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Impronte
Implicazioni nello spazio natio del casato mercantile Pedrazzini
di Campo Vallemaggia (XVIII-XIX s.)
Francesca Chiesi Ermotti
Premessa
La ricca documentazione conservata negli Archivi delle Famiglie Pedrazzini di Locarno e
studiata nel contesto di una ricerca di dottorato riferisce delle vicende di un casato di
mercanti alpini, attivi per più di un secolo in fiorenti centri tedeschi e nella città di Kassel in
particolare 1. Emigrati come altri conterranei a nord delle Alpi nel corso del Settecento, i
Pedrazzini di Campo Vallemaggia hanno gestito fino alla sua chiusura negli anni 1830 un
redditizio negozio di prodotti coloniali sotto la ragione sociale Gaspard Pedrazzini & Fils,
fondato nella città del landgraviato di Hesse-Kassel. La loro vicenda imprenditoriale, che
presenta diverse analogie con le iniziative di altri casati di commercianti nelle Alpi italiane, è
contraddistinta dalla sovrapposizione tra impresa e famiglia, dalle peculiarità di una
circolazione transnazionale costruita sugli andirivieni degli eredi tra il villaggio d’origine e la
città tedesca, dalle specificità di un progetto gestionale fondato sulla disponibilità dei
parenti ad assumere a turno la direzione dell’impresa, e dal legame forte con la patria che
impedisce loro di inserirsi durevolmente nel tessuto cittadino e di integrarvisi, spingendoli a
riprendere sempre il cammino che li riporta nella terra natia 2. La chiusura endogamica unita
a una fecondità familiare importante, così come le unioni concluse all’interno del gruppo
socio-professionale di mercanti migranti hanno favorito il mantenimento di un sistema
fortemente personalizzato e saldamente ancorato al gruppo di parenti. Traendo la sua
vitalità da una densa rete di scambi animata da commercianti sudalpini, questo sistema
poggia su collaborazioni che uniscono Kassel a Paderborn, Francoforte, Ansbach,
Heidelberg, Mannheim e Magonza 3.
Questo breve saggio espone alcune delle riflessioni maturate nell’ambito di una tesi di dottorato, che
coniuga storia della famiglia e storia dell’emigrazione alpine in epoca moderna, diretta congiuntamente dal
prof. F. Walter dell’Université de Genève e dalla prof. S. Cerutti dell’EHESS (Paris). Altri aspetti di questa
ricerca sono stati illustrati in un precedente contributo, consacrato alla Progettualità migratoria e conflitti intestini in
un casato alpino. I Pedrazzini di Campo Vallemaggia (XVIII-XIX s.), in «Percorsi di ricerca. Working Papers»,
Laboratorio di Storia delle Alpi (LabiSAlp), 1/2009, p. 19-29 (http://www.arc.usi.ch/ra_2009_01.pdf).
2 L. Lorenzetti, Les élites «tessinoises» du XVIIe au XIXe siècles: alliances et réseaux familiaux, in A.-L. Head-König,
L. Lorenzetti, B. Veyrassat (dir.), Familles, parenté, réseaux en Occident (XVIIe-XXe siècles). Mélanges offerts à Alfred
Perrenoud, Genève, 2001, p. 207-226; Id., Controllo del mercato, famiglie e forme imprenditoriali tra le élite mercantili
sudalpine, dalla fine del Cinquecento al Settecento, in S. Cavaciocchi (a cura di), La famiglia nell’economia europea secoli
XIII-XVIII, Atti del convegno dell’Istituto Internazionale di Storia Economica «F. Datini», Firenze, 2009, pp.
517-526
3 Inserendosi nel solco già ben tracciato di una vasta corrente storiografica che si è occupata di migranti partiti
per mete lontane e di minoranze straniere provenienti da aree montane attive in fiorenti centri urbani, l’analisi
si nutre delle peculiarità di un caso di studio che si distanzia sotto alcuni aspetti dalle esperienze di cui si è
scritto, fornendo originali spunti di riflessione. Tra le letture su cui si basa la riflessione sviluppata in queste
pagine, di particolare interesse per questo studio sono la ricca opera collettanea curata da P. Corti, M.
Sanfilippo, Migrazioni, Torino, 2009; le ricerche sulle comunità di migranti di M. Schulte Beerbühl, Deutsche
Kaufleute in London. Welthandel und Einbürgerung (1660-1818), Monaco, 2008, e di K. Weber, Deutsche Kaufleute im
Atlantikhandel 1680-1830. Unternehmen und Familien in Hamburg, Cádiz und Bordeaux, Monaco, 2004; la ricca
sintesi di A. Crespo Solana (dir.), Comunidades transnacionales: colonias de mercaderes extranjeros en el Mundo Atlàntico
(1500-1830), Aranjuez, 2010; il prezioso volume collettaneo di P.-Y. Beaurepaire, P. Pourchasse (dir.), Les
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Di un’indagine complessa consacrata ai percorsi commerciali del casato Pedrazzini si è
scelto di riassumere in questa occasione i risultati emersi da ricerche recenti, sebbene queste
non illustrino che parzialmente l’esame in corso. Privilegiando le conclusioni a cui si è
giunti ultimamente a scapito di tematiche forse maggiormente evocatrici, si vorrebbe
soffermarsi in questo contributo sull’analisi degli indizi che definiscono l’originalità della
traiettoria di una famiglia di emigranti in un contesto di forte mobilità come quello delle
valli sudalpine nel Settecento 4. Nella scelta di abbandonare provvisoriamente la trattazione
di tematiche in cui sia presente con più chiarezza l’esperienza del viaggio e
dell’imprenditorialità estera, si è voluto consacrare queste pagine all’esame di una serie di
segni quasi impercettibili raccolti dallo studio di fonti ecclesiastiche. Questo contributo si
prefigge di analizzare le tracce lasciate nell’ambito locale dall’intraprendenza migratoria del
casato Pedrazzini, indagando le gerarchie del prestigio, della reputazione e del potere locali.
In una cornice caratterizzata da una solida tradizione di emigrazione, si vorrebbero definire
con più precisione le peculiarità del ruolo assunto dalla famiglia studiata e se questo abbia
effettivamente iscritto nella memoria del villaggio la loro preminenza e il loro primato,
attestati per altro dallo sguardo ammirato dei vescovi che vi si sono recati in visita 5.
Sorvolando sulle ragioni di un’ascesa e di un’affermazione degne di nota, precisatesi grazie
al successo dei traffici tedeschi e in particolar modo della ditta Gaspard Pedrazzini & Fils con
sede a Kassel, si affronteranno qui le implicazioni della loro presenza nello spazio alpino.
La ricerca dei segni che l’operosità e il coinvolgimento della famiglia hanno lasciato nella
trama degli eventi della storia valmaggese dice del desiderio di intervenire nella vita della
comunità natia e di esercitarvi parte di quel potere che le ricchezze ingenti hanno loro
conferito, in forza di un’autorevolezza che deriva da un’intraprendenza mercantile svolta
altrove. Numerosi sono gli esempi in cui l’universo dell’emigrazione e dei commerci
tedeschi si innesta nella realtà comunitaria montana, offrendo all’osservatore la ricerca di
soluzioni inedite di un’«urbanità alpina» 6. Tra questi, si è scelto di metterne in luce in
particolare tre, che per la pregnanza di significato trattassero attraverso l’attribuzione di un
titolo onorifico, le pratiche del padrinato e i costumi sepolcrali dell’immagine del casato
nell’ambito comunitario di provenienza.
«Domini» campesi
Per approfondire il dialogo avuto dai Pedrazzini con le altre autorevoli voci della società
locale al fine di coglierne le gerarchie costitutive e i rapporti di potere, ci si è avvalsi
innanzitutto di un aspetto in apparenza minore, emerso consultando i registri settecenteschi
dei battesimi della parrocchia di S. Bernardo a Campo: la ricorrenza significativa del titolo
di «dominus» o «domina» attribuito ai nomi di alcuni abitanti del villaggio 7. L’appellativo,
che si presume onorifico e inteso a designare una persona di spicco nell’ambito
comunitario, è associato sia ai genitori dei battezzati che ai padrini e alle madrine, benché
circulations internationales en Europe, années 1680-années 1780, Rennes, 2010; nonché il recente libro di C. H.
Johnson, D. W. Sabean, S. Teuscher, F. Trivellato (ed.), Transregional and transnational families in Europe and
beyond: experiences since the Middle Ages, New York, 2011.
4 C. Maitté, Mobilités internationales de travail en Europe du Sud, v. 1680-1780, in Beaurepaire/Pourchasse, Les
circulations internationales en Europe, cit., pp. 37-54.
5 Nella descrizione della visita effettuata nel giugno 1761 da monsignor Giovanni Battista Albricci-Pellegrini,
vescovo di Como, si annota: «Inter cæteras familias huius loci sunt familiæ de Petracinis fortunæ bonis valde
divites, et humiles, quæ continuo hic commorantur, suntque ecclesie [prefa.te] benefactores». Mons. Giovanni
Battista Albricci-Pellegrini, Visite Pastorali, Archivio diocesano di Lugano, 1761, scatola 43, p. 4v.
6 R. Ceschi, La «città» nelle montagne, in «Histoire des Alpes», n. 5, 2000, pp. 189-204.
7 Registro dei battesimi della Parrocchia di San Bernardo, Campo Vallemaggia, vol. 2, 1666-1850, Archivio
Diocesano di Lugano, Parrocchia di Campo Vallemaggia, Scatola 1 (Battesimi, Matrimoni, Stato d’anime).
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l’analisi prediliga questi ultimi. Ci si deve interrogare sulle ragioni della sua attribuzione ai
membri di alcune famiglie campesi, nella fattispecie a eredi del casato, per stabilire quando
esso sia divenuto ricorrente per identificare notabili del luogo o illustri visitatori. Se si
eccettuano gli ecclesiastici cui il titolo è sempre conferito dai compilatori dei registri 8, le
prime occorrenze per designare così i Pedrazzini datano del 1744 per gli uomini e del 1757
per le donne. Tra gli uomini insigniti della qualifica nel ruolo di padrini è soltanto a partire
dagli anni 1760 che l’appellativo è utilizzato in modo sistematico nei libri parrocchiali.
All’infuori degli ecclesiastici (menzionati in 3 casi), tra il 1740 e il 1800 nel novero dei
padrini scelti tra i membri del casato Pedrazzini cui ci si riferisce come a dei «domini» 9
compaiono 116 uomini. Se raffrontati ai 27 laici e ai 14 ecclesiastici non appartenenti alla
famiglia e così qualificati tra i padrini, emerge come questo titolo designi di preferenza dei
discendenti del casato mercantile. Aureolati del prestigio che dalla qualifica emana, gli
uomini Pedrazzini vengono investiti di un’autorevolezza che ne sancisce la preminenza alle
origini, distinguendo il loro percorso familiare da quello di conterranei pur influenti.
Per quanto riguarda il titolo assegnato a figure femminili, esso assume una valenza
particolare per una «domina» con il ruolo di madrina e non unicamente quale madre del
neonato accanto al marito. Negli anni 1740-1800, le madrine designate quali «dominæ» dal
compilatore del libro dei battesimi sono 17 10. Le menzioni repertoriate si riferiscono
prevalentemente a vedove, a conferma di un protagonismo spiccato nelle vesti di madri
spirituali di donne sopravvissute al coniuge accanto a donne nubili (seppur meno
rappresentate), mentre a quelle sposate si preferisce il marito, dietro il quale esse si
eclissano. La parsimonia con cui il titolo è assegnato a figure femminili, più frequentemente
indicate con lo statuto di figlia o di moglie di un «dominus», suggerisce come la qualifica
incarni un’autorevolezza che meglio descrive la posizione conquistata dalla vedova
nell’assenza del marito. Avvalorando le considerazioni espresse a proposito dei padrini, la
maggior parte dei casi recensiti di madrine insignite del titolo riguarda gli anni 1760 e più
particolarmente il periodo 1764-1768, fase in cui in assoluto le occorrenze sono più
numerose. Esaminando – per apprezzare il dato su scala locale – le ricorrenze segnate nel
volume tra il 1740 e il 1800, si nota come l’appellativo riferito a una madrina sia
appannaggio quasi esclusivo del casato nella cornice della parrocchia campese (su 20
occorrenze, 2 soltanto riguardano un’erede Fantina, mentre un altro caso concerne una
Pontoni, forse tuttavia vedova di un Pedrazzini). L’appropriazione da parte delle donne
Pedrazzini della qualifica di «domina» le avvolge nella stessa aura di distinzione che
circonda padri e mariti, associandole al loro percorso di affermazione nel contesto locale.
Ampliando l’analisi dell’attribuzione dell’appellativo all’insieme delle famiglie che
compongono la comunità montana non ascritte al ramo studiato dei Pedrazzini, si
conferma quanto detto in precedenza sulla sua intensità. Si fa un uso più regolare del titolo
negli anni 1760 e più precisamente nel quinquennio 1765-1770, così come negli anni
1790 11. Non è forse irrilevante notare che in questo stesso periodo è indicato tra i preti che
amministrano il battesimo anche il canonico Giovanni Martino Pedrazzini (1736-1776),
ecclesiastico che con una certa frequenza officia cerimonie battesimali tra il 1763 e il 1775.
E benché la grafia distinguibile dei porzionari sembri indicare che il redattore del registro
sia stato un’unica persona, non si può escludere che la parentela con l’officiante abbia
Il titolo di «dominus» accompagna generalmente quello di «reverendus», «clericus», «canonicus», e di altre
cariche di membri del clero citati nei registri: esso è parte della loro designazione ufficiale nei registri della
cristianità.
9 Si sono presi in considerazione solo i casi in cui l’appellativo si riferisce al padrino stesso e non al padre di
cui si fa menzione per definire l’ascendenza.
10 Le occorrenze riguardano espressamente e direttamente delle donne Pedrazzini, non entrando in merito
dell’attribuzione del titolo a padri e mariti delle stesse.
11 Decennio 1760: 30 menzioni del titolo «dominus»; decennio 1770: 13 menzioni; decennio 1780: 11
menzioni; decennio 1790: 30 menzioni (+1 nel 1800).
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favorito l’assegnazione del titolo a eredi Pedrazzini. Potrebbe cioè essersi verificato che sia
stato il canonico Pedrazzini a propendere per l’uso dell’appellativo onorifico destinandolo
di preferenza ai membri del suo casato, per poi estenderne l’utilizzo anche a conterranei
degni di nota. In effetti, negli anni in cui officia, la registrazione dei battesimi nei quali
interviene assegna il titolo a 18 membri del casato e a 4 eredi di altre famiglie campesi (in 2
casi figli di donne Pedrazzini). Se però si legge il dato alla luce del numero di menzioni
complessive dell’attributo in questo stesso periodo (78 occorrenze per designare dei
Pedrazzini a fianco di 19 riconosciute ad altre famiglie), se ne deduce che – malgrado la
partecipazione dell’ecclesiastico abbia potuto favorirne l’utilizzo per i parenti – questo si
generalizza per designare numerosi altri campesi. Queste precisazioni legittimano un’analisi
delle occorrenze del titolo di «dominus» a fine Settecento, i cui risultati sono illustrati dallo
schema annesso che raccoglie le citazioni riferite essenzialmente a padri o a padrini di
bambini battezzati nell’intervallo 1760-1800 (Tab. 1)12. I casati di Campo insignoriti con più
costanza sono dinastie di emigranti come i Fantina (14 occorrenze) attivi nella città tedesca
di Heidelberg, i Lamberti negozianti ad Ansbach in Baviera (8) e i Travella con bottega a
Brà in Piemonte (7), famiglie non a caso con cui i Pedrazzini sono imparentati strettamente
tramite alleanze matrimoniali plurime. L’uso del titolo di «dominus» nella cornice del
villaggio diviene pressoché sistematico nel caso dei Pedrazzini (154 occorrenze), ciò che li
designa inequivocabilmente come potenti signori di Campo Vallemaggia. La loro traiettoria
imprenditoriale si eleva al di sopra di quelle avviate da casati conterranei insediati in centri
stranieri grazie all’eccellenza del progetto commerciale e al suo duraturo successo, che
consolidano la reputazione della casa Pedrazzini nel paese alpino.
Sebbene non si possa escludere definitivamente che il titolo venga assegnato dal
compilatore in modo aleatorio e non vi sia sistematicità nel suo conferimento né particolare
coerenza, valutazioni analoghe a quelle sopra abbozzate andrebbero formulate anche in
merito all’analisi di altri volumi della parrocchia di S. Bernardo come il registro delle
cresime o il registro dei matrimoni 13. Dal primo si deduce ad esempio che – benché vi sia
un leggero aumento a fine secolo di casi in cui il titolo non è prerogativa esclusiva della
famiglia Pedrazzini – questa resta depositaria del prestigio conferitole da un suo uso
ricorrente 14. Dal 1764 e con più insistenza dalla seconda metà degli anni 1770, anche nel
libro dei matrimoni sono soprattutto gli esponenti della famiglia Pedrazzini a fregiarsi del
titolo (42 occorrenze per il solo ramo studiato a fronte di 19 menzioni riferite a membri di
altre famiglie campesi). Attraverso gli occhi del compilatore dei libri parrocchiali si è
dunque potuto guardare alle persone vissute nel villaggio con la fugace (e in parte certo
erronea) impressione della contemporaneità dello sguardo. La possibilità di interrogare la
fonte attraverso un dettaglio di per sé irrilevante come l’uso di una qualifica rivela però
degli aspetti su cui poggia la costruzione sociale della comunità di cui sono originari i
Pedrazzini, mettendone a nudo la trama strutturata e gerarchica 15. L’attribuzione del titolo
andrebbe tuttavia interrogata in modo puntuale, mettendola in relazione con avvenimenti
Sono state escluse dal computo le donne (madri e madrine), poiché il loro statuto di figlie e mogli si presta
spesso a confusione, associando esse due cognomi e più titoli nella stessa persona. Si sono conteggiati invece
esclusivamente i padri e i padrini menzionati specificatamente con l’appellativo di «dominus», ignorando il
fatto che il loro genitore potesse portarlo ugualmente e privilegiando il riferimento alla singola persona e non
quello delle origini familiari (figlio di un «dominus»).
13 Registro dei Battesimi e delle Cresime (1666-1850) [anni presi in esame: 1719, 1741, 1761, 1776, 1795,
1806] e Registro dei Matrimoni della parrocchia di S. Bernardo Campo Vallemaggia (1677-1833), Archivio
diocesano di Lugano, Parrocchia di Campo Vallemaggia, Scatola 1 (Battesimi, Matrimoni, Stato d’anime).
14 Nelle annotazioni relative alle cresime celebrate dal vescovo nel 1761, l’appellativo «dominus» è riservato
esclusivamente a persone appartenenti alla famiglia Pedrazzini (29 occorrenze su 32, mentre 2 concernono
degli ecclesiastici). Nel 1776, 42 eredi Pedrazzini ricevono la qualifica (indirettamente o tramite il marito o il
genitore), mentre gli altri 5 casi si riferiscono a 3 ecclesiastici e in due occasioni al defunto Guglielmo Maria
Fantina. Nel 1795, il titolo designa 19 Pedrazzini e altre 8 persone appartenenti a famiglie campesi.
15 F. Cosandey (dir.), Dire et vivre l’ordre social: en France sous l’Ancien Régime, Paris, 2005.
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della storia locale e soprattutto con la cronologia del successo della famiglia, che resta da
precisare.
Padrini padroni
Altro aspetto messo in luce da un esame delle fonti parrocchiali è quello riferito alle
pratiche di padrinato presso gli eredi Pedrazzini e nella comunità di appartenenza 16. Da
un’analisi delle scelte dei padrini e delle madrine per i neonati della famiglia emerge con
forza il dato della ricerca di parentele spirituali all’interno di un ristretto gruppo di parenti.
Si constata infatti che su 93 cerimonie di battesimo celebrate per dei Pedrazzini tra il 1730 e
il 1800, 80 (86% dei casi) implicano la presenza di almeno un padrino o una madrina
appartenenti direttamente al casato 17. Negli altri 13 esempi recensiti (14% dei casi), vi è
almeno un padrino o una madrina imparentati con la famiglia in modo indiretto. Si tratta di
membri di altri casati, che si sono uniti in matrimonio con una donna Pedrazzini o che
sono in rapporti di parentela con i genitori del battezzato come cognati o fratelli. L’analisi
dei dati contenuti nel registro dei battesimi ha così permesso di individuare per ogni
neonato battezzato della stirpe Pedrazzini un padrino e/o una madrina che al casato cui egli
appartiene è legato da vincoli più o meno stretti. La pratica per cui i genitori spirituali sono
scelti all’interno di una limitata cerchia di persone note e a cui si è uniti dal sangue attesta il
desiderio di rinsaldare dei rapporti intestini al gruppo (caratterizzato per altro anche da una
spiccata endogamia) e forse un’esigenza meno sentita di rafforzare relazioni esogene.
Questa prima spiegazione, avvalorata dai comportamenti matrimoniali, apre la strada anche
a un’interpretazione di segno opposto: la possibile conflittualità dei Pedrazzini 18. È infatti
legittimo chiedersi se la ridondanza dei reciproci padrinaggi, che incrociano rami diversi, sia
il segno di un lavoro di contenimento dei conflitti. Questo interrogativo, a cui ancora non
si è dato risposta, ha il merito di legare le tensioni interne al casato all’esigenza di rinsaldare
l’unità familiare tramite momenti sacramentali come i battesimi.
Lasciando l’insieme coeso e raccolto degli eredi Pedrazzini per estendere l’analisi del
padrinato all’intera comunità cristiana di Campo Vallemaggia, è poi possibile apprezzare
l’intensità della loro implicazione come padrini nei confini noti del villaggio. Dei 718
battesimi celebrati tra il 1740 e il 1800 nella parrocchia di S. Bernardo – eccettuati gli 86
casi che concernono il casato Pedrazzini – sono portati al fonte battesimale 632 neonati
appartenenti ad altre famiglie campesi o a casati che pur essendo imparentati con i
Pedrazzini non ne portano il cognome (battezzati figli di una Pedrazzini, ma non eredi di un
Pedrazzini). Per soppesare l’importanza e il prestigio della famiglia alle radici, si è dunque
proceduto al computo dei suoi membri nelle vesti di padrini e madrine di giovani campesi.
Sul padrinato si veda la pubblicazione recente curata da G. Alfani, Ph. Castagnetti, V. Gourdon (dir.),
Baptiser. Pratique sacramentelle, pratique sociale (XVIe-XXe siècles), Saint-Étienne, 2009; nonché gli articoli di C.
Munno, Prestige, intégration, parentèle. Les réseaux de parrainage dans une communauté de Vénitie (1834-1854), in
«Annales de Démographie Historique», 109, 2005/1, pp. 95-130; di G. Alfani, V. Gourdon, Fêtes du baptême et
publicité des réseaux sociaux en Europe occidentale. Grandes tendances de la fin du Moyen Âge au XXe siècle, ibid., 117,
2009/1, pp. 153-189; e di S. Guzzi-Heeb, Kinship, ritual kinship and political milieus in an alpine Valley in 19th
century, in «The History of the Family», 2009/14, pp. 107-123.
17 Si è cioè in presenza o di eredi maschi e di figlie Pedrazzini (sposate o meno), oppure di mogli di
discendenti Pedrazzini: il cognome Pedrazzini compare esplicitamente in questo caso per designare queste
figure, sempre in riferimento al ramo studiato.
18 Compromesso indispensabile alla collaborazione e presupposto necessario alla costruzione del rapporto
fiduciario, l’armonia tra parenti è il postulato irrinunciabile dell’attività imprenditoriale nella ditta di famiglia.
Questo sistema – basato su solidarietà plurime, sulla fedeltà operativa dei singoli e sull’osservanza di una
deontologia mercantile condivisa – si incrina per la minaccia manifestatasi sul finire del XVIII secolo di una
crescente conflittualità intestina, documentata da controversie e azioni giuridiche intentate contro familiari.
Vedi Chiesi Ermotti, Progettualità migratoria e conflitti intestini, cit.
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L’aspetto rilevante di questo tipo di indagine è dato dalla possibilità di verificare quanto
sovente la scelta dei padrini da parte degli abitanti di Campo ricada su dei Pedrazzini e quali
siano i casati maggiormente interessati a stabilire con loro un legame spirituale. Su un totale
di 632 sacramenti conferiti a figli di famiglie autoctone, in 200 casi (31,7%) vi è un padrino
o una madrina scelti tra i membri del casato Pedrazzini, mentre in 64 occasioni (10,1%)
entrambi i padrini sono dei Pedrazzini. Ciò significa che tra le 632 celebrazioni che non
riguardano degli eredi Pedrazzini, in 264 esempi (41,8%) è presente almeno un membro
della famiglia tra i padrini del battezzato. Vi sono altri casati autoctoni altrettanto
rappresentati e interpellati con la stessa frequenza per divenire padrini nel periodo
considerato? Allo scopo di comparare i dati del padrinato campese è risultato più adeguato
esaminare esclusivamente i padrini uomini, essendo le donne divise tra la famiglia dello
sposo e quella del padre e ponendo la presenza simultanea di più cognomi sul registro non
pochi problemi per un corretto conteggio delle occorrenze relative a un unico casato. Negli
anni 1740-1800, i padrini Pedrazzini richiesti da altri casati campesi sono 215, tra i Fantina
se ne contano 41 (arrestandosi le menzioni al 1778), i Travella (o Trivelli) sono padrini 33
volte e i Porta 28, mentre i Gobbi sono menzionati in 36 casi con questa funzione, senza
tuttavia poter precisare se si sia in presenza di più rami della stessa famiglia e quante
persone in diverso rapporto di parentela associ il cognome 19. Si può dunque affermare che
nessuna famiglia di Campo è sollecitata quanto quella Pedrazzini, i cui membri divengono
padrini e madrine di piccoli campesi con una frequenza sorprendente almeno per il periodo
esaminato. La loro presenza supera di misura quella delle altre discendenze di conterranei
nelle fila dei padrini durante le cerimonie di battesimo in S. Bernardo.
Nel tentativo di documentare poi le scelte dei membri della comunità di Campo nella
ricerca di padrini e madrine per i figli da battezzare, sono stati raccolti i dati della
partecipazione degli eredi Pedrazzini alle cerimonie officiate in S. Bernardo nel periodo
1740-1800 (Tab. 2). Lo scopo è quello di illustrare quali e quante coppie di genitori tra le
famiglie attestate nel Settecento nella parrocchia alpina abbiano affidato spiritualmente i
nuovi nati a un membro del casato studiato. Omettendo le scelte interne alla famiglia
Pedrazzini, si sono volute mettere in rilievo quelle dei casati autoctoni per verificare se ve
ne siano alcuni che si rivolgano a loro con più frequenza. Sono dunque state repertoriate
sul registro le annotazioni di cerimonie in cui compaiono dei Pedrazzini come padrini o
madrine di bambini portati al fonte battesimale nella chiesa di Campo, per descrivere la
trama delle relazioni nella comunità. Le famiglie con il maggior numero di interventi del
casato sono innanzitutto l’altro ramo Pedrazzini (17 battesimi), accanto ai Fantina (17), gli
Spaletta (15), i Fagioli (13), e poi i Lamberti (11), i Tunzini (11), i Tosetti (11), i Porta (10), i
Serazzi (10) e i Genazzini (10) 20. Ciò che accomuna l’analisi del padrinato Pedrazzini alle
Il periodo 1740-1800 è tuttavia piuttosto ampio e forse eccessivamente esteso per osservare delle flessioni o
dei picchi. Se si considerano invece i trent’anni che intercorrono tra il 1770 e il 1800, si nota che dei 249
battesimi celebrati nella parrocchia di S. Bernardo, 45 casi (18%) concernono il ramo della famiglia Pedrazzini
studiato, mentre 204 bambini battezzati (82%) si riferiscono ad altri casati campesi. In 99 casi su 204 (vale a
dire nel 48,53% dei casi che non concernono il casato) vi è almeno un Pedrazzini tra i padrini e le madrine del
battezzato. Per quanto concerne le tendenze emerse, ci si accorge che più ci si avvicina alla fine del periodo in
esame, meno i Pedrazzini vengono interpellati dai campesi come padrini e madrine dei loro figli. Il ruolo
svolto dal casato in relazione al padrinato sembrerebbe dunque affievolirsi nel corso del tempo per perdere
progressivamente di vigore e di importanza nel decennio 1790. Il lasso di tempo in cui invece la famiglia è
maggiormente richiesta per assumere un ruolo spirituale parrebbe essere il decennio 1770 e i primi anni del
1780. In questo momento storico i Pedrazzini sono ricercati sia come padrini che come madrine (o entrambi
al tempo stesso) da un gran numero di campesi che desiderano affidar loro la paternità spirituale degli eredi.
20 Si è detto dei casati campesi Fantina e Lamberti attivi rispettivamente a Heidelberg e Ansbach. Vi sono poi
gli Spaletta (o Spalletta/i) di Cimalmotto presenti a Reggio e in altri centri italiani tra cui Dosolo, i Tosetti di
Campo con negozi a Magonza e la famiglia campese Serazzi presente a Novara. G. Mondada, Commerci e
commercianti di Campo Vallemaggia nel Settecento. Dalle lettere dei Pedrazzini e di altri conterranei attivi in Germania e in
Italia, Lugano, 1977.
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considerazioni sulle alleanze matrimoniali stipulate per i loro eredi è l’espressione di un
legame profondo che unisce i più importanti casati campesi, molti dei quali attivi all’estero
nei commerci (tranne forse i Fagioli, i Tunzini e i Genazzini). La realtà di questa vicinanza
sancita e consacrata attraverso dei riti comunitari rafforza la coesione di un’élite migrante,
testimoniando il bisogno di esibire o sacralizzare dei rapporti indispensabili anche per il
buon esito dei negozi esteri. Lo scarto tra l’intimità della cerimonia che introduce il neonato
nella comunità religiosa e il carattere pubblico del rito attraverso la solennizzazione di una
parentela costruita pone non poche domande sull’effettiva visibilità del legame che viene
stabilito tra il bambino, il padre e il padrino. In che modo questo non sia frutto di un caso
o della disponibilità fortuita del padrino il giorno del battesimo non è dato sapere. Oltre a
ciò, permangono dei dubbi circa il reale peso in termini di prestigio che un numero
considerevole di figliocci attribuisce a un padrino. Questo conferisce forse
un’autorevolezza che a padrini minori non è concessa? In merito poi alla natura del legame
spirituale, è probabilmente nel rapporto tra padre e padrino («compérage») che va cercata
l’importanza di un nesso, le cui reali implicazioni per la vita del figlioccio restano da
approfondire.
Nell’eternità
Perché lo spazio in cui è vissuta porti iscritto nella pietra come nella terra la memoria delle
vicende di una famiglia, occorre che questa si discosti in qualche modo dal percorso che
porta inesorabilmente all’oblio. E quando tutto decade e la morte avvolge una vita poco
prima piena di storia e operosità, annullando il successo con la disfatta in cui si sgretola
ogni progetto umano, in questo momento di verità è racchiusa una parte di significato della
traiettoria umana. Questa si conclude lasciando traccia del suo percorso là dove il tributo
della comunità e le disposizioni prese dal defunto stesso hanno definito le modalità del
ricordo, durevole qualora dal percorso terreno del singolo si prolunghino lasciti ed
elargizioni imperituri o più effimero in assenza dei segni di una distinzione certa. Da queste
considerazioni ha preso avvio l’indagine sulle tipologie sepolcrali del casato e della
comunità, tesa a individuare gli indizi di pratiche che delineino la preminenza di quella che
si presenta come l’élite mercantile di Campo. Grazie a una lettura del libro dei morti della
parrocchia di S. Bernardo, lo studio delle consuetudini funerarie nel villaggio è stato
sondato dapprima all’interno del solo casato Pedrazzini e poi in un confronto più largo
(sebbene più circoscritto da un punto di vista temporale) che abbracci tutta la comunità 21.
Partendo dall’esame della composizione dei 96 decessi registrati negli anni 1730-1800, si è
proceduto a una rassegna delle pratiche di sepoltura adottate per i cadaveri Pedrazzini in
terra campese e al loro mutare nel tempo, inventario che qui non si dettaglierà per ragioni
di brevità fornendone soltanto un sunto illustrativo (Tab. 3). Se ne desume la distinzione tra
le inumazioni degli adulti e i seppellimenti infantili, iato che interviene a differenziare la fine
del percorso terreno e i destini nella morte dei membri del casato, descrivendo nel tempo
evoluzioni diverse per i defunti Pedrazzini. Leggendo la fonte nella prospettiva di un’analisi
comparata che tuttavia si limiti al periodo 1770-1800, è possibile mettere maggiormente in
valore i dati estrapolati dal registro dei morti grazie a un’analisi che dal nucleo Pedrazzini si
estenda all’insieme della parrocchia campese. Delle 219 persone decedute nei tre ultimi
decenni del Settecento, 95 casi (43,4%) interessano la categoria in cui trovano posto i
bambini («infans», «puer» o «puella» che non superano i 14 anni). L’esame della mortalità
infantile permette di documentare la scelta del luogo di sepoltura destinato ai bambini,
mostrando un certo scarto tra le pratiche sepolcrali dei campesi e quelle proprie al casato
Registro dei morti della parrocchia di S. Bernardo (volume primo 1677-1747; volume secondo 1748-1896),
Archivio diocesano di Lugano, Parrocchia di Campo Vallemaggia, Scatola 2 (Morti).
21
29
Percorsi di ricerca
4/2012
Pedrazzini. A parte tre eccezioni, si nota allora che dal 1770 al 1775 gli «infantes»
Pedrazzini che discendono dal fondatore riposano nell’oratorio di S. Giovanni Battista
(giuspatronato del casato), mentre i loro coetanei giacciono nel «puerorum sepulchro» in S.
Bernardo. A partire dal 1775, si delinea per i piccoli Pedrazzini ed essenzialmente per i più
grandicelli tra loro la consuetudine di un’inumazione in un «proprio sepulchro» nella chiesa
principale (e non nel «puerorum sepulchro» che accoglie i figli degli altri campesi). Da
questo momento in avanti, la differenziazione tra gli eredi Pedrazzini e quelli che al casato
non appartengono si cristallizza con più forza, i primi ricevendo sepoltura in una tomba
specifica o comunque localizzata in S. Bernardo, i secondi venendo calati nel loculo degli
infanti. La particolarità riscontrata nelle tipologie legate all’inumazione dei cadaveri bambini
tra i Pedrazzini si protrae per tutto il trentennio in esame (dal 1796 essi verranno interrati in
un sepolcro familiare non meglio definito). I diversi costumi sepolcrali che
contraddistinguono i defunti scomparsi in tenera età nella parrocchia sembrerebbero
marcare dunque la distanza (sociale e simbolica) tra il casato Pedrazzini e le famiglie del
paese. I bambini di queste ultime riposano infatti continuativamente nel sepolcro infantile
della chiesa di S. Bernardo, non ricevendo le loro spoglie una collocazione più prestigiosa.
L’analisi delle sepolture adulte presenta maggiori asperità, poiché per i 124 defunti deceduti
tra il 1770 e il 1800 molteplici e diverse sono le collocazioni mortuarie (Tab. 4).
Rimandando queste a tipologie più variegate, appare difficile cogliere e descrivere tendenze
precise che illustrino le scelte delle famiglie a Campo. Tra i 124 seppellimenti indicati nel
registro dei morti, se ne contano 77 (62,1%) avvenuti nel cimitero di S. Bernardo, di cui 9
soltanto concernono dei membri della famiglia Pedrazzini interrati nel camposanto.
Sorprende alquanto che nei 9 casi individuati non si sia di fronte a personaggi di secondo
piano, ma a uomini e donne protagonisti della storia familiare, il luogo del cui ultimo riposo
non li differenzia dai conterranei. Delle altre 38 sepolture (30,6%) situate nell’attiguo
edificio sacro, 11 (8 donne e 3 uomini) avvengono nella chiesa di S. Bernardo senza una
collocazione precisa e nessuna riguarda un erede Pedrazzini, mentre 27 occupano uno
spazio distinto (sepolcro di cui si indica la posizione o la proprietà). Tra queste ultime
inumazioni, 10 salme (6 donne e 4 uomini) sono deposte in sepolcri non meglio specificati
nella chiesa di S. Bernardo ma in nessun caso si tratta di un Pedrazzini, 6 defunte di
famiglie campesi riposano nel «sepulchro mulierum», 5 donne del casato trovano posto in
un «proprio sepulchro» (in un caso orientato verso l’altare del Carmelo) e una Pedrazzini
nel sepolcro Lamberti, mentre 4 ecclesiastici ricevono sepoltura in una tomba localizzata e
il cadavere di un giovane uomo di 24 anni giace nel sepolcro maschile (il solo
apparentemente per cui sia indicato questo tipo di sepoltura). Per quanto riguarda i 9
seppellimenti (7,3%) che esulano dallo spazio campese, è attestato il caso di un adulto
deposto nel sepolcro «virorum» della chiesa di S. Remigio a Linescio e tre altri esempi di
sepolture avvenute a Cimalmotto. All’estero muoiono invece 5 campesi che saranno sepolti
in terra straniera: un erede Fantina a Kassel, un Pedrazzini e un Lamberti deceduti ad
Ansbach, un Gobbi a Massa Carrara, nonché un Fagioli in Italia.
In sintesi, le 124 sepolture adulte comprendono 77 defunti sepolti in terra consacrata a S.
Bernardo, 38 all’interno di questo edificio e 9 lontani dal villaggio. I Pedrazzini maggiorenni
sono seppelliti di preferenza nel cimitero di S. Bernardo come i loro compaesani (11 casi) o
in un sepolcro specifico nella chiesa parrocchiale (ed è il caso di 6 donne e di 2
ecclesiastici), mentre un solo erede emigrante scompare all’estero. Si osserva dunque che
sul finire del Settecento i costumi relativi alla sepoltura dei defunti nel casato rispecchiano
grossomodo quelli della comunità alpina, prediligendo il seppellimento dei morti nell’area
cimiteriale. Se si eccettuano i casi non pertinenti al territorio di Campo, colpisce l’elevato
numero di corpi femminili che riceve sepoltura all’interno della chiesa (26 cadaveri di
donne a fronte di 12 uomini, di cui 4 ecclesiastici). Tra i membri del casato Pedrazzini, il
privilegio di una tomba interna è accordato a 6 eredi donne, mentre soltanto 2 uomini di
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Percorsi di ricerca
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Dio possono vantare una simile sistemazione sotto le lapidi sacre, non essendo praticata a
questo momento l’inumazione nell’oratorio familiare di S. Giovanni Battista. Da ciò emerge
come non solo le usanze sepolcrali degli abitanti del villaggio non si distanzino
sostanzialmente da quelle adottate dai Pedrazzini, ma anche come entrambi siano
accomunati dalla collocazione specifica assegnata alle salme femminili in S. Bernardo, oltre
che dal tributo riservato ai religiosi che vi hanno officiato. Ci si interroga allora sulle ragioni
della peculiarità funeraria tra le mura della chiesa, che potrebbe essere occasionata da fattori
estranei alla volontà dei parenti e all’importanza conferita a una tomba posta sotto il tetto
della chiesa e dunque più vicina all’altare. Un esame dell’ordine temporale in cui i
seppellimenti hanno avuto luogo dovrebbe favorire in questo senso la verifica di quanto gli
accenni a pratiche estive e a consuetudini invernali reperiti tra le annotazioni dei visitatori
apostolici hanno insinuato 22.
Partendo dal presupposto che i bambini sono sepolti esclusivamente all’interno dell’edificio
religioso, si è limitata l’analisi cronologica alle sepolture adulte, per verificare se la scelta del
luogo dell’inumazione sia legata o meno a fattori climatici. Il manto di neve e gelo potrebbe
precludere infatti l’interramento nel cimitero d’inverno e i miasmi dei corpi in disfacimento
escluderebbero il seppellimento sotto il pavimento della chiesa nei mesi caldi. Lo studio
della successione mensile delle sepolture di adulti campesi (Tab. 5) ha così messo in luce un
aspetto eloquente: la predominanza e la ricorrenza dei seppellimenti nel cimitero nel corso
degli anni e in quasi tutti i mesi. Vi è tuttavia il dato in controtendenza dei mesi di gennaio
e di giugno, in cui sono più numerose le tumulazioni in chiesa. A spiegazione di questo
fatto non si sono potute portare giustificazioni quali uno statuto privilegiato o un ruolo di
rilievo assunto in vita, poiché non sembra esservi un legame apparente tra le scelte
sepolcrali e la presenza di membri illustri tra i morti 23. È peraltro soprattutto il risultato di
gennaio a porre problema, poiché esso ripropone con forza l’eventualità che durante il
mese più rigido viga il principio di seppellire nel perimetro della chiesa. Per chiarire questo
dato che si discosta dalla norma funeraria, si è ricorso a un esame della composizione delle
sepolture mettendo in risalto la presenza femminile tra i defunti (80 su 118 morti adulti,
Tab. 6). La prevalenza numerica delle donne è tale sia tra le inumazioni nel cimitero che nei
seppellimenti in chiesa (la totalità delle fosse scavate nel camposanto in novembre è
destinata a donne e lo stesso accade in agosto). Il loro essere in sovrannumero tra i defunti
è una circostanza che se letta in riferimento al risultato di gennaio contribuisce a sciogliere
alcuni nodi: tra i 16 morti sepolti in questo periodo vi sono 14 parrocchiane. Nella scelta di
dar sepoltura sotto il tetto della chiesa a queste donne si cela forse (più che nel fattore
meteorologico) la ragione per cui a prevalere in gennaio siano le inumazioni all’interno
dell’edificio. Il dato divergente rispecchia infatti peculiarità legate alla presenza tra i morti di
un’importante numero di donne, che non a caso ricevono la stessa destinazione del
canonico Giovanni Martino Pedrazzini (1736-1776). La collocazione specifica riservata ai
cadaveri femminili influisce dunque probabilmente su questo caso limite, sommandosi a
circostanze climatiche non favorevoli.
Il testo della visita di monsignor Giovanni Battista Muggiasca nel luglio 1769 attesta l’esistenza in S.
Bernardo di tombe individuali per parroci, bambini, uomini e donne, oltre a quella di un cimitero con ossario
nelle immediate vicinanze. Il compilatore afferma che esistono dei sepolcri «pro sacerdotibus, parvulis,
maribus et foeminis separatim sepeliendis: estivo tamen tempore sepeliuntur in cœmeterio extra ecclesiam».
Questo appunto conciso solleva la questione dell’inumazione dei cadaveri nel camposanto nel corso
dell’anno, alludendo forse al fatto che vi siano periodi in cui la sepoltura dei corpi dei parrocchiani è resa più
difficoltosa. Mons. Giovanni Battista Muggiasca, Visite Pastorali, Archivio diocesano di Lugano, 1769, scatola
80, p. 3.
23 Nel mese di giugno, tra i 5 cadaveri seppelliti in chiesa vi è sì quello del curato Giovanni Battista Fantina
accanto a una giovane erede Pedrazzini, ma nello stesso mese nel camposanto è interrato il corpo di un
importante discendente del casato quale Pietro Antonio (1716-1778). I numeri sono del resto poca cosa per
leggere dietro a queste occorrenze delle norme consuetudinarie inerenti alla sepoltura, che possano estendere
la loro validità anche al di là del breve periodo preso in esame.
22
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La pratica di inumare i cadaveri nel camposanto durante la bella stagione e in modo
inatteso anche nel periodo più inclemente attenua la validità della tesi secondo cui
condizioni meteorologiche avverse impedirebbero di sotterrare i corpi nel terreno gelato.
Oltre a ciò, il risultato rende pertinente un’analisi delle sepolture maggiormente svincolata
dal fattore climatico e la proietta verso risultati qualitativamente rilevanti. Dopo aver
ammesso infatti che la collocazione dei corpi nel cimitero non è subordinata a imperativi
ambientali, è possibile considerare le scelte funerarie per discernerne tratti peculiari. E sono
soprattutto i corpi deposti in chiesa a focalizzare l’attenzione del ricercatore, poiché a essi è
conferito un rilievo particolare, trattandosi di opzioni minoritarie e infrequenti. Data la
posizione preminente del casato nella comunità di Campo, si sarebbe potuto attendersi
delle scelte di sepoltura che ne rispecchiassero ruolo e prestigio, senza dover
necessariamente aspettare l’Ottocento per veder comparire superbi mausolei familiari.
Quanto si evince dall’esame di cui sopra è nondimeno l’assenza di una sepoltura particolare
per gli uomini eredi del casato in S. Bernardo (eccettuati gli ecclesiastici). I racconti dei
vescovi comensi che si sono recati nella parrocchia di Campo menzionano ciononostante
l’esistenza di un sepolcro di proprietà degli eredi Pedrazzini 24, in lieve contrasto con quanto
emerso dall’indagine condotta sui libri dei morti. Queste testimonianze lascerebbero
supporre che vi sia stata effettivamente una tomba destinata ad accogliere i corpi senza vita
dei Pedrazzini nello spazio della chiesa. Tuttavia, nel periodo studiato, gli uomini del casato
non vi vengono in genere seppelliti, mentre questa scelta è adottata per alcune donne della
famiglia. Sarebbe così documentata l’assenza nel Settecento di una specificità sepolcrale che
distingua gli eredi maschi adulti della famiglia dai compaesani, l’eternità avvolgendo tutti
indistintamente nel nucleo alpino. L’uguaglianza di fronte alla morte annulla privilegi di
status e la vicinanza creatasi tra ricchi mercanti e conterranei più poveri esprime il senso
della caducità umana.
Spunti conclusivi
Il rinnovato interesse per lo studio di comunità transnazionali attive in centri stranieri
formate da colonie di mercanti provenienti da varie aree europee offre interessanti spunti di
riflessione sul funzionamento di queste reti di migranti e sulle modalità del loro
insediamento e della loro presenza, nonché sulle caratteristiche del loro incessante
viaggiare 25. Iscrivendosi i Pedrazzini (fatte le debite proporzioni, poiché essi hanno
24 Alla venuta di monsignor Cernuschi nel giugno 1741 si annota che nella vice parrocchiale di S. Bernardo
oltre alle tombe comuni «vi sono li sepolcri de’ sacerdoti» e tra quelli dei particolari «ve n’è uno del signor
Petracino con l’iscrizione qui annessa» (è la prima occasione in cui si menziona un sepolcro specifico per un
laico). Visitando la chiesa nel giugno 1761, il vescovo Albrici-Pellegrini osserva che «tria sunt in ecclesiam
effossa sepulcra in quibus infantium, marium et fœminarum cadavera seorsim tumulantur aliud gentilitium
familiæ domini Michælis quondam Gaspari Petracini alia incolarum cadavera in cœmeterio etiam ad
electionem sepeliuntur». Si tratta verosimilmente del sepolcro in cui riposa il corpo di Michele I Pedrazzini
(1682-1736), benefattore della squadra di mezzo assieme ad Antonio Lamberti, e che qui è indicato come
tomba gentilizia, destinata dunque agli eredi defunti del casato. A fine Ottocento il vescovo Vincenzo Molo
preciserà invece nella sua visita che sul pavimento della chiesa si contano sei sepolture di famiglia, comprese
quelle dei parroci. Tra di esse, sembrerebbe che la sola tomba familiare sia quella segnalata dall’epigrafe
commemorativa del legato Lamberti-Pedrazzini. Mons. Paolo Cernuschi, Visite pastorali, Archivio diocesano
di Lugano, 1741, scatola 62, pp. 470-471; Mons. Albrici Pellegrini, Visite pastorali, Archivio diocesano di
Lugano, 1761, scatola 43, pp. 3-3a; M. R. Regolati Duppenthaler, W. Duppenthaler, Documentazione storica per il
restauro della chiesa parrocchiale di S. Bernardo, parrocchia di Campo Vallemaggia, Mosogno, marzo 2006, tabella anno
1894.
25 Tra i molti titoli si è scelto di citare H. Sonkajärvi, Qu’est-ce qu’un étranger? Frontières et identification à Strasbourg
(1681-1789), Strasbourg, 2008; F. Trivellato, The familiarity of strangers. The sephardic diaspora, Livorno, and crosscultural trade in the early modern period, New Haven, 2009; C. Maitte, Les chemins de verre. Les migrations de verriers
d’Altare et de Venise (XVIe-XIXe siècles), Rennes, 2009; A. Bartolomei, Les colonies de marchands étrangers en Espagne
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costituito un gruppo coeso ma limitato essenzialmente al casato per la coincidenza ricercata
tra famiglia e impresa, non dando vita a una vera e propria comunità longeva e reperibile
nel tessuto cittadino) nella storia dell’itineranza europea e dell’avventuroso slancio
imprenditoriale che ha collegato aree discoste a centri fiorenti sottolineando in questo
l’effervescenza dei margini, il contributo ha voluto mettere l’accento su quanto la
consuetudine della modernità urbana abbia apportato a un mondo alpino erroneamente
creduto immoto. Indugiando su ciò che le fonti possono restituire al ricercatore della
vitalità ormai sepolta e perduta di una comunità d’altitudine in una valle impervia, sono stati
ritenuti alcuni elementi che si pensa possano testimoniare di un’attitudine pervasa dalla
consapevolezza di possedere uno status privilegiato. Molte sono ancora le declinazioni da
indagare per quanto concerne il ruolo assunto dal casato nello spazio natio e tra queste
figurano la pratica legatizia e l’implicazione confraternale, indici di una strategia che unisce
carità e prestigio e parla di un’implicazione concreta nelle vicende della storia locale. Gli
elementi che pertanto si evincono da uno studio non ancora concluso depongono a favore
di un protagonismo di eccezione, riflesso di un itinerario familiare improntato
sull’emigrazione che si erge al di sopra dei percorsi intrapresi dai conterranei e marca il
coronamento di un’ascesa degna di nota.
(années 1680-années 1780), in Beaurepaire/Pourchasse, Les circulations internationales en Europe, cit., pp. 107-120;
M. Schulte Beerbühl, K. Weber, Les négociants allemands à Londres, Cadix et Bordeaux (fin XVIIe-début XIXe siècle),
ibid., pp. 99-106.
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Allegati
CASATO DI CAMPO
VALLEMAGGIA
Pedrazzini
Fantina
Lamberti
Trivelli o Travella
Pontoni
Serazzi
Lingeri
Pedrazzini (altro ramo)
Sartori
Jecchi
Fabbri
Camani
Spenzi
Gobbi
154
14
8
7
3 26
3
2
2
1
1
1
1
1
1
OCCORRENZE DEL
TITOLO «dominus»
TOTALE
TOTALE
BATTESIMI
PERIODO
5
7
6
1
4
2
3
3
2
3
1
4
1
1
1
1
1
1
2
MADRINE
PEDRAZZINI
12
10
9
12
7
9
8
10
10
10
6
7
6
7
4
6
6
5
4
5
5
3
3
2
PADRINI
PADRINI
Pedrazzini (non ramo studiato)
Fantina
Spaletta
Fagioli
Lamberti
Tunzini
Tosetti
Serazzi
Genazzini
Porta
Spenzi
Fabbri
Dell’Avo
Trivella o Travella
Gobbi
Sciapina o Chiappini/a
Holzer
De Petri
Anselmini o Selmini
Casarotti
Coppini
Martocchi
Lanzi
Jori
MADRINE
PEDRAZZINI
FAMIGLIA 27
O
E
Tab. 1: Occorrenze del titolo «dominus» attribuito a padri e padrini nel registro dei battesimi della parrocchia di S. Bernardo
a Campo Vallemaggia (1760-1800)
17
17
15
13
11
11
11
10
10
10
9
9
9
8
8
7
7
6
5
5
5
4
4
4
28 (60,7%)
21 (80,9%)
21 (71,4%)
22 (59,1%)
11 (100%)
32 (34,4%)
18 (61,1%)
18 (55,5%)
19 (52,6%)
61 (16,4%)
12 (75%)
19 (47,4%)
31 (29%)
36 (22,2%)
48 (16,7%)
14 (50%)
12 (58,3%)
9 (66,7%)
11 (45,5%)
12 (41,7%)
6 (83,3%)
5 (80%)
19 (21,1%)
4 (100%)
1741-1792
1742-1790
1740-1784
1740-1799
1740-1799
1743-1794
1745-1777
1740-1765
1748-1793
1746-1797
1741-1791
1744-1772
1755-1797
1755-1800
1752-1785
1748-1766
1749-1766
1750-1787
1740-1756
1741-1766
1749-1766
1740-1767
1763-1772
1770-1775
Nei tre casi si tratta di ecclesiastici appartenenti alla famiglia Pontoni.
L’ordine in cui compaiono i casati campesi rispecchia l’importanza del padrinato Pedrazzini presso i loro
membri. Si sono tralasciate le occorrenze singole delle famiglie menzionate e si è considerato solo il cognome
del padre di famiglia e non la paternità della moglie.
26
27
34
Percorsi di ricerca
Valocchi [Walocki]
Jecchi
Camani
Cometti
Fraquelli
Balocchi
Coppi
Tonini (di Bignasco)
Pontoni
Lingeri
Broglio
Galli
Sperolini
Sartori
[Tauffer]
Moretti
Buzzi
3
2
3
3
3
1
1
2
2
2
1
1
1
1
1
1
2
3
2
1
1
-
4
3
3
3
3
3
3
3
2
2
2
1
1
1
1
1
1
8 (50%)
7 (42,9%)
3 (100%)
9 (33,3%)
6 (50%)
7 (42,9%)
3 (100%)
3 (100%)
6 (33,3%)
4 (50%)
14 (14,3%)
3 (33,3%)
15 (6,7%)
1 (100%)
1 (100%)
2 (50%)
1 (100%)
4/2012
1784-1792
1740-1765
1741-1752
1742-1759
1744-1753
1745-1763
1749-1762
1781-1792
1741-1752
1763-1765
1771-1787
1742
1747
1766
1768
1771
1781
PERIODO
-
S. Bernardo
1
1753
1
1755
S. Bernardo
4
1772-1776
5 (donne)
1766-1776
S. Bernardo
6
1776-1782
1776-1782
S. Bernardo
S. Giovanni Battista
8
8
1784-1794
1768-1775
3 (di cui 2
ecclesiastici
e 1 donna)
2
1 (canonico)
[sito ignoto e non
specificato]
Beata Maria Vergine a
Cimalmotto (Campo)
Ansbach, Germania
4
1796-1800
-
-
-
-
1
1745
53
-
1
33
1798
Cimitero
S. Bernardo
2
«Puerorum sepulchro» in S.
Bernardo
Chiesa di S. Bernardo
(localizzazione non precisata)
Sepolcri definiti in S.
Bernardo
(localizzazione
precisa, sepolcro proprio)
Sepolcri definiti in S.
Bernardo
(localizzazione
precisa, sepolcro orientato)
Tomba di Antonio Lamberti
Sepolcro nell’oratorio di S.
Giovanni Battista
Sepolcro Pedrazzini
S. Bernardo
Oratorio della Beata Maria
Vergine
Città o borgo stranieri
TOTALE
PERIODO
-
BAMBINI (0-12 ANNI)
1730-1800
LOCALIZZAZIONE
19
20
[1728],
1753
1730-1766
INUMAZIONE
ADULTI (19-87 ANNI)
Tab. 2: Padrini e madrine del casato Pedrazzini scelti da famiglie 28 di Campo Vallemaggia (1740-1800)
1736, 1790
1754
Tab. 3: Pratiche di sepoltura per gli eredi della famiglia Pedrazzini a Campo Vallemaggia (1730-1800)
Nota bene: le famiglie qui menzionate come gruppi omogenei potrebbero essere composte in realtà di rami
diversi e non necessariamente uniti attorno a un capostipite o a un patriarca cui far riferimento. Dietro al
nome del casato potrebbe dunque celarsi una realtà molto più sfaccettata di ciò che si può dedurre da una
lettura superficiale del libro dei battesimi.
28
35
PEDRAZZINI
TOTALE
CASATI CAMPESI
Cimitero della chiesa di Cimalmotto
Sepolcro femminile della chiesa di
Cimalmotto
Altrove
DEFUNTI
Cimitero della chiesa di S. Bernardo
Chiesa di S. Bernardo (senza
collocazione precisa)
Sepolcro non localizzato in S. Bernardo
Sepolcro femminile in S. Bernardo
Sepolcro maschile in S. Bernardo
Sepolcro proprio in S. Bernardo
Sepolcro Lamberti in S. Bernardo
Tomba localizzata e orientata in S.
Bernardo
Sepolcro maschile in S. Remigio
4/2012
LOCALIZZAZIONE
INUMAZIONE
Percorsi di ricerca
S. Bernardo
S. Bernardo
77
11
68
11 (8 donne)
9
-
S. Bernardo
S. Bernardo
S. Bernardo
S. Bernardo
S. Bernardo
S. Bernardo
10 (6 donne)
6 (donne)
1 (uomo)
5 (donne)
1 (donna)
4 (ecclesiastici)
10
6
1
2
5
1
2
S. Remigio, Linescio
(Vallemaggia)
Cimalmotto
Cimalmotto
1 (uomo)
1
-
2 (donne)
1 (donna)
2
1
-
Estero
Italia)
5 (uomini)
4
1
124
106
18
(Germania
e
Tab. 4: Sepolture adulte nella parrocchia di S. Bernardo a Campo Vallemaggia (1770-1800)
MESE
MORTI ADULTI
CIMITERO CHIESA BAMBINI 29
Gennaio
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
16
13
11
11
11
6
9
6
9
9
8
8
1
7
10
4
2
3
3
5
2
8
6
5
12
16
4
5
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
TOTALI
7
9
8
9
8
118
5
6
8
7
5
79
2
3
0
2
3
39
5
3
6
7
4
81
Tab. 5: Sepolture dei parrocchiani adulti di Campo Vallemaggia in S. Bernardo a seconda del mese del decesso (1770-1800)
29
I bambini sono sempre seppelliti in chiesa (in estate come in inverno).
36
MORTI ADULTI
DONNE
CIMITERO
DONNE
CAMPESI IN CIMITERO
PEDRAZZINI IN CIMITERO
CHIESA
DONNE
CAMPESI IN CHIESA
PEDRAZZINI IN CHIESA
4/2012
MESE
Percorsi di ricerca
Gennaio
16
14 (87,5%)
6
5
5
1
10
9
7
3
Febbraio
Marzo
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Ottobre
Novembre
Dicembre
TOTALE
13
11
11
11
6
9
7
9
8
9
8
118
9 (69,2%)
8 (72,7%)
7 (63,6%)
4 (36,4%)
2 (33,3%)
8 (88,9%)
6 (85,7%)
3 (33,3%)
5 (62,5%)
8 (88,9%)
6 (75%)
80 (67,8%)
9
9
8
8
1
7
5
6
8
7
5
79
6
7
5
3
6
5
2
5
7
3
54 (68,4%)
8
8
8
7
6
5
4
8
7
5
71
1
1
1
1
1
2
8
4
2
3
3
5
2
2
3
2
3
39
3
1
2
1
2
2
1
1
1
3
26 (66,7%)
4
1
1
3
4
2
1
3
2
3
31
1
2
1
1
8
Tab. 6: Sepolture adulte dei parrocchiani di Campo Vallemaggia in S. Bernardo secondo il mese del decesso e con l’indicazione
della presenza femminile (1770-1800)
37