TRICOLOGIA INTERNISTICA - Società Italiana di Tricologia
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TRICOLOGIA INTERNISTICA - Società Italiana di Tricologia
September 2009 Official Journal of the International Hair Research Foundation TRICOLOGIA INTERNISTICA Lo stato dei capelli come sintomo di patologia interna: casi clinici e diagnosi differenziale Atti del 1° Corso di Tricologia Internistica Milano, 25-26 Settembre 2009 Scripta MEDICA Volume 12, n. 1, 2009 Suppl. 1 1 Human Trichology Official Journal of the International Hair Research Foundation Editor in Chief Fabio Rinaldi (Italy) Co-Editors Elisabetta Sorbellini (Italy), Paola Bezzola (Italy) Editorial Board Jimènez Acosta (Spain) Giuseppe Alessandrini (Italy) Mark R. Avram (USA) Mauro Barbareschi (Italy) Carlo Alberto Bartoletti (Italy) Emanuele Bartoletti (Italy) Walter Beolchi (Switzerland) Francesca Bernacchi (Italy) Farjo Bessam (UK) Lucia Brambilla (Italy) Daniele Campo (Italy) Mauro Castiglioni (Italy) Leonardo Celleno (Italy) Claude Dalle (France) Vincenzo De Sanctis (Italy) Antonino Di Pietro (Italy) Damiano Galimberti (Italy) Vincenzo Gambino (Italy) Raffaele Gianotti (Italy) Russel Knudsen (Australia) Jerzy Kolasinski (Poland) Roberto Lanzi (Italy) Torello Lotti (Italy) Cesare Maffei (Italy) Andrea Marliani (Italy) Alberto Massirone (Italy) Giuseppe Micali (Italy) Silvio Paglialunga (Italy) Enrico Pedrini (Italy) Paolo Piazza (Italy) Paolo Pigatto (Italy) Mohammed Qari (Saudi Arabia) Alfredo Rebora (Italy) Luigi Rigano (Italy) Corinna Rigoni (Italy) Piero Rosati (Italy) Alfredo Rossi (Italy) Enrico Semprini (Italy) Riccarda Serri (Italy) Ronald L. Shapiro (USA) Massimo Signorini (Italy) Adele Sparavigna (Italy) Marco Toscani (Italy) Antonella Tosti (Italy) Stefano Veraldi (Italy) Kenneth J. Washenik (USA) Customer Board Diego Dalla Palma (Italy) Olimpia Mignosi (Italy) Managing Editor Antonio Di Maio (Italy) IHRF Secretary Staff Alessandra Ferretti (Italy), Assunta Preite (Italy) Editoriale Fabio Rinaldi Presidente International Hair Research Foundation. Cambiamo la visuale: occupiamoci di capelli come se fosse un discorso degno dell’interesse di un medico. Sembra difficile, considerando che i capelli non hanno più nessuna funzione utile per il corpo umano da quando non servono più a difenderci dal freddo o dal caldo come nei nostri antenati del Neolitico, più di diecimila anni fa. Hanno perso talmente importanza, che addirittura la evoluzione della specie dell’uomo ha portato a cambiamenti genetici adattativi del patrimonio genetico più utili per la sopravvivenza dell’essere umano, che hanno selezionato dei geni che determinano la calvizie androgenetica nell’80% degli uomini e nel 50% delle donne (verrebbe da dire: calvi è meglio!). Sì, è vero, i capelli hanno mantenuto una importanza estetica e ancora di più psicologica notevole, tanto da essere una delle cause principali di alterazione dell’immagine di sè per moltissime persone, e rappresentare una delle forme più importanti (e spesso gravi) di dismorfismo. Possibile che esista gente che soffra così tanto per la mancanza di qualche capello? Comunque ci sono gli psichiatri per questi! Avere dei capelli sani, una chioma bella e folta è molto importante per una donna come per un uomo a qualsiasi età, anche per il condizionamento che i media impongono, e questo è un altro segno dei tempi che corrono. Ma perché un medico dovrebbe occuparsi di questo? Allora, cambiamo la visuale. I capelli sono una parte del corpo umano: la loro salute dipende dallo stato di salute generale dell’organismo. Quando i capelli cadono, quando la cute del cuoio capelluto è alterata, quando i capelli diventano fragili o brutti significa che qualcosa nel corpo non va come dovrebbe: spesso questo è un segnale che deve essere valutato dal punto di vista medico. La caduta dei capelli è, in molti casi, uno dei primi sintomi e spesso uno dei più visibili, di una patologia interna. Se un medico, e a maggior ragione un dermatologo, prende in considerazione il “sintomo caduta dei capelli” può fare la diagnosi di una malattia, magari anche grave. La letteratura scientifica è piena di segnalazioni di questo genere, ma a volte un medico si limita a “liquidare” la persona che dice di perdere i capelli consigliandole uno shampoo e al massimo un integratore a base di pochi aminoacidi. Eccoci di nuovo: che noia occuparsi di capelli per un medico, ci sono i parrucchieri per questo! Sarà perché la missione della International Hair Research Foundation è occuparsi di capelli, sarà perché crediamo che un medico, e a maggior ragione un dermatologo, non possa non occuparsi di capelli (questa è una famosa citazione di Albert Kligman!), abbiamo pensato di organizzare un corso di aggiornamento per medici per rivalutare il “sintomo caduta dei capelli”: usiamo il sintomo come strumento di diagnosi clinica per numerose patologie internistiche. Del resto, le nuove ricerche sul genoma ci hanno insegnato che le mutazioni del DNA legate a polimorfismi ormai evidenziati, determinano gravi danni della sequenza genica e dell’espre s s i one dei geni che controllano l’attività biologica dei capelli: queste modificazioni genetiche spesso non interessano solo i bulbi piliferi, ma anche la prostata, l’endometrio, la mammella o le ossa (per interessamento dei recettori androgeni allocati sul cromosoma X). Qualche anno fa un articolo pubblicato su Lancet segnalava un abbinamento statisticamente significativo tra l’alopecia androgenetica localizzata prevalentemente al vertice e il cancro della prostata! Il polimorfismo della trasmissione genica dei recettori androgeni nell’alopecia androgenetica è Scripta MEDICA Volume 12, n. 1, 2009 Suppl. 1 2 stata abbinata anche a patologia coronarica, e soprattutto a malattie metaboliche collegate alla resistenza all’insulina e al diabete di tipo II. Per esempio, se un medico si trova di fronte una ragazza che dice di perdere i capelli, che si lamenta per un presunto diradamento della chioma come se fosse un uomo (anche se quasi impercettibile), può scegliere due strade di comportamento: a) b) International Hair Research Foundation Viale Bianca Maria, 19 - 20122 Milano Tel. +39 02780061 E-mail: [email protected] Scripta Manent s.n.c. Via Bassini, 41 - 20133 Milano Tel. 0270608060 - Fax 0270606917 E-mail: [email protected] www.salutepertutti.it Direttore Responsabile Pietro Cazzola D i re t t o re Generale A rmando Mazzù D i re t t o re Marketing Antonio Di Maio Consulenza Grafica Piero Merlini Impaginazione Stefania Cacciaglia Ascoltarla, compatendola, cercare di rassicurarla e dirle che non ha niente, e prescriverle un integratore a base di ferro (un po’ di ferro fa sempre bene!) Fare un’anamnesi più accurata, valutare il suo peso corporeo scoprendo che è in sovrappeso, capire se ha mestruazioni regolari, valutare se ha una pur modesta forma di acne, considerare la situazione dei capelli magari evidenziando un leggero diradamento e la miniaturizzazione dei fusti, richiedere degli esami del sangue che comprendano ANCHE la insulinemia e la colesterolemia. Se la scelta è B, potrebbe mettere in luce una sindrome dell’ovaio policistico (forse addirittura senza la policistosi), con iperinsulinemia e predisposizione al diabete di tipo II. Se la scelta è B, questo medico ha fatto il suo lavoro di medico! Si potrebbe andare avanti con mille altri esempi: la “semeiotica” del capello può portare alla diagnosi di forme di anemia (questo è facile), oppure di patologia tiroidea (per esempio di una tiro idite autoimmune collegata all’area celsi o a una forma di alopecia cicatriziale), o a un glucagonoma del surrene, ad una grave malattia infettiva, ad una patologia autoimmune, all’assunzione di farmaci o ad alterazioni metaboliche ed alimentari (per esempio le fasi inizali di un disturbo alimentare come l’anoressia). Oppure scopriamo che la caduta dei capelli (vera o presunta) è causa di un dimorfismo grave, di una sindrome ansioso-depressiva che rovina la vita a chi ne soffre, e che merita di essere curata dallo specialista psichiatra. Abbiamo cambiato la visuale: non è tanto per una questione noiosamente estetica (ma siamo sicuri che non sia comunque corretto cercare di curare anche solo un problema estetico?), ma per diagnosticare una patologia che può essere grave sin dai primi sintomi. Allo stesso modo il capillizio può essere affetto da patologie cutanee molto banali come la forf ora o la dermatite seborroica, ma anche da patologie più gravi come una metastati cutanea. Una lesione nodulo-cistica dello scalpo è spesso una cisti sebacea, ma può essere la metastasi di un tumore polmonare come primo sintomo del cancro: è quello che è capitato recentemente ad un nostro paziente che ci era stato inviato dal suo medico per l’asportazione della presunta e banale cisti. In quasi tutte le specialità cliniche i capelli possono essere coinvolti. Lo scopo di questo primo corso di tricologia internistica è quello di focalizzare l’attenzione sul capello per utilizzarlo nel lavoro diagnostico a favore dei nostri pazienti. Lo faremo grazie all’intervento di medici di varie specialità, a tecniche di diagnosi differenziali, all’aiuto di valutazioni istologiche. Fatta la diagnosi, poi, possiamo cercare anche una terapia utile per l’eventuale patologia internistica e per ridurre la caduta dei capelli, che paradossalmente a volte è la cosa che interessa di più al paziente! Scripta MEDICA Volume 12, n. 1, 2009 Suppl. 1 3 Indice I n t e rnational Hair Research Foundation nasce per dare impulso alla ricerca scientifica in ambito tricologico, un settore complesso in cui si compenetrano aspetti medici, psicologici, estetici e commerciali. I n t e rnational Hair Research Foundation ha come scopo la diffusione delle più aggiorn ate e comprovate informazioni al poliedrico mondo della ricerca tricologica: medici, biologi, farmacisti, cosmetologi, aziende, hair professionals. pag. 5 La genetica dell’alopecia androgenetica e dell’alopecia areata Fabio Rinaldi pag. 9 Istopatologia delle alopecie Raffaele Gianotti pag. 10 I n t e rnational Hair Research Foundation si rivolge a tutti coloro che, per motivi personali o a vario titolo, sono interessati a questo rilevante argomento. Lo stato dei capelli come sintomo di patologia interna: casi clinici e diagnosi differenziale. Aspetti nutrizionali e internistici Alessandro Saibene pag. 11 Capelli e ormoni femminili Enrico Pedrini cerca di colmare, in Italia e nel resto del mondo, un vuoto di informazione sulle più importanti e nuove conquiste della scienza medica tricologica. pag. 13 Non solo androgenetica: la terapia medica complementare alla chirurgia della calvizie Piero Rosati I n t e rnational Hair Research Foundation pag. 17 I difetti acquisiti del cuoio capelluto: procedure ricostruttive I n t e rnational Hair Research Foundation attraverso una divulgazione scientifica comprensibile a tutti, si pone al servizio delle molte persone che vivono la patologia tricologica in modo così grave da condizionare, in senso negativo, la loro qualità di vita e da re n d e re effettivo il rischio, attraverso l’impiego di rimedi tutt’altro che scientifici, di un peggioramento della loro situazione. I n t e rnational Hair Research Foundation ha come motto: “Il nostro sapere al vostro servizio”. I n t e rnational Hair Research Foundation vuol essere un punto di riferimento per i giorn alisti che vogliono attingere, in tempo reale, informazioni scientificamente certe e innovative nel settore tricologico. Marco Toscani, C. Monarca, M.I. Rizzo pag. 21 La psicopatologia dell’immagine corporea Cesare Maffei pag. 24 Aggiornamenti in tema di sindrome dell’ovaio policistico Roberto Lanzi pag. 24 L’importanza della galenica e del consiglio del Farmacista Mauro Castiglioni Scripta MEDICA Volume 12, n. 1, 2009 Suppl. 1 5 La genetica dell’alopecia androgenetica e dell’alopecia areata Fabio Rinaldi Dermatologo e Presidente International Hair Research Foundation. Gli esseri umani differiscono l’uno dall’altro sotto molti aspetti, a partire dall’apparenza fisica, al comportamento individuale, alla suscettibilità alle malattie, alla risposta ai farmaci. È ben noto come la maggior parte di queste caratteristiche siano frutto della codificazione degli innumerevoli geni che compongono il genoma umano, pur considerando l’influenza dell’ambiente e di mille altre variabili che ci circondano. Le modificazioni genetiche avvenute nell’evoluzione dell’uomo hanno portato a significativi cambiamenti del numero della popolazione sulla terra nel corso dei millenni, della sua densità e delle condizioni culturali che hanno determinato l’introduzione dell’agricoltura all’inizio del Neolitico, 10.000 anni fa. Le modificazioni dei geni nel corso dell’evoluzione ha determinato le caratteristiche dell’uomo di oggi. Gran parte delle differenze tra i primi esseri umani e l’uomo di oggi è frutto di mutazioni del DNA umano capaci di generare diff e renze genetiche ereditabili da un individuo all’altro: i polimorfismi. È stato stimato che negli umani si verifichi una mutazione di circa quattro nuovi aminoacidi alterati del genoma per ogni generazione. La gran parte di queste mutazioni possono avere un effetto vantaggioso per l’essere umano (mutazioni adattative), deleterio o neutro dal momento che non produce effetti utili per il buono stato di salute dell’individuo. Le variazioni genetiche nell’essere umano assumono molte forme, variando da anomalie cromosomiche macroscopicamente evidenti a modificazioni di un singolo nucleotide. Recentemente sono state descritte variazioni sub microscopiche di numero di copie di segmenti di DNA o variazioni di copie di polimorfismi, che determinano gravi alterazioni del genoma a causa di deplezioni, inserzioni, duplicazioni che portano a gravi danni della corretta sequenza genica o dell’espressione dei geni. Le malattie geneticamente controllate possono essere classificate come disturbi con tratti monogenici, oligogenici o poligenici. Le classiche malattie monogeniche sono determinate da un singolo locus genico, e il fenotipo corrispondente risulta dall’attività di uno o due alleli. I geni coinvolti nelle malattie ad e reditarietà monogenica hanno caratteristiche molto evidenti e tipiche per l’analisi di segregazione della popolazione e seguono le regole dell’ereditarietà di Mendel. Se pochi geni maggio- ri determinano una modificazione genetica si parla di trasmissione oligogenica, e anche in questo caso è possibile determinare un’analisi di segregazione della popolazione. Una malattia poligenica può avere un fenotipo continuamente differente, dovuto all’azione adattativa di numerosi geni maggiori e alla modulazione contemporanea dell’espressione di numerosissimi geni, quasi con variazioni individuali, tanto da non poter essere studiata con tecniche di segregazione della popolazione. In questi casi si deve effettuare una valutazione più complessa con associazioni di alleli (linkage disequilibrium). Come qualsiasi altra espressione del genoma umano, i capelli sono regolati da una innumerevole serie di espressioni genetiche che controllano la loro vita. Allo stesso modo, è stato possibile individuare negli ultimi anni alcuni meccanismi genetici coinvolti nell’ereditarietà di due forme di patologia tricologica estremamente comuni: l’alopecia androgenetica e l’alopecia areata. ALOPECIA ANDROGENETICA (AGA) L’AGA è una forma indiscutibilmente ereditaria, anche considerando l’altissima incidenza nella popolazione maschile e femminile. Certamente sembra essere una di quelle modificazioni neutre, conseguenti a variazioni adattative più significative. La modalità completa di ereditarietà rimane ancora oscura. Non sono stati ancora individuati i geni responsabili con certezza. Il principale meccanismo etiopatologico dell’AGA, riportabile alla conversione del testosterone in di-idrotestosterone per effetto dei due isoenzimi 5-!-reduttasi I e II nei follicoli piliferi dei soggetti affetti da AGA, implica un ruolo dei geni che determinano l’espressione di questo meccanismo. Ellis et al., tuttavia nel 1998 non hanno evidenziato nessun coinvolgimento dei geni (separati per ognuno di essi) che codificano i due isoenzimi (SRD5A1 e SRD5A2) nell’AGA. Il gene SRD5A2 riduce la sua espressione genica in conseguenza alla somministrazione di finasteride; il gene SRD5A1 invece non è influenzato dalla finasteride, ma dalla dutasteride: studi di Thigpen AE et al. hanno dimostrato che, contrariamente a quanto spesso affermato, la distribuzione Scripta M E D I C A Volume 12, n. 1, 2009 Suppl. 1 6 del recettore di tipo I è predominante su tutto lo scalpo dalla nascita a 3 anni e, di nuovo, dalla pubertà sino all’età adulta avanzata. Il gene che codifica il re c e t t o re dell’enzima di tipo I (SRD5A1) è localizzato sul cromosoma 5 (5p15.5), mentre il gene che codifica l’enzima di tipo II (SRD5A2) è localizzato sul cromosoma 2 (2p.23). Entrambi i geni sono localizzati su autosomi. Gli Autori non hanno tuttavia evidenziato nessuna differenza significativa di modificazione genica (valutata con tecnica RFLP, Restriction Fragment Lenght Polymorphisms, che non altera la sequenza aminoacidicica, ma può essere usata come marker genetico di varianti geniche), con uno studio su 828 famiglie, per un totale di 3000 individui. Le variazioni geniche dei 2 tipi dei recettori della 5-!-reduttasi non sembrano quindi legate all’AGA. Anche l’ipotesi che la calvizie androgenetica sia una patologia a trasmissione autosomica non sembra più veritiera, essendo più accreditata la possibilità che si tratti di una ereditarietà a trasmissione poligenica. L’espressione dei recettori androgeni (AR) è fortemente aumentata nello scalpo dei soggetti affetti da calvizie. Il recettore androgeno è un tipico recettore steroideo e determina la sensibilità delle cellule agli ormoni androgeni. Un numero importante di mutazioni sono state descritte nel gene che codifica gli AR in molte patologie più che altro legate al polimorfismo della ripetizione della tripletta CAG nei recettori Ar X-linked, come la malattia di Kennedy che è associata ad un certo grado di insensibilità agli androgeni, al cancro prostatico ed endometriale, all’irsutismo, all’acne, alla diminuzione della massa ossea e al tumore alla mammella in donne. Alcune di queste mutazioni, associate con cambi funzionali dell’espressione genica dei recettori AR e modificazioni dell’espressione del recettore o delle zone intorno, possono essere considerate responsabili dell’AGA. Utilizzando sempre il marker RFLP (StuI), Ellis et al. hanno dimostrato un polimorfismo nell’exone 1 dei recettori AR, causato da varianti di ripetizioni della tripletta CAG e GGN, che sono stati riconosciuti responsabili dell’aumento del rischio di cancro alla prostata. A questo proposito è interessante notare come la presenza dei recettori androgenici è determinante per lo sviluppo dell’AGA, ma di per sé non sia sufficiente a determinare la calvizie androgenetica. È fondamentale anche la presenza di alti livelli di androgeni circolanti: la castrazione, infatti, riduce l’incidenza della calvizie, pur in presenza dei recettori geneticamente trasmessi. Nello studio condotto da Ellis, comunque, è stato dimostrato come i markers StuI dell’espressione genetica degli AR fossero presenti in 53 dei 54 soggetti esaminati affetti da AGA evidente sotto ai 30 anni, e nel 90% dei soggetti adulti affet- ti da AGA. In altre parole, la possibilità di non presentare una calvizie androgenetica in presenza dell’espressione genetica di questi recettori è estremamente minima. Si deve considerare quindi la possibilità che altre modificazioni poligeniche legate alla concentrazione degli androgeni tissutali siano necessarie per completare l’espressione fenotipica, in particolare i geni coinvolti nell’espressione delle aromatasi e quelli legati al metabolismo androgenico posti sul cromosoma X. Questa spiegazione sembra plausibile anche dall’evidenza di soggetti non affetti da AGA ma che presentano l’espressione genetica StuI: probabilmente la mancanza di altri alleli legati agli androgeni, e soprattutto quelli trasmessi dal cromosoma X, non sono presenti in questi soggetti. L’analisi dell’espressione genetica dei recettori AR in presenza di StuI ha anche definito le differenze funzionali espresse dalle diverse mutazioni della lunghezza della ripetizione della tripletta CAG. Ripetizioni brevi sono state messe in correlazione con più alte espressioni di AR mRNA e con maggiore funzione di attività trascrizionale. La frequenza di catene di ripetizione corte sia di CAG che di GGN sono altamente frequenti in soggetti calvi, esattamente come in soggetti affetti da cancro alla prostata, patologia considerata una condizione certa androgeno-dipendente. Il polimorfismo della trasmissione genetica è ulteriormente confermato dalle segnalazioni di AGA abbinato a numerosi altri fenotipi clinici, come l’associazione con la coronaropatia, la iperplasia prostatica benigna, il cancro alla prostata e malattie metaboliche abbinate alla resistenza all’insulina e al diabete di tipo II. Uno studio fondamentale di Hillmer et al. condotto in Germania, ha dimostrato l’importanza fondamentale della presenza del gene degli AR (MIM 313700) sulla regione Xq12-22 del cromosoma X, in un campione di 95 famiglie nelle quali almeno due fratelli manifestavano AGA in età precoce (391 individui tipizzati, con 201 uomini affetti). La localizzazione dei markers, non necessariamente a livello del centromero, suggerisce che gli aplotipi AR predominanti sono una manifestazione più recente dell’evoluzione, indicando forse, addirittura, un’azione di selezione favorevole su questo locus. Dal momento che gli androgeni mediano una grande quantità di risposte fisiologiche e di sviluppo dell’organismo attraverso l’azione degli AR, specialmente per il sistema riproduttivo maschile, è plausibile che le modificazioni genetiche dei recettori androgenici possano avere un impatto positivo sulla selezione umana (verrebbe da dire: calvi è meglio!). In questo studio, la ripetizione della tripletta CAG non risultava significativa per l’incidenza dell’AGA (affetti/non affetti p = 1), mentre la Scripta MEDICA Volume 12, n. 1, 2009 Suppl. 1 7 mutazione con la ripetizione della tripletta GGN era fortemente associata alla calvizie (affetti/non affetti p < 0.0001). Da questi studi, l’allele composto da 23 ripetizioni di GGN sembra essere addirittura l’allele responsabile dell’AGA. È interessante segnalare che ripetizioni più brevi della tripletta sono segnalate in associazione con il tumore alla prostata, ripetizioni più lunghe con il tumore all’endometrio, anche se questi dati sono tuttora da confermare con studi più completi. Questi dati, che al momento sembrano essere i più convincenti, attribuiscono ai recettori AR posti sul cromosoma X, la maggiore responsabilità della trasmissione ereditaria dell’AGA. Questi dati però non possono spiegare la somiglianza della trasmissione ereditaria da padre a figlio, dal momento che i figli maschi ereditano il cromosoma X dalla madre. I risultati di questo importante studio genetico, tuttavia, evidenziano l’importanza della linea materna nella ereditarietà della calvizie androgenetica, per la trasmissione della mutazione di 23 ripetizioni della tripletta GGN all’interno del cromosoma X nella regione del gene dell’AR. In questo modo, la responsabilità dell’ereditarietà dell’AGA ad un figlio maschio sarebbe maggiore attraverso il cromosoma X che la madre ha ereditato dal padre (trasmissione nonno materno " nipote, e non padre " figlio). Probabilmente il polimorfismo poligenico ha anche altre modificazioni su geni autosomici che determinano i vari gradi della AGA. ALOPECIA AREATA (AA) L’alopecia areata è inquadrabile ormai con certezza come una malattia autoimmune. Dal momento che l’influenza genetica è stata chiaramente dimostrata per forme patologie autoimmuni, la AA ha certamente una componente di trasmissione genetica complessa. La AA non segue le regole dell’ereditarietà mendeliana, ed è presumibile che la AA abbia un carattere poligenico in cui geni maggiori determinano la gravità della patologia, ma il fenotipo definitivo sia regolato dall’espressione di numerosi geni minori. La AA, seguendo le regole di una patologia a carattere poligenico, si esprime a livello individuale con differenti fenotipi: se la soglia dell’espressione genica è bassa non si manifesta la patologia; tanto più il livello della soglia di suscettibilità genica si alza (con azione sinergica aumentata di più geni maggiori e minori), tanto più si manifesterà con gravità differente e recidive continue, dalla comparsa di un singola chiazza sino ad una forma completa di alopecia totale e/o universale. La soglia di espressione della malattia è comunque regolata anche da numerosi fattori esogeni (età, fattori ambientali, alimentari, altro?) e di conseguenza l’andamento della malattia (età di insorgenza, recidive, remissione). La trasmissione genetica della AA sembra essere dimostrata anche dalla comparsa dell’alta frequenza della patologia in gemelli omozigoti, o in numerosi membri e per successive generazioni della stessa famiglia. Una associazione molto evidente è tra la AA e la trisomia 21 (sindrome di Down): in uno studio su 1000 soggetti affetti da trisomia 21 l’incidenza della AA è stata di 60 casi, contro un solo caso in un gruppo di controllo sano di 1000 soggetti. Numerosi altri studi hanno dimostrato l’associazione con altre patologie legate al cromosoma 21. Per esempio, l’incidenza del 29-37% di AA nella sindrome autoimmune poliendocrina di tipo 1 (AIRE) provocata dalla mutazione genetica del gene regolatore autoimmune, sembrerebbero dimostrare che i loci genetici responsabili siano localizzati sul cromosoma 21. Nella sindrome autoimmune poliendocrina-candidiasi-distrofia ectodermica (APECED) l’incidenza sale a oltre il 40%. Anche APECED è causata da una mutazione del gene regolatore dell’autoimmunità (AIRE) sul cromosoma 21 che regola la risposta immunitaria contro cellule endocrine e contro il follicolo pilifero. Le proteine AIRE determinano l’organizzazione delle cellule stromali timiche e la self-tolerance durante la maturazione delle cellule T. Altre associazioni tra AA e patologie autoimmuni sono state descritte, anche se mancano evidenti lavori controllati da meta-analisi. Diversi studi hanno evidenziato AA con una incidenza dal 7 al 27% in soggetti affetti da patologia tiroidea (malattia di Basedow, mixedema, tiroidite di Hashimoto). La co-espressione di vitiligine e AA è stata dimostrata nel 4% e nel 9% dei casi in due studi diversi. Il complesso di proteine maggiori (MHC) di istocompatibilità HLA (Human Leukocyte Antigen) è codificato da geni localizzati sul cromosoma 6, e determina la presentazione degli antigeni e del riconoscimento delle proteine autologhe da parte delle cellule immunitarie. Gli antigeni della MHC di classe I e II sono espressi da quasi tutte le cellule nucleate, e i linfociti CD8+ hanno la funzione di riconoscere gli antigeni presentati dalle cellule attraverso i loro recettori delle cellule T. L’espressione degli antigeni alle cellule di Langherans e ai macrofagi può determinare un’attivazione di altre cellule nucleate durante i processi infiammatori della AA. La modificazione di particolari espressioni geniche potrebbe essere alla base di un’aumentata attivazione della risposta linfocitaria e provocare la sensibilità dei linfociti a reagire contro antigeni bersaglio del follicolo pilifero in corso di AA. Le analisi genetiche dell’AA si sono focalizzate principalmente Scripta M E D I C A Volume 12, n. 1, 2009 Suppl. 1 8 sui geni HLA-D (che codificano la classe MHC II) che regolano la comparsa, la gravità o la resistenza alla terapia della AA. Ricerche recenti hanno dimostrato che l’allele DRB1*1104 (DR11) è presente con espressione significativamente aumentata in pazienti affetti da AA. L’allele DRB1*0401 (DR4) è fortemente espresso in soggetti affetti da AA totale e/o universale, mentre il DQB1*0301 (DQ7) è espresso significativamente solo nella forma di AA totale e universale. Questi dati sembrerebbero dimostrare che l’espressione dei geni HLA, gli antigeni MHC, siano importanti per la presentazione di un antigene nel follicolo pilifero al momento non conosciuto specifico della AA. Sono state evidenziate anche espressioni aberranti di proteine MHC in soggetti affetti da AA, così come numerosi altri alleli che codificano altri fattori del sistema immunitario che potrebbero avere un ruolo di rilievo nella AA. Ulteriori ricerche in altre regioni del genoma umano hanno evidenziato un’associazione tra la AA, soprattutto di tipo totale e universale, sull’allele 2 di una ripetizione variabile che determina un polimorfismo nell’introne 2 del gene del recettore antagonista IL-1-RN sul cromosoma umano 2, che codifica l’espressione del recettore IL-1 antagonista. L’allele 2 infatti è presente nel 44% dei soggetti affetti da AA in chiazze, contro il 41% dei controlli (nessuna significatività), ma nel 68% dei soggetti con AA totale e nel 77% di quelli con AA universale. L’allele 2 esprime la produzione di IL-1#, e questo dato sembra indicare che le forme più gravi di AA siano regolate dalla over-regulation della IL-1#. La IL-1‚ è una citochina fondamentale nella mediazione della risposta infiammatoria. Il gruppo di geni IL-1 sul cromosoma 2 includono geni per l’espressione delle proteine pro-infiammatorie IL-1, dei loro recettori di membrana, del recettore antagonista anti-infiammatorio IL-1-RN e di un suo omologo di cui non si conosce ancora esattamente l’azione. È noto che la IL-1 ha un effetto diretto sulla crescita del pelo e del capello: in vitro la IL-1 inibisce la crescita del fusto e induce modificazioni morfologiche molto simili a quelle della AA in vivo. Anche il Tumor Necrosis Factor ! (TNF-!) ha un potente effetto inibitore della crescita del follicolo pilifero in vitro. TNF-! è codificato da un gene dell’HLA di classe III, e un polimorfismo di questo gene è significativamente associato a malattie autoimmuni/infiammatorie come il lupus eritemato- so sistemico, l’artrite reumatoide, la dermatite erpetiforme e la celiachia. In uno studio ridotto (50 soggetti) Galbraith et al. hanno dimostrato una forte differenza del genotipo del TNF-! nei soggetti affetti da AA universale rispetto ai soggetti di controllo. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE 1. Bamshad M et al. Nature Genetics. February 2003; 4: 99-111. 2. Redon R et al. Nature 2006; 23:444-454. 3. Morton NE. Am J Hum Genet 1998; 62:690-697. 4. Ellis JA et al. J Invest Dermatol 1998; 110:849-853. 5. Kuster W et al. J Am Acad Dermatol 1984; 11:921-926. 6. Thigpen AE et al. J Clin Invest 1993; 92:903-910. 7. Stanford JL et al. Cancer Res 1997; 57:1194-1198. 8. Lotufo PA et al. Arch Intern Med 2000; 160:165-171. 9. Hawk E et al. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 2000; 9:523-527. 10. Oh BR et al. Urology 1998; 51:744-748. 11. Matilainen V et al. Lancet 2000; 356:1165-1166. 12. Hillmer AM et al. Am J Hum Genet 2005; 77:140-148. 13. Lee HJ et al. Cell Mol Life Sci 2003; 60:1613-1622. 14. Hsing AW et al. Cancer Res 2000; 60:5111-5116. 15. Sasaki M et al. 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Le alopecie possono essere classificate in modo semplicistico in due categorie: cicatriziali e non cicatriziali. Le prime sono ulteriormente suddivise in primitive e secondarie. Nelle forme primitive il follicolo pilifero è il bersaglio primario dell’infiltrazione linfocitica; al contrario, nelle forme secondarie, l’unità follicolare è “uno spettatore innocente” che viene coinvolto in un processo flogistico distruttivo diretto verso la cute circostante. Le forme alopeciche non cicatriziali sono numerose e molto complesse nella diagnostica differenziale, in quanto appaiono istologicamente molto simili tra loro. Negli ultimi anni il dermatopatologo ha iniziato a studiare con attenzione ed interesse i quadri istopatologici delle alopecie, a lungo scarsamente considerati per la rarità del materiale biopsiato. Oggi, il paziente appare molto sensibilizzato alla patologia che affligge l’annesso pilifero, le biopsie vengono eseguite frequentemente e di conseguenza la richiesta di una diagnosi altamente specifica è cresciuta. La diagnosi istologica delle alopecie è diventata un campo di studio molto popolare tra i dermatopatologi. È importante sottolineare che la diagnosi finale si basa anche sulla c o r relazione dei dati clinici che devono essere forniti al patologo. È quindi necessaria una stretta collaborazione tra i due specialisti che possono trarre giovamento anche attraverso l’ausilio delle nuove tecniche fotografiche digitali e di trasferimento dei dati per via telematica. Lo stato dei capelli come sintomo di patologia intern a : casi clinici e diagnosi differenziale. Aspetti nutrizionali e internistici Alessandro Saibene Istituto Scientifico H. San Raffaele, Unità Operativa di Medicina Generale ad Indirizzo Diabetologico ed Endocrino-Metabolico. Numerose possono essere le problematiche nutrizionali e le patologie in grado di interferire con lo stato dei capelli. In realtà la revisione della letteratura scientifica dimostra come poco si sappia sulla relazione tra stato nutrizionale e caduta dei capelli; la maggior parte dei dati scientifici derivano da lavori sulla malnutrizione proteico-energetica, il digiuno prolungato e disturbi alimentari. La carenza di ferro è il difetto nutrizionale più comune e riconosce numerose cause, che vanno dalle perdite mestruali, alla gravidanza nelle donne, a perdite ematiche di varia origine dal tratto gastroenterico, al malassorbimento. Numerosi studi hanno esaminato la possibile correlazione tra carenza marziale e caduta di capelli, ma quasi tutti sono stati eseguiti su soggetti di sesso femminile. In alcuni di essi è stata riscontrata una relazione tra sideropenia e alopecia areata, alopecia androgenica, telogen effluvium e caduta dei capelli diffusa, mentre questa relazione non è stata confermata da altri studi, non essendovi quindi dati univocamente interpretabili. Anche la carenza di zinco è stata segnalata come possibile causa di alopecia diffusa, con riportato netto miglioramento clinico dopo supplementazione; tuttavia questo dato non è stato confermato da altri autori. Altre segnalazioni in letteratura puntualizzano il possibile ruolo della carenza di L-lisina, un aminoacido essenziale, e dati di uno studio in doppio cieco sembrerebbero dimostrare l’efficacia di una terapia suppletiva con questo aminoacido. Al contrario, non vi sono al momento dati scientifici riguardanti il possibile ruolo dell’arginina nella terapia topica della caduta dei capelli. Una sindrome carenziale di acidi grassi è stata descritta in pazienti in alimentazione parenterale prolungata. Si presenta con eritema e desquamazione del cuoio capelluto e delle sopracciglia, poi i peli ed i capelli cadono e, quelli che rimangono, sono depigmentati, secchi, presentano alterazioni strutturali. Non è da trascurare un probabile ruolo esercitato dalla vitamina C nei confronti del sistema pilo-sebaceo, come avveniva nello scorbuto, malattia oggi quasi inesistente, legata a grave carenza di questa vitamina. Verranno quindi discussi i dati disponibili in letteratura sulle possibili relazioni tra caduta dei capelli e carenze nutrizionali. Scripta M E D I C A Volume 12, n. 1, 2009 Suppl. 1 10 Capelli e ormoni femminili Enrico Pedrini Specialista in Ginecologia e Endocrinologia Sperimentale – Torino. La menopausa è un momento singolare per la donna poiché segna in diversi modi l’avviarsi verso l’età matura. Si definisce menopausa il periodo che segue l’ultima mestruazione della vita. In considerazione dell’aumento dell’età media, una donna passa attualmente più di un terzo della propria vita in menopausa. L’insorgenza della menopausa coincide con la comparsa di una serie di eventi a cascata che include l’esaurimento del numero di follicoli ovarici. La cessazione dello sviluppo follicolare conduce ad una ridotta secrezione di estradiolo e inibina che determina la perdita del feed-back negativo per l’asse ipotalamo-ipofisario ed uno stato di ipoestrogenismo. L’ipoestrogenismo con l’aumento della quota di estrone (ormone a debole effetto estrogenico) e la ridotta espre ssione dei recettori estrogenici, porta ad alcuni cambiamenti fisiologici che riguardano anche la cute ed i suoi annessi. L’ipoestrogenismo derivante dall’insufficienza ovarica ha una importante con- dizione clinica spesso correlata con numerose patologie come l’osteoporosi, alcune malattie cardiovascolari e la malattia di Alzheimer. A seguito della menopausa anche la cute ed i suoi annessi subiscono alterazioni quali: riduzione della velocità del flusso capillare; vasodilatazione a livello delle papille dermiche; riduzione della crescita e caduta di capelli e peli. L’HRT ritarda l’invecchiamento cutaneo agendo a diversi livelli sia a livello della cute che degli annessi cutanei. Pochi sono i dati in letteratura riguardo l’effetto della HRT sui capelli. Sicuramente l’effetto meno gradito è la caduta di capelli nel periodo pre e post menopausale che riguarda una non trascurabile percentuale di donne. La caduta dei livelli ormonali in menopausa, a seguito dell’esaurimento della funzione ovarica, porta ad un aumento percentualmente rilevante di altri steroidi di origine surrenalica a più bassa potenza estrogenica e/o ad effetto androgenico. Ne consegue una riduzione della crescita dei capelli. I dati presenti in letteratura sono soprattutto riferiti all’uso di estroprogestinici presenti nei contraccettivi orali. La perdita di capelli è rilevata in una percentuale contenuta (1,7%) durante il primo mese di utilizzo e dipende dal tipo di progestinico somministrato; è meno frequente con i derivati del 17 OH progesterone, è più marcata con 19 nor-derivati. L’effetto sembra dovuto all’azione del progestinico sulla fase di crescita del capello, che è dose dipendente e generalmente si autolimita. L’effetto alopecia androgenetica è indotto dai preparati a base di noretisterone acetato e dipende dalle caratteristiche del capello. Si presenta comunque diversi mesi dopo inizio della terapia ormonale. Scripta MEDICA Volume 12, n. 1, 2009 Suppl. 1 11 Non solo androgenetica: la terapia medica complementare alla chirurgia della calvizie L’alopecia da steroidi sessuali: androgenetica carenziale fronto-parietale Andrea Marliani e Gaetano Agostinacchio Porto Recanati – Firenze. Il ciclo del capello è controllato da ormoni steroidi sessuali. Non solo dagli ormoni circolanti ma piuttosto e soprattutto da ormoni prodotti in loco dal follicolo stesso. Due sono gli ormoni intrafollicolari essenziali alla regolazione del ciclo del capello: diidrosterone ed estrone. Il diidrosterone porta il follicolo in catagen ed il capello in telogen. L’ e s t rone mantiene le mitosi della matrice, la durata dell’anagen ed attiva le cellule staminali all’inizio dell’anagen stesso. Alla 5 alfa riduzione del testosterone in diidrotestosterone è legato il quadro clinico ben codificato dell’alopecia androgenetica. È ormai accettato che questa sia dovuta ad un messaggio genetico che per realizzarsi ha bisogno degli ormoni maschili (Hamilton). Il genotipo (l’ereditarietà per la calvizie) diventa cioè fenotipo (la calvizie si manifesta clinicamente) solo in presenza di androgeni. L’alopecia androgenetica è sostenuta dalla presenza dei normali ormoni androgeni nel plasma, da una ereditarietà multigenica familiare (da cui il termine androgenetica), dall’attività nei follicoli piliferi di enzimi capaci di convertire gli steroidi in ormoni attivi verso il follicolo stesso. In particolare risulta determinante l’enzima 5-alfa-reduttasi, convertitore del testosterone in diidrotestosterone (DHT). La situazione che ne consegue è quella della calvizie cosiddetta (a pattern) maschile con lo svuotamento del vertice. È proprio lo svuotamento del vertice che definisce l’alopecia androgenetica. Questo quadro è frequente negli uomini e raro nelle donne. Ipotizziamo invece che a ridotta attività della aromatasi o/e 3 alfa reduttasi sia collegato il quadro clinico di alopecia diffusa che chiamiamo alopecia care n z i ale (alopecia da carente attività dell’estrone follicolare/Low local estrone ipotrichia). Nelle donne, fatta eccezione per qualche raro caso di anomala produzione ormonale surrenalica o ovarica per difetto enzimatico o per tumore secernente, l’alopecia è clinicamente diversa da quella maschile ed i meccanismi appaiono differenti, anche se non ancora del tutto chiariti ed assimilabili ad una situazione da carenza di estrone. I casi di quelle ragazze con i capelli fini, lunghi e diradati su tutto il cuoio capelluto (ma più sul vertice e nella zona frontale) con la madre (spesso) nelle stesse condizioni ma con mestruo e fertilità normale, senza eccesso di androgeni circolanti ed in cui non è possibile reperire chiari elementi clinici e laboratoristici che ci facciano deporre per un telogen effluvio, ci fanno pensare ad una carenza locale (deficit di 17 steroido ossido reduttasi, aromatasi, 3 alfa reduttasi) o ad una resistenza periferica familiare del follicolo all’azione dell’estrone. Sono cioè alopecie carenziali! Questo quadro è frequente nelle donne mentre è più raro ma esiste anche negli uomini. All’attività diretta del testosterone è infine riconducibile il quadro dell’alopecia fronto-parietale (la così detta stempiatura maschile). Per capire cosa è l’alopecia fronto-parietale è importante considerare come progredisce la perdita di capelli nell’uomo. Si ha dapprima un innalzamento della linea frontale dei capelli accompagnato da diradamento alle “tempie” che dà al taglio dei capelli la caratteristica forma maschile a M. Fin qui la caduta di capelli maschile può essere considerata fisiologica e non obbligatoriamente un preludio della calvizie e preferiamo pertanto parlare di “alopecia fronto-parietale maschile fisiologica”. La considerazione che ci sono uomini “stempiati” ma non calvi e uomini calvi ma non stempiati, con l’osservazione che gli inibitori della 5 alfa reduttasi non hanno molto effetto nel ridurre la velocità di comparsa della alopecia fronto-parietale, fa supporre che quest’ultima sia conseguenza dell’azione diretta del testosterone mentre la calvizie (vera) lo è del suo metabolita principale, il diidrotestosterone. Per questo motivo tutti gli uomini sono, almeno minimamente, stempiati e l’attaccatura ad M dei capelli maschili è fisiologica come la crescita della barba. Per compre n d e re meglio questo concetto occorre fare alcune considerazioni: tutti gli uomini sono, di norma, stempiati… (per effetto del testosterone la cui sola presenza è quindi sufficiente a provocare la stempiatura); Scripta M E D I C A Volume 12, n. 1, 2009 Suppl. 1 12 non tutti gli uomini sono calvi… (quindi la presenza del testosterone non basta; la calvizie vera, del vertice, è ereditaria e dovuta al diidrotestosterone); le donne calve (per effetto del diid ro t e s t o s t e rone) non sono, di norma, stempiate (quindi la presenza del DHT che provoca loro la calvizie non basta per dare la stempiatura); quando una donna ha un tumore testosterone secernente si stempia (quindi la presenza del testosterone è sufficiente a provocare la stempiatura) ma non obbligatoriamente diventa calva (perché la calvizie vera, del vertice, è ereditaria e dovuta al diidrotestosterone e la sola presenza del testosterone non basta). Pensiamo che la sensibilità dei follicoli agli steroidi sia diversa nelle diverse aree del cuoio capelluto. I follicoli con diversa sensibilità ormonale sembrano comunque mescolati casualmente ma quelli con sensibilità al diidrotestosterone prevalgono nella zona del vertice mentre quelli sensibili al testosterone sembrano abbondare nella zona fronto-parietale. I follicoli delle zone basse e della nuca appaiono larg amente insensibili agli androgeni. Tutti i follicoli hanno bisogno di estrone. Tutto questo non è solo “accademia” ma ha risvolti terapeutici fondamentali. Gli inibitori della 5 alfa reduttasi (segnatamente finasteride e dutasteride), che sono il pilastro della terapia di una alopecia androgenetica, sono invece quasi inefficaci nelle donne con alopecia carenziale (perché sbagliano il bersaglio cercando di inibire il metabolismo di un ormone che quasi non c’è) mentre una terapia topica con estrone può risultare efficace in molti casi. Nella terapia (se terapia si vuole fare ) dell’alopecia fronto-parietale (che comunque è autolimitata) occorre u s a re un antagonista del carrier del testosterone come lo spironolattone topico. Questi tre quadri ora descritti ovviamente nella pratica clinica si fondono e confondono fra loro nello stesso paziente. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE Adachi K, Kano M. Adenil cyclase in human hair follicles: its inhibition by dihydrotestosterone. Biochem Biophys Res Commun 1970; 41:884. Adachi K, Takayasu S, Takashima I, Kano M, Kondo S. Human hair follicles: melabolism and control mechanism. J Soc Cosmet Chem 1970; 2:911. Adachi K. The metabolism and control mechanism of human hair follicles. Curr Probl Dermatol 1873; 5:37. Bertamino R. Alopecie in: Serri F. (Eds) “Trattato di dermatologia” Piccin, Padova, 1987, cap.75: 1. Ebling FJ, Rook A. Hair in: Rook A. (Eds) “Textbook of d e rmatology” ed. 2. Blackwell, Oxford, 1968; 1355. Farthing MJ, Mattei AM, Edwards CR. 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Se da una parte infatti troviamo fattori sfavorevoli quali: la forma del cranio, l’inestensibilità re l ativa del cuoio capelluto, il minor rendimento dei lembi in rapporto alla convessità del supporto osseo e la presenza di capelli unica in tutto l’organismo, dall’altra abbiamo fattori favorevoli quali: un buono spazio di clivaggio, una superficie rigida r a p p resentata dal tavolato cranico, una ricca vascolarizzazione ed infine la possibilità di mascherare le cicatrici fra i capelli. I fattori sopra elencati si intersecano variamente in rapporto alla eziologia delle lesioni in quella che oggi può essere definita la tecnica principale in queste ricostruzioni e che è rappresentata dalla espansione cutanea da attuare sempre ogni qual volta la zona alopecia presenta una superficie superiore a 50 cm2. ANATOMIA DEL CUOIO CAPELLUTO La presenza dei capelli (attuale o pregressa in caso di calvizie androgenetica) ne definisce un’unità anatomica a se stante rispetto alla cute glabra circostante della superficie, in un individuo adulto non calvo, di circa 600-700 cm2 le cui particolarità sono rappresentate dai suoi differenti strati che dalla superficie in profondità sono: la pelle con un derma riccamente vascolarizzato e spesso; il tessuto sottocutaneo costituito da tessuto adiposo lobulato e percorso da travate fibroconnettivali e su cui poggia il bulbo pilifero; la galea, aponeurosi fibrosa ed inestensibile, solidamente legata alla cute attraverso le travate fibroconnettivali sottocutanee che va a costituire lo spessore del cosiddetto “scalpo chirurgico”; lo spazio sottoaponeurotico di Merckel costituito da tessuto connettivo lasso e relativamente avascolare considerato il piano di clivaggio chirurgico; il periostio scarsamente aderente al tavolato osseo tran- ne che lungo le suture craniche che se intatto può ricevere un innesto cutaneo ricordando però la sua estrema fragilità e sensibilità all’essiccamento. TECNICA CHIRURGICA L’ampiezza e la qualità del cuoio capelluto residuo sono il principale fattore condizionante la ricostruzione, oltre al posizionamento dell’espansore che determinerà il futuro lembo nel rispetto dell’orientamento dei capelli, di un’attaccatura frontotemporale estetica e della possibilità nei pazienti di sesso maschile giovani della comparsa di una calvizie androgenetica. L’intervento comprende due tempi operatori: il primo tempo operatorio è il posizionamento di uno o più espansori; il secondo tempo, mediamente tre mesi più tardi, consiste nell’asportazione del o degli espansori, nell’exeresi dell’area alopecia e nella realizzazione dei lembi. Ciascuno dei due tempi in rapporto a problematiche tecniche e soggettive può essere effettuato sia in anestesia locale associata a sedazione profonda, sia in anestesia generale. Primo tempo operatorio: posizionamento degli espansori L’intervento è preceduto da uno shampoo disinfettante e quando possibile da una rasatura “a minima”. L’incisione deve essere radiale e perpendicolare all’asse maggiore dell’espansore ed ha una lunghezza abitualmente dai 3 ai 5 cm; essa è sempre preceduta da infiltrazione di soluzione fisiologica allo scopo di facilitare lo scollamento nello spazio di Merckel della loggia che conterrà gli espansori. La dissezione è iniziata dalla forbice, proseguita con il dito e quindi completata con i dissettori. La loggia dovrà essere leggermente più ampia al fine di permettere un comodo alloggiamento degli espansori. Non viene posizionato alcun d renaggio di aspirazione. Gli espansori sono preparati con attenzione e posizionati con l’aiuto di un dissettore smusso intorno al quale sono stati avvol- Scripta M E D I C A Volume 12, n. 1, 2009 Suppl. 1 14 ti e che ne permetterà la distensione con movimento parallelo all’asse di incisione all’interno della loggia. Quindi gli espansori vengono provati e riempiti circa del 10% con soluzione fisiologica colorata (blu di metilene) per assicurarsi della loro integrità e permettere una sufficiente distensione nella loggia. La valvola è posizionata per la stessa via d’accesso degli espansori, a distanza, evitando con estrema attenzione l’inginocchiamento del tubo di raccordo. Testata la buona funzionalità del sistema si procede alla sutura. Una profilassi antibiotica è abitualmente somministrata per 5-7 giorni. Il primo gonfiaggio verrà effettuato 15 giorn i dopo l’intervento con cadenza settimanale e solo molto raramente bi-settimanale. Ad ogni gonfiaggio, anche se non è una regola, si inietta circa il 10% del volume dell’espansore e si completa il riempimento mediamente in circa 3 mesi. Secondo tempo operatorio: asportazione dell’espansore ed allestimento del lembo Effettuato il disegno del lembo o dei lembi sulla base del programma chirurgico deciso prima dell’intervento, si asporta l’espansore con la sua valvola, meglio se utilizzando le incisioni del futuro lembo. Si procede quindi alla fragilizzazione della capsula ed all’asportazione del più spesso cordoncino periprotesico corrispondente alla base del perimetro dell’espansore, al fine di facilitare la mobilizzazione e distensione del lembo. Quindi la cicatrice alopecica è rimossa dopo a v e re valutato i margini di avanzamento del lembo. L’ e x e resi a pieno spessore dà risultati maggiori rispetto alla disepidermizzazione. Si effettua quindi la sutura evitando di resecare eventuali eccessi cutanei o orecchie di cane che abitualmente scompaiono spontaneamente e solo se persistono oltre il sesto mese si può ipotizzare un rimodellamento. Figura 1a-b. Espansori in situ. a b Figura 2a-b. a: aspetto pre-operatorio; b: aspetto post-operatorio. a b Figura 3a-b. a: aspetto pre-operatorio; b: aspetto post-operatorio. ALCUNE INDICAZIONI a) Scelta dell’espansore: al di là delle tante marche e modelli di espansori, personalmente pre f e r isco espansori rettangolari a bordi smussi con valvola a distanza di piccole dimensioni b) Strategie e scelte chirurgiche: per le alopecia inferiori a 50 cm2 (7 x 7), tranne rarissimi casi, a b Scripta MEDICA Volume 12, n. 1, 2009 Suppl. 1 15 p referisco l’autotrapianto di capelli la cui tecnica, adattata alle esigenze della cute cicatriziale, può essere il miglior compromesso. Sono invece fortemente contrario alle escissioni multiple spesso votate ad evidenti recidive. Questa indicazione è giustificata dal forte risentimento sociale per il paziente dato dagli espansori e sproporzionato all’entità della lesione. Per alopecia tra 50 e 350 cm2: l’espansione cutanea rappresenta la soluzione ideale, abitualmente utilizzo un espansore e solo raramente due. a Infine le alopecia superiori a 350 cm2, ovvero pari o superiori ai 2/3 della superficie del cuoio capelluto, nella maggioranza dei casi non possono che essere trattate parzialmente ed apportano una capigliatura un po’ rada; ciò non vuol dire che i risultati siano scadenti. Infatti nella ricostruzione si privilegiano le zone considerate sociali del cuoio capelluto, quali la regione frontale e temporale; sarà poi la capigliatura ad aiutare. In questo caso si utilizzano 1-2 espansori e non escludo l’eventuale possibilità di un ulteriore intervento a circa un anno di distanza. c) Posizionamento degli espansori: il posizionamento degli espansori dipende dalla scelta dei lembi che si programma di realizzare più frequentemente di avanzamento o di trasposizione e che permettono di ottenere la minor tensione ed il conseguente minore stretchback. Molto importante è tenere conto dell’orientamento dei capelli quando si programma il lembo, cercando di ricreare il più possibile la direzione dell’orientamento naturale. Infine ribadiamo come negli uomini giovani a Figura 4a-b. a: aspetto pre-operatorio; b: aspetto post-operatorio. b con antecedenti di calvizie androgenetica, per quanto possibile, gli espansori debbono essere posizionati nelle regioni parietali o occipitali. CONSIDERAZIONI SULL’ALLOTRAPIANTO DI CAPELLI DA NOI IDEATO A LCUNE Se è vero che l’espansione ha rappresentato una grande rivoluzione nella ricostruzione del cuoio capelluto in casi particolari che vedremo di seguito, anche noi abbiamo contribuito in pazienti selezionatissimi ad effettuare su nostra intuizione, primi al mondo, un trapianto di capelli da un individuo all’altro sfruttando un pre g resso trapianto di midollo osseo per gravi malattie ematologiche. In questi casi infatti si tratta di pazienti leucemici che una volta guariti, persistendo gravi ed importanti forme di alopecia conseguenti a pesanti trattamenti radioterapici, potevano ricevere dal donatore di midollo osseo i capelli che venivano trasferiti con un Figura 5a-b-c. intervento di allotrapianto. a: aspetto pre-operatorio; b: espansore in situ; c: aspetto post-operatorio. La pubblicazione negli Stati Uniti da parte nostra di tale limitata indicazione che può aprire importanti p rospettive nei trapianti d’organo, oltre ad essere stata applicata in vari campi specialistici, ha subito in alcuni casi aberrazioni nelle indicazioni: lo stesso principio è stato utilizzato di recente con b c successo per il primo tra- Scripta M E D I C A Volume 12, n. 1, 2009 Suppl. 1 16 pianto di ovaio, il cui fine ultimo era la procreazione, che al di là di ogni sensazionalismo, poteva sicuramente essere conseguita diversamente con i medesimi risultati. Figura 6a-b. a: aspetto pre-operatorio; b: espansore in situ. CONCLUSIONI La nostra ampia casistica di espansione cutanea del cuoio capelluto ci permette di definirla la tecnica di scelta nelle ricostruzioni delle alopecia conseguenti a traumi, ustioni e terapie oncologiche mediche e chirurgiche del cuoio capelluto. Stiamo comunque studiando metodiche chirurgiche alternative che ci permettono di ottenere risultati comparabili riducendo però le limitazioni sociali che il paziente deve subire in corso di trattamento. Infine ribadiamo come la nostra tecnica di allotrapianto di capelli sia applicabile solo in quei portatori di alopecia guariti da gravi affezioni ematologiche trattate con trapianto di midollo; nei normali casi invece di alopecia androgenetica sia maschile che femminile, noi attuiamo sistematicamente, qualora ve ne sia l’indicazione, l’autotrapianto di capelli con tecnica minimicro chirurgica. BIBLIOGRAFIA a b Figura 7a-b. Aspetto post-operatorio. a b Figura 8a-b-c. a: aspetto pre-operatorio; b: lembo espanso posizionato (notare come nella regione del vertice sia possibile ricostruire un orientamento dei capelli simile a quello naturale); c: aspetto post-operatorio. Radovan C. Tissue exp a n s i o n i n s o f t - t i s s u e re c o nstruction. Plast Reconstr Sug 1984; 74:482-92. Foyatier JL, Comparin JP, Latarjet J, et al. Forum on tissue expansion. Repair of sequelae of facial burns by cervical cutaneous expansion. Ann Chir Plast Esthet 1993; 38:27-33. a b Comparin JP. La réparation des séquelles de brulures de la tete ed du cou par expansion cutaneée (à propos de 100 cas). Thèse Médecine, Lyon, 29 oct 1992. Hudson DA, Arasteh E. Serial tissue expansion for reconstruction of burns of the head and neck. Burns 2001; 27:481-7. Morris SF, Pang CY, Mahoney J, et al. Effect of capsulectomy on the hemodynamics and viability of random-pattern skin flaps raised on expanded skin in the pif. Plast Reconstr Surg 1989; 84:314-22 (discussion 323-4). c Cullen KW, Clarke JA, McLean NR. The complications of tissue expansion in the burned scalp. Burns Incl Therm Inj 1986; 12:273-6. Manders EK, Schenden MJ, Furrey JA, et al. Soft-tissue expansion: concepts and complications. Plast Reconstr Surg 1984; 74:493-507. Neale HW, High RM, Billmire DA, et al. Complications of controller tissue expansion in the pediatric burn patient. Plast Reconstr Surg 1988; 82:840-8. Scripta MEDICA Volume 12, n. 1, 2009 Suppl. 1 17 I difetti acquisiti del cuoio capelluto: procedure ricostruttive Marco Toscani, C. Monarca, M.I. Rizzo Dipartimento Chirurgia Plastica e Ricostruttiva Pol. Umberto I Università “La Sapienza” – Roma. La ricostruzione dei difetti dello scalpo può rendersi necessaria in seguito a traumi, ustioni, neoplasie, radionecrosi o per il miglioramento cosmetico di evidenti esiti cicatriziali talvolta secondari a pregressi interventi chirurgici. La storia della ricostruzione del cuoio capelluto si è sviluppata parallelamente alle tecniche di chirurgia plastica. Koss et al. (1) già nel 1696 descrissero uno tra i primi trattamenti chirurgici del cuoio capelluto in seguito a trauma. Nel 1908, Robinson (2) dimostrò il successo nell’attecchimento di un innesto cutaneo su un fondo periostale in tempi più rapidi rispetto alla formazione di tessuto di granulazione. Inoltre, più recentemente Kazanjan dimostrò che, effettuando delle incisioni sulla galea, si otteneva un migliore avanzamento dei lembi locali (3). Neumann e Radovan (4, 5) popolarizzarono l’uso degli espansori tissutali dimostrando la fondamentale utilità di questa tecnica anche nella ricostruzione dello scalpo (Figura 1). Inoltre, lo svilupparsi delle tecniche microchirurgiche ha giocato un ruolo importante nella ricostruzione del cuoio capelluto consentendo di re i m p i a n t a re anche un’avulsione totale dello scalpo per coprire perdite di sostanza diff i c i lmente risolvibili con altre tecniche (6, 7). Allo stesso modo l’utilizzo di innesti microchirurgici ad alta densità ha permesso di ottenere risultati estetici soddisfacenti, non realizzabili con le tecniche di autotrapianto tradizionali (8, 9) (Figura 2). METODI Il successo nella procedura ricostruttiva necessita di una precisa conoscenza dell’anatomia dello scalpo, della fisiologia del capello e della biomeccanica della cute. La corretta strategia nella chirurgia del cuoio capelluto è condizionata da numerosi fattori quali dimensioni e localizzazione del difetto/lesione/esito, la presenza del periostio, la qualità del cuoio capelluto residuo nelle aree circostanti, la presenza o meno di capelli, la disposizione della linea del capillizio e le possibili comorbidità del paziente. Nelle perdite di sostanza subtotali, quando il tessuto locale potrebbe essere insufficiente, potrebbe rendersi necessario l’utilizzo di espansori cutanei od il ricorso a tecniche microchirurgiche. I capelli, inoltre, rappresentano sicuramente la caratteristica visibile più importante del cuoio capelluto, quindi, il chirurgo ricostruttore deve avere massima considerazione nel preserv aFigura 1. Espansori Tissutali. Figura 2. Micrograft. Scripta M E D I C A Volume 12, n. 1, 2009 Suppl. 1 18 re la normale disposizione ed orientamento dei capelli sullo scalpo. Per tali motivi la chirurgia della calvizie acquisita, come quella per il trattamento della calvizie androgenetica, deve avvalersi di validi e ben categorizzati principi di tecnica. La migliore opzione ricostruttiva del cuoio capelluto è, comunque, proprio il cuoio capelluto. Difatti, nel corpo umano non esiste un altro tessuto donatore che possa essere considerato simile per qualità allo scalpo. RISULTATI Se nel passato la sola copertura del difetto dello scalpo rappresentava il trattamento di prima scelta per evitare complicanze quali infezioni, essiccamento, sepsi, attualmente, oltre alla semplice copertura, una ricostruzione chirurgica oggi deve tenere conto, se possibile, anche del ripristino esteticamente valido dello scalpo preservando il normale angolo di crescita dei capelli e le linee del capillizio. Il trapianto microchirurgico mediante innesto di bulbi capilliferi, inoltre, può garantire un ulteriore infoltimento in aree di alopecia più o meno vaste, sia per esiti traumatici sia in seguito a procedure ricostruttive. Gli innesti di capelli possono essere utilizzati in modo estremamente vantaggioso anche come procedura ancillare secondaria di camouflage delle incisioni chirurgiche qualora risultino evidenti. Inoltre, il trapianto di capelli può essere utilizzato non solo per il trattamento della calvizie ma anche per la ricostruzione di altri parti del corpo, come il sopracciglio o la barba (Figura 3). I microinnesti sono utilizzati con successo per la ricostruzione del sopracciglio da diversi anni, rappresentando oggi uno degli standard di trattamento. Attualmente, la tecnica di impianto ad alta densità con microinnesti da uno o due bulbi, appare la scelta ottimale per la ricostruzione del sopracciglio negli esiti cicatriziali (10). Figura 3. Ricostruzione del sopracciglio con Micrograft L’utilizzo dei “micrograft” appare, quindi, una tecnica chirurgica ormai affidabile in mani esperte nel trattamento della calvizie, acquisita soprattutto in casi di ridotta elasticità cutanea come negli esiti cicatriziali da ustione, dove il riarrangiamento dei tessuti sarebbe molto più complesso e difficile da ottenere (11). Quando la ricostruzione con tessuto locale non è possibile a causa delle dimensioni del difetto, troppo esteso per la zona donatrice disponibile, può essere presa in considerazione la possibilità di espansione tissutale. Gli espansori tissutali difatti garantiscono la possibilità di espandere il tessuto fino a circa il 50% dello scalpo (12) (Figura 4). Questa procedura ormai ben standardizzata, e che offre innumerevoli vantaggi ricostruttivi, però non appare comunque scevra da possibili complicanze quali infezioni dell’impianto, esposizione, dislocazione (6,25%) (13, 14). L’utilizzo di espansori cutanei dovrà pre v e d e re l’inserimento del dispositivo più grande possibile nello spazio subgaleale. La forma dell’espansore dovrà garantire il maggior guadagno tissutale possibile (15). La scelta dell’espansore e la sua forma dovrà essere effettuata in base al difetto del paziente da riparare. Un unico espansore è generalmente preferibile al posto di più espansori per ottenere la maggiore espansione, riducendo i rischi d’infezione dovuti ai multipli siti chirurgici. Figura 4. L’espansione deve essere Ustione da olio bollente: ricostruzione mediante espansione cutanea. continuata fino ad ottenere un lembo di dimensioni maggiori per il 20% dell’entità del difetto, per minimizzare così la retrazione successiva all’avanzamento del lembo (stretch back) (Figura 5). Inoltre, come nelle altre pro c e d u re di chirurgia plastica ricostruttiva, ancor più nella chi- Scripta MEDICA Volume 12, n. 1, 2009 Suppl. 1 19 c h i r u rgia che garantisce la possibilità di copertura di difetti dello scalpo totali o sub-totali. Inoltre la possibilità di microtrapianto dei follicoli ha permesso la copertura di più o meno ampi esiti cicatriziali (chirurgici e non), con risultati estetici soddisfacenti e cicatrici chirurgiche del sito donatore estre m amente contenute e nascoste, ove possibile, nel cuoio capelluto residuo. Il goal ricostruttivo attuale infatti, consiste proprio nell’associare alla copertura del difetto il migliore risultato estetico possibile, offrendo la quasi totale “restitutio ad integrum”. L’utilizzo di lembi locali rigorosamente di rotazione, o rotazione ed avanzamento, che rispettino l’attaccatura del capillizio e la vascolarizzazione dello scalpo, permette la copertura di difetti anche ampi con ottimi risultati estetici. Il ricorso ad espansori cutanei appare spesso risolutivo quando la ricostruzione con lembi loco-regionali non risulta realizzabile. Inoltre, questi dispositivi offrono la possibilità di effettuare ricostruzioni di difetti ampi rimpiazzando il tessuto danneg- Figura 5. Trauma stradale: ricostruzione mediante innesto di cute in urgenza e successiva espansione cutanea. rurgia del cuoio capelluto risulterà necessario porre particolare attenzione ai dettagli di tecnica per garantire il miglior risultato chirurgico: emostasi accurata, anestesia locale con adre n alina che, unita all’idrodissezione, potranno essere utili per ridurre il sanguinamento. Il limitato utilizzo del diatermocauterio garantirà la sopravvivenza della maggior parte dei follicoli piliferi; le incisioni effettuate rispettando l’angolo di crescita dei bulbi garantiranno una minore perdita di unità follicolari con cicatrici meno evidenti; inoltre, per una cicatrizzazione ottimale, sarà opportuno evitare un’eccessiva tensione sulle suture effettuando un accurato scollamento dei lembi e se serve, il release della galea aponeurotica (16). Qualora le incisioni chirurgiche risultassero particolarmente evidenti, potranno essere camuffate con innesti microchirurgici da effettuare in un secondo tempo (17, 18) (Figua 6). DISCUSSIONE Le tecniche chirurgiche ricostruttive appaiono oggi estremamente evolute grazie anche all’avvento della micro- Figura 6. Esiti cicatriziali post Face-lift: ricostruzione mediante autotrapianto. Scripta M E D I C A Volume 12, n. 1, 2009 Suppl. 1 20 giato con tessuto sano, mantenendo il pattern nativo dei capelli (12). Risorsa ulteriore nella scala ricostruttiva è stata offerta infine dai lembi liberi che garantiscono un’efficace copertura di ampie perdite di sostanza quando, né l’autotrapianto dei capelli, né l’utilizzo di lembi locali, né l’espansione tissutale appaiono sufficienti. C ONCLUSIONI Numerose sono le possibilità terapeutiche al giorno d’oggi a disposizione del chirurgo: dall’autotrapianto, alla rotazione di lembi locali, all’uso degli espansori cutanei; ogni caso andrà attentamente valutato per ottenere attraverso la scelta chirurgica più idonea il miglior risultato. La dettagliata conoscenza dell’anatomia, vascolarizzazione ed innervazione del cuoio capelluto, nonché l’anatomo-fisiologia degli annessi cutanei dello scalpo e di tutte le opzioni ricostruttive, appare requisito imprescindibile per ottenere non solo la copertura del difetto ma anche una ricostruzione esteticamente valida. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE 1. Koss N, Robson M, and Krizek TJ. Scalping injury. Plast Reconstr Surg 1975; 55:439. 5. Radovan C. Tissue expansion in soft tissue reconstruction. Plast Reconstr Surg 1984; 74:482. 6. Miller GDH, Anstee EJ, and Snell JA. Successful replantation of an avulsed scalp by microvascular anastomoses. Plast Reconstr Surg 1976; 58:133. 7. 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I peli del corpo, ed in particolare i capelli, hanno da sempre ricevuto un’attribuzione di significato simbolica all’interno del contesto socioculturale. Di particolare interesse è anche la possibilità di modificare molto rapidamente il proprio aspetto agendo sui capelli, ma anche sulla barba e sui baffi nel caso degli uomini: a differenza di altre parti del corpo, la cui modificazione implica qualche tipo di intervento clinico, per lo più chirurgico, ognuno può modificare il proprio aspetto tagliandosi i capelli, pettinandosi in un modo piuttosto che in un altro, tingendosi, e così via. È inutile insistere su ciò che anche il senso comune ben conosce: i capelli bianchi, che segnalano il passare degli anni, possono venire nascosti con le tinture, di cui soprattutto le donne (ma in misura non trascurabile anche gli uomini) fanno largo uso. D’altra parte i capelli rossi, o viola, o gialli, laccati a forma di vistosa cresta segnalano una appartenenza ad un gruppo culturale, così come la testa rasata. Va da sé, perché anche questo è noto a tutti, che i capelli sono inseriti dentro il codice dei richiami erotici, così come hanno un ruolo nelle relazioni di tenerezza, accadimento, protezione. In sintesi: le aree del corpo in questione sembrano avere un valore simbolico più che una funzione biologica in senso stretto, e c’è quindi da aspettarsi che le modificazioni, patologiche o meno, che le riguardano implichino di conseguenza degli effetti a livello psicologico, ma anche psicopatologico. Il fatto che lo stress emozionale abbia una relazione diretta con la perdita dei capelli è controverso: sono stati riportati casi di perdita acuta, reversibile dei capelli in occasione di stress emozionali particolarmente intensi (Rook et al., 1982), tuttavia il legame tra una perdita diffusa e cronica dei capelli con lo stress emozionale è assai controverso (Olsen, 2003). Probabilmente più importante è il rapporto tra modificazioni del corpo reali, o ritenute tali dal soggetto, e legame di esse con fenomeni di ordine psicologico o psicopatologico. Un esempio particolarmente significativo è rappresentato dalla alopecia androgenetica. Numerose ricerche hanno indagato la relazione tra la perdita dei capelli dovuta a questa condizione e la reazione psicologica ad essa: se in gran parte dei soggetti la reazione è di moderato, transitorio disagio, ovvero non vi è particolare coinvolgimento emozionale, tuttavia appare probabile che alcune categorie di soggetti siano predisposte ad una reazione negativa. Infatti, per quanto riguarda i maschi, (Cash 2001, Stough et al. 2005): 1. quanto più precoce è l’età, tanto più è probabile che il soggetto si viva come diverso, come socialmente poco desiderabile o attraente, rispetto ai coetanei; 2. i maschi che non sono sentimentalmente legati, ma aspirano ad una relazione affettiva, si possono sentire danneggiati rispetto alla loro attrattiva e quindi alla probabilità di successo; 3. coloro che hanno investito sull’apparenza fisica come fonte di autostima sono più a rischio di tollerare male la perdita dei capelli, proprio perché vi è un legame diretto tra l’aspetto fisico e la stima di sé, che ha poche risorse altrove; 4. coloro che tendono a riporre la stima di sé nella relazione con gli altri, e che quindi hanno una sorgente “esterna” dell’autostima, sono più a rischio di essere destabilizzati psicologicamente da risposte negative dell’ambiente; 5. i maschi che hanno di fondo una bassa stima di sé, o problematiche di personalità soprattutto nell’ambito narcisistico, rischiano di avere grandi difficoltà nel fronteggiare un’ulteriore negatività. Per quanto riguarda le femmine, vi sono meno dati di ricerca. Tuttavia i risultati non sono diversi da quelli dei maschi per quanto riguarda le categorie a rischio di risposta disadattiva allo stress, che sono le stesse, con un’aggravante che riguarda la maggiore intensità della risposta emotiva negativa, legata al maggior investimento delle femmine sull’aspetto fisico, all’interno del quale i capelli hanno un ruolo particolare. Un ulteriore commento, relativo sia a maschi che a femmine, riguarda la popolazione che consulta clinicamente per la per- Scripta M E D I C A Volume 12, n. 1, 2009 Suppl. 1 22 dita dei capelli: i soggetti che si rivolgono ad uno specialista per un problema di alopecia androgenetica sono tendenzialmente più sofferenti da un punto di vista psicologico rispetto alla popolazione generale, per una serie di parametri clinici riguardanti l’ansia, la depressione, l’isolamento sociale, l’insonnia, mostrando anche maggiore problematicità a livello personologico, da cui probabilmente dipende poi la comparsa dei sintomi ora citati (Maffei et al., 1994). A rendere la situazione ancora più complessa contribuiscono i dati di una ricerca multicentrica europea compiuta su 1500 maschi (Mariola et al., 2005) da cui è emerso che la perdita dei capelli viene considerata come un problema non trascurabile sia sul piano dell’immagine di sé, che delle relazioni interpersonali (minore attrattività, segnale di invecchiamento e simili); tuttavia la percezione del problema non sembra essere connessa con la ricerca di trattamento, che riguarda una percentuale estremamente esigua di soggetti. Questo risultato ha confermato quanto riferito in altre ricerche, senza che però nessuna di esse sia riuscita ad approfondire il motivo per cui alla percezione del problema non segue il tentativo di mettere in atto risposte adeguate. Tra le ipotesi fatte, va presa in considerazione una serie di fattori tra cui la vergogna a confessare un problema che potrebbe essere da altri considerato come superficiale e vano, ovvero il non voler ammettere di essere davvero disturbati dalla perdita dei capelli. Questi dati, tra i non molti disponibili, mostrano quanto sia complesso, e quindi non sempre facilmente comprensibile, il legame tra i capelli e la psiche, il cui rapporto, come affermato all’inizio del presente articolo, è comunque mediato dalla rappresentazione del corpo e dalle sue relazioni con i codici personali e sociali in cui è inserito. Rispetto alla rappresentazione del corpo, tre aree sono particolarmente rilevanti e possono esprimersi in maniera adattiva, disadattiva o francamente patologica: 1. narcisismo: identità e stima di sé; 2. ossessività: tendenza a rimuginare; 3. ipocondria: preoccupazione per la salute. Le classificazioni correnti dei fenomeni francamente psicopatologici riguardanti l’esperienza e l’immagine corporea, identificano alcune categorie diagnostiche raggruppate nell’ambito dei Disturbi Somatoformi, secondo il manuale diagnostico DSM-IV (APA, 1994). Tali categorie sono così sintetizzabili: Disturbo da Somatizzazione: riguarda la presenza di sintomi fisici (dolore in vari distretti somatici, sintomi gastrointestinali, sessuali, pseudoneurologici) per i quali è possibile escludere l’origine fisica. Disturbo Somatoforme indifferenziato: riguarda la presenza di sintomi fisici vaghi, tra cui la fatica, la perdita di appetito, difficoltà digestive, difficoltà genitourinarie, per i quali è possibile escludere l’origine fisica. Disturbi da Conversione: riguarda la presenza di sintomi sensoriali o motori che suggeriscono una patologia neurologica, o comunque somatica in assenza di essa. Disturbo Algico: riguarda la presenza di sintomatologia dolorosa tale da non poter essere ignorata e che interferisce con la vita del soggetto. Ipocondria: riguarda la presenza di una evidente preoccupazione per la propria salute fisica in assenza di sintomi, ovvero in presenza di sintomi la cui interpretazione viene distorta dal soggetto. Disturbo da Dismorfismo corporeo: riguarda la pre s e nza di una evidente preoccupazione per un difetto fisico non presente, ovvero la sopravvalutazione di un difetto presente, ma di non particolare rilievo. È in questa categoria che si possono trovare i soggetti che vivono la perdita dei capelli, reale o presunta, con preoccupazione tale da far ritenere che si sia perso il legame tra la natura del problema e la reazione psicologica, a questo punto psicopatologica, del soggetto. Il motivo di questa eccessiva preoccupazione può avere una natura molto variabile: la caduta dei capelli, l’acne, la presenza di peluria sul volto, le rughe, le cicatrici, ma anche ogni imperfezione o asimmetria del volto, la forma del naso, degli occhi, delle palpebre, così come l’aspetto di varie parti del corpo, tra cui il seno, i genitali, le natiche. I soggetti con questa problematica possono passare molto tempo a controllare il proprio corpo, stando ad esempio a lungo davanti ad uno specchio o ad una vetrina, tuttavia possono anche evitare di guardarsi allo specchio. Possono anche alternarsi i due tipi di comportamento, per cui a periodi di spasmodico controllo si alternano periodi di evitamento. Il difetto, se possibile, può venire ridotto od occultato attraverso il trucco, la pettinatura, ma anche “tormentato” attraverso il continuo toccare la parte in causa (ad esempio i foruncoli). È spesso presente l’idea che gli altri esseri umani notino il difetto e che abbiano un atteggiamento di schern o o di critica: ciò porta al ritiro sociale, o comunque alla presenza di difficoltà nelle relazioni interpersonali in vari campi. Può essere presente depressione, ed a volte ideazione suicidaria. Sembra che problematiche cutanee riguardino il 65 percento dei Disturbi da Dismorfismo corporeo e che il 50 percento riguardi i capelli (P h i l l i p s, 1996). Nei soggetti con questa pro b l ematica si può inoltre dire che il corpo “invade” il pensiero attraverso una continua presenza mentale al problema: ciò significa pensiero coatto, rimuginazione, Scripta MEDICA Volume 12, n. 1, 2009 Suppl. 1 23 ossessione. Il soggetto, in altri termini, “non pensa ad altro”, ovvero pensa troppo al problema, essendone il pensiero stesso magnetizzato in maniera incontrollabile. È infatti tipico della psicopatologia ossessiva il fatto di sentire che la propria volontà di pensare è annullata, a fronte di una necessità (coazione) incontrollabile, esattamente come quando si ha in mente il motivo di una canzone, senza sapere il perché, senza un senso, ma non si riesce a scacciarla. I soggetti con Disturbo da Dimorfismo corporeo possono essere anche affetti da Tricotillomania, cioè dalla tendenza a strapparsi i capelli, ovvero altri peli (ad esempio le sopracciglia), in maniera compulsiva, cioè coatta. Infatti l’impossibilità di sottrarsi ad un comportamento, cioè la compulsione, è l’equivalente comportamentale di ciò che accade nei pensieri con l’ossessione. In genere i soggetti con Tricotillomania percepiscono un forte senso di tensione prima di compiere il gesto, ed un grande rilassamento, o addirittura piacere, dopo averlo compiuto. L’azione può essere compiuta sotto stress, ovvero in una stato di “distrazione” mentale, ad esempio davanti alla televisione, e non è usualmente accompagnata da dolore. All’osservazione i soggetti con Tricotillomania presentano quadri variabili: sono presenti aree di completa alopecia, ovvero aree in cui la densità dei capelli è ridotta. L’area più colpita sembra essere quella parietale, ma sono anche presenti configurazioni a “tonsura”, mentre le sopracciglia possono essere completamente eliminate. Qualora vi sia tricofagia, la formazione di bezoari può produrre sintomi digestivi fino all’occlusione. Nell’adulto la Tricotillomania è più frequente nelle femmine. Per quanto riguarda il trattamento, è evidente che ci si trova di fronte ad un quadro estremamente variegato, in cui non è s e m p re agevole distinguere tra normalità e patologia. Il primo compito del dermatologo, o comunque del medico non specialista in ambito psicopatologico, è di capire quando si sia varcato, o si stia varcando, questo confine: in questo articolo si è cercato di riassumere in maniera molto succinta la fenomenologia dei disturbi psichici. Ad essa va aggiunto che i disturbi di cui sopra assumono una chiara configurazione patologica soprattutto quando l’intensità e la durata dei sintomi hanno un impatto negativo significativo sulla vita del soggetto, sia per quanto riguarda il vissuto (livello di preoccupazione, ansia, depressione, rimunginazione), sia rispetto alla vita quotidiana (interferenza con le attività usuali, sia affettive, che relazionali, lavorative). In altri termini il disturbo va ad interferire con la qualità della vita. Qualora si abbia il sospetto di uno dei disturbi di cui sopra, è meglio consultare uno specialista: è più indicato che il primo contatto con lo specialista non coinvolga il soggetto, ma sia un consulto tra colleghi, onde evitare il rifiuto del paziente di fronte all’idea di essere trattato come “matto” senza motivo. Per quanto riguarda invece le situazioni in cui il disagio psichico non arriva ad essere patologia, è auspicabile che, accanto agli eventuali trattamenti somatici, il dermatologo assuma un atteggiamento di interesse per il paziente e non soltanto per il sintomo. Ciò può essere fatto agevolmente attraverso una indagine del modo in cui il soggetto si relaziona con il p roblema, di quali sono i suoi timori e di quali sono le aspettative, accanto ad una accurata indagine di ciò che è stato fatto fino ad ora e di quali sono i risultati ottenuti. È i n o l t re necessaria estrema franchezza, ma anche grande cautela, nel confro n t a re ciò che è possibile fare, con ciò che il soggetto si aspetta: in altri termini, non bisogna creare illusioni, che poi corrono il rischio di trasformarsi in cocenti delusioni. Il paziente va quindi aiutato a farsi una immagine realistica del p roblema, di ciò che si può fare e di ciò che può rappresentare il fatto di non poter davvero risolvere il problema: in altri termini, va aiutato a “disinvestire” qualora abbia troppo caricato di significati il problema, mostrando come i vissuti soggettivi di menomazione possano essere tollerati. E ciò non significa minimizzare (“si può vivere benissimo senza capelli!”), bensì educare il paziente a tro v a re ulteriori fonti di autostima (“la perdita dei capelli non è la perdita di te stesso!”). BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE American Psychiatric Association (APA) (1994), Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – Fourth edition (DSM-IV). Washington DC, APA (trad.it. Milano, Masson, 1996). Cash TF. The psychology of hair loss and its implications for patient care. Clinics in Dermatology 2001; 19:161-166. Maffei C, Fossati A, Rinaldi F, et al. Personality disorders and psychopathologic symptoms in patients with androgenetic alopecia. Archives of Dermatology 1994; 130:868.72. Mariola A, Richter-Appelt H, Tosti A, Viera MS. The psychosocial impact of hair loss among men: a multinational european study. Current Medical Research and Opinion 2005; 21, 11:1829-1836. Olsen EA, Fiedler VC, Gray AC. Diffuse alopecia: telogen hair loss. In: Olsen EA, ed. Disorders of Hair Growth: Diagnosis and Treatment. 2nd ed. New York, NY: McGraw-Hill Publishing 2003; 303-320. Phillips KA. The Broken Mirror. Understanding and treating the Body Dysmorphic Disorder. New York, Oxford 1996. Rook A, Dawber R. Diffuse alopecia: endocrine, metabolic and chemical influences on the follicular cycle. In: Rook A, Dawber R, eds. 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I criteri ecografici di ovaio policistico comprendono la presenza di almeno 12 follicoli di diametro compreso tra 2 e 9 mm indipendentemente dalla posizione e/o un volume ovarico > 10 ml all’esame transvaginale, anche in un solo ovaio. Altri criteri proposti comprendono un rapporto area stro m a / a rea totale dell’ovaio > 0,34 all’esame ecografico o un indice di pulsatilità > 1,85 a livello dell’arteria intrauterina all’esame color-Doppler. L’eziologia della PCOs rimane sconosciuta. Rilevanza sempre maggiore viene data al substrato genetico. Tra i fattori acquisiti, primaria importanza è rivestita da sovrappeso e obesità, condizioni favorenti lo sviluppo di stati di insulino-resistenza e conseguente iperinsulinismo. A livello ovarico l’eccesso di insulina sembra innescare, attraverso meccanismi solo in parte chiariti, una serie di processi che conducono ad aumento del volume ghiandolare, eccesso di sintesi di ormoni androgeni e anomalie nella maturazione e selezione follicolare. Dal punto di vista clinico la PCOs si caratterizza per un quadro variegato, caratterizzato in varia misura da irsutismo, acne, alopecia, oligo/amenorrea, infertilità, acanthosis nigricans, sovrappeso/obesità, intolleranza ai carboidrati/diabete mellito, apnee notturne, epilessia. Nel lungo termine è aumentata la predisposizione a complicanze cardio/cerebrovascolari e al cancro dell’endometrio. La terapia della PCOs pre v ede, in presenza di condizioni di sovrappeso/obesità, l’attuazione di misure comportamentali volte alla riduzione del peso corporeo. Un ruolo sempre maggiore stanno acquisendo i farmaci insulino-sensibilizzanti quali la metformina, allo scopo di ridurre i livelli circolanti di insulina. Gli estro progestinici hanno un ruolo sintomatico, garantendo flussi regolari e il conseguente fisiologico ricambio della mucosa uterina, oltre ad avere azione antiseborroica e di controllo dell’irsutismo. L’uso di farmaci quali clomifene e inibitori delle aromatasi può essere indicato nell’ambito di programmi di fecondazione assistita. L’importanza della galenica e del consiglio del Farmacista Mauro Castiglioni Farmacista – Milano. La scelta del prodotto "Galenico" rappresenta sicuramente per il medico un momento importa della Terapia. Definire bene un Galenico rappresenta il punto di partenza per poter affrontare un argomento che può, a seconda dei casi, dar luogo a spunti diversi. La realizzazione in Farmacia di un preparato galenico di origine magistrale deve essere vista come la possibilità di creare un prodotto unico, non presente sul mercato, in grado di andare incontro alle singole esigenze del paziente. L'utilizzo di questo prodotto da parte del medico deve pertanto soddisfare queste precise caratteristiche. Il ricorso al Galenico Cosmeceutico di origine magistrale deve essere visto come la possibilità di prescrivere al Paziente un farmaco unico, specifico e studiato in base alle sue specifiche esigenze. In questo contesto ecco che l'unione tra cosmetica e farmacologia possono portare alla realizzazione di un prodotto particolare con caratteristiche di biodisponibilità e concentrazioni del o dei principi attivi del tutto particolari. La realizzazione di una base costituita da eccipienti con particolari caratteristiche chimico-fisiche nella quale vengono incorporati o dispersi i principi attivi di diversa natura e concentrazione, portano alla formazione di un prodotto specifico studiato ad hoc per il paziente che tenga conto sia delle caratteristiche del paziente stesso, sia della particolare patologia (utilizzo di concentrazioni diverse, possibilità di associare uno o più principi attivi). Sono queste le principali e ritengo uniche motivazioni che devono portare il medico a scegliere questi prodotti rispetto ad altri. L'utilizzo di principi attivi non utilizzabili in cosmetica, veicolati però con basi aventi caratteristiche cosmetiche, rappresentano sicuramente una delle nuove frontiere della moderna Tricologia.