Attualità di Galileo: per la scienza e la libertà di ricerca
Transcript
Attualità di Galileo: per la scienza e la libertà di ricerca
Master in COMUNICAZIONE DELLE SCIENZE Padova 29 gennaio 2015 Attualità di Galileo: per la scienza e la libertà di ricerca Giulio Peruzzi Dipartimento di Fisica e Astronomia Università di Padova [email protected] Copyright, 2016 © Giulio Peruzzi Se l’umanesimo fu, veramente, rinnovata fiducia nell’uomo e nelle sue possibilità, e comprensione della sua attività in ogni direzione, all’influenza umanistica è giusto rivendicare, come si è fatto, anche il nuovo metodo d’indagine scientifica, la rinnovata visione del mondo, il nuovo moto verso le cose per dominarle e usarle. La cultura italiana dal ‘400 al ‘500 vide, pur in mezzo a tante oscillazioni e a tanti contrasti, la convergenza di una piena formazione umana, compiuta attraverso gli studia humanitatis, e di una libera e fattiva espansione nel mondo. [E. Garin, L’umanesimo italiano, Laterza, Bari 1952, pp. 252] Conoscere - Osservare - Sperimentare Uno dei caratteri peculiari della rivoluzione scientifica del Seicento è la saldatura tra scienza e tecnica che segnerà in seguito l’intero sviluppo della conoscenza scientifica occidentale. Sia Platone sia Aristotele avevano disprezzato l’arte meccanica e il lavoro manuale, e l’assimilazione dell’opposizione tra schiavi e liberi a quella tra tecnica e scienza - tra conoscenza rivolta alla pratica e all’uso e conoscenza rivolta alla contemplazione della verità - era andata consolidandosi nei secoli. Le sette arti liberali (del trivio: grammatica, retorica e dialettica; e del quadrivio: aritmetica, geometria, musica e astronomia) erano appunto proprie degli uomini liberi, mentre quelle meccaniche e manuali erano proprie dei non liberi o degli schiavi. Un primo significativo cambiamento si ha nell’Italia del XV secolo dall’incontro tra artisti e scienziati. L’artista riceveva all’epoca una formazione polivalente che iniziava nella bottega di un maestro dove apprendeva, prima di specializzarsi, non solo la pittura e la scultura, ma anche l’architettura e l’oreficeria. In una sola persona, spesso, si sovrapponevano all’artista propriamente detto, l’architetto, l’urbanista, l’esperto di fortificazioni e di balistica. Tra i nomi di questi versatili artisti-tecnici: Brunelleschi, Verrocchio, Mantegna, Leonardo da Vinci, Dürer. Argano centrale del cantiere brunelleschiano per la cupola del Duomo di Firenze, a tre velocità e inversione di rotazione per lavorare a ciclo continuo (disegno di Leonardo, Codice Atlantico, 1420ca. - Da St.Sc.Treccani, IV, p.949) Terracotta invetriata di Andrea Della Robbia - collocati nel 1487 - per la decorazione del Loggiato dello Spedale degli Innocenti, costruito su progetto di Brunelleschi Questo favorì progressivi contatti tra artisti e studiosi, tra i quali Paolo dal Pozzo Toscanelli, Luca Pacioli, Cardano, Tartaglia, Regiomontano, che ne utilizzarono spesso l’opera. E non dimentichiamo che Leon Battista Alberti nel De Pictura dette per iscritto veste teorica alla pratica prospettica del Brunelleschi che influì fortemente sull’opera di Masaccio, né dimentichiamo che Piero della Francesca nel suo De prospectiva pingendi fornì ampio materiale a Pacioli per il suo De divina proporzione. Fra’ Luca Pacioli che dimostra il primo teorema di Euclide assieme al suo protettore Guidobaldo da Montefeltro duca di Urbino. Di fronte a loro un « rombicuboottaedro » mezzo riempito d’acqua. Dipinto di Jacopo de’ Barbari (1495ca.) Vettore Carpaccio, Visione di Sant’Agostino, Venezia, Scuola di San Giorgio degli Schiavoni, Da questi contatti nasce lentamente una nuova immagine dello scienziato e una progressiva rivalutazione della tecnica e dei suoi prodotti visti come funzionali al progresso della conoscenza. Queste esperienze seminali del Quattrocento sono in parte alla base della rivalutazione cinquecentesca delle arti meccaniche e della difesa sempre più decisa della loro dignità nell’ambito della cultura. Solo alla luce di questa faticosa riaffermazione delle arti meccaniche, acquista significato simbolico l’atteggiamento di Galilei, che nel 1609 punta verso il cielo il suo cannocchiale: la fiducia in uno strumento nato nelle botteghe artigiane, disprezzato dalla scienza, funzionale non a deformare ma a potenziare la vista, fonte di nuova conoscenza contro l’assolutezza del guardare “naturale” degli occhi umani. SALV. Largo campo di filosofare a gl’intelletti specolativi parmi che porga la frequente pratica del famoso arsenale di voi, Signori Veneziani, ed in particolare in quella parte che mecanica si domanda; atteso che quivi ogni sorte di strumento e di machina vien continuamente posta in opera da numero grande d’artefici, tra i quali, e per l’osservazioni fatte da i loro antecessori, e per quelle che di propria avvertenza vanno continuamente per sé stessi facendo, è forza che ve ne siano de i peritissimi e di finissimo discorso. SAGR. V.S. non s’inganna punto: ed io, come per natura curioso, frequento per mio diporto la visita di questo luogo e la pratica di questi che noi, per certa preminenza che tengono sopra ’l resto della maestranza, domandiamo proti; la conferenza de i quali mi ha più volte aiutato nell'investigazione della ragione di effetti non solo maravigliosi, ma reconditi ancora e quasi inopinabili. [G. Galilei, Discorsi e Dimostrazioni Matematiche intorno à due nuove scienze, 1638, Opere, vol. VIII, p. 49.] Una fisica per il copernicanesimo INDIZI E PROVE • De motu (1592) • Le Mecaniche (1598, appunti di un corso pubblicati nel 1634) Osservare, sperimentare, dimostrare matematicamente, ideare esperimenti mentali • Lettera a Paolo Sarpi (1604): la legge di caduta dei gravi Dal caso particolare (modello) del piano inclinato, Galileo sviluppa la teoria del moto uniformemente accelerato e del modto parabolico (dal modello alla teoria – insieme di modelli – del moto) Galileo misura il tempo necessario a percorrere distanze diverse, ottenendo che gli spazi percorsi sono proporzionali ai tempi al quadrato, il che equivale a dire che le distanze percorse dalla sfera in uguali intervalli di tempo stanno tra loro come i numeri impari ab unitate 1, 3, 5, 7, ecc. Infatti, supponiamo che il primo tratto percorso nel primo intervallo sia pari a un’unità di lunghezza, la legge enunciata da Galileo dice che le distanze percorse dall’inizio del moto saranno 12, 22, 32, 42, ecc. cioè 1, 4, 9, 16 ecc. Questo vuol dire che le distanze percorse in ciascun intervallo uguale di tempo saranno 1, 4 – 1 = 3, 9 – 4 = 5, 16 – 9 = 7, ecc. È una chiara indicazione che la velocità cresce man mano che la sfera scende sul piano: infatti nel secondo intervallo di tempo (uguale al primo) è stato percorso un tratto triplo, nel terzo (uguale al primo) quintuplo ecc. Galileo ha fatto gli esperimenti per determinare le leggi del moto? (il foglio 116v, Ms 72 c.1608 ) INDIZI E PROVE • De motu (1592) • Le Mecaniche (1598, appunti di un corso pubblicati nel 1634) Osservare, Sperimentare, dimostrare matematicamente, ideare esperimenti mentali • Lettera a Paolo Sarpi (1604): la legge di caduta dei gravi • Dialogo de Cecco Ronchitti da Bruzene in Perpuosito de la Stella Nova (1605; col benedettino Girolamo Spinelli) [Cf. Antonio Favaro, Emilio Lovarini (1927), Luigi Gaudenzio (1966), Marisa Milani (1988-94)] [Le Scienze, n.434, ottobre 2004, pp. 68-79] - Galilei si esprime per la prima volta per iscritto a favore del Copernicanesimo - Un’unica fisica terrestre/celeste - Centralità della ricerca di una fisica per il copernicanesimo - La consapevolezza della necessità di riflettere in modo approfondito sul metodo per sviluppare la scienza nova Sidereus Nuncius Galileo, Sidereus Nuncius, stampato a Venezia nel marzo del 1610 e dedicato a Cosimo II de’ Medici, esercitò sulla cultura scientifica del Seicento una profonda influenza. Esso conteneva tre fondamentali insiemi di scoperte. • Il primo riguardava la superficie della Luna. (Uso dell’analogia con la relazione luce-ombra di corpi terrestri) Daniele Barbaro - Pratica della prospettiva (1568) Lorenzo Sirigatti - Pratica di prospettiva (1596) • Il secondo fatto del Sidereus: costellazioni note non erano rappresentate dalle consuete figure, ma popolate da miriadi di stelle. E analoghe conclusioni riguardavano la “Via Lattea”. Orione Le Pleiadi Ma “il più importante” fatto del libro era costituito da ciò che Galileo aveva osservato, giorno dopo giorno, attorno a Giove (a partire dal 7 gennaio 1610). “Stabilii dunque e conclusi fuor di ogni dubbio che in cielo v’erano stelle vaganti attorno a Giove, come Venere e Mercurio attorno al Sole”. La sorprendente precisione delle misure di Galileo è ben esemplificata dalla seguente tabella: Satellite I II III IV Galileo (1612) 1 giorno e 18,5 ore 3 giorni e 13,3 ore 7 giorni e 4 ore 16 giorni e circa 18 ore Encyclopaedia Brit. (1910) 1 giorno e 18,48 ore 3 giorni e 13,5 ore 7 giorni e 4 ore 16 giorni e circa 18 ore Relatività galileiana [Esperimenti mentali, metafora] 1624 e 1632 [Opere, VI, 547-49 (lettera a Francesco Ingoli) e Opere, VII, pp. 212-13 (Dialogo sui massimi sistemi)] Rinserratevi con qualche amico nella maggior stanza che sia sotto coverta di alcun gran navilio, e quivi fate d’aver mosche, farfalle e simili animaletti volanti; siavi anco un gran vaso d’acqua, e dentrovi de’ pescetti; sospendasi anco in alto qualche secchiello, che a goccia a goccia vadia versando dell’acqua in un altro vaso di angusta bocca, che sia posto a basso: e stando ferma la nave, osservate diligentemente come quelli animaletti volanti con pari velocità vanno verso tutte le parti della stanza; i pesci si vedranno andar notando indifferentemente per tutti i versi; le stille cadenti entreranno tutte nel vaso sottopposto; e voi, gettando all’amico alcuna cosa, non più gagliardamente la dovrete gettare verso quella parte che verso questa, quando le lontananze sieno uguali; e saltando voi, come si dice,a piè giunti, eguali spazii passerete verso tutte le parti. Osservate che avrete diligentemente tutte queste cose, benché niun dubbio ci sia che mentre il vassello sta fermo non debbano succedere così, fate muover la nave con quanta si voglia velocità; ché (pur che il moto sia uniforme e non fluttuante in qua e in là) voi non riconoscerete una minima mutazione in tutti li nominati effetti, né da alcuno di quelli potrete comprender se la nave cammina o pure sta ferma: voi saltando passerete nel tavolato i medesimi spazi che prima, né, perché la nave si muova velocissimamente, farete maggior salti verso poppa che verso prua, benché nel tempo che voi state in aria, il tavolato sottopostovi scorra verso la parte contraria al vostro salto; e gettando alcuna cosa al compagno, non con più forza bisognerà tirarla, per arrivarlo, se egli sarà verso prua e voi verso poppa, che se voi fuste situati per l’opposito; le gocciole cadranno come prima nel vaso inferiore, senza caderne pur una verso poppa, benché, mentre la gocciola è per aria, la nave scorra molti palmi; i pesci nella loro acqua non con più fatica noteranno verso la precedente che verso la sussequente parte del vaso, ma con pari agevolezza verranno al cibo posto su qualsivoglia luogo dell’orlo del vaso; e finalmente le farfalle e le mosche continueranno i lor voli indifferentemente verso tutte le parti, né mai accaderà che si riduchino verso la parete che riguarda la poppa, quasi che fussero stracche in tener dietro al veloce corso della nave, dalla quale per lungo tempo, trattenendosi per aria, saranno state separate; e se abbruciando alcuna lagrima d’incenso si farà un poco di fumo, vedrassi ascender in alto ed a guisa di nugoletta trattenervisi, e indifferentemente muoversi non più verso questa che quella parte. E di tutta questa corrispondenza d’effetti ne è cagione l’esser il moto della nave comune a tutte le cose contenute in essa ed all’aria ancora, che per ciò dissi io che si stesse sotto coverta. Due aspetti giocano un diverso ruolo nella legge di gravitazione universale e nei suoi successivi sviluppi: l’andamento della forza come il reciproco della seconda potenza della distanza e quello che oggi viene chiamato il “principio di equivalenza di Galilei” (o “principio di equivalenza debole”). [estrapolazione] (Principio di equivalenza di Galilei)Veduto come la differenza di velocità, ne i mobili di gravità diverse, si trova essere sommamente maggiore ne i mezzi più e più resistenti [...] dove che tra palle d’oro, di piombo, di rame, di porfido, o di altre materie gravi, quasi del tutto insensibile sarà la disegualità del moto per aria, ché sicuramente una palla d’oro nel fine della scesa di cento braccia non preverrà una di rame di quattro dita; veduto, dico, questo, cascai in opinione che se si levasse totalmente la resistenza del mezzo, tutte le materie descenderebbero con eguali velocità. Galileo Galilei, Discorsi intorno a due nuove scienze, in Opere, a cura di F. Brunetti, Utet, Torino 1963, Vol. II, p. 644. SALVIATI. Io non ho detto che la Terra non abbia principio né esterno né interno al moto circolare, ma dico che non so qual de’ dua ella si abbia; ed il mio non lo sapere non ha forza di levarglielo. Ma se questo autore sa da che principio sieno mossi in giro altri corpi mondani, che sicuramente si muovono, dico che quello che fa muover la Terra è una cosa simile a quella per la quale si muove Marte, Giove, e che e’ crede che si muova anco la sfera stellata; e se egli mi assicurerà chi sia il movente di uno di questi mobili, io mi obbligo a sapergli dire chi fa muover la Terra. Ma più, io voglio far l’istesso s’ei mi sa insegnare chi muova le parti della Terra in giù. SIMPLICIO. La causa di questo effetto è notissima, e ciaschedun sa che è la gravità. SALVIATI. Voi errate, signor Simplicio; voi dovevi dire che ciaschedun sa ch’ella si chiama gravità. Ma io non vi domando del nome, ma dell’essenza della cosa: della cui essenza voi non sapete punto più di quello che voi sappiate dell’essenza del movente le stelle in giro, eccettuatone il nome, che a questa è stato posto e fatto familiare e domestico per la frequente esperienza che mille volte il giorno ne veggiamo; ma non è che realmente noi intendiamo più, che principio o che virtù sia quella che muove la pietra in giù, di quel che noi sappiamo chi la muova in su, separata dal proiciente, o chi muova la Luna in giro, eccettoché (come ho detto) il nome, che più singulare e proprio gli abbiamo assegnato di gravità, doveché a quello con termine più generico assegnamo virtù impressa, a quello diamo intelligenza, o assistente, o informante, e a infiniti altri moti diamo loro per cagione la natura. [Galileo Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo Tolemaico e Copernicano, Einaudi, Torino 1970, pp. 284-286] IL METODO DELLA SCIENZA NOVA E IL SUO NUOVO STATUTO EPISTEMOLOGICO Copisaldi della scienza nuova • Libertà e assenza di auctoritas - educazione al senso critico Or qui, prima ch’io passi più oltre, vi dico che, nelle cose naturali, l’autorità d’uomini non val nulla; ma voi, come legista, mostrate farne gran capitale: ma la natura, Signor mio, si burla delle costituzioni e decreti de i principi, degl’imperatori e de i monarchi, a richiesta de i quali ella non muterebbe un iota delle leggi e statuti suoi. Aristotele fu un uomo, vedde con gli occhi, ascoltò con gli orecchi, discorse col cervello. Io son uomo, veggo con gli occhi, e assai più che non vedde lui: quanto al discorrere, credo che discorresse intorno a più cose di me; ma se più o meglio di me, intorno a quelle che abbiamo discorso ambedue, lo mostreranno le nostre ragioni, e non le nostre autorità. [Galileo Galilei, Lettera a Francesco Ingoli in risposta alla Disputatio de situ et quiete Terrae, (1624) in Le Opere, Vol. VI, p. 538. • Metafora del sapere dei moderni è l’esplorazione di nuovi continenti, mentre il sapere dei medievali è l’approfondimento dei problemi sulla base di regole codificate “in libris”. E qual cosa è più vergognosa che il sentir nelle pubbliche dispute, mentre si tratta di conclusioni dimostrabili, uscir un di traverso con un testo, e bene scritto in ogni altro proposito, e con esso serrar la bocca all’avversario? Ma quando pure voi vogliate continuare in questo modo di studiare, deponete il nome di filosofi, e chiamatevi istorici o dottori di memoria; ché non conviene che quelli che non filosofano mai, si usurpino l’onorato titolo di filosofi… Signor Simplicio, venite pure con le ragioni e con le dimostrazioni, vostre o di Aristotile, e non con testi e nude autorità, perché i discorsi nostri hanno a essere intorno al mondo sensibile, e non sopra un mondo di carta. [Galileo Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo] La filosofia naturale, pur essendo in un primo tempo la sola esercitata dai medici […], cominciò in seguito a decadere miseramente quando i medici, abbandonando ad altri la chirurgia, perdettero la conoscenza dell’anatomia. […] Costoro [i medici] in verità, come fanno le cornacchie, affidano la sezione del corpo cui mai si sono accostati, ma che solamente imparano a memoria dai libri degli altri o pongono sotto agli occhi copiate, gracchiando dall’alto della cattedra con rara presunzione: gli altri [i barbieri], essendo inesperti a tal punto nel parlare, non possono spiegare le dissezioni agli spettatori e rovinano ciò che è da mostrare seguendo l’ordine del medico teorico, il quale avendo la mano per niente abituata alla dissezione del corpo, recita la parte del gran marinaio, contento del suo libro, non senza aggrottar di ciglia. [A. Vesalio, De humani corporis fabrica, 1543] Copisaldi della scienza nuova • Libertà e assenza di auctoritas - educazione al senso critico (lettera a Ingoli e polemica con i “filosofi in libris”) • Comunicazione e libera circolazione delle idee • Intersoggettività come forma di oggettività • Rapporto con l’esperienza: non c’è spazio - almeno sul lungo periodo - per “imposture intellettuali” [Sokal e Bricmont in Social Text vs. Jacques Lacan, Julia Kristeva, Luce Irigaray, Bruno Latour, Jean Baudrillard, Gilles Deleuze, Félix Guattari] 1) Ci sono date le E (esperienze immediate). 2) A sono gli assiomi, dai quali traiamo conclusioni. Dal punto di vista psicologico gli A poggiano sulle E. Ma non esiste alcun percorso logico che dalle E conduca agli A; c'è solamente una connessione intuitiva (psicologica) e sempre “sino a nuovo ordine”. 3) Dagli A si ricavano, con procedimento deduttivo, enunciati particolari S che possono pretendere di essere veri. 4) Gli S sono messi in relazione con le E (verifica per mezzo dell'esperienza). Questa procedura, a ben vedere, appartiene essa stessa alla sfera extralogica (intuitiva), non essendo di natura logica la relazione tra i concetti che intervengono negli enunciati e le esperienze immediate. Questa relazione tra gli S e le E è tuttavia (pragmaticamente) molto meno incerta di quella che sussiste tra gli A e le E (ad esempio, tra il concetto di cane e le corrispondenti esperienze immediate). Se una tale corrispondenza, pur restando inaccessibile alla logica, non potesse essere stabilita con un elevato grado di certezza, tutto l'armamentario logico non avrebbe alcun valore ai fini della “comprensione della realtà” (esempio, la teologia). L'aspetto essenziale è qui il legame, eternamente problematico, fra il mondo delle idee e ciò che può essere sperimentato (l'esperienza sensibile). Copisaldi della scienza nuova • Libertà e assenza di auctoritas - educazione al senso critico (lettera a Ingoli e polemica con i “filosofi in libris”) • Comunicazione e libera circolazione delle idee • Intersoggettività come forma di oggettività • Rapporto con l’esperienza: non c’è spazio - almeno sul lungo periodo - per “Imposture intellettuali” (Sokal e Bricmont in Social Text vs. Jacques Lacan, Julia Kristeva, Luce Irigaray, Bruno Latour, Jean Baudrillard, Gilles Deleuze, Félix Guattari) • Non c’è distinzione tra naturale e artificiale • La natura è matrigna, indifferente • La natura dei moderni è diversa da quella dei medievali: in essa non si dà distinzione di essenza tra corpi naturali e corpi artificiali. • La natura dei moderni viene interrogata in condizioni “artificiali”: infatti l’esperienza degli aristotelici è tratta dal mondo della quotidianità, quella dei moderni invece deriva dagli esperimenti “artificialmente” costruiti. Sulle cose naturali - scrive Gassendi, (ma anche Bacone e Cartesio) - indaghiamo allo stesso modo con cui indaghiamo sulle cose delle quali siamo noi stessi gli autori. Nelle cose della natura in cui ciò è possibile, facciamo uso dell’anatomia, della chimica e di aiuti di ogni genere in modo da capire, risolvendo per quanto possibile i corpi e come scomponendoli, di quali elementi e secondo quali criteri essi sono composti. Da qui il criterio del CONOSCERE COME FARE o dell’identità tra CONOSCERE E COSTRUIRE. La formalizzazione • Scienze formalizzate e scienze solo parzialmente formalizzate: stadi di maturazione di un settore scientifico. La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto dinanzi agli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente la parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto. Galileo Galilei, Il Saggiatore, 1623 [Edizioni Teknos, Roma 1994, p. 36] • La conoscenza scientifica è programmaticamente incompleta Estrema temerità mi è parsa sempre quella di coloro che vogliono far la capacità umana misura di quanto possa e sappia operar la natura, dove che, all’incontro, e’ non è effetto alcuno in natura, per minimo che e’ sia, all’intera cognizion del quale possano arrivare i più specolativi ingegni. [Galileo Galilei, Dialogo, Einaudi, Torino 1970, p. 125.] Ma allora: come agire affinché la coppia natura matrigna scienza programmaticamente incompleta non generi il consenso popolare su descrizioni sostanzialmente inquietanti del rapporto tra gli esseri umani, le indifferenti cose del mondo esterno e gli sviluppi tecnologici più imprevedibili? Dando spazio agli insegnamenti che da Galilei in poi rivendicano a gran voce il primato della ragione, la pazienza e la tenacia della ricerca “da bancone”, l’importanza di tenere vivo lo spirito critico, il dialogo aperto e tollerante, il senso di responsabilità dell’uomo che solo può basarsi sulla conoscenza e sulla cultura, la solidarietà leopardiana del genere umano tutto. Tutti appelli che trovano orecchie pronte ovunque fuorché nello “stupidissimo e stolidissimo volgo” e nella folla accademica dei “filosofi in libris”. Nuovi strumenti e il congiungimento delle “sensate esperienze” con le “certe dimostrazioni” sono all’origine dell’esplorazione di nuovi “continenti”. • Il cannocchiale (ca. 1608) • Il microscopio (ca. 1610) • Il barometro (Torricelli 1644, Gasparo Berti 1639<?<1644) Gli strumenti scientifici presenti nel mondo antico e medievale (bilancia, compasso, astrolabio, primi orologi meccanici, ecc.) erano il risultato di un lento processo di perfezionamento. Con gli inizi del Seicento si assiste a un’improvvisa fase di invenzione che nel giro di un secolo cambia profondamente l’immagine della scienza e il suo rapporto con la società. Si afferma l’importanza sociale della scienza e degli scienziati: i fini della scienza sono informati al progresso e al rinnovamento delle condizioni di vita dell’umanità. È necessaria una collaborazione tra ricercatori, non casuale, ma pianificata, organizzata, istituzionalizzata (esperimenti in concerto). Si rifiuta di pensare al mondo come immagine vivente di Dio: non ci sono corrispondenze segrete tra uomo e natura, l’universo non è luogo di simboli corrispondenti ad archetipi divini, l’impresa scientifica non si configura come un’esperienza mistica non comunicabile. Non il sapiente-sacerdote, né il genio del singolo sono paradigmatici della figura dello scienziato: ma la comunicazione e il lavoro di un gruppo nel quale conta la divisione del lavoro, il coordinamento e l’interrelazione. Soffermiamoci sui fondamentali passi che portano dalla rivoluzione scientifica alla rivoluzione elettronica (cronologia degli sviluppi paralleli di elettricità e pneumatica): ! 1600, De magnete di Gilbert ! 1644, la scoperta di Torricelli ! 1654, Otto von Guericke inventa la prima pompa pneumatica, sviluppata in seguito (1659) da Boyle e Hooke, e da Hauksbee (1703) ! Inizio dello studio dei “bagliori” nel vuoto (1676, Jean Picard; 1700, Johann Bernoulli, dal 1703, Hauksbee) ! Prime proprietà dell’elettricità (Stephen Gray, 1729) e scoperta di due tipi di carica elettrica (Charles Dufay, 1733) !La bottiglia di Leida, 1745 (von Kleist e Peter van Musschenbroek) ! Prime leggi dell’elettrostatica e della magnetostatica (Cavendish e Coulomb, dal 1771 al 1889) Eötvös (1889; 1922) Coulomb (1777; 1784-85) Bilancia di torsione per verificare l’esistenza di dimensioni aggiuntive alle 3 spaziali ordinarie [Hoyle et al, Phys. Rev. Lett., 86 (2001) 1418-21] ! La pila di Volta (1800) e le esperienze di Ørsted (1820) e Ampère (1820): dalle ricerche nell’elettrostatica all’elettrodinamica. Pila a truogoli di Volta Pila a colonna di Volta ! L’induzione elettromagnetica, Faraday, 1831 ! Generatori a induzione (dal 1832, Antoine Pixii) e bobine a induzione (dagli anni 1830, perfezionati da Ruhmkorff negli anni 1850) Rocchetto di Rumkhorff - firmato “Rumkhorff à Paris’’ !Tubi di Geissler, 1857 Tubo Geissler Tubi di Crookes con ruota a palette Tubi di Plücker Tubo a raggi X Tubo di Goldstein raggi canale ! Le leggi del campo elettromagnetico, Clerk Maxwell, 1864 Interferometro di Michelson (1881; Michelson-Morley 1887) LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) e VIRGO, LISA … ! La scoperta dei raggi X (1895), della radioattività (1896) e dell’elettrone (1897) Sono queste ultime scoperte che danno il via agli sviluppi della fisica del XX secolo (Relatività e Meccanica Quantistica) e alla rivoluzione elettronica. Dalle osservazioni di Jean Picard sono passati circa due secoli e mezzo. Tirando le fila… Lo stretto nesso tra invenzione di nuovi strumenti e scoperte scientifiche è connotativo della scienza moderna. Viene prima lo strumento o la scoperta scientifica? 1. Esistono strumenti (come la bilancia di torsione o l’interferometro) che si basano su teorie scientifiche già esistenti. 2. Esistono strumenti (il cannocchiale, il barometro, i tubi a raggi catodici, la pila di Volta) che inaugurano nuove teorie scientifiche. Esiste uno scarto tra intenzionalità dell’inventore e applicazioni degli strumenti scientifici, uno scarto che ha fatto pensare a più di uno studioso (Cavalli Sforza*, Joel Mokyr**) che si possa applicare al processo di invenzione, e al complementare processo di innovazione tecnologica (le cosiddette “microinvenzioni’’), il paradigma evolutivo darwiniano. *L.L. Cavalli-Sforza, M.W. Feldman, Cultural Transmission and Evolution: a Quantitative Approach, Princeton University Press, Princeton 1981. **J. Mokyr, The Lever of Riches. Technological Creativity and Economic Progress, Oxford University Press, New York 1990. Note bibliografiche G. Peruzzi, S. Talas, Bagliori nel vuoto. Dall’Uovo elettrico ai raggi X: un percorso tra elettricità e pneumatica dal Seicento a oggi, Catalogo del Museo di Storia della Fisica di Padova, Vol. 1, Canova, Treviso 2004. G. Peruzzi, S. Talas, Il futuro di Galileo, Skira, Milano 2009 G. Peruzzi, Vortici e colori, Dedalo, Bari 2010