Politica, Educazione, Formazione Linguistico-culturali Ciclo

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Politica, Educazione, Formazione Linguistico-culturali Ciclo
Dipartimento di Scienze politiche, della comunicazione e delle relazioni
internazionali
Corso di Dottorato di ricerca in
Politica, Educazione, Formazione Linguistico-culturali
Ciclo XXIV
2009 - 2011
TITOLO DELLA TESI
L’EDUCAZIONE LETTERARIA NELLA CLASSE PLURILINGUEPLURICULTURALE ATTRAVERSO LA LETTERATURA DELLA MIGRAZIONE IN
ITALIANO: UNA RICERCA-AZIONE PER L’EDUCAZIONE INTERCULTURALE
Presentata da
Dott.ssa Francesca Gisbussi
Diretta da
Chiar.ma Prof.ssa Danielle Lévy
Indice
Introduzione
Indice………………………………………………………………………………………….I
Capitolo 1. Plurilinguismo, intercultura, educazione letteraria tra politiche
europee e nazionali e prassi locali…........................................................................1
1.L’educazione plurilingue e interculturale per la costruzione dell’identità europea e la
coesione sociale
2. L’educazione linguistica nella scuola secondaria di I grado tra politiche linguistiche,
Indicazioni nazionali e autonomia scolastica
3.La normativa sull’accoglienza degli alunni stranieri
4. Pratiche didattiche e progetti per l’intercultura tra obiettivi, strumenti ed esiti. P. 20
5. L’educazione letteraria in Italia
5.1. Le fasi e gli orientamenti metodologico-didattici
5.2. Un breve excursus storico
5.3. Educazione linguistica-educazione letteraria nella scuola secondaria di
secondo grado
5.4. L’‘Educazione letteraria’ nella scuola secondaria di primo grado
Capitolo 2. Quadro teorico di riferimento……………….……………………………37
1. La nozione di competenza nelle scienze dell’educazione e nella didattica delle
lingue
2. La nozione di competenza interculturale
2.1. Origine della nozione
2.2. Una ricognizione dei modelli contemporanei
2.2.1. Modelli compositional
2.2.2. Modelli co-orientational
2.2.3. Modelli developmental
2.2.4. Modelli adaptational
2.2.5. Modelli causal paths
3. La nozione di competenza comunicativa interculturale
4. Modelli significativi per la ricerca svolta
4.1. Il modello dinamico di sensibilità interculturale di Milton Bennet
4.1.1. Le fasi etnocentriche
4.1.2.Le fasi etnorelative
4.1.3.Interesse del modello per il presente lavoro
4.2. Il modello di Michael Byram
4.2.1. Concetti e sollecitazioni tratte dal modello di Byram
4.3. Il quadro concettuale di Denise Lussier
4.3.1. La struttura concettuale della ICC
a.
Intercultural cognitive competence
b.
Intercultural skills
c.
Existential competence
4.4. Conclusioni sulla nozione
comunicativa interculturale
di
competenza
interculturale/competenza
5. Il piacere della lettura e la motivazione
6. La costruzione dell’io scolastico
7. La costruzione dell’io sociale
7.1. I concetti di rappresentazione sociale e atteggiamento
8. La pluralità linguistica e culturale
Capitolo 3. La ‘letteratura della migrazione’ in italiano per l’educazione
interculturale: un approccio al testo con aperture pluridisciplinari……………105
1. La produzione letteraria ‘della migrazione’ tra questioni definitorie, marginalità e
approcci critici
2. Criteri per la scelta di testi per percorsi didattici a finalità interculturale
3. Una griglia per un approccio al testo con aperture pluridisciplinari
4. Un esempio di approccio al testo Salsicce di Igiaba Scego
Capitolo 4. Il disegno della ricerca e la metodologia d’indagine………………129
1. Finalità dell'indagine e domande di ricerca
2. I terreni d’indagine
2.1. Scuola 1, I.C. Tacchi venturi, San Severino Marche
2.2. Scuola 2, I.C. ‘Enrico Mestica’, Macerata
2.3. Scuola 3, Scuola Media ‘Marco Martello’, Petriolo
3. La ricerca-azione
3.1. La ricerca-azione in ambito educativo
4. Gli strumenti d’indagine
4.1.Il questionario iniziale
4.2. I.testi creativi
4.3. Il diario degli alunni
4.4. Il questionario finale
4.5. Le note di campo e il diario dell’insegnante-ricercatrice
5. Cronistoria della ricerca-azione
6. Criteri di selezione dei rispondenti
7. Analisi dei dati
Capitolo 5. Analisi dei dati……………………………………………………………155
Evoluzione delle rappresentazioni sulla mobilità e la migrazione
1. Scuola 1
1.1. I testi creativi preliminari
1.1.1. Integrazione
1.1.2. Lingue e competenze linguistiche
1.2. I testi creativi redatti dopo la ua2
1.2.1. Comunicazione
1.2.2. Socializzazione
1.2.3. Emozioni
2. Scuola 2
2.1. I primi testi creativi
2.1.1. Integrazione
2.1.2. Lingue e competenze linguistiche
2.2.i testi creativi redatti dopo la ua2
2.2.1 comunicazione
2.2.2. Socializzazione
2.2.3. Emozioni
3. Conclusione
Domanda di ricerca 2
4. Preindagine
5. Attività sul concetto di ‘cultura’
6. Decentramento
7. Lingue e culture occultate
Capitolo 6. Conclusioni…………………………………………………………………227
1 La ricerca condotta: punti di forza, punti di debolezza
1.1. Metodologia della ricerca
1.2. Approccio didattico
2. Proposte per un’educazione letteraria a finalità interculturale
3. Auspici e spunti per la ricerca a venire
BIBLIOGRAFIA…………………………………………………………………………..245
ALLEGATI
Introduzione
La presente ricerca nasce da interessi professionali e scientifici radicati nella prassi
dell'insegnamento dell'italiano nella scuola secondaria di I grado.
In considerazione del mutamento sociale che, negli ultimi decenni, ha reso il pubblico
scolastico sempre più plurale dal punto di vista linguistico e culturale e del fatto che
l'italiano costituisce da tempo per molti apprendenti una lingua seconda, tenendo altresì
conto della cultura della scuola italiana nella quale l'educazione letteraria ha un
significativo radicamento, nell'ambito di questo studio si è definito un approccio al testo
letterario mirante all'ibridazione delle metodologie didattiche nate dagli studi di matrice
letteraria con concetti, strategie, approcci sviluppati nell'ambito della didattica delle lingue
e culture straniere.
Il percorso didattico qui definito, fondato sulla 'letteratura della migrazione' in italiano, va
dunque a delineare un approccio al testo letterario che mutua e reinterpreta concetti e
nozioni teoriche definiti in particolare nell’ambito delle teorie relative alla competenza
comunicativa interculturale (Byram, 1997 e Lussier, 2007) e, attraverso la sollecitazione
della riflessione e del decentramento (Bredella, 2000), ha come finalità globale lo sviluppo
di una visione dinamica e non stereotipata dei soggetti che vivono la mobilità e la
migrazione nonché delle questioni connesse all'integrazione e all'apprendimento
linguistico nel paese di accoglienza, nella prospettiva di un’educazione che risponda alle
esigenze di convivenza con la pluralità linguistica e culturale che caratterizzano i contesti
sociali ed educativi contemporanei, a livello tanto locale quanto nazionale, europeo,
globale.
Attraverso una metodologia di ricerca-azione e per mezzo di strumenti e metodi di raccolta
e analisi dei dati propri delle scienze sociali e delle scienze dell’educazione, ci si è proposti
dunque una duplice finalità: da un lato, la sperimentazione, in due terreni d'indagine, di un
percorso didattico fondato su testi della ‘letteratura della migrazione’, dall’altro, l’utilizzo dei
dati raccolti in itinere per cogliere gli esiti delle attività svolte in relazione alle
I
rappresentazioni degli apprendenti sulle lingue e le culture e i soggetti e i gruppi sociali
portatori di ‘diversità’ linguistica e culturale.
Le domande d'indagine che hanno guidato il presente lavoro sono le seguenti:
1. Quali rappresentazioni sulle lingue e l’apprendimento linguistico nella mobilità e la
migrazione emergono dai testi creativi redatti dagli alunni?
E’ possibile rintracciare in scritti successivi un’evoluzione di tali rappresentazioni?
2. Quali tra le attività realizzate hanno contribuito maggiormente a rendere più articolate le
rappresentazioni e le riflessioni sugli incontri e le relazioni sociali tra soggetti dalle
appartenenze linguistiche e culturali plurali?
Dagli esiti della ricerca empirica, è emersa da un lato una complessificazione delle
rappresentazioni degli apprendenti sulla mobilità, la migrazione, i processi di integrazione,
dall'altro la proficuità di attività miranti allo sviluppo di una 'sensibilità culturale' (Lussier,
2007), al decentramento e alla valorizzazione delle lingue-culture occultate in quanto
minoritarie.
Appare pertanto plausibile concludere che i processi di sintonizzazione affettiva innescati
dalle attività svolte a partire dai testi letterari abbiano contribuito allo sviluppo di
atteggiamenti empatici verso i personaggi dei racconti e con essi anche un incremento
del grado di implicazione degli apprendenti in relazione alle lingue e all’apprendimento
linguistico nella mobilità e nella migrazione.
A seguito del confronto con i dati di terreno, è stato dunque possibile ridefinire e precisare
i criteri precedentemente ipotizzati per la selezione dei testi letterari e sono stati
evidenziati i punti di forza e di debolezza dello studio svolto, sia in relazione alla
metodologia della ricerca che di quella didattica.
Infine, si è avanzata la proposta di un percorso di formazione per gli insegnanti di italiano
che preveda aperture verso una pluralità di discipline, quali le scienze del linguaggio
(sociolinguistica, psicolinguistica, linguistica acquisizionale etc.) e le scienze antroposociali (etnografia, antropologia culturale, antropologia dell'educazione, sociologia delle
migrazioni, sociologia dell'educazione, psicologia sociale etc.).
Infatti, ciò che appare non più procrastinabile è l’apertura ad un'interdisciplinarità negli
approcci didattici che apra le porte ad un pluriculturalismo diffuso e consideri
l’appartenenza della 'nostra' cultura e della 'nostra' letteratura a un sistema più vasto, non
II
più o almeno non solo italo- o eurocentrico, ma transculturale (Lussier, 2007; Gnisci,
Cipollari, 2012), ovvero che consideri la tradizione italiana come appartenente a una rete
culturale ampia e in continua evoluzione.
III
Ringraziamenti
IV
Capitolo
1.
Plurilinguismo,
intercultura,
educazione letteraria tra politiche europee e
nazionali e prassi locali
Nel presente capitolo si introdurranno i concetti di plurilinguismo e interculturalità
secondo le definizioni emergenti dai documenti delle istituzioni europee e in
particolare del Consiglio d'Europa.
Si passerà quindi ad esaminare il contesto italiano in relazione alle politiche
linguistiche ed educative con particolare attenzione per la normativa relativa alla
scuola secondaria di I grado e ai documenti programmatici e alle direttive relative
all'inserimento e all'integrazione scolastica degli alunni con cittadinanza non italiana.
Si esaminerà infine il concetto di educazione letteraria nel contesto della tradizione
culturale e scolastica nazionale.
1. L’educazione plurilingue e interculturale per la costruzione
dell’identità europea e la coesione sociale
In Europa, il discorso politico sull’intercultura (cfr. Leclerq 2002, cit. in Gobbo, 2009)
inizia a strutturarsi a partire dal 1981, con il documento The education and cultural
development of migrants (Project n. 7 du CDCC, 1981-1986), che promuoveva,
come fondamento dell’impegno contro la discriminazione, il riconoscimento della
differenza personale.
Si tratta di un approccio associato alla situazione degli immigrati e va di pari passo
con i primi studi condotti per la valutazione dei sistemi educativi (Project n. 7 du
CDCC, 1981-1986, p. 3).
Nei successivi trent’anni, il Consiglio d’Europa continuerà a esplorare il concetto di
cultura e identità culturale e a ritenere la differenza un tratto fondante dell’individuo e
un fattore fondamentale sia di crescita che di arricchimento tanto personali quanto
collettivi.
1
In tale prospettiva, il fenomeno migratorio viene visto come lo spostamento di
soggetti inculturati e non solo come trasferimento di mera forza lavoro.
Sui movimenti di persone e i mutamenti demografici, si rileva che la tendenza
sempre più marcata è quella a fermarsi stabilmente nei paesi di accoglienza, fatto
che, nel passato, avrebbe sollecitato percorsi di assimilazione, mentre il documento
sopra citato evidenzia come non ci si aspetti più che alla permanenza si accompagni
un’assimilazione a livello sociale e culturale. Vi si ipotizza invece la formazione di
una ‘cultura degli immigrati’, che riguarda nello specifico le nuove generazioni: si
ritiene che “gli immigrati di seconda generazione, in particolare gli adolescenti, stiano
elaborando, sotto i nostri occhi, una cultura nuova, che è loro e che non è più quella
del paese d’origine” (Project n. 7, id., p. 33).
Tale interpretazione è collegata a quanto affermato in un volume collettaneo della
fine degli anni ’70 (Porcher, 1978), che definisce una prima riflessione pedagogica
sulla questione giovanile in un contesto di immigrazione.
Nella prospettiva odierna, si possono individuare in quell’elaborazione i valori e
l’impegno sui problemi e gli attori sociali dei quali gli stessi pedagogisti torneranno
poi ad occuparsi attraverso l’approccio interculturale.
In quel lavoro infatti, la pedagogia affronta la questione socio-politica della
disuguaglianza e lo fa rivendicando il diritto all’autodeterminazione e alla
riappropriazione della ‘parola’.
Alle radici, vanno peraltro collocati i movimenti che, nel decennio precedente, negli
Stati Uniti avevano portato le minoranze a rivendicare autodeterminazione e controllo
delle istituzioni in nome delle differenti identità culturali ed etniche, e la pedagogia di
Paulo Freire che sosteneva che la ‘presa di parola’ degli oppressi costituisse la via
per appropriarsi delle decisioni sulla vita e sul futuro.
Sulla scia di tali precedenti, secondo i pedagogisti francesi le questioni riguardanti i
problemi educativi costituiscono da un lato una scommessa educativa, dall’altro un
banco di prova per la risoluzione di problemi più generali, e perciò se per un verso gli
studiosi continuano a focalizzare l’attenzione sulle problematiche comuni ai giovani
sia autoctoni che stranieri, per l’altro evidenziano come gli alunni e gli studenti
stranieri non possano a rigore essere uguagliati ai loro coetanei ‘svantaggiati’,
sottolineando la specificità delle questioni che li riguardano.
La ‘parola’ è al centro sia di quella che viene chiamata la ‘pedagogia della
liberazione’, sia della ‘pedagogia della differenza’, in quanto
2
la doppia appartenenza culturale e sociale [di questi giovani], il loro stato di squilibrio
etnologico, conferiscono ad essi uno statuto ambiguo che, nel loro caso, si salda attraverso il
silenzio e la rassegnazione. Che dire quando non c’è niente da dire, niente per dire, nessuno
cui dire? Parlare è precisamente prendere la parola, conquistare un’identità rivendicando al
tempo stesso una differenza e una uguaglianza. (Porcher, 1978, p. 9)
Come osserva Gobbo,
Parola’ è ciò che àncora il soggetto al gruppo e alla cultura di appartenenza, ‘parola’ è anche
lo strumento per riappropriarsi della condizione di immigrato e progettarsi nel futuro. Da
questo punto di vista, il significato del processo di scolarizzazione si amplia e si assegna una
doppia finalità: preparare i figli degli immigrati a vivere nella società francese e collegarli alla
loro società e cultura di origine. Il seme di una pedagogia interculturale era stato gettato: la
scuola non aveva soltanto il compito di perseguire l’uguaglianza tenendo conto delle
differenze, ma anche quello di prospettare un modello delle relazioni socio-culturali e politiche
che prevedesse il riconoscimento dell’originaria appartenenza culturale e l’accogliesse come
elemento legittimo della convivenza quotidiana. (Gobbo, id., p. 42).
contempera componenti antropologiche e sociologiche, in quanto la cultura viene
intesa non solo come tratto distintivo di gruppi etnici ma anche di diversi strati sociali
(Blot, 1978, pp. 88-89)
Il già citato documento del Consiglio d’Europa, facendo riferimento a differenza,
cultura, appartenenza etnica, sottolinea come si tratti di dimensioni che non vanno
considerate come fisse, infatti la cultura è definita “plurale, dinamica, in movimento e
non irrigidita” (id., p. 3), e tale distinzione nasce dal considerare le differenze non
solo a livello di contesti multiculturali (nei quali sono presenti gruppi maggioritari e
minoritari), ma anche a livello intraculturale (differenze di classe sociale) e
intergenerazionale (in quanto nelle giovani generazioni i processi assimilatori hanno
lasciato permanere solo alcuni tratti della cultura d’origine della famiglia).
Nel medesimo documento si problematizza la stabilità e la continuità di una società
interculturale, dato che da un lato questa è considerata come un sistema in continua
evoluzione, dall’altro si ritiene che possa dare origine a divisioni. Si pone dunque
l’accento sulla capacità di apertura della comunità alla diversità e al pluralismo ai fini
della coesione sociale.
Inoltre, se da un lato le ‘culture degli immigrati’ evolvono nell’interazione con quelle
degli autoctoni o degli altri gruppi di immigrati, dall’altro accade che, in certi casi, le
particolari culture degli immigrati permangano o si rafforzino, in quanto si può essere
3
immigrato e di una specifica provenienza (algerina, portoghese etc.) e mantenere
tale identità.
Si specifica inoltre che, se da un lato è importante continuare a trasmettere, almeno
in parte, le lingue e culture degli immigrati, dall’altro la società di accoglienza deve
sviluppare una disposizione interculturale.
A tali fini, il documento si propone di far conoscere le culture dei differenti gruppi di
origine straniera residenti nel paese, menzionando peraltro anche le ragioni alla base
delle migrazioni, che mostrano una preoccupazione per derive xenofobe e razziste.
Fin dai primi documenti che si sono occupati di ‘intercultura’, dunque, è stata
presente la preoccupazione del Consiglio d’Europa per la coesione sociale. Questa è
rimasta una costante fino agli atti più recenti che si andranno ad esaminare.
Negli anni successivi, mentre l’antropologia metteva in discussione il concetto di
cultura e nell’ambito si era ben lontani dal raggiungimento di una definizione
unanime, il Consiglio d’Europa paventava (Project n. 7 du CDCC, 1988, p. 6) il
prevalere di un concetto ‘storico’, e per questo immobile, di cultura.
Alla pedagogia interculturale, che si occupa di culture ‘in situazione’, ovvero nel
contatto e non immaginate come ciascuna a sé stante, è stato affidato il compito di
contribuire a evitare l’imporsi di una tale accezione del concetto (Gobbo, id., p. 44).
Le nozioni di multilinguismo, plurilinguismo e interculturalità sono affrontate in una
serie di documenti di istituzioni europee, in particolare del Consiglio d’Europa.1
Nell’ambito dei diritti umani il punto di riferimento fondamentale è la Convenzione
Europea dei Diritti dell’Uomo,2 sottoscritta a Roma nel 1950 dai Paesi membri del
Consiglio d’Europa, che tra l’altro prevede il diritto di non essere discriminati in base
alla razza, alla lingua, etc.
1
Il Consiglio d’Europa, cui aderiscono 47 Paesi, si pone come finalità la promozione di uno spazio
democratico e politico comune nel continente europeo che garantisca il rispetto di principi
fondamentali individuati nei diritti umani, nella democrazia e nello stato di diritto.Tra i documenti che
tutelano tali principi, ricordiamo i seguenti: Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, 1992;
Common European Framework of Reference for Languages: Learning, Teaching, Assessment, 2001;
Dichiarazione di Faro sulla strategia del Consiglio d’Europa per lo sviluppo del dialogo interculturale,
2005; Guida per l’elaborazione delle politiche linguistiche educative in Europa, 2007. Numerose sono
anche le pubblicazioni curate dalla Divisione Politiche Linguistiche del Consiglio, che ha come compito
proprio la definizione e lo sviluppo di politiche volte all’insegnamento delle lingue: Adult migrant
integration policies: principles and implementation, The linguistic and educational integration of
children
and adolescents from migrant backgrounds, 2010 etc.
2
D’ora in avanti, C.E.D.U.
4
Nell’ambito del principio democratico ha inoltre un posto di primo piano il
perseguimento della coesione sociale (Consiglio d’Europa, 2008: 19).3
Fra i documenti che affrontano i temi relativi alle politiche linguistiche e culturali
vanno ricordati in particolare, oltre alla C.E.D.U. (da cui i principi di non
discriminazione e pari dignità), il Guide pour l'élaboration des politiques linguistiques
éducatives en Europe. De la diversité linguistique à l'éducation plurilingue (2003), il
Libro Bianco sul dialogo interculturale (2008), la Guida per lo sviluppo e l’attuazione
di curricoli per un’educazione plurilingue e interculturale (2010).
Da essi emergono sia l’attenzione dedicata e l’importanza attribuita a questi temi, sia
i principi cui il Consiglio d’Europa si ispira.
Si prenderà qui come punto di riferimento il Libro Bianco sul dialogo interculturale,
per esaminarne alcuni contenuti salienti.
Il contesto di cui si prende atto è quello della profonda trasformazione della società
europea e degli Stati nazionali tradizionali a seguito del fenomeno della
globalizzazione che comporta un crescente ‘avvicinamento’ di popoli e culture (anche
extraeuropei) a causa dello sviluppo dei mezzi di trasporto, dei mezzi di
comunicazione a distanza e delle tecnologie. Conseguenza di ciò è un aumento
crescente delle occasioni e della necessità di contatti, relazioni e scambi tra soggetti
appartenenti a culture differenti, per ragioni economiche, culturali e turistiche e a
seguito dei fenomeni migratori.
In relazione a tale contesto, il Consiglio d’Europa, rifiutando i paradigmi
assimilazionista e comunitarista (Dichiarazione di Opatija, 2003) in quanto ritenuti
inadatti allo sviluppo della coesione sociale, promuove il dialogo interculturale e, con
esso, l’educazione plurilingue e interculturale (Consiglio d’Europa, 2008).
Gli argomenti a sostegno di tale indirizzo e i principi alla base di queste politiche si
possono così sintetizzare:
il pluralismo si basa sul riconoscimento e il rispetto autentici della diversità e della dinamica
delle tradizioni culturali, delle identità etniche e culturali, delle convinzioni religiose, delle idee
e concezioni artistiche, letterarie e socio-economiche e un’interazione armoniosa fra individui
e gruppi con identità differenti è essenziale al fine della coesione sociale.(Consiglio d’Europa,
2008, ove si cita la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo n. 44158/98 del 17
febbraio 2004)
3
Cf. anche: <http://www.coe.int/aboutCoe/index.asp?page=nosObjectifs&l=en>
5
Oltre a costituire un dato oggettivo nel senso sopra detto, la diversità assume una
valenza positiva sia nel senso della vitalità culturale, sia per il miglioramento delle
prestazioni sociali ed economiche. Se ne considerano infatti le potenzialità ai fini
della creatività e dell’innovazione mentre le ineguaglianze sono ritenute potenziali
generatrici di conflitti costituenti una minaccia per il benessere sociale (id., p. 14).
Gli elementi che devono fungere da base comune a queste diversità coincidono con
gli obiettivi del Consiglio d’Europa: valori democratici, diritti umani fondamentali e
Stato di diritto (id., p. 9).
Il dialogo interculturale, definito come “scambio di vedute aperto e rispettoso fra
persone e gruppi di origini e tradizioni etniche, culturali, religiose e linguistiche
diverse, in uno spirito di comprensione e di rispetto reciproci” (id., p. 17) è ritenuto in
grado di scongiurare visioni stereotipate di altre culture ed estremismi, nonché di
contribuire all’integrazione in ambito politico, sociale, culturale ed economico.
Esso ha innanzi tutto una finalità di conoscenza delle diverse ‘abitudini e visioni del
mondo’ (ibid.), di sviluppo degli individui e di atteggiamenti improntati a tolleranza e
rispetto. Se ne mette in luce il valore ai fini della gestione della ‘pluriappartenenza
culturale’ in contesti multiculturali, in quanto “ strumento che permette di trovare
sempre un nuovo equilibrio identitario, rispondendo alle nuove aperture o esperienze
e aggiungendo all’identità nuove dimensioni, senza per questo allontanarsi dalle
proprie radici” (id.: 19).
Si sottolinea dunque la ‘porosità’ dell’identità contro gli ‘scogli delle politiche
identitarie’ miranti a rendere invalicabili i confini tra le diverse appartenenze.
Per lo sviluppo di una ‘cultura della diversità’, è necessario che i diritti delle
minoranze siano salvaguardati attraverso la promozione di un equilibrio tra
maggioranze e minoranze che eviti abusi di posizione dominante.
A tal fine, si individua una serie di competenze necessarie per il dialogo interculturale
che il Consiglio d’Europa indica e promuove come finalità delle politiche educative e
linguistiche dei paesi membri. Di tali competenze, si sottolinea innanzi tutto la non
automaticità e la necessità della loro acquisizione, pratica e sviluppo nel corso della
vita.
Come già sottolineato anche in documenti precedenti (Raccomandazione del
Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006, 2006/962/CE), tra le
competenze chiave sono annoverate quelle linguistiche.
6
Nel Libro bianco si evidenzia infatti come la diversità linguistica sia spesso un
ostacolo alle conversazioni interculturali.
Si ribadisce quindi il principio della salvaguardia delle lingue minoritarie, gia
affermato nella già citata Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, e
parallelamente la necessità che i membri delle minoranze apprendano la lingua
maggioritaria ai fini di una piena cittadinanza. La Carta riconosce infatti il valore del
multilinguismo e in essa si riafferma il principio secondo cui la salvaguardia delle
lingue minoritarie non deve andare a scapito della conoscenza delle lingue ufficiali.
All’apprendimento linguistico sono inoltre affidati la creazione di rappresentazioni non
stereotipate dell’alterità, lo sviluppo di atteggiamenti di apertura e curiosità verso gli
altri, la scoperta di nuove culture e l’apprezzamento e l’arricchimento derivanti da
scambi con soggetti dalle identità sociali e culturali diverse.
Come si è già visto, altri documenti, sia precedenti che successivi al Libro bianco per
il
dialogo
interculturale
hanno
affrontato
aspetti
specifici
in
relazione
all’apprendimento linguistico e alla promozione di politiche finalizzate allo sviluppo di
sistemi educativi miranti a un’educazione plurilingue e pluriculturale.
Essa
parte dai repertori plurilingui e pluriculturali degli allievi, caratterizzati dalla pluralità linguistica
e culturale delle società moderne. È una educazione linguistica globale che investe tutte le
lingue presenti e insegnate nella scuola (lingua/e di scolarizzazione, lingue regionali o
minoritarie, lingue della migrazione, lingue straniere e classiche) e tutte le aree disciplinari. La
sua finalità è duplice: formare la persona e sviluppare la competenza plurilingue e
interculturale. Questa competenza è la capacità di un locutore, inteso come attore sociale, di
mobilizzare il proprio repertorio di risorse linguistiche e culturali in modo adeguato rispetto alle
circostanze e agli interlocutori per comunicare ed interagire. È, al tempo stesso, la capacità di
far evolvere questo repertorio. Quest’ultimo è composto da risorse proprie di ogni lingua e
delle culture ad essa relative e da risorse trasversali, comuni a più lingue e culture (Beacco,
Byram et al., Consiglio d’Europa, 2010; Cavalli, 2012);
Tale approccio educativo mira dunque a integrare tutti gli insegnamenti linguistici,
tradizionalmente separati in diversi sistemi scolastici, tra cui quello italiano.
In tal senso essa costituisce un indirizzo che, sebbene in Italia abbia trovato
formulazioni teoriche e applicazione fin dalla pubblicazione delle Dieci tesi per
l’educazione linguistica democratica del Giscel (1975), non si è mai diffuso
capillarmente.
7
Si tratta dunque di una rinnovata proposizione di concetti e indirizzi metodologici che,
dal Consiglio d’Europa, giungono a sollecitare i sistemi educativi dei paesi membri
alla costruzione di curricoli educativi e scolastici nei quali si può andare dal
coordinamento dell’insegnamento delle lingue ad una vera e propria ricerca
sistematica di coerenza ed economia fra i diversi insegnamenti delle lingue stesse
all’attribuzione a tali insegnamenti della finalità esplicita dell’acquisizione di
un’educazione plurilingue e interculturale all’utilizzo della lingua di scolarizzazione
come base per ottenere questo tipo di educazione.
Si tratta di interventi che lo stesso documento del Consiglio d’Europa circoscrive
nell’ambito di cambiamenti che non stravolgano l’assetto dei sistemi scolastici e che
siano realizzabili attraverso azioni mirate ad aspetti specifici.
Come si vedrà, nella presente ricerca si tiene conto di tale indirizzo e ci si propone la
definizione di un approccio didattico che, nell’ambito dell’insegnamento dell’italiano,
promuova l’educazione plurilingue e interculturale.
In riferimento agli alunni immigrati, si raccomandano misure che, oltre a evitare forme
di isolamento (ad esempio attraverso percorsi speciali o classi distinte) e
programmazioni ridotte, offrano a questo pubblico scolastico strumenti specifici (quali
risorse umane, attrezzature, ore supplementari etc.) e docenti specificamente
qualificati e formati.
Come si vedrà, una proposta per la formazione professionale dei docenti verrà
formulata a conclusione del presente lavoro.
Di tali indicazioni si è recentemente tenuto conto, in Italia, nelle recentissime
Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo (2012).
2. L’educazione linguistica nella scuola secondaria di I grado tra
politiche linguistiche, Indicazioni nazionali ed autonomia scolastica
Con l’espressione politica linguistica si fa riferimento, in senso ampio, “ad ogni
iniziativa, decisione o atto avente rilevanza pubblica per mezzo dei quali le istituzioni
esercitano un influsso sugli equilibri linguistici” (Orioles, 2010).
In Italia si riscontra tradizionalmente la mancanza di politiche linguistiche organiche
per ragioni connesse da un lato alla tardività della costituzione di uno Stato
8
nazionale, dall'altro alla mai superata difficoltà nella costruzione di un'identità
nazionale solida.
In ogni caso, nel XIX secolo l'identificazione tra lingua e nazione si afferma come uno
dei tratti peculiari dell'appartenenza nazionale.
Nel XIX secolo, il processo di unificazione linguistica viene incrementato attraverso i
programmi scolastici dell'Italia unitaria (1867), la presa a modello di autori celebrati
(Manzoni, De Amicis) e situazioni di fatto che mettono a contatto tra loro i nuovi
italiani provenienti dalle diverse aree del territorio nazionale.
Dopo la fase di politica linguistica autoritaria e dirigista del fascismo, che promuove
un modello linguistico nazionalista e accentratore e la lotta alle lingue minoritarie, ai
dialetti, alle parole straniere e ai regionalismi, dopo la Seconda Guerra mondiale la
Costituzione del 1948 pone le basi per l'eguaglianza e la libertà di lingua (artt. 3 e 6)
che legittimano le lingue delle minoranze, anche in considerazione del fatto che
l’espressione linguistica è riconducibile alla libertà di manifestazione del pensiero
(art. 21).
Tuttavia nella Costituzione mancano, almeno a livello esplicito, sia la dichiarazione
dell’italiano quale lingua ufficiale dello Stato, sia garanzie a protezione delle lingue
delle minoranze.
Solo con la legge 482/1999 verrà sancita, in armonia con i principi internazionali ed
europei, l'apertura alla diversità linguistica e la tutela delle minoranze linguistiche,
che non si estende tuttavia alle eteroglossie interne, alle minoranze diffuse né alle
lingue dell'immigrazione, che hanno peraltro sempre maggiore rilevanza.
In ogni caso la scuola, sede della trasmissione dei codici linguistici, nonostante le
riforme che, dagli anni Sessanta in poi, modificano ordinamenti e programmi nella
direzione di un superamento della disuguaglianza sociale, continua a trasmettere a
lungo un modello di lingua tendenzialmente aulico e fondato sul testo letterario,
almeno fino agli anni Ottanta, quando si assiste a un fenomeno di modernizzazione
dei moduli espressivi affiancato da un orientamento semplificatorio e tendente a
impoverire e allentare la disciplina nell'applicazione delle norme linguistiche.
A partire dai nuovi programmi della Scuola media (1979) e della Scuola elementare
(1985), si afferma poi una concezione della lingua che presta attenzione alle
stratificazioni del sistema linguistico, prendendo in considerazione in maniera più
attenta il plurilinguismo caratteristico della tradizione italiana.
9
Parallelamente, i metodi educativi tradizionali generano insoddisfazione e la
riflessione teorica degli anni precedenti, culminata nelle Dieci tesi per l’educazione
linguistica (1975, cf. De Mauro, Lodi, 1993), va a sostanziare la proposta di
un’educazione linguistica che metta al centro dell’attenzione non la norma
prescrittiva e l’imitazione di modelli formali ma la costruzione di una competenza
consapevole, attraverso un approccio comunicativo e riflessivo (Costanzo, 2003).
Si fa poi strada in misura crescente la consapevolezza dell’importanza della
conoscenza delle lingue straniere e se ne avverte diffusamente la necessità.
L'interesse si rivolge in particolare all’inglese quale lingua ‘universale’ specie nel
settore economico, ma non solo: il fenomeno della globalizzazione in atto, con il
moltiplicarsi degli scambi commerciali intercontinentali, l’inarrestabile progresso
tecnologico, i crescenti flussi migratori costringono all’individuazione di lingue
comunemente conosciute per la comprensione reciproca.
Di fronte a tale fenomeno nasce l’esigenza di preservare le altre lingue, espressione
dei diversi patrimoni culturali.
Non si promuovono in Italia iniziative di difesa della lingua paragonabili a quelle
messe in atto in Francia, tuttavia l'Accademia della Crusca ha avuto un ruolo nella
salvaguardia della lingua nazionale contro il rischio di schiacciamento tra anglofonia
da un lato e dialettofonia o pratica delle lingue minoritarie dall'altro.
Per quanto concerne specificamente l'ambito scolastico, le politiche linguistiche
nazionali lasciano spazio, nei limiti previsti dalla normativa vigente, all’autonomia
organizzativa e didattica delle singole scuole (cf. Sangiuliano, 2011).
Dopo vari disegni di legge e lunghi dibattiti la legge 59/97 (prima legge Bassanini)
all’art. 21 introduce in maniera generalizzata l’autonomia scolastica, che sancisce,
all'interno di una riorganizzazione dell'intero sistema formativo, l'autonomia organizzativa e
didattica delle istituzioni scolastiche.
Ciò significa che molte delle competenze relative alla gestione del servizio di
istruzione prima spettanti all'amministrazione centrale e periferica sono ora affidate
alle istituzioni scolastiche. I principi dell'autonomia organizzativa e didattica
garantiscono ampi margini di iniziativa e gestione ai singoli istituti, fermo restando
l'obbligo di osservanza di "livelli unitari e nazionali di fruizione del diritto allo studio"
nonché di "elementi comuni all'intero sistema scolastico pubblico in materia di
gestione e programmazione definiti dallo Stato" (comma 1).
10
Il regolamento dell’Autonomia scolastica (d.p.r. 275/99) specifica ulteriormente le
caratteristiche dell’autonomia organizzativa e didattica, con riferimento al piano
dell’offerta formativa e all'autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo.
Le recentissime Indicazioni Nazionali per il Curricolo per la scuola dell’infanzia e del
primo ciclo (MIUR, 2012)4, fissano "gli obiettivi generali, gli obiettivi specifici di
apprendimento e i relativi traguardi di competenze per ciascuna disciplina o campo di
esperienza" per la scuola dell'infanzia e del primo ciclo d'istruzione, che comprende
la scuola primaria e la scuola secondaria di I grado. Su quest'ultima si focalizzerà la
nostra attenzione in quanto ordine d'istruzione di interesse per il presente lavoro.
Sulla base delle Indicazioni le scuole elaborano il proprio curricolo.
Fin dall'introduzione del documento si mette in luce la relazione sempre più stretta tra
le dimensioni locale e globale e si conferma il modello educativo interculturale
finalizzato alla promozione dell'uguaglianza nel rispetto e nel riconoscimento delle
differenze:
L’orizzonte territoriale della scuola si allarga. Ogni specifico territorio possiede legami con le
varie aree del mondo e con ciò stesso costituisce un microcosmo che su scala locale
riproduce opportunità, interazioni, tensioni, convivenze globali. (…) Una molteplicità di culture
e di lingue sono entrate nella scuola. L’intercultura è già oggi il modello che permette a tutti i
bambini e ragazzi il riconoscimento reciproco e dell’identità di ciascuno. A centocinquanta anni
dall’Unità, l’Italiano è diventata la lingua comune di chi nasce e cresce in Italia al di là della
cittadinanza italiana o straniera. La scuola raccoglie con successo una sfida universale, di
apertura verso il mondo, di pratica dell’uguaglianza nel riconoscimento delle differenze.
L’obiettivo è quello di valorizzare l’unicità e la singolarità dell’identità culturale di ogni studente.
(Indicazioni, p. 4)
Si sottolinea inoltre che l'italiano è un codice appartenente non solo a coloro cui è
riservato lo status di cittadini, ma anche ai soggetti di nazionalità non italiana che
siano nati o cresciuti in Italia.
Nel recepire la Raccomandazione del Parlamento europeo del 18 dicembre 2006
(2006/962/CE) sulle competenze chiave per l'apprendimento permanente, le
Indicazioni sottolineano, tra gli obiettivi da raggiungere al termine del primo ciclo, la
4
D’ora in avanti, Indicazioni. Il documento, frutto di un lavoro di rielaborazione e integrazione delle
Indicazioni precedenti, in vigore in via sperimentale fino al 21 agosto 2012, è stato recentemente
adottato sotto forma di regolamento ministeriale (D.M. 16 novembre 2012).
11
centralità delle competenze linguistiche, che comprendono tanto la comunicazione
nella madrelingua, quanto nelle lingue straniere: 5
La comunicazione nella madrelingua è la capacità di esprimere e interpretare concetti,
pensieri, sentimenti, fatti e opinioni in forma sia orale sia scritta (comprensione orale,
espressione orale, comprensione scritta ed espressione scritta) e di interagire adeguatamente
e in modo creativo sul piano linguistico in un’intera gamma di contesti culturali e sociali, quali
istruzione e formazione, lavoro, vita domestica e tempo libero.
La comunicazione nelle lingue straniere condivide essenzialmente le principali abilità
richieste per la comunicazione nella madrelingua. La comunicazione nelle lingue straniere
richiede anche abilità quali la mediazione e la comprensione interculturale. Il livello di
padronanza di un individuo varia inevitabilmente tra le quattro dimensioni (comprensione
orale, espressione orale, comprensione scritta ed espressione scritta) e tra le diverse lingue e
a seconda del suo retroterra sociale e culturale, del suo ambiente e delle sue esigenze ed
interessi.(Indicazioni, id., p. 11)
Si nota che la comprensione interculturale ricompare come aspetto specifico delle
competenze comunicative nelle lingue straniere, dopo che, in precedenza, come si è
visto, l'approccio interculturale era stato assunto come orizzonte educativo generale.
L''intercultura' ha dunque una duplice declinazione: a livello globale, essa riguarda
tutte le discipline, ma è solo quando si tratta di competenze nelle lingue straniere che
assume un significato più specifico.
Espressione dell’autonomia è la predisposizione del curricolo, inteso come sistema di
organizzazione dei saperi. Esso è concepito come manifestazione della libertà
d’insegnamento e dell’autonomia scolastica e deve essere coerente con il profilo
dello studente al termine del primo ciclo di istruzione, con i traguardi per lo sviluppo
delle competenze e gli obiettivi di apprendimento specifici per ogni disciplina fissati
nelle Indicazioni.
Le Indicazioni sottolineano al loro interno la rilevanza dell'integrazione fra le
discipline e della loro potenziale aggregazione in aree, facendo riferimento al
Regolamento dell’autonomia scolastica, che affida questo compito alle scelte delle
istituzioni scolastiche (MIUR, 2012, p. 12).
Il curricolo deve inoltre avere le caratteristiche di unitarietà e continuità tra i tre ordini
dell'infanzia, della scuola primaria e della secondaria di I grado.
5
Le definizioni che seguono in corsivo sono tratte dalla Raccomandazione 18 dicembre 2006, cit.
12
In relazione a quest'ultima, le Indicazioni mettono in guardia rispetto a due rischi: sul
piano culturale occorre evitare la frammentazione dei saperi, su quello didattico
l'impostazione trasmissiva. Si enfatizza infatti una concezione delle discipline intese
come 'chiavi interpretative' rispetto a problemi complessi piuttosto che come ambiti
delimitati da confini rigidi. Si sottolinea dunque l'importanza del dialogo tra discipline
e la necessità di prestare attenzione alle 'zone di confine' tra di esse.
A loro volta, le competenze disciplinari vanno considerate funzionali allo sviluppo di
competenze trasversali finalizzate tanto alla realizzazione personale quanto alla
partecipazione alla vita sociale e alla convivenza civile.
Notevole rilevanza è attribuita alle competenze per l'esercizio della cittadinanza
attiva, le basi delle quali devono essere costruite proprio a livello secondario di I
grado attraverso l'apporto di tutte le discipline.
Si afferma che
L’educazione alla cittadinanza viene promossa attraverso esperienze significative che
consentano di apprendere il concreto prendersi cura di se stessi, degli altri e dell’ambiente e
che favoriscano forme di cooperazione e di solidarietà. Questa fase del processo formativo è il
terreno favorevole per lo sviluppo di un’adesione consapevole a valori condivisi e di
atteggiamenti cooperativi e collaborativi che costituiscono la condizione per praticare la
convivenza civile. Obiettivi irrinunciabili dell’educazione alla cittadinanza sono la costruzione
del senso di legalità e lo sviluppo di un’etica della responsabilità, che si realizzano nel dovere
di scegliere e agire in modo consapevole e che implicano l’impegno a elaborare idee e a
promuovere azioni finalizzate al miglioramento continuo del proprio contesto di vita (…).
(Indicazioni, id., p. 25)
Particolare rilievo viene in quest'ambito attribuito al 'diritto alla parola':
Parte integrante dei diritti costituzionali e di cittadinanza è il diritto alla parola (articolo 21) il cui
esercizio dovrà essere prioritariamente tutelato ed incoraggiato in ogni contesto scolastico. È
attraverso la parola infatti che si costruiscono significati condivisi e si opera per sanare le
divergenze prima che sfocino in conflitti. (id., p. 26).
Alla comunicazione viene attribuito dunque un ruolo essenziale nella prevenzione dei
conflitti. Di conseguenza si sottolinea la centralità attribuita agli aspetti linguistici e in
particolare alla lingua italiana, senza tuttavia trascurare la valorizzazione degli idiomi
nativi e delle lingue comunitarie (ibid.).
13
Quanto all'ambiente di apprendimento, si sottolinea l'importanza della realizzazione
di interventi che impediscano che le diversità si trasformino in disuguaglianze, e si
rivolge particolare attenzione agli alunni 'con cittadinanza non italiana', che devono
acquisire un adeguato livello di uso e controllo della lingua italiana per la
comunicazione, l'apprendimento, la prosecuzione del proprio itinerario di istruzione
(ibid.).
In accordo con i principi dell'educazione linguistica, si pone l'accento sulla necessità
di un coordinamento sia verticale, sia orizzontale tra gli insegnamenti, linguistici e
non, e in relazione alle lingue si enfatizza la necessità dell'integrazione degli elementi
di quelle straniere nel sistema della lingua madre, della lingua di scolarizzazione e di
eventuali altre lingue appartenenti all'alunno.
Si mette poi in risalto l'importanza della motivazione nell'apprendimento linguistico e
si dà spazio a diverse metodologie atte a svilupparla.
Infine si ribadisce l'affidamento alla didattica delle lingue straniere la riflessione sulle
convenzioni in uso in una determinata comunità linguistica, su somiglianze e
differenze tra lingue e culture diverse, ai fini dello sviluppo di una consapevolezza
plurilingue e di una sensibilità interculturale.
3. La normativa sull’accoglienza degli alunni stranieri
Ormai dall’inizio del consistente fenomeno immigratorio che ha interessato l’Italia a
partire dalla fine degli anni ’80 il legislatore e il Ministero della Pubblica Istruzione
hanno affrontato i problemi e le peculiarità legate alla presenza sul territorio di
bambini e ragazzi stranieri.
L’approccio è stato sin dall’origine di tipo ‘universalistico’, come dimostrato dalla
circolare 8/9/89 n. 301 (Inserimento degli alunni stranieri nella scuola dell’obbligo.
Promozione e coordinamento delle iniziative per l’esercizio del diritto allo studio) che
ha previsto l’accesso generalizzato al sistema scolastico, oltre al principio
dell’apprendimento dell’italiano senza trascurare la valorizzazione della lingua e
cultura d’origine.
L’anno successivo la C.M. 22/07/90 n. 205 (La scuola dell’obbligo e gli alunni
stranieri. L’educazione interculturale) introduce il principio dell’interculturalità della
scuola italiana prevedendo il coinvolgimento degli alunni italiani in un rapporto di
14
reciproco scambio ed arricchimento con gli alunni stranieri: dunque non un obiettivo
di assimilazione dello straniero, ma di conservazione e valorizzazione delle
specificità culturali da mettere in relazione fra loro; obiettivo valido a prescindere
dalla presenza di alunni stranieri e volto tra l’altro alla prevenzione di forme di
intolleranza e razzismo.
Con la C.M. 2/3/94, n. 73 (Il dialogo interculturale e la convivenza democratica)
l’indirizzo espresso con le circolari precedenti viene inquadrato nell’ambito della
dimensione multiculturale europea ed il modello di insegnamento interculturale ivi
diffuso e riconducibile ai documenti delle Istituzioni europee.
Gli indirizzi già espressi dalle circolari citate vengono confermati nella legge
sull’immigrazione (Legge 6/3/98, n. 40), che stabilisce che le scuole organizzino "per
tutti gli alunni, progetti interculturali di ampliamento dell’offerta formativa, finalizzati
alla valorizzazione delle differenze linguistico-culturali e alla promozione di iniziative
di accoglienza e di scambio” (art. 36).
I principi di universalismo, insegnamento dell’italiano come seconda lingua con
mantenimento della lingua e della cultura d’origine ed effettività del diritto allo studio
vengono ancora confermati dal testo unico sull’immigrazione (d.lgs. 25/7/98, n. 286)
e specificati nel Regolamento attuativo del testo unico predetto (d.p.r. 31/8/99, n.
394), il quale tra l’altro consente l’iscrizione scolastica in ogni momento dell’anno,
demanda al Collegio dei docenti la formazione delle classi evitando sezioni con la
predominanza di stranieri (con l’obiettivo di evitare la separazione italiani-stranieri e
classi-ghetto), stabilisce l’adattamento dei programmi di insegnamento in relazione ai
livelli delle competenze individuali.
Ulteriori circolari rilevanti per il tema trattato hanno previsto azioni di sostegno per i
docenti e fondi aggiuntivi per le scuole a forte presenza di immigrati (C.M. 155/01),
corsi e formazione specifica per i minori stranieri e le loro famiglie con l’obiettivo
dell’effettività del diritto allo studio (C.M. 160/01), indicazioni riassuntive per
l’inserimento di alunni stranieri (C.M. 24/06), particolare attenzione in sede di esami
al termine del primo ciclo per gli alunni con criticità per l’inadeguata conoscenza
dell’italiano (C. M. 28/07).
Caratteristica della normativa italiana è la trattazione congiunta dell'educazione
interculturale da un lato e dell'inserimento degli alunni stranieri dall'altro.
Questo aspetto ha suscitato diverse critiche in quanto ha prodotto il rischio di
confusione dell'educazione interculturale con forme di pedagogia compensatoria.
15
Tra i limiti della normativa sull'intercultura, sono stati rilevati da un lato la genericità
(con numerosi richiami e auspici ma ridotte indicazioni su risorse, impegni a breve e
medio termine e linee progettuali efficaci), dall'altro la tendenza a fotografare
l'esistente più che a proporre una strategia capace di guidare le azioni (Favaro,
2007).
Il documento La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni
stranieri (2007), dell’Osservatorio Nazionale per la scuola interculturale e
l’integrazione degli alunni stranieri, rifacendosi alla normativa indicata, alle azioni
degli enti locali e alle migliori pratiche adottate nelle scuole ha esplicitato quattro
principi e dieci linee d’azione in vista dell’obiettivo interculturale.
Sarà utile in particolare esaminare i principi, che discendono direttamente dalla
normativa internazionale e nazionale e si collocano alla base delle linee d’azione.
Il primo è quello dell’universalismo. Esso viene ricavato dalla Convenzione ONU per i
diritti dell’infanzia del 1989 e da fonti internazionali e nazionali successive (in
particolare dell’Unione europea), oltre che dalla tradizione italiana nei confronti della
diversità in ambito scolastico sin dagli anni ‘70. L’universalismo fa sì che i bambini
siano titolari del diritto all’istruzione in quanto individui, a prescindere quindi dalla
cittadinanza e significa che gli adulti hanno corrispettivamente un vero e proprio
dovere di consentire l’accesso all’istruzione dei minori. Esso implica pari opportunità
in materia di accesso, riuscita e orientamento scolastici.
Il secondo principio è quello della scuola comune, secondo cui non è consentita la
separazione degli alunni (per classi, sezioni, programmi, etc.) in base alla diversa
provenienza culturale, linguistica, etc.; ciò non esclude tuttavia interventi mirati volti
al superamento delle difficoltà specifiche e in chiave proprio di pari opportunità. Tale
principio vale anche per la scuole paritarie, che devono consentire a chiunque
l’iscrizione purché si sia in possesso dei requisiti d’accesso.
Ulteriore principio è quello della centralità della persona, comunque nella sua
relazione con gli altri: ciò significa rifiuto dell’omologazione e conservazione e
valorizzazione delle specificità culturali di ognuno, nell’ambito tuttavia delle relazioni
con gli altri piuttosto che dell’isolamento e della chiusura identitari.
Il quarto principio è quello, strettamente legato al precedente, dell’intercultura: tutti,
non solo gli immigrati, sono chiamati al confronto, allo scambio, alla conoscenza
reciproci, con l’obiettivo del mutuo arricchimento, dell’apertura, dell’accettazione della
diversità.
16
Il documento definisce quindi alcune linee di azione caratterizzanti il modello di
integrazione interculturale italiano, sintetizzate in dieci punti:
1. Pratiche di accoglienza e di inserimento nella scuola
2. Italiano seconda lingua
3. Valorizzazione del plurilinguismo
4. Relazione con le famiglie straniere e orientamento
5. Relazioni a scuola e nel tempo extrascolastico
6. Interventi sulle discriminazioni e sui pregiudizi
7. Prospettive interculturali nei saperi e nelle competenze
8. L’autonomia e le reti tra istituzioni scolastiche, società civile e Territorio
9. Il ruolo dei dirigenti scolastici
10. Il ruolo dei docenti e del personale non docente
Tra questi, ci soffermeremo ad esaminare alcuni nodi concettuali particolarmente
rilevanti ai fini del presente lavoro.
Il primo è la valorizzazione del plurilinguismo, considerata a due livelli: nella scuola, si
raccomanda l'insegnamento delle lingue parlate dalle comunità immigrate più
consistenti, del quale potranno usufruire tanto gli alunni di origine straniera quanto gli
autoctoni; inoltre, si sostiene la
valorizzazione del plurilinguismo attraverso
l'attribuzione di visibilità alle lingue, ai loro alfabeti, ai prestiti linguistici etc.
Si ribadisce inoltre che il plurilinguismo individuale è un diritto da tutelare ed esso è
considerato uno strumento per la crescita cognitiva dai risvolti positivi anche
sull'apprendimento della lingua italiana e delle altre lingue. Si suggerisce perciò
l'organizzazione di attività finalizzate all'insegnamento delle lingue d'origine.
L'educazione interculturale è considerata come un paradigma per l'intero sistemascuola e la cultura deve essere pensata non come un sistema immobile e chiuso
secondo una concezione culturalista, bensì in una prospettiva personalista. Questa
infatti
valorizza le persone nella loro singolarità e nel modo irripetibile con cui vivono gli
aspetti identitari, l’appartenenza, il percorso migratorio. La relazione interculturale
opera il riconoscimento dell’alunno con la sua storia e la sua identità, evitando,
tuttavia, ogni fissazione rigida di appartenenza culturale e ogni etichettamento.
Formare in senso interculturale significa riconoscere l’altro nella sua diversità, senza
tacerla, ma neanche creando “gabbie etnico/etno culturali”, esprimendo conferma e
attivando canali di comunicazione senza riduzionismi. (id., p. 15)
17
La classe si configura dunque come uno spazio di mediazione tra le culture che
riveste un ruolo essenziale per la socializzazione e nella quale occorre adottare
strategie centrate sulle relazioni, che facilitino la costruzione identitaria di tutti gli
alunni e la creazione e il consolidamento dei rapporti tra pari anche nello spazio
extra-scolastico.
Si sottolinea inoltre la pericolosità degli stereotipi e dei pregiudizi e la necessità di
affrontare, all'interno dell'approccio interculturale, anche la xenofobia e le derive
razziste, attraverso un'educazione alla diversità che comprenda due dimensioni:
- cognitiva, attraverso la promozione della capacità di decentramento, senza tuttavia
approdare ad un relativismo radicale;
- affettiva e relazionale, attraverso 'il contatto, la condivisione di esperienze, il lavoro
per scopi comuni, la cooperazione' (p. 17).
Si evidenzia quindi la necessità di scegliere strategie miranti alla convergenza,
ovvero alla ricerca di ciò che unisce i soggetti dalle diverse appartenenze culturali.
Si evidenzia la necessità di affrontare i temi interculturali in una prospettiva
trasversale e di 'lavorare sugli aspetti cognitivi e relazionali più che sui contenuti,
evitando
l’oggettivizzazione
delle
culture,
l’essenzialismo,
la
loro
decontestualizzazione, il rischio di folklorizzazione e di esotismo'(p. 17).
Lo spazio privilegiato è identificato nella disciplina 'educazione alla cittadinanza', in
conformità alle linee di indirizzo europee. Si ribadiscono infatti, come nei documenti
europei, le finalità dell'uguaglianza tra gli alunni e della coesione sociale.
Si ridefinisce infine il profili degli insegnanti nel senso della necessità di una loro
formazione critica ed esperienziale, che contempli anche la necessità della
consapevolezza
e
della
gestione
delle
grandi
questioni
etiche
connesse
all'intercultura, tra relativismo e rischio di assimilazione. Tra le discipline da includere
nel profilo dei docenti, vanno annoverate antropologia, pedagogia, psicologia e
sociologia relative all'intercultura.
Dopo il documento elaborato dal Ministero Fioroni, si sono susseguiti interventi
sparsi e non sistematici miranti a disciplinare aspetti specifici dell'inserimento degli
alunni di origine straniera nelle scuole italiane, che hanno mutato solo per alcuni
aspetti il quadro globale che, come si è visto, è caratterizzato da notevoli differenze
connesse alle diverse politiche degli enti locali e all'autonomia scolastica.
In ogni caso, tra i provvedimenti di portata nazionale, vanno ricordati il D.P.R. 22
giugno 2009, n. 122 sulla valutazione, che stabilisce che "i minori con cittadinanza
18
non italiana presenti sul territorio nazionale, in quanto soggetti all’obbligo d’istruzione
ai sensi dell’articolo 45 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999,
n. 394, sono valutati nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani." (art. 9)
Si stabilisce cioè il principio dell'uniformità della valutazione dei minori di cittadinanza
non italiana con quella stabilita per gli autoctoni.
Un provvedimento che ha suscitato particolare interesse e sollevato un dibattito
dall'ampia eco mediatica è stato poi la C.M. n. 2, 8 gennaio 2010, che fissa un tetto
del 30% per la presenza di alunni stranieri nelle classi, onde evitare la formazione di
'classi-ghetto', ma da cui traspare anche l'esigenza di rispondere alle preoccupazioni
delle famiglie degli studenti autoctoni in merito al paventato declino del livello del
servizio scolastico laddove si verifichi un'elevata concentrazione di alunni di origine
straniera.
Da tale direttiva traspare peraltro a nostro parere una considerazione degli alunni di
origine straniera come elementi problematici per il sistema scolastico italiano.
Altri provvedimenti hanno riguardato poi l'attribuzione di risorse specifiche per gli
istituti
collocati in aree a rischio, con forte processo immigratorio e contro la
dispersione scolastica per l'anno scolastico (C.M. n. 67 del 29/07/2011).
Va infine menzionata la normativa che regola lo svolgimento delle ore alternative
all'Insegnamento della Religione Cattolica (I.R.C.), in quanto si tratta di una materia
che, recentemente, è stata oggetto di attenzione con la nota del MEF n. 26482 del 7
marzo 2011, che ne ha chiarito diversi aspetti dettando istruzioni in relazione a
questioni contrattuali e retributive per il personale scolastico coinvolto.
La suddetta nota ricorda che l'insegnamento delle attività alternative costituisce "un
servizio strutturale obbligatorio. Ciò significa che le scuole hanno l'obbligo di attivare
attività in sostituzione delle ore di religione cattolica."
Pertanto, sono state ritenute prive di liceità soluzioni frequentemente adottate negli
istituti scolastici quali l'inserimento degli alunni che non si avvalgono dell'I.R.C. in
altre classi o la semplice vigilanza da parte del personale non docente degli alunni.
Da ciò si ricava che le attività da proporre devono consistere in attività didattiche, di
formazione, di studio etc. da svolgere sotto la guida di docenti specificamente
incaricati.
Tale normativa appare rilevante nella nostra prospettiva in quanto, poiché gran parte
degli alunni che non si avvalgono dell'I.R.C. sono di origine straniera, l'ora
'alternativa' all'I.R.C. costituisce uno spazio all'interno del quale possono essere
19
organizzate attività specifiche e che hanno inoltre il vantaggio di una gestione che
riguarda gruppi generalmente ridotti, che consentono la strutturazione di lezioni
mirate specificamente alle esigenze degli alunni coinvolti, tra le quali non di rado si
annoverano attività di facilitazione linguistica.
Si tratta in ogni caso di attività stabilite a livello di singola istituzione scolastica,
dunque anche in questo caso si registra una notevole disomogeneità tra le linee
d'indirizzo adottate dalle diverse scuole.
In ogni caso, da studi che hanno esaminato il livello di integrazione degli alunni
stranieri in Italia quali il rapporto MIPEX (Migrant Integration Policy Index), emerge
che la situazione nel nostro paese in quest'ambito risulta critica, in quanto '"a parte i
progetti della societa' civile, il sistema di istruzione italiano non sostiene attivamente
nuove opportunita' e un'istruzione interculturale", infatti "l'istruzione di alunni
immigrati e' un'area di debolezza per l'Italia".6
4. Pratiche didattiche e progetti per l’intercultura tra obiettivi,
strumenti ed esiti.
Fino all'anno 2000, l''idea' interculturale è stata al centro di normative, pronunce del
Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, corsi di formazione, documenti a
diffusione nazionale, mentre negli anni successivi è prevalsa la scelta di usare
l'espressione 'convivenza civile'.
In ogni caso, gli interventi realizzati fino all'anno 2000 sono stati rivolti
prevalentemente in due direzioni: da un lato sono stati mirati agli alunni di origine
straniera, dall'altro hanno riguardato la conoscenza dei paesi d'origine. (Favaro,
2007, p. 29)
Le iniziative delle scuole hanno inteso dare risposte ai bisogni linguistici degli alunni
non italofoni, comunicare con le famiglie straniere, correggere gli obiettivi
dell'insegnamento e adattare la programmazione e i contenuti disciplinari al nuovo
pubblico scolastico.
La scuola italiana si è distinta per atteggiamenti di responsabilità e varietà e
ricchezza degli interventi, che non sono però sempre stati supportati da strumenti atti
a verificare l'efficacia delle azioni e a stabilire quindi la bontà delle pratiche.
6
Cf. il sito <http://www.mipex.eu/>
20
Le azioni intraprese dalle scuole sono state spesso supportate dalla collaborazione
degli enti locali, dell'associazionismo, del privato sociale.
Il panorama degli interventi è in ogni caso molto vario, e a fianco di contesti locali nei
quali da tempo sono attive politiche e azioni efficaci nel sostenere le scuole
multiculturali e plurilingui, ve ne sono altri dove gli interventi sono rari e dalla qualità
incerta.
In assenza di un modello chiaro di integrazione, molte istituzioni scolastiche hanno
'navigato a vista', e ciò ha permesso da un lato di sperimentare strade innovative,
dall'altro ha provocato però situazioni di disagio motivate da senso di solitudine e
disorientamento, conflitti rispetto ai valori, casi - seppur sporadici - di discriminazioni
motivate anche da componenti etniche, situazioni di disuguaglianza.
Tra i nodi critici della situazione italiana, occorre rilevare soprattutto i seguenti
aspetti:
- l'abbandono degli studi e la dispersione riguardano un elevato numero di alunni
stranieri ultraquattordicenni;
- l'inserimento dei ragazzi di origine straniera si orienta spesso su classi inferiori
rispetto all'età anagrafica, nonostante la normativa prescriva di tenere conto dell'età
anagrafica come criterio privilegiato per determinare la classe di destinazione;
- il divario nei risultati scolastici, che per i ragazzi di origine straniera sono inferiori
alla media rispetto a quelli degli autoctoni;
- la concentrazione dei ragazzi di origine straniera in percorsi scolastici più brevi nella
scuola secondaria di secondo grado;
Tali problematiche, riscontrate a livello nazionale, riguardano anche la regione
Marche, come è stato rilevato in diversi studi (cf. Ruggeri, 2010, Lanutti, 2012).
In genere, gli istituti scolastici necessitano di supporto per interventi relativi
all'insegnamento dell'italiano L2, la comunicazione con le famiglie, la mediazione
linguistico-culturale, la disponibilità di materiali e strumenti.
Quanto alle modalità della collaborazione tra enti e scuole, esse assumono
solitamente tre principali forme:
- erogazione da parte dell'ente locale di fondi che la scuola gestisce direttamente;
- integrazione delle risorse della scuola attraverso la messa a disposizione da parte
dell'ente di operatori - quali facilitatori di italiano L2 e mediatori linguistico culturali - e
materiali che fanno capo all'amministrazione locale.
21
- organizzazione diretta da parte dell'ente locale di interventi quali la realizzazione di
centri di alfabetizzazione, laboratori interculturali, forme di sostegno e aiuto allo
studio etc.
Caratteristiche del contesto italiano sono la presenza dei mediatori
linguistico-culturali e dei centri interculturali (Favaro, id., p. 26).
Quanto all'integrazione degli alunni di origine straniera, le cause delle penalizzazioni
sono dovute in gran parte a motivazioni di ordine linguistico legate a competenze
inadeguate per ciò che concerne la lingua dello studio.
Ciò richiede risposte professionali collegate alla necessità dell'insegnamento
dell'italiano come L2 e alla gestione delle classi plurilingui.
Si riscontra peraltro anche una notevole diversità nelle modalità di inserimento degli
alunni di origine straniera, dovuta alle differenze nell'interpretazione delle linee di
indirizzo connessa all'autonomia delle scuole, alle differenti politiche degli enti locali,
alla situazione critica di contrazione delle risorse economiche.
A livello locale, sono state intraprese negli anni passati alcune iniziative di grande
interesse e ampio respiro come il progetto finalizzato alla revisione dei curricoli in
prospettiva interculturale coordinato dalla Comunità Volontari per il Mondo (CVM).
Il progetto prende avvio dalla considerazione che le discipline scolastiche sono
caratterizzate da saperi frammentari basati sul principio della contrapposizione che
mira a consolidare un pensiero definito dominativo e dell’esclusione, favorendo un
approccio etnocentrico.
22
Il progetto educativo finalizzato alla revisione dei curriculi in chiave interculturale ha
lo scopo di far emergere il ruolo essenziale della scuola nel costruire “soggetti protesi
al dialogo interculturale” allo scopo di riconquistare la coscienza di specie. Il
paradigma di riferimento di cui si avvale è il pensiero della complessità in contrasto
con il riduzionismo meccanicistico e la visione del progresso scientifico in chiave
evolutiva e migliorativa. Per raggiungere l'obiettivo succitato le discipline scolastiche
devono essere rivisitate in una prospettiva antropologica che attivi la cultura del
dialogo, lasciando spazio al pluralismo, alla relatività, alla laicità, al riconoscimento e
alla valorizzazione delle diversità. Nell’attuazione del progetto sono coinvolti diversi
soggetti, ognuno dei quali riveste un ruolo specifico che va dalla connessione tra
antropologia ed impostazione epistemologica garantita dalla ricerca scientifica ed
accademica all’integrazione tra queste e il mondo della scuola attraverso gli Enti di
ricerca e di formazione, in particolar modo l’ANSAS e alcune ONG italiane, il cui
compito è quello di trasmettere le conoscenze alle generazioni “designate a costruire
l’identità del cittadino cosmopolita”.
L’azione congiunta di tali soggetti, all’interno di un fitto tessuto di relazioni, crea un
dinamismo circolare nel quale ognuno interagisce in base alla sua specificità, ma con
la responsabilità di mantenere l’unità del progetto. All’interno di questo circuito un
ruolo particolare è rivestito dalla scuola e, nello specifico, dagli insegnanti, i quali
sono chiamati a realizzare gli esiti del progetto educativo nel contesto dell’aula
attraverso l’utilizzo di strumenti quali la didattica, i saperi e la metodologia della
ricerca-azione.
Scopo della scuola è quello di documentare le buone pratiche, interagire con il
territorio e gli enti locali e farsi promotrice del cambiamento per la costruzione di una
nuova società interculturale.
Il progetto pluriennale di educazione interculturale “Oltre l’Etnocentrismo” si è
focalizzato su tre specifici ambiti:
1) analisi dei libri di testo utilizzati a scuola in chiave interculturale attraverso una
ricerca-azione mirante ad accertare la presenza di stereotipi nei manuali, favorire
la ricerca formativa dei docenti in chiave interculturale, fornire strumenti di
riflessione ai curatori dei libri di testo e alle case editrici (cf. Portera, Cipollari,
2004);
23
2) revisione delle discipline in chiave interculturale da realizzarsi attraverso una
serie di seminari a carattere nazionale e internazionale, finalizzati a sensibilizzare
i docenti, i dirigenti e i ricercatori ad una revisione epistemologica delle materie di
studio in chiave interculturale;
3) elaborazione di matrici curriculari e sperimentazione di moduli didattici nella
scuola di base del primo ciclo con l’applicazione di metodologie congruenti.
Questo processo inizia sulla base di una lettura approfondita di testi relativi sia
agli scambi e alle contaminazioni storiche ed attuali fra le culture altre e quella
occidentale, sia alle condizioni di soggetti migranti in transizione identitaria
all’interno della società multiculturale, multietnica, multi-religiosa in via di
costruzione.
Il risultato è stato la trasformazione dei saperi della ricerca in saperi scolastici,
attraverso la costruzione di repertori disciplinari e di un cataloghi curricolari per
mezzo dei concetti utilizzati a scuola, per poi proporre un’ipotesi di matrice
curriculare con la distribuzione dei concetti secondo gli anni d’insegnamentoapprendimento.
Si tratta di una scansione operativa ancora in fieri e sottoposta a monitoraggio.
Tappa fondamentale di questo cammino è stata la pubblicazione del volume
collettaneo, Oltre l’Etnocentrismo, i saperi al di là dell’Occidente (2007) e, più
recentemente e specificamente per l'italiano e l'educazione letteraria, del volume
curato da Armando Gnisci e Giovanna Cipollari Una ricerca a prova d'aula : per una
revisione transculturale del curricolo di italiano e di letteratura (2012).
La ricerca-azione è in ogni caso ancora in fase di svolgimento attraverso la rete
operativa che collega i docenti universitari ai formatori e agli insegnanti in servizio.
Lo scopo finale è quello di definire un canone attraverso cui avviare le nuove
generazioni alla cultura dell’ascolto, del dialogo e della corresponsabilità.
Contemporaneamente i promotori del progetto ritengono opportuno intervenire su
quattro aree specifiche:
- prosecuzione della ricerca interculturale in ambito universitario, quale condizione
prima per una didattica e per un cammino educativo;
- formazione dei futuri insegnanti, ponendo l’approccio interculturale come elemento
naturale e fondamentale del loro sapere e della loro preparazione;
- curare percorsi di aggiornamento e di formazione permanente dei docenti in
servizio con lo scopo di realizzare degli itinerari di ricerca;
24
-
approfondire
forme,
implicazioni,
opportunità
e
difficoltà
della
didattica
interculturale, considerandone tutti gli elementi.
Si tratta di un progetto, come si è detto, molto ampio e che non ha ancora prodotto
esiti definitivi.
In conclusione, occorre ribadire che la situazione italiana in merito all’accoglienza
degli alunni stranieri, sia a livello legislativo che di pratiche didattiche interculturali, è
stata ed è tuttora caratterizzata da frammentarietà.
Infatti, se la legislazione per gli alunni ‘autoctoni’ e per gli ‘stranieri’ si è sviluppata a
lungo
su binari quasi paralleli mancando perciò di integrazione e organicità e
lasciando passare l’idea che le iniziative per l’integrazione degli alunni di origine
straniera non si iscrivessero nell’ordine ‘normalità’ ma dell’eccezionalità (Bettinelli,
2009), una parallela frammentazione è stata rilevata a proposito delle iniziative
promosse non solo nelle diverse regioni, ma anche nei singoli istituti (Santerini,
2006).
25
5. L’educazione letteraria in Italia
5.1. Le fasi e gli orientamenti metodologico-didattici
L’educazione letteraria è storicamente determinata e varia con la cultura di ogni
epoca e la sua concezione della letteratura.
Se ci concentriamo sugli ultimi due secoli e limitiamo il discorso alla teoria letteraria,
alla metodologia e alla didattica della letteratura, ci accorgiamo che i mutamenti, dal
Romanticismo a oggi, sono stati profondi e si possono riassumere in tre macro-fasi
che corrispondono ad altrettanti orientamenti: per circa un secolo, da De Sanctis e
Sainte-Beuve a Croce o a Freud al centro dell’interesse c’è stato l’autore, in una
dimensione ora storica, ora psicologica.
Dagli anni ’20 del Novecento e in particolare dal formalismo russo, l’attenzione si è
invece spostata sul testo e ha prevalso l’esigenza di una sua descrizione oggettiva.
Questo orientamento tecnico-scientifico è penetrato nella didattica in Italia a partire
dagli anni ’70.
Successivamente si è affermata invece la centralità del lettore e l’interesse si è
rivolto all’ermeneutica, di modo che la critica è diventata arte dell’interpretazione.
In realtà, in ogni epoca queste tre tendenze hanno convissuto, ma è pur vero che
l’egemonia culturale è appartenuta ora all’una, ora all’altra (Luperini, 2005).
Quanto all’approccio metodologico-didattico prevalente negli istituti superiori italiani,
non ci sono dati certi (Colombo, 2005:… ), ma quello che ha lasciato un’impronta più
duratura sembra lo strutturalista-semiotico, innestato su un impianto storicocronologico.
L’approccio ermeneutico è invece sposato da alcuni manuali apprezzati e diffusi, ma
la distinzione, negli apparati didattici, tra analisi e interpretazione, fondamentale in
questa prospettiva, non è sempre chiara.
In ogni caso, sia la metodologia che la didattica appaiono per lo più improntate a un
certo ‘pluralismo’ (Ceserani, 2003: …) di approcci.
Nel paragrafo successivo si ripercorreranno brevemente le principali fasi e i rispettivi
cardini teorico-metodologici.7
7
Cf. Werther Romani, “L’insegnamento della lingua e della letteratura italiana tra Settecento e
Novecento”, in Educazione linguistica educazione letteraria, Milano: Francoangeli, 2005, pp. 46-47.
26
5.2. Un breve excursus storico
Nelle scuole italiane, almeno fino alla metà del Settecento non si insegnava l’italiano
ma il latino.
Nella scuola pre-unitaria, gli ‘autori’ erano modelli polivalenti, sia di lingua e di stile,
che di ‘ben pensare’.
Nella prima metà dell’Ottocento è molto forte l’impronta del purismo, che prende
come punti di riferimento imprescindibili gli autori del Trecento e del Cinquecento, e
gli strumenti didattici sono di due tipi: il manuale precettistico e l’antologia.
Della scuola purista del Puoti ci ha lasciato testimonianza De Sanctis, il quale arriva
alla scoperta dell’autonomia e storicità dell’arte, su cui Croce costruirà la sua
estetica, con conseguenze estremamente importanti per la didattica della lingua e
della letteratura italiane.
Con la legge Casati, lo studio della lingua e letteratura italiana diventa sempre più
importante in tutte le scuole del Regno d’Italia.
Entra in crisi il purismo, sebbene resti ancora valido il principio che la lingua si impari
per imitazione di autori-modello. Intanto, il ruolo educativo-patriottico della letteratura
si rafforza.
Nella scuola secondaria (corrispondente a scuola media e biennio odierni) si
fronteggiano due tendenze, che si contendono il mercato dei libri di testo:
- i classicisti, fedeli soprattutto agli autori tre-cinquecentisti;
- i modernisti, che propugnano una formazione linguistico-letteraria fondata sugli
autori contemporanei. Il principio dell’imitazione resta però valido e il modello è ora il
Manzoni dei Promessi Sposi.
Nei licei, invece, i manuali di letteratura sostituiscono i trattati di retorica e
precettistica letteraria. Tali manuali sono storie e antologie letterarie compilate da
alcuni dei principali esponenti della scuola storica. La Storia di De Sanctis non ha
invece fortuna nelle scuole, a causa del forte anticipo sui tempi.
In questa fase, l’insegnamento della letteratura, che è in realtà storia della letteratura,
viene fatto con un approccio enciclopedico e manualistico, la finalità è la
trasmissione dei valori nazionali che l’insegnante, per dirla con Adriano Colombo,
27
come una sorta di ‘Vestale’ deve difendere e trasmettere, mentre i testi sono relegati
‘in contumacia’.8
Intanto, nel 1902, Croce pubblicava la sua Estetica e, nel 1903, usciva il primo
fascicolo della “Critica”, dalle quali vengono poste le basi di una nuova e secondo
Romani (2005:49) perniciosa fase dell’educazione linguistica e letteraria in Italia.
Alla pubblicazione dell’Idioma Gentile di De Amicis (1905) Croce intervenne infatti
per demolire sia ogni purismo, sia i fondamenti teorici e pratici dell’insegnamento
letterario tradizionale, ovvero grammatica, retorica, generi letterari e soprattutto il
principio d’imitazione.
Nell’arco di 15-20 anni, la scuola diventò tutta crociana, restando poi tale per più di
mezzo secolo, con conseguenze, sul piano didattico, molto forti. Infatti l’analisi
estetica si riduceva all’individuazione di ciò che era ‘poesia’ o ‘non poesia’, e il
componimento scolastico per eccellenza era il ‘tema’ tradizionale che tante
discussioni e critiche ha attirato in tempi più recenti e fino ai giorni nostri.9
In ogni caso, l’impostazione storico-letteraria convive con la centralità riservata
all’autore dal pensiero crociano fino a metà anni Settanta circa.
Le prime critiche arrivano appunto nella prima metà degli anni Settanta da studiosi di
orientamento marxista, che attaccano l’”ideologia letteraria”, sebbene nei fatti
avanzino proposte che non stravolgono l’impianto storicista dell’insegnamento della
letteratura, riservando se mai maggiore spazio alla conoscenza storico-sociale
(secondo la lezione di Gramsci), e alla storia dei gruppi intellettuali (Asor Rosa, 1972,
cit. in Colombo, id.: 52).
Il limite di questo approccio, secondo Colombo (2005: 52), è il non aver dato risposta
alla domanda su quale fosse la specificità della letteratura, ovvero la natura
dell’oggetto dell’insegnamento.
8
9
Cf. Colombo, cit.
Cf. W. Romani, cit.:“La caduta, almeno teorica, del principio di imitazione, aveva sì liberato la
letteratura dal suo ruolo ancillare rispetto all’educazione linguistica, ma aveva anche creato il vuoto
intorno allo scrivere” (p. 50). Solo a partire dalla fine degli anni ’60 si capì che quel tipo di testo (come
si direbbe oggi) andava cambiato.
28
In ogni caso, tale prospettiva è stata travolta dalla crisi dello storicismo e
dall’avanzare delle posizioni strutturaliste e semiotiche.
Dalla seconda metà degli anni Settanta, si è fatta strada un’idea del testo come
“oggetto linguistico da smontare, da decodificare, da collocare nella pluralità e
‘differenza’ dei vari codici in cui si organizza la comunicazione linguistica di una
società” (Ossola 1976: 114).
Si incontrano l’idea di Jacobson della ‘poeticità’ o ‘letterarietà’ come caratteristica
intrinseca alla struttura linguistica di certi testi, e quella lotmaniana dell’esistenza di
un ‘codice letterario’ accanto agli altri codici che costituiscono una cultura.
L’analisi letteraria ha un doppio valore educativo: da un lato è un caso di analisi
scientifica, dall’altro consente l’accesso a uno dei ‘codici’ e a ‘pratiche testuali’ tra le
più importanti nella formazione umana e civile.
La funzione dell’educazione letteraria diventa quella di dare la capacità di gestire
autonomamente la decodificazione di messaggi, sia di tipo letterario che di altro tipo.
Quest’approccio ha il pregio di rendere i testi meno ‘sublimi’ e inaccessibili agli occhi
dello studente, nonché di ridimensionare la ‘contumacia’ della lettura. Nella scuola,
ha portato alla diffusione dei metodi di analisi sviluppati dalla teoria della letteratura
negli anni Sessanta, come la nuova retorica e le categorie narratologiche, e ha
condotto al recupero di approcci più tradizionali quali l’analisi metrica e la retorica
letteraria tradizionale, espulsi a seguito dell’egemonia crociana.
Tuttavia, alcuni eccessi analitici e l’abuso di tecnicismi hanno suscitato varie critiche
(Enzensberger, 1978; in tempi più recenti, Pennac, 1993, cit. in Colombo, id.) fondate
su argomentazioni di notevole rilievo che tuttavia non hanno portato ad avanzare
proposte didattiche alternative valide.
Un problema più pregnante è quello della funzione svolta dalla storia letteraria nella
nostra scuola come storia della cultura. Si è tentato così di fondere l’esigenza di
storicità senza abbracciare lo storicismo, ma questo ha portato alla dilatazione dei
manuali.
Intorno al 1985 viene meno l’egemonia strutturalista-semiotica, soprattutto a causa
delle critiche alla risposta (per molti insufficiente) che può venire da un simile
approccio alle esigenze degli studenti.
Il lettore è posto dunque al centro dell’interesse e Ceserani parla di ‘educazione
dell’immaginario’ (Ceserani, 1984).
29
Il fondamento teorico è la prospettiva ermeneutica (che Vattimo negli stessi anni
indica come nuova ‘koiné’ culturale che subentra a quella strutturalista), e la teoria
della ricezione elaborata dalla scuola di Costanza.
Del testo si cerca non solo il significato ‘in sé’ (ovvero per l’autore e per il suo tempo),
ma anche quello che ha per il lettore. Questo non lascia spazio a interpretazioni del
tutto arbitrarie come in certe frange del decostruzionismo, ma va nella direzione di un
dialogo, di una ‘fusione di orizzonti’, per dirla con Gadamer (Armellini, 1987: 84).
L’interpretazione attualizzante avviene all’interno della classe intesa come ‘comunità
interpretante’ (Armellini, 1987: 62; Fish, cit. in Ceserani, 2003: 52).
L’insegnante assume il ruolo di animatore e guida del confronto tra le interpretazioni,
e Luperini ha sottolineato più volte la valenza di questa impostazione nel senso del
rispetto delle argomentazioni altrui, e dunque in direzione di un’educazione
democratica.
5.3. Educazione linguistica-educazione letteraria nella scuola secondaria di
secondo grado
Una questione interessante riguarda il rapporto tra educazione linguistica ed
educazione letteraria nella scuola secondaria di secondo grado: da parte dei linguisti
si è sostenuta la necessità di correggere l’egemonia della letteratura sulla lingua nel
triennio, ma ciò non significa negare il contributo della letteratura all’educazione
linguistica, anzi dalla lettura dei testi letterari si arricchisce anche la lingua (cf.
Lavinio, 1979; Bertinetto e Marazzini, 1982: 41 cit. in Colombo, id.: ).
Un altro approccio sottolinea il rapporto tra storia della letteratura e storia della lingua
indicando il valore formativo di un approccio filologico ai testi (Marazzini, 1982: 67).
Invece diversi critici letterari (Ceserani, Ferroni, Asor Rosa), hanno mostrato
perplessità e diffidenza verso l’egemonia linguistica assunta a loro parere negli studi
letterari nel periodo aureo della prospettiva strutturalista e semiotica (cf. Colombo,
2005: 58-59). Tuttavia lo stesso Colombo ha replicato che il ‘panlinguismo’ dello
strutturalismo ha finito per esercitarsi, in Italia, prevalentemente sulla letteratura
rafforzandone così la tradizionale egemonia.
In ogni caso, il richiamo al legame della letteratura non solo con la lingua ma anche
con l’immaginario collettivo e individuale resta significativo, e ha portato a proposte
30
didattiche nel senso dell’associazione della letteratura ad altre espressioni artistiche,
quali le arti figurative, la musica, il cinema, il teatro etc.
Tuttavia anche in questo caso non sono state formulate proposte organiche che
tenessero conto dei tempi a disposizione nel triennio per articolare efficacemente e
armonicamente educazione linguistica ed educazione letteraria. Il problema riguarda
non la scuola di base, ma la secondaria, dove la letteratura acquista via via maggiore
specificità rispetto alla lingua.
5.4. L’‘Educazione letteraria’ nella scuola secondaria di primo grado
Se il rapporto tra educazione linguistica (El) ed educazione letteraria (Elett) ha
suscitato riflessioni e interrogativi e, talvolta, anche preoccupazioni collegate alla sua
declinazione nei documenti ministeriali (che si sono susseguiti, nell’ultimo decennio,
con indicazioni talvolta di segno opposto
10
) appare evidente che quella tra El ed
Elett è di una relazione complessa e non ancora definitivamente risolta.
Tale problematicità resta infatti, nonostante l’influenza delle Dieci Tesi sui programmi
scolastici e anche se l’articolazione dei curricoli della scuola di base mostra oggi
chiare indicazioni nel senso di una progressiva differenziazione tra le due educazioni,
da raggiungere tuttavia pienamente solo nel triennio della scuola secondaria di
secondo grado dove, come si è visto, l’educazione letteraria diventa preminente.
Data la sua recente approvazione e pubblicazione, analizzeremo alcuni aspetti del
Regolamento ministeriale per il primo ciclo di istruzione, ovvero le Indicazioni
nazionali per le scuole dell’infanzia e del primo ciclo, nel quale l’educazione letteraria
appare subordinata all’educazione linguistica e alla formazione globale della
persona.11
10
Per un’analisi dell’educazione letteraria a partire dalle Dieci Tesi del Giscel (1975) fino al Decreto
legislativo n. 59 del 19 febbraio 2004 (Piani personalizzati), cf. Castellino e Sgroi (2005). In relazione
al decreto del 2004, si esprimono forti preoccupazioni a causa del fatto che l’etichetta ‘Educazione
linguistica’ dopo aver caratterizzato tutti i programmi successivi alle Dieci Tesi, è scomparsa, mentre
molta enfasi viene data alla dimensione letteraria.
11
Il documento si pone dunque sulla strada tracciata dalle Dieci Tesi: “si incontra la necessità di
addestrare alla conoscenza e all’uso di modi istituzionalizzati d’uso della lingua comune (linguaggio
giuridico, linguaggi letterari e poetici, ecc.)” (Giscel, id., p. 90), dove “il fenomeno letterario… si
31
Infatti, come si vedrà analizzando da vicino alcune parti del documento, nella sezione
dedicata alla disciplina Italiano, lo sviluppo del gusto della lettura e il piacere estetico,
così come l’approdo a una ‘prima educazione letteraria’ sono menzionati solo a
latere, mentre la focalizzazione è sulle attività dell’educazione linguistica.
Il testo avrebbe dovuto armonizzare le Indicazioni precedenti legate alla 'Riforma' del
Ministero Moratti (Gruppo di lavoro diretto da Giuseppe Bertagna, d.lgs 59/2004) e le
Indicazioni per il curriculo del Ministero Fioroni (Gruppo di lavoro diretto da Luigi
Ceruti, D.M. 31 luglio 2007), nonché i diversi provvedimenti che rientrano nella
cosiddetta ‘Riforma Gelmini’ e le connesse norme sul dimensionamento scolastico.
Non essendo però le due diverse Indicazioni armonizzabili, durante il Ministero
Profumo si è assunto come punto di riferimento il testo del 2007, sia per motivazioni
di ordine giuridico, sia per un'accoglienza più favorevole da parte delle scuole (come
evidenziato dal monitoraggio Miur-Ansas dell’inverno 2011-2012).12
Tra le motivazioni della riscrittura delle Indicazioni, si annovera da un lato la
necessità di tenere conto delle criticità emerse durante la fase di attuazione
sperimentale, dall’altro la considerazione di elementi nuovi nel quadro culturale,
pedagogico, istituzionale della scuola italiana e dei documenti di indirizzo europei più
recenti.13
Nell’esaminare più da vicino come si configura nel documento la nozione di
‘educazione letteraria’ in rapporto a quella linguistica, si nota che, dopo
l'introduzione, la sezione Italiano comprende, tra gli altri, i seguenti paragrafi: Oralità,
configura… come un problema interno al più generale fenomeno linguistico” (Castellino, Sgroi, id., p.
360).
12
Per un’analisi delle variazioni apportate rispetto al testo del 2007, cf. Giscel Sicilia, “Testi a
confronto.
Le
Indicazioni
nazionali
per
il
curricolo
dal
2007
al
2012”,
<http://www.giscel.org/NotCommPrimoCicloSicilia.htm#_ftn1>.
13
Come sottolinea Giancarlo Cerini, “va ricordato che i riferimenti europei più recenti risalgono al 2008
(adozione del quadro delle qualifiche europee, EQF), mentre è del 2010 il documento di orientamento
sull’apprendimento in contesti plurilingue e interculturali. L’adozione del quadro delle competenze
chiave di cittadinanza è avvenuta invece nel 2006, ma di essa c’era scarsa traccia nel testo delle
Indicazioni/2007 (a differenza delle Linee guida per il biennio, DM 22-8-2007, n. 139). Un più forte
richiamo all’Europa, visibile nel profilo formativo del 14enne (inserito ex-novo nel nuovo testo),
potrebbe favorire un miglior raccordo 'lungo' tutto l’asse dell’obbligo decennale di istruzione.” (Cf. G.
Cerini, 2012).
32
Lettura, Scrittura, Acquisizione ed espansione del lessico ricettivo e produttivo,
Elementi di grammatica esplicita e riflessione sugli usi della lingua e si conclude con i
Traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola primaria e al
termine della secondaria di primo grado e con gli Obiettivi di apprendimento che per
la scuola secondaria corrispondono a quelli previsti per la classe terza.
Nel paragrafo introduttivo sono enunciate le finalità da perseguire attraverso la
disciplina
Italiano, e in particolare si sottolinea la necessità delle competenze linguistiche per la
crescita della persona, l’esercizio pieno della cittadinanza, l’accesso critico a tutti gli
ambiti culturali, il successo scolastico.
Inoltre, l’apprendimento della lingua si configura come un obiettivo proprio non solo
dell’insegnante di italiano ma di tutti i docenti.
Viene inoltre preso in considerazione lo ‘spazio antropologico’, caratterizzato da
dialettofonia, lingue minoritarie, lingue di tutto il mondo, italiano parlato e scritto con
livelli diversi di padronanza e marcate varianti regionali.
Si sottolinea dunque come ciò faccia sì che per molti ragazzi l’italiano rappresenti
una seconda lingua e si evidenzia come l’apprendimento debba avvenire a partire da
competenze linguistiche e comunicative maturate nell’idioma nativo.
Come finalità globale, il primo ciclo si propone l’acquisizione degli strumenti per
un’alfabetizzazione funzionale: ampliare il patrimonio orale e imparare a leggere e
scrivere correttamente e con crescente arricchimento del patrimonio lessicale.
Ma il paragrafo che presenta per noi i maggiori motivi di interesse è quello sulla
Lettura, al centro del quale si trova il ‘piacere della lettura’ come ‘premessa a una
prima educazione letteraria’. La pratica della lettura è proposta sia come occasione
di socializzazione e di discussione, sia come opportunità di ricerca autonoma per
favorire la concentrazione e la riflessione critica, particolarmente utili alla
maturazione dell’allievo.
Inoltre, il piacere della lettura è considerato un fine essenziale:
La nascita del gusto per la lettura produce aumento di attenzione e curiosità, sviluppa la
fantasia e il piacere della ricerca in proprio, fa incontrare i racconti e le storie di ogni civiltà e
tempo, avvicina all’altro e al diverso da sé. Tutte queste esperienze sono componenti
imprescindibili per il raggiungimento di una solida competenza nella lettura e per lo sviluppo di
ogni futura conoscenza. (Indicazioni, id., p. 28)
33
La lettura va dunque intesa in senso strumentale e si sottolinea la necessità di
affrontare testi di vario tipo e forma, senza tralasciare la pratica della lettura
personale e dell’ascolto.
In questa prospettiva, l’insegnante deve far superare gli ostacoli alla comprensione,
siano essi di ordine lessicale e sintattico oppure relativi alla strutturazione logicoconcettuale.
Si ritiene poi che la consuetudine con i libri ponga le basi per la lettura personale
praticata successivamente lungo tutto l'arco della vita:
La lettura connessa con lo studio e l’apprendimento e la lettura più spontanea, legata ad
aspetti estetici o emotivi, vanno parimenti praticate in quanto rispondono a bisogni presenti
nella persona.
In questa prospettiva ruolo primario assume il leggere per soddisfare il piacere estetico
dell’incontro con il testo letterario e il gusto intellettuale della ricerca di risposte a domande di
senso, come premessa ad una prima educazione letteraria, che non si esaurisce certo nel
primo ciclo di istruzione. (Indicazioni, id., p. 29)
Se poi si passa all'esame dei Traguardi si nota che essi includono, oltre alla lettura di
testi letterari di vario tipo, anche l’inizio della costruzione di un’interpretazione in
collaborazione con compagni e insegnanti (parole che riecheggiano le definizioni
teoriche dell’approccio ermeneutico al testo letterario).
Per quanto concerne la scrittura, si propone invece l’assunzione di modelli testuali
come base per le produzioni degli alunni. La pratica della scrittura deve rispondere a
bisogni comunicativi e va inserita in contesti motivanti. Inoltre, l’insegnante deve
lavorare con gli alunni sulle fasi necessarie per la scrittura di un testo.
I testi sui quali occorre far esercitare gli alunni sono quelli per lo studio (schema,
riassunto, esposizione di argomenti, relazione di attività e progetti svolti nelle varie
discipline), funzionali (istruzioni, questionari), narrativi, espositivi, argomentativi:
l’insegnante di italiano fornisce le indicazioni essenziali per la produzione di testi per lo studio
(ad esempio schema, riassunto, esposizione di argomenti, relazione di attività e progetti svolti
nelle varie discipline), funzionali (ad esempio istruzioni, questionari), narrativi, espositivi ed
argomentativi’ che ‘possono muovere da esperienze concrete, da conoscenze condivise, da
scopi reali, evitando trattazioni generiche e luoghi comuni. (Indicazioni, ibid.)
34
Attraverso la produzione di testi fantastici si sottolinea poi la sperimentazione da
parte dell’allievo delle potenzialità espressive della lingua italiana e l'apprendimento
degli intrecci tra lingua scritta e altri linguaggi.
Alla fine del primo ciclo l’allievo dovrebbe essere in grado di produrre testi di diversa
tipologia e forma, dotati di coesione e coerenza, adeguati all’intenzione comunicativa
e al destinatario, curati anche negli aspetti formali.
Infine, se prendiamo in considerazione i Traguardi da raggiungere alla fine della
terza media, troviamo che l’alunno "legge testi letterari di vario tipo (narrativi, poetici,
teatrali) e comincia a costruirne un’interpretazione, collaborando con compagni e
insegnanti” e che “scrive correttamente testi di diverso tipo (narrativo, descrittivo,
espositivo, regolativo, argomentativo) adeguati a situazione, argomento, scopo,
destinatario.” (Indicazioni, id.: 34).
In conclusione, si può parlare di educazione letteraria per il primo ciclo?
Questa espressione indica evidentemente un’educazione alla ‘letterarietà’, alla
specificità del testo letterario, che nella scuola di base non è centrale, perché più
rilevante è il rafforzamento delle competenze linguistiche e la crescita, individuale e
sociale, dell’allievo: le istanze letterarie sono secondarie rispetto a quelle linguistiche
e pedagogiche.
Eppure esse sono perseguite attraverso testi di vario tipo, anche letterari, che
vengono utilizzati sia per sviluppare il piacere della lettura, sia per il consolidamento
delle competenze linguistiche e l’educazione dell’alunno. Nel nostro caso, per
l’educazione alla convivenza e interculturale.
Dunque, nel presente lavoro si parlerà di ‘educazione letteraria’ precisando che con
tale espressione ci si riferisce all’utilizzo dei testi letterari a fini pedagogici nella
scuola secondaria di I grado.
35
36
Capitolo 2. Quadro teorico di riferimento
Nel presente capitolo si espliciteranno le definizioni di nozioni e concetti di
riferimento significativi per la contestualizzazione teorica del presente lavoro. Essi
appartengono agli ambiti delle discipline psico-pedagogiche, della didattica delle
lingue e culture e delle discipline socio-antropologiche e costituiscono il ‘retroterra’
dell’approccio al testo definito nel successivo capitolo 3.
1. La nozione di competenza nelle scienze dell’educazione e nella
didattica delle lingue
La nozione di ‘competenza’, nata nell’ambito della formazione professionale
(Cegolon, 2008), molto discussa in campo educativo e centrale nei documenti di
politica educativa e linguistica, dagli studi risulta definita in una moltelicità di modi,
tanto che coloro che hanno cercato di rispondere alla domanda: “che cos’è la
competenza?” attribuiscono alla nozione un’identità multipla:
Sulla scorta delle principali analisi proposte, si è potuto scoprire che la competenza è, di volta
in volta, comportamento, obiettivo di insegnamento/apprendimento, conoscenza, abilità
(Mager, Tyler, Bloom, De Landsheere) azione, rappresentazione, schema operativo, sapere
di esperienza, capacità di comprendere; mobilizzare trasferire (Le Boterf, Perrenod, LevyLeboyer, Meireu, Rogier, Richard); infine, capacità combinata (Nussbaum, Pellerey,
Bertagna). E forse altro ancora perché da questo punto di vista la lista rischia veramente di
diventare inesauribile, potendo includere ancora qualche altro spicchio di verità. (Cegolon,
2008, p. 136)
Tuttavia, è possibile distinguere almeno tre orientamenti:
37
- per quello comportamentista, la competenza è riconducibile ai ‘saperi di azione’
quindi a conoscenze e abilità;
- per quello cognitivista, la competenza è un poter agire, che si fonda sulla
formazione delle capacità del soggetto;
- per quello sincretico invece non basta che si verifichi la presenza di conoscenze,
abilità e capacità, ma deve avvenire anche la mobilitazione di quelle più adatte a
fronteggiare una situazione, per questo si parla di saper mobilitare (Le Boterf, LevyLeboyer) e di saper trasferire (Perrenoud, Rey, Meirieu,
).
Occorre precisare che ‘mobilitare’ rimanda a una concezione cognitivista, nel senso
che la competenza che si mobilita deve poi adattarsi alla nuova situazione, invece
‘trasferire’ mostra un residuo di comportamentismo poiché si riferisce quasi a uno
spostamento di conoscenze da un contesto a un altro.
Un’altra questione aperta riguarda il tipo di contesto da cui dovrebbe emergere la
competenza.
La definizione di cosa sia una competenza appare dunque complessa, ed appare
ardua la convergenza degli studiosi verso una concezione univoca.
Tuttavia, si possono intravvedere due orientamenti di ricerca (anche se non
nettamente divisi dato che i contatti e le influenze reciproche sono molteplici): uno
psico-pedagogico, uno socio-economico.
Nell’ambito psico-pedagogico la competenza è identificata come poter fare, e la
trasferibilità è centrale in quanto la finalità della scuola è di preparare gli studenti ad
affrontare con strumenti culturali, intellettuali e pratici la vita privata, sociale,
professionale, civica. Dunque, si privilegia il contesto della normalità e della
quotidianità, anche perché alla competenza giova la continuità per rafforzarsi.
Invece all’interno dell’orientamento socio-economico prevale l’attenzione alla
performance più che al processo, e per questo si dà maggiore attenzione al saper
agire e alle abilità (Spencer e Spencer, 1993).
La teoria della progettazione in ambito formativo è infatti ancora molto influenzata
dal comportamentismo, a differenza di quella in ambito educativo dove si parla di
personalismo. Inoltre, si privilegia l’eccezionalità sulla normalità, poiché la
competenza si valuta in un contesto competitivo.
38
In conclusione, secondo gli orientamenti della ricerca più recenti, se si adotta un
punto di vista personalista, un’impostazione epistemologica corretta dovrebbe partire
da un’altra domanda e chiedersi chi è il soggetto competente.
Nel presente lavoro, la somministrazione di un questionario nella fase iniziale della
ricerca-azione ha, come si vedrà (cf. infra, cap. 4), tra i suoi obiettivi la conoscenza
dei soggetti coinvolti.
Per il cognitivista Piaget, la competenza corrisponde a uno schema operativo,
ovvero tanto a una rappresentazione di un’azione, quanto a un mezzo di
assimilazione di nuove conoscenze e di adattamento a nuovi contesti.
Nel cognitivismo è poi importante distinguere tra rappresentazione, conoscenza,
capacità cognitiva, che sono tutte funzioni mentali ma che sono state di frequente
confuse.
Ma il contributo principale del cognitivismo rispetto al comportamentismo consiste
nell’aver incluso il soggetto nelle dinamiche comprendenti saperi/abilità/capacità che
portano alla competenza.
Infatti, se sono state identificate nella competenza le tre componenti della
la
situazione di formazione, della situazione professionale, del soggetto (Le Boterf,
1994, cit. in Cegolon, id., pp. …), in questa formulazione il soggetto ha ancora poco
spazio, in quanto non ne vengono presi in considerazione requisiti quali la
determinazione, la perseveranza, la volontà.
Nella ricerca degli ultimi anni si è arrivati a distinguere la competenza come
comportamento dalla competenza come azione, che è la stessa distinzione che
Aristotele delineava tra praxis e poiesis, ovvero “tra azione che ha il fine dentro di sé
in quanto risponde ad una scelta e decisione del soggetto agente e azione che ha il
fine al di fuori di sé, già predeterminato all’azione stessa e tale da convertire
quest’ultima in mera esecuzione” (Cegolon, 2008, p. 198).
Inoltre, se Piaget riteneva che la presa di coscienza della nostra esperienza proceda
dalla periferia al centro,
il soggetto rivendica ora un’attenzione che va oltre una sua presenza meramente mentale, il
soggetto vuole essere considerato anche per i suoi aspetti affettivi, volitivi, relazionali, il
presente e il passato della sua storia, le sue proiezioni future, insomma tutta la sua realtà
personale che, in tal modo, guadagna centralità nella questione delle competenze. (Cegolon,
id., p. 109)
39
La riflessione sulle competenze si è interrogata di recente anche sul loro transfert.
Il concetto rimanda alla trasferibilità delle competenze stesse, per l’ambito educativo
dal contesto scolastico a quello sociale, dato che la scuola ha la finalità di insegnare
ad affrontare la vita. Infatti essa non deve essere isolata dal resto della società
(problema che Dewey sollevò criticando certe pratiche autoreferenziali dei sistemi
scolastici).
Il concetto di transfert, sebbene diversamente concepito a seconda delle diverse
idee di apprendimento, ha in tutti i modelli la caratteristica di consentire di utilizzare
conoscenze precedenti in situazioni nuove esercitando due funzioni importanti:
- individuare eventuali errori nella previsione di attività che si vuole intraprendere;
- consentire di modificare il piano di queste attività potendo contare su un
orientamento che deriva da conoscenze anteriori (Cegolon, cit., p. 113).
In ogni caso, bisogna evitare di credere che il transfert delle competenze sia un
principio di evidenza empirica, ovvero pensare che “la continuità, l’omogeneità, le
analogie tra situazioni siano nelle situazioni stesse e, per questo, esse siano
individuabili nella stessa forma da ciascuno.” (Cegolon, id.)
Quanto all’esistenza del transfert, si tratta più di una questione aperta che di una
certezza.
Proprio per questo esso deve rimanere un problema, perché la soluzione non può
darsi a priori. Bisogna dunque trasformarlo da un oggetto di conoscenza a un
obiettivo di apprendimento.
Un punto fermo è comunque che
è esclusa l’esistenza di competenze tout court trasferibili, né di fattispecie particolari tali da
gettare un ponte (…) tra una situazione e un’altra (…). La nostra sfida è un’altra: non sta
nell’oggetto ma nel soggetto e, quindi, nella sua formazione. Questi costruisce la sua identità
sulla base di coordinate di senso che impara a leggere e a interpretare nel variare delle
situazioni. In tal modo egli può individuare i collegamenti che mobilitano il transfert. (Cegolon,
id., pp. 114-115).
Il fuoco dell’attenzione è dunque nell’individuo, poiché è nel soggetto e non
nell’‘oggetto- competenza’ che vanno studiati i processi del trasferimento delle
competenze
40
Nella didattica delle lingue (cf. Bertocchini e Costanzo, 2011) si parla di competenza
a partire dal 1971, quando Chomsky la definisce “capacité d'un locuteur idéal de
produire et de comprendre, grâce à un système de règles intériorisé et à une
quantité limitée d'éléments lexicaux, une quantité illimitée de phrases bien formées”.
In seguito, come si è visto, nel campo educativo, gli schieramenti si sono divisi tra i
sostenitori della competenza come facoltà innata della specie umana (Meirieu la
definisce “savoir identifié mettant en jeu une ou des capacités dans un champ
notionnel ou disciplinaire donné”) e coloro che la considerano come un’acquisizione
che appartiene a ogni persona, e dunque soggetta a variazioni da un individuo
all’altro (Le Boterf sostiene che “Il n’y a de compétence que de compétence en
acte”).
Infine, Perrenoud ha messo in evidenza la complessità del termine sottolineando che
l’oscillazione tra capacità e saper fare è dovuta alla necessità di pensare a
la manière dont un individu mobilise capacités et autres ressources cognitives dans des
situations complexes, qui exigent l’orchestration de multiples opérations pour résoudre un
problème, prendre une décision, conduire une activité, etc. (Perrenoud, 2011)
Per questo propone di parlare di competenze in termini di
expertises multiples qui renvoient à des catégories de situations, voire de problèmes. Le
même individu peut manifester plusieurs expertises construites indépendamment les unes
des autres (…) une expertise n’étant pas un talent inné, mais une construction, issue de
l’expérience réflexive dans un terrai particulier. Sans dimension réflexive, l’expérience ne
garantit pas l’expertise, mais c’en est une condition nécessaire. (id.)
La dimensione riflessiva, che è condizione necessaria affinché l’esperienza
garantisca la perizia, assume perciò una funzione centrale.
41
2.
La nozione di competenza interculturale
La competenza interculturale (d’ora in poi IC) è stata definita in moltissimi modi.1
La sua rilevanza e le ragioni della sua elaborazione teorica e del suo impiego sono
state e sono diverse nel tempo e nello spazio.
Se prendiamo in considerazione gli Stati Uniti, dato che le esportazioni costituiscono
una voce molto importante per l’economia, si tratta di una competenza chiave per le
relazioni di affari.
Un’altra causa del rilievo che hanno assunto le competenze interculturali è il fatto
che il numero degli statunitensi che viaggia nel mondo, sia per svago che per affari,
è sempre maggiore ed essi sono dei ‘rappresentanti’ degli Stati Uniti all’estero,
perciò si ritiene importante che siano comunicatori competenti (Spitzberg e
Changnon, 2009).
Dunque, da un lato la competenza interculturale è fondamentale e sempre più
richiesta dalle aziende per mantenere o incrementare le quote di scambi commerciali
con l’estero e i margini di profitto, dall’altro la preoccupazione è di ‘produce
competent American citizens to teach others about our cultural views’ (Spitzberg e
Changnon id., p 4), ponendo con ciò le basi per interazioni collaborative.
Interessi economici e preoccupazioni per l’immagine del paese all’estero sono
all’origine dell’elaborazione della nozione negli Stati Uniti.
In area europea, invece, la competenza interculturale, come si è visto, è collegata a
finalità politiche di coesione sociale.
La maggior parte delle teorie hanno l’individuo come unità di analisi, sebbene molte
riconoscano la necessità di includere altri fattori.
Fin dagli anni ‘50, è stato dominante un modello di competenza intuitivo e conativo,
che comprende le componenti chiave della motivazione, della conoscenza e delle
abilità.
Spitzberg e Cupach (1984) hanno proposto di aggiungere anche il contesto e gli esiti
(outcomes) dell’interazione.
1
Martyn Barret ha parlato a tale proposito di “bewildering array of conceptualizations of intercultural
competence that are currently available. Over the past twenty years or so, there has been a
proliferation of different models of intercultural competence across the social sciences, in disciplines
as diverse as management, health care, counselling, social work, psychology and education” (cf.
Barret, 2012)
42
2.1. Origine della nozione
Negli Stati Uniti, le origini del bisogno di competenze interculturali viene individuato
nelle esigenze della selezione di personale diplomatico prima, e nella crescita di
interessi multinazionali nelle organizzazioni poi.
Dopo la seconda guerra mondiale e poi con la guerra fredda, crebbe l’esigenza di
forti alleanze diplomatiche e di alleanze d’affari, inoltre ci fu un’espansione dei
programmi di aiuto all’estero verso paesi con problemi umanitari. In tale scenario
nacquero organizzazioni come i Peace Corps, che dovevano reclutare personale in
grado di lavorare in contesti diversi rispetto a quello di provenienza. Tale esigenza
fece crescere l’interesse per la IC e gli studi per identificare le caratteristiche di
competenza che dovevano avere i lavoratori dei Peace Corps (cfr. Smith, 1966 ed
Ezekiel, 1968 in Spitzer e Changnon, 2009, p. 8).
Prima della metà degli anni ’70, studiosi e professionisti avevano consolidato ed
ampliato la lista delle caratteristiche attese per avere successo nell’assegnazione
all’estero nei Peace Corps (Harris, 1977). Studi come quelli sui Peace Corps ed altri
quali quelli sull’adjustment del personale della Marina (Benson, 1978) mostrano
come molti studi successivi possano aver ‘reinventato ruote’ che erano state già
relativamente ben progettate tempo fa.
Termini come ‘intercultural communication’, ‘intercultural effectiveness’, ‘intercultural
adaptation’ risalgono in gran parte agli anni ’70 e ’80 (cfr. Hammer, Gudykunst, &
Wiseman, 1978; Ruben, 1976; Ruben & Kealey, 1979; Wiseman & Abe, 1986 in
Spitzer e Changnon, 2009). Prima di tale periodo, si riconosceva l’importanza di
rappresentanti governativi, nell’educazione e negli affari, ma non c’era alcun modello
ampiamente accettato per la formazione e la valutazione della intercultural
readiness.
In seguito, i tentativi metodologici e di misurazione superarono i quadri teorici
disponibili. Furono fatti molti sforzi per sviluppare, validare e raffinare unità di misura
della IC, e questi misero in luce che qualsiasi unità di misura completa sarebbe stata
senza dubbio di natura multidimensionale.
Il problema era quali dimensioni e perché.
Dagli anni ’90 ad oggi sono stati fatti degli sforzi di misurazione basati su modelli
concettuali più elaborati (cfr. Byram, 1997, 2003; Byram, Nichols, & Stevens, 2001;
43
Milhouse, 1993; Prechtl & Lund, 2007) e che si focalizzano sul contesto o sul
processo (cfr. Spitzberg e Changnon, cit., p. 9).
La maggior parte di questi modelli valutava conoscenze e abilità ignorando però le
componenti affettive o motivazionali identificate da diversi modelli (Spitzberg &
Cupach, 1984).
Allo stesso tempo, cambiamenti in discipline quali la psicologia della comunicazione
e la psicologia sociale in direzione di una maggiore focalizzazione sullo sviluppo di
relazioni attraverso una varietà di contesti ha portato a ricerche più relazionalmente
focalizzate sulle interazioni interculturali (Chen, 2002; Collier, 1996 cit. in Spitzberg e
Changnon, cit., p. 9). o i contesti interetnici (Hecht, Larkey, & Johnson, 1992; Hecht
& Ribeau, 1984; Martin, Hecht, & Larkey, 1994, cit. in Spitzberg e Changnon, id.).
2.2. Una ricognizione dei modelli contemporanei
Spitzberg e Changnon categorizzano i modelli nei seguenti tipi: compositional, coorientational,
classificazione
developmental,
adaptational,
dichiaratamente
soggettiva
causal
e
process
basata
tracciando
una
sull’individuazione
di
somiglianze tra i modelli.
Questi cinque tipi di modelli non sono reciprocamente esclusivi e la ripartizione
adottata non è certamente l’unica possibile, tuttavia consente di delineare importanti
distinzioni.
2.2.1. Modelli compositional
La prima tipologia è quella dei ‘compositional models’. Questi
are similar to what Turner (1985) might refer to as an analytic scheme or typology. These
models identify the hypothesized components of competence without specifying the relations
among those components. Such models represent ‘lists’ of relevant or probable traits,
characteristics, and skills supposed to be productive or constitutive of competent interaction.
I modelli presi in esame sono quattro: quello di Hamilton et al. (1998), quello di TingToomey e Kurogi (1998), quello di Deardroff (2006) e quello di Hunter et al. (2006).
44
Il modello di Hamilton et al. (1998) distingue tra atteggiamenti, conoscenze e abilità,
in maniera tradizionale.
Tuttavia, esso viene criticato poiché da un lato, al pari di altri modelli simili,
rappresenta senza una ratio chiara livelli multipli di astrazione, collocando nella
stessa categoria (skills) lo ‘sfidare atti discriminatori’ e l’’engage in self-reflection’,
quando la prima abilità è qualcosa di molto più ristretto e osservabile della seconda,
che dovrebbe piuttosto essere annoverata tra gli atteggiamenti. Questa è infatti la
sostanza della seconda critica: la confusione tra un fattore interno affettivo o
cognitivo come opposto a un fattore comportamentale (cf. rappresentazione grafica
in Spitzberg e Changnon, cit., p. 11).
Il modello contemporaneo di Ting-Toomey e Kurogi (1998) toglie importanza ai
fattori motivazionali mentre enfatizza quelli cognitivi, comportamentali e quelli relativi
ai risultati.
Diverso dai modelli di tipo ‘causal path’, questo parte dall’assunto della presenza di
relazioni iterative tra tutte le componenti del modello, cosicché pone che i mutamenti
in ogni componente influenzino ogni altra componente.
Deardorff (2006) ha invece formulato un modello a partire da processi sia deduttivi
che induttivi, usando una metodologia Delfi nella quale 23 esperti in ambito
interculturale hanno partecipato alla prima ricerca condotta per documentare il
consenso su una definizione e sulle componenti della competenza interculturale. Il
risultato sono stati due modelli, il primo dei quali è a piramide, dove i livelli più bassi
sono visti come potenziamento per quelli più alti (cf. Spitzer e Changnon, id., p. 13).
Come molti approcci cognitivi, la piramide rappresenta elementi motivazionali,
cognitivi e di abilità e incorpora il contesto all’interno di queste componenti. Tuttavia,
diversamente da altri approcci conativi, tenta di rappresentare in maniera gerarchica
l’ordine di questi elementi, partendo da quelli fondativi (gli atteggiamenti) per arrivare
ai risultati visibili, che consistono in una comunicazione efficace ed appropriata nelle
situazioni interculturali.
Il modello è stato peraltro usato anche per far derivare specifici indicatori e criteri in
ciascuno dei domini (cf. cap. 28 del volume The SAGE Handbook of Intercultural
Competence) ai fini dell’utilizzo di tale modello per la valutazione della competenza
comunicativa interculturale (ICC).
45
Il modello definito da Hunter et al. (2006) si basa anch’esso su una analisi Delfi che
ha coinvolto educatori, manager delle risorse umane, diplomatici, formatori e ufficiali
governativi.
In esso, le competenze chiave riflettono l’idea che si dovrebbe essere consapevoli
della propria cultura prima di ‘entrare’ in quella altrui. Molto utile a questo scopo è la
conoscenza della storia mondiale.
Sorprendentemente, le competenze linguistiche non sono annoverate, in questo
modello, tra le più importanti, evidentemente perché gli orientamenti motivazionali e
cognitivi di base sono considerati prioritari per il ‘movimento’ tra le culture con o
senza competenze linguistiche.
Essi sono molto utili nel definire la portata e i contenuti di una teoria della IC, tuttavia
sono teoricamente deboli nello stabilire le relazioni condizionali tra le componenti,
nonché nel definire i precisi criteri
attraverso i quali la competenza stessa è
riconoscibile.
A tale riguardo, un’altra categoria di modelli cerca di ovviare a questa mancanza
definendo l’obiettivo primario della IC nella ‘co-orientation’.
2.2.2. Modelli co-orientational
I
modelli
riuniti
in
questa
categoria
prestano
particolare
attenzione
al
raggiungimento, attraverso l’interazione, di un livello base di ‘co-orientation’ verso il
comune mondo referenziale.
Co-orientation is a term that summarizes several cognate concepts
relevant to
comprehension outcomes of interactional processes, including understanding, overlapping
perspectives, accuracy, directness, and clarity. (Spitzer e Changnon, id., p.15)
Fantini (1995) ha riassunto molti elementi necessariamente coinvolti nei processi
linguistici coinvolti nel raggiungimento della ‘co-orientation’. Egli è d’accordo sul
fatto che i tipi di caratteristiche identificate nei modelli ‘componential’ possano
facilitare il processo di interlocuzione, e concorda nell’organizzare tali tratti nelle
dimensioni familiari di ‘awareness’, ‘attitudes’, ‘knowledge’, ‘skills’.
Se gli interlocutori hanno successo, secondo Fantini si verifica un processo
attraverso il quale le prospettive o visioni del mondo degli interattanti mostrano una
46
crescente ‘co-orientation’, e dunque una sovrapposizione o una crescente
corrispondenza tra i rispettivi sistemi simbolici, i significati denotativi e connotativi e
le norme d’uso.
Gli autori collocano in questa categoria anche il modello di Byram, nonostante esso
si occupi di negoziare l’identità nello ‘spazio’ all’interno e attraverso le culture (cf.
infra, par. 4.2).
Un terzo modello è quello di Kupka (2008), che definisce la competenza
comunicativa interculturale in termini di
impression management that allows members of different cultural systems to be aware of
their cultural identity and cultural differences, and to interact effectively and appropriately with
each other in diverse contexts by agreeing on the meaning of diverse symbol systems with
the result of mutually satisfying relationships. (p. 16).
Sebbene tale definizione abbia dei debiti verso altri modelli, ha però il merito di
specificare tre criteri per i risultati attesi dalla comunicazione interculturale: effetti di
appropriatezza ed efficacia, consapevolezza e accordo su diversi sistemi di
significato e reciproca soddisfazione relazionale.
Tra le componenti che facilitano l’interazione e il raggiungimento dei suddetti risultati
figurano molti dei concetti comunemente riconosciuti, quali la percezione della
distanza culturale, la competenza nella lingua straniera, l’abilità nella comunicazione
verbale e non verbale, l’autoconsapevolezza, la motivazione e la conoscenza,
tuttavia il risultato dell’interazione è rappresentato come sovrapposizione di sistemi
di significato.
I modelli di questo tipo danno per scontato il valore della reciproca comprensione,
tuttavia, la critica mossa loro da Rathje (2007) tenta di mostrare che il concetto di
cultura ad essi sotteso è troppo semplicistico e tende a sottovalutare la dialettica
interna a ciascuna cultura.
Infatti, le culture hanno l’effetto di unificare, ma i membri delle culture comprendono
le differenze all’interno della loro multicollectivity. Il tratto unico della cultura è che
raggiunge l’unità in gran parte attraverso la sua unica amalgama di differenze
interne.
47
Dunque, la cultura da un lato produce uniformità e coerenza tra i suoi membri,
dall’altro produce un senso di coesione in cui le differenze individuali sono sostenute
come un unico marcatore della cultura stessa.
Perciò
la
competenza
interculturale
sarebbe
meglio
caratterizzata
dalla
trasformazione dell’interazione interculturale nella cultura stessa: la ‘co-orientation’
che si produce nell’interazione interculturale competente è la co-produzione di un
ambiente culturale che non riflette identità culturali comuni, ma che le produce
attraverso l’interazione stessa.
I modelli ‘co-orientational’ sono utili nell’attirare l’attenzione sull’importanza del
raggiungimento di qualche livello minimo di riferimento comune attraverso
l’interazione.
Inoltre,
evidenziano
una
delle
questioni
fondamentali
degli
studi
sulla
comunicazione: com’è possibile che siamo capaci di ‘co-orientamento’ nonostante
veniamo da diverse, o perfino divergenti, prospettive verso il mondo? Da questo
punto di vista, in certa misura, tutte le comunicazioni sono in parte interculturali
(Rathje, 2007).
Uno dei principali problemi di questi modelli, secondo Spitzer e Changnon, è tuttavia
il fatto che molte interazioni quotidiane si basano non su una comunicazione diretta
ma su un sottile equilibrio tra chiarezza e ambiguità, come avviene nelle regole della
buona educazione, che sovente implicano una buona dose di non detto.
2.2.3. Modelli developmental
Questi modelli sottolineano l’importanza del fattore tempo nello sviluppo della
competenza interculturale, e si basano sulla tradizione della psicologia dello sviluppo
e sugli studi più recenti sulle relazioni personali.
Secondo questa prospettiva, le relazioni diventano più competenti attraverso
interazioni continue che producono maggiore co-orientamento, apprendimento e
incorporazione delle rispettive prospettive culturali.
Essi sono caratterizzati dalla definizione di una serie di stadi di progressione che
segnerebbero il raggiungimento di livelli di interazione più competenti.
Una rappresentazione è fornita da King e Baxter Magolda (2005), secondo i quali le
persone maturano livelli più alti di competenza solo attraverso lo studio continuo,
l’osservazione e l’interazione con i rappresentanti di un’altra cultura.
48
Come nell’influente modello di Milton Bennet sulla sensibilità interculturale (1993), si
presuppone che, nel tempo, gli interattanti progrediscano da fasi etnocentriche verso
fasi sempre più etnorelative.
L’assunto in Bennet è che, man mano che l’esperienza della differenza culturale
diventa più complessa e sofisticata, anche la competenza nelle relazioni interculturali
cresce (Hammer et al., 2003, p. 423).2
Un altro modello evolutivo è quello di Gullahorn e Gullahorn (1962), che adatta il
concetto di ‘shock culturale’ in un modello di adattamento culturale a stadi.
Lysgaard (1955) propose un’ipotesi a curva a U, in seguito sviluppata appunto da
Gullahorn e Gullahorn.
Tale modello si basa sull’esperienza di persone che vivono all’estero o passano un
tempo considerevole in una cultura diversa, e individua una fase ‘luna di miele’, nella
quale le esperienze sono positive anche grazie all’effetto alone della novità, cui
segue uno stadio di ‘ostilità’, dovuto alla crudezza delle differenze con le quali si
scontrano le risorse adattive delle persone. Se però gli sforzi di adattamento
continuano, ci si aspetta che gli interattanti superino il secondo stadio e riconoscano
la natura ‘humorous’ delle incongruenze tra culture.
Infine, ci si aspetta che gli interattanti competenti cominceranno a sentirsi ‘in
sintonia’ con l’ambiente culturale e i suoi ritmi, rituali e regole. Inoltre, si prevede un
certo grado di ‘ambivalenza’ alla prospettiva del ritorno a casa e uno ‘shock culturale
di ritorno’ al rientro in patria.
Spitberg e Changnon sottolineano come questi modelli evidenzino la natura
evolutiva dell’interazione e delle relazioni, fondandosi sull’assunto che i sistemi
sociali, tra i quali si annoverano anche le relazioni personali, sono processuali e
cambiano nel tempo.
Gli stadi descritti sono strutturati in maniera simile a quelli teorizzati da Piaget
(1947), dove ciascuno presuppone il precedente e lo incrementa.
Simili modelli sono utili per coloro che sono coinvolti in lunghi soggiorni in altre
culture, ma, se sono forti nel descrivere stadi sistemici di cambiamento, hanno la
debolezza di non specificare quali tratti di competenza interpersonale e interculturale
facilitano o moderano il corso di tale evoluzione.
2
Per una trattazione più ampia del modello di Bennet, cf. infra, par. 4.1.
49
2.2.4. Modelli adaptational
Questi modelli estendono approcci compositional da modelli monadici a modelli più
diadici. Inoltre, il processo di adattamento stesso è considerato un criterio di
competenza.
To a large extent, the process of adaptation is prima facie evidence of competence by
demonstrating the movement from an ethnocentric perspective in which adaptation is not
seen as important to a more ethnorelative perspective in which adaptation is the sine qua non
of intercultural interaction. (Spitzer e Changnon, id., p. 23)
Secondo Il modello di Y.Y. Kim (1988), le disposizioni individuali (come il retroterra
culturale/etnico, l’apertura, la resilienza) preparano un interattante a usare
esperienze sia interazionali che comunicative per informare la competenza
d’interazione con il rappresentante di un’altra cultura.
La communication accommodation theory (Gallois, Franklyn-Stokes, Giles &
Coupland, 1988) modellizza un processo di adattamento nel quale gli interattanti
adattano i loro stili comunicativi agli stili degli altri interattanti.
Tali adattamenti tuttavia possono essere moderati dalla solidarietà che il proprio
gruppo culturale fornisce al parlante.
Quando il rapporto è asimmetrico, l’interattante che non è in posizione dominante
probabilmente si impegnerà in uno sforzo maggiore all’adattamento di quanto non
farà il membro della cultura più indipendente e dominante.
Altri modelli prendono in considerazione una delle dialettiche principali di tutti gli
approcci alla competenza interculturale, ovvero la tensione tra l’adattamento a
un’altra cultura contro il mantenimento della propria.
Il modello di Berry, Kim, Power & Young (1989) distingue a questo proposito quattro
potenziali
stili
di
acculturazione:
assimilazione,
integrazione,
segregazione/separazione o marginalizzazione.
Invece, un modello adattativo dell’acculturazione più elaborato (Navas et al., 2005)
prende in considerazione le preferenze reali e ideali dei due gruppi coinvolti, ovvero
quello degli ospiti e quello degli immigrati/visitatori. Secondo tale modello, ciascun
gruppo ha delle preferenze ideali su attitudini o comportamenti dell’altro gruppo e la
50
competenza verrà classificata in base alla misura in cui le strategie impiegate da un
gruppo combaciano con le aspirazioni idealizzate dell’altro.
I modelli adattativi puntano sugli assiomi di base dei modelli di competenza, ovvero
l’adattabilità è basilare per raggiungere la competenza, dato che nella maggioranza
delle interazioni interculturali il reciproco adattamento è considerato una condizione
necessaria della competenza.
Questi modelli pongono però dei problemi: a livello teorico, l’adattamento è un
criterio discutibile di competenza. Inoltre, dato che l’adattamento prevede uno
sviluppo, questi modelli dovrebbero articolare i tipi di adattamento reciproco
necessari nei diversi stadi.
2.2.5. Modelli Causal paths
I modelli di questo tipo cercano di rappresentare la competenza interculturale come
un sistema teorico non sistemico ma lineare, che la rende soggetta a test empirici di
tipo statistico. Essi tendono a concepire le variabili in una collocazione ‘a valle’, che
in successione influenzano e sono influenzate da variabili che moderano o mediano,
le quali a loro volta influenzano le variabili a monte.
Ad esempio, nel modello di Arasaratnam (2008) l’empatia influenza la competenza
direttamente, ma produce anche effetti indiretti attraverso attitudini globali che sono
a loro volta influenzate da esperienze interculturali e interazionali.
Perciò, le vie teoriche verso l’interazione competente sono due.
Altri modelli di questo tipo sono quelli di Griffith e Harvey (2000) che prende in
considerazione l’influenza reciproca tra la comprensione culturale e la competenza
comunicativa, e quello di Ting-Toomey (1999), che ipotizza tre gruppi di fattori:
antecedenti (livello del sistema, livello individuale, livello interpersonale), processo di
gestione
del
cambiamento
(gestione
dello
shock
culturale,
gestione
del
cambiamento d’identità, gestione delle nuove relazioni e gestione dell’ambiente) e
fattori di risultato (livello del sistema, livello individuale, livello interpersonale).
I cambiamenti portati dalle influenze individuali, personali e sistemiche possono
essere gestiti in maniera più o meno competente nel processo di cambiamento,
influenzando perciò i vari risultati.
51
La forza di questi modelli, ovvero il porre ipotesi esplicite in relazione alle
connessioni delle loro componenti, costituisce allo stesso tempo un punto di
debolezza perché essi contengono troppi ‘circoli di feedback’ o frecce a due direzioni
che non facilitano i processi di verifica o falsificazione delle ipotesi stesse (Spitzberg
e Changnon, cit., p. 33).
3. La nozione di competenza comunicativa interculturale
Se, come si è visto, la nozione e i modelli della competenza interculturale sono stati
sviluppati in ambiti vari (economico e della formazione professionale in primis), la
competenza comunicativa interculturale appartiene invece specificamente alla
didattica delle lingue.
In questo campo infatti, da un modello che prevedeva la centralità della competenza
linguistica e della forma della lingua, in riferimento a un parlante-ascoltatore ‘ideale’
che conosce perfettamente la lingua, non è soggetto a condizionamenti di ordine
psicologico e sociologico, appartiene a una comunità linguistica omogenea (Zuanelli
Sonino, 1981, p. 41), si è passati a un modello in cui è centrale una competenza
comunicativa formata da tre conoscenze - psicolinguistica, socioculturale, de facto e sull’abilità di usarle (Hymes, 1972, pp. 269-293) e l’uso della lingua.
La matrice del mutamento di paradigma è costituita dalle teorie sociolinguistiche, che
hanno portato allo sviluppo di approcci didattici di tipo comunicativo, basati su
nozioni (spazio, tempo etc.) e funzioni (es. chiedere e dare informazioni, presentarsi,
etc.), oppure che hanno messo l’accento sul contesto di apprendimento o sugli
obiettivi e le caratteristiche dell’apprendente (Zorzi, 1996).
In ogni caso, per tutti questi approcci, centrale è l’apprendente più che la lingua da
insegnare.
Gli studi sull’apprendente hanno avuto il merito di evidenziare lo ‘sforzo’ che questi
fa verso la lingua d’arrivo e il parlante nativo, trascurando però le modalità di
negoziazione che il parlante nativo può mettere in campo per facilitare l’incontro.
Successivamente, gli studi sulle interazioni verbali (e sociali) tra parlanti di lingue
diverse hanno rilevato asincronie, che mostrano difficoltà nella cooperazione
conversazionale
(a
causa
di
differenze
52
culturali
e
nelle
convenzioni
di
comunicazione) e provocano fallimenti, che possono essere di due tipi: non c’è
comunicazione oppure c’è fraintendimento (Gumperz, 1982). Questo può essere a
sua volta pragmalinguistico (si attribuisce erroneamente un significato a un
enunciato) o sociopragmatico (il contenuto dell’altro non è ritenuto adatto alla
situazione per esempio a causa dell’uso inappropriato di un registro linguistico per
eccesso o difetto di formalità) (cf. Thomas, 1983, pp. 91-109).
Ripetuti incontri interculturali falliti provocano la formazione di stereotipi culturali
negativi (Chick, 1990, pp. 253 e segg.).
Le competenze che portano a un’efficace comunicazione interculturale non possono
essere insegnate sotto forma di conoscenze stabilite una volta per tutte perché sono
legate al contesto (tuttavia - secondo Zorzi, id., un’efficace comunicazione
interculturale può essere imparata).
In particolare, può essere utile essere consapevoli delle potenziali fonti di asincronia
per mettere in atto strategie di riparo. Affinché queste possano essere attivate,
l’interazione ha un ruolo centrale, dato che il significato è socialmente negoziato.
Quest’approccio ha due conseguenze: da un lato, la presentazione di contenuti
culturali non appare né l’unica né fondamentale nell’approccio interculturale,
dall’altro implica la costruzione di un clima di classe che favorisce reciproci
adattamenti a fronte delle diversità linguistiche e culturali. 3
4. Modelli significativi per la ricerca svolta
4.1 Il modello dinamico di sensibilità interculturale di Milton Bennet
Secondo Milton Bennet, esiste un ‘continuum evolutivo di sensibilità interculturale’, e
le persone apprendono diversamente dal contatto con la differenza a seconda della
loro collocazione in questo continuum.
Parola chiave è il concetto di differenziazione, in quanto, secondo Bennet, “le culture
differiscono le une dalle altre principalmente nel modo in cui mantengono costanti
3
Zorzi propone anche la nozione di ‘competenza partecipativa’, intesa come la capacità di essere
consapevoli delle regole di comportamento, implicite ed esplicite, e del perché esse sono state
adottate. Ritiene che tali regole debbano diventare oggetto di discorso per facilitarne la comprensione
soprattutto da parte degli alunni stranieri provenienti da contesti con regole differenti (cf. Zorzi, 1996,
pp. 46 -52).
53
alcune prospettive di osservazione sulla realtà (o ‘worldviews’)”. (Castiglioni, 2005, p.
12).
Nell’apprendimento interculturale è importante il modo in cui l’esperienza della
differenza viene integrata in una prospettiva soggettiva anch’essa di natura culturale.
Si tratta di un percorso infinito di crescita personale in cui elaboriamo il fenomeno
della
differenza
a
tutti
i
livelli
dell’apprendimento:
cognitivo,
affettivo
e
comportamentale.4
L’attenzione si sposta dall’oggetto al soggetto che apprende, e siamo più interessati
a come le persone costruiscono i significati e i costrutti con i quali interpretano la
realtà fenomenologica.
Diventiamo così consapevoli che la nostra worldview è una tra le tante, e che per
diventare esperti interculturalmente non basta leggere delle informazioni, ma
bisogna fare esperienza.
Il modo di esperire la differenza diventa allora più complesso, e ci rende possibile
entrare nella prospettiva altrui, di cogliere significati e segnali che non saremmo stati
in grado di comprendere altrimenti.
Secondo George Kelly, se non abbiamo modo di costruire concettualmente e
affettivamente un evento, non potremo nemmeno farne esperienza (in Castiglioni,
id.).
Il MDSI fu sviluppato da Bennet a partire dalla fine degli anni Settanta sulla base dei
modelli di ‘produzione di significato’ della psicologia cognitiva e su alcuni assunti del
costruttivismo radicale di Watzlavick.
E’ frutto di una ricerca costruttivista per i metodi impiegati e gli assunti da cui parte.
Secondo Bennet, è preferibile descrivere la sensibilità interculturale in termini
evolutivi invece che come un insieme di comportamenti specifici, dato che si tratta di
un modo di costruire la realtà che si adegua progressivamente alla differenza
culturale.
L’idea della costruzione della realtà culturale è alla base di alcuni saggi ‘classici’
della letteratura di comunicazione interculturale (Whorf, Hall, Singer, etc.)
4
Se infatti studiamo dei dati oggettivi su una cultura, siamo al livello cognitivo, e creiamo conoscenza,
ma non competenza. Se invece cerchiamo di capire degli aspetti soggettivi, ci riferiamo a delle visioni
condivise da un certo numero di persone su modi di gestire delle situazioni e comportamenti, e il tipo
di apprendimento è comportamentale e affettivo. Questo mette in discussione la propria prospettiva
per comprendere quella altrui.
54
Bennet precisa che il concetto stesso di differenza può essere esperito a diversi
livelli, che ha collocato in un continuum. Si tratta di uno sviluppo multidimensionale:
cognitivo, affettivo, comportamentale, dove la separazione dei tre aspetti non è così
netta, né dovrebbe esserlo.
L’assunto del modello è che più l’esperienza della differenza culturale è sofisticata,
più la competenza nelle relazioni interculturali cresce potenzialmente.
Bennet parla di tre fasi etnocentriche e tre etnorelative.
Con il termine etnocentrico si indica l’uso, spesso inconsapevole, delle proprie
regole e abitudini per giudicare gli altri; questo accade quando la propria cultura è
percepita come centrale nel mondo.
Tutto ciò che generalmente ne deriva - ad esempio il razzismo, il valutare
negativamente le culture diverse dalla propria, le distinzioni tra coloro che si trovano
all’interno di un gruppo e chi invece ne è escluso - manifestano quest’assunzione
della centralità della propria esperienza rispetto a quella altrui.
Etnorelativo significa invece che la propria cultura è sperimentata nel contesto di
altre culture. Le differenze culturali non sono percepite né come buone né come
cattive, ma solo come ‘diverse’.
Questo pone questioni etiche: tale posizione, in particolare, implica che ci debba
piacere qualsiasi valore culturale o comportamento?
Si tratta di un dilemma etico che Bennet risolve all’interno del modello medesimo.
4.1.1. Le fasi etnocentriche
Negazione
Il soggetto è in questo stadio quando non elabora categorie significative per
concepire le differenze culturali. Ovvero, non è mai venuto a contatto con esse
oppure ne ha un’idea vaga, che associa in un’unica categoria persone e gruppi
molto vari: es. ‘gli stranieri’, ‘gli immigrati’ etc.5
5
Per gli individui nello stadio di negazione le altre culture non sono ‘reali’ quanto lo è la propria,
ovvero non esistono, e questo può giustificare azioni di violenza o annientamento (es. soldati
addestrati a disumanizzare il nemico). Chi è in questo stadio può usare degli stereotipi, che
infastidiscono gli interlocutori e possono indurli a interrompere la comunicazione.
Talvolta si hanno stereotipi che negano delle caratteristiche: “x non sono intelligenti come noi”.
Le persone in negazione ritengono di non aver bisogno di sapere nulla dell’altra o delle altre culture, e
talvolta ‘l’ignoranza aggressiva’ può originare fenomeni di sfruttamento (Castiglioni, id., p. 12).
55
La negazione può verificarsi in due casi: quando c’è isolamento reale (es. tribù
amazzoniche) o percettivo (di gruppi che vivono nelle città insieme con altri gruppi,
ma che hanno al loro interno una percezione di omogeneità), oppure quando c’è
separazione: questa può essere intenzionale, con barriere fisiche (es. quartieri
‘etnici’, ghetti), o ideologica (nazionalismo, regionalismo).
Coloro che si trovano in questa fase non cercano il conflitto, purché nessuno rompa
la loro condizione di isolamento o separazione.
Gli elementi che impediscono il passaggio alla fase successiva sono la permanenza
in una condizione oscillante tra isolamento e separazione e il ritenere più positiva la
negazione che la difesa, in quanto non si sente la necessità di denigrare e offendere
chi è diverso.
Ciò che invece favorisce il passaggio alla fase successiva è il contatto con altre
culture.
Difesa
Alla base di questa visione del mondo vi è il riconoscimento dell’esistenza della
diversità culturale, il concetto può dunque essere identificato, ma gli viene attribuita
una valenza negativa.
Le persone in difesa fanno uso di stereotipi negativi per gli altri e positivi per il
proprio gruppo e hanno come sentimento prevalente la paura. Le altre culture sono
percepite come minacciose, le differenze sono dunque – seppur sommariamente –
riconosciute e si mettono in atto delle strategie di difesa dal cambiamento, per
preservare la propria worldview.
L’appartenenza a tale stadio assume generalmente tre forme:
1. denigrazione 6
2. superiorità 7
6
La denigrazione consiste nell’uso di stereotipi negativi verso tutti i membri di un gruppo diverso dal
proprio; gli stereotipi riguardano per lo più l’appartenenza etnica, religiosa o di genere, ma tutti gli
indicatori della differenza possono essere fonte di espressioni di difesa. Si manifesta soprattutto
attraverso espressioni verbalmente ostili contro qualsiasi cultura diversa da quella di appartenenza.
Ha portato alla nascita del nazismo e del Ku Klux Klan, alle sette religiose fondamentaliste e ai gruppi
politici di estremisti. Meno vistose sono le forme volontarie di isolamento che portano alla regressione
verso la negazione: es.: scuole separate sulla base di una fede o un credo politico (Castiglioni, id, p.
18)
7
La superiorità consiste in manifestazioni di orgoglio per la propria cultura, o nella manifestazione
dei suoi aspetti negativi, ma in chiave ironica. Un esempio è la valutazione della società occidentale
56
3. difesa al contrario 8
L’intreccio tra denigrazione e superiorità è particolarmente visibile nei rapporti tra
cultura di maggioranza e di minoranza, come tra bianchi e neri negli USA.
Se le persone superano la paura delle differenze, di solito entrano nella fase della
minimizzazione.
Minimizzazione
Chi è in questa fase ritiene che, anche se esistono alcune differenze, in fondo gli altri
sono simili a noi. Le differenze sono ridotte ad aspetti di folklore che non intaccano la
comune appartenenza al genere umano.
Le persone ritengono di aver raggiunto una verità che le rende serene e pensano:
“tutti siamo uguali, quindi tutti sono come me”.
Tuttavia, quando – dopo ad es. un’offerta di aiuto volta a farli diventare come loro –
gli altri la rifiutano, possono tornare su posizioni di difesa. Molte iniziative missionarie
e interventi laici si basano su questo assunto.
La minimizzazione assume due forme:
-
universalismo fisico 9
-
universalismo trascendente 10
come superiore, sulla base di un’idea di progresso che è occidentale; un altro l’idea del progresso in
termini evoluzionistici, con la conseguente terminologia (‘paesi in via di sviluppo’).
Di solito chi ha questa worldview non manifesta una valutazione esplicitamente negativa degli altri
gruppi, ma quando la superiorità percepita è molto alta, si arriva a scaricare l’aggressività verso
almeno un gruppo target. Uno dei rimedi consiste nell’aiutare le persone a trovare maggiore
autostima, che non corrisponde tuttavia all’orgoglio. Ovvero, questo ne è la forma deteriore, insieme
al senso di superiorità (Castiglioni, id. p. 18)
8
Nella difesa al contrario la propria cultura viene denigrata in favore di una cultura altra. Ciò avviene
in gruppi istruiti e ideologicamente orientati. Ma in essi molti non conoscono bene la cultura che
difendono, e la difesa ha piuttosto un ruolo di aggregazione tra i membri appartenenti al gruppo
stesso.
In ogni caso, queste persone usano strategie simili a quelle di chi difende la propria cultura dalle altre,
in quanto in entrambi i casi c’è un ‘noi’ superiore e un ‘loro’ denigrato (Castiglioni, id,)
9
Universalismo fisico: le scoperte scientifiche – ad es. sulla comune base biologica degli esseri
umani e sull’etologia – sono usate in questa prospettiva per giustificare una visione del mondo
minimizzante. Anche alcuni sistemi di pensiero e terapia psicologica formulati in Occidente e
soprattutto in area anglosassone, che pretendono di spiegare i comportamenti e modi di pensare di
altre culture attraverso logiche predefinite, soprattutto nel campo dell’educazione e della formazione,
soffrono di eccessiva fiducia nella capacità normalizzante di certe prospettive psicologiche e
pedagogiche.
“Se gli uomini sono per definizione esseri sociali, allora non possiamo prescindere dal fatto che sono
stati acculturati all’interno di un dato contesto che ha fornito loro alcuni frame di percezione (Singer,
1987), alcune reazioni e non altre” (cf. Castiglioni, cit., p. 24).
Solo gli studi scientifici che prendono in considerazione “i limiti posti dal contesto antropologico,
sociologico e comunicativo possono vantare una posizione relativistica e quindi non etnocentrica”
(Castiglioni, id.).
57
Le persone in questo stadio sono, dal punto di vista comunicativo, sicure e convinte
che per essere comunicatori efficaci sia sufficiente essere se stessi.
Il passaggio allo stadio successivo può avvenire solo quando la percezione delle
differenze non viene più collegata a un piano comune, di tipo trascendente o
universalistico.
Questo accade quando si comprende da un lato che gli altri hanno culture
complesse al pari della nostra, dall’altro che anche noi, attraverso la nostra cultura,
veniamo identificati dagli altri.
Secondo Bennet, questo cambiamento nella visione del mondo è una svolta
paradigmatica, perché porta le persone a pensare in termini relativistici.
4.1.2.Le fasi etnorelative
Nella prospettiva etnorelativa, c’è un cambiamento fondamentale nel significato che
attribuiamo alla differenza: nell’etnocentrismo questa è considerata una minaccia,
mentre nell’etnorelativismo non c’è più la paura e lo sforzo consiste non più nel
preservare la propria worldview, ma nel creare nuove categorie per interpretare la
realtà.
Una persona etnorelativa non giudica le differenze culturali, ma le capisce
(accettazione), diventa capace di operare all’interno di quel frame (adattamento) fino
a farlo diventare anche suo (integrazione).
Accettazione
Gli individui accettano le differenze e pongono la loro cultura in una posizione di
uguale relativismo rispetto alle altre culture. Inoltre, cominciano a interpretare
comportamenti e valori all’interno del loro contesto di riferimento. L’individuo che si
trova in questa fase è curioso e vuole sapere di più delle altre culture, raccoglie
notizie e osservazioni sulla propria, desidera comprendere la differenza tra categorie
‘etiche’ (generali) ed ‘emiche’ (particolari) di una cultura.
10
Universalismo trascendente: gli esseri umani sono uguali e prodotti di un principio trascendente,
che viene identificato in un’entità soprannaturale o in un principio filosofico o giuridico.
Questa visione è alla base delle predicazioni delle religioni monoteistiche, ma anche di dottrine quali il
marxismo, il capitalismo, i diritti umani, e prende la forma di tentativi di conversione, religiosa, politica
o economica, non scevri da paternalismo. Es.: l’idea che tutti i popoli debbano avere forme di governo
democratiche, progresso, diritti, tenori di vita simili al nostro (Castiglioni, id.).
58
Un fenomeno frequente è l’impasse relativistica, in quanto le persone in questa fase
si chiedono fino a che punto devono accettare aspetti delle altre culture che non
condividono.
L’accettazione si può dividere in:
-
relativismo comportamentale 11
-
relativismo valoriale
Per capire se una persona è nello stadio dell’accettazione, si deve rilevare la
mancanza di giudizio e la curiosità a saperne di più.
L’accettazione della differenza di valore in particolare è il cuore della competenza
interculturale.
Per le persone in questo stadio
la cultura è concepita come un processo e non come qualcosa di dato…in continua
evoluzione nel quale siamo noi a organizzare l’esperienza della realtà, anche attraverso i
sistemi linguistici. Pensare ai valori come a qualcosa di immutabile farebbe pertanto ricadere
le persone in una fase etnocentrica.
12
E’ dunque importante rendere espliciti gli assunti che sono alla base dei nostri
comportamenti e del nostro modo di pensare, ma non bisogna reificarli né reificare le
differenze con altri comportamenti e sistemi di pensiero.
Adattamento
E’ in questa fase che ci si sa mettere in relazione con la differenza in maniera
efficace: cambia la consapevolezza nello sviluppare competenze comunicative e
nella comprensione profonda degli altri salvaguardando in ogni caso la propria
identità.
In questo stadio si cerca, grazie alla flessibilità delle categorie di osservazione e
classificazione, una “terza cultura virtuale che diventa uno spazio di sintesi e di
adattamento delle culture che si incontrano” (Castiglioni, id., p. 32). Ciò esclude
l’assimilazione.
11
Per relativismo comportamentale si intende una reale accettazione e rispetto per le differenze, viste
come manifestazioni di un diverso modo di essere delle persone. Si comprende che anche il
linguaggio è relativo, in quanto legato a un contesto. Si riconoscono e si apprezzano perciò anche stili
comunicativi diversi, espressioni verbali tipiche, etc.; si osservano le differenze della paralinguistica
(tono, ritmo, uso delle pause), della distanza prossemica, dell’interazione oculare e della cinesica
senza giudicarle.
12
Castiglioni, id., pp. 30-31.
59
Adattarsi non significa rinunciare ai propri valori, ma essere capaci di adottarne
temporaneamente altri, cosa che non riduce, bensì amplia il repertorio cognitivo,
comunicativo, emotivo e comportamentale aggiungendo opzioni alternative a quelle
già note.
L’alternativa consiste nell’entrare nella prospettiva altrui attraverso l’empatia e
negoziare una ‘terza via’ attraverso le competenze comunicative.
Successivamente ciò può diventare spontaneo e portare a interiorizzare prospettive
culturali multiple.
Per biculturalismo o pluralismo si intende l’abitudine a cambiare velocemente e
senza particolari sforzi comportamento e frame di riferimento per usare quello più
appropriato alla situazione. In questo senso, si tratta di un superamento dell’empatia,
poiché comprende un’acquisizione consapevole di elementi culturali che consentono
di diventare abili nel passare da un frame a un altro.
In ogni caso, il cambiamento di prospettiva è contestuale e situazionale e non
implica necessariamente la condivisione dei comportamenti né dei valori sottostanti.
Questo è particolarmente importante in relazione ai dilemmi etici, per riconciliare i
quali può essere utile il modello di sviluppo etico e cognitivo di W. Parry (1970).
Per superare la questione morale, è necessario superare la paralisi relativistica,
attraverso una ‘valutazione contestuale’ (Parry parla di ‘relativismo contestuale’).
Ovvero, in ciascuna situazione interculturale, occorre valutare il modo migliore di
comportarsi sia per gli altri, al fine di evitare che fraintendano, sia per noi stessi, per
evitare situazioni imbarazzanti dovute alle differenze comunicative.
Si pone dunque il problema dell’autenticità delle persone di fronte ai propri valori,
comportamenti e stile comunicativo che sono basilari per passare allo stadio
successivo dell’integrazione.
Integrazione
In quest’ultima fase l’identità diventa marginale e viene in definitiva avvertita come
un processo mai concluso, in divenire. Le persone sono già biculturali o
multiculturali, ma danno senso e coerenza alla propria pluralità attraverso un’azione
riflessiva.
60
Se un individuo è plurale, ciò non significa di per sé che sia nella fase
dell’integrazione. Perché una persona biculturale possa diventare ‘costruttiva’ deve
conoscere e mettere in discussione la o le proprie culture.
L’obiettivo dell’integrazione è la ricreazione di una nuova identità attraverso una
nuova composizione degli elementi che costituiscono l’esperienza, l’accettazione di
tale identità e la capacità di comunicazione della sua positività.
L’identità emerge nell’atto stesso di definirla.
L’identità marginale è quella della persona che opera al di fuori dei normali confini
culturali.
Peter Adler (2002) ha trattato estesamente le caratteristiche della “persona
multiculturale”: essa sviluppa sempre nuovi sistemi di valutazione per ciascun
contesto o situazione, e si trova sempre in una posizione di divenire.
Bennet parla di dynamic inbetweenness per descrivere l’esperienza soggettiva di chi
ha deciso di restare ai margini. Si possono distinguere due tipi di marginalità:
‘costruttiva’ e ‘incapsulata’.
In relazione alla marginalità costruttiva, Parry descrive la posizione di impegno
relativistico
in cui rispettare visioni alternative significa allo stesso tempo accettare la
responsabilità del proprio impegno e della propria opinione.
Questa è la posizione di molti diplomatici o figli di diplomatici e/o di funzionari e
operatori di organismi internazionali, o dei figli degli immigrati, per i quali è più facile
trovare elementi in comune con altri marginali e che di solito fanno da ponte di
comunicazione tra le persone e da mediatori.
La marginalità incapsulata invece è la condizione di chi si sente intrappolato nella
disintegrazione identitaria: le persone non sentono di appartenere a nessun gruppo
e tendono a rinchiudersi in se stessi.
E’ la condizione di molti espatriati, che non riescono a ricostruire un’identità coerente
e diventano alieni nella loro stessa cultura d’origine. Essi hanno bisogno di rivedere
la propria esperienza da un’altra prospettiva e soprattutto di lavorare sulla
costruzione di una nuova identità.
61
4.1.3. Interesse del modello per il presente lavoro
L’interesse del modello per la presente ricerca risiede tanto negli interrogativi che
suscita quanto nella riserva di categorie interpretative che può offrire.
Un
primo
nodo
concettuale
consiste
nella
definizione
dello
stadio
della
‘minimizzazione’ di Bennet, nel quale rientrano le posizioni universaliste di chi
considera gli ‘altri’ uguali a noi e non ne valuta le diversità come ‘elementi’ da
conoscere e con i quali rapportarsi.
Si ritiene interessante verificare come questo concetto potrebbe interrogare e
interagire con alcune pratiche e progetti interculturali promossi dalle scuole: fino a
che punto c’è in alcuni di essi la consapevolezza che considerare gli altri uguali a noi
sulla base della (innegabile) comune appartenenza al genere umano (e dunque
appunto minimizzandone la specificità) costituisce un punto di vista etnocentrico?
Un discorso per molti aspetti simile si potrebbe fare per i valori alla base dei
documenti europei che sostengono l’importanza dell’interculturalità: il rischio è che
quella che viene proposta consista, ossimoricamente, in un’interculturalità
etnocentrica. Infatti, le istituzioni europee definiscono un orizzonte comune di valori
che hanno alla base un nucleo irrinunciabile di idee e costrutti culturali che sono
profondamente intrecciati con la storia del continente europeo (es. i concetti di diritti
umani, democrazia, primato del diritto, parità tra i generi etc. cf. Consiglio d’Europa,
2008).
Si tratta di un ossimoro inevitabile? In altre parole, il discorso interculturale è una
sorta di ideologia che, nella dialettica politica e socioculturale, si scontra comunque
con la posizione dominante di uno o più gruppi?
Ancora: nella descrizione dello stadio dell’adattamento Bennet parla di una “terza
cultura virtuale che diventa uno spazio di sintesi e di adattamento delle culture che si
incontrano”, senza che ciascun individuo rinunci ai suoi valori.
La cultura terza è dialogica, ma non investe i valori, è legata alla situazione.
Come risolvere, invece, le contrapposizioni valoriali profonde?
In relazione alla metodologia della ricerca, l’interesse del modello consiste infine nel
quadro psico-evolutivo della sensibilità interculturale che disegna, e che consente di
avere un riferimento nell’interpretare le parole degli apprendenti all’interno di questo
‘continuum’.
62
Si tratta dunque di un quadro teorico al quale è possibile fare riferimento anche
nell’interpretazione dei dati.
4.2. Il modello di Michael Byram
Il modello sviluppato da Micheal Byram nell’ambito della didattica delle lingue
straniere (Foreign Language Teaching o FLT), molto influente, è stato declinato sia
in campo educativo che nella formazione professionale (Feng, Byram e Fleming
eds., 2009) e ha avuto un’evoluzione nel tempo, della quale due tappe fondamentali
sono state segnate dalla monografia Teaching and assessing Intercultural
Communicative Competence (1997) e dalla raccolta di saggi From foreign language
education to education for intercultural citizenship (2008).
Il modello ha origine dall’esigenza di sviluppare una competenza socioculturale, così
come affermato da Hymes e Habermas.
Byram si collega alla teoria di van Ek, che, sviluppando le idee di Hymes (che non
era
interessato
all’insegnamento
delle
lingue
straniere),
aveva
collocato
l’insegnamento delle lingue all’interno dell’educazione generale alla quale esso deve
contribuire sviluppando una ‘competenza sociale’, promuovendo l’autonomia e
sviluppando la personalità sociale.
van Ek aveva tuttavia il difetto di prendere ancora come riferimento, in particolare
per le competenze linguistica e sociolinguistica, il parlante nativo, laddove per Byram
(id., p. 12) il risultato più desiderabile è un parlante “with the ability to see and
manage the relationships between themselves and their own cultural beliefs,
behaviours and meanings, as expressed in a foreign language, and those of their
interlocutors, expressed in the same language - or even a combination of languages
- which may be the interlocutors’ native language or not.”
L’interesse di van Ek è stato l’individuazione di una serie di componenti dell’abilità
comunicativa e interazionale per un’ulteriore analisi, tuttavia non si è occupato dei
fattori sociali.
Byram si propone dunque di integrare la sua riflessione prendendo in considerazione
una serie di elementi:
63
-
la comunicazione non verbale (già studiata da Poyatos), anche se, essendo
questa in gran parte inconscia, l’apprendente dovrà soprattutto osservarla e metterla
in relazione con la propria e non imitare il parlante nativo;
- la comunicazione e l’interazione tra gruppi, già oggetto di interesse da parte di
Ruben (1989), che, da una prospettiva psicologica ha individuato nella competenza
cross-culturale
alcune
componenti
(competenza
nella
costruzione
e
nel
mantenimento delle relazioni, competenza nel trasferire le informazioni, competenza
nell’ottenere accordi) relegando tuttavia quella linguistica in una posizione marginale
(le componenti prese in considerazione rivelano l’origine del modello di Ruben
nell’ambito degli studi sulle persone che viaggiano all’estero per affari).
- i processi psicologici che operano quando comunichiamo interculturalmente, e in
particolare aspetti quali la motivazione, la conoscenza, le abilità connesse con la
riduzione dell’incertezza e dell’ansia, già studiati da Gudykunst in una prospettiva
psicologica che non focalizzava però l’importanza della competenza in lingua
straniera (a suo parere infatti nella comunicazione interculturale entrano in gioco gli
stessi processi che agiscono nella comunicazione intraculturale e la competenza
linguistica è considerata solo come un fattore di supporto). La motivazione, nella
teoria di Gudykunst, ha ‘the need for a sense of a common shared world’, ma questo
non corrisponde a un’entità statica e immutabile, bensì a un processo dinamico e
che prende forma nell’interazione con gli altri.
- Un altro aspetto preso in considerazione è che, se insieme alla lingua si insegna ‘la
cultura’, questa si identificherà con buona probabilità con quella di un gruppo
dominante (cf. Christiansen, 1994, che si ispira ai lavori di Bourdieu sul ‘capitale
culturale’), pertanto Byram sostiene invece la necessità di sviluppare negli
apprendenti un metodo, ovvero un processo di investigazione dove ogni singolo
incontro sociale potenzialmente coinvolge diversi valori, opinioni e visioni del mondo.
Perciò gli studenti non si dovranno limitare all’interazione solo con coloro che hanno
accesso al capitale culturale dominante, e parimenti il loro capitale, anche se non
dominante nel gruppo sociale di appartenenza, dovrà essere valorizzato.
In ogni caso, Byram opta per un modello che contempli la descrizione delle pratiche,
credenze e significati culturali, a patto che non siano presentati come statici e
considera più vantaggioso concentrare l’insegnamento su un metodo che conduca
alla scoperta della dimensione culturale. Byram si focalizza dunque sulla
64
comunicazione non verbale e sugli aspetti psicologici e socioculturali della
comunicazione.
La sua elaborazione prende inoltre come punto di riferimento non il native speaker
ma l’ intercultural speaker, che non è più considerato svantaggiato come nei modelli
precedenti, ma è un attore sociale impegnato in un’interazione diversa da quella tra
parlanti nativi.
Nel modello del 1997, prendendo le distanze dagli approcci comunicativi che
identificavano l’apprendente di lingue straniere con il parlante nativo e abbracciando
idee già elaborate da Kramsch,13 Byram definisce l’apprendente un intercultural
speaker, precisando che le componenti della competenza che va a delineare vanno
intese come miranti a formare non un turista, ma un sojourner, ovvero un visitatore
temporaneo in un paese straniero.
Byram considera il suo framework utile sia per le istituzioni educative, sia per i
singoli: le prime devono infatti, da un lato, socializzare e rendere gli individui ‘fedeli’
allo stato, dall’altro prepararli ad esperienze interlinguistiche e interculturali inevitabili
nel mondo contemporaneo.
Da parte loro i singoli, ottenendo una certificazione delle competenze linguistiche e
culturali, potranno essere accolti come sojourner in altri paesi.
Si tratta di un modello teorico concepito per essere utilizzabile a tutti i livelli e in tutti i
contesti dell’insegnamento, dall’educazione primaria a quella degli adulti, tuttavia
alcune delle sue dimensioni presuppongono il raggiungimento dello stadio dello
sviluppo cognitivo che renda possibile il ragionamento astratto e possono essere
pertanto prese in considerazione solo a partire dalla scuola secondaria.14
13
Kramsch (1993) sostiene che gli apprendenti hanno diritto di usare una lingua straniera per i loro
scopi e critica il modello del parlante nativo per due ragioni principali: esso crea un obiettivo
impossibile ed è perciò preludio di un fallimento inevitabile; è impossibile anche perché, com’è stato
dimostrato, anche i bilingui sono ‘imperfetti’ nella competenza linguistica, e ancora più lo sono in
quella sociolinguistica o socioculturale; inoltre, anche se fosse possibile raggiungere i livelli del
parlante nativo, ciò creerebbe un tipo sbagliato di competenza. Implicherebbe infatti che un
apprendente fosse linguisticamente schizofrenico, abbandonando una lingua per confondersi in un
altro ambiente linguistico, venendo accettato come un parlante nativo da altri parlanti nativi (p. 11).
Inoltre, il modello del parlante nativo suggerisce la separazione dalla propria cultura e l’acquisizione
della competenza socioculturale di un nativo, dunque una nuova identità socioculturale.
14
Cf id., p. 45-46. Peraltro Gonçalves Matos sottolinea come le cinque dimensioni, confluite nel
Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue, siano state successivamente criticate dagli
stessi autori, Byram e Zarate. E’ stato rilevato da Guilherme (2002, cit. da Gonçalves Matos) che il
documento propone un approccio funzionale dove le questioni linguistiche sono centrali mentre i
processi di insegnamento-apprendimento non sono problematizzati e nozioni cruciali come i concetti
di intercultural awareness o cultural sensitivity rimangono vaghi e ambigui. Come nota Guilherme
(ibid.), il potenziale critico nel Quadro rimane inesplorato.
65
La concezione del modello è finalizzata prevalentemente all’insegnamento delle
lingue straniere, ma, l’autore suggerisce che, con opportuni adattamenti, esso potrà
dare utili spunti anche nelle classi dove si insegna una L2.
Non viene invece preso in considerazione l’insegnamento della lingua nazionale.
Al suo interno, le dimensioni prese in considerazione, suddivise tra atteggiamenti,
conoscenze e abilità, sono cinque: 15
Attitudes: relativising self valuing other (savoir être). Si tratta degli atteggiamenti
necessari per interazioni di successo e si identificano con la curiosità e l’apertura, la
disponibilità a sospendere il giudizio e ad avere rispetto per i significati, le credenze
e i comportamenti degli altri.
Necessaria è anche la volontà di sospendere la fiducia nei propri significati e
comportamenti e analizzarli dal punto di vista degli altri con i quali ci si impegna a
interagire.
Knowledge: of self and other; of interaction: individual and societal (savoirs). Si tratta
di conoscenze sui gruppi sociali e le loro culture sia nel proprio paese che in quello
dell’interlocutore e della conoscenza dei processi dell’interazione tanto a livello
individuale che sociale.
Il primo tipo di conoscenze è, sebbene in diversa misura, acquisito automaticamente
attraverso la socializzazione primaria (famiglia) e secondaria (educazione formale),
mentre il secondo tipo è fondamentale per interazioni di successo, ma non è
spontaneo. 16
La conoscenza dei gruppi sociali e delle loro culture è tanto più alta quanto maggiore
è la prossimità tra individui e gruppi appartenenti a paesi diversi. La prossimità può
essere geografica, in caso di paesi confinanti, oppure legata alla posizione di
dominanza o marginalità nei mezzi di comunicazione (ad esempio la prossimità con
gli U.S.A. è pressoché universale, mentre quella con un paese quale la Danimarca
varia). Si tratta in ogni caso di una conoscenza relazionale, ovvero presentata in
contrasto con le caratteristiche significative del proprio gruppo e della propria identità
nazionale.
15
Cf. Byram, id., pp. 34-38.
Questo tipo di conoscenza include ciò che per ciascun gruppo è emblematico e ciò che viene
utilizzato per differenziarsi da altri gruppi ed è altamente cosciente, mentre altre caratteristiche sono
date per scontate dai membri ed emergono solo in caso di confronto con altri gruppi.
16
66
Il secondo tipo di conoscenze, quello dei processi dell’interazione, non è acquisito
automaticamente e ha bisogno di conoscenze sia dichiarative che procedurali su
come comportarsi in determinate circostanze, per questo è collegato alle abilità di
interpretare e collegare le informazioni.
Skills:
- Interpret and relate (savoir comprendre): corrisponde all’abilità di interpretare un
documento o evento da un’altra cultura, per spiegarlo e collegarlo a documenti o
eventi della propria.
Se l’interpretazione di un documento proveniente da un altro paese sarà basata su
conoscenze acquisite coscientemente, invece quella di documenti del proprio
ambiente dipende di solito sia da una conoscenza cosciente, sia da una conoscenza
data per scontata.
Si tratta di un’abilità che non ha bisogno di manifestarsi nell’interazione, ma può
basarsi solo sul lavoro sui documenti e può dunque esplicarsi in un lasso di tempo
che non corrisponde a quello dell’interazione.
- Discover and/or interact (savoir apprendre/faire): si tratta dell’abilità di acquisire
nuova conoscenza su una cultura e sulle sue pratiche e di gestire conoscenze,
atteggiamenti e abilità sotto i vincoli della comunicazione e dell’interazione in tempo
reale.
Entra in gioco quando l’individuo non ha o ha solo un parziale quadro di conoscenze.
L’abilità di scoperta potrà avere natura strumentale o interpretativa. Quest’ultima non
avrà bisogno di esplicarsi in un’interazione, in quanto l’interpretazione può riguardare
anche dei documenti, mentre la conoscenza strumentale sarà acquisita in contesti
nei quali è necessario raccogliere informazioni per avere accesso a determinati
ambiti di una società nella quale si è ospiti. Un modo per scoprire informazioni è
ovviamente attraverso l’interazione sociale.
Quest’abilità può esplicarsi anche nell’assunzione di una funzione mediatrice che
distingue l’intercultural speaker dal native speaker.
Education: political education, critical cultural awareness (savoir s’engager) Si tratta
dell’abilità di valutare criticamente e sulla base di criteri espliciti prospettive, pratiche
e prodotti nella propria e in altre culture e paesi.
Byram definisce questo punto come ‘a broader educational philosophy’, cioè una
filosofia dell’educazione politica (Doyé, 1993, Melde, 1987 in Byram, id.) e lo
67
sviluppo di una consapevolezza culturale critica, con rispetto verso il paese degli
apprendenti e gli altri (Byram, id., p. 33).
In particolare, se già Doyé aveva sottolineato i punti di convergenza tra
l’insegnamento delle lingue straniere e l’educazione politica rimarcando, tra gli
orientamenti offerti agli studenti attraverso tutte le discipline (cognitivo, valutativo e
orientato all’azione) soprattutto quello valutativo (intendendo, per FLT, una
valutazione delle culture scevra dall’imposizione di particolari prospettive o set di
valori),17 Byram accoglie questa impostazione accentuando però l’importanza della
dimensione riflessiva che dovrebbe condurre a un orientamento cognitivo e
valutativo anche verso la società degli apprendenti, alla relativizzazione di ciò che è
dato per scontato e allo stimolo nella direzione dell’azione.
Si tratta dunque non di un’abilità ma di una ‘cornice educativa’ che infatti nella
rappresentazione grafica (Byram, id., p. 34) costituisce il punto d’incontro tra le altre
componenti del modello.
4.2.1. Concetti e sollecitazioni tratte dal modello di Byram
Il modello di Byram è stato preso come riferimento per la didattica della letteratura in
lingua straniera con finalità interculturali (Gonçalves Matos, 2005) sebbene la sua
complessità renda difficile, nei limiti orari della scuola, un utilizzo globale che
consenta di sviluppare pienamente tutte le sue dimensioni (Burwitz-Melzer, 2001).
In ogni caso, nella prospettiva della presente ricerca, le sollecitazioni teoriche e
pratiche da cogliere e adattare all’insegnamento della lingua nazionale a livello
secondario di primo grado sono molteplici. Lo stesso Byram sostiene peraltro che la
didattica delle lingue straniere (FLT) non sia l’unico ambito in cui si possa sviluppare
la competenza interculturale, poiché anche discipline quali la geografia, la storia e la
didattica della letteratura consentono di fare esperienza dell’alterità.
Tra le dimensioni di cui si è tenuto conto nella ricerca, si ritengono significative
soprattutto le seguenti:
- l’interpretare e mettere in relazione ciò che, nei testi letterari, appartiene a una o a
più culture diversa/e da quella/e degli apprendenti;
17
Tuttavia altri (Starkey, 1995 in Byram, cit., p. 44) hanno sottolineato la necessità di prendere come
punti di riferimento valoriali i diritti umani e l’educazione alla pace.
68
- la necessità di prestare attenzione, nella scelta dei materiali, a una
rappresentazione realistica dei paesi che dovrebbe presto introdurre gli apprendenti
a diversi gruppi sociali, includendo quelli a basso status o svantaggiati (Byram, id, p.
45);
I testi letterari scelti per il percorso didattico proposto, che trattano argomenti
correlati alle questioni identitarie e alla migrazione, si inseriscono in questa
prospettiva (cf. infra, cap. 3).
- la critical cultural awareness, ovvero la riflessione su ciò che, frutto di
acculturazone, viene generalmente dato per scontato in relazione alla cultura
dell’apprendente e che nell’approccio ai testi letterari può svilupparsi a partire dalle
prospettive incrociate dei personaggi (cf. infra, cap. 3).
Un ulteriore tema di rilievo viene discusso tra le premesse teoriche del quadro di
Byram e riguarda le competenze del ‘parlante nativo’ nell’interazione interculturale.
Byram sostiene che è necessario che questi sviluppi una competenza comunicativa
diversa da quella che usa nell’interazione con altri parlanti nativi della sua stessa
società di appartenenza, in quanto, anche se un parlante nativo parla la propria
lingua, affinché uno scambio interculturale riesca egli dovrà avere le stesse
conoscenze, atteggiamenti e abilità del suo interlocutore.
A suo avviso, dunque, un corso di lingua straniera dovrebbe avere tra le sue finalità
anche lo sviluppo delle competenze necessarie all’’ospite’ perché entrambi i
partecipanti all’interazione devono cooperare affinché la stessa abbia successo.
Mutatis mutandis, nella prospettiva di questo lavoro, si ritiene che anche
nell’insegnamento di una lingua-letteratura ‘nazionale’ si possa e si debba tenere
conto della necessità di incoraggiare in tutta la classe, ovvero sia nei membri del
gruppo maggioritario sia negli alunni appartenenti a gruppi minoritari, atteggiamenti e
consapevolezze che consentano di interagire in maniera efficace con i membri di
tutti i gruppi socioculturali, sia per il presente che in vista del futuro personale e
professionale.
Altri concetti significativi emersi dall’analisi di esperienze didattiche fondate sul
modello di Byram riguardano:
- la costruzione delle competenze interculturali: esse si acquisiscono attraverso
l’esperienza o attraverso programmi sistematici di istruzione?. (Fleming, 2009)
69
La prima posizione, sebbene tipica delle teorie legate alla formazione professionale,
interroga la natura della consapevolezza culturale e interculturale degli alunni di
origine straniera: nel caso di studenti nati o scolarizzati in Italia, la socializzazione
secondaria attraverso l’istituzione scolastica è sufficiente a renderli coscienti delle
diverse componenti identitarie che convivono in loro? In che modo l’insegnamento
della lingua di scolarizzazione può contribuire alla costruzione di questa
consapevolezza che, più che ‘inter’ sarebbe opportuno definire pluriculturale (Lévy,
2008) o transculturale (Lussier, 2007, cf. infra).
- i concetti di ‘cross-cultural stress’ (Weaver, 1993) e ‘hidden dimension of culture’,
‘human GPS’ e ‘critical incident’ (Finkbeiner, 2009);
- il concetto di ‘terzo spazio’ come spazio di sintesi nell’interazione (Kramsch, 1993;
Feng, 2009).
Il modello di Byram, nella sua evoluzione (2008) integra in un unico quadro teorico
l’insegnamento della lingua nazionale, della lingua straniera e l’educazione ‘politica’,
con una proposta funzionale a un curricolo che assuma come orizzonte comune e
finalità globale la formazione di competenze per una cittadinanza interculturale
(Education for Intercultural Citizenship o EIC).
Si tratta di una proposta che, se accolta nel sistema scolastico italiano, potrebbe
includere, oltre all’insegnamento delle lingue, la disciplina ‘Cittadinanza e
Costituzione’ (nonché le ‘Attività alternative alla religione cattolica’ che, secondo la
C.M. 28/10/1987, n. 316, dovrebbero essere finalizzate alla conoscenza dei diritti
umani).
Si tratta peraltro di un approdo teorico confluito, come si è già visto (cap. 1) nella
Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curricoli per una educazione plurilingue e
interculturale (2010) nonché nelle recentissime Indicazioni nazionali per le scuole
dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione (2012).
Gli assiomi per la EIC (Byram, 2008, pp. 186-188) sono i seguenti:
a) Intercultural experience takes place when people from different social groups with different
values, beliefs and behaviours (cultures) meet.
In tale assioma si sottolinea come lo status del gruppo di appartenenza sia la
premessa per l’autostima del singolo e si evidenziano le molte sfaccettature e la
natura complessa della cultura, che viene acquisita con la socializzazione attraverso
70
le lingue ed è formata da categorie politiche (nazionalità), sociali (professionali, di
classe sociale), geografiche (regionali), religiose etc.
b) Being ‘intercultural’ involves analysis and reflection about intercultural experience and acting
on that reflection.
Il secondo assioma ribadisce la funzione imprescindibile della riflessione e della
consapevolezza, perché in loro assenza l’individuo tenderebbe ad assimilare ai suoi
i valori, le credenze e i comportamenti simili e a rifiutare, criticare o condannare
quelli differenti.
Si parla non più di ‘intercultural speaker’ ma di ‘intercultural person’, enfatizzando la
dimensione globale della EIC.
c) Intercultural citizenship experience takes place when people of different social groups and
cultures engage in social and political activity (intercultural democratic citizenship experience
takes place when people of different social groups and cultures engage in social and political
activity founded on democratic values and practices).
Questo assioma si focalizza sull’azione e sull’impegno sociale e politico, che ”may
include the promotion of change or improvement in the social or personal lives of the
intercultural Individuals or their fellows” (Byram, id., p. 186).
L’assioma distingue tra cittadinanza interculturale e cittadinanza democratica e
sottolinea che, in un contesto democratico, le attività devono giudicare valori,
credenze e comportamenti secondo le definizioni di democrazia e principi
democratici, e possono vertere anche sulla definizione di cosa definisca la
democraticità.
d) Intercultural citizenship education involves:
causing/facilitating intercultural citizenship experience, and analysis and reflection on it and
on the possibility of further social and/or political activity - i.e. activity which involves working
with others to achieve an agreed end creating learning/change in the individual: cognitive,
attitudinal, behavioural change; change in self-perception; change in relationships with Others
(i.e. people of a different social group); change that is based in the particular but is related to
the universal.
71
EIC deve promuovere le esperienze di cittadinanza interculturale e creare
apprendimento e cambiamento nell’individuo, sia a livello di autopercezione, sia a
livello di conoscenze e comportamento, sia a livello di relazione con l’Altro, ovvero
una persona di un gruppo sociale diverso, e questo deve avvenire nell’esperienza
particolare ma avere proiezioni universali.
Le caratteristiche della EIC sono:
1) A comparative (juxtaposition) orientation in activities of teaching and learning, such as
juxtaposition of political processes (in the classroom, school… country…) and a critical
perspective that questions assumptions through the process of juxtaposition.
Byram sostiene la necessità di procedere comparativamente facendo attenzione a
far emergere ciò che appare scontato e che invece è frutto di un’interpretazione
condivisa di un particolare gruppo sociale.
Si tratta di un’a trasposizione delle dimensioni interpreting and relating e critical
cultural awareness al curricolo per la cittadinanza interculturale.
Tale orientamento comparativo potrebbe prendere la forma di una programmazione
coordinata tra docenti di lingue e Cittadinanza e Costituzione.
2) Emphasis on becoming conscious of working with Others (of a different group and culture)
through (a) processes of comparison/juxtaposition, (b) becoming aware of the influence of
language and perceptions, whether L1 or L2/3/…and (c) becoming conscious of their multiple
identities.
La comparazione/giustapposizione deve avvenire sui concetti, e va focalizzato il
rapporto tra lingua e percezioni, ovvero il fatto che la lingua dà forma alle percezioni,
e che alle diverse lingue sono collegate le identità.
Byram sottolinea che si tratta di un processo di coscientizzazione sia a livello intraindividuale che interindividuale.
3) Creating a community of action and communication that is supra-national and/or composed of
people of different beliefs, values and behaviours which are potentially in conflict - without
expecting conformity and easy, harmonious solutions.
72
Byram invita a far emergere i potenziali conflitti, quando le tendenze degli attori e
operatori delle istituzioni educative vanno spesso nella direzione opposta, cercando
di creare un clima ‘pacifico’, tanto che in molte scuole si parla di ‘educazione alla
pace’ e si realizzano progetti con finalità di questo tipo.18
Certamente, al di là delle intenzioni che animano questi interventi, occorre dire che
far emergere divergenze ed eventuali conflitti potrebbe e dovrebbe consentire una
‘detonazione’ controllata degli stessi e un loro riassorbimento all’interno di
un’istituzione per mezzo della quale l’auspicio è che possano trovare una
rielaborazione, se non una soluzione (che sarebbe forse un fine troppo alto, dato che
obiettivo della scuola non è aspirare a risolvere o appianare tutte le disparità sociali
ed economiche né la conflittualità esistenti nella società).
4) Having a focus and range of action different from that which is available when not working
with Others, i.e. all those of whatever social group who are initially perceived as different, as
members of an out-group.
In presenza di persone inizialmente percepite come ‘diverse’, in quanto membri di un
gruppo minoritario, occorrerà dunque focalizzarsi e agire in maniera differente
rispetto alle prassi adottate in gruppi ‘omogenei’.
5) Emphasis on becoming aware of one’s existing identities, and opening options for social
identities additional to the national and regional, etc. - paying equal attention to
cognition/knowledge, affect/attitude, behavoiurs/skill.
Nel contesto europeo, ciò si identifica con il dare spazio alla cittadinanza europea.
6) All of the above with a conscious commitment to values; rejecting relativism, whilst being
aware that values sometimes conflict and are differetly interpreted; but being committed, as
citizens in a community, to finding a mode of cooperation on the basis of shared aims and
values.
18
Durante la fase preparatoria dell’indagine sul terreno, ad esempio, ci è stato negato da una Dirigente
Scolastica l’accesso ad un istituto con la motivazione che alcune domande presenti nel questionario iniziale (cf.
prequestionario, domande n.° 7, 23) che la ricerca avrebbe potuto far emergere dei conflitti tra gli alunni di
origine diversa e ciò avrebbe vanificato il lavoro fatto nell’istituto medesimo ai fini dell’integrazione.
73
Byram sostiene la necessità di rifiutare il relativismo e di trovare il modo di cooperare
sulla base di finalità e valori condivisi. Nel contesto europeo, è plausibile ritenere che
la ‘cornice’ valoriale sia quella della democrazia, del primato del diritto, dei diritti
umani, della parità tra i generi (Consiglio d’Europa, 2008).
Per gli assiomi e le caratteristiche di EIC cui si fa qui riferimento, che hanno orientato
la scelta dei testi e delle attività svolte durante il percorso di ricerca-azione, cf. infra,
cap. 3.
4.3. Il quadro concettuale di Denise Lussier
Il quadro concettuale definito da Denise Lussier in ambito canadese ed europeo
(Lussier, 1997; Lussier, 2001; Lussier et al., 2000–2008), integra molte componenti
afferenti all’elaborazione teorica precedente sulla competenza comunicativa
interculturale (ICC), tra cui anche alcune già presenti in Byram (cf. Lussier 2007, p.
316).
Il quadro appare particolarmente interessante e utile ai fini del presente lavoro,
anche perché finalizzato in maniera specifica all’utilizzo in ambito educativo e
scolastico e destinato soprattutto ai giovani apprendenti (a differenza di quello di
Byram che ha un ‘pubblico’ potenziale molto più vasto, dai bambini agli adulti e
dall’ambito educativo a quello della formazione professionale).
Il quadro comprende tre dimensioni: cognitiva (knowledge), delle abilità (skills) ed
esistenziale (being), all’interno delle quali definisce il livello più alto del dominio
esistenziale transcultural interpretation (già in Meyer, 1991).
La finalità che Lussier si propone è la creazione di un’epistemologia dell’alterità
(Lussier, 1997 e 2007).
Lussier colloca la sua riflessione nella cornice disciplinare della didattica delle lingue
e culture e le teorie psico-pedagogiche di riferimento sono cognitivismo,19
sociocognitivismo,20 culturalismo 21 e sociocostruttivismo.
Lussier fa riferimento nello specifico ai tre stadi dello sviluppo: egocentrico, sociocentrico e della
reciprocità identificati da Piaget e Weil (1951). Solo nel terzo stadio i bambini possono percepire le
visioni di sé da parte degli altri e comprendere che loro stessi potrebbero essere visti come stranieri.
Wiegand (1992) distingue gli atteggiamenti dei bambini in relazione all’età: tra i 6 e gli 8 anni
apprezzano le caratteristiche esotiche; tra i 7 e i 9 si basano sugli stereotipi del loro ambiente; tra i 9 e
gli 11 sono capaci di accettare le somiglianze tra loro e altre persone.
19
74
Le prospettive sulla cultura sono antropologiche, sociologiche22 e psicosociali,
mentre come definizione operativa Lussier sceglie quella dell’Unesco, secondo la
quale la cultura è:
the set of distinctive spiritual, material, intellectual and emotional features of society or a
social group, and that it encompasses, in addition to art and literature, lifestyles, ways of living
together, value systems, traditions and beliefs. (Unesco, 2002)
La cultura emerge nell’interazione tra gli individui e la lingua, oltre che un mezzo di
comunicazione, lo è anche di rappresentazione (Bennet, 1998).
Lussier afferma l’importanza del considerare la specificità culturale dell’alterità e
ritiene che non si possa affrontare la specificità interculturale senza parlare di
interculturalismo.
Si propone dunque di dimostrare che ICC è una dimensione più ampia della cultura
‘per se’ (come tradizionalmente intesa nella didattica delle lingue).
Tra gli studi e i concetti che hanno preparato il terreno all’elaborazione teorica della
ICC, Lussier richiama quelli sulla comunicazione interculturale (Damen, 1987;
Beneke, 2000; Fantini, 2000, cit. in Lussier, 2007) e sulla competenza interculturale
(Meyer, 1991, cit. in Lussier, id.).
Sottolinea inoltre il ruolo del pensiero e delle emozioni e non solo del
comportamento (Bennet, 2004) e gli studi sull’intercultural speaker che hanno
evidenziato le dimensioni affettiva e cognitiva.
L’acquisizione linguistica viene considerata componente della socializzazione e
questo processo come le rappresentazioni dei valori devono essere considerati
fondamenti dell’etica della comunicazione trans-culturale e trans-nazionale (Lussier,
id. p. 312).
Il richiamo è agli studi in cui Vygotsky (1962; 1971) studia come la cultura ‘esterna’ venga
interiorizzata dal bambino, ovvero focalizza il passaggio dai processo interpersonali a quelli
intrapersonali.
21
Bruner (1996) sostiene che l’educazione dovrebbe costituire l’ingresso nella cultura, in quanto la
‘cultura dell’educazione’ è considerata come socializzazione nei modi culturali di conoscere, credere,
fare e dare valore.
22 In particolare, vengono menzionati i tre approcci sociologici alla ricerca e allo sviluppo della cultura
definiti da Kane (1991): il primo considera la cultura come un insieme di forme simboliche attraverso
le quali le persone sperimentano ed esprimono significato; il secondo la studia per enfatizzare il
radicamento delle sue pratiche simbolizzanti all’interno di una cornice di costrizioni economicamente
determinate; il terzo è l’approccio etnografico discusso da Geertz (1975) per enfatizzare la thickness
dell’interazione sociale quotidiana.
20
75
ICC è considerata una dimensione più ampia di quella di cultura, e significa
sviluppare strategie per gestire i malintesi e lo scontro tra culture e incoraggiare la
scoperta di somiglianze e l’accettazione delle differenze.
Significa sviluppare la ‘xenofilia’ e lavorare per cambiare comportamenti e
atteggiamenti negativi e xenofobi.
La natura sociale dell’apprendimento si fonda sulla integrativeness dell’apprendente
in riferimento all’esposizione, comprensione e risposta empatica verso le altre
culture.
In realtà l’apprendimento, come agente di inculturazione, dipende da un forte
sostegno all’identità della prima lingua dell’apprendente e poiché il processo di
socializzazione comincia alla nascita, è importante lavorare con i giovani
apprendenti. Infatti, agendo sulla conoscenza, sia dichiarativa che procedurale, è
possibile anche agire sul mondo sociale.
E’ essenziale capire come lavorare sul cambiamento di comportamenti e abitudini
negative, e per far questo Lussier sostiene che è necessaria una cornice concettuale
di riferimento che integri lingua, pensiero e cultura per lo sviluppo di una ICC e
sostiene che le definizioni di cultura che rendono conto degli approcci umanistico,
sociologico e antropologico devono essere adeguate.23
Secondo Lussier (1997), l’ICC è basata su conoscenza, abilità e atteggiamenti in
aggiunta alle componenti linguistica, sociolinguistica e pragmatica/discorsiva che
distinguono la competenza linguistica.
In questa prospettiva, lo sviluppo della competenza linguistica deriva dallo sviluppo
della ICC che comprende tutti i differenti fattori cognitivi, psicologici e affettivi per
influenzare la costruzione di lingua, pensiero e cultura.
23
Lussier sottolinea che imparare una lingua straniera significa imparare a interagire come un
parlante competente interculturalmente, mentre troppo a lungo gli insegnanti di lingua straniera sono
stati portati a insegnare la lingua come un sistema formale.
Stern, nel 1983, riconobbe la necessità di un curriculum distinto sulla ‘cultura’, più complesso della
componente sociolinguistica, com’è definito nei modelli dell’approccio comunicativo (Consiglio
d’Europa, 2001).
Recentemente, Coste ha sostenuto che la dimensione interculturale non è stata sviluppata a
sufficienza nel Quadro comune europeo di riferimento per le lingue (2002) e che sarebbe necessario
un altro quadro concettuale per affrontare questo problema.
76
4.3.1. La struttura concettuale della ICC
Secondo il quadro concettuale di Lussier, interagire efficacemente tra le culture
significa compiere una negoziazione tra individui basata su schemi sia culturespecific, cioè specifici delle culture coinvolte nella negoziazione, sia cultural-general,
ovvero specifici della cultura in generale.
Gli alunni devono ampliare il loro orizzonte, e per fare questo non basta aggiungere
visioni lineari delle pratiche discorsive, perché questo non può condurre a una
epistemology of Otherness (Lussier, 1997) coerente ed integrata, ma c’è bisogno di
un quadro concettuale di riferimento.
Le considerazioni morali ed etiche sono però lasciate agli individui, alle istituzioni,
alle scuole e agli insegnanti.
Il quadro concettuale si basa su tre competenze:
1. competenza cognitiva basata sulla conoscenza;
2. competenza procedurale basata sulle abilità (know-how);
3. competenza esistenziale basata su fattori affettivi e psicologici.
Tiene anche conto delle teorie e dei modelli esistenti e dei tre modi
dell’apprendimento
come
descritti
da
Rumelhart
(1980)
negli
schemi
di
interiorizzazione della conoscenza del bambino:
- accretion: la conoscenza è lasciata nella memoria
- tuning: coinvolge la modificazione degli schemi esistenti dopo diverse esperienze
- restructuring: la creazione di nuovi schemi, sia attraverso analogia che induzione.
Tutte le componenti devono essere in ciascuna unità di insegnamento, dato che
lingua e cultura sono complementari, e non in un rapporto gerarchico (Lussier, id., p.
317).
a. Intercultural cognitive competence
Nel primo ambito del modello si inscrivono tre approcci all’insegnamento, ciascuno
dei quali ha la stessa rilevanza.
Lo schema che segue sintetizza il dominio della intercultural knowledge
competence.
77
(Fonte: Lussier, 2007, p. 319)
L’approccio umanistico
refers to knowledge of the world linked to collective memory. This dimension includes the
acquisition of formal and explicit knowledge. ‘Culture’ is defined as high culture or artistic
culture with capital ‘C’, the heritage of civilization and thought (Galisson, 1991, p. 2). It
includes geography and history of other cultures and of the target culture. It also refers to
culture as the expression of civilization which involves the study of literature, arts, music and
painting. It is the representation that a specific social society gives of itself through its material
productions (Kramsch, 1993, p. 55; (Lussier, id, p. 318).
L’approccio socioculturale
The sociocultural approach refers to knowledge linked to the socio-cultural context. It
considers culture as a social phenomenon. Teaching should rely on documents aiming at
giving facts, statistics and social data on a specific subject. It is based on factual information
that each individual should learn about a given culture in order to adjust to diverse cultural
78
contexts. It includes knowledge of the target societies and cultures of the spoken language
communities; their interpersonal relations between classes, sexes, generations, races;
political and religious groupings or institutions, as well as major values, beliefs and attitudes
regarding regional cultures, national identities and minorities. Such factual information is the
reference point to any real and impartial comparison with other societies (id.)
L’approccio antropologico
refers to knowledge linked to the diversity in ways of living and thinking. It is centred on
human beings and their ways
of coping with different situations in different contexts. This type of knowledge refers to the
daily life or as culture with a small ‘c’ (Holliday, 1999) often referred to as behavioural culture.
It encompasses similarities and distinctive differences between one’s own world and the world
of the other and other cultures. It includes habits and customs, institutions and norms,
expectations, moral and legal codes, stereotypes, expressions of folk-wisdom, politeness
conventions, register differences, dialects and accents, everyday attitudes and feelings
conveyed by paralinguistic features such as dress, gesture, facial expression, stance and
movement, etc. It is part of the ‘external’ culture and implies mostly beliefs and behaviour
explicitly learned (Weaver, 1986). It is a level of accretion because information is laid down in
memory and not necessarily transferred to real life situations (id.)
Questo primo dominio costituisce una competenza fondamentale, ma subordinata
alle altre due (procedurale ed esistenziale) e si rivela attraverso di esse.
b. Intercultural skills
L’immagine che segue sintetizza le dimensioni dell’ambito delle intercultural skills:
79
(Fonte: Lussier, 2007, p. 321)
La prima dimensione, to function in the target language ‘linguistically’ speaking”,
include tra le sotto-dimensioni il rendere effettiva la conoscenza e la lingua acquisita
in diversi contesti come appresa nella classe.
Le scale di performance delle abilità linguistiche sono tante, tra le quali, per la
competenza comunicativa, quelle del QCERL del 2001. Ma secondo Lussier, in
questa nuova epoca, bisogna dare uno spazio maggiore e più esplicito alla
competenza socio-culturale e alla ‘subtestualità’, ovvero all’analisi dei messaggi e
valori nascosti trasmessi attraverso artefatti culturali. I libri di testo dovrebbero dare
all’insegnante la possibilità di avere una thick description e materiali per la
discussione sugli elementi invisibili della cultura.
Quindi: la competenza comunicativa, centrale nel QCERL, è incorporata nel secondo
dominio del quadro concettuale di Lussier, che raggruppa all’interno della stessa
competenza la capacità di comunicare e di essere consapevoli della parte occultata
della ‘cultura’ target.
Nel presente lavoro, si è tenuto conto di questa dimensione sia nella fase della
selezione dei testi letterari (che si è indirizzata su opere che consentissero di far
80
emergere la subtestualità negli artefatti culturali, costituiti dai testi letterari) sia nella
fase della prassi didattica (cfr. infra, cap. 3).
La seconda dimensione è to adjust and to interact with social and cultural
environments e consiste nell’imparare fuori dalla classe, attraverso pratiche
plurilingui e pluriculturali in vari ambienti culturali e sociali.
Gli apprendenti devono adattare le conoscenze cognitive alle situazioni di vita reale,
usando la cultura e la lingua bersaglio per l’’acquisizione linguistica’ (Krashen, 1976,
1981 cit. in Lussier, id., p. 320) per sviluppare abilità interculturali, e non solo
linguistiche.
Per questo sono importanti esperienze all’estero o dei ‘field studies’ per influenzare
atteggiamenti positivi e sviluppare la comunicazione interculturale.
Si tratta di una dimensione centrata specificamente sull’insegnamento delle lingue
straniere e la cui definizione è meno necessaria per le lingue nazionale e seconda
come nel caso del presente lavoro, in ogni modo se ne è tenuto conto a livello
metodologico attraverso la rilevazione nel percorso didattico e di ricerca delle
esperienze degli apprendenti all’estero in quanto fattori di influenza sui loro
atteggiamenti di apertura/chiusura verso altre lingue e culture.
La terza dimensione è definita to integrate and to negotiate the target language and
culture e include il prendere in considerazione altri contesti culturali nell’interazione
con persone di altre culture e il saper argomentare e interpretare interculturalmente
messaggi che possono avere diverse interpretazioni, negoziando conflitti e situazioni
di fraintendimento.
c. Existential competence
L’ultimo ambito delle competenze (cf. schema infra) si concentra sullo sviluppo di
atteggiamenti e rappresentazioni culturali che danno forma alla nostra visione del
mondo e allo sviluppo dei valori durante la costruzione dell’identità.
E’ alla base della xenofilia e della xenofobia, e raccoglie tre dimensioni:
- cultural awareness
- critical appropriation
- trans-cultural interpretation
81
(Fonte: Lussier, 2007, p. 322)
La prima dimensione, cultural awareness, è un concetto introdotto nel 1988 e basato
sull’accettazione di un concetto antropologico di cultura (Menecke, 1993) e
costituisce un momento di passaggio tra la cultura dell’apprendente e la
consapevolezza delle altre culture.
La lingua usata può essere la L1 o la L2.
Intende portare l’apprendente dalla conoscenza monoculturale alla ‘conoscenza
culturale’, che è considerata come il primo gradino della conoscenza interculturale
(Meyer, 1991).
In termini di risposta affettiva, questa dimensione può essere associata a un livello di
tolleranza, ovvero alla consapevolezza che l’intolleranza potrebbe portare violenza e
instabilità sociale. E’ definita come
the acceptance of others, refraining from wishing to destroy them or at least
to banish them because they disturb us. It involves willingness to work and
live with people who are different, refraining from banishing them from
82
active life in our society, or even waging war upon them. (Byram, 1989, p. 89)
Nel percorso didattico della ricerca-azione, si è lavorato su questa dimensione a
partire dal concetto di cultura (cf. infra, cap. 5).
La seconda dimensione è la critical appropriation, che significa essere in grado di
accettare e interpretare la conoscenza di sé e la propria identità, con rispetto per i
valori conservati da altre culture e individui dalle credenze differenti.
Implica un’analisi della conoscenza precedentemente appresa.
Secondo la teoria dello schema di Vygotsky, porta l’individuo da un processo
interpersonale a un livello intrapersonale di apprendimento e introspezione del
proprio sistema di valori.
E’ uno stadio valutativo, che lascia spazio per la chiarificazione dei valori e per
l’interpretazione.
Porta l’apprendente dalla competenza culturale alla competenza interculturale e
dall’egocentrismo al sociocentrismo (Piaget e Weil, 1951).
La consapevolezza critica porta a una pedagogia critica (Guilherme - Durate, 2000).
La cultura nella pedagogia critica è vista come una disciplina che supera i confini e
la divisione gerarchica tra cultura alta e popolare.
Attraverso la consapevolezza critica si può demistificare la superficie, le espressioni
e le rappresentazioni culturali e sociali che implicano il raggiungimento di una
comprensione reciproca attraverso argomentazione e giustificazione (Guilherme Durate, 2000)
Significa guidare l’apprendente verso una consapevolezza critica invece che
conservatrice.
L’apprendente acquisisce la capacità di capire le prospettive degli altri e di riflettere
sulle sue prospettive attraverso un processo di decentramento e un livello di
reciprocità.
Ciò invoca una dimensione morale e include la capacità di discutere e argomentare.
Lo scontro e la discussione con altre culture per mezzo di interlocutori stranieri
richiede un riordinamento delle percezioni a un nuovo livello di socializzazione.
In termini di risposte affettive, questa dimensione è vista come ‘simpatia’, che è
descritta come affinità emozionale. Per Brown (1986), essa consiste in un
sentimento di armonia tra individui basato sulla comprensione culturale. Riflette
apertura verso le altre culture e adattamento a diverse credenze e valori.
83
L’ultima dimensione è la transcultural competence, che rappresenta il più alto livello
di competenza.
Implica l’integrazione di nuovi valori, il rispetto di altri valori e la valorizzazione
dell’alterità che deriva dalla coesistenza di diversi gruppi etnici e culture che
evolvono in una stessa società o in distinte società mentre promuovono
l’arricchimento dell’identità di ciascuna cultura in contatto (Lussier, id., p. 324).
E’ definita savoir s’engager da Byram, e hermeneutic stage (Kramsch, 1993; 1998) e
mira a una descrizione della cultura ‘densa’ invece che ‘sottile’ (Geertz, 1975).
E’ considerata pensiero critico (Guilherme-Durate, 2000) con una prospettiva e una
visione del mondo dinamica.
L’apprendente diventa un parlante critico interculturale, la cui abilità principale è
quella di interrogare, esplorare, perfino valutare mantenendo il suo punto di vista
ristretto, situato, e tenendo a mente che nessuna prospettiva ha validità universale.
E’ consapevole dell’evoluzione dell’identità etnica, nazionale o di altro tipo, e del
fatto che ciascuna di esse è dinamica e coinvolge una costante negoziazione tra
ricordo e dimenticanza, idiosincrasie e interessi comuni.
In termini di risposta affettiva alle altre culture, questa dimensione è vista come
‘empatia’.
Questo nuovo termine è apparso nel 1928, e lo si riteneva un atteggiamento che non
lasciava spazio all’acquisizione, mentre dopo studi sulla formazione all’empatia si è
concluso che essa può essere potenziata.
L’empatia deriva da un rafforzamento dell’apprendimento cognitivo attraverso quello
affettivo.
Le dimensioni della competenza transnazionale, la competenza trans-culturale e la
relativizzazione (Meyer, 1991) sono complementari all’educazione linguistica.
Risager ha proposto di investigare quattro approcci alla cultura per l’insegnamento
di una lingua straniera:
- foreign-cultural, corrente negli anni ‘80
- intercultural, dominante oggi
- multicultural, in una posizione marginale
-trans-cultural,
che
ha
appena
cominciato
dell’internazionalizzazione.
84
ad
apparire
come
risultato
La struttura concettuale di Lussier, come descritta e validata empiricamente, è
basata sull’ultima proposta.
Nel processo dell’integrazione europea, l’ultima proposta sembra la più appropriata,
cosa che vale anche per tutte le società plurilingui e multiculturali.
Lussier conclude che è necessaria ulteriore ricerca multidisciplinare per cogliere le
interrelazioni radicate in lingua, pensiero e cultura.
4.4. Conclusioni sulla nozione di competenza interculturale/competenza
comunicativa interculturale
Per concludere, occorre ricordare che il concetto stesso di ‘competenza
interculturale’ è molto controverso, in quanto, come si è visto, è stato definito in modi
differenti e che di volta in volta sono stati sostenuti da alcuni e criticati da altri
(Spitzberg e Changnon, 2009).
I modelli esistenti sono stati criticati per diversi motivi:
- è stato rilevato che non prendono sufficientemente in considerazione le dimensioni
fisiologiche ed emotive definendo un interattante troppo logico e razionale, dunque
lontano dalla realtà;
- i modelli sono stati definiti quasi tutti in ambito anglosassone o comunque
occidentale, potrebbero dunque essere essi stessi portatori di punti di vista
etnocentrici (ad esempio, enfatizzano il ruolo dell’assertività dell’individuo a discapito
del gruppo sociale, mentre questo appare problematico nelle società a tendenza
collettivista come quelle orientali);
- collocano la competenza nell’individuo mentre da più parti si è proposto di collocare
la competenza nell’interazione (Spitzberg e Changnon, id., pp. 35-44).
- infine, sono stati identificati più di 300 termini e concetti per definire le componenti
nei modelli della competenza interculturale (id.), sebbene le analogie tra molte di
esse potrebbero consentire la messa a punto di un quadro teorico molto più
sintetico.
In ogni caso, tra le componenti, in tutti i modelli troviamo attitudes, knowledge, skills,
behaviours (Barret, 2012), le cui relazioni reciproche non sono state tuttavia ben
definite, e hanno bisogno di essere investigate attraverso la ricerca empirica
piuttosto che teorizzate a priori.
85
In ogni caso, è stato rilevato che la ricerca esistente supporta le seguenti
conclusioni:
Intercultural competence can be enhanced through intercultural education and training (e.g.,
Klak & Martin, 2003; Pascarella, Edison, Nora, Hagedorn & Terenzini, 1996).
Intercultural competence can also be enhanced through a range of intercultural experiences,
for example by attending international schools, attending multi-ethnic institutions which have a
non-discriminatory environment, or by having extensive contact with people from other
countries (e.g., Pascarella et al. 1996; Straffon, 2003; Zhai & Scheer, 2004).
Females, older individuals and minority individuals tend to have higher levels of intercultural
competence than males, younger individuals and majority individuals, respectively (e.g.,
Pascarella et al. 1996; Zhai & Scheer, 2004).
Intercultural competence may be related to holding a more global, international perspective
and lower levels of ethnocentrism (e.g., Caligiuri, Jacobs & Farr, 2000).
Some individual and personality characteristics such as optimism, openness and extraversion
may also be related to higher levels of intercultural competence (e.g., Caligiuri et al., 2000).
Advanced proficiency in one or more foreign languages is also sometimes related to higher
levels of intercultural competence (e.g., Olson & Kroeger, 2001).” (Barret, id. p. 25)
Date le esigenze delle istituzioni europee di incoraggiare la coesione sociale, appare
necessario sviluppare strumenti e materiali da usare nei contesti educativi per
incoraggiare la competenza interculturale (Barret, ibid.).
5.
Il piacere della lettura e la motivazione
Nella nostra società, “i giovani avvertono una sempre maggiore estraneità al testo
letterario, mentre la scuola non è più l’unica agenzia preposta alla formazione, e anzi
appare progressivamente marginalizzata rispetto ad altre più potenti (per esempio,
rispetto al mondo delle comunicazioni e delle informazioni” (Luperini, 2009, p. 256).
I mezzi di comunicazione quali la televisione e internet e strumenti quali personal
computer, tablet, videogiochi, telefoni cellulari etc. sono stati da più parti accusati di
ridurre lo spazio della lettura (Detti, 1998), tuttavia, se già Rodari (1976) sosteneva
che contrapporre il libro al cinema o alla televisione e affermare che questi ultimi
togliessero tempo alla lettura fosse un luogo comune, studi recenti hanno mostrato
86
un quadro più complesso della correlazione tra fruizione del personal computer e
lettura, evidenziando come negli ultimi anni sia aumentato il numero di coloro che
utilizzano sia il pc che i libri (cf. Morrone, Savioli, 2008, p. 52-56).
Se secondo alcuni il libro ha perso la sua centralità educativa (Luperini, id, p. 261),
la scuola non può tuttavia smettere d’interrogarsi su come stimolare il gusto e il
piacere della lettura, soprattutto in coloro che appartengono a famiglie di ‘non lettori’,
che spesso coincidono con le fasce sociali più deboli, che sono ‘intrappolate in un
circolo vizioso di bassa scolarizzazione, lavori poco stimolanti e formazione continua
pressoché inesistente (Morrone, Savioli, 2008, p. 52).
In che modo può allora l’educazione letteraria contribuire a stimolare il ‘piacere’ della
lettura?
Quest’espressione è stata oggetto di interesse da una molteplicità di prospettive, tra
le quali le più rilevanti ai nostri fini appaiono quelle psico-pedagogica, letteraria,
didattica e glottodidattica. La parola ‘piacere’ è confluita peraltro anche nei
documenti ministeriali, come le recenti ‘Indicazioni nazionali per le scuole
dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione’ (2012).
Nei decenni passati, la scuola è stata in ogni caso accusata da più parti di
responsabilità nell’’uccisione’ del piacere della lettura, a causa dell’eccessiva
attenzione prestata alla dimensione del ‘dovere’, che l’avrebbe condotta a trascurare
troppo spesso gli aspetti emotivi (Levorato, 2000) e il coinvolgimento motivazionale
degli alunni per un paradigma didattico fondato su un approccio eccessivamente
analitico, al punto da essere accusato di pedanteria (De Bartolomeis, 1983, p. 30).
Ci si riferisce in particolare all’uso di terminologia e concetti della critica e dell’analisi
letteraria e alla pratica di approcci formali che rischiavano di mettere in secondo
piano le emozioni legate alla lettura e, con esse, le motivazioni.
Sono stati dunque proposti approcci ‘emozionali’ (Levorato, id.) e, anche in
glottodidattica, fondati sul ‘piacere’ (Freddi, 2003; Balboni, 2006).
Come si è visto nel cap. 3, l’approccio definito in questo lavoro non va nella
direzione di una lettura spontaneistica, in quanto nella prospettiva adottata la lettura
è vista sia come un piacere, sia come un potente mezzo di conoscenza capace di
stimolare la riflessione e il decentramento (Bredella, 2000).
La scelta di testi caratterizzati in buona parte dalla cifra stilistica dell’ironia (in
particolare, i testi di Scego, Moll, Wadia, cf. allegati) va in questa direzione.
87
Ma, dal momento che tra la ‘teoria privata’ dell’insegnante24 e la ricezione degli
studenti può esserci anche una notevole discrepanza, attraverso gli strumenti
dell’indagine si intende raccogliere le reazioni degli alunni, sia positive che negative,
per poter definire, nella proposta conclusiva del presente lavoro, criteri per approcci
al testo il più possibile coinvolgenti e motivanti.
Quanto alla motivazione, si tratta di una nozione che si può leggere da diverse
prospettive disciplinari, quali quella delle scienze dell’educazione, della didattica
delle lingue-culture, delle scienze sociali.
Nell’orientamento attualmente prevalente nelle scienze dell’educazione, come si è
già visto il concetto di motivazione ha assunto una significativa rilevanza, in
collegamento con la nozione di competenza e con l’importanza che, per la
definizione di quest’ultima, ha il soggetto.
Infatti, se il contributo principale del cognitivismo rispetto al comportamentismo (per il
quale la mente era una ‘scatola vuota’) consiste nell’aver incluso il soggetto nelle
dinamiche comprendenti saperi/abilità/capacità che portano alla competenza, in una
fase di sviluppo successiva della ricerca psico-pedagogica, che è stata definita
‘personalista’, il soggetto assume un ruolo decisamente centrale, diventando il punto
di
partenza
per
la
costruzione
di
qualunque
competenza,
proprio
per
l’imprescindibilità della motivazione.
Infatti, visto lo sforzo che la costruzione delle competenze presuppone, difficilmente
esse possono essere conseguite in assenza della spinta motivazionale (Cegolon,
2008, p. 106).
All’interno del modello personalista nell’ambito della teorizzazione della competenza,
dunque,
il soggetto rivendica ora un’attenzione che va oltre una sua presenza meramente mentale, il
soggetto vuole essere considerato anche per i suoi aspetti affettivi, volitivi, relazionali, il
presente e il passato della sua storia, le sue proiezioni future, insomma tutta la sua realtà
24
Dodman differenzia due teorie nell’insegnamento, quella pubblica e quella privata, che definisce in
questi termini: “La teoria pubblica è il tipo di modello che pone, per esempio, una spiegazione
comportamentista o cognitivista alla base dell'apprendimento umano oppure elabora un modello
specifico di acquisizione di una seconda lingua. La teoria privata è l'insieme di intuizioni, domande,
speculazioni, ipotesi, spiegazioni e decisioni che informano la propria prassi quotidiana. Capire
l'interazione fra i due tipi di teoria è fondamentale per la capacità dell'insegnante di rendere la propria
azione oggetto di ricerca.” (Dodman 2003, pp. 15-22)
88
personale che, in tal modo, guadagna centralità nella questione delle competenze. (Cegolon,
2008, p. 109)
Inoltre, la prospettiva delle scienze dell’educazione può essere utilmente integrata
da quella delle scienze sociali, in particolare se si considerano gli studi
sull’inclusione delle ‘seconde generazioni’.
Tra le diverse prospettive sociologiche individuate da Maurizio Ambrosini (2005), gli
studi di impianto strutturalista considerano “i figli di immigrati…permanentemente
svantaggiati e condannati all’esclusione dalle occupazioni migliori. L’insuccesso
scolastico sanziona la discriminazione sociale.” (id., p. 179)
Queste posizioni sono molto diffuse tra gli studiosi europei, e rispecchiano un
contesto
meno ricettivo verso l’immigrazione rispetto a Stati Uniti, Canada o
Australia.
Le seconde generazioni sono soggette al ‘paradosso dell’integrazione’ (Rea, Wrench
e Ouali 1999, 2; cit. in Ambrosini, id., p. 171): “i figli si proiettano verso un arco molto
più ampio di opportunità, ambite anche dagli autoctoni, esponendosi a situazioni in
cui è più probabile incontrare razzismo e discriminazione” (id.).
Inoltre, a un livello di istruzione pari a quello degli autoctoni non corrispondono le
stesse opportunità, e il trattamento discriminatorio percepito influenza la motivazione
allo studio e la disponibilità verso la formazione.
Questa
prospettiva
individua
dunque
nell’integrazione
socioeconomica
e
nell’accettazione da parte della società ricevente il fattore che determina la
motivazione allo studio.
La scuola da sola avrebbe perciò relativamente pochi strumenti per promuovere la
motivazione allo studio, se considerata dai giovani di seconda generazione come
una
struttura
istituzionale
espressione
di
una
comunità
di
accoglienza
sostanzialmente escludente.
Eppure, ciononostante, se ci poniamo dal punto di vista dell’istituzione scolastica,
dato che questa rappresenta il luogo che per eccellenza favorisce (o dovrebbe
favorire) l’inserimento dei minori di origine immigrata nella comunità di accoglienza,
essa può e deve agire mettendo in campo tutte le strategie a disposizione e
creandone se necessario di nuove affinché tale inserimento avvenga nelle migliori
condizioni possibili.
89
In questo senso, si ipotizza che motivare alla lettura di testi della letteratura della
migrazione
piacevoli
e
attraverso
il
piacere
possa
anche
promuovere
rappresentazioni non stereotipate dell’alterità.
Le diverse prospettive disciplinari sulla motivazione ci hanno consentito di
puntualizzarne alcune componenti fondamentali, che fungeranno da guida
nell’analisi dei dati.
Nella ricerca effettuata i discorsi degli apprendenti sono analizzati per comprendere
quali elementi, nei testi letti e nelle attività svolte, abbiano favorito o ostacolato il
piacere della lettura, e quali abbiano contribuito a incrementare oppure far cadere la
motivazione.
Si tratta chiaramente di un’analisi che deve tenere conto delle caratteristiche di ogni
studente, che si è cercato di cogliere in un questionario iniziale che funge da punto
di riferimento per individuare appunto alcuni tratti del singolo soggetto.
6.
La costruzione dell’io scolastico
Alcune delle domande di ricerca si propongono di indagare la questione che riguarda
I contributi che l’educazione letteraria può dare alla costruzione dell’io scolastico.
Dai dati raccolti si cercherà dunque di cogliere, se non delle vere e proprie risposte,
almeno delle buone piste e sollecitazioni nelle seguenti direzioni:
in che modo l’educazione letteraria può contribuire alla costruzione dell’io
scolastico?
Quali testi possono offrire i materiali più adatti?
Quali attività?
Come utilizzare a questo fine materiali letterari provenienti dalla letteratura della
migrazione?
Ma prima di procedere, sarà innanzi tutto necessario definire cosa si intende per ‘io
scolastico’.
Se adottiamo la prospettiva della psicologia dello sviluppo, la fase che prendiamo in
esame nella ricerca, ovvero la preadolescenza e l’adolescenza, viene definita come
quello che più di altri concorre alla ricerca e alla conquista dell’identità (Smorti 2001).
Si tratta di una fase contraddistinta da cambiamenti tumultuosi, sia a livello fisico
(sviluppo puberale), sia psicologico (conquista di una maggiore autonomia).
90
Un altro elemento importante in relazione al contesto scolastico riguarda la
trasformazione nello sviluppo cognitivo: il modo di pensare dell’adolescente
raggiunge un certo formalismo, e proprio per questo tende ad assumere modalità
assolute e dicotomizzanti, con poca tolleranza per le contraddizioni e per la duplice
necessità da un lato di ragionare in maniera corretta, dall’altro di tenere conto degli
aspetti empirici o contestuali della realtà. Per questo l’adolescente tende ad aderire
a sistemi ideologici molto definiti e ad avere un’immagine poco sfumata di sé, o tutta
positiva o tutta negativa.
A causa di ciò l’adolescente si trova in una posizione di debolezza di fronte al
successo o all’insuccesso scolastico, dato che questi possono essere interpretati
come una conferma della propria immagine di sé.
Le esperienze fatte a scuola hanno dunque una grande rilevanza e concorrono alla
conquista dell’identità, che costituisce (almeno secondo una prospettiva culturale
occidentale)
il
principale
compito
dell’adolescente (e della sua famiglia).
evolutivo
lungo
il
tragitto
di
sviluppo
25
Il concetto di identità è stato messo in particolare rilievo da Erikson (1963), che ne
ha parlato come di
una condizione dell’Io attraverso la quale vengono integrate tra loro diverse componenti dello
sviluppo: le identificazioni infantili, le vicissitudini emozionali, le attitudini, le capacità,
l’inserimento nei ruoli sociali. Quando l’adolescente raggiunge il senso dell’identità, ha anche
fiducia che la propria identità e la propria continuità interiore trovino conferma nel giudizio
degli altri. Quindi, per un verso l’identità racchiude in sé il risultato dello sviluppo infantile, per
un altro indica un percorso da seguire per l’età adulta. (Smorti, cit., p. 285).
L’ambiente scolastico ha dunque un ruolo centrale nella costruzione dell’identità, e
se questo è un processo lungo e complesso a livello individuale, non lo è in misura
minore a livello sociale.
25
Appare opportuno rilevare come le teorie che studiano l’adolescenza vadano inserite all’interno di
un contesto socioculturale quale quello occidentale, e che dunque, se le prendiamo in considerazione
in quanto humus delle scienze pedagogiche e retroterra per le pratiche educative attraverso la
formazione degli insegnanti, dall’altro appare opportuno interrogarsi sulla loro adeguatezza nella
comprensione dell’idea che dell’età definibile come ‘adolescenziale’ hanno coloro che provengono da
altre tradizioni di pensiero. Si tratta in altre parole di tenere a mente anche in questo caso i limiti della
nostra prospettiva epistemologica per evitare di essere portatori inconsapevoli di un pensiero
etnocentrico.
91
Se prendiamo in esame in particolare i soggetti provenienti dalla migrazione, le
questioni centrali sono di due ordini: da un lato c’è la discontinuità delle ‘seconde
generazioni’ rispetto alle prime, in quanto “i figli dell’immigrazione…socializzati nei
Paesi d’arrivo mostrano interessi, stili di vita e opzioni di consumo analoghi ai loro
coetanei autoctoni con i quali sono, sempre più spesso, cresciuti insieme” (Sospiro,
2010, p. 107), dall’altro c’è una discontinuità nella costruzione identitaria:
Il passaggio dall’adolescenza alla prima età adulta rappresenta una fase critica per ciascun
individuo posto nella continua scelta tra differenziazione e uniformità rispetto ai sistemi di
valori, di norme come pure rispetto ai codici culturali da cui proviene. Per i giovani delle
seconde generazioni questa fase viene ulteriormente investita di carica problematica, poiché
può dare luogo a crisi che coinvolgono la dimensione individuale in relazione all’identità,
quella familiare con conflitti di carattere intergenerazionale o quella sociale e culturale che
può condurre alla reinterpretazione della cultura di partenza. (Sospiro, id: 108).
Inoltre, nella letteratura sociologica che tratta le questioni che riguardano le giovani
generazioni provenienti dalle migrazioni, vediamo come la scuola sia considerata
come l’istituzione più influente dopo la famiglia.
Essa è stata studiata sia come
il crogiolo dell’assimilazione, il possibile trampolino della promozione sociale, oppure come
l’istituzione sociale in cui si determinano le premesse per il confinamento dei figli degli
immigrati ai margini della buona occupazione e delle opportunità di effettiva integrazione nelle
società ospitanti. (Ambrosini, 2005, p. 179)
Un’istituzione dunque dalle potenzialità opposte e contraddittorie, che a seconda
della loro declinazione concreta può concorrere efficacemente all’inserimento nella
società oppure alla sanzione dell’esclusione.
Per quanto riguarda i fattori che influenzano la riuscita scolastica, gli studiosi sono
concordi sul fatto che uno fra i più significativi sia per tutti gli alunni il livello di
istruzione dei genitori.
Un altro fattore determinante è rappresentato dai sistemi di istruzione dei paesi di
destinazione e dalla loro capacità di accoglienza e accompagnamento nel percorso
di
inserimento
dei
figli
degli
immigrati,
interculturale.
92
come
dall’apertura
all’educazione
L’ultimo è il ‘contesto di ricezione dell’immigrazione’: “la possibilità di entrare
legalmente, il riconoscimento delle credenziali educative acquisite in patria, le
modalità di inserimento nel mercato del lavoro, l’incidenza di pregiudizi e
discriminazioni, intervengono a plasmare le chances di inserimento e di promozione
sociale degli immigrati, riflettendosi sui figli e sulla loro carriera educativa.”
(Ambrosini, cit., p. …)
Dunque, se il contesto di ricezione è positivo, le possibilità di riuscita e di successo
per i figli degli immigrati aumentano.
Cosa può fare e cosa fa in questo senso la scuola? Oltre alla predisposizione di
dispositivi d’accoglienza e d’insegnamento della lingua, riconoscere le credenziali
educative e lavorare sui pregiudizi affinché non diventino un ostacolo insormontabile,
oltre che predisporre attività finalizzate all’educazione interculturale appaiono le
direzioni verso le quali indirizzare gli interventi.
L’educazione interculturale rivolta a tutta la classe mira proprio a favorire la
creazione di un contesto accogliente.
In ogni caso, il rapporto con le lingue-culture è significativo sia per l’apprendente di
origine straniera che deve confrontarsi con la lingua della scuola (per la
socializzazione e lo studio), sia per gli studenti ‘autoctoni’, anche se è difficile
individuare un rapporto di precedenza o di causa-effetto tra competenze linguistiche
e socializzazione: sono due poli di un rapporto bidirezionale che si alimentano o si
respingono vicendevolmente.
Infatti, in alcuni studi condotti con dei bambini, emerge come
les affiliations avec des groupes
de pairs spécifiques, l’approbation des maîtres et les
pratiques sociales rituelles de la classe permettent aux enfants d’accéder à des identités
désirables. Celles-ci en retour augmentent leur légitimité comme participants actifs de la
classe et de la sorte, leur accès aux ressources linguistiques de leur communauté, vitales à
l’apprentissage des langues. ( Dagenais, D., Beynon, J., Toohey, K., Norton, B., 2008, p. )
Dunque l’accesso alla socializzazione con i pari e l’approvazione degli insegnanti
innescano un circolo virtuoso che porta da un lato a una visione positiva di sé,
dall’altro al progressivo potenziamento delle competenze linguistiche.
Perciò un’immagine positiva delle minoranze può da un lato favorire l’accettazione
della identità doppia o plurale come fatto positivo, dall’altro l’effetto educativo sulla
93
classe potrà riverberare un’immagine positiva degli alunni che hanno appartenenze
plurime, favorire la loro accettazione nel gruppo dei pari e dunque l’accesso alle
risorse
linguistiche, e
infine contribuire a
rafforzare
un’idea
positiva
del
plurilinguismo.
In che modo l’educazione letteraria può contribuire alla costruzione dell’io scolastico,
per il quale la socializzazione e le competenza linguistiche risultano basilari?
Qual è la percezione che gli studenti delle classi multietniche hanno dell’italiano e
delle altre lingue conosciute?
Anche in questo caso la voce degli apprendenti potrà darci delle risposte
interessanti, se in quanto insegnanti e ricercatori saremo in grado di ascoltarle e di
interrogarci sulla nostra adeguatezza (Levy, 2008).
7. La costruzione dell’io sociale
Come già evidenziato fin dalla pubblicazione delle Dieci Tesi del Giscel (1975; in
Ferreri, Guerriero, 1998), lo sviluppo delle capacità linguistiche deve avere come fine
la partecipazione alla comunicazione in ambito sociale:
Lo sviluppo e l'esercizio delle capacità linguistiche non vanno mai proposti e perseguiti come
fini a se stessi, ma come strumenti di più ricca partecipazione alla vita sociale e intellettuale:
lo specifico addestramento delle capacità verbali va sempre motivato entro le attività di studio,
ricerca, discussione, partecipazione, produzione individuale e di gruppo.
Cosa intendiamo per ‘io sociale’? Proviamo a definire la nozione. La didattica delle
lingue ha posto negli ultimi anni al centro della sua riflessione un soggetto situato nel
contesto sociale, che, con una terminologia mutuata dalla sociologia, è stato definito
‘attore sociale’ (Quadro europeo comune di riferimento per l'insegnamento delle
lingue, 2002).
La caratteristica dell’attore sociale è la capacità di interagire attraverso la lingua in
maniera più o meno competente in diversi contesti sociali.
Se la pedagogia individua nella famiglia, nella scuola e nella società i luoghi
dell’educazione
(Frabboni,
Pinto
Minerva,
2003),
anche
nella
prospettiva
dell’insegnamento-apprendimento di una lingua nazionale come l’italiano e
nell’educazione letteraria che tanto spazio occupa nella ‘cultura dell’educazione’
94
italiana, il suddetto contesto comprenderà, oltre all’ambito scolastico, anche
l’’extrascuola’, ovvero la comunità sociale.
Perciò quanto differenzia l’io scolastico dall’io sociale è il posizionamento nei
confronti di ciò che è ‘esterno’ al sistema educativo formale e coinvolge lo status di
cittadino/non cittadino, comunitario/extracomunitario etc., ovvero il posizionamento
all’interno oppure al di fuori dalla comunità (cfr. Puccini, 2008).
L’io sociale è dunque al crocevia tra l’individuale, il sociale, il politico, nel senso di
‘appartenente (o meno) alla polis’.
Da un esame degli studi sociologici sulle seconde generazioni, emerge che i figli
provocano la ‘cittadinizzazione’ degli immigrati:
i ricongiungimenti familiari, la
nascita dei figli, la scolarizzazione sviluppano i rapporti tra gli immigrati e le istituzioni
della società ricevente, producendo un “processo che porta l’immigrato a essere
membro e soggetto della città intesa nella più larga accezione del termine”
(Bastenier e Dassetto, 1990, p. 17 cit. in Ambrosini, id. …).
D’altro canto, fenomeni quali i fallimenti scolastici, la marginalità occupazionale, i
comportamenti devianti mostrano un malessere che preoccupa e innesca
discussioni.
Infatti, gli studi sociologici mostrano una percentuale maggiore di ritardo e
dispersione scolastica tra i figli degli immigrati (Terzera, in Sospiro 2010).
Tra i criminologi circola da tempo l’idea che gli immigrati di seconda generazione
costituiscano “una bomba sociale a scoppio ritardato” (Barbagli 2003, 31 cit. in
Ambrosini, id. p. …), ma gli interrogativi e le inquietudini suscitate dalle seconde
generazioni devono essere estesi all’insieme delle condizioni e delle possibilità di
inserimento e integrazione che vengono date nelle società sviluppate ai figli di
immigrati. Questi, “se non hanno successo nella scuola, e se non riescono a trovare
spazio nel mercato del lavoro qualificato… rischiano di alimentare un potenziale
serbatoio di esclusione sociale, devianza, opposizione alla società ricevente e alle
sue istituzioni” (Ambrosini, cit., p. 168).
Dunque, dal nostro punto di vista, per prevenire situazioni di esclusione sociale,
appare importante innanzi tutto favorire il successo scolastico che, da studi condotti
negli Stati Uniti, appare come uno dei fattori che possono limitare i fenomeni di
devianza (Ambrosini, id., 168).
95
Tuttavia, l’inclusione culturale non è sufficiente, mentre è necessaria quella socioeconomica (Brubaker, 2001, in Ambrosini, id., p. 172).
Inoltre, un ruolo importante è giocato anche dalle rappresentazioni che la società di
accoglienza ha dei giovani di seconda generazione: se questa è negativa, potrà
rischiare di sollecitare in un circolo vizioso delle reazioni oppositive (Portes e Zhou,
1993, cit. in Ambrosini, id., 174).
Negli Stati Uniti, ad esempio, la differenza razziale di molti immigrati recenti ha
provocato, a causa della identificabilità somatica, processi di etichettatura da parte
della società ricevente che ostacolano l’integrazione e il progresso sociale (Portes e
Rumbaut, 2001, cit. in Ambrosini, id.,169).
Una diversa posizione degli studiosi delle seconde generazioni (rispetto a quella
strutturalista
prevalente
in
Europa
e
a
quella
neoassimilazionista26)
ha
problematizzato, analizzato e distinto gli ambiti dell’assimilazione e i gruppi di
immigrati che ad essa sono maggiormente soggetti. Si è parlato infatti di
‘assimilazione segmentata’ (Portes e Zhou, 1993, id.), concetto che è servito per
distinguere i diversi possibili esiti del processo migratorio, tra i quali l’integrazione è
solo una delle possibilità, accanto alla quale è altrettanto probabile la cosiddetta
‘downward assimilation’, ovvero l’assimilazione agli strati più svantaggiati della
società di accoglienza (Portes e Zhou, 1993 cit. in Ambrosini, id. p. 176).
Secondo questa prospettiva, il diverso successo nell’integrazione scolastica e
professionale è collegato all’investimento della famiglia nell’istruzione e alla
presenza di comunità coese, invece che all’assimilazione nella società maggioritaria.
26
Sebbene le concezioni assimilazioniste tradizionali siano oggi rifiutate, gli studiosi che si collocano
in questa prospettiva ritengono che l’assimilazione avvenga sempre, anche in maniera inintenzionale.
Due sono i significati del termine assimilazione individuati da Brubaker (2001, cit. in Ambrosini, id.,
172):
- crescente similarità o uguaglianza, ovvero un significato dell’assimilazione nella direzione del
diventare simili, o rendere simili, o trattare come simili. In questo senso, essa è considerata come un
processo che avviene per gradi.
- assimilazione come assorbimento o incorporazione, ovvero trasformazione della natura stessa di un
gruppo sociale fino al suo completo assorbimento nella società maggioritaria.
Questa accezione viene oggi ampiamente rifiutata, e Brubaker sostiene che il verbo ‘assimilare’
possa essere utilizzato non transitivamente (far diventare simili) ma intransitivamente (diventare
simili) nello studio delle popolazioni immigrate.
A suo avviso inoltre l’assimilazione va perseguita non a livello culturale, ma socioeconomico, in
opposizione non alla differenza ma alla segregazione, alla ghettizzazione, all’emarginazione.
A dare riscontri a questa posizione sono prevalentemente i contesti non europei più aperti verso
l’immigrazione, quali l’Australia e il Canada, per il quale si è parlato di “transizioni trionfanti” (Boyd e
Grieco, 1998) per i brillanti risultati scolastici e le buone occupazioni ottenute da ampi settori delle
seconde generazioni.
96
Infatti in casi quali quelli di diversi gruppi asiatici negli Stati Uniti, la comunità di
origine, esercitando un controllo sui giovani ed evitando così l’adozione di
comportamenti quali il consumo di tabacco, alcool, droghe etc. fungerebbe da
antidoto al fallimento dell’integrazione.
Le comunità di origine, in definitiva, sarebbero alla base di forme di cooperazione
atte a superare gli svantaggi strutturali, promuovendo l’impegno scolastico e
comportamenti non viziosi (Zhou, 1997).
Le reti etniche possono dunque svolgere nella società ricevente tanto azioni di
sostegno che di controllo capaci di favorire la mobilità sociale.
Facendo riferimento al contesto nord-americano, Portes ha inoltre ripreso le teorie
dell’assimilazione segmentata per formulare proposte a livello normativo: infatti, il
vecchio modello di assimilazione ‘totale’
27
appare oggi inadeguato, in quanto il
mantenimento di legami con la famiglia e la comunità di origine possono costituire
delle risorse importanti per le seconde generazioni, mentre una loro interruzione può
portare a un’acculturazione dissonante (ovvero al conflitto intergenerazionale dovuto
alla rapida acculturazione dei figli e al rifiuto di mantenere legami e retaggi della
cultura d’origine, cf. Ambrosini, id., 176) .
Molti genitori incoraggiano un’acculturazione ‘selettiva’, che da un lato esorta i
giovani ad apprendere bene la lingua e alcuni altri elementi considerati positivi della
cultura autoctona, dall’altro spingono i figli a mantenere familiarità con la lingua dei
genitori e rispettare i valori della loro società di provenienza.
Una simile forma di acculturazione conduce, secondo Portes, a un’integrazione più
efficace, attraverso l’uso del capitale sociale del gruppo di riferimento per il
conseguimento del successo in ambito scolastico e professionale nella società di
accoglienza.
Dunque, secondo Portes, l’esito auspicabile dell’integrazione delle seconde
generazioni sarebbe l’acculturazione selettiva, ovvero “la situazione in cui
l’apprendimento delle abilità necessarie per inserirsi nel nuovo contesto non entra in
contrasto con il mantenimento di legami e riferimenti identitari. Genitori e figli si
muovono di comune accordo sui due binari, riducendo il rischio di conflitti,
27
Nelle epoche di diffusione di questo modello di integrazione, i figli di immigrati soprattutto europei
erano incoraggiati ad abbandonare la lingua di origine e americanizzarsi il prima possibile (Ambrosini,
id, p. ….)
97
salvaguardando l’autorità genitoriale e promuovendo un efficace bilinguismo nelle
nuove generazioni’ (Portes e Rumbaut 2001).28
In tale prospettiva, occorre perciò evitare la promozione di modelli assimilatori di
integrazione, attraverso rappresentazioni positive del pluralismo linguistico e
culturale.
Le attività didattiche miranti a sviluppare tali rappresentazioni e a valorizzare le
lingue e le culture ‘nascoste’ hanno come sfondo tale quadro teorico, sebbene la
coesistenza di più lingue e culture non possa essere concepita solo in senso irenico
e non vada ignorata la componente conflittuale.
7.1. I concetti di rappresentazione sociale e atteggiamento
Le nozioni di rappresentazione e di atteggiamento nel campo della psicologia sociale
hanno molte similitudini e i due termini vengono spesso considerati come sinonimi
(Castellotti e Moore, 2002, p. 7).
La psicologia sociale, durante il XX secolo, ha approfondito lo studio delle
rappresentazioni sociali. E’ soprattutto da quest'ambito che deriva l’odierno concetto
di rappresentazione.
In particolare, Moscovici nel suo studio sulle rappresentazioni sociali della psicanalisi
(1961) affermava che nella formazione e funzionamento di queste concorrono due
processi: il primo è di ‘oggettivazione’, consistente nel fatto che l’individuo – per
28
Ambrosini, id, 180-181) classifica tre traiettorie idealtipiche delle seconde generazioni:
- 1 Assimilazione intesa in senso tradizionale, con avanzamento socioeconomico da un lato e
acculturazione nella società ricevente dall’altro, parallelamente alla quale viene meno l’identificazione
in gruppi etnici minoritari e in pratiche culturali distintive.
- 2 ‘Confluenza negli strati svantaggiati della popolazione’, con due varianti: in Europa si è dato rilievo
a quella che Ambrosini chiama ‘assimilazione illusoria’, caratterizzata da ‘socializzazione
paradossalmente riuscita agli stili di vita e ai consumi delle classi giovanili, e persistente carenza di
opportunità di miglioramento economico e sociale’ (p. 181);
in America ha avuto fortuna il concetto di ‘downward assimilation’, ovvero l’affermarsi di una ‘identità
etnica reattiva’ ai valori e alle istituzioni del gruppo sociale maggioritario.
- 3 assimilazione selettiva, che rimanda all’assimilazione segmentata della quale si è recentemente
discusso in America, in cui ‘ la conservazione di tratti identitari minoritari, peraltro rielaborati e adattati
al nuovo contesto, diventa una risorsa per i processi di inclusione e in modo particolare per il
successo scolastico e professionale delle seconde generazioni’ (p. 181). A suo avviso, non sarebbe
invece ancora risolta la questione del peso di fattori quali l’istruzione dei genitori e le condizioni
economiche della famiglia di origine, la cultura e l’etnia.
In ogni caso, l’incrocio di fattori culturali e di fattori strutturali e il confronto tra capitale umano e
sociale degli immigrati e le capacità di integrazione offerte dalla società ricevente appare
fondamentale (cfr. Ambrosini, cit., p. 181).
98
un’esigenza di semplificazione funzionale a consentirgli una maggiore comprensione
di concetti, idee, informazioni (astratti appunto perché ideali) - tende a selezionare
all’interno degli stessi gli elementi che ritiene più rilevanti, li decontestualizza e li
trasforma in immagini – concrete e più semplici, anche se meno ricche dal punto di
vista del contenuto di informazioni -, quindi le ‘naturalizza’ fino a sostituire queste al
concetto originario; il secondo processo è quello di 'ancoraggio', che consiste nel
passaggio all’ambito sociale e collettivo dell’immagine formata dall’individuo, o
meglio dagli individui, con la funzione di inquadrare un concetto o un elemento in
categorie e schemi già noti, di consentirne così l’interpretazione e di orientare in
definitiva i comportamenti sociali (Emiliani,
Zani, 1998, p. 180).
I due processi determinano una reciproca influenza tra la rappresentazione
individuale e quella sociale: quella sociale, specie se ripetuta, contribuisce al
formarsi
della
seconda,
la
quale,
essendo
propria
dell’ambiente
sociale,
naturalmente influenza quella individuale.
Per chi marca la distinzione concettuale tra rappresentazione e atteggiamento,
quest’ultimo si riferisce al modo di sentire, alla disposizione a reagire favorevolmente
o meno ad un concetto, ad un’idea o ad una categoria di idee (Kolde 1981, in Lüdi,
Py 1986, 97); ciò implica che per la descrizione dell’atteggiamento occorre non solo
(come per l’ ‘opinione’) sapere ‘cosa si pensa’, ma anche ‘cosa si prova’ (dunque,
trovandoci nel campo delle emozioni, l’atteggiamento non è direttamente
osservabile, ma va desunto dai comportamenti che esso produce) (Volkart-Rey
1990, p. 10).
Come detto, la rappresentazione è un’approssimazione che serve a comprendere
meglio la realtà semplificandola mediante ‘scarto’ degli elementi di un concetto o di
un’informazione che vengono considerati inutili per l’operazione da compiere,
pertanto è in relazione a quest’ultima che va giudicata la rappresentazione, con la
conseguenza che il giudizio su di essa è un giudizio non oggettivo ma relativo, che
dipende dalla sua utilità a servirsi delle conoscenze e a guidare i comportamenti.
Nelle
rappresentazioni
si
possono
cogliere
una
dimensione
statica
(‘rappresentazione di referenza’), e una dinamica (‘rappresentazione in uso’): la
prima è preesistente e ‘fissa’, e consente all’individuo di reperire agevolmente un
concetto nella sua memoria e di servirsene per determinate operazioni; la seconda
99
è modificabile e soggetta ad evoluzione mediante l’interazione con altri individui, ed
è quella su cui l’azione dell’insegnante può agire per stimolare la riflessione e la
conoscenza non preconcetta (cf. Py, 2000, p.14).
Si è già evidenziato che l’atteggiamento ha una componente ‘cognitiva’ ed una
‘affettiva’; la prima consiste nelle convinzioni dell’individuo verso un determinato
oggetto in base a criteri valutativi (che implicano l’attribuzione ad esso di determinate
qualità, positive e/o negative), che possono giungere, in un processo di
semplificazione, alla formazione di
stereotipi, mentre la seconda concerne le
emozioni legate a quell’oggetto; si deve aggiungere che esiste una terza
componente, detta ‘conativa’, che concerne il modo di reagire (dunque può
provocare il passaggio all’azione, ad un determinato comportamento) verso
quell’oggetto, secondo il contenuto delle prime due componenti (Gardner e Lambert,
1959).
Secondo gli psicologi sociali, “il collegamento tra rappresentazioni e pratiche sociali
va
visto
in
doppia,
reciproca
direzione”
(Amerio,
2007:
324),
poiché
rappresentazioni e pratiche sociali sono inserite in un contesto circolare.
In particolare, secondo Flament e Rouquette (2003), le rappresentazioni si
modificano tanto più quanto più è forte l’implicazione dei soggetti verso l’oggetto
della rappresentazione.
L’implicazione avviene sostanzialmente per tre motivi:
- l’identificazione, che “rinvia al grado di coinvolgimento specifico personale
nell’’oggetto’ della rappresentazione” (Amerio, 2007: 325);
- la valorizzazione, che è legata “alle valenze che l’oggetto assume in relazione ai
valori e alle credenze degli individui e dei gruppi sociali” (ibid.);
-
la possibilità percepita dell’azione pratica, ovvero “le possibilità percepite dal
gruppo (…) di agire sull’oggetto della rappresentazione” (ibid.).
Dunque, “i cambiamenti nelle pratiche, potranno produrre trasformazioni nelle
rappresentazioni quanto più i soggetti si sentiranno implicati nell’oggetto di
riferimento” (id., p. 326).
Su queste basi si può supporre che, se secondo Bruner i testi letterari hanno come
caratteristica la ‘soggettivizzazione’, che consiste nella “rappresentazione della
realtà che ci perviene dal punto di vista dei personaggi”, la quale “richiede una
sintonizzazione tra i propri registri affettivi e quelli dei personaggi per arrivare a
100
condividere le situazioni” (Carrubba, 1999: 33), tale sintonizzazione affettiva possa
condurre anche all’identificazione nei personaggi dei testi letterari e, poiché la
pratica educativa è una pratica sociale, in un contesto circolare tale identificazione
possa portare a mutamenti nelle rappresentazioni.
Tuttavia, affinché ciò avvenga è necessario che si inneschi il processo di
sintonizzazione affettiva.
8.
La pluralità linguistica e culturale
Un’altra tematica centrale per il lavoro svolto è l’apertura alla pluralità linguistica e
culturale. Questa può essere vissuta dai soggetti in maniera positiva solo se
accompagnata da una consapevolezza che espliciti il suo valore a livello sia
personale che sociale.
Infatti, chi sviluppa un profilo plurilingue e pluriculturale percependolo come un asso
nella manica a livello sociale sarà in grado di regolare le sue diverse appartenenze e
utilizzare lo scarto tra i sistemi di valori dando maggiore risalto all’uno o all’altro a
seconda del contesto dei suoi percorsi di vita e mantenendo un’identità fluida,
soggetta a dei ‘réglages identitaires’ (De Singly, 2003 cit. in Zarate, 2008).
Opposto è il caso di chi percepisce negativamente il proprio percorso di vita diviso e
frammentato :
A contrario, celui qui développe une perception négative de son histoire personnelle, frappé
par la stigmatisation et l’amalgame, l’exclusion et le déni d’existence, peut être inhibé par une
souffrance identitaire, provoquée par la position marginale qui lui est socialement assignée, le
nombre limité d’identités qui lui sont attribuées auquelles il ne peut pas se soustraire, le
réseau de significations négatives auxquelles son moi est systematiquement renvoyé.
(Zarate, id., p. 177)
Tra i testi proposti, un racconto come Salsicce di Scego, che tematizza la sofferenza
identitaria dovuta ai conflitti interiori e alle rappresentazioni negative della società di
accoglienza può fornire significativi spunti di discussione per affrontare tali
complesse questioni in maniera ‘indiretta’.
In ogni caso, ancora una volta si inquadrerà l’oggetto dalle prospettive disciplinari a
nostro avviso più pertinenti, ovvero quella della sociologia delle migrazioni, quella
antropologica, quella pedagogica e della didattica delle lingue-culture.
101
Secondo una prospettiva socio-antropologica (Pollini, 2005), nelle culture si deve
distinguere un piano simbolico e uno istituzionale, e trattare le questioni inerenti la
convivenza di più culture significa occuparsi del livello ‘socioculturale’ ovvero del
confronto tra culture istituzionalizzate e non di ‘culture’ tout court (livello simbolicoculturale).
Infatti, il processo di istituzionalizzazione ha diverse caratteristiche che permettono
di distinguere ciò che è solo culturale da ciò che è anche sociale.
In particolare, non tutte le componenti del complesso simbolico-culturale vengono
istituzionalizzate
in
egual
misura
nel
gruppo
sociale
di
riferimento,
e
l’istituzionalizzazione varia a seconda del contesto o ambiente sociale/societario, a
seconda delle caratteristiche delle personalità individuali e a seconda della
conformazione e del grado di strutturazione sociale del gruppo stesso.
Dunque non è detto che le differenze culturali (ad esempio di tipo religioso) siano
interiorizzate o istituzionalizzate nello stesso modo da soggetti o gruppi provenienti
dallo stesso contesto e che fanno riferimento a uno stesso complesso simbolicoculturale.
Data l’estrema rilevanza della cultura per ogni essere umano, ne segue che “ad ogni
persona umana va riconosciuto e conferito il diritto di vivere, conoscere, esprimere,
comunicare, trasmettere, alimentare, approfondire, la propria cultura.” (Pollini, cit., p.
58).
Si è parlato a questo proposito di ‘diritti culturali’, conferiti sulla base dei diritti naturali
dell’uomo o diritti umani, che, in quanto tali, devono essere riconosciuti a tutti, a
prescindere dal loro status di cittadini o meno della nazione di riferimento (Pollini,
1990, cit. in Pollini, ibid.).
I diritti naturali dell’uomo costituiscono perciò il fondamento dei diritti culturali, e
questi devono essere riconosciuti sia al singolo individuo, sia alle formazioni o
collettività sociali che condividono lo stesso complesso simbolico-culturale.
Ciascuno ha per converso il dovere di rispettare ogni altra cultura diversa dalla
propria.
Il concetto di diritto culturale è strettamente legato all’ambito pedagogico, dato che
il riconoscimento dei diritti culturali comporta il riconoscimento/conferimento del
diritto di educazione della persona.
102
In ogni caso, date queste premesse e il riconoscimento dei diritti culturali, non si
deve commettere l’errore di identificare un individuo con il sistema simbolicoculturale né con il gruppo sociale di appartenenza, infatti secondo Pollini:
a) ‘l’appartenenza sociale ad una collettività e la relativa condivisione di valori comuni
non sono incompatibili con il dissenso e l’opposizione’
b) La persona può cambiare gruppo e cultura rispetto a quelli di origine
c) La persona può adoperarsi per modificare elementi della struttura del gruppo nella
quale è inserita e componenti della cultura istituzionalizzata al suo interno
d) L’individuo “ha la possibilità di poter condividere elementi di una cultura diversa da
quella del gruppo di appartenenza nell’ambito stesso del gruppo di appartenenza e
della cultura condivisa dal gruppo” ossia il pluralismo è anche interno ai gruppi di
appartenenza e non riguarda solo i rapporti tra gruppi (Pollini, id., p. 60).
I rapporti tra culture istituzionalizzate non danno origine a schemi relazionali rigidi,
poiché i complessi simbolico-culturali sono soggetti al mutamento.
I mutamenti possono essere determinati sia da fattori endogeni che esogeni (tra
questi, la personalità individuale e il contesto dell’interazione sociale, l’ambiente
ecologico-territoriale e sociale che non riguarda il complesso simbolico-culturale in
oggetto (Pollini, id, p. 61).29
Il mutamento della cultura istituzionalizzata può riguardare tanto il gruppo
maggioritario che quello o quelli minoritari, senza che ci sia una specifica intenzione
a favore o contraria.
Dal punto di vista del mutamento ‘soggettivo’, a favorire il mutamento è la
comunicazione reciproca tra culture, l’interscambio simbolico, la comprensione e il
rispetto delle identità culturali.
In questo senso, la scuola può influire fortemente, diventando un luogo di
mediazione tra la famiglia e la società (Théberge, 2006, 92) consentendo una presa
di coscienza della posizione identitaria degli alunni provenienti dalla migrazione
all’interno della società di accoglienza.
29
Gli atteggiamenti che relegano invece le culture a prodotti statici e determinati sono il
fondamentalismo da una parte e il relativismo dall’altra. Il primo è ‘l’atteggiamento/orientamento di
resistenza assoluta al mutamento del proprio complesso simbolico-culturale’, mentre si può definire il
secondo come ‘l’orientamento che nega la possibilità di mutamento di qualsiasi complesso simbolicoculturale in base all’assunto che ciascuno è valido quanto l’altro in quanto tutti immutabili’ (Pollini,
ibid.).
103
La scuola diventa dunque un “entre-deux…une sorte d’agora où les différentes
groupes culturels doivent apprendre à se connaître et à communiquer" (Puccini,
2008, p. 99).
Se prendiamo il caso di un paese come il Canada che fa del plurilinguismo uno dei
propri caratteri distintivi, il progetto è quello di una società francofona e del
riconoscimento di una cultura pubblica comune, la cui realizzazione è in parte
affidata all’istituzione scolastica, nella quale gli educatori devono prendere in conto
l’offerta di un modello culturale che non sia unico, né dominante (Ndione, 2002, p.
79) e che tenga conto del fatto che le lingue e le culture non intrattengono tra loro un
rapporto biunivoco.30
Nella nostra prospettiva, appare perciò plausibile ritenere che i testi letterari in cui
viene messa in scena una simile dissimmetria possano contribuire a educare a
concepire un rapporto ‘aperto’ tra lingue e culture.
Tuttavia, come hanno ampiamente dimostrato gli studi di matrice cognitivista e quelli
sulla motivazione, l’apprendente non è una ‘tabula rasa’, dunque sul suo
apprendimento influiranno una serie di fattori quali il gruppo sociale di provenienza,
l’educazione familiare ricevuta, le esperienze scolastiche ed extrascolastiche
precedenti, gli atteggiamenti, le motivazioni etc.
La parola degli apprendenti potrà dunque illuminare la ‘ricezione’ dei testi proposti,
evidenziando anche l’inevitabile scarto tra le finalità educative dell’insegnante e
l’accoglimento delle sue proposte didattiche da parte degli studenti.
30
“En particulier, le professeur des langues et des cultures sera conscient de l’importance d’ouvrir le
rapport langue et culture à des nouvelles modalités qui prennent en compte les dissymétries des
pluriels et des singuliers (langue-cultures, langues-culture)” (Puccini, id., p. 100).
104
Capitolo 3. La ‘letteratura della migrazione’ per
l’educazione interculturale: un approccio al
testo con aperture pluridisciplinari
Nel presente capitolo verranno delineate alcune possibili piste e direzioni che, dal
vasto terreno dell’elaborazione teorica sulla competenza comunicativa interculturale,
possano nutrire e sostanziare l’approccio didattico al testo letterario nella classe
plurale, in direzione di una convergenza tra la didattica delle lingue straniere e quella
dell’italiano.
Sebbene nella prospettiva della presente ricerca le questioni critiche relative alla
letteratura della migrazione non siano centrali, appare però utile delineare una
breve
contestualizzazione
del
fenomeno
e
accennare
ad
alcune
delle
problematiche più rilevanti attualmente dibattute dagli studiosi. Infatti, la
collocazione di queste ‘scritture’ all’interno della produzione letteraria italiana è
ancora lontana da una soluzione definitiva, e anche se negli ultimi anni si è
assistito a un incremento dell’attenzione le questioni da indagare sono ancora
numerose.
Di seguito si definiranno i criteri adottati nella selezione dei testi ‘della migrazione’
per il percorso didattico proposto nei tre terreni della ricerca, si discuteranno poi
alcune questioni relative all’uso del testo letterario nell’educazione interculturale e,
infine, si illustrerà attraverso un esempio l’approccio didattico definito (e sintetizzato
nell’ALLEGATO 1) a partire da nozioni e concetti utilizzati nei quadri teorici relativi
allo sviluppo delle competenze interculturali cui si è fatto in precedenza riferimento
(cap. 2).
105
1. La produzione letteraria ‘della migrazione’ tra questioni
definitorie, marginalità e approcci critici
Con la denominazione ‘letteratura della migrazione’ in italiano sono state definite le
opere pubblicate, a partire dal 1990, da autori di origine straniera in Italia.
Come si vedrà, la definizione non è né l’unica né neutra e la critica ha proposto
diverse ‘etichette’ per questo corpus di testi sempre più nutrito e costituito
prevalentemente da opere di scrittori ‘migranti’/’immigrati’.
La ‘letteratura della migrazione’ nasce in Italia nel 1990 e la sua diffusione coincide
con lo shock provocato nell’opinione pubblica italiana da un tragico fatto di
cronaca: il 24 agosto 1989 infatti un giovane rifugiato sudafricano, Gerry Masslo,
venne assassinato a Villa Literno (in provincia di Caserta) durante una rapina da
un gruppo di giovani italiani e questo evento colpì in maniera molto forte l’opinione
pubblica segnando “l’emergenza di una scrittura/letteratura degli immigrati in Italia”
(Gnisci, 2003, p. 85).
L’immigrazione era all’epoca un fatto recente per l’Italia, paese storicamente
caratterizzato invece dall’emigrazione (Stella, 2003; Bevilacqua, De Clementi,
Franzina, 2001-2002 in Pezzarossa, 2011). L’interesse per il fenomeno migratorio
ebbe una larga eco nei mass media e nel giro di pochi anni vennero pubblicati i
primi libri di autori stranieri provenienti dalla migrazione: Io venditore di Elefanti
(1990) di Pap Khouma (Senegal), Chiamatemi Alì (1990) di Mohamed Bouchane
(Marocco), Immigrato (1990) di Salah Methnani (Tunisia), La promessa di Hamadi
(1991) di Saidou Moussa Ba (Senegal), Pantanella, canto lungo la strada (1992) di
Moshen
Melliti
(Tunisia)
e
molti
altri.
Questi testi avevano in comune i temi trattati (raccontavano soprattutto
l’esperienza della migrazione)
e la scrittura
‘a quattro mani’ con dei
collaboratori/curatori italiani.
In questa fase, l’interesse delle case editrici fu forte e poco dopo anche alcuni
studiosi cominciarono a occuparsi di questa produzione, in particolare il
comparatista Armando Gnisci (1992, 1998).
Negli anni successivi, però, l’interesse delle grandi case editrici venne meno, così gli
scrittori ‘migranti’ continuarono a far conoscere le loro opere con il sostegno del
volontariato, di organizzazioni sociali, di alcune riviste (cartacee e on-line come El
106
Ghibli, Sagarana, Voci dal silenzio etc.)1, case editrici interessate all’intercultura e
premi letterari (come il premio Eks&Tra).2
Dopo la prima fase, i temi trattati si sono ampliati diventando più numerosi e vari, gli
scrittori hanno raggiunto a poco a poco l’autonomia linguistica e hanno sentito
sempre più a rischio di ghettizzazione la categoria di scrittori ‘migranti’.
A quest’esigenza si è però contrapposto un interesse limitato della maggior parte
della critica accademica, per cui questa produzione è stata definita ‘minore’ (Cf.
Deleuze e Guattari, 1983, cit. in Quaquarelli, 2011, p. 54) in quanto caratterizzata da
una marginalità che investe diversi livelli: sia sociale (per l’appartenenza degli autori
a comunità minoritarie), sia editoriale (le case editrici sono spesso di dimensioni
ridotte), sia per la mancanza di analisi e riconoscimento da parte di istituzioni quali le
università.
Tuttavia, l’interesse critico è stato significativo fuori dall’Italia, ad esempio negli Stati
Uniti ad opera di studiosi come Graziella Parati.3
Ad oggi, a livello quantitativo, il database BASILI (Banca Dati Scrittori Immigrati in
Lingua Italiana) registra 1547 record 4 nella sezione scrittori ed opere.
Al di là della ‘mole’ del fenomeno, molte restano ancora le questioni aperte e irrisolte,
la prima delle quali è appunto quella della denominazione, che non è un mero
problema nominalistico, ma articola presupposti teorici ed elaborazioni critiche
differenti.
La scelta definitoria è collegata infatti ai criteri della classificazione e i critici hanno
discusso su quali si debbano ritenere più significativi: la provenienza dello scrittore
dalla migrazione? L’origine straniera degli autori? Le tematiche trattate? La scelta
linguistica dell’italiano? (cf. Sinopoli, 2006; Taddeo, 2006; Fracassa, 2011;
Pezzarossa, 2011; Quaquarelli, 2011).
Se Armando Gnisci ha coniato la denominazione ‘letteratura della migrazione’
(Gnisci, 1992), nella sua prospettiva di studioso comparatista tale definizione va a
comprendere sia le opere di scrittori migranti che usano l’italiano, sia quelle di autori
italiani emigrati che, all’estero, hanno scritto di migrazione e nella migrazione. Il
1
Cf. <http://www.el-ghibli.provincia.bologna.it/index.php>; <http://www.sagarana.net/>;
<http://ww3.comune.fe.it/vocidalsilenzio/.>.
2
Il premio è promosso dall’associazione culturale Eks & Tra, diretta da Roberta Sangiorgi, e dalla
casa editrice Fara, cf. < http://www.eksetra.net/>.
3
Per una ricognizione degli studi sulla ‘letteratura della migrazione’, cf. Sinopoli, 2006; Taddeo, 2006;
Pezzarossa, 2011; Fracassa, 2011.
4
Ultima consultazione: novembre 2012, cf. <http://www.disp.let.uniroma1.it/basili2001/>
107
criterio scelto è dunque collegato a un dato biografico quale l’esperienza della
migrazione e all’interno di questa definizione vanno annoverati solo gli scrittori che
hanno vissuto per così dire ‘fisicamente’ oltre che linguisticamente e ‘culturalmente’
(a livello di codici e comportamenti sociali)5, quell’esperienza mentre le opere dei
cosiddetti autori di ‘seconda generazione’, andrebbero piuttosto collocate in una
prospettiva critica che prenda in considerazione la creolizzazione 6 incipiente della
letteratura italiana con l’inclusione al suo interno di punti di vista e temi nuovi in
quanto portatori di prospettive identitarie plurali, minoritarie, problematiche.
Recentemente, Margherita Ganeri ha invece preso posizione7 a favore del criterio
della scelta linguistica dell’italiano e della delimitazione dell’ambito a quegli scrittori
che hanno effettivamente vissuto la migrazione.
Si è poi messo l’accento sul fatto che questi testi si iscrivono all’interno di ‘poetiche
della migrazione’ (Sinopoli, 2000, p. 193, cit. in Derobertis, 2007, intendendo con ciò
evidenziare una dimensione che va oltre quella testimoniale dell’’informante nativo’
(cf. Spivak, 2004).
Un’altra prospettiva è quella di Raffaele Taddeo, che ha parlato di ‘letteratura
nascente’ (Taddeo, 2006) volendo con ciò sottolineare la novità e il suo potenziale di
rivitalizzazione e rinnovamento della letteratura italiana.
Tuttavia, a questa posizione si può rimproverare il fatto che rischia di rilevare “non
tanto la spinta innovativa e l’orizzonte futuro, ma piuttosto (…) che ad altre tradizioni
pertiene la maturità assicurata dalla collocazione stabile entro il canone occidentale
di contro al ‘cominciamento ingenuo e antistorico della scrittura, e quindi di ogni
cultura’” (cf. Paré, 2005, cit. in Pezzarossa, 2011, p. XXV).
Inoltre, dell’auspicio di Taddeo - espresso seppure in altre forme anche da
autorevolissimi critici quali Sanguineti e Luperini (e dopo, seppure con maggiori
distinguo, da Filippo La Porta) e che si salda al versante glissantiano e gnisciano
della critica - è stata criticata l’impostazione ‘soteriologica’, ovvero una sorta di
5
Cf. Salman Rushdie, Patrie immaginarie (trad it. Milano, Mondadori 1991 e 1994), cui fa riferimento
Gnisci (2006, p. 15) .
6
Il concetto di creolizzazione, definito da Edouard Glissant, si riferisce alla ‘contaminazione’ tra le
culture intese tutte quante di medesimo valore. Tale prospettiva, abbracciata da Gnisci, presenta però
il rischio di enfatizzare la relazione sottacendo il conflitto che è invece ineludibile, sia a livello sociale,
sia nelle opere degli scrittori ‘della migrazione’ (Quaquarelli, 2011, p. 57).
7
L’occasione è stata una conferenza dal titolo ‘La letteratura di migrazione: controversie e dilemmi’
tenuta il 19 aprile 2011 presso l’Università degli Studi di Macerata (Dipartimento di Lingue e
Letterature moderne, cattedra di Letteratura italiana moderna e contemporanea, su invito del
Professor Alfredo Luzi).
108
volontà di delegare agli ‘altri’ il compito di rinnovare il panorama letterario italiano in
crisi (Fracassa, 2011).
Pezzarossa e altri studiosi hanno preferito parlare piuttosto di ‘scritture migranti’8 sia
in quanto ‘scritture dei migranti’ (Pezzarossa, 2004, p. 11), con accento sull’autore,
sulla scrittura, sulla dialettica interna a livello sia linguistico che tematico e sulla
‘transitorietà’ (Sinopoli, 2000, pp. 203-204, cit. in Derobertis, 2007, p. 39), sia in
quanto si è attribuita al termine ‘scrittura’ un’enfasi sulla dimensione ‘pratica’ e sulla
disponibilità alla trasformazione, dato che la letteratura nel corso del tempo “ha perso
il significato iniziale di abilità ed esperienza nella lettura, ed è divenuta una categoria
chiaramente oggettiva di opere stampate di una certa qualità” (Williams, 1977, cit. in
Derobertis, id., p. 41).
Si tratta a nostro parere di una posizione animata da una prudenza non priva di
ragioni, data la mancanza, per molti di questi testi, di studi critici che ne abbiano
stabilito il valore e la collocazione all’interno del panorama nazionale e
‘transnazionale’ (Quaquarelli, id.).
Un’ulteriore prospettiva critica colloca molte delle opere di autori di origine straniera
pubblicate in Italia all’interno della letteratura postcoloniale, includendovi non solo gli
scritti di coloro che provengono dalle ex colonie (Eritrea, Etiopia, Libia, Somalia) ma
anche quelli di chi è giunto da paesi che sono entrati a vario titolo nell’orbita del
colonialismo italiano (Albania, isole del Dodecaneso, Tunisia), in quanto “il concetto
stesso di colonialismo non può essere riferito esclusivamente alla conquista politica e
militare, ma deve fare i conti con le influenze sulla cultura dominata e con i retaggi
causati” (Comberiati, 2010, p. 168). Comberiati estende la classificazione
allargandola anche sul piano generazionale, includendo le seconde generazioni, in
quanto anch’esse coinvolte dall’ ‘eredità’ coloniale.
Tuttavia, è stato sottolineato che il caso italiano si differenzia sotto diversi aspetti da
quello dei paesi con una storia coloniale più lunga e significativa, dunque parlare di
‘postcoloniale’ non appare del tutto congruo per diversi motivi: occorre infatti
ricondurre la definizione sia al livello cronologico del comune passato coloniale, sia a
quello epistemologico della “reinterpretazione delle categorie di pensiero occidentale
8
Scritture migranti è anche il titolo di una rivista pubblicata dal Dipartimento di Italianistica
dell’Università di Bologna.
109
e della decostruzione della relazione di potere tra periferia e centro” (Ponzanesi,
2004, pp. 29-30, cit. in Quaquarelli, id., p. 62).
Inoltre non c’è stata una vera e propria migrazione verso l’Italia dopo la
decolonizzazione ed è mancato anche quello che è stato altrove definito il ‘periodo
dell’assimilazione’, durante il quale gli scrittori delle colonie hanno utilizzato, per
prendere la parola, la lingua dei loro dominatori. Queste ragioni fanno sì che la
letteratura postcoloniale italiana abbia confini ‘sottili’ e si sovrapponga in gran parte
alla produzione degli scrittori immigrati (Quaquarelli, id., p. 63).
Proprio Lucia Quaquarelli sottolinea come il suo apprezzamento sia andato alla
definizione di ‘letteratura dell’immigrazione’ in quanto da un lato definisce e colloca
entro confini netti (opere degli immigrati e non degli emigrati), dall’altro sottolinea
l’enfasi che, quasi inevitabilmente, si dà al dato biografico, e che ci porta a collocare,
al di là delle convergenze tematiche, in due distinte categorie opere come L’ottava
vibrazione di Carlo Lucarelli e L’abbandono di Erminia dell’Oro, in quanto
L’io c’ero di cui garantisce il nome proprio dell’autore ha un inevitabile effetto sulla ricezione,
guida la nostra lettura e intrattiene, ai nostri occhi, un rapporto privilegiato, in qualche modo
più legittimo e autorevole, con la realtà che mette in scena. E questo è un fatto, per quanto
discutibile e pericoloso (Quaquarelli, id., p. 61).
Quaquarelli propone in definitiva di far emergere questa classificazione legata a
criteri non sempre esplicitati proprio per evitare il pericolo della collocazione a
margine (Fracassa, 2010) e la trappola dell’“informante nativo” (Spivak, 2004),
ovvero la tendenza a ridurre l’autore straniero a “uno spazio vuoto (…), capace di
generare un testo che solo il lettore occidentale può ‘incidere’ (…), a cui solo
l’Occidente sa e può dare un senso: gli altri, gli stranieri, forniscono informazioni, a
noi è dato invece conoscere il mondo.” (Quaquarelli, id., p. 60).
L’auspicio è dunque di uscire da una ricezione e valutazione in termini
prevalentemente testimoniali e informativi, per dare invece al corpus testuale ‘della
migrazione’ una collocazione legata al valore e allo statuto letterario, che consideri
inoltre questi testi non ‘informativi’ su mondi lontani, ma capaci di darci una visione
diversa del nostro mondo “da una prospettiva ‘straniata’, ‘altra’, insieme interna ed
esterna, risultato e ‘privilegio’ di una precisa esperienza esistenziale” (Quaquarelli,
id., p. 63): è anche in virtù di ciò che si ritiene che i testi letterari ‘della migrazione’
110
possano costituire utili punti di riferimento nella prospettiva di un’educazione
letteraria dalle finalità interculturali (cf. infra par. 2).
Infine, la studiosa propone di collocare questi testi in uno sfondo più ampio, di natura
transnazionale e transcoloniale, quello degli scrittori della diaspora, “che scrivono dal
cuore delle asimmetrie - politiche, geografiche, sociali, culturali, identitarie, letterarie del mondo tutto” (Quaquarelli, id., p. 63).
Al di là delle questioni definitorie, in ogni caso, sono state di recente evidenziate delle
carenze da parte della critica e indicate piste di ricerca ancora tutte da percorrere e
che potranno, una volta esplorate, da un lato contribuire ad approfondire la
conoscenza delle caratteristiche specifiche dei testi in oggetto (spesso collocate in
una posizione secondaria rispetto alla contestualizzazione e alla recensione
tematica, cf. Quaquarelli, 2011), dall’altro a selezionare le opere più meritevoli di una
‘legittimazione letteraria’ che sancisca la fine di un interesse motivato solo o
prevalentemente
da
ragioni
sociologiche,
fenomenologiche
e
anagrafiche
(Pezzarossa, 2011).
Come ha infatti recentemente sottolineato Ugo Fracassa (2011), se da un lato si è
assistito, come si è visto, a un’esaltazione della letteratura della migrazione nel
segno irenico di una creolizzazione concepita secondo l’idea glissantiana di Toutmonde (Gnisci), dall’altro la maggior parte della critica ha pressoché ignorato il
fenomeno in corso posticipando ‘a data da destinarsi’ l’inserimento nel sistema
letterario italiano di opere scritte da autori provenienti da altri paesi (Sanguineti e
Fiori, 1999; Luperini, 2004; Asor Rosa, 2009, cit. in Fracassa, id., pp. 173-175).
A questa tendenza se ne è affiancata un’altra che va nella direzione di un ‘furor
tassonomico’ (Fracassa, id., p. 180) accompagnato da una sospensione del giudizio
critico, motivata in qualche caso e nella fase iniziale da una scelta e un
posizionamento empatico di studiosi espatriati nei confronti di queste scritture
percepite come affini (Parati, 2005) e del resto tipica non solo del contesto italiano
(cf. Evanghelou, 2008),9 ma in seguito indice secondo Fracassa di un ‘preoccupante
infantilismo’ della critica e di una sorta di ghettizzazione difensiva contestata dagli
stessi scrittori che vi hanno ravvisato invece delle tendenze ad un ‘protezionismo’
dello spazio letterario da parte degli autoctoni.10
9
Cf. Evanghelou, 2008.
Per il contesto francese, cf. Mabanckou (2006) che lamenta una pubblicazione dei testi
prevalentemente in collane dedicate; per il Canada, cf. Rachédi (2008).
10
111
Nella prospettiva di questo lavoro, le su menzionate discussioni critiche costituiscono
uno scenario da tenere sempre presente e seguire nella sua evoluzione, tuttavia, a
rivestire l’interesse principale sono alcune caratteristiche specifiche dei testi (come
chiarirò nel paragrafo 2), sebbene, con Quaquarelli (id.) e Derobertis (2007), si
ritenga che non si possa ignorare l’importanza del dato biografico. Nonostante ci
sembri un criterio poco utile a stabilire il valore di un testo letterario, esso ha tuttavia
un significativo potenziale a livello educativo in quanto suscitatore di identificazione e
motivazione negli alunni di origine straniera, grazie al prestigio della posizione di chi
prende la parola per scrivere (cf. Puccini, 2008;11 Rachédi, 2008). Esso genera
inoltre rappresentazioni positive dell’alterità negli autoctoni, conferendogli almeno
una significativa ragion d’essere in un contesto educativo plurilingue e pluriculturale.
2. Criteri per la scelta di testi per percorsi didattici a finalità
interculturale
Prima di definire i criteri che hanno guidato la scelta dei testi per il percorso didattico,
si ritiene utile esplicitare alcune prassi che, nella nostra personale esperienza
professionale di insegnante di Lettere nella scuola secondaria di I grado, si è avuto
modo di osservare, praticare e percepire come ampiamente diffuse e consolidate
almeno nel contesto di riferimento (provincia di Macerata), e che si ritiene si possano
perciò considerare parte della ‘cultura dell’educazione’ che include le tradizioni
relative all’insegnamento e le abitudini comportamentali che organizzano la vita della
scuola (Consiglio d’Europa, 2010, p. 42).
Il monte ore della disciplina Italiano, consistente in 6 ore settimanali (su 9
complessive dell’ambito disciplinare di ‘Lettere’ che comprende anche 3 ore
11
Come sottolinea Paola Puccini (2008), per Marco Micone, immigrato di origine italiana, professore
di italiano e scrittore in Québec, la lingua può essere sia strumento di inclusione che di esclusione. A
suo avviso, inoltre, lo scrittore assume un ruolo di guida per la comunità cui appartiene e, indicando ai
suoi la propria posizione, fornisce i mezzi per rimettere in discussione la loro: chi scrive funge dunque,
per Micone, da ‘modello’, e le sue opere possono essere strumento di riflessione e ridefinizione
identitaria per chi ha origini e una storia analoghe.
112
suddivise tra Storia, Geografia e Cittadinanza e Costituzione),12 viene generalmente
ripartito nel modo seguente:
- letture antologiche di testi (in italiano o tradotti) prevalentemente raggruppati nei
libri di testo (le antologie) secondo criteri legati ai generi letterari e alle tematiche (cf.
Carlà, 2006; Favaro, Bettinelli, Frigo, 2007; Zordan, 2008; Nigro, Ciravegna, Ledda,
2009);
- percorsi storico-letterari (a partire dalla classe seconda);
- studio delle strutture della lingua e riflessione metalinguistica.
A tale articolazione si aggiunge un’ulteriore ora di approfondimento (che può
comprendere varie attività: dalla lettura integrale di un’opera narrativa a laboratori per
lo sviluppo delle abilità linguistiche ad attività di recupero, consolidamento o
potenziamento etc., a seconda del contesto e delle esigenze della classe).
Solo le attività di approfondimento prevedono uno spazio settimanale fisso di un’ora,
mentre per il resto ciascun insegnante gestisce le attività e i tempi a seconda delle
priorità e dei bisogni rilevati nella classe e delle sue scelte organizzative e didattiche.
Ai fini della costruzione di percorsi didattici con finalità interculturali, si ritiene che
nell’ambito delle letture antologiche la scelta di testi della ‘letteratura della
migrazione’ possa essere significativa.
Tuttavia, non tutti i testi ‘della migrazione’ possono essere ritenuti adatti.
Sulla base di quali criteri è dunque opportuno selezionarli?
Si definiranno in questa sede alcuni criteri ritenuti adeguati alle finalità educative che
ci si propone:
- rappresentazione di tutti i gruppi sociali: nella prospettiva adottata, il primo criterio
da adottare è di tipo ‘contenutistico’ nella direzione di opere che non presentino un
punto di vista unico e coincidente con quello del gruppo sociale maggioritario o
egemone, infatti “un metodo euristico di lettura non è sufficiente a costruire una
forma mentis aperta, se il contenuto di riferimento resta etnocentrico” (Cipollari et al.,
2007, p. 70).
12
Il quadro orario delle discipline della scuola secondaria di I grado è stato recentemente modificato
durante il Ministero Gelmini (cf. D.M. n. 37 del 26 marzo 2009, relativo all’assetto organico della
scuola secondaria di I grado e alla definizione delle cattedre in applicazione del D.P.R. n. 89/2009). I
provvedimenti rientranti nella cosiddetta ‘riforma Gelmini’ sono entrati in vigore, per la scuola primaria
e secondaria di I grado, a partire dal 1° settembre 2009.
113
La Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curricoli per una educazione plurilingue e
interculturale (2010) raccomanda un orientamento in questo senso. Alla voce
reperimento e organizzazione delle risorse recita infatti:
questa è una funzione soprattutto ‘documentaria’, che risulta comunque fondamentale per la
differenziazione dell’insegnamento/apprendimento, per la quale occorrono materiali diversi dal
classico manuale, e materiali diversi tra loro, funzionali alla rappresentazione di differenti
contesti (socio)linguistici, culturali, sociali e disciplinari. (CoE, 2010, p. 42)
L’enfasi posta sulla ‘rappresentanza’ di diversi contesti a livello tanto linguistico
quanto culturale, sociale e disciplinare sottolinea come, in uno spazio democratico
come quello europeo, essa debba avere luogo non solo nell’ambito politico, ma
anche in quello culturale ed in particolare nel contesto educativo;
- tematiche inerenti lingue-culture, plurilinguismo e pluriculturalismo, mobilità e
migrazione, incontri/scontri di culture e temi affini: l'identità si contruisce nelle lingue,
con e tra le lingue (Lévy, 2008) e la pluralità linguistica e culturale può essere vissuta
dai soggetti in maniera positiva solo se accompagnata da una consapevolezza che
espliciti il suo valore a livello sia personale che sociale. Infatti, chi sviluppa un profilo
plurilingue e pluriculturale percependolo come un valore aggiunto a livello sociale
sarà in grado di regolare le sue diverse appartenenze e utilizzare lo scarto tra i
sistemi di valori dando maggiore risalto all’uno o all’altro a seconda del contesto dei
suoi percorsi di vita e mantenendo un’identità fluida, soggetta a dei ‘réglages
identitaires’ (De Singly, 2003 cit. in Zarate, 2008).
Opposto è il caso di chi percepisce negativamente il proprio percorso di vita diviso e
frammentato :
A contrario, celui qui développe une perception négative de son histoire personnelle, frappé
par la stigmatisation et l’amalgame, l’exclusion et le déni d’existence, peut être inhibé par une
souffrance identitaire, provoquée par la position marginale qui lui est socialement assignée, le
nombre limité d’identités qui lui sont attribuées auquelles il ne peut pas se soustraire, le
réseau de significations négatives auxquelles son moi est systematiquement renvoyé. (Zarate,
id., p. 177)
114
In ogni caso, si è rilevato, in relazione ai libri di testo per l'insegnamento delle lingue,
il prevalere della tendenza a identificare l’appartenenza su base nazionale e la
mancanza di proposte didattiche sulle appartenenze plurali (Zarate, 2008).
Tenendo conto di ciò, nella nostra prospettiva appare opportuna la scelta di testi che
rispecchino la pluralità linguistico-culturale a livello intraindividuale (cf. testo di
Scego, ALLEGATO 3) e nella mobilità/migrazione in ambito nazionale, europeo (cf.
testi di Mone e Moll, ALLEGATI 4 e 5) ed extraeuropeo (cf. testo di Wadia,
ALLEGATO 6);13
- qualità informativa: i testi dovrebbero possedere, come sostiene Maddalena De
Carlo (1998), ciò che Geneviève Zarate chiama una ‘qualité informative’ (Zarate,
1993), garantita dalla presenza di elementi che permettano la mobilitazione di
molteplici rappresentazioni della stessa realtà:
Ce qui fait l’intérêt d’un jeu contradictoire de représentations, c’est le rapport de concurrence
entre elles. Une description est fiable lorsqu’elle permet de comprendre ce qui différencie des
systèmes de valeurs entre eux, quelles sont les règles du jeu dans lequelles un groupe social
donné se reconnaît, pourquoi ce qui serait insignifiant pour ceux qui sont extérieurs à ce
groupe, a force de règle pour ceux qui y participent. (Zarate, 1993 cit. in De Carlo, 1998)
Dunque, essi dovrebbero:
- représenter des situations conflictuelles, contradictoires, inattendues et qui se prêtent donc à
des lectures multiples;
- contenir plusieurs points de vue, qui concentrent sur les mêmes réalités sociales des
‘regards croisés’ de la part de l’auteur, du lecteur et des personnages présents dans le texte,
ainsi qu’un regard distancié capable d’engendrer l’étonnement;
- présenter des indices linguistiques valorisant ou dévalorisant le comportement d’un groupe
ethnique ou social;
- focaliser l’attention sur les usages des objects culturel et non seulement des objects euxmêmes. (De Carlo, id.)
13
Per quanto riguarda la pluralità delle appartenenze a livello del soggetto, si ritiene che un racconto
come Salsicce di Scego, che tematizza la sofferenza identitaria dovuta ai conflitti interiori e alle
rappresentazioni negative della società di accoglienza possa fornire significativi elementi per la
discussione e la riflessione per affrontare tali complesse questioni in maniera indiretta.
115
Ai fini dell’educazione interculturale appare perciò necessaria la scelta di opere che
consentano, grazie alla molteplicità di prospettive, il confronto e il dialogo tra diversi
punti di vista.
Ulteriori criteri di scelta saranno i seguenti:
- adattabilità al contesto scolastico: scelta di contenuti adatti a un pubblico di lettori
giovani, preadolescenti e adolescenti (cf. Ascenzi, 2002);
- opere scritte in lingua italiana: questo criterio, nell’ottica della ‘cultura educativa’ di
cui sopra, non apparirebbe così stringente, in quanto la prassi consolidata prevede la
lettura di scritti provenienti anche da altre tradizioni e in traduzione. Tuttavia, si ritiene
preferibile la scelta di testi scritti in italiano anche - ma non necessariamente soltanto
- da autori di origine straniera e che vivono per lo più in Italia sia perché, come si è
già detto, il loro punto di vista esperienziale non è irrilevante; sia perché, secondo
una prospettiva socioletteraria, esso può contribuire a costruire una visione diversa
sul ‘mondo’ in cui vivono tanto gli autoctoni quanto chi ha origini straniere; sia
perché, infine, tali testi possono costituire esempi per la costruzione dell’identità
attraverso la scrittura.14
Infatti, come rilevano studi sociologici condotti in Canada sui percorsi biografici di
scrittori migranti, lo spazio della scrittura costituisce un significativo strumento di
costruzione identitaria (Rachédi, 2008). L’analisi tematica dei racconti di vita di
scrittori migranti evidenzia infatti la strutturazione dell’identità attraverso la scrittura.
Del resto, proprio il genere letterario del romanzo autobiografico è all’origine
dell’utilizzo delle scritture autobiografiche nella didattica delle lingue-culture (Lévy,
2008, pp. 73-74).
E’ stata dunque ritenuta utile la promozione dello strumento metodologico del
racconto di vita presso i professionisti del sociale.
In particolare poi, secondo Lilyane Rachédi i racconti di vita possono essere usati per
favorire lo sviluppo dell’identità nelle nuove generazioni di immigrati nati in Québec.
14
Nella prospettiva didattica adottata nel presente lavoro e anche a seguito di osservazioni condotte
durante la ricerca sul terreno, si ritiene inoltre opportuno sottolineare che, anche se non tutti i testi
‘della migrazione’ sono autobiografici o caratterizzati da un narratore omodiegetico, l’identificazione da
parte degli apprendenti (che, non va trascurato, sono inculturati in un contesto dove il codice visivo
domina, insieme a personalismi e ‘divismi’) di un autore ‘straniero’ che scrive in italiano rappresenti
un fattore motivante, come si vedrà nell’esposizione dell’analisi dei dati (cf. infra, capitolo 5).
116
Nella prospettiva della presente ricerca, si può aggiungere che anche in ambito
educativo, e in particolare nella classe plurilingue e pluriculturale, si ipotizza la
proficuità di attività di scrittura autobiografica.
Tuttavia, non bisognerà cercare nei racconti di vita la ‘verità’, in quanto, come
evidenzia ancora Rachédi, trattandosi essi di costruzioni, conterranno anche una
parte di invenzione e di ricostruzione: la loro utilità va ascritta dunque alla possibilità
di attribuzione di senso a percorsi di vita che, al di fuori del racconto, possono essere
percepiti come frantumati e privi di un ‘filo conduttore’ che conferisca loro unitarietà e
coerenza.15
In ogni caso, in ambito educativo non ci si limiterà alla pratica della scrittura
autobiografica, in quanto si ritiene che attività di riscrittura potranno risultare utili
anche per l’espressione dell’immaginario, sia da parte degli alunni proventienti dalla
migrazione, sia da parte degli alunni autoctoni.
3. Una griglia per un approccio al testo con aperture
pluridisciplinari
L’ipotesi di approccio didattico messa a punto, fondata sull’articolazione di nozioni e
concetti
tratti
soprattutto
dalle
teorie
sulla
competenza
interculturale
precedentemente esaminate, viene qui sintetizzata in una ‘griglia’ per l’analisi dei
testi (cf. ALLEGATO 1) che prevede una molteplicità di attività possibili, che
andranno selezionate e modulate a seconda del contesto e delle caratteristiche della
classe.
Prima di passare ad illustrarla, verranno discusse alcune ulteriori riflessioni e
questioni di rilievo in merito all’uso dei testi letterari, e in particolare di quelli scritti da
autori provenienti dalla migrazione, per l’educazione interculturale, precisando altresì
che, se l’espressione ‘educazione letteraria’, come si è precedentemente visto (cap.
1, par. 5.4.), si riferisce generalmente all’insegnamento della letteratura nel triennio
degli istituti di istruzione secondaria di secondo grado, verrà qui usata, in senso lato,
15
Lo psicologo americano Jerome Bruner sostiene che la narrazione riveste una grande importanza
tanto per la coesione di una cultura che per la strutturazione di una vita individuale, e parla a tale
proposito di “principio narrativo”. (Cfr. J. Bruner, 1997, p. 53).
117
per indicare anche le attività di lettura e approccio al testo letterario praticate nella
scuola secondaria di primo grado.
Un primo punto, già accennato, riguarda il fatto che la letteratura può giocare un
ruolo centrale per l’emersione delle culture ‘nascoste’ e della loro dialettica ai livelli
sia intrapersonale che sociale.
Infatti, come mostrano gli studi sui racconti letterari e sui racconti di vita degli
immigrati magrebini in Québec (Rachédi, 2008), la narrazione agisce come
strumento di ricomposizione identitaria e di presa di parola nella società
d’accoglienza.
Essa ha la capacità di stimolare la riflessione e la presa di coscienza in relazione alla
collocazione interna, esterna o marginale rispetto al gruppo sociale dominante
(Puccini, 2008) e può parimenti contribuire a mettere in luce l’origine dei malintesi
(Crawshaw, 2008). Infine, i testi letterari - adattati e veicolati attraverso la
performance teatrale - possono creare uno ‘spazio terzo’ d’interazione e di dialogo
sociale (Puccini, 2011).
Sull’uso dei testi letterari ai fini della comprensione interculturale, sono state
avanzate da parte di molti studiosi (Bredella, 2000; Burwitz-Melzer, 2001; Lussier,
2007) proposte di modelli, riflessioni teoriche e modalità per declinare le attività e la
valutazione.
Nel modello di Lussier, in particolare, la prima dimensione della competenza
cognitiva culturale, che comprende un approccio ‘umanistico’, si pone in continuità
con una tradizione molto forte in Italia, soprattutto per l’importanza data ad un
insegnamento di impostazione storico-letteraria almeno fino all’inizio degli anni ’70
del Novecento (Colombo, 2005, pp. 51-52).
compreso nella medesima dimensione
Tuttavia l’approccio antropologico
è poco praticato nell’insegnamento
dell’italiano ‘lingua materna’, a differenza di quanto avviene nella didattica delle
lingue straniere (e in particolare del francese). Gli studiosi della comprensione
interculturale si sono in ogni caso interrogati sull’opportunità o meno di fornire agli
studenti delle conoscenze culturali ai fini della comprensione dei testi letterari, e
secondo
alcuni
questo
sarebbe
inopportuno
in
quanto
condizionerebbe
eccessivamente l’interpretazione dei testi.16
16
Lothar Bredella (2000) ricorda in particolare come secondo Delanoy (1993) gli insegnanti debbano
essere coscienti delle barriere culturali, linguistiche ed estetiche che i loro studenti dovranno gestire
nella comprensione di testi che trattano temi relativi a elementi culturali stranieri. Tuttavia, è difficile a
118
Tuttavia, se ci si propone di rendere gli alunni consapevoli di alcuni aspetti occultati
delle culture minoritarie e dare a queste ultime visibilità, approfondimenti in questo
senso saranno utili a una finalità educativa trasversale e che trascenda l’educazione
letteraria contribuendo all’educazione alla convivenza e alla cittadinanza (cf. Byram,
2008).
Ci si potrà poi chiedere se sia lecito o meno utilizzare i testi letterari a questo fine, e
se così facendo non si rischi l’essenzializzazione delle culture e la riduzione degli
‘altri’ a esponenti di gruppi dalle caratteristiche fisse e immutabili, quando è proprio
l’antropologia a ricordarci che le culture sono in continua evoluzione e cambiamento,
così come gli individui (Cohen, citato da Bredella, 2000), e che dare eccessiva enfasi
alle culture di provenienza (di un autore, di un personaggio, di un cittadino immigrato)
può trasformarsi in un’opera di ghettizzazione rifiutata come già ricordato dagli
immigrati stessi (Rachédi, id.). Per ovviare a tali rischi si potrà, nella didattizzazione,
dare spazio a tutto ciò che contribuisca a illuminare la dialettica tra le diverse
componenti culturali, sia a livello individuale che sociale.
Partendo dal quadro teorico elaborato da Lussier (2007), tra gli obiettivi da
raggiungere per l’ambito delle competenze cognitive, ci sarà dunque la conoscenza
di aspetti della storia, della geografia, della cultura del gruppo sociale di uno o più
personaggi del testo.17
Le attività che si proporranno andranno dalla lettura di
schede di approfondimento allo svolgimento di ricerche e analisi di documenti da
parte degli studenti, mentre la valutazione potrà comprendere tanto prove oggettive
che, se effettuata globalmente, considerare la capacità di esporre e discutere le
conoscenze acquisite all’interno di una valutazione orale ovvero insieme alle
competenze.
A seconda dei tempi previsti, si potrà poi prevedere anche la stesura di testi
espositivi quali relazioni sugli argomenti affrontati.
volte decidere se le difficoltà sono dovute a mancanza di conoscenza culturale o a barriere estetiche.
A suo avviso, “cultural background knowledge is important, but we should not overestimate it.” Infatti,
sottolinea Widdowson, in ogni comunicazione i significati che raggiungiamo non sono mai completi, e
Barbara Herrnstein ritiene che il fornire conoscenza culturale renderà il testo letterario, che è per sua
natura aperto a differenti interpretazioni, un testo ‘determinato’ (Smith, 1978, p. 34, in Bredella, 2000).
In conclusione, secondo Bredella bisogna però essere consapevoli che gli studenti potrebbero non
sapere anche ciò che l’autore dà per scontato, e che dunque l’insegnante deve usare la conoscenza
culturale a seconda del contesto, ovvero per integrare e sostenere il testo quando ciò si renda
necessario.
17
Per una trattazione completa di un approccio didattico basato sul modello di Lussier, si veda: Lazar
et al., 2007.
119
Per lo sviluppo della prima dimensione della competenza comunicativa, ovvero
functioning in the target language linguistically speaking, la letteratura della
migrazione potrà contribuire in quanto i testi danno spesso rilievo e sottolineano
proprio certi elementi della ‘subtestualità’, ovvero dell’analisi dei messaggi e valori
nascosti trasmessi attraverso artefatti culturali.
La terza dimensione della competenza comunicativa, ovvero ‘integrare e negoziare
la lingua e la cultura bersaglio’, comprende la capacità di prendere in considerazione
altri contesti culturali nell’interazione con persone di altre culture e corrisponde a ciò
che Byram chiama cultural awareness (Byram, 1997). Gli studenti sono cioè capaci
di argomentare e interpretare interculturalmente messaggi che possono avere
diverse interpretazioni e possono negoziare conflitti e situazioni di fraintendimento.
La didattica potrà perciò essere sviluppata attraverso attività quali la spiegazione,
discussione e interpretazione di punti controversi del testo, cioè nei quali si
verifichino ‘critical incidents’, o attraverso la riscrittura di porzioni del testo adottando
prospettive diverse da quella del proprio gruppo di appartenenza.
Per quanto riguarda il dominio della competenza esistenziale, il suo primo subdominio, ovvero la ‘consapevolezza culturale’, è basata sull’accettazione di un
concetto antropologico della cultura e sull’associazione a un livello di tolleranza e alla
consapevolezza che l’intolleranza potrebbe portare a violenze e instabilità sociale. Le
attività didattiche, da collegarsi strettamente al sub-dominio antropologico della
competenza cognitiva, potranno comprendere una discussione sul concetto di cultura
e la lettura e discussione di articoli di cronaca nei quali casi di violenza siano
attribuibili alle differenze culturali.
Il secondo sub-dominio, quello dell’ ‘appropriazione critica’, potrà essere sviluppato e
valutato attraverso compiti che implichino un’analisi dei propri ‘valori’ culturalmente
determinati e una comparazione di questi con credenze, modi di vivere etc. di
esponenti di altri gruppi culturali.
Infine, per lo sviluppo della competenza transculturale, i testi letterari di autori
migranti potranno avere un ruolo significativo nell’assunzione di un punto di vista
diverso dal proprio e quindi nel decentramento che potrà contribuire a sviluppare
l’empatia.
Per illustrare l’approccio, la griglia allegata è ‘nutrita’ da contenuti basati su uno dei
testi del percorso didattico realizzato, il racconto di Igiaba Scego Salsicce, che è a
120
questo punto opportuno sintetizzare (per il testo - leggermente abbreviato rispetto
all’originale - utilizzato all’interno del percorso didattico, si vedano gli allegati).
4. Un esempio di approccio al testo Salsicce di Igiaba Scego
In Salsicce, l’io narrante è una giovane donna di origine somala cresciuta a Roma,
che, vivendo da sempre tra due lingue-culture, prova il disagio di non potersi
identificare completamente in nessuna delle due.18
Ad acuire il suo malessere contribuiscono la Legge Bossi-Fini sull’immigrazione (30
luglio 2002) e la proposta di prendere le impronte digitali a tutti gli immigrati, oltre
all’immagine di straniera che le viene rimandata dagli italiani sconosciuti/che non la
conoscono e che, fermandosi all’apparenza (la pelle nera), la collocano
automaticamente nella categoria ‘immigrata’/straniera/extracomunitaria.
Un giorno di agosto la ragazza, nonostante la sua appartenenza religiosa all’Islam
sunnita, decide di mangiare delle salsicce, per sentirsi completamente italiana, ma
poi ne è talmente disgustata da rigettarle e, in conclusione, dopo aver riflettuto,
decide di rimanere se stessa e di rinunciare all’idea di essere qualcosa che non è,
ovvero una persona dall’identità al ‘cento per cento’ italiana.
Per esemplificare l’approccio definito nella griglia, vengono illustrate di seguito le
modalità di lettura e alcune delle attività realizzabili.
Per sviluppare l’approccio ‘umanistico’ (cf. Lussier, 2007, p. 318), sarà utile fornire
agli apprendenti un approfondito quadro geo-storico sulla Somalia e sui legami storici
con l’Italia nel periodo della colonizzazione.
Una simile contestualizzazione farà infatti luce su un passato coloniale comune che
ha legato Somalia e Italia in un rapporto che ha peraltro generalmente lasciato tracce
deboli nella memoria e nella coscienza collettiva degli italiani (Di Sapio e Medi,
2009).
Pur condividendo il richiamo all’insufficienza di un approccio che si limiti a dare
notizie sull’ambiente di origine (Zorzi, 1996) e tenendo a mente - per evitarlo - il
pericolo di essenzializzare l’appartenenza culturale, l’approccio storico-geografico
costituirà dunque un ancoraggio necessario.
18
La coesistenza di più lingue e culture infatti, più che una ‘polifonia’, è spesso un’utopia, quando non
una cacofonia, che si traduce in processi complessi d’integrazione (Levy, 2008, 70).
121
Esso si potrebbe sviluppare a partire dal seguente passo:
Vediamo un po’. Mi sento somala quando: 1) bevo il tè con il cardamomo, i chiodi di garofano
e la cannella; 2) recito le 5 preghiere quotidiane verso la Mecca; 3) mi metto il dirah; 4)
profumo la casa con l’incenso e l’unsi; […] 8) ci vengono a trovare i parenti dal Canada, dagli
Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, dall’Olanda, dalla Svezia, dalla Germania, dagli Emirati Arabi
e da una lunga lista di stati che per motivi di spazio non posso citare in questa sede, tutti
parenti sradicati come noi dalla madrepatria; 9) parlo in somalo e mi inserisco in toni
acutissimi in una conversazione concitata; 10) guardo il mio naso allo specchio e lo trovo
perfetto; 11) soffro per amore; 12) piango la mia terra straziata dalla guerra civile; 13) faccio
altre 100 cose, e chi se le ricorda tutte! (Scego, 2005, p. 29)
Tra i temi che questo brano sollecita, sarà interessante focalizzare l’attenzione degli
studenti sulla diaspora somala e la guerra civile. In particolare, da un punto di vista
geo-storico, sarà interessante evidenziare come le cause della guerra che da
vent’anni dilania la Somalia, dopo la fine del regime di Siad Barre nel 1991, siano
state individuate da storici sia italiani che somali nel periodo della colonizzazione
italiana.
Questa, che durò dal 1905 al 1941, fu responsabile tra l’altro di
un’accentuazione della divisione in clan di una popolazione omogenea dal punto di
vista etnico. Infatti, tale divisione era funzionale agli scopi dell’amministrazione
coloniale. Inoltre, secondo Angelo Del Boca, il principale storico del colonialismo
italiano, anche l’amministrazione fiduciaria italiana (AFIS, 1950-1960), che ebbe
dall’Onu il compito di porre le basi della democrazia in Somalia, non fu esente da
colpe. In particolare, la non definizione dei confini con l’Etiopia portò, negli anni
Settanta, a una guerra tra i due paesi. Gli esiti della costruzione della democrazia
furono talmente fragili da venire spazzati via facilmente dal colpo di Stato di Siad
Barre del 1969, a seguito del quale la famiglia della scrittrice emigrò in Italia.
Ricordare eventi e valutazioni storiche sarà dunque utile a evidenziare le connessioni
tra fenomeni come le migrazioni dal Corno d’Africa e una fase della storia italiana alla
quale si tende a prestare, al di fuori dell’ambito accademico, un’attenzione limitata. In
particolare, i libri di testo di storia dedicano generalmente poco spazio all’esperienza
coloniale italiana, con il risultato che fenomeni come la diaspora somala e il razzismo
in Italia non sono facilmente collegabili con il periodo coloniale (Di Sapio e Medi, id.).
A proposito di razzismo, è infatti evidente che la retorica coloniale che proclamava
l’inferiorità delle popolazioni africane e giustificava con ciò la conquista abbia
122
lasciato, almeno in alcuni strati della popolazione italiana, un retaggio che oggi
riemerge, come evidenzia la stessa Scego in altri brani dello stesso testo (e in altre
sue opere).
Potrà essere poi ugualmente utile discutere la collocazione del racconto nella
produzione letteraria italiana contemporanea e definire le sue relazioni con la
‘letteratura della migrazione’ in italiano evidenziandone le peculiarità tematiche e, in
una prospettiva socioletteraria, l’appartenenza a una produzione ‘marginale’, in
quanto espressione di un’autrice donna e membro di un gruppo minoritario nella
società italiana, sia per provenienza familiare che religiosa (Barbarulli, 2010).
Il secondo subdominio della competenza cognitiva si riferisce, come si è visto, alla
‘conoscenza del contesto socioculturale’, che dovrebbe poggiare su documenti che
forniscano fatti, statistiche e dati su un argomento specifico.
Esso include la conoscenza della società e della cultura di riferimento e delle
comunità che ne fanno parte, nonché delle relazioni tra classi, generi, generazioni,
razze, gruppi politici e religiosi o istituzioni, come i valori principali, le credenze e gli
atteggiamenti relativi a culture regionali, identità nazionali e minoranze (cf. Lussier,
2007, id.).
In quest’ambito, sarà dunque possibile presentare dati di vario tipo, ad esempio dati
statistici sui cittadini stranieri iscritti nelle anagrafi dei comuni italiani: all’inizio del
2010, erano oltre 4,2 milioni, il 7,0 per cento del totale dei residenti (Istat, 19 gennaio
2011).
In relazione alla scuola, i dati disponibili in riferimento all’a.s. 2008-2009 mostrano
inoltre che “la presenza degli alunni stranieri, ormai un dato strutturale del sistema
scolastico italiano, registra una incidenza pari al 7% del totale degli studenti,
raggiungendo in valore assoluto le 629.360 unità, rispetto ad una popolazione
scolastica complessiva di 8.945.978 unità.”
Infine, secondo le rilevazioni della fondazione ISMU, i dati sull’appartenenza religiosa
degli immigrati in Italia mostrano che, nel 2006, la comunità di religione musulmana
costituiva il 37% di tutte le comunità immigrate in Italia.
Ciò servirà a rendere l’idea della dimensione del fenomeno sociale all’interno del
quale contestualizzare il testo letto.
Ovviamente, a seconda degli eventuali interessi e curiosità degli alunni, si potranno
cercare e discutere altri dati, ad esempio sulla Legge Bossi-Fini, sulle seconde
123
generazioni, sulla legge che regola l’accesso alla cittadinanza da parte degli stranieri,
sulla consistenza di fenomeni legati al razzismo e così via.
La terza subdimensione sarà invece approfondita attraverso un approccio
antropologico.
Questo, come si è già illustrato, si concentra sulla conoscenza collegata alla diversità
dei modi di vivere e pensare e si riferisce alla cultura con la ‘c minuscola’ (Holliday,
1999, in Lussier, 2007, p. 318), che comprende somiglianze e differenze tra la
propria cultura e quella del proprio mondo e il mondo degli altri e delle altre culture.
In relazione al testo Salsicce sarà utile in questa prospettiva evidenziare le valenze
simboliche della carne di maiale all’interno della religione islamica da una parte, della
tradizione italiana dall’altra.
In particolare, sarà utile introdurre il concetto di tabù alimentare, contestualizzare
quindi la proibizione del maiale tra i precetti coranici relativi all’alimentazione e
accennare alle ipotesi sull’origine della proibizione.
In Italia, invece, il maiale è largamente consumato e anzi costituisce un elemento
tipico della cultura alimentare. Nella simbolica cristiana, esso è “simbolo di ingordigia
e ignoranza”, ma ha anche un senso positivo, in quanto “la scrofa era un attributo
dell’eremita Sant’Antonio Abate, poiché il suo lardo era considerato un rimedio contro
l’herpes (‘fuoco di Sant’Antonio’)” (Biedermann, 1991, p. 284).
Si potrà accennare anche al significato assunto all’interno di altri contesti: ad
esempio, nelle culture antiche questo animale era spesso l’immagine della fecondità
e del benessere e “nei misteri greci di Eleusi, il maiale era l’offerta sacrificale alla dea
Demetra.” (id., 283)
La prospettiva simbolica e antropologica potrà dunque evidenziare la molteplicità di
significati attribuibili a uno stesso ‘oggetto’ all’interno di contesti culturali diversi.
Il testo si presta inoltre ad approfondimenti su altre pratiche menzionate nel racconto,
quali le mutilazioni genitali femminili (che sarà opportuno però affrontare solo se il
contesto e la classe lo consentiranno).
Ad
ogni
modo,
anche
in
questo
caso
occorrerà
evitare
il
pericolo
dell’essenzializzazione, tenendo a mente la natura dinamica delle culture e la loro
continua evoluzione anche attraverso gli interscambi (Kramsch, 1993; 1998;
Finkbeiner, 2009), e fare uso della thick description (Geertz, 1975) secondo la quale
124
un elemento culturale deve essere spiegato all’interno del contesto di riferimento, per
coglierne il significato profondo.
Se si passa all’ambito delle competenze interculturali, si vede che, secondo il primo
dominio definito da Lussier, è necessario dare uno spazio maggiore e più esplicito
alla competenza socio-culturale (Damen) e alla ‘subtestualità’, ovvero all’analisi dei
messaggi e valori nascosti trasmessi attraverso artefatti culturali, per sviluppare la
consapevolezza della parte occultata della ‘cultura’ target.
Il testo letterario in oggetto dà in questo senso buoni punti di partenza.
Un esempio è il seguente passo:
Mi sento italiana quando: 1) faccio una colazione dolce; 2) vado a visitare mostre, musei e
monumenti; 3) parlo di (…) depressione con le amiche; 4) vedo i film di Alberto Sordi, Nino
Manfredi, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Monica Vitti, Totò, Anna Magnani,
Giancarlo Giannini, Ugo Tognazzi, Roberto Benigni, Massimo Troisi; 5) mangio un gelato da
1,80 euro con stracciatella, pistacchio e cocco senza panna; 6) mi ricordo a memoria tutte le
parole del 5 Maggio di Alessandro Manzoni; 7) sento per radio o tv la voce di Gianni Morandi;
8) mi commuovo quando guardo negli occhi l’uomo che amo, lo sento parlare nel suo allegro
accento meridionale e so che non ci sarà un futuro per noi; 9) inveisco come una iena per i
motivi più disparati contro primo ministro, sindaco, assessore, presidente di turno; 10)
gesticolo; 11) piango per i partigiani, troppo spesso dimenticati; 12) canticchio Un anno
d’amore di Mina sotto la doccia; 13) faccio altre 100 cose, e chi se le ricorda tutte!” (Scego,
2005, pp. 29-30)
In questo brano l’’italianità’ della protagonista si sostanzia di una serie di gesti,
abitudini, pensieri, riferimenti alla cultura ‘alta’ e a quella ‘bassa’, memoria storica,
ma si allude anche a modi di pensare non immediatamente evidenti (ad esempio, vi
si potrebbe leggere un riferimento implicito alla non accettazione della ragazza da
parte della famiglia meridionale dell’uomo amato).
Il passo che segue si riferisce invece a pratiche meno ‘concretamente’ evidenti,
anche perché illegittime, tuttavia notoriamente radicate (ed emerse anche di recente
in maniera molto ampia nei discorsi dei media):
I concorsi sono le moderne macchine da tortura; se non si ha un santo in paradiso, diventa
una corsa riservata a pochi eletti. Mi ricordo di una frase del grande, vecchio, buon De Sica a
un Alberto Sordi vigile fresco di assunzione che lo ringrazia per la “raccomandazione”. De
Sica guarda un po’ torvo l’Albertone nazionale e poi con una voce sferzante lo corregge: “si
125
dice segnalazione”, scandendo bene tutte le lettere della parola: S-E-G-N-A-L-A-Z-I-O-N-E.
(Scego, id., p. 27)
I brani potranno fungere da spunti di discussione e da esempi e modelli sulla base
dei quali elicitare le componenti, evidenti e nascoste, dell’”italianità” come questa si
configura nella percezione degli studenti, di origine italiana e non: si potrà trattare
della cultura artistica e cinematografica, di quella alimentare e dell’abitudine a
criticare il potere, il malcostume della ‘segnalazione’ nei concorsi etc.
La terza dimensione della competenza interculturale prevede la capacità di integrare
e negoziare la lingua e la cultura bersaglio e comprende la capacità di prendere in
considerazione altri contesti culturali nell’interazione con persone di altre culture. Gli
studenti sono indotti a interpretare dei messaggi che possono avere diverse
interpretazioni e a confrontarsi con delle argomentazioni che possono diventare
luogo di negoziazione di conflitti e di situazioni di malinteso e di disagio. La didattica
potrà allora essere sviluppata attraverso attività quali la discussione, la spiegazione e
l’interpretazione dei punti controversi del testo (usando metodi come i ‘critical
incidents’) o attraverso la riscrittura di parti del testo adottando prospettive diverse
rispetto a quelle del loro gruppo di appartenenza.
Ora, proprio un tentativo di integrazione (per mezzo di una ‘incorporazione’ fisica) di
una presunta essenza dell’italianità da parte della protagonista è al centro del
racconto, dove si riafferma però, attraverso la riflessione e un processo di
negoziazione interiore, l’insopprimibilità della dialettica tra le diverse componenti
identitarie della protagonista.
Nella consapevolezza della propria ‘diversità’ collegata a un tabù alimentare, l’io
narrante sviluppa infatti una dialettica con una tradizione (cibarsi del maiale) che
sente estranea. Il suo rapporto con ‘l’italianità’, che vorrebbe acquisire come dato
definitivo, passa attraverso il tentativo – fallimentare - di fare violenza alla parte
somala di sé ingoiando un cibo impuro. La ribellione del sé più profondo, incarnata
dal corpo, conduce a un’autoconsapevolezza che si traduce in una negoziazione e
nella coscienza del fatto che la protagonista, pur sentendosi italiana in tanti gesti,
azioni e comportamenti, non potrà accettare tutto dell’italianità, ma solo ciò che non è
in conflitto con componenti decisive della sua appartenenza culturale somala e
musulmana.
126
Infine, il dominio della competenza esistenziale si concentra sullo sviluppo di
atteggiamenti e rappresentazioni culturali che danno forma alla visione del mondo e
allo sviluppo dei valori durante la costruzione dell’identità.
E’ alla base del concetto intrinseco di xenofilia e xenofobia, e, come si è visto,
raccoglie tre dimensioni:
- consapevolezza culturale
- appropriazione critica
- interpretazione transculturale.
La prima si basa sull’accettazione di un concetto antropologico di cultura e intende
portare l’apprendente dalla conoscenza monoculturale alla ‘conoscenza culturale’,
che è considerata come il primo gradino della conoscenza interculturale.
In termini di risposta affettiva, questa dimensione può essere associata a un livello di
tolleranza, ovvero alla consapevolezza che l’intolleranza potrebbe portare violenza e
instabilità sociale.
Del testo in oggetto è possibile utilizzare diversi brani per arrivare, attraverso attività
quali il
brainstorming e la realizzazione di mappe concettuali, ad una nozione
antropologica di cultura, da collegare con i rischi sociali dell’intolleranza e del
razzismo.
Un esempio:
Inoltre, amico, devi sapere che noi neri conviviamo con il sospetto che tutti ci giudichino dal
nostro colore. In realtà è proprio così, ma ci illudiamo che non sia così! Ci accusano di avere
la coda di paglia, di invocare il razzismo alla minima sciocchezza, ma vuoi sapere una cosa? Il
razzismo ahimé non è una burla. (…) vorrei che fosse una megaburla globale, una farsa da
internet, ma la realtà è che se sei nero devi convivere con il sospetto.
Però spesso anche noi siamo troppo polemici, credo che convivere con il dubbio ci abbia fatto
diventare troppo sensibili su alcuni punti. (…) se provi ad insultarci bè allora accusiamo il
mondo di razzismo anche se stavamo litigando per tutt’altro, come per esempio un
megatamponamento di cui noi eravamo gli unici responsabili!
Ma non siamo gli unici polemici, ci sono anche: arabi, ebrei, aborigeni australiani, nativi
americani, curdi e tutta la pangea riunita in sessione. (Scego, id., pp. 33-34)
L’’appropriazione critica’ consiste nell’essere in grado di accettare e interpretare la
conoscenza di sé e la propria identità, con rispetto per i valori conservati da altre
culture e individui dalle credenze differenti.
127
Anche in questo senso il testo di Scego offre un esempio di accettazione della
propria identità che includa il rispetto per i valori altrui, può costituire dunque un
valido spunto per attività di discussione orale o scritta o ancora di riscrittura da punti
di vista ‘altri’.
Infine, per lo sviluppo della competenza transculturale,19 i testi letterari degli scrittori
migranti potranno giocare un ruolo importante per il decentramento, lo spostamento
verso un punto di vista 'altro', dunque verso un livello meno etnocentrico per lo
sviluppo dell’empatia.
19
Come si è già visto (cap. 2), essa rappresenta in Lussier (2007) il più alto livello di competenza e
implica l’integrazione di nuovi valori, il rispetto di altri valori e la valorizzazione dell’alterità che deriva
dalla coesistenza di diversi gruppi etnici e culture che evolvono in una stessa società o in distinte
società mentre promuovono l’arricchimento dell’identità di ciascuna cultura in contatto (Lussier, id., p.
324).
128
Capitolo 4.
Il disegno della ricerca e la
metodologia d’indagine
In questo capitolo, dopo la definizione delle finalità e delle domande di ricerca, si
passerà ad esaminare i terreni d'indagine.
Successivamente si andranno a definire le basi teoriche della metodologia della
ricerca-azione con specifica attenzione per il suo utilizzo in ambito educativo
evidenziandone la conformità rispetto ai terreni e agli obiettivi della ricerca.
Di seguito verranno descritti gli strumenti d'indagine.
Infine si passerà ad esporre le tappe salienti delle attività svolte nei terreni di ricerca
e i criteri per la selezione dei rispondenti e si descriverà la metodologia d'analisi
tematica utilizzata motivando altresì le ragioni della scelta compiuta.
1. Finalità dell'indagine e domande di ricerca
Il presente lavoro si propone, attraverso una metodologia di ricerca che utilizza
strumenti propri delle scienze sociali e delle scienze dell’educazione, una duplice
finalità: da un lato, la sperimentazione, in classi plurilingui e pluriculturali e nell’ambito
dell’educazione letteraria nella scuola secondaria di I grado, di un percorso didattico
fondato su testi della ‘letteratura della migrazione’, dall’altro, l’utilizzo dei dati raccolti
in itinere per cogliere gli effetti sui discorsi scritti degli alunni con particolare
attenzione per le rappresentazioni sulle lingue e le culture e i soggetti e i gruppi
sociali portatori di ‘diversità’ linguistica e culturale, in una prospettiva interculturale
(Consiglio d’Europa, 2008; 2010).1
1
La rilevazione delle rappresentazioni è suggerita ai fini della progettazione dei curricoli per
l’educazione plurilingue e interculturale (Consiglio d’Europa, 2010).
129
L’approccio ai testi letterari che è stato progettato mutua e rielabora, come si è visto,
fondamenti teorici e metodologici definiti nell’ambito di alcune teorie sulla
competenza interculturale (in particolare Byram, 1997 e Lussier, 2007, cf. capp. 2 e
3) e, attraverso la sollecitazione della riflessione e del decentramento attraverso le
attività svolte a partire dai testi narrativi (Bredella, 2000), ha come finalità globale lo
sviluppo di una visione dinamica e non stereotipata dei soggetti e delle culture, ai fini
di un’educazione interculturale che risponda alle esigenze di convivenza con la
pluralità linguistica e culturale che caratterizzano i contesti sociali ed educativi
contemporanei, a livello tanto locale quanto nazionale, europeo, globale.
I livelli di analisi nel presente lavoro sono di conseguenza due.
Il primo riguarda la rilevazione delle modalità con le quali i racconti e le riflessioni
proposte sono state rielaborate sia attraverso la riflessione scritta, sia attraverso la
narrazione, per cogliere atteggiamenti e rappresentazioni degli alunni sulle lingue e
l'apprendimento linguistico nella mobilità e la migrazione e sui soggetti appartenenti a
gruppi sociali, linguistici e culturali diversi.
Il secondo consiste nell’individuazione dei punti di forza e di debolezza dell’approccio
didattico sulla base delle reazioni degli alunni alle attività proposte dall’insegnantericercatrice per trarne elementi di comprensione e cogliere eventuali apprezzamenti o
repulsioni, difficoltà incontrate, critiche o suggerimenti, dei quali tenere conto per
formulare
ipotesi
per
potenziare,
nella
didattica
dell’italiano
e
attraverso
l’insegnamento letterario, l’apertura alle lingue e alle culture.
Le domande alle quali si intende rispondere attraverso il presente studio sono
dunque le seguenti:
1. Quali rappresentazioni emergono dai primi testi creativi redatti dagli alunni sulle
lingue e l’apprendimento linguistico nella mobilità e la migrazione?
E’ possibile rintracciare nei successivi scritti degli alunni un’evoluzione di tali
rappresentazioni?
2. Quali tra le attività realizzate possono contribuire in misura maggiore a rendere più
articolate le rappresentazioni e le riflessioni sugli incontri e le relazioni sociali tra
soggetti dalle appartenenze linguistiche e culturali plurali?
130
2. I terreni d’indagine
I tre terreni di ricerca sono costituiti da tre classi di scuole secondarie di I grado della
provincia di Macerata, situate in particolare nel capoluogo e.
Si tratta di contesti selezionati sia per ragioni autobiografiche, sia per caratteristiche
specifiche.
Infatti, durante l’anno scolastico 2011-2012 il servizio prestato come docente di
Lettere nella scuola media di Petriolo ha consentito in tale contesto lo svolgimento
della ricerca in una classe terza.
In anni precedenti avevo inoltre svolto la mia attività di docenza anche negli altri due
istituti, e ciò ha costituito un notevole vantaggio in termini di accesso, che è stato
consentito grazie alla sensibilità dei Dirigenti scolastici e all’apertura e alla
collaboratività delle colleghe coinvolte.
La scelta di svolgere la ricerca in terreni diversi da quello dove prestavo servizio è
stata motivata sia dal desiderio di terreni differenti tra i quali operare dei confronti, sia
dalla preoccupazione che il mio posizionamento di particolare ‘potere’ dovuto al ruolo
rivestito potesse condizionare la libertà espressiva degli alunni.
Per questo si è ipotizzato che, sperimentando lo stesso percorso didattico in contesti
nei quali il posizionamento fosse più ‘neutro’, i dati potessero guadagnare in
‘spontaneità’.
I tre terreni sono stati poi selezionati sulla base di una presenza significativa di
cittadini di origine straniera nel comune di riferimento.
Secondo i dati più recenti del servizio statistico regionale relativi all’anno 2010, nel
comune di San Severino Marche, la popolazione immigrata rappresentava, al 1°
gennaio 2011, il 10,8 % circa del totale (1199 abitanti su 13028).
Nel piccolo comune di Petriolo, che contava 1980 abitanti, gli stranieri residenti erano
225, ovvero l’8,8 % del totale.
Infine, a Macerata, città con una popolazione di 42474 abitanti, gli stranieri residenti
(4505) costituivano il 9,4 % della popolazione.2
2
I dati sono stati tratti dalle tavole del Servizio Statistico regionale.
<http://statistica.regione.marche.it/Home/Datieprodotti/Argomenti/Popolazione/Tavolestatistiche/tabid/
121/Default.aspx> Per un inquadramento statistico del fenomeno migratorio nella regione Marche cf.
anche <http://www.istat.it/it/files/2012/05/Rapporto_Immigrazione_2011_parte-1.pdf>
131
Si tratta in ogni caso di terreni con un numero di cittadini stranieri immigrati in linea
con la media regionale (9,4 %).
Le tre classi sono inoltre rappresentative di tutti e tre gli anni della scuola secondaria
(una classe prima a San Severino, una seconda a Macerata, una terza a Petriolo).
In ogni caso, come si vedrà (par. 8), la metodologia della ricerca-azione non aspira
alla rappresentatività dei suoi risultati, dato che ogni contesto è un caso a sé, tuttavia
attraverso la descrizione delle caratteristiche sia delle classi sia delle attività svolte
(cf. infra) la presente ricerca si pone l’obiettivo di dare un contributo per la
comprensione delle dinamiche didattiche in contesti simili.
2.1. Scuola 1 I.C. Tacchi Venturi, San Severino Marche
La classe è composta di 20 alunni, dei quali 19 partecipano alla ricerca (i genitori di
un’alunna hanno infatti negato il consenso al trattamento dei dati).
Il profilo della classe tracciato nella programmazione del Consiglio di Classe la
descrive in questi termini:
“La classe I E è composta da 20 alunni, di cui 13 femmine e 7 maschi; gli alunni, da
quanto emerso dalle osservazioni degli insegnanti in questa prima parte dell’anno,
sono socievoli, frequentano molto volentieri la scuola, sono abbastanza partecipi,
curiosi, ben disposti verso gli insegnanti e le discipline. Tutti sono inclini al dialogo,
desiderosi di leggere o di intervenire nei momenti della correzione di compiti o nelle
altre attività didattiche e sembrano aver superato abbastanza bene il passaggio dalla
primaria alla secondaria. […] Dal punto di vista del comportamento gli alunni sono
sostanzialmente corretti e, nei momenti di maggiore vivacità, se ripresi, sanno
facilmente ricondursi all’ordine. Tuttavia, non sempre al silenzio corrisponde la giusta
attenzione: gli alunni tendono facilmente alla distrazione, specie durante le
spiegazioni frontali e, per questo, spesso molti di loro confondono il materiale o lo
dimenticano a casa, scordano il quaderno delle comunicazioni, svolgono le consegne
domestiche o in modo incompleto o in modo superficiale, necessitano dell’aiuto
dell’insegnante anche nell’uso del diario, non sono puntuali nelle consegne, non
sanno ancora avvantaggiarsi ed organizzarsi con i compiti.
Dal punto di vista del profitto la maggior parte degli alunni consegue risultati tra il
livello sufficiente e il livello soddisfacente, in modo ancora altalenante, e sembra
132
incontrare le difficoltà maggiori nella produzione orale e nella rielaborazione dei
contenuti; una sola alunna ha una livello di apprendimento distinto. I due alunni di
origine straniera, invece, evidenziano difficoltà diffuse”
Gli alunni nati all’estero sono sei: due in Albania (Ada e Balina), gli altri tutti di
provenienza diversa: Camerun (Donata), India (Rubab), Moldavia (Igor), Russia
(Rachele).
Tra questi, tre sono in Italia da prima dei sei anni d’età, una è arrivata all’età di 7 anni
(Rubab) e due sono in Italia dall’età di 10-11 anni (Igor e Rachele).3
Due alunni sono invece nati in Italia ma hanno dei componenti della famiglia stranieri,
una ha la madre di origine svizzera (Ester) e una ha entrambi i genitori albanesi
(Eleonora).
La maggior parte degli alunni è nata nel 2000, ma Igor è nato nel 1999 e due alunni
sono nati nel 2001 (Filippo e Donata).
E’ prevista la presenza di un insegnante di ‘sostegno linguistico’ per l’italiano L2 due
volte alla settimana, tuttavia nell’ultima parte dell’anno e durante il percorso di
ricerca-azione, nelle ore di Italiano gli alunni hanno preso parte alle attività in aula.
Per l’anno scolastico in cui è stata condotta l’indagine, l’Istituto non prevede progetti
specifici per l’’intercultura’, né attività così denominate sono previste all’interno della
programmazione della disciplina Cittadinanza e Costituzione.
Il libro di testo adottato è di Rosetta Zordan, Il Narratore (2008) che, nella sezione
dedicata alla favola e alla fiaba (v. vol. 1), raccoglie dei testi da altre tradizioni
culturali.
Inoltre nella sezione ‘I rapporti con gli altri: a scuola’ è presente un brano di Fabrizio
Gatti dal titolo “Ma non hanno mai visto un bambino albanese?”, tratto dal libro Viki
che voleva andare a scuola, che racconta l’inserimento scolastico di un bambino
immigrato irregolare in Italia e che ha diverse analogie con il brano ‘Il mio primo
giorno di scuola’ di Besa Mone e che è stato letto dalla collega Marina4 prima della
sperimentazione.
Il volume contiene anche un’unità intitolata ‘Il senso della vita: storie dal cuore del
mondo’, che include otto racconti tratti da diverse tradizioni.
3
4
I nomi citati sono pseudonimi attribuiti agli alunni in osservanza alla normativa sulla privacy.
Il nome dell’insegnante è uno pseudonimo.
133
“Storie che, pur appartenendo a culture diverse, parlano di ‘sentimenti comuni’ e
trasmettono ‘valori universali’ (id.: 480), evidenziando con ciò la volontà di trovare
delle convergenze valoriali senza però individuare e distinguere la specificità delle
storie in oggetto, che si collocano all’interno di tradizioni culturali differenti da quelle
occidentali.
2.2. Scuola 2, Classe II, I.C. ‘Enrico Mestica’, Macerata
Nella Classe II, 24 alunni hanno partecipato alla ricerca.
Il profilo della classe tracciato nella programmazione del Consiglio di Classe la
descrive in questi termini:
“Aspetto comportamentale. Il gruppo, rispetto all’anno precedente, si mostra più
vivace e non sempre di facile gestione. Alcuni elementi debbono, infatti, essere
costantemente
richiamati
all’attenzione,
all’assolvimento
delle
richieste
e
all’assunzione di un comportamento più positivo, perché si distraggono e fanno
distrarre gli altri parlando a voce alta senza motivo e non richiesto, abbandonando il
proprio posto senza permesso, creando rumori inopportuni, infastidendo i vicini,
intervenendo fuori luogo anche con gratuite battute di spirito che a volte alimentano
futili battibecchi e/o l’ilarità generale. Ripresi ed invitati a riflettere su tali
comportamenti, in un primo tempo sembrano sensibili all’assunzione di una condotta
più respondabile, ma poi c’è sempre qualcuno che ritorna a disturbare, manifestando
con ciò poca consapevolezza e maturità riguardo l’ambiente scolastico di lavoro.
Pertanto, nell’insieme a tutt’oggi, l’attenzione è da sollecitare, la partecipazione è
discontinua, l’impegno inadeguato, lento l’assolvimento delle richieste, affrettata
l’esecuzione delle consegne, poco costruttiva la disponibilità all’ascolto. Inoltre alcuni
non portano da casa il materiale utile per seguire al meglio la lezione. Anche gli
impegni domestici (sia le attività scritte che lo studio vero e proprio) vengono
affrontati in modo superficiale. Di conseguenza, le potenzialità presenti a livello di
effettive capacità e conseguente rendimento sono per ora subordinate - specialmente
in alcuni elementi - al poco costruttivo atteggiamento assunto nei confronti della
scuola.”
134
Quanto alle fasce di rendimento, la documentazione distingue quattro livelli, che non
sono tuttavia stati collegati ai nominativi per una scelta di privacy fatta dall’istituto.
Inoltre, è stato attivato un progetto, denominato ‘Arcobaleno in città. Corso di Italiano
come L2 per alunni di origine non italiana’, per complessive 30 ore svolte per metà
dalla collega che d’ora in poi chiameremo Luciana, per metà da un’altra insegnante
della scuola, in orario pomeridiano, due volte a settimana.
Gli alunni nati all’estero sono sei: due in Macedonia (Gjorge ed Enzo), gli altri tutti di
provenienza diversa: Moldavia (Vlad), Romania (Antonia), Turchia (Adile). Tutti sono
in Italia da prima dei sei anni, tranne Enzo, arrivato quando aveva sette anni.
Un’altra alunna ha la madre albanese e il padre italiano, è nata in Italia (Emma).
La maggior parte degli alunni è nata nel 1999, ma Gjorge è nato nel 1998 e Enzo nel
1997.5
Tra i progetti di classe, sono stati attivati diversi corsi linguistici (un corso di Latino,
lettorato di lingue straniere, approccio alla lingua cinese) e un corso di Teatro.
Invece, per gli alunni di origine straniera, sono state svolte attività diverse: in orario
curricolare, le Attività alternative alla religione cattolica sono state destinate
prevalentemente all’insegnamento linguistico.
Il libro di testo adottato è di Rosetta Zordan, Il Quadrato magico (2004). Il volume
(della stessa autrice de Il Narratore, adottato sia a San Severino che a Petriolo), non
ha sezioni specifiche per l’educazione interculturale.
Si nota che nella sezione
‘Vivere con gli altri’ è inserito un brano di Vittorio Zucconi dal titolo “Stranieri come
noi”, cui segue una scheda includente alcune liste di vocaboli e frasi di uso comune
tratte da diverse lingue: albanese, romeno, serbo-croato, filippino, cinese, arabo,
indiano, spagnolo.
2.3. Scuola 3, Classe III, Scuola Media ‘Marco Martello’, Petriolo
Della classe III, hanno partecipato alla ricerca 13 alunni.
5
Cf. nota 11.
135
Dalla Programmazione del Consiglio di classe, da noi redatta in veste di
coordinatrice sulla base delle osservazioni fatte dal gruppo docente nella prima
parte dell’anno scolastico (settembre-novembre), emerge che nella fase iniziale
dell’anno i ragazzi, piuttosto vivaci, erano in genere abbastanza attenti e
collaborativi e seguivano le lezioni con interesse e partecipazione sufficienti.
Un gruppo tendeva in particolare a intervenire di frequente (anche se non
sempre a proposito) contribuendo a dare alle lezioni una forte impronta
dialogica.
Buona parte della classe portava regolarmente il materiale ed eseguiva i
compiti con regolarità. Si erano tuttavia riscontrati diversi casi di negligenza.
Shahid e Nicola durante le lezioni si distraevano abbastanza frequentemente e
dovevano essere spesso sollecitati affinché non disturbassero parlando in tempi
e modi inopportuni.
Si era cercato di ovviare a questi problemi di attenzione coinvolgendo i ragazzi
attraverso domande stimolo, lezioni partecipate, elaborazione di schemi riassuntivi e
mappe
concettuali,
assegnazione
di
incarichi
per
una
maggiore
responsabilizzazione.
Il clima era reso talvolta poco sereno dalla tendenza di alcuni a correggere e anche
deridere gli interventi orali erronei dei compagni.
Per quanto riguarda il rendimento, dalle rilevazioni iniziali effettuate, il livello della
classe risultava medio e il metodo di studio non appariva sempre adeguato.
Diversi alunni si limitavano infatti a un apprendimento mnemonico o disordinato e si
trovavano in difficoltà quando venivano loro rivolte domande che implicavano un
ragionamento.
L’esposizione orale era generalmente (tranne alcuni casi) di livello sufficiente o
discreto, anche se la capacità di organizzare il discorso per la maggior parte degli
alunni non era adeguata.
Nelle prime settimane di lezione diversi alunni si erano resi responsabili di episodi
caratterizzati da comportamenti scorretti anche gravi ed erano stati perciò richiamati
e puniti, in alcuni casi anche con la sospensione dalle lezioni.
Quanto alla provenienza degli alunni, quelli di origine straniera sono tre: due originari
del Pakistan (Ali e Shahid), uno della Moldavia (Ivan). Di questi, Ali è in Italia dall’età
di tre anni, mentre Shahid dall’età di sette e Ivan dall’età di dieci anni.
136
La maggioranza degli alunni è nata nel 1998, tranne Flaminio (1997), Shahid (1997),
Ivan (1997).
Le competenze linguistiche di questi alunni sono buone o ottime.
L’Istituto non ha organizzato progetti specifici in prospettiva interculturale.
Tra i progetti della classe, uno riguardava la Certificazione Ket, un altro i Lettorati di
inglese e francese.
Il libro di testo di italiano adottato è (come a San Severino), Il Narratore di Rosetta
Zordan (2008). Il terzo volume antologico contiene un’unità intitolata ‘Il senso della
vita: storie dal cuore del monto’, che include otto racconti tratti dalle tradizioni
giapponese, della Palestina, del Tibet, indù, indiana, buddhista cinese, dell’isola de
La Réunion, mongola, introdotte come “Storie che, pur appartenendo a culture
diverse, parlano di ‘sentimenti comuni’ e trasmettono ‘valori universali’ (Zordan, id.:
489), evidenziando con ciò la volontà di trovare delle convergenze valoriali senza
però individuare e distinguere la specificità delle storie in oggetto, che si collocano
all’interno di tradizioni culturali differenti da quelle occidentali.
Un simile approccio ricorda molto da vicino la ‘minimizzazione’ delle differenze di
Bennet, che rientra negli stadi etnocentrici (cf. cap. 2, par. 4.1.1).
3. La ricerca-azione
La ricerca-azione (d’ora in avanti, r-a), nata con Lewin (1948) nell’ambito delle
scienze sociali, è stata molto utilizzata a partire soprattutto dagli anni Sessanta, e si
è poi diffusa in maniera crescente.
Secondo una concezione classica, essa ha due obiettivi: trasformare la realtà e
produrre conoscenze che riguardano queste trasformazioni (Hugon e Seibel, 1988; in
Barbier, 2007); inoltre, rappresenterebbe uno sviluppo della metodologia tradizionale
nelle scienze sociali.
Secondo un’altra posizione, la r-a può rappresentare una rivoluzione epistemologica
ancora da esplorare e sviluppare (Barbier, 2007).
Secondo la definizione di Hopkins e quella di Ebbutt, la r-a costituisce “a form of
disciplined inquiry, in which a personal attempt is made to understand, improve and
reform practice” (Cohen, Manion, Morrison, 2000: 226), mentre Cohen and Manion
137
(1994:186) la considerano “a small-scale intervention in the functioning of the real
world and a close examination of the effects of such an intervention” (Cohen,
Manion, Morrison, ibid.).
Per Kemmis and McTaggart (1992:10), essa consiste nel “to plan, act, observe and
reflect more carefully, more systematically, and more rigourously than one usually
does in everyday life”, infatti Carr e Kemmis la definiscono “a self-reflective inquiry”
(1986:162).
In ogni caso, non è semplice definire la ricerca azione in maniera definitiva, dato che
esistono molte scuole che adottano diverse prospettive epistemologiche (Kemmis,
1997).
Essa può essere usata in una varietà di contesti, prevalentemente in ambito sociale
ed educativo.
In ambito sociale, rappresenta un’evoluzione delle metodologie delle scienze umane
e può essere utilizzata
“in almost any setting where a problem involving people, tasks and procedures cries
out for solution, or where some change of feature results in a more desirable
outcome” (Cohen, Manion, Morrison, cit: 226).
Uno dei suoi indirizzi più interessanti, ancorché ambiziosi, è la cosiddetta ‘ricercaazione integrale ed esistenziale’, che
“diventa esistenziale ed accetta d’interrogarsi sul posto dell’uomo nella natura e
sull’azione organizzata per darle senso. Essa si definisce, dunque, nel suo rapporto
con la complessità della vita umana presa nella sua totalità dinamica e non nega più
la relazione con l’ignoto che gli svela la finitezza di ogni esistenza” (Barbier, cit.: 1314).
In questo senso radicale, implica una riflessione di tipo filosofico sui fondamenti
dell’esistenza umana nel mondo e con gli altri uomini. Non rifiuta inoltre di indagare il
mistero e l’ignoto al di là di ogni esistenza finita.
In tale prospettiva, Barbier parla della necessità di adottare un ‘approccio
multireferenziale agli avvenimenti, alle situazioni e alle pratiche individuali e sociali’
(id.: 14).
138
Sebbene la ricerca svolta non ambisca a collocarsi in una prospettiva tanto ampia,
sono tuttavia apparse significative le affermazioni di Barbier riguardanti la struttura
metodologica e il ruolo del ricercatore, in quanto:
“nella ricerca-azione i confini e la struttura metodologica non sono rigidi, ma aperti e
flessibili, poiché il ricercatore non si definirà più solo ‘sociologo’ o ‘psicosociologo’, ma
potrà essere, di volta in volta ‘sociologo, psicosociologo, filosofo, psicologo, storico,
economista, inventore, militante ect.” (ibid.)
[…] Il ricercatore gioca allora il suo ruolo professionale in una dialettica che articola
continuamente l’implicazione e la presa di distanza, l’affettività e la razionalità, il
simbolico
e
l’immaginario,
la
mediazione
e
la
sfida,
l’autoformazione
e
l’eteroformazione, la scienza e l’arte.” (ibid.)
Si porrà allora la questione delle sue competenze, che dovranno essere non limitate
a un singolo ambito ma spaziare tra diverse discipline.
Il ruolo del ricercatore, per Barbier, non corrisponde né a quello dell’agente di
un’istituzione né di un attore di un’organizzazione, né dell’individuo senza
appartenenza sociale. Piuttosto, il ricercatore è un soggetto che accetta tutti questi
ruoli in momenti diversi del suo agire e riflettere ed è concepito sia come un soggetto
autonomo che come autore della sua pratica e del suo discorso.
Tali distinzioni appaiono utili nella definizione del posizionamento, sia metodologico
sia del ricercatore nella presente ricerca, questioni che si discuteranno più
approfonditamente nel prosieguo del presente lavoro (cf. infra).
3.1. La ricerca-azione in ambito educativo
Nell’ambito educativo, la r-a è stata utilizzata soprattutto nel mondo anglosassone
dove la letteratura pedagogica documenta un’ampia produzione che riguarda la
ricerca nella classe scolastica e si avvale di una varietà di metodologie, tra le quali
l’approccio etnografico e più in generale qualitativo (Gobbo, 2004).
Della ricerca-azione sono state date, come si è visto, diverse definizioni.
Coonan (2000) ne riporta altre, e partendo dalla definizione di Ebbut (1985), secondo
il quale “action research is the systematic study of attempts to change and improve
139
educational practice by groups of participants by means of their own practical actions
and by means of their own reflections upon the effects of those actions”, evidenzia le
loro similitudini e la ricorrenza di alcuni termini chiave: partecipanti all’azione, prassi,
collegamento teoria e prassi; riflessione/autoriflessione; miglioramento/comprensione
etc. (Coonan, id.)
In rapporto al riferimento a ‘participants’ own practical actions’, Coonan evidenzia
come la r-a possa colmare il distacco che spesso si crea tra ricerca e pratica
educativa, con due vantaggi: da un lato aspetti concreti potranno informare la
dimensione teorica, dall’altro questa potrà più facilmente e proficuamente investire la
realtà della scuola.
A tale scopo, il divario tra teorizzazione e prassi si potrà colmare assegnando la
ricerca agli insegnanti stessi.
La r-a in ambito educativo è dunque caratterizzata dal fatto che l’oggetto della ricerca
è radicato nella situazione reale della classe, e dal fatto che sono gli insegnanti ad
originare e svolgere la ricerca.
Ebbut parla anche di ‘own critical reflection on effects of action’. A tale proposito, due
concezioni coesistono: secondo la prima (Crookes, 1993), la r-a è uno strumento per
la riqualificazione dell’insegnante.
Secondo un’altra, più ambiziosa (Carr e Kemmis, 1993, in Coonan, id.), la r-a può
invece diventare uno strumento per “avviare cambiamenti educativi fondamentali dal
basso, ossia dalle scuole stesse (piuttosto che dall’alto, ossia da instituzioni quali
IRRSAE, Provveditorati, Ministeri, ecc.)”(Coonan, id.).
Le espressioni usate, ‘reflection in action’ e ‘self reflective enquiry’ evidenziano la
necessità della riflessione dell’insegnante sul proprio agire e sugli effetti prodotti dalla
sua azione.
La r-a presuppone inoltre un ‘systematic study’, e non va dunque confusa con le idee
intuitive dell’insegnante, poiché deve essere svolta attraverso un percorso che
preveda fasi, tempi e obiettivi da raggiungere, affinché venga assicurata sistematicità
e obbiettività nella riflessione e nella valutazione dei dati raccolti.
Altre precisazioni utili sono quelle di Dodman (2002), che sottolinea come ‘ciò che gli
insegnanti acquisiscono come insieme di conoscenze riguardo all'insegnamento e
all'apprendimento deve essere sempre riferito al contesto in cui operano’ (id. 15).
Inoltre, la r-a deve mirare a promuovere un processo di innovazione che comprende:
140
“- la riflessione sui contenuti che si propongono e le azioni che si intraprendono;
-
lo sviluppo della consapevolezza riguardo ai presupposti che stanno alla base della
propria prassi e del proprio modo di ragionare e interpretare situazioni ed eventi;
-
la messa in discussione della validità e dell'efficacia della prassi, e l'elaborazione di
nuovi contenuti e nuove azioni;
-
la verifica della messa in pratica di ciò che è stato elaborato, la valutazione degli esiti
dei cambiamenti effettuati, e le decisioni sulle azioni successive.”
Dodman ricorda inoltre come Schon (1983) abbia evidenziato l’importanza della
consapevolezza delle teorie sottese al proprio operato, distinguendo tra una teoria
pubblica e una teoria privata nell’insegnamento.
“La teoria pubblica è il tipo di modello che pone, per esempio, una spiegazione
comportamentista o cognitivista alla base dell'apprendimento umano oppure elabora
un modello specifico di acquisizione di una seconda lingua. La teoria privata è
l'insieme di intuizioni, domande, speculazioni, ipotesi, spiegazioni e decisioni che
informano la propria prassi quotidiana. Capire l'interazione fra i due tipi di teoria è
fondamentale per la capacità dell'insegnante di rendere la propria azione oggetto di
ricerca.” (Dodman, id.: 15)
Da tale dialettica tra teoria pubblica e privata scaturirà la riflessione che dovrà, a sua
volta, informare l’azione.
Un’altra caratteristica della r-a è che, essendo calata nel contesto specifico in cui
viene svolta, non ha l’obiettivo di produrre conoscenze generalizzabili. Sebbene essa
possa essere descritta e condivisa con altri (ad esempio i colleghi), tuttavia la sua
essenza ‘sta nell’esigenza di far crescere la propria professionalità’ (Dodman, ibid.).
Inoltre la r-a è caratterizzata dal suo essere “ricerca in prima persona" (Kemmis
1989),
“distinguendosi dunque da altri tipi di ricerca che indagano l’operato degli altri.
Infatti, chi conduce la ricerca-azione partecipa a pieno titolo ai processi che sono
l'oggetto stesso della ricerca. Non esiste la pretesa di distaccarsi da tali processi. Non
si cerca di escludere dalla ricerca anche le proprie emozioni, i propri pregiudizi, o
qualunque altro aspetto del proprio sé, dato che tutto forma una parte essenziale di
quanto ricercato. Si tenta di analizzare ogni aspetto del proprio coinvolgimento nel
processo, compresa la metodologia della ricerca. Focalizzando il proprio operato, si
portano avanti contemporaneamente insieme ricerca e azione.” (Dodman, id.: 17)
141
Tra i due punti di partenza possibili di una ricerca-azione, uno è orientato al problemsolving, mentre il secondo al problem-posing.
In questo secondo caso, la ricerca prende avvio da “un'area o un aspetto
dell'insegnamento che si vorrebbe indagare, in modo da saperne di più, e cominciare
a problematizzare l'oggetto della ricerca. In questo modo si parte dal problem-posing
e l'approccio è orientato dalla propria ‘curiosità’”. (ibid.).
Un’altra caratteristica della r-a è la sua iteratività, data dalla raccolta sistematica dei
dati e dalla riflessione su di essi in previsione del ciclo successivo di azioni da
intraprendere.
A tale scopo, è necessario raccogliere dei dati sul lavoro svolto in classe.
Dodman propone dunque di effettuare un confronto tra i dati raccolti da più punti di
vista, creando una ‘triangolazione’, che consiste in "un modo generalizzato di
rapportare diversi tipi di dato e di metterli a confronto" (1991), il cui scopo è di
“mettere insieme più fonti di informazione riguardo agli oggetti della ricerca da
focalizzare e così aumentare il numero di punti di vista disponibili.”
Nel presente lavoro di ricerca, la metodologia è stata concepita proprio come
‘triangolare’, anche se, come si vedrà in relazione alle domande di ricerca, alcuni dati
hanno assunto rilevanza maggiore rispetto ad altri e sono stati perciò considerati
primari (cf. infra).
Riepilogando dunque le caratteristiche della ricerca-azione in ambito educativo,
Coonan sottolinea le seguenti:
1. la ricerca è iniziata dagli insegnanti. Ciò fa sì che i docenti ne siano
protagonisti e la utilizzino come strumento di formazione e crescita
professionale; inoltre, le questioni trattate sono di diretto interesse per gli
insegnanti stessi.
2. Situazionale e centrata sulla classe. La ricerca nasce dall’esigenza di
indagare aspetti di una situazione specifica e si concentra su di essa. Le
soluzioni elaborate, inoltre, hanno una ricaduta diretta e immediata sulla
classe, a differenza di quanto spesso avviene in altri tipi di ricerca svolti nella
scuola.
3. Sistematica: il percorso di ricerca deve consentire un’osservazione e
valutazione sistematica attraverso tre fasi: azione – osservazione –
valutazione.
142
4. Diagnostica e terapeutica: può essere infatti impiegata per rimediare a un
problema ma anche per identificare le aree sulle quali sarebbe opportuno
intervenire.
5. Non generalizzabile: la ricerca-azione mira a intervenire su un contesto
specifico, dunque, poiché i suoi dati e i risultati dipendono da esso, il suo
obiettivo non è di fornire conoscenze generalizzabili ad altri contesti. Per
questo il suo svolgimento non richiede l’adozione di metodi della ricerca
applicata quali l’istituzione di gruppi di controllo, la scelta di campioni
rappresentativi etc.
6. Colma il divario teoria - pratica: la ricerca-azione non parte da esigenze
teoriche per poi calarsi nella prassi didattica, ma nasce da quest’ultima, che
va successivamente a informare la teoria: si tratta dunque di un percorso
‘bottom-up’ che può colmare il vuoto talvolta presente nella formazione degli
insegnanti tra gli aspetti teorici e le esigenze che si manifestano nella classe.
7. Due ruoli uniti: insegnante e ricercatore: l’insegnante, nella conduzione
della ricerca, è indotto a riflettere sulle motivazioni del suo agire e dunque a
focalizzare l’attenzione su aspetti teorici che non sempre e non da tutti gli
insegnanti vengono presi in considerazione.6
8. Percorso concreto: pratica-teoria-pratica: In quanto radicata nella prassi, la
ricerca-azione vede la sua fase teorica nel momento in cui avviene la
riflessione sulla situazione di partenza e i risultati della riflessione teorica
“contribuiscono direttamente ad informare i tipi di cambiamento o innovazione
da introdurre o decisioni da adottare nella situazione concreta in oggetto.”
9. Espoused theories versus theories in action: la ricerca-azione può far
emergere eventuali distanze tra le teorie ‘espoused’, ovvero ‘abbracciate’ dal
docente e le prassi di fatto messe in azione. Se la distanza è consapevole,
l’effetto della ricerca potrà essere terapeutico, se invece è inconsapevole
potrà rivelarsi diagnostico.
6
A tale proposito, appare tuttavia eccessivo e svalutante definire, come fa Coonan, il lavoro
dell’insegnante come consistente per la maggior parte nell’”eseguire” “programmi, indicazioni nei libri
di testo, metodologie altrui ecc.” Inoltre, ciò è, fortunatamente, spesso non vero, dato che
dall’esperienza maturata in diversi contesti scolastici molti insegnanti ragionano sulle premesse e le
logiche del loro agire didattico con la finalità di mettere a punto strategie efficaci e mirate per ciascuna
classe.
143
10. Cambiamento di prospettiva: la riflessione è una fase molto importante della
ricerca-azione, poiché attraverso di essa (fatta sia individualmente che con i
colleghi) si può raggiungere un cambiamento di prospettiva.
11. Emancipatoria e illuminante: attraverso la ricerca-azione, l’insegnante
“ha gli strumenti per esplorare; esplora per se stesso (e non per altri) e si
rende conto del peso delle sue azioni, dei loro effetti su tutta la classe e che le
azioni possono essere gestite, manipolate e cambiate a seconda le singole
situazioni. In questo senso la ricerca azione emancipa perché assegna
all’insegnante un ruolo di responsabilità e di libertà allo stesso tempo. Una
conseguenza di tale ruolo, se svolto bene, è quindi l’illuminazione perché c’è
una nuova consapevolezza, una realizzazione sia del proprio potere sia della
potenzialità della ricerca azione stessa.”
12. Ricerca empirica: essa è così definita in quanto si basa sull’osservazione e la
raccolta di dati che, in un determinato arco di tempo, vengono condivisi,
discussi, registrati e sulla base dei quali si pianifica l’azione.
13. Etnografico-qualitativa: è definita in questo modo in quanto usa le
metodologie proprie dell’etnografia e qualitative. In particolare, l’analisi è di
tipo interpretativo, considerato il più adatto sia a raggiungere una migliore
comprensione della situazione nella quale l’insegnante opera, sia alla sua
crescita professionale.
14. La ricerca è pubblica: essa va pertanto documentata e i suoi risultati devono
essere diffusi.
Nel presente lavoro, coerentemente con le finalità di ricerca, si è adottata questa
metodologia svolgendo la fase empirica in tre contesti e utilizzando diversi strumenti,
come si vedrà nel par. 9.
4. Gli strumenti d’indagine
144
Per la raccolta dei dati relativi agli alunni, sono stati utilizzati i seguenti strumenti,
ciascuno dei quali verrà descritto e motivato in modo più approfondito nei parr. a
seguire:
- questionari (uno iniziale e uno finale) per sollecitare ed analizzare i discorsi, gli
atteggiamenti, le rappresentazioni sulle lingue-culture prima, durante e dopo la
realizzazione del percorso didattico;
- testi creativi redatti sulla base di tracce-guida per cogliere aspetti dell’immaginario o
di esperienze autobiografiche sui contatti tra persone di lingua e cultura diversa;
- questionari di comprensione dei testi, per sviluppare la comprensione globale,
l’analisi (prevalentemente lessicale, sintattica, retorica) nonché per sollecitare la
riflessione e l’interpretazione;
- schede-diario per rilevare le preferenze, le difficoltà, le attività meno gradite durante
la realizzazione del percorso didattico.
Come si vedrà (cf. infra), dopo le prime lezioni e sulla base delle osservazioni e delle
reazioni scritte degli alunni, si è preferito alleggerire il carico di scrittura per evitare
l’eccessivo affaticamento e di conseguenza la raccolta di dati troppo poveri.
4.1. Il questionario iniziale
Il questionario preparatorio (ALLEGATO 16) comprende 25 domande formulate con
una serie di obiettivi funzionali a inquadrare i gruppi nella maniera più ampia
possibile sia nel generale contesto di vita sia in relazione alle finalità della ricerca.
La maggior parte delle domande appartiene alla tipologia ‘a scelta aperta’ (Guidicini,
1995: 20), in quanto lo strumento è stato costruito con l’intenzione di lasciare libertà
di espressione senza definire in maniera rigida le alternative possibili.
L’intento è stato innanzi tutto di raccogliere il maggior numero possibile di dati sugli
alunni e in particolare, per quelli di origine straniera, sulla provenienza e il periodo di
permanenza in Italia e, in generale, sulla situazione familiare (v. prima parte sui dati
personali e domande 1, 2, 3).
Nello strumento, sono state inserite inoltre domande relative all’età di arrivo in Italia
dato che secondo una delle classificazioni sociologiche delle ‘seconde generazioni’
145
l’età di arrivo è molto significativa, in particolare se l’inserimento avviene dopo l’inizio
della scolarizzazione (cf. Rumbaut in Sospiro, 2010: 106).7
Infatti Rumbaut (1997) definisce le ‘seconde generazioni’ sulla base dell’età di arrivo
nel contesto di ricezione. Nella sua classificazione, i nati nel paese di accoglienza
della famiglia costituiscono la ‘seconda generazione’ (‘G2’), i ragazzi che arrivano in
età prescolare, tra 0 e 5 anni, la ‘G 1,75’, coloro che giungono tra i 6 e i 12 anni e
hanno già avviato la socializzazione secondaria e la scolarizzazione nel paese di
partenza la ‘G 1,5’ e quelli che arrivano tra i 13 e i 17 anni la ‘G 1,25’.
Si è inteso poi raccogliere le parole dei soggetti su questioni collegate alla
multiculturalità in generale e nell’ambiente di vita (4, 21, 23) e sulla disposizione
all’apertura/curiosità oppure alla chiusura/paura/rifiuto rispetto a persone provenienti
da altri contesti culturali e portatrici di lingue e culture diverse e la motivazione di tali
atteggiamenti (domande 7 e 20; domanda 6; domanda 25);
Si è cercato inoltre di comprendere con chi e attraverso quali attività i soggetti si
relazionano maggiormente rispetto al contesto di vita e in particolare rispetto al
gruppo dei pari (domande 5 e 6).
Altre domande avevano l’obiettivo di raccogliere informazioni sui repertori linguistici
(domande 16, 17, 18, 19).
Altre ancora miravano a rilevare l’autocollocazione dell’alunno rispetto a una o più
lingue-culture con le quali è in contatto (domanda 24).
La domanda 25 intendeva rilevare le idee relative al rapporto esistente tra lingue e
culture (domanda 25).
Altre domande sono invece centrate sul tema della lettura in generale (12, 13, 15) e
in relazione ai testi letti in classe in particolare (domande 10 e 11).
La domanda 14 riguarda i desiderata sulle attività da svolgere nell’ambito della
disciplina Italiano.
Raccogliere percezioni, aspettative e desiderata sull’educazione interculturale in
generale (domanda 25) e su quella letteraria in italiano in particolare (14).
Le domande 8 e 9 hanno lo scopo di rilevare le parole dei discenti sulle difficoltà
scolastiche e le cause di queste.
7
Inizialmente si prevedeva di inserire anche una domanda sul titolo di studio e la professione dei
genitori, per raccogliere dati che avrebbero fornito un quadro più completo in relazione alle teorie che
ritengono che l’integrazione scolastica dei ragazzi di origine straniera sia collegata al titolo di studio
dei genitori (Farley e Abba, 2002 cit. in Ambrosini, id.: 175). Tuttavia, poiché ci sono state resistenze
da parte di un dirigente motivate da ragioni di privacy, si è poi rinunciato a inserirla.
146
Data la centralità del concetto di cultura in un percorso a finalità interculturale, si è
ritenuto interessante rilevare le eventuali preconoscenze in questo senso (domanda
22).
Quanto alla tipologia delle domande, si tratta di quesiti prevalentemente aperti,
appartenenti alle seguenti tipologie: 8
- domande mirate sul soggetto
9
(nella prima parte dedicata ai ‘dati personali’:
genere, periodo di permanenza in Italia, componenti della famiglia e relative età e
lingue parlate);
- domande a scelta aperta (oltre a quelle sui dati personali, le domande n. 5, 6, 10,
11, 14, 15, 16, 19);
- domande su di un tema aperto, ovvero che ‘che non restringono l’area delle
possibili risposte ad un numero precodificato di alternative possibili’ (3, 4, 21, 22, 23,
24, 25);
- domanda a scelta chiusa, ovvero i quesiti che prevedono un numero
predeterminato di possibili opzioni per la risposta (13);
- domande con più alternative scalari, dove cioè “le alternative di risposta sono
collocate lungo un continuum logico. Dati i due estremi si pongono alcune alternative
intermedie in posizione scalare.” (Guidicini, p. 33): (n.° 7, con una seconda parte a
tema aperto in quanto si chiede di motivare la risposta);
- domande che combinano scelta aperta e tema aperto, attraverso la richiesta di
motivare la scelta (8, 9, 17, 18, 20);
- domande che combinano la tipologia a scelta chiusa e a tema aperto: 12;
8
Cf. Guidicini, 1995: 19; si fa riferimento a questo volume per le definizioni delle tipologie delle
domande.
9
Guidicini (id.) le definisce domande “orientate a dare un quadro più o meno analitico del retroterra
socio-culturale del soggetto. I temi trattati riguardano: a) l’età; b) il sesso; c) il luogo di nascita e di
residenza; d) lo stato civile; e) il livello di istruzione; f) la professione); g) la composizione e struttura
della famiglia; h) domande di base di tipo ‘percettivo’; i) domande di base ‘descrittivo analitiche.” (p.
20).
Per ‘retroterra socio-culturale’ si intende l’inquadramento del soggetto “rispetto ad un contesto di
situazioni di vita che hanno caratterizzato la sua storia in passato, o che ne caratterizzano la sua
storia oggi” (ibid.). Nel questionario costruito, sono state tolti i punti non pertinenti (ad esempio quelle
sullo stato civile e la professione) e sono state aggiunte domande che lo studioso stesso giudica
passibili di inserimento, relative all’età di arrivo in Italia e, indirettamente, alla fase della
scolarizzazione.
147
4.2. I testi creativi
Altri strumenti usati sia nella preindagine sia durante lo svolgimento delle unità di
apprendimento sono stati i testi creativi, scritti dagli studenti su tracce date dapprima
con l’obiettivo di raccogliere narrazioni sui temi del viaggio e dei contatti tra persone,
poi per promuovere il decentramento, l’immedesimazione nelle situazioni descritte
dai testi (UA2) e il mutamento di prospettiva, ovvero l’assunzione del punto di vista
di un personaggio diverso dalla voce narrante (UA3 e UA4).10
La base di tale metodologia è la teoria del ‘pensiero narrativo’ esposta in La mente a
più dimensioni (Bruner, 1986), che ipotizza l’esistenza di due modalità di
elaborazione della conoscenza, una logico-scientifica e l’altra, appunto, narrativa.
Infatti, “la narrazione è considerata da Bruner un modello mentale, cioè una modalità
di percepire e organizzare la realtà rendendola realtà interpretata” (Carrubba,
1999:…)
Inoltre, questo modello è strettamente connesso al contesto di riferimento. Infatti,
secondo la prospettiva culturalista di Bruner (1990), la psicologia umana va inscritta
nell’ambito della cultura in quanto “solo grazie ai significati elaborati e condivisi
collettivamente attraverso la cultura del proprio gruppo di riferimento, ogni persona
conosce se stessa e gli altri e giudica e attribuisce diverso valore alle varie
situazioni.” (Id.)
Attraverso la narrazione, avviene cioè quello scambio di significati per mezzo del
quale ogni essere umano, per far parte della collettività, condivide il sistema
simbolico che costituisce la cultura di riferimento della collettività stessa.
Con l’approccio definito in La mente a più dimensioni (1986), Bruner compie una
svolta che porta a un approccio di tipo fenomenologico ed ermeneutico che conduce
a una comprensione dall’interno degli ‘oggetti’ studiati.
Nella prospettiva adottata, è significativo che il pensiero narrativo possa “offrire
interessanti spunti per capire le modalità conoscitive dei soggetti e i diversi modi di
rapportarsi al mondo dandogli significato” (Carrubba, id.:25).
10
Di seguito si userà l’espressione ‘unità di apprendimento’ (UA) per indicare ‘quella che lo studente
percepisce come unità base della programmazione, cioè il singolo testo affrontato (Balboni, 2006:
229).
148
Inoltre, tra le caratteristiche del pensiero narrativo che lo differenziano da quello
logico-scientifico, Smorti (1994) ha sottolineato che esso è tipico del ragionamento
quotidiano,
sensibile al contesto, è ideografico e sintagmatico, validato in termini di coerenza,
costruisce storie ed è intenzionale.
Il fatto che costruisca storie fa sì che esso produca temi o collezioni piuttosto che
categorie di concetti.
Di ciò si è tenuto conto anche nel momento della scelta della metodologia d’analisi
dei dati.
Nell’approccio scelto, si è tenuto conto che, secondo diversi studi psicologici, alcuni
bambini sono più inclini al pensiero logico-scientifico, altri a quello narrativo e sono
stati definiti patternist o dramatist, ‘organizzatori’ e ‘narratori’. Sebbene dopo i primi
anni i due stili diventino complementari, i bambini mantengono una tendenza
prevalente.
I ‘narratoti’ sono risultati più attratti dal mondo dei sentimenti e delle persone, e
secondo ricerche dei primi anni Novanta (Smorti, 1990; Smorti, Schmid-Kitsikis, 1992
cit. in Carrubba, id.: 27), i bambini narrativi manifestano strategie cognitive più
flessibili e nelle situazioni di interazione sociale sono più abili nelle relazioni con i
coetanei e mostrano maggiore plasticità nella considerazione del punto di vista altrui
(Smorti, 1993, 1994).
Perciò, il metodo di raccolta dati attraverso i testi creativi è stato adotato nella
consapevolezza che la loro produzione è più congeniale ai ragazzi che hanno una
componente narrativa più sviluppata.
4.3. Il diario degli alunni
Il diario, strumento soggettivo per eccellenza, contribuisce a fornire il tempo e lo
spazio per la riflessione. La sua compilazione da parte degli alunni mira a cogliere le
reazioni ai testi e alle attività proposte nonché la loro eventuale evoluzione dalla fase
iniziale alla conclusione del percorso didattico.
149
Lo strumento (cf. ALLEGATO 18) ha una struttura ‘leggera’ che fornisce alcune
categorie -guida per la compilazione, molto generali per evitare di orientare le
risposte e influenzare i dati.
Alla compilazione è stato dedicato un tempo di 15 minuti circa a conclusione di
ciascuna unità di apprendimento.
4.4. Il questionario finale
Più breve di quello iniziale, questo strumento (cf. ALLEGATO 20) ha inteso rilevare
le parole degli alunni sui seguenti punti, già presenti nel primo questionario:
- Rappresentazioni sulla comunicazione e la vita con o tra due o più lingue e culture
(domanda 1)
- Apertura alla mobilità (domanda 3)
- Concetto di cultura (domanda 4)
- Lingue occultate e loro emersione (domande 5, 6, 7)
- Relazioni tra le lingue (domanda 8)
- Relazioni tra lingua/e e cultura/e (domanda 9)
Giudizio sui testi letti e desiderata per future letture (domande 10, 11, 12, 13, 14, 15)
La finalità dello strumento è porre in relazione i dati con quelli raccolti in precedenza
in rapporto alle domande di ricerca per far emergere una valutazione complessiva
del percorso didattico realizzato.
4.5. Le note di campo e il diario dell’insegnante-ricercatrice
Gli appunti redatti nel corso della ricerca hanno svolto la funzione sia di registrare
dati oggettivi relativi alle unità didattiche (date, modalità di realizzazione delle lezioni,
assenze, imprevisti, soluzioni adottate, modifiche rispetto a quanto progettato etc.),
sia dati più soggettivi. Nella prassi, non è stata cioè rispettata la distinzione tra ‘field
notes’ e ‘diario’ (Coonan, 2000), in quanto questi dati sono stati considerati fin
dall’inizio secondari e utili da un lato a ripercorrere a distanza di tempo le fasi della
ricerca empirica, dall’altro a favorire la riflessività (Silverman, 2002).
Infatti gli appunti, scritti subito dopo la lezione svolta o a distanza di poche ore,
hanno facilitato l’emersione di riflessioni che sono servite ad alimentare il processo
150
‘circolare’ della r-a per apportare modifiche al progetto didattico e alla metodologia di
ricerca iniziali.
5. Cronistoria della r-a
Il periodo complessivo dello svolgimento della ricerca, dai contatti con i dirigenti e le
docenti alla conclusione della parte empirica ha interessato il periodo da marzo a
giugno 2012.
All’inizio, la raccolta delle autorizzazioni per il trattamento dei dati per la normativa
sulla privacy ha richiesto diversi giorni e a Macerata circa due settimane.
Successivamente, le vacanze pasquali, la conclusione di progetti d’istituto sia della
scuola di Petriolo che nelle altre scuole, i viaggi d’istruzione e le assenze nostre e
delle colleghe hanno fatto posticipare la fase della realizzazione del percorso
didattico e raccolta dei dati all’ultima parte dell’anno scolastico (aprile-giugno).
In generale la ricerca ha avuto uno svolgimento positivo e la collaborazione con le
colleghe è stata proficua, tuttavia episodi contingenti, talvolta imprevisti, talvolta
dovuti a un coordinamento non sempre perfetto a causa dei tanti impegni, hanno
provocato in qualche caso modalità di realizzazione delle attività diverse da quelle
progettate, secondo un principio di flessibilità che caratterizza del resto la ricercaazione.
Ad esempio, se all’inizio era stata prevista la compilazione di note di campo e schede
di osservazione da parte delle colleghe, ciò non è stato poi ritenuto opportuno.
Infatti, si è avuta l’impressione che la richiesta in questo senso fosse percepita come
un aggravio del carico di lavoro in una fase dell’anno scolastico molto impegnativa.
Inoltre, in molti casi è stato necessario che le insegnanti cooperassero alle attività
didattiche e alla gestione anche disciplinare delle classi.
Tuttavia si è preservato il rigore metodologico attraverso la selezione, nella fase
analitica, di dati omogenei ovvero raccolti in tutti e tre i terreni con modalità analoghe.
Si riporta di seguito, a titolo di esempio, un estratto del diario di ricerca utilizzato per il
monitoraggio delle attività svolte, relativo alla UA1 nel primo terreno di ricerca e
compilato dalla collega Marina.
151
L’attività della lettura si è svolta in silenzio e in modo attento e partecipe: i ragazzi hanno
ascoltato la lettura dell’insegnante.
Al termine i ragazzi sono intervenuti numerosi per chiedere spiegazione di termini per loro
sconosciuti (che sono tanti)
Poi l’alunna Fabrizi ha rielaborato il contenuto, riassumendolo.
Alla lettura è seguito un momento di brainstorming sul termine ‘cultura’ e la sua spiegazione
‘scientifica’.
A questo punto gli alunni, a coppie, hanno sottolineato i termini o le espressioni afferenti alla
parola ‘cultura’; è seguita una discussione: alcuni alunni sono intervenuti spontaneamente nel
riferire quanto da loro sottolineato e il motivo. Qualcuno è stato invitato a farlo. Qualcuno si è
distratto e ha preferito approfittare della discussione degli altri per parlare col compagno o per
distrarsi.
Infine è stata somministrata una scheda “Il mio diario” in cui ciascuno ha espresso le proprie
opinioni sulle attività svolte.
Nel complesso la classe ha partecipato, ma qualche alunno con maggiore serietà e più
precisione.
Occorre anche tener presente che siamo stati distratti per ben due volte:
- prova evacuazione incendio
- dettatura di una lunga comunicazione su una gara podistica.
6. Criteri di selezione degli informanti - rispondenti
I dati presi in esame sono stati quelli della scuola 1 e della scuola 2 in quanto i dati
della scuola 3 (Petriolo), sono risultati poveri e dai contenuti generalmente poco
significativi.
Per di più, in diversi set di dati si è riscontrata la presenza di alcune risposte molto
simili, che hanno fatto pensare a risposte copiate, dunque di nessuna utilità ai fini
della ricerca.
152
7. Analisi dei dati
Come si è visto in precedenza, il corpus è stato raccolto attraverso strumenti diversi:
questionari, testi creativi, questionari di comprensione, schede-diario, domande
aperte.
Tra tutti i dati raccolti, alcuni sono stati considerati primari, e cioè i prequestionari, i
primi testi creativi, i testi creativi relativi alla UD2, alcune domande dei questionari di
comprensione (domande 4 e 7 del questionario di comprensione della UD3), i diari
degli alunni, i questionari finali.
Altri dati quali le note di campo e le schede di osservazione sono stati invece usati
per la ‘ricostruzione’ a distanza di tempo delle fasi della ricerca ma non forniscono
dati primari in quanto il focus dell’analisi è sugli apprendenti.
Tutti gli strumenti sono stati costruiti con l’intenzione di orientare e condizionare il
meno possibile le risposte dei soggetti, rischio da tenere sempre presente
(Silverman, 2008), e si è cercato perciò di arrivare a indagare le questioni d’interesse
attraverso vie ‘indirette’.
Ciascuno di questi strumenti procura dati dalle caratteristiche differenti, quelli dei
questionari sono più specifici in relazione alle domande, talvolta abbastanza ‘ricchi’,
ma in genere dagli enunciati piuttosto brevi e talvolta poco chiari o dal tono
scherzoso o provocatorio, perciò non sempre utili.
I testi creativi danno invece discorsi narrativi e sono più ampi e anche più complessi
da analizzare per le loro analogie con i testi letterari.
In ogni caso, occorre tenere presente che, nei primi testi raccolti, la consegna era
‘ampia’, per cui gli alunni avevano un largo margine di scelta espressiva, mentre nel
secondo caso la traccia mirava a sollecitare l’immedesimazione nella situazione
presentata nel racconto (“I miei primi giorni di scuola” di Besa Mone) e i testi sono
stati scritti in relazione alla lettura fatta (cf. allegato).
Questi testi, assegnati dopo la seconda unità di apprendimento, focalizzano più da
vicino le rappresentazioni sull’inserimento in un paese sconosciuto, l’accoglienza
immaginata e desiderata, le strategie per affrontare le difficoltà comunicative e la
socializzazione.
153
La domanda sulle ‘culture nascoste’ sollecita la riflessione su esperienze di contatto
con
persone
portatrici
di
diversità
linguistica
e
culturale
e
sulle
cause
dell’occultamento delle lingue e culture.
Le schede- diario restituiscono invece parole su preferenze, curiosità, difficoltà o
motivi di noia.
In generale, le caratteristiche dei dati sono molto legate alla propensione alla
scrittura dei soggetti, e certamente nella presentazione dei risultati occorrerà tenere
presente che una ricerca fondata su dati scritti privilegia gli informatori che sono più
inclini o hanno maggiore familiarità con la scrittura, nonché i bambini a tendenza
‘narrativa’ precedentemente menzionati (par. 9.2.).
Di questo si terrà conto nella valutazione dei risultati della ricerca.
I dati sono stati analizzati con il metodo dell’analisi tematica, che è una particolare
tipologia di analisi del contenuto mutuata dalla sociologia (Blanchet, Gotman, 19922000) e utilizzata per indagare le rappresentazioni (id., p. 98).
Nell’analisi tematica usata nella ricerca qualitativa in sociologia,
La cosa essenziale è comprendere le categorie degli attori sociali e guardare a come esse
sono utilizzate nelle attività concrete come la narrazione delle storie (Propp, 1968; Sacks,
1974) (…). L’attendibilità di questo tipo di analisi è chiamata in causa meno frequentemente;
piuttosto, i ricercatori qualitativi rivendicano la loro abilità di rivelare le pratiche sociali
attraverso il modo in cui i ‘prodotti finiti’ (storie, archivi, descrizioni) vengono assemblati.”
(Silverman, 2008, p. 34)
Nel presente lavoro più che alle pratiche ci si è interessati alle rappresentazioni,
anche se, nel caso di testi o discorsi autobiografici, alcune pratiche sono comunque
emerse.
I dati sono stati prima letti, poi interrogati secondo le domande di ricerca per
individuare temi comuni che dessero corpo a nuclei di rappresentazioni o a elementi
periferici delle stesse.
Si è tenuto presente che la fase analitica corrisponde già a una prima fase
interpretativa, durante la quale si attribuisce significato ai dati attraverso un continuo
andirivieni tra teoria e ‘campo’ (Kaufman, 2007: 28).
154
Capitolo 5. Analisi dei dati
Evoluzione delle rappresentazioni sulla mobilità e la migrazione
Nel seguente capitolo si analizzeranno i dati raccolti sulla base delle due domande di
ricerca, la prima delle quali è la seguente:
Quali rappresentazioni emergono dai primi testi creativi redatti dagli alunni sulle
lingue e l’apprendimento linguistico nella mobilità e la migrazione?
E’ possibile rintracciare nei successivi scritti degli alunni un’evoluzione di tali
rappresentazioni?
I dati più significativi a tale fine sono i primi testi creativi, raccolti nella fase della
preindagine, e i testi creativi scritti a conclusione della seconda unità di
apprendimento, incentrata sul racconto di Besa Mone ‘I miei primi giorni di scuola’.
Come si vedrà, accanto al tema principale, ne sono emersi altri ad esso connessi
che hanno contribuito a illuminare aspetti interessanti, ancorché secondari, delle
rappresentazioni degli alunni.
1. SCUOLA 1
1.1. I testi creativi preliminari
Come si è già visto, i primi testi creativi sono stati raccolti attraverso l’assegnazione
della stesura di un racconto sulla base della seguente traccia:
INVENTA UN RACCONTO A PARTIRE DA QUESTA SITUAZIONE:
155
UNA PERSONA DAI CAPELLI NERI ARRIVA IN UN PAESE CHE NON CONOSCE, CON SÉ
HA…
CHI È? DA DOVE VIENE? DOVE VA? PERCHÉ? VIAGGIA DA SOLO/A O È IN
COMPAGNIA? CHI INCONTRA? CHE SUCCEDE?
Il titolo consentiva un’ampia libertà espressiva e ciò ha portato alla redazione e alla
raccolta di testi con temi e caratteristiche diverse, quali storie su mobilità e
migrazione, narrazioni che riecheggiano generi, letterari e non solo, diversi (fantasy,
giallo-poliziesco, bellico etc.); ai nostri fini, tuttavia, i testi più interessanti e
significativi sono risultati quelli che trattano il tema della mobilità e della migrazione,
che appaiono in numero significativo soprattutto nella classe I della scuola 1 (d’ora in
poi, S1) e, seppure in numero minore, anche nella classe II della scuola 2 (d’ora in
avanti, S2).
Il concetto di mobilità, complesso e in continua ridefinizione secondo le diverse
prospettive disciplinari dalle quali viene analizzato (cf. Gohard-Radenkovic, MurphyLejeune, 2008) verrà usato nel presente capitolo in senso ampio e generale,
sebbene la sua declinazione più significativa ai nostri fini coincida con il concetto di
migrazione.
La tabella che segue sintetizza i temi individuati nella S1 in relazione alla mobilità.
Tabella 1. S1 Temi relativi alla mobilità
TESTI CREATIVI PRELIMINARI S1
INTEGRAZIONE
‘Felice’
- senza ostacoli
- con ostacoli (solitudine, difficoltà comunicative e linguistiche, emozioni negative) facilmente superati
Problematica (conflitti con i pari, socializzazione difficile con gli autoctoni)
LINGUE E COMPETENZE LINGUISTICHE
Non focalizzate
Interrelate alla socializzazione
- con focalizzazione degli aspetti problematici
- senza focalizzazione degli aspetti problematici
156
Indipendenti dalla socializzazione
Uno dei temi emersi nei testi che trattano storie di mobilità di lungo periodo e
migrazione (Dubet, 1997), sono le caratteristiche dell’inserimento dei personaggi nel
contesto di accoglienza.
Di seguito si analizzeranno le modalità con le quali i temi sopra indicati, ovvero
integrazione e lingue e competenze linguistiche, sono trattati negli scritti degli alunni
della S1.
Successivamente si passerà all'esame dei temi emersi invece dal secondo set di
testi creativi, raccolti dopo lo svolgimento dell'UA2.
1.1.1. Integrazione
Nella S1, in molti testi, la migrazione appare ‘felice’, in alcuni casi senza alcun
ostacolo, come si vede negli scritti di Filippo, Claudio, Cristina, Donata:
1
DONATA È UNA RAGAZZA CHE VIENE DAL KAMERON UNA CITTÀ DILL’AFRICA È
VENUTA NELLE MARCHE PERCHÉ VUOLE IMPARARE LA NOSTRA LINGUA E
CONOSCERE MEGLIO L’ITALIA. HA VIAGGIATO IN ITALIA IN COMPAGNIA DI SUA
SORELLA E SUO PADRE. HA INCONTRATO MOLTE PERSONE ED È MOLTO SIMPATICA
CON I SUOI COMPAGNI DI SCUOLA. LA SUA PRIMA CASA LA COMPRÒ VICINO AL BAR
DELLO STADIO. DOPO UN ANNO È DIVENTATA PIÙ GRANDE E PIÙ SIMPATICA.(Filippo)
Un ragazzo di nome John Palazzesi, di origine italiana, vuole arrivare in Spagna per cercare
dei posti di lavoro.
John parte, con l’aereo, la mattina del 13 gennaio del 2012 con il suo cagnolino Bob per avere
Un po’ di compagnia.
Arrivato in Spagna incontrò una signora che cercava un commesso per il suo ristorante di
lusso.
John guardò il cane che stava scodinzolando, come se voleva fare cenno di accettare.
John accettò e così quella signora lo portò in un ristorante bellissimo, chiamato “il paese delle
delizie” dove, all’interno, brillava un maestoso bancone di oro puro.
1
I testi citati sono stati trascritti con il criterio della fedeltà all'originale. Pertanto essi contengono errori
che testimoniano i diversi livelli di competenza nella scrittura. Inoltre, diversi alunni hanno compilato gli
strumenti d'indagine e scritto i testi utilizzando caratteri maiuscoli. Anche in questo caso si è preferito
mantenersi fedeli alla scelta degli informanti-rispondenti.
157
Lui lavorò in quel ristorante per molto tempo con il suo cane che scodinzolava per tutta la
giornata.
John, per la sua gentilezza, diventò famoso in tutta la Spagna e il ristorante diventò il più
famoso di tutto il mondo e lui ricevette abbastanza soldi per vivere e comprarsi una casa
(Claudio)
Come si vede, nel testo di Claudio sono del tutto assenti questioni quali difficoltà
comunicative, socioeconomiche, professionali o di altro genere e la storia delinea
una vicenda di successo senza ostacoli.
Josef è una ragazza dai capelli neri, viene dall’Africa ed è in viaggio per la germania, per
condizioni economiche; porta con sé una valiga con soldi, scarso cibo e qualche vestito ridotto
male.
Appena arrivata alla sua meta, la ragazza si dà da fare per trovare alloggio. Mentre passa tra i
banchi del mercato, incontra una donna anziana che si affatica a portare molte buste pesanti.
Josef si avvicina alla donna e le dice: “Buongiorno signora, ho visto che ha bisogno di aiuto,
come posso aiutarla?”
“Oh cara, ti ringrazio, ti sarei grata se tu mi aiutassi a portare la spesa.”
La ragazza sensa pensarci su due volte, prende tre buste e le porta all’accogliente casa della
vecchina. Questa la ringrazia e la invita a rimanere per un tè; la ragazza accetta l’invito e
mentre parlano, la vecchina le chiede di dirle la sua storia. Josef le racconta che lei viene da
una povera famiglia dell’Africa, da cui è scappata per trovare lavoro.
La vecchina ne ha compassione e le propone un accordo: la ragazza avrebbe lavorato nella
casa dell’anziana e lei le avrebbe offerto alloggio e cibo. Josef accetta con piacere e lavora
dando risultati eccellenti. Un giorno decide di andare a trovare la sua famiglia, per dargli dei
soldi. Tornata in Africa racconta alla famiglia i suoi operati e felice torna al lavoro. (Cristina)
Anche nel testo di Cristina, l’inserimento della protagonista trasferitasi dall’Africa in
Germania avviene in maniera ‘felice’: non sono evidenziati ostacoli linguistici né
lavorativi, l’impiego trovato viene rappresentato in maniera pressoché idilliaca e
vissuto felicemente come mezzo di sostentamento per il personaggio, come fonte di
sostegno economico per la famiglia in Africa e, a giudicare dalla gioia provata al
ritorno in Germania, anche di realizzazione personale.
Simile per molti aspetti è il testo di Donata:
Sasha è una ragazza che viene dalla Colombia, dai capelli neri, arriva a Parigi, una città che
non conosce minimamente. Con sé ha il suo cane Mayla, che per lei è tutto, la sua famiglia, la
sua migliore amica, per lei è questo Mayla.
158
Sasha va a Parigi per cercare lavoro ed una nuova vita più felice rispetto a quella che aveva
quando stava in Colombia.
Ma all’aeroporto, a Melun, c’è la cugina di Sasha che la sta aspettando per portarla a Parigi e
da lì andare ad un albergo, di nome “Doux” dove alloggera per un pò di tempo. Il giorno dopo
si sveglia di mattina chiama il servizio in camera, ordina un succo d’arancia e una brioche.
Dopo la colazione si prepara e lascia la chiave al custode ed esce di corsa, con il curriculum in
mano alla ricerca di un lavoro, alla fine dopo parecchie ore di ricerca vede un panetteria, entra
con l’ultima speranza. Ad un certo punto incortra un’altra ragazza che già lavorava lì e gli
chiese se gli serviva qualcosa e lei gli rispose che aveva bisogno di parlare con il proprietario
della panetteria.
Dopo qualche minuto da una porta esce il capo. Verso le sei in punto Sasha esce e comincia il
suo primo lavoro da cassiera. Da quel giorno la ragazza che lavorava con lei, di nome Michel,
divennero amiche per la pelle. Un giorno a Michel viene in mente di andare a fare una
passeggiata con il suo e il cane Sasha; ma il giorno dopo Sasha doveva ritorna in Colombia
per motivi familiari. Sasha e Michel, dopo parecchi anni si incontrarono e non si lasciarono più!
(Donata)
Anche nel testo di Donata, l’inserimento nel mondo del lavoro avviene in maniera
facile ed è coronato da una storia d’amicizia con la collega della protagonista.
Altri testi evidenziano invece la presenza di ostacoli all’inserimento quali la solitudine
e le difficoltà comunicative e linguistiche con le emozioni ad esse correlate.
Tuttavia, anche in tali scritti gli impedimenti vengono superati facilmente.
Nel testo di Emanuele, la vicenda di Camacho, nella quale emerge la sofferenza
derivante dalla solitudine del ragazzo, si conclude felicemente:
Camacho è un ragazzo che viene dalla Jamaica, lui ha dodici anni e non sa parlare l’italiano.
Camacho ho fatto un viaggio in barca fino a Foggia e poi con un autobus e andato a Rho. Con
se ha uno zainetto che dentro ha 2 panini, un ago per fare i capelli rasta e una felpa verde. Lui
viaggia con suo fratello maggiore Ialingha che ha una valigia con dentro del denaro e dei
vestiti.
Loro stanno andando a Rho perché è una città dove si trovano appartamenti in periferia a
pochi euro perché il condominio dove stanno andando prima era abbandonato e poi c’è più
possibilità di trovare lavoro con uno stipendio decente. Camacho era molto solo, lui passava le
giornata da solo interazzo a guardare le auto che passavano. Un giorno Camacho stava
affacciato dal terrazzo, all’improvviso sentì una voce dal piano di sopra, era Manuel, un
ragazzo di undicci anni che voleva far amicizia con Camacho, infatti diventarono grandi amici
e Ialingha trovò un lavoro come cameriere per comprare i libri per il liceo e a fine anno prese
una borsa di studio per la Bocconi. (Emanuele)
159
L’integrazione amicale avviene in maniera spontanea e immediata, e ad essa segue
anche l’inserimento lavorativo nonché quello universitario del personaggio di
Ialingha, il fratello del protagonista.
Nei testi di Lucilla ed Ester, invece, si evidenzia l’ostacolo della lingua, che tuttavia
viene facilmente risolto dalle protagoniste:
L’ITALIA
UNA BELLA RAGAZZA RUSSA CAPELLI NERI E OCCHI VERDI PRENDE UN AEREO E SI
TRASFERISCE IN ITALIA PERCHE’ I GENITORI DEVONO TROVARE LAVORO.
JASMINE E’ UNA RAGAZZA SOLARE E ALLEGRA, LEI TIENE SEMPRE CON LEI UN
PELUCHE A FORMA DI ORSACCHIOTTO.
[…]
IL GIORNO DOPO ERA ANDATA A SCUOLA I GENITORI LA ACCOMPAGNORONO FUORI
DALLA SCUOLA LA ASPETTAVA UNA PROFESSORESSA, LEI ANDO’ E APPENA ENTRO
TUTTI I RAGAZZI LA FISSAVANO IN MODO STRANO.
LI’ LA PROFESSORESSA GLI CHIESE SE CAPIVA LE PAROLE CHE LEI DICEVA LEI
DISSE DI NO LA PROFESSORESSA GLI DIEDE UN ESERCIZIO LEI LO ESEGUI’ MOLTO
BENE POCO DOPO RIUSCI’ A DIRE UN PO’ DI PAROLE POI CON L’AIUTO DEI
COMPAGNI RIUSCI’ A IMPARARE MOLTE PAROLE E A FORMARE DELLE FRASI E SI
FECE MOLTI AMICI. (Ester)
In un piccolo paese doveva venire una bambina albanese che si chiama Catia, lei aveva i
capelli neri come il carbone, aveva la carnagione bianca come il latte e si era fatta 2 treccine
quà e di là. Lei era tanto affezionata al suo gatto siamese, era un gatto ciccione anche se
mangiava crocchette, Catia doveva andare in un piccolo paese di nome San Severino
Marche, perché i suoi genitori dovevano guadagnare per mantenere la famiglia. Arrivata, Catia
aveva un po’ paura perché temeva che i suoi compagni di classe non la consideravano. Catia
faceva le medie la I D, subito dopo una compagna di nome Sara voleva diventare la sua
migliore amica, Catia contenta le disse se tutti i pomeriggi gli insegnava la lingua Italiana.
Passarono Settimane e Settimane ed era finita anche la scuola, le due amiche si divertirono,
passarono vacanze molto divertenti. Catia fece l’ultimo giorno di vacanza con Sara che
quando tornò a scuola i suoi compagni si stupirono perché aveva imparato perfettamente
l’italiano e quindi non sembrava più una straniera. (Lucilla)
160
Nel testo di Igor, invece, oltre alla tematizzazione del problema linguistico, compare
anche la vergogna ad esso associata. Tuttavia, anche in questo caso la vicenda
trova una conclusione positiva, con l’inserimento del protagonista - il bambino
albanese Herty - nel gruppo dei pari:
un bambino nuovo di nome Herty che era Albanese, aveva 10 anni, gli occhi azzuri e i capelli
neri, era arrivato in Italia. Herty era arrivato con la madre, padre e il fratellino che faceva la
prima e Herty la terza elementare. Herty viene dall’Albania insieme alla sua famiglia. Herty
quando arivò rimaste a San Severino e veniva insieme a noi a scuola solo che lui faceva la
terza e io la quarta, lui rimaste cui perché si e trovato i amici e tutto cio che voleva. Herty ha
viaggiato con la famiglia perché non poteva viaggiare dasolo e quando era arrivato non
sapeva la lingua e stava tutto dasolo solo con gli amici giocava. Herty incontrò noi che
giocavamo in giardino e voleva giocare anche lui e ci siamo conosciuti al giardino della scuola
lui Herty quando era arrivato giocava con noi e imparava la lingua con la maestra di Italiano.
Ha Herty gli succede che non sapeva parlare con gli amici e si vergoniava stare con noi però
noi lo facevamo giocare perché era buono e simpatico. (Igor)
E’ opportuno sottolineare che Igor ha vissuto direttamente l’esperienza della
migrazione e dell’inserimento in un contesto scolastico nuovo, dunque conosce
l’esperienza narrata nel suo testo e dato anche l’uso della prima persona, è lecito
ipotizzare che lo scritto possa essere autobiografico, infatti mette in luce emozioni
come la ‘vergogna’ legata all’impossibilità della comunicazione nella lingua del paese
di accoglienza, che non è presente negli altri testi esaminati.
In ogni caso, anche la sua è una storia di inserimento ‘felice’.
In pochi testi invece l’integrazione appare più problematica, caratterizzata da conflitti
con i coetanei oppure da una socializzazione difficile con gli autoctoni e dalla ricerca
di relazioni amicali con altri ‘stranieri’.
Nel testo di Michele, il protagonista è oggetto di maltrattamenti da parte di alcuni
‘spietati bulli’:
Un bambino di nome Fraldik e ha undici anni e viene dal Marocco. Io sono stato il primo a
vederlo come viaggia: porta con sé una valigia ed è sempre abbracciato ad un orsacchiotto
pelosetto di colore marroncino e con un fioccheto rosso e a pallini bianchi al collo.
Stava andando in cerca di un accampamento, perché era appena arrivato. Pultroppo un
gruppo di bulli, che odiano i stranieri, gli ammaccò la valigia e gli rubò l’orsacchiotto.
Io dopo che i spietati bulli se ne andarono io feci conoscenza. Lo aiutai e chiamammo con i
genitori la polizia e li sistemarono. (Michele)
161
Il racconto di Balina evidenzia invece difficoltà relazionali con una coetanea:
Una ragazza Albanese di nome Bora la quale aveva i capelli neri e gli occhi verdi era sola ed
era appena arrivata in Spagna. A lei alcune persone le avevano parlato della Spagna, ma lei
non li sentiva mai. Bora aveva in mano un gatto di peluche che a lei glielo aveva dato sua
madre, la quale non c’era più. Bora era andata in Spagna perché là aveva i suoi nonni, i quali
le volevano bene, ma Bora non li conosceva. Quando arrivò a casa dei nonni Bora suonò il
campanello e i nonni le aprirono la porta, la fecero entrare e la abbracciarono molto forte. In
quella casa c’era anche un’altra bambina dai capelli castani e gli occhi neri, lei si chiamava
Catia. La nonna di Bora le presentò Catia, lei era più grande di lei ma non le piaceva Bora.
Quest’ultima voleva diventare amica di Catia, ma lei non voleva parlare con Bora. Un giorno
andarono tutti sulla spiaggia e Bora come a solito aveva portato il gatto di peluche. Quando
Bora andò in bagno, Catia prese il gatto di peluche e lo butto nell’acqua. Quando ritornò Bora
stava cercando il peluche dappertutto, ma non lo trovava. Poi suo nonno disse: eccolo sta
sulla riva del mare, Bora corse a prenderlo e lo asciugò, poi si addormentò. Il giorno dopo
Catia disse a Bora che era stata lei a buttare il peluche nell’acqua, ma Bora la perdonò e
diventarono amiche. (Balina)
Tuttavia, in entrambi i casi la conclusione delle vicende è positiva e nel testo di
Michele emerge anche la solidarietà del personaggio-io narrante che, con l’aiuto dei
genitori e della polizia, interviene in aiuto del ragazzo marocchino.
Infine, nei testi di Rachele e Ada, emergono circostanze che dettagliano in maniera
più precisa questioni problematiche come la socializzazione con gli autoctoni e
l’insegnamento-apprendimento linguistico tra pari:
Makor è un ragazzo che viene dal Marocco, un adolescente che non conosce la lingua. Ha
fatto un viaggio in aereo dal Marocco all’Italia, come turista e anche per problemi di studio,
nella sua città non c’erano scuole e quindi va in Italia. Con sé porta una piccola valigia
contenente un po’ di soldi e un po’ di vestiti. Nella sua scuola ci sono molti ragazzi, lui non
conosce nessuno e si sente un po’ in difficoltà. Passa un anno e lui sa parlare già molto bene.
L’unico problema è che fin’ora non ha nessun amico. Dopo qualche giorno incontra Luk che
anche lui è immigrato dal Marocco.
Luk vive nella sua casa da solo perché i suoi genitori sono morti molti anni fa, invece Makor
vive nella sua macchina che compra dopo aver guadagnato un po’ di soldi facendo il barista.
Luk e Makor diventano come fratelli e ormai vivevano insieme nella casa di Luk.
Tutti e due avevano un lavoro e ormai si trovano molto bene in Italia. In seguito si comprano
anche un cane e due gatti perché tutti e due amavano gli animali.
162
A volte Makor va in Marocco per trovare i suoi genitori e poi ritorna in Italia da Luk dove ormai
vive lì.(Ada)
Se l’apprendimento della lingua è poco focalizzato, tuttavia nel testo di Ada emerge
chiaramente la difficoltà di socializzazione del protagonista con gli autoctoni. Infatti,
l’integrazione del personaggio (in ogni caso positiva) è connessa al rapporto da
questi stretto con un connazionale.
La vicenda è interessante anche per il realismo e la durezza con cui vengono
descritte le condizioni abitative di Makor (che vive nell’auto comperata grazie ai
guadagni realizzati lavorando come barista) e il sostegno che questi trova non nelle
istituzioni (la scuola e i suoi attori appaiono in sottofondo e appena accennati) ma
nella rete migratoria (cf. Ambrosini, 2005).
Si tratta cioè della narrazione di una vicenda che, per le caratteristiche sopra citate,
evidenzia una rappresentazione problematica dell’integrazione.
Nel testo di Rachele, le condizioni della mobilità sembrano suggerire l’appartenenza
dei personaggi a un ceto sociale medio-alto, tuttavia anche in questo caso la vicenda
è incentrata sulla relazione amicale tra due bambine entrambe straniere in relazione
al contesto di accoglienza:
Questa ragazzina dai capelli neri si chiama Natasha ha dodici anni e vive in Spagna e da lì si
trasferisce in America a Washington D.C. il 12 settembre 2011. Lei con sé si è portata tutti i
suoi pupazzetti e i suoi famigliari. Da questo punto quando è entrata in aereo, vicino a lei c’era
questa bambina che si chiama Rachele lei viene dalla Russia e anche lei si deve trasferire in
America nella stessa città e paese.
Questa fu una grande coincidenza per Natasha e che non gli era mai successo una cosa del
genere.
Tutte e due le bambine vanno a Washington D.C. per motivi di lavoro dei genitori. Natasha e
Rachele si mettono vicino, i padri si mettono vicino e parlano della crisi, le madri invece
parlano e discutono per vedere se le due bambine potevano andare nella stessa Scuola.
Queste due bambine si riuniscono ogni giorno dopo Scuola, sia per fare i compiti, sia per
giocare.
Dopo di questo, visto che Natasha non sapeva l’inglese, Rachele glie l’ha imparato ed è stato
molto difficile perché lei non sapeva lo spagnolo. Questi anni passarono in fretta, dopo di
questo quando sono diventate molto più grandi si sono ritrovate per caso in un ristorante e
sono state molto felici. (Rachele)
163
Inoltre, si sottolinea in maniera puntuale la difficoltà dell’insegnamento dell’inglese da
parte di Rachele a Natasha, a causa della mancanza di competenze linguistiche in
spagnolo, la lingua di Natasha.
In conclusione, la presenza di tanti testi sui temi della mobilità per motivi
professionali evidenzia la sensibilità all’argomento del contesto in cui è inserita la
classe e le rappresentazioni positive del fenomeno migratorio, in particolare da parte
degli alunni autoctoni sembrano mostrare buoni livelli di integrazione.
In questo primo set di testi creativi, solo pochi scritti sottolineano le difficoltà
connesse all’integrazione e, se si esclude il testo di Michele, sono tutti redatti da
alunni che hanno nella propria storia o in quella della famiglia una vicenda di
migrazione.
1.1.2. Lingue e competenze linguistiche
Nella maggior parte dei primi testi creativi, le lingue non compaiono: i personaggi
sono coinvolti in interazioni con parlanti di altre nazionalità e che dunque
presumibilimente utilizzano altri codici linguistici, tuttavia essi non sono menzionati e
restano sullo sfondo.
Riprendiamo alcuni estratti dei testi - in alcuni casi già citati - a titolo di esempio:
Camacho è un ragazzo che viene dalla Jamaica, lui ha dodici anni e non sa parlare l’italiano.
Camacho ho fatto un viaggio in barca fino a Foggia e poi con un autobus e andato a Rho. […]
Camacho era molto solo, lui passava le giornata da solo interazzo a guardare le auto che
passavano. Un giorno Camacho stava affacciato dal terrazzo, all’improvviso sentì una voce
dal piano di sopra, era Manuel, un ragazzo di undicci anni che voleva far amicizia con
Camacho, infatti diventarono grandi amici. (Emanuele)
Un giorno c’era un ragazzo con i capelli neri che si chiamava Avu con lui aveva una ragazza
che si chiamava Acial. Vengono da Italia. Devono andare a Parigi perché a loro piace tanto
Parigi, dicono che è bellissima la vogliono visitarla.
E lì incontrano una signora che gli dice la strada di Parigi la ringraziano tanto. Dopo che erano
arrivati a Parigi fanno delle foto si rilassano su un Hotel per un giorno rimangono lì. Alla
mattina escono e vanno a fare un po’ dello shopping incontrarono delle persone molto
simpatiche in quel negozio di scarpe e vestiti.
164
Una notte Acial era uscita da sola e lì stava attraversando la strada e una macchina la uccide
c’era tutto sangue, ma quella macchina non si fermò andava a tutta velocità; le altre macchine
la videro che c’era una ragazza in mezzo alla strada e la portarono all’ospedale. Avu non lo
sapeva, ma gli viene un telefono dall’ospedale che doveva venire subito lì (Rubab)
Un ragazzo di nome John Palazzesi, di origine italiana, vuole arrivare in Spagna per cercare
dei posti di lavoro.
John parte, con l’aereo, la mattina del 13 gennaio del 2012 con il suo cagnolino Bob per avere
Un po’ di compagnia.
Arrivato in Spagna incontrò una signora che cercava un commesso per il suo ristorante di
lusso. (Claudio)
Nel testo di Emanuele, il protagonista, che non conosce l’italiano, fa amicizia con un
coetaneo ma la lingua utilizzata non è specificata.
Lo stesso accade ai personaggi del testo di Rubab, che provengono dall’Italia e, in
Francia, conversano con diversi personaggi in una lingua che non viene messa a
fuoco.
Anche il protagonista dello scritto di Claudio è italiano, si reca in Spagna e qui trova
facilmente lavoro senza incontrare alcun ostacolo di tipo linguistico: come nei due
casi precedenti, la lingua è ‘implicita’.
Tale mancanza di focalizzazione della questione linguistica si ritrova anche nei testi
di Andrea, Renato, Filippo, Eleonora, Michele, Cristina, Balina, Donata (cf.
ALLEGATO 22).
In pochi testi invece il consolidamento delle competenze linguistiche dei personaggi
appare interrelato alla socializzazione, sia con focalizzazione degli aspetti
problematici sia senza.
Tra gli scritti nei quali emergono difficoltà comunicative e linguistiche, i già citati testi
di Igor e Rachele:
(Herty)…quando era arrivato non sapeva la lingua e stava tutto dasolo solo con gli amici
giocava. Herty incontrò noi che giocavamo in giardino e voleva giocare anche lui e ci siamo
conosciuti al giardino della scuola lui Herty quando era arrivato giocava con noi e imparava la
lingua con la maestra di Italiano. Ha Herty gli succede che non sapeva parlare con gli amici e
si vergoniava stare con noi però noi lo facevamo giocare perché era buono e simpatico. (Igor)
Natasha e Rachele…si riuniscono ogni giorno dopo Scuola, sia per fare i compiti, sia per
giocare.
165
Dopo di questo, visto che Natasha non sapeva l’inglese, Helena glie l’ha imparato ed è stato
molto difficile perché lei non sapeva lo spagnolo. (Rachele)
Nel primo caso, la non conoscenza della lingua costituisce in una prima fase un
impedimento alla socializzazione e provoca vergogna, tuttavia le attività ludiche e le
caratteristiche della personalità favoriscono l’inclusione nel gruppo dei pari.
Nel secondo, socializzazione e apprendimento linguistico sono interrelati e
procedono parallelamente.
Come si è già ricordato, gli autori di questi due scritti sono entrambi di origine
straniera.
Altri due testi che trattano questioni linguistiche, redatti da due alunne autoctone,
mostrano invece una rappresentazione dell’apprendimento linguistico priva di
significative componenti problematiche:
DOPO 3 ORE DI VIAGGIO ARRIVANO FINALMENTE A ROMA, LI’ SI TROVANO UN PO’
DISORIENTATI PERCHE’ LA CARTINA E’ MOLTO COMPLICATA DA LEGGERE PERCHe’
ERA SCRITTA IN ITALIANO.
POCO DOPO PRENDE UN TAXI PER FORTUNA IL TAXISTA PARLAVA RUSSO SE NO
SEREBBE STATO MOLTO COMPLICATO DIALOGARE.
ARRIVATI A CASA CHE ERA PICCOLA MA BELLA, LA SUA CAMERA ERA STUPENDA E
DIPINTA DI ROSA CON UNA SCRIVANI MOLTO GRANDE VICINO AL LETTO UNA CABINA
ARMADIO E UN’APPENDI PANNI.
IL GIORNO DOPO ERA ANDATA A SCUOLA I GENITORI LA ACCOMPAGNORONO FUORI
DALLA SCUOLA LA ASPETTAVA UNA PROFESSORESSA, LEI ANDO’ E APPENA ENTRO
TUTTI I RAGAZZI LA FISSAVANO IN MODO STRANO.
LI’ LA PROFESSORESSA GLI CHIESE SE CAPIVA LE PAROLE CHE LEI DICEVA LEI
DISSE DI NO LA PROFESSORESSA GLI DIEDE UN ESERCIZIO LEI LO ESEGUI’ MOLTO
BENE POCO DOPO RIUSCI’ A DIRE UN PO’ DI PAROLE POI CON L’AIUTO DEI
COMPAGNI RIUSCI’ A IMPARARE MOLTE PAROLE E A FORMARE DELLE FRASI E SI
FECE MOLTI AMICI. (Ester)
Arrivata, Catia aveva un po’ paura perché temeva che i suoi compagni di classe non la
consideravano. Catia faceva le medie la I D, subito dopo una compagna di nome Sara voleva
diventare la sua migliore amica, Catia contenta le disse se tutti i pomeriggi gli insegnava la
lingua Italiana. Passarono Settimane e Settimane ed era finita anche la scuola, le due amiche
si divertirono, passarono vacanze molto divertenti. Catia fece l’ultimo giorno di vacanza con
Sara che quando tornò a scuola i suoi compagni si stupirono perché aveva imparato
perfettamente l’italiano e quindi non sembrava più una straniera.(Lucilla)
166
Nel primo testo, nella parte iniziale emergono problemi linguistici e comunicativi (i
personaggi, di nazionalità russa, hanno difficoltà nella lettura della pianta della città di
Roma scritta in italiano; la comunicazione con il tassista è possibile solo grazie al
fatto che questi parla russo), mentre, nella parte conclusiva, l’apprendimento
dell’italiano da parte della protagonista avviene senza ostacoli.
In entrambi i testi apprendimento linguistico e socializzazione procedono
parallelamente.2
Solo nel testo di Ada l’apprendimento linguistico appare divergente e indipendente
rispetto alla socializzazione:
Makor è un ragazzo che viene dal Marocco, un adolescente che non conosce la lingua. Ha
fatto un viaggio in aereo dal Marocco all’Italia, come turista e anche per problemi di studio,
nella sua città non c’erano scuole e quindi va in Italia. Con sé porta una piccola valigia
contenente un po’ di soldi e un po’ di vestiti. Nella sua scuola ci sono molti ragazzi, lui non
conosce nessuno e si sente un po’ in difficoltà. Passa un anno e lui sa parlare già molto bene.
L’unico problema è che fin’ora non ha nessun amico. (Ada)
Lo scritto fornisce una rappresentazione problematica: il protagonista all’inizio non
conosce la lingua, poi la apprende in modi che, seppure non esplicitati, non hanno
relazioni con la socializzazione con i pari.
1.2. I testi creativi redatti dopo la UA2
I temi emersi dai testi redatti nella S1 dopo lo svolgimento delle Unità di
Apprendimento 1 e 2 sono sintetizzati nella seguente tabella:
2
Si noti che nel testo di Lucilla emerge il modello del ‘parlante nativo’ (lo stesso modello
emerge anche nella S2, cf. infra, testo di Lorenzo).
167
TESTI CREATIVI UA2 S1
COMUNICAZIONE
Apprendimento linguistico precedente la socializzazione
Interrelazione con la socializzazione
Strategie:
Lingua di mediazione
Gestualità
Rinuncia alla lingua d’origine
Ostacoli
Nel contesto scolastico
Nel contesto extrascolastico
SOCIALIZZAZIONE
Figure di mediazione
Pari
Familiari
Insegnanti
EMOZIONI
Emozione, nervosismo, tensione
Paura
- delle difficoltà d’inserimento
- del giudizio dei nuovi compagni
Preoccupazione
- per la comunicazione
- per la socializzazione
Solitudine
Desiderio di fuga
I testi sono stati raccolti sulla base della seguente traccia:
Ispirandoti al racconto di Besa Mone, scrivi una storia, autobiografica o di fantasia, seguendo
questa traccia: i tuoi genitori devono andare a lavorare all’estero per un periodo abbastanza
lungo, così li devi seguire. Come immagini la tua nuova vita in un paese del quale conosci
poco la lingua?
Come vorresti essere accolto a scuola? Come reagiresti alle difficoltà di comunicazione? A chi
chiederesti aiuto? Cosa faresti per fare amicizia con i nuovi compagni?
168
La lettura del testo di Besa Mone (cf. testo allegato), a partire dalla quale erano stati
sottolineati in classe una serie di aspetti problematici relativi all’inserimento del
personaggio della bambina albanese in una scuola italiana, ha sollecitato la
trattazione nei testi creativi di una serie di temi che negli scritti degli alunni
precedentemente esaminati non erano stati presi in considerazione.
La traccia assegnata per la scrittura aveva peraltro la finalità di facilitare il
decentramento e l’assunzione di un punto di vista diverso, in particolare negli alunni
autoctoni.
Come si vedrà, i testi evidenziano l’emersione dei temi linguistico-comunicativo e
della socializzazione che vengono rappresentati in maniera generalmente più
complessa e problematica rispetto a quanto riscontrato negli scritti precedenti.
Inoltre, gli aspetti emotivi e soprattutto le emozioni ‘negative’ (Izard, Pignato, 1999)
connesse all’integrazione, che nei primi testi creativi apparivano assenti (tranne in
pochi casi) fanno ora la loro comparsa in buona parte degli scritti.
La scrittura ‘decentrata’ ha dunque sollecitato una convergenza tra i temi trattati nel
testo di Besa Mone e quelli affrontati dagli alunni consentendo la tematizzazione
degli ostacoli affrontati dai bambini di origine straniera al loro arrivo in una classe
italiana.
1.2.1. Comunicazione
Il tema delle lingue e della comunicazione viene tematizzato in diversi modi, il primo
dei quali esprime l’idea che l’apprendimento linguistico debba precedere la
socializzazione:
LÌ CERCO DI FARMI DEGLI DEGLI AMICI NATURALMENTE DOPO AVER INPARATO UN
PO’ LA LINGUA (Ester)
In altri scritti invece la competenza linguistica appare interrelata alla socializzazione:
169
Mentre mi trovai in aero pensai come sarei stata accolta dagli altri bambini, da chi mi farò
aiutare nella lingua, ero abbastanza brava in Italia nell’Inglese avevo un ottimo voto ma ero al
primo anno di Inglese più approfondito perché all’elementari si imparavano le cose basilari
dell’Inglese. Alla fine arrivammo in Inghilterra precisamente a Londra una città con un “via vai”
di molte macchine. La cosa che mi attirò era la numerosità dei taxi e dei pullman a due piani
andammo in una casa in vendita della signora Braun, l’abbiamo comprata ad un prezzo
speciale e ormai era nostra. Abbiamo, prima di dover comprare casa, dovuto cambiare i soldi
da E. (euro) in £. (sterline). Abbiamo dormito bene nella nostra nuova casa. Il giorno dopo
sono andata in un collegge, tipo un collegio in Italia e mi sono trovata molto bene. Ho fatto
amicizia subito con una certa Lusy, carina con i capelli corti e riccioluti e lei mi ha fatto tipo
guida nella mia nuova scuola. E alla fine mi disse : “This is our classroom” in Italiano: “Questa
è la nostra classe”. Ho conosciuto gli altri tutti molto simpatici. E questo durò per molto… Per
sempre! (Loredana)
Nel testo di Loredana, le competenze di partenza sono elementari, e l’amicizia con la
compagna della nuova scuola consente un inserimento positivo.
“Intanto a scuola iniziavo a socializzare con qualcuno e pian piano che passava il tempo
potevo esprimermi e capire come tutti, lì.” (Clara)
Restai a lungo in Italia e intanto mi imparai a perfezione la lingua e mi feci moltissimi
amici.(Ada)
Quando passò qualche mese cominciai a parlare a scrivere e leggere anche se quando
dovevo scrivere una parola con la ‘c’ la scrivevo con la ‘k’ questo sucesse anche con le doppie
lettere, le quali io non le mettevo mai.
Però le mie migliori amiche mi aiutarono e il significato di una parola che io non conoscevo me
lo spiagavano.
In fin dei conti mi è piacciuta la scuola e mi sono trovata bene, anzi meglio di quanto pensavo.
(Balina)
Nei testi di Clara e di Ada emerge una correlazione tra socializzazione e
apprendimento linguistico, che viene esplicitata in maniera chiara nel testo di Balina,
dove l’aiuto delle amiche facilita l’apprendimento linguistico.
Dai testi emergono poi delle strategie per superare gli ostacoli dovuti alle carenze
linguistiche. In particolare, esse consistono nel ricorso a lingue di mediazione e alla
170
gestualità e nella rinuncia deliberata alla lingua di origine ai fini dell’apprendimento di
quella del contesto di accoglienza:
Troverò sicuramente delle difficoltà di comunicazione a imparare lo spagnolo ma intanto
posso usare i gesti e parlare inglese. (Andrea)
Dapprima, per capirci, gesticolavamo molto, ma dopo un po’ imparai, poco alla volta, la nuova
lingua e comunicare non fù più un grande problema. Inoltre, ben presto feci amicizia con
alcuni miei compagni e ne fui molto felice.
[…] Altri pomeriggi invece uscivo con alcuni miei compagni di scuola e anche se parlavamo
due lingue diverse bastava solo scambiarci un’occhiata per capire cosa ci volessimo dire.
(Cristina)
Il testo di Cristina in particolare evidenzia una grande fiducia nella comunicazione
non verbale.
Invece dal testo di Clara emerge la consapevolezza non solo della necessità
dell’impegno nell’apprendimento della nuova lingua ma anche della rinuncia all’uso
dell’italiano:
“Appena arrivata lì vidi che c’erano delle altre persone italiane e subito iniziarono a parlare
con me.
Io dissi L’oro che ero contenta di vedere dei miei coetanei che venivano dall’Italia, ma io
sussurrai loro, sapendo che tanto gli insegnanti non potevano capire, forse è meglio se ci
alleniamo sulla lingua io è da oggi che sono qui e loro mi diedero ragione e smettemo di
parlare in Italiano.” (Clara)
In tutti questi casi la comunicazione non si configura come particolarmente
problematica, tuttavia in altri testi si sottolineano le difficoltà ad essa collegate, sia
all’interno che al di fuori del contesto scolastico:
Tutti mi fissavano la mia compagna di banco mi parlava ma io non capivo niente e ripetevo
che sono Italiana, però lei testarda mi continuava a chiacchierare. (Lucilla)
“Siccome non sapevo la lingua, era molto difficile perché nella comunicazione anche quando
andavo a comprare qualcosa era molto più difficile della scuola. “(Rachele)
171
Se non sorprende l’emergere delle difficoltà comunicative nel testo di Rachele, più
interessante
appare
lo
scritto
di
(precedentemente esaminato) aveva
Lucilla,
narrato
che
una
nel
primo
storia
testo
creativo
di integrazione
e
apprendimento linguistico ‘felici’ e sostanzialmente aproblematici.
1.2.2. Socializzazione
Nei testi emergono alcune figure di mediazione alle quali far ricorso ai fini
dell’inserimento nel contesto di destinazione: i pari, ovvero i compagni di scuola, i
familiari (in particolare i genitori), gli insegnanti.
Figure di mediazione per la socializzazione e l’apprendimento linguistico
Pari
Ho fatto amicizia subito con una certa Lusy, carina con i capelli corti e riccioluti e lei mi ha fatto
tipo guida nella mia nuova scuola. E alla fine mi disse : “This is our classroom” in Italiano:
“Questa è la nostra classe”. Ho conosciuto gli altri tutti molto simpatici. E questo durò per
molto… Per sempre! (Loredana)
Nel testo di Loredana, la compagna di scuola funge da guida e mediatrice, così come
nei testi che seguono, dove la socializzazione si configura anche ausiliaria ai fini del
rendimento scolastico:
Siccome non capivo proprio tutto e quindi andavo spesso a casa sua per fare i compiti e per
studiare anche se non avevo proprio tutti ottimo nelle pagelle. Passarono alcuni anni e ormai i
miei compagni mi consideravano una di loro.
(Ada)
Chiderei aiuto a qualche compagno di classe, facendo i compiti insieme e dialogare con lui in
modo da imparare qualcosa in più. (Claudio)
Invece, nel testo di Lucilla la presenza dell’amica Ada non è ‘reale’ ma desiderata:
172
Tra me e me mi ripetevo, se la mia migliore amica Ada fosse stata qui, così mi faceva come
traduttore e così io capico meglio. (Lucilla)
Da notare che, in questo caso, Lucilla immagina di doversi inserire in una scuola del
paese d’origine della sua compagna Ada, che è albanese. Il suo testo è dunque
frutto di un decentramento immaginato a partire dal rapporto con Ada.
Altri testi ancora sottolineano la dimensione collettiva della socializzazione e, nel
caso di Igor, evidenziano l’importanza attribuita all’amicizia:
Per inserirmi meglio faccio amicizia con altri miei compagni e se c’e qualche difficolta c’erco di
parlarne con i miei amici per sapre cosa fare con chi ha problemi.
(Eleonora)
Io chiederei aiuto a tutta la classe se puossono aiutarmi. Io farei tante cose per avere un
amico “chi trova un amico trova un tessoro” niente non è più importante trane l’amico.” (Igor)
Familiari
In altri testi le figure di riferimento sono invece quelle della cerchia familiare e in
particolare la madre:
e io sapevo gia un po’ di cose perché mamma era venuta in Italia 5 anni fa e mi mandai un
dizionario che imparavo la lingua Italiana (Igor)
Infatti dopo un po’ di tempo ho chiesto a mamma l’aiuto perché era solo lei che sapeva la
lingua francese. (Rachele)
E SE AVRO DEI PROBLEMI LO CHIEDERO A MIA MADRE MA COMUNQUE NON CREDO
CHE NON CI DOVREMMO TRASFERIRE. (Ester)
un po’ di italiano me lo aveva insegnato mio padre. Io chiesi sempre aiuto a mio padre, ma
anche un po’ alla mia maestra così che potesse insegnarmi delle cose in più giorno per
giorno. (Donata)
Insegnanti
173
Infine, altri testi indicano gli insegnanti come figure di riferimento ai fini
dell’inserimento nel contesto di destinazione:
La mia nuova viva all’Estero era stata abbastanza difficile sia per la scarssissima conoscenza
della lingua e sia per la cultura.
A scuola ho socializzato subito perché anche non sapendo la lingua c’era la prof che mi
aiutava.” (Enrica)
Dopo una settimana arivai una maestra che mi insegnava ha parlare (Igor)
Fortunatamente c’è una Professoressa che sinceramente non ho capito che insegna e
italiana. Grazie a lei che ora ho tanti amici e amiche. (Michele)
Ricordo che in prima elementare avevo una maestra “privata” che mi insegnava un po’ la
lingua e mi aiutava a fare i compiti , ma poi imparai e non ce ne fu più bisogno. (Ada)
un po’ di italiano me lo aveva insegnato mio padre. Io chiesi sempre aiuto a mio padre, ma
anche un po’ alla mia maestra così che potesse insegnarmi delle cose in più giorno per
giorno. (Donata)
In tutti questi casi l’insegnante funge da mediatrice e facilita l’inserimento e la
socializzazione.
Le figure docenti in alcuni casi vengono definite ‘di sostegno’:
Chiederei aiuto sicuramente ai miei genitori che assumeranno una insegnante di sostegno che
mi aiuti a fare i compiti ed a imparere più velocemente lo spagnolo.(Andrea)
“Io non sapevo nulla della lingua albanese, quando volevo parlare chiedevo alla mia
insegnante di sostegno come si traduceva la frase.” (Emanuele)
Alcuni testi fanno riferimento ai corsi di lingua destinati agli alunni stranieri in orario
pomeridiano:
“Io non capivo Bene la lingua, ma la prof iniziò ugualmente a spiegare; Dopo un po’ si ricordò
di me e mi diede degli esercizi da fare.
Questi la sapevo svolgere con facilità e allora mi disse che potevo ascoltare la lezione di
grammatica.
174
Alla fine della lezione la Professoresa mi disse che potevo imparare infretta la nuova lingua,
ma per impararla meglio mi diede un foglio con dei corsi di recupero Pomeridiani.” (Clara)
La cosa che mi piaceva fare molto era di andare ai rientri pomeridiani per noi stranieri, mi
piaceva per ché mi aiutava molto ad imparare la nuova lingua. Io speravo che il modo in cui mi
hanno accolto andava bene ma invece no. (Rachele)
Tra le strategie per la socializzazione, emergono il gioco, lo sport, l’adozione di
comportamenti caratterizzati da ‘simpatia’:
Inviterei, poi, i miei compagni a casa mia per giocare e fare delle grandi merende in
compagnia. (Claudio)
Io per fare amicizia con i miei compagni ci giocherei sempre e li inviterei a delle feste. Affinché
non vogliono essere amici.
(Rachele)
Con il tempo imparai a parlare discretamente la loro lingua, e anche a farmi degli amici,
conoscei molti amici perché sotto casa mia c’era un campo da baskent dove giocavo con altri
ragazzi albanesi. (Emanuele)
Io non amo stare sola quindi ho sempre cercato di fare amicizia con gli altri perché in
compagnia si sta meglio quindi il mio metodo è questo prima di tutto mi devo imparare
qualche barzelletta così da fare colpo.(Donata)
Un altro tema interessante (da mettere in relazione con la narrazione dell’emersione,
nel testo di Besa Mone, del paese d’origine della protagonista, ovvero l’Albania,
attraverso l’intervento della mediatrice culturale) è la menzione del paese e della
lingua d’origine:
Ai miei amici raccontavo sempre dell’Italia e della sua storia, anche perché loro erano molto
affascinati dall’Italia. (Emanuele)
Io feci amicizia con molte in quella scuola e molte di loro mi chiedevano come era la vita in
Italia, la scuola e molte mi chiedevano come si dicevano alcune parole in italiano. (Clara)
175
1.2.3. Emozioni
Nei testi creativi scritti durante lo svolgimento del percorso didattico, emerge in
maniera molto più ampia ed esplicita rispetto ai primi l’espressione delle emozioni.
La nozione di emozione è molto complessa e oggetto di concezioni differenti anche a
seconda della prospettiva disciplinare (Izard, Pignato, 1999; Amerio, 2007), in ogni
caso ciò che interessa nel presente lavoro è evidenziare, a partire dagli enunciati
degli alunni, la messa a fuoco degli aspetti emotivi collegati alla migrazione, alla
socializzazione, all’apprendimento linguistico che, dopo le attività didattiche svolte,
diventano oggetto del discorso scritto degli alunni.
In alcuni testi emergono emozione, nervosismo, tensione collegate alla notizia
dell’imminente partenza e/o al pensiero dell’inserimento scolastico in un paese
straniero:
Quando i miei genitori andarono a lavorare in Albania, io ero molto agitato e emozionato.
(Emanuele)
Durante il viaggio pensavo alla mia nuova scuola ed ai miei nuovi compagni, il problema era
solo uno: come capire le cose. Domani sarà il mio pimo giorno di scuola e sono molto
emozionato.
(Renato)
Io devo andare con i miei genitori in un altro paese, che non conosco la lingua molto bene.
Per fortuna che con me ci sono i miei genitori gli unici che conosco in questo paese.
Il periodo è da 1 a 3 anni. Perciò devo fare lì la scuola. Il modo in cui vorrei essere accolto non
saprei basta che siano gentili. Dopo il mio primo girorno di scuola sono nervoso perché ho
difficoltà di comunicazione. Dalla tenzione ho paura di essere interrogato e saper dire solo
“Yes”. Anche se “Yes” è inglese mentre io sto in Spagna. (Michele)
Nel testo di Michele, in particolare, nervosismo e tensione sono associati alle
difficoltà di comunicazione.
Lo scritto di Igor sottolinea invece la vergogna legata all’uso di una lingua poco
conosciuta:
176
I miei genitori sono andati all’estero per il lavoro, dopo mi hanno portato con loro in Italia. Io ha
scuola sono andato dal secondo giorno da quando sono venuto in Italia. Andavo ha scuola e
io sapevo gia un po’ di cose perché mamma era venuta in Italia 5 anni fa e mi mandai un
dizionario che imparavo la lingua Italiana ma ha scuola mi vergogniai ti parlare.(Igor)
Tuttavia, come si è visto, l’alunno aveva già parlato di vergogna nel primo testo
precedentemente menzionato.
Un’altra emozione presente nei testi è la paura.
Nello scritto di Eleonora, essa è collegata alle difficoltà d’inserimento e al giudizio dei
nuovi compagni:
Se io e i miei genitori ci trasferiamo la mia nuova vita ne l’himmagino molto difficile perche in
un paese in cui la lingua la conosco pochissimo non è che è molto facile e inserirsi sarebbe
molto difficile.
A scuola, visto che è il mio primo giorno, non mi aspetterei tanto ma vorrei che ci andassero
piano con le loro critiche. (Eleonora)
In altri testi invece (Claudio, Lucilla
Ada, Balina, Donata) si configura come
preoccupazione sia per la comunicazione sia per la socializzazione:
Sono un ragazzo italiano, abito in un piccolo paese dove quasi tutti si conoscono.
Da un giorno all’altro la mia vita è cambiata perché i miei genitori hanno avuto l’opportunità di
andare a lavorare all’estero, precisamente a Londra.
I miei genitori sembravano entusiasti, io e mio fratello un po’ meno.
Andai in camera mia e mi misi a riflettere in rilenzio, i pensieri e le paure frullavano nella mia
testa.
Londra è una città molto grande e il mio pensiero è quello dell’adattamento.
La lingua sia da me che dai miei genitori viene parlata a livello scolastico, quindi questo
provocherebbe un grande disagio.
Nel mio paese ho i miei amici e a scuola vado volentieri perché è come una famiglia.
Cambiando città la scuola sarebbe per me un luogo estraneo e sono sicuro che non sarei
accolto come uno di loro.
Avrei difficoltà nella comunicazione sia con gli insegnanti che con i miei compagni.
Sono un ragazzo amichevole con tutti, ma in questo caso penso di avere delle grandi paure di
inserimento.[…]
Staccarsi dalle proprie abitudini, amici e vari interessi non è facile e questo disturbo può
portare ad un crollo fisico e morale. (Claudio)
177
Un giorno i miei mi diedero una notizia terrificante, cioè di andare a vivere in un altro stato,
perché il nostro era ormai in crisi e non si trovava più lavoro. (Lucilla)
Noi di solito non vedevamo l’ora che finisse l’estate al meno così potevamo incontrare i nostri
amici, ma quest’estate non volevamo che finisse. Non volevamo perché avevamo paura di
andare a scuola dove tutti i ragazzi parlano una lingua diversa dalla nostra. Era un problema
più grande per mio fratello a differenza di me, perché io avevo fatto l’asilo invece lui non era
venuto mai. La fine dell’estate pero arrivò e noi andammo a scuola con tanta timidezza di
parlare, perché avevamo paura di dire qualcosa con cui tutti avrebbero riso. Quando passò
qualche mese cominciai a parlare a scrivere e leggere anche se quando dovevo scrivere una
parola con la ‘c’ la scrivevo con la ‘k’ questo sucesse anche con le doppie lettere, le quali io
non le mettevo mai.
(Balina)
I miei genitori dovevano partire dall’Africa per l’Italia per lavoro. Avevo paura perché andare in
un nuovo paese di cui non conoscevo neanche la lingua non riuscivo proprio ad
immaginarelo.(Donata)
Nel testo di Rachele emerge il senso di isolamento:
Siccome io non parlavo la lingua era un po’ difficile chiedere dove stava la mia classe.
Io mi sentivo molto isolata e non molto bene in questa scuola perché mi ci perdevo e mi
prendevano tutti in giro. (Rachele)
Nello scritto di Ada vengono espressi la sensazione di essere ‘in gabbia’ e il
desiderio di fuga a casa:
Era arrivato finalmente il giorno in cui sarei andata a vivere in Italia per motivi di lavoro dei
miei genitori. Mio padre decise che saremmo andati a scuola, mio fratello avrebbe frequentato
la prima elementare e io l’ultimo anno d’asilo. Il mio primo giorno di scuola fu terribile perché
innanzitutto non sapevo parlare e mia madre non poteva restare lì con me. Ero praticamente
in gabbia perché non conoscevo nessuno e quando la maestra mi parlava io non capivo
proprio niente. C’erano molti stranieri e molti erano albanesi, io a volte parlavo con loro in
albanese, ma il mio unico pensiero era di tornare a casa. (Ada)
178
2. SCUOLA 2
Nel secondo terreno di ricerca, l’analisi dei testi creativi ha consentito di individuare
temi per la maggior parte affini a quelli emersi nella S1, anche se non sempre si è
riscontrata una perfetta coincidenza, come si chiarirà di seguito.
In ogni modo, in generale i testi risultano più ampi e complessi rispetto a quelli della
S1.
Occorre peraltro precisare che, tra i primi testi creativi, solo pochi trattano il tema
della mobilità e delle lingue, mentre il secondo set di dati, ovvero i testi redatti
durante lo svolgimento del percorso didattico dopo l’UA2, risulta incompleto: solo 10
alunni sui 23 partecipanti alla ricerca hanno infatti consegnato gli scritti.
Tale incompletezza pregiudica la possibilità di un confronto globale tra i due gruppiclasse, tuttavia i dati che emergono da questo ulteriore set di dati risultano in ogni
caso interessanti come si cercherà di evidenziare nelle pagine che seguono.
2.1. I primi testi creativi
Temi emersi dall’analisi dei primi testi creativi in relazione all’integrazione e alle
lingue
PRIMI TESTI CREATIVI S2
INTEGRAZIONE
‘Felice’
- senza ostacoli
- con ostacoli (difficoltà a trovare l’occupazione desiderata) facilmente superati
Problematica (shock linguistico e culturale, crudeltà dei compagni e dei docenti nel
contesto scolastico)
LINGUE E COMPETENZE LINGUISTICHE
179
Non focalizzate
Interrelate alla socializzazione
- con focalizzazione degli aspetti problematici
- senza focalizzazione degli aspetti problematici
2.1.1. Integrazione
Nei primi testi creativi, come avviene nella S1, così anche nella S2 l’integrazione
viene descritta in maniera ‘felice’.
Nel testo di Giovanna essa avviene senza ostacoli:
Tre giorni dopo ero tra i banchi di scuola e riuscivo abbastanza bene a capire ciò che
dicevano. Ero vicina di banco ad una ragazzina che mi parlava lentamente e con parole che
riuscivo a comprendere. Lei mi ha fatto conoscere le sue amiche, durante la ricreazione, e
sono tutte molto simpatiche…mi hanno detto che gli piacciono molto i miei capelli, così lunghi,
e neri, e lisci! Io non facevo molto caso a questa cosa perché in India ce li hanno più o meno
tutti così. Mi comincia a piacere l’Italia! Faccio sempre più amicizie. Un Sabato mi hanno
invitata ad una festa a cui partecipava quasi tutta la scuola. Mi sono divertita molto e mentre
sentivo la musica a palla ho incontrato una mia vecchia amica che si è trasferita in Italia
dall’India più o meno quattro anni fa..ci siamo abbracciate e ci siamo raccontate un sacco di
cose. Ci sentiamo più o meno ogni giorno con lei e con le mie nuove amiche. Ora sono proprio
felice di essere in Italia! (Giovanna)
Arriva una persona con i capelli neri qua in Croazia e una donna di 25 anni. Veniva dall’Africa
e voleva venire in Europa per scappare dalla guerra la in Africa. Era venuta da sola dall’Africa
con l’aereo grazie ai soldi che gli aveva dati il fratello che viveva in Francia. Qua in Croazia
incontra un uomo e subito si fidanzia. Dopo un po di tempo si sposarono i due ed ebbero 2
figli. (Enzo)
Viaggiavo da solo ed ora sono arrivato in Italia. Io qui mi sento bene: ho il cibo a sufficienza,
ho un lavoro, una casa. Insomma sto veramente bene in Italia, ma non dimenticherò quello
che è successo ai miei cari perché saranno sempre nel mio cuore.
(Enrico, Roberto, Rocco, Mirco)
180
Occorre peraltro sottolineare che la protagonista del racconto di Giovanna appartiene
a una famiglia di livello socioeconomico medio-alto, come si evince dagli oggetti che
la protagonista porta con sé.
In ogni caso anche gli altri personaggi, in fuga dalla guerra, hanno vicende di
integrazione prive di aspetti problematici.
In un altro testo invece l’ostacolo è costituito dall’iniziale difficoltà dei personaggi a
trovare l’occupazione desiderata:
Una bella ragazza dai capelli neri arrivo a Parigi. La ragazza con se ha una valigia piena di
disegni. Questa ragazza si chiama Laura, arriva da Firenze, e cerca lavoro in una casa di
moda…vuole fare la stilista! E’ arrivata sola a Parigi, ma durante il viaggio conosce due
ragazze inglesi che hanno la sua stessa passione. E queste ragazze che si chiamano
Alexandra e Jane.
Arrivate a Parigi le tre ragazze mandano i loro disegni, e i loro curriculum a molte case di
moda ma sfortunatamente, nessuna di queste case di moda le accettano, quindi le ragazze
decidono di cucire i vestiti da sole e di fare una sfilata. Dopo qualche settimana, queste
ragazze sono pronte per fare la sfilata, e decidono di farla di domenica in un parco. Arrivato il
gran giorno le ragazze sfilano con indosso gli abiti creati da loro, e, fortunatamente, fra il
pubblico c’era anche il direttore della linea Chanel, che le richiama per fare il colloquio.
In breve tempo queste ragazze iniziano a lavorare e a creare vestiti per lui. (Emilia)
Tuttavia, la vicenda narrata da Emilia trova una soluzione e una conclusione positiva.
L’integrazione appare invece molto problematica, nella fase iniziale, nel testo di
Lorenzo:
Ciao, mi chiamo Kokihixiona, e vengo dallo Srilanka. A causa della crisi economica, mi sono
dovuta trasferire in Italia. E’ stata la cosa + brutta della mia vita. All’inizio, mi sono ritrovata in
un paese di cui non conoscevo ne lingua, ne tradizione, ne niente! I miei compagni di classe
erano crudeli con me, i professori idem. E’ davvero molto difficile: è come essere sordo: non
capire quello che gli altri cercano di comunicarvi. Ma questo è solo l’inizio. Il sedicesimo giorno
di scuola, mentre mi trovavo ai Giardini Diaz, una ragazza di nome Arianna, mi cercò di
invitare a casa sua, ma io non sapendo la lingua, non ho potuto rispondere. Il giorno dopo è
ritornata con un computer, e mi ha comunicato attraverso un traduttore, ho compreso
l’indirizzo e, il pomeriggio, sono andata a casa sua. Passarono settimane, mesi ed il mio
parlato era sempre migliore. Arianna era diventata la mia migliore amica. Ormai sono arrivata
a 23 anni, studio lingue e il mio italiano è diventato quasi come quello di una madrelingua.
Questo testo, anche se non sembra, è pubblico, ma il messaggio che voglio darvi è l’evento +
brutto della mia vita: la morte della persona + cara della mia vita, Arianna.
181
(Lorenzo)
Nel testo vengono messe in luce in maniera molto intensa le difficoltà d’inserimento
dovute sia allo shock linguistico e culturale, sia ad un’integrazione scolastica priva di
supporti.
Alle carenze istituzionali si sopperisce attraverso contatti extrascolastici e rapporti
amicali.3
2.1.2. Lingue e competenze linguistiche
Anche nella S2, in diversi testi creativi le lingue utilizzate nella mobilità non sono
focalizzate e restano implicite e sullo sfondo (cf. ALLEGATO 32, scritti di: Emilia,
Enrico, Roberto, Rocco, Mirco, Vera, Simona, Antonia, Enzo).
Inoltre, come nella S1, compaiono, seppure in due soli testi, le categorie delle lingue
interrelate alla socializzazione,
sia con sia senza focalizzazione degli aspetti
problematici. Il testo di Giovanna, ampio e ricco, mostra una rappresentazione della
comunicazione linguistica senza ostacoli, in quanto accuratamente preparata prima
della mobilità ad opera dei genitori della protagonista e facilitata poi da una
socializzazione positiva e aproblematica nel contesto di destinazione:
Lo conoscevo un po’ l’Italiano, perché mamma aveva frequentato dei corsi e ci aveva
mandato anche me e Maya, diceva che ci sarebbe servito prima o poi perché papà aveva dei
rapporti di lavoro con l’Italia e lui la parlava bene questa lingua. […] Tre giorni dopo ero tra i
banchi di scuola e riuscivo abbastanza bene a capire ciò che dicevano. Ero vicina di banco ad
una ragazzina che mi parlava lentamente e con parole che riuscivo a comprendere. […] Ci
sentiamo più o meno ogni giorno … con le mie nuove amiche. Ora sono proprio felice di
essere in Italia!
Nel già citato testo di Lorenzo, invece, gli aspetti problematici della comunicazione
vengono non solo citati, ma anche enfatizzati:
3
Nel testo si nota peraltro anche la menzione dell’apprendente ‘madrelingua’ e l’emersione del
modello del ‘parlante nativo’.
182
E’ stata la cosa + brutta della mia vita. All’inizio, mi sono ritrovata in un paese di cui non
conoscevo ne lingua, ne tradizione, ne niente! I miei compagni di classe erano crudeli con me,
i professori idem. E’ davvero molto difficile: è come essere sordo: non capire quello che gli altri
cercano di comunicarvi.
(Lorenzo)
Dagli scritti di Giovanna e Lorenzo emerge dunque una significativa consapevolezza
dei processi di apprendimento e comunicazione linguistica, tuttavia si tratta, nella S2,
di due casi isolati.
Nella S2 non si riscontra invece il tema dell’apprendimento linguistico indipendente
dalla socializzazione, presente come si è visto nella S1.
2.2.I testi creativi redatti dopo la UA2
I temi emersi dai testi redatti
nella S2 dopo lo svolgimento delle Unità di
Apprendimento 1 e 2 sono sintetizzati nella seguente tabella:
TESTI CREATIVI UA2 S2
COMUNICAZIONE
Apprendimento linguistico autonomo
Apprendimento linguistico precedente la socializzazione
Ostacoli
Nel contesto scolastico
SOCIALIZZAZIONE
Figure di mediazione
Pari
Familiari
Insegnanti
EMOZIONI
Emozione, nervosismo, tensione
Imbarazzo
Smarrimento e paura della solitudine
Preoccupazione per la comunicazione
per la socializzazione
Nostalgia
183
Angoscia
2.2.1 Comunicazione
In
relazione
all’apprendimento
linguistico,
nella
S2
emerge
il
tema
dell’apprendimento linguistico autonomo, non presente nella S1:
Mi allenerei molto per capire le cose userei molto il vocabolario e se non ce la faccio chiederei
aiuto ai miei genitori. (Emilia)
Come nella S1, in alcuni casi l’apprendimento linguistico precede la socializzazione:
Ma che sto dicendo? Non capirei niente in spagnolo! Per imparare la lingua e comunicare un
po’ con qualcuno mi farò aiutare da mia sorella Maria che studia lo spagnolo a scuola e lo sa
molto bene. (Giovanna)
Per quanto riguarda la lingua prima di iniziare la scuola avrei fatto francese con le ripetizioni
della mediatrice, in modo da poter essere pronta per la scuola francese, (Sara)
Il testo di Giovanna definisce infatti una preparazione linguistica alla mobilità
attraverso la collaborazione della sorella, quello di Sara attraverso l’aiuto di una
‘mediatrice’, sebbene a tale personaggio siano ascritte le caratteristiche di
un’insegnante invece che di una mediatrice linguistico-culturale.
Nella S2 si rileva poi l’emergere dell’organizzazione preventiva del soggiorno
all’estero:
Prima di partire m’informerei contattando una scuola che forse mi potrà accogliere,
comunicandogli la mia presenza futura e quindi chiedendogli la disponibilità. Contatterei una
signora che mi può dare sostegno alle mie difficoltà, solo per sicurezza.(Vera)
184
A differenza di quanto avviene nella S1, nella S2 non emerge il tema
dell’apprendimento linguistico interrelato alla socializzazione. 4
Compaiono invece le difficoltà di comunicazione, in particolare all’interno del
contesto scolastico:
Sarei in un nuovo stato con tradizioni diverse e lingue diverse in più a scuola non capirei
niente anche se mi rispiegassero tutto. A scuola vorrei essere accolto più o meno come alla
nostra: dove vieni presentato agli altri e dopo sono gli altri a conoscerti un po’. (Roberto)
Davanti a me tutti mi fissano, la prof.ssa mi parla in cinese, non ci capisco nulla, più tardi sono
venuta a sapere che significava: - “ Ciao, accomodati, ti troverai bene!” Pensare che non so
neanche come si dice ciao, oppure addirittura un si o un no! (Antonia)
2.2.2. Socializzazione
Quanto alle figure di mediazione per l’inserimento nel nuovo contesto, esse
coincidono con quelle emerse dai testi della S1, ovvero i pari e in particolare i
compagni di scuola, i familiari e gli insegnanti
Compagni di scuola:
4
Tuttavia, il ricorso a strategie comunicative basate sulla gestualità compare nella risposta alla
domanda 1 della scheda per mezzo della quale sono stati raccolti anche i testi creativi. Si veda
l’allegato n…, in particolare i testi di Giovanna e Clelia:
Sì quando ho preso per un mese una bambina bielorussa noi non conoscevamo la
lingua russa e lei non conosceva l’italiano ma quando gli chiedevamo qualcosa mostrandogli
qualcosa che si legava alla sua tradizione e al suo paese, lei cercava di spiegarci qualcosa a
gesti.(Giovanna)
A me è capitato di fare un’esperienza fantastica con due ragazzi che ora non sono
potuti rimanere in Italia per motivi che non conosco. Erano due fratelli, lei si chiamava Alema e
lui Mendi. La prima volta che li ho visti mi facevano un po’ compassione. Lei aveva la mia età
mentre lui era un anno più grande. Un giorno mentre giocavo li ho visti che non si volevano
staccare dalla loro mamma e così sono andata vicino a loro. Non riuscivo a capirli e loro a me,
così ho pensato di cercare di farmi capire a gesti e così ho fatto e abbiamo iniziato ad essere
amici il giorno dopo appena appena sono arrivata a scuola mi ricordo che loro erano lì e lei mi
è venuta vicino e e con dei gesti strani cui non capivo il significato mi ha detto qualcosa ed io
non sapendo cosa fare le ho accennato un sorrisino. Una volta era l’ora della merenda ed io
facendo dondolare le gambe sotto il tavolino per sbaio le ho dato un calcio, lei mi ha detto qual
cosa in afgano io non capendola le ho detto di si e in quel preciso istante mi ha ridato un
calcio; ho capito che mi aveva chiesto se ero stata io a darle un calcio, allora sono scoppiata a
ridere, lei ha capito la mia risata e ha iniziato a ridere anche lei. (Clelia)
185
Mi sarebbe piaciuto se i compagni mi avessero accolto con gentilezza e mi aiutassero a capire
meglio la lingua. (Emilia)
Ma soprattutto mi preoccupavo soprattutto perché a scuola non mi trovavo bene, non sapevo
comunicare e mi trovavo molto a disagio. Ma per fortuna nella mia classe c’era una mia
vecchia amica di nome: Claire che mi aiutava a parlare con facilità con gli altri. (Simona)
dovrò imparare a conoscere meglio l’americano, ma nessun problema, mi aiuterà la mia amica
Elena che vive lì da molto più di me. (Viola)
Familiari:
Per imparare la lingua e comunicare un po’ con qualcuno mi farò aiutare da mia sorella Maria
che studia lo spagnolo a scuola e lo sa molto bene. (Giovanna)
Mi allenerei molto per capire le cose userei molto il vocabolario e se non ce la faccio chiederei
aiuto ai miei genitori. (Emilia)
Insegnanti
Chiederei aiuto ad una prof ad un consulente scolastico. Mi presenterei come un ragazzo
venuto da un altro paese per questioni familiari per qualche tempo. (Roberto)
Oggi, 2° giorno di scuola, ho conosciuto la prof. Di Lettere, per fortuna parla anche l’italiano,
così almeno ci capisco qualcosa (Antonia)
Gli strumenti per la socializzazione, oltre al gioco, già presente nella S1, consistono
da un lato nell’organizzazione di feste e occasioni conviviali, dall’altro sono identificati
nella disponibilità, l’apertura, la gentilezza.
farei amicizia con dei giochi molto belli che ho io. (Enrico)
Farò tante nuove amicizie, farò feste, inviterò i miei amici a casa e gli farò anche mangiare del
cibo italiano. Sono una ragazza timida e spero che gli altri si facciano avanti .
(Giovanna)
Organizzerei, poi una pizzata proprio per conoscere tutti. Così proprio da diventare, secondo
me, molto simpatica. (Vera)
186
Per fare amicizia con i miei compagni gli parlerei del mio paese e di tutto quello che si mangia
ecc. E da quel giorno, imparai l’inglese e mi trovai bene con tutti.
(Simona)
“Per fare amicizia con i miei compagni potrei innanzitutto essere disponibile con loro però
sempre senza farmi trattare male, così, dopo poco tempo avrei capito subito dal
comportamento delle persone quali sarebbero state meglio per me. Poi le avrei conosciute
meglio” pensavo.
Quando sarò là cercherò di fare amicizia con tutti attraverso gentilezza. (Vera)
Anche nella S2 emerge inoltre il paese e la lingua d’origine:
vorrei solo un normale saluto, magari in italiano, così per mettermi a mio agio, di certo non
voglio che i/le ragazzi/e mi fissino e non voglio per niente ripetere la seconda media, voglio
andare subito in terza, mio padre me lo ha promesso, vorrei che si parlasse dell’Italia…che IO
parlassi dell’Italia! Di tutte le cose belle che ci sono. (Giovanna)
2.2.3. Emozioni
Nella S2 si nota nei testi l’emergere di emozioni in buona parte analoghe a quelle
presenti negli scritti della S1, tuttavia compaiono in più anche imbarazzo e angoscia.
Riportiamo di seguito gli enunciati riferiti ai fenomeni emotivi nei testi.
Emozione, nervosismo, tensione
Dopo qualcuno a scuola mi dovrebbe un po’ calmare perché si sa come è il 1° giorno di
scuola.(Roberto)
Imbarazzo
Pensare che non so neanche come si dice ciao, oppure addirittura un si o un no! Che
imbarazzo! (Antonia)
Davanti alle difficoltà di comunicazione sarei spaventata e imbarazzata (Viola)
Smarrimento e paura della solitudine
187
Mi sentivo persa. “E se non troverò qualcuno con cui essere amica, rimarro sola? (Sara)
Preoccupazione sia per la comunicazione sia per la socializzazione.
Io ero molto preoccupata perché non conoscevo la lingua, non conoscevo nessuno del posto.
Ma soprattutto mi preoccupavo soprattutto perché a scuola non mi trovavo bene, non sapevo
comunicare e mi trovavo molto a disagio. (Simona)
Davanti alle difficoltà di comunicazione sarei spaventata e imbarazzata ma con il tempo penso
che non sia più un problema e poi, come ho detto prima, ci sarà Elena in mio aiuto. Per fare
amicizia con gli altri aspetterò che il destino faccia il suo corso. (Viola)
Nostalgia
Spero di tornare in Italia, mi mancano gli amici, i nonni, gli zii…Non ne posso più!!!(Antonia)
Angoscia
Così sono andata a dormire presa dall’angoscia per risolvere i miei problemi. (Sara)
3. CONCLUSIONE
In conclusione, rispetto ai primi testi creativi (raccolti nella fase della preindagine),
negli scritti redatti dagli alunni durante lo svolgimento del percorso didattico, a
seguito delle attività di comprensione e analisi dei testi letterari e in particolare del
racconto di Besa Mone, emerge la focalizzazione di temi quali le lingue e la
comunicazione, la socializzazione, le emozioni collegate alla mobilità di lungo
periodo e all’inserimento in un nuovo contesto.
Ciò avviene a seguito di una serie di processi che si ritiene siano stati innescati dalle
attività svolte in classe: il primo è la “sintonizzazione tra i propri registri affettivi e
quelli dei personaggi per arrivare a condividere le situazioni” (Carrubba, 1999: 33),
facilitato dalla soggettivizzazione, che consiste nella rappresentazione della realtà
188
attraverso il punto di vista dei personaggi ed è una delle caratteristiche che, secondo
Bruner, il discorso narrativo deve possedere per coinvolgere il lettore.
La connessione a livello affettivo appare a sua volta collegabile a ciò che in
psicologia
sociale
è
stato
definito
‘implicazione
forte’
in
relazione
alle
rappresentazioni sociali (Flament e Rouquette, 2003, cit. in Amerio, 2007: 325).
Tale ‘implicazione forte’ in relazione all’oggetto della rappresentazione sociale può
avvenire per tre motivi, ovvero l’identificazione personale, la valorizzazione
dell’oggetto, la possibilità percepita dell’azione pratica.
In particolare, la valorizzazione dell’oggetto ‘è legata alle valenze che l’oggetto
assume in relazione ai valori e alle credenze degli individui e dei gruppi sociali’
(Amerio, ibid.) e il grado di implicazione, secondo questa prospettiva, dà origine a
posizionamenti diversi in relazione sia all’oggetto stesso che alla rappresentazione
sociale.
Ora, sulla base dell’analisi dei dati precedentemente esposta appare plausibile
concludere che i processi di sintonizzazione affettiva innescati dalle attività svolte a
partire dal testo letterario abbiano contribuito allo sviluppo di un atteggiamento
empatico verso il personaggio della protagonista del racconto di Besa Mone e con
esso anche l’aumento del grado di implicazione attraverso la valorizzazione dello
stesso personaggio che nel racconto vive l’esperienza della migrazione.
Si ritiene dunque che tali processi abbiano contribuito alla complessificazione delle
rappresentazioni degli alunni in relazione alle lingue e all’apprendimento linguistico
nella mobilità e nella migrazione.
189
DOMANDA DI RICERCA 2
La seconda domanda di ricerca è la seguente:
Quali tra le attività realizzate hanno contribuito maggiormente a rendere più articolate
le rappresentazioni e le riflessioni sugli incontri e le relazioni sociali tra soggetti dalle
appartenenze linguistiche e culturali plurali?
I dati utilizzati consistono nelle risposte ai questionari iniziali e finali e ai questionari di
comprensione e analisi dei testi letterari, nei materiali raccolti durante le attività
didattiche (relativi ad attività svolte in classe o assegnate per lo svolgimento
domestico), nelle schede-diario compilate dagli alunni a conclusione delle UA1 e
UA2.
Attraverso le attività svolte, sono stati introdotti alcuni concetti e sollecitate riflessioni
sui temi trattati dai testi letterari, con particolare attenzione agli incontri-scontri tra
soggetti dalle appartenenze linguistiche e culturali diverse.
I dati raccolti nei terreni di ricerca, anche se consistenti in enunciati spesso brevi,
offrono alcune informazioni che evidenziano la ricezione e le reazioni degli alunni alle
attività proposte.
4. PREINDAGINE
Prima di esporre l’analisi dei dati raccolti durante lo svolgimento del percorso
didattico, si ritiene opportuno sintetizzare quanto è emerso nella fase della
preindagine e in particolare dai questionari iniziali, attraverso le domande relative al
tema degli incontri tra soggetti di diversa origine e appartenenza, quali:
7a. E’ difficile andare d’accordo con i compagni di scuola o in generale con le persone che
provengono da altri paesi e che hanno culture e modi di pensare diversi.
7b. Perché? Motiva la tua risposta.
21. Conosci e/o frequenti o hai frequentato persone che provengono da altri paesi e con
lingue e culture diverse dalla/e tua/e? Racconta.
190
23. Che idea ti sei fatta/o della convivenza tra persone con lingue e culture diverse (cioè che
provengono da paesi diversi e hanno modi di pensare e tradizioni differenti)?
Nella S1, si rilevano opinioni per lo più positive sulle relazioni ‘interculturali’, che si
possono articolare nelle seguenti categorie, relative a quanto emerge sugli alunni di
origine straniera:
1. ‘sono come noi’
2. ‘mi insegnano tante cose’
3. ‘facciamo tante cose insieme’
4. ‘andiamo d’accordo’.
Gli enunciati classificati nella prima categoria sottolineano le caratteristiche comuni e
appaiono collocabili in una fase di ‘minimizzazione’ secondo il modello di Bennet, in
quanto prevede il non riconoscimento delle peculiarità delle appartenenze differenti.
Gli enunciati di cui al punto 3 sottolineano invece la dimensione comune delle attività
svolte e quelli del punto 4 evidenziano la positività relazionale.
Si rilevano tuttavia anche enunciati di altro segno, che
focalizzano difficoltà
relazionali, attribuite a tratti della personalità oppure a difficoltà comunicative:
ci sono dei ragazzi che non sono simpatici a nessuno e sono dispettosi e cattivi, ma io provo a
farci amicizia, anche se non ci riesco, ma io non gli do molta importanza, perché già ho tanti
amici.
(Emanuele)
Se non sanno l’italiano è molto difficile se no è abbastanza facile.
(Rachele)
Emanuele traccia un giudizio molto netto e negativo su questi compagni, descrivendo
un atteggiamento ambivalente nei loro confronti: i tentativi di instaurazione di buone
relazioni, che falliscono, non suscitano significative preoccupazioni data la
disponibilità di altre amicizie. Dunque la motivazione alla creazione di relazioni
inizialmente affermata non risulta in definitiva particolarmente forte.
Rachele, alunna nata in Russia, pone invece l’accento sulle competenze linguistiche,
considerate fondamentali ai fini dell’instaurazione di buone relazioni.
Le risposte alla domanda 21 sono quasi tutte positive e fanno per lo più riferimento
alla conoscenza, alla frequentazione e all’amicizia con i compagni di classe di origine
191
straniera, anche se alcuni enunciati lasciano intravvedere uno sfondo non privo di
pregiudizi nei confronti del gruppo di appartenenza dei compagni, come nel caso
dell’enunciato di Lucilla:
La mia migliore amica infatti è Albanese però io la considero Italiana e ci siamo conosciute in
4° elementare. (Lucilla)
Ada osserva invece che la sua amica non le ha mai raccontato della sua cultura:
Sì, ma lei non mi ha mai raccontato della sua cultura. (Ada)
L’appartenenza socioculturale è collocata dunque in secondo piano rispetto alle
relazioni amicali.
Questo non vale però per tutti, se un alunno (Emanuele) risponde negativamente alla
domanda e un altro (Renato) scrive:
No, non frequento queste persone perché li vedo solo a scuola e poi frequento di solito le
persone di qui S. Severino. (Renato)
Renato ed Emanuele rispondono anche ad un’altra domanda rimarcando la
separazione tra sé e ‘loro’. Si tratta della già ricordata domanda n. 23:
23. Che idea ti sei fatta/o della convivenza tra persone con lingue e culture diverse (cioè che
provengono da paesi diversi e hanno modi di pensare e tradizioni differenti)?
Le risposte si sono polarizzate intorno a due categorie tematiche principali, che
abbiamo denominato:
1. Apertura alla socializzazione
2. Indifferenza dell’origine/uguaglianza
Gli enunciati classificati nella prima categoria ribadiscono l’aproblematicità della
socializzazione tra soggetti dalla diversa appartenenza culturale:
Che possono legare molto e aiutarsi a vicenda.(Loredana)
Non credo che sia un problema. (Michele)
192
Quelli della seconda enfatizzano l’indifferenza dell’origine e la sostanziale
uguaglianza:
Come è nel tuo paese, è bello opure no. (Igor)
Sono uguali a tutti gli altri, solo con alcune conoscienze in più. (Cristina)
Invece, Renato ed Emanuele sottolineano l’uno le differenze, l’altro la propria
indifferenza:
Ognuno pensa e prega la sua religione e ognuno ha la sua tradizione. (Renato)
Non mi interesso, anche perché non esco con loro e perché ci parlo poco. (Emanuele)
Entrambi gli enunciati riflettono in ogni caso posizioni di distanza e di separatezza e
appaiono come il riflesso di una concezione che richiama lo stadio definito da Bennet
della ‘negazione’, nel quale il soggetto “non riesce ad elaborare categorie
significative per la differenza”, ovvero non è mai entrato in contatto con essa oppure
ne ha un’idea vaga e associa in un’unica categoria persone e gruppi molto vari: es.
‘gli stranieri’, ‘gli immigrati’ etc. (Castiglioni, 2005, p. 15).
Nel secondo terreno di ricerca, a differenza di quanto avviene nella S1, la risposta
alla domanda 7 evidenzia l’accordo di 8 alunni su 23 con l’affermazione formulata,
dunque gli enunciati esprimono dei problemi di convivenza relativi all’ambiente
scolastico, seppure con intensità diversa:
Molto d’accordo
Perché sono fastidiosi e anche molto, sono antipatici e gli sembra di essere i più grandi della
scuola solo perché sono stati bocciati e trattano molto male le persone italiane (bullismo).
(Simona)
Molto d’accordo.
Perché pure io sono di un altro paese e io vado molto d’accordo con gli altri ma certi no.
(Gjorge)
Abbastanza d’accordo.
Perché sono più scontrose e passano direttamente alle mani, senza parlare civilmente. Però
non tutti sono così. (Roberto)
193
Abbastanza d’accordo.
Perché secondo me i loro modi di fare non sono uguali ai miei, quindi è più difficile
‘comunicare’ con loro. (Emma)
Lo scritto di Simona evidenzia i problemi relazionali con una categoria specifica di
alunni, ovvero coloro che hanno accumulato ritardi scolastici e adottano
comportamenti ascritti al fenomeno del ‘bullismo’. Emergono così tensioni originate
dalla convivenza di soggetti di età diversa nell’ambiente scolastico e una
separazione netta delle appartenenze: ‘loro’ trattano male ‘noi’ (le ‘persone italiane’).
L’enunciato di Roberto specifica la separazione attribuendo a ‘loro’ comportamenti
privi di ‘civiltà’, anche se poi distingue nel gruppo degli ‘altri’ coloro che si
differenziano dalla tendenza generale.
Emma è meno esplicita e parla di differenze nel comportamento che rendono
difficoltosa la comunicazione.
Infine Gjorge, nell’autocollocarsi tra coloro che ‘sono di un altro paese’ e affermando
di avere in genere buone relazioni con ‘gli altri’, sottolinea come con alcuni questo
non avvenga.
Gli altri enunciati (dei quali riportiamo uno per ciascuna categoria a titolo di esempio)
possono essere invece classificati in maniera analoga a quelli della S1, ovvero:
1. sono come noi
Poco d’accordo.
Perché anche se gli stranieri hanno culture diverse non si comportano in modo diverso.
(Franco)
2. mi insegnano tante cose
Poco d’accordo.
Perché è insegnare loro e viceversa le nostre culture e poi è bello fare amicizia con tutti.
(Viola)
3. facciamo tante cose insieme
Poco d’accordo.
Perché sono sempre compagni e si può convincerli a diventare tuoi amici, poi con loro
(compagni che hanno culture diverse) ci si può divertire di più. (Enrico)
194
4. andiamo d’accordo
Poco d’accordo. Perché credo sia anche bello scoprire culture e modi di pensare diversi. Io
avevo un’amica straniera e ci giocavo e mi trovavo molto bene con lei. (Giovanna)
Poco d’accordo. Io vado d’accordo con tutti. (Enzo)
Emerge peraltro anche una posizione meno polarizzata, che sottolinea la necessità
della distinzione tra le persone:
Non so. Poco d’accordo.
Perché dipende dalla persona: io ho alcuni amici stranieri stretti, altri sono poco legata, altri
non ci parlo per niente…(Cecilia)
L’enunciato di Cecilia evidenzia l’indifferenza dell’origine rispetto alla qualità delle
relazioni amicali, che sono collegate invece con le caratteristiche globali della
‘persona’.
Alla domanda 21,5 è interessante notare che, se la maggior parte dei rispondenti
affermativamente, quattro danno invece una risposta negativa, nonostante la
presenza nella classe di diversi alunni di origine straniera.
Tra gli enunciati di segno positivo, alcuni fanno riferimento a relazioni amicali strette
nel contesto scolastico:
Si, ho incontrato persone che provengono da altri paesi, perché sono dei miei compagni di
classe. (Emma)
Si, una di queste è Mirco, un mio caro amico, l’ho conosciuto in 1° elementare. (Rocco)
Conosco una persona che è di origine albanese e che parla e ha un modo di pensare diverso
dal mio. Lei è comunque una mia amica. (Giada)
Si, frequento degli amici che vengono dalla Moldavia e Albania. (Enrico)
Sì, quando vado in Germania parlo con loro in tedesco e italiano.
5
(Laura)
‘Conosci e/o frequenti o hai frequentato persone che provengono da altri paesi e con lingue e
culture diverse dalla/e tua/e? Racconta.’
195
Ludovico sottolinea invece la negatività delle relazioni, mostrando peraltro anche di
voler suggerire, provocatoriamente, una pista per l’interpretazione del suo enunciato:
Sì…E non mi sono piaciute. Non si comportano civilmente (RAZZISMO) e non vogliono
seguire le leggi. Oltretutto sono prepotenti verso a chi gli blocca la strada.
(Ludovico)
Come si vedrà nel corso dell’analisi, gli enunciati di Ludovico si manterranno del
resto costantemente improntati all’espressione di stereotipi molto marcati e alla
provocazione.
Rispetto alla domanda 23,6 gli enunciati mostrano opinioni più complesse e articolate
rispetto a quelle della S1.
La maggior parte esprime valutazioni positive rispetto all’argomento, ma non
mancano risposte che problematizzano le questioni o che esprimono forti stereotipi.
Roberto sottolinea ad esempio lo scarto tra il desiderio di un ambiente monolingue e
somaticamente omogeneo e la realtà della pluralità nella quale è immerso, della
quale comprende e ‘giustifica’ tuttavia le motivazioni economiche:
Da una parte preferirei che fossimo solo bianchi di una lingua e un aspetto uguale ma
dall’altra penso che anche loro vengono qui per trovare lavoro. (Roberto)
In ogni caso, le risposte riprendono in buona parte le categorie tematiche
precedentemente esposte in riferimento alla domanda 7, evidenziando da parte della
maggioranza degli alunni rappresentazioni positive delle relazioni tra soggetti di
diverse appartenenze linguistiche e culturali.
6
23. ‘Che idea ti sei fatta/o della convivenza tra persone con lingue e culture diverse (cioè
che provengono da paesi diversi e hanno modi di pensare e tradizioni differenti)?’
196
5. ATTIVITÀ SUL CONCETTO DI ‘CULTURA’
Come si è già visto (cap. 2, par. …), nel quadro concettuale di Lussier sono
identificati, nella competenza comunicativa interculturale, tre livelli della competenza
esistenziale: cultural awareness, critical appropriation, trans-cultural competence.
In riferimento a tale quadro teorico, sono state svolte durante il percorso didattico
diverse attività miranti allo sviluppo della competenza esistenziale attraverso la presa
di coscienza della dimensione culturale intesa in senso socio-antropologico.
Nella UA1 si è innanzi tutto definito il concetto di cultura, sollecitando quindi la
riflessione degli alunni su di esso attraverso un’attività di ricerca di ‘elementi’ della
cultura nel testo Salsicce di Igiaba Scego, seguita dalla specificazione della
motivazione delle scelte compiute.
Nella UA2 è stato focalizzato invece l’occultamento delle lingue e culture di soggetti
in posizione minoritaria (cf. infra, paragrafo …).
Nella UA3 è stato trattato il tema della stereotipia e nella UA4 quello dei
fraintendimenti dovuti alla diversità dei sistemi culturali di riferimento dei parlanti
coinvolti in un’interazione interculturale.
Nella UA1, il concetto di cultura, in ogni caso già noto agli alunni, è stato ripreso,
fatto oggetto di approfondimento attraverso una scheda lessicale (cf. allegato n. 11 )
e utilizzato per consolidarne la conoscenza in senso antropologico e sociale.
E’ stata quindi assegnata la ricerca nel racconto Salsicce degli ‘elementi’ della
cultura, e la spiegazione delle motivazioni delle scelte compiute.
Dall’esame del materiale raccolto, è emerso che le categorie identificate dagli alunni
come appartenenti alla sfera culturale sono le seguenti:
1. Tradizioni alimentari
2. Abbigliamento
3. Religione
4. Varietà linguistiche
5. Nazionalità
197
Nella tabella che segue sono riportati alcuni enunciati per esemplificare ciascuna
delle categorie identificate.
“era peccato mangiare salsicce” perché l’alimentazione
TRADIZIONI ALIMENTARI
è una cultura; (Clara e Balina, S1)
FRIGGONO;
LESSANO;
USANDO
IL
FORNO;
CUCINANO IN PADELLA= modi con cui si può
cucinare un certo cibo. (Cristina, S1)
Ho sottolineato queste cose perché rappresentano la
ABBIGLIAMENTO
cultura ad esempio i vestiti, cibi frasi che ricordano
certi eventi.(Renato, S1)
HO ELENCATO QUESTO PERCHÉ SONO LE COSE
RELIGIONE
FANNO SENTIRE LA RAGAZZA PARTE DI UNA
RELIGIONE. (EMANUELE, ADA, S1)
PERCHE’ NON MANGIARE MAILE FA PARTE DELLA
RELIGIONE MUSULMANA. (Emanuele, Ada)
Musulmana sunnita: di che religione è.
PECCATO MANGIARE SALSICCIE: è una regola di
una religione, cioè fa parte della cultura. (Cristina)
ERA PECCATO MANGIARE SALSICCE: in quanto lei
non le può mangiare essendo musulmana fa un
peccato. (Vera)
DIALETTO
VARIETÀ LINGUISTICHE
RELIGIONE
USANZA
ALIMENTARE
(Andrea)
HO EVIDENZIATO QUESTO PERCHE SONO LE
NAZIONALITÀ
COSE CHE FANNO SENTIRE QUESTA RAGAZZA
ITALIANA. (Emanuele, Ada, S1)
“Italiana o Somalia?” perché gli Italiani fanno parte di
una cultura la gente che vive a Somalia, di un’altra;
(Clara e Balina, S1)
ITALIANA: è il nominativo che si dà alle persone che
hanno la cittadinanza italiana.
SOMALA: è il nominativo che si dà alle persone che
198
hanno la cittadinanza somala.(Cristina, S1)
‘Caratteristiche cultura somala’
‘Caratteristiche culture italiane’ (Laura, S2)
Se l’attività svolta ha consentito agli alunni di identificare nel testo gli elementi ‘visibili’
della cultura, il limite è che il concetto è stato in questa fase identificato
prevalentemente e fatto corrispondere da un lato all’appartenenza religiosa, dall’altro
a quella nazionale.
In questo caso dunque, così come avviene in molti contesti educativi in ambito di
didattica delle lingue, la visione multipolare e dinamica dell’identità si scontra con ‘les
presupposées d’une identité appréhendée sur un mode binaire, qui oppose citoyens
et étrangers, amis et ennemis, qui dramatise les différences et qui exacerbe le rôle
de la frontière géographique” (Zarate, 2008, p. 174).
Nelle attività svolte successivamente si è tenuto conto di tale concezione della
cultura espressa dagli alunni, che del resto rispecchia molti discorsi di senso
comune.
Una concezione dell’appartenenza incentrata sulla nazionalità non manca del resto
di permeare anche la didattica delle lingue, con i rischi sottolineati da Zarate:
“Une approche nationalo-centrée peut culminer avec la représentation d’une identité nationale
homogène qui prend pour principe un ‘vivre ensamble’, soudé par le culte des ancêtres, un
territoire qui résiste ou non aux invasions, la filiation endogame, le rejet de minorités
religieuses, régionales, ethniques ou linguistiques, au profit d’un groupe, peut être lui-même
minoritaire, mais dominant. »(p. 174)
Infatti, un sistema educativo, quando è il prodotto di uno stato o di una nazione,
com’è il caso della maggioranza dei paesi europei, ha la missione di costruire una
visione collettivamente condivisa dell’identità nazionale, un sentimento comune che
può apparire a priori contraddittorio con la scoperta dell’alterità.
In ogni caso, le attività quali l’approfondimento sulle diverse accezioni del termine
‘cultura’ e la ricerca nel testo letterario Salsicce vengono definite nei diari degli alunni
tra le più gradite sia nella S1 che nella S2.
Nella stessa scheda-diario (domande 4 e 5) si esprimono in entrambi i terreni
desiderata in merito all’approfondimento di argomenti legati alla cultura. Essi, per
199
quanto piuttosto generici, si riferiscono alla cultura tanto in senso generale, quanto in
senso specifico (ad esempio, Antonia, S2, scrive di voler approfondire le proprie
conoscenze a proposito della cultura somala).
Peraltro, diversi alunni della S1 mostrano di identificare il concetto di cultura con
quello di religione, indicando come opzioni per approfondimenti futuri ‘la cultura dei
musulmani’ (Clara) o varianti come ‘la cultura musulmana’ (Cristina) e ‘le cose che
indossano o che mangiano o in generale della cultura musulmana’ (Balina).7
Tuttavia, in entrambi i terreni, alcuni alunni hanno indicato l’argomento come la fase
più difficile o noiosa della lezione, seppure per motivi differenti e di segno opposto:
Clara (S1) afferma ad esempio di aver trovato noioso l’approfondimento perché già
conosceva il significato del termine,8 mentre Lucilla (S1) ed Enzo (S2) hanno ascritto
il tedio alle difficoltà nella comprensione e Sara e Simona (S2) all’’eccesso’ di
significati.9
Ciò induce a riflettere e a ripensare l’attività attraverso la quale si è cercato di
veicolare i diversi significati del termine ‘cultura’.
Ad ogni modo, al di là delle concezioni antropologiche della cultura che pongono
sullo stesso piano sistemi di valori diversi, occorre tenere sempre a mente le
relazioni di potere tra gruppi socio-culturali, che pongono questioni complesse e
spesso eluse da un dibattito che inscrive il discorso sulla pluralità in un orizzonte
idealizzato:
On ne peut donc inscrire le débat sur la pluralité dans un horizon idéalisé, quand les langues
y sont des emblèmes identitaires, dont la position oscille, selon les contextes politiques,
historiques et sociaux, entre source de prestige et stigmates. Placé sous l’angle œcuménique
du ‘dialogue des cultures’, de la tolérance, du respect, le débat prend le risque de postuler une
égalité de droit que la réalité sociale observable tend à démentir ou à diluer dans les faits. Si
le contexte démocratique est un pré-requis pour qu’un état valorise un approche plurielle de
l’appartenence, sans que celle-ci soit entendue comme une menace à la cohésion nationale, il
7
Le motivazioni addotte coincidono per lo più con l’interesse suscitato da tale argomento, come
mostra il testo di Balina: ‘Perché vorrei vedere quanto diversi sono da me e perché è interessante
sapere cose sulle altre culture’. (Balina)
8
Alla voce della scheda diario ‘La cosa più noiosa è stata’, l’alunna ha scritto: ‘fare la lettura sul
significato della parola cultura. perché non mi piaceva. Già LA SAPEVO.’ (Clara)
9
Le due alunne scrivono:
‘La cultura (perché) ha troppi significati’. (Sara)
‘La cultura (perché) vuol dire tante cose e saperle tutte mi fa annoiare’ (Simona).
200
valorise la diversité comme un horizon d’attente qui dément la réalité de l’exclusion sociale.
(Zarate, id., p. 175)
Parlare di dialogo delle culture in senso ecumenico rischia dunque di far dimenticare
le differenze per quanto riguarda i diritti, in particolare quelli legati alla difesa delle
appartenenze a gruppi culturali e linguistici minoritari.
Proprio nella direzione della valorizzazione di una lingua e una cultura minoritaria in
Italia come quella albanese sono andate le attività svolte nella UA2 (cf. infra, par….).
Infatti, il soggetto che sviluppa un profilo plurilingue e pluriculturale percependolo
come un asso nella manica a livello sociale sarà in grado di modulare le sue diverse
appartenenze e utilizzare lo scarto tra i sistemi di valori dando maggiore risalto
all’uno o all’altro a seconda del contesto dei suoi percorsi di vita e mantenendo
un’identità fluida, soggetta a dei ‘réglages identitaires’ (de Singly, 2003), mentre
A contrario, celui qui développe une perception négative de son histoire personnelle, frappé
par la stigmatisation et l’amalgame, l’exclusion et le déni d’existence, peut être inhibé par une
souffrance identitaire, provoquée par la position marginale qui lui est socialement assignée, le
nombre limité d’identités qui lui sont attribuées auquelles il ne peut pas se soustraire, le
réseau de significations négatives auxquelles son moi est systematiquement renvoyé (Zarate,
id., 177)
Le attività svolte durante l’UA2 hanno dunque avuto come finalità proprio l’emersione
di elementi della cultura albanese ai fini della sua valorizzazione.
Gli enunciati riferiti a tali attività mostrano come, al termine dell’unità di
apprendimento, molti alunni di entrambi i terreni abbiano espresso il desiderio di
approfondimenti sulla cultura dell’Albania.
Occorre in ogni caso rilevare che, da alcuni enunciati, si intravvede una ripetizione
pressoché automatica dei discorsi ‘politicamente corretti’ sull’accettazione e
l’apertura alle diverse culture. Ad esempio, alla domanda sugli argomenti che si
desidererebbe approfondire, alcuni riferiscono generiche curiosità sul tema, come
mostrano i seguenti enunciati:
Le tradizioni di altri popoli: le loro usanze, religioni, lingue ecc. ecc. (Roberto)
Sulle altre culture degli altri Paesi
201
In poche parole sono curiosa e mi piace scoprire ‘nuove realtà’ sull’essere di altre persone.
(Clelia)
Un caso emblematico è quello di Enrico, che invece di spiegare perché vorrebbe
sapere di più sulle ‘culture dei diversi paesi’ scrive ‘bò’, mostrando di aver compreso
ciò che ritiene l’insegnante si aspetti senza che a tale adesione di superficie
corrisponda però l’espressione di una motivazione personale.
Più circostanziati appaiono invece altri enunciati che esprimono curiosità sull’Albania,
la sua cultura, la storia etc.:
Sulla cultura albanese e sul suo paesaggio (perché)10 mi ha molto incuriosito. (Rocco)
La cultura albanese e sulla sua storia. Non so nulla e mi incuriosisce (Antonia)
La cultura albanese. (perché) mi ha incuriosito. (Serena)
Inoltre, si nota come alcuni alunni di origine straniera forniscano risposte divergenti
rispetto alla maggioranza della classe: nella S1 l’enunciato di Balina (alunna di
origine albanese) esprime curiosità per quanto accomuna l’Italia e l’Albania, nella S2
Gjorge (alunno di origine macedone) dichiara invece il proprio interesse per l’italiano.
Il posizionamento socio-culturale influisce dunque sulle curiosità e gli interessi in
relazione alle culture. L’enunciato di Balina in particolare suggerisce l’opportunità
della trattazione di argomenti che gettino un ‘ponte’ tra le diverse appartenenze
culturali e che consentano di intercettare il bisogno di dialogo tra le componenti
identitarie plurali degli alunni di origine straniera.
In ogni caso, per mettere in discussione la concezione della cultura fondata sulla
nazionalità, le attività più significative sono state svolte nelle UA3 e UA4.
Nella UA3, in particolare, basata sulla lettura del testo di Nora Moll Döner Kebab, si è
evidenziato come le rappresentazioni sulle tradizioni alimentari di un paese non
corrispondano sempre alle reali abitudini dei suoi abitanti.
Dopo un brainstorming iniziale sulla Germania, dal quale sono emerse parole
riconducibili a immagini stereotipate del paese (Würstel, birra, Oktober Fest etc.), è
stato spiegato il concetto di stereotipo, con l’ausilio di una scheda - questionario (cf.
ALLEGATO n. 14) contenente le seguenti definizioni:
10
La congiunzione è inserita tra parentesi poiché non fa parte dell’enunciato trascritto ed è stata
da noi aggiunta per collegare la prima con la seconda parte della risposta, che fornisce la motivazione
di quanto affermato.
202
a. Modello convenzionale di atteggiamento, di discorso e sim.: ragionare per stereotipi. In partic., in
psicologia, opinione precostituita, generalizzata e semplicistica, che non si fonda cioè sulla
valutazione personale dei singoli casi ma si ripete meccanicamente, su persone o avvenimenti e
situazioni (corrisponde al fr. cliché): giudicare, definire per stereotipi; s. individuali, se proprî di
individui, s. sociali, se proprî di gruppi sociali.
c. Espressione, motto, detto proverbiale o singola parola nella quale si riflettono pregiudizî e opinioni
(positive o) negative con riferimento a gruppi sociali, etnici o professionali.
11
Attraverso una discussione il concetto è stato poi collegato al racconto, sottolineando
la non adesione dei personaggi tedeschi agli stereotipi sulle tradizioni alimentari del
paese emerse dal brainstorming.
Infatti, la famiglia tedesca al centro del racconto non consuma i cibi tradizionali ma
preferisce pietanze sane e leggere da agricoltura biodinamica e ama il kebab.
Le attività per mezzo delle quali è stata discussa la corrispondenza biunivoca tra
cultura e nazione hanno consentito agli alunni di comprendere lo scarto tra tradizioni
e scelte degli individui e dei gruppi, come mostrano le risposte alla prima domanda
del questionario di comprensione e analisi del testo:
A p. 125 il protagonista dice: “sono famosi i tedeschi per lo stinco di maiale, i würstel e altre
cose saporite e nutrienti. Sì, avete ragione, ma solo in teoria. In pratica, mi è capitata la triste
sorte di essere ospitato in una famiglia salutista e biodinamica”.
Rifletti e poi rispondi: le pietanze per le quali sono famosi i tedeschi corrispondono alle
abitudini di tutti i tedeschi?
In entrambi i terreni, infatti, gli alunni hanno risposto per lo più correttamente alla
domanda, rimarcando peraltro in alcuni casi la discrepanza tra tradizioni nazionali e
scelte delle famiglie:
NO, PERCHE COME IN QUESTO CASO, DEI TEDESCHI NON MANGIANO I LORO
PRODOTTI TIPICI, MA SOLO CIBI SALUTARI (Cristina, S1)
Non sempre perché ci possono essere alcune famiglie che seguono le tradizioni tedesche
altre invece che preferiscono seguire un alimentazione fatta da loro stessi.
11
Fonte: http://www.treccani.it/
203
(Clelia, S2)
No, in quanto ci sono famiglie salutiste e biodinamiche, o che non rispettano la loro cultura.
(Vera, S2)
Un’attività analoga è stata svolta nel corso della UA4 per mettere in discussione
alcuni stereotipi sottolineati nel racconto di Wadia Napoli’s Bombs.
Nella prima fase della lezione, un brainstorming in cui gli alunni sono stati invitati a
esprimere idee e immagini sugli Stati Uniti ha permesso di far emergere nomi di cibi,
personaggi e titoli riferiti all’immaginario televisivo (cartoni animati, telefilm)
cinematografico, musicale, politico ecc.
A conclusione dell’attività, si è puntualizzato che le immagini e le idee sugli Stati Uniti
hanno origine dai tanti ‘messaggi’ ricevuti soprattutto attraverso i media.
Successivamente un secondo brainstorming, mirante al decentramento, ha fatto
emergere idee e immagini dell’Italia vista da un abitante degli Stati Uniti.
Sono emersi nomi di città, monumenti, cibi, organizzazioni criminali, società sportive
etc. Dopo la lettura del racconto, la discussione ha messo in luce, tra gli altri punti, lo
scarto tra le aspettative dei due protagonisti italiani relative all’accoglienza negli Stati
Uniti e la ‘realtà’ nella quale i due s’imbattono all’arrivo sul territorio americano.12
Le risposte alle domande 1 e 2 del questionario di comprensione assegnato a
conclusione della lezione confermano la comprensione da parte degli studenti del
concetto di immagine stereotipata (cf. ALLEGATO 15).
Nel corso della stessa lezione, peraltro, la discussione ha messo in luce anche gli
stereotipi degli ‘stranieri’ sull’Italia e gli italiani, come si vedrà di seguito trattando le
attività miranti al decentramento e all’assunzione di un punto di vista altro rispetto a
quello del proprio gruppo di appartenenza.
Le attività quali brainstorming e discussione svolte durante le UA2 e UA3 si sono
rivelate dunque produttive ai fini della complessificazione delle rappresentazioni del
concetto di cultura da parte degli alunni, tuttavia le numerose assenze, il livello di
concentrazione talvolta basso a causa della prossimità della conclusione dell’anno
12
Il passo di riferimento del racconto Napoli’s bombs è il seguente:
«Autostrade a otto corsie, pick up, birra e bionde, eccoci qua!» urla Paolo scendendo dall'aereo.
Qualcuno si gira a guardarlo, scuotendo la testa.
Nella fantasia di Paolo, che sogna questo viaggio da tre anni, l'aeroporto JFK di New York ha assunto
venti majorette vestite di bianco rosso e blu con le stelline negli occhi per dare il benvenuto agli
stranieri e, vedendo la sala arrivi spoglia di sorridenti ragazzine bionde ed atletiche, ci rimane male.
Io non ho mai nutrito fantasie di questo genere ma non mi sarei nemmeno aspettato di trovare un
bisonte femmina in uniforme al controllo documenti.” (Wadia, 2004, p. …)
204
scolastico e la limitatezza dei tempi dedicati alle UA3 e UA4 non hanno consentito la
necessaria rielaborazione e puntualizzazione, il che ha fatto sì che le risposte alla
domanda
del
questionario
finale
sulla
cultura
evidenzino
rappresentazioni
sostanzialmente analoghe a quelle espresse in precedenza, con una polarizzazione
delle risposte intorno alle corrispondenze biunivoche tra nazione e cultura, popolo e
cultura, individuo e cultura, come mostra la tabella che segue, nella quale sono
inseriti alcuni enunciati classificabili secondo le categorie definite nella colonna a
sinistra.
205
4. ATTRAVERSO LE LETTURE FATTE E LE ATTIVITÀ SVOLTE, COS’HAI CAPITO DEL
CONCETTO DI “CULTURA”?
206
CORRISPONDENZA
NAZIONE-
S1
S2
La cultura è una parola che serve
Ho capito che può avere molti significati,
per distinguere degli Stati diversi:
e che ogni paese ha la propria cultura e
lingue,
che non è una cosa negativa, anzi è una
abitudine,
lavoro
(Loredana)
CULTURA
cosa positiva, e che ognuno deve
rispettare la cultura degli altri. (Giovanna)
Si, la cultura è una cosa che
Ho capito che le colture sono molto
rispecchia ogni paese (Enrica)
diverse ed ogni paese ha una propria
cultura. (Serena)
La
cultura
è
l’insieme
delle
caratteristiche di un certo paese.
(Claudio)
culture
CORRISPONDENZA
vuol dire un’insieme di
Ho capito che la cultura è il modo di
vivere, la storia e l’arte di un popolo.
culture di altri popoli (Igor)
(Rocco)
‘POPOLO’Cultura
CULTURA
vuol
dire
insieme
di
abitudini e altro di altri popoli
La cultura è una specie di tradizione del
(Michele)
popolo. Ogni popolo ha la sua cultura
originaria. (Sara)
CORRISPONDENZA
INDIVIDUO-
La cultura è l’insieme di elementi e
Che ognuno ha la sua e non deve
di conoscenze che una persona
cambiarla per essere accettato dagli altri.
conosce (Cristina)
(Clelia)
CULTURA
Ke ognuno ha la sua cultura (Lorenzo)
Persone con un altro modo di vivere,
parlare, esprimersi. (Giada)
Che ognuno ha la sua cultura ovvero il
suo modo di interpretare il mondo e il
suo modo di vivere.
(Viola)
/
Cultura e lingua tradizioni e altre cose
diverse (Mirco)
CORRISPONDENZA
DELLA CULTURA
CON
LINGUA
E
TRADIZIONI
207
Niente. (Andrea)
Proprio un bel niente. (Enrico)
NIENTE
Niente (Rachele)
Quasi nulla
(Lucilla)
Non l’ho capito. (Ludovico)
Che
PLURALITÀ
ha
moltissimi
significati
da
attribuirgli. (Antonia)
DEI
SIGNIFICATI
Molte cose ;D (Enzo)
DEL TERMINE
CULTURA
CORRISPONDENZA
DI CULTURA
Della parola cultura ho capito che
Non essere cattivi con tutti ma dare un
che siamo tutti uguali, bisogna
agliuto. Dare da mangiare a chi non a
essere buoni con tutti. (Rubab )
ninte. (Gjorge)
CON
‘SOLIDARIETÀ’
Occorre dunque rilevare che la mancanza di un rinforzo conclusivo che ribadisse i
punti salienti delle attività svolte e dei concetti trattati secondo i principi della didattica
metacognitiva (Crispiani, 2004) ha costituito un limite dell’attività svolta.
Si ritiene dunque opportuno porre particolare attenzione a una ricapitolazione finale
in sede di riproposizione del percorso didattico elaborato.
208
6. DECENTRAMENTO
Il processo di decentramento, ovvero l’assunzione del punto di vista di soggetti
appartenenti a gruppi socioculturali e linguistici differenti dal proprio, è considerato da
Lussier, come si è già visto, alla base della subdimensione della competenza
esistenziale definita ‘critical appropriation’, ed è connesso allo sviluppo di una
consapevolezza critica (critical awareness):
Critical awareness (…) means guiding the learner towards critical rather than
conservative awareness. The learner acquires a capacity for understanding the
perspectives of others and reflecting on his/her own perspectives through a
process of decentring and a level of reciprocity (Lussier, 2007).
Come è stato sottolineato in studi riguardanti lo sviluppo della competenza
comunicativa interculturale, le potenzialità della letteratura in questo senso
consistono nella possibilità di un cambiamento di prospettiva.
A livello metodologico, nel senso dell’approccio al testo letterario si è parlato di
‘efferent reading’, un tipo di lettura che si fonda sulla teoria della ricezione e,
attraverso compiti analitici e creativi, mira a coinvolgere non solo a livello cognitivo
ma anche affettivo, per arrivare a una comprensione più profonda del testo (BurwitzMeltzer, 2001, p. 29).
Infatti si è sottolineato che
“often creative tasks lend themselves to a blend of literary and intercultural objectives, leaving
enough space and an ‘anxiety-free’ zone for the learners in which they can experiment with
different perspectives and culturally different point of view as well as compare their own
culture to the culture in the text” (id., pp. 29-30).
In particolare, gli alunni autoctoni da un lato sono stati sollecitati a immedesimarsi nei
soggetti
che arrivano in Italia da altri paesi, dall’altro in soggetti italiani che,
all’estero, si trovano nella posizione minoritaria di stranieri.
In più, la riscrittura ha incoraggiato l’assunzione del punto di vista degli ‘stranieri’
sugli italiani.
209
Le attività svolte nel percorso didattico hanno incluso, come si è già visto, la scrittura
di testi creativi attraverso i quali si invitavano gli studenti a immaginare se stessi in
una situazione di mobilità simile a quella descritta nel racconto di Besa Mone (UA2).
Altre attività di scrittura o per meglio dire riscrittura del testo sono state assegnate,
nelle UA3 e UA4, attraverso punti dei questionari di comprensione e analisi del testo
(allegati…, cf. rispettivamente domande 6 e 9).
Peraltro, nell’ambito delle UA3 e 4, come si è precedentemente ricordato sono state
svolte a tale fine anche attività di brainstorming.
Nel questionario relativo alla UA3, inoltre, anche le seguenti domande hanno
sollecitato l’assunzione del punto di vista di un soggetto in minoranza (il protagonista
del racconto di Moll), ‘straniero’ rispetto al contesto e privo di competenze
linguistiche utili all’interazione:
Secondo te, in che modo quest’idea stereotipata influenza il comportamento dei familiari di
Inge verso il giovane italiano?
Ti è mai capitato di essere ‘vittima’ di pregiudizi o stereotipi sul tuo paese o la tua regione?
Se sì, come hai reagito?
Se no, come pensi che reagiresti?
In ogni caso, anche nella UA1 gli alunni erano stati stimolati, attraverso la
discussione orale, alla comprensione del punto di vista della protagonista-io narrante
del racconto, e dai dati raccolti attraverso le schede-diario compilate dagli alunni
dopo le UA1 e 2 sono emerse in tal senso tanto la difficoltà quanto la curiosità.
Nei diari degli alunni relativi alla UA1, in relazione al punto n. 6, ‘La cosa più difficile è
stata…Perché…’ alcuni enunciati evidenziano infatti problemi di comprensione in
merito al punto di vista della protagonista:
IMMEDESIMARSI NELLA RAGAZZA PERCHÉ HA DELLE USANZE DIVERSE
(Emanuele, S1)
Capire il perché questa ragazza non aveva un identità
Perché questa ragazza in realtà aveva un identita come tutti anche se non lo capiva
(Balina, S1)
Capire la persona perché voleva mangiare le salsicce. (Enzo, S2)
210
Nei diari relativi alla UA2, emergono ancora difficoltà, ma anche interesse e curiosità:
INTERPRETARE I PENSIERI DELLA RAGAZZA PERCHE’ HA UNA CULTURA DIVERSA
DALLA MIA (Emanuele, S1)
Sull’approccio delle persone straniere con nuove culture
(perché) non mi sono mai trovata in queste situazioni e vorrei sapere cosa si prova veramente
perché è anche difficile immaginarlo. (Sara, S2)
Quando il decentramento è riuscito, ciò ha portato a una sintonizzazione affettiva con
il personaggio della bambina albanese all’esperienza della quale è stata associata
quella di due ragazzi afgani ex compagni di scuola di alcuni alunni della S2:
Ho capito che non sono stata capace di sfruttare l’occasione di conoscere Alema e Mendi
perché anche se sono stata molti anni insieme a loro non sono riuscita a capire veramente le
loro esigenze. (Clelia, S2)
L’enunciato suggerisce che l’esperienza diretta di contatto e interazione con soggetti
portatori di alterità non è di per sé sufficiente alla comprensione dei processi emotivi
connessi all’inserimento in un contesto sociale e linguistico diverso da quello di
origine e mostra che il testo e le attività svolte hanno aperto, attraverso il processo di
decentramento, un varco sia cognitivo che affettivo per la comprensione di quanto
vissuto da chi è ’altro’ rispetto ai membri del gruppo maggioritario (come Clelia).
Altri dati interessanti, nonostante la loro esiguità numerica (dovuta alle numerose
assenze) sono i testi consistenti in riscritture dei racconti di Moll e Wadia da punti di
vista diversi rispetto a quelli dei protagonisti.
Nella S1, Cristina assume il punto di vista di Inge, la fidanzata tedesca del
protagonista-io narrante italiano. Nonostante la sintassi non sempre chiara, emerge
la nostalgia e la gioia per il ritorno di Inge in Germania, l’‘amato posto’ caratterizzato
da una vita ordinata (‘vivere con schemi fissi e precisi’) e dove è possibile l’uso della
propria lingua (‘la mia vera lingua’).
Del personaggio si coglie inoltre il desiderio di condivisione con il fidanzato del
sentimento nutrito per la patria tedesca, la gioia al momento del ritorno nella casa dei
genitori e la tristezza all’idea della partenza verso l’Italia, ma anche il piacere per il
211
ritrovamento di abitudini acquisite nel paese d’origine come il consumo del kafee e la
lettura dei quotidiani.
Il testo di Ada, anche se non rispetta la consegna della riscrittura attraverso
l’assunzione di un altro punto di vista, pone invece il personaggio di Inge nel ruolo di
protagonista.
In esso si trova un rovesciamento dell’itinerario e delle situazioni narrative: il
personaggio femminile intraprende da solo il viaggio verso la città del fidanzato,
Pescara, dove in occasione del pranzo preparato dalla madre del ragazzo italiano
deve affrontare una sovrabbondanza di pietanze delle quali riesce a consumare solo
una parte. Se il protagonista del racconto di Moll ha il problema della fame, la Inge di
Ada deve invece sottrarsi all’eccesso di zelo culinario della famiglia italiana della
quale è ospite. Interessante anche notare che, mentre i genitori di Inge nel racconto
di Moll hanno un atteggiamento non benevolo nei confronti del giovane italiano
fidanzato della figlia, le figure parentali del testo di Ada appaiono inclini a una
perplessità scevra di giudizi:
“ AI GENITORI DEL RAGAZZO SEMBRÒ STRANO, MA NON CI FECERO CASO. INGE
USCI POI PER FARE UNA PASSEGGIATA, MA PIOVEVA INGE USCÌ SENZA OMBRELLO,
MA I GENITORI DEL RAGAZZO NON FECERO CASO NEANCHE A QUESTO PERCHé
PENSAVANO CHE NEL SUO PAESE SI FACESSE COSÌ.” (Ada)
Il testo riprende dunque correttamente il diverso atteggiamento verso il cibo del
ragazzo italiano e della sua famiglia da una parte, di Inge dall’altro, e aggiunge di
originale, a fronte di qualche pregiudizio mostrato dai genitori tedeschi verso
l’italiano, un atteggiamento coincidente con una sorta di perplessità tollerante da
parte degli italiani.
Ora, tale sospensione del giudizio è stata annoverata tra le caratteristiche dell’
intercultural speaker (Fantini, 2000):
The attributes to describe an intercultural speaker are: respect, empathy, flexibility, patience,
interest, curiosity, openness, motivation, a sense of humour, tolerance for ambiguity, and a
willingness to
suspend judgement. (Lussier, 2007, p. 312).
212
Da ciò si può dunque dedurre che la famiglia italiana del testo di Ada è
interculturalmente competente.
Se passiamo alla S2, notiamo nel testo di Giovanna un’identificazione tra ‘abitudini’ e
soggetti, tra cultura appartenente a un gruppo e gli individui che ne fanno parte,
mentre le usanze appaiono ‘fisse’ e immutabili, passibili di accettazione o rifiuto nella
loro globalità:
Stiamo aspettando Inge a casa, sono molto preoccupata… chissà come sarà quell’italiano.
Spero gli piaccia il nostro paese e le nostre abitudini… lui ne avrà sicuramente diverse dalle
nostre, ma se non gli piacciono non gli piacciamo noi, e neanche Inge. (Giovanna)
Inoltre, il comportamento della famiglia tedesca e in particolare la preparazione di
pietanze leggere e in quantità limitata sono presentati come scelte deliberate per
verificare la resistenza dell’italiano e sollecitarne lo sforzo verso una maggiore
comprensione della lingua tedesca:
Arrivati! Accolgo subito l’Italiano, non mi sembra un tipo molto tosto, meglio metterlo alla
prova. Se è venuto qui per mangiare salsicce, wurstel o stinco di maiale, ha sbagliato proprio
casa. Qui si mangia solo cibo salutare. Carotina grattugiata, sformatino di verdure e poi la
patatina come contorno. Chiedo se va bene una patata lessa a testa e tutti approvano…
tranne l’italiano, che sembra volerne molte di più. Non voglio essere cattiva… voglio solo
metterlo alla prova, penso che a breve cercherà di capire la nostra lingua. Finito il pranzo lo
metto al lavaggio dei piatti e pulisco i fornelli. Inutilizzabili fino a domani. Sì, si mangia a cena
ma poco, non ho mai molta fame io. No, già, non è molto grasso, quindi lo devo tenere in
forma, giusto? Quindi: corsetta prima di colazione, passeggiata per digerire il pranzo, e di
sera, dopo cena, nuoto nella piscina comunale.
Non gli farà altro che bene. Inge in questo modo si sentirà molto unita alla famiglia. Ieri, l’ho
messo proprio alla prova questo italiano, voglio capire di che pasta è fatto. Uscendo per fare
una passeggiata è scoppiato un temporale e non gli abbiamo permesso di portare un
ombrello, suvvia, sarà fatto di zucchero questo ragazzo? È comunque sopravvissuto.
(Giovanna)
Il personaggio della madre di Inge, che coincide con l’io narrante, viene dunque
presentato con un atteggiamento improntato a una sorta di paternalismo.
Un altro testo, pur molto breve, focalizza l’incapacità espressiva del personaggio
italiano:
213
Genitori. E’ un ragazzo molto socievole ma poco chiaro cioè non riesce a spiegarsi (…).
(Clelia)
Per quanto riguarda la UA4, l’ultima domanda del questionario di comprensione e
analisi del testo, con la quale si assegnava la riscrittura del testo dal punto di vista
del personaggio della donna americana addetta al controllo bagagli all’aeroporto, 13 fa
registrare solo pochi casi di svolgimento corretto.
Tra questi, alcuni evidenziano l’associazione con il terrorismo cui sono soggetti i due
personaggi italiani.
In un testo, tale identificazione è attribuita all’aspetto esteriore:
Quando vennero alla Dogana non capivano l’inglese, ma dissero di avere delle bombe o
perlomeno credevo…Avevano un po’ l’aspetto da terroristi. (Clara)
Il testo di Clara evidenzia dunque la comprensione dei processi di stigmatizzazione
legati ai tratti esteriori.14
In un altro scritto l’origine dei fraintendimenti è identificata nella sensazione della
donna americana di essere oggetto di derisione a causa delle continue richieste di
riformulazione di quanto da lei detto, richieste provocate invece dall’incompetenza
linguistica dei due italiani:
Io credo che questi due italiani mi prendono in giro perché mi fanno ripetere tutto quello che
dico, credo anche che siano dei poveri che si portano anche delle mozzarelle da casa.
(Claudio)
In quasi tutti i testi si riscontra in ogni caso l’accentuazione del malinteso linguistico,
che evidenzia l’appropriatezza del testo letterario per la trattazione di tale tema e la
riflessione su di esso (Crawshaw, 2008).
13
La domanda è la seguente: “il racconto è narrato dalla prospettiva di un ragazzo italiano.
Secondo te, che cosa pensa la donna americana dei due italiani? Riscrivi la storia dal suo punto di
vista”.
14
Alcuni studi sociologici sulle seconde generazioni hanno peraltro identificato nei processi di
stigmatizzazione connessi ai tratti somatici, negli Stati Uniti, l’origine di ‘processi di etichettatura da
parte della società ricevente che ostacolano l’integrazione e il progresso sociale.’(Ambrosini, 2005, p.
179).
214
Nella S1, emerge comunque in generale una limitata dimestichezza con consegne di
riscrittura del testo.
Nella S2 i testi mostrano invece per lo più un buon grado di coerenza rispetto alla
traccia, al di là dell’estensione e del diverso livello di rielaborazione. Come nella S1,
solo pochi alunni producono però una riscrittura in prima persona.
Di tali scritti, alcuni sono particolarmente interessanti e mostrano una comprensione
elevata e il pieno raggiungimento degli obiettivi dell’UA4.
Nel brano seguente si evidenzia ad esempio la capacità di decentramento e
l’assunzione di un punto di vista ‘altro’ sui personaggi italiani:
Mentre stavo lavorando arrivano due ragazzi, prendo i loro passaporti. Gli chiedo alcune cose
e mi rispondono in tutt’altro modo: né io né quei due ragazzi, presuppongo italiani, ci capiamo
niente. Sono proprio ignoranti gli italiani, dei nullafacenti, neanche sprecano un po’ di tempo
per imparare l’Americano. Comunque mi dicono che dentro le loro valigie ci sono delle bombe
napoletane, li porto dal direttore… non ci capisco più niente con quei due! (Giovanna)
Italiani… non capiscono niente!
Sanno cosa possono o non possono portare, e che fanno? Non rispettano il regolamento! Ci
hanno fatto sprecare del tempo per vedere cos’erano 2 cose circolari dicendo Napoli’s bombs;
invece bastavano che divevano che erano mozzarelle (Barbara)
Sia nel testo di Giovanna che in quello di Barbara il processo di decentramento è
evidenziato dal giudizio negativo e stereotipato espresso sugli italiani (tutti gli italiani
e non solo i due con i quali avviene l’interazione) da parte della donna americana:
essi sono ignoranti, nullafacenti, incompetenti linguisticamente (Giovanna), non
rispettosi delle regole (Barbara).
Nel testo di Barbara il malinteso viene inoltre attribuito all’intenzionalità dei due
italiani, come accade nella comunicazione interculturale, dove il fraintendimento
viene spesso ascritto ad atteggiamenti poco cooperativi o ostili degli interlocutori, in
quanto i partecipanti a un’interazione problematica “spiegano quello che è accaduto
più spesso in termini psicologici che in termini sociologici o culturali, percependo
l'altra persona come non cooperativa, aggressiva, stupida, incompetente o con
spiacevoli caratteristiche personali.” (Zorzi, 1996).
Altri testi esprimono gli interrogativi e il disorientamento provato dalla donna di fronte
ai comportamenti, anche linguistici, dei due italiani:
215
Ieri, alla dogana, ho visto 2 italiani (da quello che sono riuscita a capire) ed uno all’inizio
pensavo prendesse lezioni d’inglese, invece mi sbagliavo. Mentre sono venuti a fare il control
avevano due grossi borsoni. La cosa mi è parsa subito strana: se devono venire per turismo,
perché dovrebbero portare tutta questa roba? Dopo averglielo chiesto, sono stati muti per un
po’, e poi mi hanno risposto: “Sono x i poveri!”
Bah, che strani, anche con quella strana parola: Napoli’s bombs che voleva dire mozzarella di
bufala
(Lorenzo)
Oggi a lavoro ho dovuto portare due italiani nella stanza per controllare le valigie. Non
sarebbe successo se avrebbero saputo l’inglese, ho cercato pure di parlare in spagnolo ma
non capivano nemmeno questa lingua. (Viola)
Dal testo di Lorenzo, gli italiani appaiono alla donna ‘strani’, mentre nello scritto di
Viola si sottolinea l’origine linguistica dell’incomprensione attribuita alla carenza di
competenze in inglese e spagnolo dei due giovani.
Un altro testo, per quanto non scritto in prima persona, appare interessante:
Secondo me la donna pensa che la stiano prendendo in giro perché su qualunque cosa lei
dica i due ragazzi commentano in italiano. (Antonia)
Vi si tematizza infatti il sospetto di essere oggetto di derisione provato dalla donna
americana di fronte all’uso di una lingua a lei ignota da parte dei suoi interlocutori.15
15
In ogni caso, altri testi mostrano diversi livelli di comprensione. In alcuni casi non appare una
piena capacità di assunzione del punto di vista della donna americana:
Sono arrivati degli italiani che non capiscono niente di inglese e sto cercando di
parlare con loro.
Scopro delle cose rotonde dentro le loro valigie e chiedo loro cos’è e loro mi rispondono che
sono bombe. Così li porto nella stanza dei controlli e ci dicono che sono mozzarelle.
Penso che questi italiani siano un po’ troppo scherzosi (Giada)
In realtà dal testo si comprende chiaramente che la donna non ritiene affatto i due italiani ‘scherzosi’ e
anzi il fraintendimento sull’espressione ‘Napoli’s bombs’ nasce dallo scarto tra l’intenzione
comunicativa del personaggio italiano e le attese dell’interlocutrice.
216
In conclusione, a partire dalle situazioni narrative relative alla posizione minoritaria
(socialmente e linguisticamente) dei personaggi della bambina albanese di Mone e
degli italiani nei racconti di Moll e Wadia, le attività svolte e in particolare quelle di
riscrittura hanno stimolato l’assunzione di punti di vista ‘altri’ ovvero di soggetti in
posizione minoritaria, ‘stranieri’ che interagiscono in contesti di cui ignorano gli altri
soggetti e i codici comunicativi, e che sono dunque svantaggiati nelle dinamiche di
potere.
Come si vede anche nelle risposte alla domanda 11 del questionario finale, la
maggior parte degli alunni afferma che le attività svolte hanno consentito di
comprendere meglio la realtà di persone conosciute (amici, congiunti etc.) e in
particolare dei compagni di classe:
mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone a cui sono legato (amici, parenti etc.)
Nella mia classe ci sono molti stranieri e quindi ho pensato a loro. (Loredana)
mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco.
Perché ho scoperto certe cose dei compagni della mia classe. (Renato)
mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco
Perché prima non la conoscievo. (Clara)
Alcuni enunciati sottolineano poi il decentramento in maniera ancora più esplicita:
mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco.
Perché sono riuscita a capire le difficoltà delle persone quando cambiano il Paese,
lingua…(Clelia)
Infine, la risposta di Rocco esprime uno stadio ulteriore coincidente con l’espressione
della curiosità sul retroterra culturale del compagno di classe di origine moldava
Mirco:
mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone a cui sono legato (amici, parenti etc.)
Perché non conoscevo la cultura del mio amico Mirco, ma questo progetto mi ha incuriosito e
ho interrogato Mirco. (Rocco)
217
Occorre tuttavia tenere conto anche del rischio che le attività di riscrittura possano
condurre a un esito opposto rispetto a quanto atteso, ovvero a un rafforzamento o
comunque a una mera ripetizione degli stereotipi nazionali.
Per evitare che ciò accada, appare necessario, attraverso attività di analisi e
discussione, far emergere i rischi della stereotipia.
218
7. LINGUE E CULTURE OCCULTATE
Nel corso dello sviluppo dell’unità di apprendimento 2 sono state svolte attività
miranti alla sensibilizzazione in merito all’occultamento delle lingue e delle culture e
alla valorizzazione di una lingua minoritaria come l’albanese. Infatti, sia nella S1 che
nella S2 alcuni alunni sono di origine albanese e in ogni caso la minoranza albanese
è una delle più numerose sia a livello nazionale che locale.
Ad ogni modo, si è considerata la trasferibilità del concetto dal caso affrontato nel
testo alla generalità delle lingue minoritarie.
Si è inteso dunque promuovere la consapevolezza linguistica. Di questa, sono stati
identificati cinque domini: affettivo, sociale, del potere, cognitivo e della performance
(James e Garret, 2000), tra i quali nelle attività didattiche si è prestata attenzione in
particolare ai primi due:
- il dominio affettivo si concentra sulle preferenze per le lingue come sulle motivazioni
e gli interessi linguistici ed è spesso influenzato dallo status che la lingua ha nella
società;
- il dominio sociale, che concerne la consapevolezza del multilinguismo come
l’accettazione delle minoranze linguistiche nella propria società (James e Garret, id.).
Attraverso le attività svolte, si è trattato dunque dell’Albania, della lingua e della storia
albanese
valorizzandole
ed
evidenziandone
alcune
peculiarità
quali
delle
caratteristiche fonetiche e il significato anche simbolico che la scrittura della lingua
albanese ha assunto, dato il divieto di scrivere durante la lunga dominazione
ottomana.
Nel racconto inoltre si narra un episodio relativo all’emersione del retroterra
linguistico e storico della protagonista, una bambina albanese, attraverso le attività
svolte da una mediatrice linguistico-culturale nella classe d’inserimento della scuola
italiana. Il testo si sofferma in particolare sulla bellezza della città d’origine della
protagonista e dell’Albania.
Dai dati raccolti, è emerso che la lettura ha suscitato interesse e curiosità per
l’Albania e la cultura albanese, come si evince dalle risposte date nella scheda diario
degli alunni alla domanda ‘Mi piacerebbe sapere qualcosa in più su… Perché…’:
sull’Albania una città da come pare è bellessima
da come ne parlano è bellissima e la voglio conoscere con delle foto (Loredana, S1)
219
SULL’ALBANIA
E’ UN POPOLO CON UNA STORIA AFFASCINANTE (Emanuele, S1)
Sulla cultura albanese e sul suo paesaggio
(perché) mi ha molto incuriosito. (Rocco, S2)
La cultura albanese e sulla sua storia
Non so nulla e mi incuriosisce (Antonia, S2)
Si noti che, mentre gli alunni autoctoni hanno indicato come oggetto d’interesse
informazioni riguardanti l’Albania, un’alunna albanese ha invece espresso curiosità
per la conoscenza di quanto accomuna Italia e Albania:
Le cose in comune tra l’albania e l’italia
è interessante (Balina)
La comprensione del concetto di occultamento delle lingue e delle culture è stata
maggiore nellla S2, come mostrano le risposte alla domanda 1 di una scheda
distribuita durante l’UA2 e alla domanda 7 del questionario finale.
La prima chiedeva:
A te è mai capitato di avere a che fare con lingue e culture “nascoste”? Perché a volte restano
nascoste? Puoi partire dalla tua esperienza o da quella di persone che conosci.
Nella S1, solo un’alunna riferisce un’esperienza personale di dialogo con un
compagno portatore di una cultura a lei sconosciuta, anche se non propriamente
occultata in quanto proprio un elemento visibile come l’acconciatura del ragazzo ha
suscitato curiosità:
Alla scuola elementare in classe c’era un bambino indiano. Portava in testa una specie di
chignon. Incuriosita gli chiesi perché lo portava e lui mi ha spiegato che non se lo poteva
togliere finché non si sarebbe purificato, facendo un bagno nel fiume Gange. (Cristina)
Nella S2 invece alcuni alunni di origine straniera sottolineano l’esperienza diretta e
personale in relazione alle lingue e delle culture nascoste, ma Antonia evidenzia di
220
non provare disagio, mentre Laura identifica l’appartenenza culturale con la religione
musulmana:
A me si, anche perché io sono nata in Romania, però non mi è mai capitato di sentirmi
imbarazzata e a disagio, perché qui ho un sacco di amici che mi vogliono bene. (Antonia)
Si, a me mi è successo perché io sono musulmana e infatti mi è successo quando avevo
quattro anni il mio primo giorno di scuola (materna) (Laura)
In diversi casi l’occultamento delle lingue e delle culture è collegato con incontri
interculturali esperiti nel passato. Sara e Clelia raccontano ad esempio della nascita
delle loro relazioni amicali con due ragazzi afgani istituendo un parallelismo tra
l’esperienza di questi e quella del personaggio della bambina albanese protagonista
del racconto.
Giovanna racconta invece un’esperienza di contatto e di comunicazione con una
bambina bielorussa in particolare attraverso il ricorso alla gestualità, in mancanza di
altri codici condivisi.
Anche i questionari finali mostrano la comprensione dell’occultamento delle culture,
come rivelano le risposte alla domanda 7:
Quali sono (se ci sono) le lingue nascoste dei membri della tua classe?
Sia gli alunni della S1 che quelli della S2 hanno infatti risposto in genere
correttamente, anche se con maggiore o minore completezza, in merito alle lingue
degli alunni di origine straniera della classe.
Nella S2, sono state peraltro formulate anche delle ipotesi in merito alle cause
dell’occultamento, identificate prevalentemente in motivazioni di ordine linguistico o
psicologico:
Per me restano nascoste perché forse i bambini non riescono bene ad esprimersi o non si
sentono a loro agio. (Giovanna)
No, non mi è mai capitato di avere a che fare con lingue o culture nascoste, ma penso che a
volte restino nascoste per timidezza o per insicurezza. (Viola)
221
L’individuazione di motivazioni analoghe emerge anche dalle risposte alle domande
4 e 5 del questionario di comprensione e analisi del testo, dove diversi alunni
focalizzano la componente emotiva della vergogna causata dall’impossibilità di
un’espressione corretta in lingua italiana. Nelle risposte alla domanda 5, in
particolare, sono messe a fuoco in vari casi le relazioni di interdipendenza tra
padronanza della lingua e sensazioni di benessere o disagio.
L’enunciato di Enrico in particolare collega direttamente l’occultamento con
l’interpretazione attribuita al comportamento linguistico del compagno di classe
Mirco, del quale l’alunno non comprende la riluttanza all’uso del moldavo:
Sì, per esempio il mio amico Mirco si vergogna a parlare nella sua lingua madre, il moldavo, e
è molto strano e penso che tutti facciano così (Enrico)
Anche le risposte alla domanda 13 del questionario di comprensione risultano per lo
più corrette. Diversi alunni focalizzano in tale sede la relazione tra la gioia provata
dalla bambina e l’emersione, grazie alla mediatrice, di informazioni relative alla sua
storia passata, alla sua città e alla sua scuola in Albania.
Nelle risposte viene inoltre sottolineata la positività dello stato emotivo del
personaggio grazie alla posizione di protagonismo attribuita alla bambina albanese
dalla mediatrice linguistica e culturale, da cui hanno origine la maggiore
partecipazione e la sensazione di benessere conseguente al superamento del
disagio dovuto al sentimento di non appartenenza ed esclusione precedentemente
provato.
In ogni caso, se nel testo letterario l’emersione della lingua e cultura d’origine veicola
sentimenti positivi e coincide con un processo che conduce all’integrazione nella
classe, alcuni dei dati raccolti inducono a una riflessione in merito ai desideri dei
diretti interessati, ovvero gli alunni di origine straniera.
Ad esempio, Mirco, lo stesso alunno di cui Enrico mette a fuoco (come si è visto) la
riluttanza all’uso del moldavo, alla domanda del questionario finale relativa al
desiderio di emersione delle lingue occultate, risponde negativamente, come del
resto fa anche Enzo, un altro alunno di origine straniera (macedone).
Purtroppo i due alunni non spiegano le motivazioni del loro desiderio di
‘occultamento’, appare comunque forte il contrasto rispetto a quanto affermato dagli
altri, che manifestano invece quasi tutti il desiderio che le lingue emergano.
222
Le modalità indicate vanno dalla lettura di racconti e dall’intervento di un mediatore
culturale (Clelia), all’organizzazione di viaggi d’istruzione (Barbara), alla spiegazione
della storia e dell’origine delle lingue (Sara) o alla realizzazione di altre attività
inerenti le lingue (Viola):
Attraverso dei racconti oppure come è successo a Besa Mone attraverso una persona. (Clelia,
S2)
Spiegandone la storia e l’origine. (Sara, S2)
Attraverso un viaggio d’istruzione. (Barbara, S2)
A scuola di approfondire un argomento sulle lingue. (Viola, S2)
Non è del resto sorprendente che la diversa posizione socioculturale e
l’appartenenza a un gruppo minoritario o a quello maggioritario condizionino gli
atteggiamenti verso le proprie lingue.16
Emerge dunque dagli enunciati di Mirco ed Enzo un desiderio di assimilazione che
del resto appare del tutto comprensibile in una fase dello sviluppo come
l’adolescenza, nella quale centrale è il desiderio di appartenenza al gruppo dei pari.
Quello che è stato definito il paradosso dell’adolescenza è infatti che individui tanto
diversi tra loro attraversino fasi uguali per tutti e siano o vogliano essere anche uguali
tra loro, almeno esteriormente (Smorti, 2001).
Se tale desiderio di uguaglianza non è privo di problemi per gli autoctoni, esso è
doppiamente complesso per chi è di origine straniera.17
In ogni caso, il modello dell’integrazione assimilatoria è emerso anche nei testi
creativi redatti dagli alunni nel corso della UA3 sulla base della seguente traccia:
16
Ma anche chi appartiene al gruppo maggioritario distingue tra le lingue precisando che non sempre
ne desidererebbe l’emersione. Secondo Viola, ad esempio, il dialetto dovrebbe essere riservato solo
ad alcuni contesti caratterizzati da relazioni intime:
Altro: Alcune sì alcune no. Perché in dialetto ci potrei dialogare solo a casa o con
amici stretti (Viola).
17
Come evidenzia Gabriele Sospiro, ‘per i giovani delle seconde generazioni questa fase viene
ulteriormente investita di carica problematica, poiché può dare luogo a crisi che coinvolgono la
dimensione
individuale
in
relazione
all’identità,
quella
familiare
con
conflitti
di
carattere
intergenerazionale o quella sociale e culturale che può condurre alla reinterpretazione della cultura di
appartenenza.’ (Sospiro, 2010, p. 108).
223
Domanda 7. Se ti trovassi in una situazione di vacanza simile a quella del racconto, a stretto
contatto con persone di un altro paese, come pensi che dovresti comportarti nei confronti del
loro modo di pensare, delle loro abitudini e della loro lingua per instaurare dei buoni rapporti?
Perché?
Si tratta di una concezione dell’integrazione dettata sia da motivazioni generali, come
mostra il testo di Sara che pone l’accento sulla ‘giustezza’ del rispetto per gli altri, sia
strumentale, finalizzata all’accettazione da parte dei membri del gruppo di
accoglienza, come si evince dai testi di Vera e Simona:
Credo che: nelle opinioni dovrei comunque accettarle, lo stesso nelle religioni perché venga
rispettata la mia. Riguardo alle abitudi mi dovrei adeguare io e non viceversa e riguardo alla
loro lingua la dovrei imparare.
(Perché) E’ comunque giusto rispettare gli altri, in tutto e per tutto. (Sara, S2)
Non dovrei protestare, ma accontentarmi.
(perché) stando senza famiglia (lontana) potrebbero non accettare la mia presenza.(Vera, S2)
Dovrei seguire tutte le loro abitudini, quello che mangiano.
Perché altrimenti non starei simpatica a nessuno e starei da sola. (Simona, S2)
Del resto, nella S1 anche un alunno autoctono ha dato risposta negativa in merito al
desiderio di emersione di una lingua-cultura nascosta, mostrando sintonizzazione
emotiva e cognitiva con la posizione di chi si trova in una posizione di minoranza:
No.
Non vorrei essere un italiano e 19 albanesi. (Andrea)
Appare perciò problematico affermare che, nell’approccio interculturale, sia sempre
opportuno far emergere le lingue e le culture d’origine degli apprendenti.
Le relazioni non sempre armoniose tra le lingue negli individui plurilingui meritano di
essere oggetto di comprensione e rispettoso mantenimento, da parte dell’insegnante,
di una ‘distanza’ che consenta da un lato la presa in carico del plurilinguismo,
dall’altra il rispetto delle esigenze di riservatezza:
“Désir, réticences et résistances, amour contrariés, cet ensemble instable de l’histoire
personnelle et collective, de compétences et de comportements linguistiques invite à un
224
optimisme modéré dans l’interprétation de l’acquisition de ‘nouvelles’ langues, chacune
s’inscrivant parfois en retrait ou en substitution des précédentes, mais ni linéairement, ni de
manière durable » (Lévy, 2008)
Infatti, la sollecitazione e la raccolta di discorsi su ‘sé e le lingue’ può rientrare nel
‘politicamente corretto’ senza però essere davvero corretta, anche perché costringe
gli individui a inscriversi in una dimensione collettiva controllata all’interno di scuole,
di politiche, di campi di ricerca (id., p. 81).
Attività di valorizzazione delle lingue e culture degli apprendenti devono dunque
essere a nostro parere svolte con metodologie didattiche che, tenendo conto dei
desideri e delle reticenze degli alunni, non impongano necessariamente una ‘presa di
parola’ (Porcher, 1978), ma contribuiscano piuttosto a definire un orizzonte comune
ad autoctoni e ‘stranieri’ in cui la mobilità sia concepita come una condizione
potenzialmente di tutti, sia di chi, nel contesto e nella situazione di riferimento, si
iscrive all’interno di una minoranza, sia di chi appartiene a un gruppo maggioritario,
ma in un contesto e in una situazione differenti potrebbe a sua volta trovarsi ad
essere ‘straniero’.
225
226
Capitolo 6. Conclusioni
Nel presente capitolo si riepilogheranno i punti di forza e di debolezza del presente
lavoro in relazione sia alla metodologia della ricerca, sia all’approccio didattico
sperimentato, ricapitolando i risultati dell’analisi dei dati esposti nel capitolo
precedente e utilizzando quanto emerso dalle risposte ai questionari conclusivi per
evidenziare gli esiti salienti delle attività svolte e la valutazione di queste da parte dei
rispondenti.
Verranno poi definite alcune proposte per l'educazione letteraria interculturale, tra le
quali un percorso di formazione degli insegnanti caratterizzato dall'apertura a
discipline quali le scienze del linguaggio e quelle antropo-sociali.
Si passerà infine a delineare possibili punti di partenza e auspici per la ricerca a
venire.
1. La ricerca condotta: punti di forza, punti di debolezza
1.1. Metodologia della ricerca
A conclusione dell’analisi dei dati, ci sembra opportuno formulare alcune riflessioni
sull’approccio metodologico adottato per rilevarne gli aspetti rivelatisi funzionali agli
obiettivi e quelli che invece non hanno dato gli esiti sperati e che dunque necessitano
di una valutazione critica.
In relazione alla scelta dei terreni d’indagine, si ritiene che la raccolta di dati in classi
nelle quali non c’era una forte implicazione professionale della ricercatrice abbia
avuto un effetto positivo, in quanto, dal confronto delle risposte date alle schedediario e ai questionari delle S1 ed S2 con gli analoghi dati raccolti nella S3 (dei quali,
227
come si è visto, si è deciso di non fare uso per le motivazioni precedentemente
esposte nel cap. 4),
è emerso che il ruolo di insegnante da noi ricoperto nella S3 aveva un effetto
condizionante
sulle
risposte,
in
particolare
quelle
relative
all’eventuale
apprezzamento o all’indicazione delle criticità in merito alle attività didattiche svolte.
Il ruolo ‘esterno’ rispetto alle dinamiche di potere alunni-docente ha consentito infatti
di assumere una posizione più ‘neutra’, dovuta anche al fatto che la valutazione è
rimasta di pertinenza delle docenti delle classi e limitata alle attività orali svolte in
aula, mentre i compiti scritti e le risposte date alle domande dei questionari e degli
altri strumenti d’indagine non sono stati oggetto di valutazione in sede scolastica ma
solo di analisi a finalità di ricerca.
Positivo è stato anche il rapporto di collaborazione instaurato con le colleghe
insegnanti delle classi, Marina nella S1 e Luciana nella S2.
Il coinvolgimento della prima collega, tuttavia, è stato limitato dai molti impegni sia
professionali che personali e dalla coincidenza temporale della fase dello
svolgimento della ricerca con la conclusione delle attività di formazione e valutazione
connesse con l’inserimento in ruolo.
In ogni caso, la collaborazione è stata proficua sia per quanto riguarda le attività
svolte in compresenza in aula, sia per ciò che concerne aspetti quali la raccolta dei
materiali assegnati agli alunni per la compilazione domestica o la compilazione di
strumenti forniti dalla ricercatrice e fatti compilare dall'insegnante.
La collega della S2, Luciana, nonostante anche il suo carico di attività professionali
fosse ingente, ha invece mostrato un interesse più specifico per i testi proposti, i
concetti veicolati attraverso le UA e l’approccio al testo utilizzato.
Si ritiene perciò che, in questo senso, la metodologia di ricerca-azione abbia avuto
un esito positivo sul piano della diffusione della produzione letteraria ‘della
migrazione’ e della sensibilizzazione ai temi trattati quali la pluralità identitaria,
l’occultamento delle lingue e culture minoritarie, i pregiudizi e gli stereotipi, i malintesi
linguistico-culturali etc.
Occorre in ogni caso rilevare che l’interesse e l’apertura di Luciana per il progetto
proposto erano presenti fin dall’inizio.
Nell'eventualità della realizzazione di altri cicli di ricerca-azione, si ritiene in ogni caso
opportuno
prevedere
l'inserimento
dell'intervento
228
didattico
all'interno
della
progettazione di classe e disciplinare e la realizzazione delle attività in una fase più
precoce dell'anno scolastico.
Infatti, si ritiene che l'incompletezza di alcuni set di dati, dovuta sia alla mancata
riconsegna degli strumenti da parte di diversi alunni (soprattutto nella S2), sia alle
numerose assenze nella fase conclusiva dell'anno scolastico, possa essere evitata
attraverso la predisposizione di tempi più ampi per le attività didattiche e la raccolta
dei dati.
In tal modo si ritiene ci si possa attendere una maggiore efficacia nella pianificazione
e una minore incidenza di difficoltà organizzative dovute alla concomitanza della
conclusione di tante attività curricolari ed extracurricolari che hanno reso necessario
posticipare e diluire nel tempo gli interventi svolti facendo coincidere la fase finale
della ricerca sul terreno con il periodo conclusivo dell'anno scolastico.
Occorre infine rilevare che la tardiva realizzazione della raccolta dei dati rispetto ai
tempi a disposizione per l'analisi degli stessi ha influito anche sulla scelta della
tipologia di analisi adottata.La disponibilità di tempi più ampi avrebbe infatti
consentito l'utilizzo di altri metodi, ad esempio un'analisi dei testi creativi improntata
alla semiotica della narratività.
Quanto alla cooperazione con le colleghe, essa ha avuto luogo in spazi e tempi sia
istituzionali (aule scolastiche, sale insegnanti), sia caratterizzati da informalità
(pause, occasioni conviviali etc.) e si ritiene che i proficui scambi d'idee e le positive
relazioni costruite abbiano contribuito alla buona riuscita della ricerca, tuttavia per il
futuro si ritiene altresì opportuno prevedere ulteriori tempi e spazi d'incontro più
specificamente focalizzati e finalizzati alla condivisione, analisi, discussione e
progettazione congiunta delle fasi successive degli interventi didattici, ai fini di un
coinvolgimento maggiore delle insegnanti nelle attività, che si teme possano essere
state talvolta vissute in maniera non abbastanza partecipata.
Si tratta tuttavia di impressioni soggettive che sarebbe peraltro interessante verificare
in un eventuale prosieguo della ricerca svolta.
In merito agli strumenti d'indagine, si ritiene poi che l'uso di testi creativi e attraverso
'tracce' d'impronta non specificamente autobiografica ai fini della rilevazione delle
rappresentazioni dei soggetti possa avere avuto il vantaggio di evitare i
condizionamenti legati alle esigenze di costruzione o ricostruzione identitaria o di
autogiustificazione che si possono riscontrare laddove si utilizzano strumenti
autobiografici.
229
I testi creativi sono infatti un mezzo di espressione dell'immaginario, che è stato
definito
"un campo di esperienza (…) in cui noi parliamo di noi stessi senza farlo, oppure
viviamo esperienze che realmente non faremo mai.” (Pirodda, 2005, p. 28).
Essi consentono un'espressione indiretta delle rappresentazioni, che risultano in tal
modo meno condizionate dai ruoli e dalle identità che i soggetti costruiscono
attraverso il discorso autobiografico.
Tra gli aspetti dei quali tenere conto per la valutazione dei risultati della ricerca,
occorre sottolineare che l’uso di strumenti che richiedevano la produzione di
enunciati scritti ha fatto sì che i dati raccolti siano stati influenzati dalla maggiore o
minore sicurezza e inclinazione dei rispondenti rispetto alla scrittura, nonché dal
diverso grado di motivazione e di tendenza alla cooperazione rispetto alle attività
svolte.
Ciò non ha tuttavia impedito agli alunni con competenze di produzione scritta meno
sviluppate, e in particolare ai rispondenti di origine straniera, di fornire dati ricchi e
interessanti. Ci riferiamo in particolare ai testi creativi di alunni stranieri in Italia da
pochi anni (cf. Igor, Rachele, S1 ALLEGATO 22).
I testi creativi preliminari, per i quali è stata assegnata una ‘traccia’ mirante a non
orientare preventivamente la declinazione della mobilità nell’interpretazione dei
rispondenti (cf. ALLEGATO 17) hanno fornito in fatti del materiale, come si è visto,
molto ricco. Il fatto che in molti scritti siano stati trattati temi connessi alla migrazione
e al processo di integrazione ha peraltro evidenziato fin dalla prima fase della ricerca
la presenza di una sensibilità specifica a questi temi nel terreno della S1.
I questionari hanno invece creato qualche difficoltà, evidentemente a causa di
problemi connessi alla comprensione di alcune domande (che in ogni caso erano
state, di volta in volta, spiegate oralmente). Si ritiene dunque che una formulazione
più semplice di alcune domande avrebbe reso la comprensione e la compilazione più
accessibili.
In relazione ai questionari e al contingente utilizzo di altri strumenti di raccolta di
enunciati scritti, appare inoltre opportuno evitare un sovraccarico di strumenti da
compilare per evitare l'adozione di strategie di semplificazione attraverso
l'abbreviamento delle risposte fornite e il conseguente ottenimento di dati troppo
scarni.
230
L’utilizzo di strumenti scritti ha influenzato la qualità dei dati anche in un altro senso:
i dati sono stati più ampi e ricchi nella S2, dove maggiore si era rivelata la diffusione
della lettura (cf. ALLEGATO 21, S1 e ALLEGATO 31, S2, domanda 5, dalla quale
emerge che nella S2 diversi alunni indicano la lettura come una delle attività
preferite, al contrario di quanto avviene nella S1 dove la lettura non viene
menzionata).
Da ciò appare evidente, come del resto era prevedibile, che l’utilizzo di strumenti
scritti ha maggiore probabilità di risultare proficuo laddove i rispondenti hanno un
buon grado di confidenza con il codice scritto.
In ogni caso, un argomento a favore rispetto all’uso di strumenti scritti è il loro trovare
una dimensione 'naturale' all’interno delle dinamiche della cultura della scuola, dove
l’utilizzo dei questionari di comprensione e la scrittura di testi creativi sono attività
consuetudinarie per gli alunni. In questo senso la metodologia adottata ha il
vantaggio della familiarità ed evita l'invasività delle attività di ricerca rispetto alle
esigenze della didattica, consentendo il raggiungimento di un equilibrio tra l'una e
l'altra (cf. Gobbo, 2004).
1.2. Approccio didattico
A livello della metodologia didattica, tra i punti di forza dell’approccio progettato e
sperimentato si ritiene vada annoverato innanzi tutto l’arricchimento dell’educazione
letteraria a finalità interculturale attraverso concetti e attività mutuati dalla didattica
delle lingue e culture e in particolare ispirati alle riflessioni teoriche sulla competenza
comunicativa interculturale.
In quest’ambito rientrano le attività finalizzate allo sviluppo della consapevolezza
linguistica e culturale (cf. cap. 5, par. 5.7) e al decentramento.
Inoltre, il confronto tra i dati e gli assunti teorici, impliciti ed espliciti, di riferimento
(Dodman, 2003) ha permesso, come si è visto nel capitolo 5, di verificare vari aspetti
della ricezione delle attività svolte da parte degli alunni-rispondenti facendo emergere
gli scarti tra finalità e obiettivi definiti dall’insegnante-ricercatrice e le reazioni da parte
degli alunni, evidenziando diverse aree di miglioramento possibili. Queste saranno
esaminate dopo l'esposizione e la sintesi degli aspetti che hanno provocato riscontri
positivi.
231
Tra i punti di forza, dai dati emerge innanzi tutto che i testi scelti sono stati apprezzati
dalla maggioranza degli alunni, grazie soprattutto alla cifra stilistica ironico-umoristica
che caratterizza i racconti di Scego, Moll e Wadia.
Dalle risposte ai questionari finali (cf. domande 10 e 15, ALLEGATI 30 e 40), emerge
che i testi sono stati considerati dalla maggioranza degli alunni interessanti e
accessibili quanto alla comprensione.1
In alcuni casi se ne sottolineano gli aspetti di gradevolezza e al 'divertimento'.2
Il coinvolgimento è stato significativo soprattutto nella S2, nella quale, durante la
discussione in classe, sono emersi numerosi interrogativi relativi ai temi del racconto
(leggi sull’immigrazione in Italia e negli Stati Uniti, contrabbando etc.).
In ogni caso, interesse e curiosità sono stati espressi anche nella S1 (cf. ALLEGATO
23, diario alunni, domande 4 e 5, risposte di Claudio ed Ester).3
Alcuni rispondenti (domanda 10, S1) hanno tuttavia individuato nell’estensione
eccessiva dei testi una loro caratteristica
negativa. Si ritiene dunque opportuno
valutare la possibilità di un adattamento al contesto didattico attraverso
l’abbreviazione ai fini del mantenimento dell'attenzione.
Nella S1 (cf. ALLEGATO 23), peraltro, erano state individuate come un altro
elemento critico difficoltà legate al lessico, mentre nei questionari finali del medesimo
terreno i testi sono stati
definiti di facile comprensione ed è stata sottolineata
soltanto la difficoltà dell’ultimo racconto letto (Napoli's bombs).
Al di là dei riscontri complessivamente positivi, occorre tuttavia tenere conto di un
caso relativo ad un rispondente della S2, Ludovico che ha mantenuto una posizione
di chiusura e dichiarata adesione a pregiudizi, mantenendo atteggiamenti di rifiuto
per le attività svolte durante tutto il percorso didattico.4
1
Nella S1 tuttavia il racconto di Wadia è stato anche indicato come il più difficoltoso, probabilmente
anche a causa del fatto che le attività didattiche sono state svolte in tempi ridotti e non c’è stato modo
di soffermarsi sugli aspetti più complessi come le tematiche socioculturali sottese al livello diegetico
del racconto, che avrebbero consentito una comprensione più profonda.
2
Ad esempio Ada (S1) sottolinea che ‘erano molto divertenti’ (cf. ALLEGATO 30, domanda 15).
3
I due alunni hanno infatti così risposto alle domande 4 e 5 (cf. ALLEGATO 23):
La sua storia. Perché è un bel racconto ed è abbastanza divertente (Claudio)
La sua storia. PERCHÉ IL BRANO MA INCURIOSITO (Ester)
4
In risposta alla domanda 10 del questionario finale (cf. ALLEGATO 40), in riferimento ai testi, scrive:
‘Mi hanno lasciato indifferente. Come ho risposto alla domanda 1 io sono razzista e sia prima, che
dopo i testi letti non cambio idea. (Ludovico) Come mostra la prima parte della risposta,
evidentemente non c’è stata una sintonizzazione affettiva rispetto ai personaggi e alle attività svolte.
232
Quanto alle attività relative al concetto di cultura in senso socio-antropologico,
occorre da un lato rilevare che sono state indicate difficoltà relative alla
comprensione della definizione teorica, ma nell’esercizio di ricerca nel testo letterario
gli alunni hanno mostrato in buona parte discreti livelli di comprensione del concetto
(cf. ALLEGATI 24 e 34).
In ogni caso, per un consolidamento dell'apprendimento appare necessario un
riepilogo dei concetti secondo i principi della didattica metacognitiva (Crispiani,
2004).
Si è inoltre perseguita un’integrazione e un’intersezione tra educazione letteraria ed
educazione linguistica utilizzando il testo letterario come stimolo per rielaborazioni
diverse e per sollecitare le esigenze espressive degli alunni ed elicitarne
l’immaginario:
Tali attività hanno avuto, come si è visto nel capitolo precedente (cap. 5, par. 5.3), il
positivo esito di condurre ad una complessificazione delle rappresentazioni degli
alunni sulla mobilità, la migrazione, l’inserimento nel nuovo contesto del paese di
destinazione attraverso le letture e le attività miranti all’assunzione di un punto di
vista differente.
Come si è già sottolineato (cap. 5, par. 5.3), si ritiene che i processi coinvolti siano
stati, da un lato, la sintonizzazione dei registri affettivi degli alunni con quelli dei
personaggi (Carrubba, 1999, p. 33) attraverso la soggettivizzazione, una delle
caratteristiche che, secondo Bruner, consente al testo narrativo di coinvolgere il
lettore per mezzo della rappresentazione della realtà dal punto di vista dei
personaggi.
Si ritiene inoltre che tale sintonizzazione affettiva abbia contribuito all’implicazione
dei soggetti e con ciò anche a un cambiamento delle loro rappresentazioni attraverso
una valorizzazione del loro oggetto, consistente in questo caso nel concetto di
mobilità (cf. Flament e Rouquette, cit. in Amerio, 2007, p. 325).
Si ritiene dunque che si sia verificato, almeno in diversi casi, un potenziamento sia
della
‘simpatia’ che dell’’empatia’.
La prima è stata descritta come affinità emozionale e come un sentimento di armonia
tra individui basato sulla comprensione culturale che riflette apertura verso le altre
culture e adattamento a diverse credenze e valori (Brown, 1986 cit. in Lussier, 2007,
p. 324).
233
Quanto all’empatia, concetto apparso solo nel 1928, è stata a lungo ritenuta un
atteggiamento che non lasciava spazio all’acquisizione, ma diversi studi sulla sua
formazione (Natale, 1972: 68, cit. in Lussier, id., p. 325) hanno portato a concludere
che
sia
possibile
potenziarla
e
che
essa
nasca
da
un
rafforzamento
dell’apprendimento cognitivo attraverso quello affettivo (Lussier, ibid.). L’empatia
is the capacity to see oneself as a member of another culture and to put into relation that
culture’s beliefs, behaviours and values within its historical, religious and political context in
order to understand reasons for its ways of interacting and thinking. Empathy leads to a sense
of alterity which is the ability to exchange one’s own perspective for that of ‘other’ and to
integrate new beliefs and values, without rejecting self-identity and self-values. (Lussier, ibid.)
Ciò è suffragato da enunciati come quelli che seguono:
L’approccio per persone straniere è comunque molto difficile più di quanto pensassi
(Sara, cf. ALLEGATO 35, domanda 11)
(i testi letti) mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco
Perché mi hanno fatto capire alcuni comportamenti e sensazione dei miei compagni stranieri.
(Serena, cf. ALLEGATO 40, domanda 11)
Si ipotizza che la sintonizzazione affettiva e lo sviluppo di rappresentazioni
complesse sui soggetti che vivono la mobilità e la migrazione possa influire sulla
percezione dell’identità degli alunni di origine straniera da parte degli altri e che ciò
possa contribuire a un miglioramento della socializzazione nella classe.
Sarebbe peraltro interessante un prosieguo della ricerca ai fini della verifica di tale
ipotesi.
Inoltre, data l’importanza che le interazioni hanno nell’acquisizione delle lingue, si
ritiene che possa avere indirettamente anche ricadute positive sull’incremento delle
competenze linguistiche degli alunni di origine straniera.5
5
Tale ipotesi è suffragata del resto da studi sul rapporto tra costruzione identitaria e apprendimento
delle lingue.
Ad esempio, in uno studio condotto da Toohey a Vancouver, in Canada (2000) su apprendenti di
inglese come lingua seconda in una scuola materna, emerge come l’identità degli alunni influisca sulla
loro accettazione da parte dei pari e sullo sviluppo delle loro potenzialità linguistiche: in particolare,
l’identità problematica mostrata da un bambino figlio di immigrati di Singapore ha fatto sì che, sebbene
all’inizio dell’anno scolastico egli parlasse inglese, il rifiuto e l’esclusione dai giochi e dalle attività dei
compagni sia andato di pari passo con un declino delle sue competenze linguistiche.
234
A tale proposito, alcuni enunciati raccolti sul terreno confortano tale ipotesi,
evidenziando un passaggio dal piano affettivo a quello delle intenzioni per l’azione:
Quando arriva una ragazza nuova l’ha dobbiamo accogliere come se fosse una ragazza che
l’ha conoscessimo da una vita (sempre) (Laura, cf. allegato 35).
In ogni caso, nei due terreni non tutti gli alunni hanno reagito favorevolmente alle
attività proposte, in particolare, come si è già rilevato, Ludovico (S2) ha mantenuto
posizioni di chiusura.
Nel percorso didattico, come si è evidenziato più volte, si è attribuito uno spazio
significativo non solo alla scrittura, ma anche alla dimensione orale, in particolare
attraverso tecniche quali il brainstorming e le attività di riepilogo e discussione sui
testi letti.
Tali attività sono state in generale apprezzate e ciò è emerso in particolare dalla
buona partecipazione alle discussioni, anche se non sempre spontanea e talvolta o
spesso sollecitata dall’insegnante.6
Si ritiene che il riepilogo orale e la discussione possa facilitare un coinvolgimento di
tutti gli alunni, anche coloro le cui competenze linguistiche nella lettura e scrittura non
siano molto sviluppate.
L’apprezzamento delle attività svolte oralmente è suffragato da alcune risposte alle
schede-diario (cf. punto 2, QUELLO CHE MI È PIACIUTO DI PIÙ È STATO,
ALLEGATO 35):
Stata la discussione sul brano, perché è stata coinvogente. (Rocco)
Correggere il compito (questionario) perché possiamo ascoltare le riflessioni degli altri.
(Lorenzo)
Quando parliamo insieme (Mirco)
Parallelamente invece un’altra bambina che a inizio anno non parlava inglese e rimaneva silenziosa
ma che è stata poi accolta dai pari come una compagna di giochi desiderabile ha anche visto
migliorare significativamente le sue competenze linguistiche (cf. Dagenais, D., Beynon, J., Toohey, K.,
Norton, B., 2008).
6
Nella fase iniziale del percorso didattico sono state svolte peraltro delle attività di osservazione
attraverso schede la cui compilazione era stata affidata alle colleghe Marina e Luciana. Tuttavia in
seguito si è ritenuto più proficuo un coinvolgimento delle colleghe nelle altre attività svolte e si è
rinunciato alla sistematicità delle osservazioni.
In ogni caso, si è rilevata l’utilità dell’utilizzo delle schede di osservazione ai fini del monitoraggio della
partecipazione degli studenti alle interazioni in classe, secondo una metodologia mutuata
dall’etnografia (Coonan, 2000; Gobbo, 2004).
235
Quando abbiao parlato dell’episodio in cui Besa Mone era felice perché tutti parlavano del suo
paese. (Simona)
Quanto all’interesse e all’apertura alle lingue e culture straniere, si è rilevata
un’evoluzione, che si può osservare dal confronto tra alcune risposte fornite ai
questionari iniziali e a quelli conclusivi. Se nella S2 buona parte degli alunni aveva
espresso fin dalla fase della preindagine apertura e curiosità per lingue e culture
straniere diverse (cf. domanda 20, ALLEGATO 31), nella S1, si rilevava invece una
tendenza alla chiusura (cf. domanda 20, ALLEGATO 21), anche se non è da
escludere che le risposte ottenute siano state condizionate dall’uso nella domanda
del termine ‘cultura’, probabilmente non chiaro per tutti gli alunni.
A conclusione del percorso svolto, nella S1 si rileva un incremento dell’apertura (cf.
domande 137 e 14, allegato 30), con una polarizzazione delle risposte sulle lingue
spagnola e cinese, mentre non sorprende che nella S2 si trovi una conferma
dell’iniziale apertura, declinata peraltro in più direzioni (le lingue che suscitano
maggiore interesse sono il francese, il tedesco, l’arabo, il cinese, il russo, ma
compaiono anche altre lingue e culture quali: afgano, albanese, giapponese,
africano, kurdo, portoghese (cf. risposte alle domande 13 e 14, allegato 40).
Si ritiene in definitiva che il percorso svolto abbia favorito la diffusione e la
valorizzazione di una produzione letteraria marginale nella quale gli alunni di origine
straniera possono trovare un rispecchiamento, la cui espressione è emersa sia nel
corso delle discussioni orali, sia dai questionari finali.
Infatti, alla domanda 12, ‘Ti sei identificato/a in qualche personaggio o situazione dei
racconti letti insieme? Se sì, quale/i? Perché?’, se la maggioranza degli alunni ha
risposto negativamente, tuttavia sono state positive alcune risposte, come quelle di
Ada
e
Laura,
entrambe
di
origine
straniera,
che
hanno
scritto:
Nel racconto della ragazzina albanese perché anche io sono albanese e ho vissuto un po’ la
sua storia.
(Ada, cf. ALLEGATO 30).
Sì, su un tema della ragazza albanese. (Laura, cf. ALLEGATO 40 )
7
Domanda 13: ‘Ti piacerebbe leggere altri testi che trattano il tema degli incontri-scontri tra persone con
lingue diverse?’; domanda 14: ‘Se sì, di quali lingue ti piacerebbe leggere?’.
236
In ogni caso, l’identificazione è avvenuta anche da parte di alunni di nazionalità
italiana, che hanno ravvisato nella provenienza regionale (campana) dei protagonisti
di Napoli’s bombs elementi di rispecchiamento:
Sì uguale a Giovanni perché è napoletano come me e mi sembra divertente. (Michele, cf.
ALLEGATO 30)
La provenienza regionale ha rappresentato dunque un elemento di coinvolgimento.
Inoltre, come si è già sottolineato nel capitolo 5 (par. …), gli alunni autoctoni hanno
tratto spunti di riflessione sui compagni di origine straniera (cf. domanda 11 dei
questionari finali, ALLEGATI 30 e 40).
In generale, l’intento era stato di sollecitare la riflessione sulla condizione della
mobilità che non concerne solo gli ‘altri’ (come emerge dai testi letterari delle UA3 e
UA4), ma potrà nel futuro riguardare anche gli autoctoni e la riflessione ha portato
alla complessificazione delle rappresentazioni come si evince dai testi creativi scritti
dopo la Ua2
Un’impostazione dunque che individua nella mobilità una questione che riguarda, ha
riguardato o potrà riguardare ciascuno, e che in ogni caso coinvolge tutti a livello di
interazioni quotidiane con chi vi è direttamente coinvolto.
2. Proposte per un’educazione letteraria a finalità interculturale
Il percorso didattico messo a punto e sperimentato attraverso la ricerca-azione
oggetto del presente lavoro va, come si è visto, nella direzione di un approccio che
mira a contemperare in un proficuo innesto educazione linguistica (ELING) ed
educazione letteraria (ELETT).
L’ELING e l’ELETT (come si è visto nel cap. 1) sono ambiti che, in Italia, hanno
avuto sviluppi per lo più paralleli e ibridazioni limitate (Lavinio, 2005), anche se nel
corso degli anni sono state di volta in volta proposte diverse possibili piste per una
loro proficua interrelazione (id.).
Sull’integrazione tra ELING ed ELETT, Cristina Lavinio ritiene che
non si troveranno soluzioni soddisfacenti finché non si radicherà l’idea che le molteplici
capacità necessarie per leggere i testi e ‘conoscere’ o ‘fare’ letteratura vanno costruite e
gestite consapevolmente dagli insegnanti a partire dalla primissima infanzia e dai primi anni di
237
scuola, benché su un terreno inizialmente non separato da quello dell’educazione linguistica,
facendo leva dunque, per prima cosa, su ampie intersezioni tra educazione linguistica ed
educazione letteraria e preparando il terreno per accentuare in seguito la loro relativa
autonomia, pur senza dimenticarne le molteplici interazioni. (Lavinio, id., pp. 13-14).
Lavinio ricorda peraltro anche alcuni assunti basilari del dibattito relativo al rapporto
tra educazione linguistica ed educazione letteraria sviluppatosi in Italia negli ultimi
decenni:
- tra educazione linguistica ed educazione letteraria esistono numerose intersezioni e
interazioni che coinvolgono più discipline, non solo quella denominata ‘italiano’. Infatti
l’educazione linguistica riguarda tutti i saperi che hanno a che fare con delle forme di
linguaggio e che si servono del linguaggio verbale per trasmettere i loro contenuti;
- l’educazione letteraria riguarda l’insegnamento di ogni lingua, sia essa italiana,
straniera o classica;
- l’educazione letteraria ha le sue radici nell’educazione linguistica, dato che per
comprendere i testi letterari è necessario innanzi tutto avere delle capacità generali
di lettura. Inoltre la frequentazione dei testi letterari, che utilizzano al massimo grado
le doti di ambiguità e flessibilità che rendono le lingue verbali i codici semiotici più
potenti, potenzia e arricchisce le capacità linguistiche più generali.
- L’educazione letteraria è parte di una più ampia educazione artistica.
Questi assunti non sono tuttavia ovvi per tutti, soprattutto nella scuola, dove per
decenni l’insegnamento è stato compresso sulla dimensione scritta e letteraria e
dove l’educazione letteraria, come si è già visto (cap. 1) è stata a lungo identificata
con l’insegnamento della storia letteraria nel triennio conclusivo della scuola
superiore.
I contenuti e le pratiche relativi all'educazione linguistica, scientificamente accreditati,
non si sono infatti mai diffusi in maniera capillare e dunque hanno ancora molto da
dire e possono portare un notevole contributo al rinnovamento della didattica.
Tenendo a mente tali riflessioni, nonché le esigenze di una didattica che, seguendo
l'evoluzione dei mutamenti sociali e della composizione delle classi, si collochi in un
orizzonte 'interculturale', pendendo altresì in considerazione e reinterpretando le
teorie definite nell'ambito della didattica delle lingue-culture, si è messo a punto,
come si è visto, un approccio mirante a integrare nell'educazione letteraria le tre
dimensioni (esaminate nel cap. 2, par. 4.3) della competenza comunicativa
interculturale definite da Lussier (2007), ovvero:
238
a. Intercultural cognitive competence
b. Intercultural skills
c. Existential competence.
Le attività sono state basate, come si è visto, sull'alternanza di pratiche ti tipo orale
(brainstorming, discussioni etc.) e di compiti miranti al consolidamento delle abilità di
comprensione del testo e produzione scritta (attraverso il consolidamento delle
conoscenze lessicali, la compilazione di questionari di comprensione, l'assegnazione
di testi creativi etc.), come esemplificato nella griglia di approccio al testo letterario
(ALLEGATO 3) e negli schemi delle unità di apprendimento realizzate (ALLEGATI 7,
8, 9, 10).
Per quanto riguarda la prospettiva interculturale, particolare attenzione è stata
dedicata
alle attività miranti alla complessificazione delle rappresentazioni degli
apprendenti su temi quali la mobilità, la migrazione, l'integrazione e a quelle rivolte
allo sviluppo della consapevolezza culturale, al decentramento e alla riflessione sulle
lingue e culture minoritarie occultate.
Rispetto agli esiti ottenuti, testimoniati dai dati raccolti, si ritiene in ogni caso
necessario sottolineare la necessità di riservare una particolare attenzione al
riepilogo dei concetti (come quello di 'cultura' in senso antropo-sociale) secondo i
principi della didattica meta cognitiva (cf. cap. 5, par. 5.5).
Per quanto attiene alla selezione dei testi letterari 'della migrazione', a valle delle
attività svolte, appare lecito confermare la validità dei criteri precedentemente
individuati ed esposti (cap. 3, par. 2), che andiamo perciò in questa sede a
riepilogare brevemente:
- rappresentazione di tutti i gruppi sociali e particolare attenzione per le minoranze;
- tematiche inerenti lingue-culture, plurilinguismo e pluriculturalismo, mobilità e
migrazione, incontri/scontri di culture e temi affini;
- adattabilità al contesto scolastico;
- opere scritte in lingua italiana.
Si ritiene in ogni caso opportuno aggiungere a quanto specificato in precedenza
alcune considerazioni: per quanto concerne l'aspetto contenutistico, appare
importante sottolineare la necessità della scelta di testi che non si focalizzino sulla
trattazione di temi connessi con le lingue-culture degli 'altri', degli stranieri, ma che
affrontino piuttosto la pluralità linguistico-culturale individuale (cf. il testo di Scego,
ALLEGATO 3) e la pluralità collegata ai fenomeni della mobilità e della migrazione a
239
diversi livelli: in ambito nazionale,8 europeo (come nei testi di Mone e Moll,
ALLEGATI 4 e 5) ed extraeuropeo (come nel testo di Wadia, ALLEGATO 6).
Ulteriori criteri da tenere in considerazione ed emersi a seguito dell'analisi dei dati
sono poi la cifra stilistica ironica che, come si è già visto (par. 1) ha contribuito al
piacere della lettura, e l'estensione 'controllata' e ponderata dei testi (da calibrare in
ogni caso sulla base delle caratteristiche della classe), per evitare il declino
dell'attenzione.
Per le tematiche connesse al mutamento sociale e alle questioni legate alla
convivenza tra soggetti appartenenti a diversi gruppi etnici e linguistico-culturali, si
ritiene inoltre che l'approccio proposto possa contribuire positivamente alla
definizione di un orizzonte per l'educazione alla cittadinanza, secondo le linee
d'indirizzo di documenti sia europei che italiani precedentemente esaminati nel cap. 1
(in particolare, cf. MIUR, 2007).
Nell'ottica dell'integrazione dell'insegnamento della lingua nazionale e delle lingue
straniere (cf. Byram, 2008, cui si è fatto riferimento nel cap. 2, par. 4.2; Consiglio
d'Europa, 2010), nonché di una concezione dell'educazione letteraria come
trasversale a tutte le lingue insegnate nella scuola e propria quindi non solo della
disciplina Italiano (Lavinio, id.), si ritiene inoltre che testi che affrontino incontri-scontri
di personaggi parlanti lingue apprese nella classe potrebbe essere usato per
sviluppare attività didattiche congiunte tra le diverse discipline linguistiche.
Ad esempio, un racconto come Napoli’s bombs che tratta il tema delle differenti
varietà dell'inglese e dello scarto tra apprendimento scolastico e interazione nel
contesto d'uso della lingua potrebbe essere un valido punto di partenza per la
riflessione sui malintesi linguistico-culturali.
Allo stesso modo, in classi dove venga insegnato il tedesco, si potrebbe utilizzare il
testo di Moll Döner kebab per attività di sensibilizzazione rispetto agli stereotipi (cf.
ALLEGATI 9 e 14).
Si ritiene infine che l'approccio definito nel presente lavoro, per gli esiti ottenuti e le
molte potenzialità che contiene per lo sviluppo della riflessività sui temi già più volte
citati possa offrire significative prospettive di formazione per gli insegnanti di Italiano
8
In tal senso, si ritiene interessante l'utilizzo di testi che consentano di affrontare il tema della
variazione diatopica e della dialettofonia. Uno di questi è il racconto L'ultima mail (Wadia, 2004), che
non è stato inserito nel percorso didattico qui presentato ma che potrebbe essere proficuamente
impiegato in un futuro ciclo di ricerca azione. Dai dati è emersa infatti, come si è in precedenza
accennato, la potenzialità motivante derivante dall'identificazione con personaggi dalla provenienza
regionale analoga a quella degli alunni provenienti da famiglie con storie di migrazioni interne.
240
nel segno di una proficua integrazione tra glottodidattica ed educazione letteraria,
che includa concetti, strumenti e metodi tratti da ambiti disciplinari quali soprattutto le
scienze del linguaggio e le scienze antropo-sociali, come la sociolinguistica, la
psicolinguistica, la linguistica acquisizionale, l'etnografia, l'antropologia culturale e
l'antropologia
dell'educazione,
la
sociologia
delle
migrazioni,
la
sociologia
dell'educazione, la psicologia sociale etc.
Per quanto concerne più specificamente gli studi letterari, particolarmente proficue ai
fini dell'inquadramento teorico dei testi presi in considerazione appaiono invece le
prospettive definite nell'ambito della sociologia della letteratura (cf. cap. 3, par. 1),
sebbene ai fini della definizione dell'approccio didattico si ritenga di non trascurare
altre teorie quali in particolare quelle di matrice ermeneutica (di cui si è brevemente
trattato nel cap. 1., par. 5.1).
Infatti, ciò che appare non più procrastinabile è l’apertura ad un'interdisciplinarità
negli approcci che apra le porte ad un pluriculturalismo diffuso che consideri
l’appartenenza della 'nostra' cultura e della 'nostra' letteratura a un sistema più vasto,
non più o almeno non solo italo- o eurocentrico,9 ma transculturale (Lussier, 2007;
Gnisci, Cipollari, 2012), ovvero che consideri la nostra tradizione come appartenente
a una rete culturale ampia e in continua evoluzione, all’interno della quale dovremmo
imparare tutti a muoverci uscendo da quei confini nazionali rigidi nei quali troppo a
lungo il sapere disciplinare connesso alla disciplina 'Italiano' e in particolare
l'educazione letteraria sono stati confinati.
3. Auspici e spunti per la ricerca a venire
In relazione alle attività svolte, sono sorti nel corso della raccolta e analisi dei dati
interrogativi in merito ai potenziali effetti demotivanti delle attività incentrate sui testi
letterari nei confronti degli alunni con competenze linguistiche non adeguate a
consentire un'adeguata comprensione testuale.
Da un lato, appare ovvio che la complessità linguistica e testuale dei testi letterari
crei ingenti ostacoli, dall'altro però come si è visto dall'analisi dei dati, le attività di
educazione letteraria, oltre ad essere parte integrante della cultura della scuola
italiana, possono produrre significativi effetti di sintonizzazione affettiva da parte degli
9
E' infatti noto che tutti i gruppi umani sono etnocentrici, cf. Gobbo, 2004.
241
alunni autoctoni nei confronti dei compagni di origine straniera alle prese con i
problemi linguistici e integrativi.
In ogni caso, ci si domanda se le attività orali previste nel percorso proposto possano
favorire la partecipazione di tutti e il potenziamento delle competenze di produzione
orale e in che misura queste possano costituire un 'ponte' verso l'incremento delle
competenze legate alla dimensione scritta e alla lingua per lo studio.
La linguistica acquisizionale ha evidenziato infatti che la lingua per la comunicazione
è appresa dagli alunni di origine straniera in tempi relativamente brevi, mentre la
lingua per lo studio richiede tempi molto più lunghi e facilitazioni protratte (Favaro,
2007).
Tenendo conto di ciò sarebbe interessante cercare una risposta alla seguente
domanda: in che misura l'uso dell'oralità nell'approccio ai testi letterari può
compensare gli ostacoli rappresentati dalla complessità del testo scritto e costituire
un 'ponte' tra lingua per la comunicazione e lingua per lo studio? 10
Occorre peraltro non sottovalutare aspetti emotivi quali la vergogna ad esprimersi
oralmente degli alunni dalle competenze linguistiche in costruzione.
Se da un lato appare pertanto opportuno prevedere attività di discussione in piccoli
gruppi
per mitigare l'effetto dell''esposizione' davanti all'intera classe, dall'altro sarebbe
interessante indagare le reazioni degli alunni dalle competenze linguistiche in
costruzione alle suddette attività orali per verificare con quali modalità il codice orale
possa interagire con quello scritto.11
Ancora: è lecito ritenere che la complessificazione delle rappresentazioni possa
avere un impatto sulle pratiche sociali e in particolare sulle interazioni all'interno della
classe?
In quali direzioni? Con quali modalità?
10
Peraltro la partecipazione alle attività di discussione di tutti gli alunni della classe è stata
monitorata, nella fase iniziale della ricerca sul campo, attraverso l'uso di schede di osservazione.
Tuttavia, poiché le contingenze hanno in seguito consigliato di concentrare altrove l'interesse della
ricerca, si è rinunciato alla compilazione sistematica delle schede di osservazione nonché all’utilizzo
delle stesse come dati. Si è comunque apprezzata l’utilità dello strumento per il monitoraggio della
partecipazione alle discussioni orali e appare interessante un impiego di una metodologia basata
sull'osservazione per la partecipazione degli alunni stranieri alle discussioni orali guidate.
11
242
Occorre poi tenere a mente che la ricerca presentata è stata svolta in contesti nei
quali, complessivamente, si è riscontrato fin dalla fase della preindagine un buon
livello di integrazione degli alunni di origine straniera, pur con le criticità rilevate
attraverso i questionari iniziali (cf. par. 5.4).
Sarebbe
dunque
interessante
condurre
esperienze
di
ricerca-azione
con
un'impostazione simile a quella qui presentata in terreni con caratteristiche differenti,
ad esempio con una maggiore concentrazione di alunni stranieri e con situazioni più
problematiche dal punto di vista dell'integrazione.
Quanto ai testi letterari, appare altresì interessante pensare a un'estensione della
ricerca nella direzione dell'utilizzo di opere di altri autori per un ulteriore affinamento
della metodologia didattica.
Infine, come auspicio conclusivo, si ritiene possa qui configurarsi la proposta
dell'inclusione generalizzata di opere 'della migrazione' in italiano nei libri di testo in
adozione presso le scuole.
243
244
Bibliografia ragionata
Indice
1. Politiche educative e linguistiche
2. Didattica delle lingue-culture/mediazione linguistico-culturale
3. Rappresentazioni sociali e sulle lingue
4. Competenza interculturale
5. Approcci interculturali alle discipline
6. Educazione letteraria
7. Letteratura della migrazione
7.1.1.Testi letterari
7.1.2.Saggi
7.1.3.Banche dati e periodici on-line
8. Scienze antropologiche e sociali
9. Metodologia
10. Bibliografia generale
10.1.1. Libri di testo scolastici consultati
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263
264
ALLEGATI
1
2
INDICE DEGLI ALLEGATI
1. Griglia per l’approccio ai testi ……………………………………………………………5
2. Sintesi dei dati raccolti ………………………………………………………………….11
Testi letterari
3. Igiaba Scego, Salsicce …………………………………………………………………19
4. Besa Mone, I miei primi giorni di scuola ……………………………………………...24
5. Nora Moll, Döner Kebab ………………………………………………………………..28
6. Laila Wadia, Napoli’s bombs …………………………………………………………..32
Schemi delle Unità di Apprendimento
7. UA1 Salsicce …………………………………………………………………………..39
8. UA2 I miei primi giorni di scuola ……………………………………………………..41
9. UA3 Döner Kebab ……………………………………………………………………..42
10. UA4 Napoli’s bombs …………………………………………………………………..44
Schede di approfondimento
11. Cultura ………………………………………………………………………………….49
12. Letteratura della migrazione ………………………………………………………….51
Questionari per la comprensione, l’analisi, l’interpretazione
13. Questionario UA2 ……………………………………………………………………...55
14. Questionario UA3 ……………………………………………………………………...57
15. Questionario UA4 ……………………………………………………………………...59
Strumenti d’indagine
Preindagine
16. Questionario iniziale …………………………………………………………………..63
17. Traccia testi creativi preliminari ………………………………………………………67
Indagine
18. Scheda diario alunni …………………………………………………………………..68
19. UA2 Scheda su culture “nascoste” e testo creativo ……………………………….70
20. Questionario finale …………………………………………………………………….71
Dati Scuola 1
21. Questionario iniziale …………………………………………………………………..77
22. Testi creativi preliminari ………………………………………………………………94
23. UA1 Scheda diario alunni …………………………………………………………...100
24. UA1 Ricerca “cultura” in Salsicce …………………………………………………..105
25. UA2 Scheda diario alunni …………………………………………………………...117
26. UA2 Scheda su culture “nascoste” e testo creativo ………………………...……121
3
27. UA2 Questionario di comprensione ………………………………………………..128
28. UA3 Questionario di comprensione ………………………………………………..141
29. UA4 Questionario di comprensione ………………………………………………..147
30. Questionario finale …………………………………………………………………...153
Dati Scuola 2
31. Questionario iniziale …………………………………………………………………167
32. Testi creativi preliminari ……………………………………………………………..193
33. UA1 Scheda diario alunni …………………………………………………………...199
34. UA1 Ricerca “cultura” in Salsicce …………………………………………………..205
35. UA2 Scheda diario alunni …………………………………………………………...209
36. UA2 Scheda su culture “nascoste” e testo creativo ……………………………...215
37. UA2 Questionario di comprensione ………………………………………………..220
38. UA3 Questionario di comprensione ………………………………………………..229
39. UA4 Questionario di comprensione ………………………………………………..235
40. Questionario finale …………………………………………………………………...242
4
GRIGLIA PER L’APPROCCIO AI TESTI
5
6
ALLEGATO N. 1. GRIGLIA PER L’APPROCCIO AI TESTI
Obiettivi
Attività
Strumenti
Valutazione
Fotocopie del racconto
Riassunto,
Salsicce
comprensione
Conoscenze:
dominio
della
a. Lettura del racconto
“competenza
di
Igiaba
Scego
cognitiva
‘Salsicce’
interculturale”
(abbreviato).
analisi
Testi e documenti sulla
colonizzazione
Approccio
b. Brainstorming
umanistico:
-
conoscere
letteratura
rilevare
la
le
della
preconoscenze sugli
in
argomenti da trattare
migrazione
nel
per
conoscere
contesto
il
c. Approfondimento
(scheda
storico-
geografico
fornita
dall’insegnante)
della
guidata
del
testo (orale e/o scritta)
italiana
d’Africa,
-
Questionario
a
proposti dall’insegnante
risposte
o reperiti dagli alunni.
chiuse sugli argomenti
aperte
e
approfonditi.
italiano.
-
Corno
e
o
Scheda
sulla
“letteratura
della
migrazione” in italiano
- Discussione:
fornita
capacità di esporre,
Somalia
e
ricerca (individuale o
dall’insegnante/materiali
argomentare,
approfondire
la
di
reperiti dagli alunni.
confrontare le proprie
storia
letteratura
della
e
relazioni
sulla
della
migrazione
colonizzazione
italiana
gruppo)
opinioni
Scheda
in
sul
quelle
altrui.
termine ‘cultura’.
italiano e sull’autrice.
le
lessicale
con
tra
passato coloniale
d. Approfondimento
Dizionari
o
Opere
storiche
e
Scrittura
di
testi
e migrazioni dal
ricerca
corno
colonizzazione
antropologiche
italiana in Somalia.
riferimento (bibliografia
- Riscrittura del testo
consigliata)
dal
punto di vista di
un
personaggio
d’Africa
verso l’Italia.
sulla
-
e. Approfondimento
Approccio
Internet
ricerca
“seconde
seconde generazioni
selezionata
in Italia.
consigliata
generazioni”
in
di
o
socioculturale: le
sulle
(sitografia
f.
A
partire
Approccio
definizioni date
antropologico:
dizionari,
-Conoscere alcuni
presentazione
significati
del
principali
concetto
di
secondo
dalle
concordati
da
selezionare
affidabili)
significati
del termine “cultura”
cultura.
7
a
un
gruppo socioculturale
oppure
diverso da quello della
criteri
con
l’insegnante miranti a
dei
appartenente
e
scelta liberamente ma
Italia.
autobiografici/riflessivi.
fonti
voce narrante.
-
Conoscere
il
concetto di tabù
alimentare
e
i
significati attribuiti
al
maiale
nella
cultura somala e
in quella italiana.
Lingua:
approfondimento
lessicale
Competenze
interculturali
“Funzionare”
Rispondere
nella
domande-stimolo
target:
lingua
rendere
effettiva
oralmente
a
poste
dall’insegnante.
la
conoscenza e la
Discussione
lingua acquisita in
classe
diversi
contesti
opinioni
come
appresa
e
guidata
in
confronto
con
delle
quelle
dei
compagni.
nella classe. Dare
spazio
alla
Rispondere per iscritto a
competenza
domande sul testo e sugli
socio-culturale e
approfondimenti affrontati.
alla
“subtestualità”
Collegare
gli
approfondimenti teorici e il
racconto letto (ad esempio
- comprendere il
cercando
nel
testo,
testo
individualmente o in gruppo,
gli elementi della/e cultura/e,
-Saper
annotandoli e discutendoli
organizzare
oralmente o per iscritto).
un’esposizione
scritta
e/o
orale
8
sugli
argomenti
affrontati.
-
Saper
leggere
selettivamente per
individuare
informazioni
(es.
saper trovare nel
testo letto alcuni
elementi culturali).
-
Saper
argomentare
e
discutere le scelte
effettuate
oralmente e per
iscritto.
Saper essere
Consapevolezza
A partire dal testo letto,
culturale, ovvero
scrivere un racconto o testo
accettazione di un
personale (lettera, pagina di
concetto
diario) attraverso il quale
antropologico
di
riflettere e analizzare alcune
componenti culturali riferibili
cultura.
al
gruppo
sociale
di
Appropriazione
appartenenza
critica essere in
(maggioritario/minoritario,
grado di accettare
linguistico, religioso etc.)
e interpretare la
conoscenza
e
Attività
miranti
al
l’identità di sé, con
“decentramento”
rispetto per i valori
scrittura creativa di un testo
conservati da altre
dal punto di vista di un
culture e individui
personaggio appartenente a
dalle
un
differenti.
credenze
gruppo
(es.
socioculturale
diverso dal proprio).
9
10
SINTESI DEI DATI RACCOLTI
11
12
ALLEGATO N. 2. SINTESI DEI DATI RACCOLTI
I.C. TACCHI VENTURI
(CLASSE I)
I.C. MESTICA
(CLASSE II)
SCUOLA MEDIA PETRIOLO
(CLASSE III)
Scuola 1
Scuola 2
Scuola 3
Preindagine
Questionari iniziali
Questionari iniziali
Questionari iniziali
Testi creativi preliminari
Testi creativi preliminari
Testi creativi preliminari
UA1, I. Scego, Salsicce
3/05/2012
11/05/2012
02/05/2012
Ricerca su “cultura”
Ricerca su “cultura”
Ricerca su “cultura”
Diario alunni
Diario alunni,
Diario alunni
Note di campo/Diario
Note di campo/Diario
Note di campo/Diario
insegnante-ricercatrice
insegnante-ricercatrice
insegnante-ricercatrice
Note di campo della collega
UA2, B. Mone, I miei primi giorni di scuola
13
21/05/2012
25-28/05/2012
26/05/2012
Questionari di comprensione
Questionari di comprensione
Questionari di comprensione
Scheda cultura nascosta e testi
Scheda cultura nascosta e testi
Scheda cultura nascosta e testi
creativi
creativi
creativi
Diario alunni
Diario alunni
(Diario alunni non assegnato
per ritardo nei tempi previsti)
Note di campo/Diario
Note di campo/Diario
insegnante-ricercatrice
insegnante-ricercatrice
Note di campo/Diario
insegnante-ricercatrice
UA3, N. Moll, Döner kebab
9/06/2012
Questionari di comprensione
comprendenti testo creativo*
Note di campo/Diario
insegnante-ricercatrice
* Molti assenti, molte schede
04/06/2012
06/06/2012
Questionari di comprensione
Questionari di comprensione
comprendenti testo creativo*
comprendenti testo creativo
Note di campo/Diario
Note di campo/Diario
insegnante-ricercatrice
insegnante-ricercatrice
* 8 alunni lo hanno consegnato.
sono state riconsegnate
incomplete e i testi creativi
raccolti sono solo tre.
14
UA4, L. Wadia, Napoli’s bombs
11/06/2012
8/06/2012
09/06/2012
Questionario comprensione
Questionario comprensione
Questionario comprensione
comprendente riscrittura.
comprendente riscrittura.
comprendente riscrittura.*
Note di campo
Note di campo
Note di campo
insegnante/ricercatrice
insegnante/ricercatrice
insegnante/ricercatrice
Diario alunni
*Solo cinque alunni lo hanno
riconsegnato.
Questionari finali
Questionari finali
15
Questionari finali
16
TESTI LETTERARI
17
18
ALLEGATO N. 3
Igiaba Scego, Salsicce
Vivir con miedo es como vivir a medias
Oggi, mercoledì 14 agosto, ore 9 e 30, mi è accaduto un fatto strambo. Per ragioni mie e ancora poco
chiare ho comprato una grande quantità di salsicce. Il fatto strambo non consiste naturalmente nel
comprare salsicce. Chiunque può farlo, chiunque può entrare in un qualsiasi negozio di una qualsiasi
strada dimenticata da Dio e dire: Ahò me dai 5 chili de salsicce! Ehi, ma le vojo de quelle bbone,
quelle che se sciojono en bocca come er miele. Chiunque può formulare un pensiero del genere. Non
è strambo nemmeno il fatto che abbia comprato le salsicce oggi, vigilia di Ferragosto. Ormai Roma è
la capitale di un paese che si considera parte della rete globale, una città moderna, popolata di gente
moderna, quindi aperta, anzi, che dico, SPALANCATA!
Allora, vi chiederete, cos'è stato strambo? Cosa ha rotto l'equilibrio della normalità?
Naturalmente sono stata io!
La stranezza infatti non è nell'oggetto comprato, ma nel soggetto compratore di salsicce: io, me
medesima, in persona. Io, una musulmana sunnita.
Non so cosa mi è preso, giuro non lo so! In realtà il mio risveglio non è stato brusco, niente scossoni,
niente mal di testa violenti, niente pressione sanguigna dai valori bassi subnormali, niente di niente!
Era una mattina come le altre, o almeno lo credevo.
[…]
Era la solita mattina con la solita gente. Nessuno era andato in vacanza, nell'era dell'euro è quasi
proibitivo.
Insomma, la solita minestra! Non ricordo se al risveglio la mia espressione fosse felice o triste, ma
sono sicura che la voglia di peccare era l'ultimo dei miei pensieri, anzi non era presente nei
sopraccitati pensieri. Allora perché quelle maledette salsicce?
Sono andata a comprarle da Rosetta, quella che ha la drogheria dietro l'angolo. Rosetta è una
donnona simpatica […] sono andata a comprare ‘stè salsicce da [lei] e le ho mentito spudoratamente.
Io odio mentire! Rosetta naturalmente s'è un po' stranita alla mia richiesta di salsicce, di prima mattina
poi. Allora mi ha guardato con i suoi occhietti furbi, abbozzando uno di quei sorrisi per cui è famosa
nel circondario, e poi ha detto con una voce melliflua melliflua, così sapor melassa da poterci nuotare
dentro: «Ma che cara, ti sei convertita? Non era peccato per te mangiare salsicce?». Mi sono un po'
irrigidita, sarà stato sicuramente per via della parola «peccato», credo. Rammentare la gravità del mio
atto non mi rendeva il compito facile, anzi! Quindi, dopo essermi irrigidita (ma non molto), le ho
mentito dicendo: «Sono per la vicina, cara Rosetta».
Mi ha fatto un bel pacco la Rosetta,
[Così,] io e il mio bel pacco siamo tornati trotterellando a casa.
Ora sto chiusa in cucina con il mio pacco pieno di salsicce impure e non so che fare! Perché (…) le ho
comprate? E mo’ che ci faccio? Un'idea sarebbe cucinarle, ma chi la sente la mamma, dopo? Mi
ricordo che quando ero piccola mamma aveva comprato per sbaglio dei sottaceti con il wurstel di
suino dentro. Il bello era che la mia mamma non sapeva che ci fosse l'immondo maiale dentro e ci
19
condì l'insalata di riso. Risultato: qualcuno si accorse del truffaldino wurstel e noi abbiamo dovuto
vomitare il riso fino all'ultimo chicco.
[…] Ma si cucinano in padella le salsicce? Si friggono? O forse si lessano? E se usassi il forno? Ma
poi me le magno davvero, tutte intere? O sul più bello mi manca il coraggio e le butto?
Guardo l’impudico pacco e mi chiedo: ma ne vale veramente la pena? Se mi ingoio queste salsicce
una per una, la gente lo capirà che sono italiana come loro? Identica a loro?
O sarà stata una bravata inutile?
La mia ansia è cominciata con la legge Bossi-Fini: A tutti gli extracomunitari che vorranno rinnovare il
soggiorno saranno prese preventivamente le impronte digitali.
Ed io che ruolo avevo? Sarei stata un'extracomunitaria, quindi una potenziale criminale, a cui lo
Stato avrebbe preso le impronte per prevenire un delitto che si supponeva prima o poi avrei
commesso? O un'italiana riverita e coccolata a cui lo Stato lasciava il beneficio del dubbio, anche
se risultava essere una pluripregiudicata recidiva?
Italia o Somalia?
Dubbio.
Impronte o non impronte?
Dubbio atroce.
Il mio bel passaporto era bordeaux e sottolineava a tutti gli effetti la mia nazionalità italiana. Ma quel
passaporto era veritiero? Ero davvero un'italiana nell'intimo? O piuttosto dovevo fare la fila e dare
come tanti le mie impronte?
Questa storia delle impronte mi sembrava tutto mi errore, lo scarabocchio senza senso di un
bambino infuriato. Perché umiliare così la gente? E perché creare scompensi in altra gente non
sicura della propria identità? […]
A otto anni ogni bambino è vessato da una caterva infinita di domande idiote, del tipo «ami più la
mamma o più il papà?». Naturalmente il bambino, che è un essere intelligente (ahimè, diventerà idiota
crescendo), fa una faccia stralunata e non risponde. Sa che ogni risposta che darà potrà essere
usata contro di lui nel tribunale familiare, e poi non vuol dare un dolore ai due esseri viventi che ama
più di tutti e tutto su questa terra. Quindi il bambino si cuce le labbra e fa finta di non aver capito. Lo
stesso capitava a me all'età di otto anni! La domanda troglodita che mi facevano era: «Ami più la
Somalia o I'Italia?». Gettonata era anche la variazione sul tema: «Ti senti più italiana o più somala?».
Insomma […] la domanda, in qualunque modo fosse posta, risultava (e ahimè risulta ancora)
improponibile. Per fortuna da bambino puoi soprassedere, fare il finto tonto […], il capriccioso, il
superiore. Da bambino è sempre più facile trovare una via d'uscita, ma più si cresce più diventa
difficile svicolare. E questa impresa diventa impossibile quando si è seduti al banco degli imputati di
un concorso pubblico.
[Infatti, durante l’esame (che stava andando bene), una donna che era nella commissione se ne
uscì con quella domanda]
Più somala? Più italiana? Forse 3/4 somala e 1/4 italiana? O forse è vero tutto il contrario? Non so
rispondere! Non mi sono mai «frazionata» prima d'ora, e poi a scuola ho sempre odiato le frazioni, erano
antipatiche e inconcludenti (almeno per la sottoscritta).
Naturalmente ho mentito. Non mi piace, ma ci sono stata costretta. L'ho guardata fissa in quegli occhi da
20
rospo che si ritrovava e le ho detto «italiana». Poi, anche se sono del colore della notte, sono arrossita
come un peperone. Mi sarei sentita un'idiota anche se avessi detto somala. Non sono un cento per cento,
non Io sono mai stata e non credo che riuscirò a diventarlo ora.
Credo di essere una donna senza identità.
O meglio con più identità.
Chissà come saranno belle le mie impronte digitali! Impronte anonime, senza identità, neutre come la
plastica.
Vediamo un po'. Mi sento somala quando: 1) bevo il tè con cardamomo, i chiodi di garofano e la cannella; 2)
1
recito le 5 preghiere quotidiane verso la Mecca; 3) mi metto il dirah ; 4) profumo la casa con l'incenso o
2
l'unsi ; 5) vado ai matrimoni in cui gli uomini si siedono da una parte ad annoiarsi e le donne dall'altra a
ballare, divertirsi, mangiare... insomma a godersi la vita; 6) mangio la banana insieme al riso, nello stesso
3
piatto, intendo; 7) cuciniamo tutta quella carne con il riso o l'angeelo ; 8) ci vengono a trovare i parenti dal
Canada, dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, dall'Olanda, dalla Svezia, dalla Germania, dagli Emirati
Arabi e da una lunga lista di stati che per motivi di spazio non posso citare in questa sede, tutti parenti
sradicati come noi dalla madrepatria; 9) parlo in somalo e mi inserisco con toni acutissimi in una
conversazione concitata; 10) guardo il mio naso allo specchio e Io trovo perfetto; 11) soffro per amore; 12)
piango la mia terra straziata dalla guerra civile; 13) faccio altre 100 cose, e chi se le ricorda tutte!
Mi sento italiana quando: 1) faccio una colazione dolce; 2) vado a visitare mostre, musei e monumenti; 3)
parlo di uomini e depressioni con le amiche; 4) vedo i film di Alberto Sordi, Nino Manfredi, Vittorio
Gassman, Marcello Mastroianni, Monica Vitti, Totò, Anna Magnani, Giancarlo Giannini, Ugo Tognazzi,
Roberto Benigni, Massimo Troisi; 5) mangio un gelato da 1,80 euro con stracciatella, pistacchio e cocco
senza panna; 6) mi ricordo a memoria tutte le parole del 5 maggio di Alessandro Manzoni; 7) sento per
radio o tv la voce di Gianni Morandi; 8) mi commuovo quando guardo negli occhi l'uomo che amo, lo sento
parlare nel suo allegro accento meridionale e so che non ci sarà un futuro per noi; 9) inveisco come una iena
per i motivi più disparati contro primo ministro, sindaco, assessore, presidente di turno; 10) gesticolo; 11)
piango per i partigiani, troppo spesso dimenticati; 12) canticchio Un anno d'amore di Mina sotto la doccia;
13) faccio altre 100 cose, e chi se le ricorda tutte!
Un bel problema l'identità, e se l'abolissimo? E le impronte? Da abolire anche quelle! lo mi sento tutto, ma
a volte non mi sento niente. Per esempio sono niente sull'autobus quando sento la frase «questi stranieri sono
la rovina dell'Italia» e mi sento gli occhi della gente appiccicati addosso tipo big bubble.
[…]
Cosa sono io?
(…) ho deciso! Le lesso queste (…) salsicce!
Chissà se influiranno sulle impronte. Forse mangiando una salsiccia passerei da impronte neutre a vere
impronte digitali made in Italy, ma è questo che voglio?
L'acqua bolle, le butto dentro e guardo il loro colore cambiare. Erano rosse e ora sono di un rosa pallido,
ammazza però quanto puzzano! Non so se riuscirò a ingoiarle, già mi manca il coraggio.
[…]
Le salsicce hanno un aspetto terribile, ma come fanno a mangiare questa robaccia? Inoltre non sono tanto
1
Abito femminile somalo.
Miscela di incenso e altri profumi.
3
Focaccia.
2
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sicura di aver azzeccato la preparazione. Mi sta venendo un dubbio atroce. E se non si cucinassero? Forse
vengono mangiate crude, come il caviale. Ma ormai le ho lessate e così le ingoierò.
Le metto, senza guardarle, nel piatto blu. La bellezza del piatto ha messo in luce la bruttezza di queste
salsicce lessate male. Mi siedo, mi rialzo per prendere un bicchiere d'acqua, mi risiedo. Le gambe non
smettono di ciondolare e il polso di tremare. Infilzo con la forchetta la salsiccia più piccola, l'avvicino al naso.
AGHHHH, puzza! Chiudo gli occhi e avvicino l'immondità alla bocca. Comincio a sentire un sapore acido
come vomito. Allora è questo il gusto della salsiccia, vomito? Poi qualcosa mi bagna il petto ed è allora che
apro gli occhi. Con stupore noto di aver vomitato la colazione della mattina, una tazza di cereali con latte
freddo e una mela. E la salsiccia? Dov’è la salsiccia? E’ ancora infilzata tutta intera sulla forchetta. Non ho
fatto in tempo a metterla in bocca, il vomito l’ha preceduta.
Questo è un segno!
Non devo mangiare questa salsiccia.
Per la prima volta la mia testa comincia ad elaborare pensieri coscienti. «E se fosse tutto un errore?», è
stato il risultato di secondi frenetici di lavorio incessante. Cero se mangio questa pseudo-salsiccia coperta
da squame di vomito color canarino sarò forse italiana. Ma la Somalia? Che ci faccio con la Somalia [?...]
E le mie impronte, cosa farei con le mie impronte?
Ho bisogno di una pausa. Appoggio la forchetta e il povero resto infilzato in un angolo, respiro
profondamente e stiracchio le gambe. Abbranco il giornale che è buttato tristemente sul tavolo vicino al
vomito (non ho avuto il coraggio di pulire, per un attimo voglio isolarmi) e lo sfoglio pigramente. Niente
d’interessante, le solite quattro frescacce di sempre, il solito schifo di sempre.
[…]
Allora che devo fare? Devo mangiarmi la salsiccia con il vomito per dimostrare di non avere la coda di
paglia? Per dimostrare che sono anch’io una sorella d’Italia con tutti i crismi?
Di avere impronte made in Italy a denominazione di origine controllata?
Accendo la tele. Voglio dimenticarmi le salsicce. Non ho ancora deciso cosa ne farò. Non ho ancora deciso
se le mangerò. Non so cosa fare, ma sono tentata dal «peccato».
Ne varrà la pena?
Faccio un po’ di zapping.
[…]
La mia attenzione è calamitata dalla scena di un film che conosco bene: Riusciranno i nostri eroi a ritrovare
l’amico misteriosamente scomparso in Africa? di Ettore Scola. È un bel film e insegna molte cose sugli
italiani. La trama è avvincente: Alberto Sordi e il suo ragioniere si mettono alla ricerca del cognato del Sordi
per mezza Africa. Alla fine lo ritrovano dopo essere passati per avventure di tutti i tipi. Il cognato, un
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Manfredi con treccioline finte rasta (molto trendy) è diventato un santone, una sorta di pae de santo di una
tribù primitiva. Manfredi, anche se riluttante, decide (per motivi suoi) di abbandonare la sua tribù e seguire
il borghese Sordi a Roma. Ed è in quel momento del film che arrivo io con il mio zapping.
Manfredi si commuove quando sente il richiamo violento della sua tribù: «Titì nun ce lascià», gridano; e lui
non resiste! Mi commuovo anch’io quando lo vedo salire sul predellino della nave e tuffarsi per tornare a
nuoto da quella che è ormai la sua gente. Ma mi commuovo ancora di più quando vedo la faccia di un
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Santone della macumba.
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Sordi disfatto da un sentimento strano condito di amarezza, stupore e invidia. Accenna a gettarsi dietro al
cognato, ma il ragioniere giustamente lo ferma, lo richiama nei ranghi. Lui, Sordi, non ha scelta, non è
libero come il cognato, lui è condannato a essere sempre un borghese che deve ritornare nel recinto di una
vita alienante. Non ha scelta. Questa scena mi distrugge, mi metto a piangere. Guardando quei due uomini
mi rendo conto che io ho ancora una scelta, ho ancora me stessa. Posso ancora tuffarmi in mare come
Manfredi-Titì.
Guardo le salsicce e le getto nell’immondezzaio. Ma come ho potuto solo pensare di mangiarle? Perché
voglio negare me stessa, solo per far contenta [la commissaria di un concorso?] O far contenti i sadici che
hanno introdotto l’umiliazione delle impronte? Sarei più italiana con una salsiccia nello stomaco? E sarei
meno somala? O tutto il contrario?
No, sarei la stessa, lo stesso mix. E se questo dà fastidio, d’ora in poi [non me ne importerà nulla!]
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ALLEGATO N. 4
Besa Mone,5 I miei primi giorni di scuola
Ho frequentato il primo anno della scuola elementare in Albania, poi mamma e papà hanno insistito
che tornassi con loro in Italia. Alla fine ho accettato. Meno male che mio fratello mi aveva insegnato a
leggere in italiano, perché altrimenti la direttrice mi avrebbe costretto a ripetere la prima elementare.
Mia madre, invece, ha insistito che mi mettessero nella seconda classe perché io non avevo
insufficienze scolastiche; avevo studiato le stesse materie nella scuola albanese e avevo valutazioni
ottime. Mettermi in prima sarebbe stato come bocciarmi. Una vergogna per me!
Non dimenticherò mai il mio primo giorno di scuola in Italia. Neanche mia madre lo farà. Nella nuova
classe non conoscevo nessuno, mi vergognavo a parlare in italiano perché sbagliavo. Poi avevo
ancora vivo il ricordo delle mie compagne di classe in Albania. Ho chiesto alla mamma di stare con
me in aula per tutta la giornata, ma la maestra non ha voluto perché secondo lei, facendo cosi,
sarebbe stato più difficile per me abituarmi a stare in classe da sola. Ma io avevo così bisogno di lei!
La volevo vicino a me. Era come se, con la sua presenza, mi proteggesse. Proteggermi da chi? Non
lo so. Non avevo niente di mio, neanche la bambola. E vero che avevo lo zaino, la penna, le matite,
ma queste non mi erano ancora cosi care come la mamma o la mia bambola. Oggi, vorrei capire il
motivo per cui, solo io, sentivo l'esigenza di avere vicino la mia mamma. Un motivo poteva essere che
tutti gli altri si conoscevano fra loro, mentre io non conoscevo nessuno.
Quel giorno la maestra ci salutò con un: «Buongiorno a tutti»; se ci avesse detto: «Benvenuti», già
sarebbe stato diverso. La cosa che avrei preferito, però, sarebbe stata sentirla dire «Mirseerdhe!»,
come la mia maestra albanese. Quanto mi sarebbe piaciuto ascoltare la mia lingua quel giorno!
Sarebbe bastata una sola parola per far allentare la tensione che provavo. Sembrava che mi
mancasse il respiro. La mamma, per farmi vedere che stava sempre lì e non mi aveva "abbandonata",
girellava davanti alla porta della classe che era aperta. La campanella dell'ultima ora è stata una
liberazione. Sono corsa dalla mamma, l'ho abbracciata e non mi staccavo più da lei. L'indomani non
c'era bisogno che la mamma si facesse vedere dietro l'uscio; bastava che si affacciasse ogni tanto,
quando suonava l'ora. Così ero tranquilla perché ero sicura che lei fosse lì e io non ero sola.
La seconda maestra che ho conosciuto era molto simpatica. Quel giorno indossava pantaloni marroni
e una t-shirt arancione. Cominciò a insegnarmi le lettere dell'alfabeto come se fossi ancora in prima
elementare. Io provavo imbarazzo a dirle che le lettere le conoscevo tutte. Mi ha insegnato la prima
lettera dell'alfabeto italiano: la lettera A. Questa è una lettera che mi è molto cara perché anche il mio
nome comincia con la A. Ricordo che nella mia "ABETARE" nella pagina della lettera A c'era una
bimba con la bocca aperta. Il medico le stava visitando le tonsille e lei doveva pronunciare la vocale A.
Nel libro della scuola italiana invece, per la lettera A, dovevo leggere la parola aiuola. Era difficile per
me pronunciare insieme tante vocali senza neanche una consonante tra loro. Poi la lettera B. Non era
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Besa Mone è nata a Durazzo e si è laureata in Albania in matematica e fisica. Nel 1997 si è
trasferita in Italia, dove si è specializzata nella mediazione linguistico-culturale. Ha pubblicato un
"Manuale matematico bilingue" e suoi racconti sono comparsi nelle antologie delle prime cinque
edizioni del concorso Lingua Madre (dal 2006 al 2010).
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difficile perché anche in albanese si legge nello stesso modo. La lettera C era quella che mi era più
simpatica di tutte. Su di essa, mio fratello aveva scritto una sua piccola riflessione…
ALFABETO DEI POPOLI
Sono tante le diversità che uno straniero trova, quando arriva in Italia. Ci sono delle diversità che pian
piano svaniscono, e altre che emergono e alle quali ognuno vorrebbe dare una sua spiegazione, una
interpretazione.
A scuola, in Albania, avevo imparato a leggere e a scrivere. Non pensavo che si potesse scrivere "c" e
leggere "k". Nella mia lingua si legge così come si scrive perché ogni lettera (e ce ne sono ben 36 di
lettere) mantiene la propria pronuncia indipendentemente dalle lettere che la seguono. Imparando
l'italiano invece, notavo che questo non accadeva. La lettera "c" assume una pronuncia diversa a
seconda della vocale o consonante che la segue. Succede lo stesso con la "g"e con la "s". Io
naturalmente mi chiedevo come mai gli italiani non avessero risolto il problema come abbiamo fatto
noi. Bastava mettere una virgoletta sotto la "c": ç e la sua pronuncia sarebbe stata come in "ci" e in
"ce" anche nel caso in cui la c fosse seguita dalle altre vocali, senza l'aiuto della "i".
Crescendo iniziai a capire che non era un problema "da risolvere", ma che si trattava di una scelta
culturale ben ragionata e meditata da un popolo che aveva una storia diversa da quella del mio.
Mia madre mi raccontava delle storie sul nostro eroe nazionale, Skenderbeu, e tante storie sulla
resistenza del popolo albanese contro l'invasione ottomana durata cinque secoli. Conosceva la storia
dell'Italia (studiata a scuola), ma, forse stanca delle storie di guerra e di resistenza, per quanto
riguarda l'Italia, mi parlava delle opere liriche di Donizzetti, Puccini, Bellini, Verdi, ecc. Sentivo come
un dispiacere per le possibilità negate al mio popolo. Mi sembrava che, essendo stati costretti a tenere
sempre in mano la spada e il fucile, quei miei antenati avessero dimenticato di sorridere. Mi sembrava
che anche la pronuncia della "rr" albanese e della "r" forte italiana, fosse diversa proprio per questo
motivo. Ma non solo; riprendendo il discorso sulla "c" albanese: questa lettera mantiene sempre la
stessa pronuncia, non cambia "atteggiamento", quando le stanno vicino altre lettere. Rispetta tutte
ugualmente e non concede privilegi a nessuno. E come se non volesse scendere a compromessi, per
paura di perdere la propria indipendenza. Scrivere in albanese è stato possibile solo a partire dal XIX
secolo, in quanto, tale pratica, era stata proibita dai turchi. Di conseguenza «scrivere rappresentava la
6
libertà e l'emancipazione» .
E quando riesci a conquistare la libertà, bisogna proteggerla e tenersela stretta. Riuscivo a spiegare
così la pronuncia invariabile delle lettere dell'alfabeto albanese. Diversa invece è la pronuncia della "c"
nella lingua italiana che cambia a seconda della lettera che la segue. Faticosamente cercavo di dare
una spiegazione anche a questo differente modo di pronunciare. Con la sua gentilezza questa lettera
permette alle altre di starle vicino senza imbarazzo, cerca di andar loro incontro. La sua disponibilità a
essere pronunciata con la punta della lingua quando è seguita dalla "i" o dalla "e", e con la parte
centrale della lingua quando è seguita da "a", "o" o "u", non è rivolta solo alle vocali (2+3), ma anche
alle consonanti. Mi pareva che la "c" italiana rispecchiasse la disponibilità del popolo italiano ad aprirsi
e a saper accettare altre culture, a non chiudersi di fronte alle diversità. Questa lettera mi è diventata
6
Ismail Kadare.
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"simpatica" per la sua dolcezza. Somiglia ad una signora che sa come mettere a proprio agio chi le sta
vicino. Somiglia a mia madre. Lei è capace di costruire un discorso con ogni persona, di ogni età. Ma
cosa sto dicendo? Mia madre non è italiana, è albanese. In ogni modo questo fatto della somiglianza
è vero. Ma sì che è vero! La madre albanese non può essere diversa dalla madre italiana, per il
semplice fatto che è una mamma. E come per le lettere dei nostri alfabeti: sono ambedue latine. Poi si
sono dovute adattare alle diverse situazioni che la storia ha messo loro di fronte.
I patrioti albanesi scelsero le lettere latine per codificare la lingua albanese, ispirandosi proprio alla
cultura di quei popoli. «O luce divina che sorge dove il sole tramonta». Così scrive Naim Frasheri,
poeta albanese del XIX secolo riferendosi alla cultura, dell'occidente.
All'inizio mi sembrava di trovarmi in mezzo alle diversità. Riflettendo, sono arrivato a concludere che
tutti abbiamo un punto in comune: la cultura umana.
Un giorno è arrivata una signora nuova che non avevamo mai visto prima. Quando è entrata ci ha
salutato tutti, girando lo sguardo per la classe come se cercasse qualcosa. Si è rivolta alla maestra e
ha chiesto: «Chi è la bambina albanese?». Io non me la sentivo di farmi avanti. Non so spiegare il
perché, ma, oggi, sono sicura che se lei fosse stata presente il mio primo giorno di scuola, mi sarei
sentita accolta meglio e mia madre non avrebbe dovuto fare la "guardia" davanti alla porta della
classe. La maestra ci ha presentato la signora dicendo che era una mediatrice linguistico culturale. La
signora ha cominciato a parlarci dell'Albania e, spesso, mentre raccontava, mi chiedeva di confermare
le sue parole. Io ero contenta perché sapevo rispondere alle domande che riguardavano il mio Paese.
Poi la mediatrice ha fatto vedere alla classe alcune foto della mia città. Erano delle belle foto. Non
avevo mai notato, prima, quanto la mia città fosse bella. Non riuscivo a stare ferma. Sentivo le amiche
dire incredule: «E vero che l'Albania è così bella?». Mi sentivo al settimo cielo. Quando poi, la
mediatrice, ci ha mostrato le foto della mia scuola, ho davvero toccato il cielo con un dito; si era
informata sulla mia scuola di provenienza. Lei aveva saputo prima da che scuola venivo io. I
compagni di classe mi facevano tante domande. Rispondevo con molta sicurezza. Sentivo una grande
gioia a parlare della mia classe, della mia scuola in Albania. Nei volti dei compagni notavo la curiosità.
All'improvviso mi sono ricordata che alcuni vetri delle finestre dell'aula erano rotti, ma adesso nella
foto erano a posto. Con il passare degli anni, il vecchio edificio era stato aggiustato, ricostruito e
ridipinto. Parlando della mia scuola mi sembrava quasi di riuscire a far rivivere le voci dei miei amici
lontani, le loro gioie, le loro tristezze.
«È questa la scuola dove hai frequentato la prima classe?». Ho sentito la voce della maestra che me
lo chiedeva. Solo in quel momento mi sono resa conto che correvo da un angolo all'altro della classe,
che ero diventata io la protagonista del momento. Che gioia!
La volta successiva la mediatrice ci ha proposto un gioco. Noi avevamo imparato le tabelline della
moltiplicazione e il gioco consisteva proprio in questo. Eravamo 15 bambini in classe: quattordici
italiani e io albanese. La mediatrice ci ha chiesto di contare da 1 fino a 74 e ogni volta che arrivava un
numero multiplo di tre o un numero che finiva con tre, invece di nominare quel numero, dovevamo dire
la parola "libertà", ciascuno nella propria lingua. La maestra ogni volta scriveva alla lavagna in una
colonna la parola "libertà" e in un'altra la parola "lirì". Il gioco diventava interessante non solo per i
multipli, ma anche perché io dovevo dire la parola "libertà" in albanese: "lirì". Così quello che ne
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risultava era: uno, due, libertà, quattro, cinque, libertà, sette, otto, libertà, dieci, undici, libertà, libertà,
quattordici, lirì ecc... Si capisce che il gioco si faceva tanto più difficile quanto più i numeri
aumentavano.
La mediatrice ha fermato il gioco quando siamo arrivati al numero 74 e ci ha chiesto quante volte era
stata detta la parola "libertà" e quante la parola "lirì".
La risposta era: 25 volte la parola "libertà" e 4 volte la parola "lirì". Lei ci ha domandato se questa
data, 25 aprile, ci ricordasse qualcosa. Tutti abbiamo risposto: «La festa della Liberazione». Dopo ci
ha chiesto di trovare la somma dei due numeri che la componevano: 25+4 e poi la somma delle cifre
che formavano il risultato: 2+9. I numeri ottenuti erano 29 e 11. La mediatrice mi ha chiesto se questa
data, 29 novembre, mi ricordava una festa albanese e io ho risposto immediatamente: «La festa della
Libertà dell'Albania contro il nazifascismo».
Adesso appare chiara l'importanza del gioco; non è servito solo per imparare bene i multipli del tre.
Attraverso il gioco tutti siamo diventati protagonisti; i miei compagni hanno imparato la parola
albanese: "lirì" e, insieme, abbiamo appreso le date di due feste importanti per l'Italia e per l'Albania.
Posso affermare che è stato proprio un bell'inizio per l'integrazione.
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ALLEGATO N. 5
Nora Moll,7 Döner Kebab
- Scommetto che ci offrirà solo Kaffee.
Il caffè e basta, nient'altro. Sono queste le prospettive sulla nostra accoglienza a Berlino, dove stiamo
andando in quattro: io, la mia fidanzata Inge e i suoi genitori. Loro davanti nella Golf nuova, e noi
dietro come i loro piccoli figlioli, con tanto di cintura di sicurezza, naturalmente. Eppure, da quel po'
che durante i giorni scorsi passati insieme ho appreso sulle abitudini culinarie dei tedeschi, il Kaffee di
solito è accompagnato dal Kuchen, i deliziosi dolci da forno, purtroppo mai assaggiati.
- No, vedrai che per i berlinesi queste usanze sono troppo borghesi.
Borghesi... Guardo fuori dal finestrino dove il paesaggio mi sorprende per la sua pacifica monotonia:
ai campi tagliati con maestria geometrica seguono i paesini, ai paesini le foreste, alle foreste i campi.
Sto cercando dì riposarmi dopo aver trascorso insieme ad Inge tre giorni a casa dei suoi, in una
cittadina della Baviera, rinchiusi in una casetta a schiera dove ogni piccolo oggetto raccontava la vita
e i gusti dei piccoli borghesi. Normalmente viviamo a Pescara, in un monolocale vicino al mare, e
siamo una coppia abbastanza felice. Soprattutto, dopo tre anni di convivenza, Inge mi sembra sempre
meno tedesca, se non fosse per quel suo accento irriducibile, e comunque c'è una grande intesa tra di
noi, che ci permette di ridere spesso sulle rispettive abitudini e manie. Mi giro verso dì lei per
chiacchierare un po', ma vedo che ha nuovamente nascosta la sua testolina bionda dietro
quell'enorme giornale che la sta accompagnando da quando abbiamo messo piede nella sua (più o
meno) amata patria. Sono larghissimi i quotidiani, qui, ed anche pesanti. Munita di una simile arma,
Inge è inavvicinabile per almeno tre ore, durante le quali, quando è a casa, beve quantità industriali di
caffè lungo, interrompendo la lettura solo per andarsi a prendere uno yogurt in frigo.
Sono stati giorni sofferti, e francamente non vedo l'ora di conoscere la sorella di Inge e, soprattutto,
Berlino. Anche se, per quanto riguarda quell'aspetto, le mie speranze si stanno ridimensionando
sempre di più man mano che ci avviciniamo alla capitale germanica, su un'autostrada che di tanto in
tanto ci fa saltare in aria nonostante gli ottimi ammortizzatori della Golf. Dalle poche spiegazioni che
ricevo dalla mia bella bionda, che durante questi giorni ha sempre meno voglia di parlare italiano,
l'autostrada sulla quale viaggiamo è la vecchia strada di transito che attraversava la Germania dell'Est
prima della riunificazione. Le tante buche derivano dal fatto che per decenni il manto stradale era
rimasto tale quale come l'aveva fatto costruire Hitler, a lastre larghe. Ma dove sono capitato...
Comunque, a parte questi nomi che, ascoltati con la loro giusta pronuncia, mi fanno sentire
leggermente a disagio, la mia vera sofferenza deriva da altro. Da una cosa che a pensarci bene non
dovrebbe neanche esistere più in un paese civile, industrializzato, benestante e ordinatissimo come la
Germania, ma che soprattutto non dovrebbe riguardare proprio me, ragazzo del Sud che si è fatto
trascinare fin qui in buona fede e impegnandosi in tutto a fare bella figura con la sua nuova famiglia.
7
Nora Moll è una studiosa tedesca. Si è laureata in Lettere a Roma e lavora come ricercatrice. Si è
occupata tra l’altro di letteratura della migrazione e ha scritto alcune opere narrative pubblicate nella
rivista online Kumà. Creolizzare l’Europa.
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Il mio disagio, vi assicuro, non ha nulla a che vedere con motivi politici, culturali o pregiudizi vari sul
popolo che mi sta ospitando, e riesco a sopportare persino questa ridicola cintura di sicurezza che a
casa, nella mia Tipo, non mi metto nemmeno quando guido. Si tratta di una cosa assai più
elementare, diciamo materiale e anche un po' bestiale: ho fame! È una fame lenta, cresciuta durante
questi ultimi tre giorni, ma terribilmente presente, sempre là, nelle viscere. Perlamadosca, sono in
Germania e ho fame. La cosa sembrerà strana, in effetti lo è anche per me, e sicuramente la colpa è
prima di tutto di questa maledetta lingua che ancora non riesco a masticare come si deve, e che non
serve per comunicare la cosa giusta nel momento appropriato. Il mio tedesco non basta nemmeno per
capire un granché, assomiglia ad uno scolapasta dai buchi smisurati: qualcosa rimane dentro, ma il
succo scorre via e viene inghiottito dallo scarico del lavandino. La pasta... meglio non pensarci, alle
sagne e fasciule che mi prepara la mamma quando vado in paese, ai polli alla brace e ai peperoni
arrosto, conditi con un sacco di sale e olio. È vero che Inge spesso si impegna a fare da traduttrice,
ma come faccio a spiegare ad una ragazza che pesa 55 chili e si nutre prevalentemente di yogurt, che
la mia non è affatto nostalgia dell'Italia, della pasta e di tutte le cose buone che si trovano dalle nostre
parti, ma una cosa ben più terribile.
È dura la realtà, qui, dura come i panini integrali che si mangiano a colazione, cosparsi di una quantità
di semi di girasole e di zucca, papavero, fiocchi d'avena e di altre robette di cui non conosco il nome
nemmeno in italiano ma che assomigliano in tutto al mangime che mio padre dà ai maiali. Con questa
specie di pane, annaffiato da varie tazze di Kaffee, inizia la giornata tipo nella mia nuova famiglia. E
se fossi più furbo, o se il mio masticatoio funzionasse meglio, dovrei approfittare proprio di quel
momento: perché sui panini-semini si possono spalmare straordinarie quantità di burro, marmellata,
miele, e qualche volta anche delle salsicce morbide. Peccato che la mattina, per quanto mi possa
sforzare, queste cose non le digerisco, abituato come sono al semplice e meraviglioso caffè che esce
dalla mia napoletana. Caffè e basta. Allora, direte, perché non ti sfami durante il pranzo, sono famosi i
tedeschi per lo stinco di maiale, i würstel e altre cose saporite e nutrienti. Sì, avete ragione, ma solo in
teoria. In pratica, mi è capitata la triste sorte di essere ospitato in una famiglia salutista e biodinamica.
Quindi, niente stinco di maiale, würstel e nemmeno il Leberkaas bavarese, solo cibi leggeri che fanno
bene e che godono di una coltivazione biologica: la carotina grattugiata per antipasto, lo sformatino di
verdure per secondo e la patatina per contorno. Per dolce, niente, se non l'incoraggiamento di uno
yogurt. Se almeno le quantità fossero adeguate e soddisfacenti. Ma speranze simili vengono
vanificate puntualmente dalla voce di Mutti, indaffarata in cucina, che ci chiede: - Quante patate metto
a lessare, una a testa? - Purtroppo, ecco riemergere il problema linguistico che ogni volta frena il mio
«no, almeno quattro», sovrapposto istantaneamente dal «ja!» corale della famiglia.
Una giornata così inizia male e finisce peggio. Dopo aver celebrato il pranzo, infatti, la cucina viene
riordinata e lustrata con grande impegno e unitamente alla cuoca (anch'io mi sono ritrovato ad
asciugare i piatti), dopodiché i fornelli tacciono fino al giorno seguente. Non che non si mangi niente a
cena, ma potete ben immaginare come e quanto, se la stessa Mutti ogni sera annuncia di non avere
un gran appetito, per cui si sarebbe limitata a preparare «qualche boccone». Di pane affettato sottile,
pezzettini di formaggio e prosciutto accuratamente arrotolato. E basta. Ora, credetemi che ho cercato
seriamente di trarre il lato positivo da questa dieta alla tedesca: tutto sommato, perdere qualche
chiletto non fa male a nessuno, anche se mi considero un ragazzo fatto bene e per niente grasso. Ma
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la cosa non è così semplice. Infatti, tra un pasto e l'altro non mi è concesso di riposare per impedire la
dispersione inutile e dannosa di calorie. Sono invece costretto ad assecondare il dinamismo
maniacale di questa brava gente, e quindi: corsetta prima della colazione, passeggiata per digerire il
pranzo fastoso e, di sera dopo cena (non ci crederà nessuno), nuoto nella piscina comunale
appositamente aperta per i membri seniores del club nautico locale. Inutili i tentativi per evadere da
quello che sembra un addestramento dei marines. Per Inge, infatti, è questo il modo di sentirsi
finalmente unita alla famiglia e alla patria, e l'unico modo per stare veramente bene. Facendomi capire
che, in Italia, senza quel muoversi coatto, lei in verità sta male. Per i suoi genitori, invece, la questione
è più sottile e va ben oltre il piacere di farmi partecipare alle loro attività quotidiane, perché sono
sicuro che il loro obiettivo principale è quello di mettermi alla prova, come dire: di che pasta sarà fatto
questo italiano? La conferma di questo sospetto l'ho avuta ieri, quando, uscendo a fare una
passeggiata, è scoppiato un temporale e non mi è stato nemmeno concesso di portare un ombrello,
mentre il commento alla mia assurda ansia di protezione è stato alquanto secco:
- Non sarai mica fatto di zucchero?
Mentre i miei pensieri scivolano nuovamente verso pasta e fagioli all'abruzzese, pesce fritto e bignè
alla crema, mi accorgo di un improvviso cambiamento del paesaggio: stiamo entrando a Berlino, su un
largo viale alberato che ci porta dritto nel cuore della città. Dappertutto ci sono piste ciclabili sulle quali
sfrecciano ragazzi che sembrano studenti, i marciapiedi sono pieni di gente alle prese con gelati,
würstel e altre cose che non riesco a distinguere bene. Il nostro arrivo glorioso e rassicurante mi mette
di buon umore, e sono contento di passare, fra breve, sotto la porta di Brandenburgo, l'unico
monumento berlinese che già conoscevo dalle foto. Ma poco prima di arrivarci, voltiamo a destra per
prendere una scorciatoia architettata con astuzia dal padre di Inge, e fiancheggiamo una grande
piazza ricoperta di... Guardo meglio, perché non credo ai miei occhi, ma la piazza è ricoperta di grandi
lastre di pietra rettangolari variamente disposte e in tutto somiglianti a lapidi, una sorta di labirinto
spigoloso e di colore grigio carbone. Mi spiegano che questa piazza è un monumento per ricordare
l'olocausto e che sono fortunato per averla vista già oggi, perché esiste da poco e andava visitata
assolutamente. Penso che, in effetti, i tedeschi ne hanno di colpe da espiare, ma punirsi in quella
maniera... E come se non bastasse, la mia famiglia decide di andare domani per prima cosa a visitare
le carceri della Stasi, i servizi segreti della ex Germania dell'Est, finalmente aperte al pubblico curioso
e desideroso di informazioni capillari. Sono proprio intenzionati a farmi conoscere la Berlino dei tempi
d'oro, senza chiedere nulla a me, naturalmente.
Dopo aver circumnavigato sapientemente l'Alexanderplatz, e poco prima di arrivare alla porta di
Francoforte, eccoci qua arrivati alla casa che la sorella di Inge condivide con altri studenti, fuggiti
come lei da ogni parte della Germania. Gaby è raggiante, tanto da poter sorvolare sul suo
abbigliamento decisamente noir, e ci mostra tutte le stanze dell'appartamento: improvvisazioni libere
sul tema di Ikea, con strati immensi di polvere sopra e calzini abbandonati ovunque. Comincio a
sentirmi un po' a casa, e trovo simpatici anche i suoi coinquilini che sanno persino qualche parola in
italiano e iniziano a prodigarsi per noi. Infatti, spingendo al massimo il suo senso di ospitalità, uno di
loro prende in mano una grande caffettiera napoletana e prepara il caffè borbottando qualcosa sulla
schifosità del tradizionale Kaffee, tanto insipido quanto borghese. Mentre quel caro ragazzo mi chiede
30
se gradisco anche un po' di leche schiumato in aggiunta, mi giro intorno cercando di scoprire qualcosa
di commestibile; niente, niente di niente.
All'improvviso, e come in un'illuminazione, ricordo mio padre, sopravvissuto a tre anni di lavori pesanti
in Australia, e, mentre cerco di controllare la vertigine da cui vengo assalito, mi precipito fuori
mormorando delle scuse di cui nessuno prende nota. L'aria fresca mi fa sentire meglio, e, giocando
con le monete che ho in tasca, mi guardo un po' intorno. In effetti, non sembra di stare in una città
tedesca, per strada c'è tanta gente dai tratti asiatici e ancora di più dai capelli neri e dalla carnagione
olivastra, potrebbero essere calabresi ma parlano un'altra lingua, forse turco.
Osservando attentamente i negozi in cerca di quella cosa, mi avvicino ad un gruppo di persone con
dei grandi panini in mano, da cui sporge ogni ben di dio. Ansioso e, confesso, con il cuore in gola, mi
metto in fila per attendere davanti a quella che mi sembra una panineria... magari all'italiana! Ma poi...
vedo quello. Un grande spiedo, alto circa mezzo metro, con delle fette di carne sovrapposte fittamente
in modo da formare un trapezio tridimensionale, una costruzione di cibo succulento che gira allo
spiedo, è carne abbrustolita da un grill laterale, profumante e scricchiolante, grassa e meravigliosa.
Non solo, aleggia un odore di aglio, che dovrebbe derivare da una della salsine che un ragazzo,
impegnato a servire la gente, versa dentro dei panini bianchi, simili a delle grosse piadine,
aggiungendo diverse altre cose. L'emozione cresce nella gola e nel buco dello stomaco, e quando
arriva il mio turno riesco finalmente a vedere bene i contenitori della cipolla ad anelli, dell'insalata e del
pomodoro, la salsina bianca e quella rossa. In un tedesco strano, il ragazzo mi chiede soltanto:
- Con salsa di yogurt e aglio, piccante, come lo vuoi?
- Con tutto, mettici tutto quello che c'è.
E allora il ragazzo taglia un pezzo di crosta laterale dello spiedo, prende il pane precedentemente
tostato e inizia a riempirlo: carne abbrustolita per me, cipolla per me, insalata per me, pomodoro per
me, salsa bianca e rossa per me. Compiendo delle acrobazie per non far traboccare il contenuto del
panino, pago una somma ridicola in confronto al peso del cibo che tengo stretto in mano, ma alla fine
azzardo una domanda.
- Was ist das? Cos'è?
Il mio amico sorride e, con regale calma nonostante che la gente dietro di me comincia a protestare,
mi spiega:
- Das ist Döner Kebab. Türkische Delikatesse. Senza Döner Kebab tutti i tedeschi di Berlino morti di
fame. Tu Italiener? Vedere che presto anche in Italia arrivare Döner Kebab.
Lo saluto e mi sposto, sto mangiando alla grande, mangio felice il mio Döner Kebab.
Quando torno a casa di Gaby e dei suoi amici, c'è aria di grandi preparativi. Inge mi spiega che è
arrivato il momento di fare un giretto insieme in quartiere e di mangiare, in conclusione, un bel Döner.
Le sorrido. Comincio a voler bene alla mia nuova famiglia tedesca.
31
ALLEGATO N. 6
Laila Wadia,8 Napoli's bombs
Io ho il cuore che va a 160 l'ora, anche quello di mio fratello Paolo è fuori giri da un bel pezzo. Non è
stata l'acqua bevuta a bordo del volo Roma-New York a gasarci, la carica super è dovuta all'avverarsi
dei nostri sogni: stiamo per atterrare in America!
Ridiamo come Schumi e Barrichelìo quando salgono sul podio dei vincitori a stappare bottiglie di
spumante. Questa vacanza in America è un viaggio premio per Paolo che ha appena conseguito la
maturità con pieni voti ed un viaggio in avanscoperta di un posto da ricercatore per me, neolaureato in
fisica nucleare.
Lo zio Vincenzo, il fratello maggiore di nostro padre, che vive in America da tanti anni e gestisce con
successo un'officina e rivendita di auto di seconda mano, dice di conoscere un pezzo grosso
all'Università di Boston. Questo tizio va a farsi controllare il fuoristrada due volte l'anno al Vincent's
Garage. Per garantirmi un appuntamento con il professore, lo zio ha escogitato un piano diabolico:
quello di aggiungere un po' di zucchero nel serbatoio di benzina del Cherokee del professore per
assicurarsi che s'inceppi tra qualche giorno. Così, mentre lo zio aggiusta la macchina del luminare, io
posso presentargli le mie credenziali.
Lo zio Vincenzo vive a Boston da una vita ormai e l'unica traccia d'italianità che gli rimane è l'amore
sfrenato per le mozzarelle di bufala, per il resto è diventato un perfetto «Yankee boy di Boston,
Massachussetts», come ama dire. In America bisogna sempre citare città e stato perché, ad esempio,
pare che solo di Boston ce ne siano almeno tre.
Invece di recarci direttamente a casa dello zio, Paolo ed io abbiamo deciso di passare qualche giorno
a New York e poi di prendere una macchina a noleggio e avviarci pian piano verso nord, godendoci un
po' di America on the road.
«Autostrade a otto corsie, pick up, birra e bionde, eccoci qua!» urla Paolo scendendo dall'aereo.
Qualcuno si gira a guardarlo, scuotendo la testa.
Nella fantasia di Paolo, che sogna questo viaggio da tre anni, l'aeroporto JFK di New York ha assunto
venti majorette vestite di bianco rosso e blu con le stelline negli occhi per dare il benvenuto agli
stranieri e, vedendo la sala arrivi spoglia di sorridenti ragazzine bionde ed atletiche, ci rimane male.
Io non ho mai nutrito fantasie di questo genere ma non mi sarei nemmeno aspettato di trovare un
bisonte femmina in uniforme al controllo documenti.
8
‘Laila Wadia, nata a Bombay nel 1966, anno del cavallo di fuoco secondo l'oroscopo cinese, vive a
Trieste da vent'anni. I suoi genitori sono indiani di origine persiana, seguaci di Zarathustra. Sposata
con un fotografo di viaggi italiano, a prima vista potresti scambiarla per siciliana o calabrese. Appena
arrivata a Trieste la chiamavano cabibba, terrona. Al peperoncino, però, Laila preferisce il curry e la
cucina indiana. Se ha nostalgia di casa infila il naso in un barattolo di spezie, mentre ai vestiti
tradizionali ha dovuto rinunciare appena arrivata in Italia: una volta l'hanno presa in giro, non li ha più
indossati. Perfettamente mimetizzata (fa il tifo per l'Inter), oggi Laila parla un italiano fluente. All’inizio
conosceva tre parole: mascalzone, farabutto, birbante, che a Bombay una signora romana usava
quando si rivolgeva al suo cane. Dopo aver vinto diversi premi letterari, ha pubblicato nel 2004 il libro
di racconti Il burattinaio e altre storie extra-italiane (Cosmo lannone Editore). Lavora come
collaboratore esperto di lingua inglese all'Università di Trieste.’ (nota biografica tratta da Kuruvilla, G.,
Mubiayi, I., Scego, I., Wadia, L, 2005, p. 38)
32
«Cavolo, questa qua si deve comperare un paracadute al posto del reggiseno», dice Paolo sgranando
gli occhi.
Aggrotto la fronte per risposta, sperando che la donna non capisca l'italiano.
Il passaporto mi viene scippato dalla mano e la signora bisonte punta il dito contro le mie due valigie
grigie. Ad insistenza di mia madre ho portato tutto il necessario per fermarmi negli States per un paio
di anni. Lei è sicura che lo zio e San Gennaro sono una coppia infallibile, ed il professore
dell'Università di Boston non si accorgerà mai più dello zucchero nel serbatoio del suo Cherokee.
«Openyabagsplease.»
Non ho capito una parola, ma la direzione del dito della signora bisonte è inequivocabile: sud sud-est le mie Ghepard grigie nuove di zecca, in altre parole.
Ubbidisco, sforzandomi di sorridere.
«Where'reyoufrom?»
«Che dice questa?» chiedo a Paolo.
«D'youspeakEnglish?» la donna batte mio fratello sul tempo.
«Little.» Indico un ottavo di vino.
« Where'reyoufrominltaly? »
«Ah, Italy. Yes. I from Italy. This my brother Paolo», rispondo, fiero di mettere in marcia il mio inglese.
«Butwhere'reyoufrominltaly? »
«Sorry?» Appena ingrano, incontro subito un semaforo linguistico rosso.
Da come gira e rigira il mio passaporto mi rendo conto che la signora bisonte pensa che la stia
prendendo in giro e che in verità prendo lezioni d'inglese da vent'anni dal Principe Carlo in persona.
«IsaidWhere'reyoufrominltaly?»
«Paolo, ma che dice questa?» Comincio ad essere un po' teso e ad ansimare.
«Can you to repeat slowly please?» Paolo chiede gentilmente.
Con esagerata lentezza la donna ripete: «Where - you - come - from - in - Italy?»
Paolo, fresco di esame d'inglese, mi traduce: «Chiede da dove vieni»
«Stavolta ho capito pure io, imbecille», ringhio.
«From Salerno, Campania», dico, sentendomi già molto Yankee, anche se di Salerno ce n'è una sola.
« What'veyougotinthere? »
«Beh? Mo’ che ha detto?»
Paolo si sta guardando attorno alla disperata ricerca di almeno una majorette, magari anche in
pantaloni al posto della minigonna.
«Ho studiato l'inglese mica il chewingumese», risponde, secco.
Un sospiro che sposta il ciuffo nero che ho in fronte mi indica che il pneumatico della pazienza della
donna è quasi a terra.
«Tiene algo ke declarar? Ke declara?»
Paolo ed io diventiamo tergicristalli: «No. No.»
Ma la donna insiste con la sua domanda che diventa sempre più corta: «Declara? De Clara?»
A Paolo viene il dubbio se ci chiede se siamo figli di Clara, che in fondo corrisponde alla verità.
«Giovà, sti americani hanno davvero una marcia in più. Sanno pure il nome della mamma. Sta Cia è
proprio un'altra cosa!»
33
«Ma stai zitto tu, scemo», borbotto.
«Sì, de Clara e de Mario», dice Paolo. Lo zio ha messo dello zucchero nel serbatoio del Cherokee del
professore di Boston, ma mio fratello è nato con la segatura in testa.
La donna non batte ciglio e Paolo fa un'altra congettura a bassa voce: «Che sia un'amica dello zio
Vincenzo? Lui ha detto che tiene amici altolocati da tutte le parti.» Il cervello di mio fratello ha
disperatamente bisogno di una revisione.
« Where 'reyouheadedto?».
Non capiamo e perciò non rispondiamo, e. lei getta uno sguardo inquisitore sul modulo che abbiamo
compilato con l'aiuto del Garzanti tascabile.
«Declara? What'veyougottodeclare? De-cla-rar. Whisky? Cigarettes?»
Pronuncia le parole magiche. Abracadabra e comprendiamo tutto. Un campano non ha bisogno che le
parole whisky e cigarettes dette con punto interrogativo finale vengano ripetute da una in divisa.
«Niente, nada, nothing.»
«Niet», aggiunge Paolo per sfoggio linguistico.
Forse è quest'ultima parola ad insospettirla. Decide di sottoporre le mie valigie alla Tac.
«What'sthis?» indica delle sfere sul monitor.
«Napoli's bombs», rispondo, ridendo. Mio padre le chiama così. Sono le mozzarelle di bufala di un suo
amico, e come dice la pubblicità: Nino le mozzarelle non le fabbrica, le fa. Sono davvero una bomba.
Alla signora bisonte gli si fonde il motore. Esce fumo da tutte le parti.
«Come this way please», sillaba, strattonandomi la giacca. Mi porta in una piccola stanza asettica che
sembra una sala operatoria senza lettino. Un'enorme bandiera americana è appesa sul muro bianco
dietro ad un tavolo di metallo grigio. Su una sedia scheletrica, è seduto un tizio bianco, con la faccia
da tricheco.
«Well, gentlemen?» dice, spazzolando via le briciole di hamburger dai folti baffi grigio-biondi.
«Very well, thank you and you?» risponde Paolo. «Lezione numero due: come salutare la gente», mi
bisbiglia nell'orecchio. «Ci ha chiesto come stiamo e gli ho risposto che stiamo bene.»
La signora bisonte ed il tricheco ci squadrano con aria poco divertita. Attraverso un muro di vetro alla
destra, vediamo le nostre valigie portate in una saletta con il lettino operatorio che manca in quella
dove ci troviamo noi.
Tre arcieri bypassano il lucchetto ed eseguono il post-mortem sulla prima delle mie Ghepard grigie.
Nel frattempo il tricheco esamina attentamente i timbri sul mio passaporto soffermandosi sul visto
cubano di tre anni fa.
«You a communist?» strombazza.
A Paolo gli s'inceppa il cuore. Sa che ho votato Ulivo alle ultime elezioni.
Prima che mio fratello possa recare qualche danno irreversibile, intervengo io.
«No communist. I am Ulivist.»
II tricheco grugnisce qualcosa. «Why've you got so much luggage? Why - two - bags?»
Sono italiano, mica ritardato, cretino, penso, e nel frattempo la signora bisonte traduce: «Por ke tienes
tantos vestidos?»
Che gli rispondo? So che non devo dire che sono qui in cerca di lavoro. Se sanno che sono in cerca di
occupazione, mi cacceranno via sul primo aereo. Il permesso di lavoro, difficilissimo da ottenere di
34
questi tempi, lo devi avere prima di entrare negli Usa. «Di' che sei qui solo per turismo, capito
guagliò?» si è tanto raccomandato lo zio Vincenzo.
Forse posso dirgli che sudo come un maiale e perciò devo cambiarmi d'abito spesso, ma che figura
faccio? Potrei raccontare che sono un famoso stilista e sono qui per una sfilata. Mentre mi sto
scervellando per trovare una risposta che possa risultare credibile, dalla valigia spuntano tre stecche
di Diana che gli arcieri svolazzano in aria come la Coppa Uefa.
Paolo ha la testa in retromarcia. Meno male che indossa un maglione e non si vede la sua camicia
fradicia di sudore, ma deve ripetutamente asciugare le mani sui jeans.
Mi viene un'idea alla Schumi: «Sono per i poveri. Los vestidos. For the poors», annuncio.
La signora bisonte mi guarda con gli occhi in croce.
«Which poor people?» Questa volta parla a scatti.
San Gennà, dammi una mano. Mi ha chiesto per quale povera gente ho portato tutti questi vestiti. Mò
che le dico? È nera come il carbone pure lei. Sto per bofonchiare qualcosa ma veniamo tutti quanti
distratti dagli arcieri che hanno localizzato gli oggetti misteriosi nella mia valigia.
«Fucking mozzarella cheese balls!» sputa il tricheco.
«E questi miserabili volevano farci credere che vengono in America per fare la carità quando non
hanno nemmeno i soldi per andare da Mac Donald e si portano dietro il cibo da casa», dice la signora
bisonte con uno sguardo eloquente che non ha alcun bisogno di traduzione.
35
36
SCHEMI DELLE UNITÀ DI
APPRENDIMENTO
37
38
ALLEGATO N. 7
UA1, Salsicce
Obiettivi
Conoscenze
(dominio
della
“competenza
cognitiva
interculturale”):
Approccio
umanistico
conoscere
il
fenomeno della
letteratura della
migrazione
Approccio
antropologico
Conoscere alcuni
significati
del
concetto
di
cultura
Lingua:
approfondimento
lessicale
Competenze
sviluppo di una
parte del dominio
delle competenze
interculturali, in
particolare
la
dimensione
1
(Lussier, 2007),
ovvero
la
competenza
socio-culturale e
la “subtestualità”,
cioè l’analisi dei
messaggi e valori
nascosti
trasmessi
attraverso
artefatti culturali
Attività
Lettura del racconto di
Igiaba Scego Salsicce
(abbreviato)
spiegazione delle parole
sconosciute
breve introduzione della
“letteratura della
migrazione” in italiano
brainstorming sul
significato di ‘cultura’
Strumenti
Valutazione
Tempi
Copie cartacee
del
racconto
Salsicce
Formativa
20 minuti lettura
riassunto
orale
del
testo
scheda
di
approfondimento
sulla “letteratura
della migrazione”
10
minuti
(lessico)
15
minuti
(letteratura della
migrazione)
15
min.
(brainstorming e
definizione
di
“cultura”)
totale: 60 minuti
circa.
scheda
sul
termine “cultura”
a partire dalle definizioni
date dal dizionario
<www.treccani.it>,
presentazione dei
principali significati del
termine “cultura”
Discussione
orale
A coppie: sottolineare nel
testo gli elementi della/e
cultura/e e
motivare le scelte fatte
20 minuti per il
lavoro in gruppi
20 minuti per la
discussione
saper
riconoscere nel
testo letto alcuni
elementi culturali
Lingua
39
comprensione
del testo;
lettura selettiva
per
l’individuazione di
informazioni;
competenze
testuali:
saper motivare le
proprie scelte
Saper essere
Discussione,
diario.
“cultural
awareness”
(Menecke, 1993)
accettazione di
un
concetto
antropologico di
cultura
40
15-20 minuti per
la compilazione
del diario
ALLEGATO N. 8
UA2, I miei primi giorni di scuola
Obiettivi
Attività
Strumenti
Valutazione
Tempi
Copie cartacee
del racconto I
miei primi giorni
di scuola
Formativa:
20
minuti
lettura
Conoscenze
Approccio umanistico
cenni sulla lingua albanese e la
storia dell’Albania
cenni biografici
Besa Mone
Lettura
testo
del
spiegazione
del lessico
sull’autrice
Approccio socioculturale
occultamento delle lingue e
culture minoritarie
Lingua
arricchimento lessicale
Competenze
Lingua
comprensione del testo
lettura
selettiva
per
l’individuazione di informazioni
saper
partecipare
e
argomentare oralmente in una
discussione guidata
Saper essere:
“cultural awareness” (Menecke,
1993)
compilazione
questionario di
comprensione
e analisi del
testo
discussione
orale guidata
finalizzata alla
comprensione,
all’analisi
di
personaggi,
luoghi, tempi,
voce narrante
etc.,
al
riepilogo
scheda
di
approfondimento
su
lingua
e
storia albanese
questionario di
comprensione e
analisi del testo
scheda
comprendente la
traccia per la
scrittura di un
testo creativo
riassunto
orale del testo
10
minuti
lessico
partecipazione
alla
discussione
composizione
di un testo
creativo
sul
modello
del
racconto
25
minuti
compilazione
questionario
di
comprensione
e analisi del
testo
20
minuti
discussione
5
minuti
spiegazione
traccia
testo creativo
spiegazione e
discussione in
relazione alle
“lingue
e
culture
nascoste”
15 minuti
compilazione
della scheda
diario alunni
spiegazione
scheda
su
“culture
nascoste”
e
testo creativo
compilazione
scheda diario
alunni
Decentramento
41
ALLEGATO N. 9
UA3, Döner kebab
Obiettivi
Conoscenze
Approccio umanistico
cenni su biografia e attività
dell’autrice Nora Moll
Approccio socioculturale
concetto di stereotipo
Attività
Brainstorming
su
Germania
e
cultura
tedesca
lettura
testo
del
Strumenti
Valutazione
Tempi
Copie cartacee
del
racconto
Döner kebab
Formativa:
10
minuti
brainstorming
scheda
di
approfondimento
su
Kafee, kebab
riassunto
orale del testo
partecipazione
alla
discussione
migrazione interna
mobilità in ambito europeo
Approccio antropologico
tradizioni
alimentari
in
Germania e in Italia, mutamenti
originati da ibridazione con
culture alimentari ‘altre’
Lingua
approfondimento lessicale
Competenze
saper
riconoscere
uno
stereotipo
utilizzare
il
concetto
di
stereotipo in una discussione
saper individuare le cause del
malinteso
Lingua
comprensione del testo
lettura
selettiva
per
l’individuazione di informazioni
saper discutere e argomentare
oralmente in una discussione
guidata
15
minuti
lettura
10
minuti
lessico
15
minuti
discussione
spiegazione
del lessico
discussione
orale guidata
finalizzata alla
comprensione,
al
riepilogo,
alla
focalizzazione
di personaggi,
luoghi, tempi,
lingue,
elementi
culturali, voce
narrante etc.
questionario di
comprensione e
analisi del testo
comprendente la
definizione
di
‘stereotipo’ e la
traccia per la
riscrittura
del
testo
da
un
punto di vista
diverso.
spiegazione
del concetto di
‘stereotipo’
spiegazione
delle domande
della scheda di
comprensione
e analisi del
testo.
42
riscrittura del
testo da un
diverso punto
di vista
Assegnazione
del
questionario
per casa
Saper essere
“appropriazione
(Lussier, 2007):
critica”
riflettere sugli atteggiamenti nei
confronti delle culture e delle
lingue straniere
riflettere sulla conoscenza delle
lingue
ai
fini
di
una
comunicazione efficace e della
partecipazione alle attività di un
gruppo
decentramento
43
ALLEGATO N. 10
UA4, Napoli’s bombs
Obiettivi
Attività
Strumenti
Valutazione
Tempi
Copie cartacee
del
racconto
Napoli’s bombs
Formativa
10
minuti
brainstorming
Conoscenze
malintesi linguistico-culturali
Brainstorming
su
Stati Uniti e
sull’Italia dal
punto di vista
di un abitante
degli
Stati
Uniti
cenni sull’emigrazione italiana
negli USA
lettura
testo
mobilità
qualificati
spiegazione
del lessico
Approccio umanistico
cenni su biografia e attività
dell’autrice Laila Wadia
Approccio
stereotipi
socioculturale
dei
lavoratori
cenni sulla legislazione USA
sull’immigrazione
Approccio antropologico
strategie per l’inserimento
professionale
Lingua
approfondimento lessicale
varietà di inglese: differenza
tra varietà appresa in Italia,
‘inglese britannico’ e ‘inglese
americano’
Competenze
saper individuare le cause del
malinteso
Lingua:
comprensione del testo
lettura
selettiva
per
l’individuazione di informazioni
saper
discutere
e
argomentare oralmente in una
discussione guidata
del
questionario di
comprensione
e analisi del
testo
comprendente
la traccia per la
riscrittura del
testo da un
punto di vista
diverso.
discussione
orale guidata
finalizzata alla
comprensione,
al
riepilogo,
alla
focalizzazione
di personaggi,
luoghi, tempi,
lingue,
elementi
culturali, voce
narrante etc.
e. spiegazione
del concetto di
“malinteso”
spiegazione
delle
domande
della scheda
di
comprensione
e analisi del
testo.
44
riassunto
orale del testo
partecipazione
alla
discussione
riscrittura del
testo da un
punto di vista
diverso
15 minuti lettura
10
minuti
approfondimento
lessicale
15
minuti
discussione
assegnazione
del questionario
come
compito
domestico
Saper essere
“critical appropriation”
(Lussier, 2007)
prendere
coscienza
delle
rappresentazioni stereotipate
dell’alterità
e
della
loro
influenza sulle interazioni tra
parlanti
dalle
diverse
appartenenze linguistiche e
culturali
decentramento
45
46
SCHEDE DI APPROFONDIMENTO
47
48
ALLEGATO N. 11. CULTURA
Cultura s. f. [dal lat. cultura, der. di colĕre «coltivare», part. pass. cultus; nel sign. 2, per influenza del
ted. Kultur].
1. a. L’insieme delle cognizioni intellettuali che una persona ha acquisito attraverso lo studio e
l’esperienza, rielaborandole peraltro con un personale e profondo ripensamento così da convertire le
nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo della sua personalità morale, della sua
spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella consapevolezza di sé e del proprio mondo:
formarsi una c.; avere, possedere una discreta c.; uomo di grande, di media, di scarsa c.; gli uomini di
cultura. In senso più concr., e collettivo, l’alta c., quella che si acquisisce attraverso gli studî
universitarî, e le persone stesse (laureati o docenti) che ne sono gli esponenti; analogam., il mondo
della c., gli ambienti culturalmente più elevati.
b. L’insieme delle conoscenze relative a una particolare disciplina: avere c. letteraria, musicale,
artistica; possedere una ricca c. storica, filosofica; c. classica, che riguarda la storia, la civiltà, la
letteratura e l’arte dei popoli antichi, soprattutto greci e latini. Con riferimento a più discipline, ma
sempre in senso limitativo (come insieme di nozioni, estese ma non approfondite): formarsi, avere una
c. generale; ampliare la propria cultura. Nel linguaggio socio-politico, diffondere la c. nel popolo, nelle
masse, frasi che esprimono l’esigenza o il programma di una diffusione a livello popolare di un tipo di
cultura medio, standardizzato e uniforme, destinato al consumo nel tempo libero ma concepito anche
come mezzo di elevazione sociale. In partic., c. di massa, espressione (di origine statunitense) con cui
si indica un tipo di cultura medio, diffuso dai moderni mezzi di comunicazione di massa – stampa,
radio, televisione, cinema, ecc. – prodotto con scopi prevalentemente commerciali e di
intrattenimento, standardizzato e uniforme, destinato al consumo nel tempo libero ma concepito anche
come mezzo di innalzamento sociale di larghi strati popolari tradizionalmente esclusi dalla fruizione
dei beni culturali.
c. Complesso di conoscenze, competenze o credenze (o anche soltanto particolari elementi e settori
di esso), proprie di un’età, di una classe o categoria sociale, di un ambiente: c. contadina, c. urbana,
c. industriale; la c. scritta e la c. orale; le due c., quella umanistica e quella scientifica, soprattutto in
quanto si voglia (o si volesse in passato) rilevare insensibilità e ignoranza negli scienziati per i
problemi umani e negli intellettuali per i concetti e i problemi della scienza.
d. Complesso delle istituzioni sociali, politiche ed economiche, delle attività artistiche, delle
manifestazioni spirituali e religiose, che caratterizzano la vita di una determinata società in un dato
momento storico: la c. italiana del Quattrocento; la c. illuministica o dell’illuminismo; la storia della c. di
un popolo.
49
2. In etnologia, sociologia e antropologia culturale, l’insieme dei valori, simboli, concezioni, credenze,
modelli di comportamento, e anche delle attività materiali, che caratterizzano il modo di vita di un
gruppo sociale: c. primitive, c. evolute; la c. delle popolazioni indigene dell’Australia; la c. degli Incas.
Fonte: Dizionario Treccani on-line, <www.treccani.it>
50
ALLEGATO N. 12. LA LETTERATURA DELLA MIGRAZIONE
La cosiddetta ‘letteratura della migrazione’ nasce in Italia nel 1990, sull’onda di un evento che
segnò profondamente la coscienza degli italiani: l’assassinio da parte di giovani italiani di un
ragazzo immigrato, Gerry Masslo, nel 1989.
L’interesse, anche dei mass media, per il mondo dell’immigrazione - molto recente per l’Italia,
paese storicamente caratterizzato invece dall’emigrazione - divenne forte, e nel giro di pochi anni
furono pubblicati i primi libri di autori stranieri provenienti dalla migrazione: Io venditore di Elefanti
(1990) di Pap Khouma (Senegal), Chiamatemi Alì (1990) di Mohamed Bouchane (Marocco),
Immigrato (1990) di Salah Methnani (Tunisia) La promessa di Hamadi (1991) di Saidou Moussa Ba
(Senegal), Pantanella, canto lungo la strada (1992) di Moshen Melliti (Tunisia). Questi testi avevano
in comune i temi trattati e la scrittura in cooperazione con dei collaboratori/curatori italiani.
In questa fase, l’interesse editoriale fu forte e di lì a poco anche la critica cominciò a occuparsi di
questa produzione: il primo - e ad oggi ancora uno dei principali studiosi - fu Armando Gnisci, allora
professore di Letteratura comparata dell’Università La Sapienza di Roma.
Negli anni successivi, l’interesse delle case editrici calò, ma il fenomeno ha continuato a svilupparsi
percorrendo altre vie, con il sostegno del volontariato, di organizzazioni sociali, di alcune riviste
(cartacee e on-line come El Ghibli, Sagarana etc. ) e case editrici interessate all’intercultura, i premi
letterari (come il premio Eks&Tra, vinto da Igiaba Scego nel 2003).
Si è ampliata la gamma dei temi trattati, gli scrittori si sono emancipati dai collaboratori italiani
raggiungendo a poco a poco l’autonomia linguistica, e hanno sentito sempre più “stretta” e a rischio di
ghettizzazione la categoria di scrittori “migranti”.
51
52
QUESTIONARI PER LA COMPRENSIONE,
L’ANALISI, L’INTERPRETAZIONE
53
54
ALLEGATO N. 13
UA2, Besa Mone, I miei primi giorni di scuola
NOME……………………………………………………….....................................................................
Questionario di comprensione del testo
Rispondi alle seguenti domande
I parte (pp. 163-164)
1. Perché la bambina è ammessa a frequentare la seconda elementare?
......……………………………………………………………………………………………..…………
…………………………………………………………………………………………………
......……………………………………………………………………………………………..……
2. Perché la direttrice l’avrebbe invece inserita in prima?
......……………………………………………………………………………………………..…………
…………………………………………………………………………………………………
......……………………………………………………………………………………………..……
3. Cosa avrebbe significato per lei ripetere la prima?
......……………………………………………………………………………………………..…………
…………………………………………………………………………………………………
......……………………………………………………………………………………………..……
4. Il primo giorno di scuola, per quali ragioni la bambina prova disagio?
......……………………………………………………………………………………………..…………
…………………………………………………………………………………………………
......……………………………………………………………………………………………..…………
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......……………………………………………………………………………………………..…………
…………………………………………………………………………………………………
......……………………………………………………………………………………………..…………
…………………………………………………………………………………………………………….
5. Perché vorrebbe sentire la sua lingua?
......……………………………………………………………………………………………..…………
…………………………………………………………………………………………………
......……………………………………………………………………………………………..…………
………………………………………………………………………………………………….
6. Perché, quando arriva la seconda maestra, la bambina prova imbarazzo?
......……………………………………………………………………………………………..…………
…………………………………………………………………………………………………
......……………………………………………………………………………………………..……
7. Perché è difficile per la protagonista pronunciare una parola con tante vocali di seguito?
......……………………………………………………………………………………………..…………
…………………………………………………………………………………………………
......……………………………………………………………………………………………..……
II parte “ALFABETO DEI POPOLI” (pp. 164-166)
8.
Perché il modo di scrivere le lettere in italiano non è un problema da risolvere?
......……………………………………………………………………………………………..…………
………………………………………………………………………………………………….
......……………………………………………………………………………………………..……
9. Da quando è stato possibile scrivere in albanese? Che cosa rappresentava per gli albanesi la
scrittura?
55
......……………………………………………………………………………………………..…………
………………………………………………………………………………………………….
......……………………………………………………………………………………………..…………
………………………………………………………………………………………………….
......……………………………………………………………………………………………..…………
………………………………………………………………………………………………….
10. La lettera “c” degli alfabeti italiano e albanese viene accostata ad alcune caratteristiche dei
popoli. Completa la tabella elencando tali caratteristiche:
Lettera dell’alfabeto
“c” albanese
Caratteristiche del popolo
“c” italiana
11. A chi assomiglia la “c” italiana? Perché?
......……………………………………………………………………………………………..…….……
…………………………………………………………………………………………………..
......……………………………………………………………………………………………..…….
12. Che cos’hanno in comune il popolo albanese e quello italiano?
......……………………………………………………………………………………………..…….……
…………………………………………………………………………………………………..
......……………………………………………………………………………………………..…….
III parte (p. 167)
13. Perché, quando arriva la mediatrice linguistico-culturale, la bambina albanese è al settimo
cielo?
......……………………………………………………………………………………………..…………
………………………………………………………………………………………………….
......……………………………………………………………………………………………..…………
………………………………………………………………………………………………….
......……………………………………………………………………………………………..…….……
…………………………………………………………………………………………………..
......……………………………………………………………………………………………..…….……
…………………………………………………………………………………………………..
_____________________________________________________________________________
Rifletti sul racconto, poi rispondi: perché per la bambina albanese sono importanti sia la lingua
albanese che quella italiana?
......……………………………………………………………………………………………..……………………
…………………………………………………………………………………………………………….
......……………………………………………………………………………………………..……………………
…………………………………………………………………………………………………………….
......……………………………………………………………………………………………..……………………
…………………………………………………………………………………………………………….…………
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………………………………………………………………………………………………………………….
......……………………………………………………………………………………………..……………….…
………………………………………………………………………………………………………………………
….………………………………………………………………………………………………………
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56
ALLEGATO N. 14
UA3, Nora Moll, Döner kebab
NOME………………………………………………………………………………………………………
1. A p. 125 il protagonista dice: “…sono famosi i tedeschi per lo stinco di maiale, i würstel e altre
cose saporite e nutrienti. Sì, avete ragione, ma solo in teoria. In pratica, mi è capitata la triste
sorte di essere ospitato in una famiglia salutista e biodinamica”.
Rifletti e poi rispondi: le pietanze per le quali sono famosi i tedeschi corrispondono alle abitudini di tutti
i tedeschi?
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………..
Stereotipo
a. Modello convenzionale di atteggiamento, di discorso e sim.: ragionare per stereotipi. In
partic., in psicologia, opinione precostituita, generalizzata e semplicistica, che non si fonda
cioè sulla valutazione personale dei singoli casi ma si ripete meccanicamente, su persone o
avvenimenti e situazioni (corrisponde al fr. cliché): giudicare, definire per stereotipi; s.
individuali, se proprî di individui, s. sociali, se proprî di gruppi sociali.
c. Espressione, motto, detto proverbiale o singola parola nella quale si riflettono pregiudizî e
opinioni (positive o) negative con riferimento a gruppi sociali, etnici o professionali.
Fonte: http://www.treccani.it/
2. Alla fine di p. 126 è possibile individuare un’idea stereotipata che la famiglia di Inge ha sul ragazzo
italiano: dopo averla trovata, cerca di spiegarla.
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…………………………………………………………………………………………………………………..…
………………………………………………………………………………………………………………
3. Secondo te, in che modo quest’idea stereotipata influenza il comportamento dei familiari di Inge
verso il giovane italiano?
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………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
4. Ti è mai capitato di essere ‘vittima’ di pregiudizi o stereotipi sul tuo paese o la tua regione?
□
□
Sì
No
Se sì, come hai reagito?
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
Se no, come pensi che reagiresti?
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
5. Che cosa prova il protagonista verso la lingua tedesca? Perché? Cfr. metà p. 124, le ultime righe
di p. 124 e le prime di p. 125.
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57
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………..
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………..
6. Perché il protagonista non riesce ad esprimere chiaramente ciò che vuole?
Rileggi in particolare le ultime righe di p. 125 e le prime di p. 126.
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………..
7. Se ti trovassi in una situazione di vacanza simile a quella del racconto, a stretto contatto con
persone di un altro paese, come pensi che dovresti comportarti nei confronti del loro modo di
pensare, delle loro abitudini e della loro lingua per instaurare dei buoni rapporti?
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………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………..
………………………………………………………………………………………………………………….……
…………………………………………………………………………………………………………….…………
……………………………………………………………………………………………………..
Perché?………………………………………………………………………………………………………...…
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………..
………………………………………………………………………………………………………………….……
…………………………………………………………………………………………………………….…………
……………………………………………………………………………………………………..
8. Prova a riscrivere la storia dal punto di vista di Inge oppure dei suoi genitori.
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58
ALLEGATO N. 15
UA4, Laila Wadia. Napoli’s bombs
NOME…………………………………………………………………………………………………………
1. Quale accoglienza negli Stati Uniti si aspetta Paolo? Come immagina di essere ricevuto
all’aeroporto?
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………
2. Qual è invece l’accoglienza che ricevono i due giovani? Chi trovano al controllo documenti?
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………
3. Pag. 149 (prime 4 righe): secondo te perché la signora della dogana rigira il passaporto di
Giovanni tra le mani? Pensa davvero, come ritiene Giovanni, che lui parli bene l’inglese?
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………
4. Secondo te, per quale motivo quando Giovanni dice “Napoli’s bombs” (p. 150) la donna porta i
due italiani in una stanza per controllare le valigie?
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………
5. Quando la donna chiede all’italiano per quale motivo abbia due valigie, perché lui non sa cosa
rispondere?
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………
6. Il racconto è narrato dalla prospettiva di un ragazzo italiano.
Secondo te, che cosa pensa la donna americana dei due italiani?
Riscrivi
la
storia
dal
suo
punto
di
vista.
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………..
………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………....
……………………………………………………………………………………………………….
59
60
STRUMENTI D’INDAGINE
61
62
ALLEGATO N. 16.
PREINDAGINE
QUESTIONARIO INIZIALE
DATI PERSONALI
Cognome e nome……………………………………………………………………........Sesso □ M □ F
Data di nascita……………………………………………………………………………………………….
Luogo di nascita (città, nazione)
…………………………………………………………………….............................................................
Abiti a………………………………………………………………………………………………………….
Parte da compilare solo da chi è nato all’estero:
Quanti anni avevi quando sei arrivato/a in Italia?
………………………………………………………………………………………………………………….
Dove hai abitato prima di venire in Italia?
...................................................................................................................................................................
...................................................................................................................................................................
...........................................................................................................................................
Da quanto tempo abiti in provincia di Macerata?
□ da meno di un anno
□ da 1 a 5 anni
□ da oltre 5 anni
QUESTIONARIO
1. La tua famiglia proviene da (città, regione,
nazione)……………………………………………..........................................................................
…………………………………………………………………………………………………………….……
…….…………………………………………………………………………………………………
2. È composta da:
Componenti
Età
Lingua/e parlata/e
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
3. Quali sono gli insegnamenti più importanti (educazione, regole di comportamento etc.) che la tua
famiglia ti ha trasmesso?
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
63
4. Ti capita di commentare con i tuoi familiari fatti di cronaca (ad esempio, notizie date da giornali,
telegiornali, radio, siti internet etc.) sui rapporti tra persone provenienti da paesi diversi e con
9
culture e lingue diverse?
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
5. Quali sono i tuoi interessi/le cose che ti piace di più fare?
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
6. Quali persone frequenti più spesso?
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
Di’ se sei d’accordo o meno con la seguente frase:
7. È difficile andare d’accordo con i compagni di scuola o in generale con le persone che
provengono da altri paesi e che hanno culture e modi di pensare diversi.
□ Molto d’accordo □ Abbastanza d’accordo □ Non so □ Poco d’accordo
Perché? Motiva la tua risposta.
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
8. A scuola, quale o quali sono le tue materie preferite? Perché?
9
La parola cultura ha diversi significati:
1 Insieme di conoscenze che concorrono a formare la personalità e ad affinare le capacità ragionative di
un individuo; nel linguaggio corrente, insieme di approfondite nozioni: una persona di grande cultura.
2 Insieme delle conoscenze letterarie, scientifiche, artistiche e delle istituzioni sociali e politiche proprie
di un intero popolo, o di una sua componente sociale, in un dato momento storico SINONIMO civiltà:
cultura greca; la cultura borghese dell'Ottocento || cultura orale, il sapere trasmesso a voce.
3 Antropologia: l’insieme delle credenze, tradizioni, norme sociali, conoscenze pratiche, prodotti, propri
di un popolo in un determinato periodo storico: cultura patriarcale; cultura industriale || cultura di massa:
insieme di nozioni, valori e modelli di comportamento indotti dai mass media | cultura materiale: gli
oggetti, i manufatti, gli attrezzi di una data popolazione.
Fonte: Sabatini Coletti, Dizionario della lingua italiana
64
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
9. Ci sono materie che non ti piacciono o che ti sembrano molto difficili? Se sì, perché?
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
10. Quali sono le attività che svolgi più volentieri nelle ore di italiano?
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
11. Quali sono le attività che svolgi meno volentieri nelle ore di italiano?
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
12. Leggi volentieri oppure no? Che cosa (fumetti, riviste, libri, quotidiani, quotidiani on-line, blog,
etc.)? Racconta.
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
13. Perché leggi o non leggi?
□
□
□
□
□
□
□
□
□
mi piace leggere perché mi identifico in certi personaggi o storie particolari
non mi piace leggere e preferisco dedicarmi ad altre attività
penso che leggere sia piacevole
penso che leggere sia noioso/inutile
a casa ho molti libri
a casa non ho libri o altro materiale che mi interessa
i libri che ci sono nella biblioteca scolastica mi piacciono
i libri che ci sono nella biblioteca scolastica non mi piacciono o interessano
altro………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………
14. Scrivi quali attività ti piacerebbe fare nelle ore di italiano che adesso non fai o che fino ad oggi non
hai mai fatto.
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
15. C’è un libro o un genere di libri che ritieni molto importante per te e/o nel/nei quale/i ti identifichi in
maniera particolare?
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
16. La/le tua/e lingua/e è/sono: (puoi parlare anche dei dialetti; puoi inserire le lingue che capisci ma
che non sai parlare; le lingue che sai parlare, anche poco; le lingue che sai solo leggere o che sai
anche scrivere)
……………………………………………………………………………………………………………
65
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
17. Quale o quali sono le lingue che usi più volentieri? Perché?
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
18. Quale o quali sono le lingue che usi meno volentieri? Perché?
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
19. Come hai imparato le lingue che conosci?
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
20. Sei curiosa/o verso altre culture? Se sì, quali? Perché?
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
21. Conosci e/o frequenti o hai frequentato persone che provengono da altri paesi e con lingue e
culture diverse dalla/e tue? Racconta.
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
22. Che cosa significa per te la parola “cultura”?
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
23. Che idea ti sei fatta/o della convivenza tra persone con lingue e culture diverse (cioè che
provengono da paesi diversi e hanno modi di pensare e tradizioni differenti)?
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
24. Ti identifichi in una o più culture? Quale o quali? Perché?
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
25. Secondo te, le culture si possono esprimere in una sola lingua o in più lingue? Spiega la tua
risposta.
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
66
ALLEGATO N. 17.
TRACCIA TESTI CREATIVI PRELIMINARI
Inventa un racconto a partire da questa situazione: una persona dai capelli neri arriva in un paese che
non conosce. Con sé ha… Chi è? Da dove viene? Dove va? Perché?
Viaggia da solo/a o è in compagnia? Chi incontra? Cosa fa? Cosa gli/le succede?
67
ALLEGATO N. 18. SCHEDA DIARIO ALUNNI
Unità di Apprendimento: …………………………………….……………………………………………..
Il mio diario
Il mio nome: ……………………………………………………….......................................................
La mia classe: ………………………………………………………………………………………………
Nome insegnante: ………………………………………………………………………………………….
La data: ……………………………………………………………….....................................................
_____________________________________________________________________________
Puoi dirmi qualcosa su questa lezione? Se non hai niente da scrivere per alcuni dei punti indicati,
saltali.
_____________________________________________________________________________
•
1. Ho scoperto che
......……………………………………………………………………………………………………….……..
……………………..…………………………………………………………………………………………...
………………………………………….….…………………………………………………………………...
………………………………………………………………….………………………………………………
Quello che mi è piaciuto di più è stato
………………………………………………………………………………………………………………….
………………………………………………………………………………………………………………….
………………………………………………………………………………………………………………….
……………………………………………………………………………………………………………….…
………………………………………………………………………………………………………………,…
•
Nel brano letto ho trovato cose simili a (puoi parlare di letture fatte o film visti, esperienze tue o di
persone che conosci,
ecc.)……………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
………………………………………………………………………………………………………………….
………………………………………………………………………………………………………………….
•
Mi piacerebbe sapere qualcosa di più su
………………………………………………………………………………………………………………….
………………………………………………………………………………………………………………….
………………………………………………………………………………………………………………….
perché…………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
………………………………………………………………………………………………………………….
………………………………………………………………………………………………………………….
•
La cosa più difficile è stata
………………………………………………………………………………………………………………….
………………………………………………………………………………………………………………….
………………………………………………………………………………………………………………….
perché………………………………………………………………………………………………………….
………………………………………………………………………………………………………………….
………………………………………………………………………………………………………………….
………………………………………………………………………………………………………………….
•
La cosa più noiosa è stata
68
………………………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………………
perché………………………………………………………………………….……………………………....…
……………………………………………………………………………………….……………...............……
……………………………………………………………………………………………………………………
• Altro
………………………………………………………………………………………………………………….……
…………………………………………………………………………………………………………….…………
……………………………………………………………………………………………………………….…….
69
ALLEGATO N. 19. UA2 SCHEDA SU CULTURE “NASCOSTE” E TESTO
CREATIVO
UA2 Besa Mone, I miei primi giorni di scuola
NOME…………………………………………………………………………………………………………
All’inizio del racconto, la protagonista si sente a disagio perché non può parlare la sua lingua e
nessuno conosce lei, la sua storia, il suo paese.
La situazione cambia sia attraverso la riflessione del fratello (su ciò che unisce i due alfabeti e i due
popoli italiano e albanese), sia grazie all’intervento della mediatrice, che fa conoscere alla classe ciò
che prima era ‘nascosto’, perché presente solo nei ricordi della bambina (i paesaggi del suo paese, la
sua scuola e quindi parte della sua storia personale e della sua “cultura”).
Per la prossima volta:
1. A te è mai capitato di avere a che fare con lingue e culture “nascoste”? Perché a volte restano
nascoste? Puoi partire dalla tua esperienza o da quella di persone che conosci.
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….……
…………………………………………………………………………………………………………….…………
……………………………………………………………………………………………………………………….
2. Ispirandoti al racconto di Besa Mone, scrivi una storia, autobiografica o di fantasia, seguendo
questa traccia:
I tuoi genitori devono andare a lavorare all’estero per un periodo abbastanza lungo, così li devi
seguire. Come immagini la tua nuova vita in un paese del quale conosci poco la lingua?
Come vorresti essere accolto a scuola? Come reagiresti alle difficoltà di comunicazione? A chi
chiederesti aiuto? Cosa faresti per fare amicizia con i nuovi compagni?
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
70
ALLEGATO N. 20. QUESTIONARIO FINALE
SCUOLA………………………………………….CLASSE………DATA…………………………………
NOME………………………………………………………………………………………………...............
Ricordati che non ci sono risposte giuste o sbagliate, quello che conta è che siano sincere e scritte
dopo un po’ di riflessione!
Se hai i testi a portata di mano, mentre rispondi li puoi consultare.
1. Dopo le letture e le altre attività che abbiamo svolto insieme, pensi che comunicare e vivere (per
periodi più o meno lunghi) con o ‘tra’ due o più lingue e culture sia (puoi barrare più risposte)
□
□
□
□
□
□
□
□
□
facile
interessante/stimolante
utile
possibile
necessario
faticoso
difficile
da evitare
altro (aggiungi uno o più
aggettivi)………………………………………………………..........................................................
Spiega la tua risposta
………………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………….
………………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………….
………………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………….
………………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………….
2. Quali personaggi/vicende/dialoghi dei racconti ti hanno fatto riflettere o capire di più su questo
tema?
………………………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………….
………………………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………….
3. Ti piacerebbe, in futuro, trascorrere un periodo più o meno lungo di vacanza/studio/lavoro in un
paese straniero?
………………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………….
Se sì, dove?
…………………………………………………………………………………………………………………….
…………………………………………………………………………………………………………………….
Perché?
……………………………………………………………………………………………………………………..
……………………………………………………………………………………………………………………..
……………………………………………………………………………………………………………………..
71
4. Attraverso le letture fatte e le attività svolte, cos’hai capito del concetto di cultura?
…………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………
5. Quando abbiamo letto il racconto di Besa Mone “I miei primi giorni di scuola”, abbiamo parlato
delle lingue “nascoste”.
Tra le tue lingue (dialetti; lingue che capisci ma che non sai parlare; lingue che sai parlare, anche
poco; lingue che sai solo leggere o che sai anche scrivere) ce ne sono di ‘nascoste’?
□
□
□
Sì
No
Altro………………………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
Se sì, vorresti o no che “emergessero” come accade nel racconto di Besa Mone?
□
□
□
Sì
No
Altro (spiega)……………………………………………………………………………………………
……………………………………………………………………………………………………………
Perché?
…………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………
6. Se hai risposto sì alla domanda 5: in che modo vorresti che le lingue nascoste emergessero?
…………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………
7. Quali sono (se ci sono) le lingue nascoste dei membri della tua classe?
…………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………
8. In che rapporto sono, secondo te, le lingue nascoste (tue o dei tuoi compagni) con l’italiano?
Sono più interessanti/….………………………………………..(puoi inserire altri aggettivi)
Sono meno interessanti/………………………………………..(puoi inserire altri aggettivi)
Sono ugualmente interessanti
Altro………………………………………………………………………………………………....……….
………………………………………………………………………………………………………………..
Perché?.......................................................................................................................................
………………………………………………………………………………………………………………….……
………………………………………………………………………………………………………….………….
□
□
□
□
9. Ripensa ai testi letti e scrivi se, secondo te, le culture si possono esprimere in una sola lingua o in
più lingue. Spiega poi la tua risposta.
…………………………………………………………………………………………………………………..
…………………………………………………………………………………..…………………………………
….………………………………………………………………………………………………………………..
……………………………………………………………………………………………………………………
72
…………………………………………………………………………………..…………………………………
…….....………………………………………………………………………………………………………….
10. Come ti sono sembrati i racconti che abbiamo letto insieme?
□
□
□
□
□
□
Brutti
Noiosi
Mi hanno lasciato indifferente
Interessanti
Belli
Altro………………………………………………………………………………………………………
Spiega perché
…………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………
11. Le letture fatte:
□
□
□
□
□
non mi hanno detto niente di nuovo
mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco
mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone a cui sono legato (amici, parenti, etc.)
mi hanno fatto riflettere su me stesso/a
Altro ……………………………………………………………………………………………………………
Spiega la tua risposta
………………………………………………………………………………………………………………………
……….………………………………………………………………………………………………………………
……………...………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………….
…………………………………………………………………………………………………………………….
12. Ti sei identificato/a in qualche personaggio o situazione dei racconti letti insieme? Se sì, quale/i?
Perché?
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
……………….…………………………………………………………………………………………………....
…………………………………………………………………………………………………………………….
…………………………………………………………………………………………………………………….
13. Ti piacerebbe leggere altri testi che trattano il tema degli incontri-scontri tra persone con lingue
diverse?
………………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………….
14. Se sì, di quali lingue ti piacerebbe leggere?
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………….
15. Le letture fatte ti sono sembrate difficili?
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………….
Se sì, quale o quali in particolare?
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
73
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………….
Perché?
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………………
…………………………………………………………………………………………………………………….
74
DATI SCUOLA 1
75
76
77
Loredana
Andrea
Igor
Renato
1
2
3
4
ALUNNO
M
M
M
F
S
E
S
S
O
1999
(cancellato,
ha
poi
lasciato
solo giorno
e mese)
2000
2000
2000
DATA DI
NASCITA
Macerat
a
Ancona
in Italia
Chisinau
,
Moldavia
San
Severino
M.
LUOGO
DI
NASCIT
A
(CITTÀ,
NAZION
E)
/
/
/
/
A
BI
TI
A
/
10 anni
/
/
QUANT
I ANNI
AVEVI
QUAND
O SEI
ARRIV
ATO/A
IN
ITALIA
?
/
Moldavia
/
/
DOVE
HAI
ABITATO
PRIMA DI
ARRIVAR
E
IN
ITALIA?
/
Da
oltre
5
anni
/
DA
QUA
NTO
TEM
PO
ABIT
I IN
PRO
VINC
IA DI
MAC
ERA
TA?
/
PARTE DA COMPILARE
SOLO DA CHI È NATO
ALL’ESTERO
S1. ALLEGATO N. 21. QUESTIONARIO INIZIALE
Marche, Italia
e
Napoli,
Italia
Chisinau,
Moldavia
Italia
San Severino
M., Marche,
Italia;
Tolentino
Marche,
Italia.
1. LA TUA
FAMIGLIA
PROVIENE
DA (CITTÀ,
REGIONE,
NAZIONE)
Tutti
i
componenti
(genitori,
fratelli,
io)
Moldavo,
Italiano
Italiano
(specifica
quali membri
Italiano
Italiano
2.
È
COMPOSTA
DA
(COMPONE
NTI,
ETÀ,
LINGUA/E
PARLATA/E
):
Portare
rispetto;
non dire bugie e
essere
sinceri,
Io sono educato
bene, mi comporto
bene. Rispetto le
regole.
Educazione
I miei genitori mi
hanno insegnato a
mangiare tutto ed
a essere educata
con gli altri
3. QUALI SONO
GLI
INSEGNAMENTI
PIÙ IMPORTANTI
(EDUCAZIONE,
REGOLE
DI
COMPORTAMEN
TO, ETC.) CHE LA
TUA FAMIGLIA TI
HA
TRASMESSO?
Sì
Sì mi capita qualche
volta non sempre.
No
4. TI CAPITA DI
COMMENTARE
CON
I
TUOI
FAMILIARI FATTI
DI CRONACA (AD
ESEMPIO, NOTIZIE
DATE
DA
GIORNALI,
TELEGIORNALI,
RADIO,
SITI
INTERNET, ETC.)
SUI
RAPPORTI
TRA
PERSONE
PROVENIENTI DA
PAESI DIVERSI E
CON
CULTURE
DIVERSE?
Sì, mi capita spesso
di commentare le
notizie
del
telegiornale
delle
notizie straniere
78
Claudio
Eleonora
11
Rubab
8
10
Enrica
7
Filippo
Clara
6
9
Emanuele
5
F
M
M
/
F
/
M
2000
2000
2001
2000
2000
/
2000
San
Sev. M.
San
Severino
M.
San
Severino
India
San
Severino
M.
/
San
Sev. M.
/
/
/
/
/
/
/
/
/
/
7 anni
/
/
/
/
/
/
India
/
/
/
/
/
/
Da 1
a 5
anni
/
/
/
San
Severino,
Italia
Porto
Sant’Elpidio
mia madre,
da
San
Severino mio
padre.
Mia madre e
mio
padre
provengono
dall’Albania e
il mio fratello
Mamma=Ro
ma,
papà=Tolenti
no
India
/
Italia
Tutta
famiglia
parla
albanese
italiano
Italiano
e
la
Padre
Italiano
e
Indiano;
madre
Indiano;
sorella
13
anni Italiano
e
Indiano;
sorellina
3
anni Indiano
Italiano
Italiano
/
italiano
della famiglia
abitano con
lei e quali
no)
La mia famiglia mi
ha trasmesso che
non bisogna mai
parlare
agli
sconosciuti e che
Regole
di
comportamento,
educazione.
Educazione
Parlare
con
il
rispetto con le
persone
grandi,
non menare
EducazioneRispetto-studiare
sempre
studiare,
non
menare,
non
insultare, mettere a
posto le cose che
ho
preso,
non
rispondere male.
Educazione,
rispetto,
gentilezza…
/
No
Sì.
Perché
al
telegiornale si parla
di fatti scioccanti e
curiosi.
No
/
No
/
Sì, mi capita, non
molte volte
79
Ester
Lucilla
15
Rachele
13
14
Michele
12
F
F
F
M
2000
2000
2000
2000
San
Sev. M.
San
Severino
M.
Novisibir
sk,
Russia
Vico
Equense
, NA
/
/
/
/
/
/
10/11
/
/
/
Washingt
on
D.C.
U.S.A.
/
/
/
Da 1
a 5
anni
/
San Severino
Marche, Italia
Madre
è
svizzera
(cantone
francese),
mio
padre
viene
da
Tolentino.
dalla Italia e
anche
mia
sorella
Papà Torre
Annunziata
(Napoli)
Italia,
mamma
Castellamma
re di Stabia
(Napoli) Italia
Mio padre da
New Jersey.
Mia
madre
da Ohio.
Papà
inglese,
italiano;
mamma
inglese,
francese,
italiano;
io
inglese,
francese,
italiano.
Madre
francese e
italiano, tutti
gli
altri
(padre,
fratello,
sorella,
nonna)
italiano
Madre,
padre
e
sorellastra:
italiano;
fratello
e
nonna:
italiano/marc
higiano
Italiano
1) Non
disordinare
le camere
2) Fare i letti
3) Rispettare i
genitori e
obbedire
Educazione
Educazione, regole
di comportamento.
bisogna
mettere
sempre a posto le
cose.
Tutto
Non mi capita
No
sì
A volte cronaca del
telegiornale
80
Balina
18
Donata
Ada
17
19
Cristina
16
F
F
F
F
2001
2000
2000
2000
Camero
un
TiranaAlbania
Albania
San
Severino
M.
/
/
/
/
3 mesi
2 anni
5 anni
/
Africa
Albania
Albania
/
Da
oltre
5
anni
Da
oltre
5
anni
(10)
Da
oltre
5
anni
/
Mio padre è
romano, mia
madre
è
africana.
Tirana
capitale
dell’Albania
Madre
=
Campania a
San Lorenzo
Maggiore
Italia, Padre
=
Marche,
Poggio San
Vicino, Italia
Entrambi
albanesi
Mamma
e
papà:
albanese italiano;
fratello
12
anni: italiano
- inglese.
Padre,
madre
e
fratello di 15
anni:
albanese italiano;
fratello di 22
mesi:
non
parla
Padre
italiano,
mamma
italiano
(francese),
fratello
(2
mesi,
5
giorni);
io:
italiano;
sorella
12:
italiano.
Italiano
L’educazione ed il
rispetto.
Di
comportarmi
bene,
non
rivolgergli la parola
su cose importanti
L’educazione e il
modo
di
comportarmi.
Non
impicciarsi
degli affari altrui,
non dire parolacce
dei
loro
Sì
ad
esempio
quando
sul
telegiornale
capitano dei fatti
davvero toccanti.
No
/
No.
Le
usanze
popoli,
le
religioni.
81
Andrea
Igor
Renato
Emanuele
3
4
5
Loredana
2
1
ALUNNO
A me mi piace fare sport,
ginnastica e le materie fare i
compiti.
Mi piace fare sport, soprattutto
praticare il baschet. Mi piace
uscire con gli amici. Mi piace
vedere le partite del Milan e del
Bascket come tra fileni e Milano.
Mi piace esercitarmi a fare i graffiti
per poi farci su delle grandi tavole
di legno, mi piace molto uscire con
gli amici, fare i salti con la BMX e
giocare con i videogiochi e
Il mio interesse è il nuoto che
pratico il pomeriggio tutti i giorni e
anche il flauto traverso che pratico
ogni lunedì a scuola.
Fare skateboard, andare in bici,
uscire con gli amici, giocare con il
mio cane, sparare gli spari e
guidare la macchinetta da 14 anni.
5.
QUALI
SONO
I
TUOI
INTERESSI/LE COSE CHE TI
PIACE DI PIÙ FARE?
Gli amici e anche i cugini, però
con i cugini molto di meno.
Gli
amici:
Elia,
Ruggero,
Giacomo, Giada e i parenti: zia,
zio, cugini.
Marco Dialuce, Mattia Guerdini,
Riccardo Stronati, Luca Aranci,
Gianluca Lipri, Riccardo della
Rocca, Stefano Valeri, Vladimir
Bubulici.
I miei amici, cugini.
Io frequento una mia amica molto
spesso e anche i miei nonni e
anche mia zia.
6.
QUALI
PERSONE
FREQUENTI PIÙ SPESSO?
Abbastanza
d’accordo.
Poco d’accordo
Molto d’accordo.
Poco d’accordo.
Poco d’accordo.
7a. DI’ SE SEI
D’ACCORDO
CON
LA
SEGUENTE
FRASE: È DIFFICILE
ANDARE
D’ACCORDO CON I
COMPAGNI
DI
SCUOLA
O
IN
GENERALE CON LE
PERSONE
CHE
PROVENGONO DA
ALTRI PAESI E CHE
HANNO CULTURE E
MODI DI PENSARE
DIVERSI
MOTIVA
LA
TUA
Perché ci sono dei ragazzi che non sono
simpatici a nessuno e sono dispettosi e
cattivi, ma io provo a farci amicizia, anche
se non ci riesco, ma io non gli do molta
importanza, perché già ho tanti amici.
Perché mi diverto con loro facciamo i
compiti
insieme
usciamo
insieme
facciamo tante cose insieme.
Perché, anche loro ragionano come noi.
Perché io sono amico di uno straniero, ma
andiamo molto d’accordo e non litighiamo
mai.
Perché gli stranieri sono molto generosi e
simpatici e ti imparano molte cose a me e
agli altri.
7b. PERCHÉ?
RISPOSTA.
82
Lucilla
Cristina
Ada
Balina
16
17
18
Michele
12
15
Eleonora
11
Ester
Claudio
10
14
Filippo
9
Rachele
Rubab
8
13
Clara
Enrica
6
7
stare
Giocare con mio fratello più
piccolo. Giocare con gli amici,
Passeggiare con le amiche, stare
in compagnia, andare in bicicletta,
in estate andare al mare, nuotare,
giocare.
Giocare, suonare il pianoforte.
Stare con i miei amici.
Le mie interessi e le cose che mi
piacciono
fare
sono
fare
equitazione e le gare regionali di
nuoto.
La danza, ascoltare la musica e
cantari.
Uscire con gli amici, giocare a
calcio e stare con la mia famiglia.
I miei interessi sono suonare la
chitarra elettrica e mi piace giocare
a calcio.
Giocare
Giocare al compiuter, andare al
cinema.
Suonare uno strumento,
sull’internet, fare i sports.
ascoltare musica rap, hip hop e
reggae.
/
Uscire con le mie amiche.
Mamma, papà, i due fratelli,
amici, insegnanti.
I miei amici e i miei parenti.
I compagni di scuola, i miei
familiari.
I miei famigliari più stretti mio
padre, madre mio fratello mia
sorella e gli amici di danza tra cui
la mia migliore amica.
La mia migliore amica.
Amici perché i familiari vivono a
Napoli e ci vediamo durante le
feste.
Le mie amiche di nuoto, mamma
e papà, cugini.
I miei amici
Mia madre.
I miei compagni di squola.
Zii, cugini.
/
Nonni, amiche.
Poco d’accordo.
Poco d’accordo.
Abbastanza
d’accordo.
Poco d’accordo.
Poco d’accordo.
Abbastanza
d’accordo.
Poco d’accordo.
Poco d’accordo.
Poco d’accordo.
Molto d’accordo.
/
Abbastanza
d’accordo.
Molto d’accordo.
Per me non è difficile andare d’accordo
con le persone perché ho molti amici,
anche stranieri.
Perché sono sempre persone come noi e
io mi trovo bene con loro.
A volte alcuni compagni ci possono
trasmettere le loro culture, i loro modi di
fare.
/
Perché loro possono insegnarti cose
nuove e sono sempre tutti simpatici.
Se non sanno l’italiano è molto difficile se
no è abbastanza facile.
Io ho dei compagni stranieri e ho fatto
amicizia con loro.
Non mi importa la provenienza perché
vado d’accordo con tutti.
/
Perché una volta venuti in Italia sono
come noi.
Perché parlando tra compagni si diventa
amici più stretti, e così sono molto
d’accordo.
Perché alcuni compagni non si sanno
divertire e non sanno prendere gli scherzi
degli scherzi.
/
83
19
Donata
giocare a pallavolo, suonare il
pianoforte.
Uscire con la mia migliore amica,
prendere in braccio mio fratello,
mangiare, suonare, fare ginnastica
artistica.
Amiche, papà.
Poco d’accordo.
Perché, ogniuno a un altro carattere e
questo significa che un’italiano a altri
modi.
84
Andrea
Igor
3
Loredana
2
1
ALUNNO
Le
materie
mie preferite
sono
la
matematica e
l’inglese e il
francese
perché sono
portata
per
queste
materie.
Scienze
motorie:
perché
a
quell’ora
ci
possiamo
muovere
e
divertirci
tra
noi.
Ginnastica
perché ci fa
giocare quello
che vogliamo.
8.
A
SCUOLA,
QUALE
O
QUALI SONO
LE
TUE
MATERIE
PREFERITE?
PERCHÉ?
Si,
matematica
perché non mi
piace.
No.
No, non c’è
una materia
che mi sta
molto difficile.
9. CI SONO
MATERIE
CHE NON TI
PIACCIONO
O CHE TI
SEMBRANO
MOLTO
DIFFICILI?
SE
SÌ,
PERCHÉ?
/
Narrativa.
Narrativa
perché
leggiamo un
libro insieme
in classe
10.
QUALI
SONO
LE
ATTIVITÀ
CHE SVOLGI
PIÙ
VOLENTIERI
NELLE ORE
DI
ITALIANO?
Non ascolto.
Grammatica,
antologia,
epica.
Storia perché
non mi piace
proprio quella
materia.
11.
QUALI
SONO
LE
ATTIVITÀ
CHE SVOLGI
MENO
VOLENTIERI
NELLE ORE
DI
ITALIANO?
Leggo fumetti,
libri.
Leggo
molto
volentieri face
book, parlare
con gli amici.
Io leggo molto
volentieri cioè
le riviste e i
fumetti
di
Topolino.
12.
LEGGI
VOLENTIERI,
OPPURE NO?
CHE
COSA
(FUMETTI,
RIVISTE,
LIBRI,
QUOTIDIANI,
QUOTIDIANI
ON-LINE,
BLOG, ETC.)
RACCONTA.
Mi
piace
leggere perché
mi identifico in
certi
personaggi o
storie
particolari;
A casa non ho
libri o altro
materiale che
mi interessa.
Penso
che
leggere
sia
piacevole
13. PERCHÉ
LEGGI O NON
LEGGI?
o
al
Voglio vare le
letture
di
fantasia.
Scienze
motorie
andare
computer.
14.
SCRIVI
QUALI
ATTIVITÀ
TI
PIACEREBBE
FARE NELLE
ORE
DI
ITALIANO
CHE ADESSO
NON FAI O
CHE FINO AD
OGGI
NON
HAI
MAI
FATTO.
Non ci sono
delle
attività
che preferisco
anche perché
la
professoressa
di italiano è
molto spiritosa.
Sì,
Stilton.
No.
Geronimo
Io mi identifico sui
libri di amicizia ad
esempio Io e Sara
1944.
15. C’È UN LIBRO
O UN GENERE DI
LIBRI
CHE
RITIENI
MOLTO
IMPORTANTE
PER
TE
E/O
NEL/NEI QUALE/I
TI IDENTIFICHI IN
MANIERA
PARTICOLARE?
85
Emanuele
Clara
Enrica
Rubab
6
7
8
Renato
5
4
Sono religione
perché la prof.
È molto brava
e tecnologia
perché
mi
piace usare le
squadre ec.
/
Scienze
motorie
perché il prof
mi
è
simpatico.
Scienze
motorie
Ginnastica,
perché ci si
diverte molto
e a me poi
piace
fare
sport quindi
Storia,
Geografia,
/
No.
La
matematica e
le
scienze
perché la prof.
È
molto
severa.
Sì,
la
matematica
perché
non
riesco
a
capirla bene.
e
Grammatica.
/
Nessuna.
L’antologia
perché e la
più facile.
Antologia
Narrativa.
Epica.
Antologia.
/
Tutte.
I testi, pur
essendo
bravo
odio
scrivere tanto.
Grammatica
perché
è
noiosa e i
verbi
sono
antipatici ed
epica super
noiosa.
/
Non
leggo
molto volentieri
ma se leggo mi
piace
la
fantascienza.
Io non leggo
volentieri.
Leggo
riviste
come
moto
sprint o riviste
di sport estremi
e di auto.
Sì,
libri
avventurosi e
la
Gazzetta
dello
Sport,
rivista ufficiale
della NBA, e le
note che mi
scrivono
gli
amici su FB.
non mi piace
leggere
e
/
Non mi piace
leggere ma se
inizio un libro
lo devo finire.
penso
che
leggere
sia
piacevole;
a casa ho molti
libri;
i libri che ci
sono
nella
biblioteca
scolastica mi
piacciono.
Mi
piace
leggere perché
mi identifico in
certi
personaggi o
storie
particolari;
a casa ho molti
libri;
i libri che ci
sono
nella
biblioteca
scolastica mi
piacciono.
non mi piace
leggere
e
preferisco
dedicarmi ad
altre attività;
Grammatica.
/
Ricerche.
Mi
bastano
quelle
che
faccio già.
Andare
al
computer e alla
LIM.
No.
/
No.
No.
Quelli
che
raccontano la vita
dei ragazzi e quelli
di avventura.
86
Claudio
Eleonora
11
Filippo
10
9
e
Ginnastica
perché
divertente.
è
Italiano
e
inglese,
perché sono
facili.
Religione
ginnastica
perché
mi
piace
praticare
lo
sport,
e
Inglese
perché mi sta
molto facile.
Italiano,
matematica,
storia, perché
sono
molto
noiose.
Sì, geografia
perché riesco
poco
a
studiarla.
Storia,
geografia,
scienze,
matematica,
antologia,
epica,
grammatica,
francese
inglese.
Perché
mi
sembrano
difficili.
Scienze,
Matematica,
Geometria
perché
mi
stanno difficili,
elle
materie
che non vado
bene non mi
piacciono.
Geografia.
Storia.
Il
cambio
d’ora.
Grammatica.
Grammatica.
Ascoltare
Leggo
volentieri
fumetti riviste
blog. Mi piace
di più il blog
perché su face
book parlo con
gli amici.
Io
leggo
volentieri
la
rivista
“focus
wild”.
Non leggo.
Non mi piace
leggere
e
preferisco
dedicarmi ad
altre attività;
a casa ho molti
libri;
i libri che ci
penso
che
leggere
sia
piacevole;
preferisco
dedicarmi ad
altre
attività;
penso
che
leggere
sia
noioso/inutile;
a casa non ho
libri o altro
materiale che
mi interessa
non mi piace
leggere
e
preferisco
dedicarmi ad
altre attività;
a casa non ho
libri o altro
materiale che
mi interessa;
i libri che ci
sono
nella
biblioteca
scolastica non
mi piacciono o
interessano.
Andare
alla
LIM
al
computer,
dormire.
Dettato e lavori
di gruppo.
Dormire.
No.
I libri di scooby-doo
perché
sono
avventurosi.
Mi piacciono i libri
di paura.
87
Ester
Lucilla
15
Rachele
13
14
Michele
12
Scienze
Ginnastica
perché
io
sono
una
ragazza molto
sportiva.
Scienze
motorie
perché
mi
rilassa e si
gioca, italiano
e
inglese
perché vado
bene.
La
mia
materia
preferita
è
ginnastica,
francese
e
Inglese.
Sì, geometria
No.
Sì
matematica,
tecnologia
perché
è
noiosa,
italiano
perché
è
noiosa.
Matematica
perché
non
capisco
proprio tutto.
Narrativa.
Antologiaepica.
Antologia.
Epica.
Epica.
Grammatica
perché è un
bel
po’
noiosa.
Epica,
grammatica.
Grammatica.
No.
Io
leggo
volentieri
ma
purtroppo non
ho tempo in
ogni caso io
leggo i libri per
studiare.
Sì
leggo
specialmente i
libri gialli e
vado su face
book.
Sì
non
volentieri. I libri
horror
della
biblioteca della
scuola.
a casa non ho
Mi
piace
leggere e mi
identifico
in
certi
personaggi o
storie
particolari
Penso
che
leggere
sia
noioso/inutile
A casa ho
molti libri
I libri che ci
sono
nella
biblioteca
scolastica mi
piacciono.
A casa ho
molti libri;
i libri che ci
sono
nella
biblioteca
scolastica mi
piacciono.
Penso
che
leggere
sia
noioso/inutile.
sono
nella
biblioteca
scolastica mi
piacciono.
/
Andare
al
computer
o
fare una ricerca
a gruppi.
Le ricerche e
scienze
motorie
Attività libere,
lezione un po’
più divertenti.
/
/
I libri gialli
La fantasy il mago
di Oz.
88
Balina
Ada
17
18
Cristina
16
Scienze
motorie
perché
è
divertente.
Inglese
perché
mi
piacciono
nuove lingue.
Disegno,
ginnastica.
Arte, perché
mi
piace
disegnare.
motorie,
perché non si
studia.
Storia perché
ci sono molte
date,
tecnologia e
scienze
perché
vogliono
termini
specifici.
Storia, non mi
è mai piaciuta!
perché
è
difficile
ricordare tutti
quei angoli.
Matematica,
perché
non
sono brava a
fare i calcoli.
Sottolineare
nel libro.
Mi piacerebbe
molto fare i
testi horror
Narrativa,
progetti
collettivi.
Svolgere
esercizi
di
grammatica,
epica.
Ascoltare
quando
spiega.
Grammatica.
Sì,
libri
fantasia
avventura
libri gialli.
di
di
e
Leggo le storie
avventurose.
Poco volentieri,
leggo libri e
riviste, a volte i
fumetti.
Non mi piace
leggere
e
preferisco
dedicarmi ad
altre attività; i
libri che ci
sono
nella
biblioteca
scolastica non
mi piacciono o
interessano.
Mi
piace
leggere perché
mi identifico in
certi
personaggi o
storie
particolari;
penso
che
leggere
sia
piacevole;
i libri che ci
sono
nella
biblioteca
scolastica mi
piacciono.
mi
piace
leggere perché
mi identifico in
certi
personaggi o
storie
particolari;
a casa ho molti
libri;
libri o altro
materiale che
mi interessa;
Ricerche
Dormire,
disegnare,
stare
computer.
al
Cartelloni, testi
collettivi,
inventare delle
storie.
No
No.
Horror, fantasy.
89
19
Donata
Arte - Scienze
Motorie.
Credo
di
essere
più
portata
per
quelle
materie.
Matematica,
Scienze, non
riesco
a
capirle.
Antologia.
Molto bella.
Grammatica.
Noiosa!
Leggo
molto
volentieri libri
gialli e fantasy.
Mi
piace
leggere perché
mi identifico in
certi
personaggi o
storie
particolari;
penso
che
leggere
sia
piacevole;
a
casa ho molti
libri;
i libri che ci
sono
nella
biblioteca
scolastica non
mi piacciono o
interessano;
mi
piacciono
dei libri anche
di
Geronimo
Stilton
cioè
personaggi
vari.
i libri che ci
sono
nella
biblioteca
scolastica mi
piacciono. Mi
piace leggere,
ma
anche
giocare.
Dettati e lavori
di gruppo.
I gialli perché mi
piace indagare.
90
Loredana
Andrea
Igor
Renato
Emanuele
Clara
Enrica
Rubab
Filippo
1
2
3
4
5
6
7
8
9
ALUNNO
Francese Inglese
Io parlo poco
Francese.
poco
Inglese,
marchigiano,
/
Devo parlare in italiano.
Italiano, dialetto
inglese, francese.
I dialetti, Inglese e Francese e
Italiano.
Si
16. LA/E TUA/E LINGUA/E
È/SONO:
(PUOI
ANCHE
PARLARE DEI DIALETTI; PUOI
INSERIRE LE LINGUE CHE
CAPISCI, MA CHE NON SAI
PARLARE; LE LINGUE CHE SAI
PARLARE, ANCHE POCO; LE
LINGUE
CHE
SAI
SOLO
LEGGERE O CHE SAI ANCHE
SCRIVERE):
Io a casa parlo il marchigiano che
capisco molto bene e anche
l’inglese che so parlare e il
francese che so parlare e
scrivere.
/
è
si
un
può
Italiano perché è la lingua
/
Dialetto
perché
linguaggio
che
abbreviare.
Italiano e Indiano.
Dialetto marchigiano, perché
mi viene spontaneo.
Il dialetto sono più facili da
fare uscire.
Uso l’italiano e l’inglese
perché mi piacciono molto a
casa parlo l’italiano e a
scuola mi piace molto
impararlo.
Il dialetto marchigiano perché
lo parlo tutti i giorni.
Italiano perché mi piace.
17. QUAL È O QUALI
SONO LE LINGUE CHE USI
PIÙ
VOLENTIERI?
PERCHÉ?
la
di
Inglese francese.
Inglese e Francese
perché
le
sto
studiando da poco
bene, alle elementari
Inglese si faceva quasi
mai.
Francese perché è
difficile e non mi piace
la pronuncia delle
parole.
/
Italiano
specifico
perché
non
devi
sbagliare niente.
Nessuna.
Francese, perché non
serve a niente.
Inglese.
Il marchigiano è
lingua che uso
meno.
18. QUAL È O QUALI
SONO LE LINGUE
CHE
USI
MENO
VOLENTIERI?
PERCHÉ?
Con le mie maestre, e
guardando i compagni
come parlavano.
Dalle insegnanti.
/
Con la scuola.
A scuola e l’Italiano da
piccolo a casa.
Pultroppo, esercitandomi
tutti i giorni.
Bene. Mi li a insegnate la
profesoresa.
A scuola.
Io ho imparato l’inglese e
il francese dalla scuola.
19.
COME
HAI
IMPARATO LE LINGUE
CHE CONOSCI?
No.
No.
Sono
molto
interessato
alle
abitudini
e
alle
culture americane.
/
No.
Si quali francese
perché mi piace.
No.
No.
No, non sono molto
interessata.
20. SEI CURIOSA/O
VERSO
ALTRE
CULTURE? SE SÌ,
QUALI? PERCHÉ?
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Claudio
Eleonora
Michele
Rachele
Ester
Lucilla
Cristina
Ada
Balina
Donata
10
11
12
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14
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17
18
19
e
e
Albanese,
italiano,
inglese,
francese, dialetto.
L’albanese, so parlare un po lo
spagnolo ma lo capisco molto
bene.
Dialetto Romano-Settempedano,
Francese parlare e un po’ scrivere
inglese parlare e scrivere.
Italiano,
dialetto
napoletano,
inglese,
francese,
dialetto
settempedano, spagnolo.
Le lingue che sai parlare, anche
poco
Inglese, francese, Italiano
capisco anche lo Spagnolo.
Il dialetto di ogni genere
l’italiano.
Italiano, napoletano, marchigiano,
francese, inglese.
Le mie lingue sono il dialetto
settempedano e parlo e so
leggere l’inglese.
/
Inglese e dialetto. L’inglese
mi piace e il dialetto mi viene
come se non fosse niente.
Dialetto, perché mi riesce
meglio.
Inglese - albanese - italiano spagnolo.
Italiano, perché è la lingua
che so meglio.
Italiano
L’italiano perché lo studiamo
tutti i giorni.
L’italiano perché mi piace.
A casa e a scuola uso di più
l’italiano perché l’albanese
non lo so tanto bene quindi
mi piace di più parlare di
italiano.
Napoletano e italiano perché
quelle più belle.
che uso di più.
Uso l’italiano perché i miei
amici e familiari lo capiscono.
Un
po’
corretto.
l’italiano
Albanese, perché non
lo so parlare bene.
Il francese perché mi
sta difficile.
Dialetto
napoletano,
perché non lo parlo
spesso.
/
Tutte
le
lingue
straniere perché sono
difficili da imparare.
L’inglese.
/
L’albanese perché non
so parlarlo bene.
Francese, perché lo so
poco parlare.
Parlando con gli amici.
A scuola.
Italiano da mamma e
papà inglese a scuola
francese a scuola
Studiandole a scuola,
sentendo parlare i miei
genitori,
sentendo
studiare
alcune
mie
amiche.
Studiandole.
Le
ho
imparato
ascoltando a mamma.
Con la scuola e con la
casa.
A scuola e dai familiari.
Studiandole.
Studiandole.
Sì. Indiana perché è
varia
ed
molto
colorada.
No.
Non molto.
No.
No forse un po’
l’inglese perché può
servire per viaggiare
nel mondo.
/
Sì tutte perché sono
curioso di conoscere
altre culture.
No.
Così e così.
No.
92
Igor
Renato
Emanuele
Clara
Enrica
Rubab
Filippo
4
5
6
7
8
9
Andrea
2
3
Loredana
1
ALUNNO
Si conosco.
Si
/
Si.
Si, qualche amico che è
straniero.
No,
non
frequento
queste persone perché li
vedo solo a scuola e poi
frequento di solito le
persone di qui S.
Severino.
No.
Si
Sì, con Balina, con Igor
che sono con me in
classe con me.
21.
CONOSCI
E/O
FREQUENTI O HAI
FREQUENTATO
PERSONE
CHE
PROVENGONO
DA
ALTRI PAESI E CON
LINGUE E CULTURE
DIVERSE
DALLA/E
TUA/E? RACCONTA.
/
Significa quello che hai
imparato.
La religione.
Un insieme di cose
accumulate nella tempo.
Le abitudini e le altri
religioni delle persone di
un altra etnia.
La civiltà di un paese le
sue cose che fanno loro
e il modo di fare.
La cultura è per me la
conoscenza sul nostro
dio.
Significa.
Cultura significa per me
conoscere delle lingua e
delle altre città.
22.
CHE
COSA
SIGNIFICA PER TE LA
PAROLA “CULTURA”?
Non mi interesso, anche
perché non esco con
loro e perché ci parlo
poco.
/
Hanno
tradizioni
differenti.
/
/
Come è nel tuo paese, è
bello opure no.
Ognuno pensa e prega
la sua religione e
ognuno ha la sua
tradizione.
Nessuna.
23. CHE IDEA TI SEI
FATTA/O
DELLA
CONVIVENZA
TRA
PERSONE
CON
LINGUE E CULTURE
DIVERSE (CIOÈ CHE
PROVENGONO
DA
PAESI
DIVERSI
E
HANNO
MODI
DI
PENSARE
E
TRADIZIONI
DIFFERENTI)?
Che possono legare
molto e aiutarsi a
vicenda.
/
Non ne ho idea.
/
No.
No.
No.
/
No, io sono italiana
perché sono nata in
Italia da tutti i genitori
Italiani.
Una cristianesimo.
24. TI IDENTIFICHI
IN UNA O PIÙ
CULTURE? QUALE
O
QUALI?
PERCHÉ?
/
In una sola lingua perché è quella che
uno impara.
In più lingue.
/
In una lingua perché un paese parla
sono una lingua.
Si, perché ci stanno tanti stati e tante
lingue diverse.
In più lingue perché la cultura si può
fare anche con un’altra lingua.
Più lingue.
Sì possono essere esposte in più
lingue.
25. SECONDO TE, LE CULTURE SI
POSSONO ESPRIMERE IN UNA
SOLA O IN PIÙ LINGUE? SPIEGA
LA TUA RISPOSTA.
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Balina
Donata
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Lucilla
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Ester
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Ada
Rachele
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Michele
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Cristina
Eleonora
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Claudio
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Si. Albanese, Indiano.
Sì, ma lei non mi ha mai
raccontato della sua
cultura.
Conosco ragazzi africani
indiani…anche
gli
italiani, ho capito che
sono cristiani.
La mia migliore amica
infatti è Albanese però
io la considero Italiana e
ci siamo conosciute in
4° elementare.
Sì, alcune amiche.
Si con la scuola.
Sì è un Amica Natasha.
Si esco, ci gioco, ci
parlo con lui.
Sì, perché vengono
nella mia classe.
Si e ci sono diventata
amica.
Ogni persona ha la
propria
cultura
cioè
proprie
abitudini
la
propria
religione
e
tradizioni diverse.
Un’insieme
di
conoscenze letterarie.
Un altro stile di vita.
Sono le conoscienze.
Conoscere altre cose
tradizionali di altri paesi.
/
/
La parola cultura per me
significa avere altre
origini religioni lingue
Insieme di conoscenze
e di sapere diverso da
un altro.
Non ho nessuna idea.
Per me va più che bene.
Comunque sono gentili
e accoglie voli.
Sono uguali a tutti gli
altri, solo con alcune
conoscienze in più.
Non lo so.
/
Nessuna.
/
Non credo che sia un
problema.
Che sono amichevoli e
buoni.
Sono simpatici.
Mi piace lo stile di
vita americano.
No.
No.
Italiana, perché sono
italiana.
/
No.
Una italiana perché è
quella con cui o
vissuto
e
sto
vivendo.
No.
/
/
Sì perché
significato.
ogniuna
al
proprio
In più lingue perché in fin dei conti
quella è la propria cultura e non
dipende dalla lingua che parli o che
impari.
No.
In più lingue, perché ogni paese ha la
sua lingua.
In più lingue.
In più lingue perché provengono da
paesi diversi.
Più lingue.
In più lingue perché esistono diverse
lingue al mondo.
/
/
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Igor
Renato
Emanuele
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5
Loredana
Andrea
3
1
2
ALUNNO
Un giorno un ragazzo di nome Luca decide di trasferirsi e di andare ha vivere in un paese piccolo di nome CincCinnati
perché da dove veniva lui era troppo distante dalla sua casa.
Luca era un bel ragazzo dai capelli neri con la frangia. Un giorno incontra una bellissima ragazza dai capelli biondi e occhi azzurri di nome
Arial in una palestra così lui decide di andare a conoscerla e dopo un po’ si diedero appuntamento il giorno seguente in quella palestra. Ma
durante la notte dei rapinatori entrarono nella sua casa e lo raporono perché sapevano che la sua famiglia era di origine nobile. Il giorno
seguente la ragazza non lo vide arrivare alla palestra così pensando di essere stata scaricata e così se ne torno a casa.
Luca intanto era riuscito a scappare e ad andare dai carabinieri per far arrestare i rapinatori; poi andò da Arial che era molto arrabbiata con
lui, ma poi lui gli spiegò tutto, lei lo pererdono, e si misero insieme
Un giorno quando stavamo a scuola era arrivato un bambino nuovo di nome Herty che era Albanese, aveva 10 anni, gli occhi azzuri e i
capelli neri, era arrivato in Italia. Herty era arrivato con la madre, padre e il fratellino che faceva la prima e Herty la terza elementare. Herty
viene dall’Albania insieme alla sua famiglia. Herty quando arivò rimaste a San Severino e veniva insieme a noi a scuola solo che lui faceva la
terza e io la quarta, lui rimaste cui perché si e trovato i amici e tutto cio che voleva. Herty ha viaggiato con la famiglia perché non poteva
viaggiare dasolo e quando era arrivato non sapeva la lingua e stava tutto dasolo solo con gli amici giocava. Herty incontrò noi che giocavamo
in giardino e voleva giocare anche lui e ci siamo conosciuti al giardino della scuola lui Herty quando era arrivato giocava con noi e imparava
la lingua con la maestra di Italiano. Ha Herty gli succede che non sapeva parlare con gli amici e si vergoniava stare con noi però noi lo
facevamo giocare perché era buono e simpatico.
Zlatan è un uomo che viene dalla Svizzera. Lui è un uomo di quaranta anni che è andato a Milano; Zlatan portava con se oltre che hai
bagagli anche un pallone ed una maglia della svizzera. Era con un’altra persona che gli teneva le valigie.
Andavano verso una delle vie più famose di Milano, via Napoleone e li incontra Galliani il presidente del Milan e si misero a mangiare.
Loro chiacchieravano molto e Zlatan era lì a sentire con molta attenzione. Alla fine lui è diventato l’attaccante del Milan ed è il
capocannoniere del campionato. Lui è Zlatan Ibrahimovic.
Camacho è un ragazzo che viene dalla Jamaica, lui ha dodici anni e non sa parlare l’italiano. Camacho ho fatto un viaggio in barca fino a
INVENTA UN RACCONTO A PARTIRE DA QUESTA SITUAZIONE:
“UNA PERSONA DAI CAPELLI NERI ARRIVA IN UN PAESE CHE NON CONOSCE, CON SÉ HA…”
CHI È? DA DOVE VIENE? DOVE VA? PERCHÉ? VIAGGIA DA SOLO/A O È IN COMPAGNIA? CHI INCONTRA? COSA FA? COSA
GLI/LE SUCCEDE?
/
IL RAPIMENTO
TESTI CREATIVI SCRITTI DAGLI ALUNNI SULLA BASE DELLA TRACCIA SEGUENTE E PRIMA DEL PERCORSO DIDATTICO
S1. ALLEGATO N. 22. TESTI CREATIVI PRELIMINARI
95
7
6
Enrica
Clara
Una ragazza Genovese deve prendere un treno per arrivare nella Russia.
Lei ha i capelli neri color carbone e degli occhi azzurri.
La mattina dopo la ragazza prende il treno sbagliato perché aveva letto le sei e non le nove e per sbaglio arriva in Antartide.
Era sola e aveva con se solo una bottiglia d’acqua; dopo aver camminato a lungo vide solamente un orso, l’ultimo orso vecchio e che nel
tempo della sua infazzia veniva chiamato Yoghi.
Foggia e poi con un autobus e andato a Rho. Con se ha uno zainetto che dentro ha 2 panini, un ago per fare i capelli rasta e una felpa verde.
Lui viaggia con suo fratello maggiore Ialingha che ha una valigia con dentro del denaro e dei vestiti.
Loro stanno andando a Rho perché è una città dove si trovano appartamenti in periferia a pochi euro perché il condominio dove stanno
andando prima era abbandonato e poi c’è più possibilità di trovare lavoro con uno stipendio decente. Camacho era molto solo, lui passava le
giornata da solo interazzo a guardare le auto che passavano. Un giorno Camacho stava affacciato dal terrazzo, all’improvviso sentì una voce
dal piano di sopra, era Manuel, un ragazzo di undicci anni che voleva far amicizia con Camacho, infatti diventarono grandi amici e Ialingha
trovò un lavoro come cameriere per comprare i libri per il liceo e a fine anno prese una borsa di studio per la Bocconi
Una ragazza dai capelli con gli occhi azzurri e lucenti, alta e magra.
Questa portava un paglio di jeans, una maglia bianca con qualche scritta e un giaccheto di pelle nera.
Io mi avvicinai a lei e le chiesi chi sei? Che cosa ci fai qui?
la ragazza non mi rispose e continuò a camminare con passo ancora più svelto.
Io allora mi presentai dicendogli: Ciao mi chiamo Alex ho sedici anni; non ti ho mai visto qui a Parigi per lo meno da questa parte. Sai Parigi è
grande. La ragazza con una voce cupa e innervosita rispose: Mi chiamo Mary ho anche io sedici anni e sono italiana. Cosa vuoi?
Io esclamai: wow parli bene il francese. Volevo solo sapere chi eri e dove stavi andando con questo freddo. La ragazza con voce più
socevole disse: Sto andando da ua mia zia che abita da queste parti. Sto andando da lei per un problema di famiglia molto grave; sono
scomparsi da il nostro conto in banca un Bel po di soldi.”
Io risposi esterefatto: “ Allora sei ricca! Forte. Ti posso accompagnare?”
lei rispose innervosita: “occhi ma non mi devi disturbare”
Appena arrivammo li, suonammo ad un campanello color oro.
Poi si aprì un cancello enorme ed attraversammo un enorme prato pieno di fiori e siepi.
La casa era enorme di color crema con un enorme portone di legno.
Entrammo e dopo attraversato un corridoio ci trovammo in una stanza dove si trovava la zia ti Katy.
Katy le disse preoccupata: “La mamma vuole sapere dove sono finiti!! Dove sono? Ci servono, la mamma e il papà sono preuccupatissimi.”
La zia con tono calmo rispose: “ Calmati Katy, i soldi sono nel mio conto in banca e veli restituerò”.
Katy disse: “Ma perché?”
La zia disse “Perché non volevo che, soldi di tuo zio cioè mio marito li usaste voi, e ora vattene!!
Katy andò via piangendo.
UN VIAGGIO IN ANTARTIDE
96
Eleonora
11
Il nome proprio è stato sostituito con lo pseudonimo attribuito alla compagna di classe per motivi di privacy.
Claudio
10
1
Filippo
Rubab
9
8
Ormai, però lui era vecchio e non poteva fare niente perché non aveva più forze per combattere contro la stregha dei ghiacci; così la ragazza
dai capelli neri chiese chi era e decise di combatterla, ma l’orso gli disse che solo uccidendo la stregha poteva far ricreare la sua specie.
Infine andò a combattere contro la stregha e vinse grazie alla sua inteligenza perché vide che il fuoco che si trovava intorno a lei, anche se
ghiacciato la poteva squagliare; con tutta la sua forza rompe il ghiaccio facendo fuoriuscire la fiamma.
La stregha si sciolse lasciando un chiave con cui la ragazza riaprì il mondo degli orsi facendo ricreare la sua specie.
Concludendo gli orsi ringraziarono la ragazza da capelli neri facendogli una festa.
Un giorno c’era un ragazzo con i capelli neri che si chiamava Avu con lui aveva una ragazza che si chiamava Acial. Vengono da Italia.
Devono andare a Parigi perché a loro piace tanto Parigi, dicono che è bellissima la vogliono visitarla.
E lì incontrano una signora che gli dice la strada di Parigi la ringraziano tanto. Dopo che erano arrivati a Parigi fanno delle foto si rilassano su
un Hotel per un giorno rimangono lì. Alla mattina escono e vanno a fare un po’ dello shopping incontrarono delle persone molto simpatiche in
quel negozio di scarpe e vestiti.
Una notte Acial era uscita da sola e lì stava attraversando la strada e una macchina la uccide c’era tutto sangue, ma quella macchina non si
fermò andava a tutta velocità; le altre macchine la videro che c’era una ragazza in mezzo alla strada e la portarono all’ospedale. Avu non lo
sapeva, ma gli viene un telefono dall’ospedale che doveva venire subito lì, Avu tutto preoccupato andò all’ospedale e lì vide che Acial si era
rotta gamba. Avu disse: “che ti è successo? come successo questo?” Non è successo niente disse Acial. Avu disse: “perché eri uscita da
sola lo sai io ti voglio bene”.
Acial si accontentò di quello che aveva detto Avu e allora tutti e due si sposarono e ritornarono in Italia.
1
DONATA È UNA RAGAZZA CHE VIENE DAL KAMERON UNA CITTÀ DILL’AFRICA È VENUTA NELLE MARCHE PERCHÉ VUOLE
IMPARARE LA NOSTRA LINGUA E CONOSCERE MEGLIO L’ITALIA. HA VIAGGIATO IN ITALIA IN COMPAGNIA DI SUA SORELLA E
SUO PADRE. HA INCONTRATO MOLTE PERSONE ED È MOLTO SIMPATICA CON I SUOI COMPAGNI DI SCUOLA. LA SUA PRIMA
CASA LA COMPRÒ VICINO AL BAR DELLO STADIO. DOPO UN ANNO È DIVENTATA PIÙ GRANDE E PIÙ SIMPATICA.
Un ragazzo di nome John Palazzesi, di origine italiana, vuole arrivare in Spagna per cercare dei posti di lavoro.
John parte, con l’aereo, la mattina del 13 gennaio del 2012 con il suo cagnolino Bob per avere Un po’ di compagnia.
Arrivato in Spagna incontrò una signora che cercava un commesso per il suo ristorante di lusso.
John guardò il cane che stava scodinzolando, come se voleva fare cenno di accettare.
John accettò e così quella signora lo portò in un ristorante bellissimo, chiamato “il paese delle delizie” dove, all’interno, brillava un maestoso
bancone di oro puro.
Lui lavorò in quel ristorante per molto tempo con il suo cane che scodinzolava per tutta la giornata.
John, per la sua gentilezza, diventò famoso in tutta la Spagna e il ristorante diventò il più famoso di tutto il mondo e lui ricevette abbastanza
soldi per vivere e comprarsi una casa
Isabella era una ragazza dai capelli neri che scappa e va in un paese che non conosce.
Con se ha un cane e solo una borsa piccola con pochi spiccioli che aveva risparmiato nella sua vita e un po di cibo per lei e il suo cane.
97
2
UNA BELLA RAGAZZA RUSSA CAPELLI NERI E OCCHI VERDI PRENDE UN AEREO E SI TRASFERISCE IN ITALIA PERCHE’ I
GENITORI DEVONO TROVARE LAVORO.
JASMINE E’ UNA RAGAZZA SOLARE E ALLEGRA, LEI TIENE SEMPRE CON LEI UN PELUCHE A FORMA DI ORSACCHIOTTO.
DOPO 3 ORE DI VIAGGIO ARRIVANO FINALMENTE A ROMA, LI’ SI TROVANO UN PO’ DISORIENTATI PERCHE’ LA CARTINA E’
MOLTO COMPLICATA DA LEGGERE PERCHe’ ERA SCRITTA IN ITALIANO.
POCO DOPO PRENDE UN TAXI PER FORTUNA IL TAXISTA PARLAVA RUSSO SE NO SEREBBE STATO MOLTO COMPLICATO
Il nome proprio dell’alunna è stato sostituito con lo pseudonimo assegnatole.
Ester
Rachele
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Michele
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Isabella viene dalla spagna e va in Australia che lei non conosce per niente.
Lei è scappata in Australia perché i suoi genitori gli hanno detto che era stat promessa sposa di un certo Fabio. Lei viaggia con il suo cane
finché incontra una vecchia amica d’infanzia che era la proprietaria di un Hotel e dopo che Isabella gli aveva raccontato tutto quello che gli
era successo la sua amica la invita nell’Hotel. Lo sposo di Isabella aveva messo un microcip nel suo cappotto per rintralciarla quindi lui arrivò
fino a quel Hotel, ma quando era arrivato lei non c’era.
Isabella cammino per molti chilometri e poi si fermò per mangiare qualcosa, ma il cane scappa e lei gli corse dietro ma si perde e non sa
dove andare perche i posti erano tutti uguali c’erano solo alberi identici: Fabio trova il cane e rintraccia Isabella solo che Isabella non sapeva
che lui era Fabio e quando gli disse chi era lei non si arrabiò perche si innamorò di lui si sposarono e non solo lei era felice ma ha anche
risparmiato una guerra al padre.
Un bambino di nome Fraldik e ha undici anni e viene dal Marocco. Io sono stato il primo a vederlo come viaggia: porta con sé una valigia ed è
sempre abbracciato ad un orsacchiotto pelosetto di colore marroncino e con un fioccheto rosso e a pallini bianchi al collo.
Stava andando in cerca di un accampamento, perché era appena arrivato. Pultroppo un gruppo di bulli, che odiano i stranieri, gli ammaccò la
valigia e gli rubò l’orsacchiotto.
Io dopo che i spietati bulli se ne andarono io feci conoscenza. Lo aiutai e chiamammo con i genitori la polizia e li sistemarono.
Questa ragazzina dai capelli neri si chiama Natasha ha dodici anni e vive in Spagna e da lì si trasferisce in America a Washington D.C. il 12
settembre 2011. Lei con sé si è portata tutti i suoi pupazzetti e i suoi famigliari. Da questo punto quando è entrata in aereo, vicino a lei c’era
2
questa bambina che si chiama Rachele lei viene dalla Russia e anche lei si deve trasferire in America nella stessa città e paese.
Questa fu una grande coincidenza per Natasha e che non gli era mai successo una cosa del genere.
Tutte e due le bambine vanno a Washington D.C. per motivi di lavoro dei genitori. Natasha e Helena si mettono vicino, i padri si mettono
vicino e parlano della crisi, le madri invece parlano e discutono per vedere se le due bambine potevano andare nella stessa Scuola. Queste
due bambine si riuniscono ogni giorno dopo Scuola, sia per fare i compiti, sia per giocare.
Dopo di questo, visto che Natasha non sapeva l’inglese, Helena glie l’ha imparato ed è stato molto difficile perché lei non sapeva lo spagnolo.
Questi anni passarono in fretta, dopo di questo quando sono diventate molto più grandi si sono ritrovate per caso in un ristorante e sono state
molto felici.
L’ITALIA
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Lucilla
Cristina
Ada
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17
DIALOGARE.
ARRIVATI A CASA CHE ERA PICCOLA MA BELLA, LA SUA CAMERA ERA STUPENDA E DIPINTA DI ROSA CON UNA SCRIVANI
MOLTO GRANDE VICINO AL LETTO UNA CABINA ARMADIO E UN’APPENDI PANNI.
IL GIORNO DOPO ERA ANDATA A SCUOLA I GENITORI LA ACCOMPAGNORONO FUORI DALLA SCUOLA LA ASPETTAVA UNA
PROFESSORESSA, LEI ANDO’ E APPENA ENTRO TUTTI I RAGAZZI LA FISSAVANO IN MODO STRANO.
LI’ LA PROFESSORESSA GLI CHIESE SE CAPIVA LE PAROLE CHE LEI DICEVA LEI DISSE DI NO LA PROFESSORESSA GLI DIEDE
UN ESERCIZIO LEI LO ESEGUI’ MOLTO BENE POCO DOPO RIUSCI’ A DIRE UN PO’ DI PAROLE POI CON L’AIUTO DEI COMPAGNI
RIUSCI’ A IMPARARE MOLTE PAROLE E A FORMARE DELLE FRASI E SI FECE MOLTI AMICI.
In un piccolo paese doveva venire una bambina albanese che si chiama Catia, lei aveva i capelli neri come il carbone, aveva la carnagione
bianca come il latte e si era fatta 2 treccine quà e di là. Lei era tanto affezionata al suo gatto siamese, era un gatto ciccione anche se
mangiava crocchette, Catia doveva andare in un piccolo paese di nome San Severino Marche, perché i suoi genitori dovevano guadagnare
per mantenere la famiglia. Arrivata, Catia aveva un po’ paura perché temeva che i suoi compagni di classe non la consideravano. Catia
faceva le medie la I D, subito dopo una compagna di nome Sara voleva diventare la sua migliore amica, Catia contenta le disse se tutti i
pomeriggi gli insegnava la lingua Italiana. Passarono Settimane e Settimane ed era finita anche la scuola, le due amiche si divertirono,
passarono vacanze molto divertenti. Catia fece l’ultimo giorno di vacanza con Sara che quando tornò a scuola i suoi compagni si stupirono
perché aveva imparato perfettamente l’italiano e quindi non sembrava più una straniera.
Josef è una ragazza dai capelli neri, viene dall’Africa ed è in viaggio per la germania, per condizioni economiche; porta con sé una valiga con
soldi, scarso cibo e qualche vestito ridotto male.
Appena arrivata alla sua meta, la ragazza si dà da fare per trovare alloggio. Mentre passa tra i banchi del mercato, incontra una donna
anziana che si affatica a portare molte buste pesanti. Josef si avvicina alla donna e le dice: “Buongiorno signora, ho visto che ha bisogno di
aiuto, come posso aiutarla?”
“Oh cara, ti ringrazio, ti sarei grata se tu mi aiutassi a portare la spesa.”
La ragazza sensa pensarci su due volte, prende tre buste e le porta all’accogliente casa della vecchina. Questa la ringrazia e la invita a
rimanere per un tè; la ragazza accetta l’invito e mentre parlano, la vecchina le chiede di dirle la sua storia. Josef le racconta che lei viene da
una povera famiglia dell’Africa, da cui è scappata per trovare lavoro.
La vecchina ne ha compassione e le propone un accordo: la ragazza avrebbe lavorato nella casa dell’anziana e lei le avrebbe offerto alloggio
e cibo. Josef accetta con piacere e lavora dando risultati eccellenti. Un giorno decide di andare a trovare la sua famiglia, per dargli dei soldi.
Tornata in Africa racconta alla famiglia i suoi operati e felice torna al lavoro.
Makor è un ragazzo che viene dal Marocco, un adolescente che non conosce la lingua. Ha fatto un viaggio in aereo dal Marocco all’Italia,
come turista e anche per problemi di studio, nella sua città non c’erano scuole e quindi va in Italia. Con sé porta una piccola valigia
contenente un po’ di soldi e un po’ di vestiti. Nella sua scuola ci sono molti ragazzi, lui non conosce nessuno e si sente un po’ in difficoltà.
Passa un anno e lui sa parlare già molto bene. L’unico problema è che fin’ora non ha nessun amico. Dopo qualche giorno incontra Luk che
anche lui è immigrato dal Marocco.
Luk vive nella sua casa da solo perché i suoi genitori sono morti molti anni fa, invece Makor vive nella sua macchina che compra dopo aver
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Balina
Donata
18
19
A volte Makor va in Marocco per trovare i suoi genitori e poi ritorna in Italia da Luk dove ormai vive lì.
Una ragazza Albanese di nome Bora la quale aveva i capelli neri e gli occhi verdi era sola ed era appena arrivata in Spagna. A lei alcune
persone le avevano parlato della Spagna, ma lei non li sentiva mai. Bora aveva in mano un gatto di peluche che a lei glielo aveva dato sua
madre, la quale non c’era più. Bora era andata in Spagna perché là aveva i suoi nonni, i quali le volevano bene, ma Bora non li conosceva.
Quando arrivò a casa dei nonni Bora suonò il campanello e i nonni le aprirono la porta, la fecero entrare e la abbracciarono molto forte. In
quella casa c’era anche un’altra bambina dai capelli castani e gli occhi neri, lei si chiamava Catia. La nonna di Bora le presentò Catia, lei era
più grande di lei ma non le piaceva Bora.
Quest’ultima voleva diventare amica di Catia, ma lei non voleva parlare con Bora. Un giorno andarono tutti sulla spiaggia e Bora come a
solito aveva portato il gatto di peluche. Quando Bora andò in bagno, Catia prese il gatto di peluche e lo butto nell’acqua. Quando ritornò Bora
stava cercando il peluche dappertutto, ma non lo trovava. Poi suo nonno disse: eccolo sta sulla riva del mare, Bora corse a prenderlo e lo
asciugò, poi si addormentò. Il giorno dopo Catia disse a Bora che era stata lei a buttare il peluche nell’acqua, ma Bora la perdonò e
diventarono amiche.
Sasha è una ragazza che viene dalla Colombia, dai capelli neri, arriva a Parigi, una città che non conosce minimamente. Con sé ha il suo
cane Mayla, che per lei è tutto, la sua famiglia, la sua migliore amica, per lei è questo Mayla.
Sasha va a Parigi per cercare lavoro ed una nuova vita più felice rispetto a quella che aveva quando stava in Colombia.
Ma all’aeroporto, a Melun, c’è la cugina di Sasha che la sta aspettando per portarla a Parigi e da lì andare ad un albergo, di nome “Doux”
dove alloggera per un pò di tempo. Il giorno dopo si sveglia di mattina chiama il servizio in camera, ordina un succo d’arancia e una brioche.
Dopo la colazione si prepara e lascia la chiave al custode ed esce di corsa, con il curriculum in mano alla ricerca di un lavoro, alla fine dopo
parecchie ore di ricerca vede un panetteria, entra con l’ultima speranza. Ad un certo punto incortra un’altra ragazza che già lavorava lì e gli
chiese se gli serviva qualcosa e lei gli rispose che aveva bisogno di parlare con il proprietario della panetteria.
Dopo qualche minuto da una porta esce il capo. Verso le sei in punto Sasha esce e comincia il suo primo lavoro da cassiera. Da quel giorno
la ragazza che lavorava con lei, di nome Michel, divennero amiche per la pelle. Un giorno a Michel viene in mente di andare a fare una
passeggiata con il suo e il cane Sasha; ma il giorno dopo Sasha doveva ritorna in Colombia per motivi familiari. Sasha e Michel, dopo
parecchi anni si incontrarono e non si lasciarono più!
guadagnato un po’ di soldi facendo il barista. Luk e Makor diventano come fratelli e ormai vivevano insieme nella casa di Luk.
Tutti e due avevano un lavoro e ormai si trovano molto bene in Italia. In seguito si comprano anche un cane e due gatti perché tutti e due
amavano gli animali.
100
Loredana
Andrea
Igor
Renato
1
2
3
4
ALUNNO
Ho scoperto
che la cultura
è
molto
importante e
La cultura è
che parla di
se stesso
/
/
1.
HO
SCOPERTO
CHE…
Che alla fine la
bambina non le
ha
mangiate
ma è rimasta
/
Che non è
piacevole dare
risposte
Che
parlava
della bambina
che mangiava
le salsicce
2.
QUELLO
CHE MI È
PIACIUTO DI
PIÙ
È
STATO…
La
coltura
musssulmana
La lettura del
brano
/
Si
3.
NEL
BRANO
LETTO
HO
TROVATO
COSE SIMILI
A
(PUOI
PARLARE DI
LETTURE
FATTE
O
FILM VISTI,
ESPERIENZE
TUE O DI
PERSONE
CHE
CONOSCI,
ETC.)…
La Somalia
la
loro
coltura
perché
è
/
/
Sulla cultura
4.
MI
PIACEREBB
E SAPERE
QUALCOSA
DI PIÙ SU…
S1. ALLEGATO N. 23. UA1 SCHEDA DIARIO ALUNNI, 03/05/2012
/
/
/
/
5. PERCHÉ…
/
/
Quando
del film
parlava
Quando abbiamo
leto cosa sa fare
/
La lettura
PERCHÉ…
PERCHÉ …
/
/
7. LA COSA PIÙ
NOIOSA
È
STATA…
6. LA COSA
PIÙ DIFFICILE
È STATA…
Perché
parlava di lei
che
fa
colazione con
le amiche
non
mi
è
piaciuto tanto
/
/
8. ALTRO
101
6
5
Clara
Emanuele
che tutti gli
stranieri che
vengono
in
Italia devono
fare
le
impronte
perché
se
succede
qualcosa
cercano
subito
gli
stranieri.
I
MUSULMANI
SI SENTONO
MOLTO
ITALIANI
ANCHE SE
NON
LO
FANNO
CAPIRE
MOLTO, HO
SCORPERT
O CHE PER I
MUSULMANI
UN
PEZZO
DI
CARNE
VALE
MOLTO PIU
DI QUELLO
CHE
Ci
sono
culture che la
pensano
in
Il testo letto
TITOLO
“SALCICCE”
È CHE LA
RAGAZZA
VOMITATO
SOPRA
LE
SALCICCE
se stessa e
non
si
è
convertita solo
perché agli altri
danno fastidio
gli stranieri.
I musulmani
non possono
disegnare
/
La
cultura
dei
musulmani
SULLE
ALTRE
RELIGIONI
interessante
sapere cose
di
altre
colture.
È interessante.
PERCHÉ
MI
PIACE SAPERE
DI PIÙ SULLE
USANZE
DELLA GENTE
spiegare le cose
sottolineate.
(perché)
è
IMMEDESIMAR
SI
NELLA
RAGAZZA
PERCHÉ
HA
DELLE
USANZE
DIVERSE
fare la lettura sul
significato della
parola cultura.
LEGGERE
IL
PEZZO IN CUI SI
FA
MILLE
PARANOIE PER
NON MANGIARE
SALCICCE
perché non mi
piaceva. Già
LA SAPEVO.
PERCHÉ
È
STUPIDO
NON
FARE
UNA
COSA
SE NON È
SBAGLIATA E
IMMORALE
102
Filippo
Claudio
Eleonora
10
11
Rubab
8
9
Enrica
7
I mussulmani
odiano e non
possono
mangiare la
carne
di
maiale
I
SOMALI
NON
MANGIANO
CARNE
DI
/
modo diverso
da noi.
La
persone
mussulmane
non amano le
salsicce anzi
odiano
la
carne
di
maiale che è
il
nostro
esatto
contrario.
/
QUELLO CHE
HA
DETTO
ALLA
FINE
CIOÈ
CHE
L’organizzazzio
ne del testo
LA
STORIA
DELLE
SALCICCIE
Che non li è
piaciute
le
salcicce
È stato quando
la ragazza ha
vomitato per la
salsiccia
e
quando
l’ha
fritta.
/
/
/
Uno
indiano
film
So che le
ragazze
musulmane
vedono
dei
film
per
essere Italiane
Allah.
I SOMALI
La sua storia
SUI
BAMBINI
STRANIERI
Sulla cultura
La tradizione
sui paesi non
Italiani
PERCHÉ NON
LI CONOSCO
PER NIENTE
Perché è un bel
racconto ed è
abbastanza
divertente
Perché mi piace
scoprire
le
religioni
degli
altri
le
loro
culture.
PERCHE SONO
CURIOSO
Per
approfondire le
mie conoscenze
ALCUNI
TERMINI
LE
PAROLE
PIÙ DIFFICILI
SCRITTE SUL
TESTO
(PERCHÉ)
PERCHE SONO
DIFFICILI
Capire le parole
mussulmane
(perché) non so
capire la lingua
mussulmana
niente
difficile trovare
le parole.
I termini che non
conoscevo
(perché) non né
sapevo
il
significato
/
Leggere tutto il
brano
LA CULTURA
Lettura però non
tanto mi piace
questo no.
Non c’è stasta
/
è stato lungo
PERCHÉ
A
ME NON MI
PIACE
/
/
103
Ester
Lucilla
15
Rachele
13
14
Michele
12
/
MAIALE
E
CHE HANNO
CULTURE
DIVERSE
Che la cutura
è importante
e il nostro
governo tratta
i
stranieri
come
pluripregiudic
ati ricidivi
Anche se sei
di religione o
cultura
diversa
è
difficile
seguire
le
cose
degli
altri.
LA CULTURA
È
MOLTO
IMPORTANT
E PER K
LA
STORIA
DELLE
SALCICCIE
LA PARTE IN
DIALETTO
ROMANO
ALL’INIZIO
Capire quello
che vuol dire
coltura.
NON
GLI
IMPORTA PIÙ
SE È UNA
SOMALA
Il racconto
/
LA CULTURA
MUSSULMAN
A
la
coltura
mussulmana.
Un Film
SAPERE
QUALCOSA
DI PIÙ SU
GLI
STRANIERI
LA
SUA
STORIA
Sapere
qualcosa di
più su altre
religioni.
La cultura
è
PERCHÉ
MI
PIACE E SO
CHE
È
DIVERTENTE
PERCHÉ
IL
BRANO
MA
INCURIOSITO
Perché mi piace
scoprire
cose
nuove
perché
interessante
NON
C’È
STATA
PERCHÉ ERA
TUTTO
INTERESSANT
E
LA
CULTURA
PERCHÉ NON
HO CAPITO UN
PO’ NIENTE
Capire che cosa
vuol dire coltura
La prima pagina
(perché)
Non
era interessante
LA CULTURA
NON C’È STATA
Sentire il brano
letto
/
ALTRO MI È
PIACIUTA
MOLTO
LA
PERCHÉ
NON
HO
CAPITO
PERCHÉ ERA
TUTTO
INTERESSAN
TE
Perché
non
abbiamo letto
noi
/
104
Balina
Donata
19
Ada
17
18
Cristina
16
/
I musulmani
non possono
mangiare la
carne
del
maiale.
LA CULTURA
È L’INSIEME
DI
CONOSCIEN
ZE DI UN
POPOLO O
DI
UNA
SOLA
PERSONA.
LA CULTURA
HA
UN
RUOLO
IMPORTANT
E
/
Il modo che la
scrittrice
ha
parlato di sé e
della
cultura
degli altri.
LA LETTURA
LA LETTURA
DEL BRANO
/
In un film ho
visto che gli
Indiani
non
possono
mangiare
la
carne
della
mucca perché
per loro è
sacra.
/
UN
EPISODIO
CHE MI HA
RACCONTAT
O
MIA
CUGINA
/
Sulle
cose
che
indossano o
che
mangiano o
in generale
della cultura
musulmana
LA
RELIGIONE
MUSULMAN
A
LA
CULTURA
MUSULMAN
A
/
Perché
vorrei
vedere quanto
diversi sono da
me e perché è
interessante
sapere
cose
sulle
altre
culture
MI
SEMBRA
INTERESSANT
E
PERCHÈ
È
INTERESSANT
E
SCOPRIRE
COME SI È
DIVERSI
Capire il perché
questa ragazza
non aveva un
identità
Perché questa
ragazza in realtà
aveva
un
identita
come
tutti anche se
non lo capiva
/
/
/
/
Tutto è stato
interessante
e
niente noioso
/
I QUESITI
/
Perché
ho
imparato
nuove cose.
/
STORIA
DELLE
SALCICCIE
PERCHÉ
NON
MI
PIACCIONO
105
1
2
ALUNNO
Loredana
Andrea
Ma si cucinano in padella le salsicce? Si friggono? O forse si lessano? E se usassi il
forno? Ma poi me le magno davvero, tutte intere? O sul più bello mi manca il coraggio e
le butto? (pp. 25-26)
Perché le ho comprate? E mo’ che ci faccio? Un'idea sarebbe cucinarle, ma chi la sente
la mamma, dopo?
(ma non molto)
Rosetta
Rosetta
“Ma che cara, ti sei convertita? Non era peccato per te mangiare salsicce?».
salsicce
salsicce
occhietti (p. 24)
Mattina
Allora perché quelle maledette salsicce?
musulmana sunnita.
Allora, vi chiederete, cos'è stato strambo? Cosa ha rotto l'equilibrio della normalità?
Salsicce… vigilia di Ferragosto
Roma
una città moderna
gente moderna SPALANCATA! (p. 23)
Ahò me dai 5 chili de salsicce! Ehi, ma le vojo de quelle bbone, quelle che se sciojono
en bocca come er miele.
BRANI SOTTOLINEATI NEL TESTO
/
salsicce.
S1. ALLEGATO N. 24. UA1 RICERCA “CULTURA” IN SALSICCE, 03/05/2012
MOTIVAZIONI DELLA SCELTA
/
HO SOTTOLINEATO LE PAROLE CHE INDICANO
CHE:
DIALETTO
RELIGIONE
USANZA
ALIMENTARE
106
3
4
italiana
mi ricordo a memoria tutte le parole del 5 maggio di Alessandro Manzoni
Gianni Morandi (p. 29)
1) bevo il tè con cardamomo, i chiodi di garofano e la cannella; 2) recito le 5 preghiere
quotidiane verso la Mecca; 3) mi metto il dirah; 4) profumo la casa con l'incenso o
l'unsi; (p. 28)
/
Credo di essere una donna senza identità. O meglio con più identità. Chissà come saranno
belle le mie impronte digitali! (p. 28)
/
Ho sottolineato queste cose perché rappresentano
la cultura ad esempio i vestiti, cibi frasi che
ricordano certi eventi.
I numeri di pagina si riferiscono alle copie del testo fornite agli alunni e tratte dal volume di Kuruvilla G., Mubiayi I., Scego I., Wadia L. Pecore nere, a cura di
Fulvia Capitani ed Emanuele Coen. Bari: Laterza, 2005.
1
Igor
Renato
(ricerca
svolta
sulle pp.
1
28 - 35)
(che stava andando anche bene) (p. 27)
(ahimè, diventerà idiota crescendo),
«Ami più la Somalia o I'Italia?»
«Ti senti più italiana o più somala?»
Ma quel passaporto era veritiero? Ero davvero un'italiana nell'intimo? O piuttosto dovevo fare la fila e dare come tanti le mie impronte?
Impronte o non impronte?
A tutti gli extracomunitari che vorranno rinnovare il soggiorno saranno prese
preventivamente le impronte digitali.
Ed io che ruolo avevo? Sarei stata un'extracomunitaria, quindi una potenziale
criminale, a cui lo Stato avrebbe preso le impronte per prevenire un delitto che si
supponeva prima o poi avrei commesso? O un'italiana riverita e coccolata a cui lo
Stato lasciava il beneficio del dubbio, anche se risultava essere una pluripregiudicata
recidiva?
Italia o Somalia?
ma ne vale veramente la pena?
gente lo capirà che sono italiana come loro? Identica a loro?
O sarà stata una bravata inutile?
107
5
Emanuel
e
(ricerca
svolta
con Ada)
dà fastidio,…non me ne importerà nulla! (p. 35)
Vediamo un po'. Mi sento somala quando: 1) bevo il tè con cardamomo, i chiodi di garofano e
la cannella; 2) recito le 5 preghiere quotidiane verso la Mecca; 3) mi metto il dirah; 4)
profumo la casa con l'incenso o l'unsi; 5) vado ai matrimoni in cui gli uomini si siedono da
una parte ad annoiarsi e le donne dall'altra a ballare, divertirsi, mangiare... insomma a
godersi la vita; 6) mangio la banana insieme al riso, nello stesso piatto, intendo; 7)
cuciniamo tutta quella carne con il riso o l'angeelo; 8) ci vengono a trovare i parenti dal
Canada, dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, dall'Olanda, dalla Svezia, dalla Germania,
dagli Emirati Arabi e da una lunga lista di stati che per motivi di spazio non posso citare in
questa sede, tutti parenti sradicati come noi dalla madrepatria; 9) parlo in somalo e mi
inserisco con toni acutissimi in una conversazione concitata; 10) guardo il mio naso allo
specchio e Io trovo perfetto; I l) soffro per amore; 12) piango la mia terra straziata dalla
guerra civile; 13) faccio altre 100 cose, e chi se le ricorda tutte! (p. 28)
una tribù primitiva (p. 34)
Italiana
Somalia
Mie impronte
mie impronte (p. 31)
Forse mangiando una salsiccia passerei da impronte neutre a vere impronte digitali made in
Italy (p. 30)
Italia (p.29)
Piango per i partigiani troppo spesso dimenticati
HO ELENCATO QUESTO PERCHÉ SONO LE
COSE FANNO SENTIRE LA RAGAZZA PARTE DI
UNA RELIGIONE.
108
QUANDO UNA PERSONA ABITA IN UN PAESE,
LUI SI SENTE COME SE FA PARTE DI UNA
RELIGIONE/COMUNITA’.
VUOL FAR PARTE DI UNA COMUNITA’
per dimostrare di non avere la coda di paglia? Per dimostrare che sono anch’io una sorella
d’Italia con tutti i crismi?
(p. 34)
PERCHE’ NON MANGIARE MAILE FA PARTE
DELLA RELIGIONE MUSULMANA.
HO EVIDENZIATO QUESTO PERCHE SONO LE
COSE CHE FANNO SENTIRE QUESTA RAGAZZA
ITALIANA.
Somalia? (p. 31)
Mi sento italiana quando: 1) faccio una colazione dolce; 2) vado a visitare mostre, musei e
monumenti; 3) parlo di sesso, uomini e depressioni con le amiche; 4) vedo i film di Alberto
Sordi, Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Monica Vitti, Totò, Anna
Magnani, Giancarlo Giannini, Ugo Tognazzi, Roberto Benigni, Massimo Troisi; 5) mangio un
gelato da 1,80 euro con stracciatella, pistacchio e cocco senza panna; 6) mi ricordo a
memoria tutte le parole del 5 maggio di Alessandro Manzoni; 7) sento per radio o tv la
voce di Gianni Morandi; 8) mi commuovo quando guardo
negli occhi l'uomo che amo, lo sento parlare nel suo allegro accento meridionale e so che non ci
sarà un futuro per noi; 9) inveisco come una iena per i motivi più disparati contro primo ministro,
sindaco, assessore, presidente di turno; 10) gesticolo; 11) piango per i partigiani, troppo spesso
dimenticati; 12) canticchio Un anno d'amore di Mina sotto la doccia; 13) faccio altre 100
cose, e chi se le ricorda tutte!
Un bel problema l'identità, e se l'abolissimo? E le impronte? Da abolire anche quelle! lo mi
sento tutto, ma a volte non mi sento niente. Per esempio sono niente sull'autobus quando sento
la frase «questi stranieri sono la rovina dell'Italia» e mi sento gli occhi della gente appiccicati
addosso tipo big bubble.
(p. 29)
Non devo mangiare questa salsiccia. (p. 31)
109
6
Clara
(ricerca
svolta
con
Balina)
PERCHE’ OGNUNO DEVE FARE QUELLO CHE
CREDE SIA GIUSTO
No, sarei la stessa, lo stesso mix. E se questo dà fastidio, d’ora in poi non me ne importerà
nulla!
Più somala? Più italiana? (p. 28)
“italiana”
«Ami più la Somalia o I'Italia?».
«Ti senti più italiana o più somala?»
Impronte mi sembrava tutto un errore
Italia o Somalia?
Se mi ingoio queste salsicce una per una, la gente lo capirà che sono italiana come
loro? Identica a loro?
era peccato …mangiare salsicce?
Musulmana sunnita
Ho sottolineato “popolata di gente moderna” perché
è gente moderna che si veste e fa cose moderne;
“musulmana” perché è una religione;
“era
peccato
mangiare
salsicce”
perché
l’alimentazione è una cultura;
“Se mi ingoio queste salsicce una per una, la gente
lo capirà che sono italiana come loro?” perché lei
pensava che se mangiava le salsicce sarebbe stata
diversa, ma lei fa parte di quella cultura;
“Italiana o Somalia?” perché gli Italiani fanno parte
di una cultura la gente che vive a Somalia, di
un’altra;
Ho sottolineato a pagina 28 e 29 perché racconta
quello che lei indossa quello che i musulmani fanno
ecc.;
“Come fanno a mangiare questa robaccia” perché
per lei era molto strano ed la sua cultura non glie lo
concede.
“treccioline finte rasta” modo di abigliamento,
ESSERE LIBERI DI SCEGLIERE LA PROPRIA
RELIGIONE
Questa scena mi distrugge, mi metto a piangere. Guardando quei due uomini mi rendo conto
che io ho ancora una scelta, ho ancora me stessa. Posso ancora tuffarmi in mare come
Manfredi-Titì.
Ormai Roma è la capitale di un paese che si considera parte della rete globale, una città
moderna, popolata di gente moderna, quindi aperta, anzi, che dico, SPALANCATA!
E’ UNA RELIGIONE CHE E’ STATA CREATA
PERBATTERE I FASCITI CHE VOLEVANO
CONQUISTARE L’AFRICA
Rasta (p. 34)
110
fanno a mangiare questa robaccia?
sarò forse italiana. Ma la Somalia? Che ci faccio con la Somalia?
come
da impronte neutre a vere impronte digitali made in Italy
«questi stranieri sono la rovina dell'Italia»
negli occhi l'uomo che amo, lo sento parlare nel suo allegro accento meridionale e so che non ci
sarà un futuro per noi; 9) inveisco come una iena per i motivi più disparati contro primo ministro,
sindaco, assessore, presidente di turno; 10) gesticolo; 11) piango per i partigiani, troppo spesso
dimenticati; 12) canticchio Un anno d'amore di Mina sotto la doccia; 13) faccio altre 100
cose, e chi se le ricorda tutte!
mangio un gelato da 1,80 euro con stracciatella, pistacchio e cocco senza panna; 6) mi
ricordo a memoria tutte le parole del 5 maggio di Alessandro Manzoni; 7) sento per radio o
tv la voce di Gianni Morandi; 8) mi commuovo quando guardo
faccio una colazione dolce; 2) vado a visitare mostre, musei e monumenti; 3) parlo di uomini
e depressioni con le amiche
bevo il tè con cardamomo, i chiodi di garofano e la cannella; 2) recito le 5 preghiere
quotidiane verso la Mecca; 3) mi metto il dirah; 4) profumo la casa con l'incenso o l'unsi;
5) vado ai matrimoni in cui gli uomini si siedono da una parte ad annoiarsi e le donne
dall'altra a ballare, divertirsi, mangiare... insomma a godersi la vita; 6) mangio la banana
insieme al riso, nello stesso piatto, intendo; 7) cuciniamo tutta quella carne con il riso o
l'angeelo; 8) ci vengono a trovare i parenti dal Canada, dagli Stati Uniti, dalla Gran
Bretagna, dall'Olanda, dalla Svezia, dalla Germania, dagli Emirati Arabi e da una lunga
lista di stati che per motivi di spazio non posso citare in questa sede, tutti parenti sradicati
come noi dalla madrepatria; 9) parlo in somalo e mi inserisco con toni acutissimi in una
conversazione concitata; 10) guardo il mio naso allo specchio e Io trovo perfetto; I l) soffro
per amore; 12) piango la mia terra straziata dalla guerra civile; 13) faccio altre 100 cose, e
chi se le ricorda tutte!
Identità
capelli;
111
7
8
Mi sento italiana quando: 1) faccio una colazione dolce; 2) vado a visitare mostre, musei e
monumenti; 3) parlo di sesso, uomini e depressioni con le amiche; 4) vedo i film di Alberto
Sordi, Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Monica Vitti, Totò, Anna
Magnani, Giancarlo Giannini, Ugo Tognazzi, Roberto Benigni, Massimo Troisi; 5) mangio un
piango la mia terra straziata dalla guerra civile
da una lunga lista di stati che per motivi di spazio non posso citare in questa sede, tutti
parenti sradicati come noi dalla madrepatria
Mi sento somala quando: 1) bevo il tè con cardamomo, i chiodi di garofano e la cannella; 2)
2
recito le 5 preghiere quotidiane verso la Mecca; 3) mi metto il dirah ; 4) profumo la casa
3
con l'incenso o l'unsi ; 5) vado ai matrimoni in cui gli uomini si siedono da una parte ad
annoiarsi e le donne dall'altra a ballare, divertirsi, mangiare... insomma a godersi la vita;(…),
4
nello stesso piatto, intendo; 7) cuciniamo tutta quella carne con il riso o l'angeelo;
“italiana”
/
almeno per la sottoscritta (p. 28)
3
Abito femminile somalo.
Miscela di incenso e altri profumi.
4
L’alunna non ha sottolineato i numeri dell’elenco presenti nel testo.
2
Enrica
Rubab
(ricerca
svolta
sulle pp.
28-35)
Sarei più italiana con una salsiccia nello stomaco? E sarei meno somala?
Treccioline finte rasta
Africa
Italiani
Devo mangiarmi la salsiccia con il vomito per dimostrare di non avere la coda di paglia? Per
dmostrare che sono anch’io una sorella d’Italia con tutti i crismi?
Di avere impronte made in Italy a denominazione di origine controllata?
/
LA MIA RISPOSTA:
Io ho sottolineato queste cose perché riguardavano
alla parola CULTURA. Secondo nel mangiare,
sentirsi stranieri. Per esempio anche come siamo,
Italiani, stranieri…l’abbigliamento, relegione, delle
regole.
112
Claudio
Filippo
(ricerca
svolta
sulle pp.
23-27)
1) bevo il tè con cardamomo, i chiodi di garofano e la cannella; 2) recito le 5 preghiere
5
6
quotidiane verso la Mecca; 3) mi metto il dirah ; 4) profumo la casa con l'incenso o l'unsi ;
5) vado ai matrimoni in cui gli uomini si siedono da una parte ad annoiarsi e le donne
dall'altra a ballare, divertirsi, mangiare... insomma a godersi la vita; 6) mangio la banana
insieme al riso, nello stesso piatto, intendo; 7) cuciniamo tutta quella carne con il riso o
7
l'angeelo ; 8) ci vengono a trovare i parenti dal Canada, dagli Stati Uniti, dalla Gran
Bretagna, dall'Olanda, dalla Svezia, dalla Germania, dagli Emirati Arabi e da una lunga
preventivamente le impronte digitali. (p.26)
A tutti gli extracomunitari che vorranno rinnovare il soggiorno saranno prese
nell’era dell’euro è quasi proibitivo (p. 24)
musulmana
23)
moderna, popolata di gente moderna, quindi aperta, anzi, che dico, SPALANCATA! (p.
Ormai Roma è la capitale di un paese che si considera parte della rete globale, una città
6
Abito femminile somalo.
Miscela di incenso e altri profumi.
7
Focaccia.
5
10
9
…metto…nel piatto blu. La bellezza (p. 30)
Come fanno a mangiare questa robaccia?
Impronte neutre a vere impronte digitali made in Italy
gelato da 1,80 euro con stracciatella, pistacchio e cocco senza panna; 6) mi ricordo a
memoria tutte le parole del 5 maggio di Alessandro Manzoni; 7) sento per radio o tv la
voce di Gianni Morandi; 8) mi commuovo quando guardo negli occhi l'uomo che amo (p. 29)
Ho sottolineato queste parole perché mettono in
risalto le differenze culturali e abitudinarie della
Pag. 28 e 29
Forse sono italiana. Ma la Somalia? Che ci faccio
con la Somalia?
E’ un bel film e insegna molte cose sugli italiani.
Ho scelto queste parole perche rappresentano
molto bene li concetto di cultura.
113
Eleonora
Michele
(ricerca
svolta
sulle pp.
23-27)
Rachele
(ricerca
11
12
13
Vigilia di Ferragosto = pag.23 =lei non magia la carne perché è mussulmana.
italiana o più somala? (p. 27)
Rammentare la gravità del mio atto non mi rendeva il compito facile, anzi! (p. 25)
“ Ma che cara, ti sei convertita? Non era peccato per te mangiare salsicce? “
peccare era l’ultimo dei miei pensieri (p. 24)
/
rete globale, una città moderna, popolata di gente moderna, quindi aperta, anzi, che
dico, SPALANCATA! (p. 23)
E’ un bel film e insegna molte cose sugli italiani.
Certo se mangio questa pseudo-salsiccia coperta da squame di vomito color canarino sarò
forse italiana. Ma la Somalia? Che ci faccio con la Somalia? (p. 31)
lista di stati che per motivi di spazio non posso citare in questa sede, tutti parenti sradicati
come noi dalla madrepatria; 9) parlo in somalo e mi inserisco con toni acutissimi in una
conversazione concitata; 10) guardo il mio naso allo specchio e Io trovo perfetto; I l) soffro
per amore; 12) piango la mia terra straziata dalla guerra civile; 13) faccio altre 100 cose, e
chi se le ricorda tutte!
Mi sento italiana quando: 1) faccio una colazione dolce; 2) vado a visitare mostre, musei e
monumenti; 3) parlo di uomini e depressioni con le amiche; 4) vedo i film di Alberto Sordi,
Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Monica Vitti, Totò, Anna Magnani,
Giancarlo Giannini, Ugo Tognazzi, Roberto Benigni, Massimo Troisi; 5) mangio un gelato da
1,80 euro con stracciatella, pistacchio e cocco senza panna; 6) mi ricordo a memoria tutte
le parole del 5 maggio di Alessandro Manzoni; 7) sento per radio o tv la voce di Gianni
Morandi; 8) mi commuovo quando guardo
negli occhi l'uomo che amo, lo sento parlare nel suo allegro accento meridionale e so che non ci
sarà un futuro per noi; 9) inveisco come una iena per i motivi più disparati contro primo ministro,
sindaco, assessore, presidente di turno; 10) gesticolo; 11) piango per i partigiani, troppo spesso
dimenticati; 12) canticchio Un anno d'amore di Mina sotto la doccia; 13) faccio altre 100
cose, e chi se le ricorda tutte!
Io ho scelto queste parole perché parlano della
cultura sua.
/
Io ho scelto si sottolineare queste parole perché mi
sembrano parole di culture, abitudini delle varie
culture.
civiltà Somala e Italiana, facendo anche capire che
sono abitudini e differenze solo apparenti e quindi
possiamo dire ancora di più che non c’è differenza
tra le popolazioni
114
14
Ester
(ricerca
svolta
sulle pp.
28-35)
svolta
sulle pp.
23-27)
1) faccio una colazione dolce; 2) vado a visitare mostre, musei e monumenti; 3) parlo di
uomini e depressioni con le amiche; 4) vedo i film di Alberto Sordi, Nino Manfredi, Vittorio
Gassman, Marcello Mastroianni, Monica Vitti, Totò, Anna Magnani, Giancarlo Giannini,
Ugo Tognazzi, Roberto Benigni, Massimo Troisi; 5) mangio un gelato da 1,80 euro con
stracciatella, pistacchio e cocco senza panna; 6) mi ricordo a memoria tutte le parole del 5
maggio di Alessandro Manzoni; 7) sento per radio o tv la voce di Gianni Morandi; 8) mi
commuovo quando guardo
negli occhi l'uomo che amo, lo sento parlare nel suo allegro accento meridionale e so che non ci
sarà un futuro per noi; 9) inveisco come una iena per i motivi più disparati contro primo ministro,
sindaco, assessore, presidente di turno; 10) gesticolo; 11) piango per i partigiani, troppo spesso
dimenticati; 12) canticchio Un anno d'amore di Mina sotto la doccia; 13) faccio altre 100
cose, e chi se le ricorda tutte!
Un bel problema l'identità, e se l'abolissimo? (p. 29)
1) bevo il tè con cardamomo, i chiodi di garofano e la cannella; 2) recito le 5
preghiere quotidiane verso la Mecca; 3) mi metto il dirah; 4) profumo la casa con
l'incenso o l'unsi; 5) vado ai matrimoni in cui gli uomini si siedono da una parte ad
annoiarsi e le donne dall'altra a ballare, divertirsi, mangiare... insomma a godersi la
vita; 6) mangio la banana insieme al riso, nello stesso piatto, intendo; 7) cuciniamo
tutta quella carne con il riso o l'angeelo; 8) ci vengono a trovare i parenti dal
Canada, dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, dall'Olanda, dalla Svezia, dalla
Germania, dagli Emirati Arabi e da una lunga lista di stati che per motivi di spazio
non posso citare in questa sede, tutti parenti sradicati come noi dalla madrepatria; 9)
parlo in somalo e mi inserisco con toni acutissimi in una conversazione concitata;
10) guardo il mio naso allo specchio e Io trovo perfetto; I l) soffro per amore; 12)
piango la mia terra straziata dalla guerra civile; (p. 28)
Parole e frasi sottolineate nel testo:
Nazionalità Italiana =coltura
Mussulmana o sunnita = di che cultura
PERCHÉ TUTTI QUESTI PARTICOLARI E MODI
DI VIVERE SONO CULTURE.
115
Lucilla
(ricerca
svolta
sulle pp.
28-35)
Cristina
(ricerca
svolta
sulle pp.
23-27)
15
16
SOMALA: è il nominativo che si dà alle persone che
hanno la cittadinanza somala.
passaporto (p. 26)
italiana
FRIGGONO; LESSANO; USANDO IL FORNO;
CUCINANO IN PADELLA= modi con cui si può
ITALIANA: è il nominativo che si dà alle persone
che hanno la cittadinanza italiana.
A tutti gli extracomunitari che vorranno rinnovare il soggiorno saranno prese
preventivamente le impronte digitali.
tribunale familiare
A TUTTI GLI EXTRACOMUNITARI […] : E’ un
avviso che bisogna compiere.
PASSAPORTO: fa parte delle culture perché è
l’elemento con cui si può passare da un continente
e l’altro.
Roma capitale: ci spiega che città, in un certo
paese, è la capitale.
Musulmana sunnita: di che religione è.
Era dell’euro: ci fa capire che tipo di moneta si usa
in uno stato o in un continente.
PECCATO MANGIARE SALSICCIE: è una regola
di una religione, cioè fa parte della cultura.
Questo fa parte della cultura perché ho queste
conoscienze di parenti che vivono all’Estero.
si cucinano in padella
Si friggono?
si lessano
usassi il forno? (p. 25)
Peccato per te mangiare salsicce?
Abbiamo dovuto vomitare il riso fino all’ultimo chicco
Musulmana sunnita
Nell’era dell’euro è quasi proibitivo (p. 24)
Ferragosto (p. 23)
salsicce
ci vengono a trovare i parenti dal Canada, dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna,
dall'Olanda, dalla Svezia, dalla Germania, dagli Emirati Arabi e da una lunga lista di stati
che per motivi di spazio non posso citare in questa sede, tutti parenti sradicati come noi dalla
madrepatria; 9) parlo in somalo e mi inserisco con toni acutissimi in una conversazione
concitata; (p. 28)
BEVO IL TÈ CON IL CARDAMOMO, I CHIODI DI GAROFANO E LA CANNELLA,
RECITARE LE PREGHIERE QUOTIDIANE RIVOLTI ALLA MECCA, METTERSI IL
DIRAB, PROFUMARE LA CASA DI INCENSO O L’UNSI, ANDARA AI MATRIMONI
DOVE GLI UOMINI SI ANNOIANO E LE DONNE SI GODONO LA VITA MANGIARE.
Parole e frasi trascritte su un foglio:
E’ un bel film e insegna molte cose sugli italiani. (p. 34)
116
Ada
(ricerca
svolta
con
Emanuel
e).
Balina
Donata
17
18
19
No, sarei la stessa, lo stesso mix.
E questo dà fastidio, d’ora in poi non me ne importa nulla.
Vd. supra (l’attività è stata svolta in coppia con Clara)
/
P. 35 Questa scena mi distruggere, mi metto a piangere. Guardando quei due uomini mi
rendo conto che io ho ancora una sceltaa, ho ancora me stessa. Posso ancora tuffarmi
in mare come Mandredi-Titì.
P. 34 Per dimostrare che sono anch’io una sorella d’Italia con tutti i crismi?
P. 31 Non devo mangiare queste salsicce.
P. 28-29 (…)
P.26 Sarei stata un’extracomunitaria, quindi di una potenziale criminale…
Parole e frasi trascritte su un foglio:
- ROMA CAPITALE
- MUSULMANA SUNNITA
-ERA DELL’EURO
-PECCATO MANGIARE SALSICCE
-PASSAPORTO
-A TUTTI GLI EXTRACOMUNITARI CHE VORRANNO RINNOVARE IL SOGGIORNO
SARANNO PRESE PREVENTIVAMENTE LE IMPRONTE DIGITALI.
- ITALIANA
-SOMALA
-FRIGGONO
-LESSANO
-USANDO IL FORNO
-CUCINANO IN PADELLA
P. 24 Io, una musulmana sunnita
somala (p. 27)
/
/
Ho sottolineato quelle cose perché per
descrivono la parola CULTURA.
cucinare un certo cibo.
me
117
Loredana
Andrea
1
2
ALUNNO
/
Ogni lingua ha
una
cultura
diversa e se si
va in un altro
paese
vieni
accolto molto
bene fai subito
amicizia con
gli altri
1.
HO
SCOPERTO
CHE…
salsiccie
l’arricchimento
e
la
conoscono di
una
nuova
lingua,
l’albanese una
lingua
36
lettere
dell’alfabeto,
29 consonanti
e 7 vocali
2.
QUELLO
CHE MI È
PIACIUTO DI
PIÙ
È
STATO…
3.
NEL
BRANO
LETTO
HO
TROVATO
COSE SIMILI
A
(PUOI
PARLARE DI
LETTURE
FATTE
O
FILM VISTI,
ESPERIENZE
TUE O DI
PERSONE
CHE
CONOSCI,
ETC.)…
a un altro
brano
che
abbiamo letto
in classe su
un
bambino
albanese che
va
in
una
scuola italiana
e
tutti
lo
accolgono con
emozione
come
è
successo
a
me
in
4^
elementare
quando
è
arrivato Igor
/
bracciale
sull’Albania
una città da
come pare è
bellessima
4.
MI
PIACEREBBE
SAPERE
QUALCOSA
DI PIÙ SU…
S1. ALLEGATO N. 25. UA2 SCHEDA DIARIO ALUNNI, 21/05/2012
/
da come ne
parlano
è
bellissima e la
voglio
conoscere con
delle foto
5. PERCHÉ…
niente
perché
sapevo tutto
tutto
/
PERCHÉ…
PERCHÉ…
l’alfabeto
dei
popoli perché è
un
discorso
ampio
sulle
pronuncie
7. LA COSA PIÙ
NOIOSA
È
STATA…
6. LA COSA
PIÙ DIFFICILE
È STATA…
/
Questa
lezione
è
servita
per
arricchire
il
mio bagaglio
culturale e con
le altre lezioni
lo
arricchirò
ancora di più
8. ALTRO
118
Enrica
7
Emanuele
5
Clara
Renato
4
6
Igor
3
E’ DIFFICILE
AMBINTARSI
IN UN AM
BIENTE DAL
PROPRIO
SOPRATTUT
O SE NON SI
PARLA
LA
STESSA
LINGUA
In
albania
nell’alfabeto ci
sono 36 lettere
per
uno
straniero
è
difficile
ambientarsi in
un ambiente
che non si
conosce
CI
SONO
COSE
CHE
ACCOMUNAN
O LA LINGUA
ITALIANA
CON QUELLA
la
lingua
Albanese
e
Italiana hanno
una cosa in
comune
Quando ariva
qualcuono
straniero i sta
dificile parlare
la
lingua
Italiana.
QUANDO
TUTTI
HANNO
FATTO
SENTIRE
PROTAGONI
il
Pensiero
sull’italia
da
parte
delle
Bambine
IL PENSIERO
SULL’ITALIA
DELLA
BAMBINA
Il racconto dei
popoli
La
bambina
quando
si
sente nel 7
cielo.
QUANDO IO
SONO STATA
ACCOLTA DA
TUTTI I MIEI
CONOSCIEN
TI PER LA
No.
un brano che
abbiamo letto
a scuola che
parla sempre
di un bambino
albanese
NO
/
lingua
LA CULTURA
ALBANESE
L’ALBANIA
SULL’ALBANI
A
La
Abane
lingue
straniere
MI
INTERESSA
E’
INTERESSAN
TE
E’
UN
POPOLOCON
UNA STORIA
AFFASCINAN
TE
è interessante
nuove lingue
mi
diverto
imparo
più
cose
L’ALFABETO
DEI
POPOLI
PERCHE’
HA
SUSCITATO IN
ME
MOLTE
DOMANDE
La
riflessione
perché era un
po’ difficile il
concetto
INTERPRETAR
E I PENSIERI
DELLA
RAGAZZA
PERCHE’
HA
UNA CULTURA
DIVERSA
DALLA MIA
Il fratello della
protagonista che
parlava
della
lettera
“c”
perché
c’era
delle parole in
Albanese
Niente
NIENTE
E’
STATO NOIOSO
La
riflessione
perché
era
noiosa
I
PENSIERI
SULL’ALFATO
PERCHE’ FARSI
TROPPE
DOMANDE
PORTA
A
ESSERE
PARANOICI
Niente
non è stato niente
noioso
/
/
/
/
/
119
Rachele
Ester
13
14
Claudio
10
Eleonora
Michele
Filippo
9
11
12
Rubab
8
tutti
NON
BISOGNA MAI
ESSERE
TIMIDI E NON
BISOGNA MAI
AVER PAURA
DI PARLALE.
tutti gli alunni
stranieri hanno
paura il primo
giorno
di
scuola in un
altro paese.
/
come
Si
sentono
i
stranieri
quando
vengono
in
Italia
/
MI PIACE LA
LINGUA
ALBANESE
siamo
diversi
ALBANESE
i
in
E
STATA
L’ULTIMA
PARTE E LE
PAROLE
IN
ALBANESE
leggere
racconti.
/
tutto
le parole
albanese.
QUANDO
ABBIAMO
LETTO
LA
RIFLESSION
E
SUI
POPOLI
STA
LA
BAMBINA
ALBANESE
che
ha
imperato
l’italiano
/
La vitta che
sto trascorre
tra.
/
/
/
/
/
COMUNIONE
LA FINE
/
/
LA CULTURA
ALBANESE
la
scuola
albanese
LA
LINGUA
ALBANESE
se
quella
bambina
ha
facebook
SONO
CURIOSA
/
/
MI
INTERESSA
sono curioso
MI
ISPIRA
MOLTO
/
completare
le
scede
perché
c’erano
delle
domande difficili
NON CI SONO
STATE
/
L’ALFABETO
DEI
POPOLI
PERCHE’E’
STATO
PIU’
COMPLICATO
LA
SCHEDA
SUL
TESTO
PERCHE’ NON
SAPEVO
RISPONDERE
AD
ALCUNE
DOMANDE
capire
l’ALFABETO
DEI
POPOLI
perché mi ha un
po’ confuso
niente
L’ALFABETO DEI
POPOLI
PERCHE’
ERA
BELLO MA NON
MI
HA
INCURIOSITO
COME TUTTO IL
RESTO
completare
le
schede
perché
troppe domande
/
NIENTE
PERCHE’ MI E’
PIACIUTO
TUTTO
leggere le parole
più
difficile
perché
non
riuscivo a capirle
c’era un’ po che
mi ha annoiata.
perché
mi
è
piaciuto tutto
QUANDO CI HA
DATO
LA
SCHEDA PER IL
TESTO
/
/
/
/
/
/
/
120
Donata
19
Ada
17
Balina
Cristina
16
18
Lucilla
15
conoscere
è
interessante e
bello
ANCHE
SE
SIAMO
DIVERSI
SIAMO
UGUALI
La
lingua
albanese e la
lingua Italiana
hanno cose in
comune
I
BAMBINI
STRANIERI
HANNO
DIFFICOLTA’
PER
PRENDERE
CONOSCIENZ
E
CON
I
LORO
COMPAGNI
E’
IMPORTANTE
CONOSCERE
LE LINGUE
Che il fratello
della ragazza
parla
della
lingua
albanese
e
italiana.
la parte della
riflessione del
fratello
IL
RACCONTO
IL
RACCONTO
E’ LA STORIA
DI QUESTA
BAMBINA
delle
mie
esperienze
Un brano letto
a scuola su un
ragazzo
chiamato Vivi.
UN
RACCONTO
CHE
PROPONEVA
IL LIBRO DI
ANTOLOGIA
LA
MIA
ESPERIENZA
/
Questa BESA
MONE
Le cose in
comune
tra
l’albania
e
l’italia
/
/
BESA MONE
mi
pare
interessante
è interessante
/
/
mi interessano
le sue storie
/
Niente
perché
mi è sembrato
tutto facile
NIENTE
niente
perché
HO
SAPUTO
FARE TUTTO
/
/
Niente
perché
tutto
è
stato
divertente
e
interessante
NIENTE
PERCHE’ MI E’
PIACIUTO
MOLTO
niente
LA
RIFLESSIONE
DEL FRATELLO
PERCHE’
MI
SEMBRAVA DI
STUDIARE
GRAMMATICA
/
/
/
/
/
121
2
1
Andrea
Loredana
ALUNNO
Non mi è mai capitato
1. A TE È MAI CAPITATO
DI AVERE A CHE FARE
CON LINGUE E CULTURE
“NASCOSTE”? PERCHÉ
A
VOLTE
RESTANO
NASCOSTE?
PUOI
PARTIRE DALLA TUA
ESPERIENZA
O
DA
QUELLA DI PERSONE
CHE CONOSCI.
A
volte
le
culture
rimangono nascoste perché
non si conoscono e si
imparano man mano con la
scuolae con gli amici che ti
saranno molto vicini
Un giorno nella mia casa composta da 5 persone, arrivò una chiamata. Rispose alla chiamata mia madre ed
era una proposta di lavoro in Inghilterra a Londra, mia madre è stata molto contenta perché in quei tempi
trovare un lavoro era molto difficile. Siano andati a prendere tutta la nostra roba per poi dopo andare
all’aeroporto. Mentre mi trovai in aero pensai come sarei stata accolta dagli altri bambini, da chi mi farò
aiutare nella lingua, ero abbastanza brava in Italia nell’Inglese avevo un ottimo voto ma ero al primo anno di
Inglese più approfondito perché all’elementari si imparavano le cose basilari dell’Inglese. Alla fine arrivammo
in Inghilterra precisamente a Londra una città con un “via vai” di molte macchine. La cosa che mi attirò era la
numerosità dei taxi e dei pullman a due piani andammo in una casa in vendita della signora Braun, l’abbiamo
comprata ad un prezzo speciale e ormai era nostra. Abbiamo, prima di dover comprare casa, dovuto
cambiare i soldi da E. (euro) in £. (sterline). Abbiamo dormito bene nella nostra nuova casa. Il giorno dopo
sono andata in un collegge, tipo un collegio in Italia e mi sono trovata molto bene. Ho fatto amicizia subito
con una certa Lusy, carina con i capelli corti e riccioluti e lei mi ha fatto tipo guida nella mia nuova scuola. E
alla fine mi disse : “This is our classroom” in Italiano: “Questa è la nostra classe”. Ho conosciuto gli altri tutti
molto simpatici. E questo durò per molto… Per sempre!
Io e la mia famiglia, a partire dal prossimo autunno, ci trasferiremo a Madrid in Spagna; per motivi di lavoro
che mia madre e mio padre mi hanno detto che sarebbe durato un anno. In Spagna non conosco nessuno e
non so parlare lo spagolo; so ggià da adesso che sarà molto difficile integrarmi con gli altri membri della
nuova classe. Mi piacerebbe che nella nuova classe mi accogliessero con una bella festa dove ci fossero i
miei amici dell’Italia e dei dolci per tutti. Troverò sicuramente delle difficoltà di comunicazione a imparare lo
spagnolo ma intanto posso usare i gesti e parlare inglese. Chiederei aiuto sicuramente ai miei genitori che
assumeranno una insegnante di sostegno che mi aiuti a fare i compiti ed a imparere più velocemente lo
2. ISPIRANDOTI AL RACCONTO DI BESA MONE, SCRIVI UNA STORIA, AUTOBIOGRAFICA O DI
FANTASIA,
SEGUENDO
QUESTA
TRACCIA:
“I TUOI GENITORI DEVONO ANDARE A LAVORARE ALL’ESTERO PER UN PERIODO ABBASTANZA
LUNGO, COSÌ LI DEVI SEGUIRE. COME IMMAGINI LA TUA NUOVA VITA IN UN PAESE DEL QUALE
CONOSCI POCO LA LINGUA? COME VORRESTI ESSERE ACCOLTO A SCUOLA? COME REAGIRESTI
ALLE DIFFICOLTÀ DI COMUNICAZIONE? A CHI CHIEDERESTI AIUTO? COSA FARESTI PER FARE
AMICIZIA CON I NUOVI COMPAGNI?”
S1. ALLEGATO N. 26. UA2 SCHEDA SU CULTURE “NASCOSTE” E TESTO CREATIVO, 21/05/2012
122
/
A me non è capitato né ai
miei amici stranieri perché
venuti in Italia da piccoli o li
ho conosciuti quando già si
erano ambientati.
/
No.
Indica il cognome che è stato tolto.
Clara
6
1
Emanuele
Renato
4
5
Igor
3
spagnolo. per fare amicizia con i miei compagni posso invitarli a casa mia e giocare insieme ai videogiochi, in
alcune occasioni a fare i compiti insieme e giocare a degli sport come calcio, basket, dogball… con loro.
Spero che sia facile abbituarmi.
I miei genitori sono andati all’estero per il lavoro, dopo mi hanno portato con loro in Italia. Io ha scuola sono
andato dal secondo giorno da quando sono venuto in Italia. Andavo ha scuola e io sapevo gia un po’ di cose
perché mamma era venuta in Italia 5 anni fa e mi mandai un dizionario che imparavo la lingua Italiana ma ha
scuola mi vergogniai ti parlare. Dopo una settimana arivai una maestra che mi insegnava ha parlare
Quando mi chiese la maestra da dove viengo, e io gli ho risposto a Moldavia e lei fase un progetto e lo fa
vedere ha tutta la classe e io ero molto contento che loro hanno visto la mia scuola il mio paese ecc….io ha
mamma gli ho raccontato tutto come sono stato ha scuola. Io nel mio nuovo paese mi trovo benissimo ci ho
tanti amici con cui giocare di domeneca quando vado in piazza mi diverto un sacco con i amici ha scuola
1
quando sono arivato il mio primo amico era Michele, Fefè e Carlo (…) erano i miei migliore amici. Io
chiederei aiuto a tutta la classe se puossono aiutarmi. Io farei tante cose per avere un amico “chi trova un
amico trova un tessoro” niente non è più importante trane l’amico.
Non scorderò mai quel giorno alla cui mio padre ricevette una lettera dal suo capo di lavoro. Eravamo tutti in
ansia in quel momento, quando papà disse: “Ci dobbiamo trasferire a New York per 6 mesi.”
Mamma presa dal panico chiese perché e lui con agitazione rispose che non lo sapeva. Di certo non
potevano lasciarmi solo e di conseguenza mi dovevano portare con loro. Durante il viaggio pensavo alla mia
nuova scuola ed ai miei nuovi compagni, il problema era solo uno: come capire le cose! Domani sarà il mio
pimo giorno di scuola e sono molto emozionato.
Quando i miei genitori andarono a lavorare in Albania, io ero molto agitato e emozionato.
A scuola l’accoglienza non era molto calorosa, perché quando arrivai nell’aula i compagni non mi guardarono
neanche e l’insegnante non mi aiutava molto.
Io non sapevo nulla della lingua albanese, quando volevo parlare chiedevo alla mia insegnante di sostegno
come si traduceva la frase.
Con il tempo imparai a parlare discretamente la loro lingua, e anche a farmi degli amici, conoscei molti amici
perché sotto casa mia c’era un campo da baskent dove giocavo con altri ragazzi albanesi.
Ai miei amici raccontavo sempre dell’Italia e della sua storia, anche perché loro erano molto affascinati
dall’Italia.
In albania mi sentivo come in Italia ormai, infatti quando andai in Italia mi dispiacei molto.
I miei genitori si devono trasferire per un po’ di tempo e poi rivenire di nuovo a Londra e io andrò con loro.
Ora sono sull’aereo e intando sto guardando la foto della casa e della mia nuova scuola, sono Bellissime!!
123
Enrica
Rubab
Filippo
Claudio
7
8
9
10
/
/
Sì, perché non le ho mai
sentite
parlare
e
mi
interessano.
No, non mi è mai capitato.
Sono appena arrivata a Londra e stiamo andando a casa.
Appena arrivati ci siamo sistemati e io e la mamma siamo andate a comprare le cose per la scuola…
Oggi è il grande giorno si va a scuola!!
Appena arrivata lì entrai subito in classe e dopo che entrarono tutti la proffessoressa mi presentò e mi fece
mettere seduta sulla seconda fila vicino ad una ragazzina.
Io non capivo Bene la lingua, ma la prof iniziò ugualmente a spiegare; Dopo un po’ si ricordò di me e mi diede
degli esercizi da fare.
Questi la sapevo svolgere con facilità e allora mi disse che potevo ascoltare la lezione di grammatica.
Alla fine della lezione la Professoresa mi disse che potevo imparare infretta la nuova lingua, ma per impararla
meglio mi diede un foglio con dei corsi di recupero Pomeridiani.
Appena arrivata lì vidi che c’erano delle altre persone italiane e subito iniziarono a parlare con me.
Io dissi L’oro che ero contenta di vedere dei miei coetanei che venivano dall’Italia, ma io sussurrai loro,
sapendo che tanto gli insegnanti non potevano capire, forse è meglio se ci alleniamo sulla lingua io è da oggi
che sono qui e loro mi diedero ragione e smettemo di parlare in Italiano.
Intanto a scuola iniziavo a socializzare con qualcuno e pian piano che passava il tempo potevo esprimermi e
capire come tutti, lì.
Io feci amicizia con molte in quella scuola e molte di loro mi chiedevano come era la vita in Italia, la scuola e
molte mi chiedevano come si dicevano alcune parole in italiano.
Quando fu arrivato il momento di andare via di lì non fù facile per me andare, ma tanto sapevo che sarei
ritornata e questo mi rendeva felice.
Avevo 7 anni e i miei genitori si dovevano trasferire all’Estero.
Io mi sentivo triste per la mancanza dei miei compagni, ma ansiosa di conoscerne dei nuovi.
Ci misimo in macchina e con un giorno ci trovammo all’Estero.
La mia nuova viva all’Estero era stata abbastanza difficile sia per la scarssissima conoscenza della lingua e
sia per la cultura.
A scuola ho socializzato subito perché anche non sapendo la lingua c’era la prof che mi aiutava.
Infine, quando ormai era giunto il momento di fare ritorno, mi dispiaceva ma ero felice di rivedere i miei
compagni in Italia.
/
/
Sono un ragazzo italiano, abito in un piccolo paese dove quasi tutti si conoscono.
Da un giorno all’altro la mia vita è cambiata perché i miei genitori hanno avuto l’opportunità di andare a
lavorare all’estero, precisamente a Londra.
I miei genitori sembravano entusiasti, io e mio fratello un po’ meno.
124
Eleonora
Michele
Rachele
11
12
13
/
/
No
Andai in camera mia e mi misi a riflettere in rilenzio, i pensieri e le paure frullavano nella mia testa.
Londra è una città molto grande e il mio pensiero è quello dell’adattamento.
La lingua sia da me che dai miei genitori viene parlata a livello scolastico, quindi questo provocherebbe un
grande disagio.
Nel mio paese ho i miei amici e a scuola vado volentieri perché è come una famiglia.
Cambiando città la scuola sarebbe per me un luogo estraneo e sono sicuro che non sarei accolto come uno
di loro.
Avrei difficoltà nella comunicazione sia con gli insegnanti che con i miei compagni.
Sono un ragazzo amichevole con tutti, ma in questo caso penso di avere delle grandi paure di inserimento.
Chiderei aiuto a qualche compagno di classe, facendo i compiti insieme e dialogare con lui in modo da
imparare qualcosa in più.
Inviterei, poi, i miei compagni a casa mia per giocare e fare delle grandi merende in compagnia.
Staccarsi dalle proprie abitudini, amici e vari interessi non è facile e questo disturbo può portare ad un crollo
fisico e morale.
Per questo motivo bisogna sempre essere ottimisti e affrontare la vita con il sorriso e con la voglia di viverla
fino in fondo senza rimpianti.
Se io e i miei genitori ci trasferiamo la mia nuova vita ne l’himmagino molto difficile perche in un paese in cui
la lingua la conosco pochissimo non è che è molto facile e inserirsi sarebbe molto difficile.
A scuola, visto che è il mio primo giorno, non mi aspetterei tanto ma vorrei che ci andassero piano con le loro
critiche.
Per inserirmi meglio faccio amicizia con altri miei compagni e se c’e qualche difficolta c’erco di parlarne con i
miei amici per sapre cosa fare con chi ha problemi.
Per fare ami cizia con i miei nuovi compagni sarei mestessa e li aiuterei finché loro non mi accettano come
sono e vorrei che loro non mi facciano sentire diversa da loro.
Io devo andare con i miei genitori in un altro paese, che non conosco la lingua molto bene. Per fortuna che
con me ci sono i miei genitori gli unici che conosco in questo paese.
Il periodo è da 1 a 3 anni. Perciò devo fare lì la scuola. Il modo in cui vorrei essere accolto non saprei basta
che siano gentili. Dopo il mio primo girorno di scuola sono nervoso perché ho difficoltà di comunicazione.
Dalla tenzione ho paura di essere interrogato e saper dire solo “Yes”. Anche se “Yes” è inglese mentre io sto
in Spagna. Fortunatamente c’è una Professoressa che sinceramente non ho capito che insegna e italiana.
Grazie a lei che ora ho tanti amici e amiche. Quando dovrò andarmene mi mancheranno gli amici e amiche e
un po’ mi dispiace quando dovrò andarmene. Fine
Una cosa che mi dispiace molto è che i miei genitori devono andare a lavorare all’estero in Francia.
Purtroppo, io devo lasciare tutti i miei amici, il che mi dispiaceva tantissimo Perché forse non ci potremmo
125
15
14
Lucilla
Ester
/
/
incontrare più. La mia nuova scuola era grandissima.
Siccome io non parlavo la lingua era un po’ difficile chiedere dove stava la mia classe.
Io mi sentivo molto isolata e non molto bene in questa scuola perché mi ci perdevo e mi prendevano tutti in
giro. La cosa che mi piace di più è l’estate perché posso andare in America a salutare i miei vecchi amici e
parenti.
Come è stata la mia immaginazione, io pensavo di non avere amici, invece dopo qualche Settimana i miei
compagni mi guardavano in un lato positivo.
La cosa che mi piaceva fare molto era di andare ai rientri pomeridiani per noi stranieri, mi piaceva per ché mi
aiutava molto ad imparare la nuova lingua. Io speravo che il modo in cui mi hanno accolto andava bene ma
invece no.
Siccome non sapevo la lingua, era molto difficile perché nella comunicazione anche quando andavo a
comprare qualcosa era molto più difficile della scuola.
Infatti dopo un po’ di tempo ho chiesto a mamma l’aiuto perché era solo lei che sapeva la lingua francese.
Io per fare amicizia con i miei compagni ci giocherei sempre e li inviterei a delle feste. Affinché non vogliono
essere amici.
IMMAGINARMI IN UN PAESE STRANIERO SAREBBE UNA COSA MOLTO DIFFICILE.
NON SO COME RIESCONO MOLTE PERSONE A SPOSTARSI DA UN PAESE ALL’ALTRO DOVE
DEVONO SGOBBARE PER POTER IMPARARE LA LINGUA OPPURE FARSI NUOVI AMICI.
PER ME NON SAREBBE QUESTA LA COSA PIÙ DIFFICILE DI TUTTE MA PENSARE COME SAREI
ACCOLTA A SE MI FISSERANNO OPPURE NON SI RENDEREBBERO CONTO DI ME (COSA MOLTO
DIFFICILE).
LÌ CERCO DI FARMI DEGLI DEGLI AMICI NATURALMENTE DOPO AVER INPARATO UN PO’ LA LINGUA
E SE AVRO DEI PROBLEMI LO CHIEDERO A MIA MADRE MA COMUNQUE NON CREDO CHE NON CI
DOVREMMO TRASFERIRE
Un giorno i miei mi diedero una notizia terrificante, cioè di andare a vivere in un altro stato, perché il nostro
era ormai in crisi e non si trovava più lavoro. Dopo uno o due mesi avevamo gia preparato tutto, però di
vivere un’altra esperienza non mi eccitava un granché. Dopo molte ore di viaggio eravamo giunti in quel
posto dove c’era moltissima gente che parlava una strana lingua.
Pensavo ai miei amici che dicevano Addio pensavo ai miei parenti e perfino la mia comodissima casa, ma ora
è tutto lontano e io non sapevo cosa fare. I miei genitori mi volevano mandare a scuola ma l’idea non mi
piaceva per niente. Il giorno dopo mi preparai per andare a scuola, mi sentivo ridicola con quell’uniforme
rossa e blu, volevo che i miei compagni mi salutassero con un CIAO oppure BENVENUTA. Tutti mi fissavano
la mia compagna di banco mi parlava ma io non capivo niente e ripetevo che sono Italiana, però lei testarda
mi continuava a chiacchierare.
126
Ada
Balina
18
Cristina
17
16
/
/
Alla scuola elementare in
classe c’era un bambino
indiano. Portava in testa
una specie di chignon.
Incuriosita gli chiesi perché
lo portava e lui mi ha
spiegato che non se lo
poteva togliere finché non
si
sarebbe
purificato,
facendo un bagno nel fiume
Gange.
Tra me e me mi ripetevo, se la mia migliore amica Redona fosse stata qui, così mi faceva come traduttore e
così io capico meglio.
Io non vedevo l’ora di rivedere i vecchi amici e riabbracciare i miei parenti.
Un giorno i miei genitori mi diedero una grande notizia: per qualche mese ci saremmo trasferiti in Olanda, per
questioni di lavoro. Affittammo un appartamento nella periferia della città e i miei genitori mi iscrissero alla
scuola più vicina. Io non ero molto contenta di quella decisione perché, per un lungo periodo, non avrei più
rivisto i miei amici, i miei parenti, la mia casa e la mia città. Arrivò così il giorno della partenza: non potevo più
tirarmi indietro! Arrivati in Olanda cercammo il percorso per arrivare a casa e alla fine arrivammo a
destinazione. Il giorno dopo iniziai a frequentare la nuova scuola: i primi giorni ero un po’ a disagio perché
non conoscevo nessuno. Dapprima, per capirci, gesticolavamo molto, ma dopo un po’ imparai, poco alla
volta, la nuova lingua e comunicare non fù più un grande problema. Inoltre, ben presto feci amicizia con
alcuni miei compagni e ne fui molto felice. In Olanda ho imparato alcune parole olandesi e le loro usannze nel
campo dell’alimentazione.
Nei pomeriggi in cui i miei genitori andavano a lavoro io rimanevo con la famiglia proprietaria della casa.
Questa era composta dalla madre, dal padre e da due bambini: un maschio e una femmina.
Avevano più o meno la mia stessa età e con loro i pomeriggi passavano così veloci che si facevano già le
sette e noi non ce ne accorgevamo affatto.
Altri pomeriggi invece uscivo con alcuni miei compagni di scuola e anche se parlavamo due lingue diverse
bastava solo scambiarci un’occhiata per capire cosa ci volessimo dire. Quello è stato veramente un periodo
magico, un’esperienza unica in una bellissima città olandese, che non dimenticherò per nulla al mondo.
Era arrivato finalmente il giorno in cui sarei andata a vivere in Italia per motivi di lavoro dei miei genitori. Mio
padre decise che saremmo andati a scuola, mio fratello avrebbe frequentato la prima elementare e io l’ultimo
anno d’asilo. Il mio primo giorno di scuola fu terribile perché innanzitutto non sapevo parlare e mia madre non
poteva restare lì con me. Ero praticamente in gabbia perché non conoscevo nessuno e quando la maestra mi
parlava io non capivo proprio niente. C’erano molti stranieri e molti erano albanesi, io a volte parlavo con loro
in albanese, ma il mio unico pensiero era di tornare a casa. Restai a lungo in Italia e intanto mi imparai a
perfezione la lingua e mi feci moltissimi amici. La mia migliore amica era Lucia. Siccome non capivo proprio
tutto e quindi andavo spesso a casa sua per fare i compiti e per studiare anche se non avevo proprio tutti
ottimo nelle pagelle. Passarono alcuni anni e ormai i miei compagni mi consideravano una di loro. Ricordo
che in prima elementare avevo una maestra “privata” che mi insegnava un po’ la lingua e mi aiutava a fare i
compiti , ma poi imparai e non ce ne fu più bisogno. Quando tornai in Albania, mi mancava quasi l’Italia.
Quando tornai in Italia fui felici di vedere i miei amici italiani.
I miei genitori erano venuti in Italia mentre io e mio fratello in Albania con i nostri nonni. Noi volevamo tanto
che i nostri genitori venissero in Albania, però un estate vennero, ma ci portarono in Italia con loro, cosa che
127
19
Donata
/
a noi piaceva solo che non volevamo andarcene.
Ma comunque ci siamo venuti.
Noi di solito non vedevamo l’ora che finisse l’estate al meno così potevamo incontrare i nostri amici, ma
quest’estate non volevamo che finisse. Non volevamo perché avevamo paura di andare a scuola dove tutti i
ragazzi parlano una lingua diversa dalla nostra. Era un problema più grande per mio fratello a differenza di
me, perché io avevo fatto l’asilo invece lui non era venuto mai. La fine dell’estate pero arrivò e noi andammo
a scuola con tanta timidezza di parlare, perché avevamo paura di dire qualcosa con cui tutti avrebbero riso.
Quando passò qualche mese cominciai a parlare a scrivere e leggere anche se quando dovevo scrivere una
parola con la ‘c’ la scrivevo con la ‘k’ questo sucesse anche con le doppie lettere, le quali io non le mettevo
mai. Però le mie migliori amiche mi aiutarono e il significato di una parola che io non conoscevo me lo
spiagavano
In fin dei conti mi è piacciuta la scuola e mi sono trovata bene, anzi meglio di quanto pensavo.
I miei genitori dovevano partire dall’Africa per l’Italia per lavoro. Avevo paura perché andare in un nuovo
paese di cui non conoscevo neanche la lingua non riuscivo proprio ad immaginarelo.
Il primo giorno di scuola mi sarebbe piaciuto essere accolta calorosamente non con un banale “come sta?” la
mia non conoscenza della lingua italiana ebbi molta difficoltà con la comunicazione con gli altri, anche se un
po’ di italiano me lo aveva insegnato mio padre. Io chiesi sempre aiuto a mio padre, ma anche un po’ alla mia
maestra così che potesse insegnarmi delle cose in più giorno per giorno.
Io non amo stare sola quindi ho sempre cercato di fare amicizia con gli altri perché in compagnia si sta meglio
quindi il mio metodo è questo prima di tutto mi devo imparare qualche bardeicomia così da fare colpo.
128
2
1
Andrea
Loredana
ALUNNO
PERCHÉ
SA
GIÀ PARLARE
L’ITALIANO
LA
BAMBINA
AVEVA
IMPARATO UN
PO’
DI
ITALIANO
1. PERCHÉ LA
BAMBINA
È
AMMESSA
A
FREQUENTAR
E
LA
SECONDA
ELEMENTARE?
IN
LA
PERCHÉ
SAPEVA
SAPEVA
PARLARE
ITALIANO
NON
CHE
LA DIRETTRICE
LE
SEMBRAVA
CHE
NON
SAPESSE
NE
SCRIVERE
NÉ
LEGGERE
2. PERCHÉ
DIRETTRICE
L’AVREBBE
INVECE
INSERITA
PRIMA?
ESSERE
BOCCIATA
SAREBBE
STATA
UNA
VERGOGNA
RIPETERE
LA
PRIMA
ELEMENTARE
3.
COSA
AVREBBE
SIGNIFICATO
PER
LEI
RIPETERE LA
PRIMA?
IL
PRIMO
GIORNO
LA
BAMBINA
PROVA
DISAGIO
PERCHÉ NELLA
SUA
NUOVA
CLASSE
NON
CONOSCEVA
NESSUNO E SI
IMBARAZZAVA
MOLTO,
NON
PARLAVA
MOLTO
BENE
L’ITALIANO
ANCORA
PERCHÉ
NON
AVEVA
LA
MAMMA VICINO
A LEI E PERCHE
TUTTI
PARLAVANO IN
ITALIANO
4. IL PRIMO
GIORNO
DI
SCUOLA, PER
QUALI RAGIONI
LA
BAMBINA
PROVA
DISAGIO?
DOMANDE I PARTE
S1. ALLEGATO N. 27. UA2 QUESTIONARIO DI COMPRENSIONE, 21/05/2012
PER FARGLI
ALLANTARE
LA
TENSIONE.
PER
FAR
ALLENTARE
LA TENSIONE
IN LEI CHE
ERA MOLTO
FORTE
5.
PERCHÉ
VORREBBE
SENTIRE LA
SUA
LINGUA?
PERCHÉ
SE
SAREBBE
VENUTA IL PRIMO
GIORNO LEI NON
LO
AVREBBE
PROVATO
PERCHÉ
NON
VOLEVA
DIRGLI
CHE CONOSCEVA
TUTTE
LE
LETTERE
6.
PERCHÉ
QUANDO ARRIVA
LA
SECONDA
MAESTRA,
LA
BAMBINA PROVA
IMBARAZZO?
PERCHÉ LEI NON
SAPEVA
PARLARE BENE
L’ITALIANO
PERCHÉ TRA DI
LORO,
LE
VOCALI,
NON
C’ERA
UNA
CONSONANTE
7. PERCHÉ È
DIFFICILE
PER
LA
PROTAGONISTA
PRONUNCIARE
UNA
PAROLA
CON
TANTE
VOCALI
DI
SEGUITO?
129
Emanuele
Renato
4
5
Igor
3
PERCHÉ
LA
BAMBINA
AVEVA
STUDIATO LE
STESSE COSE
AVEVA OTTIMI
VOTI.
Perché il fratello
gli
aveva
insegnato
a
leggere e gli
aveva imparato
un po’ l’italiano
Perché
la
bambina aveva
dei
bei
voti
perché a fatto
già la prima
PERCHÉ
NON
PARLAVA BENE
L’ITALIANO, MA IL
FRATELLO
LE
AVEVA INSEGNO
L’ALFABETO
ITALIANO.
Perché
le
sembrava che non
sapeva per niente
l’Italiano
Non
sapeva
leggere in lingua
Italiana.
SAREBBE
STATO COME
BOCCIARLA.
Essere bocciata,
“una vergogna”.
Sarebbe
stato
come
bocciarm(?)la
Perche
non
conosceva
a
nessuno e non
voleva
parlare
perché
aveva
paura
di
sbagliare.
Le
insegnanti
quando
entravano
dicevano
“Buongiorno
a
tutti”
e
non
benvenuti e lui gli
manava sentire
buon giorno in
Italia
SI TROVA A
DISAGIO XCHÉ
NON
CONOSCEVA
NESSUNO
E
NON PARLAVA
BENE
L’ITALIANO
E
AVEVA PAURA
DI SBAGLIARE A
PARLARE E LA
MAESTRA
AVEVA DETTO
CHE
SUA
MADRE
NON
Perché
non
sapeva
parlare
Italiano e pensa
di sbagliare e non
parla.
VOLEVA
ALLENTARE
LE
SUE
TENSIONE E
SENTIRSI PIÙ
A SUO AGIO,
COME
SE
FOSSE
ANCORA IN
ALBANIA.
Perché
sarebbe
bastata
una
sola parola per
far allentare la
tensione che
provavo.
Per sentirsi di
più a suo agio
per
poter
comunicare
con gli altri.
PERCHÉ
PROVAVA
IMBARAZZO
A
DIRLE
CHE
CONOSCEVA GIÀ
TUTTE
LE
LETTERE
DELL’ALFABETO
Perché le insegna
l’alfabeto come in
prima elementare.
Perché
aveva
paura di sbagliare a
parlare
PERCHÉ NELLA
LINGUA
ALBANESI NON
SONO
MOLTO
USATE
Perche non c’era
di mezzo nessuno
consonante
(nessuna risposta)
130
Rubab
Filippo
9
Enrica
7
8
Clara
6
già
PERCHÉ
LA
MADRE
INSISTE
A
FARLA
AMMETTERE
IN SECONDA
Perché sapeva
parlare l’italiano
Perché
la
bambina
era
passato
con
ottimi
voti
e
sapeva l’italiano
Sapeva
leggere
PERCHÉ
CREDEVA
CHE
NON
SAPEVA
LEGGERE
Perché se non
sapeva
parlare
l’italiano
doveva
essere nella prima
Perché
pensava
che non sapeva
scrivere e parlare
la lingua
perche non sapeva
leggere
ESSERE STATA
BOCCIATA
Per ripetere la
prima
sarebbe
stata come se
era BOCCIATA
Per lei sarebbe
significato
bocciarla
Sarebbe
stato
come bocciarla
come un insulto
POTEVA
RESTARE
IN
CLASSE
PER
TUTTA
LA
LEZIONE.
Perché
non
conosceva
nessuno e non
aveva niente di
suo e per questo
voleva che sua
mamma restasse
qui con lei
Perché
non
conosce nessuno
e vorrebbe aver
avuto la mamma
vicino
per
proteggerla; poi
appena arriva la
maestra
entrò
pronunciando
normalmente la
parola:
“BUONGIORNO”
LEI
NON
CONOSCEVA
NESSUNO
ED
INVECE
GLI
ALTRI SÌ E LEI
VOLEVA CHE LA
SUA MADRE LE
STA VICINO
PROVA
DISAGIO
PERCHÉ
LA
MADRE NON È
CON
LEI,
PERCHÉ
LA
la
LE
PERCHE
COSI
SE
SAREBBE
SENTITA
MEGLIO
PERCHÉ
PIACE
Per
fargli
ricordare
un
po’ la scuola
Albanese
Voleva
allentare
tensione
PERCHE METTE
IN MOSTRA LA
BAMBINA
PERCHÉ
GLI
INSEGNA
L’ALFABETO
COME INPRIMA
Perché non l’aveva
mai vista prima di
quel giorno
Provava imbarazzo
a dire che le
conosceva tutte.
PERCHÉ
IN
ALBANIA NON È
STATA ABITUATA
A PRONUNCIARE
TANTE
VOCALI
VICINE
PERCHÉ LEI NON
AVEVA
MAI
PRONUNCIATO
UNA
PAROLA
CON
TUTTE
QUESTE VOCALI
Perché non c’è
neanche
una
consonante
che
l’aiuti
per
la
pronuncia
Perché era diversa
la pronuncia e non
c’erano consonanti
vicino
e
in
ablanese le parole
ospitano
molte
consonanti.
131
Rachele
Eleonora
Michele
11
12
13
Claudio
10
Perché la madre
e specialmente
lei non voleva
ripetere la prima
elementare.
/
Perché
in
Albania
era
passatta
dalla
prima
elementare con
ottimi voti
Perché
aveva
ottimi voti nella
scuola albanese.
non
La
direttrice
l’avrebbe
invece
inserita in prima
perché lei pensa
non sa leggere
/
Perché
credeva
che non sapesse
nulla dell’italiano
Perche
conosceva
l’italiano.
lei
in
come
Per
lei
significherebbe
essere bocciata.
/
Bocciatora è una
vergogna per lei
Secondo
rimetterla
prima è
bocciarla.
BAMBINA NON
HA
LA
SUA
BAMBOLA
E
PERCHÉ
NON
CONOSCE
NESSUNO.
Lei nella sua
classe
non
conosce nessuno
e quando parla
ha
paura
di
sbagliare
/
Non
conosce
nessuno
ha
paura di parlare
italia perché teme
di sbagliare gli
mancano
la
scuola
e
i
compagni
dell’Albania…
1) Perché
non
conoscev
a
nessuno
2) Che non
sentiva
parlare la
sua
lingua
ma sente
l’italiano
3) Parla
male la
lingua e
ha paura
di
Vorrebbe
sentire la sua
lingua perché
per allentare la
sua tensione e
perché
gli
sembrava che
gli mancava il
respiro
/
Per confortarla
Perche
si
sentirebbe più
sicura
Quando
seconda
trova
perché
voleva
sapeva
ttere.
arriva la
maestra
imbarazzo
non
gli
dire che
tutte le
/
Perché quando la
maestra
entra
chiede dove era la
bambina Albanese
Perché gli insegnò
l’afbeto, ma lei già
lo conosceva.
E’ difficile per la
protagonista
pronunciare
una
parola con tante
vocali di seguito
perché era difficile
e
diversa
la
pronuncia
/
Perché
in
Albanese non c’è
una parola così
Perché
non
è
abituata
ancora
all’italiano.
132
Cristina
Ada
17
Lucilla
15
16
Ester
14
PERCHÉ
SAPEVA
GIÀ
SCRIVERE
E
LEGGERE
PERCHÉ I SUOI
GENITIRI
INSISTEVANO
CHE
TORNASSE
CON LORO IN
ITALIA ANCHE
PERCHÉ SUO
FRATELLO GLI
AVEVA
INSEGNATO
UN
PO’
L’ITALIANO
PERCHÉ
CONOSCE GIÀ
QUALCOSA
DELLA LINGUA
ITALIANA E LA
MADRE
INSISTE
PERCHÉ
HA
OTTIMI VOTI È
QUELLO CHE
HA STUDIATO
IN
ALBANIA
SONO
LE
STESSE
MATERIE
ITALIANE
PERCHÉ
PENSAVA
SAPESSE
LEGGERE
NON
CHE
GIÀ
PERCHÉ
SUPPONEVA
CHE LA BAMBINA
NON
CONOSCESSE
AFFATTO
LA
LINGUA ITALIANA
PERCHÉ
DICE
CHE
NON
SAPEVA
LA
LINGUA E NON
CONOSCIESSE
L’ALFABETO
PERCHÉ
CREDEVA
CHE
NON
CONOSCEVA
L’ITALIANO
PER
LEI
SAREBBE
STATO COME
UNA
BOCCIATURA
PER
LEI
AVREBBE
SIGNIFICATO
ESSERE STATA
BOCCIATA
PER
LEI
AVREBBE
SIGNIFICATO
LA
BOCCIATURA
UNA
VERGOGNA
PERCHÉ
NON
CONOSCE
NESSUNO; NON
AVEVA NIENTE
DI SUO; NON
CONOSCEVA LA
MAESTRA;
AVEVA PAURA
DI SBAGLIARE.
PERCHÉ
NON
CONOSCEVA
NESSUNO,
INVECE
GLI
ALTRI
SÌ
E
PERCHÉ
SBAGLIAVA LA
LINGUA
POI
AVEVA ANCORA
NOSTALGIA
PER
LE
COMPAGNIE
ALBANESI, NON
AVEVA NIENTE
DI SUO E NON
CONOSCEVA
NESSUNO
PERCHÉ
NON
CONOSCE
NESSUNO
E
QUANDO
PARLA
HA
PAURA
DI
SBAIARE.
sbagliare
VOLEVA
SENTIRE LA
SUA LINGUA
PER
ALLENTARE
PERCHÉ
SI
SAREBBE
SENTITA PIÙ
A SUO AGIO.
PERCHÉ GLI
PIACEVA
COME
LA
DICEVA
LA
SUA
MAESTRA
ALBANESE
PERCHÉ GLI
MANCA E SI
SENTIREBBE
PIÙ SICURA
LE
PERCHÉ
LA
MAESTRA AVEVA
CHIESTO CHI ERA
LA
BAMBINA
ALBANESE E LE
PERCHÉ
INSEGNA
L’ALFABETO
PERCHÉ
LA
MAESTRA
ARRIVATA
VOLEVA VEDERE
LA
BAMBINA
ALBANESE
PERCHÉ
GLI
INSEGNA
L’ALFABETO
COME
IN
1°
ELEMENTARE
PERCHÉ NELLA
SUA
LINGUA
QUESTO NON SI
FA.
PERCHÉ NON C’È
UNA
CONSONANTE IN
MEZZO
PERCHE LEI NON
È ABBITUATA, ED
ERA
DIFFICILE
DA
PRONUNCIARE
POI
NELLA
PROPRIA LINGA
CI SONO PIÙ
CONSONATI CHE
VOCALI
PERCHÉ
NON
C’ERA NEANCHE
UNA
CONSONANTE
TRA LORO
133
19
18
Donata
Balina
Perché lei aveva
già frequentato
la
prima
elementare
e
quindi tornare in
prima per lei
sarebbe
stato
come bocciarla,
Perché la madre
aveva insistito,
ma
anche
perché
la
bambina aveva
imparato un po’
l’Italiano
Perché lei non
sapendo l’italiano
l’avrebbe
rimandata in prima,
ma fortuna che
prima il fratello gli
aveva
insegnato
un po’ di italiano.
Perché
pensava
che la bambina
non
conosceva
l’Italiano
Sarebbe
come
bocciata.
stato
ssere
Come
se
sarebbe
stata
bocciata
una
vergogna per lei
VOLEVA
CHE
SUA
MADRE
RIMANESSE
CON LEI
Perché
non
conosceva
nessuno e aveva
“paura” di parlare
perché pensava
che
avrebbe
sbagliato. Voleva
anche che sua
madre restasse
con lei, ma la
maestra non la
permetteva
perché
la
bambina
si
diveva abituare.
Non conosceva
nessuno e quindi
ha
provato
disagio,
anche
parlare
perché
aveva paura di
sbaiare o di dire
una cosa senza
senso.
Perché
dice
che anche con
una
sola
parola
avrebbe fatto
allentare
la
tessione.
Per sentirsi a
suo agio.
LA TENSIONE
Prova
imbarazzo
perché
le
conosceva tutte le
lettere dell’alfabeto
albanese.
INSEGNA
L0ALFABETO
COME IN PRIMA
ELEMENTARE.
Perché la maestra
le insegna l’alfabeto
dalla lettera “A”
Perché la bambina
non
pronunciare
aiula perché non
c’era
nemmeno
una consonante tra
di loro.
Perché non ci sono
consonanti
di
mezzo
134
Loredana
Andrea
1
2
ALUNNO
PERCHÉ
SI
TRATTAVA
DI
UNA
SCELTA
CULTURA
LE
BEN
RAGIONAT
A DA UN
POPOLO
CHE ERA
DIVERSO
DALL’ALT
RO
/
8.
PERCHÉ
IL MODO
DI
SCRIVERE
LE
LETTERE
IN
ITALIANO
NON È UN
PROBLEM
A
DA
RISOLVER
E?
/
E’ stato nel XIX e
rappresenta
la
libertà
e
l’emancipazione
9. DA QUANDO
È
STATO
POSSIBILE
SCRIVERE
IN
ALBANESE?
CHE
COSA
RAPPRESENTA
VA PER
GLI
ALBANESI
LA
SCRITTURA?
CAMBIA
AGGIUNGEDO “i” o
“e” oppure “a”, “o” o
“u”
SI SCRIVE Ç
“C” si legge “k”
“C” si legge in base o
alla vocale o alla
consonante che la
segue
“C” si può leggere
“ci” e “ce” basta
mettendo “ç”
10. LA LETTERA
“C”
DEGLI
ALFABETI
ITALANO
E
ALBANESE VIENE
ACCOSTATA
AD
ALCUNE
CARATTERISTICHE
DEI
POPOLI.
COMPLETA
LA
TABELLA
ELENCANDO TALI
CARATTERISTICHE
:
ALLA
C
ALBANESE
SI
PRONUNC
IA NELLO
STESSO
MODO
ad
una
signora che
sa
come
mettere a
proprio agio
che le sta
vicino
11. A CHI
ASSOMIG
LIA LA “C”
ITALIANA?
PERCHÉ?
HANNO
LA
LIBERAZIONE
Sia
l’alfabeto
Italiano
e
Albanese
e
sono tutte due
latine.
12.
CHE
COS’HANNO IN
COMUNE
IL
POPOLO
ALBANESE E
QUELLO
ITALIANO?
DOMANDE II PARTE
PERCHÉ LEI SA CAPIRLA
E CONOSCE LA SCUOLA
DA CUI LEI PROVIENE
Perché mostra delle foto
della sua città e i bambini
gli facevano delle domande
e lei sapeva rispondere ed
era molto contenta delle
foto
della
scuola
dell’Abania
che
la
mediatrice aveva mostrato
13. PERCHÉ, QUANDO
ARRIVA LA MEDIATRICE
LINGUISTICOCULTURALE,
LA
BAMBINA ALBANESE È
AL SETTIMO CIELO?
PERCHÉ LE
PERSONE
ALBANESI IN
ITALIA
HANNO
BISOGNO
DELL’ITALIAN
14. RIFLETTI
SUL
RACCONTO
POI
RISPONDI:
PERCHÉ PER
LA BAMBINA
ALBANESE
SONO
IMPORTANTI
SIA
LA
LINGUA
ALBANESE
CHE QUELLA
ITALIANA?
Perché sono
due
lingue
simili e difficili
allo
stesso
tempo e gli
piacciono
molto tutte e
due
135
Emanuele
Clara
6
Renato
4
5
Igor
3
Perché si
trattava di
una scelta
PERCHE’
SI
TRATTAVA
DI
UNA
SCELTA
CULTURA
LE
Perché
è
una cosa di
coltura
e
tutti
gli
alfabeti
sono
diversi
Le lettere si
scrivono
quasi
uguali
nel XIX sec. dopo
5 secoli con la
liberazione
dei
DAL
19°
SECOLO
E
SCRIVERE ERA
UN SENSO DI
LIBERTÀ,
DI
POSSIBILITÀ DI
ESSERE LIBERI
Dal XIX è stato
possibile scrivere.
Scrivere
rappresentava la
libertà
e
l’emancipatazione
.
E’ stato nel XIX e
rappresenta
la
libertà.
Popolo triste che a
solo combattuto
POPOLO
PIÙ
FELICE, INFATTI HA
MUSICISTI
E
COMPOSITORI
CONOSCIUTI
IN
TUTTO IL MONDO
POPOLO
PIÙ
TRISTE CHE HA
SOPRATTUTTO
COMBATTUTO
si legge k in alcuni
casi
“c”
assume
una
pronuncia
diversa
“ci”.
Bastava mettere ç e
diventava ci o ce o
nel caso che c’era
una
consonante
prendeva quel suono
“c” si può leggere
“ce” basta agiungere
la “ç”
ad
una
persona
che
ADUNA
PERSONA
CHE
PERMETT
E
ALLE
ALTRE
LETTERE
DI STARLE
VICINO
SENZA
IMBARAZZ
O
assomiglia
a
una
persona
/
Che la madre
albanese non è
diversa
da
LA
RADICE
LATINA DELLA
LORO LINGUA
che hanno le
lingue
che
derivano
dal
latino.
/
PERCHÉ PARLA DELLA
SUA CITTÀ CHE RA
MOLTO
BELLA
E
MOSTRA DELLE FOTO
DELLA SUA SCUOLA CHE
PRIMA
ERA
PIÙ
MALANDATA, MA DOPO
ERA
STATA
RIVERNICIATA
E
RISTRUTTURA ED ORA
ERA PIÙ NUOVA E
BELLA,
PERCHÉ
SI
SENTIVA MOLTO PIÙ AL
CENTRO
DELLA
SITUAZIONE.
Perché fa vedere le foto del
Albania e della sua scuola
e tutti le fanno mille
Perché
gli
racconta
dell’Albania poi aveva fatto
vedere ai suoi compagni le
foto dell’Albania, e alla sua
scuola e lei era molto felice
di questa cose e anche
perché in quel momento
era la protagonista.
Perché i fa delle domande
e lei risponde a tutte e si
senti contenta e i fa vedere
delle foto della sua scuola
PERCHE’
L’ALBANESE
E’ LA SUA
O
La sua lingua i
serve sempre
quela Italiana i
serve
per
parlare
ha
scuola con le
amiche.
Perche
imparare
nuove lingue
per
lei
è
importante
e
gli interessa e
poi sono anche
ambedue
di
origine latina
quindi hanno
anche
qualcosa
in
comune.
PERCHÉ
L’ALBANESE
È LA SUA
LINGUA
MADRE,
L’ITALIANO
ERA LA SUA
SECENDA
136
Filippo
Rubab
8
9
Enrica
7
PERCHÉ
FA PARTE
DELLA
CULTURA
E
OGNI
PERCHÉ
LE
LETTERE
SI
SCRIVON
O COME
IN
ALBANIA.
Perché
tutto
dipende
dalla
coltura
culturale
PERCHÉ
NEL
XIX
SECOLO
RAPPRESENTA
LA LIBERTÀ E
L’EMANCIPAZIO
/
XIX
secolo
e
rappresentava un
modo
per
esprimersi
Turchi si può
iniziare a scrivere
in albanese e
rappresenta
l’emancipazione
SI
LA
C
ASSUME
SI
LEGGE
K
METTENDO UN Ç
SOTTO
IN
ITALIANO
A
VOLTE SI LEGGE K.
IN
ALBANE
PRONUNCIA Ç
Ci sono più suoni
che
si
possono
pronunciare
È uguale per la sua
pronuncia
Popolo felice che ha
avuto
molti
compositori.
/
permetteva
alle
altre
lettere
di
starle vicino
senza
imbarazzo
Assomiglia
alla
accoglienza
di
altre
culture
perché la c
cambia
suono
a
seconda
delle vocali
/
/
/
Hanno
comune
lettere
dell’alfabeto
quella italiana
in
le
PERCHÉ
LA
MEDI
ATRICE
SAPEVA
COMUNICARE CON LA
BAMBINA IN ALBANESE
PERCHÉ TUTTI I SUOI
COMPAGNI
LE
COMINCIANO A FARE
TUTTE
QUESTE
DOMANDE SE ALBANIA
ERA COSÌ BELLA E A LEI
GLI PIACIUTO TANTO
SENTIRE QUESTO CHE
ALBANIA È CAMBIATA.
Perché lei con tutte le
domande che le facevano i
compagni, si sentiva la
protagonista della classe
domande
LA
LINGUA
ALBANESE È
LA
LINGUA
DEL
SUO
PAESE
E
QUINDI
LA
DEVE
RICORDARE
PER FORZA.
LA
LINGUA
ITALIANA GLI
SERVE
A
SCUOLA PER
PARLARE
SCRIVERE E
POI
DIVENTARE
QUALCOSA.
/
Perché fa delle
riflessioni sulla
cultura, sulla
storia,
sulle
lettere
della
lingua italiana
con
quella
Albanese
LINGUA E E’
BENE
IMPARARE
ALTRE
LINGUE
137
Rachele
Ester
14
Eleonora
Michele
11
12
13
Claudio
10
PERCHÉ
LEI
HA
SCRITTO
SEMPRE
LE
LETTERE
Perché
ogni civiltà
vuole
la
sua lingua
/
È
una
scelta
culturale
Perché lei
ha scritto
sempre le
lettere nella
sua lingua
POPOLO
E
STATO
POSSIBILE XIX
SECOLO
E
LASCRITURA
RAPRESENTA
L’EMANCIPAZIO
è stato possibile
Nel 19 sec.
/
È stato possibile a
partire dal XIX.
Rappresentava
libertà.
E’ stato possibile
scrivere
in
albanese dal XIX
secolo.
Rappresentava la
libertà
e
l’emancipazione.
NE
in italiano ci sono
molte meno lettere.
BASTA
AGGIUNGERE UNA
VIRGOLA
SOTTO
ALLA C (Ç) E IL
SUONO E SEMPRE
LO STESSO, NON
si scrive C e si
pronuncia K.
Le lettere sono molte
di più
Sempre
stessa
pronuncia
Cambia assecondo
la vocale che c’è
dopo
/
Non cambia suono di
pronuncia
Cambia a secondo
della lettera che la
segue
SIGNIFICATO
DIVERSO
DALLA
VOCALE
CHE
SEGUE
Bisogna mettere una
virgoletta e mantiene
sempre la stessa
pronuncia
ASSOMIGL
IA AD UNA
SIGNORA
CHE
SA
METTERE
A
Somiglia a
una signora
che
sa
mettere a
proprio agio
chi gli sta
vicino,
perché sa
costruire un
discorso a
qualsiasi
persona.
/
Alla
accoglienza
di
altre
culture.
Perché la ci
va incontro
alle vocali.
assomiglia
a un bella
signora che
sa parlare
con le altre
persone.
della
LA
SOMIGLIANZA
la festa
libertà.
/
Le
lettere
dell’alfabeto
La somiglianza.
signora
parlare
PERCHÉ SI SENTE LA
PROTAGONISTA DELLA
SITUAZIONE VISTO CHE
IN QUEL CASO SI PARLA
DELL’ALBANIA
/
/
Perché
la
incomincia
a
dell’Albania
Perché se la mediatrice
non sapeva pronunciare
una parola in albanese, lei
la aiutava.
SONO
ENDRAMBE
DI
ORIGINE
LATINA E È
INPORTANTE
CONOSCERE
/
/
/
E’ importante
sapere
la
cultura di altre
lingue.
138
16
15
Cristina
Lucilla
PERCHÈ
LE
LETTERE
DERIVANO
TUTTE
DAL
LATINO,
MA
SI
PERCHE’
SONO una
scielta
culturale
NELLA
PROPRIA
LINGUA
LA
SI
POTEVA
SCRIVERE
IN
ALBANESE
DALL’
XIX
SECOLO
SCRIVERE
RAPPRESENTAV
A LA LIBERTÀ
/
NE
E
LIBERTÀ
CAMBIA
LA
PRONUNCIA
A
SECONDA DELLA
LETTERA
SEGUENTE
la lettera “c” in
italiano
invece
assume
una
pronuncia diversa a
seconda della vocale
o consonanante che
la segue
NON CAMBIA LA
PRONUNCIA
nella lingua albanese
“c” si scrive uguale
ma
invece
si
pronuncia “k” nella
loro lingua si scrive
così come si scrive
perché ogni lettera
mantiene la propria
pronuncia
indipendemente dalle
lettere
che
la
seguono
ACCETTARE
COMPROMESSI
LA
“C”
ITALIANA
ASSOMIGL
IA
ALLA
MADRE
DELLA
PROTAGO
NISTA,
la
“C”
ITALIANA
ASSOMIGL
IA A
PROPRIO
AGIO CHE
LE
STA
VICINO
LE
LETTERE
DELL’ALFABET
O
HANNO
IN
COMUNE
LE
LETTERE
DELL’ALFABET
O.
PERCHÉ CONOSCE
SUO POPOLO
IL
PERCHÉ
RISPONDEVA
ALLE DOMANDE DEL
SUO PAESE, POI LA
MEDIATRICE HA FATTO
VEDERE
LE
FOTO
DELL’ALBANIA
E
LA
BAMBINA NON AVEVA
MAI NOTATO CHE LA
SUA CITTÀ ERA COSÌ
BELLA E SENTIVA LE
SUE
AMICHE
DIRE
INCREDULE “È VERO
CHE
L’ALBANIA
ERA
COSÌ BELLA? E QUINDI
ERA AL SETTIMO CIELO
PERCHÉ LE
PIACCIONO
MOLTE
LINGUE. POI
BISOGNA
RICORDASSI
LA
LINGUA
ALBANESE
POI SAPERE
LA
LINGUA
ITALIANA PER
DIVENTARE
QUALCUNO.
/
139
Balina
Donata
19
Ada
18
17
Perché
sono quasi
uguali
Perché fa
parte della
cultura ed
ogni popolo
ha il proprio
alfabeto
PERCHÉ
SI
TRATTAVA
SOLO DI
UNA
SCELTA
CULTURA
LE
SONO
ADATTATE
ALLE
USANSE
DEL
POPOLO
Solo
dal
XIX
secolo e scrivere
significava
la
libertà
e
li
emancipazione
Nel XIX secolo
scrivere
rappresentava la
libertà
e
l’emancipazione
/
nella lingua italiana si
scrive C e si legge C.
nella lingua albanese
la C si legge K. con
l’albanese la C si
cambia con Ç.
c si legge k (in alcuni
casi)
mettendo una virgola
si può ottenere CI o
la ce
SI
CAMBIA
PRONUNCIA
SE
DOPO C’È LA i O LA
E
SI LEGGE “K” E A
VOLTE
PER
CAMBIARE
PRONUNCIA
SI
SCRIVE “Ç”
A
una
signora
molto
generosa
che
sa
come
mettere a
proprio agio
chi le sta
vicino
/
PER
LA
SUA
CAPACITÀ
DI
METTERE
A
SUO
AGIO
CHIUNQU
E LE STA
INTORNO
LA
“C”
ITALIANA
ASSOMIGL
IA ALLA “K”
NELLA
PRONUNC
IA
ALBANESE
/
Che
l’alfabeto
deriva da quello
latino
CHE TUTTE E
DUE
FESTEGGIANO
UNA
VOLTA
ALL’ANNO LA
LIBERAZIONE.
Perché
dicendo
cose
albanesi la bambina si
sentiva più felice anche
perché sapendo tutto per
lei era più semplice
LEI ERA AL SETTIMO
CIELO
PERCHÉ
LA
MEDIATRICE
STAVA
PARLANDO
DELL’ALBANIA
E
QUANDO NON SAPEVA
PRONUNCIARE
UNA
PAROLA ALBANESE LEI
CHIEDEVA
ALLA
BAMBINA
CHE
RISPONDEVA
CON
GIOIA.
Perché le mostra delle foto
della citta e della scuola
della bambina e perche i
ragazzi le domandavano se
l’Albania è veramente così
bella.
Perché
Perché
ogni
lingua
è
diversa
e
interessante e
più lingue si sa
parlare meglio
è
/
140
con
l’alfabeto
italialiano la C si
cambia a seconda
della vocale che la
segue.
141
Loredana
Andrea
Igor
Renato
Emanuele
Clara
Enrica
1
2
3
4
5
6
7
ALUNNO
no, per esempio nella famiglia in
cui è capitato Inge dove mangiava
solo cibi sani (verdure, ortaggi)
Inge invece lo immaginava molto
/
/
/
/
/
No
1. A P. 125 IL PROTAGONISTA
DICE: “… SONO FAMOSI I
TEDESCHI PER LO STINCO DI
MAIALE, I WÜRSTEL E ALTRE
COSE SAPORITE E NUTRIENTI.
SÌ, AVETE RAGIONE, MA SOLO
IN TEORIA. IN PRATICA, MI È
CAPITATA LA TRISTE SORTE DI
ESSERE OSPITATO IN UNA
FAMIGLIA
SALUTISTA
E
BIODINAMICA”.
RIFLETTI E POI RISPONDI: LE
PIETANZE PER LE QUALI SONO
FAMOSI
I
TEDESCHI
CORRISPONDONO
ALLE
ABITUDINI
DI
TUTTI
I
TEDESCHI?
/
/
/
/
/
persona che sia fatto di
zucchero e quindi fanno di
tutto
Inge riesce a capire che il
modo
di
camminare
dell’italiano è un vizio e
bisogna accettarlo com’è
2. ALLA FINE DI P. 126 È
POSSIBILE
INDIVIDUARE
UN’IDEA
STEREOTIPATA
CHE LA FAMIGLIA DI INGE
HA
SUL
RAGAZZO
ITALIANO: DOPO AVERLA
TROVATA,
CERCA
DI
SPIEGARLA.
Perché
ai
genitori
non
interessa come cammina, loro
vogliono sapere di che pasta
è fatto (il ragazzo italiano)
/
/
/
/
/
In modo cattivo
3. SECONDO TE, IN CHE
MODO
QUEST’IDEA
STEREOTIPATA
INFLUENZA
IL
COMPORTAMENTO
DEI
FAMILIARI DI INGE VERSO
IL GIOVANE ITALIANO?
S1. ALLEGATO N. 28. UA3 QUESTIONARIO DI COMPRENSIONE, 09/06/2012
/
/
/
/
/
A. No
B. /
C. Molto male
a.
No
b.
Nessuna risposta
c.
Accetterei le critiche
senza dire niente, ma se per
4. TI È MAI CAPITATO DI
ESSERE
“VITTIMA”
DI
PREGIUDIZI O STEREOTIPI
SUL TUO PAESE O LA TUA
REGIONE?
B. SE SÌ, COME HAI REAGITO?
C.
SE
NO,
COME
REAGIRESTI?
142
Eleonora
Michele
11
12
Rachele
Ester
Lucilla
Cristina
Filippo
Claudio
9
10
13
14
15
16
Rubab
8
/
/
/
NO, PERCHE COME IN QUESTO
CASO, DEI TEDESCHI NON
MANGIANO I LORO PRODOTTI
TIPICI, MA SOLO CIBI SALUTARI
/
No, perché la famiglia di Inge non
mangiava
queste
cose
ma
mangiano di una cucina biologica.
/
Sì, perché è una loro abitudine
alimentare mangiare i cibi che si
trovano in Germania.
No
meglio (wurstel…)
/
/
/
Ciò CHE VOGLIONI DIRE I
GENITORI DI INGE è SE IL
RAGAZZO
ITALIANO
RESISTERà A STARE LÌ
/
Voleva far passare il ragazzo
per una persona che si
preoccupa troppo anche di un
po’ di pioggia, infatti lo
paragona allo zucchero che si
scioglie nell’acqua.
/
/
/
/
/
/
I
FAMILIARI
DI
INGE
PROVANO UN PO’ DI
ANTIPATIA PER IL GIOVANE
ITALIANO
/
Considerano
il
giovane
italiano poco resistente e non
abituato al sacrificio, come
secondo loro tutti gli italiani.
Non sarà facile per il giovane
cambiare idea.
/
/
/
/
/
/
/
/
A.
Sì
B.
GLI HO DETTO CON UN
TONO UN PO’ SECCATO CHE
TUTTO Ciò CHE STAVA
DICENDO NON ERA VERO E
CHE PRIMA DI GIUDICARCI
DOVEVA
IMPARARE
A
CONOSCERCI MEGLIO
C.
/
a.
Sì
b.
Visto che io sono di
Napoli molti si facevano tante
idee sulla mia città. Ho cercato
di ignorare. Avvolte ci sono
riuscito e a volte no.
c.
/
a.
No
b.
/
c.
Non farei nulla, ma non è
che sia contento
caso dalla mia famiglia uscisse
qualcosa loro non si dovrebbero
lamentare
a.
No
b.
/
c.
Che è difficile
143
Ada
Balina
Donata
17
18
19
/
/
NO, I SALUTISTI NON MAGIANO
QUESTE COSE. MA LORO
MANGIANO
SOPRATTUTTO
JOGURT E ALTRE COSE SANE
COME PANE INTEGRALE
SICCOME
STAVA
PIOVENDO
IL
PROTAGONISTA
VOLEVA
PRENDERE UN OMBRELLO,
MA I GENITORI DI INGE
NON VOLEVANO QUINDI
ESSO SAREBBE STATO
COME LO ZUCCHERO CHE
ALL’ACQUA SI SCIOGLIE
/
/
/
/
PER ME I GENITORI DI INGE
PENSANO CHE IL RAGAZZO
SIA UN FIFONE ED ABBIA
PAURA DELL’ACQUA
/
/
Sì
QUANDO VADO IN ALBANIA
MOLTI MI FANNO DEGLI
STEROPITI
SULL’ITALIA,
SOPRATTUTTO SUL CIBO, MA
IO RISPONDO SEMPRE CHE IL
CIBO IN ITALIA è MOLTO Più
BUONO DI QUELLO ALBANESE
144
1
2
3
4
5
6
7
Loredana
Andrea
Igor
Renato
Emanuele
Clara
Enrica
ALUNNO
/
/
/
/
/
/
Inge
prova
un
leggero disagio per
la lingua perché ha
una pronuncia strana
ma quello che mette
veramente a disagio
Inge è la fame che
ha, ma non vuole
assolutamente dirlo a
5.
CHE
COSA
PROVA
IL
PROTAGONISTA
VERSO LA LINGUA
TEDESCA?
PERCHÉ?
CFR.
METÀ P. 124, LE
ULTIME RIGHE DI
P. 124 E LE PRIME
DI P.125.
/
/
/
/
/
/
Per la lingua che non
riesce
ancora
a
interpretare
chiaramente perché
ha suoni strani.
6.
PERCHÉ
IL
PROTAGONISTA
NON RIESCE AD
ESPRIMERE
CHIARAMENTE CIÒ
CHE
VUOLE?
RILEGGI
IN
PARTICOLARE LE
ULTIME RIGHE DI
P. 125 E LE PRIME
DI P. 126.
/
/
/
/
/
/
Io prenderei un dizionario e
cercherei di imparare la loro
lingua in modo di non far
sorgere troppi problemi.
(Perché?) Il motivo è semplice:
sempre meglio imparare una
lingua per stabilire un buon
rapporto con le persone.
PERCHÉ?
7. SE TI TROVASSI IN UNA
SITUAZIONE DI VACANZA
SIMILE A QUELLA DEL
RACCONTO, A STRETTO
CONTATTO CON PERSONE
DI UN ALTRO PAESE, COME
PENSI
CHE
DOVRESTI
COMPORTARTI
NEI
CONFRONTI
DEL
LORO
MODO DI PENSARE, DELLE
LORO ABITUDINI E DELLA
LORO
LINGUA
PER
INSTAURARE DEI BUONI
RAPPORTI?
/
/
/
/
/
/
Inge all’inizio non vede l’ora di arrivare, perché ha
sentito parlare bene del modo sia di mangiare e sia
degli altri modi dei tedeschi.
Purtroppo però capita in una famiglia in cui si sente
a disagio; per il modo di parlare, per le loro pronunce
strane, ma non è tanto questo il motivo , perché la
famiglia dei tedeschi mangia solo cibi sani e ogni
volta ha lo stomaco vuoto infatti il vero problema è la
fame.
8. PROVA A RISCRIVERE LA STORIA DAL
PUNTO DI VISTA DI INGE OPPURE DEI SUOI
GENITORI.
145
17
8
9
10
11
12
13
14
15
16
Ada
Rubab
Filippo
Claudio
Eleonora
Michele
Rachele
Ester
Lucilla
Cristina
SICCOME LUI NON
SA
PARLARE
una ragazza di 55
chili che si nutre
esclusivamente
di
yogurt.
/
/
/
/
/
/
/
/
IL PROTAGONISTA
PROVA
ODIO
CONTRO
LA
LINGUA TEDESCA
PERCHÈ NON LA
CONOSCE MOLTO
BENE.
IL PROTAGONISTA
NON RIESCE AD
/
/
/
/
/
/
/
/
PERCHÉ NON È
FACILE DIRE A UNA
RAGAZZA
CHE
PESA 55 KG E CHE
MANGIA
SOLO
YOGURT CHE SI
HA FAME DI CIBI
CHE
LEI
NON
MANGIA
BEH! SE IO ANDASSI IN
GERMANIA
INANZITUTTO
/
/
/
/
/
/
/
/
SE MI TROVASSI IN UNA
SITUAZIONE
SIMILE
A
QUELLA DEL RACCONTO, MI
COMPORTEREI
COME
FANNO GLI ABITANTI DEL
LUOGO. NON ACCENNEREI
AL FATTO DELLA DIVERSITÀ
TRA I DUE POPOLI E MI
ABITUEREI
ALLA
LORO
CUCINA,
OPPURE
CUCINEREI
DEL
CIBO
APPOSTA
PER
ME,
SECONDO LE MIE USANZE
PERCHÉ? PER NON CREARE
LITIGI,
PER
ANDARE
D’ACCORDO CON LORO E
PER NON METTERMI NEI
GUAI.
/
/
/
/
/
/
/
/
DURANTE IL VIAGGIO PER LA GERMANIA,
CONSIDERO LA SUA VITA COME SAREBBE
STATA IN QUELL’AMATO POSTO: VIVERE CON
SCHEMI FISSI E PRECISI, POTER PARLARE LA
MIA VERA LINGUA, RITROVARE LUOGHI CHE
NON VEDEVO DA TEMPO.
SONO MOLTO CONTENTA DI CIÒ ED ORA HO
ANCHE UN FIDANZATO. L’ITALIA È UN BEL
POSTO, MA MAI BELLO COME LA MIA AMATA
GERMANIA E LO SPERO ANCHE PER IL MIO
FIDANZATO.
DOPO LUNGHE ORE DI VIAGGIO ARRIVIAMO
FINALMENTE A CASA!
E’ MOLTO TEMPO CHE NON CI TORNO.
FINALMENTE ARRIVO A CASA DEI MIEI
FAMILIARI, SONO MOLTO CONTENTA. SE
PENSO CHE TRA UN PO’ TORNERÒ IN ITALIA, MI
VIENE UN PO’ DI TRISTEZZA, MA INTANTO MI
GODO IL KAFFEE LUNGO E I MIEI GIORNALI.
INGE VOLEVA ANDARE A TROVARE IL SUO
FIDANZATO A PESCARA E CI ANDÒ IN
146
18
19
Balina
Donata
/
/
MOLTO BENE LA
LINGUA TEDESCA
SI SENTE UN PO’ IN
DISAGIO PERCHÈ
NON
CAPISCE
QUASI
NIENTE
QUANDO GLI ALTRI
PARLANO
TEDESCO.
/
/
ESPRIMERSI
PERCHÈ PUR NON
SAPENDO
PARLARE
NON
POTEVA DIRE ALLA
MADRE DI INGE
CHE VOLEVA Più
PATATE,
MA
DOVEVA
RASSEGNARSI
A
DIRE - JA!IMPAREREI LA LINGUA COME
HO FATTO CON QUELLA
ITALIANA
POI
MI
COMPORTEREI COME LORO
E FAREI TUTTO QUELLO CHE
FANNO LORO.
Perché? FORSE PER NON
SEMBRARE STRANA, MA
ANCHE PERCHÈ PER ME CHI
VA IN UN PAESE DIVERSO
DAL PROPRIO DOVREBBE
COMPORTARSI COME TUTTI.
ESEMPIO: SE TU VAI IN
GERMANIA NON DOVRESTI
ANZI
NON
POTRESTI
PAGARE CON LE MONETE
ITALIANE.
/
/
/
/
MACCHINA. QUANDO ARRIVÒ SI TROVÒ
DAVANTI AGLI OCCHI UNA CITTÀ PIENA DI
GENTE CHE CAMMINAVA SUI MARCIAPIEDI,
MACCHINE CHE VANNO DAPPERTUTTO. INGE
SI PRECIPITÒ A CASA DEL SUO RAGAZZO
PERCHÈ ORMAI ERA ORA DI PRANZO. I
GENITORI
DEL
RAGAZZO
CUCINARONO
MOLTISSIME COSE CHE AD INGE ERANO
SCONOSCIUTE QUINDI MANGIÒ MENO DI METÀ.
AI GENITORI DEL RAGAZZO SEMBRÒ STRANO,
MA NON CI FECERO CASO. INGE USCI POI PER
FARE UNA PASSEGGIATA, MA PIOVEVA INGE
USCÌ SENZA OMBRELLO, MA I GENITORI DEL
RAGAZZO NON FECERO CASO NEANCHE A
QUESTO PERCHé PENSAVANO CHE NEL SUO
PAESE SI FACESSE COSÌ.
147
Andrea
Igor
3
Loredana
2
1
ALUNNO
Le
majorette
vestite di bianco
rosso e blu con le
stelline
negli
occhi per dare il
Autostrade a otto
corsie, pick up,
birra e bionde
Paolo si aspetta
delle
majorette
bionde e crede di
essere
accolto
molto bene.
1.
QUALE
ACCOGLIENZA
SI
ASPETTA
NEGLI
STATI
UNITI PAOLO?
COME
IMMAGINA
DI
ESSERE
RICEVUTO
ALL’AEROPORT
O?
donna
Trovano
uno
ostacolo di lingua
straniera
Una
bisonte.
Una
accoglienza
incrompensibile, i
due, la majorette e
lui
non
si
capiscono
nella
lingua
2.
QUAL
È
INVECE
L’ACCOGLIENZA
CHE RICEVONO I
DUE
GIOVANI?
CHI TROVANO AL
CONTROLLO
DOCUMENTI?
La signora pensa che la
stia prendendo in giro e
che in verità prendo
lezioni
d’Inglese
da
vent’anni dal Principe
perchè vedeva che loro
facevano finta di capire
Perché pensa che sia
Inglese
invece
nel
passaporto era scritto
come Italiano Giovanni
non parla per niente
affatto l’Inglese
3.
P.
149
(PRIME
QUATTRO
RIGHE):
SECONDO TE PERCHÉ
LA SIGNORA DELLA
DOGANA RIGIRA IL
PASSAPORTO
DI
GIOVANNI
TRA
LE
MANI?
PENSA
DAVVERO,
COME
RITIENE
GIOVANNI,
CHE LUI PARLI BENE
L’INGLESE?
Perchè crede che
sono bombe e la
signora
non
capische
lo
si
riferiscono che sono
Perchè la donna
pensa che siano
bombe
Perché
loro
volevano intendere
che era una bomba
calorica
la
mozzarella di bufala
e le intende che
erano bombe
4. SECONDO TE,
PER
QUALE
MOTIVO QUANDO
GIOVANNI
DICE
“NAPOLI’S
BOMBS” (P. 150)
LA DONNA PORTA
I DUE ITALIANI IN
UNA STANZA PER
CONTROLLARE LE
VALIGIE?
S1. ALLEGATO N. 29. UA4 QUESTIONARIO DI COMPRENSIONE, 11/06/2012
La signora pensa a
quello che deve
risponde perché non
sa cosa rispondere.
perchè
prima
di
andare in america
bisogna avere un
lavoro li
v
v
Non poteva dirgli
che era alla ricerca
di un lavoro ma che
era viaggio per un
turismo
5. QUANDO LA
DONNA
CHIEDE
ALL’ITALIANO PER
QUALE
MOTIVO
ABBIA
DUE
VALIGIE, PERCHÉ
LUI NON SA COSA
RISPONDERE?
Pensa
che
loro
portavano
delle
bombe invece loro
portavano
delle
mozzarelle di bufala
cui piacciono molto lo
zio e quindi la signora
pensa che loro erano
dei terroristi perché
non si sono capiti per
la lingua.
Che
sono
due
terroristi
pieni
di
sigarette
che
la
prendono
in
giro
facendo finta di non
sapere l’americano
Pensa che sono dei
mafiosi e li piano in
giro invece loro non
sapevano bene la
lingua.
6. IL RACCONTO È
NARRATO
DALLA
PROSPETTIVA
DI
UN
RAGAZZO
ITALIANO.
SECONDO TE, CHE
COSA PENSA LA
DONNA
AMERICANA
DEI
DUE
ITALIANI?
RISCRIVI LA STORIA
DAL SUO PUNTO DI
VISTA.
148
Enrica
Emanuele
Clara
5
6
7
Renato
4
agli
PAOLO
SI
ASPETTA
UN’ACCOGLIEN
ZA
COME
QUELLA
DEI
FILM, CON LE
RAGAZZE
POMPON,
AUTOSTRADE,
PICK UP…
Con autostrade a
otto corsie pick
up birra e birra e
bionde. Da venti
majorette vestite
bianco rosso e
blu con stelline
negli occhi.
/
Si
aspetta
di
essere
accolto
con le magiorette.
benvenuto
stranieri
I DUE GIOVANI,
INVECE,
TROVANO
UN’ACCOGLIENZ
A
DALLA
SIGNORA
BISONTE
CHE
GLI CONTROLLA I
LORO
DOCUMENTI
/
Invece è portato in
una piccola stanza
e sospettato di
essere
un
terrorista.
Trovano
una
donna bisonte.
LA SIGNORA RIGIRA IL
PASSAPORTO PERCHÈ
PENSA CHE LA STIANO
PRENDENDO IN GIRO
E PENSA ANCHE CHE
GIOVANNI NON PARLI
BENE L’INGLESE
/
No
Perché parlavano bene
l’inglese. No, non penso
che lo parli.
Carlo da pers=.
PERCHÈ
LA
SIGNORA PENSA
CHE
NAPOLI’S
BOMBS
SIANO
DELLE BOMBE E
QUINDI
PENSA
CHE
SIANO
TERRORISTI
/
Pensa che abbiano
delle bombe.
Perché pensava che
avevano
delle
bombe invece erano
mozzarelle.
buone
PERCHÈ
POSSONO
DIRE
CHE È IN CERCA
DI LAVORO
/
Perché non può dire
che cerca lavoro,
perché lì bisogna
trovarlo prima di
entrare in U.S.A.
Perché pensa che gli
chiedono del lavoro.
Che sono dei matti,
dei ragazzi che non
sanno parlare l’inglese
e che la portano in
giro e non capisce che
loro non lo capivano
veramente. Alla fine
però capisce.
/
Quando vennero alla
Dogana non capivano
l’inglese, ma dissero
di avere delle bombe
o
perlomeno
credevo…
Avevano
un
po’
l’aspetto da terroristi.
Alla fine gli arceri
scoprirono
che
avevano
delle
mozzarelle di bufala.
LA
DONNA
AMERICANA
SIN
DALL’INIZIO NON HA
UNA
BUONA
IMPRESSIONE
DI
LORO E DURANTE
LA
LORO
PERQUISIZIONE
INIZIA
A
SPAZIENTIRSI.
DOPO UNA SERIE DI
MALINTESI
VENGONO
FUORI
DIVERSI MALINTESI
SIA PER LA LINGUA
149
Claudio
Eleonora
11
Filippo
9
10
Rubab
8
Paolo si aspetta
di essere accolti
come il vincitore
di quel viaggio.
Paolo si aspetta
autostrade a otto
corsie, pick up,
birra e bionde,
ma
sull’aereo
viene
subito
poste alla tac le
sue valigie.
IMMAGINA
DI
ESSERE
ACCOLTO CON
OSPITALITA’.
/
L’accoglienza
ricevono i
giovani
è
controllore
che
due
una
che
I DUE RICEVONO
UN
ACCOGLIENZA
POCO OSPITALE
E
AL
CONTROLLO DEI
DOCUMENTI
TROVANO
LA
SIGNORA
BISONTE.
I due ragazzi non
sapevano parlare
molto
bene
l’inglese americano
e
al
controllo
documenti
c’era
una donna bisonte.
/
Pensa
che
lo
sia
prendendo in giro e che
sta prendendo lezio da
Principe Carlo.
Perché
crede
che
Giovanni
lo
stia
prendendo in giro, ma lui
non sa parlare bene
l’inglese.
PERCHÈ PENSA CHE
LO STIA PRENDENDO
IN GIRO E CREDE CHE
SAPPIA
PARLARE
BENE INGLESE.
Perché pensava che gli
stia prendendo in giro.
Perche la signora
pensa che siano
delle bombe.
Perché credono che
loro
siano
dei
tiranni(?) che hanno
nelle valigie delle
bombe.
PERCHÈ
PENSA
CHE
ABBIANO
DELLE
BOMBOE
NELLE VALIGE.
Perché la signora
pensa che Napoli’s
Bombs sarebbe una
bomba.
le
Perche la Signora
non deve sapere che
è venuto per lavoro.
Perché non vuole
dire che ha molto
vestiti perché suda
molto.
PERCHE PARLA IN
INGLESE E QUINDI
NON CAPISCE E
NON RISPONDE
Perché aveva
sigarette dentro.
Io penserei che i due
italiani
siano
dei
terroristi che vogliono
far esplodere l’aereo
Io credo che questi
due
italiani
mi
prendono
in
giro
perché
mi
fanno
ripetere tutto quello
che dico, credo anche
che siano dei poveri
che si portano anche
delle mozzarelle da
casa.
SIA PER I DIVERSI
MALINTESI. INFINE
PERÒ TUTTO SI
RISOLVE QUANDO
LA
SIGNORA
SCOPRE
CHE
NAPOLI’S
BOMBS
ERANO
DELLE
MOZZARELLE.
La donna americana
dei due italiani pensa
che
siano
due
terroristi, ma non era
vero.
/
150
Ester
Lucilla
14
15
Cristina
Rachele
13
16
Michele
12
PAOLO
SI
ASPETTA
DI
RICEVERE
UN’ACCOGLIEN
ZA COME NEI
FILM
AD
ESEMPIO CON
LE
RAGAZZE
/
Paolo crede di
essere
accolto
con le magiorette.
Le auto strade a
8 corsie, bionde
Le majoret con le
stelline
negli
occhi vestite di
bianco rosso e
ble.
I DUE GIOVANI
TROVANO
AD
ASPETTARLI “LA
SIGNORA
BISONTE”
CHE
GLI CONTROLLA I
DOCUMENTI
Trovano
un
accoglienza
malissimo perché
adesso quelli che
controllano
i
mafiosi
pensano
che sono mafiosi
/
Al controllo dei
documenti trovano
una
signora
BISONTE.
parla un inglese
molto veloce e che
si chiama Bisonte.
Trovano
uno
ostacolo di lingua
subito. Una signora
che sembra un
bisonte.
LA SIGNORA DELLA
DOGANA RIGIRA IL
PASSAPORTO PERCHÈ
PENSA CHE LA STIANO
PRENDENDO IN GIRO
E
PENSA
CHE
GIOVANNI NON PARLI
BENE L’INGLESE
/
Perché
la
signora
BISONTE pensa che la
stia prendendo in giro.
pensa che lo stanno
prendendo in giro
No.
PERCHÈ
LA
SIGNORA PENSA
CHE
“NAPOLI’S
BOMBS”
SIANO
DELLE
VERE
BOMBE E QUINDI
PENSA CHE SIANO
DUE TERRORISTI
/
Perché quando i due
dicono
“NAPOLI’S
BOMBS” la signora
BISONTE
pensa
delle BOMBE CHE
ESPLODONO
perché pensa che
sono delle persone
che hanno le bombe
dentro le valigie.
Perché crede che
sono bombe e la
traduzione è bombe
napoletane.
in
lo
PERCHÉ
NON
POSSONO
DIRE
CHE
SONO
IN
CERCA DI LAVORO
/
Perché non si può
dire che è andato li
solo per trovare
lavoro.
Perché
parla
inglese e non
capisce
Perché non può
dirgli che è in cerca
di lavoro osseno lo
avrebbero arrestato.
bombe
LA
DONNA
AMERICANA
SIN
DALL’INIZIO NON HA
UNA
BUONA
OPINIONE DI LORO
E
DURANTE
LA
LORO
PERQUISIZIONE
/
La signora pensava
che
fossero
due
terroristi quando i due
dissero
“NAPOLI’S
BOMB” così lei un po’
scioccata li ha portati
su
una
stanza
asettica, i due quando
hanno detto che i
vestiti erano per i
poveri hanno chiarito
tutto.
/
La signora pensa che
gli italiani la stiano
prendendi in giro.
con
delle
napoletane.
151
17
Ada
PAOLO
SI
ASPETTA CHE
ALL’AEROPORT
O CI FOSSERO
DELLE
MAJORETTE
VESTITE
DI
BIANCO ROSSO
E BLU CON LE
STELLINE AGLI
OCCHI
PER
DARE
IL
BENVENUTO
AGLI
STRANIERI.
POM-POM,
LE
BIRE, PICK-UP
I DUE GIOVANI
TROVANO
INVECE
UNA
SPECIE
DI
BISONTE
FEMMINA
IN
UNIFORME, CHE
CHIEDE LORO I
DOCUMENTI.
LA SIGNORA PENSA
CHE
GIOVANNI
PRENDA LEZIONI DI
INGLESE
DA
VENT’ANNI
DAL
PRINCIPE CARLO IN
PERSONA.
PERCHé
LA
SIGNORA PENSA
CHE
NAPOLI’S
BOMBS
SIANO
DELLE
BOMBE
FRAINTENDENDO I
RAGAZZI.
NON SA CHE DIRE
PERCHé
SE
DICESSE
CHE
FOSSE
Lì
IN
CERCA DI LAVORO
L’AVREBBERO
CACCIATO.
INIZA UN PO’ A
SPAZIENTIRSI.
DOPO UNA SERIE DI
MALINTESI DIVERSI
PROBLEMI SIA PER
LA LINGUA SIA PER I
MOLTI MALINTESI.
INFINE
PERO’
TUTTO SI RISOLVE
QUANDO
LA
SIGNORA SCOPRE
CHE LE “NAPOLI’S
BOMBS”
ERANO
SOLO
DELLE
MOZZARELLE
DI
BUFALA.
QUANDO PAOLO E
GIOVANNI
ARRIVANO
AL
AEROPORTO
LA
SIGNORA
PENSA
CHE
I
DUE
FOSSERO Lì PER
TURISMO,
MA
CAPISCE CHE LORO
NON
INTENDONO
PER
NIENTE
L’INGLESE.
QUANDO
LE
PARLANO
DELLE
NAPOLI’S
BOMBS
LEI SI STRANISCE E
PENSA CHE SIANO
DEI
TERRORISTI,
MA QUANDO POI
CAPISCE CHE SI
ERANO
SOLO
PORTATI IL CIBO DA
CASA PENSA CHE
152
18
19
Balina
Donata
/
/
/
/
/
/
/
/
/
/
FOSSERO POVERI.
/
/
153
1
Loredana
ALUNNO
Interessante/stimolante
Conoscersi
fra
due
persone di lingue diverse
e conoscere le lingua
TUA
FACILE
INTERESSANTE/STI
MOLANTE
UTILE
POSSIBILE
NECESSARIO
FATICOSO
DIFFICILE
DA EVITARE
ALTRO (AGGIUNGI
UNO
O
PIÙ
AGGETTIVI)…………
………………………
……………………......
SPIEGA
LA
RISPOSTA.
□
□
□
□
□
□
□
□
□
1. DOPO LE LETTURE E
LE ALTRE ATTIVITÀ
CHE ABBIAMO SVOLTO
INSIEME, PENSI CHE
COMUNICARE
E
VIVERE (PER PERIODI
PIÙ O MENO LUNGHI)
CON O “TRA” DUE O
PIÙ
LINGUE
E
CULTURE SIA (PUOI
BARRARE
PIÙ
RISPOSTE).
Besa Mone il racconto di una
straniera che viene in Italia e si
trova con i suoi nuovi compagni di
scuola
2.
QUALI
PERSONAGGI/VICENDE/DIALOG
HI DEI RACCONTI TI HANNO
FATTO RIFLETTERE O CAPIRE
DI PIÙ SU QUESTO TEMA?
S1. ALLEGATO N. 30. QUESTIONARIO FINALE
Sì, perché conoscere nuove
lingue e città e conoscere le
abitudine di altri cittadini
Mi piacerebbe molto andare a
PERCHÉ?
SE SÌ, DOVE?
3. TI PIACEREBBE, IN FUTURO,
TRASCORRERE UN PERIODO
PIÙ O MENO LUNGO DI
VACANZA/STUDIO
IN
UN
PAESE STRANIERO?
La cultura è una parola che serve per
distinguere degli Stati diversi: lingue,
abitudine, lavoro
4. ATTRAVERSO LE LETTURE
FATTE E LE ATTIVITÀ SVOLTE,
COS’HAI CAPITO DEL CONCETTO
DI
“CULTURA”?
154
Rubab
Filippo
9
Emanuele
Clara
5
6
8
Renato
4
Enrica
Igor
3
7
Andrea
2
Interessante/stimolante
Necessario.
Perché è abbastanza
interessante.
/
Interessante/stimolante
Utile
Possibile
Perché è sempre una
nuova esperienza da fare
Facile/faticoso
Faticoso=bisogna scrivere
troppo
Facile=la lettura
Interessante/stimolante
Possibile
E’ possibile perché io
vado a scuola in Italia, si
può fare tante cose con
l’aiuto
degli
altri.
Interessante perché mi
piace.
Interessante/stimolante
Si
possono
imparare
molte cose
Utile, faticoso. Faticoso: è
difficile ricordarsi due
lingue. Utili: se vai in un
altro stato.
faticoso
e faticoso andare in un
altro paese e dificile
parlare in quella lingua
nuova
/
Salsicce.
Tutti i racconti sono stati utili ma il
testo salsicce ho capito di più
/
“Salsicce”, “Doner kebab”
Il tema della bambina albanese che
va in una scuola straniera.
sul racconto “il primo giorno di
scuola” avevo qualche difico perché
parlava in albanese
Salciccie
Si
A Barcellona
No.
Mi piacerebbe solo di vacanza
non di lavoro o studio perché è
difficile lo studio e lavoro.
Si
Spagna
Mi piace
/
Non lo so so
Sì. In Inghilterra o in America.
Bho, però mi piacerebbe.
si
A Londra, a New york
Mi piace la città New York Sondra
sono le mi città preferite
Parigi in Francia
Mi è piaciuta molto quando sono
andata a visitarla, e poi è la mia
città preferita
No
Voglio stare in Italia ad ascoltare
Babanian.
Che la cultura avvolte è noiosa e
altre divertente
Della parola cultura ho capito che
che siamo tutti uguali, bisogna
essere buoni con tutti.
Si, la cultura è una cosa che
rispecchia ogni paese
/
Che è importante avere una cultura
/
culture
vuol dire un’insieme di
culture di altri popoli
Niente.
155
Claudio
Eleonora
Michele
Rachele
Ester
Lucilla
Cristina
Ada
Balina
Donata
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
/
/
Interessante/stimolante
Faticoso
Interessante perché puoi
imparare cose nuove
faticoso perché è difficile
comunicare
/
interessante/stimolante
interessante/stimolante
perché puoi sapere di più
Facile/utile/possibile/fatico
so
I testi sono stati facili da
leggere, utili, possibili, un
po’ faticosi
interessante/stimolante
utile, necessario
Per me è bello conoscere
altre culture e sarebbe
molto interessante
interessante/stimolante
perché
si
potrebbe
conoscere altre culture
Possibile. Perché con un
po’ di impegno si può
imparare
una
lingua
stranire.
Utile.
Perché sapere di più su
altre culture e altre lingue
è necessario per il futuro.
/
/
A me sono piaciuti tutti ma mi è
rimasto più impresso Napoli’s
bombs
Tutti i racconti sono stati utili ma nel
testo “Salsiccie” ho capito di più su
questo tema
/
No
/
Quelli che parlano di culture
Sulle salcicce che la ragazza
somala non sapeva se essere
somala o italiana
La famiglia di Inge.
Sì
Mi piacerebbe molto andare in
America
Per me è molto piacevole e
interessante anche perché non ci
sono stata mai
/
/
Sì
In America
Mi attira di più e ci sono più
opportunità di lavoro
/
/
Si ma poco
A New York
Si
A Londra o America
Mi sembrano interessanti
No
No.
/
/
/
La cultura è l’insieme di elementi e di
conoscenze che una persona
conosce
/
Quasi nulla
Niente
Cultura vuol dire insieme di abitudini
e altro di altri popoli
Che le culture sono molti diversi e
interessanti
La cultura
è
l’insieme delle
caratteristiche di un certo paese.
156
Loredana
Andrea
1
2
ALUNNO
Sì.
No.
Non
vorrei
essere
un
Sì.
Sì.
E’ molto divertente perché
sono tutti modi di leggere le
lettere, vocali, consonanti.
PERCHÉ?
SE SÌ, VORRESTI O NO
CHE “EMERGESSERO”
COME
ACCADE
NEL
RACCONTO DI BESA
MONE?
5. QUANDO ABBIAMO
LETTO IL RACCONTO DI
BESA MONE “I MIEI
PRIMI
GIORNI
DI
SCUOLA”,
ABBIAMO
PARLATO
DELLE
LINGUE
“NASCOSTE”.
TRA LE TUE LINGUE
(DIALETTI; LINGUE CHE
CAPISCI, MA CHE NO SAI
PARLARE; LINGUE CHE
SAI PARLARE, ANCHE
POCO; LINGUE CHE SAI
SOLO LEGGERE O CHE
SAI ANCHE SCRIVERE)
CE
NE
SONO
DI
NASCOSTE?
Dalla televisione.
Che si studiassero più
lingue e si potesse
spostare più facilmente.
6. SE HAI RISPOSTO SÌ
ALLA DOMANDA 5: IN
CHE MODO VORRESTI
CHE
LE
LINGUE
NASCOSTE
EMERGESSERO?
Albanese,
Indiano,
Americano, Moldavo.
Albanese,
Moldavo,
Americano, Indiano.
7. QUALI SONO (SE CI
SONO)
LE
LINGUE
NASCOSTE
DEI
MEMBRI DELLA TUA
CLASSE?
SONO
PIÙ
INTERESSANTI/….……
……………………………
……..(PUOI INSERIRE
ALTRI AGGETTIVI)
SONO
MENO
INTERESSANTI/………
……………………………
…..(PUOI
INSERIRE
ALTRI AGGETTIVI)
SONO UGUALMENTE
INTERESSANTI
ALTRO………………….
PERCHÉ?
Sono meno interessanti.
Sono
ugualmente
interessanti, perché tutte
hanno delle cose in più.
□
□
□
□
8.IN
CHE
RAPPORTO
SONO, SECONDO TE, LE
LINGUE NASCOSTE (TUE
O DEI TUOI COMPAGNI)
CON L’ITALIANO?
Sì, come nel testo di
Besa Mone, tutta è
compreso
in
una
lingua ma può essere
espresso
in
tante
lingue.
Più lingue perché ogni
parola e lingua a una
propri caratteristiche.
9. RIPENSA AI TESTI
LETTI E SCRIVI SE,
SECONDO TE, LE
CULTURE
SI
POSSONO
ESPRIMERE IN UNA
SOLA LINGUA O IN
PIÙ LINGUE.
SPIEGA POI LA TUA
RISPOSTA.
157
Filippo
Claudio
Eleonora
Michele
10
11
12
Enrica
7
9
Emanuele
Clara
5
6
Rubab
Renato
4
8
Igor
3
Sì.
/
Sì.
Sì.
E’ bello scoprire le nuove
lingue, le nuove cose.
Sì.
Sì.
/
Sì. No. Perché dopo mi
confonderei molto.
No. No. Mi piace così.
Sì.
No.
Perché ogni città al il suo
dialetto o lingua.
/
Sì.
Sì.
Sono
Belle,
interessanti e particolari.
italiano e 19 albanesi.
No.
No.
Non c’è lo delle lingue
nascoste.
Sì.
/
/
/
In modo netto.
/
/
/
/
Non voglio che emergono.
Non lo so.
Albanese,
/
indiano,
Moldavo,
americano,
albanese,
indiano,
africano.
L’albanese e l’indiano.
Mamma per es. parla il
romano avvolte. Ma non
vuole che lo impari.
/
/
Moldavo,
indiano,
albanese, americano.
L’albanese, Americana e
Moldava.
Albanese,
Moldavo,
Americana e Indiana.
ha
la
sua
ugualmente
Sono
ugualmente
Sono
più
interessanti/curiose. Perché
possono interessare, ma
anche far nascere una
passione per quel popolo.
/
Sono più interessanti.
Sono
ugualmente
interessanti.
E’ sempre interessante.
Sono più interessanti.
E’ molto bello le lingue
straniere.
/
Sono
interessanti.
Ogni lingua
particolarità.
Sono meno interessanti.
A me interessa l’italiano.
Sono
ugualmente
interessanti.
Si parla delle lingue diverse e
divertenti.
In più lingue perché
ogni paese ha una sua
pronuncia particolare
che caratterizza ogni
parola.
In più lingue perché
ogni cultura è diversa
e
si
parla
diversamente.
No perché sono tutte
/
/
In più lingue.
Ci sono persone che
parlano più lingue nel
senzo che possono
vivere in germania, ma
possono
venire
dall’Italia.
Le culture si possono
esprimere
in
più
lingue.
/
L’inglese perché è la
lingua ufficiale.
In più lingue perché
tutti
hanno
delle
culture diverse dai
altri.
158
Rachele
Ester
Lucilla
Cristina
Ada
Balina
Donata
13
14
15
16
17
18
19
Sì. Sì. Per me tutte le
lingue
dovrebbero
emergere perché sarebbe
molto bello conoscere altre
lingue.
/
/
/
Sì. No.
Sono carine, interessanti,
divertenti e alcune volte
noiose e anche particolari.
Sì. Sì. Perché è importante
conoscerle.
Sì. Sì. E’ meglio per loro.
iniziasse
a
/
/
Dovrebbero
costruire
delle scuole in cui si
imparano tutte le lingue
del mondo.
Vorrei che
diffondersi.
/
/
Perché i miei compagni
potrebbero conoscere un
altro dialetto.
(Non ha risposto)
/
/
L’americano
l’indiano
l’africano l’albanese e il
moldavo.
Igor, Balina, Eleonora,
Ada.
/
Nella mia classe ci sono
lingue albanesi, indiane,
moldava
e
anche
americano.
Nella mia classe ci sono
molti alunni stranieri che
parlano diverse lingue.
Americano.
tutte
Sono
ugualmente
interessanti.
Perché ogni lingua ha
qualche elemento che le
caratterizza.
Sono
ugualmente
interessanti.
A
me
piacerebbe imparare tutte le
lingue perché sono tutte
uguali e interessanti.
/
/
/
/
interessanti.
Perché:
sono
interessante.
/
/
/
Le culture si possono
esprimere
in
più
lingue, perché ogni
lingua ha la sua
cultura.
/
/
/
/
diverse.
159
ALUNNO
BRUTTI
NOIOSI
MI
HANNO
LASCIATO
INDIFFERENTE
INTERESSANTI
BELLI
ALTRO
SPIEGA PERCHÉ.
□
□
□
□
□
□
10. COME TI SONO
SEMBRATI
I
RACCONTI
CHE
ABBIAMO
LETTO
INSIEME?
□
□
□
□
□
LE
NON
MI
HANNO
DETTO
NIENTE DI
NUOVO
MI HANNO
FATTO
CAPIRE
MEGLIO LA
REALTÀ DI
PERSONE
CHE
CONOSCO
MI HANNO
FATTO
CAPIRE
MEGLIO LA
REALTÀ DI
PERSONE
A
CUI
SONO
LEGATO
(AMICI,
PARENTI,
ETC.)
MI HANNO
FATTO
RIFLETTER
E SU ME
STESSO/A
ALTRO
11.
LETTURE
FATTE:
12.
TI
SEI
IDENTIFICATO/A IN
QUALCHE
PERSONAGGIO O
SITUAZIONE
DEI
RACCONTI
LETTI
INSIEME? SE SÌ,
QUALE/I?
PERCHÉ?
13. TI PIACEREBBE
LEGGERE
ALTRI
TESTI
CHE
TRATTANO IL TEMA
DEGLI
INCONTRISCONTRI
TRA
PERSONE
CON
LINGUE
DIVERSE?
14. SE SÌ, DI QUALI
LINGUE
TI
PIACEREBBE
LEGGERE?
PERCHÉ?
SE SÌ, QUALE O
QUALI
IN
PARTICOLARE?
15. LE LETTURE
FATTE TI SONO
SEMBRATE
DIFFICILI?
160
Igor
Renato
4
Andrea
2
3
Loredana
1
Interessanti. Perché
mi
hanno
interessato.
Interessanti.
Perché si parlava di
cose interessanti e si
impara tante cose
diverse.
Noiosi.
Mi
sono
sembre
addormentato.
Interessanti. Perché
erano parlanti di
lingue nascoste.
□
mi
hanno
fatto
capire meglio la
realtà
di
persone
che
mi hanno fatto
capire meglio la
realtà
di
persone a cui
sono
legato
(amici, parenti
etc.)
Nella mia classe
ci sono molti
stranieri e quindi
ho pensato a
loro.
□
non mi
hanno
detto
niente di nuovo
Sapevo tutto.
mi hanno fatto
capire meglio la
realtà
di
persone a cui
sono
legato
(amici, parenti
etc.)
Che mi ha fatto
capire
tante
cose della realtà
(amici, parenti
ec.)
SPIEGA
LA
TUA
RISPOSTA
No.
/
No.
In Besa Mone perché
è stato il primo testo
per me letto sulla
cultura.
Sì.
/
No.
Sì.
Cinese.
/
/
Spagnolo.
No.
/
No.
Un po’.
Quella
sull’americano.
(Perché) è molto
difficile.
161
Rubab
Enrica
7
8
Emanuele
Clara
5
6
Belli.
Erano divertenti.
Noiosi. Belli.
Perché i testi sono
stati troppo lunghi
ma belli perché sono
interessanti.
/
Interessanti. (perché)
erano interessanti.
conosco.
Perché
ho
scoperto certe
cose
dei
compagni della
mia classe.
/
□
mi
hanno
fatto
capire meglio la
realtà
di
persone
che
conosco
Perché
prima
non
la
conoscievo.
mi hanno fatto
capire meglio la
realtà
di
persone
che
conosco
Perché
prima
non ne ero a
conoscienza.
mi hanno fatto
capire meglio la
realtà
di
persone
che
conosco
mi hanno fatto
capire meglio la
realtà
di
persone a cui
sono
legato
(amici, parenti
etc.)
mi hanno fatto
riflettere su me
stesso/a
“Döner kebab”
No
/
No.
No
Si
/
Sì.
No
In Spagnolo
/
Non lo so.
No, sono facili.
Napoli’s bombs
Perché il testo
pieno di eventi
intreccio.
/
No.
è
a
162
Rachele
Ester
13
14
Eleonora
11
Michele
Claudio
10
12
Filippo
9
hanno
e
/
Mi hanno lasciato
indifferente.
Interessanti.
Sono riuscito a stare
attento sono stati
interessanti.
Belli.
Perché non sono
stati noiosi e ci
hanno
spiegato
alcune cose.
Interessanti.
Perché mi
incuriosito
affascinato.
Noiosi.
Perché erano molto
lunghi.
Perché, facendo
le nuove letture
si scopre molte
cose.
mi hanno fatto
capire meglio la
realtà
di
persone
che
conosco
mi hanno fatto
capire meglio la
realtà
di
persone
che
conosco
Perché
alcuni
paesi
mi
piacciono, ma la
loro cultura non
mi è familiare.
mi hanno fatto
capire meglio la
realtà
di
persone a cui
sono
legato
(amici, parenti
etc.)
Mi hanno fatto
capire meglio la
realtà
di
persone
che
conosco.
Ho capito la
realtà
di
persone
che
conosco.
Non mi hanno
detto niente di
nuovo.
/
/
Si Paolo perché
Sì uguale a Giovanni
perché è napoletano
come me e mi
sembra divertente.
No.
No.
No
/
Si
Sì
No.
Sì.
No
/
Non lo so
Francese, Spagnolo…
/
La lingua cinese.
/
/
No
No
No.
No.
No.
163
Ada
17
Balina
Donata
Cristina
16
18
19
Lucilla
15
/
/
Interessanti.
Mi
sono
piaciuti
molto.
Noiosi.
Perché ci sono stati
molti quesiti.
Belli.
Perché fanno ridere.
Mi hanno fatto
capire meglio la
realtà
di
persone
che
conosco.
Perché
prima
non ne ero a
conoscienza.
mi hanno fatto
capire meglio la
realtà
di
persone a cui
sono
legato
(amici, parenti
etc.)
Ho capito che
tutte le culture
sono
interessanti
e
non si deve
lasciare indietro
chi è diverso.
/
/
Mi hanno fatto
capire meglio la
realtà
di
persone
che
conosco.
/
/
Nel racconto della
ragazzina albanese
perché
anche
io
sono albanese e ho
vissuto un po’ la sua
storia.
No.
/
/
/
Sì.
Sì.
No perché non capirei
niente.
/
/
Il giamaicano.
Lo spagnolo.
Non lo so.
/
/
No.
Erano
divertenti.
molto
Sì.
Napoli’s bombs.
Il testo era pieno di
intrecci.
No.
164
DATI SCUOLA 2
165
166
167
Roberto
Emma
Giovanna
1
2
3
ALUNNO
F
F
M
S
E
S
S
O
1999
1999
1999
DATA
DI
NASCI
TA
Macerata
Macerata
Macerata
LUOGO DI
NASCITA
(CITTÀ,
NAZIONE)
Macerat
a
Piedirip
a
Macerat
a
ABITI A
/
/
/
QUANTI
ANNI
AVEVI
QUANDO
SEI
ARRIVAT
O
IN
ITALIA?
/
/
/
DOVE
HAI
ABITATO
PRIMA
DI
VENIRE
IN
ITALIA?
/
/
/
DA
QUANTO
TEMPO
ABITI IN
PROVIN
CIA
DI
MACERA
TA?
PARTE DA COMPILARE SOLO
DA CHI È NATO ALL’ESTERO
S2. ALLEGATO N. 31. QUESTIONARIO INIZIALE
Macerata,
Marche,
Italia, mia
madre
Montecos
aro
(papà) e
Macerata
(mamma)
Mamma
Albania,
papà
Montecas
siano
1.LA
TUA
FAMIGLI
A
PROVIE
NE
DA
(CITTÀ,
REGION
E,
NAZION
E)
Italiano,
poco
dialetto.
Italiano
Italiano,
dialetto
(nonni)
2.
È
COMPOST
A
DA
(COMPON
ENTI, ETÀ,
LINGUA/E
PARLATA/
E):
I
miei
genitori
mi
hanno fatto
un’insegnam
ento molto
importante:
l’educazione
e il rispetto
Soprattutto
l’educazione
e il senso di
responsabilit
/
3.
QUALI
SONO GLI
INSEGNAM
ENTI
PIÙ
IMPORTAN
TI
(EDUCAZIO
NE,
REGOLE DI
COMPORTA
MENTO,
ETC.) CHE
LA
TUA
FAMIGLIA
TI
HA
TRASMESS
O?
Sì, ma non molto.
Più che altro non
facciamo
lunghi
discorsi su questi
Si, a me capita
commentare fatti di
cronaca con la mia
famiglia.
Si, a volte, per
esempio a tavola
mentre mangiamo.
4. TI CAPITA DI
COMMENTARE
CON
I
TUOI
FAMILIARI FATTI
DI CRONACA (AD
ESEMPIO, NOTIZIE
DATE
DA
GIORNALI,
TELEGIORNALI,
RADIO,
SITI
INTERNET, ETC.)
SUI
RAPPORTI
TRA
PERSONE
PROVENIENTI DA
PAESI DIVERSI E
CON
CULTURE
DIVERSE?
168
Franco
Emilia
6
Clelia
5
4
F
M
F
/
1999
1999
Macerata
Ancona
Loreto
Macerat
a
Macerat
a e San
Ginesio
Macerat
a
/
/
/
/
/
/
/
/
/
Macerata
San
Ginesio.
Babbo=R
ecanati.
Mamma=
Macerata.
proviene
dalla città
di Treia.
Babbo:
italiano/cro
ato/latino/g
reco/france
se.
Mamma
italiano.
Sorella
italiano,
inglese,
latino,
greco.
Italiano
Italiano. La
sorella
parla
anche
spagnolo.
Educazione.
Voglia
di
leggere.
à.
Comportarmi
bene con gli
altri essere
educata, non
parlare
sopra ad un
altro, essere
cortesi
(GRAZIE,
PER
FAVORE,
SCUSA,
PREGO).
Educazione regole
di
comportame
nto fuori e
dentro casa orari
per
l’organizzazi
one
della
giornata
L’educazion
e, il rispetto
verso
gli
altri.
Si, sul tg quando
succedono
gli
incidenti
o
tutti
quegli omicidi.
Si, quando capitano
eventi importanti.
Si,
i
fatti
che
colpiscono me e le
mie sorelle per farci
capire quello che
abbiamo
capito
poco.
argomenti,
li
facciamo sempre ma
non
li
approfondiamo più
di
tanto.
Li
approfondiamo
quando
ci
riguardano
direttamente.
169
Giada
Lorenzo
8
9
Rocco
7
F
M
M
14/03/
2012
1999
19
Novem
bre
2012
Senigallia
San
Severino
Macerata
Macerat
a
Macerat
a
/
/
/
/
/
/
/
/
/
/
Macerata.
Padre:
Emilia
Romagna
(Ravenna
) Madre:
Macerata.
Babbo=
Recanati.
Mamma=
Macerata.
Madre
Italianodialetto;
padre
Italiano.
Francese Inglese
Tedesco dialetto
romagnolo.
Sorella
Italianodialetto.
Figlio
di
mio padre
ma non di
mia madre
(Fratello)
Italiano.Ingl
ese
dialetto
romagnolo.
Italiano.
Italiano
Educazione,
regole
di
comportame
nto, rispetto
La regola più
importante
che
mi
hanno
insegnato è
l’avere
rispetto
di
tutto e di tutti
anche
se
sono diversi
da me, anzi
soprattutto
se lo sono.
Educazione,
serietà,
rispetto degli
altri, regole
di
comportame
nto, ordine.
No.
Quasi mai.
Si, ma parliamo di
ciò raramente.
170
Sara
Enrico
12
Mirco
11
10
M
F
M
1999
1999
1999
Macerata
Italia
Sofia,
Moldavia
Macerat
a
/
Macerat
a
/
/
Cinque
/
/
Moldavia
/
/
Da 1 a 5
anni
Padre
nato
a
Macerata.
Madre
Italia,
Marche.
Moldavia,
Sofia
Padre
sorella:
italiano.
Madre
e
Fratello,
moldavo e
italiano; io:
moldavo,
italiano;
sorella
moldavo,
italiano;
sorella
moldavo,
italiano;
mamma
moldavo,
italiano;
papà
moldavo,
italiano.
Padre
e
madre:
italiano,
tedesco,
inglese;
sorella:
italiano.
-Dire grazie
- Chiedere
per favore
Salutare
sempre
Essere
gentile con
tutti
Responsabili
tà
Sono
l’educazione,
le regole di
comportame
verso cose
(proprie
e
altrui)
e
verso
persone
(conoscenti
o estranee).
/
Si,
ma
molto
raramente si parla di
cronaca nella mia
famiglia.
No, non mi capita
mai
/
171
Gjorge
17
Cecilia
15
Antonia
Simona
14
16
Vera
13
M
F
F
F
F
1998
1999
1999
1999
1999
Gostivar,
Macedonia
Lluj Napoca
Macerata
Macerata
Macerata
Via
Maestà
61
Piedirip
a
Macerat
a
Piedirip
a
Sforzac
osta
4
Tre mesi
/
/
/
Macedoni
a
In
Romania
a casa di
nonna.
/
/
/
Da oltre 5
anni.
Da oltre 5
anni.
/
/
/
Padre=Sa
cileAbruzzoItalia/Mad
re=Cingol
i-MarcheItalia/Frat
ello=Mac
erata
Marche
Italia.
Mamma=
(Romania
)
Lluj
Napoca;
Babbo=It
alia,
Macerata.
Sorella=
Macerata;
Italia.
Macedoni
a
Macerata
nata
a
Senigallia
.
Piediripa
(entrambi
)
Padre,
madre,
fratello 2:
macedone,
Padre
italianodialetto
abruzzese.
Madre
Italianofrancese.
Fratello
ItalianoIngleselatino.
Babbo
Italiano;
mamma,
sorella, io:
italianorumeno.
Italiano
italiano/ingl
esi/frances
e.
Italiano
Mio padre il
francese
perché ci è
stato 3 anni.
Sono:
educazioneregole
comportame
ntali
a
parlare
quando ero
piccola.
Educazione
e
il
comportame
nto (a casa,
a scuola, a
tavola)
Mi
hanno
trasmesso
l’educazione
nei confronti
degli altri.
La
mia
famiglia mi
ha
trasmesso
l’educazione
a
tavola-a
casaa
scuola.
nto, e anche
la religione.
ne
/
No, non mi capita
quasi mai, però di
solito parliamo un
po’ degli inglesi, per
la scuola.
Si/no,
mi
capita
raramente
di
commentare fatti di
cronaca.
No.
Si, a volte
discutiamo.
172
Laura
Viola
21
Serena
19
20
Barbara
18
F
F
F
F
1999
1999
16-062012
1999
Macerata
Baiman
Turchia
Macerata
San
Severino
Marche
Macerat
a
Macerat
a
Macerat
a
Macerat
a
/
8 mesi.
/
/
/
Germania
/
/
/
Da oltre 5
anni.
/
/
Padre=R
oma
Madre:
Corridoni
a-
Babbo e
mamma
Turchia
Grottaglie
, Puglia
(TA),
Italia;
Napoli,
Campani
a, Italia.
Macerata.
Mamma e
padre;
Italiano,
Turco;
Fratello 1:
italiano,
turco,
inglese,
francese;
fratello 2:
italiano,
turco,
inglese.
Italiano.
Italiano.
italiano;
fratello 1:
macedone,
italiano,
inglese,
spagnolo.
Italiano
Mi
ha
insegnato
l’educazione,
regole
di
comportame
Cultura,
voglia
di
leggere, non
essere
maleducati,
parlare
a
bassa voce.
Comportarmi
bene
a
scuola,
andare
a
scuola,
regole
di
comportame
nto.
Rispettare gli
adulti,
non
insultare le
persone.
Invece mia
madre
inglese
perché se lo
ricordava.
A volte. Soprattutto
se le conosco quelle
persone.
Si, ci capita poche
volte
parlare
di
quello che succede.
No.
Si.
Mentre
guardiamo
il
telegiornale
faccio
domande,
puntualizzo le notizie
e le commento.
173
Ludovico
Enzo
22
23
M
M
1997
1999
Tetovo,
Macedonia
Napoli,
Campania
Macerat
a
Macerat
a
7
/
Macedoni
a- Tetovo
/
Da oltre 5
anni
/
Nazione
Macedoni
a Tetovo.
Napoli.
MarcheItalia.
Mamma:
Italiano,
Tedesco,
Russo;
Papà:
Italiano,
Russo,
Latino;
fratello:
italiano,
latino.
Macedone/i
taliano.
Mio padre mi
ha insegnato
a giocare a
calcio e mia
madre mi ha
insegnato a
cucinare.
nto sia a
casa
che
con gli ospiti.
Educazione,
lezioni
di
vita, detti.
Sì qualche volta.
No.
174
Giovanna
Clelia
Franco
Emilia
Rocco
4
5
6
7
Emma
2
3
Roberto
1
ALUNNO
Sport- teatro con la scuola -leggere guardare la tv -giocare con il
compiuter-giocare con mia sorella
I miei interessi sono, macchine, sport,
armi, videogame, andare a pesca,
caccia.
I piace leggere, guardare la tv, e
giocare a carte.
Mi piace giocare con i videogiochi, ma
mi piace anche giocare all’aperto e
adoro i giochi intellettuali e gli
indovinelli.
I miei interessi sono la scienza, la lotta
per
la
sopravvivenza
(come
sopravvivere in ambienti ostili), gli
animali, gli insetti e la chimica.
Le cose che mi piacciono di più fare
sono: andare a cavallo, passeggiare
con la mia famiglia, stare con i nonni e
fare sport.
Le cose che mi piacciono più fare sono
ascoltare
la
musica,
leggere
soprattutto, guardare la tv, stare a
computer, andare in bici, uscire con i
miei amici.
5.
QUALI
SONO
I
TUOI
INTERESSI/LE COSE CHE TI PIACE
DI PIÙ FARE?
PERSONE
PIÙ
I parenti e gli amici.
Le mie amiche,
Amici di scuola.
Le persone che frequento
più spesso sono i miei
amici di scuola (anche delle
altre classi), i miei genitori,
mia sorella, le mie cugine e
i nonni (specialmente quelli
materni).
Famiglia-cugini
materninonni m.
Le persone che frequento
più spesso sono: i nonni, gli
amici e mia sorella.
I miei amici
6.
QUALI
FREQUENTI
SPESSO?
Poco d’accordo
Poco d’accordo
Poco d’accordo.
Abbastanza d’accordo.
Poco d’accordo.
Abbastanza d’accordo.
Abbastanza d’accordo.
7a. DI’ SE SEI D’ACCORDO CON
LA
SEGUENTE
FRASE:
È
DIFFICILE ANDARE D’ACCORDO
CON I COMPAGNI DI SCUOLA O
IN
GENERALE
CON
LE
PERSONE CHE PROVENGONO
DA ALTRI PAESI E CHE HANNO
CULTURE E MODI DI PENSARE
DIVERSI
Perché
fanno
troppa
confusione in classe quando si
fà e non si fà lezione.
Perché anche se gli stranieri
hanno culture diverse non si
comportano in modo diverso.
Non ho nessun problema ad
andarci d’accordo.
Perché penso che, anche se
una persona viene da un altro
paese, non dovrebbe essere
considerata diversa, perché in
fondo sono anche loro persone
Perché sono più scontrose e
passano direttamente alle
mani, senza parlare civilmente.
Però non tutti sono così.
Perché secondo me i loro modi
di fare non sono uguali ai miei,
quindi
è
più
difficile
‘comunicare’ con loro.
Perché credo sia anche bello
scoprire culture e modi di
pensare diversi. Io avevo
un’amica straniera e ci giocavo
e mi trovavo molto bene con
lei.
7b. PERCHÉ? MOTIVA LA
TUA RISPOSTA.
175
Vera
Simona
Cecilia
14
15
Sara
11
13
Mirco
10
Enrico
Giada
9
12
Lorenzo
8
Mi piace:
stare
su
face
book/skype/oovoo/messanger/e-mail…
-uscire con gli/le amici/che
Leggere libri in italiano o quelli semplici
in inglese Nuotare
Scuola (studiare fare i compiti)
Mi piace nuotare, fare atletica,
ginnastica artistica e giocare con il mio
cane (Nuvola)
- suonare il pianoforte
-leggere
-giocare a tennis
- passeggiare
- correre
- giocare all’aria aperta
I miei interessi sono: 1) uscire con i
miei amici 2) giocare a pallone,
nuotare, andare a spasso con il mio
cane e anche giocare alla… Con super
smash eroe enorme
Scuola, amici, videogames
Sport, lettura, gioco, suonare flauto e
fare lavoretti.
Sport (judo, Atletica), recitare, suonare
(pianola, Flauto, chitarra soprattutto),
Internet, uscire con gli amici, andare al
cinema.
La mia ex classe (gli amici
delle elementari), la mia
classe (2° B), amici di
ginnastica,
del
I miei familiari e le mie
amiche
Amici, parenti
I miei amici sono le
persone che frequento di
più.
Amici:
Niccolò,
Pietro,
Dario, Francesco
Mamma, papà, sorella
La mia famiglia e le mie
amiche o compagne di
scuola.
Amici, genitori, parenti.
Non so. Poco d’accordo.
Molto d’accordo
Abbastanza d’accordo
Poco d’accordo.
Poco d’accordo
Non so
Poco d’accordo.
Abbastanza d’accordo.
Perché sono fastidiosi e anche
molto, sono antipatici e gli
sembra di essere i più grandi
della scuola solo perché sono
stati bocciati e trattano molto
male le persone italiane
(bullismo)
Perché dipende dalla persona:
io ho alcuni amici stranieri
stretti, altri sono poco legata,
altri non ci parlo per niente…
Perché
sono
sempre
compagni e si può convincerli
a diventare tuoi amici, poi con
loro (compagni che hanno
culture diverse) ci si può
divertire di più
Loro hanno modi e gusti
diversi
tali e quali a noi.
Perché
molte
volte
si
comportano davvero molto
diversi, ma non molto, e poi
perché con qualcun altro
parlano nella loro lingua
Perché riesco lo stesso a
confrontarmi con lui/lei anche
se è di una religione diversa e
magari pensa in un modo
diverso dal mio.
Perké
si
deve
andare
d’accordo con tutti
Basta essere altruista e avere
buona volontà
176
Antonia
Gjorge
Barbara
Serena
Laura
Viola
Ludovico
Enzo
16
17
18
19
20
21
22
23
Andare a calcio giocare navigare ecc.
Il mio interesse in questo periodo è sui
draghi e penso che questo interesse
durerà per sempre. Mi interessano
molto anche gli animali. Le cose che
mi piace più fare è: giocare al
computer, giocare con il mio cane,
pescare e disegnare.
I miei interessi sono videogiochi.
Giocare a calcio, stare su internet,
andare al cinema.
Facebook; calcio perché a me da
piccolo mi piaceva il Milan che lottava
sempre e allora da quando ho fatto 8
anni io ci sto giocando e continerò a
giocare fino alla fine.
Sport, libri, Facebook, parlare con le
mie amiche, uscire il pomeriggio,
shopping.
Fare sport, suonare il pianoforte,
andare a catechismo, uscire con gli
amici.
Mi piace andare a cavallo, uscire con
le amiche al cinema e lavare il cane.
- fare ginnastica artistica alla virtus
della
mia
mamma,
zia,
Amici famigliari
Dopo i compagni di scuola,
amici.
Mia madre e amici.
Bianca,
cugine.
I miei genitori e i miei amici.
Le ragazze
classe.
Quelli di classe e quelli che
giocano a calcio con me.
mare/montagna, le altre
classi (2°A - 1° B - 1° D
etc.)
In particolare due ragazze
che conosco fin dall’asilo.
Poco d’accordo
Molto d’accordo.
Poco d’accordo.
Abbastanza d’accordo.
Poco d’accordo.
Abbastanza d’accordo.
Molto d’accordo.
Poco d’accordo.
E’ una cosa che provo anch’io
tutt’ora
sulle
divergenze
scolastiche sui compagni.
Io vado d’accordo con tutti
Perché anche se povengono
da
paesi
diversi
sono
comunque persone come noi,
con nulla di differente da noi.
Perché non litigo quasi mai
con loro e posso fidarmi con
loro.
Perché è insegnare loro e
viceversa le nostre culture e
poi è bello fare amicizia con
tutti.
Perché la maggior parte delle
volte la pensano come me.
Perché per me non deve
esserci
una
particolare
differenza tra i vari popoli.
Perché pure io sono di un altro
paese e io vado molto
d’accordo con gli altri ma certi
no.
177
2
1
Emma
Roberto
ALUNNO
Antologia,
perché ci sono
molti racconti;
atre
perché
Ginnastica,
Informatica.
8. A SCUOLA,
QUALE
O
QUALI SONO
LE
TUE
MATERIE
PREFERITE?
PERCHÉ?
Non ci sono.
Matematica
perché
non
riesco mai a
capire
le
spiegazioni
della
professoressa.
9. CI SONO
MATERIE
CHE NON TI
PIACCIONO
O CHE TI
SEMBRANO
MOLTO
DIFFICILI? SE
SÌ, PERCHÉ?
Letteratura,
narrativa
antologia.
Antologia
Narrativa.
e
e
10.
QUALI
SONO
LE
ATTIVITÀ CHE
SVOLGI
PIÙ
VOLENTIERI
NELLE ORE DI
ITALIANO?
Grammatica.
Grammatica e la
correzione dei
compiti. Ma non
è una materia
che disprezzo.
11.
QUALI
SONO
LE
ATTIVITÀ CHE
SVOLGI MENO
VOLENTIERI
NELLE ORE DI
ITALIANO?
Io leggo fumetti,
libri di fantasia e
avventura.
Sì,
leggo
abbastanza
volentieri: riviste,
libri, on-line e
tutto ciò che mi
capita a tiro.
12.
LEGGI
VOLENTIERI,
OPPURE
NO?
CHE
COSA
(FUMETTI,
RIVISTE, LIBRI,
QUOTIDIANI,
QUOTIDIANI ONLINE,
BLOG,
ETC.)
RACCONTA.
- mi piace
leggere
perché
mi
identifico in
certi
personaggi o
storie
particolari
- penso che
leggere sia
piacevole
- a casa ho
molti libri
- i libri che ci
sono
nella
biblioteca
scolastica
non
mi
piacciono o
interessano
- mi piace
leggere
perché
mi
identifico in
13. PERCHÉ
LEGGI
O
NON
LEGGI?
Attività
di
gruppo
e
commentare
dei film.
14. SCRIVI
QUALI
ATTIVITÀ TI
PIACEREBB
E
FARE
NELLE ORE
DI ITALIANO
CHE
ADESSO
NON FAI O
CHE
FINO
AD
OGGI
NON
HAI
MAI FATTO.
Vorrei
andare alla
biblioteca
della scuola
e scegliere
dei libri da
leggere con i
miei
compagni di
classe.
Sì c’è un libro
che
sto
leggendo
e
che mi piace
15. C’È UN
LIBRO O UN
GENERE DI
LIBRI
CHE
RITIENI
MOLTO
IMPORTANTE
PER TE E/O
NEL/NEI
QUALE/I
TI
IDENTIFICHI
IN MANIERA
PARTICOLAR
E?
Si, quello della
natura che mi
spiega
per
esempio come
funzionano
degli
organismi
viventi.
178
4
3
Clelia
Giovanna
Scienze=
mi
piace studiare.
STORIAMATEMATICA
:
non
so.
Sono antologia
e
inglese.
Antologia
perché a me
piace leggere
e
l’inglese
perché
mi
piace
molto
questa lingua
straniera.
posso
esprimermi
con
le
immagini
e
altre materie.
GEOGRAFIA:
è noiosa
Sì, tecnologia
è una materia
che per me è
abbastanza
difficile.
Non
mi
piace
anche
la
grammatica
perché
mi
sembra troppo
complessa.
Antologiagrammaticaletteratura.
Sono narrativa e
antologia
e
visioni di film.
Nessuna.
L’attività
che
svolgo
meno
volentieri è la
grammatica.
Sì, un po’ di tutto
soprattutto
libri,
ma non fumetti,
quotidiani,
quotidiani on-line,
Sì, leggo molto
volentieri riviste,
libri,
a
volte
fumetti.
certi
personaggi o
storie
particolari
- penso che
leggere sia
piacevole
- a casa ho
molti libri
- i libri che ci
sono
nella
biblioteca
scolastica mi
piacciono
- mi piace
leggere
perché
mi
identifico in
certi
personaggi o
storie
particolari
- penso che
leggere sia
piacevole
- a casa ho
molti libri
- altro: mi
piace leggere
per sognare
o per andare
con
la
fantasia nei
posti nei libri
- mi piace
leggere
perché
mi
identifico in
certi
Leggere
più.
/
di
Fantasy, gialli.
Mi piace molto
i libri di mistero
enigmatici ma
anche in libri
come biografie
o
libri
con
storie di vita
quotidiana. Il
libro più bello
che ho letto è
“Ulysses
Moore”.
molto che si
intitola:
“Viaggio
al
centro
della
Terra”.
179
Emilia
Rocco
7
Franco
6
5
Le mie materie
preferite sono
arte,
ginnastica,
matematica,
italiano,
francese.
Le mie materie
preferite sono
Antologia,
epica,
letteratura,
geografia:
perché sono
poco faticose.
GINNASTICA:
mi piace il
movimento.
No, non ci
sono materie
Inglese perché
mi
resta
difficile capirla.
No, nessuna
materia mi è
molto difficile.
Sono narrativa e
letteratura.
Cartelloni, film,
antologia…
Narrativa, epica,
letteratura,
antologia.
Grammatica.
/
Grammatica.
Sì,
volentieri
leggo
e mi
Leggo volentieri.
Leggo
libri
e
fumetti.
Sì, leggo molto,
sia
libri
che
fumetti.
blog.
- penso che
leggere sia
personaggi o
storie
particolari
- penso che
leggere sia
piacevole
- a casa ho
molti libri
- altro: mi
immergo
nelle storie e
quando
smetto
mi
sembra
di
averla
vissuta
veramente.
- mi piace
leggere
perché
mi
identifico in
certi
personaggi o
storie
particolari
- penso che
leggere sia
piacevole
- a casa ho
molti libri
- penso che
leggere sia
piacevole
- a casa ho
molti libri
di
più
Mi
piacerebbe
Lavori
gruppo,
letture.
/
No, tutti i libri
che ho letto
Di solito di
avventura,
fantasi, gialli.
Sì, i libri di
avventura.
180
9
8
Giada
Lorenzo
Grammatica,
Inglese,
Francese
(perché
mi
divertono)
Geografia
(perché
il
giovedì
facciamo
2
volte
ricreazione)
Grammatica,
Arte,
Religione.
Sono
ginnastica,
perché
mi
piace
fare
sport. Latino,
perché
mi
piacciono
le
lingue antiche,
le
lingue
straniere
perché
mi
piace parlare
con persone di
altre
nazionalità e la
storia perché
mi
piace
quelle
letterarie e le
lingue antiche.
E mi piace
anche molto la
storia.
Raccontare
fatti, fare testi,
narrativa
e
antologia.
Matematica,
Italiano
(apparte
la
grammatica),
Tecnica,
Scienze.
che disprezzo
particolarment
e.
Grammatica
Grammatica
Raccontare fatti,
fare
testi,
narrativa
e
antologia
Antologia, epica,
letteratura
Mi
piace
moltissimo
leggere qualsiasi
cosa
ma
in
particolare
libri,
fumetti e giornali
piacciono i libri
storici,
infatti
l’ultimo libro che
ho letto è di
Manfredi e si
chiama
“Alexandros,
il
figlio del sogno”.
I libri no, magari
- mi piace
leggere
perché
mi
identifico in
certi
personaggi o
storie
particolari
- penso che
leggere sia
piacevole
- a casa ho
molti libri
- non mi
piace leggere
e preferisco
dedicarmi ad
altre attività
- a casa ho
molti libri
- non sapevo
che
esistesse la
biblioteca
scolastica
piacevole
- a casa ho
molti libri
di
/
Creare storie
e comunque
imparare
a
leggere
e
scrivere
leggere
più.
Un libro che mi
ha insegnato
molte
cose
importanti
e
utili
nell’educazion
e
e
nel
divertimento è
Piccole
Donne.
Dei
libri che mi
hanno
fatto
fantasticare
sono
libri
come:
Sherlock
Holmes
e
Giallo, fantasy
sono magnifici
e li adoro tutti.
181
Enrico
Vera
13
Sara
11
12
Mirco
10
Inglese,
matematica,
Le mie materie
preferite sono
le materie orali
e anche la
matematica
Matematica =
c’è da usare la
logica
e
l’intellingenza.
Franc=è molto
fluida
come
lingua.
sapere come
si sono svolti
fatti,
guerre
ecc.
Scienze,
geografia,
italiano
No
La materia che
non mi piace è
l’inglese
Non mi piace
storia dell’arte
e
teoria
tecnologia
Matematica
tutti
Narrativa
Nelle ore di
italiano
sono
l’antologia e la
storia
Antologia/brano
antologici/lettura
narrativa
e
letteratura
Parlare
insieme
Nessuna
Le materie che
svolgo di meno
nelle
ore
di
italiano sono la
grammatica
A
volte
grammatica, a
volte epica
Analisi
grammaticale
piace
molti
come
e
Leggo
libri
in
quanto cerco di,
Si leggo
fumetti
Topolino
Paperinik
Sì, leggo molto
volentieri fumetti,
riviste, libri e a
volte
quotidiani
(raramenti)
Si
mi
leggere
- mi piace
leggere
perché
mi
identifico in
certi
personaggi o
storie
particolari
- a casa ho
molti libri
- mi piace
leggere
perché
mi
identifico in
certi
personaggi o
storie
particolari
- penso che
leggere sia
piacevole
- a casa ho
molti libri
- penso che
leggere sia
piacevole
- a casa ho
molti libri
- i libri che ci
sono
nella
biblioteca
scolastica mi
piacciono
- mi piace
leggere
Nessuna
Mi
piacerebbe
fare
più
antologia
/
Parlare
insieme
del
di
V = Valentina
di
Angelo
Si i libri di
azione
sono
molto
avvincenti
I
libri
avventura
Fantascienza
l’isola
tesoro.
182
15
14
Cecilia
Simona
Inglese,
francese,
matematica,
ginnastica
perché sono
molto
interessanti e
ginnastica
è
molto
divertente.
Arte,
perché
amo
disegnare/colo
rare/dipingere;
ginnastica,
perché ci si
muove un po’
e grammatica,
perché
mi
piace fare gli
esercizi.
perché
mi
restano molto
semplici e mi
appassiona
fare i compiti
di quest’ultime
Inglese,
perché non mi
sta simpatica
la
prof.ssa;
matematica,
per lo stesso
motivo
e
storia, perché
non la capisco.
Arte
perché
non
sono
portata e c’è
sempre
da
considerare
molte misure.
Letteratura,
grammatica,
antologia.
Narrativa
antologia
vedere i film.
e
e
Storia.
Grammatica
No, non leggo
molto spesso, ma
quando leggo mi
piacciono giornali
di estetica sulle
unghie; riviste di
moda
(scarpe,
vestiti…).
Io leggo volentieri.
Leggo soprattutto
riviste e libri.
oltre
ad
esercitarmi
a
leggere,
immedesimarmi
nei personaggi e
di cercare ad
indovinare la mia
opinione.
- non mi
piace leggere
e preferisco
dedicarmi ad
altre attività
- penso che
leggere sia
noioso
- a casa ho
molti libri
- i libri che ci
sono
nella
biblioteca
scolastica
non
mi
piacciono o
interessano
- mi piace
leggere
riviste
perché
mi
identifico in
certi
personaggi o
storie
particolari
- penso che
leggere sia
piacevole
penso
che
leggere sia
piacevole
a casa ho
molti libri
in
Attività
di
gruppo,
cartelloni,
ricerche (ma
senza
studiarle)
Andare
biblioteca
Riviste
estetiche (sulle
unghie
o
trucchi) riviste
di
moda…/…fem
minili perché
mi
piace
sperimentare
le mode su di
me.
Mi
identifico
nei
libri
narrativi e di
avventura
Petrosino
183
Barbara
Gjorge
17
18
Antonia
16
e
Inglese,
Italiano
e
Ginnastica,
perché:
Inglese ho una
buona
pronuncia e mi
piace, Italiano
=lo
capisco
molto
facilmene (le
spiegazioni) e
Ginnastica
=perché sono
brava.
Ginnastica
geografia.
Tecnologia;
grammatica e
geografia.
Matematica,
perché non la
capisco.
Sì
perché
sono
difficili
ma a me non
mi
va
di
studiare
sempre perché
è noioso.
L’inglese
perché non mi
riesce
bene
parlarlo.
Antologia
Narrativa.
Antologia.
Grammatica
particolare.
e
in
Analisi
grammaticale.
Grammatica
perché secondo
me è un po’
noioso.
Antologia
perché
mi
annoia un po!
Leggo
molto
volentieri:
libri
gialli e romanzi
per ragazzi. In
questo momento
sto
leggendo
“Gomorra”
di
Roberto Saviano.
No perché non mi
piace leggere.
Sì, in particolare
le storie che ti
commovono.
femminili
Penso
che
leggere sia
piacevole.
A casa ho
molti
libri.
Perché
mi
identifico nel
paesaggio
Non mi piace
leggere
e
preferisco
dedicarmi ad
altre attività.
- i libri che ci
sono
nella
biblioteca
scolastica mi
piacciono
-altro:
mi
piace leggere
cose di calcio
che sia del
Milannn
- mi piace
leggere
perché
mi
identifico in
certi
personaggi o
storie
particolari
- penso che
leggere sia
piacevole
- a casa ho
molti libri
Fare
più
narrativa,
lavori
di
gruppi.
Film
Parlare delle
diverse
culture
e
delle
loro
lingue.
Sì, “Gomorra”
di
Roberto
Saviano,
perché
io
vorrei andare
a
lavorare
nell’Anti-Mafia
a Palermo o
Napoli, il Ris è
il mio sogno.
/
Sì, quelli che
parlano
di
cani,
in
particolare di
Labrador.
184
Viola
Laura
20
21
Serena
19
Arte perché mi
piace
disegnare,
geografia
perché la prof.
Spiega bene
ed
è
interessante,
musica perché
mi
piace
suonare,
cantare.
Italiano,
Matematica,
Francese
e
Inglese.
Perché
le
trovo
interessanti e
a
volte
semplici,
soprattutto
Scienze.
Ginnastica
perché
mi
piace
fare
sport, francese
perché
mi
piace questa
lingua
straniera.
Non mi piace
Ginnastica,
Tecnica
e
Geografia.
Perché
Tecnica
e
Geografia
sono difficili e
ginnastica
perché
ho
paura
della
prof.
Matematica
perché
è
difficile
da
capire. Inglese
perché
non
riesco
ha
capire
più
delle volte.
No, penso che
siano
tutte
abbastanza
semplici.
fare
e
Epica
Letteratura.
e
Svolgere
dei
temi,
fare
l’analisi logica,
leggere,
guardare film.
Leggere,
antologia
narrativa.
Grammatica
Storia.
e
Rispondere alle
domande.
Grammatica.
Avoglia se leggo,
leggo sì e pure un
sacco
e
una
scorta,
leggo.
Libri Fantasy in
particolare
di
Christopher
Paolini in cui si
parla di draghi, i
libri sono: Eragon,
Gidest, Brisingr,
Inheritance.
Sì, io leggo dei
libri, fumetti, libri
di alcune ragazze
che
hanno
difficoltà ad avere
un
rapporto
buono
con
i
genitori.
Sì,
leggo
volentieri, fumetti,
riviste e libri.
Altro: penso
che
leggendo si
entri in un
altro mondo
tra fantasia e
realtà.
- mi piace
leggere
perché
mi
identifico in
certi
personaggi o
storie
particolari
- penso che
leggere sia
piacevole
- penso che
leggere sia
piacevole
- a casa ho
molti libri
- i libri che ci
sono
nella
biblioteca
scolastica mi
piacciono
Mi
piacerebbe
che
andassimo in
biblioteca.
Non so.
Mi
piacerebbe
fare
più
spesso
Antologia.
Ci
tengo
moltissimo ai
miei libri sui
draghi ovvero:
Dragologia,
Disegnare
draghi,
leggende dei
draghi, Eragon
in Alagaesia,
Almanacco di
Alagaesia,
Eragon,
Eldest,
Brisingr,
Inheritance.
I libri di alcune
ragazze
in
difficoltà e il
diario di Anna
Frank.
Sì, i libri sugli
Ebrei,
sulle
persone
perseguitate.
185
23
22
Enzo
Ludovico
Ginnastica,
informatica,
francese
e
geografia
perché la proff
è la più buona
del mondo ☺.
La storia e la
geografia.
Scienze
perché non mi
piace.
Matematica.
Storialetteratura.
Antologia.
Grammatica
epica.
Grammatica.
e
fumetti,
Si
quotidiani
riviste quotidiani
on-line.
Libri,
blog.
- mi piace
leggere
perché
mi
identifico in
certi
personaggi o
storie
particolari
- penso che
leggere sia
piacevole
- a casa ho
molti libri
- i libri che ci
sono
nella
biblioteca
scolastica
non
mi
piacciono o
interessano
Altro: perché
mi
interessano
dei fatti.
Andare
a
vedere
qualche film.
Film!
No non ci sono
dei libri che
ritengo
importanti.
Sono
tutti
fantasyavventura.
L’horror,
guerra e mille
modi
per
conquistare
léuropa
Le
grandi
autobiografie
Al Capone.
186
Giovanna
Clelia
Franco
Emilia
Rocco
4
5
6
7
Emma
2
3
Roberto
1
ALUNNO
latino,
I so il francese, l’inglese, il
Il
napoletano,
il
l’inglese, il francese
Francese, Inglese
Francese scrivere e leggere
Spagnolo -> capire Dialetto ->
parlare (poco) e capire
L’italiano, l’inglese, il dialetto.
Italiano, francese, inglese e il
dialetto maceratese.
16. LA/E TUA/E LINGUA/E
È/SONO:
(PUOI
ANCHE
PARLARE DEI DIALETTI;
PUOI INSERIRE LE LINGUE
CHE CAPISCI, MA CHE NON
SAI PARLARE; LE LINGUE
CHE SAI PARLARE, ANCHE
POCO; LE LINGUE CHE SAI
SOLO LEGGERE O CHE SAI
ANCHE SCRIVERE):
Dialetto, francese (così così)
Inglese.
Italiano, perché è la lingua
che so di più
Italiano perché è la mia
lingua originale
Mi piace il latino
La lingua che uso più
volentieri
è
l’italiano
perché è la mia lingua,
ma un po’ anche il dialetto
perché è come se fosse
una nuova lingua.
Italiano = perché è la
lingua
di
origine,
qual’cosa del DIALETTO
=avvolte mi esce qualche
parola
senza
accorgermene.
Inglese,
Dialetto
e
soprattutto
l’italiano.
L’inglese la uso per
parlare
on-line
con
persone di altri stati.
L’italiano
e
l’inglese
perché le faccio anche a
scuola.
17. QUAL È O QUALI
SONO LE LINGUE CHE
USI PIÙ VOLENTIERI?
PERCHÉ?
non
Il francese, perché non lo
parlo bene
Inglese perché non lo
capisco
Non mi piace il francese
DIALETTO
Le lingue che uso meno
volentieri sono il francese
perché non ho ancora
approfondito molto questa
lingua.
Sono le lingue che non
conosco.
Francese,
perché
serve a troppo.
18. QUAL È O QUALI
SONO LE LINGUE CHE
USI MENO VOLENTIERI?
PERCHÉ?
SCUOLA
>francese
SPAGNOLO
attraverso
mia
sorella che lo ha
studiato
alle
medie
A scuola, corsi di
potensiamento
Con la scuola o a
casa
Due
le
ho
Tramite la scuola
ma
anche
in
famiglia
(soprattutto)
A scuola, ma
anche tramite dei
videogames che
parlano inglese e
altre lingue.
Attraverso
la
scuola e i miei
genitori.
19. COME HAI
IMPARATO
LE
LINGUE
CHE
CONOSCI?
Si, mi piace la cultura araba
Si, la cultura araba, e indù,
per la religione
No
Si, la religione di tutti i
popoli
perché
vorrei
arricchire le mie notizie
Sì, verso la cultura inglese
e francese perché sono le
lingue che conosco.
No, non sono curiosa di
altre culture, ma solo di
una: la cultura albanese.
Si ma solo verso quelle
Europee. Tra queste ci
sono:
Egitto,
Grecia,
Spagna e Inghilterra.
20.
SEI
CURIOSA/O
VERSO
ALTRE
CULTURE?
SE
SÌ,
QUALI? PERCHÉ?
187
Vera
Simona
14
Sara
11
13
Mirco
10
Enrico
Giada
9
12
Lorenzo
8
So il Francese, l’italiano,
l’inglese e lo spagnolo solo un
po’.
Italiano, inglese, francese
Io parlo molto il dialetto
maceratese ma so parlare
italiano e leggere l’italiano
Moldavo, francese, russo,
inglese, italiano
Italiano, Inglese, francese.
Italiano, Inglese, francese,
dialetto maceratese, Dialetto
romagnolo.
Italiano,
francese
(abbastanza),
inglese
(so
parlare abbastanza bene e so
scrivere alcune cose)
latino e quando andrò al liceo
vogli imparare il greco
sono
Uso più volentieri l’inglese
perché so scriverlo e
parlarlo molto bene.
Italiano, inglese
quelle più parlate
Le lingue che uso più
volentieri sono l’italiano
Italiano
perché
sono
italiana.
Inglese perché è da molto
tempo che lo conosco.
Francese perché è simile
all’italiano e si capisce
bene.
Francese, italiano
Italiano perché è la mia
lingua natale e l’inglese
perché mi piace
Inglese
Le lingue che uso meno
volentieri non ci sono
Le lingue che uso meno
volentieri sono l’inglese e il
francese perché in famiglia
parliamo l’italiano e basta
Francese meno parlato,
difficile
Nessuna.
Inglese
/
Italiano, dialetti
Stando
attenta
alle lezioni ed
impegnandomi
fino
allo
sfinimento
ed
infatti ho ottimi
voti.
/
Le ho imparate a
scuola, con i libri
di casa e con
l’aiuto dei miei
genitori
Scuola
e
all’estero
- L’italiano è della
mia nazione
- l’inglese è dalla
materna che lo
conosco
- il francese è
dalla 1° media
che lo conosco
Le ho imparate
grazie alla scuola
imparate a scuola
(inglese
e
francese) mentre
il
latino
l’ho
imparato a un
corso.
A scuola, a casa
A scuola e con corsi privati
con
una
madrelingua
(INGLESE)
Sono curiosa verso la
cultura inglese soprattutto
per le uova di pasqua con
la caccia alle uova
No non sono curioso verso
altre culture
Si, verso le usanze/cultura
degli altri paesi perché è
interessante.
Sono curiosa verso la
cultura indiana perché mi
piacerebbe scoprire come
riescono
a
trovare
l’equilibrio interiore
/
No
e cinese.
188
Laura
Viola
21
Barbara
18
20
Gjorge
17
Serena
Antonia
16
19
Cecilia
15
Italiano, a volte dialetto
marchigiano-romano,
quelle
che so di meno sono Inglese e
Francese.
Inglese, francese, italiano,
tedesco, turco, albanese.
Italiano, francese.
Inglese, lo so parlare. A casa
parlo Napoletano e Italiano.
Le lingue che mi piacciono
sono macedone e italiano.
/
Dialetto
abruzzese-latino
volgare-cinese-italianobolognese-inglese.
Italiano e dialetto perché
le conosco bene.
Napoletano perché è la
mia terra d’origine ed è
molto bello come dialetto.
L’Italiano, perché è la mia
lingua Natale, Francese
perché mi piace molto
questa lingua.
Italiano, turco.
L’italiano perché sono 13
anni, da quando sono
nata che lo parlo, e mi
risulta facile.
Macedone
e
italiano
perché sono più facili.
Inglese
e
francese,
perché devo studiarle a
scuola, e italiano, perché
è la mia lingua madre che
parlo sempre.
Sono l’Inglese e il Francese
perché non ho necessità di
parlarle.
Tedesco, francese, inglese.
No, non ci sono apparte
quelle che non conosco.
Francese a scuola.
Inglese e francese perché
sono un po’ difficili.
L’Inglese perché non lo
parlo bene, e questo mi
irrita.
Cinese,
latino
volgare,
dialetto
abruzzese
e
bolognese; perché non lo
parlo spesso.
Ha scuola, e dei
miei
cugini
e
amici me l’hanno
insegnato.
Allora: le lingue
estere a scuola, la
lingua italiana l’ho
imparata
sentendo parlare i
miei
familiari,
come tutti. E ho
approfondito
il
mio vocabolario
chiedendo
spiegazioni a mia
L’italiano
l’ho
imparato quando
sono arrivato in
Italia
e
sono
entrato in una
scuola.
A
scuola,
e
inglese con la
scuola d’inglese.
A scuola e tramite
i miei genitori.
Le lingue che
conosco le ho
imparate
attraverso la mia
famiglia, la scuola
e
corsi
extrascolastici.
Perché le parlo fin
da quando sono
piccola.
Sì, perché alcune culture
hanno modi di fare strani.
Si, mi piacerebbe sapere le
culture degli africani perché
mi hanno sempre attirato le
loro belle culture.
Si, sono curiosa di sapere
le loro culture.
Si, verso il Buddhismo,
perché mi attrae molto.
No, non molto per la lingua,
ma si perché sono curiosa
di sapere di più sulla loro
vita quotidiana.
No.
Sì, sono curiosa nelle altre
culture, come il cinese
mandarino e il latino
volgare perché mi piace
conoscere la loro religione
e le loro tradizioni.
189
Ludovico
Enzo
22
23
Le lingue che so parlare.
Napoletano, Italiano, Russo,
Tedesco, Francese e Inglese.
Italiano e macedone.
Napoletano e Italiano.
Sono francese e inglese
perché non mi piacciono.
Tedesco e russo perché
son troppo difficili.
Guardando la tv
andando
a
scuola.
madre e leggendo
libri.
Dalla scuola ai
parenti.
No, anzi, io non sono
favorevole alla libertà di
culto. Farei solo professare
il cristianesimo e infliggerei
pene per chi non è
cristiano.
Si tipo gli eschimesi perché
mi piacciono le loro culture.
190
Roberto
Emma
Giovanna
Clelia
Franco
Emilia
1
2
3
4
5
6
ALUNNO
No.
Si, ho anche amici stranieri.
Sì, due bambini afgani ma per
non so quali motivi, sono
dovuti ritornare nel loro Paese
Sì, ho frequentato una ragazza
afgana ed è stato molto
interessante scoprire le sue
culture e la sua lingua.
Si, ho incontrato persone che
provengono da altri paesi,
perché
sono
dei
miei
compagni di classe.
Sì, ho un amico che si chiama
Joacchin che veniva dalla
Spagna. Solo che adesso è
dovuto tornare al suo paese.
21.
CONOSCI
E/O
FREQUENTI
O
HAI
FREQUENTATO PERSONE
CHE PROVENGONO
DA
ALTRI PAESI
E CON
LINGUE
E
CULTURE
DIVERSE DALLA/E TUA/E?
RACCONTA.
Imparare
cose
nuove,
Cultura, sono i modi e i
costumi e religione di una
civiltà.
Secondo me significa
tutte
le
cose
che
caratterizzano ogni paese
come modi di vivere,
religioni etc.
Non so
Secondo me la parola
‘cultura’
significa
alla
ricerca di altre religioni e
di altre persone.
L’insieme delle arti come
l’arte, la scultura, la
musica ma anche film,
teleshow, video ecc. ecc.
22.
CHE
COSA
SIGNIFICA PER TE LA
PAROLA “CULTURA”?
Non mi sono mai posta
No.
23. CHE IDEA TI SEI
FATTA/O
DELLA
CONVIVENZA
TRA
PERSONE CON LINGUE
E CULTURE DIVERSE
(CIOÈ
CHE
PROVENGONO DA PAESI
DIVERSI E HANNO MODI
DI
PENSARE
E
TRADIZIONI
DIFFERENTI)?
Da una parte preferirei che
fossimo solo bianchi di una
lingua e un aspetto uguale
ma dall’altra penso che
anche loro vengono qui per
trovare lavoro.
Secondo me, anche se loro
provengono da altri paesi,
sono sempre delle persone
come noi ma con delle
abitudini diverse.
Io credo che sia molto
difficile convivere con certe
persone poiché hanno modi
di vivere diversi e opinioni
diversi.
Che sono strani per noi, ma
per loro noi, siamo strani
saprei
non
altre
In quella Italiana.
Mi identifico nella
mia cultura, quella
italiana.
Non
perché
conosco
culture.
/
Io, no non mi
identifico su altre
culture.
Solo
quella
italiana er ora
perché non sono
mai stato in altri
stati.
24.
TI
IDENTIFICHI IN
UNA
O
PIÙ
CULTURE?
QUALE
O
QUALI?
PERCHÉ?
In più lingue perché ci può
essere la maggioranza di
una cultura in un Paese ma
possono esserci persone
che sono in uno Stato ma
parlano lingue diverse
Una cultura, non è colo la
lingua, ma anche i modi e i
costumi, e la religione di
una civiltà.
/
Secondo me, le culture si
possono esprimere in più
lingue, perché la lingua
parlata in vari paesi fa
sempre parte della cultura.
/
In una sola, perché basta
vedere un quadro per
apprezzarla e non sentire
cosa dice.
25. SECONDO TE, LE
CULTURE SI POSSONO
ESPRIMERE
IN
UNA
SOLA O IN PIÙ LINGUE?
SPIEGA
LA
TUA
RISPOSTA.
191
Rocco
Lorenzo
Giada
Mirco
Sara
Enrico
Vera
Simona
Cecilia
Antonia
Gjorge
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
Si ne conosco molti e li
No, non ne conosco molti, solo
alcuni nella scuola.
Sì, conosco persone che
provengono da altri paesi con
culture e lingue divese.
Maggiormente sono quelli
della mia classe e ex classe.
Conosco alcuni miei compagni
di classe stranieri.
Si, una di queste è Victor, un
mio
caro
amico,
l’ho
conosciuto in 1° elementare.
Si:
a scuola o
luoghi
comunitari.
Conosco una persona che è di
origine albanese e che parla e
ha un modo di pensare diverso
dal mio. Lei è comunque una
mia amica.
Si, Paolo
Alle elementari c’erano 2
bambini afghani alle medie ci
sono delle persone straniere
Si, frequento degli amici che
vengono dalla Moldavia e
Albania.
No.
“modo
di
Bhooooooo
Per me la cultura ha molti
significati.
Per me la parola “cultura”
vuol
dire/significa/è
il
sapere trasmesso a voce.
/
Cultura
significa
conoscere
nuove
tradizioni e be
Cose, ricorrenze che un
popolo
segue,
feste
manifestazioni ecc.
Usanze di altri paesi
Cultura vuol dire usanza
Significa
pensare”.
altre religioni.
Cultura per me significa
sapere, conoscere ed
essere.
Sapere tante cose.
Che
io
ci
vado
molto
Secondo me anche se
provengono da altri paesi e
hanno modi di pensare e
tradizioni differenti io sono
dell’idea
che
bisogna
rispettarli
come
una
persona uguale/come noi.
Nessun idea.
Non è molto facile!
/
Penso sia positivo perché
si imparano nuove cose di
altre nazioni
La convivenza tra persone
con lingue e culture diverse
sono molto buone.
Penso
che
sia
bello
immergersi nella cultura di
altri popoli.
Che si possono integrare e
che non devono essere
emarginate.
Bo.
questa domanda.
Per me è una cosa giusta.
No.
Si con
Italiana
Romena.
quella
e
No, io non mi
identifico su altre
culture.
1 Italiana, inglese.
Perché si piace
approfondire
le
mie conoscenze.
No.
Non so.
/
/
Mi identifico nella
cultura italiana.
Mi identifico nella
cultura Italiana e
Marchigiana.
No.
Secondo me in più lingue,
perché non c’è un solo
popolo ma più popoli,
quindi non una sola lingua
ma più lingue.
Più lingue
Si possono esprimere in più
lingue perché ogni lingua
ha la sua cultura.
Sì, secondo me le culture si
possono esprimere in più
lingue perché in un paese
ci possono essere diverse
tradizioni
e
modi
di
pensare.
Più lingue.
Più lingue e non voglio
motivare la risposta.
/
Si, basta che sono tradotte
bene.
/
No.
Secondo me si
192
Ludovico
Enzo
22
23
Laura
20
Viola
Serena
19
21
Barbara
18
No non ho avuto l’occasione.
Sì…E non mi sono piaciute.
Non si comportano civilmente
(RAZZISMO) e non vogliono
seguire le leggi. Oltretutto
sono prepotenti verso a chi gli
blocca la strada.
Sì, la mia amica Kader e Elena
che viene dal Texas Austin.
Si due grandi amici provenienti
dall’Afghanistan e sono stata
felice di conoscerle perché
alcune parole italiane gliel’ho
insegnate io
Sì, quando vado in Germania
parlo con loro in tedesco e
italiano.
No, solo italiani.
frequento sempre.
Boh cioè le cose di un
popolo.
Religione, lingue e modi
di fare e/o penzare
diverso.
Sapere le origini di ogni
paese e anche le loro
culture
perché
mi
interessa molto così se
vado nel loro paese già
conosco tutte le loro
culture.
Modi di fare di altre
persone.
Essere bravi a scuola,
leggere molto, guardare
documentari o film da
premio Oscar e avere un
lessico molto ricco
I modi di vivere, pensare
e fare delle persone
straniere
Mi sono fatto delle idee
Razziste, vorrei che l’Italia
non (RAZZISMO) fosse
una meta per i poveri di
Africa ecc., e vorrei che
sparissero perché, venendo
qui, rovineranno tutto il
paese impoverendolo a sua
volta.
Nesssun idea.
Boo…non ci ho pensato
molto.
Nessuna.
daccordo con loro, e loro
pure
con
me
vanno
daccordo.
Normali, bellissimi rapporti,
anche perché secondo me
una persona che proviene
fuori dall’Italia è uguale a
me
Che infondo sono uguali a
me e che sto bene e mi
diverto con loro
Si nella cultura
macedone perché
sono proveniente
da questo paese.
No.
Una.
Si.
Mi identifico nella
cultura
italiana
perché conosco
solo questa
Solo nella mia
In tante lingue perché ogni
cultura ha la sua lingua e
religioni.
Aggiunta finale: io non ho
detto niente, non ho visto
niente
e
questa
dichiarazione non è stata
preparata.
In più lingue e la mia
risposta è…non ho la
spiegazione pronta per la
risposta.
Non l’ho mai penzato e non
voglio rispondere.
Si, secondo le culture si
possono esprimere in più
lingue.
Non lo so
Sì, perché ognuno è libero
di professare ciò che vuole.
193
3
1
2
Giovanna
Roberto
Emma
ALUNNO
INVENTA UN RACCONTO A PARTIRE DA QUESTA SITUAZIONE:
“UNA PERSONA DAI CAPELLI NERI ARRIVA IN UN PAESE CHE NON CONOSCE, CON SÉ HA…”
CHI È? DA DOVE VIENE? DOVE VA? PERCHÉ? VIAGGIA DA SOLO/A O È IN COMPAGNIA? CHI INCONTRA? CHE
SUCCEDE?
/
Una ragazzina, all’età di 9 anni decide di imbaccarsi in un’avventura con la sua cagnolina Luna.
Lei si chiamava Giulia, aveva dei lunghi capelli neri e amava la natura. Luna era il suo cane fedele che giocava con lei ogni
momento della giornata. I genitori di Giulia la lasciavano percorrere il suo viaggio senza paura.
Con lei aveva uno zainetto con tutto l’occorrente: aqua, cibo, una coperta per la notte ecc…Giulia aveva un obbiettivo preciso:
raggiungere un grande lago situato in un parco chiamato “Il parco dei desideri”. Una volta che entravi in quel posto incantato potevi
esprimere qualsiasi desiderio. Il problema era che Giulia stava molto lontano da esso e per raggiungerlo ci sarebbero state settimane di
cammino. La prima tappa era rangiungere il bosco fatato. Percorrendo quel bosco lei e la sua cagnolina si fermano qualche giorno con
gli abitanti di esso. La seconda tappa era attraversare la palude. Giulia aveva paura che le succedesse qualcosa di brutto quindi prende
la strada più lunga verso il fiume delle sirene. Lì incontra un pericolo cioè che le sirene di quel fiume erano sirene cattive quindi per
sfuggire a loro costruisce una piccola barchetta per attraversarlo. Dopo un’altra settimana di cammino raggiunge finalmente la terza e
ultima tappa, “il palazzo dei desideri”. Raggiungere quel posto era il suo sogno di quando era piccola. Appena entra, si reca subito nel
lago di cui l’acqua è magica perché chi la beveva poteva guarire da ogni malattia e quindi ne prese un pò per suo padre che era malato.
Giulia si divertì moltissimo con gli animali che c’erano lì e incontrò anche la principessa del parco di nome Elisabetta. Dato che poteva
esprimere qualsiasi desiderio espresse che la sua famiglia venisse a trasferirsi li in quel parco e così Giulia potè giocare e stare a
contatto con la natura.
Io sono Indira, ho tredici anni e vi vorrei raccontare la mia storia. Sono arrivata da una settimana in Italia. Prima vivevo in India dove un
giorno mio padre ricevette una richiesta di lavoro dall’Italia, e ci siamo dovuti trasferire in questo Paese. Abbiamo preso un areo e il
viaggio è stato lunghissimo! Che barba, non ci volevo mica venire in Italia, ho dovuto lasciare tutti i miei amici e la mia cara casetta a
Delhi e tutto ciò che avevo a cuore. L’ho presa molto male questa partenza, è stato bruttissimo. I miei genitori ci convincevano (a me e
a mia sorella Mata) che sarebbe stato tutto più bello, che ci saremo fatte delle nuove amiche….All’arrivo ho respirato un’aria veramente
caotica: gente che correva di qua, di là, che andava di fretta…Non ci capivo più niente. Papà mi ha spiegato che eravamo arrivate in
una città che si chiama Roma; c’era un fortissimo vento e i miei lunghi capelli neri mi coprivano il viso. Mi sentivo abbastanza
disorientata qua, penso anche Maya, perché scoppiava spesso a piangere. Lo conoscevo un po’ l’Italiano, perché mamma aveva
frequentato dei corsi e ci aveva mandato anche me e Maya, diceva che ci sarebbe servito prima o poi perché papà aveva dei rapporti
di lavoro con l’Italia e lui la parlava bene questa lingua. Stringevo forte a me il diario, dove tengo i miei ricordi più cari dell’India; chissà
se ci sarei mai tornata! Con me avevo uno zaino con un po’ di roba da mangiare, il cellulare, un pacchetto di gomme da masticare,
l’astuccio, l’ipad per sentire la musica, un po’ di libri e poi tantissime valigie con i nostri vestiti, l’occorrente per il bagno, per la
cucina…insomma, tutto quello che ci serve per vivere. Siamo solo io, mamma, papà e Maya, nessuno in più e nessuno in meno. Dopo
TESTI CREATIVI SCRITTI DAGLI ALUNNI SULLA BASE DELLA TRACCIA SEGUENTE E PRIMA DEL PERCORSO DIDATTICO
S2. ALLEGATO N. 32. TESTI CREATIVI PRELIMINARI
194
Franco
Emilia
Rocco
Lorenzo
7
8
Clelia
5
6
4
ci siamo diretti in Abruzzo, in quella che doveva essere la nostra casa…è molto carina e molto grande: per un momento mi sono
scordata dell’India. Tre giorni dopo ero tra i banchi di scuola e riuscivo abbastanza bene a capire ciò che dicevano. Ero vicina di banco
ad una ragazzina che mi parlava lentamente e con parole che riuscivo a comprendere. Lei mi ha fatto conoscere le sue amiche,
durante la ricreazione, e sono tutte molto simpatiche…mi hanno detto che gli piacciono molto i miei capelli, così lunghi, e neri, e lisci! Io
non facevo molto caso a questa cosa perché in India ce li hanno più o meno tutti così. Mi comincia a piacere l’Italia! Faccio sempre più
amicizie. Un Sabato mi hanno invitata ad una festa a cui partecipava quasi tutta la scuola. Mi sono divertita molto e mentre sentivo la
musica a palla ho incontrato una mia vecchia amica che si è trasferita in Italia dall’India più o meno quattro anni fa..ci siamo
abbracciate e ci siamo raccontate un sacco di cose. Ci sentiamo più o meno ogni giorno con lei e con le mie nuove amiche. Ora sono
proprio felice di essere in Italia!
In una bianca scogliera, scavata dal mare viveva una bambina di nome Alema. Aveva i capelli di seta, di un colore scuro, nero. Un
giorno iniziò un viaggio alla ricerca del mare e dei misteri del mondo. Durante il viaggio progettò di scoprire molte città ma nel bel
mezzo del cammino la colpì profondamente Mantova; decise di fermarsi lì. Quel posto le faceva venire tanti bei ricordi dei genitori…con
se aveva qualche spicciolo, alcuni ricambi e uno zainetto, nientaltro. Con quelle cose pensava di trascorrere tutto il viaggio, voleva
girare il mondo; ma si sbagliava perché ogni giorno rimandava la partenza al successivo. Un giorno mentre attraversava la città sente
una voce, si gira ma non vede nessuno; quella voce femminile le sembrava…conosciuta, l’aveva già sentita da qualche parte, così
decide di sentire da quale parte veniva. Dopo una lunga camminata per rincorrere quella voce, si trovò davanti ad una casa, vecchia,
oramai disabitata. Ma a volte i detti vengono a galla: “l’apparenza inganna”. Bussò tre volte al maniglione, dopo di che entrò con molta
cautela. Era un castello che vi abitava una vecchietta ormai in fin di vita. Alema ci si affezionò, la vecchina sembrava sapere tutta la
vita di Alema e solo dopo che morì Alema seppe riconoscere chi era: sua madre. Allora pianse per giorni e non volle più mangiare che
alla fine si sollevò come un angelo mentre qualcuno la portava a Se.
/
Una bella ragazza dai capelli neri arrivo a Parigi. La ragazza con se ha una valigia piena di disegni. Questa ragazza si chiama Laura,
arriva da Firenze, e cerca lavoro in una casa di moda…vuole fare la stilista! E’ arrivata sola a Parigi, ma durante il viaggio conosce due
ragazze inglesi che hanno la sua stessa passione. E queste ragazze che si chiamano Alexandra e Jane.
Arrivate a Parigi le tre ragazze mandano i loro disegni, e i loro curriculum a molte case di moda ma sfortunatamente, nessuna di queste
case di moda le accettano, quindi le ragazze decidono di cucire i vestiti da sole e di fare una sfilata. Dopo qualche settimana, queste
ragazze sono pronte per fare la sfilata, e decidono di farla di domenica in un parco. Arrivato il gran giorno le ragazze sfilano con
indosso gli abiti creati da loro, e, fortunatamente, fra il pubblico c’era anche il direttore della linea Chanel, che le richiama per fare il
colloquio.
In breve tempo queste ragazze iniziano a lavorare e a creare vestiti per lui.
/
Ciao, mi chiamo Kokihixiona, e vengo dallo Srilanka. A causa della crisi economica, mi sono dovuta trasferire in Italia. E’ stata la cosa +
brutta della mia vita. All’inizio, mi sono ritrovata in un paese di cui non conoscevo ne lingua, ne tradizione, ne niente! I miei compagni di
classe erano crudeli con me, i professori idem. E’ davvero molto difficile: è come essere sordo: non capire quello che gli altri cercano di
comunicarvi. Ma questo è solo l’inizio. Il sedicesimo giorno di scuola, mentre mi trovavo ai Giardini Diaz, una ragazza di nome Arianna,
mi cercò di invitare a casa sua, ma io non sapendo la lingua, non ho potuto rispondere. Il giorno dopo è ritornata con un computer, e mi
ha comunicato attraverso un traduttore, ho compreso l’indirizzo e, il pomeriggio, sono andata a casa sua. Passarono settimane, mesi
ed il mio parlato era sempre migliore. Arianna era diventata la mia migliore amica. Ormai sono arrivata a 23 anni, studio lingue e il mio
italiano è diventato quasi come quello di una madrelingua. Questo testo, anche se non sembra, è pubblico, ma il messaggio che voglio
195
Mirco
Sara
Enrico
Roberto
Rocco
Mirco
Vera
13
Giada
10
11
12
9
darvi è l’evento + brutto della mia vita: la morte della persona + cara della mia vita, Arianna.
Uscii dall’oratorio, salutai le mie amiche e mi diressi verso il cortile dei Salesiani. Presi il cellulare e digitai il numero di mia madre.
Dopodiché aspettai Dieci minuti dopo ero in Viale Don Bosco con lei che cercava di parlare un po’ con me che invece l’ascoltavo poco.
Infatti una figura aveva catturato la mia attenzione e la stavo osservando. Da così lontano sembrava una persona di media statura non
troppo robusta.
Poi avanzando mi accorsi che non era così. Mentre riflettevo che ci facesse mai un tipo così a Macerata, con mio grande stupore mi
accorsi che era diretto proprio verso di noi. Iniziai dunque a vederne i minimi particolari. Aveva capelli neri e abbastanza ordinati e
occhi neri come l’inchiostro. Poi aveva il mento un po’ pronunciato e uno sguardo a dir poco severo. Insomma non sembrava un gran
simpaticone. Ma la cosa che mi attirò di più fù la cicatrice che aveva sulla guancia. Era molto lunga e mi stavo chiedendo come se la
fosse fatta quando chiese a mia madre come si arrivasse alla stazione. Visto che dovevamo passare li per arrivare a casa,
l’accompagnammo. Arrivati scoprimmo che aveva perso il treno e quindi sarebbe ripartito tra cinque giorni. Nel frattempo scelse di
dormire nell’hotel che gli avevamo consigliato, I giorni seguenti ci venne a trovare sempre e si presento.
Si chiama Bob e veniva dalla Toscana ed era qui nelle marche per lavoro. Stranamente non volle dirci che lavoro faceva.
Poi ogni giorno se ne andava nel primo pomeriggio e io decisi di seguirlo. Mi nascondevo dietro casa e negozi sperando di non essere
vista. Poi arrivò in un edificio si guardò in giro, ci pensò ed entrò. Sospettava ne ero certa. Dopo un po’ uscì vestito di nero con una
pistola in tasca. Era un criminale come avevo sospettato dall’inizio. Continuai a seguirlo e dopo un po’ lui iniziò a correre dietro uno
strano tipo. Ero certa che anche lui non volesse farsi vedere. Poi si fermò e io con il coraggio che non ho mai avuto mi avvicinai e gli
chiesi spiegazioni. Era la mossa più sciocca fatta in vita mia.
E se avesse preso la pistola e me l’avesse puntata in petto? Ero stata una stupida. Tuttavia non lo fece. Si limitò a rispondere. Mi disse
che lui era una spia di (non mi ricordo il nome dell’agenzia) e che stava inseguendo un criminale e non lo dovevo dire a nessuno
Poi lui mi disse che doveva continuare l’inseguimento e mi consigliò di andare a casa.
Stranamente feci come mi disse.
La mattina dopo venne a trovarci per l’ultima volta perché il giorno dopo sarebbe ripartito.
Lo salutai e in seguito ripensai molto al lavoro da Spia pensando che mi sarebbe piaciuto. Ora invece penso che non fa per me. Sono
troppo distratta.
/
/
Questa è la mia prima pagina del mio diario che mi sono portato, in questa pagina parlerò della mia storia e del mio attuale stato:
abitavo in un vecchio piccolo paese in continua guerra. Li non c’erano regole né governo e io facevo parte di una piccola famiglia che
combatteva di giorno e di notte per avere il possesso di un altro villaggio anche questo governato dalla ferocia della guerra. Un giorno
quando pensavamo che ormai il villaggio rivale si fosse arreso, dei soldati nemici, muniti di fucili penetrarono nel villaggio seminando
panico. Io riuscii a salvarmi miracolosamente ma per i miei cari on fu così, vennero uccisi e bruciati nelle loro case e tutti no uscirono
più da quella guerra infame. Dopo, mi sono fatto prendere dall’ira ma comunque si deve andare avanti. Ora parto con i miei affetti: una
foto della famiglia, un coltello e un medaglione che mi ricorda mia moglie. Viaggiavo da solo ed ora sono arrivato in Italia. Io qui mi
sento bene: ho il cibo a sufficienza, ho un lavoro, una casa. Insomma sto veramente bene in Italia, ma non dimenticherò quello che è
successo ai miei cari perché saranno sempre nel mio cuore.
Una persona dai capelli neri, avvolta in testa da uno straccio, si intravede fra la nebbia, ecco arrivare pian piano una rozza donna. Non
ha niente d’interessante con sé, ma solo un’anima di tristezza, le scarpe rotte e sgualcite dall’uso che ne fa, calpestano le rocce dei
monti. Eccola arrivare in Italia, toccare terra della Sicilia e si riempie di coraggio, dopo aver percorso una strada colma di pensieri,
196
Cecilia
Antonia
Gjorge
Barbara
17
18
Simona
15
16
14
sentimenti ed emozioni che ormai sono volati in aria come bolle di sapone. La donna cammina lentamente a piedi, è una poveretta, non
ha niente, neanche una borsa. E’ mezzanotte e si china davanti al mare, forse per riposare della stanchezza…piange ininterrottamente
fissando sempre di più quell’abisso che si distende all’infinito. Si alza, lancia un sasso in mare, forse per ricordo. Ecco che si distende
in spiaggia per tutta la notte, meditando riflessioni e supposizioni su quello che accadrà. Verso le sei di mattino, all’alba, si rimette in
viaggio per altri dieci giorni, tutti pieni di tristezza e di malinconia. E’ un pomeriggio piovoso. La vedo passeggiare in riva al mare. Il mio
primo pensiero è quello di offrirgli aiuto. Mi avvicinai e mormorai: - Signora, le serve qualche aiuto? E la povera donna singhiozzando
mi rispose: - Si, regalami un sorriso che possa aiutarmi in tutto il mio lungo viaggio, sono una povera madre, non ho niente, vengo dalla
Bolivia, sono venuta qua solo per cercare mio figlio che sono stata costretta ad abbandonare appena nato per problemi economici. Lui,
vive qui in Italia, adesso ha venti anni e vorrei solo abbracciarlo per un minuto dato che di lui non ho nessun ricordo tranne il rimorso
che batte ogni giorno nel mio cuore in questi anni, quello dell’abbandono. Riuscirò a trovarlo? Autatemi, vi prego…
Giuliana: capelli neri, carattere scherzoso, simpatica e con molto senso dell’umorismo; aveva un difetto: era molto vanitosa. Certe vole,
senza neanche accorgersene trattava un po’ sgarbatamente le persone che non erano ricche come lei. Ritornando al racconto, un
giorno lei andò in vacanza in Sud Africa con la sua amica Claire per rilassarsi al mare con tante palme “ Un’oasi di tranquillità”. Appena
arrivata in albergo e aver sistemato le valigie e cioè quattro per i vestiti e due per le scarpe, Giuliana andò subito a mettersi il costume
e poi filò in spiaggia sotto il sole ad abbronzarsi. E la sera poi lei andava a ballare nei locali notturni fino alle cinque del mattino.
Conosceva tanti uomini che la corteggiavano, ma a lei non interessava. Una mattina come tutte le altre, Giuliana si ritrovò davanti una
carovana di neri con tanti bambini adorabili e naturalmente, non perse l’occasione di abbracciarli e coccolarli. Tutt’un tratto vide nella
vasta carovana un orfanello tanto carino. Le faceva così tanta tenerezza che decise di adottarlo e non a distanza, bensì portarselo a
casa e crescerlo. Un improvviso scatto di bontà!!
Quando tornò dal viaggio, tutti rimasero a bocca aperta. Giuliana aveva compiuto un vero e proprio gesto di carità. Questo viaggio le è
servito per comprendere chi non è fortunato come lei. E da quel momento la vita di Giuliana cambiò completamente.
/
Era il 20 giugno del 2010, io mi trovo a casa mia, riposavo quando udii bussare alla porta. Chiesi chi fosse, senza alcuna
risposta…chiesi di nuovo, più forte questa volta “: - Chi è?”. Non mi sentii risposta! Mi alzai, incamminandomi verso la porta, la aprii e
mi trovai davanti a una giovane donna, dai lunghi capelli neri. Aveva un viso pallido, ed era tutta bagnata a causa del temporale…la
feci entrare, mi fece pena! Dal suo accento capii che era spagnola! Le chiesi chi era “:-Sono Federica, le mie origino sono spagnole ma
io sono nata in America!”.
Fece una pasa e poi…”-sto cercando mia madre, da piccola mi abbandonò, e ora che so che abita da queste parti voglio rivederla, in
questo viaggio sono sola ma non per molto!” E se ne andò! Non la rividi più, mai più! Passarono mesi e ancora nulla, quando un giorno
la vidi sul giornale “Ragazza muore uccisa dalla madre”.
Ora che ripenso a quelle parole mi si gela il cuore. La madre la lasciò da piccola per non farle del male!
/
Io sono Samina sono originaria della Turchia, ho sedici anni. Questo viaggio è per la mia scimmietta Layla. La tengo con me da ormai
tre anni, ed ho capito che in città non si trova bene, perciò la porterò in Africa con le sue simili e all’aperto. Purtroppo sono minorenne e
non posso prendere l’aereo da sola. Per trovare qualche esperto dei viaggi vado al WWF li si che se ne intendono! Parlo con una
signora che è disposta ad accompagnarla. Prendiamo i biglietti, il volo è la settimana prossima! Passata una settimana, facciamo le
valigie e ci dirigiamo verso l’aeroporto.
Dopo 5 ore arriviamo…finalmente! Giriamo per la foresta ma la specie di Layla non c’è. Dopo tre giorni la troviamo, ma la mia
scimmietta non se la sente. Si aggrappa ai miei capelli neri come la sua pelliccia per mimetizzarsi. Per fortuna ci riesco. Questa è la
197
Viola
Ludovico
22
Serena
Laura
21
19
20
/
Nel paese di “Non so dove” vivevano due ragazze di nome Chiara e Costanza. Le 2 ragazze sembravano essere normali, ma in realtà
possedevano dei poteri magici, avevano il potere di trasformare le ragazze in animali ed i ragazzi in pietre con la sola imposizione dello
sguardo. Nel paese di “Non so dove” nessuno era loro amico perché tutti avevano paura di essere trasformati. Un giorno una ragazza
di nome Francesca, che viveva in un’altra città le incontrò per strada per chiedergli delle informazioni. Non sapeva dei poteri di Chiara e
Costanza, perciò parlando del più e del meno scoprì che frequentavano lo stesso bar. Francesca gli diede appuntamento, per il giorno
seguente al bar che di solito frequentavano perché aveva il bisogno di parlare con qualcuno di un ragazzo del quale si era innamorata.
Non conoscendo altre persone in città. All’appuntamento, seduto in un tavolo vicino, c’era il ragazzo impossibile da conoscere che
all’improvviso si alzò per andare a salutare Chiara e Costanza. Subito gli occhi delle due ragazze divennero di un colore strano, il loro
sguardo divenne cattivo e al primo incrocio di sguardi il ragazzo venne trasformato in pietra. Povera Francesca come era possibile ciò
che era successo??. Tornò a casa, disperata, e iniziò a piangere. Non sapeva come liberare dall’incantesimo il ragazzo che le piaceva.
Andò, allora, da Costanza e Chiara per chiedergli il rimedio all’incantesimo. Le 2 ragazze si arrabbiarono e trasformarono Francesca in
una mosca. Francesca volò via. Cosa era mai successo?? Perché era stata trasformata in un insetto?? Francesca iniziò a volare nel
paese di non so dove alla ricerca del ragazzo trasformato in un sasso. Come poteva trovarlo in mezzo a tutte le pietre che si trovavano
nel paese di non so dove?? La sera, ormai stanca, dopo tanto cercare, si posò su una finestra per riposare. All’improvviso arrivò una
volata di vento, la finestra si aprì e la povera mosca venne scaraventata a terra su un masso. Rompendosi le ali
Disperata iniziò a piangere, una lacrima cadde su quel masso che dopo un po’ si trasformò nel ragazzo impossibile. Il ragazzo iniziò a
ringraziare la mosca, la prese in mano e la portò a casa sua per curarla. Un giorno la mosca guarì, il ragazzo aprì la finestra ma si
accorse che la mosca non voleva volare via. L’avvicinò agli occhi per guardarla meglio, forse non era ancora guarita del tutto, i loro
sguardi si incrociarono, la mosca si tarsformò in Francesca. Finalmente i 2 ragazzi poterono parlare, e conoscersi alla fine Chiara e
Costanza avevano portato un po’ di fortuna. Francesca grazie all’incantesimo scoprì che il ragazzo si chiamava Erik.
Michelle, questo è il nome della ragazzina dai capelli neri, arrivata da poco in Italia, in cerca di un po’ di fortuna, di una casa, di un
lavoro. Con sé ha un mucchietto di soldi e quel poco che basta per vivere. Con lei c’è il suo pappagallo Cosmo. La ragazza ha affittato
una stanzetta a Roma, che condivide con André e un altro vagabondo trasferitosi da poco lì. Passano gli anni e Michelle decide di darsi
da fare e, con molte difficoltà, finalmente trova lavoro come avvocato e si trasferisce in una casa in campagna. Dopo qualche anno di
duro lavoro Michelle dirige una propria azienda e nel tempo libero aiuta le persone, che hanno avuto un’infanzia come lei a trovare la
felicità.
Il mio nome è Mohammed e come tanti altri fuggo dall’Afghanistan per via della guerra. Ho 15 anni, senza famiglia e senza niente da
mangiare. Il mio sogno è fare fortuna in America, incontrare nuova gente e fare una nuova vita, però, adesso non so come arrivarci.
Scorgo un paesino l’aggiù sull’orizzonte e inizio a correre prima che faccia sera. Incontro un abitante del luogo e gli chiedo: mi scusi,
qual’è la strada per la nave che porta in America? Mentre parlo, il tizio mi guarda stranito e corre subito via, questa gente è strana dico io in tono chiaro. Poi proseguo per la strada principale, almeno credo, è molto affollata e mi fissano tutti. Dopo un’ora vedo vedo lo
stesso compaesano con cui ho parlato alle sue spalle due tizi vestiti di nero e con una piuma in testa. Mi ammanettano e mi portano in
storia di un’amicizia fantastica tra me e la scimmietta.
198
23
Enzo
prigione. C’è un altro afghano si chiama irfan e vuole andare anche lui in America. Mi ha detto che sa parlare la lingua del luogo.
Mentre io e lui dialoghiamo arrivano i carabinieri dicendoci: verrete giustiziati in una esecuzione pubblica all’alba sotto gli occhi di tutti:
non ci capisco niente, dopo Irfan mi tradusse tutto, è gravissimo, voglio fuggire ma sono incatena al muro, non riesco a dormire e non
ci daranno da mangiare. Oggi è il “grande” giorno, il mio ultimo sguardo mi ammanettano a un palo avanti a un muro bucato(?) nella
piazza, mi fissano tutti. Inizio a pregare Allah di non farmi sentire il dolore, il mio ultimo pensiero è quello di libertà, l’ultimo suono che
ho sentito sono stati i fucili dei carabinieri.
Questa è una vera storia realmente accaduta il 2 giugno del 1955 avvenuta in Sicilia, più precisamente in un villaggio vicino Ragusa
devastato dal Razzismo.
Arriva una persona con i capelli neri qua in Croazia e una donna di 25 anni. Veniva dall’Africa e voleva venire in Europa per scappare
dalla guerra la in Africa. Era venuta da sola dall’Africa con l’aereo grazie ai soldi che gli aveva dati il fratello che viveva in Francia. Qua
in Croazia incontra un uomo e subito si fidanzia. Dopo un po di tempo si sposarono i due ed ebbero 2 figli.
Pero ha molta sfortuna perche dopo 4 anni di matrimonio gli morì il marito. Allora chiese aiuto a me per mandarla in Francia da suo
fratello. Allora io gli diedi i soldi per andarci. E da li non l’ho mai vista.
199
Roberto
Emma
Giovanna
1
2
3
ALUNNO
Ho scoperto
che la cultura
può
avere
diversi
significati che
Gli immigrato
hanno scritto
dei libri famosi
e
che
la
cultura
ha
diversi
significati.
Il
termine
‘cultura’ può
avere diversi
significati.
1.
HO
SCOPERTO
CHE…
Quello che mi è
piaciuto di più è
stata la lettura
del
racconto
“Salsicce”
L’approfondiment
o della parola
‘cultura’
Il racconto.
2. QUELLO CHE
MI È
PIACIUTO
DI
PIÙ È STATO…
/
Letture fatte
Ad un film
che
avevo
visto ed ad
un libro che
ho letto.
3.
NEL
BRANO
LETTO HO
TROVATO
COSE
SIMILI
A
(PUOI
PARLARE
DI LETTURE
FATTE
O
FILM VISTI,
ESPERIENZ
E TUE O DI
PERSONE
CHE
CONOSCI,
ETC.)…
Mi
piacerebbe
sapere qualcosa
di
più
sulla
scrittrice Igiaba
La migrazione e i
migranti.
Come vedere la
vita
di
un
immigrata.
4.
MI
PIACEREBBE
SAPERE
QUALCOSA DI
PIÙ SU…
S2. ALLEGATO N. 33. UA1 SCHEDA DIARIO ALUNNI, 11/05/2012
Mi è piaciuto
molto il modo
in cui scrive.
Non
ho
capito bene il
loro
significato.
Perché
secondo me
capiremmo
meglio
l’argomento.
5.
PERCHÉ…
Comprendere il
brano
letto.
C’erano
delle
parole di cui non
conoscevo
il
significato.
Secondo me è
stato
tutto
abbastanza
facile.
La lettura della
scheda
“La
letteratura della
migrazione”
Perché non l’ho
Niente.
La
letteratura
dell’immigrazion
e.
Non l’ho capita
troppo.
PERCHÉ…
PERCHÉ…
La
letteratura
dell’immigrazion
e.
7. LA COSA PIÙ
NOIOSA
È
STATA…
6. LA COSA PIÙ
DIFFICILE
È
STATA…
/
/
/
8. ALTRO
200
Emilia
Rocco
Lorenzo
Giada
7
8
9
Franco
5
6
Clelia
4
Cultura
ha
molti
significati,
molti dei quali
non
conoscevo.
E’ difficile per
persone
di
altre
culture
venire in paesi
con
culture
molto
differenti.
La letteratura
della
Gli
extracomunita
ri tengono ad
assomigliare a
noi
Nuove parole
La religione,
se uno ha
fede non la
“tradisce” con
niente
non sapevo.
storia
ha
le
Sapere
significato
il
di
Il brano salsicce.
Stato
quando
abbiamo letto il
brano salsicce
La
‘salciccie’
Quando
buttato via
salcicce
Che
la
protagonista
nonostante tutto
non ha voluto
cambiare
religione:
peccare
mangiando
le
salsicce.
Un libro che
ho letto
Nel libro di
inglese nella
parte
della
civiltà.
Un racconto
che lessi un
anno fa
/
/
Ad
un
racconto che
avevo letto
sul libro di
antologia
La
letteratura
della migrazione
Chi è l’autrice.
Sulle
culture
religiose
che
esistono.
La
religione
somalia
Su
gli
extracomunitari
Altre religioni
Scego.
Lo trovo un
argomento
Non essendo
italiana
ha
scritto bene.
Ciò mi ha
sempre
appassionato
.
Vorrei sapere
di più
/
Per
confrontarle
con la mia
/
Niente.
Niente
Ho trovato tutto
abbastanza
facile.
Non c’è stato
nulla di difficile.
Era tutto molto
semplice.
/
Forse un po’
alcune parole del
testo.
Non
le
conoscevo.
molto
/
Compilare
questo
questionario.
Non
sapevo
cosa scrivere.
Niente.
Ho trovato tutto
molto
interessante.
Mi è piaciuto
tutto.
Un po’ tutto
capita
bene.
/
/
/
/
/
Mi è piaciuto
molto perché
questa
persona
è
stata
molto
coraggiosa.
La cosa più
divertente è
stata che, le
non sapendo
cosa fare và
a comprare
salsicce.
/
201
Enrico
Vera
13
Sara
11
12
Mirco
10
La
migrazione: il
suo livello tra
paesi di cui
/
migrazione è
nata nel 1990
e
altre
informazioni
sempre
riguardanti
questo
argomento. Il
significato
della
parola
cultura.
L’integrarsi in
un
nuovo
paese
che
non sia il tuo è
difficile.
Cultura
ha
molti
significati.
Stato
l’approfondiment
o che abbiamo
fatto su cultura e
Quando
la
musulmana
è
esplosa dentro la
pentola
delle
salsicce
La
storia
“Salcicce”
di
Igiaba Scego.
Che la ragazza
non
ha
dimenticato
le
sue usanze.
‘cultura’
Nel brano o
trovato
…(non
si
legge) coe:
non
saper
cucinare
salsicce,
(parola che
non
si
legge)…com
e si fa sui
film
Un libro che
ho letto.
/
/
Culture
differenze
paesi.
Niente
Sul razzismo
La cultura
tra
Per
aumentare il
mio sapere.
Bo non so
/
Vorrei sapere
le
usanze
degli
altri
paese
interessante
Nel capire il
lessico.
(perché) è molto
lessicale
(?),
Quando
la
musulmana non
sapeva cuocere
le salsicce era
matta,
anzi
pazza.
Perché: bò.
Quando
stava
per mangiare le
salsicce perché
stava per tradire
la sua religione.
Capire tutti i
significati
di
cultura
(perché)
sono
molti e simili tra
loro.
Niente.
(Perché)
tutto
molto
interessante.
Quando
raccontava del
suo viaggio e poi
che aveva il
passaporto.
Perché
era
davvero scema a
scrivere
certe
cose.
La cultura.
(perché)
ha
troppi significati.
Quando
a
vomitato.
Perché non mi
piace.
/
Non
posso
scrivere nient
altro perché
mi
si
sta
finendo
la
penna
(segue parola
illeggibile
accompagnat
a da punto
esclamativo)
/
/
202
Simona
Cecilia
Antonia
Gjorge
Barbara
Serena
14
15
16
17
18
19
Nella vita non
bisogna
per
forza
assomigliare a
qualcuno per
Se
un
musulmano se
mangia
il
magliale
diventa
automaticame
nte cristiano
/
abbiamo
parlato.
Non si deve
pensare male
delle persone
straniere solo
per il colore
della pelle.
La cultura è
l’insieme delle
cognizioni
intellettuali
che
una
persona
ha
acquisito
attraverso lo
studio
e
l’esperienza.
Le
salsicce
non
devono
essere lesse
La
lettura
insieme
La parte in cui la
protagonista, alla
fine, ha fatto la
giusta riflessione
sul fatto che non
Il racconto che
ha letto la prof.
Quando
la
scrittrice ha lesso
le salsicce
Compilare questo
questionario.
Il racconto di
“Salsiccie”
perché a me ha
fatto incuriosire
sulla migrazione.
Al
film
‘Welcome’
A un film
visto
due
anni fa in cui
è successa
la
stessa
In un film
musulmano
che
il
magliale non
si mangia
/
/
Non
l’ho
trovato simile
a nulla
cultura
La
storia
di
questa donna
Migrazione.
Sulla cultura.
La
somala
Sulla cultura.
No
so
E’ una cosa
interessante.
(perché)
la
storia mi ha
incuriosito.
(Perché)
vorrei sapere
di più.
Non ne
niente
(perché) mi
sono sentita
appassionata
dopo
aver
letto la prima
riga
/
Capire
il
concetto
di
cultura (perché)
mi è sempre
venuto il dubbio
/
Capire
i
significati usati
nel testo
(perché) non li
conoscevo
e
alcuni non li ho
capiti bene.
Niente.
Niente.
La lettura sulle
salsiccie
(perché)
era
abbastanza
complicata.
Niente
ricco di termini
Parlare
della
cultura.
Non c’è stata.
Niente.
Niente.
Quando Igiaba
ha iniziato a
parlare del film
(perché) non mi
interessava
molto.
La lettura della
migrazione
(perché) non mi
ha
interessato
molto.
La cultura
(perché)
vuol
dire tante cose e
saperle tutte mi
fa annoiare
E’ stata una
bella
esperienza e
una
bella
lettura.
/
/
/
No.
No
203
21
20
Viola
Laura
In
questa
lezione con la
professoressa
Gisbussi
ho
scoperto
molte
cose,
che
una
ragazza
si
vergognava di
essere
straniera, però
lei
voleva
essere italiana
come
tutti
allora
un
giorno
ha
comprato
le
salsicce e le
aveva
cucinate però
non le aveva
più mangiate
perché non le
piaceva
l’odore
e
perché
sua
madre
non
l’avrebbe
lasciata
mangiare.
Esistono varie
spiegazioni
per cultura
essere simili
ma accettarsi
come si è.
Leggere
riflessioni
scrittrice
le
della
deve
assomigliare alle
altre persone se
lei non vuole.
La lettura sulle
salsicce quando
la ragazza alla
fine non mangia
più le salsicce e
quando
ha
cucinato
le
salsicce male.
Un film di
“Checco
Zalone”
intitolato
“Che
bella
Nel
brano
che ho letto
ho
trovato
molte cose
simili ad una
amica mia.
L’amica
si
vergogna di
mettersi
il
velo anche
se lei non se
lo
vuole
mettere
il
velo e sua
madre e i
fratelli della
madre
la
obbligano.
situazione.
Le
tradizioni
straniere
Le
culture
straniere
e
cristiane.
(perché) mi
incuriosiscon
o
Io sono nata
in Germania
però vengo
dalla Turchia
e
sto
da
molto tempo
qui in Italia
più o meno
13 anni.
Quando
la
scrittrice
ha
raccontato
del
film
visto
(perché) non ho
Quando
la
ragazza
del
brano
salsicce
doveva decidere
se mangiare le
salsicce ho non
doveva
mangiare
le
salsicce.
su
cosa
significasse.
/
Io non mi sono
annoiata
Nemmeno
un
pochino.
/
/
204
Ludovico
Enzo
22
23
È una donna,
e nera, in
questo brano
sono riuscito a
malapena
a
sopportarlo.
Nel 1969 e
stato
ucciso
quella
persona.
Il brano
salsiccia.
sulla
Il
film
che
trasmettevano.
Ho
visto
alcuni film.
/
giornata”
Sul
tema
dell’immigrazion
e.
Il
film
che
trasmettevano.
(perché)
vorrei sapere
qualcosa.
(perché)
vorrei
vederlo
Capire
la
persona perché
voleva mangiare
le salsicce.
capito
molto
bene la trama
/
brano
è
Il foglio della
cultura (perché)
non l’ho capito.
Tutto il
(perché)
noioso
Mi è piaciuta
la parte in cui
sull’autobus
l’hanno
insultata. Gli
darei ragione.
/
205
ALUNNO
Vera
SONO ITALIANA:
ERA PECCATO MANGIARE SALSICCE:
salsicce
le altre persone capiscono che lei fosse italiana se mangia
peccato.
in quanto lei non le può mangiare essendo musulmana fa un
salsicce?
Ti sei convertita alla religione cristiana in quanto mangi le
sua origine (cult. Di credere alla sua religione)
UNA MUSULMANA:
MA CHE CARA TI SEI CONVERTITA?:
come la Vigilia di Natale non si mangia la carne.
più mangiare le salsicce.
MOTIVAZIONI DELLA SCELTA
senza più credere a Dio in quanto lei, essendo musulmana non
VIGILIA DI FERRAGOSTO:
BRANI SOTTOLINEATI NEL TESTO
DIMENTICATA DA DIO:
S2. ALLEGATO N. 34. UA1 RICERCA “CULTURA” IN SALSICCE, 11/05/2012
206
Laura
vacanza, nell'era dell'euro è quasi proibitivo.
Era la solita mattina con la solita gente. Nessuno era andato in
musulmana sunnita.
compratore di salsicce: io, me medesima, in persona. Io, una
DESCRIVE IL QUARTIERE DI EURO DI ROMA
CULTURA MUSULMANA
un po’ cultura italiana e un po’ somala
3/3 Somala e ¼ Italiano:
La stranezza infatti non è nell'oggetto comprato, ma nel soggetto
straniera (non credere alle colture di un Paese)
EXTRACOMUNITARIA:
207
Mi sento italiana quando: 1) faccio una colazione dolce; 2) vado a
e chi se le ricorda tutte!
la mia terra straziata dalla guerra civile; 13) faccio altre 100 cose,
allo specchio e Io trovo perfetto; 11) soffro per amore; 12) piango
acutissimi in una conversazione concitata; 10) guardo il mio naso
dalla madrepatria; 9) parlo in somalo e mi inserisco con toni
non posso citare in questa sede, tutti parenti sradicati come noi
Emirati Arabi e da una lunga lista di stati che per motivi di spazio
Gran Bretagna, dall'Olanda, dalla Svezia, dalla Germania, dagli
ci vengono a trovare i parenti dal Canada, dagli Stati Uniti, dalla
intendo; 7) cuciniamo tutta quella carne con il riso o l'angeelo3; 8)
vita; 6) mangio la banana insieme al riso, nello stesso piatto,
dall'altra a ballare, divertirsi, mangiare... insomma a godersi la
gli uomini si siedono da una parte ad annoiarsi e le donne
profumo la casa con l'incenso o l'unsi2; 5) vado ai matrimoni in cui
preghiere quotidiane verso la Mecca; 3) mi metto il dirah1; 4)
cardamomo, i chiodi di garofano e la cannella; 2) recito le 5
Vediamo un po'. Mi sento somala quando: 1) bevo il tè con
all'ultimo chicco.
truffaldino wurstel e noi abbiamo dovuto vomitare il riso fino
e ci condì l'insalata di riso. Risultato: qualcuno si accorse del
la mia mamma non sapeva che ci fosse l'immondo maiale dentro
sbaglio dei sottaceti con il wurstel di suino dentro. Il bello era che
Mi ricordo che quando ero piccola mamma aveva comprato per
CARATTERISTICHE CULTURE ITALIANE
CARATTERISTICHE CULTURA SOMALA
CULTURA MUSULMANA
208
seguire il borghese Sordi a Roma.
se riluttante, decide (per motivi suoi) di abbandonare la sua tribù e
una sorta di pae de santo 4di una tribù primitiva. Manfredi, anche
con treccioline finte rasta (molto trendy) è diventato un santone,
essere passati per avventure di tutti i tipi. Il cognato, un Manfredi
del cognato del Sordi per mezza Africa. Alla fine lo ritrovano dopo
avvincente: Alberto Sordi e il suo ragioniere si mettono alla ricerca
È un bel film e insegna molte cose sugli italiani. La trama è
altre 100 cose, e chi se le ricorda tutte!
12) canticchio Un anno d'amore di Mina sotto la doccia; 13) faccio
gesticolo; 11) piango per i partigiani, troppo spesso dimenticati;
primo ministro, sindaco, assessore, presidente di turno; 10)
noi; 9) inveisco come una iena per i motivi più disparati contro
suo allegro accento meridionale e so che non ci sarà un futuro per
quando guardo negli occhi l'uomo che amo, lo sento parlare nel
sento per radio o tv la voce di Gianni Morandi; 8) mi commuovo
memoria tutte le parole del 5 maggio di Alessandro Manzoni; 7)
stracciatella, pistacchio e cocco senza panna; 6) mi ricordo a
Benigni, Massimo Troisi; 5) mangio un gelato da 1,80 euro con
Totò, Anna Magnani, Giancarlo Giannini, Ugo Tognazzi, Roberto
Manfredi, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Monica Vitti,
depressioni con le amiche; 4) vedo i film di Alberto Sordi, Nino
visitare mostre, musei e monumenti; 3) parlo di uomini e
FILM DESCRIVE LA CULTURA ITALIANA
209
Emma
Giovanna
3
Roberto
2
1
ALUNNO
Ho scoperto molte
cose leggendo il
racconto,
per
Le persone che
vengono
dall’estero, qui in
Italia si sentono un
po’ tristi e non
considerati
attraverso
la
scuola, il lavoro,
ecc…
Molte lingue sono
quasi uguali tra
loro e in più non
bisogna
pensare
che siamo tutti
diversi tra noi.
1. HO SCOPERTO
CHE…
Stato leggere
il brano ‘I
miei giorni di
Il brano letto
su
Besa
Mone
Il
racconto
della signora
che parlava
della
bambina
albanese
e
dei suoi primi
giorni
di
scuola.
2. QUELLO
CHE MI È
PIACIUTO DI
PIÙ
È
STATO…
Un’esperienza che mi è
capitata quando sono
venuti alla materna dei
Ho trovato cose simili a
scuola, nei film visti
recentemente, e libri o
racconti letti.
No non ho trovato cose
simili tranne il racconto
che mi sembrava uno
che avevo già letto.
3. NEL BRANO LETTO
HO TROVATO COSE
SIMILI
A
(PUOI
PARLARE
DI
LETTURE FATTE O
FILM
VISTI,
ESPERIENZE TUE O
DI PERSONE CHE
CONOSCI, ETC.)…
/
Come saper
far trovare a
suo agio i
bambini che
vengono
da
altri paesi.
Le tradizioni di
altri popoli: le
loro usanze,
religioni,
lingue
ecc.
ecc.
4.
MI
PIACEREBBE
SAPERE
QUALCOSA
DI PIÙ SU…
S2. ALLEGATO N. 35. UA2 SCHEDA DIARIO ALUNNI, 25-28/05/2012
/
Non
so
come
comportarmi
con loro.
Sarebbe
molto
interessante.
5.
PERCHÉ…
Compilare la
II parte del
questionario
Il questionario
perché era un
po’ più difficile
riguardo alle
domande
(perché)
è
c’era
da
scrivere
mentre
parlavamo
era meglio.
Capire alcuni
punti
del
brano letto su
Besa
Mone
(perché) sono
difficili
da
spiegare.
PERCHÉ …
6. LA COSA
PIÙ
DIFFICILE È
STATA…
Correggere il
questionario
(perché)
Niente
(perché)
niente è stato
noioso.
Il questionario
perché era un
po’
difficile
come
ho
scritto prima.
(Perché)
c’era
da
scrivere.
PERCHÉ…
7. LA COSA
PIÙ NOIOSA
È STATA…
Mi è piaciuto
molto
quando
abbiamo
fatto
delle
riflessioni su
i
bambini
provenienti
da
altri
paesi e del
racconto su
Besa Mone.
/
/
8. ALTRO
210
Franco
Emilia
Rocco
6
7
Clelia
5
4
/
La lingua Albanese
si legge come è
scritta
Gli extracomunitari
ci
tengono
ad
esser accettati da
noi.
E’
interessante
scoprire
nuove
culture e ho capito
le difficoltà che
hanno
i
nuovi
arrivati.
esempio un po’ di
cultura albanese,
come
le
particolarità
dell’alfabeto.
i
è
Stata
la
discussione
sul
brano,
Quando
leggiamo
brani
Quando
finita l’ora.
Tutto non c’è
una cosa in
particolare
perché
è
stato
tutto
interessante
e
ci
ha
‘coinvolto’
tutti (lo penso
io)
o
perlomeno
quasi tutti.
scuola’
/
/
/
bambini Afgani non
sapevano la lingua ed
erano un po’ a disagio
ma, giocandoci un po’ e
insegnandogli qualche
parola in italiano si sono
un po’ ambientati anche
perché ci facevamo dire
sempre la traduzione in
Afgano
Due amici che fino al
2011 sono stati miei
amici perché stavamo
sempre insieme (realtà
dei fatti)
Sulla cultura
albanese e sul
suo paesaggio
Sulla cultura
Albanese
L’Albania
Sulle
altre
culture degli
altri Paesi
Mi
piacerebbe
conoscere
altre culture
(perché) mi
ha
molto
incuriosito.
Ho detto che
mi piacerbe!
In
poche
parole sono
curiosa e mi
piace
scoprire
‘nuove
realtà’
sull’essere
di
altre
persone.
Ho capito che
non
sono
stata capace
di
sfruttare
l’occasione di
conoscere
Alema
e
Mendi perché
anche
se
sono
stata
molti
anni
insieme a loro
non
sono
riuscita
a
capire
veramente le
loro esigenze.
Niente perché
la prof ci ha
aiutati
(perché) ci ha
aiutati la prof
La parte del
brano
sull’alfabeto
dei popoli
Niente,
perché
la
professoressa
(perché)
c’erano
domande
abbastanza
difficili
Niente, mi è
piaciuto tutto.
/
Nulla (perché)
la prof è stata
molto
interessante
Niente
pertché mi ha
interessato
tutto ciò che
abbiamo
fatto.
erano
domande
a
cui
avevo
risposto.
/
/
Niente
/
211
Enrico
12
Mirco
10
Serena
Giada
9
11
Lorenzo
8
è
ci
Abiamo
molte
culture in gruppo e
non
dobbiamo
pensare che siamo
tutti diversi.
L’approccio
per
persone straniere è
comunque
molto
difficile
più
di
quanto pensassi
Inserirsi
non
facile ma se
provi ci riesci
Ci sono culture
interessanti
e
diverse dalla mia
Chi è bilingue è più
intelligente, che ci
sono persone con
culture nascoste.
Il
racconto
delle salsicce
Stato leggere
la
parte
‘l’Alfabeto dei
popoli’ che mi
sembra molto
metaforica
Quando
è
venuta
la
mediatrice
culturale
Quando
parliamo
insieme
perché
è
stata
coinvogente.
Correggere il
compito
(questionario)
perché
possiamo
ascoltare le
riflessioni
degli altri.
Nei brani letti ho trovato
cose
simili
(parola
illeggibile ?) nei film (?)
il
racconto
su
le
salsicce
Alla storia dei miei 2
amici Afghani scritta
precedentemente.
/
/
Un film che ho visto ieri
sulla mafia: che un
ragazzo era il figlio di
un
mafioso
che
nessuno gli rivolgeva la
parola perché era così.
altre
lle culture dei
diversi paesi
Sull’approccio
delle persone
straniere con
nuove culture
Sulle
culture
Culture
diverse
/
(perché) non
mi sono mai
trovata
in
queste
situazioni e
vorrei
sapere cosa
si
prova
veramente
perché
è
anche
difficile
immaginarlo.
bò
/
È
un
argomento
interessante
/
La
comprensione
del racconto
(?) perché bò
L’alfabeto dei
popoli
(perché) non
è
molto
comprensibile
/
Mettere
in
tabella
le
lettere degli
altri
popoli
(perché) sono
dovuto
andare
a
cercare
nel
testo
/
ci ha aiutati.
Quando
dovevamo
leggere
i
brani lunghi
tre
ore
e
La
comprensione
che
in
generale
a
me non piace.
/
/
Quando
parlava solo
Sofia (perché)
non
potevo
sentire
i
commenti
degli altri.
Niente
/
/
/
/
212
Cecilia
Antonia
16
Simona
14
15
Vera
13
culture
e
La ‘c’ albanese non
cambia suono a
seconda di dove è
Nel
mondo
ci
possono
essere
lingue e culture
diverse
Anche l’albanese
può servire, ma
penso che a me
non servirà perché
in Albania non ci
andrò mai
Significa
nascoste
mediatrice
linguistica
Quando
è
arrivata
la
lettrice, mi è
La lettura del
brano
Quando
abbiao
parlato
dell’episodio
in cui Besa
Mone
era
felice perché
tutti
parlavano del
suo paese.
Tema testo di
Besa Mone,
significato
cultura.
Storia
di
questa
ragazzina
/
Esperienze di persone
che
conosco.
Una
bambina macedone che
dalla
materna
fino
all’elementari è venuta
nella mia stessa scuola.
Lei cercava di fare
amicizia e noi infatti
cercavamo
di
coinvolgerla anche nelle
nostre
amicizie,
conoscendola…aiutarla.
A un film che ho visto
su rai 1 un anno fa. Era
un
film
riguardante
l’India.
C’era
un
bambino
che
non
sapeva
leggere
e
scrivere l’inglese e si
sentiva molto a disagio.
Ma poi un maestro lo
aiutò
e
alla
fine
dell’anno
aveva
un’ottima pagella.
/
La
cultura
albanese
e
sulla
sua
Le culture e la
lingua
albanese
Sull’Albania
/
Non so nulla
e
mi
incuriosisce
Mi
ispira
l’Albania
(perché)
sono curiosa
di
sapere
com’è fatta.
/
Compilare
questo
questionario
(perché)
ci
sono
domande
a
cui non sono
riuscita
a
rispondere
come la 3
Capire dove è
posta la ‘c’
albanese
L’alfabeto dei
popoli
(perché) non
riuscivo
a
trovare
la
risposta alla
domanda nel
brano,
ma
anche perché
è
molto
complesso
Niente
(perché)
semplice
e
comprensibile
grazie alle tue
spiegazioni
L’altra parte
dell’alfabeto
dei popoli
Leggere
il
brano
sulle
salcicce
(perché) non
avevo voglia
di leggere il
brano
Quando
abbiamo
parlato della
riflessione del
fratello
perché
è
troppo lunga
mezzo
(perché) bò
Niente
(perché) tutto
molto
interessante
/
No
No
Niente
213
1
Quando arriva una
ragazza nuova l’ha
dobbiamo
accogliere come se
fosse una ragazza
che
l’ha
conoscessimo da
una vita (sempre)
La lettera ‘c’ si
legge
in
modo
diverso
dal
albanese
Ho
scoperto
qualcosa di più
sull’albanese
C’è somiglianza tra
alcune
culture,
alcuni
alfabeti
hanno qualcosa in
comune,
basta
poco per sentirsi a
proprio agio.
il
Quello che mi
è piaciuto di
più è stato
quando
è
arrivata
la
mediatrice
linguistaculturale
perché
lei
sapeva tutto
Stato l’ultimo
testo
letto,
che parlava
della
bambina
albanese.
Leggere
racconto
tutto
piaciuto quel
punto
Ha consegnato la scheda il 25/05/2012.
1
Serena
19
Laura
Barbara
18
20
Gjorge
17
posta invece quella
italiana
cambia
suono a seconda
della vocale
Quando
facevo
la
quinta elementare è
successo
a
una
ragazza che stava qui
in Italia.
Alla storia di due miei
vecchi compagni di
classe delle elementari
che erano Afghani e
che avevano lo stesso
problema della bambina
albanese.
Sabato ho incontrato il
mio amico macedone e
lui
non sa bene
l’italiano e lo ho aiutato
Al film The Millionaire
Come
si
sentiva
la
ragazza
quando
era
felice
o
contenta
il
primo giorno
di scuola
La
cultura
albanese.
/
L’italiano
storia
/
(perché) mi
ha
incuriosito.
/
Sto in Italia
Ricordare le
risposte del
questionario
Capire
la
somiglianza
tra la lettera
‘c’
in
albanese
e
quella italiana
(perché)
ci
sono
pronuncie
diverse difficili
da capire.
Quando
doveva
parlare
in
italiano
(perché) lei si
vergognava
Sofia (perché)
parlava
sempre
(perché)
mi
sembra
strana questa
diversità tra
‘c’ italiana e
albanese
/
Non c’è stata
(perché) non
mi
interessava
molto tranne
quando
ha
iniziato
a
parlare della
differenza tra
le due ‘c’
Stare
ad
ascoltare
(perché)
avevo sonno
/
/
Mi
piacerebbe
imparare
qualcos’altro
su
altre
culture
diverse.
/
/
214
Ludovico
Enzo
23
Viola
22
21
Non
dovrebbero
venire gli immigrati
in italia ma se la
dovrebbero cavare
da soli in Africa
L’Albania ha le
culture più diverse
dell’Albania
Che
le
lingue
straniere (cmpreso
l’italiano)
si
somigliano
La differenza
fra la c e la k
/
del
suo
paese e i
suoi
compagni
dicevano che
se
era
davvero bello
l’Albania lei
rispondeva sì
che era molto
bello.
È
stato
quando
è
venuta
in
classe
la
mediatrice
/
Il the river (? Si legge
con difficoltà)
/
L’Albania
Quel film
/
Non
conosco
la
Lo
voglio
vedere
/
Niente è stato
difficile
(perché) ho
capito quasi
tutto
Quando
abbiamo letto
la domanda
n° 13 del
Ruferimento
al testo “I miei
primi giorni di
scuola”
(perché) non
sapevo
rispondere
Restare
sveglio
Sofia (perché)
parlava
sempre
La lezione
/
/
no
/
215
2
3
1
Emma
Giovanna
Roberto
ALUNNO
/
Sì quando ho preso per un mese una bambina bielorussa
noi non conoscevamo la lingua russa e lei non conosceva
l’italiano ma quando gli chiedevamo qualcosa
mostrandogli qualcosa che si legava alla sua tradizione e
al suo paese, lei cercava di spiegarci qualcosa a gesti.
Per me restano nascoste perché forse i bambini non
riescono bene ad esprimersi o non si sentono a loro agio.
No per ora no, tranne con i compagni di classe
1. A TE È MAI CAPITATO DI AVERE A CHE FARE CON
LINGUE E CULTURE “NASCOSTE”? PERCHÉ A
VOLTE RESTANO NASCOSTE? PUOI PARTIRE
DALLA TUA ESPERIENZA O DA QUELLA DI
PERSONE CHE CONOSCI.
La mia vita sarebbe un po’ infelice perché non conoscerei nessuno. Sarei in
un nuovo stato con tradizioni diverse e lingue diverse in più a scuola non
capirei niente anche se mi rispiegassero tutto. A scuola vorrei essere accolto
più o meno come alla nostra: dove vieni presentato agli altri e dopo sono gli
altri a conoscerti un po’. Dopo qualcuno a scuola mi dovrebbe un po’ calmare
perché si sa come è il 1° giorno di scuola. Nella c omunicazione non potrei fare
niente finché non me la insegnano. Chiederei aiuto ad una prof ad un
consulente scolastico. Mi presenterei come un ragazzo venuto da un altro
paese per questioni familiari per qualche tempo.
/
Ieri mio padre mi ha dato la notizia che dovremo trasferirci tutti in Spagna per
motivi di lavoro. Non ci posso credere! Non conosco neanche una parola in
spagnolo! Penso però che starò bene. Dopotutto, la Spagna è un bellissimo
paese e per la prima volta potrò andare a visitare Barcellona…che spasso!
Non ci sono mai stata in Spagna ma me la immagino come un paese solare.
Sarà molto difficile per me l’adattamento, ma penso che miglioreranno le
nostre condizioni economiche. Non stavo pensando minimamente alla scuola!
Chissà cosa penseranno i miei compagni al mio arrivo. Io vorrei
un’accoglienza non troppo maestosa, senza cartelloni o robe del genere,
vorrei solo un normale saluto, magari in italiano, così per mettermi a mio agio,
di certo non voglio che i/le ragazzi/e mi fissino e non voglio per niente ripetere
la seconda media, voglio andare subito in terza, mio padre me lo ha
promesso, vorrei che si parlasse dell’Italia…che IO parlassi dell’Italia! Di tutte
le cose belle che ci sono. Mi piacierebbe se all’inizio i miei compagni mi
illustrassero un po’ la Spagna e che la mia nuova professoressa mi mostrasse
2. ISPIRANDOTI AL RACCONTO DI BESA MONE, SCRIVI UNA STORIA,
AUTOBIOGRAFICA O DI FANTASIA, SEGUENDO QUESTA TRACCIA:
“I TUOI GENITORI DEVONO ANDARE A LAVORARE ALL’ESTERO PER
UN PERIODO ABBASTANZA LUNGO, COSÌ LI DEVI SEGUIRE. COME
IMMAGINI LA TUA NUOVA VITA IN UN PAESE DEL QUALE CONOSCI
POCO LA LINGUA? COME VORRESTI ESSERE ACCOLTO A SCUOLA?
COME REAGIRESTI ALLE DIFFICOLTÀ DI COMUNICAZIONE? A CHI
CHIEDERESTI AIUTO? COSA FARESTI PER FARE AMICIZIA CON I
NUOVI COMPAGNI?”
S2. ALLEGATO N. 36. UA2 SCHEDA SU CULTURE “NASCOSTE” E TESTO CREATIVO, 25-28/05/2012
216
5
4
Franco
Clelia
A me è capitato di fare un’esperienza fantastica con due
ragazzi che ora non sono potuti rimanere in Italia per
motivi che non conosco. Erano due fratelli, lei si chiamava
Alema e lui Mendi. La prima volta che li ho visti mi
facevano un po’ compassione. Lei aveva la mia età
mentre lui era un anno più grande. Un giorno mentre
giocavo li ho visti che non si volevano staccare dalla loro
mamma e così sono andata vicino a loro. Non riuscivo a
capirli e loro a me, così ho pensato di cercare di farmi
capire a gesti e così ho fatto e abbiamo iniziato ad essere
amici il giorno dopo appena appena sono arrivata a
scuola mi ricordo che loro erano lì e lei mi è venuta vicino
e e con dei gesti strani cui non capivo il significato mi ha
detto qualcosa ed io non sapendo cosa fare le ho
accennato un sorrisino. Una volta era l’ora della merenda
ed io facendo dondolare le gambe sotto il tavolino per
sbaio le ho dato un calcio, lei mi ha detto qual cosa in
afgano io non capendola le ho detto di si e in quel preciso
istante mi ha ridato un calcio; ho capito che mi aveva
chiesto se ero stata io a darle un calcio, allora sono
scoppiata a ridere, lei ha capito la mia risata e ha iniziato
a ridere anche lei. Poi piano piano hanno iniziato a parlare
l’italiano e fino in 5° elementare siamo andate in classe
insieme. Poi alle medie lei ha preso spagnolo e io
francese ma abbiamo comunque continuato a
frequentarci. Poi durante le vacanze senza dire niente a
nessuno se ne sono andati tutti e due e non so per quale
motivo. Per fortuna ho ancora delle loro foto! Anche se
non ci vedremo più, non significa che la nostra amicizia è
finita.
/
/
in una cartina i posti più belli da visitare con la mia famiglia. Ma che sto
dicendo? Non capirei niente in spagnolo! Per imparare la lingua e comunicare
un po’ con qualcuno mi farò aiutare da mia sorella Maria che studia lo
spagnolo a scuola e lo sa molto bene. Farò tante nuove amicizie, farò feste,
inviterò i miei amici a casa e gli farò anche mangiare del cibo italiano. Sono
una ragazza timida e spero che gli altri si facciano avanti. Penso sarà bello là
in Spagna!
Io non saprei come avrei fatto perché sono timida e da sola non ci sarei mai
riuscita a fare una cosa del genere: amicizia con ragazzi stranieri.
217
Enrico
Vera
13
Rocco
Lorenzo
Giada
Mirco
Sara
7
8
9
10
11
12
Emilia
6
Perché non le conosci personalmente solo per persone.
La bambina prima non parlava dell’Albania, ma dopo,
grazie alla mediatrice si è aperta.
Sì, per esempio il mio amico Viktor si vergogna a parlare
nella sua lingua madre, il moldavo, e è molto strano e
penso che tutti facciano così …(il resto si legge con molta
difficoltà)
/
/
/
/
Si, mi è capitato alla materna sono venuti due bambini
Afghani che non sapevano ancora parlare e stavano
sempre attaccati alla madre. Poi io e la mia classe
abbiamo fatto amicizia con loro che si sono sentiti a loro
agio. Ci sono andata anche alle elementari insieme e alle
medie ci siamo divisi. Ora loro sono tornati nel loro paese.
Era nascosto perché la bambina non parlava della propria
cultura invece dopo con la mediatrice ha iniziato a parlare
dell’Albania.
I miei genitori per un colloquio di lavoro devono andare a Londra per un po’ di
tempo, quindi mi tocca andare con loro! Appena arrivata a Londra io ero sicura
che sarebbe stato brutto abitare li perché non conoscevo bene la lingua. Il
giorno dopo siamo andati a prenotarmi per la scuola. Mi sarebbe piaciuto se i
compagni mi avessero accolto con gentilezza e mi aiutassero a capire meglio
la lingua.
Mi allenerei molto per capire le cose userei molto il vocabolario e se non ce la
faccio chiederei aiuto ai miei genitori. Per fare amicizia con i miei compagni mi
farei forza e andrei a parlare con loro con una pronuncia stentata, e farli ridere.
/
/
/
/
E’ un agosto sera e i miei genitori mi devono parlare: “Noi dobbiamo andare a
lavorare all’estero e a settembre verrai con noi in Francia. Lì per lì mi sono
passati per la mente i ricordi più belli e più simpatici trascorsi nell’ultimo tempo
con i miei “ex” compagni di scuola. Mi sentivo persa. “E se non troverò
qualcuno con cui essere amica, rimarro sola?
E poi io non so parlare bene il francese, cioè, le regole grammaticali si ma
serve molto di più per farsi capire.” pensavo. Pensavo anche alle mie difficoltà
con la scuola, sicuramente venivo mandata indietro di una classe e poi chi mi
avrebbe aiutato a capire e a studiare tutto quello che si faceva? (in francese)
Così sono andata a dormire presa dall’angoscia per risolvere i miei problemi.
La mattina dopo siamo andati al mare godendoci bene l’ultimo periodo qui in
Italia. Lunga sulla sdraio: “Per fare amicizia con i miei compagni potrei
innanzitutto essere disponibile con loro però sempre senza farmi trattare male,
così, dopo poco tempo avrei capito subito dal comportamento delle persone
quali sarebbero state meglio per me. Poi le avrei conosciute meglio” pensavo.
Per quanto riguarda la lingua prima di iniziare la scuola avrei fatto francese
con le ripetizioni della mediatrice, in modo da poter essere pronta per la scuola
francese, Tuttavia non è poi nemmeno così male! Testo inventato da O.S.
Primo io li seguo poi arrivato a scuola vorrei essere accolto in un modo
garbato e con le difficoltà di comunicazione non me ne importerebbe un
cavolo.
Io se mi trovassi in una situazione difficile mi metterei a sparare con una
pistola farei amicizia con dei giochi molto belli che ho io.
Prima di partire m’informerei contattando una scuola che forse mi potrà
accogliere, comunicandogli la mia presenza futura e quindi chiedendogli la
disponibilità. Contatterei una signora che mi può dare sostegno alle mie
218
Antonia
16
Gjorge
Barbara
Serena
Laura
Cecilia
15
17
18
19
20
Simona
14
/
/
/
Si, a me mi è successo perché io sono musulmana e
infatti mi è successo quando avevo quattro anni il mio
primo giorno di scuola (materna)
A me si, anche perché io sono nata in Romania, però non
mi è mai capitato di sentirmi imbarazzata e a disagio,
perché qui ho un sacco di amici che mi vogliono bene.
/
/
E’ l’ultimo giorno in Italia, non posso ancora crederci, sono obbligata ad
andare in Cina. Non riesco a immaginare la MIA VITA IN CINA, senza i miei
amici, i nonni, la mia casa. E’ triste ma devo andare a letto, è tardi! Eccola, la
valigia pronta, saluto i miei cari e salgo in macchina. Ci stiamo dirigendo
all’aeroporto, vorrei tanto tornare a casa e abbracciare tutti, ma non posso
stiamo salendo…Eccoci arrivati! La Cina, è enorme, proprio come la mia
scuola, ci sto andando. Wow è davvero diversa dalla scuola italiana! Davanti a
me tutti mi fissano, la prof.ssa mi parla in cinese, non ci capisco nulla, più tardi
sono venuta a sapere che significava: - “ Ciao, accomodati, ti troverai bene!”
Pensare che non so neanche come si dice ciao, oppure addirittura un si o un
no! Che imbarazzo! Oggi, 2° giorno di scuola, ho co nosciuto la prof. Di Lettere,
per fortuna parla anche l’italiano, così almeno ci capisco qualcosa, Ma perché
il cinese è fatto di tutti quei simboli?! Spero di tornare in Italia, mi mancano gli
amici, i nonni, gli zii…Non ne posso più!!!
/
/
/
/
difficoltà, solo per sicurezza. Quando sarò là cercherò di fare amicizia con tutti
attraverso gentilezza. Organizzerei, poi una pizzata proprio per conoscere
tutti. Così proprio da diventare, secondo me, molto simpatica. Io non sono le la
difficoltà ma sono leale ed aperta con tutti nel mio cuore per fare amicizie.
Mio padre faceva l’imprenditore ed è stato mandato per ragioni di lavoro in
Svezia. Io ero molto preoccupata perché non conoscevo la lingua, non
conoscevo nessuno del posto. Ma soprattutto mi preoccupavo soprattutto
perché a scuola non mi trovavo bene, non sapevo comunicare e mi trovavo
molto a disagio. Ma per fortuna nella mia classe c’era una mia vecchia amica
di nome: Claire che mi aiutava a parlare con facilità con gli altri. Per fare
amicizia con i miei compagni gli parlerei del mio paese e di tutto quello che si
mangia ecc. E da quel giorno, imparai l’inglese e mi trovai bene con tutti.
/
219
Viola
Ludovico
Enzo
21
22
23
/
/
No, non mi è mai capitato di avere a che fare con lingue o
culture nascoste, ma penso che a volte restino nascoste
per timidezza o per insicurezza.
I miei genitori dovranno andare a lavorare ad Austin per due anni e io li dovrò
seguire. Penso che la mia vita ad Austin sarà bella e divertente anche se
dovrò imparare a conoscere meglio l’americano, ma nessun problema, mi
aiuterà la mia amica Elena che vive lì da molto più di me. Vorrei essere
accolta benevolmente e fare buona impressione a tutti. Davanti alle difficoltà di
comunicazione sarei spaventata e imbarazzata ma con il tempo penso che
non sia più un problema e poi, come ho detto prima, ci sarà Elena in mio aiuto.
Per fare amicizia con gli altri aspetterò che il destino faccia il suo corso.
/
/
220
2
3
1
Emma
Giovanna
Roberto
ALUNNO
/
Perché lei nella
scuola in Albania
aveva tutti otitmi voti
e sapeva comunque
un po’ d’Italiano
Perché
sa
già
leggere e scrivere
1. PERCHÉ LA
BAMBINA
È
AMMESSA
A
FREQUENTARE
LA
SECONDA
ELEMENTARE?
/
Perché veniva da
un altro Stato e
sarebbe
stato
difficile per lei
partire
dalla
seconda
non
sapendo l’Italiano
Perché
ha
frequentato
un’altra scuola e
non
conosce
nessuno
2. PERCHÉ LA
DIRETTRICE
L’AVREBBE
INVECE
INSERITA
IN
PRIMA?
/
Per lei avrebbe
significato
bocciarla
e
sarebbe stata
una vergogna
per lei perché
aveva
tutte
valutazioni
ottime
Una vergogna
perché sarebbe
come bocciarla
3.
COSA
AVREBBE
SIGNIFICATO
PER
LEI
RIPETERE LA
PRIMA?
poiché non ha
niente di suo ed
ha paura di
qualcosa
ma
non sa cosa.
Poi la maestra
la saluta con
Benvenuta.
Anche perché
non
conosce
nessuno
/
La
bambina
prova
disagio
perché
non
conosceva
nessuno mentre
tutti
gli
altri
bambini
si
conoscevano
fra loro e perché
non
aveva
niente con lei.
4. IL PRIMO
GIORNO
DI
SCUOLA, PER
QUALI
RAGIONI
LA
BAMBINA
PROVA
DISAGIO?
DOMANDE I PARTE
S2. ALLEGATO N. 37. UA2 QUESTIONARIO DI COMPRENSIONE, 25-28/05/2012
/
Vorrebbe
sentire la sua
lingua
per
attenuare la
tensione che
aveva e per
partecipare di
più.
Perché
allenterebbe
la tensione e
perché
le
mancava
il
suo paese
5. PERCHÉ
VORREBBE
SENTIRE LA
SUA
LINGUA?
/
Perché
le
insegniava
le
lettere
dell’alfabeto
italiano che lei già
sapeva
Perché lei sa già
leggere e scrivere
e
conosce
le
lettere
6.
PERCHÉ
QUANDO
ARRIVA
LA
SECONDA
MAESTRA,
LA
BAMBINA
PROVA
IMBARAZZO?
/
Perché era scritta
in modo uguale
mentre in Albania
c’erano
tutte
lettere
diverse…con una
sola pronuncia.
perché nella sua
lingua
la
pronuncia
è
diversa
7. PERCHÉ È
DIFFICILE PER
LA
PROTAGONISTA
PRONUNCIARE
UNA
PAROLA
CON
TANTE
VOCALI
DI
SEGUITO?
221
Mirco
Sara
10
11
Rocco
7
Lorenzo
Giada
Franco
Emilia
5
6
8
9
Clelia
4
/
perché in Albania
aveva frequentato la
1^
/
perché sapeva già
leggere e scrivere in
italiano
Perché sa scrivere
in Italiano.
/
Perché aveva voti
ottimo e sapeva
leggere e scrivere
Perché aveva già
frequentato la prima
elementare
in
Albania
/
perché se non
avrebbe saputo
scrivere e leggere
in
italiano
la
direttrice
l’avrebbe inserita
in prima
/
per paura di non
poter
essere
all’altezza della
2^ classe
Per fare in modo
che
impari
a
scrivere.
/
Perchè
la
bambina per la
direttrice non era
pronta per la
seconda
Perché pensava
che non sarebbe
stata all’altezza di
fare la seconda
/
Essere bocciata
/
Lei
l’avrebbe
presa
come
una bocciatura
Sarebbe stata
un’umiliazione.
/
Come essere
bocciata
Essere bocciata
/
-perché
non
conosceva
nessuno
-non aveva gli
amici
dell’Albania
-tutti
si
/
Perché
non
conosceva
nessuno e si
sentiva sola
Anche perché
non
parlava
nessuno
in
Albanese.
Perché
non
conosceva
nessuno e la
maestra non le
aveva
dato
conforto
/
Non conosceva
nessuno,
si
vergognava
a
parlare
in
italiano perché
sbagliava
Perché
non
conosce
nessuno e si
sente
sola
senza la madre.
/
per
una
migliore
integrazione
/
Perché
le
manca il suo
paese.
Per sentirsi a
casa.
/
Per allentare
la tensione
Per sentirsi a
suo agio
lei
/
perché le stava
insegnando
da
capo le lettere
dell’alfabeto che
lei sapeva già.
/
Perché
lei
le
lettere le sapeva
già tutte.
Perché
conosce
l’alfabeto.
/
perché la bambina
sa leggere però la
professoressa le
spiega l’alfabeto
Perché inizia a
insegnarle
le
lettere
dell’alfabeto che
lei conosceva già
/
perché non c’era
nemmeno
una
consonante
Perché nella sua
lingua le lettere
non
cambiano
pronuncia in base
alla vocale che
c’è dopo
/
Perché non c’è
nemmeno
una
consonante.
/
Perché non c’era
nessuna
consonante
Perché non c’era
“una” consonante
tra loro
222
Gjorge
Barbara
Serena
17
18
19
Simona
14
Cecilia
Antonia
Vera
13
15
16
Enrico
12
perché non aveva
insufficienze
in
/
Perché
sapeva
leggere in italiano
/
perché non aveva
insufficienze e il suo
andamento
era
ottimo.
perché aveva gia
fatto la 1^ in Albania
La
bambina
è
ammessa
a
frequentare
la
seconda perché non
aveva insufficienze
scolastiche
perché aveva già
imparato le lettere in
Albania
non
bene
perché quello era
il primo anno che
/
Perché
parlava
italiano
/
perché
non
sapeva
abbastanza bene
l’italiano
perché se non
sapeva l’italiano
non poteva fare
la 2^
Perché pensava
che non poteva
seguire
gli
argomenti
perché sarebbe
stata un asino
una
per
Per lei sarebbe
stata
una
/
avrebbe
significato
essere bocciata
e
quindi
provava
vergogna
/
Vergogna
essere
bocciata:
vergogna
lei
di
essere
bocciata, una
vergogna
ESSERE
BOCCIATA
/
Perché
non
capisce
la
lingua,
non
conosce
nessuno.
Perché si sente
diversa e non
conoscevano
tra loro
Perché non sa
parlare
molto
bene
non
relazionandosi
con
gli
altri
bambini
perché
non
conosceva
nessuno,
disagio
non aveva gli
amici
quando parlava
pensava
di
sbagliare
perché
non
conosce
nessuno,
si
sente insicura,
ha paura che le
facciano
del
male
/
perché
non
conosce
nessuno
e
capisce
poco
l’italiano
Perché
vuole
si
/
Perché
le
manca
e
perché
sa
solo quella.
/
perché
ha
nostalgia del
suo popolo.
per
essere
più tranquilla
e perché la
farebbe
sentire
a
casa.
per
sentire
una
lingua
che
conosceva,
se sentiva a
suo agio
per sentirsi
più sicura
Perché
conosce
le
fa
/
Perché voleva che
si presentava il 1°
giorno
/
perché le viene
insegnato
l’alfabeto come se
fosse
in
1^
elementare
perché le insegna
le
lettere
dell’alfabeto
in quanto iniziò a
spiegarle le lettere
alfabeto
perché crede che
doveva spiegare
tutto
del
suo
paese
/
perché
era
abituata
a
pronunciare
le
lettere
in
Albanese
con
poche vocali.
/
Perché
nella
lingua albanese ci
sono sempre le
consonanti
in
ogni parola
Perché in Albania
la lettera “A” era
perché in Albania
non lo aveva mai
fatto
non sapeva dire +
vocali
insieme
non c’era una
consonante
l’albanese è una
lingua con molte
consonanti
perché in Albania
c’è un metodo
diverso
223
Viola
Ludovico
Enzo
22
23
Laura
21
20
Perché aveva già
frequentato la prima
elementare
in
Albania e perche
non
aveva
insufficienze
scolastiche
e
sapeva l’italiano
/
/
perché la bambina
sapeva leggere e
scrivere
nessuna materia.
/
/
Perché pensava
che
non
era
pronta per la
seconda
elementare
perché
se
la
bambina
non
sapeva leggere e
scrivere l’avrebbe
mandata in prima
la
bambina
abitava in Italia
/
/
perché aveva
frequentato la
prima
elementare in
Albania e per
questo secondo
lei
sarebbe
stata bocciata,
e
Significherebbe
la vergogna
vergogna
perché è come
se fosse stata
bocciata.
/
/
Perché
non
conosceva
nessuno-le
mancava il suo
paese-si sentiva
a disagio
conosce
nessuno,
per
cui
vorrebbe
avere
la
mamma vicino.
Sbaglia
a
pronunciare le
parole
in
Italiano e per
questo si sente
a disagio.
perché
non
conosceva
nessuno e si
sentiva adisagio
e aveva anche
paura di parla
male
/
/
Perché
le
mancava
il
suo paese
perché
le
manca il suo
paese e le
sue amiche.
ricordare la
sua vecchia
classe, la sua
vecchia
scuola e la
sua vecchia
vita.
/
/
Perché
si
imbarazzava
a
dirle
che
conosceva tutte le
lettere
perché
lei
le
lettere del alfabeto
le conosceva ma
si vergognava a
dirle.
l’alfabeto, il quale
lei conosce già.
/
/
Perchè non l’ha
mai pronunciata
nella sua lingua
perché c erano
anche consonanti
e molte vocali.
rappresentata in
modo diverso, e
poi è difficile per
lei
pronunciare
questa
parola
perché ci sono
tante
vocali
attaccate.
224
Roberto
Emma
Giovanna
1
2
3
ALUNNO
/
Perché si
tarttava di
una scelta
culturale
ben
ragionata
/
8.
PERCHÉ
IL MODO
DI
SCRIVER
E
LE
LETTERE
IN
ITALIANO
NON È UN
PROBLE
MA
DA
RISOLVE
RE?
/
E’
stato
possibile
scrivere
in
Albanese
dal
XIX secolo. Per
gli
albanesi,
Dal XIX secolo.
Perché scrivere
voleva
dire
emancipazione.
9.
DA
QUANDO
È
STATO
POSSIBILE
SCRIVERE IN
ALBANESE?
CHE
COSA
RAPPRESENT
AVA PER GLI
ALBANESI LA
SCRITTURA?
/
si scrive “c” ma si
pronuncia “k”. Si
legge così come
si scrive perché
ogni
lettera
mantiene
la
se legge così ç
/
assume
una
pronuncia diversa
a seconda della
vocale
o
consonante che
la segue. (No)
gentilezza
che
cambia
a
seconda
della
parola che segue
10. LA LETTERA “C” DEGLI
ALFABETI ITALANO E ALBANESE
VIENE ACCOSTATA AD ALCUNE
CARATTERISTICHE DEI POPOLI.
COMPLETA
LA
TABELLA
ELENCANDO
TALI
CARATTERISTICHE:
/
Assomigliava
alla
madre,
anche se non
era
una
mamma italiana
ma albanese
ad una signora
che fa stare
meglio
le
persone
11.
A
CHI
ASSOMIGLIA
LA
“C”
ITALIANA?
PERCHÉ?
DOMANDE II PARTE
/
Le
lettere
dell’alfabeto che
in tutti e due i
casi sono latine,
anche la madre.
Che hanno la
stessa
lingua
latina
12.
CHE
COS’HANNO IN
COMUNE
IL
POPOLO
ALBANESE
E
QUELLO
ITALIANO?
/
Perché
mediatrice
parla
dell’Albania
facendo
partecipare
la
perché è la
protagonista
della situazione
e in più lei gli fa
vedere le foto
della sua città.
E i compagni gli
chiedono tutto
13. PERCHÉ,
QUANDO
ARRIVA
LA
MEDIATRICE
LINGUISTICOCULTURALE,
LA BAMBINA
ALBANESE È
AL SETTIMO
CIELO?
14.
RIFLETTI
SUL
RACCONT
O
POI
RISPONDI:
PERCHÉ
PER
LA
BAMBINA
ALBANESE
SONO
IMPORTAN
TI SIA LA
LINGUA
ALBANESE
CHE
QUELLA
ITALIANA?
Perché
in
ITALIA
si
parla
italiano e in
Albania se
parla
albanese.
Ma non fa
mica male
parlare due
lingue.
/
Perché per
lei
sono
importanti
l’Albania
dove
è
vissuta
e
225
Franco
Emilia
Rocco
Lorenzo
7
8
Clelia
5
6
4
/
/
/
Perché
una
cultura
è
perché
una
cultura
tradizional
e
e meditata
da
un
popolo che
aveva una
storia
diversa
dalle altre
E’
stato
possibile
dal
XVIII secolo e
rappresenta la
libertà
/
/
Dal XIX secolo
Solo a partire
dal XIX secolo
e
rappresentava
la
libertà
e
l’emancipazion
e
scrivere,
rappresentava
la
libertà
e
l’emancipazion
e
/
non cambia se
dopo c’è la “e” o
la “i”
/
si legge come si
scrive mantenere
la
propia
pronuncia
indipendemente
dalla lettera che la
segue.
non
scende
a
compromessi
cerca di “andare
incontro” alle altre
lettere che la
seguono
propria pronuncia
indipendentement
e dalle lettere
seguenti
/
cambia se dopo
c’è la “e” o la “i”
/
che
si
legge
diversamente
dalla lettera che
la segue.
cambia
a
seconda
della
lettera che la
segue
/
A sua madre
/
Somigliava
sua madre
/
a
/
La
umana
cultura
/
Che
hanno
entrambi
una
cultura umana
/
/
/
/
Perché
parla
del
proprio
paese e della
propia classe
anche
la
bambina,
mostrando alla
classe alcune
foto dell’Albania
e della scuola
in cui andava
prima
la
protagonista
(sempre
in
Albania).
Perché
parla
bene della sua
Patria
e
i
compagni
curiosi
le
facevano molte
domande e lei
stava al centro
dell’attenzione
/
Per
la
località dove
vive cioè: se
stà
in
Albania
parla
l’albanese
mentre se
stà in Italia
parla
l’italiano
/
Perché lei è
di
origine
albanese
però adesso
deve vivere
in
Italia
quindi deve
sapere
si
l’albanese
che l’italiano
/
dove
ci
sono tutte le
sue origini e
l’Italia, cioè
il paese in
cui
dovrà
vivere
226
Enrico
Mirco
Sara
10
11
12
Giada
9
/
/
perché si
trattava di
una scelta
culturale
ben
ragionata
e meditata
da
un
popolo che
aveva una
storia
diversa da
quella
albanese.
/
è
stato
possibile
scrivere dal XIX
in quanto la
patria era stata
proibita
dai
/
è
stato
possibile
a
partire dal XIX
secolo.
Scrivere
rappresentava
la
libertà
e
l’emancipazion
e
dal IXX secolo
si legge ç
/
Non scendono a
compromessi
‘ma si pronuncia
‘c’ e il suono non
cambia
indipendentement
e dalle lettere che
la seguono. Non
scendono
a
compromessi.
gentilezza,
che
cambia
a
seconda
della
lingua che segue
/
scendono
a
compromessi
facendoti sentire
a tuo agio
/
Ad una signora
che fa stare
meglio
le
persone
/
assomiglia alla
madre.
Assomiglia alla
disponibilità del
popolo italiano
ad aprirsi e a
saper accettare
altre
culture
perché la “c”
può
essere
pronunci pro in
più
modi
a
seconda della
lettera che la
segue.
Alla
madre
perché
è
capace
di
costruire
un
discorso
con
chiunque quindi
li accoglie
Che hanno
stessa lingua
la
/
hanno in comune
le madri
Che la lingua è
di origine latina
Perché è la
protagonista
della situazione
e in aula gli fa
vedere le foto
della sua città e
/
Perché si era
informata
riguardo
le
abitudini
in
Albania e le
chiedeva
conferma
facendola
sentire
importante
Perché
parla
della sua città e
della
scuola
dove
ha
passato la 1^
elementare
/
Secondo
me perché
la lingue e
cultura
albanese
sono
di
tradizione/di
nascita e
la lingua e
cultura
italiana
è
più
comprensiv
a dell’altra
e, secondo
me, è per
questo che
le piace
Perché
in
italia si parla
italiano e in
Albania
si
parla
albanese
Perché per
lei è molto
importante
sia l’albania
che l’italia
227
Cecilia
Antonia
Gjorge
Barbara
Serena
17
18
19
Simona
14
15
16
Vera
13
Perché lei
/
Perché
con calma
si può fare
tutto
/
perché
ogni popoli
ha le sue
lingue
e
culture
perché è
stato
studiato e
inventato
con cura
Si trattava
di
una
scelta
culturale.
Ogni
paese ha
la
sua
scelta
Da quando è
/
Dal XIX secolo.
Scrivere
rappresentava
la
libertà
e
l’emancipazion
e
/
/
dal XIX secolo
Dal
1800.
Prima non era
possibile
perché c’era la
domin.
Turca
per 5 secoli
turchi
la
si
scrive
k.
/
Con “ci” e “ce”
viene
aggiuna
una virgola sotto
la c cioè “ç”.
/
non cambia
pronuncia
si pronuncia come
è scritta anche se
dopo ci sono delle
consonanti
mantiene sempre
la
stessa
pronuncia,
non
scende
a
compromessi
si pronuncia c e k
/
cambia
di
pronuncia
a
seconda
della
lettera che ha
vicino
/
cambia la sua
pronuncia
a
seconda di dove
si trova.
si
pronuncia
come è scritta
dipendentemente
dalle lettere che
la seguono
con gentilezza le
altre
lettere
possono
stare
vicini, accogliente
Somiglia a
/
la
gentilezze,
perché
può
andare vicina a
tutte le lettere
/
/
/
assomigliava a
sua madre
Che
/
la MADRE
/
/
/
hanno
entrambe hanno
la cultura umana
Perché
/
perché
può
parlare del suo
popolo e sa
rispondere
a
tutte
le
domande
/
Perché
parla
della
sua
scuola e del
suo popolo, la
sua storia
i compagni gli
chiedono tutto
In quanto la
mediatrice
iniziò a parlare
dell’Albania
(suo paese) e
spesso mentre
raccontava, le
chiedeva
di
confermare la
sua
affermazione
perché lei parla
dell’albania
e
tutti le facevano
le domande
/
Perché
l’albanese è
la
lingua
madre
invece
l’italiano è la
lingua per il
suo futuro
Perché
perché può
parlare si la
lingua alb.
quando è in
Albania
e
può parlare
l’italiano
quando è in
Italia
/
/
(segue frase
illeggibile)
Albanese
lingua
origine
Italiano
dovrà vivere
228
VIOLA
Ludovico
Enzo
22
23
Laura
21
20
/
/
Perché si
trattava di
una scelta
culturale
perché
conosce
già
le
lettere
italiane.
/
/
Nel XIX secolo.
Rappresentava
la
libertà
e
l’emancipazion
e
dal IXX secolo
perché i turchi
avevano
dominavano
l’Albania
venuta
una
nuova maestra
che gli ha fatto
fare un gioco.
Per gli albanesi
la scrittura è
ç
/
/
la “c” albanese si
legge “k”
si scrive “c” e si
legge “k”, così
come si scrive si
legge.
mettono:
pronuncia (ch)
la “c” assume
una
pronuncia
diversa
a
seconda
della
vocale o della
consonante che
la segue.
/
/
si scrive “c” ma si
legge “k” oppure
“ci” con la vocali.
/
/
Alla c, perché
basta
aggiungere una
virgola
la lettera “c”
italiana
assomigliava a
sua madre.
/
/
/
che
hanno
incume
le
culture, le madri.
entrambe
la
cultura umana
conosce con la
lingua
sua
cominciò
a
parlare
della
cultura
albanese e lei
gioca fare dei
giochi
Perché quando
arriva
la
meditrice
la
bambina
si
sente al settimo
cielo
perché
tutte
le
domande che
le faceva lei le
sapeva
rispondere.
Perché parlano
di
un
argomento che
lei
conosce,
anche perché
lei si sente a
suo agio
/
/
/
/
/
perché
viveva
in
Albania
e
adesso
invece deve
vivere
in
Italia.
229
Roberto
Emma
Giovanna
Clelia
Franco
Emilia
Rocco
Lorenzo
Giada
1
2
3
4
5
6
7
8
9
ALUNNO
/
/
/
/
/
Non sempre perché ci possono
essere alcune famiglie che seguono
le tradizioni tedesche altre invece
che
preferiscono
seguire
un
alimentazione fatta da loro stessi.
1. A P. 125 IL PROTAGONISTA
DICE: “… SONO FAMOSI I
TEDESCHI PER LO STINCO DI
MAIALE, I WÜRSTEL E ALTRE
COSE SAPORITE E NUTRIENTI. SÌ,
AVETE RAGIONE, MA SOLO IN
TEORIA. IN PRATICA, MI È
CAPITATA LA TRISTE SORTE DI
ESSERE OSPITATO IN UNA
FAMIGLIA
SALUTISTA
E
BIODINAMICA”.
RIFLETTI E POI RISPONDI: LE
PIETANZE PER LE QUALI SONO
FAMOSI
I
TEDESCHI
CORRISPONDONO
ALLE
ABITUDINI DI TUTTI I TEDESCHI?
/
/
No, non corrispondono
/
/
Loro pensano che il ragazzo
italiano non sia un tipo tosto da
andare a fare una passeggiata
sotto la pioggia, a bagnarsi
Lo considerano uno ‘zuccherino’
perché per qualsiasi cosa deve
trovare una soluzione complicata
piuttosto
che
una
semplice
facilmente risolvibile ad esempio
c’è una ‘scena’ dove viene
raccontato che pioveva cui ha
cercato di prendere l’ombrello.
/
/
/
/
/
2. ALLA FINE DI P. 126 È
POSSIBILE
INDIVIDUARE
UN’IDEA STEREOTIPATA CHE
LA FAMIGLIA DI INGE HA SUL
RAGAZZO
ITALIANO:
DOPO
AVERLA TROVATA, CERCA DI
SPIEGARLA.
S2. ALLEGATO N. 38. UA3 QUESTIONARIO DI COMPRENSIONE, 04/06/2012
/
/
/
/
/
Perché in questi 3 o più
giorni lo hanno messo alla
prova e le loro aspettative
sono
diverse
dal
comportamento del ragazzo.
/
/
/
3. SECONDO TE, IN CHE
MODO
QUEST’IDEA
STEREOTIPATA
INFLUENZA
IL
COMPORTAMENTO
DEI
FAMILIARI DI INGE VERSO
IL GIOVANE ITALIANO?
/
/
/
/
/
Si, ma non me né importato
niente perché le cose che mi
dicevano non corrispondevano
alla mia realtà.
/
/
No, per fortuna non mi è mai
capitato.
4. TI È MAI CAPITATO DI
ESSERE
“VITTIMA”
DI
PREGIUDIZI O STEREOTIPI
SUL TUO PAESE O LA TUA
REGIONE?
SE SÌ, COME HAI REAGITO?
SE NO, COME REAGIRESTI?
230
Gjorge
Barbara
Serena
Laura
Viola
Ludovico
Enzo
22
23
Simona
14
17
18
19
20
21
Vera
13
Cecilia
Antonia
Enrico
12
15
16
Mirco
Sara
10
11
/
/
/
No perché non tutti i tedeschi sono
amanti di questi cibi e non tutti li
mangiano
perché
sono
cibi
tradizionali tedeschi.
/
/
/
/
Non corrispondono.
No, perché per esempio la famiglia di
Inge mangia il cibo biologico e
leggero, molto diverso dai cibi tipici
tedeschi.
No, a quasi tutti, per esempio la
famiglia che a delle pietanze BIO
No, in quanto ci sono famiglie
salutiste e biodinamiche, o che non
rispettano la loro cultura.
/
No, perché ad esempio i genitori di
Inge mangiano cibi salutari di
agricoltura biodinamica.
/
/
/
/
La famiglia di Inge pensa che il
ragazzo italiano non sia preparato
per affrontare le situazioni che gli si
presentano.
/
/
/
Dice che il ragazzo è uno zucchero,
perché
appena
scoppiato
il
temporale cerca un ombrello.
“Non sarai mica fatto di zucchero!”
Cioè che è così molle da prendere
l’ombrello quando piove.
Vuole dire: quali saranno le sue
abitudini, difetti, modi di fare?
/
/
“Non sarai mica fatto di zucchero?”
Nel senso: non sarai così ‘moscio’
da usare l’ombrello per non
bagnarti.
e
non
/
/
/
/
/
/
I familiari di Inge provocano
psicologicamente il ragazzo.
/
Perché pensano che il
giovane sia un debole, un
viziato.
Lo influenza un po’ in modo
negativo perché mettendolo
alla prova hanno visto che è
un po’ fragile.
Devono rispettarlo
maltrattarlo.
/
/
/
/
/
/
/
/
/
No.
/
Si, degli italiani dicono che
mangiamo
pizza/pasta
e
suoniamo
il
mandolino.
Secondo me possono pensare
come vogliono, tanto so che
non è così per tutti.
No, per fortuna quasi mai
perché penzo
Sì, a volte è come un giro,
capita a tutti. Me ne sono
fregata, però mi ricordo ancora
l’atteggiamento.
Sì, ho reagito molto male,
perché nessuno è in grado di
giudicare un paese o una
regione se non c’è mai stato.
Poi può essere che il suo è
peggio del mio paese.
/
No, non mi è mai capitato!
231
1
2
3
Roberto
Emma
Giovanna
ALUNNO
/
/
Prova un po’ disagio
perché non riesce a
‘masticarla’ non riesce
a comunicare bene con
gli altri per fargli capire
di aver fame.
5. CHE COSA PROVA
IL
PROTAGONISTA
VERSO LA LINGUA
TEDESCA?
PERCHÉ? CFR. METÀ
P. 124, LE ULTIME
RIGHE DI P. 124 E LE
PRIME DI P.125.
/
/
Non riesce ad esprimerlo
perché non sa bene la lingua e
quindi gli altri rispondono per
lui, anche se a volte in modo
sbagliato.
6.
PERCHÉ
IL
PROTAGONISTA
NON
RIESCE
AD
ESPRIMERE
CHIARAMENTE
CIÒ
CHE
VUOLE?
RILEGGI IN PARTICOLARE
LE ULTIME RIGHE DI P. 125 E
LE PRIME DI P. 126.
/
/
Secondo
me
bisogna
accettare le diversità tra
paesi e quindi penso che
accetterei
i loro modi
pensare e i loro modi di
vivere, anche se diversi dai
miei.
Perché ognuno ha la propria
cultura, la propria tradizione
e bisogna accettarla così
come è, perché a volte può
essere
vista
in
modo
negativo, ma altre volte può
essere una cosa positiva, ed
è meglio vedere la cultura di
un paese in modo positivo,
perché è comunque una
caratteristica di tutti noi.
PERCHÉ?
7. SE TI TROVASSI IN UNA
SITUAZIONE DI VACANZA
SIMILE A QUELLA DEL
RACCONTO, A STRETTO
CONTATTO
CON
PERSONE DI UN ALTRO
PAESE, COME PENSI CHE
DOVRESTI COMPORTARTI
NEI
CONFRONTI
DEL
LORO
MODO
DI
PENSARE, DELLE LORO
ABITUDINI E DELLA LORO
LINGUA
PER
INSTAURARE DEI BUONI
RAPPORTI?
/
/
Stiamo aspettando Inge a casa, sono molto
preoccupata… chissà come sarà quell’italiano.
Spero gli piaccia il nostro paese e le nostre
abitudini… lui ne avrà sicuramente diverse dalle
nostre, ma se non gli piacciono non gli piacciamo
noi, e neanche Inge. Baviera è una bella città…
sicuramente gli piacerà! Da quanto tempo non
vediamo nostra figlia poi… tre anni! Tre anni che
vive a Pescara, in quel monolocale vicino al mare.
Skype, certo, ma non è uguale a vederla di persona
e riabbracciarla nuovamente. La conosco bene mia
figlia, sicuramente starà leggendo un quotidiano.
Arrivati! Accolgo subito l’Italiano, non mi sembra un
tipo molto tosto, meglio metterlo alla prova. Se è
venuto qui per mangiare salsicce, wurstel o stinco
di maiale, ha sbagliato proprio casa. Qui si mangia
solo cibo salutare. Carotina grattugiata, sformatino
di verdure e poi la patatina come contorno. Chiedo
se va bene una patata lessa a testa e tutti
8. PROVA A RISCRIVERE LA STORIA DAL
PUNTO DI VISTA DI INGE OPPURE DEI SUOI
GENITORI.
232
approvano… tranne l’italiano, che sembra volerne
molte di più. Non voglio essere cattiva… voglio solo
metterlo alla prova, penso che a breve cercherà di
capire la nostra lingua. Finito il pranzo lo metto al
lavaggio dei piatti e pulisco i fornelli. Inutilizzabili
fino a domani. Sì, si mangia a cena ma poco, non
ho mai molta fame io. No, già, non è molto grasso,
quindi lo devo tenere in forma, giusto? Quindi:
corsetta prima di colazione, passeggiata per
digerire il pranzo, e di sera, dopo cena, nuoto nella
piscina comunale.
Non gli farà altro che bene. Inge in questo modo si
sentirà molto unita alla famiglia. Ieri, l’ho messo
proprio alla prova questo italiano, voglio capire di
che pasta è fatto. Uscendo per fare una
passeggiata è scoppiato un temporale e non gli
abbiamo permesso di portare un ombrello, suvvia,
sarà fatto di zucchero questo ragazzo? È
comunque sopravvissuto.
Ora stiamo entrando a Berlino, sul viale alberato
che ci porta fino al centro. Mio marito prende una
scorciatoia per arrivare alla piazza ricoperta di
lastre di pietra rettangolari.
Abbiamo programmato quello che andremo a
vedere domani, spero vada bene al ragazzo di
Inge. Ci stiamo dirigendo verso la casa di Gaby, la
mia seconda figlia, che ansiosamente, aspettava
l’arrivo di Inge e del suo ragazzo. I coinquilini di
Gaby, altri studenti parlano un po’ in italiano e, per
la prima volta da quando è arrivato in Germania, lo
vedo a suo agio. Uno degli inquilini prende una
grande caffettiera napoletana e inizia a preparare
caffè. Vedo l’italiano molto felice. Ad un certo punto
sembra un po’ sconcertato, dice che deve andare
fuori per prendere un po’ d’aria e va via. Dopo un
po’ di tempo torna a casa di Gaby, nel momento in
cui abbiamo deciso di andarci a fare un giretto e di
mangiare il Döner kebab. L’ha deciso Inge, ma
certe volte fa bene anche a noi staccarci un po’ dal
233
Perché non glie piace
molto ma è un (parola
illeggibile) puzzolente
Lui, un po’ carente,
infatti Inge svolge il
compito di traduttrice.
/
/
/
/
/
/
Pensa che il tedesco è
la maledetta lingua che
non riesce a masticare
come si deve e che non
serve per comunicare la
cosa
giusta
nel
momento appropriato.
Prova disagio, perché
(secondo me) il tedesco
che parla lui ‘non
riesce’
a
capirlo
nessuno.
Non conosce la lingua.
Perché è un babbano (?) ghey
e frocio
/
/
/
/
/
/
Perché lui ha un problema
linguistico che frena la sua
risposta “No, almeno quattro”
perché
è
sovrapposto
istantaneamente dal “Ja” corale
della famiglia.
Per un problema linguistico.
Non dovrei protestare, ma
accontentarmi.
(perché)
stando
senza
famiglia (lontana) potrebbero
non
accettare
la
mia
presenza.
Penso che sia una buona
idea iniziare pensando bene
di loro e che nonostante non
sto a casa mia li tratterei
come ospiti.
Perché? Gli altri meritano
possibilità soprattutto se
sono persone fatte bene.
/
/
/
/
/
/
Credo che: nelle opinioni
dovrei comunque accettarle,
lo stesso nelle religioni
perché venga rispettata la
mia. Riguardo alle abitudi mi
dovrei adeguare io e non
viceversa e riguardo alla loro
lingua la dovrei imparare.
(Perché?) E’ comunque
giusto rispettare gli altri, in
tutto e per tutto.
Puzzerei di cicoria nera.
Bò puzza
/
No, non mi (?) perché (?) (?) qualcos’altro!!
/
/
/
/
/
/
/
La grafia dell’alunno è in generale molto irregolare e difficile da leggere, alcune parole sono invece del tutto incomprensibili.
Vera
13
1
Enrico
Franco
Emilia
Rocco
Lorenzo
Giada
Mirco
Sara
5
6
7
8
9
10
11
12
Clelia
4
1
cibo salutare, l’italiano sembra molto felice…
dopotutto non è così male!
Genitori. E’ un ragazzo molto socievole ma poco
chiaro cioè non riesce a spiegarsi, inoltre è uno
zuccherino perché a tutte le complicazioni trova i
rimedi più complicati.
234
Gjorge
Barbara
Serena
Laura
Viola
17
18
19
20
21
Ludovico
Enzo
Cecilia
Antonia
15
16
22
23
Simona
14
/
Lui pensa che la lingua
tedesca sia difficile, e il
suo tedesco assomiglia
ad uno scolapasta dai
buchi smisurati.
/
/
/
/
Il protagonista prova
rabbia verso il tedesco
perché
non
riesce
ancora a comunicare in
questa lingua.
/
/
Dice che il suo tedesco
assomiglia
ad
uno
scolapasta coi buchi
smisurati.
/
/
/
/
/
/
Il protagonista non riesce ad
esprimere ciò che vuole perché
le sue poche parole vengono
sopraffatte dagli altri.
/
Il ragazzo, non vuole solo
qualche patata ma ne vuole
almeno quattro.
Perché non lo sa neanche lui
oppure non vuole offendere
Inge e i suoi genitori.
/
/
Dovrei seguire tutte le loro
abitudini,
quello
che
mangiano.
Perché altrimenti non starei
simpatica a nessuno e starei
da sola.
/
Io, secondo me, dovrei
essere me stessa, perché
non posso cambiare solo
perché non piaccio
a
qualcuno.
/
/
/
/
Dovrei cercare di adattarmi.
Per vivere meglio questa
esperienza.
/
/
/
/
/
/
/
/
/
/
235
2
1
Emma
Roberto
ALUNNO
Si
aspetta
un’accoglienza con:
majorette, ragazze
bionde ecc…
Paolo si aspetta di
essere accolto da
delle Majorette in
gonna con gli occhi
con le stelle
1.
QUALE
ACCOGLIENZA SI
ASPETTA
NEGLI
STATI
UNITI
PAOLO?
COME
IMMAGINA
DI
ESSERE
RICEVUTO
ALL’AEROPORTO?
Al
controllo
dei
documenti trovano
una
signora
americana
che
chiamano “Bisonte”
Come accoglienza
non ci sono delle
Majorette ma solo
una grassona che
gli
chiede
i
documenti e da lì
iniziano
dei
malintesi.
2. QUAL È INVECE
L’ACCOGLIENZA
CHE RICEVONO I
DUE GIOVANI? CHI
TROVANO
AL
CONTROLLO
DOCUMENTI?
La signora rigira il
passaporto
di
Giovanni tra le mani
perché vuole capire
se
lui
era
3. P. 149 (PRIME
QUATTRO RIGHE):
SECONDO
TE
PERCHÉ
LA
SIGNORA DELLA
DOGANA RIGIRA
IL PASSAPORTO
DI GIOVANNI TRA
LE MANI? PENSA
DAVVERO, COME
RITIENE
GIOVANNI,
CHE
LUI PARLI BENE
L’INGLESE?
Perché forse non si
fidava di quello che
diceva Giovanni e
credeva
che
lui
fosse Americano e
parlasse
bene
l’Inglese
Perché pensava che
dentro le loro valige
c’era una bomba
Perché
la
donna
fraintende credendo
che fossero bombe
che sarebbero servite
per scopi loschi o
roba del genere. Li
porta in quella stanza
per interrogarli.
4. SECONDO TE,
PER
QUALE
MOTIVO
QUANDO
GIOVANNI
DICE
“NAPOLI’S BOMBS”
(P. 150) LA DONNA
PORTA
I
DUE
ITALIANI IN UNA
STANZA
PER
CONTROLLARE LE
VALIGIE?
S2. ALLEGATO N. 39. UA4 QUESTIONARIO DI COMPRENSIONE, 08/06/2012
Perché
su
una
valigia
c’era
30
pacchetti di sigarette
e nell’altra i loro
vestiti
Perché non poteva
dirle che sarebbe
rimasto li per molto
altrimenti
non
avrebbe
potuto
restare in America
perché gli serviva un
permesso.
5. QUANDO LA
DONNA
CHIEDE
ALL’ITALIANO
PER
QUALE
MOTIVO
ABBIA
DUE
VALIGIE,
PERCHÉ LUI NON
SA
COSA
RISPONDERE?
Pensa che sono due
persone
strane
all’inizio.
Inizia
quando
gli
deve
vedere i documenti e
allora loro glieli danno
e lei se li gira tra le
mani. Quando nella
valigia poi trovara la
Napoli Bols lei si
spaventa e li manda
in
quella
stanza
insieme al tricheco.
Poi si scopre che
invece di bombe sono
mozza relle.
La donna americana
pensa che dato che i
due
ragazzi
non
parlavano
bene
l’inglese, pensa che la
6. IL RACCONTO È
NARRATO
DALLA
PROSPETTIVA
DI
UN
RAGAZZO
ITALIANO.
SECONDO TE, CHE
COSA PENSA LA
DONNA
AMERICANA
DEI
DUE
ITALIANI?
RISCRIVI
LA
STORIA DAL SUO
PUNTO DI VISTA.
236
4
3
Clelia
Giovanna
Con le magiorette
bionde e con vestite
di bianco rosso e blu
con le stelle sugli
occhi
Paolo si aspetta che
all’aeroporto ci siano
tutte
Majorette
vestite di bianco,
rosso e blu con delle
stelline negli occhi
che accolgono gli
Stranieri
invece trova la sala
senza
ragazzine
bionde
ma
una
signora grassa che
soprannominano
bisonte
Non ricevono una
grande accoglienza,
solo
alcune
sorridenti ragazzine
bionde ed atletiche.
Al
controllo
dei
documenti c’è una
signora bisonte che
parla in Americano e
non
capisce
l’Italiano
Secondo me sì
Secondo me rigira il
passaporto
di
Giovanni
perché
non
conosce
la
lingua e forse non si
fida di lui perché
non ritiene che parli
bene l’inglese.
americano. No, lei
pensava
che
la
stavano prendendo
in giro
Perché a Napoli c’è la
mafia e pensa che
siano in partenza per
New York per vendere
le sigarette a nero
Secondo me perché a
Napoli
vengono
chiamate così, ma la
donna
pensava
fossero due bombe o
qualcosa di pericoloso
Perché
non
ha
capito che domanda
gli ha fatto oppure
perché secondo lui
non aveva senso la
domanda,
loro
erano due e a suo
tempo anche le
valigie erano due
/
stavano prendendo in
giro, quindi gli vuole
controllare le valige
per sicurezza e loro si
inventano tutto per
non far scoprire il
contenuto di esse
Mentre
stavo
lavorando
arrivano
due ragazzi, prendo i
loro passaporti. Gli
chiedo alcune cose e
mi
rispondono
in
tutt’altro modo: né io
né quei due ragazzi,
presuppongo italiani,
ci capiamo niente.
Sono proprio ignoranti
gli
italiani,
dei
nullafacenti, neanche
sprecano un po’ di
tempo per imparare
l’Americano.
Comunque mi dicono
che dentro le loro
valigie ci sono delle
bombe napoletane, li
porto dal direttore…
non ci capisco più
niente con quei due!
Due ragazzi vogliono
entrare negli U.S.A.
Per vendere tabacco
e sigarette e per non
dirlo facciano finta di
non sapere la lingua e
rispondono con parole
“astratte”
237
Franco
Emilia
Rocco
Lorenzo
5
6
7
8
Di essere
come
accolto
/
/
Si aspetta di essere
accolto da delle
hostess in minigonna.
Essere accolta da
ciccio bomba e che
non caspisce una
parola di inglese e
spagnolo
/
/
Non c’è nessuno,
solo una donna che
controlla
loro
i
documenti.
Perché sta vicino ad
un
semaforo
linguistico e non ci si
ferma
/
/
Si, pensa che lo
parli bene.
Perché pensa che sia
una bomba:)
/
/
Perché lei pensa che
siano delle bombe
venute da Napoli.
Perché è li per
cercare un lavoro, e
in america si può
lavorare dopo averlo
trovato prima.
/
/
Perché non poteva
dire a loro che era
venuto in America
per cercare lavoro.
/
/
Sono
venuti
all’aeroporto
2
ragazzini italiani e uno
parlava
in
modo
strano, ho diffidato e
ho analizato la valigia,
c’erano due sagome
tonde, e quando ho
chiesto cosa fossero
mi hanno risposto che
erano delle bombe e
perciò li ho portati dal
direttore
dell’aereoporto.
Ieri, alla dogana, ho
visto 2 italiani (da
quello
che
sono
riuscita a capire) ed
uno all’inizio pensavo
prendesse
lezioni
d’inglese, invece mi
sbagliavo.
Mentre
sono venuti a fare il
control avevano due
grossi borsoni. La
cosa mi è parsa
subito
strana:
se
devono venire per
turismo,
perché
dovrebbero
portare
tutta questa roba?
Dopo
averglielo
chiesto, sono stati
muti per un po’, e poi
mi hanno risposto:
“Sono x i poveri!”
Bah, che strani, anche
238
Mirco
Sara
11
Giada
10
9
Aspetta di essere
ricevuto da belle
ragazze
bionde
(majorette)
Che delle ragazze
pon
pon
lo
accolgono
Pensa di
trovare
belle ragazze bionde
vestite
come
le
bandiere americane.
Trovano una signora
che
nominano
“bisonte”
molto
severa che parla in
Americano veloce
Vengono ispezionati
ISPEZZIONATI
Una signora grassa
che
loro
denominano bisonte
Rigira il passaporto
di
Giovanni
per
trovare
qualche
indicazione
sulle
lingue
parlate
perché pensa che la
stia portando in giro
no
Si pensa che parli
bene l’inglese
che
Perché sono bombe
di Napoli dato che
sono molto buone e il
bisonte crede siano
veramente bombe
perché crede
siano terroristi
Perché pensa che
all’interno delle valige
di Giovanni ci siano
delle bombe, mentre
Giovanni si riferiva
alle mozzarelle di
bufala napoletane.
perché
lui
non
poteva
rispondere
che era in cerca di
lavoro dato che in
USA c’era da venire
con il lavoro
perché dentro aveva
i vestiti
Perché non poteva
dirle che doveva
rimanerci molto in
America per trovare
lavoro
perché
altrimenti
avrebbe
avuto bisogno di un
altro permesso.
con quella strana
parola:
Napoli’s
bombs che voleva
dire mozzarella di
bufala
Sono arrivati degli
italiani
che
non
capiscono niente di
inglese
e
sto
cercando di parlare
con loro.
Scopro delle cose
rotonde dentro le loro
valigie e chiedo loro
cos’è e loro mi
rispondono che sono
bombe. Così li porto
nella
stanza
dei
controlli e ci dicono
che sono mozzarelle.
Penso che questi
italiani siano un po’
troppo scherzosi
Due ragazzi vengono
e io li ho percuisiti
perché i ragazzi mi
parevano
molto
sospetti ma poi non
erano sospetti.
Il bisonte e il tricheco
pensano dei 2 italiani
che fanno finta di non
capire l’inglese, che li
stanno portando in
giro e e sospettano
che portano con loro
oggetti vietati come
sigarette o bombe
(Napoli’s bombs) ed è
239
Simona
Cecilia
Antonia
15
16
Vera
13
14
Enrico
12
si
immagina
un
gruppo di majorette
che indossano una
minigonna ciascuna.
Paolo si aspetta di
trovare autostrade
ad otto corsie.
Molto bene perché è
il sogno della sua
vita
Si aspetta di vedere
belle ragazze che lo
accolgono
in
aereoporto
Paolo si aspetta di
essere accolto con
controllori
donne
bionde
che
lo
accoievano
molto
bene
che
due
una
che
Al
controlo
incontrano
una
donna
talmente
grassa da essere
definita bisonte
Vengono accolti da
delle hostess.
Trovano
una
mjorette che li tratta
molto male
nominati:
Tricheco/Bisonte
che
insistono
nell’apertura valigie
L’accoglienza
trovano
i
giovani sono
panzona
scoreggia
Perché il fatto che
Giovanni abbia 2
valigie
la
insospettiscono
Perché pensava che
la prendessi in giro.
No, giovanni per me
non sa parlare bene
l’inglese.
perché crede che
Giovanni la stia
prendendo in giro e
che in verità lui sta
prendendo
lezioni
d’inglese da 20 anni
dal principe Carlo
No,
voleva
escogitare da dove
provenivano i due,
dopo
le
varie
domande fatte
La signora pensa
che non parlano
proprio bene inglese
Perché
la
donna
pensa
che
nelle
valigie c’è una bomba
napoletana.
Perché pensa che
all’interno delle valige
di giovanni ci sia una
bomba.
perché a Napoli ci
sono tanti truffatori e
venditori illegali
Per vedere se hanno
qualche bomba in
valigia, la signora
controlla
(Non si legge) e la
donna li porta nella
stanza del controllo
perché pensa bombe
Perché aveva visto
che nel suo zaino
uscivano
le
3
stecche di sigarette
che non poteva
portare con sé.
Perché se dicieva
che stava cercando
lavoro veniva subito
rispedito in Italia.
perché non le può
dire che è in cerca
di lavoro
Non poteva dire che
ci stava per un anno
Perché è naturale
che uno porta due
valige (due valige
due persone) VA
VE?
Secondo me la donna
pensa che la stiano
prendendo in giro
perché su qualunque
cosa lei dica i due
ragazzi commentano
per questo che li
controllano
La donna Americana
pensa che i due
italiani
possano
probabilmente essere
due contrabbandieri di
sigarette
oppure
perché avendo capito
male
la
signora
sospetta anche del
contrabbando
di
bombe
Che sono non tanto
tranquilli, un po’ strani
e questi per questo
decide di controllare
le valigie, per vedere
qualcosa di strano
La Donna americana
pensa che i due
italiani non sappiano
l’inglese e che non
abbiano i soldi per
comprarsi
da
mangiare e se lo
portano da casa
/
240
Laura
Viola
21
Serena
19
20
Gjorge
Barbara
17
18
Paolo
si
aspetta
Pensa di trovanci le
ragazze bionde con
la divisa.
Si aspettava una
buona accoglienza e
soprattutto
non
credeva di venire
accolto con delle
magiorette
/
Paolo pensava che
all’aereoporto
ci
fossero
tutte
Majorette
Invece
vengono
Al controllo i due
giovani incontrano
una signora grassa
che
denominano
bisonte
L’accoglienza
è
stata un po’ diversa
da quella che si
aspettavano.
Al
controllo
dei
documenti trovano
la “donna bisonte”.
/
tutte donne grasse e
mal vestite
Perché pensa che la
Pensa che lui parla
bene l’inglese.
Voleva vedere se
Paolo
la
stava
prendendo in giro,
così controllava nel
passaporto
se
aveva già studiato
l’inglese.
/
No, pensa che lui
fosse un mafioso
le
le
Perché
pensa
che
Perché la signora
credeva che nella
valigia c’era la bomba
anche se Giovanni si
riferiva
alle
mozzarelle.
Perché
la
donna
pensava
che
avessero una bomba
nella valigia.
/
Perche lo zio
mozzarelle
chiamava bombe
Perché
Giovanni
non poteva dire che
rimaneva molto in
America
per
lavorare
perché
altrimenti
l’avrebbero
rimandato da dove
era venuto
Perché non riesce a
Perché non può
dirgli che è andato
in
America
per
cercare un lavoro.
/
Perché ci doveva
rimanere più tempo
e quindi doveva
avere
un
altro
permesso
Oggi
a
lavoro
ho
in italiano
/
Italiani…
non
capiscono niente!
Sanno cosa possono
o
non
possono
portare, e che fanno?
Non
rispettano
il
regolamento!
Ci
hanno fatto sprecare
del tempo per vedere
cos’erano 2 cose
circolari
dicendo
Napoli’s
bombs;
invece bastavano che
divevano che erano
mozzarelle
Secondo la donna i
due italiani sono dei
poco di buono e che
sono
andati
in
America per compiere
cattive azioni, così
ella le faceva diverse
domande per vedere
se effettivamente essi
fossero
quelle
personacce
che
pensava lei.
/
241
Ludovico
Enzo
22
23
SI ASPETTA
ESSERE
RICEVUTO
MAJORETTE
Un accoglienza
luci rosse
DI
a
autostrade a otto
corsie, pick up, birra
e bionde. Si aspetta
di essere ricevuto
benevolmente
all’aereoporto
li arrestano perché
credono che siano
terroristi
TROVANO
UNA
PERSONA CHE AL
POSTO
DEL
REGGISENO
GLI
SERVIVA
UN
PARACADUTE.
accolti
da
una
“hostess bisonte”.
VOLEVA VEDERE
SE
PAOLO
LA
STAVA
PRENDENDO
IN
GIRO
no
prenda in giro. No.
siano
PERCHE’ PENSAVA
CHE CI AVEVANO
LE BOMBE.
Crede
che
esplosivi
all’interno della valigia
c’erano delle bombe
non
sa
una
PERCHE’
NON
PUO DIRGLI CHE
E’
ANDATO
IN
AMERICA
PER
LAVORARE.
perché
l’inglese
trovare
spiegazione
possibile
LA
DONNA
AMERICANA
SECONDO
ME
PENSAVA
CHE
ERANO TERRORISTI
dovuto portare due
italiani nella stanza
per
controllare
le
valigie. Non sarebbe
successo
se
avrebbero
saputo
l’inglese, ho cercato
pure di parlare in
spagnolo ma non
capivano
nemmeno
questa lingua.
che è drogato
242
Roberto
Emma
Giovanna
1
2
3
ALUNNO
FACILE
INTERESSANTE/STIMOLANTE
UTILE
POSSIBILE
NECESSARIO
FATICOSO
DIFFICILE
DA EVITARE
ALTRO (AGGIUNGI UNO O PIÙ
AGGETTIVI)………………………
………………………………......
SPIEGA LA TUA RISPOSTA.
/
Interessante/stimolante
Utile
Altro: divertente
Secondo
me,
è
stato
utile,
interessante e divertente perché mi
sono divertita nelle ore in cui c’era
lezione, ed è stato molto interessante
sapere tutte queste nuove cose.
Interessante/stimolante
Utile
Possibile
Perché
secondo
me
è
bello
□
□
□
□
□
□
□
□
□
1. DOPO LE LETTURE E LE ALTRE
ATTIVITÀ CHE ABBIAMO SVOLTO
INSIEME,
PENSI
CHE
COMUNICARE E VIVERE (PER
PERIODI PIÙ O MENO LUNGHI)
CON O “TRA” DUE O PIÙ LINGUE E
CULTURE SIA (PUOI BARRARE PIÙ
RISPOSTE).
S2. ALLEGATO N. 40. QUESTIONARIO FINALE
A me tutti mi sono
sembrati molto interessanti
ma quello che più mi ha
colpito è stato “Salsicce”
/
La vicenda che mi ha fatto
capire di più su questo
tema è il racconto “Doner
kebab”
2.
QUALI
PERSONAGGI/VICENDE/
DIALOGHI
DEI
RACCONTI TI HANNO
FATTO RIFLETTERE O
CAPIRE DI PIÙ SU
QUESTO TEMA?
Sì mi piacerebbe davvero
molto.
Mi piacerebbe molto andare in
Spagna anche se studio
/
Ancora non lo so
PERCHÉ?
SE SÌ, DOVE?
3.
TI
PIACEREBBE,
IN
FUTURO,
TRASCORRERE
UN PERIODO PIÙ O MENO
LUNGO DI VACANZA/STUDIO
IN UN PAESE STRANIERO?
Ho capito che può avere molti
significati, e che ogni paese ha la
propria cultura e che non è una cosa
negativa, anzi è una cosa positiva, e
/
Che la cultura
è molto
interessante se si capisce a fondo e
poi sapere le culture di altri popoli mi
ha fatto riflettere molto.
4. ATTRAVERSO LE LETTURE
FATTE E LE ATTIVITÀ SVOLTE,
COS’HAI CAPITO DEL CONCETTO
DI
“CULTURA”?
243
Mirco
Sara
10
11
Lorenzo
8
Giada
Franco
Emilia
Rocco
5
6
7
9
Clelia
4
Interessante/stimolante
Utile
Possibile
Interessante perché è molto istruttivo
comunicare con una persona di un
altro paese sulla sua cultura. Utile per
lo stesso motivo, mentre possibile
perché non è impossibile comunicare
con uno/a straniero/a.
Interessante/stimolante
Perché
è
molto
interessante
comunicare con altri che non hanno
la nostra stessa cultura.
Interessante/stimolante
E’ interessante perché si imparano
molte cose dall’altra lingua/cultura
comunicare con gli altri perché
arricchisce anche la mia cultura,
anche perché mi è molto piaciuto fare
questo lavoro.
Interessante/stimolante
Utile
Possibile
Altro: divertente
Perché è sempre un’esperienza da
non perdere
/
/
Facile
Interessante/stimolante
Utile
Perché così puoi conoscere altre
culture
Interessante/stimolante
Utile
Primo xché impari nuove lingue,
secondo
Il tema “Salcicce”
Kebab, Döner buono
/
/
/
Quello che me lo ha fatto
capire di più è il racconto
sulla
bambina
Mussulmana che và in
Italia
Salsicce, perché parla
della difficoltà di religione x
una ragazza musulmana
Il tema della bambina e i
suoi primi giorni di scuola
Sì, perché mi imparerebbero
nuove cose. I vorrei andare in
Olanda.
Sì Africa perché l’Africa è bella.
Certo, x imparare nuove
cultureù
A Sharm el Sheik
Perché gli abitanti che ci
abitano sono molto simpatici, e
poi c’è il mare spettacolare
Mi piacerebbe trascorrere un
periodo abbastanza lungo in
America per studiare la lingua
e le abitudini.
/
/
Sì, certo!
In Africa.
Per fare folontariato e aiutare i
bambini meno fortunati.
francese.
Mi piace molto la Spagna e
penso abbia una cultura molto
diversa dalla nostra in Italia.
Si ma non ne ho la possibilità
(studio) per la vacanza ci
hanno già pensato i miei
genitori di andare in Grecia per
le vacanze del 2012
La cultura è una specie di tradizione
del popolo. Ogni popolo ha la sua
cultura originaria.
Cultura e lingua tradizioni e altre
cose diverse
Persone con un altro modo di vivere,
parlare, esprimersi.
Ke ognuno ha la sua cultura
/
/
Ho capito che la cultura è il modo di
vivere, la storia e l’arte di un popolo.
Che ognuno ha la sua e non deve
cambiarla per essere accettato dagli
altri.
che ognuno deve rispettare la cultura
degli altri.
244
Serena
Laura
Viola
20
21
Gjorge
17
19
Antonia
16
Barbara
Vera
Simona
Cecilia
13
14
15
18
Enrico
12
Facile.
Interessante/stimolante.
Utile.
Possibile.
Per viaggiare in altri paesi è utile
sapere la lingua, le loro culture.
Interessante/stimolante.
Utile.
Possibile.
Penso che sia utile e interessante
Interessante/stimolante
Perché conoscere altre culture è
interessante.
Interessante/stimolante
Utile
Possibile.
Non so spiegare la motivazione
/
/
Facile.
Altro: divertente.
Perché mi sono divertita facilmente.
Interessante/stimolante
Utile
Necessario
Perché se incontri uno straniero è
bene avere una lingua in comune.
Facile. Utile. Necessario.
Mi è stato utile a imparare piu cose
nelle letture. E’ stato necessario per
imparare più cose nel mondo.
Facile. Interessante/stimolante. Utile
Necessario. Perché per viaggiare in
altri paesi serve parlare più lingue.
salcicce
La
penultima
“Doner kebab”
vicenda
Quella
della
ragazza
Albanese che era andata
in Italia.
Il racconto di salsicce.
Quello di Napoli’s bombs.
Doner kebab che mi ha
fatto pensare da mangiare.
La lettura che mi ha fatto
riflettere di più è stata
‘Salsicce’ di Igiaba Scego.
/
/
Il tema delle
quando vomita.
Il tema della ragazza
mussulmana e anche del
doner kebab
Si, moltissimo.
Londra oppure Sidney.
Perché è una città molto bella,
piena di attrazioni, monumenti
e musei.
Si, mi piacerebbe.
Mi
piacerebbe
vivere
in
Francia.
Perché è un paese che mi ha
sempre incuriosito molto.
Si, mi piacerebbe molto.
In Turchia.
Perché è la mia città e vorrei
stare con la mia famiglia e i
miei parenti.
Sì.
In Madagascar.
Perché fin da piccola ho
Si, mi piacerebbe tanto ad
andare ad New York per
visitarlo e rimanerci un po’.
No, mi piace l’Italia.
/
/
No. Non mi piacerebbe…
Perché non mi piacerebbe.
Perché dicono che è posto
bellissimo pieno di tulipani.
Vacanza sì. In Russia.
e che te frega. Ma anche
perché c’è zio Boris.
Che ognuno ha la sua cultura ovvero
il suo modo di interpretare il mondo e
il suo modo di vivere.
Io ho capito che la cultura di altri
paesi che sono alcune uguali.
Ho capito che le colture sono molto
diverse ed ogni paese ha una
propria cultura.
/
Non essere cattivi con tutti ma dare
un agliuto. Dare da mangiare a chi
non a ninte.
/
/
Perché ognuno ha il suo modo di
fare la (??? La grafia è difficile da
leggere)
Che ha moltissimi significati da
attribuirgli.
Proprio un bel niente.
245
Ludovico
Enzo
22
23
Faticoso. Difficile. Da evitare. Perché
io sono “razzista” e sia prima, che
dopo queste letture non cambio
idea.
Interessante/stimolante
Difficile
E’ interessante però alcune lingue
sono difficili
perché è un approfondimento sulla
cultura e penso quindi che sia
possibile.
Il racconto del Kebab
Mi dispiace, nessuno.
Si sarebbe piacevole
A Dubai
Mi piace visitarla e
perché è molto bella
anche
sognato
di
andare
in
Madagascar, che tra l’altro è la
terra
meno
influenzata
dall’uomo e quindi ricca di
creature esotiche.
Si. In Russia, il paese dove c’è
un ramo della mia famiglia.
(il perché) Sta nella risposta 3
Molte cose ;D
Non l’ho capito.
246
1
2
3
Roberto
Emma
Giovanna
ALUNNO
/
/
No
PERCHÉ?
SE SÌ, VORRESTI O
NO
CHE
“EMERGESSERO”
COME
ACCADE
NEL RACCONTO DI
BESA MONE?
5.
QUANDO
ABBIAMO LETTO IL
RACCONTO
DI
BESA MONE “I MIEI
PRIMI GIORNI DI
SCUOLA”,
ABBIAMO
PARLATO
DELLE
LINGUE
“NASCOSTE”. TRA
LE TUE LINGUE
(DIALETTI; LINGUE
CHE CAPISCI, MA
CHE
NO
SAI
PARLARE; LINGUE
CHE SAI PARLARE,
ANCHE
POCO;
LINGUE CHE SAI
SOLO LEGGERE O
CHE SAI ANCHE
SCRIVERE) CE NE
SONO
DI
NASCOSTE?
/
/
/
6. SE HAI RISPOSTO
SÌ
ALLA DOMANDA 5:
IN
CHE
MODO
VORRESTI CHE LE
LINGUE NASCOSTE
EMERGESSERO?
/
/
Non so se sono proprio
delle lingue nascoste,
ma per esempio ci sono
7. QUALI SONO (SE CI
SONO) LE LINGUE
NASCOSTE
DEI
MEMBRI DELLA TUA
CLASSE?
SONO
PIÙ
INTERESSANTI/….…………
……………………………..(PU
OI
INSERIRE
ALTRI
AGGETTIVI)
SONO
MENO
INTERESSANTI/………………
………………………..(PUOI
INSERIRE
ALTRI
AGGETTIVI)
SONO
UGUALMENTE
INTERESSANTI
ALTRO………………….PERC
HÉ?
/
/
Sono più interessanti.
Perché ci sono molte parole, tutte
le parole che non conosciamo, ed
□
□
□
□
8.IN CHE RAPPORTO SONO,
SECONDO TE, LE LINGUE
NASCOSTE (TUE O DEI TUOI
COMPAGNI) CON L’ITALIANO?
/
/
/
9. RIPENSA AI
TESTI LETTI E
SCRIVI
SE,
SECONDO TE, LE
CULTURE
SI
POSSONO
ESPRIMERE
IN
UNA
SOLA
LINGUA O IN PIÙ
LINGUE.
SPIEGA POI LA
TUA
RISPOSTA.
247
Mirco
Sara
Enrico
10
11
12
Lorenzo
8
Giada
Franco
Emilia
Rocco
5
6
7
9
Clelia
4
/
/
No.
Sì.
Per conoscere una
cultura diversa dalla
mia.
Sì
Sì
Almeno
ho
+
possibilità
di
lavoro
Sì.
Sì.
Perché sarebbe molto
interessante
scoprirne la cultura e i
modi di vivere.
Sì.
No.
Perché no.
Sì.
Sì. Perché come ogni
popolo ogni lingua ha
una cultura.
No.
Sì.
(perché)
puzza.
Sì.
Sì.
Perché così gli altri
riescono a capirmi e
io a loro (esigenze)
Vorrei
che
emergessero
poco
poco
…(parola
Spiegandone la storia e
l’origine.
Non ha risposto.
/
Attraverso un viaggio
che dura x tutta la
vita
/
/
Non lo so.
Attraverso dei racconti
oppure
come
è
successo a Besa Mone
attraverso
una
persona.
Macedone,
Le lingue sono il turco, il
moldavo, macedone.
Il macedone, spagnolo,
portoghese.
Turco,
Brasiliano.
Ci
sono
Turco,
macedone,
albanese,
spagnolo e Portoghese.
Albanese,
arabo,
portoghese, rumeno
/
/
Le lingue nascoste sono
il Turco, il Moldavo e il
Macedone.
dei ragazzini che parlano
il
portoghese,
lo
spagnolo,
l’Albanese,
l’Uldo e il Turco.
Macedone,
Turco,
Moldavo,
Spagnolo,
Urdu.
Sono più interessanti.
Perché Mirco me l’ha detto.
Altro: non vengono usate quasi per
niente,
Sono ugualmente interessanti.
Perché si.
Sono più interessanti.
(perché) scopro nuove culture
Sono ugualmente interessanti.
/
/
Sono ugualmente interessanti.
Sono più interessanti.
Perché hanno sempre qualcosa
che dopo tanti racconti rimane
nascosto e solo leggendo altri testi
riescono ad emergere.
è bello imparare e confrontare i
diversi aspetti delle lingue.
Sì
si
possono
riunire in più lingue
per capire meglio le
In più lingue perché
una cultura può
essere tradotta.
Si può esprimere in
più lingue.
Si
possono
esprimere in più
lingue.
Si, perché si può
comunicare
anche con i
gesti.
Secondo me sì, la
lingua del mimato
che con i gesti o i
disegni ci si riesce
a capire in tutto il
mondo.
/
/
Si può esprimere in
più lingue.
248
Laura
Viola
21
Barbara
18
20
Gjorge
17
Serena
Antonia
16
19
Vera
Simona
Cecilia
13
14
15
Sì. Altro: non lo so.
Non
so
come
rispondere.
Sì.
Altro:
Alcune
sì
alcune no. Perché in
dialetto
ci
potrei
dialogare solo a casa
No.
Sì. Sì. Perché il mio
dialetto del “sud” è
molto difficile e anche
divertente.
No.
/
/
No. No. Ognuno è
degno
di
emigrare
dove
vuole.
No. No.
A
scuola
di
approfondire
un
argomento sulle lingue.
/
/
Attraverso un viaggio
d’istruzione.
/
/
illeggibile)
/
/
/
e
Lo
spagnolo
il
portoghese, il Macedone,
l’arabo e poi non ricordo
ma penso che siano solo
queste.
Albanese,
Moldavo,
Urdu, Italiano.
Ci sono diverse persone
che conoscono altre
lingue come ad esempio
il:
turco,
curdo,
portoghese, macedone.
Albanese,
Macedone,
Turco, Urdu.
Macedone,
Spagnolo,
Arabo, Kurdo.
Sono
l’albanese
l’arabo.
/
/
Macedone e tedesco
Sono ugualmente interessanti.
Perché
sono
comunque
interessanti.
Sono più interessanti.
Perché sono diverse dalla nostra
lingua.
Sono più interessanti/curiose.
Perché
sarebbe
bello
e
interessante conoscere le altre
lingue.
Sono ugualmente interessanti.
Perché comunque sono tutte
lingue, ciascuna con le sue
diversità sia nel parlato che nello
scritto.
Sono più interessanti/divertenti da
imparare.
Puoi fargli imparare delle parole e
dopo non saperle pronunciare
bene che a me mi fa ridere.
Sono ugualmente interessanti.
/
/
Sono ugualmente interessanti
Forse non sono abituata a sentirle.
/
Secondo me una
cultura
si
può
esprimere in più
lingue
perché
ognuno
può
esprimere
una
cultura
con
la
propria lingua.
No.
/
/
/
culture del mondo.
/
/
/
249
Ludovico
Enzo
22
23
Sì.
No.
o con amici stretti.
Sì. No. Il Russo in
Italia? Ah, solo per
chi ci è nato lo
capirebbe.
Non ha risposto.
No.
Napoletano,
turco,
spagnolo, macedone.
Non lo so.
Sono ugualmente interessanti.
Ala fine sono tutte interessanti.
Altro (parola illeggibile: ….) sono
molto non ben disposti, sono uniti.
Non si possono
unire tutte le lingue
per formarne una, è
irrilevante
e
inconcludente, ad
esempio da quelle
interne.
Si
possono
esprimere anche in
tante lingue se
leggi.
250
1
Roberto
ALUNNO
BRUTTI
NOIOSI
MI
HANNO
LASCIATO
INDIFFERENTE
INTERESSANTI
BELLI
ALTRO
/
SPIEGA PERCHÉ.
□
□
□
□
□
□
10. COME TI SONO
SEMBRATI
I
RACCONTI
CHE
ABBIAMO
LETTO
INSIEME?
NON
MI
HANNO
DETTO
NIENTE
DI
NUOVO
MI
HANNO
FATTO
CAPIRE
MEGLIO
LA
REALTÀ
DI
PERSONE
CHE
CONOSCO
MI
HANNO
FATTO
CAPIRE
MEGLIO
LA
REALTÀ
DI
PERSONE A
CUI
SONO
LEGATO
(AMICI,
PARENTI,
ETC.)
MI
HANNO
FATTO
RIFLETTERE
SU
ME
STESSO/A
ALTRO
/
SPIEGA LA TUA
RISPOSTA
□
□
□
□
□
11. LE LETTURE
FATTE:
/
12.
TI
SEI
IDENTIFICATO/A
IN
QUALCHE
PERSONAGGIO O
SITUAZIONE DEI
RACCONTI LETTI
INSIEME? SE SÌ,
QUALE/I?
PERCHÉ?
/
13. TI PIACEREBBE
LEGGERE
ALTRI
TESTI
CHE
TRATTANO IL TEMA
DEGLI
INCONTRISCONTRI
TRA
PERSONE
CON
LINGUE DIVERSE?
14. SE SÌ, DI QUALI
LINGUE
TI
PIACEREBBE
LEGGERE?
PERCHÉ?
SE SÌ, QUALE O
QUALI
IN
PARTICOLARE?
15. LE LETTURE
FATTE TI SONO
SEMBRATE
DIFFICILI?
251
Clelia
Franco
5
Giovanna
3
4
Emma
2
/
Interessanti. Belli.
Perché sono riusciti ad
attirare
la
mia
attenzione.
Interessanti. Belli.
Perché ho scoperto
molte cose sulle diverse
culture e che bisogna
accettarle tutte.
/
/
Mi hanno fatto
pensare ai miei
amici stranieri che
sono venuti qua in
Italia lasciando la
loro terra.
Mi hanno fatto
riflettere su me
stesso/a.
Perché
alcune
volte, di fronte a
culture
diverse
dalle nostre, resto
indifferente, ora ho
imparato
a
soffermarmi di più
davanti alle culture,
mi hanno fatto
capire meglio la
realtà di persone
che conosco.
Perché
sono
riuscita a capire le
difficoltà
delle
persone
quando
cambiano il Paese,
lingua…
mi hanno fatto
capire meglio la
realtà di persone
che conosco
mi hanno fatto
capire meglio la
realtà di persone a
cui sono legato
(amici, parenti etc.)
/
Il ragazzo di Inge.
Perché rivede un
po’ la mia realtà.
No.
No.
/
Sì.
Si mi piacierebbe.
Si.
/
Afgane,
altre.
cinesi
ed
Mi
piacerebbe
leggere racconti del
francese.
Dell’albanese.
/
No ma divertenti e
piacevoli.
All’inizio sì, perché
non sono riuscita
subito a capire il
significato.
Specialmente
la
prima “Salsicce”
Perché aveva un
linguaggio un po’
difficile.
Un po’.
Salsicce,
Napoli’s
bombs.
C’erano
concetti
difficili da capire.
252
Giada
Mirco
Sara
Enrico
10
11
12
Lorenzo
8
9
Emilia
Rocco
6
7
Mi
hanno
lasciato
Altro Alcuni noiosi altri
più interessanti
Alcune
cose
le
conoscevo già altre
(come l’ultimo brano)
più interessanti
Interessanti. Belli.
Perché spiegano la
cultura degli altri paesi
e l’ambientazione in
Italia.
Interessanti.
Perché
abbiamo
lavorato insieme.
Interessanti. Belli.
Perché
ho
capito
termini nuovi, e nuove
culture.
/
Interessanti. Belli.
Perché mi hanno fatto
scoprire cose che non
sapevo.
mi hanno fatto
capire meglio la
realtà di persone
che conosco
Mi hanno fatto
capire la realtà da
un altro punto di
vista,
mi hanno fatto
mi hanno fatto
capire meglio la
realtà di persone
che conosco
mi hanno fatto
capire meglio la
realtà di persone a
cui sono legato
(amici, parenti etc.)
Non so cosa dire.
mi hanno fatto
capire meglio la
realtà di persone
che conosco
/
mi hanno fatto
capire meglio la
realtà di persone a
cui sono legato
(amici, parenti etc.)
Perché
non
conoscevo
la
cultura del mio
amico Victor, ma
questo progetto mi
ha incuriosito e ho
interrogato Victor.
No in niente
No.
No.
No.
Il
ragazzo
di
“italian’s bomber”
/
No.
si
Si, abbastanza.
Sì
Si.
Si
/
Sì, molto, più ne so
meglio è.
Arabo e
Giapponese.
Tedesco, russo
Americano.
Africano, Cinese, e
Tedesco, russo.
Inglese, francese
/
Sì,
il
Molto, mi hanno fatto
No.
No
No.
No
/
No, per niente.
Ho detto nessunoo!!
Ho
detto
nessunoooo!!!!!!!!!!
253
Gjorge
Barbara
Serena
18
19
Antonia
16
17
Vera
Simona
Cecilia
13
14
15
Interessanti
Perché è interessante
conoscere le vite di
Interessanti. Belli.
Perché
è
stato
interessante e bello
scoprire com’è stato per
una straniera il primo
giorno di scuola, per
una musulmana voler
assaggiare salsicce e
per un italiano pigro
fare
tutto
quel
movimento dopo aver
mangiato poco.
Belli.
Perché l’ultimo che
abbiamo letto mi ha
fatto
pensare
a
mangiare il kebab.
Interessanti
/
/
Mi
hanno
lasciato
indifferente.
Non li ho capiti tanto
bene.
indifferente.
Non so.
Mi hanno fatto
riflettere su me
stesso/a,
mi hanno fatto
capire meglio la
realtà di persone
Mi hanno fatto
riflettere su me
stesso/a,
capire meglio la
realtà di persone a
cui sono legato
(amici, parenti etc.)
Che pallee
/
/
mi hanno fatto
capire meglio la
realtà di persone
che conosco
perché mi hanno
fatto capire meglio
la
realtà
su
persone
che
conosco
mi hanno fatto
capire meglio la
realtà di persone
che conosco
Mi hanno fatto
capire che molti
stranieri
pur
venendo in Italia
hanno nostalgia del
loro paese.
No.
No.
Sì il kebab e il
Doner.
No, non mi sono
identificata
in
nessun racconto.
/
/
/
erano
Si, mi piacerebbe.
Forse sì.
Sì
perché
divertenti.
No.
/
/
No
non
piacerebbe
mi
Mi
piacerebbe
sapere la lingua
francese.
Portoghese.
Arabo e kurdo.
/
/
/
No,
No,
sono
state
abbastanza semplici.
No.
No.
Mi sono sembrate
molto
facili,
significative
e
interessanti.
Mi è sembrato difficile
il racconto del “Doner
kebab”
Perché
non
mi
interessava molto e
non l’ho capita bene.
/
/
No…
No, non sono state
difficili.
Le parole usate sono
state
abbastanza
comprendibili.
impazzire.
(Perché?) Mmmmmm
power!!!
254
Ludovico
22
Enzo
Viola
21
23
Laura
20
le
Mi
hanno
lasciato
indifferente.
Come ho risposto alla
domanda 1 io sono
razzista e sia prima,
che dopo i testi letti non
cambio idea.
Interessanti
Sono
stati
molt
interessanti
Interessanti.
Perché ho imparato
cose nuove.
Belli.
Perché è stato bello
conoscere altre culture.
altre persone e
proprie esperienze.
mi hanno fatto
capire meglio la
realtà di persone
che conosco
E non so come
spiegare
Non
mi
hanno
detto
niente di
nuovo.
Sempre le solite
cose.
che conosco
Perché mi hanno
fatto capire alcuni
comportamenti
e
sensazione
dei
miei
compagni
stranieri.
Mi hanno fatto
riflettere su me
stesso/a,
mi hanno fatto
capire meglio la
realtà di persone a
cui sono legato
(amici, parenti etc.)
No non credo
No
No.
Sì, su un tema della
ragazza albanese.
Si
No
Sì.
Sì, mi piacerebbe
tantissimo.
Tedesco/francese
/
Il francese.
Quasi tutte.
No si capivano bene
No
Abastanza.
Alcune parti mi sono
sembrate difficili.
No.