le pratiche per l'assunzione o per il
conferimento dell'appalto a un'impresa, l'acquisto e sostituzione di macchinari per la pulizia,
bidoni e contenitori spettano al proprietario, mentre per tutto il resto (stipendi e altre spese in
generale) all'inquilino. Per tutte le voci eventualmente non previste si richiamano ―norme di
legge e usi locali‖.
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Finalità. L‘utilizzo della tabella potrebbe sicuramente ridurre il contenzioso tra inquilini e
proprietari, grazie alla chiarezza e certezza nell‘indicazione dei rispettivi oneri. Può essere
utilizzata richiamandola nel contratto di locazione inserendo una apposita formula del tipo: ―gli
oneri accessori alla locazione vengono ripartiti in base alla tabella oneri accessori ripartizione
fra locatore e conduttore concordata tra Confedilizia e Sunia-Sicet-Uniat registrata il 30 aprile
2014 a Roma presso agenzia Entrate, ufficio territoriale Roma 2, n.8455/3‖. L‘elencazione
riportata si riferisce ai servizi tipici e legati strettamente alla godibilità del bene locato, non è
escluso che, in sede contrattuale, le parti possano prevedere accordi diversi in merito
all‘addebito o la ripartizione di ulteriori spese.
(Ivan Meo, Il Sole 24 ORE – Tecnici 24, 12 maggio 2014)
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Legge e prassi
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(G.U. n. 125 del 31 maggio 2014)
 Edilizia e urbanistica
DECRETO-LEGGE 12 maggio 2014, n. 73
Misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche.
(G.U. 12 maggio 2014, n. 108)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 14 febbraio 2014
Modalità di documentazione dell'indispensabilità e dell'indilazionabiltà delle operazioni di
acquisto di immobili, ai sensi dell'art. 12, comma 1-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,
convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.
(G.U. 12 maggio 2014, n. 108)
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
DECRETO 21 maggio 2014
Rilevazione dei prezzi medi per l'anno 2012 e delle variazioni percentuali annuali, superiori al
dieci per cento, relative all'anno 2013, ai fini della determinazione delle compensazioni dei
singoli prezzi dei materiali da costruzione piu' significativi.
(G.U. 30 maggio 2014, n. 124)

NOTA
Materiali da costruzione, non scatta il meccanismo di compensazione prezzi
Non scatta quest'anno il meccanismo di compensazione dei prezzi previsto dal codice degli
appalti (articolo 133, commi 4-7). È stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n.124 del 30
maggio, il decreto del ministero delle Infrastrutture (Dm 21 maggio 2014) che di anno in anno
individua i prezzi medi dei materiali da costruzione impiegati negli appalti pubblici e gli
scostamenti rispetto all'anno precedente, che danno adito a una (limitata) compensazione dei
prezzi a favore delle imprese.
Il meccanismo previsto dal Dlgs 163/2006 prevede infatti che la compensazione agisca
soltanto per i materiali che abbiano subito uno scostamento di prezzo superiore al 10 per
cento. Per questi materiali la compensazione copre la metà della percentuale eccedente il 10
per cento.
Per il 2013 il ministero rileva che «la Commissione consultiva centrale per il rilevamento del
costo dei materiali da costruzione non ha rilevato variazioni percentuali superiori al dieci per
cento, in aumento o in diminuzione, dei singoli prezzi dei materiali da costruzione». Dunque
nessuna compensazione.
L'anno scorso erano invece stati individuati scostamenti significativi solo per il bitume. Il
prezzo medio rilevato nel 2012 è stato di 43,23 euro al quintale in aumento del 12,47 per
cento rispetto a un anno prima.
(Mauro Salerno, -il Sole 24 ORE – Edilizia e Territorio)
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 Economia, fisco, agevolazioni e incentivi
LEGGE 16 maggio 2014, n. 78
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, recante
disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli
adempimenti a carico delle imprese.
(G.U. 19 maggio 2014, n. 114)

NOTA
Decreto lavoro: pubblicata in Gazzetta la legge di conversione
Pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 19 maggio, la Legge n. 78/2014 di conversione del
decreto legge n. 34/2014 è già in vigore da oggi 20 maggio 2014. Le riforme immediatamente
operative riguardo principalmente 4 istituti: contratto a tempo determinato, somministrazione
a termine, apprendistato e DURC. Tali riforme, recita la legge di conversione, si rendono
necessarie in attesa di un testo unico semplificato della disciplina dei rapporti di lavoro, con la
previsione, in via sperimentale, del contratto a tempo indeterminato a protezione crescente.
Oltre a questi istituti, la Legge di conversione prevede una riduzione contributiva al 35% per le
imprese riguardo al contratto di solidarietà. E viene riconfermato il rifinanziamento del fondo
sociale per l‘occupazione con 15 milioni per alimentare la decontribuzione. Da definire con un
decreto interministeriale i criteri per la concessione del beneficio.
Andiamo nel dettaglio delle novità principali.
1) Il contratto di lavoro a termine
Fatto salvo l‘obbligo di stipulare per iscritto il contratto, viene definitivamente meno quello di
inserire la ragione dell‘apposizione del termine. Il rapporto a termine non può avere una durata
superiore a 36 mesi. Nel computo di tale periodo andranno compresi anche i periodi in
missione per mansioni equivalenti nell‘ambito di contratti di somministrazione.
Ciascun datore di lavoro non potrà eccedere il limite del 20% del numero dei lavoratori a
tempo indeterminato in forza al 1 gennaio dell‘anno di assunzione.
Il limite del 20% non si applica ai contratti a termine stipulati tra istituti pubblici o privati di
ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di ricerca scientifica o tecnologica.
Per i datori di lavoro che occupano fino a 5 dipendenti è, invece, sempre possibile stipulare un
contratto di lavoro a tempo determinato.
Il superamento del limite comporta una sanzione amministrativa pari al 20% o al 50% della
retribuzione per ciascun mese (o frazione di mese superiore a 15 giorni) di durata del rapporto
di lavoro, se il numero di lavoratori assunti in violazione del limite sia, rispettivamente, non
superiore o superiore a uno (si rileva che il testo originario del decreto legge non prevedeva
alcuna conseguenza per il superamento del tetto, mentre nel testo approvato dalla Camera era
stata prevista la trasformazione in contratti a tempo indeterminato).
La riforma, nel prevedere una disciplina transitoria, stabilisce che in sede di prima applicazione
del limite percentuale in questione, conservano efficacia i limiti prescritti dai contratti collettivi,
ove diversi. Se la contrattazione collettiva non prevede alcun limite, le aziende hanno l‘obbligo
di rientrare nel limite del 20% entro il 31 dicembre 2014, pena l‘impossibilità di stipulare nuovi
contratti di lavoro a termine fino a quando non si rientri nel predetto limite di legge.
La Legge di Conversione interviene anche sul sistema delle proroghe del contratto, ammesse
fino ad un massimo di 5 (non più 8 come originariamente previsto dal D.L. n. 34/14) nell‘arco
della durata massima del rapporto a termine fissata in 36 mesi e indipendentemente dal
numero di rinnovi. (al riguardo si precisa che la possibilità di stipulare un‘ulteriore contratto a
termine tra i medesimi soggetti mediante la procedura prescritta dall‘art. 5, comma 4bis, del
D.Lgs. n. 368/2001 non ha subito modifiche).
La proroga non è più condizionata alla sussistenza di specifiche ragioni (la disciplina previgente
consentiva una sola proroga per ragioni oggettive, ex art. 4 del D.Lgs. n. 368/01), ma tuttavia
- riteniamo - solo all‘identità di mansioni convenute nel contratto da prorogare.
Appare inevitabile che la novellata disciplina della proroga andrà a ridurre l‘operatività dei
rinnovi dei contratti, per i quali resta immutato il sistema degli intervalli di tempo tra un
contratto e l‘altro, stipulati con il medesimo lavoratore (10 giorni se il contratto in scadenza ha
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avuto una durata inferiore a 6 mesi, 20 giorni in caso di contratto di durata superiore a 6
mesi).
Il datore di lavoro ha l‘obbligo di informare per iscritto (nel contratto di assunzione) il
lavoratore del diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate, sempre
se il prestatore abbia lavorato per almeno sei mesi a termine. La Legge di conversione prevede
che il periodo di congedo per maternità delle lavoratrici concorre a determinare il periodo di
attività lavorativa utile a conseguire tale diritto di precedenza.
2) La somministrazione di lavoro a termine
Anche per la somministrazione a tempo determinato è venuto meno l‘obbligo di apporre i
motivi.
A parte questa analogia, la somministrazione ha sicuramente una disciplina più flessibile
quanto alla durata complessiva (non si applica la regola dei 36 mesi), ai limiti quantitativi (non
vi è il limite legale del 20% ma solo quelli dei CCNL applicati dall‘utilizzatore), alle proroghe (i
limiti sono quelli del CCNL delle agenzie, 6 proroghe per 36 mesi) e soprattutto non vi è stop
and go (l‘intervallo rispettivamente di 10 e 20 giorni) per stipulare un nuovo contratto di
somministrazione a termine.
3) L’apprendistato
Rispetto all‘originaria formulazione del D.L. n. 34/14, la legge di conversione ha reintrodotto
l‘obbligo della forma scritta per il piano formativo, che potrà essere redatto in forma sintetica e
potrà essere definito anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione
collettiva o dagli enti bilaterali. Viene, invece, confermato l‘obbligo della forma scritta per il
contratto e per il patto di prova.
Con riferimento all‘apprendistato di tipo professionalizzante e di mestiere, la riforma prevede
che sia la Regione a comunicare al datore di lavoro, entro 45 giorni dall‘instaurazione del
rapporto, le modalità di svolgimento dell‘offerta formativa pubblica. Se la Regione non adempie
entro il suddetto termine, il datore di lavoro non è obbligato ad integrare la formazione di tipo
professionalizzante e di mestiere con la formazione pubblica (l‘obbligatorietà della formazione
pubblica era stata invece esclusa dall‘originario testo del decreto in esame).
La legge di conversione attenua l‘obbligo di stabilizzazione (inizialmente cancellato dal D.L. n.
34/14), che si applica solo ai datori di lavoro che occupano almeno 50 dipendenti, per i quali
l‘assunzione di nuovi apprendisti è subordinata alla prosecuzione, a tempo indeterminato, del
rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato, nei 36 mesi precedenti la nuova
assunzione, di almeno il 20% degli apprendisti dipendenti dello stesso datore di lavoro. Alla
contrattazione collettiva viene comunque data la possibilità di stabilire limiti differenti.
Infine, con riferimento all‘apprendistato per la qualifica e per il diploma professionalizzante, al
lavoratore è riconosciuta una retribuzione che tenga conto delle ore di lavoro effettivamente
prestate nonché delle ore di formazione almeno nella misura del 35% (quindi anche di
percentuale superiore) del relativo monte ore complessivo.
4) Semplificazioni in materia di Durc
La legge di conversione conferma le semplificazioni in materia di Durc, prevedendo che la
verifica della regolarità contributiva nei confronti dell‘INPS e dell‘INAIL e, per le imprese edili,
anche nei confronti delle Casse edili, debba essere effettuata direttamente online. L‘esito
dell‘interrogazione online ha la validità di 120 giorni dalla data di acquisizione e sostituisce a
tutti gli effetti il Durc, fatta eccezione per le ipotesi di esclusione che dovranno essere
individuate da un decreto ministeriale attuativo, da emanarsi entro 60 giorni dalla data di
entrata in vigore del D.L. n. 34/2014 (21 marzo 2014).
(Mariano Delle Cave, Il Sole 24 ORE – Guida al Lavoro, 20 maggio 2014)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 23 maggio 2014
Approvazione del bollettino di conto corrente postale per il versamento del tributo sui servizi
indivisibili (TASI).
(G.U. 28 maggio 2014, n. 122)
 NOTA
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Tasi, bollettini al traguardo
Confermato il modello fai-da-te - Precompilazione solo opzionale per i Comuni
Via libera ai bollettini della Tasi, che il Comune «può» inviare pre-compilati ai contribuenti,
mentre si stanno chiudendo i lavori per la proroga degli acconti nei Comuni che non hanno
deliberato in tempo.
Sulla «Gazzetta Ufficiale» di ieri è stato pubblicato il decreto dell'Economia con i nuovi
bollettini, frutto di una lunga gestazione che però non ne ha cambiato i connotati. L'invio dei
bollettini precompilati dai Comuni con l'indicazione dell'importo da pagare, "promesso" dalla
legge di stabilità, si infrange con le tante difficoltà applicative; e il provvedimento pubblicato
ieri (come anticipato sul Sole 24 Ore dell'11 febbraio scorso) certifica che in molti casi (l'ampia
maggioranza) i contribuenti dovranno calcolare e compilare i propri modelli di pagamento,
bollettino o F24, e che la preparazione del tutto da parte del Comune rimane opzionale. Negli
allegati al decreto, riprodotti qui sotto, c'è infatti sia il bollettino "normale" sia quello che i
Comuni possono utilizzare per la pre-compilazione. In ogni caso, il versamento con bollettino
postale potrà viaggiare anche per via telematica, con il canale servito da Poste spa: chi
sceglierà questa strada riceverà l'immagine virtuale del bollettino pagato oppure un testo con
tutti i dati identificativi e il bollo virtuale di accettazione, che rappresenteranno prova legale del
pagamento. Sul tema della pre-compilazione, mentre in molte città, da Brescia a Treviso,
cominciano a infittirsi le code dei contribuenti agli sportelli, dovrebbe tornare anche il
provvedimento per la proroga degli acconti Tasi nei Comuni che non hanno inviato entro il 23
maggio scorso le proprie delibere al dipartimento Finanze. Il nuovo testo, che dovrebbe vedere
la luce a breve, dovrebbe chiedere che i Comuni compilino i modelli di pagamento ai
contribuenti che ne facessero richiesta: un obbligo, questo, che dovrebbe valere per le
prossime scadenze, quella del 16 ottobre per l'acconto nei Comuni "senza delibera" e quella del
16 dicembre per il saldo, e che comunque prevede sempre la richiesta da parte del
contribuente. La ragione è semplice, e dipende dal fatto che la grande maggioranza dei
Comuni non possiede tutti i dati necessari al calcolo dell'imposta senza interloquire con il
proprietario: il problema si verifica soprattutto per le case date in locazione, perché le
amministrazioni locali non sono in genere in grado di identificare gli occpanti e collegarli con
l'immobile, ma spesso è più generale anche a causa del diverso grado di aggiornamento dei
database catastali e fiscali. Sulla proroga, comunque, il lavoro tecnico è proseguito per tutta la
giornata di ieri ed è ormai giunto al traguardo. Nell'ultima ipotesi, il calendario in due tappe, al
16 ottobre per l'acconto e al 16 dicembre per il saldo, coinvolgerebbe anche le abitazioni
principali, che quindi subirebbero nei fatti un anticipo rispetto alle regole in vigore oggi: nei
Comuni che non hanno inviato le delibere entro il 23 maggio, infatti, il «salva-Roma» ter aveva
previsto per queste abitazioni il pagamento in soluzione unica a dicembre.
La nuova regola dovrebbe poi fissare un'altra data-chiave per le amministrazioni locali, quella
del 10 settembre entro cui inviare le delibere per renderle efficaci per l'acconto "prorogato". Se
il Comune mancherà anche quell'appuntamento (ma per ora i termini per i preventivi sono
fissati al 31 luglio), i contribuenti dovranno pagare la Tasi con l'aliquota standard dell'1 per
mille, sempre senza superare il tetto del 10,6 per mille nella somma fra Imu e Tasi sugli
immobili diversi dall'abitazione principale. Per evitare problemi di cassa, i Comuni dove salta
l'acconto di giugno dovrebbero ricevere una somma pari al 50% delle entrate Tasi ad aliquota
standard (come anticipato sul Sole 24 Ore del 24 maggio) entro il 20 giugno.
(Gianni Trovati, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 29 maggio 2014)
AGENZIA DELLE ENTRATE
RISOLUZIONE 20 maggio 2014 N. 53/E
 NOTA
Prezzo-valore sulle cessioni con pagamenti frazionati
La disciplina di favore nella tassazione delle compravendite immobiliari basata sul cosiddetto
―prezzo-valore‖ si applica anche nel caso di pagamento frazionato del corrispettivo. È questa la
sintesi del chiarimento fornito dall‘Agenzia delle entrate con la risoluzione 20 maggio 2014 n.
53/E.
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La norma di riferimento. L'articolo 1, comma 497, della legge 266/2005 (Finanziaria per il
2006) ha introdotto un‘eccezione all'applicazione della regola generale di determinazione della
base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale. In particolare, la norma
prevede che in deroga alla disciplina di cui all'articolo 43 del Testo unico delle disposizioni
concernenti l'imposta di registro, di cui al Dpr 131/1986, per le sole cessioni nei confronti di
persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali,
aventi a oggetto immobili a uso abitativo e relative pertinenze, all'atto della cessione e su
richiesta della parte acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini delle imposte di
registro, ipotecarie e catastali è costituita dal valore dell'immobile determinato ai sensi
dell'articolo 52, commi 4 e 5, del Dpr 131/1986 indipendentemente dal corrispettivo pattuito
indicato nell'atto. Sempre secondo quanto espressamente previsto dalla norma le parti hanno
comunque l'obbligo di indicare nell'atto il corrispettivo pattuito. In presenza delle citate
condizioni, secondo quanto previsto dal comma 498 dell‘articolo 1 della legge 266/2005, opera
per l'amministrazione finanziaria un limite al potere di accertamento di valore previsto
dall'articolo 52, comma 1, del Tur.
Le cessioni di immobili che godono del ―prezzo valore‖ usufruiscono, inoltre, della ―valutazione
automatica‖, nel senso che l‘amministrazione, non può rettificare il valore catastale del bene
che è stato dichiarato in atto laddove venga richiesta l‘agevolazione in questione (articolo 52,
comma 5-bis, del Dpr 131/1986). L‘articolo 35, comma 22, del Dl 223/2006 ha, inoltre, sancito
l‘obbligo, per le parti del contratto di cessione immobiliare, anche se soggetto a Iva, di fornire
apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, con cui indicare analiticamente le
modalità di pagamento. L‘Agenzia al riguardo chiarisce che, stante la portata generale del
comma 22 dell‘articolo 35, la preclusione dell'accertamento di valore ex articolo 52, comma 1,
del Tur viene meno anche per le vendite di abitazioni nei confronti di privati di cui all'articolo 1,
comma 497, della legge 266/2005, qualora in atto non siano indicate in modo analitico le
modalità di pagamento del corrispettivo (in tal senso peraltro anche la circolare 6 febbraio
2007 n. 6/E).
La soluzione proposta. Nel caso prospettato si chiede la possibilità di applicare la regola del
―prezzo-valore‖ per la determinazione della base imponibile delle imposte di registro, ipotecaria
e catastale in relazione a un atto di compravendita immobiliare, per il quale i contraenti hanno
convenuto che una parte del prezzo dell‘immobile venga corrisposto in data successiva alla
stipula dell‘atto. Verificandosi la citata situazione, assolvere in modo completo alla previsione
normativa, infatti, non sarebbe stato materialmente possibile stante, appunto, la dilazione
disposta nell‘atto. Sul punto l‘Agenzia assume una posizione di buon senso precisando che
«occorre, tuttavia, considerare che la tracciabilità, nel senso di indicazione analitica delle
modalità di pagamento, non può essere pretesa, evidentemente, in relazione a pagamenti che
saranno effettuati successivamente rispetto all'atto di cessione immobiliare». Benché, infatti, la
chiara formulazione normativa del comma 22 esiga tale indicazione proprio nel momento della
cessione, manca la possibilità per le parti contraenti di fornire, in detto momento, gli estremi di
tutti i pagamenti che compongono il corrispettivo complessivamente pattuito (in quanto si
verificheranno solo in data successiva alla firma dell'atto di cessione). Alla luce delle citate
considerazioni le Entrate arrivano alla conclusione che, in relazione ai pagamenti rinviati a un
momento successivo rispetto al perfezionamento degli atti di cessione di diritti immobiliari,
l'obbligo di indicazione analitica delle modalità di pagamento del corrispettivo possa essere
assolto «fornendo in atto gli elementi utili alla identificazione, in termini di tempi, importi ed
eventuali modalità di versamento, di quanto dovuto a saldo». L'amministrazione finanziaria,
nell'ambito dei poteri di controllo di competenza, conserva peraltro la piena facoltà di
procedere comunque a verificare la coerenza tra le corrispondenti movimentazioni finanziarie,
una volta manifestatesi, e i patti conclusi tra acquirente e venditore. L'indicazione nell'atto
degli elementi relativi ai pagamenti futuri esclude, a parere delle Entrate, che possa essere
irrogata la sanzione amministrativa e la correlata sanzione impropria, ossia l'assoggettamento
dell'atto alla procedura di accertamento di maggior valore ex articolo 52, comma 1, del Tur,
con sostanziale disapplicazione del regime del ―prezzo-valore‖.
(Mario Cerofolini, Il Sole 24 ORE – Guida Normativa, 28 maggio 2014)
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LEGGE 23 maggio 2014, n. 80
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, recante
misure urgenti per l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015.
(G.U. 27 maggio 2014, n.121)
 NOTA
PIANO CASA - Diventa legge il Dl sull'emergenza abitativa
Il Dl 47/2014 viene convertito con alcune importanti modifiche tra cui l'allentamento delle
norme per l'utilizzo del bonus su mobili ed elettrodomestici, che confermando il tetto
complessivo di 10mila euro svincola tale importo dalla spesa (e dalla sua entità) per le
ristrutturazioni. Via libera anche all'estensione della cedolare al 10% per i Comuni colpiti da
calamità naturali per i quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza. C'è poi l‘assimilazione
per l‘Imu ad abitazione principale degli immobili posseduti dai cittadini italiani non residenti e
iscritti all‘Aire.In tema Expo il decreto prevede, tra le altre norme, un contributo di 25 milioni
nel 2014 per il Comune di Milano. In base a una modifica inserita nel passaggio al Senato le
deroghe alle norme sui contratti di sponsorizzazione e sulle concessioni di servizi dovranno
escludere intermediazioni.
Lotta agli abusivi, stop allacci gas, luce, acqua e telefono - in assenza dei dati
identificativi del richiedente e del titolo che attesti la proprietà, il regolare possesso o la
regolare detenzione dell'unità immobiliare, gli atti aventi ad oggetto l'allacciamento dei servizi
di energia elettrica, di gas, di servizi idrici e della telefonia fissa, nelle forme della stipulazione,
della volturazione, del rinnovo, sono nulli. Inoltre, chi occupa abusivamente alloggi di edilizia
residenziale pubblica non può partecipare alle procedure di assegnazione di alloggi della
medesima natura per i successivi cinque anni.
Proroga benefici per inquilini emersi da nero - fino al 31 dicembre 2015 gli inquilini che
hanno usufruito delle norme che prevedevano agevolazioni per gli inquilini che emergevano da
contratti a nero, non dovrà restituire i soldi alla luce delle nuove misure previste dal decreto.
Programma recupero immobili Iacp e comuni entro 4 mesi - le regioni dovranno
trasmettere al al ministero delle infrastrutture, entro 30 giorni dall'entrata in vigore del
decreto, gli elenchi predisposti dai comuni e dagli iacp, «delle unità immobiliari che con
interventi di manutenzione ed efficientamento di non rilevante entità, siano resi prontamente
disponibili per l'assegnazione«. Entro due mesi poi le regioni e le province autonome dovranno
assegnare ai comuni e agli istituti autonomi per le case popolari le risorse necessarie al
recupero degli immobili. Il piano di recupero degli immobili, per affrontare l'emergenza
abitativa, dovrà essere approvato dai dicasteri competenti entro 4 mesi dall'entrata in vigore
del decreto legge.
(Il Sole 24 ORE – Guida Normativa, 28 maggio 2014)
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
DECRETO 12 febbraio 2014
Riparto delle risorse del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione
relative all'annualita' 2014.
(G.U. 27 maggio 2014, n.121)
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Giurisprudenza
 Ambiente, suolo e territorio
 CORTE CASSAZIONE, Sentenza 23 maggio 2014, n. 11549
Trasferimento di immobile - Ricorso per Cassazione - Motivi - Contenuto Indicazione del fatto controverso - Precisazione del vizio del procedimento logicogiuridico determinante nella decisione impugnata
 NOTA
Preliminare di immobile indiviso: per liberarsi dall’obbligazione l'acquirente deve
versare l’intero prezzo
In caso di contratto preliminare che abbia ad oggetto la promessa di vendita di un bene
indiviso considerato come un ―unicum‖ inscindibile, i comproprietari si obbligano non
soltanto a prestare il consenso relativo al trasferimento della quota di comproprietà di cui
siano rispettivamente titolari, ma si impegnano anche a promettere il fatto altrui; pertanto, in
considerazione del carattere necessariamente unitario della prestazione posta a carico dei
promittenti venditori, il pagamento del prezzo globalmente determinato per la vendita
dell‘intero ha ad oggetto una obbligazione di natura indivisibile per volontà negoziale ai
sensi dell‘art. 1317 cod. civ.; ne consegue che, trovando applicazione ai sensi dell‘art. 1317 e
1319 cod. civ., le regole previste in materia di obbligazioni solidali, ciascuno dei venditori, ex
art. 1392 cod. civ. ha diritto di chiedere l‘adempimento dell‘intera obbligazione. Questo il
principio di diritto espressamente enunciato dalla Suprema Corte di Cassazione in una recente
pronuncia (Cass. civ., Sent. 23 maggio 2014, n. 11549, Pres. Oddo, Rel. Migliucci, P.M.
Capasso).
Nel caso di specie, in applicazione dell‘enunciato principio, la Cassazione, nell‘ambito di una
controversia insorta tra il promissario acquirente e le promittenti venditrici di un bene
immobile, ha cassato con rinvio la pronuncia impugnata laddove i giudici di merito avevano
erroneamente ritenuto valida offerta di pagamento del prezzo quella relativa alla quota di un
quarto del prezzo spettante ad uno dei comproprietari del bene quando il trasferimento della
proprietà dell’intero bene era stato subordinato al pagamento del complessivo prezzo
dovuto e fissato in 72 milioni del vecchio conio.
Nell‘ipotesi di promessa di vendita di un bene indiviso, appartenente pro quota a più
comproprietari, precisa la motivazione, allorché nell‘unico documento predisposto per il
negozio non risulti la volontà dei comproprietari di scomposizione del contratto in più
contratti preliminari relativi esclusivamente alle singole quote di cui ciascuno di loro è
rispettivamente titolare, le dichiarazioni dei promittenti venditori, che costituiscono un‘unica
parte complessa, si fondono in un‘unica volontà negoziale; gli stessi, concorrendo a formare la
volontà negoziale della parte promittente, si obbligano a prestare il consenso necessario per il
trasferimento del bene considerato come un ―unicum inscindibile‖.
In tal caso, prosegue la Corte, l‘interesse del creditore ad ottenere la prestazione pattuita
viene soddisfatto dal contributo necessariamente collettivo di ciascuno dei debitori, i quali si
impegnano non soltanto a prestare il consenso relativo al trasferimento della quota di
comproprietà di cui sono rispettivamente titolari, ma si obbligano anche a promettere il fatto
altrui, e cioè la prestazione del consenso da parte degli altri. Orbene, il carattere
necessariamente unitario della prestazione posta a carico dei promittenti venditori comporta
che il prezzo globalmente determinato per la vendita dell’intero ha ad oggetto una
obbligazione di natura indivisibile per volontà negoziale ai sensi dell‘art. 1317 cod. civ.; ne
consegue che, ai sensi dell‘art. 1317 e 1319 cod. civ. trovano applicazioni le regole previste in
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materia di obbligazioni solidali. Pertanto, conclude la decisione, sussistendo una ipotesi di
solidarietà attiva, ai sensi dell‘art. 1292 cod. civ. ciascuno dei venditori ha diritto di chiedere
l‘adempimento dell‘intera obbligazione, con la conseguente liberazione del debitore che ha
effettuato il pagamento nei confronti di tutti gli altri creditori, e salva la ripartizione, nei
rapporti interni, della somma pagata.
 Corte Costituzionale, Sentenza del 14-03-2014, n. 50
Integrale - Locazioni immobili urbani ad uso abitativo - Contratti stipulati ma non
registrati nei termini previsti dalla legge - Determinazione canoni di affitto e della
durata del contratto - Illegittimità costituzionale art. 3, commi 8 e 9, dlgs
14.03.2011, n. 23
 NOTA
Abrogazione della norma anti-sommerso dei contratti di locazione
La Corte Costituzionale con la sentenza 50/2014 sancisce l'impossibilità per l'inquilino, a fronte
dell'inerzia del proprietario, di registrare il contratto di locazione beneficiando di un canone
privilegiato pari al triplo della rendita catastale, con durata di quattro anni, rinnovabili di altri
quattro.
La sentenza ha effetto sia per il futuro che per il passato e determina la nullità dei contratti
registrati dagli inquilini e dai funzionari dell'Agenzia delle Entrate a partire dal 6 giugno 2011,
esattamente 60 giorni dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. 23/2011.
A seguito della decisione della Consulta i proprietari di immobili locati potranno chiedere ai
propri inquilini di liberare l'abitazione, poiché il contratto cade insieme alla norma di legge che
lo prevedeva. Al fine di regolare il periodo in cui l'inquilino ha occupato l'immobile, i magistrati
avranno il compito di quantificare un'indennità per l'arricchimento senza causa, sempre che
proprietari e inquilini non riescano a trovare un accordo.
La sentenza della Consulta costringe il Governo e il parlamento italiano a far fronte ad una
situazione di stallo normativo che favorisce paradossalmente i proprietari evasori e sfavorisce i
proprietari onesti e gli inquilini che hanno registrato i contratti di locazione, a seguito
dell'inerzia del proprietario.
(www.tecnici24.com , 28 maggio 2014)
 CORTE D'APPELLO DI MILANO, Sentenza 16/2014
Per la nullità della vendita pagano notaio e geometra - Riconosciuta la responsabilità
in solido tra i due professionisti
Compravendita immobiliare nulla? Sono responsabili in solido il notaio e il geometra che non
abbiano effettuato le dovute verifiche circa l'effettiva proprietà del bene. Lo puntualizza la
Corte d'appello di Milano, con la sentenza 16 del 2014.
Il caso
Protagonista della vicenda giudiziaria è l'acquirente di un immobile che, nell'avviare le pratiche
di ristrutturazione, scopre di non essere proprietaria di una parte. Infatti, secondo le visure
catastali, alcuni dei locali acquistati non erano mai stati di proprietà dei venditori ma
risultavano intestati a terze persone. Di qui, la decisione di citarli in giudizio per far dichiarare
«la nullità parziale del contratto di compravendita immobiliare», farsi restituire il prezzo pagato
per l'acquisto e ottenere il risarcimento dei danni.
Ma i convenuti, a loro volta inconsapevoli dell'effettiva titolarità dei beni, chiamano in causa il
geometra e il notaio, incaricati, rispettivamente, degli aggiornamenti catastali e della redazione
dell'atto. Secondo i venditori, doveva essere dichiarata l'esclusiva responsabilità dei
professionisti, poiché inadempienti all'obbligo di svolgere diligentemente i propri compiti. Così,
i convenuti riconoscono la parziale nullità del contratto di compravendita e ammettono di
doversi fare carico del rimborso del prezzo incassato ma contestano il risarcimento del danno,
visto che, da parte loro, non c'era stata malafede.
Il tribunale riconosce la responsabilità dei professionisti e li condanna – in solido – a rifondere
ai venditori le somme da restituire all'acquirente.
L'appello
La sentenza viene però impugnata di fronte alla Corte d'appello dal geometra e, con appello
incidentale, dal notaio. Nella preparazione dell'atto – si difende il notaio – ha svolto tutti gli
accertamenti richiesti a garanzia del corretto adempimento dell'incarico ricevuto. In
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particolare, il notaio afferma che il suo obbligo di controllo si sarebbe limitato alla visura sullo
stato catastale dei beni, effettuata sulla base delle nuove schede catastali predisposte dal
geometra. Secondo il notaio, una volta accertata la legittimità dei titoli e verificata la
corrispondenza dell'oggetto della vendita alle risultanze catastali, non sarebbe stato suo
compito professionale controllare che «la rappresentazione grafica e planimetrica degli
immobili» corrispondessero allo stato reale della proprietà dei luoghi. L'errore, semmai, era da
imputarsi al geometra, colpevole della non aggiornata identificazione catastale. Accuse respinte
dal tecnico: l'incarico ricevuto – rileva – consisteva nella semplice redazione delle nuove
schede catastali sulla base delle informazioni fornite dai venditori, senza alcun obbligo di
consultare i titoli di provenienza e di verificare la veridicità delle informazioni ricevute.
La decisione
Le difese dei professionisti sono bocciate dalla Corte d'appello, che respinge i ricorsi e li
condanna a rimborsare ai venditori gli importi da rendere all'acquirente, vista la nullità della
compravendita.
Quanto al geometra, spiega il collegio, l'incarico di aggiornamento dell'identificazione catastale
dei beni e la redazione delle relative schede «non poteva prescindere dal controllo» che la
proprietà fosse realmente dei venditori. Questo vaglio avrebbe dovuto essere realizzato
mediante un semplice esame dei titoli d'acquisto, seguito da un accertamento della posizione e
consecutività dei subalterni da riaccatastare. Operazioni, queste, sufficienti a impedire
l'infedele riproduzione, nelle planimetrie, dello stato dei luoghi.
Pari responsabilità – prosegue la Corte d'appello – va ravvisata in capo al notaio, per aver
considerato, nella redazione dell'atto, solo le planimetrie predisposte dal tecnico «senza
consultare con la dovuta perizia i precedenti atti di provenienza». Sarebbe bastato, dunque, un
semplice raffronto tra la descrizione e le coerenze dei beni oggetto del titolo di provenienza con
quanto riportato nelle schede catastali, per scongiurare la stipula di un contratto nullo. Del
resto, le risultanze dei registri catastali «hanno un valore meramente indiziario e da esse non
può trarsi la prova decisiva della consistenza degli immobili e della loro appartenenza». Ciò, a
maggior ragione nelle ipotesi – come quella processuale – in cui quelle risultanze risultino
contraddette da altre emergenze. Si può affermare, allora, che in tema di compravendita
immobiliare, al fine di individuare l'immobile oggetto di contratto «più che i dati catastali»,
assumeranno «valore determinante il contenuto descrittivo del titolo e i confini indicati nel
titolo stesso».
È per queste ragioni che la Corte d'appello, nel respingere i gravami dei professionisti, ne
sancisce – in identica misura – la responsabilità contrattuale per inadempimento degli
incarichi, con condanna solidale restitutoria in favore degli appellati.
(Selene Pascasi, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 5 maggio 2014)
 Corte di cassazione – Sezione III civile – Sentenza 21 maggio 2014 n. 11272

Pignoramento non estendibile alla pertinenza ‘catastalmente autonoma'
Dal procedimento di espropriazione immobiliare va esclusa la presunta pertinenza, qualora nel
pignoramento e nella nota di trascrizione non si faccia menzione della particella
autonomamente e univocamente individuabile dai dati catastali. Superando così la presunzione
dell'articolo 2812 Cc, secondo cui il pignoramento comprende anche le pertinenze (oltre agli
accessori e ai frutti della cosa pignorata). Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza
11272/2014.
I fatti
La vicenda riguardava una procedura esecutiva relativa ad un complesso residenziale di
Fiumicino bloccata dal tribunale con riguardo ad una porzione dell'immobile. La pertinenza
infatti corrispondeva ad una specifica particella catastale, il subalterno 4, che al contrario dei
subalterni 3 e 5 non figurava in nessun atto della procedura. Nel frattempo un terzo aveva
proposto opposizione sostenendo di averne il possesso ed un titolo.
L'evoluzione del dato catastale
La Suprema corte, con una articolata sentenza, ripercorre «l'evoluzione» del dato catastale da
«mero riferimento fiscale» a «elemento essenziale, a pena di nullità, dello stesso atto di
trasferimento di qualsiasi diritto reale immobiliare», divenuto oramai «requisito necessario e
sufficiente di determinazione dell'esatta consistenza dell'oggetto di tale atto».
La mancata indicazione
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Secondo la Cassazione, infatti, «la mancata espressa indicazione, nel pignoramento e nella
nota di trascrizione ed in difetto di ulteriori altrettanto univoci elementi in senso contrario, dei
dati catastali propri, esclusivi ed univoci di una pertinenza, a fronte della espressa indicazione
di quelli diversi e distinti di altri beni e soprattutto della cosa principale integra — in
applicazione del principio inclusio unius exclusio alterius — un sicuro elemento contrario
all'estensione del pignoramento a quella specifica pertinenza, a prescindere da ogni indagine
sulla sussistenza o meno del vincolo pertinenziale».
Il bene catastalmente censito
«Ove quindi il bene, che possa in astratto configurarsi come una pertinenza - prosegue la
sentenza -, sia dotato di per sé solo di univoci ed esclusivi dati identificativi catastali (tali cioè
da identificare quello e soltanto quello) ed a meno che nel pignoramento e nella nota non si
riesca a far menzione del medesimo con idonei ed altrettanto univoci riferimenti al primo, non
sia indicato con tali suoi propri dati nel pignoramento e nella nota, riferiti essendo questi ultimi
in modo espresso soltanto ad altri beni compiutamente identificati con loro propri ed
altrettanto esclusivi dati catastali, correttamente non va ritenuto esteso ai primi il
pignoramento dei secondi: e tanto proprio perché tale situazione comporta un'obiettiva diversa
risultanza dall'atto di pignoramento e soprattutto dalla sua nota di trascrizione, idonea a
rendere inoperante la presunzione dall'art. 2912 cod. civ.».
L'irrilevanza del carattere pertinenziale
Da qui l'esclusione della rilevanza di ogni ulteriore indagine sulla natura pertinenziale o meno
del bene rispetto a quello pignorato «in quanto nel pignoramento, solo rilevante per fondare e
delimitare l'ambito della vicenda traslativa culminata nel decreto di trasferimento e stando a
quanto risulta dal tenore letterale dei soli atti legittimamente esaminabili in questa sede, vi è
menzione dei (subalterni) nn. 3 e 5, ma non anche del n. 4 della medesima particella».
(Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto, 21 maggio 2014)
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Antincendio
Mediazione immobiliare

Mediazione immobiliare e pratiche commerciali scorrette
Il dovere di conformarsi al principio di correttezza, al quale il mediatore deve ispirare la sua
condotta professionale nell’esercizio dell’attività di mediazione e l’obbligo di usare la diligenza,
nell’adempimento della sua prestazione (che si svolge in ambito contrattuale), impongono
all’agente immobiliare di fornire ai clienti tutte le informazioni relative all’affare a cui sono
interessati. Del resto gli stessi codici deontologici delle maggiori associazioni sottolineano
l’obbligo del mediatore di informare il cliente di tutte le difficoltà e condizioni dell’affare.
Il problema è che i mediatori non aderiscono alle associazioni di settore e, comunque, è
possibile che vi siano annunci immobiliari di vendita contenenti descrizioni non veritiere o
agenti immobiliari poco disponibili a fornire tutta la documentazione. In tali casi il cliente
dell’agente immobiliare può trovare tutela anche nella disciplina contenuta nel Codice del
consumo. Infatti, non va dimenticato che la pubblicità è sicuramente uno dei fattori
determinanti delle scelte di consumo e che l’impresa che utilizza il messaggio pubblicitario
deve garantire le promesse al pubblico.
Giuseppe, Bordolli, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, 15 maggio 2014, n. 952
Le pratiche commerciali scorrette
Il recepimento nell‘ordinamento interno della direttiva comunitaria 2005/29/CE, ha
indubbiamente rafforzato il ruolo dell‘Autorità Garante della concorrenza e del mercato nella
tutela amministrativa del consumatore, rendendola ben più incisiva e ampia di quella prevista
in precedenza e limitata alla repressione della pubblicità ingannevole.
Per tale ragione, del resto, il D.Lgs. 146/2007 ha, contestualmente, ampliato i poteri
dell‘Autorità, allineandoli a quelli tipici dell‘azione amministrativa a tutela della concorrenza e
rendendo altresì più severe le misure sanzionatorie.
Ciò premesso bisogna ricordare che, ai sensi dell‘art. 18 del Codice del consumo (D.Lgs. 206
del 6 settembre 2005), così come modificato dal D.Lgs. 146/2007, si intende per:
- ―professionista‖: qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto
del presente titolo, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o
professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista;
- ―prodotto‖: qualsiasi bene o servizio, compresi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni;
- ―pratiche commerciali tra professionisti e consumatori‖: qualsiasi azione, omissione, condotta
o
dichiarazione,
comunicazione
commerciale
ivi
compresa
la
pubblicità
e
la
commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla
promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori;
- ―falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori‖: l‘impiego di una
pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere
una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura
commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
Il successivo art. 19 puntualizza, poi, che dette disposizioni trovano applicazione alle pratiche
commerciali scorrette tra professionisti e consumatori (poste in essere prima, durante e dopo
un‘operazione commerciale relativa a un prodotto). Inoltre l‘art. 20 sancisce, in apertura, il
divieto generale per il professionista di porre in essere pratiche commerciali sleali nei rapporti
con il consumatore. In particolare, una pratica commerciale è da ritenersi scorretta se
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contraria alle norme di diligenza professionale e se tale da falsare o essere idonea a falsare in
misura rilevante il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore
medio. Quest‘ultimo è un soggetto che si assume dotato di una discreta cultura generale, di
capacità e competenze di livello medio e al quale si richiede un certo grado/sforzo di diligenza
al momento dell‘acquisto e, in generale, nelle scelte di consumo.
Obbligo d’informazione e diligenza professionale
L‘art. 18, lett. h ), del Codice del consumo definisce la diligenza professionale, facendo
riferimento ai canoni generali della correttezza e buona fede, che fungono da parametro per
valutare il livello di competenza e attenzione che i consumatori possono ragionevolmente
aspettarsi da un professionista.
L‘obbligo di diligenza, così configurato, va valutato non alla stregua di criteri rigidi e
predeterminati, ma tenendo conto delle cautele e degli accorgimenti che le circostanze del caso
concreto suggeriscono o impongono. ù
Il mediatore, quindi, deve avere il normale grado della specifica competenza e attenzione che
ragionevolmente ci si può attendere da un operatore dello specifico settore di attività, avuto
riguardo alla qualità del professionista e alle caratteristiche dell‘attività svolta.
Tali considerazioni sono soprattutto collegate all‘obbligo d‘informazione che grava sugli
intermediari immobiliari.
A tale proposito merita di essere ricordato che l‘obbligo d‘informazione gravante sul mediatore
deve essere commisurato alla normale diligenza alla quale è tenuto a conformarsi
nell‘adempimento della sua prestazione il mediatore di media capacità.
Pertanto deve ritenersi che il suddetto obbligo riguardi non solo le circostanze note, ma tutte le
circostanze la cui conoscenza, in relazione all‘ambito territoriale in cui opera il mediatore, al
settore in cui svolge la sua attività e a ogni altro ulteriore utile parametro, sia acquisibile da
parte di un mediatore dotato di media capacità professionale con l‘uso della normale diligenza.
Il cliente, perciò, ha diritto di chiedere all‘intermediario una corretta informazione, secondo il
criterio della media diligenza professionale, il quale comprende, in senso positivo, l‘obbligo di
comunicare le circostanze a lui note o comunque, quelle conoscibili con l‘uso della diligenza
richiesta a un operatore professionale.
In ogni caso la misura degli obblighi informativi e la completezza delle informazioni rilevanti
deve essere valutata in funzione dell‘obiettivo della maggiore chiarezza e trasparenza e
assume peculiare rilevanza quando il mezzo di comunicazione sia caratterizzato da particolare
complessità, come nel caso dei mezzi di comunicazione elettronica.
Le informazioni ingannevoli
Si deve precisare che, secondo il Codice del consumo, per l‘illiceità di una pratica non basta la
contrarietà alla diligenza professionale: una pratica commerciale è sleale se è, inoltre, capace
di fuorviare in misura apprezzabile il comportamento economico del ―consumatore medio‖.
La disciplina delle pratiche commerciali ingannevoli ha quindi inteso salvaguardare la libertà di
autodeterminazione del consumatore da ogni erronea interferenza fin dal primo contatto
pubblicitario, imponendo dunque al mediatore un preciso onere di completezza e chiarezza
nella redazione della propria comunicazione d‘impresa.
In particolare, ai sensi degli artt. 21 e 22 del Codice del consumo, le pratiche commerciali
consistono nella diffusione di informazioni non veritiere o di informazioni che seppur
intrinsecamente corrette risultano idonee a ingannare il consumatore medio o nell‘omissione di
informazioni rilevanti.
È evidente che l‘accento viene posto sull‘effetto provocato dalla pratica commerciale, cioè
sull‘idoneità della stessa ad alterare la decisione cosiddetta commerciale del consumatore, il
quale non è, dunque, in grado di autodeterminarsi liberamente e consapevolmente.
In particolare una pratica commerciale è ingannevole non soltanto quando induce il
consumatore all‘acquisto della merce pubblicizzata, ma anche, più in generale, quando questi,
per effetto di un falso convincimento, venga ad assumere una decisione di natura commerciale
o decisioni non volute concernenti specifiche condizioni o clausole del contratto.
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Messaggio pubblicitario e prezzo di vendita inesatto
Il prezzo rappresenta senza dubbio il fattore di maggior rilevanza nella scelta dell‘acquisto di
un immobile.
Di conseguenza se il messaggio pubblicitario di un agente immobiliare indica il costo minimo
associabile a ogni particolare tipologia abitativa e non l‘effettivo corrispettivo, fornisce
un‘indicazione falsa o quanto meno non corretta relativamente alle condizioni economiche
praticate, sicuramente idonea a distorcere le valutazioni in termini di fattibilità e convenienza
economica rispetto all‘investimento proposto.
In altre parole se il contenuto informativo del messaggio descrive in maniera dettagliata la
composizione dell‘unità abitativa offerta in corrispondenza di ciascun livello di prezzo, il
destinatario del messaggio è ragionevolmente indotto a ritenere che a quel determinato prezzo
possa acquisire il possesso di un immobile avente le caratteristiche reclamizzate.
Tale situazione si verifica, ad esempio, se nel messaggio pubblicitario predisposto dall‘agente il
prezzo di vendita e la composizione dei diversi tagli di appartamento vengono specificati nei
termini seguenti: € 200.000 soggiorno, 1 camera, servizio, angolo cottura, balcone; €
300.000 soggiorno, 2 camere, doppi servizi, cucina, 2 balconi ecc.
Se però risulta che i prezzi degli appartamenti riportati nel messaggio costituiscono i prezzi
minimi delle specifiche tipologie di immobili pubblicizzati, il consumatore che decidesse di
acquistare l‘immobile in ragione delle condizioni economiche prospettate potrebbe
successivamente trovarsi a non poter perfezionare l‘acquisto al prezzo indicato.
Pertanto, la pratica commerciale, costituita dalla diffusione del messaggio pubblicitario sopra
descritto, risulta scorretta ai sensi degli artt. 20, comma 2, e 21 del Codice del consumo, in
quanto contraria alla diligenza professionale e idonea a falsare il comportamento del
consumatore medio cui è destinata.
Questa conclusione vale anche se il messaggio oggetto di contestazione non precisa che
l‘acquisto di un appartamento è vincolato alla contestuale acquisizione del relativo box
pertinenziale, con conseguente innalzamento del prezzo finale.
La mancata comunicazione da parte della promessa pubblicitaria di un agente immobiliare di
un tale riferimento è elemento idoneo a escludere la capacità del consumatore di valutare
serenamente la reale convenienza economica dell‘offerta pubblicizzata, sia con riferimento alla
stessa, sia rispetto alle offerte dei concorrenti.
Anche in quest‘ultimo caso, quindi, il messaggio, oltre a non essere conforme all‘ordinaria
diligenza ragionevolmente esigibile, deve ritenersi ingannevole in quanto, fornendo ai
consumatori informazioni non rispondenti al vero con riferimento alla natura facoltativa
dell‘acquisto di un box o posto auto in abbinamento all‘appartamento, è idonea a falsare in
misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio in relazione
all‘offerta dei professionisti ed è suscettibile di indurlo ad assumere una decisione di natura
commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
Immobile in vendita e informazioni ingannevoli
Non vi è dubbio che l‘assenza di una precisa indicazione circa le caratteristiche del bene
immobile offerto, assuma un carattere essenziale nella valutazione da parte dei consumatori
dell‘offerta stessa, tenuto conto del fatto che l‘eventuale acquisto di un immobile è preceduto
da una fase di ricerca e confronto delle varie offerte presenti sul mercato.
Così è certamente ingannevole il messaggio che menziona spazi verdi inesistenti o di minore
estensione rispetto a quanto promesso: infatti, per coloro che desiderano acquistare una casa
dotata di giardino, la promessa contenuta nel messaggio può senza dubbio far propendere per
l‘acquisto degli immobili proposti.
Ma il messaggio pubblicitario dell‘agente immobiliare è ingannevole anche quando riporta la
foto di un immobile che non è quello cui si riferisce l‘inserzione e, per tale motivo, appare
suscettibile di ingenerare nel consumatore un‘aspettativa di standard qualitativi superiori a
quelli che si possono invece riscontrare nell‘immobile in vendita, con conseguente pregiudizio
economico.
FIAIP News24, numero 11 - Giugno 2014
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Allo stesso modo il messaggio diffuso non può pubblicizzare la vendita di alcune unità
immobiliari, evidenziando l‘esistenza attuale di servizi rappresentati da centri commerciali,
scuole di ogni livello, autobus urbani ed extraurbani per collegamenti con il centro se, in realtà,
quanto promesso non esiste ancora.
In ogni caso è scorretto il messaggio che, in contrasto con la realtà, lascia intendere come gli
appartamenti offerti in vendita, si trovino in una posizione che consente a coloro che li abitano
di godere di una serie di servizi essenziali fruibili in un raggio di pochi metri, cioè senza doversi
spostare con la macchina.
In tal caso, infatti, il consumatore potrebbe essere indotto a non attivare ulteriori ricerche o a
interrompere quelle avviate, per poi rendersi conto, solo in un momento successivo, che
quanto pubblicizzato in ordine alle distanze tra gli immobili e i servizi della zona va riferito non
agli appartamenti in vendita ma a parametri diversi (per esempio la strada di ingresso del
centro residenziale).
Rapporto di mediazione
Non è raro che il messaggio sia ingannevole perché privo di indicazioni all‘interno del
messaggio circa la natura di mediatore immobiliare dell‘operatore pubblicitario e/o l‘esistenza
di commissioni di intermediazione.
Così siamo di fronte a un caso di pubblicità occulta, vietata dal Codice del consumo, se
nell‘inserzione sulla stampa o tramite Internet l‘agente si limita a indicare un telefono, accanto
a ciascun appartamento in vendita, senza precisare che si tratta del numero telefonico
dell‘agenzia.
In tal caso il consumatore medio è indotto a ritenere di trattare direttamente con il venditore e
non ha la consapevolezza di dover sostenere un ulteriore costo, relativo alla provvigione, in
caso di perfezionamento dell‘operazione.
Ma è ingannevole pure indicare nel depliant illustrativo la piena disponibilità a garantire servizi
aggiuntivi (verifica ipotecaria-catastale, verifica solvibilità del venditore ecc.) se, in realtà,
vengono garantite solo in casi eccezionali: in tal caso, infatti, il consumatore è indotto a
rivolgersi a questo mediatore che però solo in limitati casi garantisce una maggiore tutela.
Allo stesso modo è scorretto il messaggio che pubblicizza la possibilità per chi intenda vendere
un immobile di avvalersi dell‘attività di mediazione senza pagare alcuna provvigione se, al
contrario, risulta dalla lettera di incarico standard che il costo della mediazione è ricompreso
nel prezzo di vendita dell‘immobile, che viene aumentato d‘intesa tra agenzia e venditore.
La circostanza che il prezzo di vendita sia liberamente accettato dal venditore non può servire
a eliminare l‘effetto ingannevole determinato dal messaggio pubblicitario.
È evidente, infatti, che il prezzo di vendita sarà determinato sulla base di informazioni fornite
dalla società immobiliare, nella qualità di operatore esperto del mercato, che dovrà valutare
anche le concrete possibilità di collocare sul mercato l‘immobile e che tale prezzo sarà per il
venditore dell‘immobile comunque inferiore a quello che avrebbe potuto ottenere se non vi
fosse stato ricompreso il compenso da pagare al mediatore.
La reazione del consumatore-cliente del mediatore
L‘Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato può accertare e bloccare, su segnalazione
dei consumatori-clienti del mediatore (ma anche di propria iniziativa), le pratiche commerciali
scorrette sopra dette.
La segnalazione può avvenire tramite posta ordinaria, via fax (Ufficio protocollo) o compilando
e inviando on-line il modulo predisposto dall‘Autorità. Per consentire all‘Autorità di svolgere al
meglio il proprio compito di tutela è importante che i segnalanti forniscano, se disponibili, copia
dei documenti o dei messaggi per i quali si chiede l‘intervento. In ogni caso, dopo l‘inoltro di
una segnalazione all‘Autorità, non vi sarà ulteriore comunicazione, se non nella circostanza di
un eventuale avvio di istruttoria. In tal caso l‘Autorità può disporre, con provvedimento
motivato, la sospensione provvisoria delle pratiche commerciali scorrette, laddove sussista
particolare urgenza.
FIAIP News24, numero 11 - Giugno 2014
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Se poi viene accertata una pratica commerciale scorretta l‘Autorità, al termine dell‘istruttoria,
diffida i responsabili dal continuare a porla in essere e può infliggere una sanzione pecuniaria
da € 5.000 a € 5.000.000, in considerazione della gravità e della durata della violazione.
In caso, invece, di mancato avvio dell‘istruttoria nel termine di 180 giorni dal ricevimento della
segnalazione, quest‘ultima si intende definita con un‘archiviazione o un non luogo a
provvedere.
FIAIP News24, numero 11 - Giugno 2014
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Immobili

I contenuti dei processi di valorizzazione immobiliare
Il processo di valorizzazione di un immobile ha come obiettivo fondamentale l’incremento della
redditività attraverso la progettazione e realizzazione di una “nuova e precisa identità”
dell’immobile stesso. In alcuni casi il processo di valorizzazione si determina nelle sue fasi
conclusive (taglio delle superfici, materiali di rivestimento, reception ecc.) solo nel momento
dell’effettiva locazione dell’immobile oggetto del processo di valorizzazione e sulla base delle
preferenze espresse dall’ormai certo conduttore.
Oliviero Tronconi, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, 15 maggio 2014, n. 952
Il processo di valorizzazione ha come obiettivo fondamentale l‘incremento della redditività
attraverso la progettazione e realizzazione di una ―nuova e precisa identità‖ dell‘immobile
oggetto di valorizzazione; una nuova identità che parte dall‘individuazione del target di
riferimento dei potenziali locatori, per elaborare un progetto/processo integrato i cui obiettivi
fondamentali possono essere così generalmente e sinteticamente descritti:
- modificazione del layout distributivo interno nell‘obiettivo di incrementare la superficie utile e
affittabile;
- rifunzionalizzazione dell‘impiantistica (termica ed elettrica ecc.) in funzione dell‘ottenimento
di elevate prestazioni e del massimo risparmio energetico;
- utilizzazione, ove possibile, di fonti energetiche rinnovabili in funzione di supporto e
dimostrativa;
- realizzazione di un razionale cablaggio verticale e orizzontale per i sistemi di informatica
distribuita, di telecomunicazioni e di sicurezza ambientale e antintrusione;
- potenziamento dei vani tecnici (pavimenti flottanti, controsoffitti, cavedi e vani tecnici di
piano) in funzione dell‘ottenimento della massima elasticità funzionale e facile manutenibilità e
implementabilità dei sistemi impiantistici e dei sistemi di produttività-individuale (informatica
distribuita, telecomunicazioni);
- realizzazione di una nuova immagine architettonica dell‘edificio, cosa questa che molto
frequentemente viene ottenuta attraverso il radicale intervento sul sistema di chiusura
verticale esterna, che viene sostituito da nuove tecnologie di involucro: courtain wall, parete
ventilata, structural glazing, che prevedono l‘utilizzazione di materiali quali acciaio inossidabile
e vetri speciali;
- nuova concezione dell‘ingresso dell‘edificio (reception) che assume caratteristiche di spazio
architettonico qualitativo, ampio e luminoso in grado di corrispondere alle aspettative e al
profilo del (potenziale) locatore.
A questo proposito occorre sottolineare come in alcuni casi il processo di valorizzazione si
determini nelle sue fasi conclusive (taglio delle superfici, materiali di rivestimento, reception
ecc.) solo nel momento dell‘effettiva locazione dell‘immobile oggetto del processo di
valorizzazione e sulla base delle preferenze espresse dall‘ormai certo conduttore.
Nuovi modelli progettuali e impiantistici
L‘investitore che persegue obiettivi reddituali nella fase di investimento valuterà con grande
attenzione la redditività attuale, ma anche quella potenziale dell‘immobile in esame. Analizzerà
però anche le potenzialità di accrescimento di valore dell‘immobile nel tempo e soprattutto la
possibilità di una sua eventuale ricollocazione nel mercato (valorizzazione e/o dismissione).
In questo scenario la riqualificazione funzionale e impiantistica di un immobile assume una
grande rilevanza soprattutto in relazione alle carenze nella dotazione impiantistica che
caratterizza buona parte del patrimonio immobiliare del nostro Paese.
FIAIP News24, numero 11 - Giugno 2014
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Quello della dotazione impiantistica tradizionale e dei cosiddetti impianti speciali (sistemi di
sicurezza, building automation system, computer integrated building) costituisce il vero
―tallone di Achille‖ dei nostri edifici.
In generale, possiamo affermare che il settore immobiliare italiano affronta il tema della
qualità degli impianti e delle innovazioni tecnologiche con un certo ritardo rispetto ad altri
Paesi europei.
Tale ritardo trova origine in alcune caratteristiche che condizionano il settore degli impianti
tradizionali e degli impianti speciali nel nostro Paese:
- lunghi tempi di elaborazione e soprattutto di approvazione dei progetti;
- metodiche progettuali di matrice artigianale, non integrate, cui si collega una pressoché
sistematica carenza negli aspetti qualificativi del progetto preliminare, o di massima (obiettivinatura del progetto; definizione servizi-tecnologie, quadro normativo; stima dei costi), e del
progetto definitivo ed esecutivo;
- la non completa definizione del progetto nelle sue fasi iniziali origina a cascata una
molteplicità di problemi (errori, incompletezze, varianti) che complessificano le operazioni di
cantiere e incidono in maniera drammatica sui costi;
- la carente definizione del progetto non è tanto originata dalla scelta dei progettisti
architettonici di spicco (che secondo alcuni condizionano ―tutto il progetto‖), quanto dalla
mancata integrazione dell‘elemento architettonico con quello impiantistico, in un contesto
organizzato in grado di fornire come input al progettista precise ―linee guida condizionanti‖ e
successivamente di processare il prodotto ―progetto architettonico‖ integrandolo con gli altri
progetti specialistici e realizzando tutte le specifiche necessarie.
Il criterio base (in termini di organizzazione del lavoro progettuale) cui deve rispondere la
progettazione di un moderno edificio è l‘interdisciplinarietà rappresentata dalle diverse aree
specialistiche del progetto ( schema 1 ):
- progetto architettonico e strutturale;
- progetto layout (allestimento interno e space planning);
- progetto impiantistico (termico, idraulico, elettrico, sollevamenti ecc.);
- progetto computer integrated building (CIB).
Ovviamente, ognuna delle macro aree specialistiche individuate comprende ulteriori molteplici
specialismi.
L‘interdisciplinarietà del progetto e l‘inevitabile complessità (che deriva dalla gestione di questa
attività) devono essere governate con la metodologia del project management articolata in
termini di:
- definizione chiara degli obbiettivi-natura del progetto;
- pianificazione dell‘interscambio informativo e delle interrelazioni tra i diversi specialisti;
- standardizzazione degli elaborati di progetto, unitamente alla specificazione dei singoli
obiettivi di ogni area specialistica;
- definizione del contesto normativo (manuale delle norme, cioè dei criteri cui deve rispondere
la progettazione per il raggiungimento dei singoli obiettivi);
- controllo dei tempi e verifica del prodotto progettuale.
Questa impostazione interdisciplinare-manageriale deve poter essere salvaguardata anche
(soprattutto) nel caso in cui il committente (per la particolare rappresentatività dell‘intervento)
decida di rivolgersi a un progettista architettonico di spicco.
In questo caso sarà necessario offrire al gruppo di progetto un input (matrice di obiettivi)
estremamente preciso.
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Le sfide del nuovo mercato
Purtroppo questa impostazione metodologica del progetto non è ancora diffusa nell‘ambito del
mondo professionale del nostro Paese. Oggi, però, i principali esponenti del mondo
dell‘investimento immobiliare hanno una ben precisa consapevolezza e orientamento verso la
qualità del prodotto edificio.
Infatti, l‘investimento immobiliare comporta l‘impiego di risorse economiche ingenti, cosa
questa che eleva inevitabilmente la soglia della qualità del prodotto da offrire sul mercato.
Da questo deriva la necessità di fondare le complesse e rischiose iniziative di investimento
immobiliare su progetti integrati di qualità, spinti a un elevato livello di dettaglio tecnico ma
anche economico, nell‘obiettivo di evitare ―sorprese‖ nella fase realizzativa (incremento dei
costi dovuti a varianti in corso d‘opera e dilatazione dei tempi di lavoro in cantiere).
Gli operatori più accorti del mondo immobiliare vogliono progetti di qualità, ma anche
informazioni estremamente precise sui costi di gestione annuali di un edificio, complessivi delle
attività di manutenzione riparativa (a guasto) e delle attività di manutenzione straordinaria dei
più importanti subsistemi edilizi e impiantistici lungo un arco temporale spesso proiettato sui
10-12 anni.
La sfida che pone il ―nuovo mercato immobiliare‖ è quella di un nuovo livello di qualità del
progetto e, una volta realizzato l‘edificio, di un‘adeguata gestione dei servizi in termini di
property e facility management. Vedremo, nei prossimi anni, se la struttura progettuale e di
erogazione dei servizi di property e facility management del nostro Paese riuscirà a rispondere
positivamente a questa sfida. In caso contrario il rischio è che il mercato europeo delle nuove,
più o meno grandi, realizzazioni sia dominato da organizzazioni di altri Paesi.
Alcuni segnali negativi in questa direzione già emergono: basta analizzare i nomi dei progettisti
e dei gestori di servizi delle più importanti realizzazioni in atto o ultimate in Italia.
I costi di gestione e la loro progettazione
Tra le esigenze degli investitori immobiliari acquista sempre maggiore importanza quella di
definire con precisione, in fase progettuale, i criteri/costi di gestione globali dell‘edificio. È
evidente come diverse proposte progettuali dovranno evidenziare la durata della soluzione e
tecnologia proposta, i criteri di manutenzione e le problematiche derivanti dal piano della
gestione. Questo per quanto riguarda sia gli aspetti architettonici, sia gli impianti, che la
tecnologia di integrazione dei sistemi e, più in generale, il complesso di servizi che sono
necessari per mantenere in funzione l‘edificio.
Una progettazione in grado di offrire soluzioni a questa scala può essere solo una
progettazione integrata sotto la direzione di una struttura di project management.
FIAIP News24, numero 11 - Giugno 2014
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La funzione del project management o system integrator di disegno e gestione
dell‘integrazione dei diversi contributi progettuali avrà importanti ricadute in fase di
realizzazione dell‘edificio, essa costituisce un forte presidio della qualità (dell‘intelligenza
dell‘edificio-abitazione) perché sollecita i diversi progettisti a soddisfare le specifiche esigenze
dell‘utente senza rinchiudersi in soggettivismi e astrattezze progettuali.
Il vantaggio per il committente sarà anche quello d‘avere molti artefici, ma un solo
responsabile del progetto: questo semplifica i problemi ed evita equivoci nell‘attribuzione dei
compiti e delle responsabilità. Gli elementi principali per definire una base progettuale valida e
quindi anche orientata ad affrontare i problemi della gestione e della manutenzione dell‘edificio
possono essere così brevemente sintetizzati: adeguata organizzazione di un gruppo di lavoro
integrato, in grado di processare ogni contributo progettuale più o meno esterno al gruppo
stesso; gestione della visione del progetto secondo metodologie di project management;
corretta definizione degli obiettivi e della natura del progetto; realizzazione di un articolato e
preciso ―project definition‖ o progetto di fattibilità contenente tutti gli elementi qualificanti del
progetto (analisi fabbisogni, rapporto organizzazione-scelte tecnologiche, definizione del profilo
dei servizi, individuazione dei criteri gestionali ecc.); definizione delle problematiche gestione
complessive dell‘edificio-abitazione.
II ruolo dei progettisti
Il simbolo della produzione industriale, quella a cavallo delle due grandi ondate
dell‘innovazione tecnologica (ferrovia-automobile), è stata la fabbrica moderna irta di
ciminiere, ricca di macchine utensili, in cui si è sviluppata l‘organizzazione tayloristica del
lavoro.
Il simbolo dell‘economia post-industriale, in fase di accentuata mondializzazione, l‘elemento
caratterizzante le metropoli dell‘era informatica e telematica, è l‘edificio terziario. Gli edifici
terziari costituiscono infatti le moderne ―fabbriche di informazioni e servizi‖ della società postindustriale.
Questo fenomeno comporta la trasformazione del prodotto architettonico da struttura rigida in
un contenitore di attività specializzate in cui diviene fondamentale l‘elemento della qualità delle
prestazioni fornite, grazie alla ricca dotazione impiantistica e tecnologica.
Il paradigma esemplificativo di questa tipologia di edifici è l‘―edificio intelligente‖: (1) un
edificio in grado di permettere implementazioni e modificazioni spaziali, organizzative e
funzionali in tempi brevi e a costi bassi, senza compromettere le normali attività che al suo
interno si svolgono.
Un edificio capace di garantire attraverso i suoi impianti tradizionali e speciali (sistemi
informativi, sistemi di comunicazione, sistemi di controllo e gestione degli impianti, sistemi di
sicurezza) il massimo comfort, risparmio energetico, sicurezza a tutti coloro che occupano e/o
frequentano i suoi spazi. Lo spazio domestico è stato anch‘esso, seppur con modalità meno
evidenti e più lentamente, profondamente ―toccato‖ dai risultati dell‘innovazione tecnologica.
Il nuovo scenario dell’abitare
Solo negli ultimi anni vi è stata una significativa ripresa dell‘attenzione della cultura ai temi
dell‘innovazione tecnologica e della modificazione dei comportamenti in ambito domestico.
Il fenomeno della diffusività in ambito sociale delle nuove tecnologie info-telematiche ha
camminato di pari passo con l‘enorme incremento dei consumi e la modificazione dei
comportamenti (domestici e sociali) che ha investito il mondo occidentale.
«Le forme dell‘abitare che noi conosciamo sono sempre più inadeguate a soddisfare nuovi e
vecchi bisogni della famiglia urbana contemporanea. Le abitazioni sono diventate piccole,
malgrado la riduzione di dimensioni della famiglia, insufficienti a contenere le molteplici attività
dell‘abitare (...). La casa si è trasformata da luogo passivo, destinata ad attività di recupero
fisico e psichico, a luogo attivo, centro di produzione e di consumo di beni, di utilizzazione di
servizi». (2)
Da questo scenario deriva anche una maggiore intercambiabilità dei ruoli e delle attività che si
svolgono nella casa, con la richiesta quindi di maggiore flessibilità e trasformabilità dello spazio
domestico. La plurifunzionalità dello spazio cui si connette l‘incremento di specializzazione delle
FIAIP News24, numero 11 - Giugno 2014
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attività (precedentemente richiamato) avviene in forza delle nuove prestazioni-servizi resi
possibili dalle nuove tecnologie.
È quindi evidente come il concetto di spazio, nella casa attuale, si determini nel concreto in
rapporto all‘utilizzo di impianti e tecnologie, e che l‘esigenza di modificare lo spazio del proprio
alloggio sia in una sempre più stretta relazione a modalità-criteri d‘uso d‘apparati
impiantistico-tecnologici.
E, come scrive Lemure: «La responsabilità degli architetti e più in generale dei progettisti verso
la collettività è quella di interpretare nella maniera giusta non il passato, ma il futuro e questa
mobilità, questo continuo accelerarsi della vita e delle esigenze». (3)
In effetti la funzionalità di un‘abitazione, il suo grado di comfort e di qualità delle prestazioniservizi, quindi di vivibilità dello spazio, è in larga parte determinato dalla componente
impiantistica tradizionale intrecciata con una nuova tipologia di impianti a corrente debole. Una
nuova tecnologia in grado di assicurare anche una gestione e controllo più efficaci dell‘abitare
nel suo complesso e delle attività che al suo interno si svolgono: la domotica o tecnologia di
automazione domestica (home automation).
Dall’edificio al territorio
La tecnologia di integrazione dei sistemi, che è alla base dell‘edificio intelligente (computer
integrated building) e della domotica, manifesta anche enormi potenzialità nelle applicazioni a
scala territoriale. In diversi Paesi europei, e soprattutto negli USA, gli esempi sono molteplici e
non a caso in Francia si è coniato un nuovo termine, ―urbatique‖ (che potremmo tradurre come
―urbatica‖: neologismo che unisce la parola urbanistica e informatica) per evidenziare
l‘importanza di dotare il territorio di una nuova e fondamentale infrastruttura info-telematica.
II principale ostacolo allo sviluppo della tecnologia a questa scala applicativa è rappresentato
dalle difficoltà connesse alla definizione istituzionale e organizzativa dei nuovi servizi
urbani/territoriali, e quindi alla loro promozione commerciale.
L‘incrocio fra le istituzioni/enti potenziali utilizzatori delle nuove tecnologie di integrazione dei
sistemi a scala territoriale estesa e le applicazioni tecnologiche specifiche dà origine a un
campo di utilizzi vastissimo.
Esso spazia dai sistemi di centralizzazione semaforica e di controllo del traffico alla possibilità
per le aziende elettriche municipalizzate di leggere i contatori domestici con un sistema a onde
convogliate, per arrivare a offrire informazioni e servizi al pubblico, passando attraverso il
controllo e la gestione degli impianti di riscaldamento a distanza e il sostegno a domicilio
(telemedicina) di disabili e anziani.
Non ci soffermeremo più di tanto su questo argomento, ci limiteremo a osservare che il
mercato non potrà che svilupparsi sotto la spinta dell‘innovazione tecnologica e grazie alla
crescita della domanda di qualità e sicurezza dell‘ambiente urbano espressa dai cittadini e dalle
organizzazioni del mondo occidentale.
----(1) O. Tronconi (a cura di), L’edificio intelligente. L’innovazione informatica, telematica e dei
sistemi di automazione per il settore delle costruzioni , Milano, 1990.
(2) F. Tosi, F. Rossetti, L’intelligenza della casa , Firenze, 1991.
(3) C. Lemure, Abitare e abitazioni , Milano, 1984.
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Catasto

Catasto dei fabbricati: al via la revisione
Il nuovo sistema estimativo del catasto dei fabbricati, che opererà su tutto il territorio
nazionale, si baserà non solo sulle rendite, ma anche sui valori patrimoniali. Per le unità
immobiliari a destinazione catastale ordinaria, e in particolare per i fabbricati classificati
nell’attuale gruppo A, l’unità di consistenza sarà il metro quadrato e non più i vani. Le
destinazioni catastali saranno distinte soltanto in ordinarie e speciali (fabbricati classificati
nell’attuale gruppo D), con esclusione quindi di quelle particolari (fabbricati classificati
nell’attuale gruppo E). Sono queste le novità di rilievo previste dalla revisione del catasto dei
fabbricati di cui all’art. 2 della legge 23/2014. Entrando nello specifico, è utile ricordare che la
revisione in esame sarà effettuata con decreti legislativi e sulla base di specifici principi e criteri
direttivi. Tali principi e criteri direttivi possono essere così sintetizzati.
Antonio Piccolo, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, 15 maggio 2014, n. 952
Partecipazione dei comuni
La revisione della disciplina relativa al sistema estimativo del catasto dei fabbricati ha previsto
il coinvolgimento dei comuni, nonché delle unioni o delle associazioni degli stessi, sul cui
territorio sono ubicati gli immobili. La partecipazione di questi enti locali, che sono interessati
anche alla tassazione degli immobili ancora non censiti (fabbricati cosiddetti ―fantasma‖),
dovrà assicurare il coordinamento con il processo di attivazione delle funzioni catastali
decentrate. Tali enti, che opereranno naturalmente congiuntamente con l‘Agenzia delle
entrate-territorio, avranno a disposizione tutti gli strumenti idonei a rendere agevole
l‘individuazione ed, eventualmente, il corretto classamento (che dovrebbe essere determinato
sulla base delle caratteristiche intrinseche ed estrinseche delle unità immobiliari):
- degli immobili non censiti, oppure che non rispettano la reale consistenza di fatto, la relativa
destinazione d‘uso o la categoria catastale attribuita
- dei terreni edificabili accatastati come agricoli;
- dei fabbricati abusivi.
A tal fine saranno individuati specifici incentivi e forme di trasparenza e valorizzazione delle
attività di accertamento svolte dai comuni. Il punto centrale per la definizione dei relativi
moduli organizzativi, che dovranno facilitare la condivisione dei dati e dei documenti, sarà la
procedura telematica.
Destinazioni d’uso
Un altro principio e criterio direttivo importante, ai fini del sistema estimativo, è quello di
definire gli ambiti territoriali del mercato immobiliare di riferimento. Ma rilevante è anche la
regola di semplificare le procedure sia di esercizio delle funzioni catastali decentrate, comprese
quelle di regolarizzazione degli immobili di proprietà pubblica, sia di incasso e riversamento dei
diritti e dei tributi speciali catastali. In ogni caso i tecnici dovranno operare con riferimento ai
rispettivi valori normali, approssimati dai valori medi ordinari, espressi dal mercato nel triennio
antecedente l‘anno di entrata in vigore del decreto legislativo. Dal punto di vista catastale sono
previste nuove definizioni delle destinazioni d‘uso dei fabbricati. Esse saranno distinte in
ordinarie e speciali, tenendo conto sia delle mutate condizioni economiche e sociali, sia delle
conseguenti diverse utilizzazioni degli immobili.
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Valori patrimoniale e di mercato
La norma delega, nel prevedere che la revisione della disciplina relativa al sistema estimativo
del catasto dei fabbricati dovrà tenere conto sia del valore patrimoniale, sia del valore di
mercato, ha stabilito che il valore patrimoniale medio ordinario deve essere determinato
secondo i seguenti parametri:
A. per le unità immobiliari a destinazione ordinaria, cioè per i fabbricati classificati attualmente
nei gruppi catastali A, B e C, mediante un processo estimativo che:
- applica il metro quadrato come unità di consistenza, specificando i criteri di calcolo della
superficie dell‘unità immobiliare;
- utilizza funzioni statistiche (che dovranno essere pubblicate) idonee a esprimere la relazione
tra il valore di mercato, la localizzazione e le caratteristiche edilizie dei beni per ciascuna
destinazione catastale e per ciascun ambito territoriale anche all‘interno di uno stesso comune.
Qualora i valori non potranno essere determinati sulla base delle citate funzioni statistiche, si
applicherà la seguente metodologia concernente i fabbricati a destinazione speciale;
B. per le unità immobiliari a destinazione speciale, cioè per i fabbricati classificati attualmente
nel gruppo catastale D, mediante un processo estimativo che opera sulla base di procedimenti
di stima diretta con l‘applicazione di metodi standardizzati e di parametri di consistenza
specifici per ciascuna destinazione.
Qualora non sia possibile fare riferimento diretto ai valori di mercato, si dovrà utilizzare
alternativamente:
- il criterio del costo, per i fabbricati a carattere prevalentemente strumentale;
- il criterio reddituale, per i fabbricati per i quali la redditività costituisce l‘aspetto prevalente.
La quantificazione della rendita media ordinaria (reddito fondiario o catastale) avverrà
mediante utilizzo di funzioni statistiche atte a esprimere la relazione tra i redditi medi da
locazione (reddito effettivo), la localizzazione e le caratteristiche edilizie dei beni per ciascuna
destinazione e per ciascun ambito territoriale, qualora sussistano dati consolidati nel mercato
delle locazioni. Qualora non vi sia un consolidato mercato delle locazioni, ai valori patrimoniali
si applicheranno specifici tassi di redditività desumibili dal mercato, nel triennio antecedente
l‘anno di entrata in vigore del decreto legislativo. Per stare al passo del mercato la norma
delega ha opportunamente previsto meccanismi di adeguamento periodico dei valori
patrimoniali e delle rendite catastali. In ogni caso non si potrà supera il valore di mercato. Si
ricorda infine - per completezza espositiva - che con circ. n. 6 del 30 novembre 2012 l‘Agenzia
del territorio, nel fornire importanti indicazioni di carattere tecnico-estimativo per la
determinazione delle rendite catastali relative alle unità immobiliari a destinazione speciale e
particolare, ha precisato fra l‘altro che la rendita catastale può essere determinata sulla base
del più probabile canone di locazione, anche se la possibilità di attingere al mercato delle
locazioni è, allo stato attuale, fortemente limitata dalla circostanza che le informazioni
desumibili dai contratti di locazione, in ordine al periodo censuario 1988-1989, non contengono
i riferimenti catastali. Infatti, solo di recente, con il comma 15 dell‘art. 19 del D.L. 78/2010
(convertito dalla legge 122/2010), è stato introdotto l‘obbligo di indicare gli identificativi
catastali nei contratti di locazione, circostanza che peraltro consente ai soggetti interessati di
evitare la presentazione della dichiarazione IMU.
Fabbricati storici o artistici
Per espressa disposizione della norma delega i fabbricati storici o artistici, con vincolo diretto,
avranno un trattamento di favore. Infatti, per le unità immobiliari riconosciute di interesse
storico o artistico, come individuate ai sensi dell‘art. 10 del vigente D.Lgs. 42/2004, la lett. m )
del comma 1 ha previsto adeguate riduzioni sia del valore patrimoniale medio ordinario, sia
della rendita media ordinaria. Tali riduzioni dovranno tenere conto dei gravosi oneri di
manutenzione e di conservazione, compreso il restauro, nonché della complessità dei vincoli e
della particolare circolazione giuridica dei fabbricati stessi. Vedremo se il carico fiscale di questi
fabbricati singolari sarà davvero alleggerito. Da ultimo si ricorda la precisazione dell‘Agenzia
del territorio, secondo cui l‘inquadramento nella categoria catastale A/9 (castelli, palazzi di
eminenti pregi artistici o storici) dipende esclusivamente dalle caratteristiche costruttive e
tipologiche proprie del fabbricato, per cui l‘attribuzione di tale categoria non è direttamente
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connessa all‘avvenuto riconoscimento dell‘interesso storico o artistico dell‘immobile (circ. n. 5
del 9 ottobre 2012).
Commissioni censuarie
Il comma 3 ha previsto anche l‘emanazione di un provvedimento legislativo volto a ridefinire le
competenze e il funzionamento sia delle commissioni censuarie provinciali, sia della
commissione censuaria centrale. Tale provvedimento, che avrà cura di prevedere altresì la
validazione delle funzioni statistiche e le procedure deflative del contenzioso, dovrà modificare
la composizione di dette commissioni assicurando comunque la presenza di:
- rappresentanti dell‘Agenzia delle entrate-territorio;
- rappresentanti degli enti locali, i cui criteri di nomina saranno fissati d‘intesa con la
Conferenza Stato-città e autonomie locali;
- professionisti, tecnici e docenti qualificati in materia di economia e di estimo urbano e rurale;
- esperti di statistica e di econometria anche indicati dalle associazioni di categoria del settore
immobiliare (Assoedilizia, Confedilizia, Sicet, Sunia);
- magistrati appartenenti alla giurisdizione sia ordinaria (ad esempio giudici del tribunale) che
amministrativa (per esempio giudici del TAR);
- rappresentanti delle province autonome di Trento e Bolzano, per le commissioni censuarie
provinciali di Trento e di Bolzano.
Dall‘attuazione anche di questa previsione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico
dello Stato. A tal fine, come stabilito dal successivo comma 4, devono prioritariamente essere
utilizzate le strutture e le professionalità esistenti nell‘ambito delle Amministrazioni pubbliche.
Trasparenza del processo di revisione
I decreti legislativi da emanare dovranno altresì assicurare la cooperazione tra l‘Agenzia delle
entrate-territorio e i comuni, con particolare riferimento alla raccolta e allo scambio delle
informazioni necessarie all‘elaborazione dei valori patrimoniali e delle rendite catastali. I
relativi piani operativi, che saranno concordati tra l‘Agenzia e i comuni, dovranno anche
potenziare e semplificare la possibilità di accesso da parte dei comuni, dei professionisti e dei
cittadini ai dati catastali. In assenza di tali piani, l‘Agenzia delle entrate-territorio provvederà a
determinare, in via provvisoria, valori e rendite che esplicheranno efficacia fino all‘attribuzione
definitiva. L‘Agenzia dovrà garantire la coerenza dei valori e dei redditi rispetto ai dati di
mercato nei rispettivi ambiti territoriali. Ai fini delle rilevazioni la stessa Agenzia avrà la
possibilità di impiegare i tecnici indicati dagli albi professionali, stipulando apposite convenzioni
senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, nonché di utilizzare i dati e le
informazioni forniti direttamente dai contribuenti per i propri fabbricati. In aggiunta alla notifica
mediante affissione all‘albo pretorio, verranno utilizzati, in deroga alle disposizioni dell‘art. 74
della legge 342/2000, adeguati strumenti di comunicazione, anche collettiva, compresi quelli
telematici, per portare a conoscenza degli intestatari catastali le nuove rendite.
Province e regioni autonome
Le citate funzioni amministrative saranno esercitate anche dalle province autonome di Trento e
di Bolzano, ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. 280/2001, nonché dalla regione autonoma e
dagli enti locali della Valle d‘Aosta, ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. 142/2007. Al riguardo,
d‘intesa con la regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, verrà rivista la disciplina della
notificazione degli atti tavolari.
Riflessi tributari
Le vigenti norme che regolano il sistema catastale dei fabbricati saranno riordinate, variando
e/o abrogando disposizioni. La revisione riguarderà anche le sanzioni tributarie previste per la
violazione di norme catastali. Ai fini fiscali dovrà essere individuato, alla fine del processo di
revisione catastale, il periodo di imposta dal quale sono applicati le nuove rendite e i nuovi
valori patrimoniali. Un altro principio importante è quello di garantire l‘invarianza del gettito
delle singole imposte il cui presupposto e la cui base imponibile sono influenzati dalle stime di
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valori patrimoniali e rendite. A tal fine, contestualmente all‘efficacia impositiva dei nuovi valori,
dovrà operare la modifica delle relative aliquote, delle eventuali deduzioni, detrazioni o
franchigie, finalizzate a evitare un aggravio del carico fiscale, con particolare riferimento alle
imposte sui trasferimenti (registro, IVA) e all‘IMU. In ogni caso si terrà conto dei fabbricati
cosiddetti ―non di lusso‖ e, nel caso delle detrazioni relative all‘IMU, delle condizioni socioeconomiche e della composizione del nucleo familiare, come rappresentate nell‘indicatore della
situazione economica equivalente (ISEE). In passato l‘invarianza del gettito si è rivelata
un‘utopia. La norma delega prevede anche che, in aggiunta alla tutela giurisdizionale (ricorso
dinanzi alle Commissioni tributarie), sia data ai contribuenti la possibilità di evitare il
contenzioso sull‘attribuzione delle nuove rendite avvalendosi anche dell‘istituto dell‘autotutela,
con obbligo di risposta da parte dell‘ufficio entro 60 giorni dalla presentazione della relativa
istanza. Al riguardo si ricorda che tutti gli atti amministrativi che hanno la comune finalità
dell‘accertamento della sussistenza e dell‘entità del debito tributario, compresi gli atti di
accertamento catastale, sono equivalenti (conforme, Corte Cost., sent. n. 313 del 6 dicembre
1985). Parimenti utile è rimarcare che la rendita catastale costituisce l‘unico parametro di
riferimento per la determinazione della base imponibile di una serie di tributi (conforme, per
tutti, Ag. territorio, circ. n. 1/T del 17 marzo 2003; Cass., Sez. trib., sent. n. 17698 del 2
settembre 2004, n. 10037 del 24 giugno 2003 e n. 5871 del 20 aprile 2001). Infine i decreti
legislativi dovranno prevedere un regime fiscale agevolato che incentivi la realizzazione di
opere di adeguamento dei fabbricati alla normativa in materia di sicurezza e di riqualificazione
energetica e architettonica. Per le unità immobiliari colpite da eventi sismici o da altri eventi
calamitosi, invece, saranno stabilite riduzioni del carico fiscale che tengano conto delle
condizioni di inagibilità o dell‘assenza di utilizzo causate da tali eventi.
Considerazioni conclusive
La revisione del catasto dei fabbricati si preannuncia complessa e ardua, ma i presupposti per
fare bene, cioè creare un sistema estimativo più equo, ci sarebbero. Troppi anni sono passati a
dibattere sulla riforma del catasto, senza raggiungere alcun risultato concreto. Dopo l‘entrata
in vigore dell‘ICI (1 gennaio 1993), istituita e disciplinata dal D.Lgs. 504/1992, cioè del tributo
più ―pesante‖ nel panorama della fiscalità locale, è emersa la necessità di avere un sistema
estimativo equo. Si è tentato con i commi 154-156 dell‘art. 3 della legge 662/1996 (―collegato‖
alla Finanziaria 1997), con i quali è stata concessa al Governo la delega per la revisione
generale del catasto urbano (D.P.R. 138/1998), compresa la revisione dei criteri di
accatastamento dei fabbricati rurali previsti dall‘art. 9 del D.L. 557/1993 (convertito dalla
legge 133/1994), provvedendo all‘istituzione di una categoria di immobili a destinazione
speciale per il classamento dei fabbricati strumentali (D.P.R. 139/1998). Occorrerebbe ora
partire da quei primi ma fondamentali passi.
Quadro generale delle attuali categorie catastali
(fra le parentesi sono indicate le possibili corrispondenti categorie future, come già
stabilito dall’allegato B del D.P.R. 138/1998).
Immobili a destinazione ordinaria
Gruppo A
Categorie
Tipologia
A/1
(R/1) Abitazioni di tipo signorile
A/2
(R/1)
Abitazioni di tipo civile
A/3
(R/1)
Abitazioni di tipo economico
A/4
(R/1)
Abitazioni di tipo popolare
A/5
(R/1)
Abitazioni di tipo ultrapopolare
A/6
(R/3)
Abitazioni di tipo rurale
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A/7
(R/2)
Abitazioni in villini
A/8
(R/2)
Abitazioni in ville
A/9
(P/5)
Castelli e palazzi di eminenti pregi artistici o storici
A/10
(T/7)
Uffici e studi privati
A/11
(R/3)
Abitazioni e alloggi tipici dei luoghi (rifugi di montagna, baite, trulli, sassi)
Gruppo B
Categorie
B/1
(P/1)
B/2
(P/2)
Tipologia
Collegi e convitti, educandati, ricoveri, orfanotrofi,
seminari e caserme
Case di cura e ospedali (senza fine di lucro)
B/3
(P/3)
Prigioni e riformatori
B/4
(P/4)
Uffici pubblici
B/5
(P/4)
Scuole e laboratori scientifici (osservatori astronomici, meteorologici)
B/6
(P/5)
B/7
(V/4)
Biblioteche, pinacoteche, musei, gallerie, accademie che non hanno sede in
edifici della categoria A/9 e circoli ricreativi (senza fine di lucro)
Cappelle e oratori non destinati all‘esercizio pubblico dei culti
B/8
(T/2)
Magazzini sotterranei per deposito di derrate
ospizi,
conventi,
Gruppo C
Categorie
C/1
(T/1)
Tipologia
Negozi e botteghe
C/2
(T/2)
Magazzini e locali di deposito (cantine e soffitte disgiunte dall‘abitazione)
C/3
(T/2)
Laboratori per arti e mestieri
C/4
(T/3)
Fabbricati e locali per esercizi sportivi (senza fine di lucro)
C/5
(V/2)
Stabilimenti balneari e di acque curative (senza fine di lucro)
C/6 (R/4 - T/5
T/6)
Stalle, scuderie, rimesse, autorimesse (box, posti auto, autosilos)
C/7
Tettoie chiuse o aperte
(T/2)
Immobili a destinazione speciale
Gruppo D
Categorie
Tipologia
D/1
(Z/1) Opifici
D/2
(Z/4)
Alberghi, pensioni e residence (con fine di lucro)
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D/3
(Z/5)
D/4
(V/5)
Teatri, cinematografi, sale per concerti e spettacoli, arene, discoteche e
parco-giochi (con fine di lucro)
Case di cura e ospedali (con fine di lucro)
D/5
(Z/3)
Istituti di credito, cambio e assicurazione (con fine di lucro)
D/6
(V/6)
Fabbricati, locali, aree attrezzate per esercizi sportivi (con fine di lucro)
D/7
(Z/1)
D/8
(Z/2)
D/9
(Z/8)
D/10
(Z/2)
D/11
(T/7)
Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un‘attività
industriale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali
trasformazioni
Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un‘attività
commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali
trasformazioni (fiere, outlet , spazi espositivi, mostre, mercati, porti
turistici)
Edifici galleggianti o assicurati a punti fissi del suolo, ponti privati soggetti a
pedaggio
Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole (compresi i
fabbricati destinati all‘attività agrituristica)
Scuole e laboratori scientifici privati
D/12
(Z/8)
Posti barca in porti turistici e stabilimenti balneari
Immobili a destinazione particolare
Gruppo E
Categorie
Tipologia
E/1
Stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi e aerei, impianti di
risalita (funivie, sciovie)
E/2
Ponti comunali e provinciali soggetti a pedaggio
E/3
E/5
Costruzioni e fabbricati per speciali esigenze pubbliche (stazioni di servizio
per la vendita di carburanti, chioschi per bar ed edicole)
Recinti chiusi per speciali esigenze pubbliche (strutture per mercati, stand
amovibili per esigenze espositive)
Fabbricati costituenti fortificazioni e loro dipendenze
E/6
Fari, semafori, torri per rendere d‘uso pubblico l‘orologio
E/7
Fabbricati destinati all‘esercizio pubblico dei culti
E/8
Fabbricati e costruzioni nei cimiteri, esclusi i colombari, i sepolcri e le tombe
di famiglia
Edifici a destinazione particolare non compresi nelle categorie precedenti
del gruppo E (discariche per rifiuti con gestione senza fine di lucro)
E/4
E/9
Categorie catastali fittizie o entità urbane di tipo F
(immobili ai quali non è associabile alcuna rendita catastale)
Categorie
Tipologia
F/1
Aree urbane
F/2
Unità collabente (fabbricati diroccati, pericolanti, in disuso, ruderi)
F/3
Unità in corso di costruzione (unità immobiliari in corso di nuova
costruzione)
F/4
Unità in corso di definizione (per esempio, unità immobiliari in corso di
frazionamento o di fusione)
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F/5
F/6
Lastrici solari
Fabbricati in attesa di definizione (per esempio, fabbricati oggetto di
contenzioso tributario)
Così si determina la rendita catastale - A ciascuna unità immobiliare urbana appartenente
ai gruppi catastali ―A‖, ―B‖ e ―C‖ è attribuita una categoria e la classe, in relazione alle sue
caratteristiche e alla sua destinazione d‘uso. Di conseguenza, viene determinata la rendita
catastale. Per tali immobili la rendita catastale si ottiene moltiplicando la consistenza dell‘unità
immobiliare - espressa, rispettivamente, in vani, metri cubi e metri quadrati - per la tariffa
d‘estimo, specifica per comune e zona censuaria, corrispondente alla categoria e alla classe
assegnata all‘immobile stesso.
Per le unità immobiliari urbane appartenenti ai gruppi catastali ―D‖ ed ―E‖, invece, la rendita è
attribuita mediante una stima diretta.
Immobili senza rendita catastale - Ai sensi del comma 3 dell‘art. 3 del D.M. 28/1998, a
meno di una ordinaria autonoma suscettibilità reddituale, non costituiscono oggetto di
inventario i seguenti immobili:
a. manufatti con superficie coperta inferiore a 8 mq;
b. serre adibite alla coltivazione e protezione delle piante sul suolo naturale;
c. vasche per l‘acquicoltura o di accumulo per l‘irrigazione dei terreni;
d. manufatti isolati privi di copertura;
e. tettoie, porcili, pollai, casotti, concimaie, pozzi e simili, di altezza utile inferire a 1,80 m,
purché di volumetria inferiore a 150 metri cubi;
f. manufatti precari, privi di fondazione, non stabilmente infissi al suolo.
Prospetto principali caratteristiche tipologiche e costruttive delle più significative
categorie catastali a uso abitativo 1 (ris. min. 17.3.1994, prot. 257).
CATEGORIA A/1 (abitazioni signorili) - Unità immobiliari appartenenti a fabbricati ubicati in
zone di pregio con caratteristiche costruttive, tecnologiche, e di rifiniture e dotazione di
impianti e servizi di livello superiore a quello standard dei fabbricati di tipo residenziale.
Elevata superficie.
CATEGORIA A/2 (abitazioni civili) - Unità immobiliari appartenenti a fabbricati con
caratteristiche costruttive, tecnologiche, di rifiniture e dotazione di impianti e servizi di livello
rispondente alle locali richieste di mercato per fabbricati di tipo residenziale.
CATEGORIA A/3 (abitazioni economiche) - Unità immobiliari appartenenti a fabbricati con
caratteristiche di economia sia per i materiali impiegati che per la rifinitura e con impianti
tecnologici e servizi limitati, ma che comunque soddisfano i minimi standard attuali.
CATEGORIA A/4 (abitazioni popolari) - Unità immobiliari appartenenti a fabbricati con
caratteristiche costruttive e di rifiniture di modesto livello. Dotazione ordinariamente limitata
agli impianti e servizi indispensabili.
CATEGORIA A/5 (abitazioni ultrapopolari) - Unità immobiliari appartenenti a fabbricati
ordinariamente di non recente edificazione (e non oggetto di ristrutturazione) con
caratteristiche costruttive e di rifiniture vetuste. Insufficiente dotazione di impianti e di servizi
rispetto ai minimi standard attuali.
CATEGORIA A/7 (abitazioni in villino) - Per villino deve intendersi un fabbricato, anche se
suddiviso in unità immobiliari, avente caratteristiche tipologiche e costruttive tipiche (del
villino), nonché aspetti tecnologici e di rifinitura propri di un fabbricato di tipo civile e dotato,
per tutte o parte delle unità immobiliari, di aree cortilizie a giardino.
CATEGORIA A/8 (abitazioni in villa) - Ville devono intendersi quegli immobili caratterizzati
essenzialmente dalla presenza di parco e/o giardino, edificate di norma ma non esclusivamente
in zone urbanistiche destinate a tali costruzioni o in zone di pregio, con caratteristiche
costruttive e di rifiniture, di livello generalmente superiore all‘ordinario. Ampia consistenza e
dotazione di impianti e servizi. Possono anche identificare immobili aventi rilevanti caratteri
tipologici e architettonici in relazione all‘epoca di costruzione.
1Una più puntuale definizione delle caratteristiche è desumibile dalle ―unità tipo‖
rappresentative delle categorie e classe presenti in ogni comune o zona censuaria.
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Casi pratici
 Immobili
 VARIAZIONE CATASTALE SENZA EFFETTI SUL CONTRATTO
D. Sono parte di un contratto di comodato gratuito registrato, avente per oggetto un’unità
immobiliare costituita da due identificativi catastali (piano terra e primo piano). Per effetto
della ristrutturazione dell’immobile, l’agenzia del Territorio ha operato una "fusione con cambio
d’uso", cioè ha soppresso i due identificativi catastali indicati nel comodato in essere per creare
un nuovo, e unico, identificativo. Non esistendo più i due identificativi catastali originali, vorrei
sapere se l’attuale contratto di comodato è ancora valido oppure se deve essere redatto e
registrato un nuovo contratto di comodato, avente come riferimento il nuovo identificativo
catastale.
---R. La variazione catastale di unità immobiliari non influisce sulla validità del contratto di
locazione precedentemente stipulato, con gli estremi catastali originari. Se il contratto di
comodato è a tempo indeterminato non vi è necessità di segnalare alcuna variazione; se il
contratto, invece, è a tempo determinato (con un periodo di tempo specificato per la sua
efficacia), in sede di eventuale rinnovo si provvederà a inserire i nuovi dati identificativi
catastali.
(Luca Stendardi, Il Sole 24 ORE – L‘Esperto Risponde, 26 maggio 2014)

IL CERTIFICATO DI AGIBILITÀ È SEMPRE NECESSARIO
D. Nel 1958 un caseggiato di nuova costruzione era dichiarato abitabile dall'ufficio igiene e
sanità del Comune. Veniva però specificato che tale dichiarazione non comprendeva i locali
commerciali del piano terra, un locale commerciale del primo piano e le cantine poste al
secondo piano. Evidentemente, l'agibilità per questo tipo di locali non era prevista dalla
normativa dell'epoca. In uno di questi, di mia proprietà, non sono mai stati effettuati interventi
edilizi "pesanti", ma si è proceduto solo, nel 1987, alla costruzione di alcune pareti per la
suddivisione dell'unità immobiliare, dopo avere ottenuto l'approvazione del progetto da parte
del servizio edilizia privata del Comune, pagando tutti gli oneri relativi ed effettuando le
variazioni catastali .È obbligatorio chiedere comunque l'agibilità o sono già in regola?
---R. Il certificato di agibilità – di cui agli articoli 24 e 25 del Dpr 380/2001 – è obbligatorio anche
per i locali in cui si svolge un‘attività commerciale. Peraltro, tale obbligo era già stato normato
fin dal 1934, visto che il Rd 1265/1934 prevedeva già allora, agli articoli 220 e 221, che gli
edifici urbani o rurali non potessero essere abitati senza la relativa autorizzazione sanitaria.
(Massimo Sanguini, Il Sole 24 ORE – L‘Esperto Risponde, 26 maggio 2014)

CONTA SEMPRE LA QUALIFICA DI AREA EDIFICABILE
D. Possiedo un appezzamento di terreno edificabile, in zona certificata C2, "residenziale di
espansione", dove in realtà non si può costruire. Inoltre, dal 2011 lo stesso terreno è
sottoposto al vincolo di esproprio per pubblica utilità. È corretto versare l'Imu al 100 per cento,
come preteso dal Comune?
---R. Occorre innanzitutto premettere che la qualifica di area edificabile, ai fini dell'Imu, prescinde
dalle concrete possibilità di sfruttamento edificatorio del suolo e deriva esclusivamente
dall'inclusione del bene nell'ambito dello strumento urbanistico generale. Pertanto, in linea
generale, il lettore – proprietario del lotto edificabile – è comunque tenuto al versamento
dell‘Imu.Le circostanze descritte nel quesito possono però essere considerate utili nella
determinazione della base imponibile. Di norma, infatti, quest‘ultima è rappresentata dal valore
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di mercato al 1
gennaio di ciascun anno. Va, altresì, segnalato che gli stessi valori
eventualmente indicati dal Comune rappresentano esclusivamente valori di orientamento per il
contribuente. Se il lettore ritiene che il valore effettivo di mercato dell‘area edificabile di sua
proprietà sia inferiore, a causa dei vincoli descritti, ai valori deliberati dal Comune, avrà diritto
di versare l‘imposta su un importo inferiore. Sarà opportuno, in tal caso, premunirsi con una
perizia di parte, così da contrastare eventuali futuri accertamenti.
(Alberto Bonino e Gianni Marchetti, Il Sole 24 ORE – L‘Esperto Risponde, 26 maggio 2014)
 Fiscalità
 La presentazione di Unico e 730
Bonus casa al test della dichiarazione
Vanno compilati più righi se su uno stesso alloggio sono eseguiti lavori in anni
diversi o con incentivi diversi - DOPPIO PASSAGGIO - Debuttano nel modello le
detrazioni del 65% sul risparmio energetico e del 50% sui mobili
D. Sto compilando il modello 730/2014 (relativo ai redditi conseguiti nel corso del 2013) e
vorrei sapere come devo indicare la detrazione per le spese di ristrutturazione della mia
abitazione, in relazione a lavori che sono proseguiti nel 2013 dopo essere inziati nel 2012.
Il caso è questo: due anni fa, vale a dire nel 2012, ho avviato l'intervento, e ho speso 5.500
euro, portati in detrazione in Unico 2013. Quest'anno farò il modello 730, essendo diventato
nel frattempo pensionato, e devo portare in detrazione spese per altri 12.000 euro, relativi al
medesimo intervento edilizio iniziato nel 2012.
Come devo gestire la prosecuzione dei lavori nel modello 730? Va compilata la stessa riga e, in
caso di risposta positiva, come si indica la rata di detrazione?
---R. Per i contribuenti che cambiano modello dichiarativo rispetto all'anno precedente, passando
da Unico a 730 o viceversa, non mutano i criteri di compilazione del quadro relativo al bonus
ristrutturazioni, né le regole di calcolo dell'agevolazione.
Se i lavori iniziati nel 2012 sono proseguiti nel 2013 occorre compilare due righi distinti, uno
per ogni anno cui si riferisce la spesa con il relativo ammontare. A questo proposito è bene
ricordare che, mentre nel 730, al punto 9 della sezione IIIA, si riporta l'intero ammontare della
spesa sostenuta, in quanto spetta all'intermediario effettuare i conteggi, nel modello Unico
dev'essere indicato l'importo della rata su cui calcolare autonomamente la detrazione. Nella
casella "numero rata" del primo rigo andrà indicato 2 (seconda rata dei lavori 2012), in quella
del secondo 1 (prima rata dei lavori 2013).
Nel secondo rigo, inoltre, poiché si tratta di spese relative a interventi iniziati in anni
precedenti, si deve riportare il codice 1 nella colonna 4 e compilare la sezione IIIB con i dati
catastali identificativi dell'immobile oggetto di intervento. In questa maniera è agevole
verificare che la spesa complessiva sostenuta in più anni, in relazione alla ristrutturazione del
medesimo immobile, non ecceda i limiti di legge.
Alcune delle novità delle dichiarazioni dei redditi di quest'anno riguardano proprio la
compilazione dei quadri relativi a detrazioni sui lavori in casa, spese di ristrutturazione, nuovo
bonus mobili e spese per il risparmio energetico.
Come detto, non vi sono sostanziali differenze tra modello 730 e Unico. Le sezioni IIIA e IIIB
sono riservate agli interventi di recupero del patrimonio edilizio, con l'avvertenza che
dev'essere compilato un rigo per ogni anno (colonna 1) in cui è stata sostenuta la spesa e per
ogni singola unità immobiliare oggetto di intervento. Se, quindi, nel 2013 sono stati eseguiti
lavori in due abitazioni, bisogna utilizzare due righi distinti. Il codice da indicare in colonna 2,
da compilare solo se le spese sono state sostenute nel 2006 e nel 2012 (o nel 2013 per gli
interventi antisismici che quest'anno fruiscono dello sconto del 65 per cento), serve a
individuare l'aliquota della detrazione, che varia in base al periodo in cui è stata sostenuta la
spesa (si vedano gli esempi nell'infografica a destra). Il codice fiscale da riportare nella terza
colonna è quello del condominio per i lavori eseguiti su parti comuni, della società che imputa i
redditi per trasparenza (la Snc, per esempio), del soggetto diverso dal dichiarante che ha
inviato la comunicazione al centro operativo di Pescara fino al 13 maggio 2011, quando era
ancora in vigore quest'obbligo, o della società di costruzione o di ristrutturazione per l'acquisto
o l'assegnazione di immobili ristrutturati.
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Nel caso assai frequente di lavori eseguiti su parti comuni condominiali, che devono essere
idoneamente certificate dall'amministratore, oltre all'anno e all'eventuale codice della spesa,
serve indicare il codice fiscale del condominio e barrare la casella 2 nella sezione IIIB, senza
riportare gli estremi catastali dell'immobile. Le tre caselle «situazioni particolari» devono
essere compilate solo da chi ha ereditato, acquistato o ricevuto in donazione l'immobile
oggetto di ristrutturazione, al fine di proseguire la detrazione "passata" in capo all'acquirente,
e da quanti fino al 2011 hanno potuto rideterminare il numero delle rate (da 10 a 5 o 3) in
funzione dell'età.
La sezione IIIB, introdotta dal 2011 con l'abolizione della comunicazione preventiva al centro
operativo di Pescara, contiene gli estremi identificativi catastali dell'immobile oggetto di
intervento (che prima andavano comunicati a Pescara) o, per gli immobili non ancora censiti,
gli estremi di presentazione della domanda di accatastamento. La sezione può non essere
compilata solo se i dati sono già stati riportati nelle dichiarazioni precedenti. Il numero d'ordine
in colonna 1 deve coincidere con quello attribuito in colonna 10 della sezione IIIA in
corrispondenza del rigo relativo all'immobile oggetto di intervento. Se i lavori sono stati
effettuati dal conduttore o dal comodatario, occorre indicare anche gli estremi di registrazione
del relativo contratto nel rigo E53 (RP53 in Unico).
La compilazione della sezione IIIC, riservata alle spese per il bonus mobili introdotto a partire
dal 2013, è semplicissima. Nel 730 occorre indicare solo l'importo della spesa sostenuta per
ciascun immobile oggetto di ristrutturazione e, nel modello Unico, anche l'importo della rata
corrispondente, nonché il totale su cui determinare la detrazione.
La sezione IV, destinata ad accogliere gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici
(codice 1), gli interventi sull'involucro degli edifici (codice 2), l'installazione di pannelli solari
(codice 3) e la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale (codice 4) è rimasta
pressoché invariata rispetto alle precedenti edizioni. È stata aggiunta la colonna 3 per
identificare le spese sostenute dal 1 gennaio 2013 al 5 giugno 2013, detraibili al 55 per cento
(codice 1) e quelle sostenute dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2013, detraibili al 65% (codice
2). Occorre infine indicare l'importo della spesa oggetto dell'intervento e, solo in Unico, anche
l'importo della rata su cui calcolare la detrazione.
IL CASO RISOLTO
OPERAZIONE RECUPERO
I contribuenti che, l'anno scorso, hanno dimenticato di riportare nella dichiarazione dei redditi
le spese sostenute nel 2012 per interventi agevolati non perdono il diritto di fruire della
detrazione nel 730 o nell'Unico 2014. In presenza di tutte le condizioni previste, infatti, è
sufficiente indicare nella casella "anno" il 2012 e, in corrispondenza della rata, la numero 2, e
compilare la sezione IIIB con i dati catastali dell'immobile, essendo la prima volta che si
dichiara l'intervento agevolato. Non solo le rate successive alla prima non vanno "perse", ma si
può anche ottenere l'agevolazione di cui non si è fruito l'anno prima, attraverso la
presentazione di una dichiarazione integrativa a favore, utilizzando il modello Unico 2013 fino
al 30 settembre 2014, oppure, come ha precisato la circolare 95/E/2000, producendo una
istanza di rimborso ex articolo 38 del Dpr 602/1973.
Gli esempi
LE TRE SEZIONI
Un contribuente ha effettuato nel 2013 lavori di ristrutturazione di un alloggio che detiene in
forza di un contratto di locazione registrato a Bari il 13 dicembre 2012 al n. 51357. Ha speso
35mila euro e ha acquistato mobili nuovi per l'arredo dello stesso appartamento per 7.500
euro. Oltre alla sezione IIIA del 730 dovrà essere compilata anche la sezione IIIB per indicare i
dati relativi all'immobile e la sezione IIIC per il bonus mobili
LA DOPPIA ALIQUOTA
Un contribuente ha sostenuto nel 2013 spese per un intervento di riqualificazione energetica
della propria abitazione terminato nell'anno. A fronte di due fatture ricevute, una in acconto e
l'altra a saldo dei lavori, sono stati effettuati due bonifici, uno di 20mila euro il 29 marzo e
l'altro di 30mila euro il 24 ottobre 2013. Devono essere compilati due righi diversi della quarta
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sezione del modello unico 2014, in quanto la percentuale di detrazione è del 55% sulla prima
spesa e del 65% sulla seconda
LA COMPROPRIETÀ
Un contribuente ha effettuato nel 2010 lavori di ristrutturazione su un alloggio in comproprietà
con la moglie per 20mila euro. Anche se le fatture e i bonifici sono intestati solo al marito, se la
spesa è stata sostenuta da entrambi al 50% e si annota la circostanza in fattura, ognuno può
detrarre la quota spettante nella propria dichiarazione. Nell'esempio si riporta l'Unico 2014 del
marito che dovrà anche indicare in colonna 3 il codice fiscale della moglie che ha spedito la
comunicazione al centro di Pescara
LE DUE ANNUALITÀ
Nel 2012 un contribuente ha installato pannelli solari termici sostenendo una spesa di 15mila
euro e nel novembre del 2013 ha sostituito la caldaia pagando 8mila euro. Nel modello
730/2014 deve compilare due righi, specificando la data di pagamento del secondo intervento,
inserendo il codice 2 in colonna 3
(Luciano De Vico, Il Sole 24 ORE – L‘Esperto Risponde, 19 maggio 2014)

MUTUI, LIMITI ALLO SCONTO IN SEGUITO AD ACCOLLO
D. Un mutuo ipotecario "prima casa", acceso nel 2011, è cointestato a Caio (non proprietario
dell'immobile) e a Tizio (proprietario al 100% dell'immobile). Il 15 ottobre 2013 c'è l'accollo del
mutuo interamente da parte di Tizio (che diventa unico intestatario del mutuo). L'operazione è
effettuata dalla banca erogante il mutuo, senza intervento del notaio. Nel calcolo della soglia
degli interessi passivi da detrarre, si considera l'importo di 4.000 euro oppure di 2.500 euro
(nove mesi per 2.000 diviso 12, più tre mesi per 4.000 diviso 12)?
---R. Gli interessi passivi, relativi alla ulteriore quota di mutuo nella quale è subentrato il
contribuente (e di cui egli era già cointestatario) mediante accollo nel corso del 2013, non sono
detraibili, in quanto questo negozio giuridico è avvenuto - volontariamente - a distanza di circa
due anni dall‘acquisto dell‘abitazione principale di sua esclusiva proprietà. Infatti, ai fini del
beneficio in questione, la lettera b, comma 1, dell'articolo 15 del Tuir presuppone, come
condizione temporale indefettibile, che tra l‘acquisto stesso e la stipula del mutuo ipotecario
avvengano non passino più di 12 mesi. Le istruzioni, sebbene offrano differenziate soluzioni
operative, ammettono la possibilità della detrazione degli interessi conseguenti all‘accollo del
mutuo in ipotesi circoscritte, quali, per esempio, il riassetto patrimoniale tra coniugi a seguito
di separazione coniugale e il decesso del mutuatario con subentro degli eredi o del coniuge
superstite. Nelle situazioni citate ricorrono, nel contempo, l‘acquisizione (anche pro quota)
della proprietà dell‘immobile e l‘intestazione del mutuo. In ogni caso, l‘accollo deve risultare da
un negozio formale , come un atto pubblico o una scrittura privata autenticata (circolare
20/E/2011), circostanza che, oltre alle altre, non ricorre nel caso prospettato.
(Alfredo Calvano, Il Sole 24 ORE – L‘Esperto Risponde, 26 maggio 2014)

IMMOBILI - PRELIEVO SUI REDDITI E 730 - EFFETTO FRANCHIGIA SULLE PARTI
COMUNI IN CONDOMINIO
D. Il condominio dove vivo, composto da 15 appartamenti, di cui due di mia proprietà, dispone
di una struttura adibita a portineria, di un'unità abitativa destinata all'alloggio del custode –
che in realtà, in base ad accordi intervenuti, gli è stata ceduta in locazione – nonché di due
locali a uso commerciale, uno sfitto e l'altro locato a un negoziante. Gli immobili sono tutti con
attribuzione di rendita catastale. Per la locazione abitativa al custode, è possibile optare per la
cedolare secca? Ricorre addirittura la possibilità di non dichiarare i canoni perché, ad esempio,
vengono trattenuti dall'amministratore per futuri interventi di manutenzione al fabbricato?
---R. Il reddito degli immobili condominiali di proprietà comune va dichiarato dai singoli
condòmini in ragione dei rispettivi valori millesimali. In questo contesto, il comma 3-bis
dell'articolo 36 del Tuir prevede, tuttavia, una disciplina impositiva di favore in relazione ad
alcune tipologie catastali.
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Disciplina di favore
Esse sono individuate facendo rinvio all'articolo 1117, comma 1, n. 2, del Codice civile. Si
tratta delle aree destinate a parcheggio, dei locali a uso comune (quali portineria, alloggio del
portiere, lavanderia e locale caldaia), degli stenditoi e dei sottotetti destinati a loro volta, per le
caratteristiche strutturali e funzionali, a un uso comune. Qualora a questi beni sia attribuita, o
risulti attribuibile, un'autonoma rendita catastale, essa non assumerà rilevanza reddituale nei
confronti dei condòmini se la quota di spettanza di ciascuno è di importo non superiore a 25,82
euro. Va detto che il comma 3-bis utilizza in modo aspecifico il termine "reddito"; in realtà, il
riferimento per beneficiare della franchigia va fatto solo all'imponibile costituito dalla "rendita
catastale". Infatti,come precisa la circolare 150 del 10 agosto 1994 del ministero delle Finanze,
se queste tipologie di immobili condominiali sono date in locazione, il canone dev'essere
sempre dichiarato nella misura intera.
In ogni caso, va dichiarato per intero il reddito, anche se formato su base catastale, derivante
da un immobile non rientrante, per classificazione o destinazione, fra quelli citati; cosicché la
rendita catastale di un negozio di proprietà condominiale non potrà beneficiare della franchigia
di 25,82 euro. Quest'ultima, laddove (potenzialmente) spettante al ricorrere dei presupposti
indicati, verrà vanificata nel caso in cui il suo importo venga superato anche di un solo euro:
per esempio, se a un condomino risultano attribuite, in proporzione ai millesimi di proprietà, le
rendite catastali di 26,50 e di 7,50 euro, riferite rispettivamente all'alloggio del portiere e
all'area parcheggio, la prima – a differenza della seconda (completamente esente) – dovrà
essere assoggettata per intero a tassazione.
Alternanza Irpef-Imu
Queste modalità impositive vanno adesso adattate al generalizzato criterio dell'alternanza
Irpef-Imu, in funzione del quale la rendita catastale del l'immobile viene esclusa dal primo
tributo se assoggettata al secondo.
Di fatto, l'operatività della franchigia per le quote delle proprietà condominiali non locate,
comprese nel novero del comma 3-bis dell'articolo 36 del Tuir, viene in prevalenza
neutralizzata da tale criterio di tassazione, altrettanto favorevole; occorre tuttavia tenere
presente che, se sono possedute quote di immobili abitativi condominiali non locati nel
territorio dello stesso Comune ove il contribuente possiede anche l'abitazione principale, la loro
rendita catastale va assoggettata a Irpef nella misura del 50 per cento, e in questo caso torna
a farsi sentire l'effetto positivo della franchigia.
Ai fini dichiarativi e impositivi, la condizione dei beni in proprietà condominiale va segnalata dal
condomino, trascrivendo il codice 9 alla colonna 2 (Utilizzo) del quadro RB di Unico persone
fisiche; mentre la rendita catastale va suddivisa tra le colonne 13 (quota imponibile) e/o 17
(quota non imponibile). Infine, con riferimento alla circolare 150 citata, va escluso che le quote
di proprietà condominiale, prese in considerazione dal comma 3-bis, cui è attribuita o soltanto
attribuibile (occorrendo, in tale ultimo caso, assumere in via comparativa, in base all'articolo
37 del Tuir, un valore similare) un'autonoma rendita catastale, possano essere qualificate
come pertinenze.
IL CASO RISOLTO
ESCLUSA L'APPLICAZIONE DELLA TASSA PIATTA
Se c'è locazione di immobili a uso abitativo di proprietà condominiale, non si può optare per la
cedolare secca, poiché i contratti sono stipulati e registrati dall'amministratore con il codice
fiscale del condominio (circolare 26/E/2011). I canoni andranno fatti concorrere pro quota
millesimale al reddito complessivo dei singoli condòmini. Questo obbligo dichiarativo/impositivo
ricorre sempre, anche se i canoni non vengono materialmente attribuiti ai singoli ma sono
destinati, ad esempio, alla costituzione di un fondo spese straordinarie.
(Alfredo Calvano, Il Sole 24 ORE – L‘Esperto Risponde, 12 maggio 2014)

RIDUZIONE DEI RADIATORI CON RELAZIONE TECNICA
D. Sono proprietario di un appartamento al quarto e ultimo piano di un fabbricato degli anni
70, con lastrico solare senza tetto né camera d'aria. Nel rifare le tabelle millesimali, il Ctu
(consulente tecnico di ufficio) ha riscontrato, negli appartamenti all'ultimo piano, radiatori
dell'impianto centralizzato con calorie doppie (installati dall'impresa costruttrice per
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compensare la dispersione termica) e, quindi, ha calcolato per tali unità i millesimi del
riscaldamento raddoppiati rispetto agli appartamenti simili dei piani sottostanti. Il Ctu ha
operato bene, non tenendo conto della dispersione termica? Se volessi ridurre i radiatori del
mio appartamento, come numero o potenza calorica, quale procedura dovrei seguire nei
confronti del condominio?
---R. Il Ctu, professionista nominato per "rifare le tabelle millesimali", deve sottostare a
determinati parametri per il loro calcolo. Ciò vuol dire che, verosimilmente, qualora si desse
l‘incarico a più professionisti per stilare delle tabelle millesimali, queste ultime potrebbero
discostarsi, essere diverse tra loro, ma non in maniera sostanziale. Da quanto detto, se il Ctu,
nel calcolare le nuove tabelle millesimali, ha ritenuto di non prendere in considerazione la
"dispersione termica", con molta probabilità ha tenuto in debita considerazione molti altri
fattori. Nel caso in cui il lettore volesse ridurre i radiatori nel suo appartamento "come numero
o potenza calorica‖, dovrebbe presentare all‘amministratore di condominio una relazione
tecnica dalla quale si evinca che sia l‘impianto termico centralizzato che gli altri condòmini non
subiscono alcun danno dall‘eventuale riduzione del numero o della potenza calorica dei
radiatori. Tuttavia, si deve ricordare che, in presenza di un impianto termico centralizzato, con
l‘installazione in ogni singolo appartamento delle valvole termostatiche e dei contabilizzatori è
possibile sia regolare la temperatura interna che conoscere l‘esatto consumo di energia termica
per ogni singola unità abitativa.
(Paola Pontanari, Il sole 24 Ore - L‘Esperto Risponde, 12 maggio 2014)

IMMOBILI: L'USO PROMISCUO ESCLUDE LA STRUMENTALITÀ
D. Sono un ingegnere inquadrato come contribuente minimo e utilizzo la mia abitazione
promiscuamente per l’esercizio dell’attività. Ho intenzione di vendere questa abitazione ed
acquistarne un’altra che utilizzerò sempre promiscuamente. Vorrei sapere se posso considerare
le spese connesse all'acquisto (mediazione immobiliare, onorari del notaio, bolli e tasse) come
"costi professionali" (al 50%) per la determinazione del reddito e se l'utilizzo promiscuo
dell'abitazione da acquistare può inficiare le agevolazioni prima casa a cui ritengo di aver
diritto.
---R. Con la circolare 35/E del 20 settembre 2012, l‘agenzia delle Entrate ha precisato che, per
semplificare il calcolo, le spese miste possono essere dedotte al 50 per cento,
indipendentemente dall‘effettiva percentuale di utilizzo per motivi professionali, come previsto
dall‘articolo 54, comma 3, del Tuir. Nel caso di specie, l‘immobile è utilizzato promiscuamente
e, quindi, non può essere considerato strumentale (mancando l‘utilizzo esclusivo) secondo le
disposizioni dettate ai fini delle imposte sui redditi. In questo caso, il comma 3 citato prevede
che nella stessa misura (del 50 per cento) «sono deducibili le spese per i servizi relativi a tali
immobili». La circostanza che il legislatore abbia limitato la deducibilità ai servizi relativi a tali
immobili vuole significare che il beneficio (la deduzione) è circoscritta agli oneri di gestione
dell‘immobile, cioè alle utenze (spese telefoniche, gas, acqua, energia elettrica, spese
condominiali, eccetera) e agli altri servizi, ma non a tutti gli oneri come, ad esempio, gli oneri
fiscali (bollo, imposta di registro, eccetera) che rimangono indeducibili (non trattandosi di
servizi relativi agli immobili).Ai fini dell'applicazione del nuovo regime si considerano
contribuenti minimi le persone fisiche esercenti attività d'impresa, arti o professioni che, tra
l'altro, «nel triennio solare precedente non hanno effettuato acquisti di beni strumentali anche
mediante contratti di appalto e di locazione, pure finanziaria, per un ammontare complessivo
superiore a 15.000 euro». Ai sensi dell‘articolo 43, comma 2 del Tuir, si considerano
strumentali gli immobili utilizzati esclusivamente nell‘esercizio dell‘attività di lavoro autonomo.
Nel caso del lettore l‘immobile non è strumentale in quanto utilizzato promiscuamente. Per tale
ragione, il contribuente può continuare ad avvalersi del regime dei minimi rispettando la soglia
massima di 15mila euro.
(Nicola Forte, Il Sole 24 ORE – L‘Esperto Risponde , 5 maggio 2014)
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
I LIMITI AL CUMULO TRA IL 50% E IL 65%
D. In una ristrutturazione con una spesa superiore ai 96.000 euro, la sostituzione di
serramenti e infissi aventi la caratteristica del risparmio energetico, con la certificazione del
costruttore effettuata nel primo semestre del 2014, può fruire del rimborso del 65% in
aggiunta ai 96.000 euro del recupero edilizio al 50%?
---R. La risposta è affermativa. Nel caso di specie, si applica la detrazione del 65% per le spese di
sostituzione dei serramenti, a condizione che si conseguano i prescritti valori di trasmittanza
termica previsti dal Dm 11 marzo 2011, nei limiti di 60.000 euro e quella del 50% per i lavori
di ristrutturazione, nei limiti di 96.000 euro. Nell‘ipotesi di contestuale intervento di risparmio
energetico ed edilizio su fabbricato residenziale, il contribuente può fruire di entrambe le
detrazioni del 50% e del 65% (articolo 16 bis del Tuir 917/86 e articolo 1, comma 139, legge
147/2013; guida al 50% e 65% su www.agenziaentrate.it). Il Dm 19 febbraio 2007, prevede
espressamente che la detrazione del 55%/65% per gli interventi di riqualificazione energetica
degli edifici esistenti non sia cumulabile con le agevolazioni previste da altre disposizioni di
legge nazionale per i medesimi interventi (ad esempio, detrazione Irpef del 36%-50%). In tale
ambito, la circolare 36/E/2007 ha chiarito, tuttavia, che, stante la possibile sovrapposizione
degli interventi di riqualificazione energetica degli edifici con analoghi interventi agevolabili
nell‘ambito della detrazione Irpef del 36%-50%, in tema di recupero edilizio abitativo, il
contribuente può avvalersi per le medesime spese, in via alternativa, dell‘una o dell‘altra
agevolazione, nel rispetto della normativa specifica e degli adempimenti previsti per ognuna di
esse. Con la risoluzione 152/E/2007 è stato chiarito che nel caso in cui, sullo stesso fabbricato
abitativo, come nel caso di specie, siano eseguiti interventi di ristrutturazione, agevolati ai fini
del 36%-50%, che comprendano anche lavori diretti al risparmio energetico (sostituzione
serramenti), il contribuente può scegliere, limitatamente a questi ultimi, di applicare la
detrazione del 65%, a condizione che però per le relative spese il contribuente non abbia già
fruito della detrazione del 50%, e che, nella fattura rilasciata al contribuente, vengano
individuate specificamente le spese relative ad uno o più interventi finalizzati al risparmio
energetico, fermi restando in ogni caso tutti gli adempimenti previsti per l'una e l'altra
agevolazione.
(Marco Zandonà, Il Sole 24 ORE – L‘Esperto Risponde , 5 maggio 2014)

CHIUSURA DEL CONTENZIOSO E PRINCIPIO DI CASSA
D. Nel 2010 abbiamo sostituito la caldaia condominiale a gasolio con una a gas. A seguito di un
contenzioso con la ditta appaltatrice, abbiamo raggiunto una transazione nel 2013, con
versamento delle quote residue. Possiamo fruire delle agevolazioni Irpef in Unico 2014 per i
versamenti residui? L'amministratore deve provvedere comunque alla certificazione o è
sufficiente l'atto di transazione?
---R. La detrazione del 50% (articolo 16 bis del Tuir 917/86 e articolo 1, comma 139, legge
147/2013, guida al 50% su www.agenziaentrate.it) si applica anche per le spese sostenute in
più anni (intervento pluriennale), tra le quali può essere fatto rientrare il caso di specie, in cui i
lavori erano ultimati nel 2010, ma per un contenzioso con l‘impresa i pagamenti erano stati
sospesi. Pertanto, se trattasi comunque di pagamento di corrispettivo per i lavori (e non di
penali) le spese, pagate nel 2013 dall‘amministratore con regolare bonifico bancario, fruiscono
della detrazione del 50% sulla base del principio di cassa (a partire dalla dichiarazione dei
redditi 2014). L'importo detraibile è commisurato alla tabella millesimale di ripartizione della
proprietà delle parti comuni e l'amministratore deve comunque certificare ai singoli condomini
la spesa detraibile da ciascuno, sempre sulla base delle spese sostenute e della tabella
millesimale.
(Marco Zandonà, Il Sole 24 ORE – L‘Esperto Risponde , 5 maggio 2014)
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 Locazione
 IMMOBILI - PRELIEVO SUI REDDITI E 730 - CEDOLARE LIGHT AL 10% PER GLI
AFFITTI CONCORDATI
Possibile l'opzione anche se il contratto è già in corso - CONFRONTO DIFFICILE - Il
canone mensile dipende dai parametri più o meno diversificati stabiliti nelle intese a
livello comunale
D. Sono comproprietario di un appartamento trilocale situato in centro a Torino, che
attualmente è affittato con un contratto «quattro più quattro» a canone libero.
Ho optato per la cedolare secca, mentre mia moglie (contitolare dell'immobile), essendo
titolare del solo reddito di pensione per poco più di 10mila euro lordi annui, non aveva
convenienza a effettuare la mia stessa scelta.
Il contratto è in scadenza tra quasi due anni e mezzo, vale a dire a ottobre 2016, ma io vorrei
sapere se, nel frattempo, è possibile sfruttare la nuova aliquota della cedolare, che è stata
fissata al 10 per cento. In particolare, mi domando se devo siglare un nuovo contratto a
canone concordato. E se tenessi lo stesso inquilino anche dopo la scadenza di ottobre 2016,
dovrei comunque rimandare la raccomandata?
Infine, sulla base di quali criteri posso valutare se, con l'applicazione della nuova aliquota,
conviene effettivamente anche a mia moglie esercitare l'opzione per la cedolare secca?
---R. L'applicazione dell'aliquota del 10% per la cedolare secca è riservata ai cosiddetti contratti a
canone concordato. Il presupposto è pertanto la stipula di un contratto avente tali
caratteristiche, fissate dall'articolo 2, comma 3, della legge 431/1998. Si deve trattare,
precisamente, di un contratto contenente condizioni contrattuali in linea con quanto stabilito
dagli accordi definiti in sede locale tra le organizzazioni della proprietà edilizia e le
organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative.
Nel caso in cui il proprietario trovi conveniente scegliere un contratto a canone concordato,
avendo in corso un contratto a canone libero, dovrà procedere in questo modo:
- disdettare il contratto in corso presentando all'agenzia delle Entrate il modello Rli e indicando
nella sezione II, «Adempimenti successivi», il codice 4 (risoluzione contratto);
- stipulare il nuovo contratto inserendo il riferimento all'avvenuta applicazione dei parametri
relativi all'accordo territoriale ed, eventualmente, facendo sottoscrivere il contratto dalle
rispettive organizzazioni sindacali;
- registrare il contratto utilizzando il modello Rli con l'indicazione della tipologia di contratto
(L2) ed, eventualmente, esercitare l'opzione per la cedolare secca.
Prima di procedere al "cambio di rotta", bisogna verificare se conviene stipulare un contratto a
canone concordato, tenendo conto dell'importo del canone e del livello della tassazione,
confrontando il guadagno netto che resta al proprietario dopo le imposte.
Il primo passo consiste nel verificare se il Comune in cui si trova l'abitazione è tra quelli in cui
si può stipulare un contratto di tipo concordato. Questi Comuni sono quelli cosiddetti ad alta
tensione abitativa, e cioè quelli compresi in un elenco formato e progressivamente aggiornato
sulla base delle decisioni del Cipe (delibere 4/2002 e 84/2002). Di fatto, si tratta di tutti i
capoluoghi di provincia, molti centri di medie dimensioni e tutti i Comuni confinanti con quelli
di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia.
In secondo luogo, bisogna verificare se nel Comune – per quanto inserito nella lista di quelli ad
alta tensione abitativa – sia stato effettivamente stipulato un accordo territoriale. Di norma,
queste intese sono reperibili consultando i siti dei Comuni o con l'accesso agli atti tramite gli
uffici tecnici o patrimoniali.
L'accordo territoriale contiene tutte le prescrizioni alle quali bisogna attenersi per la
determinazione del valore locativo degli immobili e, in particolare, individua:
- le aree omogenee per valore di mercato, dotazioni infrastrutturali, trasporti pubblici, verde
pubblico, servizi scolastici e sanitari, attrezzature commerciali eccetera;
- le particolari dotazioni delle unità immobiliari;
- il concetto di metro quadro utile;
- i valori minimi e massimi del canone per ogni zona omogenea, espressi in euro mensili per
ogni metro quadrato utile, suddivisi in tre categorie riferite al numero di dotazioni presenti
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nell'unità immobiliare;
- tutte le altre condizioni alle quali dev'essere sottoposto il contratto di locazione.
A questo punto il contribuente, verificata l'area omogenea nella quale è ubicato l'immobile, la
superficie convenzionale e le dotazioni, può individuare il valore locativo minimo e massimo al
quale riferirsi per stipulare il contratto a canone concordato.
Ad esempio, se si prende come riferimento l'accordo territoriale siglato per il Comune di
Torino, il canone concordato per un appartamento in «Zona 1» (centro città) va da 2,50 a 6,50
euro al mese per metro quadrato utile, a seconda delle caratteristiche dell'immobile, misurate
secondo i punteggi inseriti nello stesso accordo. Per un appartamento di 70 metri quadrati utili,
vuol dire andare da 175 a 455 euro al mese.
Nel caso in cui il Comune, pur rientrando tra quelli definiti "ad alta densità abitativa", non
abbia stipulato alcun accordo, si può fare riferimento all'accordo vigente nel Comune
demograficamente omogeneo di minore distanza territoriale, anche situato in un'altra regione,
come stabilito dall'articolo 2 del Dm 27 novembre 2004.
La scelta di stipulare un contratto a canone concordato dà la possibilità, sia al locatore sia al
conduttore, di fruire di importanti agevolazioni fiscali. In particolare, il locatore, in caso di
tassazione ordinaria, può applicare le aliquote a una base imponibile calcolata al 66,5% del
canone annuo percepito e, in caso di opzione per il regime della cedolare secca, può applicare,
per il quadriennio 2014-2017, l'aliquota del 10% – anziché del 15% – alla base imponibile data
dall'intero canone annuo percepito.
Ma non finisce qui. Nel caso di tassazione ordinaria, è anche prevista una riduzione del 30%
sull'imposta annuale di registro, che quindi sarà pari all'1,4% del canone annuo indicato nel
contratto, di norma divisa a metà tra proprietario e inquilino. Per chi sceglie la cedolare,
invece, resta fermo il principio secondo cui la tassa piatta sostituisce – oltre all'Irpef e alle sue
addizionali – l'imposta di registro e il bollo dovuto al momento della registrazione.
Il contratto a canone concordato può essere stipulato secondo le regole civilistiche vigenti,
inserendo il riferimento all'avvenuta applicazione dei parametri di cui all'accordo territoriale, o
allegando allo stesso una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà contenente i parametri
adottati per la determinazione del canone. La durata non potrà essere inferiore a tre anni,
rinnovabile tacitamente per altri due (3+2). Diversi accordi territoriali, inoltre, prevedono la
possibilità per il proprietario di aumentare il canone mensile se il contratto "nasce" fin da
subito con una durata più lunga.
Sempre nel caso di Torino, se anziché un contratto 3+2, si sceglie una formula con una durata
più lunga come il 6+2, il canone aumenta fino a 6,90 euro per metro quadrato utile nel caso
degli alloggi più "dotati". Il che porta il canone per un appartamento di 70 metri quadrati fino a
483 euro.
Il contratto dovrà poi essere registrato entro 30 giorni dalla stipula, utilizzando il modello Rli,
con l'indicazione della tipologia di contratto L2. Il contribuente che volesse optare per il regime
della cedolare secca potrà inserire la clausola dell'opzione direttamente nel contratto o inviare
la raccomandata al locatario. In questo caso l'eventuale revoca dell'opzione potrà essere
effettuata senza l'obbligo di registrare una scrittura privata modificativa del contratto, che
prevede il versamento dell'imposta di registro in misura fissa di 200 euro.
ATTENTI A...
L'OPZIONE A CONTRATTO GIÀ IN CORSO
Nel caso di contratti in corso è sempre possibile optare per la cedolare secca, senza modifica le
clausole contrattuali: si invia la raccomandata e si presenta alle Entrate il modello Rli,
compilando il quadro D. Ad esempio, se un contratto è stato stipulato il 1 maggio 2012, il
proprietario può optare per la cedolare entro il 30 maggio 2014. Dopodiché, i canoni maturati
dal 1 gennaio al 30 aprile di quest'anno saranno soggetti alla tassazione ordinaria, mentre
quelli maturati dal 1 maggio in poi saranno tassati con la cedolare fino a revoca dell'opzione.
La check-list
1 Quando si può applicare la cedolare
I privati che agiscono fuori da attività d'impresa possono applicare la cedolare secca solo al
canone relativo ai contratti di locazione di immobili a uso abitativo comprendenti unità
immobiliari appartenenti alle categorie catastali da A/1 a A/11 (esclusa l'A/10 uffici o studi
privati), oppure le relative pertinenze C/2, C/6 e C/7 (solo se locate congiuntamente
all'abitazione). Il locatario dev'essere persona fisica e operare al di fuori dell'esercizio di
impresa, arti e professioni. Bocciato anche l'utilizzo dell'immobile per finalità abitative di
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collaboratori e dipendenti
2 L'estensione del perimetro
Fin dal 2011, la cedolare secca può essere applicata anche ai contratti di locazione per i quali
non sussiste obbligo di registrazione (vale a dire, a quelli di durata inferiore a 30 giorni
nell'anno), in questo caso inserendo il canone in dichiarazione dei redditi. Inoltre, in base al
decreto casa (Dl 47/2014), può essere esercitata anche per le unità abitative che siano locate
a cooperative oppure a enti senza scopo di lucro di cui al libro I, titolo II, del Codice civile,
purché esse vengano sublocate a studenti universitari con rinuncia all'aggiornamento del
canone di locazione o assegnazione
3 Le aliquote della tassa piatta
La cedolare si applica utilizzando l'aliquota del 21% per gli affitti liberi. Per gli affitti concordati,
l'aliquota 2011 e 2012 è stata il 19%, con riduzione al 15% dal 2013 e al 10% per il
quadriennio 2014-17). I contratti concordati sono stipulati sulla base di accordi tra le
organizzazioni della proprietà edilizia e degli inquilini, per l'affitto di abitazioni situate nei
Comuni ad alta tensione abitativa individuati negli elenchi Cipe. Il canone dell'affitto
concordato è generalmente inferiore a quello di mercato. La tassa piatta si applica sempre
sull'intero importo del canone pattuito nel contratto
4 Il confronto tra canone e prelievo
Chi non applica la cedolare paga l'Irpef e le relative addizionali sul canone di locazione
(l'imponibile è il 95% del canone pattuito, che scende al 66,5% per i contratti concordati).
Inoltre, paga il bollo sul contratto di locazione e l'imposta di registro (2% annuo del canone
pattuito, ridotto a 1,4% per gli affitti concordati). Il proprietario deve quindi calcolare il
"guadagno netto" che gli resta scegliendo un canone libero (con o senza cedolare) e, se la casa
si trova in una città in cui è possibile applicarlo, un canone concordato (con o senza cedolare).
Il maggior guadagno netto indica la convenienza
5 Le modalità di opzione
L'opzione a favore della cedolare secca può essere espressa dal locatore al momento della
registrazione del contratto. Produce effetti per l'intera durata del rapporto contrattuale salvo
revoca. Se non effettuata alla registrazione, l'opzione può essere fatta con il modello RLI negli
anni successivi, entro il termine per il versamento dell'imposta di registro annuale. Lo stesso
termine vale anche per la revoca. Per i contratti per i quali la legge non impone l'obbligo della
registrazione l'opzione potrà essere esercitata nell'ambito della dichiarazione dei redditi
6 La raccomandata e la rinuncia Istat
Nel caso di opzione per l'applicazione della cedolare secca, il locatore non potrà, per un periodo
corrispondente alla durata dell'opzione, chiedere l'aggiornamento o l'adeguamento del canone,
anche se previsto nel contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione Istat. L'opzione avrà
effetto dopo che il locatore abbia dato comunicazione scritta al conduttore mediante
raccomandata con la quale si rinuncia a esercitare la facoltà di aggiornamento del canone. In
alternativa alla raccomandata, in caso di opzione espressa con la stipula del contratto, il
proprietario può inserire una clausola nel contratto
7 Gli effetti sul reddito complessivo
Quando la legge fa riferimento al possesso di requisiti reddituali ai fini del riconoscimento o
della determinazione di deduzioni, detrazioni o benefici di qualsiasi titolo, anche di natura non
tributaria (incluso l'Isee) si tiene conto anche del reddito che risulta assoggettato alla cedolare
secca: è il caso, per esempio, della condizione di familiare fiscalmente a carico, delle detrazioni
per carichi di famiglia nonché di quelle per redditi di lavoro dipendente e di pensione. Il reddito
soggetto alla cedolare non concorre, invece, alla formazione del reddito imponibile che
determina tra l'altro l'aliquota Irpef applicabile
8 Il rischio di perdita delle detrazioni
L'ultima valutazione da fare per stabilire se la cedolare conviene o no riguarda il fatto che la
tassa piatta è un'imposta sostitutiva. Di conseguenza, non è possibile abbattere l'importo della
cedolare secca utilizzando le detrazioni d'imposta, come quelle sui lavori di ristrutturazione
(50% o 65%) o sulle spese sanitarie (19%). Di conseguenza, contribuenti che hanno
detrazioni molto elevate in rapporto al reddito, rischiano di non poterle utilizzare interamente
se scelgono la cedolare secca. Nel caso gli alloggi siano più di uno, si può valutare se applicare
la tassa piatta solo ad alcuni di essi
(Alberto Bonino, Gianni Marchetti, Il Sole 24 ORE – L‘Esperto Risponde , 12 maggio 2014)
FIAIP News24, numero 11 - Giugno 2014
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LA SCHEDA DELLA CALDAIA È CAMBIATA DAI PROPRIETARI
D. Le spese relative alla sostituzione della scheda madre di una caldaia spettano all'inquilino o
al proprietario dell'immobile? Nella fattispecie, si tratta di una caldaia installata, a spese del
proprietario, solo 6 anni fa, quindi praticamente nuova, se si considera la longevità di tali
apparecchiature, il cui ultimo controllo (a carico inquilino) è stato fatto nel gennaio 2013.
---R. Ipotizzando che il lettore si riferisca ad una locazione cosiddetta ―libera‖, a norma
dell‘articolo 2, comma 1, della legge 431/98 (con durata di quattro anni + quattro), le spese
per la sostituzione della scheda della caldaia – salvo patto contrario e salvo eventuali
responsabilità del conduttore (per manomissioni o cattivo uso dell‘impianto) - devono ritenersi
a carico del proprietario/locatore. Ed infatti, l‘articolo 1576, comma 1, del Codice civile dispone
che «il locatore deve eseguire, durante la locazione, tutte le riparazioni necessarie, eccettuate
quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore». A sua volta, l‘articolo 1609,
comma 1, del Codice civile, dispone che «le riparazioni di piccola manutenzione, che a norma
dell'articolo 1576, devono essere eseguite dall'inquilino a sue spese, sono quelle dipendenti da
deterioramenti prodotti dall'uso, e non quelle dipendenti da vetustà o da caso fortuito». Più in
generale, la Suprema corte ha puntualizzato che «non rientrano tra le riparazioni a carico
dell‘inquilino a norma dell‘articolo 1609 del Codice civile quelle relative agli impianti interni alla
struttura del fabbricato (elettrico, idrico, termico)» (Cassazione 19 gennaio 1989, numero
271). Si veda, in questo senso, anche la tabella allegato G, al decreto ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti, 30 dicembre 2002 – dettato per la diversa tipologia delle
locazioni a ―canone concordato‖ (ex articolo 2, comma 3, della legge 431/98), ma applicabile
come parametro anche alla fattispecie in esame – per il quale è a carico del locatore «la
manutenzione straordinaria dell‘impianto di riscaldamento».
(Matteo Rezzonico, Il Sole 24 ORE – L‘Esperto Risponde , 12 maggio 2014)
FIAIP News24, numero 11 - Giugno 2014
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