IN VIAGGIO….TRA ANTICHI MESTIERI!

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IN VIAGGIO….TRA ANTICHI MESTIERI!
IN VIAGGIO….TRA ANTICHI MESTIERI!
INTERVISTA A GERARDO COPPOLA
(PIZZAIOLO E RISTORATORE)
-Da quanti anni c’è la Pizzeria da Gerardo?
Dal 1949.
-Per la pizza usate prodotti campani o importati?
Riguardo alla farina, in Campania non ci sono molte piantagioni di grano per
coprire il fabbisogno quindi dobbiamo importarla, mentre gli altri prodotti sono
principalmente del territorio. Ad esempio utilizziamo soltanto pelati
Fontanella.
-A che età hai imparato questo lavoro?
A 8-9 anni anche perché vivendo in questo ambiente mi appassionavo.
Ricordo che spesso a casa preparavo il mio pane con la farina avanzata.
-Come si capisce se una pizza è artigianale?
Già se una pizza è cotta in un forno elettrico non può essere chiamata
artigianale, ma si può anche capire dalla forma. Se una pizza è perfettamente
tonda è ovvio che è stata fatta da una macchina e non a mano. Inoltre, le
pizze industriali hanno anche un sapore diverso perché spesso vengono
aggiunte sostanze per velocizzare il tutto.
-Con il tempo sono cambiate le tecniche di lavorazione?
Ci sono stati dei cambiamenti ma non troppo eccessivi, ad esempio ora
bisogna per forza avere il bancone d’acciaio ma a causa di normative.
Volevano anche togliere il forno a legna perché i Paesi del Nord volevano
tutto in acciaio. Ma è ovvio che una pizza si deve per forza lavorare sul
marmo.
-Qual è la differenza tra marmo e acciaio?
Il marmo non è del tutto liscio e quindi permette all’aria di passare sotto
l’impasto, mentre l’acciaio non permette ciò.
-Cosa fate con gli avanzi di impasto?
Il sabato mattina faccio la pizza al tegame, un impasto di pane duro, per
sfruttare sia la farina che il calore del forno. Inoltre il calore del forno spesso
veniva usato per riscaldare i mattoni, un rimedio al catarro.
INTERVISTA A VINCENZO APICELLA
(TITOLARE DELLA PASTICCERIA IMPERIO)
-Da quanti anni c’è la Pasticceria Imperio?
Dal 1860.
-A che età hai imparato questo lavoro?
Tra fine elementari e inizio scuole medie, ogni tanto venivo con mio nonno e
mi faceva vedere qualcosa.
-Il locale è rimasto lo stesso dal 1860?
Ovviamente no, ma sotto c’è una cantina che allora era il laboratorio e ci
sono ancora antiche fornaci e botti. Si narra anche che lì anticamente ci
fossero riunioni dei carbonari, ma non è ancora certo.
-Quali sono i dolci tipici di questa zona?
Ce ne sono diversi che forse sono stati dimenticati, ma che ancora noi
produciamo. I tre principali erano: il Quaresimale, un dolce fatto nel periodo
della Quaresima, che conteneva arancia e mandorle appunto per le proteine,
visto che in quel periodo non si mangiava carne; il Pezzetto di pan di Spagna
(o’ piezz e stocc) che era molto simile al baccalà ed aveva il sapore del
limone; Anginetti, dolci a forma di sfera al cioccolato che venivano fatti per la
Domenica delle Palme e venivano messi sui rami. Inoltre, si facevano i
Cannellini, dei confetti stretti e lunghi con all’interno un filo di cannella.
INTERVISTA A NICOLA BARBATO
(TITOLARE DELL’AZIENDA GB AGRICOLA DI MONTORO)
La nostra è un’azienda a carattere familiare, che va avanti da molti anni e che
inizialmente era basata su tutti gli ortaggi, mentre ora soprattutto sulla cipolla
ramata di Montoro.
-Su cosa si basa l’azienda?
Su tre punti: la sostenibilità, la tracciabilità del prodotto e la certificazione.
Per la sostenibilità facciamo questi cartoni riciclando la carta che portiamo
alla cartiera di Pellezzano. Qui viene prima macinata, per poi formare un
rotolo di carta che poi viene diviso. E’ un cartone che sopporta oltre 150 kg e
non c’è nessun collante.
Per la tracciabilità avviene grazie al QRcode, che si trova su ogni scatola e
garantisce la provenienza e la qualità del prodotto. Così il prodotto diventa
anche certificato.
-La vendita del prodotto sta aumentando?
Si è quintuplicata negli ultimi 5 anni.
INTERVISTA A FRANCESCO IANNONE
(GELATAIO)
-A che età hai iniziato questo lavoro?
Fin da piccolo, grazie a mio padre Nicola. E ora anche mio figlio sta
continuando a lavorare in gelateria.
-Con il tempo, le tecniche sono cambiate?
Le tecniche no, ma le macchine si: prima era tutto a mano e serviva forza,
ora invece c’è la centrifuga o la macchina per la pastorizzazione.
-Quali sono le fasi principali?
Prima di tutto bisogna portare il gelato a 85° con la pastorizzazione, per
eliminare i batteri. Poi c’è la maturazione che raffredda il latte fino a 3-6°,
seguita dalla mantecazione nella centrifuga. Infine c’è la conservazione che
avviene in un frigo più potente.
-Come si capisce se un gelato è artigianale?
Non c’è un modo, ma se si scioglie subito vuol dire che c’è stato un errore del
gelataio e che c’è troppo zucchero, poiché è un anticongelante.
-E’ sempre stata lì la gelateria?
No, inizialmente si chiamava Bar Venezia perché Nicola e Annunziata (la
moglie), con il ricavato del lavoro di Nicola in diversi bar dovevano fare il loro
viaggio di nozze a Venezia, ma vollero costruire gli impianti per il nuovo bar e
rimandarono il viaggio.
INTERVISTA A CARMINE CITRO
(ORGANIZZATORE DELLA SAGRA DEI SAPORI CONTADINI)
-Quando e dove si teneva questa sagra? E per quanti anni?
A Piazza di Pandola e inizialmente si teneva ad ottobre, ma poi è stata
spostata a luglio. Si è svolta per circa 11 anni.
-Da chi era organizzata?
Dalla parrocchia di Piazza di Pandola.
-Quali prodotti si valorizzavano?
Principalmente il mallone, ma anche il fungo porcino ed altri ortaggi. Inoltre
era una riscoperta dei sapori antichi e quindi si cucinavano ricette antiche.
-Per organizzare una sagra cosa serve?
Oltre all’impegno e alla volontà, serve anche un aiuto da parte del comune e
da alcune associazioni. Dal comune bisogna avere l’autorizzazione per il
suolo pubblico e quindi pagare un’imposta e poi servono anche autorizzazioni
sanitarie (S.C.I.A che controlla le condizioni igieniche durante la sagra).
Inoltre bisogna garantire l’ordine pubblico e quindi le associazioni come
Protezione Civile o Misericordia aiutano nella vigilanza e nel caso servisse
un’ambulanza. Un’altra cosa importante per far conoscere i prodotti di un
territorio è la pubblicità, che viene messa principalmente nelle province vicine
o anche attraverso radio, social e tv locali.
-Quante persone ci sono in questi tre giorni?
Anche 3000-4000 e tutto il ricavato va alla parrocchia per beneficenza.
-E nell’organizzazione, invece, quante persone c’erano?
Circa una centinaia, anche perché la sagra è un momento di aggregazione
della comunità.
-Dove si cucinava?
C’era una casa con una cucina enorme e quindi gli anziani aiutavano lì con le
ricette e nel cucinare. Veniva anche allestito il salone parrocchiale e alcuni
stand in paglia.
-C’erano delle normative da rispettare?
Prima di tutto bisogna avere un locale cucina e dei bagni, e poi bisogna
sempre scrivere affianco al menù la provenienza dei prodotti. (H.C.C.P)
-Come mai non si svolge più questa sagra?
Perché con l’insediamento del nuovo parroco ci sono stati problemi
organizzativi.
La classe II F