`La legislazione marocchina sull`infanzia`

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`La legislazione marocchina sull`infanzia`
La legislazione marocchina sull’infanzia
La legislazione marocchina sull’infanzia
La legislazione marocchina sull’infanzia si inserisce nel più ampio quadro della
normativa nazionale , costituendone parte integrante sia sotto il profilo religioso,
storico, sociale, politico ed economico. Pertanto si ritiene opportuno fare un’analisi
di contesto, propedeutica alla trattazione della legislazione sull’infanzia, per meglio
comprendere le problematiche direttamente ed indirettamente connesse a tale
settore.
Qui di seguito verranno trattate differenti rubriche relative al bambino: l’abbandono,
la strada, la migrazione, il lavoro, lo sfruttamento sessuale, la violenza e l’struzione
che costituiscono il riflesso della condizione di estrema povertà in cui vivono questi
minori.
Contesto religioso
Non si puo’ parlare di legislazione senza comprendere la relazione che lega il
sistema giuridico all'esperienza religiosa e alla vita quotidiana del credente
musulmano, alla sua vita sociale e religiosa, al suo comportamento etico e morale.
Così l'islam, fin dal suo nascere, ha elaborato un insieme di norme che regolano la
vita della comunità musulmana.
Il diritto musulmano è, in realtà, un insieme molto vasto di regole giuridiche che è
stato elaborato, nei primi tre secoli dell'Egira, a partire dagli Hadiths (norme ispirate
alle raccomandazioni e comportamenti attribuiti al profeta Maometto) e che
costituiscono la Sunna. Queste regole dettate dal Corano, sono state accolte come
"legge positiva di origine divina" secondo la definizione che ne dà la filosofia politica
dell'islam! Così la Legge divina (shar' = via, sentiero; legge coranica) si concretizza
in una Sharî'a (legge islamica) che, in quanto di origine divina, si estende a tutti i
campi della vita umana, privata e
sociale, politica ed economica, oltre,
evidentemente, a quella religiosa e spirituale. Poiché "tutto è già contenuto nel
Corano", la risposta giuridica ad ogni problematica nuova deve essere ricercata e
trovata in esso e nella Tradizione islamica.
Inoltre la legge islamica ha anche una "funzione dissuasiva": il codice penale della
Sharî'a è "pedagogia in vista del bene". Così le pene, molte delle quali non sono
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contemplate nel Corano ma provengono da tradizioni più tardive (come la
lapidazione delle adultere e il taglio della mano ai ladri), hanno un "valore
dissuasivo",
come
amano
precisare
ancora
oggi
i
giuristi
musulmani.
Nel III secolo dell'Egira il diritto musulmano si è cristallizzato e le porte del ljtihad (lo
sforzo d'interpretazionecreativa) si sono chiuse.
Pertanto l’ immutabilità del fikh, cioè dei principi della dottrina giuridica musulmana,
ha evidentemente impedito ai giuristi e ai legislatori di adattare il diritto alle
circostanze dei nuovi tempi.
Bisognerà attendere l'inizio dell'ultimo secolo perchè si levino voci autorizzate a
chiedere una riforma profonda della legislazione. Le esigenze dell'urbanizzazione,
dell'industrializzazione e dello scambio internazionale hanno portato, dal canto loro,
all'adozione di legislazioni moderne in materia costituzionale, amministrativa,
giudiziaria, commerciale e penale. Tuttavia nonostante gli sforzi per giungere ad
un’interpretazione moderna, l'slam si urta contro lo scoglio del suo difficile rapporto
col mondo odierno, soprattutto con riguardo ai Diritti Umani, una delle realtà più
importanti, più attuali e più ineludibili del nostro tempo. Tuttavia, secondo una
tendenza liberale che raggruppa la maggioranza dei pensatori musulmani, nel suo
contesto storico, La Shsri'a pur organizzando tutta la vita individuale e collettiva,
definendo il culto, i riti, gli articoli di fede, le leggi che regolano le azioni umane, il
matrimonio, l'esercizio del commercio,il codice penale, i codici di procedura, il modo
di governare... è suscettibile di innovazioni, quale appunto è l'adozione dei Diritti
umani, compresi quelli che possono contraddirla.
Va comunque sottolineato che l'accoglienza dell'insieme dei Diritti Umani per l'islam
è ancora un problema aperto. Infatti, la stessa "Dichiarazione Universale dei Diritti
dell'Uomo nell'Islam", (DUDUI) resa pubblica a Parigi nella sede dell'UNESCO nel
1981 per iniziativa del Consiglio Islamico per l'Europa, pur accettando la maggior
parte dei Diritti, quali sono espressi nella Dichiarazione del 1948, precisa che tutti i
più importanti diritti umani sono però strettamente subordinati alle disposizioni della
Shari'a che diventa quindi, in ultima analisi, la sola fonte di discernimento. Oggi,
pero’, l'Islam si trova davanti ad un mondo moderno che si è imposto ad esso: é il
mondo della scienza e della tecnica che fa passi da gigante nelle comunicazioni,
nell'informatica, nella globalizzazione economica. I musulmani non rifiutano di
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entrarvi, ma nello stesso tempo hanno la preoccupazione di non perdere la propria
identità e la propria fede. Questo li porta a rifugiarsi nel Corano e nella Sunna fino a
rendere problematica anche l'accoglienza dei Diritti Umani. Dal 1992, il principio dei
diritti dell'uomo universalmente conosciuti è entrato nella costituzione marocchina, il
che impone un’ integrazione delle disposizioni internazionali all'interno del suo
sistema giuridico. Abbiamo dunque oggi un doppio riferimento: da un lato, la
dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e, dall'altro, l'islam, religione di Stato. Il
re Mohammed VI possiede un potere temporale e politico, ma ha anche una carica
religiosa, poiché è il “Comandante dei credenti’’. Questa riforma si iscrive dunque
nell'evoluzione del paese, ma è anche una rivoluzione sociale!
L’islam e i diritti del minore
La Legge islamica pur sembrando contraria a molti principi iscritti nella convenzione
sui diritti dei bambini non è oggi immune
da deroghe che il Legislatore attua,
cercando altrove, altri mezzi di tutela per riempire il divario tra il codice di statuto
personale e la convenzione Internazionale. . Ad esempio l’ islam, nega il diritto
successorio ai bambini naturali o illegittimi ed in questo è preciso ed assoluto,
tuttavia non è escluso che un padre faccia eredità ad un bambino naturale. Un certo
numero di misure sono state così adottate che ammortizzano l'impatto del diritto
islamico classico con i Diritti Umani internazionalmente riconosciuti. Non ci sono
procedure legali che coprono specialmente il caso di figli vittime di atti di violenza,
ma i giudici possono ordinare qualsiasi misura di protezione che considerano
adeguata a tutelare il minore.
Si possono ancora portare miglioramenti a questo proposito per fare in modo che i
bambini maltrattati o vittime di violenza possano testimoniare più facilmente,
promuovendo maggiormente il ricorso alla giustizia e facendo il necessario nel
settore della prevenzione.
Contesto politico e sociale
Il Marocco è una monarchia costituzionale con un parlamento e un sistema giuridico
pluralista, nel senso che, accanto alla legge coranica che regola i rapporti di famiglia
- separazioni, matrimoni, eredità- viene applicata anche la legge moderna
occidentale che riguarda la tutela dei diritti dell'uomo. Il Paese ha un'economia
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debole, ed è questo il suo vero problema. Il Marocco fa parte dei paesi in via di
sviluppo: ha un reddito medio pro-capite molto basso e un marocchino in media
prende 100, 150 euro al mese.
Il Paese ha un debito eccessivo con l'estero e questa crisi lo ha costretto ad
applicare una politica di aggiustamenti strutturali che si è rivelata molto pesante per
le fasce più deboli, quelle che vivono già alla soglia della povertà. Quest’ultima ha
portato anche all'aumento della disoccupazione, fenomeno preoccupante perché
riguarda soprattutto la fascia giovane, cioè sotto i trent'anni e costituisce la
condizione che alimenta l'emigrazione, soprattutto quella clandestina.
Infatti il
problema della povertà, l’esodo rurale, sommato ad un’urbanizzazione
anarchica, il forte indebitamento e la diminuzione degli investimenti del governo in
ambito sociale sono i diversi fattori del deficit in materia di diritti dei bambini.
Del resto, anche il sistema giuridico presenta delle lacune che hanno un’influenza
molto negativa sulla realtà dei giovani.
Lo Stato marocchino sta sviluppando diversi progetti sui diritti dell’infanzia: il
Programma per la gestione integrata delle malattie infantili, il tentativo di estendere
la scolarizzazione, una strategia di lotta contro il lavoro minorile, il Programma per la
lotta contro la violenza sui bambini.
In questi anni sono nate anche molte organizzazioni come l’Osservatorio marocchino
dei diritti dell’infanzia e la Fondazione Mohammed VI. Tuttavia spesso questi piani di
interveto sono elaborati su sollecitazione degli organismi internazionali e servono
solo a diffondere un’immagine di "buona volontà" del governo.
Manca
infatti
un’effettiva coordinazione dei diversi programmi e malgrado la
presenza di risorse finanziarie, umane e materiali disponibili, seguono pochi risultati
concreti. Tale contraddizione che caratterizza questo Paese si estende anche sul
piano sociale nel senso che c'è la legge « coranica » e c'è l'usanza, la legge ad
esempio proibisce di bere o di andare in discoteca ma poi la punizione è a
discrezione del poliziotto che si incontra e questo genera e perpetua un certo senso
di incertezza.
Ora, più di quanto sia mai avvenuto in passato, questa situazione sta inducendo le
forze politiche, economiche e sociali a cercare delle alternative e a riconsiderare le
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loro strategie di sviluppo nel tentativo di promuovere l’equità e la giustizia
sociale.Tuttavia nonostante le buone intenzioni, vi sono ancora migliaia di bambini
abbandonati vittime innocenti di questo stato sociale, che vivono in condizioni
spaventose. La tragedia è che ci sarebbero molte soluzioni “a costo zero” capaci di
interrompere questa sofferenza, ma non vengono messe in pratica.
Il Marocco oggi
Il Marocco sta attraversando una fase storica caratterizzata da una « révolution
tranquille » segnata essenzialmente dalla ridefinizione della cittadinanza, del ruolo
del cittadino nel processo di sviluppo e della sua partecipazione allo sforzo di
costruzione nazionale nella libertà e democrazia. Infatti con la riforma del sistema
giuridico che delinea lo status di cittadinanza ( leggi relative allo status , allo statuto
personale, alla stampa e all'informazione, alla nazionalità, alla partecipazione alla
vita pubblica ecc.), vengono introdotti per la prima volta due concetti che fanno parte
delle nuove definizioni internazionali dei diritti della persona: i diritti civici ed i diritti
socioeconomici.
Nonostante le suddette riforme, il Marocco necessita tuttavia di azioni di sviluppo su
tutti i fronti: dalla fornitura di servizi sociali di base alla creazione di possibilità
d'occupazione; dall'accesso al microcredito alla realizzazione d'investimenti per lo
sviluppo; dalla riduzione del debito pubblico all'instaurazione di pratiche commerciali
eque. La povertà cronica rimane l'ostacolo principale alla soddisfazione delle
necessità ed alla protezione ed alla promozione dei diritti dei bambini. Quest’ultimi
sono particolarmente toccati dalla povertà, poiché questa colpisce le basi
indispensabili al loro sviluppo - la crescita del loro corpo e l'espansione del loro
spirito. La soppressione della povertà dei bambini e la riduzione delle disparità
devono dunque essere obiettivi decisivi degli sforzi di sviluppo che attraverso una
strategia nazionale in coerenza con gli obiettivi e le strategie adottate in occasione
delle grandi conferenze delle Nazioni Unite, in particolare in occasione del vertice del
millennio, possano arrivare alla realizzazione ed alla tutela dei diritti ed alla
promozione del benessere dei bambini. In questo senso il Marocco ha organizzato in
questi ultimi anni una strategia sociale imperniata sulla lotta contro la povertà.
Sul piano istituzionale oltre alla mutua assistenza nazionale, altre istituzioni sono
state create:
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•
La fondazione Mohammed V per la solidarietà;
•
Il fondo Hassan egli per lo sviluppo economico e sociale;
•
L'agenzia di sviluppo sociale;
•
L'agenzia di sviluppo delle province del Nord;
•
L'agenzia di sviluppo delle province del Sud.
Queste istituzioni contribuiscono alla lotta contro la povertà e all'integrazione sociale
degli strati di popolazioni più diseredate. Parallelamente, altri sforzi sono stati posti in
essere nell’ambito rurale attraverso programmi nazionali, dispiegati su molti anni,
come il programma “BAJ che mira principalmente ad aumentare l'accesso dei più
svantaggiati al servizio sociale di base.
Nel dicembre 2000, le autorità marocchine hanno organizzato un programma di
supporto alle associazioni che operano nel settore dello sviluppo sociale. Nel
dicembre 2001, cioè un anno dopo la messa in atto di questo programma, sono state
concluse 236 convenzioni di partenariato con le associazioni locali.
Sempre nel quadro del processo dello sviluppo sociale, le spese pubbliche destinate
ai settori sociali hanno conosciuto un aumento: infatti, queste spese sono passate da
15 miliardi di DH nel 1990 a 25 miliardi di DH verso la fine dello stesso decennio con
un aumento annuale medio del 9%.
Quest'aumento di spese
ha permesso al
Marocco di registrare progressi apprezzabili, in particolare nella lotta contro la
povertà, nel settore dell'istruzione ed in quello della salute. In materia di salute, gli
sforzi intrapresi dai pubblici poteri durante quest'ultimi dieci anni e che riguardano i
bambini di meno di 5 anni si articolano attorno a 3 programmi:
•
programma nazionale d'immunizzazione
•
programma di lotta contro le malattie diarroiche
•
programma di lotta contro le malattie di carenza.
•
un altro programma che è stato sviluppato e che si rivolge non soltanto alla
classe d'età interessata dai tre programmi precedenti ma anche agli adolescenti
ed ai giovani, è il programma nazionale di lotta contro il VIH/SIDA.
Nel settore dell'istruzione, nonostante gli sforzi intrapresi in questi ultimi anni , il
problema della dispersione scolastica continua ad occupare un posto di rilievo. Un
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numero elevato di bambini lascia la scuola in un età che va dai 12 ai 15 anni e gli
abbandoni sono più frequenti nelle ragazze d'ambiente rurale.
Per rimediare a questa situazione è stato posto in essere un programma d'istruzione
destinato ai giovani non scolarizzati o descolarizzati che hanno un’età compresa tra
gli 8 ed i 16 anni, allo scopo di un loro inserimento o reinserimento nel ciclo di
formazione. La lotta contro l'analfabetismo rimane una priorità nazionale che
beneficia di una grande mobilizzazione e della sollecitudine del re Mohammed VI.
Sono state anche condotte in collaborazione con le ONGS grandi campagne di
sensibilizzazione a vantaggio dell'istruzione dei bambini
che si sono anche
concretizzate in diversi programmi d'alfabetizzazione.
In materia di sensibilizzazione e d'informazione sulla problematica del lavoro dei
bambini, le autorità marocchine, l'ONDA, le associazioni locali con l'appoggio ed il
sostegno dell'UNICEF hanno realizzato importanti azioni di cui in particolare:
•
Organizzazione di un seminario nazionale sulla protezione dell'infanzia
vulnerabile nel dicembre 1997.
•
Organizzazione di campagne di sensibilizzazione a livello regionale in particolare
a Rabat-Tanger-Fès e Casablanca.
•
Formazione e sensibilizzazione di 300 ispettori del lavoro e medici ispettori del
lavoro sulla CDE, sulle convenzioni internazionali del lavoro e sulla situazione
dei bambini al lavoro in generale.
•
Elaborazione e diffusione di manifesti relativi alla situazione dei bambini al
lavoro.
•
Organizzazione di campagne di sensibilizzazione e d'informazione condotte
dagli ispettori del lavoro ed dai medici ispettori del lavoro, durante le visite di
controllo.
•
Formazione dei giudici sulla convenzione dei diritti del bambino.
•
Istituzione di un numero verde al quale i bambini in emergenza,
possono
rivolgersi.
•
Campagna di sensibilizzazione, condotta dall'ONDA, sull'abuso sessuale dei
bambini, attraverso i mass media.
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•
Indagine sul lavoro dei bambini in Marocco: Diagnosi e proposta di un piano
nazionale e dei piani settoriali d'azione -1999 che ha in particolare contribuito a
facilitare la presa di decisione e l'identificazione di azioni prioritarie da condurre,
da parte delle autorità marocchine, nella lotta contro questa piaga sociale.
Nell’attuazione dei Programmi di sviluppo da parte del governo, l'intervento delle
ONGS è spesso presente e la collaborazione delle organizzazioni internazionali
specializzate è sempre sollecitata, al fine di dinamizzare la convenzione delle
Nazioni Unite nel contesto marocchino e adattare il suo quadro giuridico alle varie
disposizioni della convenzione. Un quadro che resta non conforme alle disposizioni
della convenzione, in particolare per quanto riguarda gli impegni pubblici e
le
politiche in materia di lotta contro le discriminazioni nei confronti dei minori, di
partecipazione politica, di diritti economici, sociali, culturali, di qualificazione, e
d'uguaglianza nell’ ambito familiare.
Tuttavia grazie al consenso generale suscitato dalla causa dei bambini ed alla
dinamica delle associazioni ed di tutte le componenti della società civile, il Marocco
ha aperto un grande cantiere per armonizzare i suoi testi legislativi con le
convenzioni internazionali introducendo la nozione dell'interesse superiore del
bambino. A tal proposito, va segnalato che le riforme sul piano legislativo, hanno
riguardato anche la famiglia, con l’entrata in vigore del nuovo codice della famiglia
che ha permesso di gettare le basi di una società democratica, moderna, fondata sui
principi d'equità e d'uguaglianza, dove la famiglia svolge un ruolo basilare come
cellula sociale, fondamentale per lo sviluppo del bambino, conformemente alla
Raccomandazione della Dichiarazione Internazionale ed al Piano d'Azione “Mondo
Degno dei Bambini”.
Inoltre, diverse iniziative sono state avviate con l’obiettivo di proteggere i bambini
dalla violenza e dallo sfruttamento, attraverso l’attivazione di un numero verde e
l’apertura di un Centro d’ascolto per minori maltrattati, oltre alla realizzazione, nel
2007, del programma “Inkad” per la lotta contro il lavoro delle bambine negli ambienti
domestici.
In questo contesto, nasce l’esigenza di unificare le strategie d `intervento a favore
della protezione della infanzia oltre alla necessità di mettere a punto studi sul terreno
per identificare le disfunzioni che ostacolano lo sviluppo duraturo in materia di
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protezione e d’istruzione dei minori e d’incoraggiare lo scambio di competenze in
questo settore a livello regionale ed internazionale. In quest’ottica si sono poste
anche le ONG che, come ad esempio il CISS, hanno messo l'accento
sull'importanza di fissare gli obiettivi e determinare i risultati da realizzare per attivare
il processo delle riforme a tutela dell’infanzia.
I minori invisibili
La realtà dell’abbandono in Marocco é davvero drammatica. Non esistono ad oggi
dati ufficiali sull’abbandono dei minori ma si stima che siano circa 43.000 le piccole
vittime, fuori dalla famiglia, con una crescita di anno in anno del 23% dell’abbandono
nel paese (dati UNICEF). Nel migliore dei casi la madre partorisce in ospedale e
sparisce silenziosamente, ma sono ancora moltissimi i neonati trovati per strada,
accanto ai cassonetti dell’immondizia e nei quartieri popolari in condizioni disperate.
Per questi bambini il futuro é già scritto e si chiama Centro di Accoglienza che non
sempre ha la disponibilità per accoglierli con la conseguenza che molti bambini
abbandonati, crescono e giocano in ospedale, in stanze vicino a quelle che ospitano
i malati.
La realtà dei Centri di Accoglienza in Marocco é molto varia ma emerge una
caratteristica comune: il numero di minori ospitati é sempre molto elevato. Non
esistono piccole realtà assimilabili a strutture famigliari. Nel migliore dei casi si parla
di realtà che ospitano una media di 130, 150 minori; nel peggiore ci vivono anche
400 minori o giovani. Spesso queste strutture sono popolate da minori in stato di
abbandono, da minori orfani di madre o di padre, o ancora da minori che
provengono da realtà famigliari difficili o da famiglie estremamente povere.
La povertà delle famiglie è il principale motivo dell'abbandono dei bambini che,
trovati per le strade, neonati, al limite tra la vita e la morte, vengono ospitati nei
Centri
di
Accoglienza
in
attesa
di
essere
inseriti
in
una
famiglia.
Molte volte tale attesa è vana, per cui permangono per molti anni nei centri, dove
convivono con bambini portatori di handicap e con diversi altri problemi psichici e di
locomozione.
Le strutture di accoglienza permettono al bambino di ricevere una prima risposta ai
suoi bisogni primari (riparo, cibo, indumenti), ma spesso si rivelano inadeguate alla
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loro crescita all'interno di una relazione educativa; cosicché quando sono considerati
troppo grandi per restarvi, vengono trasferiti in strutture chiamate “riformatori”, privati
a tutti gli effetti della loro infanzia.
Sono strutture molto più grandi dove questi minori si scontrano con una realtà
spesso terribile: istituti sovraffollati, personale scarso e inadeguato, convivenza con
minori di età diverse.
A fronte della situazione che porta i minori abbandonati ad avere come unico luogo
di accoglienza l'istituto, occorre adeguare le strutture dei Centri di Accoglienza e i
relativi servizi in funzione dei reali bisogni quotidiani di tutti i bambini ospiti e
realizzare attività di recupero direttamente rivolte ai bambini portatori di handicap.
Occorre diffondere la cultura del rispetto dei diritti dei minori, contrastando ogni
forma di violenza e discriminazione.
A tale riguardo, la legislazione contiene difetti notevoli. La sua applicazione è
sporadica, l'interpretazione opportunistica e le sanzioni in caso di violazione sono
rare e pertanto a livello pratico si traduce in una legge impotente, incapace di attuare
tutte quelle integrazioni ed innovazioni normative necessarie ad armonizzare le
disposizioni dei trattati internazionali relativi alla tutela dei minori con il corpus
legislativo locale.
Oltretutto la domanda giuridica dei minori in generale non riceve una trattazione
unitaria ma
fa riferimento a diversi testi legislativi e regolamenti promulgati allo
scopo di garantire loro una migliore protezione. Il corpus legislativo che disciplina la
materia dell’infanzia è costituito dalle seguenti fonti :
•
diritto costituzionale;
•
codice della famiglia;
•
codice della procedura civile;
•
codice della nazionalità;
•
codice penale;
•
codice della procedura penale;
•
codice del lavoro.
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La kafala
Le Dahir n° 1-93-165, du 10/09/93, ha riempito una lacuna in materia di tutela
dell’Infanzia attraverso la previsione dell’istituto della kafala che rappresenta,
nell’ambito della vigente legislazione marocchina, l’istituto giuridico di massima
protezione del minore in stato di abbandono, per assicurargli una vita sociale
normale e il rafforzamento di tutte le garanzie e i privilegi che a lui riserva la
legislazione islamica. E’ quindi del tutto assimilabile ad una sorta di “affido illimitato”.
Va a tale proposito, sottolineato che anche se l'adozione non esiste in Marocco, è
concesso ad un musulmano, nel quadro della kafala, adottare un bambino
indipendentemente dal suo stato civile. L’istituto in oggetto, pur non essendo
configurabile nei termini di adozione legittimante, - di adozione cioè che dà al minore
lo status giuridico di figlio legittimo - garantisce però a quest’ultimo la titolarità di tutti
i diritti soggettivi connessi a tale status (mantenimento, educazione e istruzione), ad
eccezione del diritto di filiazione, come l’acquisizione del cognome, e di successione.
La kafala riceve, proprio in ragione della sua peculiarità, uno specifico
riconoscimento da parte della Convenzione Internazionale dei diritti dei bambini
(New York 20 novembre 1989). In particolare gli
articoli di riferimento sono i
seguenti:
Articolo 20 c.3:
Una protezione sostitutiva del minore, può in particolare concretizzarsi per mezzo di
sistemazione in una famiglia, della kafala di diritto islamico, dell’adozione o in caso di
necessità, del collocamento in un adeguato istituto per l’infanzia. Nell’effettuare una
selezione tra queste soluzioni, si terrà debitamente conto della necessità di una
certa continuità nell’educazione del fanciullo, nonché della sua origine etnica,
religiosa, culturale e linguistica.
La Convenzione Internazionale per la tutela dei minori e la Convenzione in materia
di adozione internazionale (L’Aja, 29 maggio 1993), prevede un’apposita procedura
di conversione in adozione piena di un provvedimento straniero di adozione non
legittimante.
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Articolo 27:
1.
L'adozione fatta nello Stato d'origine, se non ha per effetto di porre fine al
legame preesistente di filiazione, può essere convertita, nello Stato di accoglienza
che la riconosce in conformità alla Convenzione, in una adozione che produce
questo effetto,
a-
se l'ordinamento giuridico dello Stato di accoglienza lo consente;
b-
se i consensi previsti dall'articolo 4, lettere c) e d), sono stati o sono prestati in
considerazione di una tale adozione.
2.
Alla decisione di conversione dell'adozione si applica l'articolo 23.
Per quanto riguarda lo Stato italiano, la legge n°476 del 1998 di ratifica della
Convenzione dell’Aja, all’articolo 32 comma 3, disciplina tale conversione
demandandone la relativa competenza al Tribunale per i Minorenni.
Articolo 27 c.3:
Anche quando l'adozione pronunciata nello Stato straniero non produce la
cessazione dei rapporti giuridici con la famiglia d'origine, la stessa può essere
convertita in una adozione che produca tale effetto, se il Tribunale per i Minorenni la
riconosce conforme alla Convenzione. Solo in caso di riconoscimento di tale
conformità, è ordinata la trascrizione.
Le adozioni tra Italia e Marocco sono state interrotte dal 2002 in quanto l’allora
Presidente della Commissione per le Adozioni internazionali aveva ravvisato alcune
incongruità tra la legislazione marocchina – in merito alla conversione della kafala in
adozione semplice - e quanto previsto dalla legge italiana.
La prima strada esplorata è stata quella del progetto di accordo bilaterale tra i due
Paesi in materia di adozione semipiena o semplice di minorenni. Ad oggi tuttavia la
negoziazione è ancora in corso.
I Minori: dalla strada.... alla migrazione
I problemi familiari, la dispersione scolastica e l'esodo rurale costituiscono la causa
di questa ulteriore piaga sociale.
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La maggiorparte di questi minori, originari delle varie regioni del Marocco, passa il
proprio tempo nelle varie rotonde, vendendo kleenex agli automobilisti, nelle
stazioni, mendicando o smerciando sigarette in dettaglio, fiori ecc... La strada
diviene, in tal senso un luogo dove vivere, incontrarsi, giocare, dedicandosi altresi
alle cattive pratiche come delinquere in gruppo e fare uso di solventi, alcool,
tabacco, colla ecc.., utilizzati per stordirsi e trovare una via di fuga a un’esistenza
difficile e precaria. La strada come entità variabile in relazione al tempo, allo spazio e
alla gente, assume un aspetto differente la notte, divenendo scenario di vagabondi,
prostitute, delinquenti e purtroppo anche di molti minori.
La scelta del posto in cui dormire dipende dalle proprie possibilità economiche:
mercati, incroci stradali, cimiteri, davanti alle scuole, ai ristoranti, etc..
Indipendentemente
dalle
ragioni
che
conducono
i
bambini
alla
via,
indipendentemente dalla città, per i minori di strada si tratta fin dai primi momenti di
sopravvivere. La vita per strada è estremamente difficile e la maggior parte dei
bambini è in piena emergenza. Numerosi sono coloro che fuggono questa
sofferenza con comportamenti autodistruttivi, assumendo, come si é accennato,
droghe o altre sostanze (alcool o adesivo ad esempio) estremamente pregiudizievoli
alla loro salute, determinando danni irreversibili nello sviluppo psico-fisico degli
stessi, riducendosi cosi’ la speranza di vita di questi bambini nella via a 4 anni.
Il vero dramma per questi bambini oltre alla salute, al vitto, all'alloggio e alla
disoccupazione, riguarda la loro dignità umana ed il mancato rispetto dei loro diritti
più elementari.
Il bambino di strada è un bambino gettato in un mondo che non gli concede alcun
posto, al margine di una società che lo respinge e lo costringe a condurre
un'esistenza pericolosa dove lo stesso vede la sua infanzia scomparire
immediatamente. Coloro che sopravvivono a questa vita pericolosa ed ingiusta, non
hanno partecipato alla scuola o l’hanno lasciata troppo presto e diventati adulti, sono
illetterati e non hanno alcuna qualificazione.
Tale fenomeno costituisce l’anticamera all’immigrazione dei minori. Secondo
un’indagine della Squadra Protezione dei minori di Tangeri, l'immigrazione dei
bambini, originari delle varie regioni del Marocco, è una delle principali conseguenze
della condizione dei minori di strada.
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La maggiorparte di questi bambini, provenienti da famiglie numerose, d'origine
rurale, di cui il reddito non supera 2.000 dirhams al mese, lascia il domicilio
parentale per trovare una sussistenza nelle zone periferiche delle grandi metropoli
nel solo obiettivo di emigrare.
Non si muovono mai da soli ma in gruppo. Prima di arrivare a Tangeri, si fermano
nelle città che incontrano sul loro cammino sia per mendicare sia per esercitare
piccoli lavori.
Le difficoltà finanziarie non sono la sola motivazione che li spinge ad errare sulle
strade; infatti sono determinanti altresì i problemi familiari, la condizione di estrema
povertà, la negligenza generata dal divorzio dei genitori, l'assenza di uno dei genitori
o il suo secondo matrimonio.
Nelle zone di Mohammedia, ad esempio, decine di bambini solcano le vie,
appostandosi dinanzi alle moschee, ai panifici e ai caffè, alla ricerca di un cuore
caritatevole.
Fino ad oggi, non esistono ancora statistiche precise attorno a questo fenomeno.
Secondo le Associazioni, a Casablanca, il numero dei bambini delle strade si aggira
tra 5.000 e 7.000 unità. La maggior parte dei bambini passa il tempo cambiando
posti di alloggio e
città, anche per sfuggire alla polizia e alle aggressioni. Per
arginare tale piaga, sono state poste in essere delle misure per la concretizzazione
degli obiettivi assegnati dalla INDH. La priorità è stata accordata all'inserimento
sociale e professionale dei bambini in situazione difficile. Molte associazioni si
adoperano per la lotta contro il fenomeno dei bambini della strada nonostante la
mancanza di mezzi.
E’ il caso dell'Associazione Bayti e Darna, il cui obiettivo è di fornire un aiuto
concreto a questa categoria di bambini. In particolare quest’ultima ha creato un
centro d'accoglienza per bambini dai 7 ai 17 anni, inserendo quasi 160 bambini in
specifici programmi di formazione in differenti settori quali: falegnameria, impianti
idraulici, sartoria, panetteria, informatica e fotografia. Questo centro d'alloggio è
destinato ai bambini che non hanno più nessuna relazione con la loro famiglia e a
coloro che dormono a volte nella strada perché sono in conflitto con le loro famiglie.
L’esperienza di queste associazioni nella lotta contro il predetto fenomeno, dimostra
che non c'è un metodo d'applicazione universale ma piuttosto un insieme di risposte,
Khadija Mistretta
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La legislazione marocchina sull’infanzia
che si costruiscono secondo le necessità incontrate e sulla base delle domande che
provengono dagli operatori sociali, anche attraverso la creazione di centri
d'accoglienza che permettano ai bambini di condurre un’esistenza dignitosa che
possa permettere loro di trovare il gusto del gioco e della scuola, di avere il tempo di
ricongiungersi alla loro famiglia o trovare un sostituto parentale.
È indispensabile associare a quest'accoglienza una ricerca sulle difficoltà specifiche
di questi bambini nel contesto sociale, in attesa di proporre soluzioni che potranno
essere utilizzate dai professionisti e dalle istituzioni interessati alla problematica dei
minori delle strade.
I suddetti interventi dovrebbero trovare un supporto concreto anche nella
formazione degli operatori sociali attraverso l’ accompagnamento nell'elaborazione e
nell'attuazione dei loro interventi.
Occorre inoltre promuovere e sviluppare soluzioni governative soprattutto in materia
di prevenzione, di sviluppo sociale e d'istruzione, facendo leva sulla collaborazione
tra i vari partner (ONG, enti locali…), la sola garanzia perchè i cambiamenti siano
durabili.
Un'altra categoria di minori candidati all'emigrazione è quella sostenuta dalla famiglia
in complicità con i loro figli in questo progetto. Considerando l'emigrazione come
un’alternativa vantaggiosa alla loro miseria, non esitano a vendere un pezzo di terra
o un gregge di bestiame o anche contrarre un credito per pagare dai 15.000 a
30.000 dirhams per investire sul futuro della loro progenie.
Diverse sono le cause da cui scaturisce questa drammatica decisione: il divorzio, la
violenza, la prostituzione, l'analfabetismo, la povertà…I genitori dei bambini di strada
abbassano, in generale, le braccia ed attendono un'assistenza da parte dello Stato o
della Società civile e quando questa non arriva, finanziano la partenza dei figli, nella
speranza che questi ragazzi possano contribuire al mantenimento della famiglia,
inviando denaro dal paese di destinazione.
La maggior parte di questi minori proviene dalle zone rurali del Medio Atlante e da
Khouribga. Ma altresì numerosi sono quelli che arrivano dalle periferie delle grandi
metropoli.
Khadija Mistretta
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La legislazione marocchina sull’infanzia
Sono minori che intraprendono questo percorso da soli all’avventura, pieni di
speranza nell’illusione di trovare in Europa un futuro migliore.
La migrazione dei minori non accompagnati ossia “i minorenni privi della cittadinanza
italiana o di altri Stati dell'Unione europea che, non avendo presentato domanda di
asilo, si trovano per qualsiasi causa nel territorio dello Stato senza assistenza e
rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per loro legalmente responsabili
in base alle leggi vigenti nell'ordinamento italiano”(Risoluzione del Consiglio
dell’Unione Europea del 26.6.97), costituisce un fenomeno relativamente recente. A
partire dagli anni 90, infatti, molti bambini ed adolescenti lasciano il Marocco per
trasferirsi in Europa, nel tentativo di sfuggire all’estrema povertà della loro realtà
familiare, cercando altrove un’altra chance.
Pertanto il flusso di minori clandestini che partono dalle coste marocchine si è, in
questi anni, sempre più sviluppato fino a costituire oggi un fenomeno allarmante
all’interno della ben più ampia questione dei processi migratori.
La sezione Unicef di Rabat, l'associazione marocchina "Attadamoun" e l'ONG
spagnola «Fondation Jaume Bofill» hanno condotto un'indagine per monitorare tale
fenomeno e i risultati sono davvero preoccupanti: sono 4.441 bambini marocchini
ospitati nei centri di accoglienza spagnoli, ma molti altri minori che arrivano nel
paese vivono al di fuori dei centri. Stesso destino tocca agli altri minori che giungono
nei vari porti europei.
Spesso la legislazione che regola i diritti e i doveri degli stranieri e che comprende
l’obbligo di proteggere i minori non accompagnati, non viene applicata: cosicche’
molti bambini soli, la maggior parte dei quali di origine marocchina, vengono lasciati
per le strade o nei centri di accoglienza. A Ceuta, ad esempio, i bambini che vivono
nelle strade, al porto o nei tunnel presentano gravi problemi di salute. Miglior fortuna
non hanno nemmeno quelli che sono ospitati nell’unico centro di accoglienza in cui
le condizioni igieniche sono estremamente carenti.
Questo è solo un esempio di come spesso i minori vengano semplicemente
abbandonati alla frontiera oppure vengano tenuti in detenzione in Marocco prima di
essere nuovamente lasciati sulla strada.
Secondo Amnesty International la deroga alla legislazione che tutela questi bambini,
potrebbe portare al ripetersi di incidenti avvenuti in passato in cui minori non
Khadija Mistretta
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La legislazione marocchina sull’infanzia
accompagnati durante le procedure di espulsione forzata sarebbero stati maltrattati
dalla polizia. Sarebbero stati tenuti per più ore, spesso con adulti , in celle, senza
sedili, finestre, ventilazione e perfino senza acqua. Sarebbero stati picchiati con
manganelli e sottoposti ad abusi sessuali. La stessa situazione si sarebbe verificata
presso la polizia del Marocco.
Il governo marocchino ha stipulato con la Spagna un protocollo di intesa per
prevenire il fenomeno rinforzando il controllo sui rispettivi territori, lottando contro le
organizzazioni criminali che speculano sul fenomeno, promuovendo programmi di
sensibilizzazione rivolti alle famiglie marocchine. Tuttavia tali sforzi, sicuramente
ammirevoli che hanno, pur in minima parte, contribuito a migliorare la situazione,
non devono essere giustificazione al perdurare della sofferenza di così tanti bambini.
Il Marocco deve riuscire a prendere in considerazione la sua gioventù rispondendo
alle sue necessità.
Il lavoro dei minori
Il lavoro minorile è uno dei più grandi attentati alla crescita e al sano sviluppo di un
bambino, ma è un fenomeno così legato alle radici stesse della povertà e del
sottosviluppo da essere anche tra i più difficili da sradicare: eliminare alla radice il
lavoro minorile significherebbe eliminare la povertà e il sottosviluppo. Per molte
famiglie povere il contributo offerto dal lavoro del bambino può fare la differenza tra
la fame e la sopravvivenza ed è per questa ragione che non si può eliminarlo con
soluzioni semplicistiche e di effetto immediato.
La Convenzione nell’articolo 32, afferma il diritto dei bambini a essere protetti dallo
sfruttamento economico e dal lavoro che può minacciare la loro salute, la loro
educazione e il loro sviluppo.
Il Marocco, in quanto Paese aderente, é tenuto a fissare un’età minima per
l’ammissione al lavoro e a regolare le condizioni di impiego attenendosi in particolare
agli standard stabiliti dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro, in special modo
alla Convenzione per l’età minima lavorativa (1973).
Tuttavia secondo le stime dell'indagine nazionale sull'impiego del 2000, l'11% dei
bambini marocchini di età compresa tra i 7 e i 14 anni lavora, 58% ragazzi e 42%
ragazze. Questa percentuale si traduce in circa 600.000 bambini lavoratori oltre la
Khadija Mistretta
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La legislazione marocchina sull’infanzia
metà dei quali non frequenta la scuola neppure per un giorno nella propria vita. I
bambini lavoratori si distribuiscono secondo i seguenti settori d'attività:
•
Agricoltura: 84% (54% ragazzi e 46% ragazze) (di cui 96% lavora per le loro
famiglie)
•
Tessile: 6 %
•
Commercio: 3%
•
Lavorodomestico:2%
•
Altri: 4 %
•
Soltanto il 12% dei bambini che lavorano, frequenta allo stesso tempo la scuola.
Nel 1999 è stata condotta una grande indagine dal Ministero dell'occupazione, degli
affari sociali e della solidarietà, in collaborazione con il BIT/IPEC. Quest'indagine
che ha determinato un campione di 3500 bambini,
si prefiggeva di studiare le
condizioni di lavoro dei bambini in Marocco. Settori d'attività presi in considerazione:
Agricoltura ed allevamento, tessile, metalmeccanico, artigianato, turismo,
lavoro
domestico ed attività marginali. Principali risultati dell'indagine:
•
90 % bambini al lavoro hanno tra i 10 ed i 14 anni.
•
80 % non sono scolarizzati.
•
96 % vivono in famiglie in condizioni difficili.
•
60 % sono esposti a malattie o infortunio gravi.
•
52 % lavorano oltre 50 ore settimanali e senza congedo annuale.
•
53 % non percepiscono salari minimi.
•
33 % non sono neppure remunerati.
•
50 % subiscono costrizioni e discriminazioni sotto forma di minacce, punizione o
violenza verbale e/o fisica.
•
Solamente 4 % dei bambini ricevono un vero apprendistato
•
Quest'indagine ha rivelato che le principali cause di lavoro dei bambini sono:
•
la povertà,
•
l’abbandono e la dispersione scolastica
Khadija Mistretta
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La legislazione marocchina sull’infanzia
•
lo smembramento familiare.
L'elaborazione e l'adozione, nel 1999, di un Piano Nazionale d'Azione sul lavoro dei
bambini ha permesso al Marocco di aderire al Programma internazionale per
l'abolizione del lavoro dei bambini (IPEC), il che testimonia l'impegno politico del
governo marocchino nella lotta contro il lavoro dei bambini.
Tale programma si prefigge:
•
la prevenzione della messa precoce dei bambini al lavoro
•
il divieto dei lavori pericolosi
•
Il miglioramento delle condizioni di lavoro dei bambini in età di lavorare
Dal lancio di questo programma nel giugno 2001, importanti progetti pilota sono stati
realizzati per il miglioramento delle condizioni dei bambini al lavoro. Attualmente,
questi progetti sono operativi tanto nell'ambiente rurale che nell'ambiente urbano.
E´ stato recentemente approvato un nuovo progetto che riguarda l'allargamento delle
attività del Programma IPEC/Maroc: “Combattere il lavoro dei bambini in Marocco
mediante la creazione di un ambiente nazionale favorevole e mediante la
realizzazione di azioni dirette nelle zone rurali”; inoltre una collaborazione costruttiva
è stata instaurata tra IPEC/Maroc e l'UNICEF, in attesa di intervenire e sostenere
congiuntamente, iniziative di grande portata nella prevenzione e nell’eliminazione del
lavoro dei bambini, con 3 obiettivi specifici:
•
Promuovere l'applicazione della legislazione nazionale relativa al lavoro dei
bambini;
•
Garantire ai bambini al lavoro, l'accesso all'istruzione, alle cure mediche ed agli
svaghi.
•
rafforzare le capacità del personale, attivo nel
predetto settore, nella
prevenzione e nell'eliminazione del lavoro del bambino;
•
Replicare le esperienze pilota riuscite.
A livello legislativo, il regno del Marocco oltre a firmare la convenzione relativa ai
diritti del bambino, il 26 gennaio 1990, ratificata nel giugno 1993 e pubblicata nel
bollettino ufficiale n° 4440 del mese di dicembre 1996, ha altresi’ aderito ai due
protocolli addizionali alla CDE: uno relativo all'impegno dei bambini nei conflitti
Khadija Mistretta
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La legislazione marocchina sull’infanzia
armati e l'altro alla vendita di bambini, la prostituzione infantile ed alla pornografia
che coinvolge bambini.
Nel maggio 1995, il Paese si è dotato di un osservatorio nazionale dei diritti del
bambino (ONDA), incaricato dell'applicazione della convenzione relativa ai diritti del
bambino nel contesto legislativo marocchino.
In quest’ottica l'ONDA ha presentato al governo, proposte d'armonizzazione delle
leggi nazionali con le disposizioni del CDE. Armonizzazione realizzata nel nuovo
codice del lavoro, adottato nel luglio 2003 e pubblicato nel bollettino ufficiale n°5167
dell'8 dicembre 2003. Va a tal proposito annoverata la ratifica della convenzione
internazionale del lavoro n° 138 sull'età minima d'ammissione all'occupazione e
registrata all'Ufficio internazionale del lavoro il 6 gennaio 2000; come pure la
convenzione del O.l.T n° 182 sulle forme peggiori del lavoro, registrata il 26 gennaio
2001. Queste due convenzioni sono state pubblicate rispettivamente nel bollettino
ufficiale n° 4818 del 20 luglio 2000 e 5166 del 4 dicembre 2003.
Il nuovo codice di lavoro ha portato importanti innovazioni in materia di lavoro dei
bambini. Fra quest'innovazioni c'è: Il divieto dell'occupazione dei bambini prima
dell'età di 15 anni passati o la loro occupazione prima dell'età di 18 anni in lavori
pericolosi. . Il bambino al lavoro con meno di 18 anni è sottoposto ad un esame
medico ogni 6 mesi; ed è vietato altresi´il lavoro notturno ai minori di 16 anni. Le
riduzioni sul salario minimo per i bambini sono state eliminate, beneficiando
questúltimo dello stesso salario minimo dell'adulto. In materia di congedo annuale
pagato, i minatori di meno di 18 anni, dopo 6 mesi di servizio continuo, beneficiano
di due giorni di congedo al mese.L'aumento delle ammende in caso di violazione
delle disposizioni che disciplinano il lavoro dei bambini. I contravventori alle
disposizioni relative all'età minima d'ammissione all'occupazione sono puniti con
un'ammenda da 25.000 a 30.000 Dhs. Oggi è all'esame un progetto di legge che
vieta l'impiego di bambine-serve di età inferiore a 15 anni.
Diversi accordi tra l'Osservatorio nazionale "Onde" e i partner pubblici e privati
offrono la possibilità di avviare attività generatrici di reddito per compensare le
famiglie che ritirano le figlie dai luoghi di lavoro.
A livello internazionale La convenzione n°138 e la convenzione n°182 sono
considerate fra i principi e diritti fondamentali dei lavoratori e fanno parte integrante
Khadija Mistretta
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La legislazione marocchina sull’infanzia
delle otto convenzioni che costituiscono la dichiarazione della O.l.T, adottata nel
giugno 1998 alla quale il Marocco ha aderito. Il contenuto della convenzione del
20/11/89 è enunciata nella legislazione marocchina ma l`applicazione rimane
aleatoria, per ragioni allo stesso tempo materiali e sociali. I piani, nazionale e
settoriali, devono essere elaborati attraverso azioni che mirino ad agire sulle cause
profonde del lavoro dei bambini. Di conseguenza, per cercare di risolvere questo
problema le cui cause sono complesse, occorrerà intervenire su più fronti:
•
Registrare inizialmente tutti i bambini alla nascita: La registrazione dei bambini
alla loro nascita è indispensabile perché possano esercitare i loro diritti. Questo
permetterà anche agli agenti di controllo di conoscere con certezza l'età di ogni
giovane al lavoro.
•
Instaurare l'insegnamento elementare obbligatorio, gratuito e di qualità: iscrivere
un bambino a scuola è un mezzo efficace per evitare che sia costretto a ricorrere
a forme di lavoro.
•
Promuovere e generalizzare l’azione prescolastica che contribuisce ad
aumentare le possibilità d'istruzione dei bambini ed il loro mantenimento a
scuola.
•
Applicare le disposizioni legislative e i regolamenti che disciplinano il lavoro dei
bambini.
•
Controllare efficacemente l'applicazione della legge.
•
Elaborare ed attuare politiche di lotta contro la povertà.
•
Eliminare immediatamente il lavoro dei bambini nelle condizioni pericolose o di
sfruttamento.
•
Aggiornare i dati statistici sul lavoro dei bambini.
•
Instaurare un sistema di sorveglianza continua del lavoro dei bambini attraverso
l’attività di controllo dell’ispettorato del lavoro e l'ispettorato delle leggi sociali in
agricultura.
•
Accordare alternative realizzabili alle famiglie che ritirano i loro bambini dal
lavoro.
Khadija Mistretta
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La legislazione marocchina sull’infanzia
•
Contribuire al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei bambini in età
di lavorare.
•
Sensibilizzare e mobilitare la società, ONG, sindacati, datori di lavoro, ispettori
del lavoro, mass media, bambini, genitori: Il risveglio della coscienza comunitaria
si accompagnerà certamente ad una maggiore partecipazione da parte di tutta la
societa’ civile.
•
Promuovere i programmi di attività culturale per i bambini al lavoro.
•
Promuovere l'alfabetizzazione dei genitori e soprattutto delle madri.
•
Garantire l'accesso dei bambini lavoratori alle cure sanitarie.
Per riempire il vuoto giuridico sul lavoro domestico dei bambini, il governo ha inoltre
elaborato un progetto di legge, in corso d’approvazione il cui obiettivo è di migliorare
l'ambiente giuridico relativo alla protezione di questa frangia della società. Si tratta di
garantire ai lavoratori “domestici” gli stessi diritti degli altri, eliminando le forme
peggiori del lavoro dei bambini usati come servi e sanzionando i datori di lavoro che
li maltrattano.
Sfruttamento sessuale
Il governo marocchino, che ha sottoscritto nel 1993 la convenzione Onu sui diritti
dell’infanzia, si è detto pronto a sradicare il fenomeno. Tuttavia, l’esortazione delle
organizzazioni internazionali a proteggere i più giovani e ad evitare il loro
sfruttamento illegale non è ancora rispettata. D’altra parte, l’esistenza di reti pedofile
organizzate, legate anche al turismo sessuale di massa, non può essere negata,
tanto più se si considera che il governo ha deciso di investire ulteriormente sul
settore turistico da qui al 2010. Tale fenomeno trova terreno fertile in Marocco, dove
,a causa della povertà, della descolarizzazione, della violenza…, la prostituzione dei
minori prolifera sempre più.
A Marrackech, la situazione è allarmante! Alcuni turisti vi si recano giusto per questo
motivo. Anche Casablanca riporta cifre elevatissime di minori che si prostituiscono.
Tuttavia, la prostituzione dei minori resta un tabù. Le nuove associazioni e
campagne di sensibilizzazione non hanno cambiato molto e la piaga dello
sfruttamento sessuale continua a far strada nello spezzare tante vite, attraverso la
Khadija Mistretta
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La legislazione marocchina sull’infanzia
propagazione delle MST e dell'AIDS. A volte, i poliziotti si rendono tolleranti… Con
qualche dirhams, sarebbero clementi. Il prezzo del prezzo: una vita distrutta ed
un’omertà scandalosa!
Per provare a diminuire questo ignobile “commercio” è importante sensibilizzare i
minori, potenziali vittime di questo fenomeno, spiegando loro i rischi che si celano
dietro alla loro incosciente e spesso sofferta iniziativa di far soldi concedendo il loro
giovane corpo.
La violenza sui minori
In Marocco non esiste alcun documento che analizza la violenza nei confronti dei
bambini in senso globale. Gli studi esistenti non riflettono l'ampiezza delle violenze
subite da questi minori. I fenomeni più spesso analizzati sono relativi alle forme di
violenza fisica e sessuale posta in essere a scuola, nei centri di accoglienza, al
lavoro e nella via, mentre, la violenza psichica resta poco studiata cosi’ come la
violenza intrafamiliale e la violenza commessa da agenti d'autorità. Quanto alla
violenza tra bambini, è quasi ignorata.
Pertanto la situazione è allarmante tanto più se si considera che la violenza nei
confronti dei bambini é concepita come un metodo educativo socialmente e
culturalmente ammesso. Cio’ comporta un aumento degli atti di violenza almeno
negli strati più svantaggiati della popolazione, come testimonia il numero crescente
di bambini della strada.
I bambini più giovani, dunque più vulnerabili, appaiono come le principali vittime
della violenza. Gli atti di violenza sono di solito commessi da uomini ma anche da
donne nel 10% o nel 15% dei casi. Le violenze intrafamiliari sono denunciate
soltanto se si tratta di violenze psicologiche (l'abbandono del bambino da parte del
padre ad esempio). In compenso, le violenze sessuali e fisiche commesse
nell'ambito della famiglia non sono quasi mai denunciate e neppure quelle
commesse dai datori di lavoro, dagli insegnanti e dagli agenti di polizia.
Benché non si disponga di alcun studio o dato statistico certo, in materia di violenza
sui minori, sembrerebbe, tuttavia, che in Marocco più del 97% di casi di violenza
restino privi di qualsiasi impunità. D'altra parte, le vittime non conoscono i mezzi di
denuncia e di condanna di tali reati che permetterebbero loro di fare cessare queste
Khadija Mistretta
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La legislazione marocchina sull’infanzia
pratiche. I bambini maltrattati e le persone che subiscono le suddette violenze non
sanno né a chi rivolgersi né come farlo.
Le azioni adottate (telefono verde, centri d'ascolto e d'orientamento) sono poco
conosciuti e molto insufficienti. La polizia, percepita come una forza di repressione
più che di protezione, non è neppure considerata come un mezzo di tutela.
In realtà, un aiuto più concreto sembra essere fornito dalle associazioni, dove i figli
vittime sono ascoltati ed aiutati senza dovere subire umiliationi supplementari.
Il silenzio è un altro grosso ostacolo alla repressione delle violenze. È sorprendente
constatare che i bambini stessi considerano i colpi di cinghia ed alcune forme di
violenza che ricevono quotidianamente come cose “normali e meritate”. I bambini si
ribbellano alla violenza
subita soltanto quando diventa una vera tortura ma la
denuncia viene fatta raramente. D'altra parte, i figli vittime di violenza sessuale, ed
in particolare di attività incestuose, si autocensurano poiché si sentono imbarazzati e
umiliati.
A fronte di questo inquietante fenomeno, le azioni a sostegno di questi bambini, in
termini d'assunzione a carico, sebbene differenziate (telefono verde, centri d'ascolto,
d'orientamento e di presa in carico medico, strutture d'accoglienza), restano molto
insufficienti per numero e qualità non soltanto per una mancanza di mezzi umani e
finanziari ma soprattutto per l'assenza di coordinamento tra loro. D'altra parte, le
azioni condotte sono generalmente settoriali e parziali; si tratta maggiormente di
servizi resi ad alcune categorie di bambini piuttosto che di una vera azione
di
supporto accessibile a tutti.
Le procedure giudiziarie sono complesse e molto lente, cosa che spiega, in parte, il
debole numero di ricorsi portati dinanzi al giudice. Le sanzioni pronunciate sono
pene detentive, nella metà dei casi con rinvio e le vittime ottengono molto di rado un
risarcimento del danno subito.
Il 29 giugno 2005 in Cairo, con riferimento al tema: “Protezione dell'infanzia” e al
Piano d'azione per “un Marocco degno dei suoi bambini 2005-2015” é stato posto in
essere un partenariato tra il Ministero della Giustizia e l'UNICEF, i cui obiettivi sono:
•
analizzare qualitativamente e quantitativamente la situazione attuale di tutte le
forme di violenza nei confronti dei bambini;
Khadija Mistretta
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La legislazione marocchina sull’infanzia
•
studiare il seguito dato ai casi di violenze presentati in giudizio e l'impatto
psicosociale della violenza sulle vittime;
•
proporre azioni d'intervento strategiche per prevenire e combattere la violenza
nei confronti dei bambini. A questo punto occorre comprendere cosa si intende
per “violenza nei confronti dei bambini! Secondo il Comitato dei diritti del
bambino delle Nazioni Unite, si tratta di tutte le forme di violenza fisica o
mentale, ferite o abusi, abbandoni o negligenze.
La violenza puo’ essere di varia natura:
•
fisica: colpi, ferite, torture, punizioni corporali;
•
psicologica: insulti, ingiurie, molestia morale, abbandono, non riconoscimento
parentale, privazione d'identità;
•
sessuale: molestia sessuale, contatti, incesto, pornografia infantile, mutilazioni
genitali, matrimonio precoce e/o forzato, gravidanze precoci, sfruttamento
sessuale commerciale;
•
negligenze, cattivi trattamenti: carenza di cure, carenze nutrizionali, privazione
dell'accesso all'istruzione, condizioni di vita difettose non favorevoli ad un buono
sviluppo;
•
sfruttamento economico dei bambini;
•
traffico di bambini: reti di prostituzione, settori d'emigrazione, lavoro dei bambini,
mendicità.
I luoghi delle violenze sono quelli che il minore frequenta:
•
famiglia biologica, famiglia adottiva o famiglia d'accoglienza;
•
Comunità;
•
strada;
•
luogo di lavoro;
•
scuola;
•
centri d'accoglienza: orfanotrofi, centri di riabilitazione o di protezione, ONG, etc.;
•
commissariati, prigioni, tribunali.
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La legislazione marocchina sull’infanzia
Come si é già accennato, l'ampiezza reale di questo fenomeno in Marocco, non è
stata ancora calcolata a causa dell'assenza di statistiche o di dati affidabili ed
esaurienti sulla natura e l'importanza delle violenze nei confronti dei bambini.
Tuttavia, sembra che la violenza sia omnipresente, anche se è documentata in modo
molto aleatorio.
L'indagine quantitativa svolta nel 2005 in 200 scuole dal Ministero
dell'Istruzione nazionale con la collaborazione dell'UNICEF, relativa a 5.349 allievi,
di cui 2.579 ragazze e 2.770 ragazzi, come pure l'indagine qualitativa che riguarda
1.411 allievi incontrati in colonie di vacanze, ha sottolineato l'ampiezza della violenza
fisica nell'ambiente scolastico:
•
il 60% dei bambini ha subito percosse di ogni genere ( con bastoni, cinghie, colpi
sulle mani, calci ecc..) sino ad arrivare alla violenza nelle sue forme più gravi
come ad esempio le scariche elettriche;
•
il 73% degli insegnanti riconosce e ricorre alle punizioni corporali ed il 61% dei
genitori degli allievi acconsente all’uso di queste forme punitive. La violenza
psicologica è anche molto diffusa. Si manifesta con ingiurie, atti di umiliazione
dinanzi a tutta la classe, privazione di svaghi (sport, ricreazione), abbassamento
arbitrario delle note di merito. A scuola, la violenza è considerata come un
metodo educativo che mira a fare pressione sul bambino per ottenere la sua
obbedienza. Gli insegnanti infatti credono nella necessità di queste violenze, di
cui non misurano l'impatto sullo sviluppo psicomotorio dei bambini. Per loro, è il
mezzo per ottenere rispetto e avere una reputazione nell'ambito scolastico, per
potere controllare un numero elevato di bambini.
Secondo la relazione sulle istituzioni 2005, recentemente pubblicato dal segretariato
di Stato incaricato della famiglia, dell'infanzia, con l'ausilio dell'UNICEF, anche nei
centri di accoglienza, la violenza è considerata un metodo disciplinare efficacie.
Oltretutto non essendo istituzionalizzato il sistema della denuncia, i reclami sono
puramente verbali, informali e molto di rado presi in considerazione.
Inoltre secondo un 'indagine effettuata su sondaggio statistico
la categoria
professionale più esposta alle violenze, (UNICEF, 2002), sembrerebbe quella delle
bambine impegnate nei lavori domestici e precisamente il 10% delle 22.940 piccole
“serve”. Alcune subiscono anche violenze sessuali
e psicologiche.
condizioni di lavoro di queste “piccole donne” devono essere in sé
Khadija Mistretta
Inoltre, le
considerate
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La legislazione marocchina sull’infanzia
come violenze. In effetti, il 31% fra esse non percepisce alcun salario e le altre sono
pagate una miseria ( da 320 a 500 DH al mese). Inoltre, il 66% delle ragazze non
beneficia di alcun congedo annuale.
Senza alcun strumento di soccorso,
queste bambine non possono neppure
denunciare i loro datori di lavoro, divenendo così vittime totalmente passive di ogni
sorta di violenza, resa ancor
più atroce, se si tiene conto della loro estrema
vulnerabilità (86,8% sono nate in ambiente rurale, l’ 82,2% sono analfabete, il 22%
orfane, il 59,2% hanno meno di 15 anni).
Anche le altre categorie di bambini lavoratori, sono vittime della stessa violenza
(percosse, ferite, ingiurie, minacce, ecc.), come é rilevato da molti studi, in
particolare “Comprendere il lavoro dei bambini in Marocco - aspetti statistici
(progetto UCW- 2002)”, un'indagine svolta su 3.500 bambini lavoratori. Così, il 93%
dei bambini lavoratori non beneficia di alcuna sorveglianza medica, il 31% non riceve
alcun vitto durante la giornata di lavoro ed il 32% ottiene una razione di cibo
insufficiente.
Inoltre anche i bambini di strada ed i bambini in conflitto con la legge sono vittime di
violenza che si manifesta in trattamenti crudeli o addirittura inumani. Da novembre
2001 a settembre 2003 l’associazione Bayti ha registrato 200 giovani dai 7 ai 18 anni
vittime di violenze poliziesche, mentre su 530 bambini in situazione difficile (223
ragazzi e 207 ragazze), 200 bambini (90 ragazzi e 110 ragazze) sono stati vittime di
abusi o di violenza sessuale, cioè 46,5%.
Ed ancora, secondo uno studio sui minori stranieri non accompagnati del 2005
realizzato dal Consiglio d'Europa, le violenze poliziesche in caso d'intercettazione:
colpi, insulti, cattivi trattamenti non risparmiano alcun bambino. A questo va aggiunta
altresi’ la sofferenza di questi minori nei centri d'accoglienza, con privazione d'aria
fresca, di luce e d'esercizio fisico, sottoposti all’isolamento dal mondo esterno etc..
Lo stesso trattamento é riservato ai minori detenuti; infatti la relazione del CCDH
sulle prigioni (2004) rileva le cattive condizioni di detenzione di questi ultimi
(sovraffollamento delle celle, insalubrità, mancanza d’igiene e la convivenza dei
minori con gli adulti); senza considerare le violenze fisiche nei confronti dei minori,
esercitate dai custodi e dagli altri prigionieri. Tuttavia cio’ non basta a spiegare
l'ampiezza delle violenze subite dai bambini poiché numerose forme di sevizie e di
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violenze continuano a svolgersi nell'ombra e nel silenzio. Ad esempio, la violenza
sessuale nell'ambito della famiglia e delle scuole primarie e secondarie (pubbliche,
private, coraniche) non è mai stato oggetto di uno studio specifico. Inoltre la violenza
contro sé stessi (automutilationi, tentativo di suicidio, ecc.) e la violenza tra i giovani
non sono documentate.
Il profilo dei bambini
Come si puo’ constatare la violenza viene inflitta indistintamente a tutte le categorie
di bambini. Non è il profilo del bambino che è determinante ma la sua vulnerabilità
fisica, mentale e socioeconomica in un ambiente sfavorevole. I bambini privi di un
ambiente familiare che vivono nella strada, nei centri di accoglienza e in quelli di
detenzione o che sono sfruttati per i lavori domestici, sembrano di gran lunga i più
esposti alle forme più rigorose di violenza, non disponendo peraltro di alcun mezzo
di denuncia.
Tuttavia, l'esistenza di un ambiente familiare non protegge automaticamente contro
la violenza. I bambini che vivono in una famiglia aggressiva e/o instabile (genitori
violenti, tossicodipendenti, alcolizzati, che presentano problemi psichiatrici, ecc.)
sono anche sottoposti a violenza di ogni specie. Ma come si e´detto l'ampiezza e le
conseguenze di queste violenze restano difficili da definire in mancanza di studi
specifici su questo argomento.
Istruzione
Dalla riforma del 1985, la scuola dell’obbligo in Marocco comprende nove anni,
articolati in sei anni di scuola elementare e tre anni di scuola media inferiore,
denominati ufficialmente scuola elementare e scuola preparatoria o primo e secondo
ciclo dell’insegnamento di base. Si riporta qui di seguito l’ordine, la durata e l’età
prevista, per meglio comprendere l’organizzazione scolastica marocchina:
Materna:
fino ai 7 anni
Elementari: 6 anni dai 7 ai 13 anni
Medie:
3 anni dai 13 ai 16 anni
Superiori:
3 anni dai 16 ai 19 anni
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L’istruzione offerta a scuola è tuttavia poco rispondente alla realtà sociale e ai
bisogni di formazione di questi gruppi. L’inadeguatezza del contesto pedagogico,
caratterizzato da classi sovraffollate, scarsi sussidi didattici e rigidi modelli formativi,
è all’origine dell’elevata dispersione scolastica che viene ulteriormente incoraggiata
dalla larga diffusione del lavoro minorile, comune soprattutto tra i maschi e
consentito per legge dall’età di 12 anni.
E’ strano che il Marocco sia così in ritardo rispetto all'Algeria , alla Tunisia e alla
Libia nell'istruzione dei suoi bambini. Infatti la metà della popolazione non sa né
leggere né scrivere, il che pone il Marocco al 126°posto su 166 Paesi nella
classificazione dell'indice di sviluppo, tenendo conto peraltro che ha ottenuto la sua
indipendenza 6 anni prima dell'Algeria il che indica la misura del suddetto ritardo.
Il sito canadese "Alternatives" riporta come secondo un’inchiesta condotta dal
governo marocchino e presentata il 30 gennaio 2004 al ministero degli Affari sociali
e della Solidarietà di Rabat, circa 800.000 bambini non frequentano le scuole. La
maggior parte di essi sono costretti a lavorare, soprattutto in ambiente agricolo, per
conto delle loro stesse famiglie.
Infatti in Marocco, pur essendo compiuti diversi sforzi in termini di formazione dei più
giovani che frequentano la scuola dai 6 ai 18 anni, ma anche degli studenti
universitari e
di coloro che accedono alle scuole professionali, la dispersione
scolastica, cioè l’abbandono degli studi da parte dei ragazzi costituisce un grande
problema. Per fare un esempio, la percentuale dei bambini di 6 anni « scolarizzati »
è del 92% : dato molto importante per il Marocco, anche se con l’avanzare dell’età, il
fenomeno della dispersione scolastica aumenta. I dodicenni che vanno a scuola non
superano il 63%, quando arrivano a 15 anni scendono al 43%, quando si arriva al
Bac – il primo attestato che si ottiene prima di uscire dal liceo – le cifre si abbassano
ancora di più : meno del 30%. I numeri che riguardano l’università sono ancora più
bassi: si parla di un 5%.
Anche la formazione in azienda che mira a fare lavorare i giovani nelle imprese, è
poco incentivata in Marocco: 20% e solo nelle grandi imprese, cioè le grandi società
multinazionali solitamente di origine straniera. Per quanto riguarda le piccole e
medie imprese si scende al 3%: davvero troppo poco.
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Ci sono parecchi interventi da attuare, molto lavoro e molte possibilità: insomma
siamo nel bel mezzo di un grande cantiere aperto. Per incoraggiare la formazione
occorre puntare sulle partnership, sul sostegno dei partner del Marocco, come
l’Italia, un paese che di recente sta acquisendo via via sempre più importanza nella
Cooperazione con questo paese.
Motivazioni della dispersione scolastica
Ci sono innanzitutto delle ´valide motivazioni, come il fatto che a volte la scuola è
lontana. Molti bambini, in Marocco fanno 10 km a piedi per andare a scuola. Per le
popolazioni che vivono nelle zone montuose, quando piove molto e nevica, tutto si
blocca! E se la scuola è a 10 km, i bambini più piccoli (dai 6 anni agli 11/12 anni)
restano a casa.
Nell’intento di abbattere il fenomeno della dispersione scolastica diverse
associazioni e ONG (organizzazioni non governative) straniere mettono a
disposizione un autobus o costruiscono delle piccole mense o dei ristoranti affinche’
i bambini possano avere un posto dove mangiare senza fare avanti e indietro per
chilometri.
Oltre alle lunghe distanze, ci sono delle altre ragioni che ostacolano l’istruzione dei
bambini.
Infatti certi genitori non vogliono mandare i figli a scuola perché in campagna i
bambini altro non sono che la loro forza lavoro, sono delle braccia in più che aiutano.
E perciò un padre si chiede: “i miei figli passeranno una giornata intera stando seduti
a leggere e scrivere; cosa ne ricavo io da questo? Nulla! Preferisco che badino alle
pecore, alle mucche, ai polli, che lavorino la terra con me.” Altri preferiscono
mandare solo i figli maschi, perché se la scuola è lontana, hanno più paura per le
femminucce.
Altro
fattore
connesso
alla
dispersione
scolastica
è
la
discriminazione
nell’insegnamento con riguardo all'istruzione dei bambini con handicap che spesso
vivono di mendicitá.
Una semplice descrizione delle leggi marocchine rivela che il bambino soffre sul
piano giuridico, in primo luogo, della mancanza di un reale interesse per la sua
identità ed i suoi diritti, nell’ elaborazione delle norme che lo riguardano:
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attualmente, il paese inizia appena a prendere coscienza del problema. nel settore
legislativo, occorrerebbe riformare il codice penale e condurre a termine la riforma
del codice del lavoro in attesa di reprimere lo sfruttamento del lavoro dei bambini.
Tutto il processo di sviluppo, comprese le decisioni di bilancio, deve essere guidato
dall'interesse superiore del bambino. Occorrerebbe migliorare i metodi di raccolta e
d'analisi dei dati oltre a promuovere iniziative di formazione dei professionisti
incaricati delle questioni relative ai bambini, affinché l'adesione puramente formale
alla convenzione possa lasciare il posto al cambiamento reale. Inoltre benché vi sia
la
volontà di operare in conformità con i principi della convenzione che ha un
approccio di carattere globale, tuttavia il Marocco sembra trattare i problemi che
riguardano i bambini in modo frammentario.
Una priorità dovrebbe essere infatti, accordata all'elaborazione di un sistema
legislativo di tipo integrativo.
Naturalmente, il Marocco è una società musulmana, il che significa che ci possono
essere divari tra lo spirito della convenzione e gli atteggiamenti sociali che spesso si
riflettono
nella
legislazione.
Pertanto
sarebbe
utile
avviare
un'azione
di
sensibilizzazione sui diritti del bambino anche attraverso nuove interpretazioni della
legge islamica, allo scopo di adattare la religione alla vita moderna.
Inoltre, il Marocco deve riconsiderare il sistema d'amministrazione della giustizia per
i minori ed accordare una protezione effettiva alle vittime innocenti di uno status
sociale, rigido che pur avendo aderito teoricamente, mediante la ratifica, alla
convenzione Onu sui diritti dei bambini, tuttavia trova non poche difficoltá nella sua
concreta accoglienza nel contesto legislativo locale.
Il minore e la giustizia penale
“Gli Stati parti riconoscono a ogni fanciullo sospettato, accusato o riconosciuto
colpevole di reato penale il diritto a un trattamento tale da favorire il suo senso della
dignità e del valore personale, che rafforzi il suo rispetto per i diritti dell’uomo e le
libertà fondamentali, e che tenga conto della sua età nonché della necessità di
facilitare il suo reinserimento nella società e di fargli svolgere un ruolo costruttivo in
seno a quest’ultima” (art. 40).
Pertanto secondo quanto sancito dalla Convenzione sulla tutela del minore:
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a)
nessun fanciullo deve essere sottoposto a tortura o a pene o trattamenti
crudeli, inumani o degradanti. Né la pena capitale né l’imprigionamento a vita senza
possibilità di rilascio devono essere decretati per reati commessi da persone di età
inferiore a diciotto anni; […]
b)
nessun fanciullo deve essere privato di libertà in maniera illegale o arbitraria
[…]
c)
ogni fanciullo privato di libertà deve essere trattato con umanità e con il
rispetto dovuto alla dignità della persona umana e in maniera da tenere conto delle
esigenze delle persone della sua età […]
d)
ai fanciulli privati di libertà deve essere riconosciuto il diritto ad avere
rapidamente accesso ad un’assistenza giuridica o a ogni altra assistenza adeguata,
nonché il diritto di contestare la legalità della loro privazione di libertà dinanzi a un
Tribunale […] (art. 37)
La previsione dell’art 40, benché di scottante attualità, non trova tuttavia concreta
applicazione a livello locale, anche a fronte del crescente aumento dei reati compiuti
da ragazzi e del continuo abbassamento dell’età dei minori che violano la legge.
Ma tutelare i minori nell´ambito della giustizia penale è prioritario: concezioni punitive
e autoritarie si scontrano con impostazioni umanitarie e progressiste alle quali si
inspirano le norme della Convenzione che incitano i Paesi aderenti e quindi anche il
Marocco, a creare sistemi di giustizia minorile distinti da quelli degli adulti, evitando
quanto più possibile la criminalizzazione e la privazione della libertà e
concentrandosi piuttosto sulla rieducazione dei giovani che violano la legge e sul
loro reinserimento nella società. A tale riguardo le innovazioni del codice penale che
disciplinano lo statuto dei minori hanno introdotto dei miglioramenti significativi
nell’ambito della protezione dell’infanzia in conflitto con la legge.
Il nuovo codice penale, infatti, oltre ad avere elevato l’età dell’imputabilità penale a
18 anni, ha reso obbligatoria l'istruzione giudiziaria dei reati commessi dai minori
introducendo altresi’ l'obbligo di segnalare le offese commesse nei confronti dei
bambini. Inoltre, il suddetto codice ha previsto fra le sue disposizioni:
l'imprigionamento da uno 1 a 5anni e un'ammenda da 10.000 a 1.000.000 dh per
chiunque provochi, incoraggi o faciliti lo sfruttamento di bambini con meno di 18
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anni; l'imprigionamento dai 2 ai 10 anni e un'ammenda da 5000 a 2.000.000 dh per
chiunque venda o acquisti un bambino; l'imprigionamento da 1 a 3 anni e
un'ammenda da 5.000 a 20.000 dh per chiunque sfrutti un bambino con meno di 15
anni per l'esercizio di un lavoro forzato; l'imprigionamento da 1 a 3 anni per chiunque
volontariamente arrecchi un danno fisico o percuota un bambino con meno di 15
anni.
Il minore nella Moudawana
Il nuovo Codice dello Statuto Personale e della Famiglia, approvato il 23 gennaio,
dal Parlamento del Regno del Marocco che sostituendo la precedente Moudawana,
innova in maniera significativa il modo di intendere la presenza della donna nel
contesto della famiglia e della relazione coniugale, così come il ruolo genitoriale e i
diritti dei minori, pur nel rispetto dello spirito dell'Islam e della cultura della società
marocchina, introduce una serie di norme, allo scopo di migliorare la condizione
femminile, proteggere i diritti dei bambini e salvaguardare la dignita’ umana.
In quest’ottica, il nuovo codice, riequilibrando le relazioni uomini - donne nella
famiglia, ha anche rafforzato la tutela dei diritti del bambino inserendo le disposizioni
degli accordi internazionali ai quali il Marocco ha aderito nella legislazione familiare.
La prima norma importante al riguardo, che cambia le relazioni tra il padre e la
madre a proposito dei loro bambini, è quella prevista dall'articolo 51 che fa “della
concertazione in materia di decisioni relative alla gestione degli affari familiari, dei
bambini e di pianificazione familiare” un obbligo comune dei coniugi. In applicazione
di questa norma, il giudice dà l'autorizzazione per il matrimonio del minore soltanto
dopo “avere inteso i due genitori” (articolo 20 del codice della famiglia). Questa
norma è valida anche se i genitori sono divorziati. Inoltre durante il matrimonio, come
dopo il divorzio, la tutela legale sul bambino appartiene al padre, prerogativa che la
madre può esercitare, anche durante il matrimonio, in caso d'assenza del padre o
della sua incapacità giuridica (articolo 231 del codice della famiglia).
La seconda norma di rilievo in materia, permette alla madre di badare agli affari
urgenti del bambino in caso di assenza del padre (articolo 236 del codice della
famiglia).
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Con il divorzio, i suddetti obblighi sono distribuiti tra il padre e la
madre
conformemente a ciò che è previsto in materia di patria potestà.
Inoltre, in caso di divorzio, il bambino beneficia di un domicilio, indipendentemente
dalla decadenza del diritto alla pensione alimentare (articolo 168 del codice della
famiglia); si tratta di una misura, destinata alla protezione del minore, tanto attesa
dai giudici che, in mancanza di una disciplina specifica al riguardo si sono trovati, a
volte, nella circostanza di dovere espellere, su richiesta del marito, la madre ed i suoi
bambini, dal domicilio coniugale, una volta scaduto il termine per la pensione legale
riconosciuta alla donna ripudiata.
Tuttavia, il nuovo matrimonio della madre, avente la custodia sui figli, dispensa il
padre dall'obbligo di garantire un alloggio al bambino, pur restando obbligato a
versare una pensione alimentare (articolo 175 del codice della famiglia).
Infine, l'accelerazione della procedura in materia di pensione alimentare, i cui termini
massimi non devono superare un mese (articolo 190 del codice della famiglia),
prende in considerazione l'urgenza delle necessità del bambino.
È importante sottolineare che la nuova legge marocchina per proteggere i diritti del
bambino nato fuori il matrimonio, ha introdotto il riconoscimento di paternità anche
nel caso in cui l´unione non fosse formalizzata da un atto per ragioni di forza
maggiore. Il tribunale in questo caso si appoggia sugli elementi di prova, tesi a
stabilire la filiazione.
L'innovazione e la deroga al diritto musulmano è di avere inoltre introdotto la
possibilità per la donna di conservare a certe condizioni, la custodia del figlio dopo il
suo nuovo matrimonio o il suo trasloco in una località diversa da quella del marito.
Nella vecchia legislazione marocchina, infatti, la donna che si risposa, perde il diritto
di custodia e può perderlo altresi’ se si allontana a oltre 120 km dal domicilio del
coniuge che resta tutore dei suoi bambini, poiché è lui che esercita la patria potestà.
Grazie alla Riforma l’età del matrimonio è passata da 15 a 18 anni sia per le donne
che per gli uomini, in accordo con la “Convenzione dei Diritti dei Bambini”. Inoltre
sempre in coerenza con questúltima,i figli, in caso di divorzio, verranno affidati alla
madre, poi al padre e, in caso, alla nonna materna.
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La legislazione marocchina sull’infanzia
Se sussiste un impedimento, spetterà al giudice decidere cosa è meglio per i figli,
tenendo sempre conto dei loro interessi.
Un’altra novità: i diritti dei figli devono essere garantiti anche attraverso
l’assegnazione della casa al coniuge affidatario e attraverso un assegno di
mantenimento, fatto importante se si considera che in passato oltre ad ereditare la
metà di quanto ereditava l’uomo, la donna non poteva gestire i beni dei suoi figli
minori, non potendo essere la loro tutrice legale neppure in caso di morte del
coniuge.
Grazie alla riforma del codice della famiglia , i coniugi, avendo, ormai, diritti e doveri
reciproci (articolo 51 del codice della famiglia), sono considerati come partner uguali
e responsabili congiuntamente per tutti gli affari familiari. Questi vanno dai carichi e
dalla gestione della famiglia fino al rispetto reciproco dei genitori di ciascuno,
passando per il dovere di concertazione e la presa di decisioni per i bambini e la
pianificazione familiare.
In Marocco questa struttura familiare è stata consolidata dal diritto musulmano
classico, il fikh, unico diritto applicabile al diritto di famiglia, mentre tutti gli altri campi
giuridici hanno subito trasformazioni dovute principalmente alla dominazione
coloniale. Infatti, secondo il diritto tradizionale, a cui il nuovo testo rinvia, in caso di
vuoto normativo, la famiglia è (necessariamente) legittima e fondata sui legami di
sangue; la filiazione naturale è ignorata e l'adozione proibita; la poligamia è
ammessa dappertutto, il legame coniugale è ovunque fragile, dipendendo dalla sola
volontà del marito e la donna si ritrova sempre in una condizione d'inferiorità
caratterizzata dal:
•
Diritto di costrizione al matrimonio esercitato dal padre;
•
Autorità del marito al quale ella deve sottomissione e obbedienza;
•
Semplice possibilità di affidamento dei bambini in tenera età senza alcun potere
di tutela;
•
Divisione non equa in materia successoria tra lúomo e la donna.
Con la Moudawana, il Marocco ha dato il via a un cambiamento rilevante nella sua
legislazione familiare: ha introdotto in questo campo una dimensione giuridica piu’
ampia con un'aspirazione di modernità.
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La rivoluzione del Codice di Famiglia in 5 punti
1) Diritti:
I coniugi hanno, davanti alla legge, gli stessi diritti e doveri nei confronti
dell’educazione dei figli. Il marito non puo’ più esercitare il diritto al ripudio;
2) Violenza:
In caso di maltrattamenti, la donna ha diritto di sporgere denuncia e chiedere il
divorzio al tribunale;
3) Alimenti:
E’ stata creata una cassa statale per pagare gli alimenti ad una donna divorziata da
un uomo che non provvede a tale dovere;
4) Affidamento:
I figli, dall’età di 15 anni, possono scegliere con quale genitore vivere in caso di
divorzio. Se minori di 15 anni, il giudice affida i figli, in primis, alla madre, la quale
puo’ ottenere la custodia anche in caso di suo nuovo matrimonio;
5) Residenza in Italia:
Due coniugi marocchini immigrati possono separarsi in Italia o in Marocco
indifferentemente e comunque viene applicato il nuovo codice della famiglia
Tuttavia, l’introduzione di queste eclatanti riforme dovrà essere accompagnata,
come sostiene Il politologo marocchino Mohamed Tozy , da un grande lavoro di
educazione e da profondi cambiamenti sociali. Della stessa opinione è Leila Rhiwi,
insegnante di comunicazione all'università di Rabat e coordinatrice del movimento
Primavera dell'uguaglianza, la quale esprime una preoccupazione molto diffusa nel
paese: «Questa legge è di capitale importanza; mette l'uguaglianza al posto della
sottomissione. Ma ho paura che nella pratica, nei vari tribunali sparsi per il Marocco,
non venga applicata. I magistrati hanno una libertà eccessiva. C'è ancora molto
lavoro da fare ed il problema non sta nella legge, ma nella mentalità, nella
corruzione, nella scarsa preparazione di chi siede nei tribunali di prima istanza».
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Un piano d'azione nazionale per l'infanzia all'orizzonte 2015
“Il piano d'azione nazionale per l’infanzia 2006-2015 : per un Marocco degno dei
suoi bambini” è una delle iniziative concrete prese dal regno nel percorso della
concretizzazione dei suoi impegni derivati dalla sessione straordinaria delle Nazioni
Unite del maggio 2002, nella prospettiva di raggiungere gli obiettivi del millennio per
lo sviluppo. Tale documento approvato dal governo si prefigge dieci obiettivi che si
riferiscono alla promozione della situazione dei bambini in Marocco. Quest'obiettivi
sono determinati considerando le specificità e le necessità nazionali in coerenza con
il programma di sviluppo dell'ONU. Si tratta in particolare di favorire “una vita
migliore che garantisce la salute ai bambini, “un insegnamento di qualità...” “la tutela
dei bambini dai maltrattamenti, dallo sfruttamento e dalla violenza” ed infine “la lotta
contro l'AIDS”.
Il piano nazionale riguarda in primo luogo la promozione del diritto alla salute e ad
una vita sana, migliorando in particolare l'assistenza: alla madre e al lattante, prima
e dopo il parto; ai bambini in situazione precaria e agli adolescenti, per quanto
riguarda le malattie sessualmente trasmissibili, in particolare l'AIDS; relativamente
alla promozione del diritto all'istruzione, il piano mira a migliorare la qualità
dell'insegnamento in modo integrato, garantendo l'insegnamento prescolastico a tutti
i bambini dei due sessi, con un interesse particolare per gli ambienti rurali oltre
all'adattamento dei programmi per i bambini con specifiche necessità.
L'elaborazione del Piano d'azione nazionale per il bambino, interviene in un contesto
generale caratterizzato da una reale presa di coscienza collettiva, a livello nazionale
e locale, governativo e non governativo, pubblico e privato, dell'importanza della
valorizzazione delle risorse umane come fattore e condizione necessari per la
competitività e lo sviluppo del Paese.
Si tratta di un piano d'azione che emana da un lungo processo che ha saputo
mobilitare tutti gli attori: governo, società civile, settore privato, agenzie di sviluppo e
di cooperazione, giovani e bambini. Tutti mobilitati per decidere le scelte strategiche
per la protezione dell’infanzia Marocchina. Tutti mobilitati secondo una visione
integrata che ha saputo fare del bambino, un argomento di diritto in un´ottica di
complementarità e di sinergie. Un piano d'azione che si integra perfettamente nei
grandi cantieri dei diritti umani, di democratizzazione, d'ammodernamento e sviluppo
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La legislazione marocchina sull’infanzia
duraturo avviati dal Marocco di cui in particolare l'iniziativa nazionale per lo sviluppo
umano (INDH), lanciata dal re Mohammed VI, nel suo discorso del 18 maggio 2005,
che ha come scopo la lotta contro la povertà, l'esclusione sociale e lo sviluppo delle
risorse umane.Questa azione che costituisce la manifestazione più notevole dei
progressi che sta compiendo il Marocco, rappresenta un’iniziativa fondamentale nel
quadro del rafforzamento della promozione dei diritti umani attraverso una nuova
politica sociale in materia d'infanzia, per lo sviluppo di uno Stato di diritto nel
processo di democratizzazione in corso.
Oltretutto in questo paese, ancora relativamente lontano dal conseguimento degli
OSM, il Piano d'azione esige non soltanto una volontà politica rinnovata ma anche la
mobilizzazione e l´uso di risorse supplementari a livello nazionale ed internazionale,
tenuto conto anche dell'urgenza e della gravità delle necessità particolari dei
bambini.
Pertanto l'attuazione di questo piano, all’orizzonte del 2015, si basa sulla
determinazione degli obiettivi delle quattro priorità strategiche che qui di seguito
vengono indicate, attraverso un approccio globale che rispetta l’universalità dei diritti,
nell’ambito di un processo esteso a tutto l’arco dell’esistenza: dall’istruzione
secondaria e superiore alla formazione professionale:
1) La lotta contro la mortalità materna e neo-natale costituisce una priorità per
rispondere al diritto più importante per le madri ed i bambini, cioè il diritto alla
vita.
2) L´istruzione di qualità è un obiettivo ed una strategia che mira a garantire
un´effettiva riduzione dell´abbandono scolastico e a trasmettere ai bambini le
competenze necessarie per una reale integrazione sociale e per partecipare
attivamente allo sviluppo delle loro famiglie, della Comunità e del Paese in
generale.
3) La lotta contro lo sfruttamento economico dei bambini, riveste un'importanza
particolare per la protezione dei bambini e converge con gli altri interventi
congiunti che il Marocco ha promosso a favore dell´infanzia nell´ambito del
suo programma di sviluppo umano.
4) Finanziamento del piano d'azione che richiede, inizialmente, un impegno
concreto del governo per razionalizzare le spese pubbliche, organizzare un
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sistema d'analisi e di bilancio per l´infanzia e
sviluppare meccanismi
innovativi di mobilizzazione di risorse che possano potenziare, in modo
coerente ed organizzato, tutte le forze vive della nazione: Comunità locali,
settore privato, ONGS, ed i cittadini, compresi i bambini ed i giovani.
A livello giuridico, questo processo evolutivo è sostenuto dall'adozione di misure
d'accompagnamento e dall'approvazione di un numero di convenzioni e di protocolli
d'accordo internazionali che riconoscono al minore un’insieme di diritti civili, politici,
sociali, culturali ed economici e che hanno contribuito a conferire a quest´ultimo una
priorità politica, nella convinzione che il bambino d'oggi, che è l'uomo e la donna di
domani, rappresenta il capitale di base di sviluppo economico e sociale di qualsiasi
paese. Inoltre periodiche relazioni sull'applicazione del Piano, hanno lo scopo
specifico di garantire il raggiungimento di molti obiettivi, in particolare quelli che si
riferiscono alla difesa dei diritti dei bambini nel settore sanitario, didattico e giuridico.
La ratifica della convenzione e dei suoi protocolli facoltativi sui diritti del bambino,
effettuata dal Marocco il 21 luglio 1993, (pubblicazione alla B.O. del 19 dicembre
1996, p. 897), che comporta un insieme completo di norme giuridiche internazionali
per la protezione ed il benessere dei minori (diritti civili, politici, sociali, economici,
culturali), segnerà una svolta nel settore.
La produzione legislativa che riguarda l'infanzia è stata infatti, da allora, e
specialmente in questi ultimi anni, relativamente abbondante e si può qualificarla
come reale
tentativo rimessa a livello. E cio’ anche in coerenza con l’impegno
assunto dal Marocco durante la sessione straordinaria, nell’applicare il Piano
d'azione, prevedendo le seguenti misure:
•
Riformare legislazioni, politiche e piani d'azione nazionali, destinando risorse alla
promozione ed alla tutela dei diritti e del benessere dei bambini;
•
Creare o rafforzare organi nazionali, come organi di mediazione indipendenti per
i bambini, e altre istituzioni o enti, incaricati di promuovere e proteggere i diritti
dei bambini;
•
Mettere a punto sistemi nazionali di controllo e di valutazione per determinare gli
effetti delle azioni poste in essere per i bambini;
•
Favorire una migliore e più ampia conoscenza dei diritti del bambino.
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Prospettive
Il Marocco, nonostante i numerosi progressi degli ultimi anni, é ancora un Paese in
via di sviluppo e molto resta da fare, soprattutto nel settore sociale.
Infatti la riduzione della povertà comincia dai bambini e pertanto aiutare quest´ultimi
a raggiungere il loro pieno potenziale, è il migliore investimento nel progresso
dell'umanità. Gli interventi effettuati nei primi, cruciali anni di vita di un bambino
determinano in gran parte lo sviluppo fisico, intellettivo ed affettivo dell'adulto di
domani.
Similmente,
investire
nell'infanzia
di
oggi
significa
accelerare
il
raggiungimento dei traguardi futuri in tema di lotta alla povertà. In quest´ottica,
sarebbe, ad esempio, utile, creare un Ufficio di Controllo per i Diritti dei Bambini
(UCDB), composto da un’equipe di professionisti con competenze nell’ambito legale
e psicologico con il compito specifico di fare indagini e rapporti su:
•
effettiva applicazione della legislazione di protezione dell'infanzia;
•
violazioni dei diritti dei bambini;
•
effettivo rispetto delle disposizione contenute nella Convenzione Internazionale
sui diritti dellínfanzia;
•
collaborazione della polizia e del sistema giudiziario;
•
effettivo utilizzo dei finanziamenti locali ed europei per azioni ed iniziative a tutela
dell'infanzia.
Quest'approccio si iscrive nel quadro della nuova concezione dello sviluppo umano
duraturo, dove il bambino non è più considerato soltanto come beneficiario ma come
attore dello sviluppo.
Infatti il contesto della mondializzazione ed il processo d'apertura delle economie
nazionali impone sempre più di piegarsi alle esigenze della competitività fra cui la
valorizzazione delle risorse umane.
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