Politica, Educazione, Formazione Linguistico-culturali Ciclo
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Politica, Educazione, Formazione Linguistico-culturali Ciclo
Dipartimento di Scienze politiche, della comunicazione e delle relazioni internazionali Corso di Dottorato di ricerca in Politica, Educazione, Formazione Linguistico-culturali Ciclo XXIV 2009 - 2011 TITOLO DELLA TESI L’EDUCAZIONE LETTERARIA NELLA CLASSE PLURILINGUEPLURICULTURALE ATTRAVERSO LA LETTERATURA DELLA MIGRAZIONE IN ITALIANO: UNA RICERCA-AZIONE PER L’EDUCAZIONE INTERCULTURALE Presentata da Dott.ssa Francesca Gisbussi Diretta da Chiar.ma Prof.ssa Danielle Lévy Indice Introduzione Indice………………………………………………………………………………………….I Capitolo 1. Plurilinguismo, intercultura, educazione letteraria tra politiche europee e nazionali e prassi locali…........................................................................1 1.L’educazione plurilingue e interculturale per la costruzione dell’identità europea e la coesione sociale 2. L’educazione linguistica nella scuola secondaria di I grado tra politiche linguistiche, Indicazioni nazionali e autonomia scolastica 3.La normativa sull’accoglienza degli alunni stranieri 4. Pratiche didattiche e progetti per l’intercultura tra obiettivi, strumenti ed esiti. P. 20 5. L’educazione letteraria in Italia 5.1. Le fasi e gli orientamenti metodologico-didattici 5.2. Un breve excursus storico 5.3. Educazione linguistica-educazione letteraria nella scuola secondaria di secondo grado 5.4. L’‘Educazione letteraria’ nella scuola secondaria di primo grado Capitolo 2. Quadro teorico di riferimento……………….……………………………37 1. La nozione di competenza nelle scienze dell’educazione e nella didattica delle lingue 2. La nozione di competenza interculturale 2.1. Origine della nozione 2.2. Una ricognizione dei modelli contemporanei 2.2.1. Modelli compositional 2.2.2. Modelli co-orientational 2.2.3. Modelli developmental 2.2.4. Modelli adaptational 2.2.5. Modelli causal paths 3. La nozione di competenza comunicativa interculturale 4. Modelli significativi per la ricerca svolta 4.1. Il modello dinamico di sensibilità interculturale di Milton Bennet 4.1.1. Le fasi etnocentriche 4.1.2.Le fasi etnorelative 4.1.3.Interesse del modello per il presente lavoro 4.2. Il modello di Michael Byram 4.2.1. Concetti e sollecitazioni tratte dal modello di Byram 4.3. Il quadro concettuale di Denise Lussier 4.3.1. La struttura concettuale della ICC a. Intercultural cognitive competence b. Intercultural skills c. Existential competence 4.4. Conclusioni sulla nozione comunicativa interculturale di competenza interculturale/competenza 5. Il piacere della lettura e la motivazione 6. La costruzione dell’io scolastico 7. La costruzione dell’io sociale 7.1. I concetti di rappresentazione sociale e atteggiamento 8. La pluralità linguistica e culturale Capitolo 3. La ‘letteratura della migrazione’ in italiano per l’educazione interculturale: un approccio al testo con aperture pluridisciplinari……………105 1. La produzione letteraria ‘della migrazione’ tra questioni definitorie, marginalità e approcci critici 2. Criteri per la scelta di testi per percorsi didattici a finalità interculturale 3. Una griglia per un approccio al testo con aperture pluridisciplinari 4. Un esempio di approccio al testo Salsicce di Igiaba Scego Capitolo 4. Il disegno della ricerca e la metodologia d’indagine………………129 1. Finalità dell'indagine e domande di ricerca 2. I terreni d’indagine 2.1. Scuola 1, I.C. Tacchi venturi, San Severino Marche 2.2. Scuola 2, I.C. ‘Enrico Mestica’, Macerata 2.3. Scuola 3, Scuola Media ‘Marco Martello’, Petriolo 3. La ricerca-azione 3.1. La ricerca-azione in ambito educativo 4. Gli strumenti d’indagine 4.1.Il questionario iniziale 4.2. I.testi creativi 4.3. Il diario degli alunni 4.4. Il questionario finale 4.5. Le note di campo e il diario dell’insegnante-ricercatrice 5. Cronistoria della ricerca-azione 6. Criteri di selezione dei rispondenti 7. Analisi dei dati Capitolo 5. Analisi dei dati……………………………………………………………155 Evoluzione delle rappresentazioni sulla mobilità e la migrazione 1. Scuola 1 1.1. I testi creativi preliminari 1.1.1. Integrazione 1.1.2. Lingue e competenze linguistiche 1.2. I testi creativi redatti dopo la ua2 1.2.1. Comunicazione 1.2.2. Socializzazione 1.2.3. Emozioni 2. Scuola 2 2.1. I primi testi creativi 2.1.1. Integrazione 2.1.2. Lingue e competenze linguistiche 2.2.i testi creativi redatti dopo la ua2 2.2.1 comunicazione 2.2.2. Socializzazione 2.2.3. Emozioni 3. Conclusione Domanda di ricerca 2 4. Preindagine 5. Attività sul concetto di ‘cultura’ 6. Decentramento 7. Lingue e culture occultate Capitolo 6. Conclusioni…………………………………………………………………227 1 La ricerca condotta: punti di forza, punti di debolezza 1.1. Metodologia della ricerca 1.2. Approccio didattico 2. Proposte per un’educazione letteraria a finalità interculturale 3. Auspici e spunti per la ricerca a venire BIBLIOGRAFIA…………………………………………………………………………..245 ALLEGATI Introduzione La presente ricerca nasce da interessi professionali e scientifici radicati nella prassi dell'insegnamento dell'italiano nella scuola secondaria di I grado. In considerazione del mutamento sociale che, negli ultimi decenni, ha reso il pubblico scolastico sempre più plurale dal punto di vista linguistico e culturale e del fatto che l'italiano costituisce da tempo per molti apprendenti una lingua seconda, tenendo altresì conto della cultura della scuola italiana nella quale l'educazione letteraria ha un significativo radicamento, nell'ambito di questo studio si è definito un approccio al testo letterario mirante all'ibridazione delle metodologie didattiche nate dagli studi di matrice letteraria con concetti, strategie, approcci sviluppati nell'ambito della didattica delle lingue e culture straniere. Il percorso didattico qui definito, fondato sulla 'letteratura della migrazione' in italiano, va dunque a delineare un approccio al testo letterario che mutua e reinterpreta concetti e nozioni teoriche definiti in particolare nell’ambito delle teorie relative alla competenza comunicativa interculturale (Byram, 1997 e Lussier, 2007) e, attraverso la sollecitazione della riflessione e del decentramento (Bredella, 2000), ha come finalità globale lo sviluppo di una visione dinamica e non stereotipata dei soggetti che vivono la mobilità e la migrazione nonché delle questioni connesse all'integrazione e all'apprendimento linguistico nel paese di accoglienza, nella prospettiva di un’educazione che risponda alle esigenze di convivenza con la pluralità linguistica e culturale che caratterizzano i contesti sociali ed educativi contemporanei, a livello tanto locale quanto nazionale, europeo, globale. Attraverso una metodologia di ricerca-azione e per mezzo di strumenti e metodi di raccolta e analisi dei dati propri delle scienze sociali e delle scienze dell’educazione, ci si è proposti dunque una duplice finalità: da un lato, la sperimentazione, in due terreni d'indagine, di un percorso didattico fondato su testi della ‘letteratura della migrazione’, dall’altro, l’utilizzo dei dati raccolti in itinere per cogliere gli esiti delle attività svolte in relazione alle I rappresentazioni degli apprendenti sulle lingue e le culture e i soggetti e i gruppi sociali portatori di ‘diversità’ linguistica e culturale. Le domande d'indagine che hanno guidato il presente lavoro sono le seguenti: 1. Quali rappresentazioni sulle lingue e l’apprendimento linguistico nella mobilità e la migrazione emergono dai testi creativi redatti dagli alunni? E’ possibile rintracciare in scritti successivi un’evoluzione di tali rappresentazioni? 2. Quali tra le attività realizzate hanno contribuito maggiormente a rendere più articolate le rappresentazioni e le riflessioni sugli incontri e le relazioni sociali tra soggetti dalle appartenenze linguistiche e culturali plurali? Dagli esiti della ricerca empirica, è emersa da un lato una complessificazione delle rappresentazioni degli apprendenti sulla mobilità, la migrazione, i processi di integrazione, dall'altro la proficuità di attività miranti allo sviluppo di una 'sensibilità culturale' (Lussier, 2007), al decentramento e alla valorizzazione delle lingue-culture occultate in quanto minoritarie. Appare pertanto plausibile concludere che i processi di sintonizzazione affettiva innescati dalle attività svolte a partire dai testi letterari abbiano contribuito allo sviluppo di atteggiamenti empatici verso i personaggi dei racconti e con essi anche un incremento del grado di implicazione degli apprendenti in relazione alle lingue e all’apprendimento linguistico nella mobilità e nella migrazione. A seguito del confronto con i dati di terreno, è stato dunque possibile ridefinire e precisare i criteri precedentemente ipotizzati per la selezione dei testi letterari e sono stati evidenziati i punti di forza e di debolezza dello studio svolto, sia in relazione alla metodologia della ricerca che di quella didattica. Infine, si è avanzata la proposta di un percorso di formazione per gli insegnanti di italiano che preveda aperture verso una pluralità di discipline, quali le scienze del linguaggio (sociolinguistica, psicolinguistica, linguistica acquisizionale etc.) e le scienze antroposociali (etnografia, antropologia culturale, antropologia dell'educazione, sociologia delle migrazioni, sociologia dell'educazione, psicologia sociale etc.). Infatti, ciò che appare non più procrastinabile è l’apertura ad un'interdisciplinarità negli approcci didattici che apra le porte ad un pluriculturalismo diffuso e consideri l’appartenenza della 'nostra' cultura e della 'nostra' letteratura a un sistema più vasto, non II più o almeno non solo italo- o eurocentrico, ma transculturale (Lussier, 2007; Gnisci, Cipollari, 2012), ovvero che consideri la tradizione italiana come appartenente a una rete culturale ampia e in continua evoluzione. III Ringraziamenti IV Capitolo 1. Plurilinguismo, intercultura, educazione letteraria tra politiche europee e nazionali e prassi locali Nel presente capitolo si introdurranno i concetti di plurilinguismo e interculturalità secondo le definizioni emergenti dai documenti delle istituzioni europee e in particolare del Consiglio d'Europa. Si passerà quindi ad esaminare il contesto italiano in relazione alle politiche linguistiche ed educative con particolare attenzione per la normativa relativa alla scuola secondaria di I grado e ai documenti programmatici e alle direttive relative all'inserimento e all'integrazione scolastica degli alunni con cittadinanza non italiana. Si esaminerà infine il concetto di educazione letteraria nel contesto della tradizione culturale e scolastica nazionale. 1. L’educazione plurilingue e interculturale per la costruzione dell’identità europea e la coesione sociale In Europa, il discorso politico sull’intercultura (cfr. Leclerq 2002, cit. in Gobbo, 2009) inizia a strutturarsi a partire dal 1981, con il documento The education and cultural development of migrants (Project n. 7 du CDCC, 1981-1986), che promuoveva, come fondamento dell’impegno contro la discriminazione, il riconoscimento della differenza personale. Si tratta di un approccio associato alla situazione degli immigrati e va di pari passo con i primi studi condotti per la valutazione dei sistemi educativi (Project n. 7 du CDCC, 1981-1986, p. 3). Nei successivi trent’anni, il Consiglio d’Europa continuerà a esplorare il concetto di cultura e identità culturale e a ritenere la differenza un tratto fondante dell’individuo e un fattore fondamentale sia di crescita che di arricchimento tanto personali quanto collettivi. 1 In tale prospettiva, il fenomeno migratorio viene visto come lo spostamento di soggetti inculturati e non solo come trasferimento di mera forza lavoro. Sui movimenti di persone e i mutamenti demografici, si rileva che la tendenza sempre più marcata è quella a fermarsi stabilmente nei paesi di accoglienza, fatto che, nel passato, avrebbe sollecitato percorsi di assimilazione, mentre il documento sopra citato evidenzia come non ci si aspetti più che alla permanenza si accompagni un’assimilazione a livello sociale e culturale. Vi si ipotizza invece la formazione di una ‘cultura degli immigrati’, che riguarda nello specifico le nuove generazioni: si ritiene che “gli immigrati di seconda generazione, in particolare gli adolescenti, stiano elaborando, sotto i nostri occhi, una cultura nuova, che è loro e che non è più quella del paese d’origine” (Project n. 7, id., p. 33). Tale interpretazione è collegata a quanto affermato in un volume collettaneo della fine degli anni ’70 (Porcher, 1978), che definisce una prima riflessione pedagogica sulla questione giovanile in un contesto di immigrazione. Nella prospettiva odierna, si possono individuare in quell’elaborazione i valori e l’impegno sui problemi e gli attori sociali dei quali gli stessi pedagogisti torneranno poi ad occuparsi attraverso l’approccio interculturale. In quel lavoro infatti, la pedagogia affronta la questione socio-politica della disuguaglianza e lo fa rivendicando il diritto all’autodeterminazione e alla riappropriazione della ‘parola’. Alle radici, vanno peraltro collocati i movimenti che, nel decennio precedente, negli Stati Uniti avevano portato le minoranze a rivendicare autodeterminazione e controllo delle istituzioni in nome delle differenti identità culturali ed etniche, e la pedagogia di Paulo Freire che sosteneva che la ‘presa di parola’ degli oppressi costituisse la via per appropriarsi delle decisioni sulla vita e sul futuro. Sulla scia di tali precedenti, secondo i pedagogisti francesi le questioni riguardanti i problemi educativi costituiscono da un lato una scommessa educativa, dall’altro un banco di prova per la risoluzione di problemi più generali, e perciò se per un verso gli studiosi continuano a focalizzare l’attenzione sulle problematiche comuni ai giovani sia autoctoni che stranieri, per l’altro evidenziano come gli alunni e gli studenti stranieri non possano a rigore essere uguagliati ai loro coetanei ‘svantaggiati’, sottolineando la specificità delle questioni che li riguardano. La ‘parola’ è al centro sia di quella che viene chiamata la ‘pedagogia della liberazione’, sia della ‘pedagogia della differenza’, in quanto 2 la doppia appartenenza culturale e sociale [di questi giovani], il loro stato di squilibrio etnologico, conferiscono ad essi uno statuto ambiguo che, nel loro caso, si salda attraverso il silenzio e la rassegnazione. Che dire quando non c’è niente da dire, niente per dire, nessuno cui dire? Parlare è precisamente prendere la parola, conquistare un’identità rivendicando al tempo stesso una differenza e una uguaglianza. (Porcher, 1978, p. 9) Come osserva Gobbo, Parola’ è ciò che àncora il soggetto al gruppo e alla cultura di appartenenza, ‘parola’ è anche lo strumento per riappropriarsi della condizione di immigrato e progettarsi nel futuro. Da questo punto di vista, il significato del processo di scolarizzazione si amplia e si assegna una doppia finalità: preparare i figli degli immigrati a vivere nella società francese e collegarli alla loro società e cultura di origine. Il seme di una pedagogia interculturale era stato gettato: la scuola non aveva soltanto il compito di perseguire l’uguaglianza tenendo conto delle differenze, ma anche quello di prospettare un modello delle relazioni socio-culturali e politiche che prevedesse il riconoscimento dell’originaria appartenenza culturale e l’accogliesse come elemento legittimo della convivenza quotidiana. (Gobbo, id., p. 42). contempera componenti antropologiche e sociologiche, in quanto la cultura viene intesa non solo come tratto distintivo di gruppi etnici ma anche di diversi strati sociali (Blot, 1978, pp. 88-89) Il già citato documento del Consiglio d’Europa, facendo riferimento a differenza, cultura, appartenenza etnica, sottolinea come si tratti di dimensioni che non vanno considerate come fisse, infatti la cultura è definita “plurale, dinamica, in movimento e non irrigidita” (id., p. 3), e tale distinzione nasce dal considerare le differenze non solo a livello di contesti multiculturali (nei quali sono presenti gruppi maggioritari e minoritari), ma anche a livello intraculturale (differenze di classe sociale) e intergenerazionale (in quanto nelle giovani generazioni i processi assimilatori hanno lasciato permanere solo alcuni tratti della cultura d’origine della famiglia). Nel medesimo documento si problematizza la stabilità e la continuità di una società interculturale, dato che da un lato questa è considerata come un sistema in continua evoluzione, dall’altro si ritiene che possa dare origine a divisioni. Si pone dunque l’accento sulla capacità di apertura della comunità alla diversità e al pluralismo ai fini della coesione sociale. Inoltre, se da un lato le ‘culture degli immigrati’ evolvono nell’interazione con quelle degli autoctoni o degli altri gruppi di immigrati, dall’altro accade che, in certi casi, le particolari culture degli immigrati permangano o si rafforzino, in quanto si può essere 3 immigrato e di una specifica provenienza (algerina, portoghese etc.) e mantenere tale identità. Si specifica inoltre che, se da un lato è importante continuare a trasmettere, almeno in parte, le lingue e culture degli immigrati, dall’altro la società di accoglienza deve sviluppare una disposizione interculturale. A tali fini, il documento si propone di far conoscere le culture dei differenti gruppi di origine straniera residenti nel paese, menzionando peraltro anche le ragioni alla base delle migrazioni, che mostrano una preoccupazione per derive xenofobe e razziste. Fin dai primi documenti che si sono occupati di ‘intercultura’, dunque, è stata presente la preoccupazione del Consiglio d’Europa per la coesione sociale. Questa è rimasta una costante fino agli atti più recenti che si andranno ad esaminare. Negli anni successivi, mentre l’antropologia metteva in discussione il concetto di cultura e nell’ambito si era ben lontani dal raggiungimento di una definizione unanime, il Consiglio d’Europa paventava (Project n. 7 du CDCC, 1988, p. 6) il prevalere di un concetto ‘storico’, e per questo immobile, di cultura. Alla pedagogia interculturale, che si occupa di culture ‘in situazione’, ovvero nel contatto e non immaginate come ciascuna a sé stante, è stato affidato il compito di contribuire a evitare l’imporsi di una tale accezione del concetto (Gobbo, id., p. 44). Le nozioni di multilinguismo, plurilinguismo e interculturalità sono affrontate in una serie di documenti di istituzioni europee, in particolare del Consiglio d’Europa.1 Nell’ambito dei diritti umani il punto di riferimento fondamentale è la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo,2 sottoscritta a Roma nel 1950 dai Paesi membri del Consiglio d’Europa, che tra l’altro prevede il diritto di non essere discriminati in base alla razza, alla lingua, etc. 1 Il Consiglio d’Europa, cui aderiscono 47 Paesi, si pone come finalità la promozione di uno spazio democratico e politico comune nel continente europeo che garantisca il rispetto di principi fondamentali individuati nei diritti umani, nella democrazia e nello stato di diritto.Tra i documenti che tutelano tali principi, ricordiamo i seguenti: Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, 1992; Common European Framework of Reference for Languages: Learning, Teaching, Assessment, 2001; Dichiarazione di Faro sulla strategia del Consiglio d’Europa per lo sviluppo del dialogo interculturale, 2005; Guida per l’elaborazione delle politiche linguistiche educative in Europa, 2007. Numerose sono anche le pubblicazioni curate dalla Divisione Politiche Linguistiche del Consiglio, che ha come compito proprio la definizione e lo sviluppo di politiche volte all’insegnamento delle lingue: Adult migrant integration policies: principles and implementation, The linguistic and educational integration of children and adolescents from migrant backgrounds, 2010 etc. 2 D’ora in avanti, C.E.D.U. 4 Nell’ambito del principio democratico ha inoltre un posto di primo piano il perseguimento della coesione sociale (Consiglio d’Europa, 2008: 19).3 Fra i documenti che affrontano i temi relativi alle politiche linguistiche e culturali vanno ricordati in particolare, oltre alla C.E.D.U. (da cui i principi di non discriminazione e pari dignità), il Guide pour l'élaboration des politiques linguistiques éducatives en Europe. De la diversité linguistique à l'éducation plurilingue (2003), il Libro Bianco sul dialogo interculturale (2008), la Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curricoli per un’educazione plurilingue e interculturale (2010). Da essi emergono sia l’attenzione dedicata e l’importanza attribuita a questi temi, sia i principi cui il Consiglio d’Europa si ispira. Si prenderà qui come punto di riferimento il Libro Bianco sul dialogo interculturale, per esaminarne alcuni contenuti salienti. Il contesto di cui si prende atto è quello della profonda trasformazione della società europea e degli Stati nazionali tradizionali a seguito del fenomeno della globalizzazione che comporta un crescente ‘avvicinamento’ di popoli e culture (anche extraeuropei) a causa dello sviluppo dei mezzi di trasporto, dei mezzi di comunicazione a distanza e delle tecnologie. Conseguenza di ciò è un aumento crescente delle occasioni e della necessità di contatti, relazioni e scambi tra soggetti appartenenti a culture differenti, per ragioni economiche, culturali e turistiche e a seguito dei fenomeni migratori. In relazione a tale contesto, il Consiglio d’Europa, rifiutando i paradigmi assimilazionista e comunitarista (Dichiarazione di Opatija, 2003) in quanto ritenuti inadatti allo sviluppo della coesione sociale, promuove il dialogo interculturale e, con esso, l’educazione plurilingue e interculturale (Consiglio d’Europa, 2008). Gli argomenti a sostegno di tale indirizzo e i principi alla base di queste politiche si possono così sintetizzare: il pluralismo si basa sul riconoscimento e il rispetto autentici della diversità e della dinamica delle tradizioni culturali, delle identità etniche e culturali, delle convinzioni religiose, delle idee e concezioni artistiche, letterarie e socio-economiche e un’interazione armoniosa fra individui e gruppi con identità differenti è essenziale al fine della coesione sociale.(Consiglio d’Europa, 2008, ove si cita la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo n. 44158/98 del 17 febbraio 2004) 3 Cf. anche: <http://www.coe.int/aboutCoe/index.asp?page=nosObjectifs&l=en> 5 Oltre a costituire un dato oggettivo nel senso sopra detto, la diversità assume una valenza positiva sia nel senso della vitalità culturale, sia per il miglioramento delle prestazioni sociali ed economiche. Se ne considerano infatti le potenzialità ai fini della creatività e dell’innovazione mentre le ineguaglianze sono ritenute potenziali generatrici di conflitti costituenti una minaccia per il benessere sociale (id., p. 14). Gli elementi che devono fungere da base comune a queste diversità coincidono con gli obiettivi del Consiglio d’Europa: valori democratici, diritti umani fondamentali e Stato di diritto (id., p. 9). Il dialogo interculturale, definito come “scambio di vedute aperto e rispettoso fra persone e gruppi di origini e tradizioni etniche, culturali, religiose e linguistiche diverse, in uno spirito di comprensione e di rispetto reciproci” (id., p. 17) è ritenuto in grado di scongiurare visioni stereotipate di altre culture ed estremismi, nonché di contribuire all’integrazione in ambito politico, sociale, culturale ed economico. Esso ha innanzi tutto una finalità di conoscenza delle diverse ‘abitudini e visioni del mondo’ (ibid.), di sviluppo degli individui e di atteggiamenti improntati a tolleranza e rispetto. Se ne mette in luce il valore ai fini della gestione della ‘pluriappartenenza culturale’ in contesti multiculturali, in quanto “ strumento che permette di trovare sempre un nuovo equilibrio identitario, rispondendo alle nuove aperture o esperienze e aggiungendo all’identità nuove dimensioni, senza per questo allontanarsi dalle proprie radici” (id.: 19). Si sottolinea dunque la ‘porosità’ dell’identità contro gli ‘scogli delle politiche identitarie’ miranti a rendere invalicabili i confini tra le diverse appartenenze. Per lo sviluppo di una ‘cultura della diversità’, è necessario che i diritti delle minoranze siano salvaguardati attraverso la promozione di un equilibrio tra maggioranze e minoranze che eviti abusi di posizione dominante. A tal fine, si individua una serie di competenze necessarie per il dialogo interculturale che il Consiglio d’Europa indica e promuove come finalità delle politiche educative e linguistiche dei paesi membri. Di tali competenze, si sottolinea innanzi tutto la non automaticità e la necessità della loro acquisizione, pratica e sviluppo nel corso della vita. Come già sottolineato anche in documenti precedenti (Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006, 2006/962/CE), tra le competenze chiave sono annoverate quelle linguistiche. 6 Nel Libro bianco si evidenzia infatti come la diversità linguistica sia spesso un ostacolo alle conversazioni interculturali. Si ribadisce quindi il principio della salvaguardia delle lingue minoritarie, gia affermato nella già citata Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, e parallelamente la necessità che i membri delle minoranze apprendano la lingua maggioritaria ai fini di una piena cittadinanza. La Carta riconosce infatti il valore del multilinguismo e in essa si riafferma il principio secondo cui la salvaguardia delle lingue minoritarie non deve andare a scapito della conoscenza delle lingue ufficiali. All’apprendimento linguistico sono inoltre affidati la creazione di rappresentazioni non stereotipate dell’alterità, lo sviluppo di atteggiamenti di apertura e curiosità verso gli altri, la scoperta di nuove culture e l’apprezzamento e l’arricchimento derivanti da scambi con soggetti dalle identità sociali e culturali diverse. Come si è già visto, altri documenti, sia precedenti che successivi al Libro bianco per il dialogo interculturale hanno affrontato aspetti specifici in relazione all’apprendimento linguistico e alla promozione di politiche finalizzate allo sviluppo di sistemi educativi miranti a un’educazione plurilingue e pluriculturale. Essa parte dai repertori plurilingui e pluriculturali degli allievi, caratterizzati dalla pluralità linguistica e culturale delle società moderne. È una educazione linguistica globale che investe tutte le lingue presenti e insegnate nella scuola (lingua/e di scolarizzazione, lingue regionali o minoritarie, lingue della migrazione, lingue straniere e classiche) e tutte le aree disciplinari. La sua finalità è duplice: formare la persona e sviluppare la competenza plurilingue e interculturale. Questa competenza è la capacità di un locutore, inteso come attore sociale, di mobilizzare il proprio repertorio di risorse linguistiche e culturali in modo adeguato rispetto alle circostanze e agli interlocutori per comunicare ed interagire. È, al tempo stesso, la capacità di far evolvere questo repertorio. Quest’ultimo è composto da risorse proprie di ogni lingua e delle culture ad essa relative e da risorse trasversali, comuni a più lingue e culture (Beacco, Byram et al., Consiglio d’Europa, 2010; Cavalli, 2012); Tale approccio educativo mira dunque a integrare tutti gli insegnamenti linguistici, tradizionalmente separati in diversi sistemi scolastici, tra cui quello italiano. In tal senso essa costituisce un indirizzo che, sebbene in Italia abbia trovato formulazioni teoriche e applicazione fin dalla pubblicazione delle Dieci tesi per l’educazione linguistica democratica del Giscel (1975), non si è mai diffuso capillarmente. 7 Si tratta dunque di una rinnovata proposizione di concetti e indirizzi metodologici che, dal Consiglio d’Europa, giungono a sollecitare i sistemi educativi dei paesi membri alla costruzione di curricoli educativi e scolastici nei quali si può andare dal coordinamento dell’insegnamento delle lingue ad una vera e propria ricerca sistematica di coerenza ed economia fra i diversi insegnamenti delle lingue stesse all’attribuzione a tali insegnamenti della finalità esplicita dell’acquisizione di un’educazione plurilingue e interculturale all’utilizzo della lingua di scolarizzazione come base per ottenere questo tipo di educazione. Si tratta di interventi che lo stesso documento del Consiglio d’Europa circoscrive nell’ambito di cambiamenti che non stravolgano l’assetto dei sistemi scolastici e che siano realizzabili attraverso azioni mirate ad aspetti specifici. Come si vedrà, nella presente ricerca si tiene conto di tale indirizzo e ci si propone la definizione di un approccio didattico che, nell’ambito dell’insegnamento dell’italiano, promuova l’educazione plurilingue e interculturale. In riferimento agli alunni immigrati, si raccomandano misure che, oltre a evitare forme di isolamento (ad esempio attraverso percorsi speciali o classi distinte) e programmazioni ridotte, offrano a questo pubblico scolastico strumenti specifici (quali risorse umane, attrezzature, ore supplementari etc.) e docenti specificamente qualificati e formati. Come si vedrà, una proposta per la formazione professionale dei docenti verrà formulata a conclusione del presente lavoro. Di tali indicazioni si è recentemente tenuto conto, in Italia, nelle recentissime Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo (2012). 2. L’educazione linguistica nella scuola secondaria di I grado tra politiche linguistiche, Indicazioni nazionali ed autonomia scolastica Con l’espressione politica linguistica si fa riferimento, in senso ampio, “ad ogni iniziativa, decisione o atto avente rilevanza pubblica per mezzo dei quali le istituzioni esercitano un influsso sugli equilibri linguistici” (Orioles, 2010). In Italia si riscontra tradizionalmente la mancanza di politiche linguistiche organiche per ragioni connesse da un lato alla tardività della costituzione di uno Stato 8 nazionale, dall'altro alla mai superata difficoltà nella costruzione di un'identità nazionale solida. In ogni caso, nel XIX secolo l'identificazione tra lingua e nazione si afferma come uno dei tratti peculiari dell'appartenenza nazionale. Nel XIX secolo, il processo di unificazione linguistica viene incrementato attraverso i programmi scolastici dell'Italia unitaria (1867), la presa a modello di autori celebrati (Manzoni, De Amicis) e situazioni di fatto che mettono a contatto tra loro i nuovi italiani provenienti dalle diverse aree del territorio nazionale. Dopo la fase di politica linguistica autoritaria e dirigista del fascismo, che promuove un modello linguistico nazionalista e accentratore e la lotta alle lingue minoritarie, ai dialetti, alle parole straniere e ai regionalismi, dopo la Seconda Guerra mondiale la Costituzione del 1948 pone le basi per l'eguaglianza e la libertà di lingua (artt. 3 e 6) che legittimano le lingue delle minoranze, anche in considerazione del fatto che l’espressione linguistica è riconducibile alla libertà di manifestazione del pensiero (art. 21). Tuttavia nella Costituzione mancano, almeno a livello esplicito, sia la dichiarazione dell’italiano quale lingua ufficiale dello Stato, sia garanzie a protezione delle lingue delle minoranze. Solo con la legge 482/1999 verrà sancita, in armonia con i principi internazionali ed europei, l'apertura alla diversità linguistica e la tutela delle minoranze linguistiche, che non si estende tuttavia alle eteroglossie interne, alle minoranze diffuse né alle lingue dell'immigrazione, che hanno peraltro sempre maggiore rilevanza. In ogni caso la scuola, sede della trasmissione dei codici linguistici, nonostante le riforme che, dagli anni Sessanta in poi, modificano ordinamenti e programmi nella direzione di un superamento della disuguaglianza sociale, continua a trasmettere a lungo un modello di lingua tendenzialmente aulico e fondato sul testo letterario, almeno fino agli anni Ottanta, quando si assiste a un fenomeno di modernizzazione dei moduli espressivi affiancato da un orientamento semplificatorio e tendente a impoverire e allentare la disciplina nell'applicazione delle norme linguistiche. A partire dai nuovi programmi della Scuola media (1979) e della Scuola elementare (1985), si afferma poi una concezione della lingua che presta attenzione alle stratificazioni del sistema linguistico, prendendo in considerazione in maniera più attenta il plurilinguismo caratteristico della tradizione italiana. 9 Parallelamente, i metodi educativi tradizionali generano insoddisfazione e la riflessione teorica degli anni precedenti, culminata nelle Dieci tesi per l’educazione linguistica (1975, cf. De Mauro, Lodi, 1993), va a sostanziare la proposta di un’educazione linguistica che metta al centro dell’attenzione non la norma prescrittiva e l’imitazione di modelli formali ma la costruzione di una competenza consapevole, attraverso un approccio comunicativo e riflessivo (Costanzo, 2003). Si fa poi strada in misura crescente la consapevolezza dell’importanza della conoscenza delle lingue straniere e se ne avverte diffusamente la necessità. L'interesse si rivolge in particolare all’inglese quale lingua ‘universale’ specie nel settore economico, ma non solo: il fenomeno della globalizzazione in atto, con il moltiplicarsi degli scambi commerciali intercontinentali, l’inarrestabile progresso tecnologico, i crescenti flussi migratori costringono all’individuazione di lingue comunemente conosciute per la comprensione reciproca. Di fronte a tale fenomeno nasce l’esigenza di preservare le altre lingue, espressione dei diversi patrimoni culturali. Non si promuovono in Italia iniziative di difesa della lingua paragonabili a quelle messe in atto in Francia, tuttavia l'Accademia della Crusca ha avuto un ruolo nella salvaguardia della lingua nazionale contro il rischio di schiacciamento tra anglofonia da un lato e dialettofonia o pratica delle lingue minoritarie dall'altro. Per quanto concerne specificamente l'ambito scolastico, le politiche linguistiche nazionali lasciano spazio, nei limiti previsti dalla normativa vigente, all’autonomia organizzativa e didattica delle singole scuole (cf. Sangiuliano, 2011). Dopo vari disegni di legge e lunghi dibattiti la legge 59/97 (prima legge Bassanini) all’art. 21 introduce in maniera generalizzata l’autonomia scolastica, che sancisce, all'interno di una riorganizzazione dell'intero sistema formativo, l'autonomia organizzativa e didattica delle istituzioni scolastiche. Ciò significa che molte delle competenze relative alla gestione del servizio di istruzione prima spettanti all'amministrazione centrale e periferica sono ora affidate alle istituzioni scolastiche. I principi dell'autonomia organizzativa e didattica garantiscono ampi margini di iniziativa e gestione ai singoli istituti, fermo restando l'obbligo di osservanza di "livelli unitari e nazionali di fruizione del diritto allo studio" nonché di "elementi comuni all'intero sistema scolastico pubblico in materia di gestione e programmazione definiti dallo Stato" (comma 1). 10 Il regolamento dell’Autonomia scolastica (d.p.r. 275/99) specifica ulteriormente le caratteristiche dell’autonomia organizzativa e didattica, con riferimento al piano dell’offerta formativa e all'autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo. Le recentissime Indicazioni Nazionali per il Curricolo per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo (MIUR, 2012)4, fissano "gli obiettivi generali, gli obiettivi specifici di apprendimento e i relativi traguardi di competenze per ciascuna disciplina o campo di esperienza" per la scuola dell'infanzia e del primo ciclo d'istruzione, che comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di I grado. Su quest'ultima si focalizzerà la nostra attenzione in quanto ordine d'istruzione di interesse per il presente lavoro. Sulla base delle Indicazioni le scuole elaborano il proprio curricolo. Fin dall'introduzione del documento si mette in luce la relazione sempre più stretta tra le dimensioni locale e globale e si conferma il modello educativo interculturale finalizzato alla promozione dell'uguaglianza nel rispetto e nel riconoscimento delle differenze: L’orizzonte territoriale della scuola si allarga. Ogni specifico territorio possiede legami con le varie aree del mondo e con ciò stesso costituisce un microcosmo che su scala locale riproduce opportunità, interazioni, tensioni, convivenze globali. (…) Una molteplicità di culture e di lingue sono entrate nella scuola. L’intercultura è già oggi il modello che permette a tutti i bambini e ragazzi il riconoscimento reciproco e dell’identità di ciascuno. A centocinquanta anni dall’Unità, l’Italiano è diventata la lingua comune di chi nasce e cresce in Italia al di là della cittadinanza italiana o straniera. La scuola raccoglie con successo una sfida universale, di apertura verso il mondo, di pratica dell’uguaglianza nel riconoscimento delle differenze. L’obiettivo è quello di valorizzare l’unicità e la singolarità dell’identità culturale di ogni studente. (Indicazioni, p. 4) Si sottolinea inoltre che l'italiano è un codice appartenente non solo a coloro cui è riservato lo status di cittadini, ma anche ai soggetti di nazionalità non italiana che siano nati o cresciuti in Italia. Nel recepire la Raccomandazione del Parlamento europeo del 18 dicembre 2006 (2006/962/CE) sulle competenze chiave per l'apprendimento permanente, le Indicazioni sottolineano, tra gli obiettivi da raggiungere al termine del primo ciclo, la 4 D’ora in avanti, Indicazioni. Il documento, frutto di un lavoro di rielaborazione e integrazione delle Indicazioni precedenti, in vigore in via sperimentale fino al 21 agosto 2012, è stato recentemente adottato sotto forma di regolamento ministeriale (D.M. 16 novembre 2012). 11 centralità delle competenze linguistiche, che comprendono tanto la comunicazione nella madrelingua, quanto nelle lingue straniere: 5 La comunicazione nella madrelingua è la capacità di esprimere e interpretare concetti, pensieri, sentimenti, fatti e opinioni in forma sia orale sia scritta (comprensione orale, espressione orale, comprensione scritta ed espressione scritta) e di interagire adeguatamente e in modo creativo sul piano linguistico in un’intera gamma di contesti culturali e sociali, quali istruzione e formazione, lavoro, vita domestica e tempo libero. La comunicazione nelle lingue straniere condivide essenzialmente le principali abilità richieste per la comunicazione nella madrelingua. La comunicazione nelle lingue straniere richiede anche abilità quali la mediazione e la comprensione interculturale. Il livello di padronanza di un individuo varia inevitabilmente tra le quattro dimensioni (comprensione orale, espressione orale, comprensione scritta ed espressione scritta) e tra le diverse lingue e a seconda del suo retroterra sociale e culturale, del suo ambiente e delle sue esigenze ed interessi.(Indicazioni, id., p. 11) Si nota che la comprensione interculturale ricompare come aspetto specifico delle competenze comunicative nelle lingue straniere, dopo che, in precedenza, come si è visto, l'approccio interculturale era stato assunto come orizzonte educativo generale. L''intercultura' ha dunque una duplice declinazione: a livello globale, essa riguarda tutte le discipline, ma è solo quando si tratta di competenze nelle lingue straniere che assume un significato più specifico. Espressione dell’autonomia è la predisposizione del curricolo, inteso come sistema di organizzazione dei saperi. Esso è concepito come manifestazione della libertà d’insegnamento e dell’autonomia scolastica e deve essere coerente con il profilo dello studente al termine del primo ciclo di istruzione, con i traguardi per lo sviluppo delle competenze e gli obiettivi di apprendimento specifici per ogni disciplina fissati nelle Indicazioni. Le Indicazioni sottolineano al loro interno la rilevanza dell'integrazione fra le discipline e della loro potenziale aggregazione in aree, facendo riferimento al Regolamento dell’autonomia scolastica, che affida questo compito alle scelte delle istituzioni scolastiche (MIUR, 2012, p. 12). Il curricolo deve inoltre avere le caratteristiche di unitarietà e continuità tra i tre ordini dell'infanzia, della scuola primaria e della secondaria di I grado. 5 Le definizioni che seguono in corsivo sono tratte dalla Raccomandazione 18 dicembre 2006, cit. 12 In relazione a quest'ultima, le Indicazioni mettono in guardia rispetto a due rischi: sul piano culturale occorre evitare la frammentazione dei saperi, su quello didattico l'impostazione trasmissiva. Si enfatizza infatti una concezione delle discipline intese come 'chiavi interpretative' rispetto a problemi complessi piuttosto che come ambiti delimitati da confini rigidi. Si sottolinea dunque l'importanza del dialogo tra discipline e la necessità di prestare attenzione alle 'zone di confine' tra di esse. A loro volta, le competenze disciplinari vanno considerate funzionali allo sviluppo di competenze trasversali finalizzate tanto alla realizzazione personale quanto alla partecipazione alla vita sociale e alla convivenza civile. Notevole rilevanza è attribuita alle competenze per l'esercizio della cittadinanza attiva, le basi delle quali devono essere costruite proprio a livello secondario di I grado attraverso l'apporto di tutte le discipline. Si afferma che L’educazione alla cittadinanza viene promossa attraverso esperienze significative che consentano di apprendere il concreto prendersi cura di se stessi, degli altri e dell’ambiente e che favoriscano forme di cooperazione e di solidarietà. Questa fase del processo formativo è il terreno favorevole per lo sviluppo di un’adesione consapevole a valori condivisi e di atteggiamenti cooperativi e collaborativi che costituiscono la condizione per praticare la convivenza civile. Obiettivi irrinunciabili dell’educazione alla cittadinanza sono la costruzione del senso di legalità e lo sviluppo di un’etica della responsabilità, che si realizzano nel dovere di scegliere e agire in modo consapevole e che implicano l’impegno a elaborare idee e a promuovere azioni finalizzate al miglioramento continuo del proprio contesto di vita (…). (Indicazioni, id., p. 25) Particolare rilievo viene in quest'ambito attribuito al 'diritto alla parola': Parte integrante dei diritti costituzionali e di cittadinanza è il diritto alla parola (articolo 21) il cui esercizio dovrà essere prioritariamente tutelato ed incoraggiato in ogni contesto scolastico. È attraverso la parola infatti che si costruiscono significati condivisi e si opera per sanare le divergenze prima che sfocino in conflitti. (id., p. 26). Alla comunicazione viene attribuito dunque un ruolo essenziale nella prevenzione dei conflitti. Di conseguenza si sottolinea la centralità attribuita agli aspetti linguistici e in particolare alla lingua italiana, senza tuttavia trascurare la valorizzazione degli idiomi nativi e delle lingue comunitarie (ibid.). 13 Quanto all'ambiente di apprendimento, si sottolinea l'importanza della realizzazione di interventi che impediscano che le diversità si trasformino in disuguaglianze, e si rivolge particolare attenzione agli alunni 'con cittadinanza non italiana', che devono acquisire un adeguato livello di uso e controllo della lingua italiana per la comunicazione, l'apprendimento, la prosecuzione del proprio itinerario di istruzione (ibid.). In accordo con i principi dell'educazione linguistica, si pone l'accento sulla necessità di un coordinamento sia verticale, sia orizzontale tra gli insegnamenti, linguistici e non, e in relazione alle lingue si enfatizza la necessità dell'integrazione degli elementi di quelle straniere nel sistema della lingua madre, della lingua di scolarizzazione e di eventuali altre lingue appartenenti all'alunno. Si mette poi in risalto l'importanza della motivazione nell'apprendimento linguistico e si dà spazio a diverse metodologie atte a svilupparla. Infine si ribadisce l'affidamento alla didattica delle lingue straniere la riflessione sulle convenzioni in uso in una determinata comunità linguistica, su somiglianze e differenze tra lingue e culture diverse, ai fini dello sviluppo di una consapevolezza plurilingue e di una sensibilità interculturale. 3. La normativa sull’accoglienza degli alunni stranieri Ormai dall’inizio del consistente fenomeno immigratorio che ha interessato l’Italia a partire dalla fine degli anni ’80 il legislatore e il Ministero della Pubblica Istruzione hanno affrontato i problemi e le peculiarità legate alla presenza sul territorio di bambini e ragazzi stranieri. L’approccio è stato sin dall’origine di tipo ‘universalistico’, come dimostrato dalla circolare 8/9/89 n. 301 (Inserimento degli alunni stranieri nella scuola dell’obbligo. Promozione e coordinamento delle iniziative per l’esercizio del diritto allo studio) che ha previsto l’accesso generalizzato al sistema scolastico, oltre al principio dell’apprendimento dell’italiano senza trascurare la valorizzazione della lingua e cultura d’origine. L’anno successivo la C.M. 22/07/90 n. 205 (La scuola dell’obbligo e gli alunni stranieri. L’educazione interculturale) introduce il principio dell’interculturalità della scuola italiana prevedendo il coinvolgimento degli alunni italiani in un rapporto di 14 reciproco scambio ed arricchimento con gli alunni stranieri: dunque non un obiettivo di assimilazione dello straniero, ma di conservazione e valorizzazione delle specificità culturali da mettere in relazione fra loro; obiettivo valido a prescindere dalla presenza di alunni stranieri e volto tra l’altro alla prevenzione di forme di intolleranza e razzismo. Con la C.M. 2/3/94, n. 73 (Il dialogo interculturale e la convivenza democratica) l’indirizzo espresso con le circolari precedenti viene inquadrato nell’ambito della dimensione multiculturale europea ed il modello di insegnamento interculturale ivi diffuso e riconducibile ai documenti delle Istituzioni europee. Gli indirizzi già espressi dalle circolari citate vengono confermati nella legge sull’immigrazione (Legge 6/3/98, n. 40), che stabilisce che le scuole organizzino "per tutti gli alunni, progetti interculturali di ampliamento dell’offerta formativa, finalizzati alla valorizzazione delle differenze linguistico-culturali e alla promozione di iniziative di accoglienza e di scambio” (art. 36). I principi di universalismo, insegnamento dell’italiano come seconda lingua con mantenimento della lingua e della cultura d’origine ed effettività del diritto allo studio vengono ancora confermati dal testo unico sull’immigrazione (d.lgs. 25/7/98, n. 286) e specificati nel Regolamento attuativo del testo unico predetto (d.p.r. 31/8/99, n. 394), il quale tra l’altro consente l’iscrizione scolastica in ogni momento dell’anno, demanda al Collegio dei docenti la formazione delle classi evitando sezioni con la predominanza di stranieri (con l’obiettivo di evitare la separazione italiani-stranieri e classi-ghetto), stabilisce l’adattamento dei programmi di insegnamento in relazione ai livelli delle competenze individuali. Ulteriori circolari rilevanti per il tema trattato hanno previsto azioni di sostegno per i docenti e fondi aggiuntivi per le scuole a forte presenza di immigrati (C.M. 155/01), corsi e formazione specifica per i minori stranieri e le loro famiglie con l’obiettivo dell’effettività del diritto allo studio (C.M. 160/01), indicazioni riassuntive per l’inserimento di alunni stranieri (C.M. 24/06), particolare attenzione in sede di esami al termine del primo ciclo per gli alunni con criticità per l’inadeguata conoscenza dell’italiano (C. M. 28/07). Caratteristica della normativa italiana è la trattazione congiunta dell'educazione interculturale da un lato e dell'inserimento degli alunni stranieri dall'altro. Questo aspetto ha suscitato diverse critiche in quanto ha prodotto il rischio di confusione dell'educazione interculturale con forme di pedagogia compensatoria. 15 Tra i limiti della normativa sull'intercultura, sono stati rilevati da un lato la genericità (con numerosi richiami e auspici ma ridotte indicazioni su risorse, impegni a breve e medio termine e linee progettuali efficaci), dall'altro la tendenza a fotografare l'esistente più che a proporre una strategia capace di guidare le azioni (Favaro, 2007). Il documento La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri (2007), dell’Osservatorio Nazionale per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri, rifacendosi alla normativa indicata, alle azioni degli enti locali e alle migliori pratiche adottate nelle scuole ha esplicitato quattro principi e dieci linee d’azione in vista dell’obiettivo interculturale. Sarà utile in particolare esaminare i principi, che discendono direttamente dalla normativa internazionale e nazionale e si collocano alla base delle linee d’azione. Il primo è quello dell’universalismo. Esso viene ricavato dalla Convenzione ONU per i diritti dell’infanzia del 1989 e da fonti internazionali e nazionali successive (in particolare dell’Unione europea), oltre che dalla tradizione italiana nei confronti della diversità in ambito scolastico sin dagli anni ‘70. L’universalismo fa sì che i bambini siano titolari del diritto all’istruzione in quanto individui, a prescindere quindi dalla cittadinanza e significa che gli adulti hanno corrispettivamente un vero e proprio dovere di consentire l’accesso all’istruzione dei minori. Esso implica pari opportunità in materia di accesso, riuscita e orientamento scolastici. Il secondo principio è quello della scuola comune, secondo cui non è consentita la separazione degli alunni (per classi, sezioni, programmi, etc.) in base alla diversa provenienza culturale, linguistica, etc.; ciò non esclude tuttavia interventi mirati volti al superamento delle difficoltà specifiche e in chiave proprio di pari opportunità. Tale principio vale anche per la scuole paritarie, che devono consentire a chiunque l’iscrizione purché si sia in possesso dei requisiti d’accesso. Ulteriore principio è quello della centralità della persona, comunque nella sua relazione con gli altri: ciò significa rifiuto dell’omologazione e conservazione e valorizzazione delle specificità culturali di ognuno, nell’ambito tuttavia delle relazioni con gli altri piuttosto che dell’isolamento e della chiusura identitari. Il quarto principio è quello, strettamente legato al precedente, dell’intercultura: tutti, non solo gli immigrati, sono chiamati al confronto, allo scambio, alla conoscenza reciproci, con l’obiettivo del mutuo arricchimento, dell’apertura, dell’accettazione della diversità. 16 Il documento definisce quindi alcune linee di azione caratterizzanti il modello di integrazione interculturale italiano, sintetizzate in dieci punti: 1. Pratiche di accoglienza e di inserimento nella scuola 2. Italiano seconda lingua 3. Valorizzazione del plurilinguismo 4. Relazione con le famiglie straniere e orientamento 5. Relazioni a scuola e nel tempo extrascolastico 6. Interventi sulle discriminazioni e sui pregiudizi 7. Prospettive interculturali nei saperi e nelle competenze 8. L’autonomia e le reti tra istituzioni scolastiche, società civile e Territorio 9. Il ruolo dei dirigenti scolastici 10. Il ruolo dei docenti e del personale non docente Tra questi, ci soffermeremo ad esaminare alcuni nodi concettuali particolarmente rilevanti ai fini del presente lavoro. Il primo è la valorizzazione del plurilinguismo, considerata a due livelli: nella scuola, si raccomanda l'insegnamento delle lingue parlate dalle comunità immigrate più consistenti, del quale potranno usufruire tanto gli alunni di origine straniera quanto gli autoctoni; inoltre, si sostiene la valorizzazione del plurilinguismo attraverso l'attribuzione di visibilità alle lingue, ai loro alfabeti, ai prestiti linguistici etc. Si ribadisce inoltre che il plurilinguismo individuale è un diritto da tutelare ed esso è considerato uno strumento per la crescita cognitiva dai risvolti positivi anche sull'apprendimento della lingua italiana e delle altre lingue. Si suggerisce perciò l'organizzazione di attività finalizzate all'insegnamento delle lingue d'origine. L'educazione interculturale è considerata come un paradigma per l'intero sistemascuola e la cultura deve essere pensata non come un sistema immobile e chiuso secondo una concezione culturalista, bensì in una prospettiva personalista. Questa infatti valorizza le persone nella loro singolarità e nel modo irripetibile con cui vivono gli aspetti identitari, l’appartenenza, il percorso migratorio. La relazione interculturale opera il riconoscimento dell’alunno con la sua storia e la sua identità, evitando, tuttavia, ogni fissazione rigida di appartenenza culturale e ogni etichettamento. Formare in senso interculturale significa riconoscere l’altro nella sua diversità, senza tacerla, ma neanche creando “gabbie etnico/etno culturali”, esprimendo conferma e attivando canali di comunicazione senza riduzionismi. (id., p. 15) 17 La classe si configura dunque come uno spazio di mediazione tra le culture che riveste un ruolo essenziale per la socializzazione e nella quale occorre adottare strategie centrate sulle relazioni, che facilitino la costruzione identitaria di tutti gli alunni e la creazione e il consolidamento dei rapporti tra pari anche nello spazio extra-scolastico. Si sottolinea inoltre la pericolosità degli stereotipi e dei pregiudizi e la necessità di affrontare, all'interno dell'approccio interculturale, anche la xenofobia e le derive razziste, attraverso un'educazione alla diversità che comprenda due dimensioni: - cognitiva, attraverso la promozione della capacità di decentramento, senza tuttavia approdare ad un relativismo radicale; - affettiva e relazionale, attraverso 'il contatto, la condivisione di esperienze, il lavoro per scopi comuni, la cooperazione' (p. 17). Si evidenzia quindi la necessità di scegliere strategie miranti alla convergenza, ovvero alla ricerca di ciò che unisce i soggetti dalle diverse appartenenze culturali. Si evidenzia la necessità di affrontare i temi interculturali in una prospettiva trasversale e di 'lavorare sugli aspetti cognitivi e relazionali più che sui contenuti, evitando l’oggettivizzazione delle culture, l’essenzialismo, la loro decontestualizzazione, il rischio di folklorizzazione e di esotismo'(p. 17). Lo spazio privilegiato è identificato nella disciplina 'educazione alla cittadinanza', in conformità alle linee di indirizzo europee. Si ribadiscono infatti, come nei documenti europei, le finalità dell'uguaglianza tra gli alunni e della coesione sociale. Si ridefinisce infine il profili degli insegnanti nel senso della necessità di una loro formazione critica ed esperienziale, che contempli anche la necessità della consapevolezza e della gestione delle grandi questioni etiche connesse all'intercultura, tra relativismo e rischio di assimilazione. Tra le discipline da includere nel profilo dei docenti, vanno annoverate antropologia, pedagogia, psicologia e sociologia relative all'intercultura. Dopo il documento elaborato dal Ministero Fioroni, si sono susseguiti interventi sparsi e non sistematici miranti a disciplinare aspetti specifici dell'inserimento degli alunni di origine straniera nelle scuole italiane, che hanno mutato solo per alcuni aspetti il quadro globale che, come si è visto, è caratterizzato da notevoli differenze connesse alle diverse politiche degli enti locali e all'autonomia scolastica. In ogni caso, tra i provvedimenti di portata nazionale, vanno ricordati il D.P.R. 22 giugno 2009, n. 122 sulla valutazione, che stabilisce che "i minori con cittadinanza 18 non italiana presenti sul territorio nazionale, in quanto soggetti all’obbligo d’istruzione ai sensi dell’articolo 45 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, sono valutati nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani." (art. 9) Si stabilisce cioè il principio dell'uniformità della valutazione dei minori di cittadinanza non italiana con quella stabilita per gli autoctoni. Un provvedimento che ha suscitato particolare interesse e sollevato un dibattito dall'ampia eco mediatica è stato poi la C.M. n. 2, 8 gennaio 2010, che fissa un tetto del 30% per la presenza di alunni stranieri nelle classi, onde evitare la formazione di 'classi-ghetto', ma da cui traspare anche l'esigenza di rispondere alle preoccupazioni delle famiglie degli studenti autoctoni in merito al paventato declino del livello del servizio scolastico laddove si verifichi un'elevata concentrazione di alunni di origine straniera. Da tale direttiva traspare peraltro a nostro parere una considerazione degli alunni di origine straniera come elementi problematici per il sistema scolastico italiano. Altri provvedimenti hanno riguardato poi l'attribuzione di risorse specifiche per gli istituti collocati in aree a rischio, con forte processo immigratorio e contro la dispersione scolastica per l'anno scolastico (C.M. n. 67 del 29/07/2011). Va infine menzionata la normativa che regola lo svolgimento delle ore alternative all'Insegnamento della Religione Cattolica (I.R.C.), in quanto si tratta di una materia che, recentemente, è stata oggetto di attenzione con la nota del MEF n. 26482 del 7 marzo 2011, che ne ha chiarito diversi aspetti dettando istruzioni in relazione a questioni contrattuali e retributive per il personale scolastico coinvolto. La suddetta nota ricorda che l'insegnamento delle attività alternative costituisce "un servizio strutturale obbligatorio. Ciò significa che le scuole hanno l'obbligo di attivare attività in sostituzione delle ore di religione cattolica." Pertanto, sono state ritenute prive di liceità soluzioni frequentemente adottate negli istituti scolastici quali l'inserimento degli alunni che non si avvalgono dell'I.R.C. in altre classi o la semplice vigilanza da parte del personale non docente degli alunni. Da ciò si ricava che le attività da proporre devono consistere in attività didattiche, di formazione, di studio etc. da svolgere sotto la guida di docenti specificamente incaricati. Tale normativa appare rilevante nella nostra prospettiva in quanto, poiché gran parte degli alunni che non si avvalgono dell'I.R.C. sono di origine straniera, l'ora 'alternativa' all'I.R.C. costituisce uno spazio all'interno del quale possono essere 19 organizzate attività specifiche e che hanno inoltre il vantaggio di una gestione che riguarda gruppi generalmente ridotti, che consentono la strutturazione di lezioni mirate specificamente alle esigenze degli alunni coinvolti, tra le quali non di rado si annoverano attività di facilitazione linguistica. Si tratta in ogni caso di attività stabilite a livello di singola istituzione scolastica, dunque anche in questo caso si registra una notevole disomogeneità tra le linee d'indirizzo adottate dalle diverse scuole. In ogni caso, da studi che hanno esaminato il livello di integrazione degli alunni stranieri in Italia quali il rapporto MIPEX (Migrant Integration Policy Index), emerge che la situazione nel nostro paese in quest'ambito risulta critica, in quanto '"a parte i progetti della societa' civile, il sistema di istruzione italiano non sostiene attivamente nuove opportunita' e un'istruzione interculturale", infatti "l'istruzione di alunni immigrati e' un'area di debolezza per l'Italia".6 4. Pratiche didattiche e progetti per l’intercultura tra obiettivi, strumenti ed esiti. Fino all'anno 2000, l''idea' interculturale è stata al centro di normative, pronunce del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, corsi di formazione, documenti a diffusione nazionale, mentre negli anni successivi è prevalsa la scelta di usare l'espressione 'convivenza civile'. In ogni caso, gli interventi realizzati fino all'anno 2000 sono stati rivolti prevalentemente in due direzioni: da un lato sono stati mirati agli alunni di origine straniera, dall'altro hanno riguardato la conoscenza dei paesi d'origine. (Favaro, 2007, p. 29) Le iniziative delle scuole hanno inteso dare risposte ai bisogni linguistici degli alunni non italofoni, comunicare con le famiglie straniere, correggere gli obiettivi dell'insegnamento e adattare la programmazione e i contenuti disciplinari al nuovo pubblico scolastico. La scuola italiana si è distinta per atteggiamenti di responsabilità e varietà e ricchezza degli interventi, che non sono però sempre stati supportati da strumenti atti a verificare l'efficacia delle azioni e a stabilire quindi la bontà delle pratiche. 6 Cf. il sito <http://www.mipex.eu/> 20 Le azioni intraprese dalle scuole sono state spesso supportate dalla collaborazione degli enti locali, dell'associazionismo, del privato sociale. Il panorama degli interventi è in ogni caso molto vario, e a fianco di contesti locali nei quali da tempo sono attive politiche e azioni efficaci nel sostenere le scuole multiculturali e plurilingui, ve ne sono altri dove gli interventi sono rari e dalla qualità incerta. In assenza di un modello chiaro di integrazione, molte istituzioni scolastiche hanno 'navigato a vista', e ciò ha permesso da un lato di sperimentare strade innovative, dall'altro ha provocato però situazioni di disagio motivate da senso di solitudine e disorientamento, conflitti rispetto ai valori, casi - seppur sporadici - di discriminazioni motivate anche da componenti etniche, situazioni di disuguaglianza. Tra i nodi critici della situazione italiana, occorre rilevare soprattutto i seguenti aspetti: - l'abbandono degli studi e la dispersione riguardano un elevato numero di alunni stranieri ultraquattordicenni; - l'inserimento dei ragazzi di origine straniera si orienta spesso su classi inferiori rispetto all'età anagrafica, nonostante la normativa prescriva di tenere conto dell'età anagrafica come criterio privilegiato per determinare la classe di destinazione; - il divario nei risultati scolastici, che per i ragazzi di origine straniera sono inferiori alla media rispetto a quelli degli autoctoni; - la concentrazione dei ragazzi di origine straniera in percorsi scolastici più brevi nella scuola secondaria di secondo grado; Tali problematiche, riscontrate a livello nazionale, riguardano anche la regione Marche, come è stato rilevato in diversi studi (cf. Ruggeri, 2010, Lanutti, 2012). In genere, gli istituti scolastici necessitano di supporto per interventi relativi all'insegnamento dell'italiano L2, la comunicazione con le famiglie, la mediazione linguistico-culturale, la disponibilità di materiali e strumenti. Quanto alle modalità della collaborazione tra enti e scuole, esse assumono solitamente tre principali forme: - erogazione da parte dell'ente locale di fondi che la scuola gestisce direttamente; - integrazione delle risorse della scuola attraverso la messa a disposizione da parte dell'ente di operatori - quali facilitatori di italiano L2 e mediatori linguistico culturali - e materiali che fanno capo all'amministrazione locale. 21 - organizzazione diretta da parte dell'ente locale di interventi quali la realizzazione di centri di alfabetizzazione, laboratori interculturali, forme di sostegno e aiuto allo studio etc. Caratteristiche del contesto italiano sono la presenza dei mediatori linguistico-culturali e dei centri interculturali (Favaro, id., p. 26). Quanto all'integrazione degli alunni di origine straniera, le cause delle penalizzazioni sono dovute in gran parte a motivazioni di ordine linguistico legate a competenze inadeguate per ciò che concerne la lingua dello studio. Ciò richiede risposte professionali collegate alla necessità dell'insegnamento dell'italiano come L2 e alla gestione delle classi plurilingui. Si riscontra peraltro anche una notevole diversità nelle modalità di inserimento degli alunni di origine straniera, dovuta alle differenze nell'interpretazione delle linee di indirizzo connessa all'autonomia delle scuole, alle differenti politiche degli enti locali, alla situazione critica di contrazione delle risorse economiche. A livello locale, sono state intraprese negli anni passati alcune iniziative di grande interesse e ampio respiro come il progetto finalizzato alla revisione dei curricoli in prospettiva interculturale coordinato dalla Comunità Volontari per il Mondo (CVM). Il progetto prende avvio dalla considerazione che le discipline scolastiche sono caratterizzate da saperi frammentari basati sul principio della contrapposizione che mira a consolidare un pensiero definito dominativo e dell’esclusione, favorendo un approccio etnocentrico. 22 Il progetto educativo finalizzato alla revisione dei curriculi in chiave interculturale ha lo scopo di far emergere il ruolo essenziale della scuola nel costruire “soggetti protesi al dialogo interculturale” allo scopo di riconquistare la coscienza di specie. Il paradigma di riferimento di cui si avvale è il pensiero della complessità in contrasto con il riduzionismo meccanicistico e la visione del progresso scientifico in chiave evolutiva e migliorativa. Per raggiungere l'obiettivo succitato le discipline scolastiche devono essere rivisitate in una prospettiva antropologica che attivi la cultura del dialogo, lasciando spazio al pluralismo, alla relatività, alla laicità, al riconoscimento e alla valorizzazione delle diversità. Nell’attuazione del progetto sono coinvolti diversi soggetti, ognuno dei quali riveste un ruolo specifico che va dalla connessione tra antropologia ed impostazione epistemologica garantita dalla ricerca scientifica ed accademica all’integrazione tra queste e il mondo della scuola attraverso gli Enti di ricerca e di formazione, in particolar modo l’ANSAS e alcune ONG italiane, il cui compito è quello di trasmettere le conoscenze alle generazioni “designate a costruire l’identità del cittadino cosmopolita”. L’azione congiunta di tali soggetti, all’interno di un fitto tessuto di relazioni, crea un dinamismo circolare nel quale ognuno interagisce in base alla sua specificità, ma con la responsabilità di mantenere l’unità del progetto. All’interno di questo circuito un ruolo particolare è rivestito dalla scuola e, nello specifico, dagli insegnanti, i quali sono chiamati a realizzare gli esiti del progetto educativo nel contesto dell’aula attraverso l’utilizzo di strumenti quali la didattica, i saperi e la metodologia della ricerca-azione. Scopo della scuola è quello di documentare le buone pratiche, interagire con il territorio e gli enti locali e farsi promotrice del cambiamento per la costruzione di una nuova società interculturale. Il progetto pluriennale di educazione interculturale “Oltre l’Etnocentrismo” si è focalizzato su tre specifici ambiti: 1) analisi dei libri di testo utilizzati a scuola in chiave interculturale attraverso una ricerca-azione mirante ad accertare la presenza di stereotipi nei manuali, favorire la ricerca formativa dei docenti in chiave interculturale, fornire strumenti di riflessione ai curatori dei libri di testo e alle case editrici (cf. Portera, Cipollari, 2004); 23 2) revisione delle discipline in chiave interculturale da realizzarsi attraverso una serie di seminari a carattere nazionale e internazionale, finalizzati a sensibilizzare i docenti, i dirigenti e i ricercatori ad una revisione epistemologica delle materie di studio in chiave interculturale; 3) elaborazione di matrici curriculari e sperimentazione di moduli didattici nella scuola di base del primo ciclo con l’applicazione di metodologie congruenti. Questo processo inizia sulla base di una lettura approfondita di testi relativi sia agli scambi e alle contaminazioni storiche ed attuali fra le culture altre e quella occidentale, sia alle condizioni di soggetti migranti in transizione identitaria all’interno della società multiculturale, multietnica, multi-religiosa in via di costruzione. Il risultato è stato la trasformazione dei saperi della ricerca in saperi scolastici, attraverso la costruzione di repertori disciplinari e di un cataloghi curricolari per mezzo dei concetti utilizzati a scuola, per poi proporre un’ipotesi di matrice curriculare con la distribuzione dei concetti secondo gli anni d’insegnamentoapprendimento. Si tratta di una scansione operativa ancora in fieri e sottoposta a monitoraggio. Tappa fondamentale di questo cammino è stata la pubblicazione del volume collettaneo, Oltre l’Etnocentrismo, i saperi al di là dell’Occidente (2007) e, più recentemente e specificamente per l'italiano e l'educazione letteraria, del volume curato da Armando Gnisci e Giovanna Cipollari Una ricerca a prova d'aula : per una revisione transculturale del curricolo di italiano e di letteratura (2012). La ricerca-azione è in ogni caso ancora in fase di svolgimento attraverso la rete operativa che collega i docenti universitari ai formatori e agli insegnanti in servizio. Lo scopo finale è quello di definire un canone attraverso cui avviare le nuove generazioni alla cultura dell’ascolto, del dialogo e della corresponsabilità. Contemporaneamente i promotori del progetto ritengono opportuno intervenire su quattro aree specifiche: - prosecuzione della ricerca interculturale in ambito universitario, quale condizione prima per una didattica e per un cammino educativo; - formazione dei futuri insegnanti, ponendo l’approccio interculturale come elemento naturale e fondamentale del loro sapere e della loro preparazione; - curare percorsi di aggiornamento e di formazione permanente dei docenti in servizio con lo scopo di realizzare degli itinerari di ricerca; 24 - approfondire forme, implicazioni, opportunità e difficoltà della didattica interculturale, considerandone tutti gli elementi. Si tratta di un progetto, come si è detto, molto ampio e che non ha ancora prodotto esiti definitivi. In conclusione, occorre ribadire che la situazione italiana in merito all’accoglienza degli alunni stranieri, sia a livello legislativo che di pratiche didattiche interculturali, è stata ed è tuttora caratterizzata da frammentarietà. Infatti, se la legislazione per gli alunni ‘autoctoni’ e per gli ‘stranieri’ si è sviluppata a lungo su binari quasi paralleli mancando perciò di integrazione e organicità e lasciando passare l’idea che le iniziative per l’integrazione degli alunni di origine straniera non si iscrivessero nell’ordine ‘normalità’ ma dell’eccezionalità (Bettinelli, 2009), una parallela frammentazione è stata rilevata a proposito delle iniziative promosse non solo nelle diverse regioni, ma anche nei singoli istituti (Santerini, 2006). 25 5. L’educazione letteraria in Italia 5.1. Le fasi e gli orientamenti metodologico-didattici L’educazione letteraria è storicamente determinata e varia con la cultura di ogni epoca e la sua concezione della letteratura. Se ci concentriamo sugli ultimi due secoli e limitiamo il discorso alla teoria letteraria, alla metodologia e alla didattica della letteratura, ci accorgiamo che i mutamenti, dal Romanticismo a oggi, sono stati profondi e si possono riassumere in tre macro-fasi che corrispondono ad altrettanti orientamenti: per circa un secolo, da De Sanctis e Sainte-Beuve a Croce o a Freud al centro dell’interesse c’è stato l’autore, in una dimensione ora storica, ora psicologica. Dagli anni ’20 del Novecento e in particolare dal formalismo russo, l’attenzione si è invece spostata sul testo e ha prevalso l’esigenza di una sua descrizione oggettiva. Questo orientamento tecnico-scientifico è penetrato nella didattica in Italia a partire dagli anni ’70. Successivamente si è affermata invece la centralità del lettore e l’interesse si è rivolto all’ermeneutica, di modo che la critica è diventata arte dell’interpretazione. In realtà, in ogni epoca queste tre tendenze hanno convissuto, ma è pur vero che l’egemonia culturale è appartenuta ora all’una, ora all’altra (Luperini, 2005). Quanto all’approccio metodologico-didattico prevalente negli istituti superiori italiani, non ci sono dati certi (Colombo, 2005:… ), ma quello che ha lasciato un’impronta più duratura sembra lo strutturalista-semiotico, innestato su un impianto storicocronologico. L’approccio ermeneutico è invece sposato da alcuni manuali apprezzati e diffusi, ma la distinzione, negli apparati didattici, tra analisi e interpretazione, fondamentale in questa prospettiva, non è sempre chiara. In ogni caso, sia la metodologia che la didattica appaiono per lo più improntate a un certo ‘pluralismo’ (Ceserani, 2003: …) di approcci. Nel paragrafo successivo si ripercorreranno brevemente le principali fasi e i rispettivi cardini teorico-metodologici.7 7 Cf. Werther Romani, “L’insegnamento della lingua e della letteratura italiana tra Settecento e Novecento”, in Educazione linguistica educazione letteraria, Milano: Francoangeli, 2005, pp. 46-47. 26 5.2. Un breve excursus storico Nelle scuole italiane, almeno fino alla metà del Settecento non si insegnava l’italiano ma il latino. Nella scuola pre-unitaria, gli ‘autori’ erano modelli polivalenti, sia di lingua e di stile, che di ‘ben pensare’. Nella prima metà dell’Ottocento è molto forte l’impronta del purismo, che prende come punti di riferimento imprescindibili gli autori del Trecento e del Cinquecento, e gli strumenti didattici sono di due tipi: il manuale precettistico e l’antologia. Della scuola purista del Puoti ci ha lasciato testimonianza De Sanctis, il quale arriva alla scoperta dell’autonomia e storicità dell’arte, su cui Croce costruirà la sua estetica, con conseguenze estremamente importanti per la didattica della lingua e della letteratura italiane. Con la legge Casati, lo studio della lingua e letteratura italiana diventa sempre più importante in tutte le scuole del Regno d’Italia. Entra in crisi il purismo, sebbene resti ancora valido il principio che la lingua si impari per imitazione di autori-modello. Intanto, il ruolo educativo-patriottico della letteratura si rafforza. Nella scuola secondaria (corrispondente a scuola media e biennio odierni) si fronteggiano due tendenze, che si contendono il mercato dei libri di testo: - i classicisti, fedeli soprattutto agli autori tre-cinquecentisti; - i modernisti, che propugnano una formazione linguistico-letteraria fondata sugli autori contemporanei. Il principio dell’imitazione resta però valido e il modello è ora il Manzoni dei Promessi Sposi. Nei licei, invece, i manuali di letteratura sostituiscono i trattati di retorica e precettistica letteraria. Tali manuali sono storie e antologie letterarie compilate da alcuni dei principali esponenti della scuola storica. La Storia di De Sanctis non ha invece fortuna nelle scuole, a causa del forte anticipo sui tempi. In questa fase, l’insegnamento della letteratura, che è in realtà storia della letteratura, viene fatto con un approccio enciclopedico e manualistico, la finalità è la trasmissione dei valori nazionali che l’insegnante, per dirla con Adriano Colombo, 27 come una sorta di ‘Vestale’ deve difendere e trasmettere, mentre i testi sono relegati ‘in contumacia’.8 Intanto, nel 1902, Croce pubblicava la sua Estetica e, nel 1903, usciva il primo fascicolo della “Critica”, dalle quali vengono poste le basi di una nuova e secondo Romani (2005:49) perniciosa fase dell’educazione linguistica e letteraria in Italia. Alla pubblicazione dell’Idioma Gentile di De Amicis (1905) Croce intervenne infatti per demolire sia ogni purismo, sia i fondamenti teorici e pratici dell’insegnamento letterario tradizionale, ovvero grammatica, retorica, generi letterari e soprattutto il principio d’imitazione. Nell’arco di 15-20 anni, la scuola diventò tutta crociana, restando poi tale per più di mezzo secolo, con conseguenze, sul piano didattico, molto forti. Infatti l’analisi estetica si riduceva all’individuazione di ciò che era ‘poesia’ o ‘non poesia’, e il componimento scolastico per eccellenza era il ‘tema’ tradizionale che tante discussioni e critiche ha attirato in tempi più recenti e fino ai giorni nostri.9 In ogni caso, l’impostazione storico-letteraria convive con la centralità riservata all’autore dal pensiero crociano fino a metà anni Settanta circa. Le prime critiche arrivano appunto nella prima metà degli anni Settanta da studiosi di orientamento marxista, che attaccano l’”ideologia letteraria”, sebbene nei fatti avanzino proposte che non stravolgono l’impianto storicista dell’insegnamento della letteratura, riservando se mai maggiore spazio alla conoscenza storico-sociale (secondo la lezione di Gramsci), e alla storia dei gruppi intellettuali (Asor Rosa, 1972, cit. in Colombo, id.: 52). Il limite di questo approccio, secondo Colombo (2005: 52), è il non aver dato risposta alla domanda su quale fosse la specificità della letteratura, ovvero la natura dell’oggetto dell’insegnamento. 8 9 Cf. Colombo, cit. Cf. W. Romani, cit.:“La caduta, almeno teorica, del principio di imitazione, aveva sì liberato la letteratura dal suo ruolo ancillare rispetto all’educazione linguistica, ma aveva anche creato il vuoto intorno allo scrivere” (p. 50). Solo a partire dalla fine degli anni ’60 si capì che quel tipo di testo (come si direbbe oggi) andava cambiato. 28 In ogni caso, tale prospettiva è stata travolta dalla crisi dello storicismo e dall’avanzare delle posizioni strutturaliste e semiotiche. Dalla seconda metà degli anni Settanta, si è fatta strada un’idea del testo come “oggetto linguistico da smontare, da decodificare, da collocare nella pluralità e ‘differenza’ dei vari codici in cui si organizza la comunicazione linguistica di una società” (Ossola 1976: 114). Si incontrano l’idea di Jacobson della ‘poeticità’ o ‘letterarietà’ come caratteristica intrinseca alla struttura linguistica di certi testi, e quella lotmaniana dell’esistenza di un ‘codice letterario’ accanto agli altri codici che costituiscono una cultura. L’analisi letteraria ha un doppio valore educativo: da un lato è un caso di analisi scientifica, dall’altro consente l’accesso a uno dei ‘codici’ e a ‘pratiche testuali’ tra le più importanti nella formazione umana e civile. La funzione dell’educazione letteraria diventa quella di dare la capacità di gestire autonomamente la decodificazione di messaggi, sia di tipo letterario che di altro tipo. Quest’approccio ha il pregio di rendere i testi meno ‘sublimi’ e inaccessibili agli occhi dello studente, nonché di ridimensionare la ‘contumacia’ della lettura. Nella scuola, ha portato alla diffusione dei metodi di analisi sviluppati dalla teoria della letteratura negli anni Sessanta, come la nuova retorica e le categorie narratologiche, e ha condotto al recupero di approcci più tradizionali quali l’analisi metrica e la retorica letteraria tradizionale, espulsi a seguito dell’egemonia crociana. Tuttavia, alcuni eccessi analitici e l’abuso di tecnicismi hanno suscitato varie critiche (Enzensberger, 1978; in tempi più recenti, Pennac, 1993, cit. in Colombo, id.) fondate su argomentazioni di notevole rilievo che tuttavia non hanno portato ad avanzare proposte didattiche alternative valide. Un problema più pregnante è quello della funzione svolta dalla storia letteraria nella nostra scuola come storia della cultura. Si è tentato così di fondere l’esigenza di storicità senza abbracciare lo storicismo, ma questo ha portato alla dilatazione dei manuali. Intorno al 1985 viene meno l’egemonia strutturalista-semiotica, soprattutto a causa delle critiche alla risposta (per molti insufficiente) che può venire da un simile approccio alle esigenze degli studenti. Il lettore è posto dunque al centro dell’interesse e Ceserani parla di ‘educazione dell’immaginario’ (Ceserani, 1984). 29 Il fondamento teorico è la prospettiva ermeneutica (che Vattimo negli stessi anni indica come nuova ‘koiné’ culturale che subentra a quella strutturalista), e la teoria della ricezione elaborata dalla scuola di Costanza. Del testo si cerca non solo il significato ‘in sé’ (ovvero per l’autore e per il suo tempo), ma anche quello che ha per il lettore. Questo non lascia spazio a interpretazioni del tutto arbitrarie come in certe frange del decostruzionismo, ma va nella direzione di un dialogo, di una ‘fusione di orizzonti’, per dirla con Gadamer (Armellini, 1987: 84). L’interpretazione attualizzante avviene all’interno della classe intesa come ‘comunità interpretante’ (Armellini, 1987: 62; Fish, cit. in Ceserani, 2003: 52). L’insegnante assume il ruolo di animatore e guida del confronto tra le interpretazioni, e Luperini ha sottolineato più volte la valenza di questa impostazione nel senso del rispetto delle argomentazioni altrui, e dunque in direzione di un’educazione democratica. 5.3. Educazione linguistica-educazione letteraria nella scuola secondaria di secondo grado Una questione interessante riguarda il rapporto tra educazione linguistica ed educazione letteraria nella scuola secondaria di secondo grado: da parte dei linguisti si è sostenuta la necessità di correggere l’egemonia della letteratura sulla lingua nel triennio, ma ciò non significa negare il contributo della letteratura all’educazione linguistica, anzi dalla lettura dei testi letterari si arricchisce anche la lingua (cf. Lavinio, 1979; Bertinetto e Marazzini, 1982: 41 cit. in Colombo, id.: ). Un altro approccio sottolinea il rapporto tra storia della letteratura e storia della lingua indicando il valore formativo di un approccio filologico ai testi (Marazzini, 1982: 67). Invece diversi critici letterari (Ceserani, Ferroni, Asor Rosa), hanno mostrato perplessità e diffidenza verso l’egemonia linguistica assunta a loro parere negli studi letterari nel periodo aureo della prospettiva strutturalista e semiotica (cf. Colombo, 2005: 58-59). Tuttavia lo stesso Colombo ha replicato che il ‘panlinguismo’ dello strutturalismo ha finito per esercitarsi, in Italia, prevalentemente sulla letteratura rafforzandone così la tradizionale egemonia. In ogni caso, il richiamo al legame della letteratura non solo con la lingua ma anche con l’immaginario collettivo e individuale resta significativo, e ha portato a proposte 30 didattiche nel senso dell’associazione della letteratura ad altre espressioni artistiche, quali le arti figurative, la musica, il cinema, il teatro etc. Tuttavia anche in questo caso non sono state formulate proposte organiche che tenessero conto dei tempi a disposizione nel triennio per articolare efficacemente e armonicamente educazione linguistica ed educazione letteraria. Il problema riguarda non la scuola di base, ma la secondaria, dove la letteratura acquista via via maggiore specificità rispetto alla lingua. 5.4. L’‘Educazione letteraria’ nella scuola secondaria di primo grado Se il rapporto tra educazione linguistica (El) ed educazione letteraria (Elett) ha suscitato riflessioni e interrogativi e, talvolta, anche preoccupazioni collegate alla sua declinazione nei documenti ministeriali (che si sono susseguiti, nell’ultimo decennio, con indicazioni talvolta di segno opposto 10 ) appare evidente che quella tra El ed Elett è di una relazione complessa e non ancora definitivamente risolta. Tale problematicità resta infatti, nonostante l’influenza delle Dieci Tesi sui programmi scolastici e anche se l’articolazione dei curricoli della scuola di base mostra oggi chiare indicazioni nel senso di una progressiva differenziazione tra le due educazioni, da raggiungere tuttavia pienamente solo nel triennio della scuola secondaria di secondo grado dove, come si è visto, l’educazione letteraria diventa preminente. Data la sua recente approvazione e pubblicazione, analizzeremo alcuni aspetti del Regolamento ministeriale per il primo ciclo di istruzione, ovvero le Indicazioni nazionali per le scuole dell’infanzia e del primo ciclo, nel quale l’educazione letteraria appare subordinata all’educazione linguistica e alla formazione globale della persona.11 10 Per un’analisi dell’educazione letteraria a partire dalle Dieci Tesi del Giscel (1975) fino al Decreto legislativo n. 59 del 19 febbraio 2004 (Piani personalizzati), cf. Castellino e Sgroi (2005). In relazione al decreto del 2004, si esprimono forti preoccupazioni a causa del fatto che l’etichetta ‘Educazione linguistica’ dopo aver caratterizzato tutti i programmi successivi alle Dieci Tesi, è scomparsa, mentre molta enfasi viene data alla dimensione letteraria. 11 Il documento si pone dunque sulla strada tracciata dalle Dieci Tesi: “si incontra la necessità di addestrare alla conoscenza e all’uso di modi istituzionalizzati d’uso della lingua comune (linguaggio giuridico, linguaggi letterari e poetici, ecc.)” (Giscel, id., p. 90), dove “il fenomeno letterario… si 31 Infatti, come si vedrà analizzando da vicino alcune parti del documento, nella sezione dedicata alla disciplina Italiano, lo sviluppo del gusto della lettura e il piacere estetico, così come l’approdo a una ‘prima educazione letteraria’ sono menzionati solo a latere, mentre la focalizzazione è sulle attività dell’educazione linguistica. Il testo avrebbe dovuto armonizzare le Indicazioni precedenti legate alla 'Riforma' del Ministero Moratti (Gruppo di lavoro diretto da Giuseppe Bertagna, d.lgs 59/2004) e le Indicazioni per il curriculo del Ministero Fioroni (Gruppo di lavoro diretto da Luigi Ceruti, D.M. 31 luglio 2007), nonché i diversi provvedimenti che rientrano nella cosiddetta ‘Riforma Gelmini’ e le connesse norme sul dimensionamento scolastico. Non essendo però le due diverse Indicazioni armonizzabili, durante il Ministero Profumo si è assunto come punto di riferimento il testo del 2007, sia per motivazioni di ordine giuridico, sia per un'accoglienza più favorevole da parte delle scuole (come evidenziato dal monitoraggio Miur-Ansas dell’inverno 2011-2012).12 Tra le motivazioni della riscrittura delle Indicazioni, si annovera da un lato la necessità di tenere conto delle criticità emerse durante la fase di attuazione sperimentale, dall’altro la considerazione di elementi nuovi nel quadro culturale, pedagogico, istituzionale della scuola italiana e dei documenti di indirizzo europei più recenti.13 Nell’esaminare più da vicino come si configura nel documento la nozione di ‘educazione letteraria’ in rapporto a quella linguistica, si nota che, dopo l'introduzione, la sezione Italiano comprende, tra gli altri, i seguenti paragrafi: Oralità, configura… come un problema interno al più generale fenomeno linguistico” (Castellino, Sgroi, id., p. 360). 12 Per un’analisi delle variazioni apportate rispetto al testo del 2007, cf. Giscel Sicilia, “Testi a confronto. Le Indicazioni nazionali per il curricolo dal 2007 al 2012”, <http://www.giscel.org/NotCommPrimoCicloSicilia.htm#_ftn1>. 13 Come sottolinea Giancarlo Cerini, “va ricordato che i riferimenti europei più recenti risalgono al 2008 (adozione del quadro delle qualifiche europee, EQF), mentre è del 2010 il documento di orientamento sull’apprendimento in contesti plurilingue e interculturali. L’adozione del quadro delle competenze chiave di cittadinanza è avvenuta invece nel 2006, ma di essa c’era scarsa traccia nel testo delle Indicazioni/2007 (a differenza delle Linee guida per il biennio, DM 22-8-2007, n. 139). Un più forte richiamo all’Europa, visibile nel profilo formativo del 14enne (inserito ex-novo nel nuovo testo), potrebbe favorire un miglior raccordo 'lungo' tutto l’asse dell’obbligo decennale di istruzione.” (Cf. G. Cerini, 2012). 32 Lettura, Scrittura, Acquisizione ed espansione del lessico ricettivo e produttivo, Elementi di grammatica esplicita e riflessione sugli usi della lingua e si conclude con i Traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola primaria e al termine della secondaria di primo grado e con gli Obiettivi di apprendimento che per la scuola secondaria corrispondono a quelli previsti per la classe terza. Nel paragrafo introduttivo sono enunciate le finalità da perseguire attraverso la disciplina Italiano, e in particolare si sottolinea la necessità delle competenze linguistiche per la crescita della persona, l’esercizio pieno della cittadinanza, l’accesso critico a tutti gli ambiti culturali, il successo scolastico. Inoltre, l’apprendimento della lingua si configura come un obiettivo proprio non solo dell’insegnante di italiano ma di tutti i docenti. Viene inoltre preso in considerazione lo ‘spazio antropologico’, caratterizzato da dialettofonia, lingue minoritarie, lingue di tutto il mondo, italiano parlato e scritto con livelli diversi di padronanza e marcate varianti regionali. Si sottolinea dunque come ciò faccia sì che per molti ragazzi l’italiano rappresenti una seconda lingua e si evidenzia come l’apprendimento debba avvenire a partire da competenze linguistiche e comunicative maturate nell’idioma nativo. Come finalità globale, il primo ciclo si propone l’acquisizione degli strumenti per un’alfabetizzazione funzionale: ampliare il patrimonio orale e imparare a leggere e scrivere correttamente e con crescente arricchimento del patrimonio lessicale. Ma il paragrafo che presenta per noi i maggiori motivi di interesse è quello sulla Lettura, al centro del quale si trova il ‘piacere della lettura’ come ‘premessa a una prima educazione letteraria’. La pratica della lettura è proposta sia come occasione di socializzazione e di discussione, sia come opportunità di ricerca autonoma per favorire la concentrazione e la riflessione critica, particolarmente utili alla maturazione dell’allievo. Inoltre, il piacere della lettura è considerato un fine essenziale: La nascita del gusto per la lettura produce aumento di attenzione e curiosità, sviluppa la fantasia e il piacere della ricerca in proprio, fa incontrare i racconti e le storie di ogni civiltà e tempo, avvicina all’altro e al diverso da sé. Tutte queste esperienze sono componenti imprescindibili per il raggiungimento di una solida competenza nella lettura e per lo sviluppo di ogni futura conoscenza. (Indicazioni, id., p. 28) 33 La lettura va dunque intesa in senso strumentale e si sottolinea la necessità di affrontare testi di vario tipo e forma, senza tralasciare la pratica della lettura personale e dell’ascolto. In questa prospettiva, l’insegnante deve far superare gli ostacoli alla comprensione, siano essi di ordine lessicale e sintattico oppure relativi alla strutturazione logicoconcettuale. Si ritiene poi che la consuetudine con i libri ponga le basi per la lettura personale praticata successivamente lungo tutto l'arco della vita: La lettura connessa con lo studio e l’apprendimento e la lettura più spontanea, legata ad aspetti estetici o emotivi, vanno parimenti praticate in quanto rispondono a bisogni presenti nella persona. In questa prospettiva ruolo primario assume il leggere per soddisfare il piacere estetico dell’incontro con il testo letterario e il gusto intellettuale della ricerca di risposte a domande di senso, come premessa ad una prima educazione letteraria, che non si esaurisce certo nel primo ciclo di istruzione. (Indicazioni, id., p. 29) Se poi si passa all'esame dei Traguardi si nota che essi includono, oltre alla lettura di testi letterari di vario tipo, anche l’inizio della costruzione di un’interpretazione in collaborazione con compagni e insegnanti (parole che riecheggiano le definizioni teoriche dell’approccio ermeneutico al testo letterario). Per quanto concerne la scrittura, si propone invece l’assunzione di modelli testuali come base per le produzioni degli alunni. La pratica della scrittura deve rispondere a bisogni comunicativi e va inserita in contesti motivanti. Inoltre, l’insegnante deve lavorare con gli alunni sulle fasi necessarie per la scrittura di un testo. I testi sui quali occorre far esercitare gli alunni sono quelli per lo studio (schema, riassunto, esposizione di argomenti, relazione di attività e progetti svolti nelle varie discipline), funzionali (istruzioni, questionari), narrativi, espositivi, argomentativi: l’insegnante di italiano fornisce le indicazioni essenziali per la produzione di testi per lo studio (ad esempio schema, riassunto, esposizione di argomenti, relazione di attività e progetti svolti nelle varie discipline), funzionali (ad esempio istruzioni, questionari), narrativi, espositivi ed argomentativi’ che ‘possono muovere da esperienze concrete, da conoscenze condivise, da scopi reali, evitando trattazioni generiche e luoghi comuni. (Indicazioni, ibid.) 34 Attraverso la produzione di testi fantastici si sottolinea poi la sperimentazione da parte dell’allievo delle potenzialità espressive della lingua italiana e l'apprendimento degli intrecci tra lingua scritta e altri linguaggi. Alla fine del primo ciclo l’allievo dovrebbe essere in grado di produrre testi di diversa tipologia e forma, dotati di coesione e coerenza, adeguati all’intenzione comunicativa e al destinatario, curati anche negli aspetti formali. Infine, se prendiamo in considerazione i Traguardi da raggiungere alla fine della terza media, troviamo che l’alunno "legge testi letterari di vario tipo (narrativi, poetici, teatrali) e comincia a costruirne un’interpretazione, collaborando con compagni e insegnanti” e che “scrive correttamente testi di diverso tipo (narrativo, descrittivo, espositivo, regolativo, argomentativo) adeguati a situazione, argomento, scopo, destinatario.” (Indicazioni, id.: 34). In conclusione, si può parlare di educazione letteraria per il primo ciclo? Questa espressione indica evidentemente un’educazione alla ‘letterarietà’, alla specificità del testo letterario, che nella scuola di base non è centrale, perché più rilevante è il rafforzamento delle competenze linguistiche e la crescita, individuale e sociale, dell’allievo: le istanze letterarie sono secondarie rispetto a quelle linguistiche e pedagogiche. Eppure esse sono perseguite attraverso testi di vario tipo, anche letterari, che vengono utilizzati sia per sviluppare il piacere della lettura, sia per il consolidamento delle competenze linguistiche e l’educazione dell’alunno. Nel nostro caso, per l’educazione alla convivenza e interculturale. Dunque, nel presente lavoro si parlerà di ‘educazione letteraria’ precisando che con tale espressione ci si riferisce all’utilizzo dei testi letterari a fini pedagogici nella scuola secondaria di I grado. 35 36 Capitolo 2. Quadro teorico di riferimento Nel presente capitolo si espliciteranno le definizioni di nozioni e concetti di riferimento significativi per la contestualizzazione teorica del presente lavoro. Essi appartengono agli ambiti delle discipline psico-pedagogiche, della didattica delle lingue e culture e delle discipline socio-antropologiche e costituiscono il ‘retroterra’ dell’approccio al testo definito nel successivo capitolo 3. 1. La nozione di competenza nelle scienze dell’educazione e nella didattica delle lingue La nozione di ‘competenza’, nata nell’ambito della formazione professionale (Cegolon, 2008), molto discussa in campo educativo e centrale nei documenti di politica educativa e linguistica, dagli studi risulta definita in una moltelicità di modi, tanto che coloro che hanno cercato di rispondere alla domanda: “che cos’è la competenza?” attribuiscono alla nozione un’identità multipla: Sulla scorta delle principali analisi proposte, si è potuto scoprire che la competenza è, di volta in volta, comportamento, obiettivo di insegnamento/apprendimento, conoscenza, abilità (Mager, Tyler, Bloom, De Landsheere) azione, rappresentazione, schema operativo, sapere di esperienza, capacità di comprendere; mobilizzare trasferire (Le Boterf, Perrenod, LevyLeboyer, Meireu, Rogier, Richard); infine, capacità combinata (Nussbaum, Pellerey, Bertagna). E forse altro ancora perché da questo punto di vista la lista rischia veramente di diventare inesauribile, potendo includere ancora qualche altro spicchio di verità. (Cegolon, 2008, p. 136) Tuttavia, è possibile distinguere almeno tre orientamenti: 37 - per quello comportamentista, la competenza è riconducibile ai ‘saperi di azione’ quindi a conoscenze e abilità; - per quello cognitivista, la competenza è un poter agire, che si fonda sulla formazione delle capacità del soggetto; - per quello sincretico invece non basta che si verifichi la presenza di conoscenze, abilità e capacità, ma deve avvenire anche la mobilitazione di quelle più adatte a fronteggiare una situazione, per questo si parla di saper mobilitare (Le Boterf, LevyLeboyer) e di saper trasferire (Perrenoud, Rey, Meirieu, ). Occorre precisare che ‘mobilitare’ rimanda a una concezione cognitivista, nel senso che la competenza che si mobilita deve poi adattarsi alla nuova situazione, invece ‘trasferire’ mostra un residuo di comportamentismo poiché si riferisce quasi a uno spostamento di conoscenze da un contesto a un altro. Un’altra questione aperta riguarda il tipo di contesto da cui dovrebbe emergere la competenza. La definizione di cosa sia una competenza appare dunque complessa, ed appare ardua la convergenza degli studiosi verso una concezione univoca. Tuttavia, si possono intravvedere due orientamenti di ricerca (anche se non nettamente divisi dato che i contatti e le influenze reciproche sono molteplici): uno psico-pedagogico, uno socio-economico. Nell’ambito psico-pedagogico la competenza è identificata come poter fare, e la trasferibilità è centrale in quanto la finalità della scuola è di preparare gli studenti ad affrontare con strumenti culturali, intellettuali e pratici la vita privata, sociale, professionale, civica. Dunque, si privilegia il contesto della normalità e della quotidianità, anche perché alla competenza giova la continuità per rafforzarsi. Invece all’interno dell’orientamento socio-economico prevale l’attenzione alla performance più che al processo, e per questo si dà maggiore attenzione al saper agire e alle abilità (Spencer e Spencer, 1993). La teoria della progettazione in ambito formativo è infatti ancora molto influenzata dal comportamentismo, a differenza di quella in ambito educativo dove si parla di personalismo. Inoltre, si privilegia l’eccezionalità sulla normalità, poiché la competenza si valuta in un contesto competitivo. 38 In conclusione, secondo gli orientamenti della ricerca più recenti, se si adotta un punto di vista personalista, un’impostazione epistemologica corretta dovrebbe partire da un’altra domanda e chiedersi chi è il soggetto competente. Nel presente lavoro, la somministrazione di un questionario nella fase iniziale della ricerca-azione ha, come si vedrà (cf. infra, cap. 4), tra i suoi obiettivi la conoscenza dei soggetti coinvolti. Per il cognitivista Piaget, la competenza corrisponde a uno schema operativo, ovvero tanto a una rappresentazione di un’azione, quanto a un mezzo di assimilazione di nuove conoscenze e di adattamento a nuovi contesti. Nel cognitivismo è poi importante distinguere tra rappresentazione, conoscenza, capacità cognitiva, che sono tutte funzioni mentali ma che sono state di frequente confuse. Ma il contributo principale del cognitivismo rispetto al comportamentismo consiste nell’aver incluso il soggetto nelle dinamiche comprendenti saperi/abilità/capacità che portano alla competenza. Infatti, se sono state identificate nella competenza le tre componenti della la situazione di formazione, della situazione professionale, del soggetto (Le Boterf, 1994, cit. in Cegolon, id., pp. …), in questa formulazione il soggetto ha ancora poco spazio, in quanto non ne vengono presi in considerazione requisiti quali la determinazione, la perseveranza, la volontà. Nella ricerca degli ultimi anni si è arrivati a distinguere la competenza come comportamento dalla competenza come azione, che è la stessa distinzione che Aristotele delineava tra praxis e poiesis, ovvero “tra azione che ha il fine dentro di sé in quanto risponde ad una scelta e decisione del soggetto agente e azione che ha il fine al di fuori di sé, già predeterminato all’azione stessa e tale da convertire quest’ultima in mera esecuzione” (Cegolon, 2008, p. 198). Inoltre, se Piaget riteneva che la presa di coscienza della nostra esperienza proceda dalla periferia al centro, il soggetto rivendica ora un’attenzione che va oltre una sua presenza meramente mentale, il soggetto vuole essere considerato anche per i suoi aspetti affettivi, volitivi, relazionali, il presente e il passato della sua storia, le sue proiezioni future, insomma tutta la sua realtà personale che, in tal modo, guadagna centralità nella questione delle competenze. (Cegolon, id., p. 109) 39 La riflessione sulle competenze si è interrogata di recente anche sul loro transfert. Il concetto rimanda alla trasferibilità delle competenze stesse, per l’ambito educativo dal contesto scolastico a quello sociale, dato che la scuola ha la finalità di insegnare ad affrontare la vita. Infatti essa non deve essere isolata dal resto della società (problema che Dewey sollevò criticando certe pratiche autoreferenziali dei sistemi scolastici). Il concetto di transfert, sebbene diversamente concepito a seconda delle diverse idee di apprendimento, ha in tutti i modelli la caratteristica di consentire di utilizzare conoscenze precedenti in situazioni nuove esercitando due funzioni importanti: - individuare eventuali errori nella previsione di attività che si vuole intraprendere; - consentire di modificare il piano di queste attività potendo contare su un orientamento che deriva da conoscenze anteriori (Cegolon, cit., p. 113). In ogni caso, bisogna evitare di credere che il transfert delle competenze sia un principio di evidenza empirica, ovvero pensare che “la continuità, l’omogeneità, le analogie tra situazioni siano nelle situazioni stesse e, per questo, esse siano individuabili nella stessa forma da ciascuno.” (Cegolon, id.) Quanto all’esistenza del transfert, si tratta più di una questione aperta che di una certezza. Proprio per questo esso deve rimanere un problema, perché la soluzione non può darsi a priori. Bisogna dunque trasformarlo da un oggetto di conoscenza a un obiettivo di apprendimento. Un punto fermo è comunque che è esclusa l’esistenza di competenze tout court trasferibili, né di fattispecie particolari tali da gettare un ponte (…) tra una situazione e un’altra (…). La nostra sfida è un’altra: non sta nell’oggetto ma nel soggetto e, quindi, nella sua formazione. Questi costruisce la sua identità sulla base di coordinate di senso che impara a leggere e a interpretare nel variare delle situazioni. In tal modo egli può individuare i collegamenti che mobilitano il transfert. (Cegolon, id., pp. 114-115). Il fuoco dell’attenzione è dunque nell’individuo, poiché è nel soggetto e non nell’‘oggetto- competenza’ che vanno studiati i processi del trasferimento delle competenze 40 Nella didattica delle lingue (cf. Bertocchini e Costanzo, 2011) si parla di competenza a partire dal 1971, quando Chomsky la definisce “capacité d'un locuteur idéal de produire et de comprendre, grâce à un système de règles intériorisé et à une quantité limitée d'éléments lexicaux, une quantité illimitée de phrases bien formées”. In seguito, come si è visto, nel campo educativo, gli schieramenti si sono divisi tra i sostenitori della competenza come facoltà innata della specie umana (Meirieu la definisce “savoir identifié mettant en jeu une ou des capacités dans un champ notionnel ou disciplinaire donné”) e coloro che la considerano come un’acquisizione che appartiene a ogni persona, e dunque soggetta a variazioni da un individuo all’altro (Le Boterf sostiene che “Il n’y a de compétence que de compétence en acte”). Infine, Perrenoud ha messo in evidenza la complessità del termine sottolineando che l’oscillazione tra capacità e saper fare è dovuta alla necessità di pensare a la manière dont un individu mobilise capacités et autres ressources cognitives dans des situations complexes, qui exigent l’orchestration de multiples opérations pour résoudre un problème, prendre une décision, conduire une activité, etc. (Perrenoud, 2011) Per questo propone di parlare di competenze in termini di expertises multiples qui renvoient à des catégories de situations, voire de problèmes. Le même individu peut manifester plusieurs expertises construites indépendamment les unes des autres (…) une expertise n’étant pas un talent inné, mais une construction, issue de l’expérience réflexive dans un terrai particulier. Sans dimension réflexive, l’expérience ne garantit pas l’expertise, mais c’en est une condition nécessaire. (id.) La dimensione riflessiva, che è condizione necessaria affinché l’esperienza garantisca la perizia, assume perciò una funzione centrale. 41 2. La nozione di competenza interculturale La competenza interculturale (d’ora in poi IC) è stata definita in moltissimi modi.1 La sua rilevanza e le ragioni della sua elaborazione teorica e del suo impiego sono state e sono diverse nel tempo e nello spazio. Se prendiamo in considerazione gli Stati Uniti, dato che le esportazioni costituiscono una voce molto importante per l’economia, si tratta di una competenza chiave per le relazioni di affari. Un’altra causa del rilievo che hanno assunto le competenze interculturali è il fatto che il numero degli statunitensi che viaggia nel mondo, sia per svago che per affari, è sempre maggiore ed essi sono dei ‘rappresentanti’ degli Stati Uniti all’estero, perciò si ritiene importante che siano comunicatori competenti (Spitzberg e Changnon, 2009). Dunque, da un lato la competenza interculturale è fondamentale e sempre più richiesta dalle aziende per mantenere o incrementare le quote di scambi commerciali con l’estero e i margini di profitto, dall’altro la preoccupazione è di ‘produce competent American citizens to teach others about our cultural views’ (Spitzberg e Changnon id., p 4), ponendo con ciò le basi per interazioni collaborative. Interessi economici e preoccupazioni per l’immagine del paese all’estero sono all’origine dell’elaborazione della nozione negli Stati Uniti. In area europea, invece, la competenza interculturale, come si è visto, è collegata a finalità politiche di coesione sociale. La maggior parte delle teorie hanno l’individuo come unità di analisi, sebbene molte riconoscano la necessità di includere altri fattori. Fin dagli anni ‘50, è stato dominante un modello di competenza intuitivo e conativo, che comprende le componenti chiave della motivazione, della conoscenza e delle abilità. Spitzberg e Cupach (1984) hanno proposto di aggiungere anche il contesto e gli esiti (outcomes) dell’interazione. 1 Martyn Barret ha parlato a tale proposito di “bewildering array of conceptualizations of intercultural competence that are currently available. Over the past twenty years or so, there has been a proliferation of different models of intercultural competence across the social sciences, in disciplines as diverse as management, health care, counselling, social work, psychology and education” (cf. Barret, 2012) 42 2.1. Origine della nozione Negli Stati Uniti, le origini del bisogno di competenze interculturali viene individuato nelle esigenze della selezione di personale diplomatico prima, e nella crescita di interessi multinazionali nelle organizzazioni poi. Dopo la seconda guerra mondiale e poi con la guerra fredda, crebbe l’esigenza di forti alleanze diplomatiche e di alleanze d’affari, inoltre ci fu un’espansione dei programmi di aiuto all’estero verso paesi con problemi umanitari. In tale scenario nacquero organizzazioni come i Peace Corps, che dovevano reclutare personale in grado di lavorare in contesti diversi rispetto a quello di provenienza. Tale esigenza fece crescere l’interesse per la IC e gli studi per identificare le caratteristiche di competenza che dovevano avere i lavoratori dei Peace Corps (cfr. Smith, 1966 ed Ezekiel, 1968 in Spitzer e Changnon, 2009, p. 8). Prima della metà degli anni ’70, studiosi e professionisti avevano consolidato ed ampliato la lista delle caratteristiche attese per avere successo nell’assegnazione all’estero nei Peace Corps (Harris, 1977). Studi come quelli sui Peace Corps ed altri quali quelli sull’adjustment del personale della Marina (Benson, 1978) mostrano come molti studi successivi possano aver ‘reinventato ruote’ che erano state già relativamente ben progettate tempo fa. Termini come ‘intercultural communication’, ‘intercultural effectiveness’, ‘intercultural adaptation’ risalgono in gran parte agli anni ’70 e ’80 (cfr. Hammer, Gudykunst, & Wiseman, 1978; Ruben, 1976; Ruben & Kealey, 1979; Wiseman & Abe, 1986 in Spitzer e Changnon, 2009). Prima di tale periodo, si riconosceva l’importanza di rappresentanti governativi, nell’educazione e negli affari, ma non c’era alcun modello ampiamente accettato per la formazione e la valutazione della intercultural readiness. In seguito, i tentativi metodologici e di misurazione superarono i quadri teorici disponibili. Furono fatti molti sforzi per sviluppare, validare e raffinare unità di misura della IC, e questi misero in luce che qualsiasi unità di misura completa sarebbe stata senza dubbio di natura multidimensionale. Il problema era quali dimensioni e perché. Dagli anni ’90 ad oggi sono stati fatti degli sforzi di misurazione basati su modelli concettuali più elaborati (cfr. Byram, 1997, 2003; Byram, Nichols, & Stevens, 2001; 43 Milhouse, 1993; Prechtl & Lund, 2007) e che si focalizzano sul contesto o sul processo (cfr. Spitzberg e Changnon, cit., p. 9). La maggior parte di questi modelli valutava conoscenze e abilità ignorando però le componenti affettive o motivazionali identificate da diversi modelli (Spitzberg & Cupach, 1984). Allo stesso tempo, cambiamenti in discipline quali la psicologia della comunicazione e la psicologia sociale in direzione di una maggiore focalizzazione sullo sviluppo di relazioni attraverso una varietà di contesti ha portato a ricerche più relazionalmente focalizzate sulle interazioni interculturali (Chen, 2002; Collier, 1996 cit. in Spitzberg e Changnon, cit., p. 9). o i contesti interetnici (Hecht, Larkey, & Johnson, 1992; Hecht & Ribeau, 1984; Martin, Hecht, & Larkey, 1994, cit. in Spitzberg e Changnon, id.). 2.2. Una ricognizione dei modelli contemporanei Spitzberg e Changnon categorizzano i modelli nei seguenti tipi: compositional, coorientational, classificazione developmental, adaptational, dichiaratamente soggettiva causal e process basata tracciando una sull’individuazione di somiglianze tra i modelli. Questi cinque tipi di modelli non sono reciprocamente esclusivi e la ripartizione adottata non è certamente l’unica possibile, tuttavia consente di delineare importanti distinzioni. 2.2.1. Modelli compositional La prima tipologia è quella dei ‘compositional models’. Questi are similar to what Turner (1985) might refer to as an analytic scheme or typology. These models identify the hypothesized components of competence without specifying the relations among those components. Such models represent ‘lists’ of relevant or probable traits, characteristics, and skills supposed to be productive or constitutive of competent interaction. I modelli presi in esame sono quattro: quello di Hamilton et al. (1998), quello di TingToomey e Kurogi (1998), quello di Deardroff (2006) e quello di Hunter et al. (2006). 44 Il modello di Hamilton et al. (1998) distingue tra atteggiamenti, conoscenze e abilità, in maniera tradizionale. Tuttavia, esso viene criticato poiché da un lato, al pari di altri modelli simili, rappresenta senza una ratio chiara livelli multipli di astrazione, collocando nella stessa categoria (skills) lo ‘sfidare atti discriminatori’ e l’’engage in self-reflection’, quando la prima abilità è qualcosa di molto più ristretto e osservabile della seconda, che dovrebbe piuttosto essere annoverata tra gli atteggiamenti. Questa è infatti la sostanza della seconda critica: la confusione tra un fattore interno affettivo o cognitivo come opposto a un fattore comportamentale (cf. rappresentazione grafica in Spitzberg e Changnon, cit., p. 11). Il modello contemporaneo di Ting-Toomey e Kurogi (1998) toglie importanza ai fattori motivazionali mentre enfatizza quelli cognitivi, comportamentali e quelli relativi ai risultati. Diverso dai modelli di tipo ‘causal path’, questo parte dall’assunto della presenza di relazioni iterative tra tutte le componenti del modello, cosicché pone che i mutamenti in ogni componente influenzino ogni altra componente. Deardorff (2006) ha invece formulato un modello a partire da processi sia deduttivi che induttivi, usando una metodologia Delfi nella quale 23 esperti in ambito interculturale hanno partecipato alla prima ricerca condotta per documentare il consenso su una definizione e sulle componenti della competenza interculturale. Il risultato sono stati due modelli, il primo dei quali è a piramide, dove i livelli più bassi sono visti come potenziamento per quelli più alti (cf. Spitzer e Changnon, id., p. 13). Come molti approcci cognitivi, la piramide rappresenta elementi motivazionali, cognitivi e di abilità e incorpora il contesto all’interno di queste componenti. Tuttavia, diversamente da altri approcci conativi, tenta di rappresentare in maniera gerarchica l’ordine di questi elementi, partendo da quelli fondativi (gli atteggiamenti) per arrivare ai risultati visibili, che consistono in una comunicazione efficace ed appropriata nelle situazioni interculturali. Il modello è stato peraltro usato anche per far derivare specifici indicatori e criteri in ciascuno dei domini (cf. cap. 28 del volume The SAGE Handbook of Intercultural Competence) ai fini dell’utilizzo di tale modello per la valutazione della competenza comunicativa interculturale (ICC). 45 Il modello definito da Hunter et al. (2006) si basa anch’esso su una analisi Delfi che ha coinvolto educatori, manager delle risorse umane, diplomatici, formatori e ufficiali governativi. In esso, le competenze chiave riflettono l’idea che si dovrebbe essere consapevoli della propria cultura prima di ‘entrare’ in quella altrui. Molto utile a questo scopo è la conoscenza della storia mondiale. Sorprendentemente, le competenze linguistiche non sono annoverate, in questo modello, tra le più importanti, evidentemente perché gli orientamenti motivazionali e cognitivi di base sono considerati prioritari per il ‘movimento’ tra le culture con o senza competenze linguistiche. Essi sono molto utili nel definire la portata e i contenuti di una teoria della IC, tuttavia sono teoricamente deboli nello stabilire le relazioni condizionali tra le componenti, nonché nel definire i precisi criteri attraverso i quali la competenza stessa è riconoscibile. A tale riguardo, un’altra categoria di modelli cerca di ovviare a questa mancanza definendo l’obiettivo primario della IC nella ‘co-orientation’. 2.2.2. Modelli co-orientational I modelli riuniti in questa categoria prestano particolare attenzione al raggiungimento, attraverso l’interazione, di un livello base di ‘co-orientation’ verso il comune mondo referenziale. Co-orientation is a term that summarizes several cognate concepts relevant to comprehension outcomes of interactional processes, including understanding, overlapping perspectives, accuracy, directness, and clarity. (Spitzer e Changnon, id., p.15) Fantini (1995) ha riassunto molti elementi necessariamente coinvolti nei processi linguistici coinvolti nel raggiungimento della ‘co-orientation’. Egli è d’accordo sul fatto che i tipi di caratteristiche identificate nei modelli ‘componential’ possano facilitare il processo di interlocuzione, e concorda nell’organizzare tali tratti nelle dimensioni familiari di ‘awareness’, ‘attitudes’, ‘knowledge’, ‘skills’. Se gli interlocutori hanno successo, secondo Fantini si verifica un processo attraverso il quale le prospettive o visioni del mondo degli interattanti mostrano una 46 crescente ‘co-orientation’, e dunque una sovrapposizione o una crescente corrispondenza tra i rispettivi sistemi simbolici, i significati denotativi e connotativi e le norme d’uso. Gli autori collocano in questa categoria anche il modello di Byram, nonostante esso si occupi di negoziare l’identità nello ‘spazio’ all’interno e attraverso le culture (cf. infra, par. 4.2). Un terzo modello è quello di Kupka (2008), che definisce la competenza comunicativa interculturale in termini di impression management that allows members of different cultural systems to be aware of their cultural identity and cultural differences, and to interact effectively and appropriately with each other in diverse contexts by agreeing on the meaning of diverse symbol systems with the result of mutually satisfying relationships. (p. 16). Sebbene tale definizione abbia dei debiti verso altri modelli, ha però il merito di specificare tre criteri per i risultati attesi dalla comunicazione interculturale: effetti di appropriatezza ed efficacia, consapevolezza e accordo su diversi sistemi di significato e reciproca soddisfazione relazionale. Tra le componenti che facilitano l’interazione e il raggiungimento dei suddetti risultati figurano molti dei concetti comunemente riconosciuti, quali la percezione della distanza culturale, la competenza nella lingua straniera, l’abilità nella comunicazione verbale e non verbale, l’autoconsapevolezza, la motivazione e la conoscenza, tuttavia il risultato dell’interazione è rappresentato come sovrapposizione di sistemi di significato. I modelli di questo tipo danno per scontato il valore della reciproca comprensione, tuttavia, la critica mossa loro da Rathje (2007) tenta di mostrare che il concetto di cultura ad essi sotteso è troppo semplicistico e tende a sottovalutare la dialettica interna a ciascuna cultura. Infatti, le culture hanno l’effetto di unificare, ma i membri delle culture comprendono le differenze all’interno della loro multicollectivity. Il tratto unico della cultura è che raggiunge l’unità in gran parte attraverso la sua unica amalgama di differenze interne. 47 Dunque, la cultura da un lato produce uniformità e coerenza tra i suoi membri, dall’altro produce un senso di coesione in cui le differenze individuali sono sostenute come un unico marcatore della cultura stessa. Perciò la competenza interculturale sarebbe meglio caratterizzata dalla trasformazione dell’interazione interculturale nella cultura stessa: la ‘co-orientation’ che si produce nell’interazione interculturale competente è la co-produzione di un ambiente culturale che non riflette identità culturali comuni, ma che le produce attraverso l’interazione stessa. I modelli ‘co-orientational’ sono utili nell’attirare l’attenzione sull’importanza del raggiungimento di qualche livello minimo di riferimento comune attraverso l’interazione. Inoltre, evidenziano una delle questioni fondamentali degli studi sulla comunicazione: com’è possibile che siamo capaci di ‘co-orientamento’ nonostante veniamo da diverse, o perfino divergenti, prospettive verso il mondo? Da questo punto di vista, in certa misura, tutte le comunicazioni sono in parte interculturali (Rathje, 2007). Uno dei principali problemi di questi modelli, secondo Spitzer e Changnon, è tuttavia il fatto che molte interazioni quotidiane si basano non su una comunicazione diretta ma su un sottile equilibrio tra chiarezza e ambiguità, come avviene nelle regole della buona educazione, che sovente implicano una buona dose di non detto. 2.2.3. Modelli developmental Questi modelli sottolineano l’importanza del fattore tempo nello sviluppo della competenza interculturale, e si basano sulla tradizione della psicologia dello sviluppo e sugli studi più recenti sulle relazioni personali. Secondo questa prospettiva, le relazioni diventano più competenti attraverso interazioni continue che producono maggiore co-orientamento, apprendimento e incorporazione delle rispettive prospettive culturali. Essi sono caratterizzati dalla definizione di una serie di stadi di progressione che segnerebbero il raggiungimento di livelli di interazione più competenti. Una rappresentazione è fornita da King e Baxter Magolda (2005), secondo i quali le persone maturano livelli più alti di competenza solo attraverso lo studio continuo, l’osservazione e l’interazione con i rappresentanti di un’altra cultura. 48 Come nell’influente modello di Milton Bennet sulla sensibilità interculturale (1993), si presuppone che, nel tempo, gli interattanti progrediscano da fasi etnocentriche verso fasi sempre più etnorelative. L’assunto in Bennet è che, man mano che l’esperienza della differenza culturale diventa più complessa e sofisticata, anche la competenza nelle relazioni interculturali cresce (Hammer et al., 2003, p. 423).2 Un altro modello evolutivo è quello di Gullahorn e Gullahorn (1962), che adatta il concetto di ‘shock culturale’ in un modello di adattamento culturale a stadi. Lysgaard (1955) propose un’ipotesi a curva a U, in seguito sviluppata appunto da Gullahorn e Gullahorn. Tale modello si basa sull’esperienza di persone che vivono all’estero o passano un tempo considerevole in una cultura diversa, e individua una fase ‘luna di miele’, nella quale le esperienze sono positive anche grazie all’effetto alone della novità, cui segue uno stadio di ‘ostilità’, dovuto alla crudezza delle differenze con le quali si scontrano le risorse adattive delle persone. Se però gli sforzi di adattamento continuano, ci si aspetta che gli interattanti superino il secondo stadio e riconoscano la natura ‘humorous’ delle incongruenze tra culture. Infine, ci si aspetta che gli interattanti competenti cominceranno a sentirsi ‘in sintonia’ con l’ambiente culturale e i suoi ritmi, rituali e regole. Inoltre, si prevede un certo grado di ‘ambivalenza’ alla prospettiva del ritorno a casa e uno ‘shock culturale di ritorno’ al rientro in patria. Spitberg e Changnon sottolineano come questi modelli evidenzino la natura evolutiva dell’interazione e delle relazioni, fondandosi sull’assunto che i sistemi sociali, tra i quali si annoverano anche le relazioni personali, sono processuali e cambiano nel tempo. Gli stadi descritti sono strutturati in maniera simile a quelli teorizzati da Piaget (1947), dove ciascuno presuppone il precedente e lo incrementa. Simili modelli sono utili per coloro che sono coinvolti in lunghi soggiorni in altre culture, ma, se sono forti nel descrivere stadi sistemici di cambiamento, hanno la debolezza di non specificare quali tratti di competenza interpersonale e interculturale facilitano o moderano il corso di tale evoluzione. 2 Per una trattazione più ampia del modello di Bennet, cf. infra, par. 4.1. 49 2.2.4. Modelli adaptational Questi modelli estendono approcci compositional da modelli monadici a modelli più diadici. Inoltre, il processo di adattamento stesso è considerato un criterio di competenza. To a large extent, the process of adaptation is prima facie evidence of competence by demonstrating the movement from an ethnocentric perspective in which adaptation is not seen as important to a more ethnorelative perspective in which adaptation is the sine qua non of intercultural interaction. (Spitzer e Changnon, id., p. 23) Secondo Il modello di Y.Y. Kim (1988), le disposizioni individuali (come il retroterra culturale/etnico, l’apertura, la resilienza) preparano un interattante a usare esperienze sia interazionali che comunicative per informare la competenza d’interazione con il rappresentante di un’altra cultura. La communication accommodation theory (Gallois, Franklyn-Stokes, Giles & Coupland, 1988) modellizza un processo di adattamento nel quale gli interattanti adattano i loro stili comunicativi agli stili degli altri interattanti. Tali adattamenti tuttavia possono essere moderati dalla solidarietà che il proprio gruppo culturale fornisce al parlante. Quando il rapporto è asimmetrico, l’interattante che non è in posizione dominante probabilmente si impegnerà in uno sforzo maggiore all’adattamento di quanto non farà il membro della cultura più indipendente e dominante. Altri modelli prendono in considerazione una delle dialettiche principali di tutti gli approcci alla competenza interculturale, ovvero la tensione tra l’adattamento a un’altra cultura contro il mantenimento della propria. Il modello di Berry, Kim, Power & Young (1989) distingue a questo proposito quattro potenziali stili di acculturazione: assimilazione, integrazione, segregazione/separazione o marginalizzazione. Invece, un modello adattativo dell’acculturazione più elaborato (Navas et al., 2005) prende in considerazione le preferenze reali e ideali dei due gruppi coinvolti, ovvero quello degli ospiti e quello degli immigrati/visitatori. Secondo tale modello, ciascun gruppo ha delle preferenze ideali su attitudini o comportamenti dell’altro gruppo e la 50 competenza verrà classificata in base alla misura in cui le strategie impiegate da un gruppo combaciano con le aspirazioni idealizzate dell’altro. I modelli adattativi puntano sugli assiomi di base dei modelli di competenza, ovvero l’adattabilità è basilare per raggiungere la competenza, dato che nella maggioranza delle interazioni interculturali il reciproco adattamento è considerato una condizione necessaria della competenza. Questi modelli pongono però dei problemi: a livello teorico, l’adattamento è un criterio discutibile di competenza. Inoltre, dato che l’adattamento prevede uno sviluppo, questi modelli dovrebbero articolare i tipi di adattamento reciproco necessari nei diversi stadi. 2.2.5. Modelli Causal paths I modelli di questo tipo cercano di rappresentare la competenza interculturale come un sistema teorico non sistemico ma lineare, che la rende soggetta a test empirici di tipo statistico. Essi tendono a concepire le variabili in una collocazione ‘a valle’, che in successione influenzano e sono influenzate da variabili che moderano o mediano, le quali a loro volta influenzano le variabili a monte. Ad esempio, nel modello di Arasaratnam (2008) l’empatia influenza la competenza direttamente, ma produce anche effetti indiretti attraverso attitudini globali che sono a loro volta influenzate da esperienze interculturali e interazionali. Perciò, le vie teoriche verso l’interazione competente sono due. Altri modelli di questo tipo sono quelli di Griffith e Harvey (2000) che prende in considerazione l’influenza reciproca tra la comprensione culturale e la competenza comunicativa, e quello di Ting-Toomey (1999), che ipotizza tre gruppi di fattori: antecedenti (livello del sistema, livello individuale, livello interpersonale), processo di gestione del cambiamento (gestione dello shock culturale, gestione del cambiamento d’identità, gestione delle nuove relazioni e gestione dell’ambiente) e fattori di risultato (livello del sistema, livello individuale, livello interpersonale). I cambiamenti portati dalle influenze individuali, personali e sistemiche possono essere gestiti in maniera più o meno competente nel processo di cambiamento, influenzando perciò i vari risultati. 51 La forza di questi modelli, ovvero il porre ipotesi esplicite in relazione alle connessioni delle loro componenti, costituisce allo stesso tempo un punto di debolezza perché essi contengono troppi ‘circoli di feedback’ o frecce a due direzioni che non facilitano i processi di verifica o falsificazione delle ipotesi stesse (Spitzberg e Changnon, cit., p. 33). 3. La nozione di competenza comunicativa interculturale Se, come si è visto, la nozione e i modelli della competenza interculturale sono stati sviluppati in ambiti vari (economico e della formazione professionale in primis), la competenza comunicativa interculturale appartiene invece specificamente alla didattica delle lingue. In questo campo infatti, da un modello che prevedeva la centralità della competenza linguistica e della forma della lingua, in riferimento a un parlante-ascoltatore ‘ideale’ che conosce perfettamente la lingua, non è soggetto a condizionamenti di ordine psicologico e sociologico, appartiene a una comunità linguistica omogenea (Zuanelli Sonino, 1981, p. 41), si è passati a un modello in cui è centrale una competenza comunicativa formata da tre conoscenze - psicolinguistica, socioculturale, de facto e sull’abilità di usarle (Hymes, 1972, pp. 269-293) e l’uso della lingua. La matrice del mutamento di paradigma è costituita dalle teorie sociolinguistiche, che hanno portato allo sviluppo di approcci didattici di tipo comunicativo, basati su nozioni (spazio, tempo etc.) e funzioni (es. chiedere e dare informazioni, presentarsi, etc.), oppure che hanno messo l’accento sul contesto di apprendimento o sugli obiettivi e le caratteristiche dell’apprendente (Zorzi, 1996). In ogni caso, per tutti questi approcci, centrale è l’apprendente più che la lingua da insegnare. Gli studi sull’apprendente hanno avuto il merito di evidenziare lo ‘sforzo’ che questi fa verso la lingua d’arrivo e il parlante nativo, trascurando però le modalità di negoziazione che il parlante nativo può mettere in campo per facilitare l’incontro. Successivamente, gli studi sulle interazioni verbali (e sociali) tra parlanti di lingue diverse hanno rilevato asincronie, che mostrano difficoltà nella cooperazione conversazionale (a causa di differenze 52 culturali e nelle convenzioni di comunicazione) e provocano fallimenti, che possono essere di due tipi: non c’è comunicazione oppure c’è fraintendimento (Gumperz, 1982). Questo può essere a sua volta pragmalinguistico (si attribuisce erroneamente un significato a un enunciato) o sociopragmatico (il contenuto dell’altro non è ritenuto adatto alla situazione per esempio a causa dell’uso inappropriato di un registro linguistico per eccesso o difetto di formalità) (cf. Thomas, 1983, pp. 91-109). Ripetuti incontri interculturali falliti provocano la formazione di stereotipi culturali negativi (Chick, 1990, pp. 253 e segg.). Le competenze che portano a un’efficace comunicazione interculturale non possono essere insegnate sotto forma di conoscenze stabilite una volta per tutte perché sono legate al contesto (tuttavia - secondo Zorzi, id., un’efficace comunicazione interculturale può essere imparata). In particolare, può essere utile essere consapevoli delle potenziali fonti di asincronia per mettere in atto strategie di riparo. Affinché queste possano essere attivate, l’interazione ha un ruolo centrale, dato che il significato è socialmente negoziato. Quest’approccio ha due conseguenze: da un lato, la presentazione di contenuti culturali non appare né l’unica né fondamentale nell’approccio interculturale, dall’altro implica la costruzione di un clima di classe che favorisce reciproci adattamenti a fronte delle diversità linguistiche e culturali. 3 4. Modelli significativi per la ricerca svolta 4.1 Il modello dinamico di sensibilità interculturale di Milton Bennet Secondo Milton Bennet, esiste un ‘continuum evolutivo di sensibilità interculturale’, e le persone apprendono diversamente dal contatto con la differenza a seconda della loro collocazione in questo continuum. Parola chiave è il concetto di differenziazione, in quanto, secondo Bennet, “le culture differiscono le une dalle altre principalmente nel modo in cui mantengono costanti 3 Zorzi propone anche la nozione di ‘competenza partecipativa’, intesa come la capacità di essere consapevoli delle regole di comportamento, implicite ed esplicite, e del perché esse sono state adottate. Ritiene che tali regole debbano diventare oggetto di discorso per facilitarne la comprensione soprattutto da parte degli alunni stranieri provenienti da contesti con regole differenti (cf. Zorzi, 1996, pp. 46 -52). 53 alcune prospettive di osservazione sulla realtà (o ‘worldviews’)”. (Castiglioni, 2005, p. 12). Nell’apprendimento interculturale è importante il modo in cui l’esperienza della differenza viene integrata in una prospettiva soggettiva anch’essa di natura culturale. Si tratta di un percorso infinito di crescita personale in cui elaboriamo il fenomeno della differenza a tutti i livelli dell’apprendimento: cognitivo, affettivo e comportamentale.4 L’attenzione si sposta dall’oggetto al soggetto che apprende, e siamo più interessati a come le persone costruiscono i significati e i costrutti con i quali interpretano la realtà fenomenologica. Diventiamo così consapevoli che la nostra worldview è una tra le tante, e che per diventare esperti interculturalmente non basta leggere delle informazioni, ma bisogna fare esperienza. Il modo di esperire la differenza diventa allora più complesso, e ci rende possibile entrare nella prospettiva altrui, di cogliere significati e segnali che non saremmo stati in grado di comprendere altrimenti. Secondo George Kelly, se non abbiamo modo di costruire concettualmente e affettivamente un evento, non potremo nemmeno farne esperienza (in Castiglioni, id.). Il MDSI fu sviluppato da Bennet a partire dalla fine degli anni Settanta sulla base dei modelli di ‘produzione di significato’ della psicologia cognitiva e su alcuni assunti del costruttivismo radicale di Watzlavick. E’ frutto di una ricerca costruttivista per i metodi impiegati e gli assunti da cui parte. Secondo Bennet, è preferibile descrivere la sensibilità interculturale in termini evolutivi invece che come un insieme di comportamenti specifici, dato che si tratta di un modo di costruire la realtà che si adegua progressivamente alla differenza culturale. L’idea della costruzione della realtà culturale è alla base di alcuni saggi ‘classici’ della letteratura di comunicazione interculturale (Whorf, Hall, Singer, etc.) 4 Se infatti studiamo dei dati oggettivi su una cultura, siamo al livello cognitivo, e creiamo conoscenza, ma non competenza. Se invece cerchiamo di capire degli aspetti soggettivi, ci riferiamo a delle visioni condivise da un certo numero di persone su modi di gestire delle situazioni e comportamenti, e il tipo di apprendimento è comportamentale e affettivo. Questo mette in discussione la propria prospettiva per comprendere quella altrui. 54 Bennet precisa che il concetto stesso di differenza può essere esperito a diversi livelli, che ha collocato in un continuum. Si tratta di uno sviluppo multidimensionale: cognitivo, affettivo, comportamentale, dove la separazione dei tre aspetti non è così netta, né dovrebbe esserlo. L’assunto del modello è che più l’esperienza della differenza culturale è sofisticata, più la competenza nelle relazioni interculturali cresce potenzialmente. Bennet parla di tre fasi etnocentriche e tre etnorelative. Con il termine etnocentrico si indica l’uso, spesso inconsapevole, delle proprie regole e abitudini per giudicare gli altri; questo accade quando la propria cultura è percepita come centrale nel mondo. Tutto ciò che generalmente ne deriva - ad esempio il razzismo, il valutare negativamente le culture diverse dalla propria, le distinzioni tra coloro che si trovano all’interno di un gruppo e chi invece ne è escluso - manifestano quest’assunzione della centralità della propria esperienza rispetto a quella altrui. Etnorelativo significa invece che la propria cultura è sperimentata nel contesto di altre culture. Le differenze culturali non sono percepite né come buone né come cattive, ma solo come ‘diverse’. Questo pone questioni etiche: tale posizione, in particolare, implica che ci debba piacere qualsiasi valore culturale o comportamento? Si tratta di un dilemma etico che Bennet risolve all’interno del modello medesimo. 4.1.1. Le fasi etnocentriche Negazione Il soggetto è in questo stadio quando non elabora categorie significative per concepire le differenze culturali. Ovvero, non è mai venuto a contatto con esse oppure ne ha un’idea vaga, che associa in un’unica categoria persone e gruppi molto vari: es. ‘gli stranieri’, ‘gli immigrati’ etc.5 5 Per gli individui nello stadio di negazione le altre culture non sono ‘reali’ quanto lo è la propria, ovvero non esistono, e questo può giustificare azioni di violenza o annientamento (es. soldati addestrati a disumanizzare il nemico). Chi è in questo stadio può usare degli stereotipi, che infastidiscono gli interlocutori e possono indurli a interrompere la comunicazione. Talvolta si hanno stereotipi che negano delle caratteristiche: “x non sono intelligenti come noi”. Le persone in negazione ritengono di non aver bisogno di sapere nulla dell’altra o delle altre culture, e talvolta ‘l’ignoranza aggressiva’ può originare fenomeni di sfruttamento (Castiglioni, id., p. 12). 55 La negazione può verificarsi in due casi: quando c’è isolamento reale (es. tribù amazzoniche) o percettivo (di gruppi che vivono nelle città insieme con altri gruppi, ma che hanno al loro interno una percezione di omogeneità), oppure quando c’è separazione: questa può essere intenzionale, con barriere fisiche (es. quartieri ‘etnici’, ghetti), o ideologica (nazionalismo, regionalismo). Coloro che si trovano in questa fase non cercano il conflitto, purché nessuno rompa la loro condizione di isolamento o separazione. Gli elementi che impediscono il passaggio alla fase successiva sono la permanenza in una condizione oscillante tra isolamento e separazione e il ritenere più positiva la negazione che la difesa, in quanto non si sente la necessità di denigrare e offendere chi è diverso. Ciò che invece favorisce il passaggio alla fase successiva è il contatto con altre culture. Difesa Alla base di questa visione del mondo vi è il riconoscimento dell’esistenza della diversità culturale, il concetto può dunque essere identificato, ma gli viene attribuita una valenza negativa. Le persone in difesa fanno uso di stereotipi negativi per gli altri e positivi per il proprio gruppo e hanno come sentimento prevalente la paura. Le altre culture sono percepite come minacciose, le differenze sono dunque – seppur sommariamente – riconosciute e si mettono in atto delle strategie di difesa dal cambiamento, per preservare la propria worldview. L’appartenenza a tale stadio assume generalmente tre forme: 1. denigrazione 6 2. superiorità 7 6 La denigrazione consiste nell’uso di stereotipi negativi verso tutti i membri di un gruppo diverso dal proprio; gli stereotipi riguardano per lo più l’appartenenza etnica, religiosa o di genere, ma tutti gli indicatori della differenza possono essere fonte di espressioni di difesa. Si manifesta soprattutto attraverso espressioni verbalmente ostili contro qualsiasi cultura diversa da quella di appartenenza. Ha portato alla nascita del nazismo e del Ku Klux Klan, alle sette religiose fondamentaliste e ai gruppi politici di estremisti. Meno vistose sono le forme volontarie di isolamento che portano alla regressione verso la negazione: es.: scuole separate sulla base di una fede o un credo politico (Castiglioni, id, p. 18) 7 La superiorità consiste in manifestazioni di orgoglio per la propria cultura, o nella manifestazione dei suoi aspetti negativi, ma in chiave ironica. Un esempio è la valutazione della società occidentale 56 3. difesa al contrario 8 L’intreccio tra denigrazione e superiorità è particolarmente visibile nei rapporti tra cultura di maggioranza e di minoranza, come tra bianchi e neri negli USA. Se le persone superano la paura delle differenze, di solito entrano nella fase della minimizzazione. Minimizzazione Chi è in questa fase ritiene che, anche se esistono alcune differenze, in fondo gli altri sono simili a noi. Le differenze sono ridotte ad aspetti di folklore che non intaccano la comune appartenenza al genere umano. Le persone ritengono di aver raggiunto una verità che le rende serene e pensano: “tutti siamo uguali, quindi tutti sono come me”. Tuttavia, quando – dopo ad es. un’offerta di aiuto volta a farli diventare come loro – gli altri la rifiutano, possono tornare su posizioni di difesa. Molte iniziative missionarie e interventi laici si basano su questo assunto. La minimizzazione assume due forme: - universalismo fisico 9 - universalismo trascendente 10 come superiore, sulla base di un’idea di progresso che è occidentale; un altro l’idea del progresso in termini evoluzionistici, con la conseguente terminologia (‘paesi in via di sviluppo’). Di solito chi ha questa worldview non manifesta una valutazione esplicitamente negativa degli altri gruppi, ma quando la superiorità percepita è molto alta, si arriva a scaricare l’aggressività verso almeno un gruppo target. Uno dei rimedi consiste nell’aiutare le persone a trovare maggiore autostima, che non corrisponde tuttavia all’orgoglio. Ovvero, questo ne è la forma deteriore, insieme al senso di superiorità (Castiglioni, id. p. 18) 8 Nella difesa al contrario la propria cultura viene denigrata in favore di una cultura altra. Ciò avviene in gruppi istruiti e ideologicamente orientati. Ma in essi molti non conoscono bene la cultura che difendono, e la difesa ha piuttosto un ruolo di aggregazione tra i membri appartenenti al gruppo stesso. In ogni caso, queste persone usano strategie simili a quelle di chi difende la propria cultura dalle altre, in quanto in entrambi i casi c’è un ‘noi’ superiore e un ‘loro’ denigrato (Castiglioni, id,) 9 Universalismo fisico: le scoperte scientifiche – ad es. sulla comune base biologica degli esseri umani e sull’etologia – sono usate in questa prospettiva per giustificare una visione del mondo minimizzante. Anche alcuni sistemi di pensiero e terapia psicologica formulati in Occidente e soprattutto in area anglosassone, che pretendono di spiegare i comportamenti e modi di pensare di altre culture attraverso logiche predefinite, soprattutto nel campo dell’educazione e della formazione, soffrono di eccessiva fiducia nella capacità normalizzante di certe prospettive psicologiche e pedagogiche. “Se gli uomini sono per definizione esseri sociali, allora non possiamo prescindere dal fatto che sono stati acculturati all’interno di un dato contesto che ha fornito loro alcuni frame di percezione (Singer, 1987), alcune reazioni e non altre” (cf. Castiglioni, cit., p. 24). Solo gli studi scientifici che prendono in considerazione “i limiti posti dal contesto antropologico, sociologico e comunicativo possono vantare una posizione relativistica e quindi non etnocentrica” (Castiglioni, id.). 57 Le persone in questo stadio sono, dal punto di vista comunicativo, sicure e convinte che per essere comunicatori efficaci sia sufficiente essere se stessi. Il passaggio allo stadio successivo può avvenire solo quando la percezione delle differenze non viene più collegata a un piano comune, di tipo trascendente o universalistico. Questo accade quando si comprende da un lato che gli altri hanno culture complesse al pari della nostra, dall’altro che anche noi, attraverso la nostra cultura, veniamo identificati dagli altri. Secondo Bennet, questo cambiamento nella visione del mondo è una svolta paradigmatica, perché porta le persone a pensare in termini relativistici. 4.1.2.Le fasi etnorelative Nella prospettiva etnorelativa, c’è un cambiamento fondamentale nel significato che attribuiamo alla differenza: nell’etnocentrismo questa è considerata una minaccia, mentre nell’etnorelativismo non c’è più la paura e lo sforzo consiste non più nel preservare la propria worldview, ma nel creare nuove categorie per interpretare la realtà. Una persona etnorelativa non giudica le differenze culturali, ma le capisce (accettazione), diventa capace di operare all’interno di quel frame (adattamento) fino a farlo diventare anche suo (integrazione). Accettazione Gli individui accettano le differenze e pongono la loro cultura in una posizione di uguale relativismo rispetto alle altre culture. Inoltre, cominciano a interpretare comportamenti e valori all’interno del loro contesto di riferimento. L’individuo che si trova in questa fase è curioso e vuole sapere di più delle altre culture, raccoglie notizie e osservazioni sulla propria, desidera comprendere la differenza tra categorie ‘etiche’ (generali) ed ‘emiche’ (particolari) di una cultura. 10 Universalismo trascendente: gli esseri umani sono uguali e prodotti di un principio trascendente, che viene identificato in un’entità soprannaturale o in un principio filosofico o giuridico. Questa visione è alla base delle predicazioni delle religioni monoteistiche, ma anche di dottrine quali il marxismo, il capitalismo, i diritti umani, e prende la forma di tentativi di conversione, religiosa, politica o economica, non scevri da paternalismo. Es.: l’idea che tutti i popoli debbano avere forme di governo democratiche, progresso, diritti, tenori di vita simili al nostro (Castiglioni, id.). 58 Un fenomeno frequente è l’impasse relativistica, in quanto le persone in questa fase si chiedono fino a che punto devono accettare aspetti delle altre culture che non condividono. L’accettazione si può dividere in: - relativismo comportamentale 11 - relativismo valoriale Per capire se una persona è nello stadio dell’accettazione, si deve rilevare la mancanza di giudizio e la curiosità a saperne di più. L’accettazione della differenza di valore in particolare è il cuore della competenza interculturale. Per le persone in questo stadio la cultura è concepita come un processo e non come qualcosa di dato…in continua evoluzione nel quale siamo noi a organizzare l’esperienza della realtà, anche attraverso i sistemi linguistici. Pensare ai valori come a qualcosa di immutabile farebbe pertanto ricadere le persone in una fase etnocentrica. 12 E’ dunque importante rendere espliciti gli assunti che sono alla base dei nostri comportamenti e del nostro modo di pensare, ma non bisogna reificarli né reificare le differenze con altri comportamenti e sistemi di pensiero. Adattamento E’ in questa fase che ci si sa mettere in relazione con la differenza in maniera efficace: cambia la consapevolezza nello sviluppare competenze comunicative e nella comprensione profonda degli altri salvaguardando in ogni caso la propria identità. In questo stadio si cerca, grazie alla flessibilità delle categorie di osservazione e classificazione, una “terza cultura virtuale che diventa uno spazio di sintesi e di adattamento delle culture che si incontrano” (Castiglioni, id., p. 32). Ciò esclude l’assimilazione. 11 Per relativismo comportamentale si intende una reale accettazione e rispetto per le differenze, viste come manifestazioni di un diverso modo di essere delle persone. Si comprende che anche il linguaggio è relativo, in quanto legato a un contesto. Si riconoscono e si apprezzano perciò anche stili comunicativi diversi, espressioni verbali tipiche, etc.; si osservano le differenze della paralinguistica (tono, ritmo, uso delle pause), della distanza prossemica, dell’interazione oculare e della cinesica senza giudicarle. 12 Castiglioni, id., pp. 30-31. 59 Adattarsi non significa rinunciare ai propri valori, ma essere capaci di adottarne temporaneamente altri, cosa che non riduce, bensì amplia il repertorio cognitivo, comunicativo, emotivo e comportamentale aggiungendo opzioni alternative a quelle già note. L’alternativa consiste nell’entrare nella prospettiva altrui attraverso l’empatia e negoziare una ‘terza via’ attraverso le competenze comunicative. Successivamente ciò può diventare spontaneo e portare a interiorizzare prospettive culturali multiple. Per biculturalismo o pluralismo si intende l’abitudine a cambiare velocemente e senza particolari sforzi comportamento e frame di riferimento per usare quello più appropriato alla situazione. In questo senso, si tratta di un superamento dell’empatia, poiché comprende un’acquisizione consapevole di elementi culturali che consentono di diventare abili nel passare da un frame a un altro. In ogni caso, il cambiamento di prospettiva è contestuale e situazionale e non implica necessariamente la condivisione dei comportamenti né dei valori sottostanti. Questo è particolarmente importante in relazione ai dilemmi etici, per riconciliare i quali può essere utile il modello di sviluppo etico e cognitivo di W. Parry (1970). Per superare la questione morale, è necessario superare la paralisi relativistica, attraverso una ‘valutazione contestuale’ (Parry parla di ‘relativismo contestuale’). Ovvero, in ciascuna situazione interculturale, occorre valutare il modo migliore di comportarsi sia per gli altri, al fine di evitare che fraintendano, sia per noi stessi, per evitare situazioni imbarazzanti dovute alle differenze comunicative. Si pone dunque il problema dell’autenticità delle persone di fronte ai propri valori, comportamenti e stile comunicativo che sono basilari per passare allo stadio successivo dell’integrazione. Integrazione In quest’ultima fase l’identità diventa marginale e viene in definitiva avvertita come un processo mai concluso, in divenire. Le persone sono già biculturali o multiculturali, ma danno senso e coerenza alla propria pluralità attraverso un’azione riflessiva. 60 Se un individuo è plurale, ciò non significa di per sé che sia nella fase dell’integrazione. Perché una persona biculturale possa diventare ‘costruttiva’ deve conoscere e mettere in discussione la o le proprie culture. L’obiettivo dell’integrazione è la ricreazione di una nuova identità attraverso una nuova composizione degli elementi che costituiscono l’esperienza, l’accettazione di tale identità e la capacità di comunicazione della sua positività. L’identità emerge nell’atto stesso di definirla. L’identità marginale è quella della persona che opera al di fuori dei normali confini culturali. Peter Adler (2002) ha trattato estesamente le caratteristiche della “persona multiculturale”: essa sviluppa sempre nuovi sistemi di valutazione per ciascun contesto o situazione, e si trova sempre in una posizione di divenire. Bennet parla di dynamic inbetweenness per descrivere l’esperienza soggettiva di chi ha deciso di restare ai margini. Si possono distinguere due tipi di marginalità: ‘costruttiva’ e ‘incapsulata’. In relazione alla marginalità costruttiva, Parry descrive la posizione di impegno relativistico in cui rispettare visioni alternative significa allo stesso tempo accettare la responsabilità del proprio impegno e della propria opinione. Questa è la posizione di molti diplomatici o figli di diplomatici e/o di funzionari e operatori di organismi internazionali, o dei figli degli immigrati, per i quali è più facile trovare elementi in comune con altri marginali e che di solito fanno da ponte di comunicazione tra le persone e da mediatori. La marginalità incapsulata invece è la condizione di chi si sente intrappolato nella disintegrazione identitaria: le persone non sentono di appartenere a nessun gruppo e tendono a rinchiudersi in se stessi. E’ la condizione di molti espatriati, che non riescono a ricostruire un’identità coerente e diventano alieni nella loro stessa cultura d’origine. Essi hanno bisogno di rivedere la propria esperienza da un’altra prospettiva e soprattutto di lavorare sulla costruzione di una nuova identità. 61 4.1.3. Interesse del modello per il presente lavoro L’interesse del modello per la presente ricerca risiede tanto negli interrogativi che suscita quanto nella riserva di categorie interpretative che può offrire. Un primo nodo concettuale consiste nella definizione dello stadio della ‘minimizzazione’ di Bennet, nel quale rientrano le posizioni universaliste di chi considera gli ‘altri’ uguali a noi e non ne valuta le diversità come ‘elementi’ da conoscere e con i quali rapportarsi. Si ritiene interessante verificare come questo concetto potrebbe interrogare e interagire con alcune pratiche e progetti interculturali promossi dalle scuole: fino a che punto c’è in alcuni di essi la consapevolezza che considerare gli altri uguali a noi sulla base della (innegabile) comune appartenenza al genere umano (e dunque appunto minimizzandone la specificità) costituisce un punto di vista etnocentrico? Un discorso per molti aspetti simile si potrebbe fare per i valori alla base dei documenti europei che sostengono l’importanza dell’interculturalità: il rischio è che quella che viene proposta consista, ossimoricamente, in un’interculturalità etnocentrica. Infatti, le istituzioni europee definiscono un orizzonte comune di valori che hanno alla base un nucleo irrinunciabile di idee e costrutti culturali che sono profondamente intrecciati con la storia del continente europeo (es. i concetti di diritti umani, democrazia, primato del diritto, parità tra i generi etc. cf. Consiglio d’Europa, 2008). Si tratta di un ossimoro inevitabile? In altre parole, il discorso interculturale è una sorta di ideologia che, nella dialettica politica e socioculturale, si scontra comunque con la posizione dominante di uno o più gruppi? Ancora: nella descrizione dello stadio dell’adattamento Bennet parla di una “terza cultura virtuale che diventa uno spazio di sintesi e di adattamento delle culture che si incontrano”, senza che ciascun individuo rinunci ai suoi valori. La cultura terza è dialogica, ma non investe i valori, è legata alla situazione. Come risolvere, invece, le contrapposizioni valoriali profonde? In relazione alla metodologia della ricerca, l’interesse del modello consiste infine nel quadro psico-evolutivo della sensibilità interculturale che disegna, e che consente di avere un riferimento nell’interpretare le parole degli apprendenti all’interno di questo ‘continuum’. 62 Si tratta dunque di un quadro teorico al quale è possibile fare riferimento anche nell’interpretazione dei dati. 4.2. Il modello di Michael Byram Il modello sviluppato da Micheal Byram nell’ambito della didattica delle lingue straniere (Foreign Language Teaching o FLT), molto influente, è stato declinato sia in campo educativo che nella formazione professionale (Feng, Byram e Fleming eds., 2009) e ha avuto un’evoluzione nel tempo, della quale due tappe fondamentali sono state segnate dalla monografia Teaching and assessing Intercultural Communicative Competence (1997) e dalla raccolta di saggi From foreign language education to education for intercultural citizenship (2008). Il modello ha origine dall’esigenza di sviluppare una competenza socioculturale, così come affermato da Hymes e Habermas. Byram si collega alla teoria di van Ek, che, sviluppando le idee di Hymes (che non era interessato all’insegnamento delle lingue straniere), aveva collocato l’insegnamento delle lingue all’interno dell’educazione generale alla quale esso deve contribuire sviluppando una ‘competenza sociale’, promuovendo l’autonomia e sviluppando la personalità sociale. van Ek aveva tuttavia il difetto di prendere ancora come riferimento, in particolare per le competenze linguistica e sociolinguistica, il parlante nativo, laddove per Byram (id., p. 12) il risultato più desiderabile è un parlante “with the ability to see and manage the relationships between themselves and their own cultural beliefs, behaviours and meanings, as expressed in a foreign language, and those of their interlocutors, expressed in the same language - or even a combination of languages - which may be the interlocutors’ native language or not.” L’interesse di van Ek è stato l’individuazione di una serie di componenti dell’abilità comunicativa e interazionale per un’ulteriore analisi, tuttavia non si è occupato dei fattori sociali. Byram si propone dunque di integrare la sua riflessione prendendo in considerazione una serie di elementi: 63 - la comunicazione non verbale (già studiata da Poyatos), anche se, essendo questa in gran parte inconscia, l’apprendente dovrà soprattutto osservarla e metterla in relazione con la propria e non imitare il parlante nativo; - la comunicazione e l’interazione tra gruppi, già oggetto di interesse da parte di Ruben (1989), che, da una prospettiva psicologica ha individuato nella competenza cross-culturale alcune componenti (competenza nella costruzione e nel mantenimento delle relazioni, competenza nel trasferire le informazioni, competenza nell’ottenere accordi) relegando tuttavia quella linguistica in una posizione marginale (le componenti prese in considerazione rivelano l’origine del modello di Ruben nell’ambito degli studi sulle persone che viaggiano all’estero per affari). - i processi psicologici che operano quando comunichiamo interculturalmente, e in particolare aspetti quali la motivazione, la conoscenza, le abilità connesse con la riduzione dell’incertezza e dell’ansia, già studiati da Gudykunst in una prospettiva psicologica che non focalizzava però l’importanza della competenza in lingua straniera (a suo parere infatti nella comunicazione interculturale entrano in gioco gli stessi processi che agiscono nella comunicazione intraculturale e la competenza linguistica è considerata solo come un fattore di supporto). La motivazione, nella teoria di Gudykunst, ha ‘the need for a sense of a common shared world’, ma questo non corrisponde a un’entità statica e immutabile, bensì a un processo dinamico e che prende forma nell’interazione con gli altri. - Un altro aspetto preso in considerazione è che, se insieme alla lingua si insegna ‘la cultura’, questa si identificherà con buona probabilità con quella di un gruppo dominante (cf. Christiansen, 1994, che si ispira ai lavori di Bourdieu sul ‘capitale culturale’), pertanto Byram sostiene invece la necessità di sviluppare negli apprendenti un metodo, ovvero un processo di investigazione dove ogni singolo incontro sociale potenzialmente coinvolge diversi valori, opinioni e visioni del mondo. Perciò gli studenti non si dovranno limitare all’interazione solo con coloro che hanno accesso al capitale culturale dominante, e parimenti il loro capitale, anche se non dominante nel gruppo sociale di appartenenza, dovrà essere valorizzato. In ogni caso, Byram opta per un modello che contempli la descrizione delle pratiche, credenze e significati culturali, a patto che non siano presentati come statici e considera più vantaggioso concentrare l’insegnamento su un metodo che conduca alla scoperta della dimensione culturale. Byram si focalizza dunque sulla 64 comunicazione non verbale e sugli aspetti psicologici e socioculturali della comunicazione. La sua elaborazione prende inoltre come punto di riferimento non il native speaker ma l’ intercultural speaker, che non è più considerato svantaggiato come nei modelli precedenti, ma è un attore sociale impegnato in un’interazione diversa da quella tra parlanti nativi. Nel modello del 1997, prendendo le distanze dagli approcci comunicativi che identificavano l’apprendente di lingue straniere con il parlante nativo e abbracciando idee già elaborate da Kramsch,13 Byram definisce l’apprendente un intercultural speaker, precisando che le componenti della competenza che va a delineare vanno intese come miranti a formare non un turista, ma un sojourner, ovvero un visitatore temporaneo in un paese straniero. Byram considera il suo framework utile sia per le istituzioni educative, sia per i singoli: le prime devono infatti, da un lato, socializzare e rendere gli individui ‘fedeli’ allo stato, dall’altro prepararli ad esperienze interlinguistiche e interculturali inevitabili nel mondo contemporaneo. Da parte loro i singoli, ottenendo una certificazione delle competenze linguistiche e culturali, potranno essere accolti come sojourner in altri paesi. Si tratta di un modello teorico concepito per essere utilizzabile a tutti i livelli e in tutti i contesti dell’insegnamento, dall’educazione primaria a quella degli adulti, tuttavia alcune delle sue dimensioni presuppongono il raggiungimento dello stadio dello sviluppo cognitivo che renda possibile il ragionamento astratto e possono essere pertanto prese in considerazione solo a partire dalla scuola secondaria.14 13 Kramsch (1993) sostiene che gli apprendenti hanno diritto di usare una lingua straniera per i loro scopi e critica il modello del parlante nativo per due ragioni principali: esso crea un obiettivo impossibile ed è perciò preludio di un fallimento inevitabile; è impossibile anche perché, com’è stato dimostrato, anche i bilingui sono ‘imperfetti’ nella competenza linguistica, e ancora più lo sono in quella sociolinguistica o socioculturale; inoltre, anche se fosse possibile raggiungere i livelli del parlante nativo, ciò creerebbe un tipo sbagliato di competenza. Implicherebbe infatti che un apprendente fosse linguisticamente schizofrenico, abbandonando una lingua per confondersi in un altro ambiente linguistico, venendo accettato come un parlante nativo da altri parlanti nativi (p. 11). Inoltre, il modello del parlante nativo suggerisce la separazione dalla propria cultura e l’acquisizione della competenza socioculturale di un nativo, dunque una nuova identità socioculturale. 14 Cf id., p. 45-46. Peraltro Gonçalves Matos sottolinea come le cinque dimensioni, confluite nel Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue, siano state successivamente criticate dagli stessi autori, Byram e Zarate. E’ stato rilevato da Guilherme (2002, cit. da Gonçalves Matos) che il documento propone un approccio funzionale dove le questioni linguistiche sono centrali mentre i processi di insegnamento-apprendimento non sono problematizzati e nozioni cruciali come i concetti di intercultural awareness o cultural sensitivity rimangono vaghi e ambigui. Come nota Guilherme (ibid.), il potenziale critico nel Quadro rimane inesplorato. 65 La concezione del modello è finalizzata prevalentemente all’insegnamento delle lingue straniere, ma, l’autore suggerisce che, con opportuni adattamenti, esso potrà dare utili spunti anche nelle classi dove si insegna una L2. Non viene invece preso in considerazione l’insegnamento della lingua nazionale. Al suo interno, le dimensioni prese in considerazione, suddivise tra atteggiamenti, conoscenze e abilità, sono cinque: 15 Attitudes: relativising self valuing other (savoir être). Si tratta degli atteggiamenti necessari per interazioni di successo e si identificano con la curiosità e l’apertura, la disponibilità a sospendere il giudizio e ad avere rispetto per i significati, le credenze e i comportamenti degli altri. Necessaria è anche la volontà di sospendere la fiducia nei propri significati e comportamenti e analizzarli dal punto di vista degli altri con i quali ci si impegna a interagire. Knowledge: of self and other; of interaction: individual and societal (savoirs). Si tratta di conoscenze sui gruppi sociali e le loro culture sia nel proprio paese che in quello dell’interlocutore e della conoscenza dei processi dell’interazione tanto a livello individuale che sociale. Il primo tipo di conoscenze è, sebbene in diversa misura, acquisito automaticamente attraverso la socializzazione primaria (famiglia) e secondaria (educazione formale), mentre il secondo tipo è fondamentale per interazioni di successo, ma non è spontaneo. 16 La conoscenza dei gruppi sociali e delle loro culture è tanto più alta quanto maggiore è la prossimità tra individui e gruppi appartenenti a paesi diversi. La prossimità può essere geografica, in caso di paesi confinanti, oppure legata alla posizione di dominanza o marginalità nei mezzi di comunicazione (ad esempio la prossimità con gli U.S.A. è pressoché universale, mentre quella con un paese quale la Danimarca varia). Si tratta in ogni caso di una conoscenza relazionale, ovvero presentata in contrasto con le caratteristiche significative del proprio gruppo e della propria identità nazionale. 15 Cf. Byram, id., pp. 34-38. Questo tipo di conoscenza include ciò che per ciascun gruppo è emblematico e ciò che viene utilizzato per differenziarsi da altri gruppi ed è altamente cosciente, mentre altre caratteristiche sono date per scontate dai membri ed emergono solo in caso di confronto con altri gruppi. 16 66 Il secondo tipo di conoscenze, quello dei processi dell’interazione, non è acquisito automaticamente e ha bisogno di conoscenze sia dichiarative che procedurali su come comportarsi in determinate circostanze, per questo è collegato alle abilità di interpretare e collegare le informazioni. Skills: - Interpret and relate (savoir comprendre): corrisponde all’abilità di interpretare un documento o evento da un’altra cultura, per spiegarlo e collegarlo a documenti o eventi della propria. Se l’interpretazione di un documento proveniente da un altro paese sarà basata su conoscenze acquisite coscientemente, invece quella di documenti del proprio ambiente dipende di solito sia da una conoscenza cosciente, sia da una conoscenza data per scontata. Si tratta di un’abilità che non ha bisogno di manifestarsi nell’interazione, ma può basarsi solo sul lavoro sui documenti e può dunque esplicarsi in un lasso di tempo che non corrisponde a quello dell’interazione. - Discover and/or interact (savoir apprendre/faire): si tratta dell’abilità di acquisire nuova conoscenza su una cultura e sulle sue pratiche e di gestire conoscenze, atteggiamenti e abilità sotto i vincoli della comunicazione e dell’interazione in tempo reale. Entra in gioco quando l’individuo non ha o ha solo un parziale quadro di conoscenze. L’abilità di scoperta potrà avere natura strumentale o interpretativa. Quest’ultima non avrà bisogno di esplicarsi in un’interazione, in quanto l’interpretazione può riguardare anche dei documenti, mentre la conoscenza strumentale sarà acquisita in contesti nei quali è necessario raccogliere informazioni per avere accesso a determinati ambiti di una società nella quale si è ospiti. Un modo per scoprire informazioni è ovviamente attraverso l’interazione sociale. Quest’abilità può esplicarsi anche nell’assunzione di una funzione mediatrice che distingue l’intercultural speaker dal native speaker. Education: political education, critical cultural awareness (savoir s’engager) Si tratta dell’abilità di valutare criticamente e sulla base di criteri espliciti prospettive, pratiche e prodotti nella propria e in altre culture e paesi. Byram definisce questo punto come ‘a broader educational philosophy’, cioè una filosofia dell’educazione politica (Doyé, 1993, Melde, 1987 in Byram, id.) e lo 67 sviluppo di una consapevolezza culturale critica, con rispetto verso il paese degli apprendenti e gli altri (Byram, id., p. 33). In particolare, se già Doyé aveva sottolineato i punti di convergenza tra l’insegnamento delle lingue straniere e l’educazione politica rimarcando, tra gli orientamenti offerti agli studenti attraverso tutte le discipline (cognitivo, valutativo e orientato all’azione) soprattutto quello valutativo (intendendo, per FLT, una valutazione delle culture scevra dall’imposizione di particolari prospettive o set di valori),17 Byram accoglie questa impostazione accentuando però l’importanza della dimensione riflessiva che dovrebbe condurre a un orientamento cognitivo e valutativo anche verso la società degli apprendenti, alla relativizzazione di ciò che è dato per scontato e allo stimolo nella direzione dell’azione. Si tratta dunque non di un’abilità ma di una ‘cornice educativa’ che infatti nella rappresentazione grafica (Byram, id., p. 34) costituisce il punto d’incontro tra le altre componenti del modello. 4.2.1. Concetti e sollecitazioni tratte dal modello di Byram Il modello di Byram è stato preso come riferimento per la didattica della letteratura in lingua straniera con finalità interculturali (Gonçalves Matos, 2005) sebbene la sua complessità renda difficile, nei limiti orari della scuola, un utilizzo globale che consenta di sviluppare pienamente tutte le sue dimensioni (Burwitz-Melzer, 2001). In ogni caso, nella prospettiva della presente ricerca, le sollecitazioni teoriche e pratiche da cogliere e adattare all’insegnamento della lingua nazionale a livello secondario di primo grado sono molteplici. Lo stesso Byram sostiene peraltro che la didattica delle lingue straniere (FLT) non sia l’unico ambito in cui si possa sviluppare la competenza interculturale, poiché anche discipline quali la geografia, la storia e la didattica della letteratura consentono di fare esperienza dell’alterità. Tra le dimensioni di cui si è tenuto conto nella ricerca, si ritengono significative soprattutto le seguenti: - l’interpretare e mettere in relazione ciò che, nei testi letterari, appartiene a una o a più culture diversa/e da quella/e degli apprendenti; 17 Tuttavia altri (Starkey, 1995 in Byram, cit., p. 44) hanno sottolineato la necessità di prendere come punti di riferimento valoriali i diritti umani e l’educazione alla pace. 68 - la necessità di prestare attenzione, nella scelta dei materiali, a una rappresentazione realistica dei paesi che dovrebbe presto introdurre gli apprendenti a diversi gruppi sociali, includendo quelli a basso status o svantaggiati (Byram, id, p. 45); I testi letterari scelti per il percorso didattico proposto, che trattano argomenti correlati alle questioni identitarie e alla migrazione, si inseriscono in questa prospettiva (cf. infra, cap. 3). - la critical cultural awareness, ovvero la riflessione su ciò che, frutto di acculturazone, viene generalmente dato per scontato in relazione alla cultura dell’apprendente e che nell’approccio ai testi letterari può svilupparsi a partire dalle prospettive incrociate dei personaggi (cf. infra, cap. 3). Un ulteriore tema di rilievo viene discusso tra le premesse teoriche del quadro di Byram e riguarda le competenze del ‘parlante nativo’ nell’interazione interculturale. Byram sostiene che è necessario che questi sviluppi una competenza comunicativa diversa da quella che usa nell’interazione con altri parlanti nativi della sua stessa società di appartenenza, in quanto, anche se un parlante nativo parla la propria lingua, affinché uno scambio interculturale riesca egli dovrà avere le stesse conoscenze, atteggiamenti e abilità del suo interlocutore. A suo avviso, dunque, un corso di lingua straniera dovrebbe avere tra le sue finalità anche lo sviluppo delle competenze necessarie all’’ospite’ perché entrambi i partecipanti all’interazione devono cooperare affinché la stessa abbia successo. Mutatis mutandis, nella prospettiva di questo lavoro, si ritiene che anche nell’insegnamento di una lingua-letteratura ‘nazionale’ si possa e si debba tenere conto della necessità di incoraggiare in tutta la classe, ovvero sia nei membri del gruppo maggioritario sia negli alunni appartenenti a gruppi minoritari, atteggiamenti e consapevolezze che consentano di interagire in maniera efficace con i membri di tutti i gruppi socioculturali, sia per il presente che in vista del futuro personale e professionale. Altri concetti significativi emersi dall’analisi di esperienze didattiche fondate sul modello di Byram riguardano: - la costruzione delle competenze interculturali: esse si acquisiscono attraverso l’esperienza o attraverso programmi sistematici di istruzione?. (Fleming, 2009) 69 La prima posizione, sebbene tipica delle teorie legate alla formazione professionale, interroga la natura della consapevolezza culturale e interculturale degli alunni di origine straniera: nel caso di studenti nati o scolarizzati in Italia, la socializzazione secondaria attraverso l’istituzione scolastica è sufficiente a renderli coscienti delle diverse componenti identitarie che convivono in loro? In che modo l’insegnamento della lingua di scolarizzazione può contribuire alla costruzione di questa consapevolezza che, più che ‘inter’ sarebbe opportuno definire pluriculturale (Lévy, 2008) o transculturale (Lussier, 2007, cf. infra). - i concetti di ‘cross-cultural stress’ (Weaver, 1993) e ‘hidden dimension of culture’, ‘human GPS’ e ‘critical incident’ (Finkbeiner, 2009); - il concetto di ‘terzo spazio’ come spazio di sintesi nell’interazione (Kramsch, 1993; Feng, 2009). Il modello di Byram, nella sua evoluzione (2008) integra in un unico quadro teorico l’insegnamento della lingua nazionale, della lingua straniera e l’educazione ‘politica’, con una proposta funzionale a un curricolo che assuma come orizzonte comune e finalità globale la formazione di competenze per una cittadinanza interculturale (Education for Intercultural Citizenship o EIC). Si tratta di una proposta che, se accolta nel sistema scolastico italiano, potrebbe includere, oltre all’insegnamento delle lingue, la disciplina ‘Cittadinanza e Costituzione’ (nonché le ‘Attività alternative alla religione cattolica’ che, secondo la C.M. 28/10/1987, n. 316, dovrebbero essere finalizzate alla conoscenza dei diritti umani). Si tratta peraltro di un approdo teorico confluito, come si è già visto (cap. 1) nella Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curricoli per una educazione plurilingue e interculturale (2010) nonché nelle recentissime Indicazioni nazionali per le scuole dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione (2012). Gli assiomi per la EIC (Byram, 2008, pp. 186-188) sono i seguenti: a) Intercultural experience takes place when people from different social groups with different values, beliefs and behaviours (cultures) meet. In tale assioma si sottolinea come lo status del gruppo di appartenenza sia la premessa per l’autostima del singolo e si evidenziano le molte sfaccettature e la natura complessa della cultura, che viene acquisita con la socializzazione attraverso 70 le lingue ed è formata da categorie politiche (nazionalità), sociali (professionali, di classe sociale), geografiche (regionali), religiose etc. b) Being ‘intercultural’ involves analysis and reflection about intercultural experience and acting on that reflection. Il secondo assioma ribadisce la funzione imprescindibile della riflessione e della consapevolezza, perché in loro assenza l’individuo tenderebbe ad assimilare ai suoi i valori, le credenze e i comportamenti simili e a rifiutare, criticare o condannare quelli differenti. Si parla non più di ‘intercultural speaker’ ma di ‘intercultural person’, enfatizzando la dimensione globale della EIC. c) Intercultural citizenship experience takes place when people of different social groups and cultures engage in social and political activity (intercultural democratic citizenship experience takes place when people of different social groups and cultures engage in social and political activity founded on democratic values and practices). Questo assioma si focalizza sull’azione e sull’impegno sociale e politico, che ”may include the promotion of change or improvement in the social or personal lives of the intercultural Individuals or their fellows” (Byram, id., p. 186). L’assioma distingue tra cittadinanza interculturale e cittadinanza democratica e sottolinea che, in un contesto democratico, le attività devono giudicare valori, credenze e comportamenti secondo le definizioni di democrazia e principi democratici, e possono vertere anche sulla definizione di cosa definisca la democraticità. d) Intercultural citizenship education involves: causing/facilitating intercultural citizenship experience, and analysis and reflection on it and on the possibility of further social and/or political activity - i.e. activity which involves working with others to achieve an agreed end creating learning/change in the individual: cognitive, attitudinal, behavioural change; change in self-perception; change in relationships with Others (i.e. people of a different social group); change that is based in the particular but is related to the universal. 71 EIC deve promuovere le esperienze di cittadinanza interculturale e creare apprendimento e cambiamento nell’individuo, sia a livello di autopercezione, sia a livello di conoscenze e comportamento, sia a livello di relazione con l’Altro, ovvero una persona di un gruppo sociale diverso, e questo deve avvenire nell’esperienza particolare ma avere proiezioni universali. Le caratteristiche della EIC sono: 1) A comparative (juxtaposition) orientation in activities of teaching and learning, such as juxtaposition of political processes (in the classroom, school… country…) and a critical perspective that questions assumptions through the process of juxtaposition. Byram sostiene la necessità di procedere comparativamente facendo attenzione a far emergere ciò che appare scontato e che invece è frutto di un’interpretazione condivisa di un particolare gruppo sociale. Si tratta di un’a trasposizione delle dimensioni interpreting and relating e critical cultural awareness al curricolo per la cittadinanza interculturale. Tale orientamento comparativo potrebbe prendere la forma di una programmazione coordinata tra docenti di lingue e Cittadinanza e Costituzione. 2) Emphasis on becoming conscious of working with Others (of a different group and culture) through (a) processes of comparison/juxtaposition, (b) becoming aware of the influence of language and perceptions, whether L1 or L2/3/…and (c) becoming conscious of their multiple identities. La comparazione/giustapposizione deve avvenire sui concetti, e va focalizzato il rapporto tra lingua e percezioni, ovvero il fatto che la lingua dà forma alle percezioni, e che alle diverse lingue sono collegate le identità. Byram sottolinea che si tratta di un processo di coscientizzazione sia a livello intraindividuale che interindividuale. 3) Creating a community of action and communication that is supra-national and/or composed of people of different beliefs, values and behaviours which are potentially in conflict - without expecting conformity and easy, harmonious solutions. 72 Byram invita a far emergere i potenziali conflitti, quando le tendenze degli attori e operatori delle istituzioni educative vanno spesso nella direzione opposta, cercando di creare un clima ‘pacifico’, tanto che in molte scuole si parla di ‘educazione alla pace’ e si realizzano progetti con finalità di questo tipo.18 Certamente, al di là delle intenzioni che animano questi interventi, occorre dire che far emergere divergenze ed eventuali conflitti potrebbe e dovrebbe consentire una ‘detonazione’ controllata degli stessi e un loro riassorbimento all’interno di un’istituzione per mezzo della quale l’auspicio è che possano trovare una rielaborazione, se non una soluzione (che sarebbe forse un fine troppo alto, dato che obiettivo della scuola non è aspirare a risolvere o appianare tutte le disparità sociali ed economiche né la conflittualità esistenti nella società). 4) Having a focus and range of action different from that which is available when not working with Others, i.e. all those of whatever social group who are initially perceived as different, as members of an out-group. In presenza di persone inizialmente percepite come ‘diverse’, in quanto membri di un gruppo minoritario, occorrerà dunque focalizzarsi e agire in maniera differente rispetto alle prassi adottate in gruppi ‘omogenei’. 5) Emphasis on becoming aware of one’s existing identities, and opening options for social identities additional to the national and regional, etc. - paying equal attention to cognition/knowledge, affect/attitude, behavoiurs/skill. Nel contesto europeo, ciò si identifica con il dare spazio alla cittadinanza europea. 6) All of the above with a conscious commitment to values; rejecting relativism, whilst being aware that values sometimes conflict and are differetly interpreted; but being committed, as citizens in a community, to finding a mode of cooperation on the basis of shared aims and values. 18 Durante la fase preparatoria dell’indagine sul terreno, ad esempio, ci è stato negato da una Dirigente Scolastica l’accesso ad un istituto con la motivazione che alcune domande presenti nel questionario iniziale (cf. prequestionario, domande n.° 7, 23) che la ricerca avrebbe potuto far emergere dei conflitti tra gli alunni di origine diversa e ciò avrebbe vanificato il lavoro fatto nell’istituto medesimo ai fini dell’integrazione. 73 Byram sostiene la necessità di rifiutare il relativismo e di trovare il modo di cooperare sulla base di finalità e valori condivisi. Nel contesto europeo, è plausibile ritenere che la ‘cornice’ valoriale sia quella della democrazia, del primato del diritto, dei diritti umani, della parità tra i generi (Consiglio d’Europa, 2008). Per gli assiomi e le caratteristiche di EIC cui si fa qui riferimento, che hanno orientato la scelta dei testi e delle attività svolte durante il percorso di ricerca-azione, cf. infra, cap. 3. 4.3. Il quadro concettuale di Denise Lussier Il quadro concettuale definito da Denise Lussier in ambito canadese ed europeo (Lussier, 1997; Lussier, 2001; Lussier et al., 2000–2008), integra molte componenti afferenti all’elaborazione teorica precedente sulla competenza comunicativa interculturale (ICC), tra cui anche alcune già presenti in Byram (cf. Lussier 2007, p. 316). Il quadro appare particolarmente interessante e utile ai fini del presente lavoro, anche perché finalizzato in maniera specifica all’utilizzo in ambito educativo e scolastico e destinato soprattutto ai giovani apprendenti (a differenza di quello di Byram che ha un ‘pubblico’ potenziale molto più vasto, dai bambini agli adulti e dall’ambito educativo a quello della formazione professionale). Il quadro comprende tre dimensioni: cognitiva (knowledge), delle abilità (skills) ed esistenziale (being), all’interno delle quali definisce il livello più alto del dominio esistenziale transcultural interpretation (già in Meyer, 1991). La finalità che Lussier si propone è la creazione di un’epistemologia dell’alterità (Lussier, 1997 e 2007). Lussier colloca la sua riflessione nella cornice disciplinare della didattica delle lingue e culture e le teorie psico-pedagogiche di riferimento sono cognitivismo,19 sociocognitivismo,20 culturalismo 21 e sociocostruttivismo. Lussier fa riferimento nello specifico ai tre stadi dello sviluppo: egocentrico, sociocentrico e della reciprocità identificati da Piaget e Weil (1951). Solo nel terzo stadio i bambini possono percepire le visioni di sé da parte degli altri e comprendere che loro stessi potrebbero essere visti come stranieri. Wiegand (1992) distingue gli atteggiamenti dei bambini in relazione all’età: tra i 6 e gli 8 anni apprezzano le caratteristiche esotiche; tra i 7 e i 9 si basano sugli stereotipi del loro ambiente; tra i 9 e gli 11 sono capaci di accettare le somiglianze tra loro e altre persone. 19 74 Le prospettive sulla cultura sono antropologiche, sociologiche22 e psicosociali, mentre come definizione operativa Lussier sceglie quella dell’Unesco, secondo la quale la cultura è: the set of distinctive spiritual, material, intellectual and emotional features of society or a social group, and that it encompasses, in addition to art and literature, lifestyles, ways of living together, value systems, traditions and beliefs. (Unesco, 2002) La cultura emerge nell’interazione tra gli individui e la lingua, oltre che un mezzo di comunicazione, lo è anche di rappresentazione (Bennet, 1998). Lussier afferma l’importanza del considerare la specificità culturale dell’alterità e ritiene che non si possa affrontare la specificità interculturale senza parlare di interculturalismo. Si propone dunque di dimostrare che ICC è una dimensione più ampia della cultura ‘per se’ (come tradizionalmente intesa nella didattica delle lingue). Tra gli studi e i concetti che hanno preparato il terreno all’elaborazione teorica della ICC, Lussier richiama quelli sulla comunicazione interculturale (Damen, 1987; Beneke, 2000; Fantini, 2000, cit. in Lussier, 2007) e sulla competenza interculturale (Meyer, 1991, cit. in Lussier, id.). Sottolinea inoltre il ruolo del pensiero e delle emozioni e non solo del comportamento (Bennet, 2004) e gli studi sull’intercultural speaker che hanno evidenziato le dimensioni affettiva e cognitiva. L’acquisizione linguistica viene considerata componente della socializzazione e questo processo come le rappresentazioni dei valori devono essere considerati fondamenti dell’etica della comunicazione trans-culturale e trans-nazionale (Lussier, id. p. 312). Il richiamo è agli studi in cui Vygotsky (1962; 1971) studia come la cultura ‘esterna’ venga interiorizzata dal bambino, ovvero focalizza il passaggio dai processo interpersonali a quelli intrapersonali. 21 Bruner (1996) sostiene che l’educazione dovrebbe costituire l’ingresso nella cultura, in quanto la ‘cultura dell’educazione’ è considerata come socializzazione nei modi culturali di conoscere, credere, fare e dare valore. 22 In particolare, vengono menzionati i tre approcci sociologici alla ricerca e allo sviluppo della cultura definiti da Kane (1991): il primo considera la cultura come un insieme di forme simboliche attraverso le quali le persone sperimentano ed esprimono significato; il secondo la studia per enfatizzare il radicamento delle sue pratiche simbolizzanti all’interno di una cornice di costrizioni economicamente determinate; il terzo è l’approccio etnografico discusso da Geertz (1975) per enfatizzare la thickness dell’interazione sociale quotidiana. 20 75 ICC è considerata una dimensione più ampia di quella di cultura, e significa sviluppare strategie per gestire i malintesi e lo scontro tra culture e incoraggiare la scoperta di somiglianze e l’accettazione delle differenze. Significa sviluppare la ‘xenofilia’ e lavorare per cambiare comportamenti e atteggiamenti negativi e xenofobi. La natura sociale dell’apprendimento si fonda sulla integrativeness dell’apprendente in riferimento all’esposizione, comprensione e risposta empatica verso le altre culture. In realtà l’apprendimento, come agente di inculturazione, dipende da un forte sostegno all’identità della prima lingua dell’apprendente e poiché il processo di socializzazione comincia alla nascita, è importante lavorare con i giovani apprendenti. Infatti, agendo sulla conoscenza, sia dichiarativa che procedurale, è possibile anche agire sul mondo sociale. E’ essenziale capire come lavorare sul cambiamento di comportamenti e abitudini negative, e per far questo Lussier sostiene che è necessaria una cornice concettuale di riferimento che integri lingua, pensiero e cultura per lo sviluppo di una ICC e sostiene che le definizioni di cultura che rendono conto degli approcci umanistico, sociologico e antropologico devono essere adeguate.23 Secondo Lussier (1997), l’ICC è basata su conoscenza, abilità e atteggiamenti in aggiunta alle componenti linguistica, sociolinguistica e pragmatica/discorsiva che distinguono la competenza linguistica. In questa prospettiva, lo sviluppo della competenza linguistica deriva dallo sviluppo della ICC che comprende tutti i differenti fattori cognitivi, psicologici e affettivi per influenzare la costruzione di lingua, pensiero e cultura. 23 Lussier sottolinea che imparare una lingua straniera significa imparare a interagire come un parlante competente interculturalmente, mentre troppo a lungo gli insegnanti di lingua straniera sono stati portati a insegnare la lingua come un sistema formale. Stern, nel 1983, riconobbe la necessità di un curriculum distinto sulla ‘cultura’, più complesso della componente sociolinguistica, com’è definito nei modelli dell’approccio comunicativo (Consiglio d’Europa, 2001). Recentemente, Coste ha sostenuto che la dimensione interculturale non è stata sviluppata a sufficienza nel Quadro comune europeo di riferimento per le lingue (2002) e che sarebbe necessario un altro quadro concettuale per affrontare questo problema. 76 4.3.1. La struttura concettuale della ICC Secondo il quadro concettuale di Lussier, interagire efficacemente tra le culture significa compiere una negoziazione tra individui basata su schemi sia culturespecific, cioè specifici delle culture coinvolte nella negoziazione, sia cultural-general, ovvero specifici della cultura in generale. Gli alunni devono ampliare il loro orizzonte, e per fare questo non basta aggiungere visioni lineari delle pratiche discorsive, perché questo non può condurre a una epistemology of Otherness (Lussier, 1997) coerente ed integrata, ma c’è bisogno di un quadro concettuale di riferimento. Le considerazioni morali ed etiche sono però lasciate agli individui, alle istituzioni, alle scuole e agli insegnanti. Il quadro concettuale si basa su tre competenze: 1. competenza cognitiva basata sulla conoscenza; 2. competenza procedurale basata sulle abilità (know-how); 3. competenza esistenziale basata su fattori affettivi e psicologici. Tiene anche conto delle teorie e dei modelli esistenti e dei tre modi dell’apprendimento come descritti da Rumelhart (1980) negli schemi di interiorizzazione della conoscenza del bambino: - accretion: la conoscenza è lasciata nella memoria - tuning: coinvolge la modificazione degli schemi esistenti dopo diverse esperienze - restructuring: la creazione di nuovi schemi, sia attraverso analogia che induzione. Tutte le componenti devono essere in ciascuna unità di insegnamento, dato che lingua e cultura sono complementari, e non in un rapporto gerarchico (Lussier, id., p. 317). a. Intercultural cognitive competence Nel primo ambito del modello si inscrivono tre approcci all’insegnamento, ciascuno dei quali ha la stessa rilevanza. Lo schema che segue sintetizza il dominio della intercultural knowledge competence. 77 (Fonte: Lussier, 2007, p. 319) L’approccio umanistico refers to knowledge of the world linked to collective memory. This dimension includes the acquisition of formal and explicit knowledge. ‘Culture’ is defined as high culture or artistic culture with capital ‘C’, the heritage of civilization and thought (Galisson, 1991, p. 2). It includes geography and history of other cultures and of the target culture. It also refers to culture as the expression of civilization which involves the study of literature, arts, music and painting. It is the representation that a specific social society gives of itself through its material productions (Kramsch, 1993, p. 55; (Lussier, id, p. 318). L’approccio socioculturale The sociocultural approach refers to knowledge linked to the socio-cultural context. It considers culture as a social phenomenon. Teaching should rely on documents aiming at giving facts, statistics and social data on a specific subject. It is based on factual information that each individual should learn about a given culture in order to adjust to diverse cultural 78 contexts. It includes knowledge of the target societies and cultures of the spoken language communities; their interpersonal relations between classes, sexes, generations, races; political and religious groupings or institutions, as well as major values, beliefs and attitudes regarding regional cultures, national identities and minorities. Such factual information is the reference point to any real and impartial comparison with other societies (id.) L’approccio antropologico refers to knowledge linked to the diversity in ways of living and thinking. It is centred on human beings and their ways of coping with different situations in different contexts. This type of knowledge refers to the daily life or as culture with a small ‘c’ (Holliday, 1999) often referred to as behavioural culture. It encompasses similarities and distinctive differences between one’s own world and the world of the other and other cultures. It includes habits and customs, institutions and norms, expectations, moral and legal codes, stereotypes, expressions of folk-wisdom, politeness conventions, register differences, dialects and accents, everyday attitudes and feelings conveyed by paralinguistic features such as dress, gesture, facial expression, stance and movement, etc. It is part of the ‘external’ culture and implies mostly beliefs and behaviour explicitly learned (Weaver, 1986). It is a level of accretion because information is laid down in memory and not necessarily transferred to real life situations (id.) Questo primo dominio costituisce una competenza fondamentale, ma subordinata alle altre due (procedurale ed esistenziale) e si rivela attraverso di esse. b. Intercultural skills L’immagine che segue sintetizza le dimensioni dell’ambito delle intercultural skills: 79 (Fonte: Lussier, 2007, p. 321) La prima dimensione, to function in the target language ‘linguistically’ speaking”, include tra le sotto-dimensioni il rendere effettiva la conoscenza e la lingua acquisita in diversi contesti come appresa nella classe. Le scale di performance delle abilità linguistiche sono tante, tra le quali, per la competenza comunicativa, quelle del QCERL del 2001. Ma secondo Lussier, in questa nuova epoca, bisogna dare uno spazio maggiore e più esplicito alla competenza socio-culturale e alla ‘subtestualità’, ovvero all’analisi dei messaggi e valori nascosti trasmessi attraverso artefatti culturali. I libri di testo dovrebbero dare all’insegnante la possibilità di avere una thick description e materiali per la discussione sugli elementi invisibili della cultura. Quindi: la competenza comunicativa, centrale nel QCERL, è incorporata nel secondo dominio del quadro concettuale di Lussier, che raggruppa all’interno della stessa competenza la capacità di comunicare e di essere consapevoli della parte occultata della ‘cultura’ target. Nel presente lavoro, si è tenuto conto di questa dimensione sia nella fase della selezione dei testi letterari (che si è indirizzata su opere che consentissero di far 80 emergere la subtestualità negli artefatti culturali, costituiti dai testi letterari) sia nella fase della prassi didattica (cfr. infra, cap. 3). La seconda dimensione è to adjust and to interact with social and cultural environments e consiste nell’imparare fuori dalla classe, attraverso pratiche plurilingui e pluriculturali in vari ambienti culturali e sociali. Gli apprendenti devono adattare le conoscenze cognitive alle situazioni di vita reale, usando la cultura e la lingua bersaglio per l’’acquisizione linguistica’ (Krashen, 1976, 1981 cit. in Lussier, id., p. 320) per sviluppare abilità interculturali, e non solo linguistiche. Per questo sono importanti esperienze all’estero o dei ‘field studies’ per influenzare atteggiamenti positivi e sviluppare la comunicazione interculturale. Si tratta di una dimensione centrata specificamente sull’insegnamento delle lingue straniere e la cui definizione è meno necessaria per le lingue nazionale e seconda come nel caso del presente lavoro, in ogni modo se ne è tenuto conto a livello metodologico attraverso la rilevazione nel percorso didattico e di ricerca delle esperienze degli apprendenti all’estero in quanto fattori di influenza sui loro atteggiamenti di apertura/chiusura verso altre lingue e culture. La terza dimensione è definita to integrate and to negotiate the target language and culture e include il prendere in considerazione altri contesti culturali nell’interazione con persone di altre culture e il saper argomentare e interpretare interculturalmente messaggi che possono avere diverse interpretazioni, negoziando conflitti e situazioni di fraintendimento. c. Existential competence L’ultimo ambito delle competenze (cf. schema infra) si concentra sullo sviluppo di atteggiamenti e rappresentazioni culturali che danno forma alla nostra visione del mondo e allo sviluppo dei valori durante la costruzione dell’identità. E’ alla base della xenofilia e della xenofobia, e raccoglie tre dimensioni: - cultural awareness - critical appropriation - trans-cultural interpretation 81 (Fonte: Lussier, 2007, p. 322) La prima dimensione, cultural awareness, è un concetto introdotto nel 1988 e basato sull’accettazione di un concetto antropologico di cultura (Menecke, 1993) e costituisce un momento di passaggio tra la cultura dell’apprendente e la consapevolezza delle altre culture. La lingua usata può essere la L1 o la L2. Intende portare l’apprendente dalla conoscenza monoculturale alla ‘conoscenza culturale’, che è considerata come il primo gradino della conoscenza interculturale (Meyer, 1991). In termini di risposta affettiva, questa dimensione può essere associata a un livello di tolleranza, ovvero alla consapevolezza che l’intolleranza potrebbe portare violenza e instabilità sociale. E’ definita come the acceptance of others, refraining from wishing to destroy them or at least to banish them because they disturb us. It involves willingness to work and live with people who are different, refraining from banishing them from 82 active life in our society, or even waging war upon them. (Byram, 1989, p. 89) Nel percorso didattico della ricerca-azione, si è lavorato su questa dimensione a partire dal concetto di cultura (cf. infra, cap. 5). La seconda dimensione è la critical appropriation, che significa essere in grado di accettare e interpretare la conoscenza di sé e la propria identità, con rispetto per i valori conservati da altre culture e individui dalle credenze differenti. Implica un’analisi della conoscenza precedentemente appresa. Secondo la teoria dello schema di Vygotsky, porta l’individuo da un processo interpersonale a un livello intrapersonale di apprendimento e introspezione del proprio sistema di valori. E’ uno stadio valutativo, che lascia spazio per la chiarificazione dei valori e per l’interpretazione. Porta l’apprendente dalla competenza culturale alla competenza interculturale e dall’egocentrismo al sociocentrismo (Piaget e Weil, 1951). La consapevolezza critica porta a una pedagogia critica (Guilherme - Durate, 2000). La cultura nella pedagogia critica è vista come una disciplina che supera i confini e la divisione gerarchica tra cultura alta e popolare. Attraverso la consapevolezza critica si può demistificare la superficie, le espressioni e le rappresentazioni culturali e sociali che implicano il raggiungimento di una comprensione reciproca attraverso argomentazione e giustificazione (Guilherme Durate, 2000) Significa guidare l’apprendente verso una consapevolezza critica invece che conservatrice. L’apprendente acquisisce la capacità di capire le prospettive degli altri e di riflettere sulle sue prospettive attraverso un processo di decentramento e un livello di reciprocità. Ciò invoca una dimensione morale e include la capacità di discutere e argomentare. Lo scontro e la discussione con altre culture per mezzo di interlocutori stranieri richiede un riordinamento delle percezioni a un nuovo livello di socializzazione. In termini di risposte affettive, questa dimensione è vista come ‘simpatia’, che è descritta come affinità emozionale. Per Brown (1986), essa consiste in un sentimento di armonia tra individui basato sulla comprensione culturale. Riflette apertura verso le altre culture e adattamento a diverse credenze e valori. 83 L’ultima dimensione è la transcultural competence, che rappresenta il più alto livello di competenza. Implica l’integrazione di nuovi valori, il rispetto di altri valori e la valorizzazione dell’alterità che deriva dalla coesistenza di diversi gruppi etnici e culture che evolvono in una stessa società o in distinte società mentre promuovono l’arricchimento dell’identità di ciascuna cultura in contatto (Lussier, id., p. 324). E’ definita savoir s’engager da Byram, e hermeneutic stage (Kramsch, 1993; 1998) e mira a una descrizione della cultura ‘densa’ invece che ‘sottile’ (Geertz, 1975). E’ considerata pensiero critico (Guilherme-Durate, 2000) con una prospettiva e una visione del mondo dinamica. L’apprendente diventa un parlante critico interculturale, la cui abilità principale è quella di interrogare, esplorare, perfino valutare mantenendo il suo punto di vista ristretto, situato, e tenendo a mente che nessuna prospettiva ha validità universale. E’ consapevole dell’evoluzione dell’identità etnica, nazionale o di altro tipo, e del fatto che ciascuna di esse è dinamica e coinvolge una costante negoziazione tra ricordo e dimenticanza, idiosincrasie e interessi comuni. In termini di risposta affettiva alle altre culture, questa dimensione è vista come ‘empatia’. Questo nuovo termine è apparso nel 1928, e lo si riteneva un atteggiamento che non lasciava spazio all’acquisizione, mentre dopo studi sulla formazione all’empatia si è concluso che essa può essere potenziata. L’empatia deriva da un rafforzamento dell’apprendimento cognitivo attraverso quello affettivo. Le dimensioni della competenza transnazionale, la competenza trans-culturale e la relativizzazione (Meyer, 1991) sono complementari all’educazione linguistica. Risager ha proposto di investigare quattro approcci alla cultura per l’insegnamento di una lingua straniera: - foreign-cultural, corrente negli anni ‘80 - intercultural, dominante oggi - multicultural, in una posizione marginale -trans-cultural, che ha appena cominciato dell’internazionalizzazione. 84 ad apparire come risultato La struttura concettuale di Lussier, come descritta e validata empiricamente, è basata sull’ultima proposta. Nel processo dell’integrazione europea, l’ultima proposta sembra la più appropriata, cosa che vale anche per tutte le società plurilingui e multiculturali. Lussier conclude che è necessaria ulteriore ricerca multidisciplinare per cogliere le interrelazioni radicate in lingua, pensiero e cultura. 4.4. Conclusioni sulla nozione di competenza interculturale/competenza comunicativa interculturale Per concludere, occorre ricordare che il concetto stesso di ‘competenza interculturale’ è molto controverso, in quanto, come si è visto, è stato definito in modi differenti e che di volta in volta sono stati sostenuti da alcuni e criticati da altri (Spitzberg e Changnon, 2009). I modelli esistenti sono stati criticati per diversi motivi: - è stato rilevato che non prendono sufficientemente in considerazione le dimensioni fisiologiche ed emotive definendo un interattante troppo logico e razionale, dunque lontano dalla realtà; - i modelli sono stati definiti quasi tutti in ambito anglosassone o comunque occidentale, potrebbero dunque essere essi stessi portatori di punti di vista etnocentrici (ad esempio, enfatizzano il ruolo dell’assertività dell’individuo a discapito del gruppo sociale, mentre questo appare problematico nelle società a tendenza collettivista come quelle orientali); - collocano la competenza nell’individuo mentre da più parti si è proposto di collocare la competenza nell’interazione (Spitzberg e Changnon, id., pp. 35-44). - infine, sono stati identificati più di 300 termini e concetti per definire le componenti nei modelli della competenza interculturale (id.), sebbene le analogie tra molte di esse potrebbero consentire la messa a punto di un quadro teorico molto più sintetico. In ogni caso, tra le componenti, in tutti i modelli troviamo attitudes, knowledge, skills, behaviours (Barret, 2012), le cui relazioni reciproche non sono state tuttavia ben definite, e hanno bisogno di essere investigate attraverso la ricerca empirica piuttosto che teorizzate a priori. 85 In ogni caso, è stato rilevato che la ricerca esistente supporta le seguenti conclusioni: Intercultural competence can be enhanced through intercultural education and training (e.g., Klak & Martin, 2003; Pascarella, Edison, Nora, Hagedorn & Terenzini, 1996). Intercultural competence can also be enhanced through a range of intercultural experiences, for example by attending international schools, attending multi-ethnic institutions which have a non-discriminatory environment, or by having extensive contact with people from other countries (e.g., Pascarella et al. 1996; Straffon, 2003; Zhai & Scheer, 2004). Females, older individuals and minority individuals tend to have higher levels of intercultural competence than males, younger individuals and majority individuals, respectively (e.g., Pascarella et al. 1996; Zhai & Scheer, 2004). Intercultural competence may be related to holding a more global, international perspective and lower levels of ethnocentrism (e.g., Caligiuri, Jacobs & Farr, 2000). Some individual and personality characteristics such as optimism, openness and extraversion may also be related to higher levels of intercultural competence (e.g., Caligiuri et al., 2000). Advanced proficiency in one or more foreign languages is also sometimes related to higher levels of intercultural competence (e.g., Olson & Kroeger, 2001).” (Barret, id. p. 25) Date le esigenze delle istituzioni europee di incoraggiare la coesione sociale, appare necessario sviluppare strumenti e materiali da usare nei contesti educativi per incoraggiare la competenza interculturale (Barret, ibid.). 5. Il piacere della lettura e la motivazione Nella nostra società, “i giovani avvertono una sempre maggiore estraneità al testo letterario, mentre la scuola non è più l’unica agenzia preposta alla formazione, e anzi appare progressivamente marginalizzata rispetto ad altre più potenti (per esempio, rispetto al mondo delle comunicazioni e delle informazioni” (Luperini, 2009, p. 256). I mezzi di comunicazione quali la televisione e internet e strumenti quali personal computer, tablet, videogiochi, telefoni cellulari etc. sono stati da più parti accusati di ridurre lo spazio della lettura (Detti, 1998), tuttavia, se già Rodari (1976) sosteneva che contrapporre il libro al cinema o alla televisione e affermare che questi ultimi togliessero tempo alla lettura fosse un luogo comune, studi recenti hanno mostrato 86 un quadro più complesso della correlazione tra fruizione del personal computer e lettura, evidenziando come negli ultimi anni sia aumentato il numero di coloro che utilizzano sia il pc che i libri (cf. Morrone, Savioli, 2008, p. 52-56). Se secondo alcuni il libro ha perso la sua centralità educativa (Luperini, id, p. 261), la scuola non può tuttavia smettere d’interrogarsi su come stimolare il gusto e il piacere della lettura, soprattutto in coloro che appartengono a famiglie di ‘non lettori’, che spesso coincidono con le fasce sociali più deboli, che sono ‘intrappolate in un circolo vizioso di bassa scolarizzazione, lavori poco stimolanti e formazione continua pressoché inesistente (Morrone, Savioli, 2008, p. 52). In che modo può allora l’educazione letteraria contribuire a stimolare il ‘piacere’ della lettura? Quest’espressione è stata oggetto di interesse da una molteplicità di prospettive, tra le quali le più rilevanti ai nostri fini appaiono quelle psico-pedagogica, letteraria, didattica e glottodidattica. La parola ‘piacere’ è confluita peraltro anche nei documenti ministeriali, come le recenti ‘Indicazioni nazionali per le scuole dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione’ (2012). Nei decenni passati, la scuola è stata in ogni caso accusata da più parti di responsabilità nell’’uccisione’ del piacere della lettura, a causa dell’eccessiva attenzione prestata alla dimensione del ‘dovere’, che l’avrebbe condotta a trascurare troppo spesso gli aspetti emotivi (Levorato, 2000) e il coinvolgimento motivazionale degli alunni per un paradigma didattico fondato su un approccio eccessivamente analitico, al punto da essere accusato di pedanteria (De Bartolomeis, 1983, p. 30). Ci si riferisce in particolare all’uso di terminologia e concetti della critica e dell’analisi letteraria e alla pratica di approcci formali che rischiavano di mettere in secondo piano le emozioni legate alla lettura e, con esse, le motivazioni. Sono stati dunque proposti approcci ‘emozionali’ (Levorato, id.) e, anche in glottodidattica, fondati sul ‘piacere’ (Freddi, 2003; Balboni, 2006). Come si è visto nel cap. 3, l’approccio definito in questo lavoro non va nella direzione di una lettura spontaneistica, in quanto nella prospettiva adottata la lettura è vista sia come un piacere, sia come un potente mezzo di conoscenza capace di stimolare la riflessione e il decentramento (Bredella, 2000). La scelta di testi caratterizzati in buona parte dalla cifra stilistica dell’ironia (in particolare, i testi di Scego, Moll, Wadia, cf. allegati) va in questa direzione. 87 Ma, dal momento che tra la ‘teoria privata’ dell’insegnante24 e la ricezione degli studenti può esserci anche una notevole discrepanza, attraverso gli strumenti dell’indagine si intende raccogliere le reazioni degli alunni, sia positive che negative, per poter definire, nella proposta conclusiva del presente lavoro, criteri per approcci al testo il più possibile coinvolgenti e motivanti. Quanto alla motivazione, si tratta di una nozione che si può leggere da diverse prospettive disciplinari, quali quella delle scienze dell’educazione, della didattica delle lingue-culture, delle scienze sociali. Nell’orientamento attualmente prevalente nelle scienze dell’educazione, come si è già visto il concetto di motivazione ha assunto una significativa rilevanza, in collegamento con la nozione di competenza e con l’importanza che, per la definizione di quest’ultima, ha il soggetto. Infatti, se il contributo principale del cognitivismo rispetto al comportamentismo (per il quale la mente era una ‘scatola vuota’) consiste nell’aver incluso il soggetto nelle dinamiche comprendenti saperi/abilità/capacità che portano alla competenza, in una fase di sviluppo successiva della ricerca psico-pedagogica, che è stata definita ‘personalista’, il soggetto assume un ruolo decisamente centrale, diventando il punto di partenza per la costruzione di qualunque competenza, proprio per l’imprescindibilità della motivazione. Infatti, visto lo sforzo che la costruzione delle competenze presuppone, difficilmente esse possono essere conseguite in assenza della spinta motivazionale (Cegolon, 2008, p. 106). All’interno del modello personalista nell’ambito della teorizzazione della competenza, dunque, il soggetto rivendica ora un’attenzione che va oltre una sua presenza meramente mentale, il soggetto vuole essere considerato anche per i suoi aspetti affettivi, volitivi, relazionali, il presente e il passato della sua storia, le sue proiezioni future, insomma tutta la sua realtà 24 Dodman differenzia due teorie nell’insegnamento, quella pubblica e quella privata, che definisce in questi termini: “La teoria pubblica è il tipo di modello che pone, per esempio, una spiegazione comportamentista o cognitivista alla base dell'apprendimento umano oppure elabora un modello specifico di acquisizione di una seconda lingua. La teoria privata è l'insieme di intuizioni, domande, speculazioni, ipotesi, spiegazioni e decisioni che informano la propria prassi quotidiana. Capire l'interazione fra i due tipi di teoria è fondamentale per la capacità dell'insegnante di rendere la propria azione oggetto di ricerca.” (Dodman 2003, pp. 15-22) 88 personale che, in tal modo, guadagna centralità nella questione delle competenze. (Cegolon, 2008, p. 109) Inoltre, la prospettiva delle scienze dell’educazione può essere utilmente integrata da quella delle scienze sociali, in particolare se si considerano gli studi sull’inclusione delle ‘seconde generazioni’. Tra le diverse prospettive sociologiche individuate da Maurizio Ambrosini (2005), gli studi di impianto strutturalista considerano “i figli di immigrati…permanentemente svantaggiati e condannati all’esclusione dalle occupazioni migliori. L’insuccesso scolastico sanziona la discriminazione sociale.” (id., p. 179) Queste posizioni sono molto diffuse tra gli studiosi europei, e rispecchiano un contesto meno ricettivo verso l’immigrazione rispetto a Stati Uniti, Canada o Australia. Le seconde generazioni sono soggette al ‘paradosso dell’integrazione’ (Rea, Wrench e Ouali 1999, 2; cit. in Ambrosini, id., p. 171): “i figli si proiettano verso un arco molto più ampio di opportunità, ambite anche dagli autoctoni, esponendosi a situazioni in cui è più probabile incontrare razzismo e discriminazione” (id.). Inoltre, a un livello di istruzione pari a quello degli autoctoni non corrispondono le stesse opportunità, e il trattamento discriminatorio percepito influenza la motivazione allo studio e la disponibilità verso la formazione. Questa prospettiva individua dunque nell’integrazione socioeconomica e nell’accettazione da parte della società ricevente il fattore che determina la motivazione allo studio. La scuola da sola avrebbe perciò relativamente pochi strumenti per promuovere la motivazione allo studio, se considerata dai giovani di seconda generazione come una struttura istituzionale espressione di una comunità di accoglienza sostanzialmente escludente. Eppure, ciononostante, se ci poniamo dal punto di vista dell’istituzione scolastica, dato che questa rappresenta il luogo che per eccellenza favorisce (o dovrebbe favorire) l’inserimento dei minori di origine immigrata nella comunità di accoglienza, essa può e deve agire mettendo in campo tutte le strategie a disposizione e creandone se necessario di nuove affinché tale inserimento avvenga nelle migliori condizioni possibili. 89 In questo senso, si ipotizza che motivare alla lettura di testi della letteratura della migrazione piacevoli e attraverso il piacere possa anche promuovere rappresentazioni non stereotipate dell’alterità. Le diverse prospettive disciplinari sulla motivazione ci hanno consentito di puntualizzarne alcune componenti fondamentali, che fungeranno da guida nell’analisi dei dati. Nella ricerca effettuata i discorsi degli apprendenti sono analizzati per comprendere quali elementi, nei testi letti e nelle attività svolte, abbiano favorito o ostacolato il piacere della lettura, e quali abbiano contribuito a incrementare oppure far cadere la motivazione. Si tratta chiaramente di un’analisi che deve tenere conto delle caratteristiche di ogni studente, che si è cercato di cogliere in un questionario iniziale che funge da punto di riferimento per individuare appunto alcuni tratti del singolo soggetto. 6. La costruzione dell’io scolastico Alcune delle domande di ricerca si propongono di indagare la questione che riguarda I contributi che l’educazione letteraria può dare alla costruzione dell’io scolastico. Dai dati raccolti si cercherà dunque di cogliere, se non delle vere e proprie risposte, almeno delle buone piste e sollecitazioni nelle seguenti direzioni: in che modo l’educazione letteraria può contribuire alla costruzione dell’io scolastico? Quali testi possono offrire i materiali più adatti? Quali attività? Come utilizzare a questo fine materiali letterari provenienti dalla letteratura della migrazione? Ma prima di procedere, sarà innanzi tutto necessario definire cosa si intende per ‘io scolastico’. Se adottiamo la prospettiva della psicologia dello sviluppo, la fase che prendiamo in esame nella ricerca, ovvero la preadolescenza e l’adolescenza, viene definita come quello che più di altri concorre alla ricerca e alla conquista dell’identità (Smorti 2001). Si tratta di una fase contraddistinta da cambiamenti tumultuosi, sia a livello fisico (sviluppo puberale), sia psicologico (conquista di una maggiore autonomia). 90 Un altro elemento importante in relazione al contesto scolastico riguarda la trasformazione nello sviluppo cognitivo: il modo di pensare dell’adolescente raggiunge un certo formalismo, e proprio per questo tende ad assumere modalità assolute e dicotomizzanti, con poca tolleranza per le contraddizioni e per la duplice necessità da un lato di ragionare in maniera corretta, dall’altro di tenere conto degli aspetti empirici o contestuali della realtà. Per questo l’adolescente tende ad aderire a sistemi ideologici molto definiti e ad avere un’immagine poco sfumata di sé, o tutta positiva o tutta negativa. A causa di ciò l’adolescente si trova in una posizione di debolezza di fronte al successo o all’insuccesso scolastico, dato che questi possono essere interpretati come una conferma della propria immagine di sé. Le esperienze fatte a scuola hanno dunque una grande rilevanza e concorrono alla conquista dell’identità, che costituisce (almeno secondo una prospettiva culturale occidentale) il principale compito dell’adolescente (e della sua famiglia). evolutivo lungo il tragitto di sviluppo 25 Il concetto di identità è stato messo in particolare rilievo da Erikson (1963), che ne ha parlato come di una condizione dell’Io attraverso la quale vengono integrate tra loro diverse componenti dello sviluppo: le identificazioni infantili, le vicissitudini emozionali, le attitudini, le capacità, l’inserimento nei ruoli sociali. Quando l’adolescente raggiunge il senso dell’identità, ha anche fiducia che la propria identità e la propria continuità interiore trovino conferma nel giudizio degli altri. Quindi, per un verso l’identità racchiude in sé il risultato dello sviluppo infantile, per un altro indica un percorso da seguire per l’età adulta. (Smorti, cit., p. 285). L’ambiente scolastico ha dunque un ruolo centrale nella costruzione dell’identità, e se questo è un processo lungo e complesso a livello individuale, non lo è in misura minore a livello sociale. 25 Appare opportuno rilevare come le teorie che studiano l’adolescenza vadano inserite all’interno di un contesto socioculturale quale quello occidentale, e che dunque, se le prendiamo in considerazione in quanto humus delle scienze pedagogiche e retroterra per le pratiche educative attraverso la formazione degli insegnanti, dall’altro appare opportuno interrogarsi sulla loro adeguatezza nella comprensione dell’idea che dell’età definibile come ‘adolescenziale’ hanno coloro che provengono da altre tradizioni di pensiero. Si tratta in altre parole di tenere a mente anche in questo caso i limiti della nostra prospettiva epistemologica per evitare di essere portatori inconsapevoli di un pensiero etnocentrico. 91 Se prendiamo in esame in particolare i soggetti provenienti dalla migrazione, le questioni centrali sono di due ordini: da un lato c’è la discontinuità delle ‘seconde generazioni’ rispetto alle prime, in quanto “i figli dell’immigrazione…socializzati nei Paesi d’arrivo mostrano interessi, stili di vita e opzioni di consumo analoghi ai loro coetanei autoctoni con i quali sono, sempre più spesso, cresciuti insieme” (Sospiro, 2010, p. 107), dall’altro c’è una discontinuità nella costruzione identitaria: Il passaggio dall’adolescenza alla prima età adulta rappresenta una fase critica per ciascun individuo posto nella continua scelta tra differenziazione e uniformità rispetto ai sistemi di valori, di norme come pure rispetto ai codici culturali da cui proviene. Per i giovani delle seconde generazioni questa fase viene ulteriormente investita di carica problematica, poiché può dare luogo a crisi che coinvolgono la dimensione individuale in relazione all’identità, quella familiare con conflitti di carattere intergenerazionale o quella sociale e culturale che può condurre alla reinterpretazione della cultura di partenza. (Sospiro, id: 108). Inoltre, nella letteratura sociologica che tratta le questioni che riguardano le giovani generazioni provenienti dalle migrazioni, vediamo come la scuola sia considerata come l’istituzione più influente dopo la famiglia. Essa è stata studiata sia come il crogiolo dell’assimilazione, il possibile trampolino della promozione sociale, oppure come l’istituzione sociale in cui si determinano le premesse per il confinamento dei figli degli immigrati ai margini della buona occupazione e delle opportunità di effettiva integrazione nelle società ospitanti. (Ambrosini, 2005, p. 179) Un’istituzione dunque dalle potenzialità opposte e contraddittorie, che a seconda della loro declinazione concreta può concorrere efficacemente all’inserimento nella società oppure alla sanzione dell’esclusione. Per quanto riguarda i fattori che influenzano la riuscita scolastica, gli studiosi sono concordi sul fatto che uno fra i più significativi sia per tutti gli alunni il livello di istruzione dei genitori. Un altro fattore determinante è rappresentato dai sistemi di istruzione dei paesi di destinazione e dalla loro capacità di accoglienza e accompagnamento nel percorso di inserimento dei figli degli immigrati, interculturale. 92 come dall’apertura all’educazione L’ultimo è il ‘contesto di ricezione dell’immigrazione’: “la possibilità di entrare legalmente, il riconoscimento delle credenziali educative acquisite in patria, le modalità di inserimento nel mercato del lavoro, l’incidenza di pregiudizi e discriminazioni, intervengono a plasmare le chances di inserimento e di promozione sociale degli immigrati, riflettendosi sui figli e sulla loro carriera educativa.” (Ambrosini, cit., p. …) Dunque, se il contesto di ricezione è positivo, le possibilità di riuscita e di successo per i figli degli immigrati aumentano. Cosa può fare e cosa fa in questo senso la scuola? Oltre alla predisposizione di dispositivi d’accoglienza e d’insegnamento della lingua, riconoscere le credenziali educative e lavorare sui pregiudizi affinché non diventino un ostacolo insormontabile, oltre che predisporre attività finalizzate all’educazione interculturale appaiono le direzioni verso le quali indirizzare gli interventi. L’educazione interculturale rivolta a tutta la classe mira proprio a favorire la creazione di un contesto accogliente. In ogni caso, il rapporto con le lingue-culture è significativo sia per l’apprendente di origine straniera che deve confrontarsi con la lingua della scuola (per la socializzazione e lo studio), sia per gli studenti ‘autoctoni’, anche se è difficile individuare un rapporto di precedenza o di causa-effetto tra competenze linguistiche e socializzazione: sono due poli di un rapporto bidirezionale che si alimentano o si respingono vicendevolmente. Infatti, in alcuni studi condotti con dei bambini, emerge come les affiliations avec des groupes de pairs spécifiques, l’approbation des maîtres et les pratiques sociales rituelles de la classe permettent aux enfants d’accéder à des identités désirables. Celles-ci en retour augmentent leur légitimité comme participants actifs de la classe et de la sorte, leur accès aux ressources linguistiques de leur communauté, vitales à l’apprentissage des langues. ( Dagenais, D., Beynon, J., Toohey, K., Norton, B., 2008, p. ) Dunque l’accesso alla socializzazione con i pari e l’approvazione degli insegnanti innescano un circolo virtuoso che porta da un lato a una visione positiva di sé, dall’altro al progressivo potenziamento delle competenze linguistiche. Perciò un’immagine positiva delle minoranze può da un lato favorire l’accettazione della identità doppia o plurale come fatto positivo, dall’altro l’effetto educativo sulla 93 classe potrà riverberare un’immagine positiva degli alunni che hanno appartenenze plurime, favorire la loro accettazione nel gruppo dei pari e dunque l’accesso alle risorse linguistiche, e infine contribuire a rafforzare un’idea positiva del plurilinguismo. In che modo l’educazione letteraria può contribuire alla costruzione dell’io scolastico, per il quale la socializzazione e le competenza linguistiche risultano basilari? Qual è la percezione che gli studenti delle classi multietniche hanno dell’italiano e delle altre lingue conosciute? Anche in questo caso la voce degli apprendenti potrà darci delle risposte interessanti, se in quanto insegnanti e ricercatori saremo in grado di ascoltarle e di interrogarci sulla nostra adeguatezza (Levy, 2008). 7. La costruzione dell’io sociale Come già evidenziato fin dalla pubblicazione delle Dieci Tesi del Giscel (1975; in Ferreri, Guerriero, 1998), lo sviluppo delle capacità linguistiche deve avere come fine la partecipazione alla comunicazione in ambito sociale: Lo sviluppo e l'esercizio delle capacità linguistiche non vanno mai proposti e perseguiti come fini a se stessi, ma come strumenti di più ricca partecipazione alla vita sociale e intellettuale: lo specifico addestramento delle capacità verbali va sempre motivato entro le attività di studio, ricerca, discussione, partecipazione, produzione individuale e di gruppo. Cosa intendiamo per ‘io sociale’? Proviamo a definire la nozione. La didattica delle lingue ha posto negli ultimi anni al centro della sua riflessione un soggetto situato nel contesto sociale, che, con una terminologia mutuata dalla sociologia, è stato definito ‘attore sociale’ (Quadro europeo comune di riferimento per l'insegnamento delle lingue, 2002). La caratteristica dell’attore sociale è la capacità di interagire attraverso la lingua in maniera più o meno competente in diversi contesti sociali. Se la pedagogia individua nella famiglia, nella scuola e nella società i luoghi dell’educazione (Frabboni, Pinto Minerva, 2003), anche nella prospettiva dell’insegnamento-apprendimento di una lingua nazionale come l’italiano e nell’educazione letteraria che tanto spazio occupa nella ‘cultura dell’educazione’ 94 italiana, il suddetto contesto comprenderà, oltre all’ambito scolastico, anche l’’extrascuola’, ovvero la comunità sociale. Perciò quanto differenzia l’io scolastico dall’io sociale è il posizionamento nei confronti di ciò che è ‘esterno’ al sistema educativo formale e coinvolge lo status di cittadino/non cittadino, comunitario/extracomunitario etc., ovvero il posizionamento all’interno oppure al di fuori dalla comunità (cfr. Puccini, 2008). L’io sociale è dunque al crocevia tra l’individuale, il sociale, il politico, nel senso di ‘appartenente (o meno) alla polis’. Da un esame degli studi sociologici sulle seconde generazioni, emerge che i figli provocano la ‘cittadinizzazione’ degli immigrati: i ricongiungimenti familiari, la nascita dei figli, la scolarizzazione sviluppano i rapporti tra gli immigrati e le istituzioni della società ricevente, producendo un “processo che porta l’immigrato a essere membro e soggetto della città intesa nella più larga accezione del termine” (Bastenier e Dassetto, 1990, p. 17 cit. in Ambrosini, id. …). D’altro canto, fenomeni quali i fallimenti scolastici, la marginalità occupazionale, i comportamenti devianti mostrano un malessere che preoccupa e innesca discussioni. Infatti, gli studi sociologici mostrano una percentuale maggiore di ritardo e dispersione scolastica tra i figli degli immigrati (Terzera, in Sospiro 2010). Tra i criminologi circola da tempo l’idea che gli immigrati di seconda generazione costituiscano “una bomba sociale a scoppio ritardato” (Barbagli 2003, 31 cit. in Ambrosini, id. p. …), ma gli interrogativi e le inquietudini suscitate dalle seconde generazioni devono essere estesi all’insieme delle condizioni e delle possibilità di inserimento e integrazione che vengono date nelle società sviluppate ai figli di immigrati. Questi, “se non hanno successo nella scuola, e se non riescono a trovare spazio nel mercato del lavoro qualificato… rischiano di alimentare un potenziale serbatoio di esclusione sociale, devianza, opposizione alla società ricevente e alle sue istituzioni” (Ambrosini, cit., p. 168). Dunque, dal nostro punto di vista, per prevenire situazioni di esclusione sociale, appare importante innanzi tutto favorire il successo scolastico che, da studi condotti negli Stati Uniti, appare come uno dei fattori che possono limitare i fenomeni di devianza (Ambrosini, id., 168). 95 Tuttavia, l’inclusione culturale non è sufficiente, mentre è necessaria quella socioeconomica (Brubaker, 2001, in Ambrosini, id., p. 172). Inoltre, un ruolo importante è giocato anche dalle rappresentazioni che la società di accoglienza ha dei giovani di seconda generazione: se questa è negativa, potrà rischiare di sollecitare in un circolo vizioso delle reazioni oppositive (Portes e Zhou, 1993, cit. in Ambrosini, id., 174). Negli Stati Uniti, ad esempio, la differenza razziale di molti immigrati recenti ha provocato, a causa della identificabilità somatica, processi di etichettatura da parte della società ricevente che ostacolano l’integrazione e il progresso sociale (Portes e Rumbaut, 2001, cit. in Ambrosini, id.,169). Una diversa posizione degli studiosi delle seconde generazioni (rispetto a quella strutturalista prevalente in Europa e a quella neoassimilazionista26) ha problematizzato, analizzato e distinto gli ambiti dell’assimilazione e i gruppi di immigrati che ad essa sono maggiormente soggetti. Si è parlato infatti di ‘assimilazione segmentata’ (Portes e Zhou, 1993, id.), concetto che è servito per distinguere i diversi possibili esiti del processo migratorio, tra i quali l’integrazione è solo una delle possibilità, accanto alla quale è altrettanto probabile la cosiddetta ‘downward assimilation’, ovvero l’assimilazione agli strati più svantaggiati della società di accoglienza (Portes e Zhou, 1993 cit. in Ambrosini, id. p. 176). Secondo questa prospettiva, il diverso successo nell’integrazione scolastica e professionale è collegato all’investimento della famiglia nell’istruzione e alla presenza di comunità coese, invece che all’assimilazione nella società maggioritaria. 26 Sebbene le concezioni assimilazioniste tradizionali siano oggi rifiutate, gli studiosi che si collocano in questa prospettiva ritengono che l’assimilazione avvenga sempre, anche in maniera inintenzionale. Due sono i significati del termine assimilazione individuati da Brubaker (2001, cit. in Ambrosini, id., 172): - crescente similarità o uguaglianza, ovvero un significato dell’assimilazione nella direzione del diventare simili, o rendere simili, o trattare come simili. In questo senso, essa è considerata come un processo che avviene per gradi. - assimilazione come assorbimento o incorporazione, ovvero trasformazione della natura stessa di un gruppo sociale fino al suo completo assorbimento nella società maggioritaria. Questa accezione viene oggi ampiamente rifiutata, e Brubaker sostiene che il verbo ‘assimilare’ possa essere utilizzato non transitivamente (far diventare simili) ma intransitivamente (diventare simili) nello studio delle popolazioni immigrate. A suo avviso inoltre l’assimilazione va perseguita non a livello culturale, ma socioeconomico, in opposizione non alla differenza ma alla segregazione, alla ghettizzazione, all’emarginazione. A dare riscontri a questa posizione sono prevalentemente i contesti non europei più aperti verso l’immigrazione, quali l’Australia e il Canada, per il quale si è parlato di “transizioni trionfanti” (Boyd e Grieco, 1998) per i brillanti risultati scolastici e le buone occupazioni ottenute da ampi settori delle seconde generazioni. 96 Infatti in casi quali quelli di diversi gruppi asiatici negli Stati Uniti, la comunità di origine, esercitando un controllo sui giovani ed evitando così l’adozione di comportamenti quali il consumo di tabacco, alcool, droghe etc. fungerebbe da antidoto al fallimento dell’integrazione. Le comunità di origine, in definitiva, sarebbero alla base di forme di cooperazione atte a superare gli svantaggi strutturali, promuovendo l’impegno scolastico e comportamenti non viziosi (Zhou, 1997). Le reti etniche possono dunque svolgere nella società ricevente tanto azioni di sostegno che di controllo capaci di favorire la mobilità sociale. Facendo riferimento al contesto nord-americano, Portes ha inoltre ripreso le teorie dell’assimilazione segmentata per formulare proposte a livello normativo: infatti, il vecchio modello di assimilazione ‘totale’ 27 appare oggi inadeguato, in quanto il mantenimento di legami con la famiglia e la comunità di origine possono costituire delle risorse importanti per le seconde generazioni, mentre una loro interruzione può portare a un’acculturazione dissonante (ovvero al conflitto intergenerazionale dovuto alla rapida acculturazione dei figli e al rifiuto di mantenere legami e retaggi della cultura d’origine, cf. Ambrosini, id., 176) . Molti genitori incoraggiano un’acculturazione ‘selettiva’, che da un lato esorta i giovani ad apprendere bene la lingua e alcuni altri elementi considerati positivi della cultura autoctona, dall’altro spingono i figli a mantenere familiarità con la lingua dei genitori e rispettare i valori della loro società di provenienza. Una simile forma di acculturazione conduce, secondo Portes, a un’integrazione più efficace, attraverso l’uso del capitale sociale del gruppo di riferimento per il conseguimento del successo in ambito scolastico e professionale nella società di accoglienza. Dunque, secondo Portes, l’esito auspicabile dell’integrazione delle seconde generazioni sarebbe l’acculturazione selettiva, ovvero “la situazione in cui l’apprendimento delle abilità necessarie per inserirsi nel nuovo contesto non entra in contrasto con il mantenimento di legami e riferimenti identitari. Genitori e figli si muovono di comune accordo sui due binari, riducendo il rischio di conflitti, 27 Nelle epoche di diffusione di questo modello di integrazione, i figli di immigrati soprattutto europei erano incoraggiati ad abbandonare la lingua di origine e americanizzarsi il prima possibile (Ambrosini, id, p. ….) 97 salvaguardando l’autorità genitoriale e promuovendo un efficace bilinguismo nelle nuove generazioni’ (Portes e Rumbaut 2001).28 In tale prospettiva, occorre perciò evitare la promozione di modelli assimilatori di integrazione, attraverso rappresentazioni positive del pluralismo linguistico e culturale. Le attività didattiche miranti a sviluppare tali rappresentazioni e a valorizzare le lingue e le culture ‘nascoste’ hanno come sfondo tale quadro teorico, sebbene la coesistenza di più lingue e culture non possa essere concepita solo in senso irenico e non vada ignorata la componente conflittuale. 7.1. I concetti di rappresentazione sociale e atteggiamento Le nozioni di rappresentazione e di atteggiamento nel campo della psicologia sociale hanno molte similitudini e i due termini vengono spesso considerati come sinonimi (Castellotti e Moore, 2002, p. 7). La psicologia sociale, durante il XX secolo, ha approfondito lo studio delle rappresentazioni sociali. E’ soprattutto da quest'ambito che deriva l’odierno concetto di rappresentazione. In particolare, Moscovici nel suo studio sulle rappresentazioni sociali della psicanalisi (1961) affermava che nella formazione e funzionamento di queste concorrono due processi: il primo è di ‘oggettivazione’, consistente nel fatto che l’individuo – per 28 Ambrosini, id, 180-181) classifica tre traiettorie idealtipiche delle seconde generazioni: - 1 Assimilazione intesa in senso tradizionale, con avanzamento socioeconomico da un lato e acculturazione nella società ricevente dall’altro, parallelamente alla quale viene meno l’identificazione in gruppi etnici minoritari e in pratiche culturali distintive. - 2 ‘Confluenza negli strati svantaggiati della popolazione’, con due varianti: in Europa si è dato rilievo a quella che Ambrosini chiama ‘assimilazione illusoria’, caratterizzata da ‘socializzazione paradossalmente riuscita agli stili di vita e ai consumi delle classi giovanili, e persistente carenza di opportunità di miglioramento economico e sociale’ (p. 181); in America ha avuto fortuna il concetto di ‘downward assimilation’, ovvero l’affermarsi di una ‘identità etnica reattiva’ ai valori e alle istituzioni del gruppo sociale maggioritario. - 3 assimilazione selettiva, che rimanda all’assimilazione segmentata della quale si è recentemente discusso in America, in cui ‘ la conservazione di tratti identitari minoritari, peraltro rielaborati e adattati al nuovo contesto, diventa una risorsa per i processi di inclusione e in modo particolare per il successo scolastico e professionale delle seconde generazioni’ (p. 181). A suo avviso, non sarebbe invece ancora risolta la questione del peso di fattori quali l’istruzione dei genitori e le condizioni economiche della famiglia di origine, la cultura e l’etnia. In ogni caso, l’incrocio di fattori culturali e di fattori strutturali e il confronto tra capitale umano e sociale degli immigrati e le capacità di integrazione offerte dalla società ricevente appare fondamentale (cfr. Ambrosini, cit., p. 181). 98 un’esigenza di semplificazione funzionale a consentirgli una maggiore comprensione di concetti, idee, informazioni (astratti appunto perché ideali) - tende a selezionare all’interno degli stessi gli elementi che ritiene più rilevanti, li decontestualizza e li trasforma in immagini – concrete e più semplici, anche se meno ricche dal punto di vista del contenuto di informazioni -, quindi le ‘naturalizza’ fino a sostituire queste al concetto originario; il secondo processo è quello di 'ancoraggio', che consiste nel passaggio all’ambito sociale e collettivo dell’immagine formata dall’individuo, o meglio dagli individui, con la funzione di inquadrare un concetto o un elemento in categorie e schemi già noti, di consentirne così l’interpretazione e di orientare in definitiva i comportamenti sociali (Emiliani, Zani, 1998, p. 180). I due processi determinano una reciproca influenza tra la rappresentazione individuale e quella sociale: quella sociale, specie se ripetuta, contribuisce al formarsi della seconda, la quale, essendo propria dell’ambiente sociale, naturalmente influenza quella individuale. Per chi marca la distinzione concettuale tra rappresentazione e atteggiamento, quest’ultimo si riferisce al modo di sentire, alla disposizione a reagire favorevolmente o meno ad un concetto, ad un’idea o ad una categoria di idee (Kolde 1981, in Lüdi, Py 1986, 97); ciò implica che per la descrizione dell’atteggiamento occorre non solo (come per l’ ‘opinione’) sapere ‘cosa si pensa’, ma anche ‘cosa si prova’ (dunque, trovandoci nel campo delle emozioni, l’atteggiamento non è direttamente osservabile, ma va desunto dai comportamenti che esso produce) (Volkart-Rey 1990, p. 10). Come detto, la rappresentazione è un’approssimazione che serve a comprendere meglio la realtà semplificandola mediante ‘scarto’ degli elementi di un concetto o di un’informazione che vengono considerati inutili per l’operazione da compiere, pertanto è in relazione a quest’ultima che va giudicata la rappresentazione, con la conseguenza che il giudizio su di essa è un giudizio non oggettivo ma relativo, che dipende dalla sua utilità a servirsi delle conoscenze e a guidare i comportamenti. Nelle rappresentazioni si possono cogliere una dimensione statica (‘rappresentazione di referenza’), e una dinamica (‘rappresentazione in uso’): la prima è preesistente e ‘fissa’, e consente all’individuo di reperire agevolmente un concetto nella sua memoria e di servirsene per determinate operazioni; la seconda 99 è modificabile e soggetta ad evoluzione mediante l’interazione con altri individui, ed è quella su cui l’azione dell’insegnante può agire per stimolare la riflessione e la conoscenza non preconcetta (cf. Py, 2000, p.14). Si è già evidenziato che l’atteggiamento ha una componente ‘cognitiva’ ed una ‘affettiva’; la prima consiste nelle convinzioni dell’individuo verso un determinato oggetto in base a criteri valutativi (che implicano l’attribuzione ad esso di determinate qualità, positive e/o negative), che possono giungere, in un processo di semplificazione, alla formazione di stereotipi, mentre la seconda concerne le emozioni legate a quell’oggetto; si deve aggiungere che esiste una terza componente, detta ‘conativa’, che concerne il modo di reagire (dunque può provocare il passaggio all’azione, ad un determinato comportamento) verso quell’oggetto, secondo il contenuto delle prime due componenti (Gardner e Lambert, 1959). Secondo gli psicologi sociali, “il collegamento tra rappresentazioni e pratiche sociali va visto in doppia, reciproca direzione” (Amerio, 2007: 324), poiché rappresentazioni e pratiche sociali sono inserite in un contesto circolare. In particolare, secondo Flament e Rouquette (2003), le rappresentazioni si modificano tanto più quanto più è forte l’implicazione dei soggetti verso l’oggetto della rappresentazione. L’implicazione avviene sostanzialmente per tre motivi: - l’identificazione, che “rinvia al grado di coinvolgimento specifico personale nell’’oggetto’ della rappresentazione” (Amerio, 2007: 325); - la valorizzazione, che è legata “alle valenze che l’oggetto assume in relazione ai valori e alle credenze degli individui e dei gruppi sociali” (ibid.); - la possibilità percepita dell’azione pratica, ovvero “le possibilità percepite dal gruppo (…) di agire sull’oggetto della rappresentazione” (ibid.). Dunque, “i cambiamenti nelle pratiche, potranno produrre trasformazioni nelle rappresentazioni quanto più i soggetti si sentiranno implicati nell’oggetto di riferimento” (id., p. 326). Su queste basi si può supporre che, se secondo Bruner i testi letterari hanno come caratteristica la ‘soggettivizzazione’, che consiste nella “rappresentazione della realtà che ci perviene dal punto di vista dei personaggi”, la quale “richiede una sintonizzazione tra i propri registri affettivi e quelli dei personaggi per arrivare a 100 condividere le situazioni” (Carrubba, 1999: 33), tale sintonizzazione affettiva possa condurre anche all’identificazione nei personaggi dei testi letterari e, poiché la pratica educativa è una pratica sociale, in un contesto circolare tale identificazione possa portare a mutamenti nelle rappresentazioni. Tuttavia, affinché ciò avvenga è necessario che si inneschi il processo di sintonizzazione affettiva. 8. La pluralità linguistica e culturale Un’altra tematica centrale per il lavoro svolto è l’apertura alla pluralità linguistica e culturale. Questa può essere vissuta dai soggetti in maniera positiva solo se accompagnata da una consapevolezza che espliciti il suo valore a livello sia personale che sociale. Infatti, chi sviluppa un profilo plurilingue e pluriculturale percependolo come un asso nella manica a livello sociale sarà in grado di regolare le sue diverse appartenenze e utilizzare lo scarto tra i sistemi di valori dando maggiore risalto all’uno o all’altro a seconda del contesto dei suoi percorsi di vita e mantenendo un’identità fluida, soggetta a dei ‘réglages identitaires’ (De Singly, 2003 cit. in Zarate, 2008). Opposto è il caso di chi percepisce negativamente il proprio percorso di vita diviso e frammentato : A contrario, celui qui développe une perception négative de son histoire personnelle, frappé par la stigmatisation et l’amalgame, l’exclusion et le déni d’existence, peut être inhibé par une souffrance identitaire, provoquée par la position marginale qui lui est socialement assignée, le nombre limité d’identités qui lui sont attribuées auquelles il ne peut pas se soustraire, le réseau de significations négatives auxquelles son moi est systematiquement renvoyé. (Zarate, id., p. 177) Tra i testi proposti, un racconto come Salsicce di Scego, che tematizza la sofferenza identitaria dovuta ai conflitti interiori e alle rappresentazioni negative della società di accoglienza può fornire significativi spunti di discussione per affrontare tali complesse questioni in maniera ‘indiretta’. In ogni caso, ancora una volta si inquadrerà l’oggetto dalle prospettive disciplinari a nostro avviso più pertinenti, ovvero quella della sociologia delle migrazioni, quella antropologica, quella pedagogica e della didattica delle lingue-culture. 101 Secondo una prospettiva socio-antropologica (Pollini, 2005), nelle culture si deve distinguere un piano simbolico e uno istituzionale, e trattare le questioni inerenti la convivenza di più culture significa occuparsi del livello ‘socioculturale’ ovvero del confronto tra culture istituzionalizzate e non di ‘culture’ tout court (livello simbolicoculturale). Infatti, il processo di istituzionalizzazione ha diverse caratteristiche che permettono di distinguere ciò che è solo culturale da ciò che è anche sociale. In particolare, non tutte le componenti del complesso simbolico-culturale vengono istituzionalizzate in egual misura nel gruppo sociale di riferimento, e l’istituzionalizzazione varia a seconda del contesto o ambiente sociale/societario, a seconda delle caratteristiche delle personalità individuali e a seconda della conformazione e del grado di strutturazione sociale del gruppo stesso. Dunque non è detto che le differenze culturali (ad esempio di tipo religioso) siano interiorizzate o istituzionalizzate nello stesso modo da soggetti o gruppi provenienti dallo stesso contesto e che fanno riferimento a uno stesso complesso simbolicoculturale. Data l’estrema rilevanza della cultura per ogni essere umano, ne segue che “ad ogni persona umana va riconosciuto e conferito il diritto di vivere, conoscere, esprimere, comunicare, trasmettere, alimentare, approfondire, la propria cultura.” (Pollini, cit., p. 58). Si è parlato a questo proposito di ‘diritti culturali’, conferiti sulla base dei diritti naturali dell’uomo o diritti umani, che, in quanto tali, devono essere riconosciuti a tutti, a prescindere dal loro status di cittadini o meno della nazione di riferimento (Pollini, 1990, cit. in Pollini, ibid.). I diritti naturali dell’uomo costituiscono perciò il fondamento dei diritti culturali, e questi devono essere riconosciuti sia al singolo individuo, sia alle formazioni o collettività sociali che condividono lo stesso complesso simbolico-culturale. Ciascuno ha per converso il dovere di rispettare ogni altra cultura diversa dalla propria. Il concetto di diritto culturale è strettamente legato all’ambito pedagogico, dato che il riconoscimento dei diritti culturali comporta il riconoscimento/conferimento del diritto di educazione della persona. 102 In ogni caso, date queste premesse e il riconoscimento dei diritti culturali, non si deve commettere l’errore di identificare un individuo con il sistema simbolicoculturale né con il gruppo sociale di appartenenza, infatti secondo Pollini: a) ‘l’appartenenza sociale ad una collettività e la relativa condivisione di valori comuni non sono incompatibili con il dissenso e l’opposizione’ b) La persona può cambiare gruppo e cultura rispetto a quelli di origine c) La persona può adoperarsi per modificare elementi della struttura del gruppo nella quale è inserita e componenti della cultura istituzionalizzata al suo interno d) L’individuo “ha la possibilità di poter condividere elementi di una cultura diversa da quella del gruppo di appartenenza nell’ambito stesso del gruppo di appartenenza e della cultura condivisa dal gruppo” ossia il pluralismo è anche interno ai gruppi di appartenenza e non riguarda solo i rapporti tra gruppi (Pollini, id., p. 60). I rapporti tra culture istituzionalizzate non danno origine a schemi relazionali rigidi, poiché i complessi simbolico-culturali sono soggetti al mutamento. I mutamenti possono essere determinati sia da fattori endogeni che esogeni (tra questi, la personalità individuale e il contesto dell’interazione sociale, l’ambiente ecologico-territoriale e sociale che non riguarda il complesso simbolico-culturale in oggetto (Pollini, id, p. 61).29 Il mutamento della cultura istituzionalizzata può riguardare tanto il gruppo maggioritario che quello o quelli minoritari, senza che ci sia una specifica intenzione a favore o contraria. Dal punto di vista del mutamento ‘soggettivo’, a favorire il mutamento è la comunicazione reciproca tra culture, l’interscambio simbolico, la comprensione e il rispetto delle identità culturali. In questo senso, la scuola può influire fortemente, diventando un luogo di mediazione tra la famiglia e la società (Théberge, 2006, 92) consentendo una presa di coscienza della posizione identitaria degli alunni provenienti dalla migrazione all’interno della società di accoglienza. 29 Gli atteggiamenti che relegano invece le culture a prodotti statici e determinati sono il fondamentalismo da una parte e il relativismo dall’altra. Il primo è ‘l’atteggiamento/orientamento di resistenza assoluta al mutamento del proprio complesso simbolico-culturale’, mentre si può definire il secondo come ‘l’orientamento che nega la possibilità di mutamento di qualsiasi complesso simbolicoculturale in base all’assunto che ciascuno è valido quanto l’altro in quanto tutti immutabili’ (Pollini, ibid.). 103 La scuola diventa dunque un “entre-deux…une sorte d’agora où les différentes groupes culturels doivent apprendre à se connaître et à communiquer" (Puccini, 2008, p. 99). Se prendiamo il caso di un paese come il Canada che fa del plurilinguismo uno dei propri caratteri distintivi, il progetto è quello di una società francofona e del riconoscimento di una cultura pubblica comune, la cui realizzazione è in parte affidata all’istituzione scolastica, nella quale gli educatori devono prendere in conto l’offerta di un modello culturale che non sia unico, né dominante (Ndione, 2002, p. 79) e che tenga conto del fatto che le lingue e le culture non intrattengono tra loro un rapporto biunivoco.30 Nella nostra prospettiva, appare perciò plausibile ritenere che i testi letterari in cui viene messa in scena una simile dissimmetria possano contribuire a educare a concepire un rapporto ‘aperto’ tra lingue e culture. Tuttavia, come hanno ampiamente dimostrato gli studi di matrice cognitivista e quelli sulla motivazione, l’apprendente non è una ‘tabula rasa’, dunque sul suo apprendimento influiranno una serie di fattori quali il gruppo sociale di provenienza, l’educazione familiare ricevuta, le esperienze scolastiche ed extrascolastiche precedenti, gli atteggiamenti, le motivazioni etc. La parola degli apprendenti potrà dunque illuminare la ‘ricezione’ dei testi proposti, evidenziando anche l’inevitabile scarto tra le finalità educative dell’insegnante e l’accoglimento delle sue proposte didattiche da parte degli studenti. 30 “En particulier, le professeur des langues et des cultures sera conscient de l’importance d’ouvrir le rapport langue et culture à des nouvelles modalités qui prennent en compte les dissymétries des pluriels et des singuliers (langue-cultures, langues-culture)” (Puccini, id., p. 100). 104 Capitolo 3. La ‘letteratura della migrazione’ per l’educazione interculturale: un approccio al testo con aperture pluridisciplinari Nel presente capitolo verranno delineate alcune possibili piste e direzioni che, dal vasto terreno dell’elaborazione teorica sulla competenza comunicativa interculturale, possano nutrire e sostanziare l’approccio didattico al testo letterario nella classe plurale, in direzione di una convergenza tra la didattica delle lingue straniere e quella dell’italiano. Sebbene nella prospettiva della presente ricerca le questioni critiche relative alla letteratura della migrazione non siano centrali, appare però utile delineare una breve contestualizzazione del fenomeno e accennare ad alcune delle problematiche più rilevanti attualmente dibattute dagli studiosi. Infatti, la collocazione di queste ‘scritture’ all’interno della produzione letteraria italiana è ancora lontana da una soluzione definitiva, e anche se negli ultimi anni si è assistito a un incremento dell’attenzione le questioni da indagare sono ancora numerose. Di seguito si definiranno i criteri adottati nella selezione dei testi ‘della migrazione’ per il percorso didattico proposto nei tre terreni della ricerca, si discuteranno poi alcune questioni relative all’uso del testo letterario nell’educazione interculturale e, infine, si illustrerà attraverso un esempio l’approccio didattico definito (e sintetizzato nell’ALLEGATO 1) a partire da nozioni e concetti utilizzati nei quadri teorici relativi allo sviluppo delle competenze interculturali cui si è fatto in precedenza riferimento (cap. 2). 105 1. La produzione letteraria ‘della migrazione’ tra questioni definitorie, marginalità e approcci critici Con la denominazione ‘letteratura della migrazione’ in italiano sono state definite le opere pubblicate, a partire dal 1990, da autori di origine straniera in Italia. Come si vedrà, la definizione non è né l’unica né neutra e la critica ha proposto diverse ‘etichette’ per questo corpus di testi sempre più nutrito e costituito prevalentemente da opere di scrittori ‘migranti’/’immigrati’. La ‘letteratura della migrazione’ nasce in Italia nel 1990 e la sua diffusione coincide con lo shock provocato nell’opinione pubblica italiana da un tragico fatto di cronaca: il 24 agosto 1989 infatti un giovane rifugiato sudafricano, Gerry Masslo, venne assassinato a Villa Literno (in provincia di Caserta) durante una rapina da un gruppo di giovani italiani e questo evento colpì in maniera molto forte l’opinione pubblica segnando “l’emergenza di una scrittura/letteratura degli immigrati in Italia” (Gnisci, 2003, p. 85). L’immigrazione era all’epoca un fatto recente per l’Italia, paese storicamente caratterizzato invece dall’emigrazione (Stella, 2003; Bevilacqua, De Clementi, Franzina, 2001-2002 in Pezzarossa, 2011). L’interesse per il fenomeno migratorio ebbe una larga eco nei mass media e nel giro di pochi anni vennero pubblicati i primi libri di autori stranieri provenienti dalla migrazione: Io venditore di Elefanti (1990) di Pap Khouma (Senegal), Chiamatemi Alì (1990) di Mohamed Bouchane (Marocco), Immigrato (1990) di Salah Methnani (Tunisia), La promessa di Hamadi (1991) di Saidou Moussa Ba (Senegal), Pantanella, canto lungo la strada (1992) di Moshen Melliti (Tunisia) e molti altri. Questi testi avevano in comune i temi trattati (raccontavano soprattutto l’esperienza della migrazione) e la scrittura ‘a quattro mani’ con dei collaboratori/curatori italiani. In questa fase, l’interesse delle case editrici fu forte e poco dopo anche alcuni studiosi cominciarono a occuparsi di questa produzione, in particolare il comparatista Armando Gnisci (1992, 1998). Negli anni successivi, però, l’interesse delle grandi case editrici venne meno, così gli scrittori ‘migranti’ continuarono a far conoscere le loro opere con il sostegno del volontariato, di organizzazioni sociali, di alcune riviste (cartacee e on-line come El 106 Ghibli, Sagarana, Voci dal silenzio etc.)1, case editrici interessate all’intercultura e premi letterari (come il premio Eks&Tra).2 Dopo la prima fase, i temi trattati si sono ampliati diventando più numerosi e vari, gli scrittori hanno raggiunto a poco a poco l’autonomia linguistica e hanno sentito sempre più a rischio di ghettizzazione la categoria di scrittori ‘migranti’. A quest’esigenza si è però contrapposto un interesse limitato della maggior parte della critica accademica, per cui questa produzione è stata definita ‘minore’ (Cf. Deleuze e Guattari, 1983, cit. in Quaquarelli, 2011, p. 54) in quanto caratterizzata da una marginalità che investe diversi livelli: sia sociale (per l’appartenenza degli autori a comunità minoritarie), sia editoriale (le case editrici sono spesso di dimensioni ridotte), sia per la mancanza di analisi e riconoscimento da parte di istituzioni quali le università. Tuttavia, l’interesse critico è stato significativo fuori dall’Italia, ad esempio negli Stati Uniti ad opera di studiosi come Graziella Parati.3 Ad oggi, a livello quantitativo, il database BASILI (Banca Dati Scrittori Immigrati in Lingua Italiana) registra 1547 record 4 nella sezione scrittori ed opere. Al di là della ‘mole’ del fenomeno, molte restano ancora le questioni aperte e irrisolte, la prima delle quali è appunto quella della denominazione, che non è un mero problema nominalistico, ma articola presupposti teorici ed elaborazioni critiche differenti. La scelta definitoria è collegata infatti ai criteri della classificazione e i critici hanno discusso su quali si debbano ritenere più significativi: la provenienza dello scrittore dalla migrazione? L’origine straniera degli autori? Le tematiche trattate? La scelta linguistica dell’italiano? (cf. Sinopoli, 2006; Taddeo, 2006; Fracassa, 2011; Pezzarossa, 2011; Quaquarelli, 2011). Se Armando Gnisci ha coniato la denominazione ‘letteratura della migrazione’ (Gnisci, 1992), nella sua prospettiva di studioso comparatista tale definizione va a comprendere sia le opere di scrittori migranti che usano l’italiano, sia quelle di autori italiani emigrati che, all’estero, hanno scritto di migrazione e nella migrazione. Il 1 Cf. <http://www.el-ghibli.provincia.bologna.it/index.php>; <http://www.sagarana.net/>; <http://ww3.comune.fe.it/vocidalsilenzio/.>. 2 Il premio è promosso dall’associazione culturale Eks & Tra, diretta da Roberta Sangiorgi, e dalla casa editrice Fara, cf. < http://www.eksetra.net/>. 3 Per una ricognizione degli studi sulla ‘letteratura della migrazione’, cf. Sinopoli, 2006; Taddeo, 2006; Pezzarossa, 2011; Fracassa, 2011. 4 Ultima consultazione: novembre 2012, cf. <http://www.disp.let.uniroma1.it/basili2001/> 107 criterio scelto è dunque collegato a un dato biografico quale l’esperienza della migrazione e all’interno di questa definizione vanno annoverati solo gli scrittori che hanno vissuto per così dire ‘fisicamente’ oltre che linguisticamente e ‘culturalmente’ (a livello di codici e comportamenti sociali)5, quell’esperienza mentre le opere dei cosiddetti autori di ‘seconda generazione’, andrebbero piuttosto collocate in una prospettiva critica che prenda in considerazione la creolizzazione 6 incipiente della letteratura italiana con l’inclusione al suo interno di punti di vista e temi nuovi in quanto portatori di prospettive identitarie plurali, minoritarie, problematiche. Recentemente, Margherita Ganeri ha invece preso posizione7 a favore del criterio della scelta linguistica dell’italiano e della delimitazione dell’ambito a quegli scrittori che hanno effettivamente vissuto la migrazione. Si è poi messo l’accento sul fatto che questi testi si iscrivono all’interno di ‘poetiche della migrazione’ (Sinopoli, 2000, p. 193, cit. in Derobertis, 2007, intendendo con ciò evidenziare una dimensione che va oltre quella testimoniale dell’’informante nativo’ (cf. Spivak, 2004). Un’altra prospettiva è quella di Raffaele Taddeo, che ha parlato di ‘letteratura nascente’ (Taddeo, 2006) volendo con ciò sottolineare la novità e il suo potenziale di rivitalizzazione e rinnovamento della letteratura italiana. Tuttavia, a questa posizione si può rimproverare il fatto che rischia di rilevare “non tanto la spinta innovativa e l’orizzonte futuro, ma piuttosto (…) che ad altre tradizioni pertiene la maturità assicurata dalla collocazione stabile entro il canone occidentale di contro al ‘cominciamento ingenuo e antistorico della scrittura, e quindi di ogni cultura’” (cf. Paré, 2005, cit. in Pezzarossa, 2011, p. XXV). Inoltre, dell’auspicio di Taddeo - espresso seppure in altre forme anche da autorevolissimi critici quali Sanguineti e Luperini (e dopo, seppure con maggiori distinguo, da Filippo La Porta) e che si salda al versante glissantiano e gnisciano della critica - è stata criticata l’impostazione ‘soteriologica’, ovvero una sorta di 5 Cf. Salman Rushdie, Patrie immaginarie (trad it. Milano, Mondadori 1991 e 1994), cui fa riferimento Gnisci (2006, p. 15) . 6 Il concetto di creolizzazione, definito da Edouard Glissant, si riferisce alla ‘contaminazione’ tra le culture intese tutte quante di medesimo valore. Tale prospettiva, abbracciata da Gnisci, presenta però il rischio di enfatizzare la relazione sottacendo il conflitto che è invece ineludibile, sia a livello sociale, sia nelle opere degli scrittori ‘della migrazione’ (Quaquarelli, 2011, p. 57). 7 L’occasione è stata una conferenza dal titolo ‘La letteratura di migrazione: controversie e dilemmi’ tenuta il 19 aprile 2011 presso l’Università degli Studi di Macerata (Dipartimento di Lingue e Letterature moderne, cattedra di Letteratura italiana moderna e contemporanea, su invito del Professor Alfredo Luzi). 108 volontà di delegare agli ‘altri’ il compito di rinnovare il panorama letterario italiano in crisi (Fracassa, 2011). Pezzarossa e altri studiosi hanno preferito parlare piuttosto di ‘scritture migranti’8 sia in quanto ‘scritture dei migranti’ (Pezzarossa, 2004, p. 11), con accento sull’autore, sulla scrittura, sulla dialettica interna a livello sia linguistico che tematico e sulla ‘transitorietà’ (Sinopoli, 2000, pp. 203-204, cit. in Derobertis, 2007, p. 39), sia in quanto si è attribuita al termine ‘scrittura’ un’enfasi sulla dimensione ‘pratica’ e sulla disponibilità alla trasformazione, dato che la letteratura nel corso del tempo “ha perso il significato iniziale di abilità ed esperienza nella lettura, ed è divenuta una categoria chiaramente oggettiva di opere stampate di una certa qualità” (Williams, 1977, cit. in Derobertis, id., p. 41). Si tratta a nostro parere di una posizione animata da una prudenza non priva di ragioni, data la mancanza, per molti di questi testi, di studi critici che ne abbiano stabilito il valore e la collocazione all’interno del panorama nazionale e ‘transnazionale’ (Quaquarelli, id.). Un’ulteriore prospettiva critica colloca molte delle opere di autori di origine straniera pubblicate in Italia all’interno della letteratura postcoloniale, includendovi non solo gli scritti di coloro che provengono dalle ex colonie (Eritrea, Etiopia, Libia, Somalia) ma anche quelli di chi è giunto da paesi che sono entrati a vario titolo nell’orbita del colonialismo italiano (Albania, isole del Dodecaneso, Tunisia), in quanto “il concetto stesso di colonialismo non può essere riferito esclusivamente alla conquista politica e militare, ma deve fare i conti con le influenze sulla cultura dominata e con i retaggi causati” (Comberiati, 2010, p. 168). Comberiati estende la classificazione allargandola anche sul piano generazionale, includendo le seconde generazioni, in quanto anch’esse coinvolte dall’ ‘eredità’ coloniale. Tuttavia, è stato sottolineato che il caso italiano si differenzia sotto diversi aspetti da quello dei paesi con una storia coloniale più lunga e significativa, dunque parlare di ‘postcoloniale’ non appare del tutto congruo per diversi motivi: occorre infatti ricondurre la definizione sia al livello cronologico del comune passato coloniale, sia a quello epistemologico della “reinterpretazione delle categorie di pensiero occidentale 8 Scritture migranti è anche il titolo di una rivista pubblicata dal Dipartimento di Italianistica dell’Università di Bologna. 109 e della decostruzione della relazione di potere tra periferia e centro” (Ponzanesi, 2004, pp. 29-30, cit. in Quaquarelli, id., p. 62). Inoltre non c’è stata una vera e propria migrazione verso l’Italia dopo la decolonizzazione ed è mancato anche quello che è stato altrove definito il ‘periodo dell’assimilazione’, durante il quale gli scrittori delle colonie hanno utilizzato, per prendere la parola, la lingua dei loro dominatori. Queste ragioni fanno sì che la letteratura postcoloniale italiana abbia confini ‘sottili’ e si sovrapponga in gran parte alla produzione degli scrittori immigrati (Quaquarelli, id., p. 63). Proprio Lucia Quaquarelli sottolinea come il suo apprezzamento sia andato alla definizione di ‘letteratura dell’immigrazione’ in quanto da un lato definisce e colloca entro confini netti (opere degli immigrati e non degli emigrati), dall’altro sottolinea l’enfasi che, quasi inevitabilmente, si dà al dato biografico, e che ci porta a collocare, al di là delle convergenze tematiche, in due distinte categorie opere come L’ottava vibrazione di Carlo Lucarelli e L’abbandono di Erminia dell’Oro, in quanto L’io c’ero di cui garantisce il nome proprio dell’autore ha un inevitabile effetto sulla ricezione, guida la nostra lettura e intrattiene, ai nostri occhi, un rapporto privilegiato, in qualche modo più legittimo e autorevole, con la realtà che mette in scena. E questo è un fatto, per quanto discutibile e pericoloso (Quaquarelli, id., p. 61). Quaquarelli propone in definitiva di far emergere questa classificazione legata a criteri non sempre esplicitati proprio per evitare il pericolo della collocazione a margine (Fracassa, 2010) e la trappola dell’“informante nativo” (Spivak, 2004), ovvero la tendenza a ridurre l’autore straniero a “uno spazio vuoto (…), capace di generare un testo che solo il lettore occidentale può ‘incidere’ (…), a cui solo l’Occidente sa e può dare un senso: gli altri, gli stranieri, forniscono informazioni, a noi è dato invece conoscere il mondo.” (Quaquarelli, id., p. 60). L’auspicio è dunque di uscire da una ricezione e valutazione in termini prevalentemente testimoniali e informativi, per dare invece al corpus testuale ‘della migrazione’ una collocazione legata al valore e allo statuto letterario, che consideri inoltre questi testi non ‘informativi’ su mondi lontani, ma capaci di darci una visione diversa del nostro mondo “da una prospettiva ‘straniata’, ‘altra’, insieme interna ed esterna, risultato e ‘privilegio’ di una precisa esperienza esistenziale” (Quaquarelli, id., p. 63): è anche in virtù di ciò che si ritiene che i testi letterari ‘della migrazione’ 110 possano costituire utili punti di riferimento nella prospettiva di un’educazione letteraria dalle finalità interculturali (cf. infra par. 2). Infine, la studiosa propone di collocare questi testi in uno sfondo più ampio, di natura transnazionale e transcoloniale, quello degli scrittori della diaspora, “che scrivono dal cuore delle asimmetrie - politiche, geografiche, sociali, culturali, identitarie, letterarie del mondo tutto” (Quaquarelli, id., p. 63). Al di là delle questioni definitorie, in ogni caso, sono state di recente evidenziate delle carenze da parte della critica e indicate piste di ricerca ancora tutte da percorrere e che potranno, una volta esplorate, da un lato contribuire ad approfondire la conoscenza delle caratteristiche specifiche dei testi in oggetto (spesso collocate in una posizione secondaria rispetto alla contestualizzazione e alla recensione tematica, cf. Quaquarelli, 2011), dall’altro a selezionare le opere più meritevoli di una ‘legittimazione letteraria’ che sancisca la fine di un interesse motivato solo o prevalentemente da ragioni sociologiche, fenomenologiche e anagrafiche (Pezzarossa, 2011). Come ha infatti recentemente sottolineato Ugo Fracassa (2011), se da un lato si è assistito, come si è visto, a un’esaltazione della letteratura della migrazione nel segno irenico di una creolizzazione concepita secondo l’idea glissantiana di Toutmonde (Gnisci), dall’altro la maggior parte della critica ha pressoché ignorato il fenomeno in corso posticipando ‘a data da destinarsi’ l’inserimento nel sistema letterario italiano di opere scritte da autori provenienti da altri paesi (Sanguineti e Fiori, 1999; Luperini, 2004; Asor Rosa, 2009, cit. in Fracassa, id., pp. 173-175). A questa tendenza se ne è affiancata un’altra che va nella direzione di un ‘furor tassonomico’ (Fracassa, id., p. 180) accompagnato da una sospensione del giudizio critico, motivata in qualche caso e nella fase iniziale da una scelta e un posizionamento empatico di studiosi espatriati nei confronti di queste scritture percepite come affini (Parati, 2005) e del resto tipica non solo del contesto italiano (cf. Evanghelou, 2008),9 ma in seguito indice secondo Fracassa di un ‘preoccupante infantilismo’ della critica e di una sorta di ghettizzazione difensiva contestata dagli stessi scrittori che vi hanno ravvisato invece delle tendenze ad un ‘protezionismo’ dello spazio letterario da parte degli autoctoni.10 9 Cf. Evanghelou, 2008. Per il contesto francese, cf. Mabanckou (2006) che lamenta una pubblicazione dei testi prevalentemente in collane dedicate; per il Canada, cf. Rachédi (2008). 10 111 Nella prospettiva di questo lavoro, le su menzionate discussioni critiche costituiscono uno scenario da tenere sempre presente e seguire nella sua evoluzione, tuttavia, a rivestire l’interesse principale sono alcune caratteristiche specifiche dei testi (come chiarirò nel paragrafo 2), sebbene, con Quaquarelli (id.) e Derobertis (2007), si ritenga che non si possa ignorare l’importanza del dato biografico. Nonostante ci sembri un criterio poco utile a stabilire il valore di un testo letterario, esso ha tuttavia un significativo potenziale a livello educativo in quanto suscitatore di identificazione e motivazione negli alunni di origine straniera, grazie al prestigio della posizione di chi prende la parola per scrivere (cf. Puccini, 2008;11 Rachédi, 2008). Esso genera inoltre rappresentazioni positive dell’alterità negli autoctoni, conferendogli almeno una significativa ragion d’essere in un contesto educativo plurilingue e pluriculturale. 2. Criteri per la scelta di testi per percorsi didattici a finalità interculturale Prima di definire i criteri che hanno guidato la scelta dei testi per il percorso didattico, si ritiene utile esplicitare alcune prassi che, nella nostra personale esperienza professionale di insegnante di Lettere nella scuola secondaria di I grado, si è avuto modo di osservare, praticare e percepire come ampiamente diffuse e consolidate almeno nel contesto di riferimento (provincia di Macerata), e che si ritiene si possano perciò considerare parte della ‘cultura dell’educazione’ che include le tradizioni relative all’insegnamento e le abitudini comportamentali che organizzano la vita della scuola (Consiglio d’Europa, 2010, p. 42). Il monte ore della disciplina Italiano, consistente in 6 ore settimanali (su 9 complessive dell’ambito disciplinare di ‘Lettere’ che comprende anche 3 ore 11 Come sottolinea Paola Puccini (2008), per Marco Micone, immigrato di origine italiana, professore di italiano e scrittore in Québec, la lingua può essere sia strumento di inclusione che di esclusione. A suo avviso, inoltre, lo scrittore assume un ruolo di guida per la comunità cui appartiene e, indicando ai suoi la propria posizione, fornisce i mezzi per rimettere in discussione la loro: chi scrive funge dunque, per Micone, da ‘modello’, e le sue opere possono essere strumento di riflessione e ridefinizione identitaria per chi ha origini e una storia analoghe. 112 suddivise tra Storia, Geografia e Cittadinanza e Costituzione),12 viene generalmente ripartito nel modo seguente: - letture antologiche di testi (in italiano o tradotti) prevalentemente raggruppati nei libri di testo (le antologie) secondo criteri legati ai generi letterari e alle tematiche (cf. Carlà, 2006; Favaro, Bettinelli, Frigo, 2007; Zordan, 2008; Nigro, Ciravegna, Ledda, 2009); - percorsi storico-letterari (a partire dalla classe seconda); - studio delle strutture della lingua e riflessione metalinguistica. A tale articolazione si aggiunge un’ulteriore ora di approfondimento (che può comprendere varie attività: dalla lettura integrale di un’opera narrativa a laboratori per lo sviluppo delle abilità linguistiche ad attività di recupero, consolidamento o potenziamento etc., a seconda del contesto e delle esigenze della classe). Solo le attività di approfondimento prevedono uno spazio settimanale fisso di un’ora, mentre per il resto ciascun insegnante gestisce le attività e i tempi a seconda delle priorità e dei bisogni rilevati nella classe e delle sue scelte organizzative e didattiche. Ai fini della costruzione di percorsi didattici con finalità interculturali, si ritiene che nell’ambito delle letture antologiche la scelta di testi della ‘letteratura della migrazione’ possa essere significativa. Tuttavia, non tutti i testi ‘della migrazione’ possono essere ritenuti adatti. Sulla base di quali criteri è dunque opportuno selezionarli? Si definiranno in questa sede alcuni criteri ritenuti adeguati alle finalità educative che ci si propone: - rappresentazione di tutti i gruppi sociali: nella prospettiva adottata, il primo criterio da adottare è di tipo ‘contenutistico’ nella direzione di opere che non presentino un punto di vista unico e coincidente con quello del gruppo sociale maggioritario o egemone, infatti “un metodo euristico di lettura non è sufficiente a costruire una forma mentis aperta, se il contenuto di riferimento resta etnocentrico” (Cipollari et al., 2007, p. 70). 12 Il quadro orario delle discipline della scuola secondaria di I grado è stato recentemente modificato durante il Ministero Gelmini (cf. D.M. n. 37 del 26 marzo 2009, relativo all’assetto organico della scuola secondaria di I grado e alla definizione delle cattedre in applicazione del D.P.R. n. 89/2009). I provvedimenti rientranti nella cosiddetta ‘riforma Gelmini’ sono entrati in vigore, per la scuola primaria e secondaria di I grado, a partire dal 1° settembre 2009. 113 La Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curricoli per una educazione plurilingue e interculturale (2010) raccomanda un orientamento in questo senso. Alla voce reperimento e organizzazione delle risorse recita infatti: questa è una funzione soprattutto ‘documentaria’, che risulta comunque fondamentale per la differenziazione dell’insegnamento/apprendimento, per la quale occorrono materiali diversi dal classico manuale, e materiali diversi tra loro, funzionali alla rappresentazione di differenti contesti (socio)linguistici, culturali, sociali e disciplinari. (CoE, 2010, p. 42) L’enfasi posta sulla ‘rappresentanza’ di diversi contesti a livello tanto linguistico quanto culturale, sociale e disciplinare sottolinea come, in uno spazio democratico come quello europeo, essa debba avere luogo non solo nell’ambito politico, ma anche in quello culturale ed in particolare nel contesto educativo; - tematiche inerenti lingue-culture, plurilinguismo e pluriculturalismo, mobilità e migrazione, incontri/scontri di culture e temi affini: l'identità si contruisce nelle lingue, con e tra le lingue (Lévy, 2008) e la pluralità linguistica e culturale può essere vissuta dai soggetti in maniera positiva solo se accompagnata da una consapevolezza che espliciti il suo valore a livello sia personale che sociale. Infatti, chi sviluppa un profilo plurilingue e pluriculturale percependolo come un valore aggiunto a livello sociale sarà in grado di regolare le sue diverse appartenenze e utilizzare lo scarto tra i sistemi di valori dando maggiore risalto all’uno o all’altro a seconda del contesto dei suoi percorsi di vita e mantenendo un’identità fluida, soggetta a dei ‘réglages identitaires’ (De Singly, 2003 cit. in Zarate, 2008). Opposto è il caso di chi percepisce negativamente il proprio percorso di vita diviso e frammentato : A contrario, celui qui développe une perception négative de son histoire personnelle, frappé par la stigmatisation et l’amalgame, l’exclusion et le déni d’existence, peut être inhibé par une souffrance identitaire, provoquée par la position marginale qui lui est socialement assignée, le nombre limité d’identités qui lui sont attribuées auquelles il ne peut pas se soustraire, le réseau de significations négatives auxquelles son moi est systematiquement renvoyé. (Zarate, id., p. 177) 114 In ogni caso, si è rilevato, in relazione ai libri di testo per l'insegnamento delle lingue, il prevalere della tendenza a identificare l’appartenenza su base nazionale e la mancanza di proposte didattiche sulle appartenenze plurali (Zarate, 2008). Tenendo conto di ciò, nella nostra prospettiva appare opportuna la scelta di testi che rispecchino la pluralità linguistico-culturale a livello intraindividuale (cf. testo di Scego, ALLEGATO 3) e nella mobilità/migrazione in ambito nazionale, europeo (cf. testi di Mone e Moll, ALLEGATI 4 e 5) ed extraeuropeo (cf. testo di Wadia, ALLEGATO 6);13 - qualità informativa: i testi dovrebbero possedere, come sostiene Maddalena De Carlo (1998), ciò che Geneviève Zarate chiama una ‘qualité informative’ (Zarate, 1993), garantita dalla presenza di elementi che permettano la mobilitazione di molteplici rappresentazioni della stessa realtà: Ce qui fait l’intérêt d’un jeu contradictoire de représentations, c’est le rapport de concurrence entre elles. Une description est fiable lorsqu’elle permet de comprendre ce qui différencie des systèmes de valeurs entre eux, quelles sont les règles du jeu dans lequelles un groupe social donné se reconnaît, pourquoi ce qui serait insignifiant pour ceux qui sont extérieurs à ce groupe, a force de règle pour ceux qui y participent. (Zarate, 1993 cit. in De Carlo, 1998) Dunque, essi dovrebbero: - représenter des situations conflictuelles, contradictoires, inattendues et qui se prêtent donc à des lectures multiples; - contenir plusieurs points de vue, qui concentrent sur les mêmes réalités sociales des ‘regards croisés’ de la part de l’auteur, du lecteur et des personnages présents dans le texte, ainsi qu’un regard distancié capable d’engendrer l’étonnement; - présenter des indices linguistiques valorisant ou dévalorisant le comportement d’un groupe ethnique ou social; - focaliser l’attention sur les usages des objects culturel et non seulement des objects euxmêmes. (De Carlo, id.) 13 Per quanto riguarda la pluralità delle appartenenze a livello del soggetto, si ritiene che un racconto come Salsicce di Scego, che tematizza la sofferenza identitaria dovuta ai conflitti interiori e alle rappresentazioni negative della società di accoglienza possa fornire significativi elementi per la discussione e la riflessione per affrontare tali complesse questioni in maniera indiretta. 115 Ai fini dell’educazione interculturale appare perciò necessaria la scelta di opere che consentano, grazie alla molteplicità di prospettive, il confronto e il dialogo tra diversi punti di vista. Ulteriori criteri di scelta saranno i seguenti: - adattabilità al contesto scolastico: scelta di contenuti adatti a un pubblico di lettori giovani, preadolescenti e adolescenti (cf. Ascenzi, 2002); - opere scritte in lingua italiana: questo criterio, nell’ottica della ‘cultura educativa’ di cui sopra, non apparirebbe così stringente, in quanto la prassi consolidata prevede la lettura di scritti provenienti anche da altre tradizioni e in traduzione. Tuttavia, si ritiene preferibile la scelta di testi scritti in italiano anche - ma non necessariamente soltanto - da autori di origine straniera e che vivono per lo più in Italia sia perché, come si è già detto, il loro punto di vista esperienziale non è irrilevante; sia perché, secondo una prospettiva socioletteraria, esso può contribuire a costruire una visione diversa sul ‘mondo’ in cui vivono tanto gli autoctoni quanto chi ha origini straniere; sia perché, infine, tali testi possono costituire esempi per la costruzione dell’identità attraverso la scrittura.14 Infatti, come rilevano studi sociologici condotti in Canada sui percorsi biografici di scrittori migranti, lo spazio della scrittura costituisce un significativo strumento di costruzione identitaria (Rachédi, 2008). L’analisi tematica dei racconti di vita di scrittori migranti evidenzia infatti la strutturazione dell’identità attraverso la scrittura. Del resto, proprio il genere letterario del romanzo autobiografico è all’origine dell’utilizzo delle scritture autobiografiche nella didattica delle lingue-culture (Lévy, 2008, pp. 73-74). E’ stata dunque ritenuta utile la promozione dello strumento metodologico del racconto di vita presso i professionisti del sociale. In particolare poi, secondo Lilyane Rachédi i racconti di vita possono essere usati per favorire lo sviluppo dell’identità nelle nuove generazioni di immigrati nati in Québec. 14 Nella prospettiva didattica adottata nel presente lavoro e anche a seguito di osservazioni condotte durante la ricerca sul terreno, si ritiene inoltre opportuno sottolineare che, anche se non tutti i testi ‘della migrazione’ sono autobiografici o caratterizzati da un narratore omodiegetico, l’identificazione da parte degli apprendenti (che, non va trascurato, sono inculturati in un contesto dove il codice visivo domina, insieme a personalismi e ‘divismi’) di un autore ‘straniero’ che scrive in italiano rappresenti un fattore motivante, come si vedrà nell’esposizione dell’analisi dei dati (cf. infra, capitolo 5). 116 Nella prospettiva della presente ricerca, si può aggiungere che anche in ambito educativo, e in particolare nella classe plurilingue e pluriculturale, si ipotizza la proficuità di attività di scrittura autobiografica. Tuttavia, non bisognerà cercare nei racconti di vita la ‘verità’, in quanto, come evidenzia ancora Rachédi, trattandosi essi di costruzioni, conterranno anche una parte di invenzione e di ricostruzione: la loro utilità va ascritta dunque alla possibilità di attribuzione di senso a percorsi di vita che, al di fuori del racconto, possono essere percepiti come frantumati e privi di un ‘filo conduttore’ che conferisca loro unitarietà e coerenza.15 In ogni caso, in ambito educativo non ci si limiterà alla pratica della scrittura autobiografica, in quanto si ritiene che attività di riscrittura potranno risultare utili anche per l’espressione dell’immaginario, sia da parte degli alunni proventienti dalla migrazione, sia da parte degli alunni autoctoni. 3. Una griglia per un approccio al testo con aperture pluridisciplinari L’ipotesi di approccio didattico messa a punto, fondata sull’articolazione di nozioni e concetti tratti soprattutto dalle teorie sulla competenza interculturale precedentemente esaminate, viene qui sintetizzata in una ‘griglia’ per l’analisi dei testi (cf. ALLEGATO 1) che prevede una molteplicità di attività possibili, che andranno selezionate e modulate a seconda del contesto e delle caratteristiche della classe. Prima di passare ad illustrarla, verranno discusse alcune ulteriori riflessioni e questioni di rilievo in merito all’uso dei testi letterari, e in particolare di quelli scritti da autori provenienti dalla migrazione, per l’educazione interculturale, precisando altresì che, se l’espressione ‘educazione letteraria’, come si è precedentemente visto (cap. 1, par. 5.4.), si riferisce generalmente all’insegnamento della letteratura nel triennio degli istituti di istruzione secondaria di secondo grado, verrà qui usata, in senso lato, 15 Lo psicologo americano Jerome Bruner sostiene che la narrazione riveste una grande importanza tanto per la coesione di una cultura che per la strutturazione di una vita individuale, e parla a tale proposito di “principio narrativo”. (Cfr. J. Bruner, 1997, p. 53). 117 per indicare anche le attività di lettura e approccio al testo letterario praticate nella scuola secondaria di primo grado. Un primo punto, già accennato, riguarda il fatto che la letteratura può giocare un ruolo centrale per l’emersione delle culture ‘nascoste’ e della loro dialettica ai livelli sia intrapersonale che sociale. Infatti, come mostrano gli studi sui racconti letterari e sui racconti di vita degli immigrati magrebini in Québec (Rachédi, 2008), la narrazione agisce come strumento di ricomposizione identitaria e di presa di parola nella società d’accoglienza. Essa ha la capacità di stimolare la riflessione e la presa di coscienza in relazione alla collocazione interna, esterna o marginale rispetto al gruppo sociale dominante (Puccini, 2008) e può parimenti contribuire a mettere in luce l’origine dei malintesi (Crawshaw, 2008). Infine, i testi letterari - adattati e veicolati attraverso la performance teatrale - possono creare uno ‘spazio terzo’ d’interazione e di dialogo sociale (Puccini, 2011). Sull’uso dei testi letterari ai fini della comprensione interculturale, sono state avanzate da parte di molti studiosi (Bredella, 2000; Burwitz-Melzer, 2001; Lussier, 2007) proposte di modelli, riflessioni teoriche e modalità per declinare le attività e la valutazione. Nel modello di Lussier, in particolare, la prima dimensione della competenza cognitiva culturale, che comprende un approccio ‘umanistico’, si pone in continuità con una tradizione molto forte in Italia, soprattutto per l’importanza data ad un insegnamento di impostazione storico-letteraria almeno fino all’inizio degli anni ’70 del Novecento (Colombo, 2005, pp. 51-52). compreso nella medesima dimensione Tuttavia l’approccio antropologico è poco praticato nell’insegnamento dell’italiano ‘lingua materna’, a differenza di quanto avviene nella didattica delle lingue straniere (e in particolare del francese). Gli studiosi della comprensione interculturale si sono in ogni caso interrogati sull’opportunità o meno di fornire agli studenti delle conoscenze culturali ai fini della comprensione dei testi letterari, e secondo alcuni questo sarebbe inopportuno in quanto condizionerebbe eccessivamente l’interpretazione dei testi.16 16 Lothar Bredella (2000) ricorda in particolare come secondo Delanoy (1993) gli insegnanti debbano essere coscienti delle barriere culturali, linguistiche ed estetiche che i loro studenti dovranno gestire nella comprensione di testi che trattano temi relativi a elementi culturali stranieri. Tuttavia, è difficile a 118 Tuttavia, se ci si propone di rendere gli alunni consapevoli di alcuni aspetti occultati delle culture minoritarie e dare a queste ultime visibilità, approfondimenti in questo senso saranno utili a una finalità educativa trasversale e che trascenda l’educazione letteraria contribuendo all’educazione alla convivenza e alla cittadinanza (cf. Byram, 2008). Ci si potrà poi chiedere se sia lecito o meno utilizzare i testi letterari a questo fine, e se così facendo non si rischi l’essenzializzazione delle culture e la riduzione degli ‘altri’ a esponenti di gruppi dalle caratteristiche fisse e immutabili, quando è proprio l’antropologia a ricordarci che le culture sono in continua evoluzione e cambiamento, così come gli individui (Cohen, citato da Bredella, 2000), e che dare eccessiva enfasi alle culture di provenienza (di un autore, di un personaggio, di un cittadino immigrato) può trasformarsi in un’opera di ghettizzazione rifiutata come già ricordato dagli immigrati stessi (Rachédi, id.). Per ovviare a tali rischi si potrà, nella didattizzazione, dare spazio a tutto ciò che contribuisca a illuminare la dialettica tra le diverse componenti culturali, sia a livello individuale che sociale. Partendo dal quadro teorico elaborato da Lussier (2007), tra gli obiettivi da raggiungere per l’ambito delle competenze cognitive, ci sarà dunque la conoscenza di aspetti della storia, della geografia, della cultura del gruppo sociale di uno o più personaggi del testo.17 Le attività che si proporranno andranno dalla lettura di schede di approfondimento allo svolgimento di ricerche e analisi di documenti da parte degli studenti, mentre la valutazione potrà comprendere tanto prove oggettive che, se effettuata globalmente, considerare la capacità di esporre e discutere le conoscenze acquisite all’interno di una valutazione orale ovvero insieme alle competenze. A seconda dei tempi previsti, si potrà poi prevedere anche la stesura di testi espositivi quali relazioni sugli argomenti affrontati. volte decidere se le difficoltà sono dovute a mancanza di conoscenza culturale o a barriere estetiche. A suo avviso, “cultural background knowledge is important, but we should not overestimate it.” Infatti, sottolinea Widdowson, in ogni comunicazione i significati che raggiungiamo non sono mai completi, e Barbara Herrnstein ritiene che il fornire conoscenza culturale renderà il testo letterario, che è per sua natura aperto a differenti interpretazioni, un testo ‘determinato’ (Smith, 1978, p. 34, in Bredella, 2000). In conclusione, secondo Bredella bisogna però essere consapevoli che gli studenti potrebbero non sapere anche ciò che l’autore dà per scontato, e che dunque l’insegnante deve usare la conoscenza culturale a seconda del contesto, ovvero per integrare e sostenere il testo quando ciò si renda necessario. 17 Per una trattazione completa di un approccio didattico basato sul modello di Lussier, si veda: Lazar et al., 2007. 119 Per lo sviluppo della prima dimensione della competenza comunicativa, ovvero functioning in the target language linguistically speaking, la letteratura della migrazione potrà contribuire in quanto i testi danno spesso rilievo e sottolineano proprio certi elementi della ‘subtestualità’, ovvero dell’analisi dei messaggi e valori nascosti trasmessi attraverso artefatti culturali. La terza dimensione della competenza comunicativa, ovvero ‘integrare e negoziare la lingua e la cultura bersaglio’, comprende la capacità di prendere in considerazione altri contesti culturali nell’interazione con persone di altre culture e corrisponde a ciò che Byram chiama cultural awareness (Byram, 1997). Gli studenti sono cioè capaci di argomentare e interpretare interculturalmente messaggi che possono avere diverse interpretazioni e possono negoziare conflitti e situazioni di fraintendimento. La didattica potrà perciò essere sviluppata attraverso attività quali la spiegazione, discussione e interpretazione di punti controversi del testo, cioè nei quali si verifichino ‘critical incidents’, o attraverso la riscrittura di porzioni del testo adottando prospettive diverse da quella del proprio gruppo di appartenenza. Per quanto riguarda il dominio della competenza esistenziale, il suo primo subdominio, ovvero la ‘consapevolezza culturale’, è basata sull’accettazione di un concetto antropologico della cultura e sull’associazione a un livello di tolleranza e alla consapevolezza che l’intolleranza potrebbe portare a violenze e instabilità sociale. Le attività didattiche, da collegarsi strettamente al sub-dominio antropologico della competenza cognitiva, potranno comprendere una discussione sul concetto di cultura e la lettura e discussione di articoli di cronaca nei quali casi di violenza siano attribuibili alle differenze culturali. Il secondo sub-dominio, quello dell’ ‘appropriazione critica’, potrà essere sviluppato e valutato attraverso compiti che implichino un’analisi dei propri ‘valori’ culturalmente determinati e una comparazione di questi con credenze, modi di vivere etc. di esponenti di altri gruppi culturali. Infine, per lo sviluppo della competenza transculturale, i testi letterari di autori migranti potranno avere un ruolo significativo nell’assunzione di un punto di vista diverso dal proprio e quindi nel decentramento che potrà contribuire a sviluppare l’empatia. Per illustrare l’approccio, la griglia allegata è ‘nutrita’ da contenuti basati su uno dei testi del percorso didattico realizzato, il racconto di Igiaba Scego Salsicce, che è a 120 questo punto opportuno sintetizzare (per il testo - leggermente abbreviato rispetto all’originale - utilizzato all’interno del percorso didattico, si vedano gli allegati). 4. Un esempio di approccio al testo Salsicce di Igiaba Scego In Salsicce, l’io narrante è una giovane donna di origine somala cresciuta a Roma, che, vivendo da sempre tra due lingue-culture, prova il disagio di non potersi identificare completamente in nessuna delle due.18 Ad acuire il suo malessere contribuiscono la Legge Bossi-Fini sull’immigrazione (30 luglio 2002) e la proposta di prendere le impronte digitali a tutti gli immigrati, oltre all’immagine di straniera che le viene rimandata dagli italiani sconosciuti/che non la conoscono e che, fermandosi all’apparenza (la pelle nera), la collocano automaticamente nella categoria ‘immigrata’/straniera/extracomunitaria. Un giorno di agosto la ragazza, nonostante la sua appartenenza religiosa all’Islam sunnita, decide di mangiare delle salsicce, per sentirsi completamente italiana, ma poi ne è talmente disgustata da rigettarle e, in conclusione, dopo aver riflettuto, decide di rimanere se stessa e di rinunciare all’idea di essere qualcosa che non è, ovvero una persona dall’identità al ‘cento per cento’ italiana. Per esemplificare l’approccio definito nella griglia, vengono illustrate di seguito le modalità di lettura e alcune delle attività realizzabili. Per sviluppare l’approccio ‘umanistico’ (cf. Lussier, 2007, p. 318), sarà utile fornire agli apprendenti un approfondito quadro geo-storico sulla Somalia e sui legami storici con l’Italia nel periodo della colonizzazione. Una simile contestualizzazione farà infatti luce su un passato coloniale comune che ha legato Somalia e Italia in un rapporto che ha peraltro generalmente lasciato tracce deboli nella memoria e nella coscienza collettiva degli italiani (Di Sapio e Medi, 2009). Pur condividendo il richiamo all’insufficienza di un approccio che si limiti a dare notizie sull’ambiente di origine (Zorzi, 1996) e tenendo a mente - per evitarlo - il pericolo di essenzializzare l’appartenenza culturale, l’approccio storico-geografico costituirà dunque un ancoraggio necessario. 18 La coesistenza di più lingue e culture infatti, più che una ‘polifonia’, è spesso un’utopia, quando non una cacofonia, che si traduce in processi complessi d’integrazione (Levy, 2008, 70). 121 Esso si potrebbe sviluppare a partire dal seguente passo: Vediamo un po’. Mi sento somala quando: 1) bevo il tè con il cardamomo, i chiodi di garofano e la cannella; 2) recito le 5 preghiere quotidiane verso la Mecca; 3) mi metto il dirah; 4) profumo la casa con l’incenso e l’unsi; […] 8) ci vengono a trovare i parenti dal Canada, dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, dall’Olanda, dalla Svezia, dalla Germania, dagli Emirati Arabi e da una lunga lista di stati che per motivi di spazio non posso citare in questa sede, tutti parenti sradicati come noi dalla madrepatria; 9) parlo in somalo e mi inserisco in toni acutissimi in una conversazione concitata; 10) guardo il mio naso allo specchio e lo trovo perfetto; 11) soffro per amore; 12) piango la mia terra straziata dalla guerra civile; 13) faccio altre 100 cose, e chi se le ricorda tutte! (Scego, 2005, p. 29) Tra i temi che questo brano sollecita, sarà interessante focalizzare l’attenzione degli studenti sulla diaspora somala e la guerra civile. In particolare, da un punto di vista geo-storico, sarà interessante evidenziare come le cause della guerra che da vent’anni dilania la Somalia, dopo la fine del regime di Siad Barre nel 1991, siano state individuate da storici sia italiani che somali nel periodo della colonizzazione italiana. Questa, che durò dal 1905 al 1941, fu responsabile tra l’altro di un’accentuazione della divisione in clan di una popolazione omogenea dal punto di vista etnico. Infatti, tale divisione era funzionale agli scopi dell’amministrazione coloniale. Inoltre, secondo Angelo Del Boca, il principale storico del colonialismo italiano, anche l’amministrazione fiduciaria italiana (AFIS, 1950-1960), che ebbe dall’Onu il compito di porre le basi della democrazia in Somalia, non fu esente da colpe. In particolare, la non definizione dei confini con l’Etiopia portò, negli anni Settanta, a una guerra tra i due paesi. Gli esiti della costruzione della democrazia furono talmente fragili da venire spazzati via facilmente dal colpo di Stato di Siad Barre del 1969, a seguito del quale la famiglia della scrittrice emigrò in Italia. Ricordare eventi e valutazioni storiche sarà dunque utile a evidenziare le connessioni tra fenomeni come le migrazioni dal Corno d’Africa e una fase della storia italiana alla quale si tende a prestare, al di fuori dell’ambito accademico, un’attenzione limitata. In particolare, i libri di testo di storia dedicano generalmente poco spazio all’esperienza coloniale italiana, con il risultato che fenomeni come la diaspora somala e il razzismo in Italia non sono facilmente collegabili con il periodo coloniale (Di Sapio e Medi, id.). A proposito di razzismo, è infatti evidente che la retorica coloniale che proclamava l’inferiorità delle popolazioni africane e giustificava con ciò la conquista abbia 122 lasciato, almeno in alcuni strati della popolazione italiana, un retaggio che oggi riemerge, come evidenzia la stessa Scego in altri brani dello stesso testo (e in altre sue opere). Potrà essere poi ugualmente utile discutere la collocazione del racconto nella produzione letteraria italiana contemporanea e definire le sue relazioni con la ‘letteratura della migrazione’ in italiano evidenziandone le peculiarità tematiche e, in una prospettiva socioletteraria, l’appartenenza a una produzione ‘marginale’, in quanto espressione di un’autrice donna e membro di un gruppo minoritario nella società italiana, sia per provenienza familiare che religiosa (Barbarulli, 2010). Il secondo subdominio della competenza cognitiva si riferisce, come si è visto, alla ‘conoscenza del contesto socioculturale’, che dovrebbe poggiare su documenti che forniscano fatti, statistiche e dati su un argomento specifico. Esso include la conoscenza della società e della cultura di riferimento e delle comunità che ne fanno parte, nonché delle relazioni tra classi, generi, generazioni, razze, gruppi politici e religiosi o istituzioni, come i valori principali, le credenze e gli atteggiamenti relativi a culture regionali, identità nazionali e minoranze (cf. Lussier, 2007, id.). In quest’ambito, sarà dunque possibile presentare dati di vario tipo, ad esempio dati statistici sui cittadini stranieri iscritti nelle anagrafi dei comuni italiani: all’inizio del 2010, erano oltre 4,2 milioni, il 7,0 per cento del totale dei residenti (Istat, 19 gennaio 2011). In relazione alla scuola, i dati disponibili in riferimento all’a.s. 2008-2009 mostrano inoltre che “la presenza degli alunni stranieri, ormai un dato strutturale del sistema scolastico italiano, registra una incidenza pari al 7% del totale degli studenti, raggiungendo in valore assoluto le 629.360 unità, rispetto ad una popolazione scolastica complessiva di 8.945.978 unità.” Infine, secondo le rilevazioni della fondazione ISMU, i dati sull’appartenenza religiosa degli immigrati in Italia mostrano che, nel 2006, la comunità di religione musulmana costituiva il 37% di tutte le comunità immigrate in Italia. Ciò servirà a rendere l’idea della dimensione del fenomeno sociale all’interno del quale contestualizzare il testo letto. Ovviamente, a seconda degli eventuali interessi e curiosità degli alunni, si potranno cercare e discutere altri dati, ad esempio sulla Legge Bossi-Fini, sulle seconde 123 generazioni, sulla legge che regola l’accesso alla cittadinanza da parte degli stranieri, sulla consistenza di fenomeni legati al razzismo e così via. La terza subdimensione sarà invece approfondita attraverso un approccio antropologico. Questo, come si è già illustrato, si concentra sulla conoscenza collegata alla diversità dei modi di vivere e pensare e si riferisce alla cultura con la ‘c minuscola’ (Holliday, 1999, in Lussier, 2007, p. 318), che comprende somiglianze e differenze tra la propria cultura e quella del proprio mondo e il mondo degli altri e delle altre culture. In relazione al testo Salsicce sarà utile in questa prospettiva evidenziare le valenze simboliche della carne di maiale all’interno della religione islamica da una parte, della tradizione italiana dall’altra. In particolare, sarà utile introdurre il concetto di tabù alimentare, contestualizzare quindi la proibizione del maiale tra i precetti coranici relativi all’alimentazione e accennare alle ipotesi sull’origine della proibizione. In Italia, invece, il maiale è largamente consumato e anzi costituisce un elemento tipico della cultura alimentare. Nella simbolica cristiana, esso è “simbolo di ingordigia e ignoranza”, ma ha anche un senso positivo, in quanto “la scrofa era un attributo dell’eremita Sant’Antonio Abate, poiché il suo lardo era considerato un rimedio contro l’herpes (‘fuoco di Sant’Antonio’)” (Biedermann, 1991, p. 284). Si potrà accennare anche al significato assunto all’interno di altri contesti: ad esempio, nelle culture antiche questo animale era spesso l’immagine della fecondità e del benessere e “nei misteri greci di Eleusi, il maiale era l’offerta sacrificale alla dea Demetra.” (id., 283) La prospettiva simbolica e antropologica potrà dunque evidenziare la molteplicità di significati attribuibili a uno stesso ‘oggetto’ all’interno di contesti culturali diversi. Il testo si presta inoltre ad approfondimenti su altre pratiche menzionate nel racconto, quali le mutilazioni genitali femminili (che sarà opportuno però affrontare solo se il contesto e la classe lo consentiranno). Ad ogni modo, anche in questo caso occorrerà evitare il pericolo dell’essenzializzazione, tenendo a mente la natura dinamica delle culture e la loro continua evoluzione anche attraverso gli interscambi (Kramsch, 1993; 1998; Finkbeiner, 2009), e fare uso della thick description (Geertz, 1975) secondo la quale 124 un elemento culturale deve essere spiegato all’interno del contesto di riferimento, per coglierne il significato profondo. Se si passa all’ambito delle competenze interculturali, si vede che, secondo il primo dominio definito da Lussier, è necessario dare uno spazio maggiore e più esplicito alla competenza socio-culturale (Damen) e alla ‘subtestualità’, ovvero all’analisi dei messaggi e valori nascosti trasmessi attraverso artefatti culturali, per sviluppare la consapevolezza della parte occultata della ‘cultura’ target. Il testo letterario in oggetto dà in questo senso buoni punti di partenza. Un esempio è il seguente passo: Mi sento italiana quando: 1) faccio una colazione dolce; 2) vado a visitare mostre, musei e monumenti; 3) parlo di (…) depressione con le amiche; 4) vedo i film di Alberto Sordi, Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Monica Vitti, Totò, Anna Magnani, Giancarlo Giannini, Ugo Tognazzi, Roberto Benigni, Massimo Troisi; 5) mangio un gelato da 1,80 euro con stracciatella, pistacchio e cocco senza panna; 6) mi ricordo a memoria tutte le parole del 5 Maggio di Alessandro Manzoni; 7) sento per radio o tv la voce di Gianni Morandi; 8) mi commuovo quando guardo negli occhi l’uomo che amo, lo sento parlare nel suo allegro accento meridionale e so che non ci sarà un futuro per noi; 9) inveisco come una iena per i motivi più disparati contro primo ministro, sindaco, assessore, presidente di turno; 10) gesticolo; 11) piango per i partigiani, troppo spesso dimenticati; 12) canticchio Un anno d’amore di Mina sotto la doccia; 13) faccio altre 100 cose, e chi se le ricorda tutte!” (Scego, 2005, pp. 29-30) In questo brano l’’italianità’ della protagonista si sostanzia di una serie di gesti, abitudini, pensieri, riferimenti alla cultura ‘alta’ e a quella ‘bassa’, memoria storica, ma si allude anche a modi di pensare non immediatamente evidenti (ad esempio, vi si potrebbe leggere un riferimento implicito alla non accettazione della ragazza da parte della famiglia meridionale dell’uomo amato). Il passo che segue si riferisce invece a pratiche meno ‘concretamente’ evidenti, anche perché illegittime, tuttavia notoriamente radicate (ed emerse anche di recente in maniera molto ampia nei discorsi dei media): I concorsi sono le moderne macchine da tortura; se non si ha un santo in paradiso, diventa una corsa riservata a pochi eletti. Mi ricordo di una frase del grande, vecchio, buon De Sica a un Alberto Sordi vigile fresco di assunzione che lo ringrazia per la “raccomandazione”. De Sica guarda un po’ torvo l’Albertone nazionale e poi con una voce sferzante lo corregge: “si 125 dice segnalazione”, scandendo bene tutte le lettere della parola: S-E-G-N-A-L-A-Z-I-O-N-E. (Scego, id., p. 27) I brani potranno fungere da spunti di discussione e da esempi e modelli sulla base dei quali elicitare le componenti, evidenti e nascoste, dell’”italianità” come questa si configura nella percezione degli studenti, di origine italiana e non: si potrà trattare della cultura artistica e cinematografica, di quella alimentare e dell’abitudine a criticare il potere, il malcostume della ‘segnalazione’ nei concorsi etc. La terza dimensione della competenza interculturale prevede la capacità di integrare e negoziare la lingua e la cultura bersaglio e comprende la capacità di prendere in considerazione altri contesti culturali nell’interazione con persone di altre culture. Gli studenti sono indotti a interpretare dei messaggi che possono avere diverse interpretazioni e a confrontarsi con delle argomentazioni che possono diventare luogo di negoziazione di conflitti e di situazioni di malinteso e di disagio. La didattica potrà allora essere sviluppata attraverso attività quali la discussione, la spiegazione e l’interpretazione dei punti controversi del testo (usando metodi come i ‘critical incidents’) o attraverso la riscrittura di parti del testo adottando prospettive diverse rispetto a quelle del loro gruppo di appartenenza. Ora, proprio un tentativo di integrazione (per mezzo di una ‘incorporazione’ fisica) di una presunta essenza dell’italianità da parte della protagonista è al centro del racconto, dove si riafferma però, attraverso la riflessione e un processo di negoziazione interiore, l’insopprimibilità della dialettica tra le diverse componenti identitarie della protagonista. Nella consapevolezza della propria ‘diversità’ collegata a un tabù alimentare, l’io narrante sviluppa infatti una dialettica con una tradizione (cibarsi del maiale) che sente estranea. Il suo rapporto con ‘l’italianità’, che vorrebbe acquisire come dato definitivo, passa attraverso il tentativo – fallimentare - di fare violenza alla parte somala di sé ingoiando un cibo impuro. La ribellione del sé più profondo, incarnata dal corpo, conduce a un’autoconsapevolezza che si traduce in una negoziazione e nella coscienza del fatto che la protagonista, pur sentendosi italiana in tanti gesti, azioni e comportamenti, non potrà accettare tutto dell’italianità, ma solo ciò che non è in conflitto con componenti decisive della sua appartenenza culturale somala e musulmana. 126 Infine, il dominio della competenza esistenziale si concentra sullo sviluppo di atteggiamenti e rappresentazioni culturali che danno forma alla visione del mondo e allo sviluppo dei valori durante la costruzione dell’identità. E’ alla base del concetto intrinseco di xenofilia e xenofobia, e, come si è visto, raccoglie tre dimensioni: - consapevolezza culturale - appropriazione critica - interpretazione transculturale. La prima si basa sull’accettazione di un concetto antropologico di cultura e intende portare l’apprendente dalla conoscenza monoculturale alla ‘conoscenza culturale’, che è considerata come il primo gradino della conoscenza interculturale. In termini di risposta affettiva, questa dimensione può essere associata a un livello di tolleranza, ovvero alla consapevolezza che l’intolleranza potrebbe portare violenza e instabilità sociale. Del testo in oggetto è possibile utilizzare diversi brani per arrivare, attraverso attività quali il brainstorming e la realizzazione di mappe concettuali, ad una nozione antropologica di cultura, da collegare con i rischi sociali dell’intolleranza e del razzismo. Un esempio: Inoltre, amico, devi sapere che noi neri conviviamo con il sospetto che tutti ci giudichino dal nostro colore. In realtà è proprio così, ma ci illudiamo che non sia così! Ci accusano di avere la coda di paglia, di invocare il razzismo alla minima sciocchezza, ma vuoi sapere una cosa? Il razzismo ahimé non è una burla. (…) vorrei che fosse una megaburla globale, una farsa da internet, ma la realtà è che se sei nero devi convivere con il sospetto. Però spesso anche noi siamo troppo polemici, credo che convivere con il dubbio ci abbia fatto diventare troppo sensibili su alcuni punti. (…) se provi ad insultarci bè allora accusiamo il mondo di razzismo anche se stavamo litigando per tutt’altro, come per esempio un megatamponamento di cui noi eravamo gli unici responsabili! Ma non siamo gli unici polemici, ci sono anche: arabi, ebrei, aborigeni australiani, nativi americani, curdi e tutta la pangea riunita in sessione. (Scego, id., pp. 33-34) L’’appropriazione critica’ consiste nell’essere in grado di accettare e interpretare la conoscenza di sé e la propria identità, con rispetto per i valori conservati da altre culture e individui dalle credenze differenti. 127 Anche in questo senso il testo di Scego offre un esempio di accettazione della propria identità che includa il rispetto per i valori altrui, può costituire dunque un valido spunto per attività di discussione orale o scritta o ancora di riscrittura da punti di vista ‘altri’. Infine, per lo sviluppo della competenza transculturale,19 i testi letterari degli scrittori migranti potranno giocare un ruolo importante per il decentramento, lo spostamento verso un punto di vista 'altro', dunque verso un livello meno etnocentrico per lo sviluppo dell’empatia. 19 Come si è già visto (cap. 2), essa rappresenta in Lussier (2007) il più alto livello di competenza e implica l’integrazione di nuovi valori, il rispetto di altri valori e la valorizzazione dell’alterità che deriva dalla coesistenza di diversi gruppi etnici e culture che evolvono in una stessa società o in distinte società mentre promuovono l’arricchimento dell’identità di ciascuna cultura in contatto (Lussier, id., p. 324). 128 Capitolo 4. Il disegno della ricerca e la metodologia d’indagine In questo capitolo, dopo la definizione delle finalità e delle domande di ricerca, si passerà ad esaminare i terreni d'indagine. Successivamente si andranno a definire le basi teoriche della metodologia della ricerca-azione con specifica attenzione per il suo utilizzo in ambito educativo evidenziandone la conformità rispetto ai terreni e agli obiettivi della ricerca. Di seguito verranno descritti gli strumenti d'indagine. Infine si passerà ad esporre le tappe salienti delle attività svolte nei terreni di ricerca e i criteri per la selezione dei rispondenti e si descriverà la metodologia d'analisi tematica utilizzata motivando altresì le ragioni della scelta compiuta. 1. Finalità dell'indagine e domande di ricerca Il presente lavoro si propone, attraverso una metodologia di ricerca che utilizza strumenti propri delle scienze sociali e delle scienze dell’educazione, una duplice finalità: da un lato, la sperimentazione, in classi plurilingui e pluriculturali e nell’ambito dell’educazione letteraria nella scuola secondaria di I grado, di un percorso didattico fondato su testi della ‘letteratura della migrazione’, dall’altro, l’utilizzo dei dati raccolti in itinere per cogliere gli effetti sui discorsi scritti degli alunni con particolare attenzione per le rappresentazioni sulle lingue e le culture e i soggetti e i gruppi sociali portatori di ‘diversità’ linguistica e culturale, in una prospettiva interculturale (Consiglio d’Europa, 2008; 2010).1 1 La rilevazione delle rappresentazioni è suggerita ai fini della progettazione dei curricoli per l’educazione plurilingue e interculturale (Consiglio d’Europa, 2010). 129 L’approccio ai testi letterari che è stato progettato mutua e rielabora, come si è visto, fondamenti teorici e metodologici definiti nell’ambito di alcune teorie sulla competenza interculturale (in particolare Byram, 1997 e Lussier, 2007, cf. capp. 2 e 3) e, attraverso la sollecitazione della riflessione e del decentramento attraverso le attività svolte a partire dai testi narrativi (Bredella, 2000), ha come finalità globale lo sviluppo di una visione dinamica e non stereotipata dei soggetti e delle culture, ai fini di un’educazione interculturale che risponda alle esigenze di convivenza con la pluralità linguistica e culturale che caratterizzano i contesti sociali ed educativi contemporanei, a livello tanto locale quanto nazionale, europeo, globale. I livelli di analisi nel presente lavoro sono di conseguenza due. Il primo riguarda la rilevazione delle modalità con le quali i racconti e le riflessioni proposte sono state rielaborate sia attraverso la riflessione scritta, sia attraverso la narrazione, per cogliere atteggiamenti e rappresentazioni degli alunni sulle lingue e l'apprendimento linguistico nella mobilità e la migrazione e sui soggetti appartenenti a gruppi sociali, linguistici e culturali diversi. Il secondo consiste nell’individuazione dei punti di forza e di debolezza dell’approccio didattico sulla base delle reazioni degli alunni alle attività proposte dall’insegnantericercatrice per trarne elementi di comprensione e cogliere eventuali apprezzamenti o repulsioni, difficoltà incontrate, critiche o suggerimenti, dei quali tenere conto per formulare ipotesi per potenziare, nella didattica dell’italiano e attraverso l’insegnamento letterario, l’apertura alle lingue e alle culture. Le domande alle quali si intende rispondere attraverso il presente studio sono dunque le seguenti: 1. Quali rappresentazioni emergono dai primi testi creativi redatti dagli alunni sulle lingue e l’apprendimento linguistico nella mobilità e la migrazione? E’ possibile rintracciare nei successivi scritti degli alunni un’evoluzione di tali rappresentazioni? 2. Quali tra le attività realizzate possono contribuire in misura maggiore a rendere più articolate le rappresentazioni e le riflessioni sugli incontri e le relazioni sociali tra soggetti dalle appartenenze linguistiche e culturali plurali? 130 2. I terreni d’indagine I tre terreni di ricerca sono costituiti da tre classi di scuole secondarie di I grado della provincia di Macerata, situate in particolare nel capoluogo e. Si tratta di contesti selezionati sia per ragioni autobiografiche, sia per caratteristiche specifiche. Infatti, durante l’anno scolastico 2011-2012 il servizio prestato come docente di Lettere nella scuola media di Petriolo ha consentito in tale contesto lo svolgimento della ricerca in una classe terza. In anni precedenti avevo inoltre svolto la mia attività di docenza anche negli altri due istituti, e ciò ha costituito un notevole vantaggio in termini di accesso, che è stato consentito grazie alla sensibilità dei Dirigenti scolastici e all’apertura e alla collaboratività delle colleghe coinvolte. La scelta di svolgere la ricerca in terreni diversi da quello dove prestavo servizio è stata motivata sia dal desiderio di terreni differenti tra i quali operare dei confronti, sia dalla preoccupazione che il mio posizionamento di particolare ‘potere’ dovuto al ruolo rivestito potesse condizionare la libertà espressiva degli alunni. Per questo si è ipotizzato che, sperimentando lo stesso percorso didattico in contesti nei quali il posizionamento fosse più ‘neutro’, i dati potessero guadagnare in ‘spontaneità’. I tre terreni sono stati poi selezionati sulla base di una presenza significativa di cittadini di origine straniera nel comune di riferimento. Secondo i dati più recenti del servizio statistico regionale relativi all’anno 2010, nel comune di San Severino Marche, la popolazione immigrata rappresentava, al 1° gennaio 2011, il 10,8 % circa del totale (1199 abitanti su 13028). Nel piccolo comune di Petriolo, che contava 1980 abitanti, gli stranieri residenti erano 225, ovvero l’8,8 % del totale. Infine, a Macerata, città con una popolazione di 42474 abitanti, gli stranieri residenti (4505) costituivano il 9,4 % della popolazione.2 2 I dati sono stati tratti dalle tavole del Servizio Statistico regionale. <http://statistica.regione.marche.it/Home/Datieprodotti/Argomenti/Popolazione/Tavolestatistiche/tabid/ 121/Default.aspx> Per un inquadramento statistico del fenomeno migratorio nella regione Marche cf. anche <http://www.istat.it/it/files/2012/05/Rapporto_Immigrazione_2011_parte-1.pdf> 131 Si tratta in ogni caso di terreni con un numero di cittadini stranieri immigrati in linea con la media regionale (9,4 %). Le tre classi sono inoltre rappresentative di tutti e tre gli anni della scuola secondaria (una classe prima a San Severino, una seconda a Macerata, una terza a Petriolo). In ogni caso, come si vedrà (par. 8), la metodologia della ricerca-azione non aspira alla rappresentatività dei suoi risultati, dato che ogni contesto è un caso a sé, tuttavia attraverso la descrizione delle caratteristiche sia delle classi sia delle attività svolte (cf. infra) la presente ricerca si pone l’obiettivo di dare un contributo per la comprensione delle dinamiche didattiche in contesti simili. 2.1. Scuola 1 I.C. Tacchi Venturi, San Severino Marche La classe è composta di 20 alunni, dei quali 19 partecipano alla ricerca (i genitori di un’alunna hanno infatti negato il consenso al trattamento dei dati). Il profilo della classe tracciato nella programmazione del Consiglio di Classe la descrive in questi termini: “La classe I E è composta da 20 alunni, di cui 13 femmine e 7 maschi; gli alunni, da quanto emerso dalle osservazioni degli insegnanti in questa prima parte dell’anno, sono socievoli, frequentano molto volentieri la scuola, sono abbastanza partecipi, curiosi, ben disposti verso gli insegnanti e le discipline. Tutti sono inclini al dialogo, desiderosi di leggere o di intervenire nei momenti della correzione di compiti o nelle altre attività didattiche e sembrano aver superato abbastanza bene il passaggio dalla primaria alla secondaria. […] Dal punto di vista del comportamento gli alunni sono sostanzialmente corretti e, nei momenti di maggiore vivacità, se ripresi, sanno facilmente ricondursi all’ordine. Tuttavia, non sempre al silenzio corrisponde la giusta attenzione: gli alunni tendono facilmente alla distrazione, specie durante le spiegazioni frontali e, per questo, spesso molti di loro confondono il materiale o lo dimenticano a casa, scordano il quaderno delle comunicazioni, svolgono le consegne domestiche o in modo incompleto o in modo superficiale, necessitano dell’aiuto dell’insegnante anche nell’uso del diario, non sono puntuali nelle consegne, non sanno ancora avvantaggiarsi ed organizzarsi con i compiti. Dal punto di vista del profitto la maggior parte degli alunni consegue risultati tra il livello sufficiente e il livello soddisfacente, in modo ancora altalenante, e sembra 132 incontrare le difficoltà maggiori nella produzione orale e nella rielaborazione dei contenuti; una sola alunna ha una livello di apprendimento distinto. I due alunni di origine straniera, invece, evidenziano difficoltà diffuse” Gli alunni nati all’estero sono sei: due in Albania (Ada e Balina), gli altri tutti di provenienza diversa: Camerun (Donata), India (Rubab), Moldavia (Igor), Russia (Rachele). Tra questi, tre sono in Italia da prima dei sei anni d’età, una è arrivata all’età di 7 anni (Rubab) e due sono in Italia dall’età di 10-11 anni (Igor e Rachele).3 Due alunni sono invece nati in Italia ma hanno dei componenti della famiglia stranieri, una ha la madre di origine svizzera (Ester) e una ha entrambi i genitori albanesi (Eleonora). La maggior parte degli alunni è nata nel 2000, ma Igor è nato nel 1999 e due alunni sono nati nel 2001 (Filippo e Donata). E’ prevista la presenza di un insegnante di ‘sostegno linguistico’ per l’italiano L2 due volte alla settimana, tuttavia nell’ultima parte dell’anno e durante il percorso di ricerca-azione, nelle ore di Italiano gli alunni hanno preso parte alle attività in aula. Per l’anno scolastico in cui è stata condotta l’indagine, l’Istituto non prevede progetti specifici per l’’intercultura’, né attività così denominate sono previste all’interno della programmazione della disciplina Cittadinanza e Costituzione. Il libro di testo adottato è di Rosetta Zordan, Il Narratore (2008) che, nella sezione dedicata alla favola e alla fiaba (v. vol. 1), raccoglie dei testi da altre tradizioni culturali. Inoltre nella sezione ‘I rapporti con gli altri: a scuola’ è presente un brano di Fabrizio Gatti dal titolo “Ma non hanno mai visto un bambino albanese?”, tratto dal libro Viki che voleva andare a scuola, che racconta l’inserimento scolastico di un bambino immigrato irregolare in Italia e che ha diverse analogie con il brano ‘Il mio primo giorno di scuola’ di Besa Mone e che è stato letto dalla collega Marina4 prima della sperimentazione. Il volume contiene anche un’unità intitolata ‘Il senso della vita: storie dal cuore del mondo’, che include otto racconti tratti da diverse tradizioni. 3 4 I nomi citati sono pseudonimi attribuiti agli alunni in osservanza alla normativa sulla privacy. Il nome dell’insegnante è uno pseudonimo. 133 “Storie che, pur appartenendo a culture diverse, parlano di ‘sentimenti comuni’ e trasmettono ‘valori universali’ (id.: 480), evidenziando con ciò la volontà di trovare delle convergenze valoriali senza però individuare e distinguere la specificità delle storie in oggetto, che si collocano all’interno di tradizioni culturali differenti da quelle occidentali. 2.2. Scuola 2, Classe II, I.C. ‘Enrico Mestica’, Macerata Nella Classe II, 24 alunni hanno partecipato alla ricerca. Il profilo della classe tracciato nella programmazione del Consiglio di Classe la descrive in questi termini: “Aspetto comportamentale. Il gruppo, rispetto all’anno precedente, si mostra più vivace e non sempre di facile gestione. Alcuni elementi debbono, infatti, essere costantemente richiamati all’attenzione, all’assolvimento delle richieste e all’assunzione di un comportamento più positivo, perché si distraggono e fanno distrarre gli altri parlando a voce alta senza motivo e non richiesto, abbandonando il proprio posto senza permesso, creando rumori inopportuni, infastidendo i vicini, intervenendo fuori luogo anche con gratuite battute di spirito che a volte alimentano futili battibecchi e/o l’ilarità generale. Ripresi ed invitati a riflettere su tali comportamenti, in un primo tempo sembrano sensibili all’assunzione di una condotta più respondabile, ma poi c’è sempre qualcuno che ritorna a disturbare, manifestando con ciò poca consapevolezza e maturità riguardo l’ambiente scolastico di lavoro. Pertanto, nell’insieme a tutt’oggi, l’attenzione è da sollecitare, la partecipazione è discontinua, l’impegno inadeguato, lento l’assolvimento delle richieste, affrettata l’esecuzione delle consegne, poco costruttiva la disponibilità all’ascolto. Inoltre alcuni non portano da casa il materiale utile per seguire al meglio la lezione. Anche gli impegni domestici (sia le attività scritte che lo studio vero e proprio) vengono affrontati in modo superficiale. Di conseguenza, le potenzialità presenti a livello di effettive capacità e conseguente rendimento sono per ora subordinate - specialmente in alcuni elementi - al poco costruttivo atteggiamento assunto nei confronti della scuola.” 134 Quanto alle fasce di rendimento, la documentazione distingue quattro livelli, che non sono tuttavia stati collegati ai nominativi per una scelta di privacy fatta dall’istituto. Inoltre, è stato attivato un progetto, denominato ‘Arcobaleno in città. Corso di Italiano come L2 per alunni di origine non italiana’, per complessive 30 ore svolte per metà dalla collega che d’ora in poi chiameremo Luciana, per metà da un’altra insegnante della scuola, in orario pomeridiano, due volte a settimana. Gli alunni nati all’estero sono sei: due in Macedonia (Gjorge ed Enzo), gli altri tutti di provenienza diversa: Moldavia (Vlad), Romania (Antonia), Turchia (Adile). Tutti sono in Italia da prima dei sei anni, tranne Enzo, arrivato quando aveva sette anni. Un’altra alunna ha la madre albanese e il padre italiano, è nata in Italia (Emma). La maggior parte degli alunni è nata nel 1999, ma Gjorge è nato nel 1998 e Enzo nel 1997.5 Tra i progetti di classe, sono stati attivati diversi corsi linguistici (un corso di Latino, lettorato di lingue straniere, approccio alla lingua cinese) e un corso di Teatro. Invece, per gli alunni di origine straniera, sono state svolte attività diverse: in orario curricolare, le Attività alternative alla religione cattolica sono state destinate prevalentemente all’insegnamento linguistico. Il libro di testo adottato è di Rosetta Zordan, Il Quadrato magico (2004). Il volume (della stessa autrice de Il Narratore, adottato sia a San Severino che a Petriolo), non ha sezioni specifiche per l’educazione interculturale. Si nota che nella sezione ‘Vivere con gli altri’ è inserito un brano di Vittorio Zucconi dal titolo “Stranieri come noi”, cui segue una scheda includente alcune liste di vocaboli e frasi di uso comune tratte da diverse lingue: albanese, romeno, serbo-croato, filippino, cinese, arabo, indiano, spagnolo. 2.3. Scuola 3, Classe III, Scuola Media ‘Marco Martello’, Petriolo Della classe III, hanno partecipato alla ricerca 13 alunni. 5 Cf. nota 11. 135 Dalla Programmazione del Consiglio di classe, da noi redatta in veste di coordinatrice sulla base delle osservazioni fatte dal gruppo docente nella prima parte dell’anno scolastico (settembre-novembre), emerge che nella fase iniziale dell’anno i ragazzi, piuttosto vivaci, erano in genere abbastanza attenti e collaborativi e seguivano le lezioni con interesse e partecipazione sufficienti. Un gruppo tendeva in particolare a intervenire di frequente (anche se non sempre a proposito) contribuendo a dare alle lezioni una forte impronta dialogica. Buona parte della classe portava regolarmente il materiale ed eseguiva i compiti con regolarità. Si erano tuttavia riscontrati diversi casi di negligenza. Shahid e Nicola durante le lezioni si distraevano abbastanza frequentemente e dovevano essere spesso sollecitati affinché non disturbassero parlando in tempi e modi inopportuni. Si era cercato di ovviare a questi problemi di attenzione coinvolgendo i ragazzi attraverso domande stimolo, lezioni partecipate, elaborazione di schemi riassuntivi e mappe concettuali, assegnazione di incarichi per una maggiore responsabilizzazione. Il clima era reso talvolta poco sereno dalla tendenza di alcuni a correggere e anche deridere gli interventi orali erronei dei compagni. Per quanto riguarda il rendimento, dalle rilevazioni iniziali effettuate, il livello della classe risultava medio e il metodo di studio non appariva sempre adeguato. Diversi alunni si limitavano infatti a un apprendimento mnemonico o disordinato e si trovavano in difficoltà quando venivano loro rivolte domande che implicavano un ragionamento. L’esposizione orale era generalmente (tranne alcuni casi) di livello sufficiente o discreto, anche se la capacità di organizzare il discorso per la maggior parte degli alunni non era adeguata. Nelle prime settimane di lezione diversi alunni si erano resi responsabili di episodi caratterizzati da comportamenti scorretti anche gravi ed erano stati perciò richiamati e puniti, in alcuni casi anche con la sospensione dalle lezioni. Quanto alla provenienza degli alunni, quelli di origine straniera sono tre: due originari del Pakistan (Ali e Shahid), uno della Moldavia (Ivan). Di questi, Ali è in Italia dall’età di tre anni, mentre Shahid dall’età di sette e Ivan dall’età di dieci anni. 136 La maggioranza degli alunni è nata nel 1998, tranne Flaminio (1997), Shahid (1997), Ivan (1997). Le competenze linguistiche di questi alunni sono buone o ottime. L’Istituto non ha organizzato progetti specifici in prospettiva interculturale. Tra i progetti della classe, uno riguardava la Certificazione Ket, un altro i Lettorati di inglese e francese. Il libro di testo di italiano adottato è (come a San Severino), Il Narratore di Rosetta Zordan (2008). Il terzo volume antologico contiene un’unità intitolata ‘Il senso della vita: storie dal cuore del monto’, che include otto racconti tratti dalle tradizioni giapponese, della Palestina, del Tibet, indù, indiana, buddhista cinese, dell’isola de La Réunion, mongola, introdotte come “Storie che, pur appartenendo a culture diverse, parlano di ‘sentimenti comuni’ e trasmettono ‘valori universali’ (Zordan, id.: 489), evidenziando con ciò la volontà di trovare delle convergenze valoriali senza però individuare e distinguere la specificità delle storie in oggetto, che si collocano all’interno di tradizioni culturali differenti da quelle occidentali. Un simile approccio ricorda molto da vicino la ‘minimizzazione’ delle differenze di Bennet, che rientra negli stadi etnocentrici (cf. cap. 2, par. 4.1.1). 3. La ricerca-azione La ricerca-azione (d’ora in avanti, r-a), nata con Lewin (1948) nell’ambito delle scienze sociali, è stata molto utilizzata a partire soprattutto dagli anni Sessanta, e si è poi diffusa in maniera crescente. Secondo una concezione classica, essa ha due obiettivi: trasformare la realtà e produrre conoscenze che riguardano queste trasformazioni (Hugon e Seibel, 1988; in Barbier, 2007); inoltre, rappresenterebbe uno sviluppo della metodologia tradizionale nelle scienze sociali. Secondo un’altra posizione, la r-a può rappresentare una rivoluzione epistemologica ancora da esplorare e sviluppare (Barbier, 2007). Secondo la definizione di Hopkins e quella di Ebbutt, la r-a costituisce “a form of disciplined inquiry, in which a personal attempt is made to understand, improve and reform practice” (Cohen, Manion, Morrison, 2000: 226), mentre Cohen and Manion 137 (1994:186) la considerano “a small-scale intervention in the functioning of the real world and a close examination of the effects of such an intervention” (Cohen, Manion, Morrison, ibid.). Per Kemmis and McTaggart (1992:10), essa consiste nel “to plan, act, observe and reflect more carefully, more systematically, and more rigourously than one usually does in everyday life”, infatti Carr e Kemmis la definiscono “a self-reflective inquiry” (1986:162). In ogni caso, non è semplice definire la ricerca azione in maniera definitiva, dato che esistono molte scuole che adottano diverse prospettive epistemologiche (Kemmis, 1997). Essa può essere usata in una varietà di contesti, prevalentemente in ambito sociale ed educativo. In ambito sociale, rappresenta un’evoluzione delle metodologie delle scienze umane e può essere utilizzata “in almost any setting where a problem involving people, tasks and procedures cries out for solution, or where some change of feature results in a more desirable outcome” (Cohen, Manion, Morrison, cit: 226). Uno dei suoi indirizzi più interessanti, ancorché ambiziosi, è la cosiddetta ‘ricercaazione integrale ed esistenziale’, che “diventa esistenziale ed accetta d’interrogarsi sul posto dell’uomo nella natura e sull’azione organizzata per darle senso. Essa si definisce, dunque, nel suo rapporto con la complessità della vita umana presa nella sua totalità dinamica e non nega più la relazione con l’ignoto che gli svela la finitezza di ogni esistenza” (Barbier, cit.: 1314). In questo senso radicale, implica una riflessione di tipo filosofico sui fondamenti dell’esistenza umana nel mondo e con gli altri uomini. Non rifiuta inoltre di indagare il mistero e l’ignoto al di là di ogni esistenza finita. In tale prospettiva, Barbier parla della necessità di adottare un ‘approccio multireferenziale agli avvenimenti, alle situazioni e alle pratiche individuali e sociali’ (id.: 14). 138 Sebbene la ricerca svolta non ambisca a collocarsi in una prospettiva tanto ampia, sono tuttavia apparse significative le affermazioni di Barbier riguardanti la struttura metodologica e il ruolo del ricercatore, in quanto: “nella ricerca-azione i confini e la struttura metodologica non sono rigidi, ma aperti e flessibili, poiché il ricercatore non si definirà più solo ‘sociologo’ o ‘psicosociologo’, ma potrà essere, di volta in volta ‘sociologo, psicosociologo, filosofo, psicologo, storico, economista, inventore, militante ect.” (ibid.) […] Il ricercatore gioca allora il suo ruolo professionale in una dialettica che articola continuamente l’implicazione e la presa di distanza, l’affettività e la razionalità, il simbolico e l’immaginario, la mediazione e la sfida, l’autoformazione e l’eteroformazione, la scienza e l’arte.” (ibid.) Si porrà allora la questione delle sue competenze, che dovranno essere non limitate a un singolo ambito ma spaziare tra diverse discipline. Il ruolo del ricercatore, per Barbier, non corrisponde né a quello dell’agente di un’istituzione né di un attore di un’organizzazione, né dell’individuo senza appartenenza sociale. Piuttosto, il ricercatore è un soggetto che accetta tutti questi ruoli in momenti diversi del suo agire e riflettere ed è concepito sia come un soggetto autonomo che come autore della sua pratica e del suo discorso. Tali distinzioni appaiono utili nella definizione del posizionamento, sia metodologico sia del ricercatore nella presente ricerca, questioni che si discuteranno più approfonditamente nel prosieguo del presente lavoro (cf. infra). 3.1. La ricerca-azione in ambito educativo Nell’ambito educativo, la r-a è stata utilizzata soprattutto nel mondo anglosassone dove la letteratura pedagogica documenta un’ampia produzione che riguarda la ricerca nella classe scolastica e si avvale di una varietà di metodologie, tra le quali l’approccio etnografico e più in generale qualitativo (Gobbo, 2004). Della ricerca-azione sono state date, come si è visto, diverse definizioni. Coonan (2000) ne riporta altre, e partendo dalla definizione di Ebbut (1985), secondo il quale “action research is the systematic study of attempts to change and improve 139 educational practice by groups of participants by means of their own practical actions and by means of their own reflections upon the effects of those actions”, evidenzia le loro similitudini e la ricorrenza di alcuni termini chiave: partecipanti all’azione, prassi, collegamento teoria e prassi; riflessione/autoriflessione; miglioramento/comprensione etc. (Coonan, id.) In rapporto al riferimento a ‘participants’ own practical actions’, Coonan evidenzia come la r-a possa colmare il distacco che spesso si crea tra ricerca e pratica educativa, con due vantaggi: da un lato aspetti concreti potranno informare la dimensione teorica, dall’altro questa potrà più facilmente e proficuamente investire la realtà della scuola. A tale scopo, il divario tra teorizzazione e prassi si potrà colmare assegnando la ricerca agli insegnanti stessi. La r-a in ambito educativo è dunque caratterizzata dal fatto che l’oggetto della ricerca è radicato nella situazione reale della classe, e dal fatto che sono gli insegnanti ad originare e svolgere la ricerca. Ebbut parla anche di ‘own critical reflection on effects of action’. A tale proposito, due concezioni coesistono: secondo la prima (Crookes, 1993), la r-a è uno strumento per la riqualificazione dell’insegnante. Secondo un’altra, più ambiziosa (Carr e Kemmis, 1993, in Coonan, id.), la r-a può invece diventare uno strumento per “avviare cambiamenti educativi fondamentali dal basso, ossia dalle scuole stesse (piuttosto che dall’alto, ossia da instituzioni quali IRRSAE, Provveditorati, Ministeri, ecc.)”(Coonan, id.). Le espressioni usate, ‘reflection in action’ e ‘self reflective enquiry’ evidenziano la necessità della riflessione dell’insegnante sul proprio agire e sugli effetti prodotti dalla sua azione. La r-a presuppone inoltre un ‘systematic study’, e non va dunque confusa con le idee intuitive dell’insegnante, poiché deve essere svolta attraverso un percorso che preveda fasi, tempi e obiettivi da raggiungere, affinché venga assicurata sistematicità e obbiettività nella riflessione e nella valutazione dei dati raccolti. Altre precisazioni utili sono quelle di Dodman (2002), che sottolinea come ‘ciò che gli insegnanti acquisiscono come insieme di conoscenze riguardo all'insegnamento e all'apprendimento deve essere sempre riferito al contesto in cui operano’ (id. 15). Inoltre, la r-a deve mirare a promuovere un processo di innovazione che comprende: 140 “- la riflessione sui contenuti che si propongono e le azioni che si intraprendono; - lo sviluppo della consapevolezza riguardo ai presupposti che stanno alla base della propria prassi e del proprio modo di ragionare e interpretare situazioni ed eventi; - la messa in discussione della validità e dell'efficacia della prassi, e l'elaborazione di nuovi contenuti e nuove azioni; - la verifica della messa in pratica di ciò che è stato elaborato, la valutazione degli esiti dei cambiamenti effettuati, e le decisioni sulle azioni successive.” Dodman ricorda inoltre come Schon (1983) abbia evidenziato l’importanza della consapevolezza delle teorie sottese al proprio operato, distinguendo tra una teoria pubblica e una teoria privata nell’insegnamento. “La teoria pubblica è il tipo di modello che pone, per esempio, una spiegazione comportamentista o cognitivista alla base dell'apprendimento umano oppure elabora un modello specifico di acquisizione di una seconda lingua. La teoria privata è l'insieme di intuizioni, domande, speculazioni, ipotesi, spiegazioni e decisioni che informano la propria prassi quotidiana. Capire l'interazione fra i due tipi di teoria è fondamentale per la capacità dell'insegnante di rendere la propria azione oggetto di ricerca.” (Dodman, id.: 15) Da tale dialettica tra teoria pubblica e privata scaturirà la riflessione che dovrà, a sua volta, informare l’azione. Un’altra caratteristica della r-a è che, essendo calata nel contesto specifico in cui viene svolta, non ha l’obiettivo di produrre conoscenze generalizzabili. Sebbene essa possa essere descritta e condivisa con altri (ad esempio i colleghi), tuttavia la sua essenza ‘sta nell’esigenza di far crescere la propria professionalità’ (Dodman, ibid.). Inoltre la r-a è caratterizzata dal suo essere “ricerca in prima persona" (Kemmis 1989), “distinguendosi dunque da altri tipi di ricerca che indagano l’operato degli altri. Infatti, chi conduce la ricerca-azione partecipa a pieno titolo ai processi che sono l'oggetto stesso della ricerca. Non esiste la pretesa di distaccarsi da tali processi. Non si cerca di escludere dalla ricerca anche le proprie emozioni, i propri pregiudizi, o qualunque altro aspetto del proprio sé, dato che tutto forma una parte essenziale di quanto ricercato. Si tenta di analizzare ogni aspetto del proprio coinvolgimento nel processo, compresa la metodologia della ricerca. Focalizzando il proprio operato, si portano avanti contemporaneamente insieme ricerca e azione.” (Dodman, id.: 17) 141 Tra i due punti di partenza possibili di una ricerca-azione, uno è orientato al problemsolving, mentre il secondo al problem-posing. In questo secondo caso, la ricerca prende avvio da “un'area o un aspetto dell'insegnamento che si vorrebbe indagare, in modo da saperne di più, e cominciare a problematizzare l'oggetto della ricerca. In questo modo si parte dal problem-posing e l'approccio è orientato dalla propria ‘curiosità’”. (ibid.). Un’altra caratteristica della r-a è la sua iteratività, data dalla raccolta sistematica dei dati e dalla riflessione su di essi in previsione del ciclo successivo di azioni da intraprendere. A tale scopo, è necessario raccogliere dei dati sul lavoro svolto in classe. Dodman propone dunque di effettuare un confronto tra i dati raccolti da più punti di vista, creando una ‘triangolazione’, che consiste in "un modo generalizzato di rapportare diversi tipi di dato e di metterli a confronto" (1991), il cui scopo è di “mettere insieme più fonti di informazione riguardo agli oggetti della ricerca da focalizzare e così aumentare il numero di punti di vista disponibili.” Nel presente lavoro di ricerca, la metodologia è stata concepita proprio come ‘triangolare’, anche se, come si vedrà in relazione alle domande di ricerca, alcuni dati hanno assunto rilevanza maggiore rispetto ad altri e sono stati perciò considerati primari (cf. infra). Riepilogando dunque le caratteristiche della ricerca-azione in ambito educativo, Coonan sottolinea le seguenti: 1. la ricerca è iniziata dagli insegnanti. Ciò fa sì che i docenti ne siano protagonisti e la utilizzino come strumento di formazione e crescita professionale; inoltre, le questioni trattate sono di diretto interesse per gli insegnanti stessi. 2. Situazionale e centrata sulla classe. La ricerca nasce dall’esigenza di indagare aspetti di una situazione specifica e si concentra su di essa. Le soluzioni elaborate, inoltre, hanno una ricaduta diretta e immediata sulla classe, a differenza di quanto spesso avviene in altri tipi di ricerca svolti nella scuola. 3. Sistematica: il percorso di ricerca deve consentire un’osservazione e valutazione sistematica attraverso tre fasi: azione – osservazione – valutazione. 142 4. Diagnostica e terapeutica: può essere infatti impiegata per rimediare a un problema ma anche per identificare le aree sulle quali sarebbe opportuno intervenire. 5. Non generalizzabile: la ricerca-azione mira a intervenire su un contesto specifico, dunque, poiché i suoi dati e i risultati dipendono da esso, il suo obiettivo non è di fornire conoscenze generalizzabili ad altri contesti. Per questo il suo svolgimento non richiede l’adozione di metodi della ricerca applicata quali l’istituzione di gruppi di controllo, la scelta di campioni rappresentativi etc. 6. Colma il divario teoria - pratica: la ricerca-azione non parte da esigenze teoriche per poi calarsi nella prassi didattica, ma nasce da quest’ultima, che va successivamente a informare la teoria: si tratta dunque di un percorso ‘bottom-up’ che può colmare il vuoto talvolta presente nella formazione degli insegnanti tra gli aspetti teorici e le esigenze che si manifestano nella classe. 7. Due ruoli uniti: insegnante e ricercatore: l’insegnante, nella conduzione della ricerca, è indotto a riflettere sulle motivazioni del suo agire e dunque a focalizzare l’attenzione su aspetti teorici che non sempre e non da tutti gli insegnanti vengono presi in considerazione.6 8. Percorso concreto: pratica-teoria-pratica: In quanto radicata nella prassi, la ricerca-azione vede la sua fase teorica nel momento in cui avviene la riflessione sulla situazione di partenza e i risultati della riflessione teorica “contribuiscono direttamente ad informare i tipi di cambiamento o innovazione da introdurre o decisioni da adottare nella situazione concreta in oggetto.” 9. Espoused theories versus theories in action: la ricerca-azione può far emergere eventuali distanze tra le teorie ‘espoused’, ovvero ‘abbracciate’ dal docente e le prassi di fatto messe in azione. Se la distanza è consapevole, l’effetto della ricerca potrà essere terapeutico, se invece è inconsapevole potrà rivelarsi diagnostico. 6 A tale proposito, appare tuttavia eccessivo e svalutante definire, come fa Coonan, il lavoro dell’insegnante come consistente per la maggior parte nell’”eseguire” “programmi, indicazioni nei libri di testo, metodologie altrui ecc.” Inoltre, ciò è, fortunatamente, spesso non vero, dato che dall’esperienza maturata in diversi contesti scolastici molti insegnanti ragionano sulle premesse e le logiche del loro agire didattico con la finalità di mettere a punto strategie efficaci e mirate per ciascuna classe. 143 10. Cambiamento di prospettiva: la riflessione è una fase molto importante della ricerca-azione, poiché attraverso di essa (fatta sia individualmente che con i colleghi) si può raggiungere un cambiamento di prospettiva. 11. Emancipatoria e illuminante: attraverso la ricerca-azione, l’insegnante “ha gli strumenti per esplorare; esplora per se stesso (e non per altri) e si rende conto del peso delle sue azioni, dei loro effetti su tutta la classe e che le azioni possono essere gestite, manipolate e cambiate a seconda le singole situazioni. In questo senso la ricerca azione emancipa perché assegna all’insegnante un ruolo di responsabilità e di libertà allo stesso tempo. Una conseguenza di tale ruolo, se svolto bene, è quindi l’illuminazione perché c’è una nuova consapevolezza, una realizzazione sia del proprio potere sia della potenzialità della ricerca azione stessa.” 12. Ricerca empirica: essa è così definita in quanto si basa sull’osservazione e la raccolta di dati che, in un determinato arco di tempo, vengono condivisi, discussi, registrati e sulla base dei quali si pianifica l’azione. 13. Etnografico-qualitativa: è definita in questo modo in quanto usa le metodologie proprie dell’etnografia e qualitative. In particolare, l’analisi è di tipo interpretativo, considerato il più adatto sia a raggiungere una migliore comprensione della situazione nella quale l’insegnante opera, sia alla sua crescita professionale. 14. La ricerca è pubblica: essa va pertanto documentata e i suoi risultati devono essere diffusi. Nel presente lavoro, coerentemente con le finalità di ricerca, si è adottata questa metodologia svolgendo la fase empirica in tre contesti e utilizzando diversi strumenti, come si vedrà nel par. 9. 4. Gli strumenti d’indagine 144 Per la raccolta dei dati relativi agli alunni, sono stati utilizzati i seguenti strumenti, ciascuno dei quali verrà descritto e motivato in modo più approfondito nei parr. a seguire: - questionari (uno iniziale e uno finale) per sollecitare ed analizzare i discorsi, gli atteggiamenti, le rappresentazioni sulle lingue-culture prima, durante e dopo la realizzazione del percorso didattico; - testi creativi redatti sulla base di tracce-guida per cogliere aspetti dell’immaginario o di esperienze autobiografiche sui contatti tra persone di lingua e cultura diversa; - questionari di comprensione dei testi, per sviluppare la comprensione globale, l’analisi (prevalentemente lessicale, sintattica, retorica) nonché per sollecitare la riflessione e l’interpretazione; - schede-diario per rilevare le preferenze, le difficoltà, le attività meno gradite durante la realizzazione del percorso didattico. Come si vedrà (cf. infra), dopo le prime lezioni e sulla base delle osservazioni e delle reazioni scritte degli alunni, si è preferito alleggerire il carico di scrittura per evitare l’eccessivo affaticamento e di conseguenza la raccolta di dati troppo poveri. 4.1. Il questionario iniziale Il questionario preparatorio (ALLEGATO 16) comprende 25 domande formulate con una serie di obiettivi funzionali a inquadrare i gruppi nella maniera più ampia possibile sia nel generale contesto di vita sia in relazione alle finalità della ricerca. La maggior parte delle domande appartiene alla tipologia ‘a scelta aperta’ (Guidicini, 1995: 20), in quanto lo strumento è stato costruito con l’intenzione di lasciare libertà di espressione senza definire in maniera rigida le alternative possibili. L’intento è stato innanzi tutto di raccogliere il maggior numero possibile di dati sugli alunni e in particolare, per quelli di origine straniera, sulla provenienza e il periodo di permanenza in Italia e, in generale, sulla situazione familiare (v. prima parte sui dati personali e domande 1, 2, 3). Nello strumento, sono state inserite inoltre domande relative all’età di arrivo in Italia dato che secondo una delle classificazioni sociologiche delle ‘seconde generazioni’ 145 l’età di arrivo è molto significativa, in particolare se l’inserimento avviene dopo l’inizio della scolarizzazione (cf. Rumbaut in Sospiro, 2010: 106).7 Infatti Rumbaut (1997) definisce le ‘seconde generazioni’ sulla base dell’età di arrivo nel contesto di ricezione. Nella sua classificazione, i nati nel paese di accoglienza della famiglia costituiscono la ‘seconda generazione’ (‘G2’), i ragazzi che arrivano in età prescolare, tra 0 e 5 anni, la ‘G 1,75’, coloro che giungono tra i 6 e i 12 anni e hanno già avviato la socializzazione secondaria e la scolarizzazione nel paese di partenza la ‘G 1,5’ e quelli che arrivano tra i 13 e i 17 anni la ‘G 1,25’. Si è inteso poi raccogliere le parole dei soggetti su questioni collegate alla multiculturalità in generale e nell’ambiente di vita (4, 21, 23) e sulla disposizione all’apertura/curiosità oppure alla chiusura/paura/rifiuto rispetto a persone provenienti da altri contesti culturali e portatrici di lingue e culture diverse e la motivazione di tali atteggiamenti (domande 7 e 20; domanda 6; domanda 25); Si è cercato inoltre di comprendere con chi e attraverso quali attività i soggetti si relazionano maggiormente rispetto al contesto di vita e in particolare rispetto al gruppo dei pari (domande 5 e 6). Altre domande avevano l’obiettivo di raccogliere informazioni sui repertori linguistici (domande 16, 17, 18, 19). Altre ancora miravano a rilevare l’autocollocazione dell’alunno rispetto a una o più lingue-culture con le quali è in contatto (domanda 24). La domanda 25 intendeva rilevare le idee relative al rapporto esistente tra lingue e culture (domanda 25). Altre domande sono invece centrate sul tema della lettura in generale (12, 13, 15) e in relazione ai testi letti in classe in particolare (domande 10 e 11). La domanda 14 riguarda i desiderata sulle attività da svolgere nell’ambito della disciplina Italiano. Raccogliere percezioni, aspettative e desiderata sull’educazione interculturale in generale (domanda 25) e su quella letteraria in italiano in particolare (14). Le domande 8 e 9 hanno lo scopo di rilevare le parole dei discenti sulle difficoltà scolastiche e le cause di queste. 7 Inizialmente si prevedeva di inserire anche una domanda sul titolo di studio e la professione dei genitori, per raccogliere dati che avrebbero fornito un quadro più completo in relazione alle teorie che ritengono che l’integrazione scolastica dei ragazzi di origine straniera sia collegata al titolo di studio dei genitori (Farley e Abba, 2002 cit. in Ambrosini, id.: 175). Tuttavia, poiché ci sono state resistenze da parte di un dirigente motivate da ragioni di privacy, si è poi rinunciato a inserirla. 146 Data la centralità del concetto di cultura in un percorso a finalità interculturale, si è ritenuto interessante rilevare le eventuali preconoscenze in questo senso (domanda 22). Quanto alla tipologia delle domande, si tratta di quesiti prevalentemente aperti, appartenenti alle seguenti tipologie: 8 - domande mirate sul soggetto 9 (nella prima parte dedicata ai ‘dati personali’: genere, periodo di permanenza in Italia, componenti della famiglia e relative età e lingue parlate); - domande a scelta aperta (oltre a quelle sui dati personali, le domande n. 5, 6, 10, 11, 14, 15, 16, 19); - domande su di un tema aperto, ovvero che ‘che non restringono l’area delle possibili risposte ad un numero precodificato di alternative possibili’ (3, 4, 21, 22, 23, 24, 25); - domanda a scelta chiusa, ovvero i quesiti che prevedono un numero predeterminato di possibili opzioni per la risposta (13); - domande con più alternative scalari, dove cioè “le alternative di risposta sono collocate lungo un continuum logico. Dati i due estremi si pongono alcune alternative intermedie in posizione scalare.” (Guidicini, p. 33): (n.° 7, con una seconda parte a tema aperto in quanto si chiede di motivare la risposta); - domande che combinano scelta aperta e tema aperto, attraverso la richiesta di motivare la scelta (8, 9, 17, 18, 20); - domande che combinano la tipologia a scelta chiusa e a tema aperto: 12; 8 Cf. Guidicini, 1995: 19; si fa riferimento a questo volume per le definizioni delle tipologie delle domande. 9 Guidicini (id.) le definisce domande “orientate a dare un quadro più o meno analitico del retroterra socio-culturale del soggetto. I temi trattati riguardano: a) l’età; b) il sesso; c) il luogo di nascita e di residenza; d) lo stato civile; e) il livello di istruzione; f) la professione); g) la composizione e struttura della famiglia; h) domande di base di tipo ‘percettivo’; i) domande di base ‘descrittivo analitiche.” (p. 20). Per ‘retroterra socio-culturale’ si intende l’inquadramento del soggetto “rispetto ad un contesto di situazioni di vita che hanno caratterizzato la sua storia in passato, o che ne caratterizzano la sua storia oggi” (ibid.). Nel questionario costruito, sono state tolti i punti non pertinenti (ad esempio quelle sullo stato civile e la professione) e sono state aggiunte domande che lo studioso stesso giudica passibili di inserimento, relative all’età di arrivo in Italia e, indirettamente, alla fase della scolarizzazione. 147 4.2. I testi creativi Altri strumenti usati sia nella preindagine sia durante lo svolgimento delle unità di apprendimento sono stati i testi creativi, scritti dagli studenti su tracce date dapprima con l’obiettivo di raccogliere narrazioni sui temi del viaggio e dei contatti tra persone, poi per promuovere il decentramento, l’immedesimazione nelle situazioni descritte dai testi (UA2) e il mutamento di prospettiva, ovvero l’assunzione del punto di vista di un personaggio diverso dalla voce narrante (UA3 e UA4).10 La base di tale metodologia è la teoria del ‘pensiero narrativo’ esposta in La mente a più dimensioni (Bruner, 1986), che ipotizza l’esistenza di due modalità di elaborazione della conoscenza, una logico-scientifica e l’altra, appunto, narrativa. Infatti, “la narrazione è considerata da Bruner un modello mentale, cioè una modalità di percepire e organizzare la realtà rendendola realtà interpretata” (Carrubba, 1999:…) Inoltre, questo modello è strettamente connesso al contesto di riferimento. Infatti, secondo la prospettiva culturalista di Bruner (1990), la psicologia umana va inscritta nell’ambito della cultura in quanto “solo grazie ai significati elaborati e condivisi collettivamente attraverso la cultura del proprio gruppo di riferimento, ogni persona conosce se stessa e gli altri e giudica e attribuisce diverso valore alle varie situazioni.” (Id.) Attraverso la narrazione, avviene cioè quello scambio di significati per mezzo del quale ogni essere umano, per far parte della collettività, condivide il sistema simbolico che costituisce la cultura di riferimento della collettività stessa. Con l’approccio definito in La mente a più dimensioni (1986), Bruner compie una svolta che porta a un approccio di tipo fenomenologico ed ermeneutico che conduce a una comprensione dall’interno degli ‘oggetti’ studiati. Nella prospettiva adottata, è significativo che il pensiero narrativo possa “offrire interessanti spunti per capire le modalità conoscitive dei soggetti e i diversi modi di rapportarsi al mondo dandogli significato” (Carrubba, id.:25). 10 Di seguito si userà l’espressione ‘unità di apprendimento’ (UA) per indicare ‘quella che lo studente percepisce come unità base della programmazione, cioè il singolo testo affrontato (Balboni, 2006: 229). 148 Inoltre, tra le caratteristiche del pensiero narrativo che lo differenziano da quello logico-scientifico, Smorti (1994) ha sottolineato che esso è tipico del ragionamento quotidiano, sensibile al contesto, è ideografico e sintagmatico, validato in termini di coerenza, costruisce storie ed è intenzionale. Il fatto che costruisca storie fa sì che esso produca temi o collezioni piuttosto che categorie di concetti. Di ciò si è tenuto conto anche nel momento della scelta della metodologia d’analisi dei dati. Nell’approccio scelto, si è tenuto conto che, secondo diversi studi psicologici, alcuni bambini sono più inclini al pensiero logico-scientifico, altri a quello narrativo e sono stati definiti patternist o dramatist, ‘organizzatori’ e ‘narratori’. Sebbene dopo i primi anni i due stili diventino complementari, i bambini mantengono una tendenza prevalente. I ‘narratoti’ sono risultati più attratti dal mondo dei sentimenti e delle persone, e secondo ricerche dei primi anni Novanta (Smorti, 1990; Smorti, Schmid-Kitsikis, 1992 cit. in Carrubba, id.: 27), i bambini narrativi manifestano strategie cognitive più flessibili e nelle situazioni di interazione sociale sono più abili nelle relazioni con i coetanei e mostrano maggiore plasticità nella considerazione del punto di vista altrui (Smorti, 1993, 1994). Perciò, il metodo di raccolta dati attraverso i testi creativi è stato adotato nella consapevolezza che la loro produzione è più congeniale ai ragazzi che hanno una componente narrativa più sviluppata. 4.3. Il diario degli alunni Il diario, strumento soggettivo per eccellenza, contribuisce a fornire il tempo e lo spazio per la riflessione. La sua compilazione da parte degli alunni mira a cogliere le reazioni ai testi e alle attività proposte nonché la loro eventuale evoluzione dalla fase iniziale alla conclusione del percorso didattico. 149 Lo strumento (cf. ALLEGATO 18) ha una struttura ‘leggera’ che fornisce alcune categorie -guida per la compilazione, molto generali per evitare di orientare le risposte e influenzare i dati. Alla compilazione è stato dedicato un tempo di 15 minuti circa a conclusione di ciascuna unità di apprendimento. 4.4. Il questionario finale Più breve di quello iniziale, questo strumento (cf. ALLEGATO 20) ha inteso rilevare le parole degli alunni sui seguenti punti, già presenti nel primo questionario: - Rappresentazioni sulla comunicazione e la vita con o tra due o più lingue e culture (domanda 1) - Apertura alla mobilità (domanda 3) - Concetto di cultura (domanda 4) - Lingue occultate e loro emersione (domande 5, 6, 7) - Relazioni tra le lingue (domanda 8) - Relazioni tra lingua/e e cultura/e (domanda 9) Giudizio sui testi letti e desiderata per future letture (domande 10, 11, 12, 13, 14, 15) La finalità dello strumento è porre in relazione i dati con quelli raccolti in precedenza in rapporto alle domande di ricerca per far emergere una valutazione complessiva del percorso didattico realizzato. 4.5. Le note di campo e il diario dell’insegnante-ricercatrice Gli appunti redatti nel corso della ricerca hanno svolto la funzione sia di registrare dati oggettivi relativi alle unità didattiche (date, modalità di realizzazione delle lezioni, assenze, imprevisti, soluzioni adottate, modifiche rispetto a quanto progettato etc.), sia dati più soggettivi. Nella prassi, non è stata cioè rispettata la distinzione tra ‘field notes’ e ‘diario’ (Coonan, 2000), in quanto questi dati sono stati considerati fin dall’inizio secondari e utili da un lato a ripercorrere a distanza di tempo le fasi della ricerca empirica, dall’altro a favorire la riflessività (Silverman, 2002). Infatti gli appunti, scritti subito dopo la lezione svolta o a distanza di poche ore, hanno facilitato l’emersione di riflessioni che sono servite ad alimentare il processo 150 ‘circolare’ della r-a per apportare modifiche al progetto didattico e alla metodologia di ricerca iniziali. 5. Cronistoria della r-a Il periodo complessivo dello svolgimento della ricerca, dai contatti con i dirigenti e le docenti alla conclusione della parte empirica ha interessato il periodo da marzo a giugno 2012. All’inizio, la raccolta delle autorizzazioni per il trattamento dei dati per la normativa sulla privacy ha richiesto diversi giorni e a Macerata circa due settimane. Successivamente, le vacanze pasquali, la conclusione di progetti d’istituto sia della scuola di Petriolo che nelle altre scuole, i viaggi d’istruzione e le assenze nostre e delle colleghe hanno fatto posticipare la fase della realizzazione del percorso didattico e raccolta dei dati all’ultima parte dell’anno scolastico (aprile-giugno). In generale la ricerca ha avuto uno svolgimento positivo e la collaborazione con le colleghe è stata proficua, tuttavia episodi contingenti, talvolta imprevisti, talvolta dovuti a un coordinamento non sempre perfetto a causa dei tanti impegni, hanno provocato in qualche caso modalità di realizzazione delle attività diverse da quelle progettate, secondo un principio di flessibilità che caratterizza del resto la ricercaazione. Ad esempio, se all’inizio era stata prevista la compilazione di note di campo e schede di osservazione da parte delle colleghe, ciò non è stato poi ritenuto opportuno. Infatti, si è avuta l’impressione che la richiesta in questo senso fosse percepita come un aggravio del carico di lavoro in una fase dell’anno scolastico molto impegnativa. Inoltre, in molti casi è stato necessario che le insegnanti cooperassero alle attività didattiche e alla gestione anche disciplinare delle classi. Tuttavia si è preservato il rigore metodologico attraverso la selezione, nella fase analitica, di dati omogenei ovvero raccolti in tutti e tre i terreni con modalità analoghe. Si riporta di seguito, a titolo di esempio, un estratto del diario di ricerca utilizzato per il monitoraggio delle attività svolte, relativo alla UA1 nel primo terreno di ricerca e compilato dalla collega Marina. 151 L’attività della lettura si è svolta in silenzio e in modo attento e partecipe: i ragazzi hanno ascoltato la lettura dell’insegnante. Al termine i ragazzi sono intervenuti numerosi per chiedere spiegazione di termini per loro sconosciuti (che sono tanti) Poi l’alunna Fabrizi ha rielaborato il contenuto, riassumendolo. Alla lettura è seguito un momento di brainstorming sul termine ‘cultura’ e la sua spiegazione ‘scientifica’. A questo punto gli alunni, a coppie, hanno sottolineato i termini o le espressioni afferenti alla parola ‘cultura’; è seguita una discussione: alcuni alunni sono intervenuti spontaneamente nel riferire quanto da loro sottolineato e il motivo. Qualcuno è stato invitato a farlo. Qualcuno si è distratto e ha preferito approfittare della discussione degli altri per parlare col compagno o per distrarsi. Infine è stata somministrata una scheda “Il mio diario” in cui ciascuno ha espresso le proprie opinioni sulle attività svolte. Nel complesso la classe ha partecipato, ma qualche alunno con maggiore serietà e più precisione. Occorre anche tener presente che siamo stati distratti per ben due volte: - prova evacuazione incendio - dettatura di una lunga comunicazione su una gara podistica. 6. Criteri di selezione degli informanti - rispondenti I dati presi in esame sono stati quelli della scuola 1 e della scuola 2 in quanto i dati della scuola 3 (Petriolo), sono risultati poveri e dai contenuti generalmente poco significativi. Per di più, in diversi set di dati si è riscontrata la presenza di alcune risposte molto simili, che hanno fatto pensare a risposte copiate, dunque di nessuna utilità ai fini della ricerca. 152 7. Analisi dei dati Come si è visto in precedenza, il corpus è stato raccolto attraverso strumenti diversi: questionari, testi creativi, questionari di comprensione, schede-diario, domande aperte. Tra tutti i dati raccolti, alcuni sono stati considerati primari, e cioè i prequestionari, i primi testi creativi, i testi creativi relativi alla UD2, alcune domande dei questionari di comprensione (domande 4 e 7 del questionario di comprensione della UD3), i diari degli alunni, i questionari finali. Altri dati quali le note di campo e le schede di osservazione sono stati invece usati per la ‘ricostruzione’ a distanza di tempo delle fasi della ricerca ma non forniscono dati primari in quanto il focus dell’analisi è sugli apprendenti. Tutti gli strumenti sono stati costruiti con l’intenzione di orientare e condizionare il meno possibile le risposte dei soggetti, rischio da tenere sempre presente (Silverman, 2008), e si è cercato perciò di arrivare a indagare le questioni d’interesse attraverso vie ‘indirette’. Ciascuno di questi strumenti procura dati dalle caratteristiche differenti, quelli dei questionari sono più specifici in relazione alle domande, talvolta abbastanza ‘ricchi’, ma in genere dagli enunciati piuttosto brevi e talvolta poco chiari o dal tono scherzoso o provocatorio, perciò non sempre utili. I testi creativi danno invece discorsi narrativi e sono più ampi e anche più complessi da analizzare per le loro analogie con i testi letterari. In ogni caso, occorre tenere presente che, nei primi testi raccolti, la consegna era ‘ampia’, per cui gli alunni avevano un largo margine di scelta espressiva, mentre nel secondo caso la traccia mirava a sollecitare l’immedesimazione nella situazione presentata nel racconto (“I miei primi giorni di scuola” di Besa Mone) e i testi sono stati scritti in relazione alla lettura fatta (cf. allegato). Questi testi, assegnati dopo la seconda unità di apprendimento, focalizzano più da vicino le rappresentazioni sull’inserimento in un paese sconosciuto, l’accoglienza immaginata e desiderata, le strategie per affrontare le difficoltà comunicative e la socializzazione. 153 La domanda sulle ‘culture nascoste’ sollecita la riflessione su esperienze di contatto con persone portatrici di diversità linguistica e culturale e sulle cause dell’occultamento delle lingue e culture. Le schede- diario restituiscono invece parole su preferenze, curiosità, difficoltà o motivi di noia. In generale, le caratteristiche dei dati sono molto legate alla propensione alla scrittura dei soggetti, e certamente nella presentazione dei risultati occorrerà tenere presente che una ricerca fondata su dati scritti privilegia gli informatori che sono più inclini o hanno maggiore familiarità con la scrittura, nonché i bambini a tendenza ‘narrativa’ precedentemente menzionati (par. 9.2.). Di questo si terrà conto nella valutazione dei risultati della ricerca. I dati sono stati analizzati con il metodo dell’analisi tematica, che è una particolare tipologia di analisi del contenuto mutuata dalla sociologia (Blanchet, Gotman, 19922000) e utilizzata per indagare le rappresentazioni (id., p. 98). Nell’analisi tematica usata nella ricerca qualitativa in sociologia, La cosa essenziale è comprendere le categorie degli attori sociali e guardare a come esse sono utilizzate nelle attività concrete come la narrazione delle storie (Propp, 1968; Sacks, 1974) (…). L’attendibilità di questo tipo di analisi è chiamata in causa meno frequentemente; piuttosto, i ricercatori qualitativi rivendicano la loro abilità di rivelare le pratiche sociali attraverso il modo in cui i ‘prodotti finiti’ (storie, archivi, descrizioni) vengono assemblati.” (Silverman, 2008, p. 34) Nel presente lavoro più che alle pratiche ci si è interessati alle rappresentazioni, anche se, nel caso di testi o discorsi autobiografici, alcune pratiche sono comunque emerse. I dati sono stati prima letti, poi interrogati secondo le domande di ricerca per individuare temi comuni che dessero corpo a nuclei di rappresentazioni o a elementi periferici delle stesse. Si è tenuto presente che la fase analitica corrisponde già a una prima fase interpretativa, durante la quale si attribuisce significato ai dati attraverso un continuo andirivieni tra teoria e ‘campo’ (Kaufman, 2007: 28). 154 Capitolo 5. Analisi dei dati Evoluzione delle rappresentazioni sulla mobilità e la migrazione Nel seguente capitolo si analizzeranno i dati raccolti sulla base delle due domande di ricerca, la prima delle quali è la seguente: Quali rappresentazioni emergono dai primi testi creativi redatti dagli alunni sulle lingue e l’apprendimento linguistico nella mobilità e la migrazione? E’ possibile rintracciare nei successivi scritti degli alunni un’evoluzione di tali rappresentazioni? I dati più significativi a tale fine sono i primi testi creativi, raccolti nella fase della preindagine, e i testi creativi scritti a conclusione della seconda unità di apprendimento, incentrata sul racconto di Besa Mone ‘I miei primi giorni di scuola’. Come si vedrà, accanto al tema principale, ne sono emersi altri ad esso connessi che hanno contribuito a illuminare aspetti interessanti, ancorché secondari, delle rappresentazioni degli alunni. 1. SCUOLA 1 1.1. I testi creativi preliminari Come si è già visto, i primi testi creativi sono stati raccolti attraverso l’assegnazione della stesura di un racconto sulla base della seguente traccia: INVENTA UN RACCONTO A PARTIRE DA QUESTA SITUAZIONE: 155 UNA PERSONA DAI CAPELLI NERI ARRIVA IN UN PAESE CHE NON CONOSCE, CON SÉ HA… CHI È? DA DOVE VIENE? DOVE VA? PERCHÉ? VIAGGIA DA SOLO/A O È IN COMPAGNIA? CHI INCONTRA? CHE SUCCEDE? Il titolo consentiva un’ampia libertà espressiva e ciò ha portato alla redazione e alla raccolta di testi con temi e caratteristiche diverse, quali storie su mobilità e migrazione, narrazioni che riecheggiano generi, letterari e non solo, diversi (fantasy, giallo-poliziesco, bellico etc.); ai nostri fini, tuttavia, i testi più interessanti e significativi sono risultati quelli che trattano il tema della mobilità e della migrazione, che appaiono in numero significativo soprattutto nella classe I della scuola 1 (d’ora in poi, S1) e, seppure in numero minore, anche nella classe II della scuola 2 (d’ora in avanti, S2). Il concetto di mobilità, complesso e in continua ridefinizione secondo le diverse prospettive disciplinari dalle quali viene analizzato (cf. Gohard-Radenkovic, MurphyLejeune, 2008) verrà usato nel presente capitolo in senso ampio e generale, sebbene la sua declinazione più significativa ai nostri fini coincida con il concetto di migrazione. La tabella che segue sintetizza i temi individuati nella S1 in relazione alla mobilità. Tabella 1. S1 Temi relativi alla mobilità TESTI CREATIVI PRELIMINARI S1 INTEGRAZIONE ‘Felice’ - senza ostacoli - con ostacoli (solitudine, difficoltà comunicative e linguistiche, emozioni negative) facilmente superati Problematica (conflitti con i pari, socializzazione difficile con gli autoctoni) LINGUE E COMPETENZE LINGUISTICHE Non focalizzate Interrelate alla socializzazione - con focalizzazione degli aspetti problematici - senza focalizzazione degli aspetti problematici 156 Indipendenti dalla socializzazione Uno dei temi emersi nei testi che trattano storie di mobilità di lungo periodo e migrazione (Dubet, 1997), sono le caratteristiche dell’inserimento dei personaggi nel contesto di accoglienza. Di seguito si analizzeranno le modalità con le quali i temi sopra indicati, ovvero integrazione e lingue e competenze linguistiche, sono trattati negli scritti degli alunni della S1. Successivamente si passerà all'esame dei temi emersi invece dal secondo set di testi creativi, raccolti dopo lo svolgimento dell'UA2. 1.1.1. Integrazione Nella S1, in molti testi, la migrazione appare ‘felice’, in alcuni casi senza alcun ostacolo, come si vede negli scritti di Filippo, Claudio, Cristina, Donata: 1 DONATA È UNA RAGAZZA CHE VIENE DAL KAMERON UNA CITTÀ DILL’AFRICA È VENUTA NELLE MARCHE PERCHÉ VUOLE IMPARARE LA NOSTRA LINGUA E CONOSCERE MEGLIO L’ITALIA. HA VIAGGIATO IN ITALIA IN COMPAGNIA DI SUA SORELLA E SUO PADRE. HA INCONTRATO MOLTE PERSONE ED È MOLTO SIMPATICA CON I SUOI COMPAGNI DI SCUOLA. LA SUA PRIMA CASA LA COMPRÒ VICINO AL BAR DELLO STADIO. DOPO UN ANNO È DIVENTATA PIÙ GRANDE E PIÙ SIMPATICA.(Filippo) Un ragazzo di nome John Palazzesi, di origine italiana, vuole arrivare in Spagna per cercare dei posti di lavoro. John parte, con l’aereo, la mattina del 13 gennaio del 2012 con il suo cagnolino Bob per avere Un po’ di compagnia. Arrivato in Spagna incontrò una signora che cercava un commesso per il suo ristorante di lusso. John guardò il cane che stava scodinzolando, come se voleva fare cenno di accettare. John accettò e così quella signora lo portò in un ristorante bellissimo, chiamato “il paese delle delizie” dove, all’interno, brillava un maestoso bancone di oro puro. 1 I testi citati sono stati trascritti con il criterio della fedeltà all'originale. Pertanto essi contengono errori che testimoniano i diversi livelli di competenza nella scrittura. Inoltre, diversi alunni hanno compilato gli strumenti d'indagine e scritto i testi utilizzando caratteri maiuscoli. Anche in questo caso si è preferito mantenersi fedeli alla scelta degli informanti-rispondenti. 157 Lui lavorò in quel ristorante per molto tempo con il suo cane che scodinzolava per tutta la giornata. John, per la sua gentilezza, diventò famoso in tutta la Spagna e il ristorante diventò il più famoso di tutto il mondo e lui ricevette abbastanza soldi per vivere e comprarsi una casa (Claudio) Come si vede, nel testo di Claudio sono del tutto assenti questioni quali difficoltà comunicative, socioeconomiche, professionali o di altro genere e la storia delinea una vicenda di successo senza ostacoli. Josef è una ragazza dai capelli neri, viene dall’Africa ed è in viaggio per la germania, per condizioni economiche; porta con sé una valiga con soldi, scarso cibo e qualche vestito ridotto male. Appena arrivata alla sua meta, la ragazza si dà da fare per trovare alloggio. Mentre passa tra i banchi del mercato, incontra una donna anziana che si affatica a portare molte buste pesanti. Josef si avvicina alla donna e le dice: “Buongiorno signora, ho visto che ha bisogno di aiuto, come posso aiutarla?” “Oh cara, ti ringrazio, ti sarei grata se tu mi aiutassi a portare la spesa.” La ragazza sensa pensarci su due volte, prende tre buste e le porta all’accogliente casa della vecchina. Questa la ringrazia e la invita a rimanere per un tè; la ragazza accetta l’invito e mentre parlano, la vecchina le chiede di dirle la sua storia. Josef le racconta che lei viene da una povera famiglia dell’Africa, da cui è scappata per trovare lavoro. La vecchina ne ha compassione e le propone un accordo: la ragazza avrebbe lavorato nella casa dell’anziana e lei le avrebbe offerto alloggio e cibo. Josef accetta con piacere e lavora dando risultati eccellenti. Un giorno decide di andare a trovare la sua famiglia, per dargli dei soldi. Tornata in Africa racconta alla famiglia i suoi operati e felice torna al lavoro. (Cristina) Anche nel testo di Cristina, l’inserimento della protagonista trasferitasi dall’Africa in Germania avviene in maniera ‘felice’: non sono evidenziati ostacoli linguistici né lavorativi, l’impiego trovato viene rappresentato in maniera pressoché idilliaca e vissuto felicemente come mezzo di sostentamento per il personaggio, come fonte di sostegno economico per la famiglia in Africa e, a giudicare dalla gioia provata al ritorno in Germania, anche di realizzazione personale. Simile per molti aspetti è il testo di Donata: Sasha è una ragazza che viene dalla Colombia, dai capelli neri, arriva a Parigi, una città che non conosce minimamente. Con sé ha il suo cane Mayla, che per lei è tutto, la sua famiglia, la sua migliore amica, per lei è questo Mayla. 158 Sasha va a Parigi per cercare lavoro ed una nuova vita più felice rispetto a quella che aveva quando stava in Colombia. Ma all’aeroporto, a Melun, c’è la cugina di Sasha che la sta aspettando per portarla a Parigi e da lì andare ad un albergo, di nome “Doux” dove alloggera per un pò di tempo. Il giorno dopo si sveglia di mattina chiama il servizio in camera, ordina un succo d’arancia e una brioche. Dopo la colazione si prepara e lascia la chiave al custode ed esce di corsa, con il curriculum in mano alla ricerca di un lavoro, alla fine dopo parecchie ore di ricerca vede un panetteria, entra con l’ultima speranza. Ad un certo punto incortra un’altra ragazza che già lavorava lì e gli chiese se gli serviva qualcosa e lei gli rispose che aveva bisogno di parlare con il proprietario della panetteria. Dopo qualche minuto da una porta esce il capo. Verso le sei in punto Sasha esce e comincia il suo primo lavoro da cassiera. Da quel giorno la ragazza che lavorava con lei, di nome Michel, divennero amiche per la pelle. Un giorno a Michel viene in mente di andare a fare una passeggiata con il suo e il cane Sasha; ma il giorno dopo Sasha doveva ritorna in Colombia per motivi familiari. Sasha e Michel, dopo parecchi anni si incontrarono e non si lasciarono più! (Donata) Anche nel testo di Donata, l’inserimento nel mondo del lavoro avviene in maniera facile ed è coronato da una storia d’amicizia con la collega della protagonista. Altri testi evidenziano invece la presenza di ostacoli all’inserimento quali la solitudine e le difficoltà comunicative e linguistiche con le emozioni ad esse correlate. Tuttavia, anche in tali scritti gli impedimenti vengono superati facilmente. Nel testo di Emanuele, la vicenda di Camacho, nella quale emerge la sofferenza derivante dalla solitudine del ragazzo, si conclude felicemente: Camacho è un ragazzo che viene dalla Jamaica, lui ha dodici anni e non sa parlare l’italiano. Camacho ho fatto un viaggio in barca fino a Foggia e poi con un autobus e andato a Rho. Con se ha uno zainetto che dentro ha 2 panini, un ago per fare i capelli rasta e una felpa verde. Lui viaggia con suo fratello maggiore Ialingha che ha una valigia con dentro del denaro e dei vestiti. Loro stanno andando a Rho perché è una città dove si trovano appartamenti in periferia a pochi euro perché il condominio dove stanno andando prima era abbandonato e poi c’è più possibilità di trovare lavoro con uno stipendio decente. Camacho era molto solo, lui passava le giornata da solo interazzo a guardare le auto che passavano. Un giorno Camacho stava affacciato dal terrazzo, all’improvviso sentì una voce dal piano di sopra, era Manuel, un ragazzo di undicci anni che voleva far amicizia con Camacho, infatti diventarono grandi amici e Ialingha trovò un lavoro come cameriere per comprare i libri per il liceo e a fine anno prese una borsa di studio per la Bocconi. (Emanuele) 159 L’integrazione amicale avviene in maniera spontanea e immediata, e ad essa segue anche l’inserimento lavorativo nonché quello universitario del personaggio di Ialingha, il fratello del protagonista. Nei testi di Lucilla ed Ester, invece, si evidenzia l’ostacolo della lingua, che tuttavia viene facilmente risolto dalle protagoniste: L’ITALIA UNA BELLA RAGAZZA RUSSA CAPELLI NERI E OCCHI VERDI PRENDE UN AEREO E SI TRASFERISCE IN ITALIA PERCHE’ I GENITORI DEVONO TROVARE LAVORO. JASMINE E’ UNA RAGAZZA SOLARE E ALLEGRA, LEI TIENE SEMPRE CON LEI UN PELUCHE A FORMA DI ORSACCHIOTTO. […] IL GIORNO DOPO ERA ANDATA A SCUOLA I GENITORI LA ACCOMPAGNORONO FUORI DALLA SCUOLA LA ASPETTAVA UNA PROFESSORESSA, LEI ANDO’ E APPENA ENTRO TUTTI I RAGAZZI LA FISSAVANO IN MODO STRANO. LI’ LA PROFESSORESSA GLI CHIESE SE CAPIVA LE PAROLE CHE LEI DICEVA LEI DISSE DI NO LA PROFESSORESSA GLI DIEDE UN ESERCIZIO LEI LO ESEGUI’ MOLTO BENE POCO DOPO RIUSCI’ A DIRE UN PO’ DI PAROLE POI CON L’AIUTO DEI COMPAGNI RIUSCI’ A IMPARARE MOLTE PAROLE E A FORMARE DELLE FRASI E SI FECE MOLTI AMICI. (Ester) In un piccolo paese doveva venire una bambina albanese che si chiama Catia, lei aveva i capelli neri come il carbone, aveva la carnagione bianca come il latte e si era fatta 2 treccine quà e di là. Lei era tanto affezionata al suo gatto siamese, era un gatto ciccione anche se mangiava crocchette, Catia doveva andare in un piccolo paese di nome San Severino Marche, perché i suoi genitori dovevano guadagnare per mantenere la famiglia. Arrivata, Catia aveva un po’ paura perché temeva che i suoi compagni di classe non la consideravano. Catia faceva le medie la I D, subito dopo una compagna di nome Sara voleva diventare la sua migliore amica, Catia contenta le disse se tutti i pomeriggi gli insegnava la lingua Italiana. Passarono Settimane e Settimane ed era finita anche la scuola, le due amiche si divertirono, passarono vacanze molto divertenti. Catia fece l’ultimo giorno di vacanza con Sara che quando tornò a scuola i suoi compagni si stupirono perché aveva imparato perfettamente l’italiano e quindi non sembrava più una straniera. (Lucilla) 160 Nel testo di Igor, invece, oltre alla tematizzazione del problema linguistico, compare anche la vergogna ad esso associata. Tuttavia, anche in questo caso la vicenda trova una conclusione positiva, con l’inserimento del protagonista - il bambino albanese Herty - nel gruppo dei pari: un bambino nuovo di nome Herty che era Albanese, aveva 10 anni, gli occhi azzuri e i capelli neri, era arrivato in Italia. Herty era arrivato con la madre, padre e il fratellino che faceva la prima e Herty la terza elementare. Herty viene dall’Albania insieme alla sua famiglia. Herty quando arivò rimaste a San Severino e veniva insieme a noi a scuola solo che lui faceva la terza e io la quarta, lui rimaste cui perché si e trovato i amici e tutto cio che voleva. Herty ha viaggiato con la famiglia perché non poteva viaggiare dasolo e quando era arrivato non sapeva la lingua e stava tutto dasolo solo con gli amici giocava. Herty incontrò noi che giocavamo in giardino e voleva giocare anche lui e ci siamo conosciuti al giardino della scuola lui Herty quando era arrivato giocava con noi e imparava la lingua con la maestra di Italiano. Ha Herty gli succede che non sapeva parlare con gli amici e si vergoniava stare con noi però noi lo facevamo giocare perché era buono e simpatico. (Igor) E’ opportuno sottolineare che Igor ha vissuto direttamente l’esperienza della migrazione e dell’inserimento in un contesto scolastico nuovo, dunque conosce l’esperienza narrata nel suo testo e dato anche l’uso della prima persona, è lecito ipotizzare che lo scritto possa essere autobiografico, infatti mette in luce emozioni come la ‘vergogna’ legata all’impossibilità della comunicazione nella lingua del paese di accoglienza, che non è presente negli altri testi esaminati. In ogni caso, anche la sua è una storia di inserimento ‘felice’. In pochi testi invece l’integrazione appare più problematica, caratterizzata da conflitti con i coetanei oppure da una socializzazione difficile con gli autoctoni e dalla ricerca di relazioni amicali con altri ‘stranieri’. Nel testo di Michele, il protagonista è oggetto di maltrattamenti da parte di alcuni ‘spietati bulli’: Un bambino di nome Fraldik e ha undici anni e viene dal Marocco. Io sono stato il primo a vederlo come viaggia: porta con sé una valigia ed è sempre abbracciato ad un orsacchiotto pelosetto di colore marroncino e con un fioccheto rosso e a pallini bianchi al collo. Stava andando in cerca di un accampamento, perché era appena arrivato. Pultroppo un gruppo di bulli, che odiano i stranieri, gli ammaccò la valigia e gli rubò l’orsacchiotto. Io dopo che i spietati bulli se ne andarono io feci conoscenza. Lo aiutai e chiamammo con i genitori la polizia e li sistemarono. (Michele) 161 Il racconto di Balina evidenzia invece difficoltà relazionali con una coetanea: Una ragazza Albanese di nome Bora la quale aveva i capelli neri e gli occhi verdi era sola ed era appena arrivata in Spagna. A lei alcune persone le avevano parlato della Spagna, ma lei non li sentiva mai. Bora aveva in mano un gatto di peluche che a lei glielo aveva dato sua madre, la quale non c’era più. Bora era andata in Spagna perché là aveva i suoi nonni, i quali le volevano bene, ma Bora non li conosceva. Quando arrivò a casa dei nonni Bora suonò il campanello e i nonni le aprirono la porta, la fecero entrare e la abbracciarono molto forte. In quella casa c’era anche un’altra bambina dai capelli castani e gli occhi neri, lei si chiamava Catia. La nonna di Bora le presentò Catia, lei era più grande di lei ma non le piaceva Bora. Quest’ultima voleva diventare amica di Catia, ma lei non voleva parlare con Bora. Un giorno andarono tutti sulla spiaggia e Bora come a solito aveva portato il gatto di peluche. Quando Bora andò in bagno, Catia prese il gatto di peluche e lo butto nell’acqua. Quando ritornò Bora stava cercando il peluche dappertutto, ma non lo trovava. Poi suo nonno disse: eccolo sta sulla riva del mare, Bora corse a prenderlo e lo asciugò, poi si addormentò. Il giorno dopo Catia disse a Bora che era stata lei a buttare il peluche nell’acqua, ma Bora la perdonò e diventarono amiche. (Balina) Tuttavia, in entrambi i casi la conclusione delle vicende è positiva e nel testo di Michele emerge anche la solidarietà del personaggio-io narrante che, con l’aiuto dei genitori e della polizia, interviene in aiuto del ragazzo marocchino. Infine, nei testi di Rachele e Ada, emergono circostanze che dettagliano in maniera più precisa questioni problematiche come la socializzazione con gli autoctoni e l’insegnamento-apprendimento linguistico tra pari: Makor è un ragazzo che viene dal Marocco, un adolescente che non conosce la lingua. Ha fatto un viaggio in aereo dal Marocco all’Italia, come turista e anche per problemi di studio, nella sua città non c’erano scuole e quindi va in Italia. Con sé porta una piccola valigia contenente un po’ di soldi e un po’ di vestiti. Nella sua scuola ci sono molti ragazzi, lui non conosce nessuno e si sente un po’ in difficoltà. Passa un anno e lui sa parlare già molto bene. L’unico problema è che fin’ora non ha nessun amico. Dopo qualche giorno incontra Luk che anche lui è immigrato dal Marocco. Luk vive nella sua casa da solo perché i suoi genitori sono morti molti anni fa, invece Makor vive nella sua macchina che compra dopo aver guadagnato un po’ di soldi facendo il barista. Luk e Makor diventano come fratelli e ormai vivevano insieme nella casa di Luk. Tutti e due avevano un lavoro e ormai si trovano molto bene in Italia. In seguito si comprano anche un cane e due gatti perché tutti e due amavano gli animali. 162 A volte Makor va in Marocco per trovare i suoi genitori e poi ritorna in Italia da Luk dove ormai vive lì.(Ada) Se l’apprendimento della lingua è poco focalizzato, tuttavia nel testo di Ada emerge chiaramente la difficoltà di socializzazione del protagonista con gli autoctoni. Infatti, l’integrazione del personaggio (in ogni caso positiva) è connessa al rapporto da questi stretto con un connazionale. La vicenda è interessante anche per il realismo e la durezza con cui vengono descritte le condizioni abitative di Makor (che vive nell’auto comperata grazie ai guadagni realizzati lavorando come barista) e il sostegno che questi trova non nelle istituzioni (la scuola e i suoi attori appaiono in sottofondo e appena accennati) ma nella rete migratoria (cf. Ambrosini, 2005). Si tratta cioè della narrazione di una vicenda che, per le caratteristiche sopra citate, evidenzia una rappresentazione problematica dell’integrazione. Nel testo di Rachele, le condizioni della mobilità sembrano suggerire l’appartenenza dei personaggi a un ceto sociale medio-alto, tuttavia anche in questo caso la vicenda è incentrata sulla relazione amicale tra due bambine entrambe straniere in relazione al contesto di accoglienza: Questa ragazzina dai capelli neri si chiama Natasha ha dodici anni e vive in Spagna e da lì si trasferisce in America a Washington D.C. il 12 settembre 2011. Lei con sé si è portata tutti i suoi pupazzetti e i suoi famigliari. Da questo punto quando è entrata in aereo, vicino a lei c’era questa bambina che si chiama Rachele lei viene dalla Russia e anche lei si deve trasferire in America nella stessa città e paese. Questa fu una grande coincidenza per Natasha e che non gli era mai successo una cosa del genere. Tutte e due le bambine vanno a Washington D.C. per motivi di lavoro dei genitori. Natasha e Rachele si mettono vicino, i padri si mettono vicino e parlano della crisi, le madri invece parlano e discutono per vedere se le due bambine potevano andare nella stessa Scuola. Queste due bambine si riuniscono ogni giorno dopo Scuola, sia per fare i compiti, sia per giocare. Dopo di questo, visto che Natasha non sapeva l’inglese, Rachele glie l’ha imparato ed è stato molto difficile perché lei non sapeva lo spagnolo. Questi anni passarono in fretta, dopo di questo quando sono diventate molto più grandi si sono ritrovate per caso in un ristorante e sono state molto felici. (Rachele) 163 Inoltre, si sottolinea in maniera puntuale la difficoltà dell’insegnamento dell’inglese da parte di Rachele a Natasha, a causa della mancanza di competenze linguistiche in spagnolo, la lingua di Natasha. In conclusione, la presenza di tanti testi sui temi della mobilità per motivi professionali evidenzia la sensibilità all’argomento del contesto in cui è inserita la classe e le rappresentazioni positive del fenomeno migratorio, in particolare da parte degli alunni autoctoni sembrano mostrare buoni livelli di integrazione. In questo primo set di testi creativi, solo pochi scritti sottolineano le difficoltà connesse all’integrazione e, se si esclude il testo di Michele, sono tutti redatti da alunni che hanno nella propria storia o in quella della famiglia una vicenda di migrazione. 1.1.2. Lingue e competenze linguistiche Nella maggior parte dei primi testi creativi, le lingue non compaiono: i personaggi sono coinvolti in interazioni con parlanti di altre nazionalità e che dunque presumibilimente utilizzano altri codici linguistici, tuttavia essi non sono menzionati e restano sullo sfondo. Riprendiamo alcuni estratti dei testi - in alcuni casi già citati - a titolo di esempio: Camacho è un ragazzo che viene dalla Jamaica, lui ha dodici anni e non sa parlare l’italiano. Camacho ho fatto un viaggio in barca fino a Foggia e poi con un autobus e andato a Rho. […] Camacho era molto solo, lui passava le giornata da solo interazzo a guardare le auto che passavano. Un giorno Camacho stava affacciato dal terrazzo, all’improvviso sentì una voce dal piano di sopra, era Manuel, un ragazzo di undicci anni che voleva far amicizia con Camacho, infatti diventarono grandi amici. (Emanuele) Un giorno c’era un ragazzo con i capelli neri che si chiamava Avu con lui aveva una ragazza che si chiamava Acial. Vengono da Italia. Devono andare a Parigi perché a loro piace tanto Parigi, dicono che è bellissima la vogliono visitarla. E lì incontrano una signora che gli dice la strada di Parigi la ringraziano tanto. Dopo che erano arrivati a Parigi fanno delle foto si rilassano su un Hotel per un giorno rimangono lì. Alla mattina escono e vanno a fare un po’ dello shopping incontrarono delle persone molto simpatiche in quel negozio di scarpe e vestiti. 164 Una notte Acial era uscita da sola e lì stava attraversando la strada e una macchina la uccide c’era tutto sangue, ma quella macchina non si fermò andava a tutta velocità; le altre macchine la videro che c’era una ragazza in mezzo alla strada e la portarono all’ospedale. Avu non lo sapeva, ma gli viene un telefono dall’ospedale che doveva venire subito lì (Rubab) Un ragazzo di nome John Palazzesi, di origine italiana, vuole arrivare in Spagna per cercare dei posti di lavoro. John parte, con l’aereo, la mattina del 13 gennaio del 2012 con il suo cagnolino Bob per avere Un po’ di compagnia. Arrivato in Spagna incontrò una signora che cercava un commesso per il suo ristorante di lusso. (Claudio) Nel testo di Emanuele, il protagonista, che non conosce l’italiano, fa amicizia con un coetaneo ma la lingua utilizzata non è specificata. Lo stesso accade ai personaggi del testo di Rubab, che provengono dall’Italia e, in Francia, conversano con diversi personaggi in una lingua che non viene messa a fuoco. Anche il protagonista dello scritto di Claudio è italiano, si reca in Spagna e qui trova facilmente lavoro senza incontrare alcun ostacolo di tipo linguistico: come nei due casi precedenti, la lingua è ‘implicita’. Tale mancanza di focalizzazione della questione linguistica si ritrova anche nei testi di Andrea, Renato, Filippo, Eleonora, Michele, Cristina, Balina, Donata (cf. ALLEGATO 22). In pochi testi invece il consolidamento delle competenze linguistiche dei personaggi appare interrelato alla socializzazione, sia con focalizzazione degli aspetti problematici sia senza. Tra gli scritti nei quali emergono difficoltà comunicative e linguistiche, i già citati testi di Igor e Rachele: (Herty)…quando era arrivato non sapeva la lingua e stava tutto dasolo solo con gli amici giocava. Herty incontrò noi che giocavamo in giardino e voleva giocare anche lui e ci siamo conosciuti al giardino della scuola lui Herty quando era arrivato giocava con noi e imparava la lingua con la maestra di Italiano. Ha Herty gli succede che non sapeva parlare con gli amici e si vergoniava stare con noi però noi lo facevamo giocare perché era buono e simpatico. (Igor) Natasha e Rachele…si riuniscono ogni giorno dopo Scuola, sia per fare i compiti, sia per giocare. 165 Dopo di questo, visto che Natasha non sapeva l’inglese, Helena glie l’ha imparato ed è stato molto difficile perché lei non sapeva lo spagnolo. (Rachele) Nel primo caso, la non conoscenza della lingua costituisce in una prima fase un impedimento alla socializzazione e provoca vergogna, tuttavia le attività ludiche e le caratteristiche della personalità favoriscono l’inclusione nel gruppo dei pari. Nel secondo, socializzazione e apprendimento linguistico sono interrelati e procedono parallelamente. Come si è già ricordato, gli autori di questi due scritti sono entrambi di origine straniera. Altri due testi che trattano questioni linguistiche, redatti da due alunne autoctone, mostrano invece una rappresentazione dell’apprendimento linguistico priva di significative componenti problematiche: DOPO 3 ORE DI VIAGGIO ARRIVANO FINALMENTE A ROMA, LI’ SI TROVANO UN PO’ DISORIENTATI PERCHE’ LA CARTINA E’ MOLTO COMPLICATA DA LEGGERE PERCHe’ ERA SCRITTA IN ITALIANO. POCO DOPO PRENDE UN TAXI PER FORTUNA IL TAXISTA PARLAVA RUSSO SE NO SEREBBE STATO MOLTO COMPLICATO DIALOGARE. ARRIVATI A CASA CHE ERA PICCOLA MA BELLA, LA SUA CAMERA ERA STUPENDA E DIPINTA DI ROSA CON UNA SCRIVANI MOLTO GRANDE VICINO AL LETTO UNA CABINA ARMADIO E UN’APPENDI PANNI. IL GIORNO DOPO ERA ANDATA A SCUOLA I GENITORI LA ACCOMPAGNORONO FUORI DALLA SCUOLA LA ASPETTAVA UNA PROFESSORESSA, LEI ANDO’ E APPENA ENTRO TUTTI I RAGAZZI LA FISSAVANO IN MODO STRANO. LI’ LA PROFESSORESSA GLI CHIESE SE CAPIVA LE PAROLE CHE LEI DICEVA LEI DISSE DI NO LA PROFESSORESSA GLI DIEDE UN ESERCIZIO LEI LO ESEGUI’ MOLTO BENE POCO DOPO RIUSCI’ A DIRE UN PO’ DI PAROLE POI CON L’AIUTO DEI COMPAGNI RIUSCI’ A IMPARARE MOLTE PAROLE E A FORMARE DELLE FRASI E SI FECE MOLTI AMICI. (Ester) Arrivata, Catia aveva un po’ paura perché temeva che i suoi compagni di classe non la consideravano. Catia faceva le medie la I D, subito dopo una compagna di nome Sara voleva diventare la sua migliore amica, Catia contenta le disse se tutti i pomeriggi gli insegnava la lingua Italiana. Passarono Settimane e Settimane ed era finita anche la scuola, le due amiche si divertirono, passarono vacanze molto divertenti. Catia fece l’ultimo giorno di vacanza con Sara che quando tornò a scuola i suoi compagni si stupirono perché aveva imparato perfettamente l’italiano e quindi non sembrava più una straniera.(Lucilla) 166 Nel primo testo, nella parte iniziale emergono problemi linguistici e comunicativi (i personaggi, di nazionalità russa, hanno difficoltà nella lettura della pianta della città di Roma scritta in italiano; la comunicazione con il tassista è possibile solo grazie al fatto che questi parla russo), mentre, nella parte conclusiva, l’apprendimento dell’italiano da parte della protagonista avviene senza ostacoli. In entrambi i testi apprendimento linguistico e socializzazione procedono parallelamente.2 Solo nel testo di Ada l’apprendimento linguistico appare divergente e indipendente rispetto alla socializzazione: Makor è un ragazzo che viene dal Marocco, un adolescente che non conosce la lingua. Ha fatto un viaggio in aereo dal Marocco all’Italia, come turista e anche per problemi di studio, nella sua città non c’erano scuole e quindi va in Italia. Con sé porta una piccola valigia contenente un po’ di soldi e un po’ di vestiti. Nella sua scuola ci sono molti ragazzi, lui non conosce nessuno e si sente un po’ in difficoltà. Passa un anno e lui sa parlare già molto bene. L’unico problema è che fin’ora non ha nessun amico. (Ada) Lo scritto fornisce una rappresentazione problematica: il protagonista all’inizio non conosce la lingua, poi la apprende in modi che, seppure non esplicitati, non hanno relazioni con la socializzazione con i pari. 1.2. I testi creativi redatti dopo la UA2 I temi emersi dai testi redatti nella S1 dopo lo svolgimento delle Unità di Apprendimento 1 e 2 sono sintetizzati nella seguente tabella: 2 Si noti che nel testo di Lucilla emerge il modello del ‘parlante nativo’ (lo stesso modello emerge anche nella S2, cf. infra, testo di Lorenzo). 167 TESTI CREATIVI UA2 S1 COMUNICAZIONE Apprendimento linguistico precedente la socializzazione Interrelazione con la socializzazione Strategie: Lingua di mediazione Gestualità Rinuncia alla lingua d’origine Ostacoli Nel contesto scolastico Nel contesto extrascolastico SOCIALIZZAZIONE Figure di mediazione Pari Familiari Insegnanti EMOZIONI Emozione, nervosismo, tensione Paura - delle difficoltà d’inserimento - del giudizio dei nuovi compagni Preoccupazione - per la comunicazione - per la socializzazione Solitudine Desiderio di fuga I testi sono stati raccolti sulla base della seguente traccia: Ispirandoti al racconto di Besa Mone, scrivi una storia, autobiografica o di fantasia, seguendo questa traccia: i tuoi genitori devono andare a lavorare all’estero per un periodo abbastanza lungo, così li devi seguire. Come immagini la tua nuova vita in un paese del quale conosci poco la lingua? Come vorresti essere accolto a scuola? Come reagiresti alle difficoltà di comunicazione? A chi chiederesti aiuto? Cosa faresti per fare amicizia con i nuovi compagni? 168 La lettura del testo di Besa Mone (cf. testo allegato), a partire dalla quale erano stati sottolineati in classe una serie di aspetti problematici relativi all’inserimento del personaggio della bambina albanese in una scuola italiana, ha sollecitato la trattazione nei testi creativi di una serie di temi che negli scritti degli alunni precedentemente esaminati non erano stati presi in considerazione. La traccia assegnata per la scrittura aveva peraltro la finalità di facilitare il decentramento e l’assunzione di un punto di vista diverso, in particolare negli alunni autoctoni. Come si vedrà, i testi evidenziano l’emersione dei temi linguistico-comunicativo e della socializzazione che vengono rappresentati in maniera generalmente più complessa e problematica rispetto a quanto riscontrato negli scritti precedenti. Inoltre, gli aspetti emotivi e soprattutto le emozioni ‘negative’ (Izard, Pignato, 1999) connesse all’integrazione, che nei primi testi creativi apparivano assenti (tranne in pochi casi) fanno ora la loro comparsa in buona parte degli scritti. La scrittura ‘decentrata’ ha dunque sollecitato una convergenza tra i temi trattati nel testo di Besa Mone e quelli affrontati dagli alunni consentendo la tematizzazione degli ostacoli affrontati dai bambini di origine straniera al loro arrivo in una classe italiana. 1.2.1. Comunicazione Il tema delle lingue e della comunicazione viene tematizzato in diversi modi, il primo dei quali esprime l’idea che l’apprendimento linguistico debba precedere la socializzazione: LÌ CERCO DI FARMI DEGLI DEGLI AMICI NATURALMENTE DOPO AVER INPARATO UN PO’ LA LINGUA (Ester) In altri scritti invece la competenza linguistica appare interrelata alla socializzazione: 169 Mentre mi trovai in aero pensai come sarei stata accolta dagli altri bambini, da chi mi farò aiutare nella lingua, ero abbastanza brava in Italia nell’Inglese avevo un ottimo voto ma ero al primo anno di Inglese più approfondito perché all’elementari si imparavano le cose basilari dell’Inglese. Alla fine arrivammo in Inghilterra precisamente a Londra una città con un “via vai” di molte macchine. La cosa che mi attirò era la numerosità dei taxi e dei pullman a due piani andammo in una casa in vendita della signora Braun, l’abbiamo comprata ad un prezzo speciale e ormai era nostra. Abbiamo, prima di dover comprare casa, dovuto cambiare i soldi da E. (euro) in £. (sterline). Abbiamo dormito bene nella nostra nuova casa. Il giorno dopo sono andata in un collegge, tipo un collegio in Italia e mi sono trovata molto bene. Ho fatto amicizia subito con una certa Lusy, carina con i capelli corti e riccioluti e lei mi ha fatto tipo guida nella mia nuova scuola. E alla fine mi disse : “This is our classroom” in Italiano: “Questa è la nostra classe”. Ho conosciuto gli altri tutti molto simpatici. E questo durò per molto… Per sempre! (Loredana) Nel testo di Loredana, le competenze di partenza sono elementari, e l’amicizia con la compagna della nuova scuola consente un inserimento positivo. “Intanto a scuola iniziavo a socializzare con qualcuno e pian piano che passava il tempo potevo esprimermi e capire come tutti, lì.” (Clara) Restai a lungo in Italia e intanto mi imparai a perfezione la lingua e mi feci moltissimi amici.(Ada) Quando passò qualche mese cominciai a parlare a scrivere e leggere anche se quando dovevo scrivere una parola con la ‘c’ la scrivevo con la ‘k’ questo sucesse anche con le doppie lettere, le quali io non le mettevo mai. Però le mie migliori amiche mi aiutarono e il significato di una parola che io non conoscevo me lo spiagavano. In fin dei conti mi è piacciuta la scuola e mi sono trovata bene, anzi meglio di quanto pensavo. (Balina) Nei testi di Clara e di Ada emerge una correlazione tra socializzazione e apprendimento linguistico, che viene esplicitata in maniera chiara nel testo di Balina, dove l’aiuto delle amiche facilita l’apprendimento linguistico. Dai testi emergono poi delle strategie per superare gli ostacoli dovuti alle carenze linguistiche. In particolare, esse consistono nel ricorso a lingue di mediazione e alla 170 gestualità e nella rinuncia deliberata alla lingua di origine ai fini dell’apprendimento di quella del contesto di accoglienza: Troverò sicuramente delle difficoltà di comunicazione a imparare lo spagnolo ma intanto posso usare i gesti e parlare inglese. (Andrea) Dapprima, per capirci, gesticolavamo molto, ma dopo un po’ imparai, poco alla volta, la nuova lingua e comunicare non fù più un grande problema. Inoltre, ben presto feci amicizia con alcuni miei compagni e ne fui molto felice. […] Altri pomeriggi invece uscivo con alcuni miei compagni di scuola e anche se parlavamo due lingue diverse bastava solo scambiarci un’occhiata per capire cosa ci volessimo dire. (Cristina) Il testo di Cristina in particolare evidenzia una grande fiducia nella comunicazione non verbale. Invece dal testo di Clara emerge la consapevolezza non solo della necessità dell’impegno nell’apprendimento della nuova lingua ma anche della rinuncia all’uso dell’italiano: “Appena arrivata lì vidi che c’erano delle altre persone italiane e subito iniziarono a parlare con me. Io dissi L’oro che ero contenta di vedere dei miei coetanei che venivano dall’Italia, ma io sussurrai loro, sapendo che tanto gli insegnanti non potevano capire, forse è meglio se ci alleniamo sulla lingua io è da oggi che sono qui e loro mi diedero ragione e smettemo di parlare in Italiano.” (Clara) In tutti questi casi la comunicazione non si configura come particolarmente problematica, tuttavia in altri testi si sottolineano le difficoltà ad essa collegate, sia all’interno che al di fuori del contesto scolastico: Tutti mi fissavano la mia compagna di banco mi parlava ma io non capivo niente e ripetevo che sono Italiana, però lei testarda mi continuava a chiacchierare. (Lucilla) “Siccome non sapevo la lingua, era molto difficile perché nella comunicazione anche quando andavo a comprare qualcosa era molto più difficile della scuola. “(Rachele) 171 Se non sorprende l’emergere delle difficoltà comunicative nel testo di Rachele, più interessante appare lo scritto di (precedentemente esaminato) aveva Lucilla, narrato che una nel primo storia testo creativo di integrazione e apprendimento linguistico ‘felici’ e sostanzialmente aproblematici. 1.2.2. Socializzazione Nei testi emergono alcune figure di mediazione alle quali far ricorso ai fini dell’inserimento nel contesto di destinazione: i pari, ovvero i compagni di scuola, i familiari (in particolare i genitori), gli insegnanti. Figure di mediazione per la socializzazione e l’apprendimento linguistico Pari Ho fatto amicizia subito con una certa Lusy, carina con i capelli corti e riccioluti e lei mi ha fatto tipo guida nella mia nuova scuola. E alla fine mi disse : “This is our classroom” in Italiano: “Questa è la nostra classe”. Ho conosciuto gli altri tutti molto simpatici. E questo durò per molto… Per sempre! (Loredana) Nel testo di Loredana, la compagna di scuola funge da guida e mediatrice, così come nei testi che seguono, dove la socializzazione si configura anche ausiliaria ai fini del rendimento scolastico: Siccome non capivo proprio tutto e quindi andavo spesso a casa sua per fare i compiti e per studiare anche se non avevo proprio tutti ottimo nelle pagelle. Passarono alcuni anni e ormai i miei compagni mi consideravano una di loro. (Ada) Chiderei aiuto a qualche compagno di classe, facendo i compiti insieme e dialogare con lui in modo da imparare qualcosa in più. (Claudio) Invece, nel testo di Lucilla la presenza dell’amica Ada non è ‘reale’ ma desiderata: 172 Tra me e me mi ripetevo, se la mia migliore amica Ada fosse stata qui, così mi faceva come traduttore e così io capico meglio. (Lucilla) Da notare che, in questo caso, Lucilla immagina di doversi inserire in una scuola del paese d’origine della sua compagna Ada, che è albanese. Il suo testo è dunque frutto di un decentramento immaginato a partire dal rapporto con Ada. Altri testi ancora sottolineano la dimensione collettiva della socializzazione e, nel caso di Igor, evidenziano l’importanza attribuita all’amicizia: Per inserirmi meglio faccio amicizia con altri miei compagni e se c’e qualche difficolta c’erco di parlarne con i miei amici per sapre cosa fare con chi ha problemi. (Eleonora) Io chiederei aiuto a tutta la classe se puossono aiutarmi. Io farei tante cose per avere un amico “chi trova un amico trova un tessoro” niente non è più importante trane l’amico.” (Igor) Familiari In altri testi le figure di riferimento sono invece quelle della cerchia familiare e in particolare la madre: e io sapevo gia un po’ di cose perché mamma era venuta in Italia 5 anni fa e mi mandai un dizionario che imparavo la lingua Italiana (Igor) Infatti dopo un po’ di tempo ho chiesto a mamma l’aiuto perché era solo lei che sapeva la lingua francese. (Rachele) E SE AVRO DEI PROBLEMI LO CHIEDERO A MIA MADRE MA COMUNQUE NON CREDO CHE NON CI DOVREMMO TRASFERIRE. (Ester) un po’ di italiano me lo aveva insegnato mio padre. Io chiesi sempre aiuto a mio padre, ma anche un po’ alla mia maestra così che potesse insegnarmi delle cose in più giorno per giorno. (Donata) Insegnanti 173 Infine, altri testi indicano gli insegnanti come figure di riferimento ai fini dell’inserimento nel contesto di destinazione: La mia nuova viva all’Estero era stata abbastanza difficile sia per la scarssissima conoscenza della lingua e sia per la cultura. A scuola ho socializzato subito perché anche non sapendo la lingua c’era la prof che mi aiutava.” (Enrica) Dopo una settimana arivai una maestra che mi insegnava ha parlare (Igor) Fortunatamente c’è una Professoressa che sinceramente non ho capito che insegna e italiana. Grazie a lei che ora ho tanti amici e amiche. (Michele) Ricordo che in prima elementare avevo una maestra “privata” che mi insegnava un po’ la lingua e mi aiutava a fare i compiti , ma poi imparai e non ce ne fu più bisogno. (Ada) un po’ di italiano me lo aveva insegnato mio padre. Io chiesi sempre aiuto a mio padre, ma anche un po’ alla mia maestra così che potesse insegnarmi delle cose in più giorno per giorno. (Donata) In tutti questi casi l’insegnante funge da mediatrice e facilita l’inserimento e la socializzazione. Le figure docenti in alcuni casi vengono definite ‘di sostegno’: Chiederei aiuto sicuramente ai miei genitori che assumeranno una insegnante di sostegno che mi aiuti a fare i compiti ed a imparere più velocemente lo spagnolo.(Andrea) “Io non sapevo nulla della lingua albanese, quando volevo parlare chiedevo alla mia insegnante di sostegno come si traduceva la frase.” (Emanuele) Alcuni testi fanno riferimento ai corsi di lingua destinati agli alunni stranieri in orario pomeridiano: “Io non capivo Bene la lingua, ma la prof iniziò ugualmente a spiegare; Dopo un po’ si ricordò di me e mi diede degli esercizi da fare. Questi la sapevo svolgere con facilità e allora mi disse che potevo ascoltare la lezione di grammatica. 174 Alla fine della lezione la Professoresa mi disse che potevo imparare infretta la nuova lingua, ma per impararla meglio mi diede un foglio con dei corsi di recupero Pomeridiani.” (Clara) La cosa che mi piaceva fare molto era di andare ai rientri pomeridiani per noi stranieri, mi piaceva per ché mi aiutava molto ad imparare la nuova lingua. Io speravo che il modo in cui mi hanno accolto andava bene ma invece no. (Rachele) Tra le strategie per la socializzazione, emergono il gioco, lo sport, l’adozione di comportamenti caratterizzati da ‘simpatia’: Inviterei, poi, i miei compagni a casa mia per giocare e fare delle grandi merende in compagnia. (Claudio) Io per fare amicizia con i miei compagni ci giocherei sempre e li inviterei a delle feste. Affinché non vogliono essere amici. (Rachele) Con il tempo imparai a parlare discretamente la loro lingua, e anche a farmi degli amici, conoscei molti amici perché sotto casa mia c’era un campo da baskent dove giocavo con altri ragazzi albanesi. (Emanuele) Io non amo stare sola quindi ho sempre cercato di fare amicizia con gli altri perché in compagnia si sta meglio quindi il mio metodo è questo prima di tutto mi devo imparare qualche barzelletta così da fare colpo.(Donata) Un altro tema interessante (da mettere in relazione con la narrazione dell’emersione, nel testo di Besa Mone, del paese d’origine della protagonista, ovvero l’Albania, attraverso l’intervento della mediatrice culturale) è la menzione del paese e della lingua d’origine: Ai miei amici raccontavo sempre dell’Italia e della sua storia, anche perché loro erano molto affascinati dall’Italia. (Emanuele) Io feci amicizia con molte in quella scuola e molte di loro mi chiedevano come era la vita in Italia, la scuola e molte mi chiedevano come si dicevano alcune parole in italiano. (Clara) 175 1.2.3. Emozioni Nei testi creativi scritti durante lo svolgimento del percorso didattico, emerge in maniera molto più ampia ed esplicita rispetto ai primi l’espressione delle emozioni. La nozione di emozione è molto complessa e oggetto di concezioni differenti anche a seconda della prospettiva disciplinare (Izard, Pignato, 1999; Amerio, 2007), in ogni caso ciò che interessa nel presente lavoro è evidenziare, a partire dagli enunciati degli alunni, la messa a fuoco degli aspetti emotivi collegati alla migrazione, alla socializzazione, all’apprendimento linguistico che, dopo le attività didattiche svolte, diventano oggetto del discorso scritto degli alunni. In alcuni testi emergono emozione, nervosismo, tensione collegate alla notizia dell’imminente partenza e/o al pensiero dell’inserimento scolastico in un paese straniero: Quando i miei genitori andarono a lavorare in Albania, io ero molto agitato e emozionato. (Emanuele) Durante il viaggio pensavo alla mia nuova scuola ed ai miei nuovi compagni, il problema era solo uno: come capire le cose. Domani sarà il mio pimo giorno di scuola e sono molto emozionato. (Renato) Io devo andare con i miei genitori in un altro paese, che non conosco la lingua molto bene. Per fortuna che con me ci sono i miei genitori gli unici che conosco in questo paese. Il periodo è da 1 a 3 anni. Perciò devo fare lì la scuola. Il modo in cui vorrei essere accolto non saprei basta che siano gentili. Dopo il mio primo girorno di scuola sono nervoso perché ho difficoltà di comunicazione. Dalla tenzione ho paura di essere interrogato e saper dire solo “Yes”. Anche se “Yes” è inglese mentre io sto in Spagna. (Michele) Nel testo di Michele, in particolare, nervosismo e tensione sono associati alle difficoltà di comunicazione. Lo scritto di Igor sottolinea invece la vergogna legata all’uso di una lingua poco conosciuta: 176 I miei genitori sono andati all’estero per il lavoro, dopo mi hanno portato con loro in Italia. Io ha scuola sono andato dal secondo giorno da quando sono venuto in Italia. Andavo ha scuola e io sapevo gia un po’ di cose perché mamma era venuta in Italia 5 anni fa e mi mandai un dizionario che imparavo la lingua Italiana ma ha scuola mi vergogniai ti parlare.(Igor) Tuttavia, come si è visto, l’alunno aveva già parlato di vergogna nel primo testo precedentemente menzionato. Un’altra emozione presente nei testi è la paura. Nello scritto di Eleonora, essa è collegata alle difficoltà d’inserimento e al giudizio dei nuovi compagni: Se io e i miei genitori ci trasferiamo la mia nuova vita ne l’himmagino molto difficile perche in un paese in cui la lingua la conosco pochissimo non è che è molto facile e inserirsi sarebbe molto difficile. A scuola, visto che è il mio primo giorno, non mi aspetterei tanto ma vorrei che ci andassero piano con le loro critiche. (Eleonora) In altri testi invece (Claudio, Lucilla Ada, Balina, Donata) si configura come preoccupazione sia per la comunicazione sia per la socializzazione: Sono un ragazzo italiano, abito in un piccolo paese dove quasi tutti si conoscono. Da un giorno all’altro la mia vita è cambiata perché i miei genitori hanno avuto l’opportunità di andare a lavorare all’estero, precisamente a Londra. I miei genitori sembravano entusiasti, io e mio fratello un po’ meno. Andai in camera mia e mi misi a riflettere in rilenzio, i pensieri e le paure frullavano nella mia testa. Londra è una città molto grande e il mio pensiero è quello dell’adattamento. La lingua sia da me che dai miei genitori viene parlata a livello scolastico, quindi questo provocherebbe un grande disagio. Nel mio paese ho i miei amici e a scuola vado volentieri perché è come una famiglia. Cambiando città la scuola sarebbe per me un luogo estraneo e sono sicuro che non sarei accolto come uno di loro. Avrei difficoltà nella comunicazione sia con gli insegnanti che con i miei compagni. Sono un ragazzo amichevole con tutti, ma in questo caso penso di avere delle grandi paure di inserimento.[…] Staccarsi dalle proprie abitudini, amici e vari interessi non è facile e questo disturbo può portare ad un crollo fisico e morale. (Claudio) 177 Un giorno i miei mi diedero una notizia terrificante, cioè di andare a vivere in un altro stato, perché il nostro era ormai in crisi e non si trovava più lavoro. (Lucilla) Noi di solito non vedevamo l’ora che finisse l’estate al meno così potevamo incontrare i nostri amici, ma quest’estate non volevamo che finisse. Non volevamo perché avevamo paura di andare a scuola dove tutti i ragazzi parlano una lingua diversa dalla nostra. Era un problema più grande per mio fratello a differenza di me, perché io avevo fatto l’asilo invece lui non era venuto mai. La fine dell’estate pero arrivò e noi andammo a scuola con tanta timidezza di parlare, perché avevamo paura di dire qualcosa con cui tutti avrebbero riso. Quando passò qualche mese cominciai a parlare a scrivere e leggere anche se quando dovevo scrivere una parola con la ‘c’ la scrivevo con la ‘k’ questo sucesse anche con le doppie lettere, le quali io non le mettevo mai. (Balina) I miei genitori dovevano partire dall’Africa per l’Italia per lavoro. Avevo paura perché andare in un nuovo paese di cui non conoscevo neanche la lingua non riuscivo proprio ad immaginarelo.(Donata) Nel testo di Rachele emerge il senso di isolamento: Siccome io non parlavo la lingua era un po’ difficile chiedere dove stava la mia classe. Io mi sentivo molto isolata e non molto bene in questa scuola perché mi ci perdevo e mi prendevano tutti in giro. (Rachele) Nello scritto di Ada vengono espressi la sensazione di essere ‘in gabbia’ e il desiderio di fuga a casa: Era arrivato finalmente il giorno in cui sarei andata a vivere in Italia per motivi di lavoro dei miei genitori. Mio padre decise che saremmo andati a scuola, mio fratello avrebbe frequentato la prima elementare e io l’ultimo anno d’asilo. Il mio primo giorno di scuola fu terribile perché innanzitutto non sapevo parlare e mia madre non poteva restare lì con me. Ero praticamente in gabbia perché non conoscevo nessuno e quando la maestra mi parlava io non capivo proprio niente. C’erano molti stranieri e molti erano albanesi, io a volte parlavo con loro in albanese, ma il mio unico pensiero era di tornare a casa. (Ada) 178 2. SCUOLA 2 Nel secondo terreno di ricerca, l’analisi dei testi creativi ha consentito di individuare temi per la maggior parte affini a quelli emersi nella S1, anche se non sempre si è riscontrata una perfetta coincidenza, come si chiarirà di seguito. In ogni modo, in generale i testi risultano più ampi e complessi rispetto a quelli della S1. Occorre peraltro precisare che, tra i primi testi creativi, solo pochi trattano il tema della mobilità e delle lingue, mentre il secondo set di dati, ovvero i testi redatti durante lo svolgimento del percorso didattico dopo l’UA2, risulta incompleto: solo 10 alunni sui 23 partecipanti alla ricerca hanno infatti consegnato gli scritti. Tale incompletezza pregiudica la possibilità di un confronto globale tra i due gruppiclasse, tuttavia i dati che emergono da questo ulteriore set di dati risultano in ogni caso interessanti come si cercherà di evidenziare nelle pagine che seguono. 2.1. I primi testi creativi Temi emersi dall’analisi dei primi testi creativi in relazione all’integrazione e alle lingue PRIMI TESTI CREATIVI S2 INTEGRAZIONE ‘Felice’ - senza ostacoli - con ostacoli (difficoltà a trovare l’occupazione desiderata) facilmente superati Problematica (shock linguistico e culturale, crudeltà dei compagni e dei docenti nel contesto scolastico) LINGUE E COMPETENZE LINGUISTICHE 179 Non focalizzate Interrelate alla socializzazione - con focalizzazione degli aspetti problematici - senza focalizzazione degli aspetti problematici 2.1.1. Integrazione Nei primi testi creativi, come avviene nella S1, così anche nella S2 l’integrazione viene descritta in maniera ‘felice’. Nel testo di Giovanna essa avviene senza ostacoli: Tre giorni dopo ero tra i banchi di scuola e riuscivo abbastanza bene a capire ciò che dicevano. Ero vicina di banco ad una ragazzina che mi parlava lentamente e con parole che riuscivo a comprendere. Lei mi ha fatto conoscere le sue amiche, durante la ricreazione, e sono tutte molto simpatiche…mi hanno detto che gli piacciono molto i miei capelli, così lunghi, e neri, e lisci! Io non facevo molto caso a questa cosa perché in India ce li hanno più o meno tutti così. Mi comincia a piacere l’Italia! Faccio sempre più amicizie. Un Sabato mi hanno invitata ad una festa a cui partecipava quasi tutta la scuola. Mi sono divertita molto e mentre sentivo la musica a palla ho incontrato una mia vecchia amica che si è trasferita in Italia dall’India più o meno quattro anni fa..ci siamo abbracciate e ci siamo raccontate un sacco di cose. Ci sentiamo più o meno ogni giorno con lei e con le mie nuove amiche. Ora sono proprio felice di essere in Italia! (Giovanna) Arriva una persona con i capelli neri qua in Croazia e una donna di 25 anni. Veniva dall’Africa e voleva venire in Europa per scappare dalla guerra la in Africa. Era venuta da sola dall’Africa con l’aereo grazie ai soldi che gli aveva dati il fratello che viveva in Francia. Qua in Croazia incontra un uomo e subito si fidanzia. Dopo un po di tempo si sposarono i due ed ebbero 2 figli. (Enzo) Viaggiavo da solo ed ora sono arrivato in Italia. Io qui mi sento bene: ho il cibo a sufficienza, ho un lavoro, una casa. Insomma sto veramente bene in Italia, ma non dimenticherò quello che è successo ai miei cari perché saranno sempre nel mio cuore. (Enrico, Roberto, Rocco, Mirco) 180 Occorre peraltro sottolineare che la protagonista del racconto di Giovanna appartiene a una famiglia di livello socioeconomico medio-alto, come si evince dagli oggetti che la protagonista porta con sé. In ogni caso anche gli altri personaggi, in fuga dalla guerra, hanno vicende di integrazione prive di aspetti problematici. In un altro testo invece l’ostacolo è costituito dall’iniziale difficoltà dei personaggi a trovare l’occupazione desiderata: Una bella ragazza dai capelli neri arrivo a Parigi. La ragazza con se ha una valigia piena di disegni. Questa ragazza si chiama Laura, arriva da Firenze, e cerca lavoro in una casa di moda…vuole fare la stilista! E’ arrivata sola a Parigi, ma durante il viaggio conosce due ragazze inglesi che hanno la sua stessa passione. E queste ragazze che si chiamano Alexandra e Jane. Arrivate a Parigi le tre ragazze mandano i loro disegni, e i loro curriculum a molte case di moda ma sfortunatamente, nessuna di queste case di moda le accettano, quindi le ragazze decidono di cucire i vestiti da sole e di fare una sfilata. Dopo qualche settimana, queste ragazze sono pronte per fare la sfilata, e decidono di farla di domenica in un parco. Arrivato il gran giorno le ragazze sfilano con indosso gli abiti creati da loro, e, fortunatamente, fra il pubblico c’era anche il direttore della linea Chanel, che le richiama per fare il colloquio. In breve tempo queste ragazze iniziano a lavorare e a creare vestiti per lui. (Emilia) Tuttavia, la vicenda narrata da Emilia trova una soluzione e una conclusione positiva. L’integrazione appare invece molto problematica, nella fase iniziale, nel testo di Lorenzo: Ciao, mi chiamo Kokihixiona, e vengo dallo Srilanka. A causa della crisi economica, mi sono dovuta trasferire in Italia. E’ stata la cosa + brutta della mia vita. All’inizio, mi sono ritrovata in un paese di cui non conoscevo ne lingua, ne tradizione, ne niente! I miei compagni di classe erano crudeli con me, i professori idem. E’ davvero molto difficile: è come essere sordo: non capire quello che gli altri cercano di comunicarvi. Ma questo è solo l’inizio. Il sedicesimo giorno di scuola, mentre mi trovavo ai Giardini Diaz, una ragazza di nome Arianna, mi cercò di invitare a casa sua, ma io non sapendo la lingua, non ho potuto rispondere. Il giorno dopo è ritornata con un computer, e mi ha comunicato attraverso un traduttore, ho compreso l’indirizzo e, il pomeriggio, sono andata a casa sua. Passarono settimane, mesi ed il mio parlato era sempre migliore. Arianna era diventata la mia migliore amica. Ormai sono arrivata a 23 anni, studio lingue e il mio italiano è diventato quasi come quello di una madrelingua. Questo testo, anche se non sembra, è pubblico, ma il messaggio che voglio darvi è l’evento + brutto della mia vita: la morte della persona + cara della mia vita, Arianna. 181 (Lorenzo) Nel testo vengono messe in luce in maniera molto intensa le difficoltà d’inserimento dovute sia allo shock linguistico e culturale, sia ad un’integrazione scolastica priva di supporti. Alle carenze istituzionali si sopperisce attraverso contatti extrascolastici e rapporti amicali.3 2.1.2. Lingue e competenze linguistiche Anche nella S2, in diversi testi creativi le lingue utilizzate nella mobilità non sono focalizzate e restano implicite e sullo sfondo (cf. ALLEGATO 32, scritti di: Emilia, Enrico, Roberto, Rocco, Mirco, Vera, Simona, Antonia, Enzo). Inoltre, come nella S1, compaiono, seppure in due soli testi, le categorie delle lingue interrelate alla socializzazione, sia con sia senza focalizzazione degli aspetti problematici. Il testo di Giovanna, ampio e ricco, mostra una rappresentazione della comunicazione linguistica senza ostacoli, in quanto accuratamente preparata prima della mobilità ad opera dei genitori della protagonista e facilitata poi da una socializzazione positiva e aproblematica nel contesto di destinazione: Lo conoscevo un po’ l’Italiano, perché mamma aveva frequentato dei corsi e ci aveva mandato anche me e Maya, diceva che ci sarebbe servito prima o poi perché papà aveva dei rapporti di lavoro con l’Italia e lui la parlava bene questa lingua. […] Tre giorni dopo ero tra i banchi di scuola e riuscivo abbastanza bene a capire ciò che dicevano. Ero vicina di banco ad una ragazzina che mi parlava lentamente e con parole che riuscivo a comprendere. […] Ci sentiamo più o meno ogni giorno … con le mie nuove amiche. Ora sono proprio felice di essere in Italia! Nel già citato testo di Lorenzo, invece, gli aspetti problematici della comunicazione vengono non solo citati, ma anche enfatizzati: 3 Nel testo si nota peraltro anche la menzione dell’apprendente ‘madrelingua’ e l’emersione del modello del ‘parlante nativo’. 182 E’ stata la cosa + brutta della mia vita. All’inizio, mi sono ritrovata in un paese di cui non conoscevo ne lingua, ne tradizione, ne niente! I miei compagni di classe erano crudeli con me, i professori idem. E’ davvero molto difficile: è come essere sordo: non capire quello che gli altri cercano di comunicarvi. (Lorenzo) Dagli scritti di Giovanna e Lorenzo emerge dunque una significativa consapevolezza dei processi di apprendimento e comunicazione linguistica, tuttavia si tratta, nella S2, di due casi isolati. Nella S2 non si riscontra invece il tema dell’apprendimento linguistico indipendente dalla socializzazione, presente come si è visto nella S1. 2.2.I testi creativi redatti dopo la UA2 I temi emersi dai testi redatti nella S2 dopo lo svolgimento delle Unità di Apprendimento 1 e 2 sono sintetizzati nella seguente tabella: TESTI CREATIVI UA2 S2 COMUNICAZIONE Apprendimento linguistico autonomo Apprendimento linguistico precedente la socializzazione Ostacoli Nel contesto scolastico SOCIALIZZAZIONE Figure di mediazione Pari Familiari Insegnanti EMOZIONI Emozione, nervosismo, tensione Imbarazzo Smarrimento e paura della solitudine Preoccupazione per la comunicazione per la socializzazione Nostalgia 183 Angoscia 2.2.1 Comunicazione In relazione all’apprendimento linguistico, nella S2 emerge il tema dell’apprendimento linguistico autonomo, non presente nella S1: Mi allenerei molto per capire le cose userei molto il vocabolario e se non ce la faccio chiederei aiuto ai miei genitori. (Emilia) Come nella S1, in alcuni casi l’apprendimento linguistico precede la socializzazione: Ma che sto dicendo? Non capirei niente in spagnolo! Per imparare la lingua e comunicare un po’ con qualcuno mi farò aiutare da mia sorella Maria che studia lo spagnolo a scuola e lo sa molto bene. (Giovanna) Per quanto riguarda la lingua prima di iniziare la scuola avrei fatto francese con le ripetizioni della mediatrice, in modo da poter essere pronta per la scuola francese, (Sara) Il testo di Giovanna definisce infatti una preparazione linguistica alla mobilità attraverso la collaborazione della sorella, quello di Sara attraverso l’aiuto di una ‘mediatrice’, sebbene a tale personaggio siano ascritte le caratteristiche di un’insegnante invece che di una mediatrice linguistico-culturale. Nella S2 si rileva poi l’emergere dell’organizzazione preventiva del soggiorno all’estero: Prima di partire m’informerei contattando una scuola che forse mi potrà accogliere, comunicandogli la mia presenza futura e quindi chiedendogli la disponibilità. Contatterei una signora che mi può dare sostegno alle mie difficoltà, solo per sicurezza.(Vera) 184 A differenza di quanto avviene nella S1, nella S2 non emerge il tema dell’apprendimento linguistico interrelato alla socializzazione. 4 Compaiono invece le difficoltà di comunicazione, in particolare all’interno del contesto scolastico: Sarei in un nuovo stato con tradizioni diverse e lingue diverse in più a scuola non capirei niente anche se mi rispiegassero tutto. A scuola vorrei essere accolto più o meno come alla nostra: dove vieni presentato agli altri e dopo sono gli altri a conoscerti un po’. (Roberto) Davanti a me tutti mi fissano, la prof.ssa mi parla in cinese, non ci capisco nulla, più tardi sono venuta a sapere che significava: - “ Ciao, accomodati, ti troverai bene!” Pensare che non so neanche come si dice ciao, oppure addirittura un si o un no! (Antonia) 2.2.2. Socializzazione Quanto alle figure di mediazione per l’inserimento nel nuovo contesto, esse coincidono con quelle emerse dai testi della S1, ovvero i pari e in particolare i compagni di scuola, i familiari e gli insegnanti Compagni di scuola: 4 Tuttavia, il ricorso a strategie comunicative basate sulla gestualità compare nella risposta alla domanda 1 della scheda per mezzo della quale sono stati raccolti anche i testi creativi. Si veda l’allegato n…, in particolare i testi di Giovanna e Clelia: Sì quando ho preso per un mese una bambina bielorussa noi non conoscevamo la lingua russa e lei non conosceva l’italiano ma quando gli chiedevamo qualcosa mostrandogli qualcosa che si legava alla sua tradizione e al suo paese, lei cercava di spiegarci qualcosa a gesti.(Giovanna) A me è capitato di fare un’esperienza fantastica con due ragazzi che ora non sono potuti rimanere in Italia per motivi che non conosco. Erano due fratelli, lei si chiamava Alema e lui Mendi. La prima volta che li ho visti mi facevano un po’ compassione. Lei aveva la mia età mentre lui era un anno più grande. Un giorno mentre giocavo li ho visti che non si volevano staccare dalla loro mamma e così sono andata vicino a loro. Non riuscivo a capirli e loro a me, così ho pensato di cercare di farmi capire a gesti e così ho fatto e abbiamo iniziato ad essere amici il giorno dopo appena appena sono arrivata a scuola mi ricordo che loro erano lì e lei mi è venuta vicino e e con dei gesti strani cui non capivo il significato mi ha detto qualcosa ed io non sapendo cosa fare le ho accennato un sorrisino. Una volta era l’ora della merenda ed io facendo dondolare le gambe sotto il tavolino per sbaio le ho dato un calcio, lei mi ha detto qual cosa in afgano io non capendola le ho detto di si e in quel preciso istante mi ha ridato un calcio; ho capito che mi aveva chiesto se ero stata io a darle un calcio, allora sono scoppiata a ridere, lei ha capito la mia risata e ha iniziato a ridere anche lei. (Clelia) 185 Mi sarebbe piaciuto se i compagni mi avessero accolto con gentilezza e mi aiutassero a capire meglio la lingua. (Emilia) Ma soprattutto mi preoccupavo soprattutto perché a scuola non mi trovavo bene, non sapevo comunicare e mi trovavo molto a disagio. Ma per fortuna nella mia classe c’era una mia vecchia amica di nome: Claire che mi aiutava a parlare con facilità con gli altri. (Simona) dovrò imparare a conoscere meglio l’americano, ma nessun problema, mi aiuterà la mia amica Elena che vive lì da molto più di me. (Viola) Familiari: Per imparare la lingua e comunicare un po’ con qualcuno mi farò aiutare da mia sorella Maria che studia lo spagnolo a scuola e lo sa molto bene. (Giovanna) Mi allenerei molto per capire le cose userei molto il vocabolario e se non ce la faccio chiederei aiuto ai miei genitori. (Emilia) Insegnanti Chiederei aiuto ad una prof ad un consulente scolastico. Mi presenterei come un ragazzo venuto da un altro paese per questioni familiari per qualche tempo. (Roberto) Oggi, 2° giorno di scuola, ho conosciuto la prof. Di Lettere, per fortuna parla anche l’italiano, così almeno ci capisco qualcosa (Antonia) Gli strumenti per la socializzazione, oltre al gioco, già presente nella S1, consistono da un lato nell’organizzazione di feste e occasioni conviviali, dall’altro sono identificati nella disponibilità, l’apertura, la gentilezza. farei amicizia con dei giochi molto belli che ho io. (Enrico) Farò tante nuove amicizie, farò feste, inviterò i miei amici a casa e gli farò anche mangiare del cibo italiano. Sono una ragazza timida e spero che gli altri si facciano avanti . (Giovanna) Organizzerei, poi una pizzata proprio per conoscere tutti. Così proprio da diventare, secondo me, molto simpatica. (Vera) 186 Per fare amicizia con i miei compagni gli parlerei del mio paese e di tutto quello che si mangia ecc. E da quel giorno, imparai l’inglese e mi trovai bene con tutti. (Simona) “Per fare amicizia con i miei compagni potrei innanzitutto essere disponibile con loro però sempre senza farmi trattare male, così, dopo poco tempo avrei capito subito dal comportamento delle persone quali sarebbero state meglio per me. Poi le avrei conosciute meglio” pensavo. Quando sarò là cercherò di fare amicizia con tutti attraverso gentilezza. (Vera) Anche nella S2 emerge inoltre il paese e la lingua d’origine: vorrei solo un normale saluto, magari in italiano, così per mettermi a mio agio, di certo non voglio che i/le ragazzi/e mi fissino e non voglio per niente ripetere la seconda media, voglio andare subito in terza, mio padre me lo ha promesso, vorrei che si parlasse dell’Italia…che IO parlassi dell’Italia! Di tutte le cose belle che ci sono. (Giovanna) 2.2.3. Emozioni Nella S2 si nota nei testi l’emergere di emozioni in buona parte analoghe a quelle presenti negli scritti della S1, tuttavia compaiono in più anche imbarazzo e angoscia. Riportiamo di seguito gli enunciati riferiti ai fenomeni emotivi nei testi. Emozione, nervosismo, tensione Dopo qualcuno a scuola mi dovrebbe un po’ calmare perché si sa come è il 1° giorno di scuola.(Roberto) Imbarazzo Pensare che non so neanche come si dice ciao, oppure addirittura un si o un no! Che imbarazzo! (Antonia) Davanti alle difficoltà di comunicazione sarei spaventata e imbarazzata (Viola) Smarrimento e paura della solitudine 187 Mi sentivo persa. “E se non troverò qualcuno con cui essere amica, rimarro sola? (Sara) Preoccupazione sia per la comunicazione sia per la socializzazione. Io ero molto preoccupata perché non conoscevo la lingua, non conoscevo nessuno del posto. Ma soprattutto mi preoccupavo soprattutto perché a scuola non mi trovavo bene, non sapevo comunicare e mi trovavo molto a disagio. (Simona) Davanti alle difficoltà di comunicazione sarei spaventata e imbarazzata ma con il tempo penso che non sia più un problema e poi, come ho detto prima, ci sarà Elena in mio aiuto. Per fare amicizia con gli altri aspetterò che il destino faccia il suo corso. (Viola) Nostalgia Spero di tornare in Italia, mi mancano gli amici, i nonni, gli zii…Non ne posso più!!!(Antonia) Angoscia Così sono andata a dormire presa dall’angoscia per risolvere i miei problemi. (Sara) 3. CONCLUSIONE In conclusione, rispetto ai primi testi creativi (raccolti nella fase della preindagine), negli scritti redatti dagli alunni durante lo svolgimento del percorso didattico, a seguito delle attività di comprensione e analisi dei testi letterari e in particolare del racconto di Besa Mone, emerge la focalizzazione di temi quali le lingue e la comunicazione, la socializzazione, le emozioni collegate alla mobilità di lungo periodo e all’inserimento in un nuovo contesto. Ciò avviene a seguito di una serie di processi che si ritiene siano stati innescati dalle attività svolte in classe: il primo è la “sintonizzazione tra i propri registri affettivi e quelli dei personaggi per arrivare a condividere le situazioni” (Carrubba, 1999: 33), facilitato dalla soggettivizzazione, che consiste nella rappresentazione della realtà 188 attraverso il punto di vista dei personaggi ed è una delle caratteristiche che, secondo Bruner, il discorso narrativo deve possedere per coinvolgere il lettore. La connessione a livello affettivo appare a sua volta collegabile a ciò che in psicologia sociale è stato definito ‘implicazione forte’ in relazione alle rappresentazioni sociali (Flament e Rouquette, 2003, cit. in Amerio, 2007: 325). Tale ‘implicazione forte’ in relazione all’oggetto della rappresentazione sociale può avvenire per tre motivi, ovvero l’identificazione personale, la valorizzazione dell’oggetto, la possibilità percepita dell’azione pratica. In particolare, la valorizzazione dell’oggetto ‘è legata alle valenze che l’oggetto assume in relazione ai valori e alle credenze degli individui e dei gruppi sociali’ (Amerio, ibid.) e il grado di implicazione, secondo questa prospettiva, dà origine a posizionamenti diversi in relazione sia all’oggetto stesso che alla rappresentazione sociale. Ora, sulla base dell’analisi dei dati precedentemente esposta appare plausibile concludere che i processi di sintonizzazione affettiva innescati dalle attività svolte a partire dal testo letterario abbiano contribuito allo sviluppo di un atteggiamento empatico verso il personaggio della protagonista del racconto di Besa Mone e con esso anche l’aumento del grado di implicazione attraverso la valorizzazione dello stesso personaggio che nel racconto vive l’esperienza della migrazione. Si ritiene dunque che tali processi abbiano contribuito alla complessificazione delle rappresentazioni degli alunni in relazione alle lingue e all’apprendimento linguistico nella mobilità e nella migrazione. 189 DOMANDA DI RICERCA 2 La seconda domanda di ricerca è la seguente: Quali tra le attività realizzate hanno contribuito maggiormente a rendere più articolate le rappresentazioni e le riflessioni sugli incontri e le relazioni sociali tra soggetti dalle appartenenze linguistiche e culturali plurali? I dati utilizzati consistono nelle risposte ai questionari iniziali e finali e ai questionari di comprensione e analisi dei testi letterari, nei materiali raccolti durante le attività didattiche (relativi ad attività svolte in classe o assegnate per lo svolgimento domestico), nelle schede-diario compilate dagli alunni a conclusione delle UA1 e UA2. Attraverso le attività svolte, sono stati introdotti alcuni concetti e sollecitate riflessioni sui temi trattati dai testi letterari, con particolare attenzione agli incontri-scontri tra soggetti dalle appartenenze linguistiche e culturali diverse. I dati raccolti nei terreni di ricerca, anche se consistenti in enunciati spesso brevi, offrono alcune informazioni che evidenziano la ricezione e le reazioni degli alunni alle attività proposte. 4. PREINDAGINE Prima di esporre l’analisi dei dati raccolti durante lo svolgimento del percorso didattico, si ritiene opportuno sintetizzare quanto è emerso nella fase della preindagine e in particolare dai questionari iniziali, attraverso le domande relative al tema degli incontri tra soggetti di diversa origine e appartenenza, quali: 7a. E’ difficile andare d’accordo con i compagni di scuola o in generale con le persone che provengono da altri paesi e che hanno culture e modi di pensare diversi. 7b. Perché? Motiva la tua risposta. 21. Conosci e/o frequenti o hai frequentato persone che provengono da altri paesi e con lingue e culture diverse dalla/e tua/e? Racconta. 190 23. Che idea ti sei fatta/o della convivenza tra persone con lingue e culture diverse (cioè che provengono da paesi diversi e hanno modi di pensare e tradizioni differenti)? Nella S1, si rilevano opinioni per lo più positive sulle relazioni ‘interculturali’, che si possono articolare nelle seguenti categorie, relative a quanto emerge sugli alunni di origine straniera: 1. ‘sono come noi’ 2. ‘mi insegnano tante cose’ 3. ‘facciamo tante cose insieme’ 4. ‘andiamo d’accordo’. Gli enunciati classificati nella prima categoria sottolineano le caratteristiche comuni e appaiono collocabili in una fase di ‘minimizzazione’ secondo il modello di Bennet, in quanto prevede il non riconoscimento delle peculiarità delle appartenenze differenti. Gli enunciati di cui al punto 3 sottolineano invece la dimensione comune delle attività svolte e quelli del punto 4 evidenziano la positività relazionale. Si rilevano tuttavia anche enunciati di altro segno, che focalizzano difficoltà relazionali, attribuite a tratti della personalità oppure a difficoltà comunicative: ci sono dei ragazzi che non sono simpatici a nessuno e sono dispettosi e cattivi, ma io provo a farci amicizia, anche se non ci riesco, ma io non gli do molta importanza, perché già ho tanti amici. (Emanuele) Se non sanno l’italiano è molto difficile se no è abbastanza facile. (Rachele) Emanuele traccia un giudizio molto netto e negativo su questi compagni, descrivendo un atteggiamento ambivalente nei loro confronti: i tentativi di instaurazione di buone relazioni, che falliscono, non suscitano significative preoccupazioni data la disponibilità di altre amicizie. Dunque la motivazione alla creazione di relazioni inizialmente affermata non risulta in definitiva particolarmente forte. Rachele, alunna nata in Russia, pone invece l’accento sulle competenze linguistiche, considerate fondamentali ai fini dell’instaurazione di buone relazioni. Le risposte alla domanda 21 sono quasi tutte positive e fanno per lo più riferimento alla conoscenza, alla frequentazione e all’amicizia con i compagni di classe di origine 191 straniera, anche se alcuni enunciati lasciano intravvedere uno sfondo non privo di pregiudizi nei confronti del gruppo di appartenenza dei compagni, come nel caso dell’enunciato di Lucilla: La mia migliore amica infatti è Albanese però io la considero Italiana e ci siamo conosciute in 4° elementare. (Lucilla) Ada osserva invece che la sua amica non le ha mai raccontato della sua cultura: Sì, ma lei non mi ha mai raccontato della sua cultura. (Ada) L’appartenenza socioculturale è collocata dunque in secondo piano rispetto alle relazioni amicali. Questo non vale però per tutti, se un alunno (Emanuele) risponde negativamente alla domanda e un altro (Renato) scrive: No, non frequento queste persone perché li vedo solo a scuola e poi frequento di solito le persone di qui S. Severino. (Renato) Renato ed Emanuele rispondono anche ad un’altra domanda rimarcando la separazione tra sé e ‘loro’. Si tratta della già ricordata domanda n. 23: 23. Che idea ti sei fatta/o della convivenza tra persone con lingue e culture diverse (cioè che provengono da paesi diversi e hanno modi di pensare e tradizioni differenti)? Le risposte si sono polarizzate intorno a due categorie tematiche principali, che abbiamo denominato: 1. Apertura alla socializzazione 2. Indifferenza dell’origine/uguaglianza Gli enunciati classificati nella prima categoria ribadiscono l’aproblematicità della socializzazione tra soggetti dalla diversa appartenenza culturale: Che possono legare molto e aiutarsi a vicenda.(Loredana) Non credo che sia un problema. (Michele) 192 Quelli della seconda enfatizzano l’indifferenza dell’origine e la sostanziale uguaglianza: Come è nel tuo paese, è bello opure no. (Igor) Sono uguali a tutti gli altri, solo con alcune conoscienze in più. (Cristina) Invece, Renato ed Emanuele sottolineano l’uno le differenze, l’altro la propria indifferenza: Ognuno pensa e prega la sua religione e ognuno ha la sua tradizione. (Renato) Non mi interesso, anche perché non esco con loro e perché ci parlo poco. (Emanuele) Entrambi gli enunciati riflettono in ogni caso posizioni di distanza e di separatezza e appaiono come il riflesso di una concezione che richiama lo stadio definito da Bennet della ‘negazione’, nel quale il soggetto “non riesce ad elaborare categorie significative per la differenza”, ovvero non è mai entrato in contatto con essa oppure ne ha un’idea vaga e associa in un’unica categoria persone e gruppi molto vari: es. ‘gli stranieri’, ‘gli immigrati’ etc. (Castiglioni, 2005, p. 15). Nel secondo terreno di ricerca, a differenza di quanto avviene nella S1, la risposta alla domanda 7 evidenzia l’accordo di 8 alunni su 23 con l’affermazione formulata, dunque gli enunciati esprimono dei problemi di convivenza relativi all’ambiente scolastico, seppure con intensità diversa: Molto d’accordo Perché sono fastidiosi e anche molto, sono antipatici e gli sembra di essere i più grandi della scuola solo perché sono stati bocciati e trattano molto male le persone italiane (bullismo). (Simona) Molto d’accordo. Perché pure io sono di un altro paese e io vado molto d’accordo con gli altri ma certi no. (Gjorge) Abbastanza d’accordo. Perché sono più scontrose e passano direttamente alle mani, senza parlare civilmente. Però non tutti sono così. (Roberto) 193 Abbastanza d’accordo. Perché secondo me i loro modi di fare non sono uguali ai miei, quindi è più difficile ‘comunicare’ con loro. (Emma) Lo scritto di Simona evidenzia i problemi relazionali con una categoria specifica di alunni, ovvero coloro che hanno accumulato ritardi scolastici e adottano comportamenti ascritti al fenomeno del ‘bullismo’. Emergono così tensioni originate dalla convivenza di soggetti di età diversa nell’ambiente scolastico e una separazione netta delle appartenenze: ‘loro’ trattano male ‘noi’ (le ‘persone italiane’). L’enunciato di Roberto specifica la separazione attribuendo a ‘loro’ comportamenti privi di ‘civiltà’, anche se poi distingue nel gruppo degli ‘altri’ coloro che si differenziano dalla tendenza generale. Emma è meno esplicita e parla di differenze nel comportamento che rendono difficoltosa la comunicazione. Infine Gjorge, nell’autocollocarsi tra coloro che ‘sono di un altro paese’ e affermando di avere in genere buone relazioni con ‘gli altri’, sottolinea come con alcuni questo non avvenga. Gli altri enunciati (dei quali riportiamo uno per ciascuna categoria a titolo di esempio) possono essere invece classificati in maniera analoga a quelli della S1, ovvero: 1. sono come noi Poco d’accordo. Perché anche se gli stranieri hanno culture diverse non si comportano in modo diverso. (Franco) 2. mi insegnano tante cose Poco d’accordo. Perché è insegnare loro e viceversa le nostre culture e poi è bello fare amicizia con tutti. (Viola) 3. facciamo tante cose insieme Poco d’accordo. Perché sono sempre compagni e si può convincerli a diventare tuoi amici, poi con loro (compagni che hanno culture diverse) ci si può divertire di più. (Enrico) 194 4. andiamo d’accordo Poco d’accordo. Perché credo sia anche bello scoprire culture e modi di pensare diversi. Io avevo un’amica straniera e ci giocavo e mi trovavo molto bene con lei. (Giovanna) Poco d’accordo. Io vado d’accordo con tutti. (Enzo) Emerge peraltro anche una posizione meno polarizzata, che sottolinea la necessità della distinzione tra le persone: Non so. Poco d’accordo. Perché dipende dalla persona: io ho alcuni amici stranieri stretti, altri sono poco legata, altri non ci parlo per niente…(Cecilia) L’enunciato di Cecilia evidenzia l’indifferenza dell’origine rispetto alla qualità delle relazioni amicali, che sono collegate invece con le caratteristiche globali della ‘persona’. Alla domanda 21,5 è interessante notare che, se la maggior parte dei rispondenti affermativamente, quattro danno invece una risposta negativa, nonostante la presenza nella classe di diversi alunni di origine straniera. Tra gli enunciati di segno positivo, alcuni fanno riferimento a relazioni amicali strette nel contesto scolastico: Si, ho incontrato persone che provengono da altri paesi, perché sono dei miei compagni di classe. (Emma) Si, una di queste è Mirco, un mio caro amico, l’ho conosciuto in 1° elementare. (Rocco) Conosco una persona che è di origine albanese e che parla e ha un modo di pensare diverso dal mio. Lei è comunque una mia amica. (Giada) Si, frequento degli amici che vengono dalla Moldavia e Albania. (Enrico) Sì, quando vado in Germania parlo con loro in tedesco e italiano. 5 (Laura) ‘Conosci e/o frequenti o hai frequentato persone che provengono da altri paesi e con lingue e culture diverse dalla/e tua/e? Racconta.’ 195 Ludovico sottolinea invece la negatività delle relazioni, mostrando peraltro anche di voler suggerire, provocatoriamente, una pista per l’interpretazione del suo enunciato: Sì…E non mi sono piaciute. Non si comportano civilmente (RAZZISMO) e non vogliono seguire le leggi. Oltretutto sono prepotenti verso a chi gli blocca la strada. (Ludovico) Come si vedrà nel corso dell’analisi, gli enunciati di Ludovico si manterranno del resto costantemente improntati all’espressione di stereotipi molto marcati e alla provocazione. Rispetto alla domanda 23,6 gli enunciati mostrano opinioni più complesse e articolate rispetto a quelle della S1. La maggior parte esprime valutazioni positive rispetto all’argomento, ma non mancano risposte che problematizzano le questioni o che esprimono forti stereotipi. Roberto sottolinea ad esempio lo scarto tra il desiderio di un ambiente monolingue e somaticamente omogeneo e la realtà della pluralità nella quale è immerso, della quale comprende e ‘giustifica’ tuttavia le motivazioni economiche: Da una parte preferirei che fossimo solo bianchi di una lingua e un aspetto uguale ma dall’altra penso che anche loro vengono qui per trovare lavoro. (Roberto) In ogni caso, le risposte riprendono in buona parte le categorie tematiche precedentemente esposte in riferimento alla domanda 7, evidenziando da parte della maggioranza degli alunni rappresentazioni positive delle relazioni tra soggetti di diverse appartenenze linguistiche e culturali. 6 23. ‘Che idea ti sei fatta/o della convivenza tra persone con lingue e culture diverse (cioè che provengono da paesi diversi e hanno modi di pensare e tradizioni differenti)?’ 196 5. ATTIVITÀ SUL CONCETTO DI ‘CULTURA’ Come si è già visto (cap. 2, par. …), nel quadro concettuale di Lussier sono identificati, nella competenza comunicativa interculturale, tre livelli della competenza esistenziale: cultural awareness, critical appropriation, trans-cultural competence. In riferimento a tale quadro teorico, sono state svolte durante il percorso didattico diverse attività miranti allo sviluppo della competenza esistenziale attraverso la presa di coscienza della dimensione culturale intesa in senso socio-antropologico. Nella UA1 si è innanzi tutto definito il concetto di cultura, sollecitando quindi la riflessione degli alunni su di esso attraverso un’attività di ricerca di ‘elementi’ della cultura nel testo Salsicce di Igiaba Scego, seguita dalla specificazione della motivazione delle scelte compiute. Nella UA2 è stato focalizzato invece l’occultamento delle lingue e culture di soggetti in posizione minoritaria (cf. infra, paragrafo …). Nella UA3 è stato trattato il tema della stereotipia e nella UA4 quello dei fraintendimenti dovuti alla diversità dei sistemi culturali di riferimento dei parlanti coinvolti in un’interazione interculturale. Nella UA1, il concetto di cultura, in ogni caso già noto agli alunni, è stato ripreso, fatto oggetto di approfondimento attraverso una scheda lessicale (cf. allegato n. 11 ) e utilizzato per consolidarne la conoscenza in senso antropologico e sociale. E’ stata quindi assegnata la ricerca nel racconto Salsicce degli ‘elementi’ della cultura, e la spiegazione delle motivazioni delle scelte compiute. Dall’esame del materiale raccolto, è emerso che le categorie identificate dagli alunni come appartenenti alla sfera culturale sono le seguenti: 1. Tradizioni alimentari 2. Abbigliamento 3. Religione 4. Varietà linguistiche 5. Nazionalità 197 Nella tabella che segue sono riportati alcuni enunciati per esemplificare ciascuna delle categorie identificate. “era peccato mangiare salsicce” perché l’alimentazione TRADIZIONI ALIMENTARI è una cultura; (Clara e Balina, S1) FRIGGONO; LESSANO; USANDO IL FORNO; CUCINANO IN PADELLA= modi con cui si può cucinare un certo cibo. (Cristina, S1) Ho sottolineato queste cose perché rappresentano la ABBIGLIAMENTO cultura ad esempio i vestiti, cibi frasi che ricordano certi eventi.(Renato, S1) HO ELENCATO QUESTO PERCHÉ SONO LE COSE RELIGIONE FANNO SENTIRE LA RAGAZZA PARTE DI UNA RELIGIONE. (EMANUELE, ADA, S1) PERCHE’ NON MANGIARE MAILE FA PARTE DELLA RELIGIONE MUSULMANA. (Emanuele, Ada) Musulmana sunnita: di che religione è. PECCATO MANGIARE SALSICCIE: è una regola di una religione, cioè fa parte della cultura. (Cristina) ERA PECCATO MANGIARE SALSICCE: in quanto lei non le può mangiare essendo musulmana fa un peccato. (Vera) DIALETTO VARIETÀ LINGUISTICHE RELIGIONE USANZA ALIMENTARE (Andrea) HO EVIDENZIATO QUESTO PERCHE SONO LE NAZIONALITÀ COSE CHE FANNO SENTIRE QUESTA RAGAZZA ITALIANA. (Emanuele, Ada, S1) “Italiana o Somalia?” perché gli Italiani fanno parte di una cultura la gente che vive a Somalia, di un’altra; (Clara e Balina, S1) ITALIANA: è il nominativo che si dà alle persone che hanno la cittadinanza italiana. SOMALA: è il nominativo che si dà alle persone che 198 hanno la cittadinanza somala.(Cristina, S1) ‘Caratteristiche cultura somala’ ‘Caratteristiche culture italiane’ (Laura, S2) Se l’attività svolta ha consentito agli alunni di identificare nel testo gli elementi ‘visibili’ della cultura, il limite è che il concetto è stato in questa fase identificato prevalentemente e fatto corrispondere da un lato all’appartenenza religiosa, dall’altro a quella nazionale. In questo caso dunque, così come avviene in molti contesti educativi in ambito di didattica delle lingue, la visione multipolare e dinamica dell’identità si scontra con ‘les presupposées d’une identité appréhendée sur un mode binaire, qui oppose citoyens et étrangers, amis et ennemis, qui dramatise les différences et qui exacerbe le rôle de la frontière géographique” (Zarate, 2008, p. 174). Nelle attività svolte successivamente si è tenuto conto di tale concezione della cultura espressa dagli alunni, che del resto rispecchia molti discorsi di senso comune. Una concezione dell’appartenenza incentrata sulla nazionalità non manca del resto di permeare anche la didattica delle lingue, con i rischi sottolineati da Zarate: “Une approche nationalo-centrée peut culminer avec la représentation d’une identité nationale homogène qui prend pour principe un ‘vivre ensamble’, soudé par le culte des ancêtres, un territoire qui résiste ou non aux invasions, la filiation endogame, le rejet de minorités religieuses, régionales, ethniques ou linguistiques, au profit d’un groupe, peut être lui-même minoritaire, mais dominant. »(p. 174) Infatti, un sistema educativo, quando è il prodotto di uno stato o di una nazione, com’è il caso della maggioranza dei paesi europei, ha la missione di costruire una visione collettivamente condivisa dell’identità nazionale, un sentimento comune che può apparire a priori contraddittorio con la scoperta dell’alterità. In ogni caso, le attività quali l’approfondimento sulle diverse accezioni del termine ‘cultura’ e la ricerca nel testo letterario Salsicce vengono definite nei diari degli alunni tra le più gradite sia nella S1 che nella S2. Nella stessa scheda-diario (domande 4 e 5) si esprimono in entrambi i terreni desiderata in merito all’approfondimento di argomenti legati alla cultura. Essi, per 199 quanto piuttosto generici, si riferiscono alla cultura tanto in senso generale, quanto in senso specifico (ad esempio, Antonia, S2, scrive di voler approfondire le proprie conoscenze a proposito della cultura somala). Peraltro, diversi alunni della S1 mostrano di identificare il concetto di cultura con quello di religione, indicando come opzioni per approfondimenti futuri ‘la cultura dei musulmani’ (Clara) o varianti come ‘la cultura musulmana’ (Cristina) e ‘le cose che indossano o che mangiano o in generale della cultura musulmana’ (Balina).7 Tuttavia, in entrambi i terreni, alcuni alunni hanno indicato l’argomento come la fase più difficile o noiosa della lezione, seppure per motivi differenti e di segno opposto: Clara (S1) afferma ad esempio di aver trovato noioso l’approfondimento perché già conosceva il significato del termine,8 mentre Lucilla (S1) ed Enzo (S2) hanno ascritto il tedio alle difficoltà nella comprensione e Sara e Simona (S2) all’’eccesso’ di significati.9 Ciò induce a riflettere e a ripensare l’attività attraverso la quale si è cercato di veicolare i diversi significati del termine ‘cultura’. Ad ogni modo, al di là delle concezioni antropologiche della cultura che pongono sullo stesso piano sistemi di valori diversi, occorre tenere sempre a mente le relazioni di potere tra gruppi socio-culturali, che pongono questioni complesse e spesso eluse da un dibattito che inscrive il discorso sulla pluralità in un orizzonte idealizzato: On ne peut donc inscrire le débat sur la pluralité dans un horizon idéalisé, quand les langues y sont des emblèmes identitaires, dont la position oscille, selon les contextes politiques, historiques et sociaux, entre source de prestige et stigmates. Placé sous l’angle œcuménique du ‘dialogue des cultures’, de la tolérance, du respect, le débat prend le risque de postuler une égalité de droit que la réalité sociale observable tend à démentir ou à diluer dans les faits. Si le contexte démocratique est un pré-requis pour qu’un état valorise un approche plurielle de l’appartenence, sans que celle-ci soit entendue comme une menace à la cohésion nationale, il 7 Le motivazioni addotte coincidono per lo più con l’interesse suscitato da tale argomento, come mostra il testo di Balina: ‘Perché vorrei vedere quanto diversi sono da me e perché è interessante sapere cose sulle altre culture’. (Balina) 8 Alla voce della scheda diario ‘La cosa più noiosa è stata’, l’alunna ha scritto: ‘fare la lettura sul significato della parola cultura. perché non mi piaceva. Già LA SAPEVO.’ (Clara) 9 Le due alunne scrivono: ‘La cultura (perché) ha troppi significati’. (Sara) ‘La cultura (perché) vuol dire tante cose e saperle tutte mi fa annoiare’ (Simona). 200 valorise la diversité comme un horizon d’attente qui dément la réalité de l’exclusion sociale. (Zarate, id., p. 175) Parlare di dialogo delle culture in senso ecumenico rischia dunque di far dimenticare le differenze per quanto riguarda i diritti, in particolare quelli legati alla difesa delle appartenenze a gruppi culturali e linguistici minoritari. Proprio nella direzione della valorizzazione di una lingua e una cultura minoritaria in Italia come quella albanese sono andate le attività svolte nella UA2 (cf. infra, par….). Infatti, il soggetto che sviluppa un profilo plurilingue e pluriculturale percependolo come un asso nella manica a livello sociale sarà in grado di modulare le sue diverse appartenenze e utilizzare lo scarto tra i sistemi di valori dando maggiore risalto all’uno o all’altro a seconda del contesto dei suoi percorsi di vita e mantenendo un’identità fluida, soggetta a dei ‘réglages identitaires’ (de Singly, 2003), mentre A contrario, celui qui développe une perception négative de son histoire personnelle, frappé par la stigmatisation et l’amalgame, l’exclusion et le déni d’existence, peut être inhibé par une souffrance identitaire, provoquée par la position marginale qui lui est socialement assignée, le nombre limité d’identités qui lui sont attribuées auquelles il ne peut pas se soustraire, le réseau de significations négatives auxquelles son moi est systematiquement renvoyé (Zarate, id., 177) Le attività svolte durante l’UA2 hanno dunque avuto come finalità proprio l’emersione di elementi della cultura albanese ai fini della sua valorizzazione. Gli enunciati riferiti a tali attività mostrano come, al termine dell’unità di apprendimento, molti alunni di entrambi i terreni abbiano espresso il desiderio di approfondimenti sulla cultura dell’Albania. Occorre in ogni caso rilevare che, da alcuni enunciati, si intravvede una ripetizione pressoché automatica dei discorsi ‘politicamente corretti’ sull’accettazione e l’apertura alle diverse culture. Ad esempio, alla domanda sugli argomenti che si desidererebbe approfondire, alcuni riferiscono generiche curiosità sul tema, come mostrano i seguenti enunciati: Le tradizioni di altri popoli: le loro usanze, religioni, lingue ecc. ecc. (Roberto) Sulle altre culture degli altri Paesi 201 In poche parole sono curiosa e mi piace scoprire ‘nuove realtà’ sull’essere di altre persone. (Clelia) Un caso emblematico è quello di Enrico, che invece di spiegare perché vorrebbe sapere di più sulle ‘culture dei diversi paesi’ scrive ‘bò’, mostrando di aver compreso ciò che ritiene l’insegnante si aspetti senza che a tale adesione di superficie corrisponda però l’espressione di una motivazione personale. Più circostanziati appaiono invece altri enunciati che esprimono curiosità sull’Albania, la sua cultura, la storia etc.: Sulla cultura albanese e sul suo paesaggio (perché)10 mi ha molto incuriosito. (Rocco) La cultura albanese e sulla sua storia. Non so nulla e mi incuriosisce (Antonia) La cultura albanese. (perché) mi ha incuriosito. (Serena) Inoltre, si nota come alcuni alunni di origine straniera forniscano risposte divergenti rispetto alla maggioranza della classe: nella S1 l’enunciato di Balina (alunna di origine albanese) esprime curiosità per quanto accomuna l’Italia e l’Albania, nella S2 Gjorge (alunno di origine macedone) dichiara invece il proprio interesse per l’italiano. Il posizionamento socio-culturale influisce dunque sulle curiosità e gli interessi in relazione alle culture. L’enunciato di Balina in particolare suggerisce l’opportunità della trattazione di argomenti che gettino un ‘ponte’ tra le diverse appartenenze culturali e che consentano di intercettare il bisogno di dialogo tra le componenti identitarie plurali degli alunni di origine straniera. In ogni caso, per mettere in discussione la concezione della cultura fondata sulla nazionalità, le attività più significative sono state svolte nelle UA3 e UA4. Nella UA3, in particolare, basata sulla lettura del testo di Nora Moll Döner Kebab, si è evidenziato come le rappresentazioni sulle tradizioni alimentari di un paese non corrispondano sempre alle reali abitudini dei suoi abitanti. Dopo un brainstorming iniziale sulla Germania, dal quale sono emerse parole riconducibili a immagini stereotipate del paese (Würstel, birra, Oktober Fest etc.), è stato spiegato il concetto di stereotipo, con l’ausilio di una scheda - questionario (cf. ALLEGATO n. 14) contenente le seguenti definizioni: 10 La congiunzione è inserita tra parentesi poiché non fa parte dell’enunciato trascritto ed è stata da noi aggiunta per collegare la prima con la seconda parte della risposta, che fornisce la motivazione di quanto affermato. 202 a. Modello convenzionale di atteggiamento, di discorso e sim.: ragionare per stereotipi. In partic., in psicologia, opinione precostituita, generalizzata e semplicistica, che non si fonda cioè sulla valutazione personale dei singoli casi ma si ripete meccanicamente, su persone o avvenimenti e situazioni (corrisponde al fr. cliché): giudicare, definire per stereotipi; s. individuali, se proprî di individui, s. sociali, se proprî di gruppi sociali. c. Espressione, motto, detto proverbiale o singola parola nella quale si riflettono pregiudizî e opinioni (positive o) negative con riferimento a gruppi sociali, etnici o professionali. 11 Attraverso una discussione il concetto è stato poi collegato al racconto, sottolineando la non adesione dei personaggi tedeschi agli stereotipi sulle tradizioni alimentari del paese emerse dal brainstorming. Infatti, la famiglia tedesca al centro del racconto non consuma i cibi tradizionali ma preferisce pietanze sane e leggere da agricoltura biodinamica e ama il kebab. Le attività per mezzo delle quali è stata discussa la corrispondenza biunivoca tra cultura e nazione hanno consentito agli alunni di comprendere lo scarto tra tradizioni e scelte degli individui e dei gruppi, come mostrano le risposte alla prima domanda del questionario di comprensione e analisi del testo: A p. 125 il protagonista dice: “sono famosi i tedeschi per lo stinco di maiale, i würstel e altre cose saporite e nutrienti. Sì, avete ragione, ma solo in teoria. In pratica, mi è capitata la triste sorte di essere ospitato in una famiglia salutista e biodinamica”. Rifletti e poi rispondi: le pietanze per le quali sono famosi i tedeschi corrispondono alle abitudini di tutti i tedeschi? In entrambi i terreni, infatti, gli alunni hanno risposto per lo più correttamente alla domanda, rimarcando peraltro in alcuni casi la discrepanza tra tradizioni nazionali e scelte delle famiglie: NO, PERCHE COME IN QUESTO CASO, DEI TEDESCHI NON MANGIANO I LORO PRODOTTI TIPICI, MA SOLO CIBI SALUTARI (Cristina, S1) Non sempre perché ci possono essere alcune famiglie che seguono le tradizioni tedesche altre invece che preferiscono seguire un alimentazione fatta da loro stessi. 11 Fonte: http://www.treccani.it/ 203 (Clelia, S2) No, in quanto ci sono famiglie salutiste e biodinamiche, o che non rispettano la loro cultura. (Vera, S2) Un’attività analoga è stata svolta nel corso della UA4 per mettere in discussione alcuni stereotipi sottolineati nel racconto di Wadia Napoli’s Bombs. Nella prima fase della lezione, un brainstorming in cui gli alunni sono stati invitati a esprimere idee e immagini sugli Stati Uniti ha permesso di far emergere nomi di cibi, personaggi e titoli riferiti all’immaginario televisivo (cartoni animati, telefilm) cinematografico, musicale, politico ecc. A conclusione dell’attività, si è puntualizzato che le immagini e le idee sugli Stati Uniti hanno origine dai tanti ‘messaggi’ ricevuti soprattutto attraverso i media. Successivamente un secondo brainstorming, mirante al decentramento, ha fatto emergere idee e immagini dell’Italia vista da un abitante degli Stati Uniti. Sono emersi nomi di città, monumenti, cibi, organizzazioni criminali, società sportive etc. Dopo la lettura del racconto, la discussione ha messo in luce, tra gli altri punti, lo scarto tra le aspettative dei due protagonisti italiani relative all’accoglienza negli Stati Uniti e la ‘realtà’ nella quale i due s’imbattono all’arrivo sul territorio americano.12 Le risposte alle domande 1 e 2 del questionario di comprensione assegnato a conclusione della lezione confermano la comprensione da parte degli studenti del concetto di immagine stereotipata (cf. ALLEGATO 15). Nel corso della stessa lezione, peraltro, la discussione ha messo in luce anche gli stereotipi degli ‘stranieri’ sull’Italia e gli italiani, come si vedrà di seguito trattando le attività miranti al decentramento e all’assunzione di un punto di vista altro rispetto a quello del proprio gruppo di appartenenza. Le attività quali brainstorming e discussione svolte durante le UA2 e UA3 si sono rivelate dunque produttive ai fini della complessificazione delle rappresentazioni del concetto di cultura da parte degli alunni, tuttavia le numerose assenze, il livello di concentrazione talvolta basso a causa della prossimità della conclusione dell’anno 12 Il passo di riferimento del racconto Napoli’s bombs è il seguente: «Autostrade a otto corsie, pick up, birra e bionde, eccoci qua!» urla Paolo scendendo dall'aereo. Qualcuno si gira a guardarlo, scuotendo la testa. Nella fantasia di Paolo, che sogna questo viaggio da tre anni, l'aeroporto JFK di New York ha assunto venti majorette vestite di bianco rosso e blu con le stelline negli occhi per dare il benvenuto agli stranieri e, vedendo la sala arrivi spoglia di sorridenti ragazzine bionde ed atletiche, ci rimane male. Io non ho mai nutrito fantasie di questo genere ma non mi sarei nemmeno aspettato di trovare un bisonte femmina in uniforme al controllo documenti.” (Wadia, 2004, p. …) 204 scolastico e la limitatezza dei tempi dedicati alle UA3 e UA4 non hanno consentito la necessaria rielaborazione e puntualizzazione, il che ha fatto sì che le risposte alla domanda del questionario finale sulla cultura evidenzino rappresentazioni sostanzialmente analoghe a quelle espresse in precedenza, con una polarizzazione delle risposte intorno alle corrispondenze biunivoche tra nazione e cultura, popolo e cultura, individuo e cultura, come mostra la tabella che segue, nella quale sono inseriti alcuni enunciati classificabili secondo le categorie definite nella colonna a sinistra. 205 4. ATTRAVERSO LE LETTURE FATTE E LE ATTIVITÀ SVOLTE, COS’HAI CAPITO DEL CONCETTO DI “CULTURA”? 206 CORRISPONDENZA NAZIONE- S1 S2 La cultura è una parola che serve Ho capito che può avere molti significati, per distinguere degli Stati diversi: e che ogni paese ha la propria cultura e lingue, che non è una cosa negativa, anzi è una abitudine, lavoro (Loredana) CULTURA cosa positiva, e che ognuno deve rispettare la cultura degli altri. (Giovanna) Si, la cultura è una cosa che Ho capito che le colture sono molto rispecchia ogni paese (Enrica) diverse ed ogni paese ha una propria cultura. (Serena) La cultura è l’insieme delle caratteristiche di un certo paese. (Claudio) culture CORRISPONDENZA vuol dire un’insieme di Ho capito che la cultura è il modo di vivere, la storia e l’arte di un popolo. culture di altri popoli (Igor) (Rocco) ‘POPOLO’Cultura CULTURA vuol dire insieme di abitudini e altro di altri popoli La cultura è una specie di tradizione del (Michele) popolo. Ogni popolo ha la sua cultura originaria. (Sara) CORRISPONDENZA INDIVIDUO- La cultura è l’insieme di elementi e Che ognuno ha la sua e non deve di conoscenze che una persona cambiarla per essere accettato dagli altri. conosce (Cristina) (Clelia) CULTURA Ke ognuno ha la sua cultura (Lorenzo) Persone con un altro modo di vivere, parlare, esprimersi. (Giada) Che ognuno ha la sua cultura ovvero il suo modo di interpretare il mondo e il suo modo di vivere. (Viola) / Cultura e lingua tradizioni e altre cose diverse (Mirco) CORRISPONDENZA DELLA CULTURA CON LINGUA E TRADIZIONI 207 Niente. (Andrea) Proprio un bel niente. (Enrico) NIENTE Niente (Rachele) Quasi nulla (Lucilla) Non l’ho capito. (Ludovico) Che PLURALITÀ ha moltissimi significati da attribuirgli. (Antonia) DEI SIGNIFICATI Molte cose ;D (Enzo) DEL TERMINE CULTURA CORRISPONDENZA DI CULTURA Della parola cultura ho capito che Non essere cattivi con tutti ma dare un che siamo tutti uguali, bisogna agliuto. Dare da mangiare a chi non a essere buoni con tutti. (Rubab ) ninte. (Gjorge) CON ‘SOLIDARIETÀ’ Occorre dunque rilevare che la mancanza di un rinforzo conclusivo che ribadisse i punti salienti delle attività svolte e dei concetti trattati secondo i principi della didattica metacognitiva (Crispiani, 2004) ha costituito un limite dell’attività svolta. Si ritiene dunque opportuno porre particolare attenzione a una ricapitolazione finale in sede di riproposizione del percorso didattico elaborato. 208 6. DECENTRAMENTO Il processo di decentramento, ovvero l’assunzione del punto di vista di soggetti appartenenti a gruppi socioculturali e linguistici differenti dal proprio, è considerato da Lussier, come si è già visto, alla base della subdimensione della competenza esistenziale definita ‘critical appropriation’, ed è connesso allo sviluppo di una consapevolezza critica (critical awareness): Critical awareness (…) means guiding the learner towards critical rather than conservative awareness. The learner acquires a capacity for understanding the perspectives of others and reflecting on his/her own perspectives through a process of decentring and a level of reciprocity (Lussier, 2007). Come è stato sottolineato in studi riguardanti lo sviluppo della competenza comunicativa interculturale, le potenzialità della letteratura in questo senso consistono nella possibilità di un cambiamento di prospettiva. A livello metodologico, nel senso dell’approccio al testo letterario si è parlato di ‘efferent reading’, un tipo di lettura che si fonda sulla teoria della ricezione e, attraverso compiti analitici e creativi, mira a coinvolgere non solo a livello cognitivo ma anche affettivo, per arrivare a una comprensione più profonda del testo (BurwitzMeltzer, 2001, p. 29). Infatti si è sottolineato che “often creative tasks lend themselves to a blend of literary and intercultural objectives, leaving enough space and an ‘anxiety-free’ zone for the learners in which they can experiment with different perspectives and culturally different point of view as well as compare their own culture to the culture in the text” (id., pp. 29-30). In particolare, gli alunni autoctoni da un lato sono stati sollecitati a immedesimarsi nei soggetti che arrivano in Italia da altri paesi, dall’altro in soggetti italiani che, all’estero, si trovano nella posizione minoritaria di stranieri. In più, la riscrittura ha incoraggiato l’assunzione del punto di vista degli ‘stranieri’ sugli italiani. 209 Le attività svolte nel percorso didattico hanno incluso, come si è già visto, la scrittura di testi creativi attraverso i quali si invitavano gli studenti a immaginare se stessi in una situazione di mobilità simile a quella descritta nel racconto di Besa Mone (UA2). Altre attività di scrittura o per meglio dire riscrittura del testo sono state assegnate, nelle UA3 e UA4, attraverso punti dei questionari di comprensione e analisi del testo (allegati…, cf. rispettivamente domande 6 e 9). Peraltro, nell’ambito delle UA3 e 4, come si è precedentemente ricordato sono state svolte a tale fine anche attività di brainstorming. Nel questionario relativo alla UA3, inoltre, anche le seguenti domande hanno sollecitato l’assunzione del punto di vista di un soggetto in minoranza (il protagonista del racconto di Moll), ‘straniero’ rispetto al contesto e privo di competenze linguistiche utili all’interazione: Secondo te, in che modo quest’idea stereotipata influenza il comportamento dei familiari di Inge verso il giovane italiano? Ti è mai capitato di essere ‘vittima’ di pregiudizi o stereotipi sul tuo paese o la tua regione? Se sì, come hai reagito? Se no, come pensi che reagiresti? In ogni caso, anche nella UA1 gli alunni erano stati stimolati, attraverso la discussione orale, alla comprensione del punto di vista della protagonista-io narrante del racconto, e dai dati raccolti attraverso le schede-diario compilate dagli alunni dopo le UA1 e 2 sono emerse in tal senso tanto la difficoltà quanto la curiosità. Nei diari degli alunni relativi alla UA1, in relazione al punto n. 6, ‘La cosa più difficile è stata…Perché…’ alcuni enunciati evidenziano infatti problemi di comprensione in merito al punto di vista della protagonista: IMMEDESIMARSI NELLA RAGAZZA PERCHÉ HA DELLE USANZE DIVERSE (Emanuele, S1) Capire il perché questa ragazza non aveva un identità Perché questa ragazza in realtà aveva un identita come tutti anche se non lo capiva (Balina, S1) Capire la persona perché voleva mangiare le salsicce. (Enzo, S2) 210 Nei diari relativi alla UA2, emergono ancora difficoltà, ma anche interesse e curiosità: INTERPRETARE I PENSIERI DELLA RAGAZZA PERCHE’ HA UNA CULTURA DIVERSA DALLA MIA (Emanuele, S1) Sull’approccio delle persone straniere con nuove culture (perché) non mi sono mai trovata in queste situazioni e vorrei sapere cosa si prova veramente perché è anche difficile immaginarlo. (Sara, S2) Quando il decentramento è riuscito, ciò ha portato a una sintonizzazione affettiva con il personaggio della bambina albanese all’esperienza della quale è stata associata quella di due ragazzi afgani ex compagni di scuola di alcuni alunni della S2: Ho capito che non sono stata capace di sfruttare l’occasione di conoscere Alema e Mendi perché anche se sono stata molti anni insieme a loro non sono riuscita a capire veramente le loro esigenze. (Clelia, S2) L’enunciato suggerisce che l’esperienza diretta di contatto e interazione con soggetti portatori di alterità non è di per sé sufficiente alla comprensione dei processi emotivi connessi all’inserimento in un contesto sociale e linguistico diverso da quello di origine e mostra che il testo e le attività svolte hanno aperto, attraverso il processo di decentramento, un varco sia cognitivo che affettivo per la comprensione di quanto vissuto da chi è ’altro’ rispetto ai membri del gruppo maggioritario (come Clelia). Altri dati interessanti, nonostante la loro esiguità numerica (dovuta alle numerose assenze) sono i testi consistenti in riscritture dei racconti di Moll e Wadia da punti di vista diversi rispetto a quelli dei protagonisti. Nella S1, Cristina assume il punto di vista di Inge, la fidanzata tedesca del protagonista-io narrante italiano. Nonostante la sintassi non sempre chiara, emerge la nostalgia e la gioia per il ritorno di Inge in Germania, l’‘amato posto’ caratterizzato da una vita ordinata (‘vivere con schemi fissi e precisi’) e dove è possibile l’uso della propria lingua (‘la mia vera lingua’). Del personaggio si coglie inoltre il desiderio di condivisione con il fidanzato del sentimento nutrito per la patria tedesca, la gioia al momento del ritorno nella casa dei genitori e la tristezza all’idea della partenza verso l’Italia, ma anche il piacere per il 211 ritrovamento di abitudini acquisite nel paese d’origine come il consumo del kafee e la lettura dei quotidiani. Il testo di Ada, anche se non rispetta la consegna della riscrittura attraverso l’assunzione di un altro punto di vista, pone invece il personaggio di Inge nel ruolo di protagonista. In esso si trova un rovesciamento dell’itinerario e delle situazioni narrative: il personaggio femminile intraprende da solo il viaggio verso la città del fidanzato, Pescara, dove in occasione del pranzo preparato dalla madre del ragazzo italiano deve affrontare una sovrabbondanza di pietanze delle quali riesce a consumare solo una parte. Se il protagonista del racconto di Moll ha il problema della fame, la Inge di Ada deve invece sottrarsi all’eccesso di zelo culinario della famiglia italiana della quale è ospite. Interessante anche notare che, mentre i genitori di Inge nel racconto di Moll hanno un atteggiamento non benevolo nei confronti del giovane italiano fidanzato della figlia, le figure parentali del testo di Ada appaiono inclini a una perplessità scevra di giudizi: “ AI GENITORI DEL RAGAZZO SEMBRÒ STRANO, MA NON CI FECERO CASO. INGE USCI POI PER FARE UNA PASSEGGIATA, MA PIOVEVA INGE USCÌ SENZA OMBRELLO, MA I GENITORI DEL RAGAZZO NON FECERO CASO NEANCHE A QUESTO PERCHé PENSAVANO CHE NEL SUO PAESE SI FACESSE COSÌ.” (Ada) Il testo riprende dunque correttamente il diverso atteggiamento verso il cibo del ragazzo italiano e della sua famiglia da una parte, di Inge dall’altro, e aggiunge di originale, a fronte di qualche pregiudizio mostrato dai genitori tedeschi verso l’italiano, un atteggiamento coincidente con una sorta di perplessità tollerante da parte degli italiani. Ora, tale sospensione del giudizio è stata annoverata tra le caratteristiche dell’ intercultural speaker (Fantini, 2000): The attributes to describe an intercultural speaker are: respect, empathy, flexibility, patience, interest, curiosity, openness, motivation, a sense of humour, tolerance for ambiguity, and a willingness to suspend judgement. (Lussier, 2007, p. 312). 212 Da ciò si può dunque dedurre che la famiglia italiana del testo di Ada è interculturalmente competente. Se passiamo alla S2, notiamo nel testo di Giovanna un’identificazione tra ‘abitudini’ e soggetti, tra cultura appartenente a un gruppo e gli individui che ne fanno parte, mentre le usanze appaiono ‘fisse’ e immutabili, passibili di accettazione o rifiuto nella loro globalità: Stiamo aspettando Inge a casa, sono molto preoccupata… chissà come sarà quell’italiano. Spero gli piaccia il nostro paese e le nostre abitudini… lui ne avrà sicuramente diverse dalle nostre, ma se non gli piacciono non gli piacciamo noi, e neanche Inge. (Giovanna) Inoltre, il comportamento della famiglia tedesca e in particolare la preparazione di pietanze leggere e in quantità limitata sono presentati come scelte deliberate per verificare la resistenza dell’italiano e sollecitarne lo sforzo verso una maggiore comprensione della lingua tedesca: Arrivati! Accolgo subito l’Italiano, non mi sembra un tipo molto tosto, meglio metterlo alla prova. Se è venuto qui per mangiare salsicce, wurstel o stinco di maiale, ha sbagliato proprio casa. Qui si mangia solo cibo salutare. Carotina grattugiata, sformatino di verdure e poi la patatina come contorno. Chiedo se va bene una patata lessa a testa e tutti approvano… tranne l’italiano, che sembra volerne molte di più. Non voglio essere cattiva… voglio solo metterlo alla prova, penso che a breve cercherà di capire la nostra lingua. Finito il pranzo lo metto al lavaggio dei piatti e pulisco i fornelli. Inutilizzabili fino a domani. Sì, si mangia a cena ma poco, non ho mai molta fame io. No, già, non è molto grasso, quindi lo devo tenere in forma, giusto? Quindi: corsetta prima di colazione, passeggiata per digerire il pranzo, e di sera, dopo cena, nuoto nella piscina comunale. Non gli farà altro che bene. Inge in questo modo si sentirà molto unita alla famiglia. Ieri, l’ho messo proprio alla prova questo italiano, voglio capire di che pasta è fatto. Uscendo per fare una passeggiata è scoppiato un temporale e non gli abbiamo permesso di portare un ombrello, suvvia, sarà fatto di zucchero questo ragazzo? È comunque sopravvissuto. (Giovanna) Il personaggio della madre di Inge, che coincide con l’io narrante, viene dunque presentato con un atteggiamento improntato a una sorta di paternalismo. Un altro testo, pur molto breve, focalizza l’incapacità espressiva del personaggio italiano: 213 Genitori. E’ un ragazzo molto socievole ma poco chiaro cioè non riesce a spiegarsi (…). (Clelia) Per quanto riguarda la UA4, l’ultima domanda del questionario di comprensione e analisi del testo, con la quale si assegnava la riscrittura del testo dal punto di vista del personaggio della donna americana addetta al controllo bagagli all’aeroporto, 13 fa registrare solo pochi casi di svolgimento corretto. Tra questi, alcuni evidenziano l’associazione con il terrorismo cui sono soggetti i due personaggi italiani. In un testo, tale identificazione è attribuita all’aspetto esteriore: Quando vennero alla Dogana non capivano l’inglese, ma dissero di avere delle bombe o perlomeno credevo…Avevano un po’ l’aspetto da terroristi. (Clara) Il testo di Clara evidenzia dunque la comprensione dei processi di stigmatizzazione legati ai tratti esteriori.14 In un altro scritto l’origine dei fraintendimenti è identificata nella sensazione della donna americana di essere oggetto di derisione a causa delle continue richieste di riformulazione di quanto da lei detto, richieste provocate invece dall’incompetenza linguistica dei due italiani: Io credo che questi due italiani mi prendono in giro perché mi fanno ripetere tutto quello che dico, credo anche che siano dei poveri che si portano anche delle mozzarelle da casa. (Claudio) In quasi tutti i testi si riscontra in ogni caso l’accentuazione del malinteso linguistico, che evidenzia l’appropriatezza del testo letterario per la trattazione di tale tema e la riflessione su di esso (Crawshaw, 2008). 13 La domanda è la seguente: “il racconto è narrato dalla prospettiva di un ragazzo italiano. Secondo te, che cosa pensa la donna americana dei due italiani? Riscrivi la storia dal suo punto di vista”. 14 Alcuni studi sociologici sulle seconde generazioni hanno peraltro identificato nei processi di stigmatizzazione connessi ai tratti somatici, negli Stati Uniti, l’origine di ‘processi di etichettatura da parte della società ricevente che ostacolano l’integrazione e il progresso sociale.’(Ambrosini, 2005, p. 179). 214 Nella S1, emerge comunque in generale una limitata dimestichezza con consegne di riscrittura del testo. Nella S2 i testi mostrano invece per lo più un buon grado di coerenza rispetto alla traccia, al di là dell’estensione e del diverso livello di rielaborazione. Come nella S1, solo pochi alunni producono però una riscrittura in prima persona. Di tali scritti, alcuni sono particolarmente interessanti e mostrano una comprensione elevata e il pieno raggiungimento degli obiettivi dell’UA4. Nel brano seguente si evidenzia ad esempio la capacità di decentramento e l’assunzione di un punto di vista ‘altro’ sui personaggi italiani: Mentre stavo lavorando arrivano due ragazzi, prendo i loro passaporti. Gli chiedo alcune cose e mi rispondono in tutt’altro modo: né io né quei due ragazzi, presuppongo italiani, ci capiamo niente. Sono proprio ignoranti gli italiani, dei nullafacenti, neanche sprecano un po’ di tempo per imparare l’Americano. Comunque mi dicono che dentro le loro valigie ci sono delle bombe napoletane, li porto dal direttore… non ci capisco più niente con quei due! (Giovanna) Italiani… non capiscono niente! Sanno cosa possono o non possono portare, e che fanno? Non rispettano il regolamento! Ci hanno fatto sprecare del tempo per vedere cos’erano 2 cose circolari dicendo Napoli’s bombs; invece bastavano che divevano che erano mozzarelle (Barbara) Sia nel testo di Giovanna che in quello di Barbara il processo di decentramento è evidenziato dal giudizio negativo e stereotipato espresso sugli italiani (tutti gli italiani e non solo i due con i quali avviene l’interazione) da parte della donna americana: essi sono ignoranti, nullafacenti, incompetenti linguisticamente (Giovanna), non rispettosi delle regole (Barbara). Nel testo di Barbara il malinteso viene inoltre attribuito all’intenzionalità dei due italiani, come accade nella comunicazione interculturale, dove il fraintendimento viene spesso ascritto ad atteggiamenti poco cooperativi o ostili degli interlocutori, in quanto i partecipanti a un’interazione problematica “spiegano quello che è accaduto più spesso in termini psicologici che in termini sociologici o culturali, percependo l'altra persona come non cooperativa, aggressiva, stupida, incompetente o con spiacevoli caratteristiche personali.” (Zorzi, 1996). Altri testi esprimono gli interrogativi e il disorientamento provato dalla donna di fronte ai comportamenti, anche linguistici, dei due italiani: 215 Ieri, alla dogana, ho visto 2 italiani (da quello che sono riuscita a capire) ed uno all’inizio pensavo prendesse lezioni d’inglese, invece mi sbagliavo. Mentre sono venuti a fare il control avevano due grossi borsoni. La cosa mi è parsa subito strana: se devono venire per turismo, perché dovrebbero portare tutta questa roba? Dopo averglielo chiesto, sono stati muti per un po’, e poi mi hanno risposto: “Sono x i poveri!” Bah, che strani, anche con quella strana parola: Napoli’s bombs che voleva dire mozzarella di bufala (Lorenzo) Oggi a lavoro ho dovuto portare due italiani nella stanza per controllare le valigie. Non sarebbe successo se avrebbero saputo l’inglese, ho cercato pure di parlare in spagnolo ma non capivano nemmeno questa lingua. (Viola) Dal testo di Lorenzo, gli italiani appaiono alla donna ‘strani’, mentre nello scritto di Viola si sottolinea l’origine linguistica dell’incomprensione attribuita alla carenza di competenze in inglese e spagnolo dei due giovani. Un altro testo, per quanto non scritto in prima persona, appare interessante: Secondo me la donna pensa che la stiano prendendo in giro perché su qualunque cosa lei dica i due ragazzi commentano in italiano. (Antonia) Vi si tematizza infatti il sospetto di essere oggetto di derisione provato dalla donna americana di fronte all’uso di una lingua a lei ignota da parte dei suoi interlocutori.15 15 In ogni caso, altri testi mostrano diversi livelli di comprensione. In alcuni casi non appare una piena capacità di assunzione del punto di vista della donna americana: Sono arrivati degli italiani che non capiscono niente di inglese e sto cercando di parlare con loro. Scopro delle cose rotonde dentro le loro valigie e chiedo loro cos’è e loro mi rispondono che sono bombe. Così li porto nella stanza dei controlli e ci dicono che sono mozzarelle. Penso che questi italiani siano un po’ troppo scherzosi (Giada) In realtà dal testo si comprende chiaramente che la donna non ritiene affatto i due italiani ‘scherzosi’ e anzi il fraintendimento sull’espressione ‘Napoli’s bombs’ nasce dallo scarto tra l’intenzione comunicativa del personaggio italiano e le attese dell’interlocutrice. 216 In conclusione, a partire dalle situazioni narrative relative alla posizione minoritaria (socialmente e linguisticamente) dei personaggi della bambina albanese di Mone e degli italiani nei racconti di Moll e Wadia, le attività svolte e in particolare quelle di riscrittura hanno stimolato l’assunzione di punti di vista ‘altri’ ovvero di soggetti in posizione minoritaria, ‘stranieri’ che interagiscono in contesti di cui ignorano gli altri soggetti e i codici comunicativi, e che sono dunque svantaggiati nelle dinamiche di potere. Come si vede anche nelle risposte alla domanda 11 del questionario finale, la maggior parte degli alunni afferma che le attività svolte hanno consentito di comprendere meglio la realtà di persone conosciute (amici, congiunti etc.) e in particolare dei compagni di classe: mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone a cui sono legato (amici, parenti etc.) Nella mia classe ci sono molti stranieri e quindi ho pensato a loro. (Loredana) mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco. Perché ho scoperto certe cose dei compagni della mia classe. (Renato) mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco Perché prima non la conoscievo. (Clara) Alcuni enunciati sottolineano poi il decentramento in maniera ancora più esplicita: mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco. Perché sono riuscita a capire le difficoltà delle persone quando cambiano il Paese, lingua…(Clelia) Infine, la risposta di Rocco esprime uno stadio ulteriore coincidente con l’espressione della curiosità sul retroterra culturale del compagno di classe di origine moldava Mirco: mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone a cui sono legato (amici, parenti etc.) Perché non conoscevo la cultura del mio amico Mirco, ma questo progetto mi ha incuriosito e ho interrogato Mirco. (Rocco) 217 Occorre tuttavia tenere conto anche del rischio che le attività di riscrittura possano condurre a un esito opposto rispetto a quanto atteso, ovvero a un rafforzamento o comunque a una mera ripetizione degli stereotipi nazionali. Per evitare che ciò accada, appare necessario, attraverso attività di analisi e discussione, far emergere i rischi della stereotipia. 218 7. LINGUE E CULTURE OCCULTATE Nel corso dello sviluppo dell’unità di apprendimento 2 sono state svolte attività miranti alla sensibilizzazione in merito all’occultamento delle lingue e delle culture e alla valorizzazione di una lingua minoritaria come l’albanese. Infatti, sia nella S1 che nella S2 alcuni alunni sono di origine albanese e in ogni caso la minoranza albanese è una delle più numerose sia a livello nazionale che locale. Ad ogni modo, si è considerata la trasferibilità del concetto dal caso affrontato nel testo alla generalità delle lingue minoritarie. Si è inteso dunque promuovere la consapevolezza linguistica. Di questa, sono stati identificati cinque domini: affettivo, sociale, del potere, cognitivo e della performance (James e Garret, 2000), tra i quali nelle attività didattiche si è prestata attenzione in particolare ai primi due: - il dominio affettivo si concentra sulle preferenze per le lingue come sulle motivazioni e gli interessi linguistici ed è spesso influenzato dallo status che la lingua ha nella società; - il dominio sociale, che concerne la consapevolezza del multilinguismo come l’accettazione delle minoranze linguistiche nella propria società (James e Garret, id.). Attraverso le attività svolte, si è trattato dunque dell’Albania, della lingua e della storia albanese valorizzandole ed evidenziandone alcune peculiarità quali delle caratteristiche fonetiche e il significato anche simbolico che la scrittura della lingua albanese ha assunto, dato il divieto di scrivere durante la lunga dominazione ottomana. Nel racconto inoltre si narra un episodio relativo all’emersione del retroterra linguistico e storico della protagonista, una bambina albanese, attraverso le attività svolte da una mediatrice linguistico-culturale nella classe d’inserimento della scuola italiana. Il testo si sofferma in particolare sulla bellezza della città d’origine della protagonista e dell’Albania. Dai dati raccolti, è emerso che la lettura ha suscitato interesse e curiosità per l’Albania e la cultura albanese, come si evince dalle risposte date nella scheda diario degli alunni alla domanda ‘Mi piacerebbe sapere qualcosa in più su… Perché…’: sull’Albania una città da come pare è bellessima da come ne parlano è bellissima e la voglio conoscere con delle foto (Loredana, S1) 219 SULL’ALBANIA E’ UN POPOLO CON UNA STORIA AFFASCINANTE (Emanuele, S1) Sulla cultura albanese e sul suo paesaggio (perché) mi ha molto incuriosito. (Rocco, S2) La cultura albanese e sulla sua storia Non so nulla e mi incuriosisce (Antonia, S2) Si noti che, mentre gli alunni autoctoni hanno indicato come oggetto d’interesse informazioni riguardanti l’Albania, un’alunna albanese ha invece espresso curiosità per la conoscenza di quanto accomuna Italia e Albania: Le cose in comune tra l’albania e l’italia è interessante (Balina) La comprensione del concetto di occultamento delle lingue e delle culture è stata maggiore nellla S2, come mostrano le risposte alla domanda 1 di una scheda distribuita durante l’UA2 e alla domanda 7 del questionario finale. La prima chiedeva: A te è mai capitato di avere a che fare con lingue e culture “nascoste”? Perché a volte restano nascoste? Puoi partire dalla tua esperienza o da quella di persone che conosci. Nella S1, solo un’alunna riferisce un’esperienza personale di dialogo con un compagno portatore di una cultura a lei sconosciuta, anche se non propriamente occultata in quanto proprio un elemento visibile come l’acconciatura del ragazzo ha suscitato curiosità: Alla scuola elementare in classe c’era un bambino indiano. Portava in testa una specie di chignon. Incuriosita gli chiesi perché lo portava e lui mi ha spiegato che non se lo poteva togliere finché non si sarebbe purificato, facendo un bagno nel fiume Gange. (Cristina) Nella S2 invece alcuni alunni di origine straniera sottolineano l’esperienza diretta e personale in relazione alle lingue e delle culture nascoste, ma Antonia evidenzia di 220 non provare disagio, mentre Laura identifica l’appartenenza culturale con la religione musulmana: A me si, anche perché io sono nata in Romania, però non mi è mai capitato di sentirmi imbarazzata e a disagio, perché qui ho un sacco di amici che mi vogliono bene. (Antonia) Si, a me mi è successo perché io sono musulmana e infatti mi è successo quando avevo quattro anni il mio primo giorno di scuola (materna) (Laura) In diversi casi l’occultamento delle lingue e delle culture è collegato con incontri interculturali esperiti nel passato. Sara e Clelia raccontano ad esempio della nascita delle loro relazioni amicali con due ragazzi afgani istituendo un parallelismo tra l’esperienza di questi e quella del personaggio della bambina albanese protagonista del racconto. Giovanna racconta invece un’esperienza di contatto e di comunicazione con una bambina bielorussa in particolare attraverso il ricorso alla gestualità, in mancanza di altri codici condivisi. Anche i questionari finali mostrano la comprensione dell’occultamento delle culture, come rivelano le risposte alla domanda 7: Quali sono (se ci sono) le lingue nascoste dei membri della tua classe? Sia gli alunni della S1 che quelli della S2 hanno infatti risposto in genere correttamente, anche se con maggiore o minore completezza, in merito alle lingue degli alunni di origine straniera della classe. Nella S2, sono state peraltro formulate anche delle ipotesi in merito alle cause dell’occultamento, identificate prevalentemente in motivazioni di ordine linguistico o psicologico: Per me restano nascoste perché forse i bambini non riescono bene ad esprimersi o non si sentono a loro agio. (Giovanna) No, non mi è mai capitato di avere a che fare con lingue o culture nascoste, ma penso che a volte restino nascoste per timidezza o per insicurezza. (Viola) 221 L’individuazione di motivazioni analoghe emerge anche dalle risposte alle domande 4 e 5 del questionario di comprensione e analisi del testo, dove diversi alunni focalizzano la componente emotiva della vergogna causata dall’impossibilità di un’espressione corretta in lingua italiana. Nelle risposte alla domanda 5, in particolare, sono messe a fuoco in vari casi le relazioni di interdipendenza tra padronanza della lingua e sensazioni di benessere o disagio. L’enunciato di Enrico in particolare collega direttamente l’occultamento con l’interpretazione attribuita al comportamento linguistico del compagno di classe Mirco, del quale l’alunno non comprende la riluttanza all’uso del moldavo: Sì, per esempio il mio amico Mirco si vergogna a parlare nella sua lingua madre, il moldavo, e è molto strano e penso che tutti facciano così (Enrico) Anche le risposte alla domanda 13 del questionario di comprensione risultano per lo più corrette. Diversi alunni focalizzano in tale sede la relazione tra la gioia provata dalla bambina e l’emersione, grazie alla mediatrice, di informazioni relative alla sua storia passata, alla sua città e alla sua scuola in Albania. Nelle risposte viene inoltre sottolineata la positività dello stato emotivo del personaggio grazie alla posizione di protagonismo attribuita alla bambina albanese dalla mediatrice linguistica e culturale, da cui hanno origine la maggiore partecipazione e la sensazione di benessere conseguente al superamento del disagio dovuto al sentimento di non appartenenza ed esclusione precedentemente provato. In ogni caso, se nel testo letterario l’emersione della lingua e cultura d’origine veicola sentimenti positivi e coincide con un processo che conduce all’integrazione nella classe, alcuni dei dati raccolti inducono a una riflessione in merito ai desideri dei diretti interessati, ovvero gli alunni di origine straniera. Ad esempio, Mirco, lo stesso alunno di cui Enrico mette a fuoco (come si è visto) la riluttanza all’uso del moldavo, alla domanda del questionario finale relativa al desiderio di emersione delle lingue occultate, risponde negativamente, come del resto fa anche Enzo, un altro alunno di origine straniera (macedone). Purtroppo i due alunni non spiegano le motivazioni del loro desiderio di ‘occultamento’, appare comunque forte il contrasto rispetto a quanto affermato dagli altri, che manifestano invece quasi tutti il desiderio che le lingue emergano. 222 Le modalità indicate vanno dalla lettura di racconti e dall’intervento di un mediatore culturale (Clelia), all’organizzazione di viaggi d’istruzione (Barbara), alla spiegazione della storia e dell’origine delle lingue (Sara) o alla realizzazione di altre attività inerenti le lingue (Viola): Attraverso dei racconti oppure come è successo a Besa Mone attraverso una persona. (Clelia, S2) Spiegandone la storia e l’origine. (Sara, S2) Attraverso un viaggio d’istruzione. (Barbara, S2) A scuola di approfondire un argomento sulle lingue. (Viola, S2) Non è del resto sorprendente che la diversa posizione socioculturale e l’appartenenza a un gruppo minoritario o a quello maggioritario condizionino gli atteggiamenti verso le proprie lingue.16 Emerge dunque dagli enunciati di Mirco ed Enzo un desiderio di assimilazione che del resto appare del tutto comprensibile in una fase dello sviluppo come l’adolescenza, nella quale centrale è il desiderio di appartenenza al gruppo dei pari. Quello che è stato definito il paradosso dell’adolescenza è infatti che individui tanto diversi tra loro attraversino fasi uguali per tutti e siano o vogliano essere anche uguali tra loro, almeno esteriormente (Smorti, 2001). Se tale desiderio di uguaglianza non è privo di problemi per gli autoctoni, esso è doppiamente complesso per chi è di origine straniera.17 In ogni caso, il modello dell’integrazione assimilatoria è emerso anche nei testi creativi redatti dagli alunni nel corso della UA3 sulla base della seguente traccia: 16 Ma anche chi appartiene al gruppo maggioritario distingue tra le lingue precisando che non sempre ne desidererebbe l’emersione. Secondo Viola, ad esempio, il dialetto dovrebbe essere riservato solo ad alcuni contesti caratterizzati da relazioni intime: Altro: Alcune sì alcune no. Perché in dialetto ci potrei dialogare solo a casa o con amici stretti (Viola). 17 Come evidenzia Gabriele Sospiro, ‘per i giovani delle seconde generazioni questa fase viene ulteriormente investita di carica problematica, poiché può dare luogo a crisi che coinvolgono la dimensione individuale in relazione all’identità, quella familiare con conflitti di carattere intergenerazionale o quella sociale e culturale che può condurre alla reinterpretazione della cultura di appartenenza.’ (Sospiro, 2010, p. 108). 223 Domanda 7. Se ti trovassi in una situazione di vacanza simile a quella del racconto, a stretto contatto con persone di un altro paese, come pensi che dovresti comportarti nei confronti del loro modo di pensare, delle loro abitudini e della loro lingua per instaurare dei buoni rapporti? Perché? Si tratta di una concezione dell’integrazione dettata sia da motivazioni generali, come mostra il testo di Sara che pone l’accento sulla ‘giustezza’ del rispetto per gli altri, sia strumentale, finalizzata all’accettazione da parte dei membri del gruppo di accoglienza, come si evince dai testi di Vera e Simona: Credo che: nelle opinioni dovrei comunque accettarle, lo stesso nelle religioni perché venga rispettata la mia. Riguardo alle abitudi mi dovrei adeguare io e non viceversa e riguardo alla loro lingua la dovrei imparare. (Perché) E’ comunque giusto rispettare gli altri, in tutto e per tutto. (Sara, S2) Non dovrei protestare, ma accontentarmi. (perché) stando senza famiglia (lontana) potrebbero non accettare la mia presenza.(Vera, S2) Dovrei seguire tutte le loro abitudini, quello che mangiano. Perché altrimenti non starei simpatica a nessuno e starei da sola. (Simona, S2) Del resto, nella S1 anche un alunno autoctono ha dato risposta negativa in merito al desiderio di emersione di una lingua-cultura nascosta, mostrando sintonizzazione emotiva e cognitiva con la posizione di chi si trova in una posizione di minoranza: No. Non vorrei essere un italiano e 19 albanesi. (Andrea) Appare perciò problematico affermare che, nell’approccio interculturale, sia sempre opportuno far emergere le lingue e le culture d’origine degli apprendenti. Le relazioni non sempre armoniose tra le lingue negli individui plurilingui meritano di essere oggetto di comprensione e rispettoso mantenimento, da parte dell’insegnante, di una ‘distanza’ che consenta da un lato la presa in carico del plurilinguismo, dall’altra il rispetto delle esigenze di riservatezza: “Désir, réticences et résistances, amour contrariés, cet ensemble instable de l’histoire personnelle et collective, de compétences et de comportements linguistiques invite à un 224 optimisme modéré dans l’interprétation de l’acquisition de ‘nouvelles’ langues, chacune s’inscrivant parfois en retrait ou en substitution des précédentes, mais ni linéairement, ni de manière durable » (Lévy, 2008) Infatti, la sollecitazione e la raccolta di discorsi su ‘sé e le lingue’ può rientrare nel ‘politicamente corretto’ senza però essere davvero corretta, anche perché costringe gli individui a inscriversi in una dimensione collettiva controllata all’interno di scuole, di politiche, di campi di ricerca (id., p. 81). Attività di valorizzazione delle lingue e culture degli apprendenti devono dunque essere a nostro parere svolte con metodologie didattiche che, tenendo conto dei desideri e delle reticenze degli alunni, non impongano necessariamente una ‘presa di parola’ (Porcher, 1978), ma contribuiscano piuttosto a definire un orizzonte comune ad autoctoni e ‘stranieri’ in cui la mobilità sia concepita come una condizione potenzialmente di tutti, sia di chi, nel contesto e nella situazione di riferimento, si iscrive all’interno di una minoranza, sia di chi appartiene a un gruppo maggioritario, ma in un contesto e in una situazione differenti potrebbe a sua volta trovarsi ad essere ‘straniero’. 225 226 Capitolo 6. Conclusioni Nel presente capitolo si riepilogheranno i punti di forza e di debolezza del presente lavoro in relazione sia alla metodologia della ricerca, sia all’approccio didattico sperimentato, ricapitolando i risultati dell’analisi dei dati esposti nel capitolo precedente e utilizzando quanto emerso dalle risposte ai questionari conclusivi per evidenziare gli esiti salienti delle attività svolte e la valutazione di queste da parte dei rispondenti. Verranno poi definite alcune proposte per l'educazione letteraria interculturale, tra le quali un percorso di formazione degli insegnanti caratterizzato dall'apertura a discipline quali le scienze del linguaggio e quelle antropo-sociali. Si passerà infine a delineare possibili punti di partenza e auspici per la ricerca a venire. 1. La ricerca condotta: punti di forza, punti di debolezza 1.1. Metodologia della ricerca A conclusione dell’analisi dei dati, ci sembra opportuno formulare alcune riflessioni sull’approccio metodologico adottato per rilevarne gli aspetti rivelatisi funzionali agli obiettivi e quelli che invece non hanno dato gli esiti sperati e che dunque necessitano di una valutazione critica. In relazione alla scelta dei terreni d’indagine, si ritiene che la raccolta di dati in classi nelle quali non c’era una forte implicazione professionale della ricercatrice abbia avuto un effetto positivo, in quanto, dal confronto delle risposte date alle schedediario e ai questionari delle S1 ed S2 con gli analoghi dati raccolti nella S3 (dei quali, 227 come si è visto, si è deciso di non fare uso per le motivazioni precedentemente esposte nel cap. 4), è emerso che il ruolo di insegnante da noi ricoperto nella S3 aveva un effetto condizionante sulle risposte, in particolare quelle relative all’eventuale apprezzamento o all’indicazione delle criticità in merito alle attività didattiche svolte. Il ruolo ‘esterno’ rispetto alle dinamiche di potere alunni-docente ha consentito infatti di assumere una posizione più ‘neutra’, dovuta anche al fatto che la valutazione è rimasta di pertinenza delle docenti delle classi e limitata alle attività orali svolte in aula, mentre i compiti scritti e le risposte date alle domande dei questionari e degli altri strumenti d’indagine non sono stati oggetto di valutazione in sede scolastica ma solo di analisi a finalità di ricerca. Positivo è stato anche il rapporto di collaborazione instaurato con le colleghe insegnanti delle classi, Marina nella S1 e Luciana nella S2. Il coinvolgimento della prima collega, tuttavia, è stato limitato dai molti impegni sia professionali che personali e dalla coincidenza temporale della fase dello svolgimento della ricerca con la conclusione delle attività di formazione e valutazione connesse con l’inserimento in ruolo. In ogni caso, la collaborazione è stata proficua sia per quanto riguarda le attività svolte in compresenza in aula, sia per ciò che concerne aspetti quali la raccolta dei materiali assegnati agli alunni per la compilazione domestica o la compilazione di strumenti forniti dalla ricercatrice e fatti compilare dall'insegnante. La collega della S2, Luciana, nonostante anche il suo carico di attività professionali fosse ingente, ha invece mostrato un interesse più specifico per i testi proposti, i concetti veicolati attraverso le UA e l’approccio al testo utilizzato. Si ritiene perciò che, in questo senso, la metodologia di ricerca-azione abbia avuto un esito positivo sul piano della diffusione della produzione letteraria ‘della migrazione’ e della sensibilizzazione ai temi trattati quali la pluralità identitaria, l’occultamento delle lingue e culture minoritarie, i pregiudizi e gli stereotipi, i malintesi linguistico-culturali etc. Occorre in ogni caso rilevare che l’interesse e l’apertura di Luciana per il progetto proposto erano presenti fin dall’inizio. Nell'eventualità della realizzazione di altri cicli di ricerca-azione, si ritiene in ogni caso opportuno prevedere l'inserimento dell'intervento 228 didattico all'interno della progettazione di classe e disciplinare e la realizzazione delle attività in una fase più precoce dell'anno scolastico. Infatti, si ritiene che l'incompletezza di alcuni set di dati, dovuta sia alla mancata riconsegna degli strumenti da parte di diversi alunni (soprattutto nella S2), sia alle numerose assenze nella fase conclusiva dell'anno scolastico, possa essere evitata attraverso la predisposizione di tempi più ampi per le attività didattiche e la raccolta dei dati. In tal modo si ritiene ci si possa attendere una maggiore efficacia nella pianificazione e una minore incidenza di difficoltà organizzative dovute alla concomitanza della conclusione di tante attività curricolari ed extracurricolari che hanno reso necessario posticipare e diluire nel tempo gli interventi svolti facendo coincidere la fase finale della ricerca sul terreno con il periodo conclusivo dell'anno scolastico. Occorre infine rilevare che la tardiva realizzazione della raccolta dei dati rispetto ai tempi a disposizione per l'analisi degli stessi ha influito anche sulla scelta della tipologia di analisi adottata.La disponibilità di tempi più ampi avrebbe infatti consentito l'utilizzo di altri metodi, ad esempio un'analisi dei testi creativi improntata alla semiotica della narratività. Quanto alla cooperazione con le colleghe, essa ha avuto luogo in spazi e tempi sia istituzionali (aule scolastiche, sale insegnanti), sia caratterizzati da informalità (pause, occasioni conviviali etc.) e si ritiene che i proficui scambi d'idee e le positive relazioni costruite abbiano contribuito alla buona riuscita della ricerca, tuttavia per il futuro si ritiene altresì opportuno prevedere ulteriori tempi e spazi d'incontro più specificamente focalizzati e finalizzati alla condivisione, analisi, discussione e progettazione congiunta delle fasi successive degli interventi didattici, ai fini di un coinvolgimento maggiore delle insegnanti nelle attività, che si teme possano essere state talvolta vissute in maniera non abbastanza partecipata. Si tratta tuttavia di impressioni soggettive che sarebbe peraltro interessante verificare in un eventuale prosieguo della ricerca svolta. In merito agli strumenti d'indagine, si ritiene poi che l'uso di testi creativi e attraverso 'tracce' d'impronta non specificamente autobiografica ai fini della rilevazione delle rappresentazioni dei soggetti possa avere avuto il vantaggio di evitare i condizionamenti legati alle esigenze di costruzione o ricostruzione identitaria o di autogiustificazione che si possono riscontrare laddove si utilizzano strumenti autobiografici. 229 I testi creativi sono infatti un mezzo di espressione dell'immaginario, che è stato definito "un campo di esperienza (…) in cui noi parliamo di noi stessi senza farlo, oppure viviamo esperienze che realmente non faremo mai.” (Pirodda, 2005, p. 28). Essi consentono un'espressione indiretta delle rappresentazioni, che risultano in tal modo meno condizionate dai ruoli e dalle identità che i soggetti costruiscono attraverso il discorso autobiografico. Tra gli aspetti dei quali tenere conto per la valutazione dei risultati della ricerca, occorre sottolineare che l’uso di strumenti che richiedevano la produzione di enunciati scritti ha fatto sì che i dati raccolti siano stati influenzati dalla maggiore o minore sicurezza e inclinazione dei rispondenti rispetto alla scrittura, nonché dal diverso grado di motivazione e di tendenza alla cooperazione rispetto alle attività svolte. Ciò non ha tuttavia impedito agli alunni con competenze di produzione scritta meno sviluppate, e in particolare ai rispondenti di origine straniera, di fornire dati ricchi e interessanti. Ci riferiamo in particolare ai testi creativi di alunni stranieri in Italia da pochi anni (cf. Igor, Rachele, S1 ALLEGATO 22). I testi creativi preliminari, per i quali è stata assegnata una ‘traccia’ mirante a non orientare preventivamente la declinazione della mobilità nell’interpretazione dei rispondenti (cf. ALLEGATO 17) hanno fornito in fatti del materiale, come si è visto, molto ricco. Il fatto che in molti scritti siano stati trattati temi connessi alla migrazione e al processo di integrazione ha peraltro evidenziato fin dalla prima fase della ricerca la presenza di una sensibilità specifica a questi temi nel terreno della S1. I questionari hanno invece creato qualche difficoltà, evidentemente a causa di problemi connessi alla comprensione di alcune domande (che in ogni caso erano state, di volta in volta, spiegate oralmente). Si ritiene dunque che una formulazione più semplice di alcune domande avrebbe reso la comprensione e la compilazione più accessibili. In relazione ai questionari e al contingente utilizzo di altri strumenti di raccolta di enunciati scritti, appare inoltre opportuno evitare un sovraccarico di strumenti da compilare per evitare l'adozione di strategie di semplificazione attraverso l'abbreviamento delle risposte fornite e il conseguente ottenimento di dati troppo scarni. 230 L’utilizzo di strumenti scritti ha influenzato la qualità dei dati anche in un altro senso: i dati sono stati più ampi e ricchi nella S2, dove maggiore si era rivelata la diffusione della lettura (cf. ALLEGATO 21, S1 e ALLEGATO 31, S2, domanda 5, dalla quale emerge che nella S2 diversi alunni indicano la lettura come una delle attività preferite, al contrario di quanto avviene nella S1 dove la lettura non viene menzionata). Da ciò appare evidente, come del resto era prevedibile, che l’utilizzo di strumenti scritti ha maggiore probabilità di risultare proficuo laddove i rispondenti hanno un buon grado di confidenza con il codice scritto. In ogni caso, un argomento a favore rispetto all’uso di strumenti scritti è il loro trovare una dimensione 'naturale' all’interno delle dinamiche della cultura della scuola, dove l’utilizzo dei questionari di comprensione e la scrittura di testi creativi sono attività consuetudinarie per gli alunni. In questo senso la metodologia adottata ha il vantaggio della familiarità ed evita l'invasività delle attività di ricerca rispetto alle esigenze della didattica, consentendo il raggiungimento di un equilibrio tra l'una e l'altra (cf. Gobbo, 2004). 1.2. Approccio didattico A livello della metodologia didattica, tra i punti di forza dell’approccio progettato e sperimentato si ritiene vada annoverato innanzi tutto l’arricchimento dell’educazione letteraria a finalità interculturale attraverso concetti e attività mutuati dalla didattica delle lingue e culture e in particolare ispirati alle riflessioni teoriche sulla competenza comunicativa interculturale. In quest’ambito rientrano le attività finalizzate allo sviluppo della consapevolezza linguistica e culturale (cf. cap. 5, par. 5.7) e al decentramento. Inoltre, il confronto tra i dati e gli assunti teorici, impliciti ed espliciti, di riferimento (Dodman, 2003) ha permesso, come si è visto nel capitolo 5, di verificare vari aspetti della ricezione delle attività svolte da parte degli alunni-rispondenti facendo emergere gli scarti tra finalità e obiettivi definiti dall’insegnante-ricercatrice e le reazioni da parte degli alunni, evidenziando diverse aree di miglioramento possibili. Queste saranno esaminate dopo l'esposizione e la sintesi degli aspetti che hanno provocato riscontri positivi. 231 Tra i punti di forza, dai dati emerge innanzi tutto che i testi scelti sono stati apprezzati dalla maggioranza degli alunni, grazie soprattutto alla cifra stilistica ironico-umoristica che caratterizza i racconti di Scego, Moll e Wadia. Dalle risposte ai questionari finali (cf. domande 10 e 15, ALLEGATI 30 e 40), emerge che i testi sono stati considerati dalla maggioranza degli alunni interessanti e accessibili quanto alla comprensione.1 In alcuni casi se ne sottolineano gli aspetti di gradevolezza e al 'divertimento'.2 Il coinvolgimento è stato significativo soprattutto nella S2, nella quale, durante la discussione in classe, sono emersi numerosi interrogativi relativi ai temi del racconto (leggi sull’immigrazione in Italia e negli Stati Uniti, contrabbando etc.). In ogni caso, interesse e curiosità sono stati espressi anche nella S1 (cf. ALLEGATO 23, diario alunni, domande 4 e 5, risposte di Claudio ed Ester).3 Alcuni rispondenti (domanda 10, S1) hanno tuttavia individuato nell’estensione eccessiva dei testi una loro caratteristica negativa. Si ritiene dunque opportuno valutare la possibilità di un adattamento al contesto didattico attraverso l’abbreviazione ai fini del mantenimento dell'attenzione. Nella S1 (cf. ALLEGATO 23), peraltro, erano state individuate come un altro elemento critico difficoltà legate al lessico, mentre nei questionari finali del medesimo terreno i testi sono stati definiti di facile comprensione ed è stata sottolineata soltanto la difficoltà dell’ultimo racconto letto (Napoli's bombs). Al di là dei riscontri complessivamente positivi, occorre tuttavia tenere conto di un caso relativo ad un rispondente della S2, Ludovico che ha mantenuto una posizione di chiusura e dichiarata adesione a pregiudizi, mantenendo atteggiamenti di rifiuto per le attività svolte durante tutto il percorso didattico.4 1 Nella S1 tuttavia il racconto di Wadia è stato anche indicato come il più difficoltoso, probabilmente anche a causa del fatto che le attività didattiche sono state svolte in tempi ridotti e non c’è stato modo di soffermarsi sugli aspetti più complessi come le tematiche socioculturali sottese al livello diegetico del racconto, che avrebbero consentito una comprensione più profonda. 2 Ad esempio Ada (S1) sottolinea che ‘erano molto divertenti’ (cf. ALLEGATO 30, domanda 15). 3 I due alunni hanno infatti così risposto alle domande 4 e 5 (cf. ALLEGATO 23): La sua storia. Perché è un bel racconto ed è abbastanza divertente (Claudio) La sua storia. PERCHÉ IL BRANO MA INCURIOSITO (Ester) 4 In risposta alla domanda 10 del questionario finale (cf. ALLEGATO 40), in riferimento ai testi, scrive: ‘Mi hanno lasciato indifferente. Come ho risposto alla domanda 1 io sono razzista e sia prima, che dopo i testi letti non cambio idea. (Ludovico) Come mostra la prima parte della risposta, evidentemente non c’è stata una sintonizzazione affettiva rispetto ai personaggi e alle attività svolte. 232 Quanto alle attività relative al concetto di cultura in senso socio-antropologico, occorre da un lato rilevare che sono state indicate difficoltà relative alla comprensione della definizione teorica, ma nell’esercizio di ricerca nel testo letterario gli alunni hanno mostrato in buona parte discreti livelli di comprensione del concetto (cf. ALLEGATI 24 e 34). In ogni caso, per un consolidamento dell'apprendimento appare necessario un riepilogo dei concetti secondo i principi della didattica metacognitiva (Crispiani, 2004). Si è inoltre perseguita un’integrazione e un’intersezione tra educazione letteraria ed educazione linguistica utilizzando il testo letterario come stimolo per rielaborazioni diverse e per sollecitare le esigenze espressive degli alunni ed elicitarne l’immaginario: Tali attività hanno avuto, come si è visto nel capitolo precedente (cap. 5, par. 5.3), il positivo esito di condurre ad una complessificazione delle rappresentazioni degli alunni sulla mobilità, la migrazione, l’inserimento nel nuovo contesto del paese di destinazione attraverso le letture e le attività miranti all’assunzione di un punto di vista differente. Come si è già sottolineato (cap. 5, par. 5.3), si ritiene che i processi coinvolti siano stati, da un lato, la sintonizzazione dei registri affettivi degli alunni con quelli dei personaggi (Carrubba, 1999, p. 33) attraverso la soggettivizzazione, una delle caratteristiche che, secondo Bruner, consente al testo narrativo di coinvolgere il lettore per mezzo della rappresentazione della realtà dal punto di vista dei personaggi. Si ritiene inoltre che tale sintonizzazione affettiva abbia contribuito all’implicazione dei soggetti e con ciò anche a un cambiamento delle loro rappresentazioni attraverso una valorizzazione del loro oggetto, consistente in questo caso nel concetto di mobilità (cf. Flament e Rouquette, cit. in Amerio, 2007, p. 325). Si ritiene dunque che si sia verificato, almeno in diversi casi, un potenziamento sia della ‘simpatia’ che dell’’empatia’. La prima è stata descritta come affinità emozionale e come un sentimento di armonia tra individui basato sulla comprensione culturale che riflette apertura verso le altre culture e adattamento a diverse credenze e valori (Brown, 1986 cit. in Lussier, 2007, p. 324). 233 Quanto all’empatia, concetto apparso solo nel 1928, è stata a lungo ritenuta un atteggiamento che non lasciava spazio all’acquisizione, ma diversi studi sulla sua formazione (Natale, 1972: 68, cit. in Lussier, id., p. 325) hanno portato a concludere che sia possibile potenziarla e che essa nasca da un rafforzamento dell’apprendimento cognitivo attraverso quello affettivo (Lussier, ibid.). L’empatia is the capacity to see oneself as a member of another culture and to put into relation that culture’s beliefs, behaviours and values within its historical, religious and political context in order to understand reasons for its ways of interacting and thinking. Empathy leads to a sense of alterity which is the ability to exchange one’s own perspective for that of ‘other’ and to integrate new beliefs and values, without rejecting self-identity and self-values. (Lussier, ibid.) Ciò è suffragato da enunciati come quelli che seguono: L’approccio per persone straniere è comunque molto difficile più di quanto pensassi (Sara, cf. ALLEGATO 35, domanda 11) (i testi letti) mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco Perché mi hanno fatto capire alcuni comportamenti e sensazione dei miei compagni stranieri. (Serena, cf. ALLEGATO 40, domanda 11) Si ipotizza che la sintonizzazione affettiva e lo sviluppo di rappresentazioni complesse sui soggetti che vivono la mobilità e la migrazione possa influire sulla percezione dell’identità degli alunni di origine straniera da parte degli altri e che ciò possa contribuire a un miglioramento della socializzazione nella classe. Sarebbe peraltro interessante un prosieguo della ricerca ai fini della verifica di tale ipotesi. Inoltre, data l’importanza che le interazioni hanno nell’acquisizione delle lingue, si ritiene che possa avere indirettamente anche ricadute positive sull’incremento delle competenze linguistiche degli alunni di origine straniera.5 5 Tale ipotesi è suffragata del resto da studi sul rapporto tra costruzione identitaria e apprendimento delle lingue. Ad esempio, in uno studio condotto da Toohey a Vancouver, in Canada (2000) su apprendenti di inglese come lingua seconda in una scuola materna, emerge come l’identità degli alunni influisca sulla loro accettazione da parte dei pari e sullo sviluppo delle loro potenzialità linguistiche: in particolare, l’identità problematica mostrata da un bambino figlio di immigrati di Singapore ha fatto sì che, sebbene all’inizio dell’anno scolastico egli parlasse inglese, il rifiuto e l’esclusione dai giochi e dalle attività dei compagni sia andato di pari passo con un declino delle sue competenze linguistiche. 234 A tale proposito, alcuni enunciati raccolti sul terreno confortano tale ipotesi, evidenziando un passaggio dal piano affettivo a quello delle intenzioni per l’azione: Quando arriva una ragazza nuova l’ha dobbiamo accogliere come se fosse una ragazza che l’ha conoscessimo da una vita (sempre) (Laura, cf. allegato 35). In ogni caso, nei due terreni non tutti gli alunni hanno reagito favorevolmente alle attività proposte, in particolare, come si è già rilevato, Ludovico (S2) ha mantenuto posizioni di chiusura. Nel percorso didattico, come si è evidenziato più volte, si è attribuito uno spazio significativo non solo alla scrittura, ma anche alla dimensione orale, in particolare attraverso tecniche quali il brainstorming e le attività di riepilogo e discussione sui testi letti. Tali attività sono state in generale apprezzate e ciò è emerso in particolare dalla buona partecipazione alle discussioni, anche se non sempre spontanea e talvolta o spesso sollecitata dall’insegnante.6 Si ritiene che il riepilogo orale e la discussione possa facilitare un coinvolgimento di tutti gli alunni, anche coloro le cui competenze linguistiche nella lettura e scrittura non siano molto sviluppate. L’apprezzamento delle attività svolte oralmente è suffragato da alcune risposte alle schede-diario (cf. punto 2, QUELLO CHE MI È PIACIUTO DI PIÙ È STATO, ALLEGATO 35): Stata la discussione sul brano, perché è stata coinvogente. (Rocco) Correggere il compito (questionario) perché possiamo ascoltare le riflessioni degli altri. (Lorenzo) Quando parliamo insieme (Mirco) Parallelamente invece un’altra bambina che a inizio anno non parlava inglese e rimaneva silenziosa ma che è stata poi accolta dai pari come una compagna di giochi desiderabile ha anche visto migliorare significativamente le sue competenze linguistiche (cf. Dagenais, D., Beynon, J., Toohey, K., Norton, B., 2008). 6 Nella fase iniziale del percorso didattico sono state svolte peraltro delle attività di osservazione attraverso schede la cui compilazione era stata affidata alle colleghe Marina e Luciana. Tuttavia in seguito si è ritenuto più proficuo un coinvolgimento delle colleghe nelle altre attività svolte e si è rinunciato alla sistematicità delle osservazioni. In ogni caso, si è rilevata l’utilità dell’utilizzo delle schede di osservazione ai fini del monitoraggio della partecipazione degli studenti alle interazioni in classe, secondo una metodologia mutuata dall’etnografia (Coonan, 2000; Gobbo, 2004). 235 Quando abbiao parlato dell’episodio in cui Besa Mone era felice perché tutti parlavano del suo paese. (Simona) Quanto all’interesse e all’apertura alle lingue e culture straniere, si è rilevata un’evoluzione, che si può osservare dal confronto tra alcune risposte fornite ai questionari iniziali e a quelli conclusivi. Se nella S2 buona parte degli alunni aveva espresso fin dalla fase della preindagine apertura e curiosità per lingue e culture straniere diverse (cf. domanda 20, ALLEGATO 31), nella S1, si rilevava invece una tendenza alla chiusura (cf. domanda 20, ALLEGATO 21), anche se non è da escludere che le risposte ottenute siano state condizionate dall’uso nella domanda del termine ‘cultura’, probabilmente non chiaro per tutti gli alunni. A conclusione del percorso svolto, nella S1 si rileva un incremento dell’apertura (cf. domande 137 e 14, allegato 30), con una polarizzazione delle risposte sulle lingue spagnola e cinese, mentre non sorprende che nella S2 si trovi una conferma dell’iniziale apertura, declinata peraltro in più direzioni (le lingue che suscitano maggiore interesse sono il francese, il tedesco, l’arabo, il cinese, il russo, ma compaiono anche altre lingue e culture quali: afgano, albanese, giapponese, africano, kurdo, portoghese (cf. risposte alle domande 13 e 14, allegato 40). Si ritiene in definitiva che il percorso svolto abbia favorito la diffusione e la valorizzazione di una produzione letteraria marginale nella quale gli alunni di origine straniera possono trovare un rispecchiamento, la cui espressione è emersa sia nel corso delle discussioni orali, sia dai questionari finali. Infatti, alla domanda 12, ‘Ti sei identificato/a in qualche personaggio o situazione dei racconti letti insieme? Se sì, quale/i? Perché?’, se la maggioranza degli alunni ha risposto negativamente, tuttavia sono state positive alcune risposte, come quelle di Ada e Laura, entrambe di origine straniera, che hanno scritto: Nel racconto della ragazzina albanese perché anche io sono albanese e ho vissuto un po’ la sua storia. (Ada, cf. ALLEGATO 30). Sì, su un tema della ragazza albanese. (Laura, cf. ALLEGATO 40 ) 7 Domanda 13: ‘Ti piacerebbe leggere altri testi che trattano il tema degli incontri-scontri tra persone con lingue diverse?’; domanda 14: ‘Se sì, di quali lingue ti piacerebbe leggere?’. 236 In ogni caso, l’identificazione è avvenuta anche da parte di alunni di nazionalità italiana, che hanno ravvisato nella provenienza regionale (campana) dei protagonisti di Napoli’s bombs elementi di rispecchiamento: Sì uguale a Giovanni perché è napoletano come me e mi sembra divertente. (Michele, cf. ALLEGATO 30) La provenienza regionale ha rappresentato dunque un elemento di coinvolgimento. Inoltre, come si è già sottolineato nel capitolo 5 (par. …), gli alunni autoctoni hanno tratto spunti di riflessione sui compagni di origine straniera (cf. domanda 11 dei questionari finali, ALLEGATI 30 e 40). In generale, l’intento era stato di sollecitare la riflessione sulla condizione della mobilità che non concerne solo gli ‘altri’ (come emerge dai testi letterari delle UA3 e UA4), ma potrà nel futuro riguardare anche gli autoctoni e la riflessione ha portato alla complessificazione delle rappresentazioni come si evince dai testi creativi scritti dopo la Ua2 Un’impostazione dunque che individua nella mobilità una questione che riguarda, ha riguardato o potrà riguardare ciascuno, e che in ogni caso coinvolge tutti a livello di interazioni quotidiane con chi vi è direttamente coinvolto. 2. Proposte per un’educazione letteraria a finalità interculturale Il percorso didattico messo a punto e sperimentato attraverso la ricerca-azione oggetto del presente lavoro va, come si è visto, nella direzione di un approccio che mira a contemperare in un proficuo innesto educazione linguistica (ELING) ed educazione letteraria (ELETT). L’ELING e l’ELETT (come si è visto nel cap. 1) sono ambiti che, in Italia, hanno avuto sviluppi per lo più paralleli e ibridazioni limitate (Lavinio, 2005), anche se nel corso degli anni sono state di volta in volta proposte diverse possibili piste per una loro proficua interrelazione (id.). Sull’integrazione tra ELING ed ELETT, Cristina Lavinio ritiene che non si troveranno soluzioni soddisfacenti finché non si radicherà l’idea che le molteplici capacità necessarie per leggere i testi e ‘conoscere’ o ‘fare’ letteratura vanno costruite e gestite consapevolmente dagli insegnanti a partire dalla primissima infanzia e dai primi anni di 237 scuola, benché su un terreno inizialmente non separato da quello dell’educazione linguistica, facendo leva dunque, per prima cosa, su ampie intersezioni tra educazione linguistica ed educazione letteraria e preparando il terreno per accentuare in seguito la loro relativa autonomia, pur senza dimenticarne le molteplici interazioni. (Lavinio, id., pp. 13-14). Lavinio ricorda peraltro anche alcuni assunti basilari del dibattito relativo al rapporto tra educazione linguistica ed educazione letteraria sviluppatosi in Italia negli ultimi decenni: - tra educazione linguistica ed educazione letteraria esistono numerose intersezioni e interazioni che coinvolgono più discipline, non solo quella denominata ‘italiano’. Infatti l’educazione linguistica riguarda tutti i saperi che hanno a che fare con delle forme di linguaggio e che si servono del linguaggio verbale per trasmettere i loro contenuti; - l’educazione letteraria riguarda l’insegnamento di ogni lingua, sia essa italiana, straniera o classica; - l’educazione letteraria ha le sue radici nell’educazione linguistica, dato che per comprendere i testi letterari è necessario innanzi tutto avere delle capacità generali di lettura. Inoltre la frequentazione dei testi letterari, che utilizzano al massimo grado le doti di ambiguità e flessibilità che rendono le lingue verbali i codici semiotici più potenti, potenzia e arricchisce le capacità linguistiche più generali. - L’educazione letteraria è parte di una più ampia educazione artistica. Questi assunti non sono tuttavia ovvi per tutti, soprattutto nella scuola, dove per decenni l’insegnamento è stato compresso sulla dimensione scritta e letteraria e dove l’educazione letteraria, come si è già visto (cap. 1) è stata a lungo identificata con l’insegnamento della storia letteraria nel triennio conclusivo della scuola superiore. I contenuti e le pratiche relativi all'educazione linguistica, scientificamente accreditati, non si sono infatti mai diffusi in maniera capillare e dunque hanno ancora molto da dire e possono portare un notevole contributo al rinnovamento della didattica. Tenendo a mente tali riflessioni, nonché le esigenze di una didattica che, seguendo l'evoluzione dei mutamenti sociali e della composizione delle classi, si collochi in un orizzonte 'interculturale', pendendo altresì in considerazione e reinterpretando le teorie definite nell'ambito della didattica delle lingue-culture, si è messo a punto, come si è visto, un approccio mirante a integrare nell'educazione letteraria le tre dimensioni (esaminate nel cap. 2, par. 4.3) della competenza comunicativa interculturale definite da Lussier (2007), ovvero: 238 a. Intercultural cognitive competence b. Intercultural skills c. Existential competence. Le attività sono state basate, come si è visto, sull'alternanza di pratiche ti tipo orale (brainstorming, discussioni etc.) e di compiti miranti al consolidamento delle abilità di comprensione del testo e produzione scritta (attraverso il consolidamento delle conoscenze lessicali, la compilazione di questionari di comprensione, l'assegnazione di testi creativi etc.), come esemplificato nella griglia di approccio al testo letterario (ALLEGATO 3) e negli schemi delle unità di apprendimento realizzate (ALLEGATI 7, 8, 9, 10). Per quanto riguarda la prospettiva interculturale, particolare attenzione è stata dedicata alle attività miranti alla complessificazione delle rappresentazioni degli apprendenti su temi quali la mobilità, la migrazione, l'integrazione e a quelle rivolte allo sviluppo della consapevolezza culturale, al decentramento e alla riflessione sulle lingue e culture minoritarie occultate. Rispetto agli esiti ottenuti, testimoniati dai dati raccolti, si ritiene in ogni caso necessario sottolineare la necessità di riservare una particolare attenzione al riepilogo dei concetti (come quello di 'cultura' in senso antropo-sociale) secondo i principi della didattica meta cognitiva (cf. cap. 5, par. 5.5). Per quanto attiene alla selezione dei testi letterari 'della migrazione', a valle delle attività svolte, appare lecito confermare la validità dei criteri precedentemente individuati ed esposti (cap. 3, par. 2), che andiamo perciò in questa sede a riepilogare brevemente: - rappresentazione di tutti i gruppi sociali e particolare attenzione per le minoranze; - tematiche inerenti lingue-culture, plurilinguismo e pluriculturalismo, mobilità e migrazione, incontri/scontri di culture e temi affini; - adattabilità al contesto scolastico; - opere scritte in lingua italiana. Si ritiene in ogni caso opportuno aggiungere a quanto specificato in precedenza alcune considerazioni: per quanto concerne l'aspetto contenutistico, appare importante sottolineare la necessità della scelta di testi che non si focalizzino sulla trattazione di temi connessi con le lingue-culture degli 'altri', degli stranieri, ma che affrontino piuttosto la pluralità linguistico-culturale individuale (cf. il testo di Scego, ALLEGATO 3) e la pluralità collegata ai fenomeni della mobilità e della migrazione a 239 diversi livelli: in ambito nazionale,8 europeo (come nei testi di Mone e Moll, ALLEGATI 4 e 5) ed extraeuropeo (come nel testo di Wadia, ALLEGATO 6). Ulteriori criteri da tenere in considerazione ed emersi a seguito dell'analisi dei dati sono poi la cifra stilistica ironica che, come si è già visto (par. 1) ha contribuito al piacere della lettura, e l'estensione 'controllata' e ponderata dei testi (da calibrare in ogni caso sulla base delle caratteristiche della classe), per evitare il declino dell'attenzione. Per le tematiche connesse al mutamento sociale e alle questioni legate alla convivenza tra soggetti appartenenti a diversi gruppi etnici e linguistico-culturali, si ritiene inoltre che l'approccio proposto possa contribuire positivamente alla definizione di un orizzonte per l'educazione alla cittadinanza, secondo le linee d'indirizzo di documenti sia europei che italiani precedentemente esaminati nel cap. 1 (in particolare, cf. MIUR, 2007). Nell'ottica dell'integrazione dell'insegnamento della lingua nazionale e delle lingue straniere (cf. Byram, 2008, cui si è fatto riferimento nel cap. 2, par. 4.2; Consiglio d'Europa, 2010), nonché di una concezione dell'educazione letteraria come trasversale a tutte le lingue insegnate nella scuola e propria quindi non solo della disciplina Italiano (Lavinio, id.), si ritiene inoltre che testi che affrontino incontri-scontri di personaggi parlanti lingue apprese nella classe potrebbe essere usato per sviluppare attività didattiche congiunte tra le diverse discipline linguistiche. Ad esempio, un racconto come Napoli’s bombs che tratta il tema delle differenti varietà dell'inglese e dello scarto tra apprendimento scolastico e interazione nel contesto d'uso della lingua potrebbe essere un valido punto di partenza per la riflessione sui malintesi linguistico-culturali. Allo stesso modo, in classi dove venga insegnato il tedesco, si potrebbe utilizzare il testo di Moll Döner kebab per attività di sensibilizzazione rispetto agli stereotipi (cf. ALLEGATI 9 e 14). Si ritiene infine che l'approccio definito nel presente lavoro, per gli esiti ottenuti e le molte potenzialità che contiene per lo sviluppo della riflessività sui temi già più volte citati possa offrire significative prospettive di formazione per gli insegnanti di Italiano 8 In tal senso, si ritiene interessante l'utilizzo di testi che consentano di affrontare il tema della variazione diatopica e della dialettofonia. Uno di questi è il racconto L'ultima mail (Wadia, 2004), che non è stato inserito nel percorso didattico qui presentato ma che potrebbe essere proficuamente impiegato in un futuro ciclo di ricerca azione. Dai dati è emersa infatti, come si è in precedenza accennato, la potenzialità motivante derivante dall'identificazione con personaggi dalla provenienza regionale analoga a quella degli alunni provenienti da famiglie con storie di migrazioni interne. 240 nel segno di una proficua integrazione tra glottodidattica ed educazione letteraria, che includa concetti, strumenti e metodi tratti da ambiti disciplinari quali soprattutto le scienze del linguaggio e le scienze antropo-sociali, come la sociolinguistica, la psicolinguistica, la linguistica acquisizionale, l'etnografia, l'antropologia culturale e l'antropologia dell'educazione, la sociologia delle migrazioni, la sociologia dell'educazione, la psicologia sociale etc. Per quanto concerne più specificamente gli studi letterari, particolarmente proficue ai fini dell'inquadramento teorico dei testi presi in considerazione appaiono invece le prospettive definite nell'ambito della sociologia della letteratura (cf. cap. 3, par. 1), sebbene ai fini della definizione dell'approccio didattico si ritenga di non trascurare altre teorie quali in particolare quelle di matrice ermeneutica (di cui si è brevemente trattato nel cap. 1., par. 5.1). Infatti, ciò che appare non più procrastinabile è l’apertura ad un'interdisciplinarità negli approcci che apra le porte ad un pluriculturalismo diffuso che consideri l’appartenenza della 'nostra' cultura e della 'nostra' letteratura a un sistema più vasto, non più o almeno non solo italo- o eurocentrico,9 ma transculturale (Lussier, 2007; Gnisci, Cipollari, 2012), ovvero che consideri la nostra tradizione come appartenente a una rete culturale ampia e in continua evoluzione, all’interno della quale dovremmo imparare tutti a muoverci uscendo da quei confini nazionali rigidi nei quali troppo a lungo il sapere disciplinare connesso alla disciplina 'Italiano' e in particolare l'educazione letteraria sono stati confinati. 3. Auspici e spunti per la ricerca a venire In relazione alle attività svolte, sono sorti nel corso della raccolta e analisi dei dati interrogativi in merito ai potenziali effetti demotivanti delle attività incentrate sui testi letterari nei confronti degli alunni con competenze linguistiche non adeguate a consentire un'adeguata comprensione testuale. Da un lato, appare ovvio che la complessità linguistica e testuale dei testi letterari crei ingenti ostacoli, dall'altro però come si è visto dall'analisi dei dati, le attività di educazione letteraria, oltre ad essere parte integrante della cultura della scuola italiana, possono produrre significativi effetti di sintonizzazione affettiva da parte degli 9 E' infatti noto che tutti i gruppi umani sono etnocentrici, cf. Gobbo, 2004. 241 alunni autoctoni nei confronti dei compagni di origine straniera alle prese con i problemi linguistici e integrativi. In ogni caso, ci si domanda se le attività orali previste nel percorso proposto possano favorire la partecipazione di tutti e il potenziamento delle competenze di produzione orale e in che misura queste possano costituire un 'ponte' verso l'incremento delle competenze legate alla dimensione scritta e alla lingua per lo studio. La linguistica acquisizionale ha evidenziato infatti che la lingua per la comunicazione è appresa dagli alunni di origine straniera in tempi relativamente brevi, mentre la lingua per lo studio richiede tempi molto più lunghi e facilitazioni protratte (Favaro, 2007). Tenendo conto di ciò sarebbe interessante cercare una risposta alla seguente domanda: in che misura l'uso dell'oralità nell'approccio ai testi letterari può compensare gli ostacoli rappresentati dalla complessità del testo scritto e costituire un 'ponte' tra lingua per la comunicazione e lingua per lo studio? 10 Occorre peraltro non sottovalutare aspetti emotivi quali la vergogna ad esprimersi oralmente degli alunni dalle competenze linguistiche in costruzione. Se da un lato appare pertanto opportuno prevedere attività di discussione in piccoli gruppi per mitigare l'effetto dell''esposizione' davanti all'intera classe, dall'altro sarebbe interessante indagare le reazioni degli alunni dalle competenze linguistiche in costruzione alle suddette attività orali per verificare con quali modalità il codice orale possa interagire con quello scritto.11 Ancora: è lecito ritenere che la complessificazione delle rappresentazioni possa avere un impatto sulle pratiche sociali e in particolare sulle interazioni all'interno della classe? In quali direzioni? Con quali modalità? 10 Peraltro la partecipazione alle attività di discussione di tutti gli alunni della classe è stata monitorata, nella fase iniziale della ricerca sul campo, attraverso l'uso di schede di osservazione. Tuttavia, poiché le contingenze hanno in seguito consigliato di concentrare altrove l'interesse della ricerca, si è rinunciato alla compilazione sistematica delle schede di osservazione nonché all’utilizzo delle stesse come dati. Si è comunque apprezzata l’utilità dello strumento per il monitoraggio della partecipazione alle discussioni orali e appare interessante un impiego di una metodologia basata sull'osservazione per la partecipazione degli alunni stranieri alle discussioni orali guidate. 11 242 Occorre poi tenere a mente che la ricerca presentata è stata svolta in contesti nei quali, complessivamente, si è riscontrato fin dalla fase della preindagine un buon livello di integrazione degli alunni di origine straniera, pur con le criticità rilevate attraverso i questionari iniziali (cf. par. 5.4). Sarebbe dunque interessante condurre esperienze di ricerca-azione con un'impostazione simile a quella qui presentata in terreni con caratteristiche differenti, ad esempio con una maggiore concentrazione di alunni stranieri e con situazioni più problematiche dal punto di vista dell'integrazione. Quanto ai testi letterari, appare altresì interessante pensare a un'estensione della ricerca nella direzione dell'utilizzo di opere di altri autori per un ulteriore affinamento della metodologia didattica. Infine, come auspicio conclusivo, si ritiene possa qui configurarsi la proposta dell'inclusione generalizzata di opere 'della migrazione' in italiano nei libri di testo in adozione presso le scuole. 243 244 Bibliografia ragionata Indice 1. Politiche educative e linguistiche 2. Didattica delle lingue-culture/mediazione linguistico-culturale 3. Rappresentazioni sociali e sulle lingue 4. Competenza interculturale 5. Approcci interculturali alle discipline 6. Educazione letteraria 7. Letteratura della migrazione 7.1.1.Testi letterari 7.1.2.Saggi 7.1.3.Banche dati e periodici on-line 8. Scienze antropologiche e sociali 9. Metodologia 10. Bibliografia generale 10.1.1. Libri di testo scolastici consultati 245 1. Politiche educative e linguistiche BEACCO, J.C., BYRAM M. (2009), Guide pour l’élaboration des politiques linguistiques éducatives en Europe. De la diversité linguistique à l’éducation plurilingue, Conseil de l’Europe, Division des Politiques linguistiques. Strasbourg: Conseil de l’Europe. <http://www.coe.int/t/dg4/linguistic/Guide_niveau3_FR.asp> [consultazione: 20/11/2012] BEACCO, J.C., BYRAM M., CAVALLI M., COSTE D., CUENAT M.E., FRANCIS G., PANTHIER J. (2010), Guida per lo sviluppo e l’attuazione di curricoli per una educazione plurilingue e interculturale, Consiglio d’Europa. <http://www.coe.int/t/dg4/linguistic/Source/Source2010_ForumGeneva/GuideEPI201 0_IT.pdf> [Consultazione: 20/11/2012] BETTINELLI, E. G. 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UA1 Salsicce …………………………………………………………………………..39 8. UA2 I miei primi giorni di scuola ……………………………………………………..41 9. UA3 Döner Kebab ……………………………………………………………………..42 10. UA4 Napoli’s bombs …………………………………………………………………..44 Schede di approfondimento 11. Cultura ………………………………………………………………………………….49 12. Letteratura della migrazione ………………………………………………………….51 Questionari per la comprensione, l’analisi, l’interpretazione 13. Questionario UA2 ……………………………………………………………………...55 14. Questionario UA3 ……………………………………………………………………...57 15. Questionario UA4 ……………………………………………………………………...59 Strumenti d’indagine Preindagine 16. Questionario iniziale …………………………………………………………………..63 17. Traccia testi creativi preliminari ………………………………………………………67 Indagine 18. Scheda diario alunni …………………………………………………………………..68 19. UA2 Scheda su culture “nascoste” e testo creativo ……………………………….70 20. Questionario finale …………………………………………………………………….71 Dati Scuola 1 21. Questionario iniziale …………………………………………………………………..77 22. Testi creativi preliminari ………………………………………………………………94 23. UA1 Scheda diario alunni …………………………………………………………...100 24. UA1 Ricerca “cultura” in Salsicce …………………………………………………..105 25. UA2 Scheda diario alunni …………………………………………………………...117 26. UA2 Scheda su culture “nascoste” e testo creativo ………………………...……121 3 27. UA2 Questionario di comprensione ………………………………………………..128 28. UA3 Questionario di comprensione ………………………………………………..141 29. UA4 Questionario di comprensione ………………………………………………..147 30. Questionario finale …………………………………………………………………...153 Dati Scuola 2 31. Questionario iniziale …………………………………………………………………167 32. Testi creativi preliminari ……………………………………………………………..193 33. UA1 Scheda diario alunni …………………………………………………………...199 34. UA1 Ricerca “cultura” in Salsicce …………………………………………………..205 35. UA2 Scheda diario alunni …………………………………………………………...209 36. UA2 Scheda su culture “nascoste” e testo creativo ……………………………...215 37. UA2 Questionario di comprensione ………………………………………………..220 38. UA3 Questionario di comprensione ………………………………………………..229 39. UA4 Questionario di comprensione ………………………………………………..235 40. Questionario finale …………………………………………………………………...242 4 GRIGLIA PER L’APPROCCIO AI TESTI 5 6 ALLEGATO N. 1. GRIGLIA PER L’APPROCCIO AI TESTI Obiettivi Attività Strumenti Valutazione Fotocopie del racconto Riassunto, Salsicce comprensione Conoscenze: dominio della a. Lettura del racconto “competenza di Igiaba Scego cognitiva ‘Salsicce’ interculturale” (abbreviato). analisi Testi e documenti sulla colonizzazione Approccio b. Brainstorming umanistico: - conoscere letteratura rilevare la le della preconoscenze sugli in argomenti da trattare migrazione nel per conoscere contesto il c. Approfondimento (scheda storico- geografico fornita dall’insegnante) della guidata del testo (orale e/o scritta) italiana d’Africa, - Questionario a proposti dall’insegnante risposte o reperiti dagli alunni. chiuse sugli argomenti aperte e approfonditi. italiano. - Corno e o Scheda sulla “letteratura della migrazione” in italiano - Discussione: fornita capacità di esporre, Somalia e ricerca (individuale o dall’insegnante/materiali argomentare, approfondire la di reperiti dagli alunni. confrontare le proprie storia letteratura della e relazioni sulla della migrazione colonizzazione italiana gruppo) opinioni Scheda in sul quelle altrui. termine ‘cultura’. italiano e sull’autrice. le lessicale con tra passato coloniale d. Approfondimento Dizionari o Opere storiche e Scrittura di testi e migrazioni dal ricerca corno colonizzazione antropologiche italiana in Somalia. riferimento (bibliografia - Riscrittura del testo consigliata) dal punto di vista di un personaggio d’Africa verso l’Italia. sulla - e. Approfondimento Approccio Internet ricerca “seconde seconde generazioni selezionata in Italia. consigliata generazioni” in di o socioculturale: le sulle (sitografia f. A partire Approccio definizioni date antropologico: dizionari, -Conoscere alcuni presentazione significati del principali concetto di secondo dalle concordati da selezionare affidabili) significati del termine “cultura” cultura. 7 a un gruppo socioculturale oppure diverso da quello della criteri con l’insegnante miranti a dei appartenente e scelta liberamente ma Italia. autobiografici/riflessivi. fonti voce narrante. - Conoscere il concetto di tabù alimentare e i significati attribuiti al maiale nella cultura somala e in quella italiana. Lingua: approfondimento lessicale Competenze interculturali “Funzionare” Rispondere nella domande-stimolo target: lingua rendere effettiva oralmente a poste dall’insegnante. la conoscenza e la Discussione lingua acquisita in classe diversi contesti opinioni come appresa e guidata in confronto con delle quelle dei compagni. nella classe. Dare spazio alla Rispondere per iscritto a competenza domande sul testo e sugli socio-culturale e approfondimenti affrontati. alla “subtestualità” Collegare gli approfondimenti teorici e il racconto letto (ad esempio - comprendere il cercando nel testo, testo individualmente o in gruppo, gli elementi della/e cultura/e, -Saper annotandoli e discutendoli organizzare oralmente o per iscritto). un’esposizione scritta e/o orale 8 sugli argomenti affrontati. - Saper leggere selettivamente per individuare informazioni (es. saper trovare nel testo letto alcuni elementi culturali). - Saper argomentare e discutere le scelte effettuate oralmente e per iscritto. Saper essere Consapevolezza A partire dal testo letto, culturale, ovvero scrivere un racconto o testo accettazione di un personale (lettera, pagina di concetto diario) attraverso il quale antropologico di riflettere e analizzare alcune componenti culturali riferibili cultura. al gruppo sociale di Appropriazione appartenenza critica essere in (maggioritario/minoritario, grado di accettare linguistico, religioso etc.) e interpretare la conoscenza e Attività miranti al l’identità di sé, con “decentramento” rispetto per i valori scrittura creativa di un testo conservati da altre dal punto di vista di un culture e individui personaggio appartenente a dalle un differenti. credenze gruppo (es. socioculturale diverso dal proprio). 9 10 SINTESI DEI DATI RACCOLTI 11 12 ALLEGATO N. 2. SINTESI DEI DATI RACCOLTI I.C. TACCHI VENTURI (CLASSE I) I.C. MESTICA (CLASSE II) SCUOLA MEDIA PETRIOLO (CLASSE III) Scuola 1 Scuola 2 Scuola 3 Preindagine Questionari iniziali Questionari iniziali Questionari iniziali Testi creativi preliminari Testi creativi preliminari Testi creativi preliminari UA1, I. Scego, Salsicce 3/05/2012 11/05/2012 02/05/2012 Ricerca su “cultura” Ricerca su “cultura” Ricerca su “cultura” Diario alunni Diario alunni, Diario alunni Note di campo/Diario Note di campo/Diario Note di campo/Diario insegnante-ricercatrice insegnante-ricercatrice insegnante-ricercatrice Note di campo della collega UA2, B. Mone, I miei primi giorni di scuola 13 21/05/2012 25-28/05/2012 26/05/2012 Questionari di comprensione Questionari di comprensione Questionari di comprensione Scheda cultura nascosta e testi Scheda cultura nascosta e testi Scheda cultura nascosta e testi creativi creativi creativi Diario alunni Diario alunni (Diario alunni non assegnato per ritardo nei tempi previsti) Note di campo/Diario Note di campo/Diario insegnante-ricercatrice insegnante-ricercatrice Note di campo/Diario insegnante-ricercatrice UA3, N. Moll, Döner kebab 9/06/2012 Questionari di comprensione comprendenti testo creativo* Note di campo/Diario insegnante-ricercatrice * Molti assenti, molte schede 04/06/2012 06/06/2012 Questionari di comprensione Questionari di comprensione comprendenti testo creativo* comprendenti testo creativo Note di campo/Diario Note di campo/Diario insegnante-ricercatrice insegnante-ricercatrice * 8 alunni lo hanno consegnato. sono state riconsegnate incomplete e i testi creativi raccolti sono solo tre. 14 UA4, L. Wadia, Napoli’s bombs 11/06/2012 8/06/2012 09/06/2012 Questionario comprensione Questionario comprensione Questionario comprensione comprendente riscrittura. comprendente riscrittura. comprendente riscrittura.* Note di campo Note di campo Note di campo insegnante/ricercatrice insegnante/ricercatrice insegnante/ricercatrice Diario alunni *Solo cinque alunni lo hanno riconsegnato. Questionari finali Questionari finali 15 Questionari finali 16 TESTI LETTERARI 17 18 ALLEGATO N. 3 Igiaba Scego, Salsicce Vivir con miedo es como vivir a medias Oggi, mercoledì 14 agosto, ore 9 e 30, mi è accaduto un fatto strambo. Per ragioni mie e ancora poco chiare ho comprato una grande quantità di salsicce. Il fatto strambo non consiste naturalmente nel comprare salsicce. Chiunque può farlo, chiunque può entrare in un qualsiasi negozio di una qualsiasi strada dimenticata da Dio e dire: Ahò me dai 5 chili de salsicce! Ehi, ma le vojo de quelle bbone, quelle che se sciojono en bocca come er miele. Chiunque può formulare un pensiero del genere. Non è strambo nemmeno il fatto che abbia comprato le salsicce oggi, vigilia di Ferragosto. Ormai Roma è la capitale di un paese che si considera parte della rete globale, una città moderna, popolata di gente moderna, quindi aperta, anzi, che dico, SPALANCATA! Allora, vi chiederete, cos'è stato strambo? Cosa ha rotto l'equilibrio della normalità? Naturalmente sono stata io! La stranezza infatti non è nell'oggetto comprato, ma nel soggetto compratore di salsicce: io, me medesima, in persona. Io, una musulmana sunnita. Non so cosa mi è preso, giuro non lo so! In realtà il mio risveglio non è stato brusco, niente scossoni, niente mal di testa violenti, niente pressione sanguigna dai valori bassi subnormali, niente di niente! Era una mattina come le altre, o almeno lo credevo. […] Era la solita mattina con la solita gente. Nessuno era andato in vacanza, nell'era dell'euro è quasi proibitivo. Insomma, la solita minestra! Non ricordo se al risveglio la mia espressione fosse felice o triste, ma sono sicura che la voglia di peccare era l'ultimo dei miei pensieri, anzi non era presente nei sopraccitati pensieri. Allora perché quelle maledette salsicce? Sono andata a comprarle da Rosetta, quella che ha la drogheria dietro l'angolo. Rosetta è una donnona simpatica […] sono andata a comprare ‘stè salsicce da [lei] e le ho mentito spudoratamente. Io odio mentire! Rosetta naturalmente s'è un po' stranita alla mia richiesta di salsicce, di prima mattina poi. Allora mi ha guardato con i suoi occhietti furbi, abbozzando uno di quei sorrisi per cui è famosa nel circondario, e poi ha detto con una voce melliflua melliflua, così sapor melassa da poterci nuotare dentro: «Ma che cara, ti sei convertita? Non era peccato per te mangiare salsicce?». Mi sono un po' irrigidita, sarà stato sicuramente per via della parola «peccato», credo. Rammentare la gravità del mio atto non mi rendeva il compito facile, anzi! Quindi, dopo essermi irrigidita (ma non molto), le ho mentito dicendo: «Sono per la vicina, cara Rosetta». Mi ha fatto un bel pacco la Rosetta, [Così,] io e il mio bel pacco siamo tornati trotterellando a casa. Ora sto chiusa in cucina con il mio pacco pieno di salsicce impure e non so che fare! Perché (…) le ho comprate? E mo’ che ci faccio? Un'idea sarebbe cucinarle, ma chi la sente la mamma, dopo? Mi ricordo che quando ero piccola mamma aveva comprato per sbaglio dei sottaceti con il wurstel di suino dentro. Il bello era che la mia mamma non sapeva che ci fosse l'immondo maiale dentro e ci 19 condì l'insalata di riso. Risultato: qualcuno si accorse del truffaldino wurstel e noi abbiamo dovuto vomitare il riso fino all'ultimo chicco. […] Ma si cucinano in padella le salsicce? Si friggono? O forse si lessano? E se usassi il forno? Ma poi me le magno davvero, tutte intere? O sul più bello mi manca il coraggio e le butto? Guardo l’impudico pacco e mi chiedo: ma ne vale veramente la pena? Se mi ingoio queste salsicce una per una, la gente lo capirà che sono italiana come loro? Identica a loro? O sarà stata una bravata inutile? La mia ansia è cominciata con la legge Bossi-Fini: A tutti gli extracomunitari che vorranno rinnovare il soggiorno saranno prese preventivamente le impronte digitali. Ed io che ruolo avevo? Sarei stata un'extracomunitaria, quindi una potenziale criminale, a cui lo Stato avrebbe preso le impronte per prevenire un delitto che si supponeva prima o poi avrei commesso? O un'italiana riverita e coccolata a cui lo Stato lasciava il beneficio del dubbio, anche se risultava essere una pluripregiudicata recidiva? Italia o Somalia? Dubbio. Impronte o non impronte? Dubbio atroce. Il mio bel passaporto era bordeaux e sottolineava a tutti gli effetti la mia nazionalità italiana. Ma quel passaporto era veritiero? Ero davvero un'italiana nell'intimo? O piuttosto dovevo fare la fila e dare come tanti le mie impronte? Questa storia delle impronte mi sembrava tutto mi errore, lo scarabocchio senza senso di un bambino infuriato. Perché umiliare così la gente? E perché creare scompensi in altra gente non sicura della propria identità? […] A otto anni ogni bambino è vessato da una caterva infinita di domande idiote, del tipo «ami più la mamma o più il papà?». Naturalmente il bambino, che è un essere intelligente (ahimè, diventerà idiota crescendo), fa una faccia stralunata e non risponde. Sa che ogni risposta che darà potrà essere usata contro di lui nel tribunale familiare, e poi non vuol dare un dolore ai due esseri viventi che ama più di tutti e tutto su questa terra. Quindi il bambino si cuce le labbra e fa finta di non aver capito. Lo stesso capitava a me all'età di otto anni! La domanda troglodita che mi facevano era: «Ami più la Somalia o I'Italia?». Gettonata era anche la variazione sul tema: «Ti senti più italiana o più somala?». Insomma […] la domanda, in qualunque modo fosse posta, risultava (e ahimè risulta ancora) improponibile. Per fortuna da bambino puoi soprassedere, fare il finto tonto […], il capriccioso, il superiore. Da bambino è sempre più facile trovare una via d'uscita, ma più si cresce più diventa difficile svicolare. E questa impresa diventa impossibile quando si è seduti al banco degli imputati di un concorso pubblico. [Infatti, durante l’esame (che stava andando bene), una donna che era nella commissione se ne uscì con quella domanda] Più somala? Più italiana? Forse 3/4 somala e 1/4 italiana? O forse è vero tutto il contrario? Non so rispondere! Non mi sono mai «frazionata» prima d'ora, e poi a scuola ho sempre odiato le frazioni, erano antipatiche e inconcludenti (almeno per la sottoscritta). Naturalmente ho mentito. Non mi piace, ma ci sono stata costretta. L'ho guardata fissa in quegli occhi da 20 rospo che si ritrovava e le ho detto «italiana». Poi, anche se sono del colore della notte, sono arrossita come un peperone. Mi sarei sentita un'idiota anche se avessi detto somala. Non sono un cento per cento, non Io sono mai stata e non credo che riuscirò a diventarlo ora. Credo di essere una donna senza identità. O meglio con più identità. Chissà come saranno belle le mie impronte digitali! Impronte anonime, senza identità, neutre come la plastica. Vediamo un po'. Mi sento somala quando: 1) bevo il tè con cardamomo, i chiodi di garofano e la cannella; 2) 1 recito le 5 preghiere quotidiane verso la Mecca; 3) mi metto il dirah ; 4) profumo la casa con l'incenso o 2 l'unsi ; 5) vado ai matrimoni in cui gli uomini si siedono da una parte ad annoiarsi e le donne dall'altra a ballare, divertirsi, mangiare... insomma a godersi la vita; 6) mangio la banana insieme al riso, nello stesso 3 piatto, intendo; 7) cuciniamo tutta quella carne con il riso o l'angeelo ; 8) ci vengono a trovare i parenti dal Canada, dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, dall'Olanda, dalla Svezia, dalla Germania, dagli Emirati Arabi e da una lunga lista di stati che per motivi di spazio non posso citare in questa sede, tutti parenti sradicati come noi dalla madrepatria; 9) parlo in somalo e mi inserisco con toni acutissimi in una conversazione concitata; 10) guardo il mio naso allo specchio e Io trovo perfetto; 11) soffro per amore; 12) piango la mia terra straziata dalla guerra civile; 13) faccio altre 100 cose, e chi se le ricorda tutte! Mi sento italiana quando: 1) faccio una colazione dolce; 2) vado a visitare mostre, musei e monumenti; 3) parlo di uomini e depressioni con le amiche; 4) vedo i film di Alberto Sordi, Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Monica Vitti, Totò, Anna Magnani, Giancarlo Giannini, Ugo Tognazzi, Roberto Benigni, Massimo Troisi; 5) mangio un gelato da 1,80 euro con stracciatella, pistacchio e cocco senza panna; 6) mi ricordo a memoria tutte le parole del 5 maggio di Alessandro Manzoni; 7) sento per radio o tv la voce di Gianni Morandi; 8) mi commuovo quando guardo negli occhi l'uomo che amo, lo sento parlare nel suo allegro accento meridionale e so che non ci sarà un futuro per noi; 9) inveisco come una iena per i motivi più disparati contro primo ministro, sindaco, assessore, presidente di turno; 10) gesticolo; 11) piango per i partigiani, troppo spesso dimenticati; 12) canticchio Un anno d'amore di Mina sotto la doccia; 13) faccio altre 100 cose, e chi se le ricorda tutte! Un bel problema l'identità, e se l'abolissimo? E le impronte? Da abolire anche quelle! lo mi sento tutto, ma a volte non mi sento niente. Per esempio sono niente sull'autobus quando sento la frase «questi stranieri sono la rovina dell'Italia» e mi sento gli occhi della gente appiccicati addosso tipo big bubble. […] Cosa sono io? (…) ho deciso! Le lesso queste (…) salsicce! Chissà se influiranno sulle impronte. Forse mangiando una salsiccia passerei da impronte neutre a vere impronte digitali made in Italy, ma è questo che voglio? L'acqua bolle, le butto dentro e guardo il loro colore cambiare. Erano rosse e ora sono di un rosa pallido, ammazza però quanto puzzano! Non so se riuscirò a ingoiarle, già mi manca il coraggio. […] Le salsicce hanno un aspetto terribile, ma come fanno a mangiare questa robaccia? Inoltre non sono tanto 1 Abito femminile somalo. Miscela di incenso e altri profumi. 3 Focaccia. 2 21 sicura di aver azzeccato la preparazione. Mi sta venendo un dubbio atroce. E se non si cucinassero? Forse vengono mangiate crude, come il caviale. Ma ormai le ho lessate e così le ingoierò. Le metto, senza guardarle, nel piatto blu. La bellezza del piatto ha messo in luce la bruttezza di queste salsicce lessate male. Mi siedo, mi rialzo per prendere un bicchiere d'acqua, mi risiedo. Le gambe non smettono di ciondolare e il polso di tremare. Infilzo con la forchetta la salsiccia più piccola, l'avvicino al naso. AGHHHH, puzza! Chiudo gli occhi e avvicino l'immondità alla bocca. Comincio a sentire un sapore acido come vomito. Allora è questo il gusto della salsiccia, vomito? Poi qualcosa mi bagna il petto ed è allora che apro gli occhi. Con stupore noto di aver vomitato la colazione della mattina, una tazza di cereali con latte freddo e una mela. E la salsiccia? Dov’è la salsiccia? E’ ancora infilzata tutta intera sulla forchetta. Non ho fatto in tempo a metterla in bocca, il vomito l’ha preceduta. Questo è un segno! Non devo mangiare questa salsiccia. Per la prima volta la mia testa comincia ad elaborare pensieri coscienti. «E se fosse tutto un errore?», è stato il risultato di secondi frenetici di lavorio incessante. Cero se mangio questa pseudo-salsiccia coperta da squame di vomito color canarino sarò forse italiana. Ma la Somalia? Che ci faccio con la Somalia [?...] E le mie impronte, cosa farei con le mie impronte? Ho bisogno di una pausa. Appoggio la forchetta e il povero resto infilzato in un angolo, respiro profondamente e stiracchio le gambe. Abbranco il giornale che è buttato tristemente sul tavolo vicino al vomito (non ho avuto il coraggio di pulire, per un attimo voglio isolarmi) e lo sfoglio pigramente. Niente d’interessante, le solite quattro frescacce di sempre, il solito schifo di sempre. […] Allora che devo fare? Devo mangiarmi la salsiccia con il vomito per dimostrare di non avere la coda di paglia? Per dimostrare che sono anch’io una sorella d’Italia con tutti i crismi? Di avere impronte made in Italy a denominazione di origine controllata? Accendo la tele. Voglio dimenticarmi le salsicce. Non ho ancora deciso cosa ne farò. Non ho ancora deciso se le mangerò. Non so cosa fare, ma sono tentata dal «peccato». Ne varrà la pena? Faccio un po’ di zapping. […] La mia attenzione è calamitata dalla scena di un film che conosco bene: Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa? di Ettore Scola. È un bel film e insegna molte cose sugli italiani. La trama è avvincente: Alberto Sordi e il suo ragioniere si mettono alla ricerca del cognato del Sordi per mezza Africa. Alla fine lo ritrovano dopo essere passati per avventure di tutti i tipi. Il cognato, un 4 Manfredi con treccioline finte rasta (molto trendy) è diventato un santone, una sorta di pae de santo di una tribù primitiva. Manfredi, anche se riluttante, decide (per motivi suoi) di abbandonare la sua tribù e seguire il borghese Sordi a Roma. Ed è in quel momento del film che arrivo io con il mio zapping. Manfredi si commuove quando sente il richiamo violento della sua tribù: «Titì nun ce lascià», gridano; e lui non resiste! Mi commuovo anch’io quando lo vedo salire sul predellino della nave e tuffarsi per tornare a nuoto da quella che è ormai la sua gente. Ma mi commuovo ancora di più quando vedo la faccia di un 4 Santone della macumba. 22 Sordi disfatto da un sentimento strano condito di amarezza, stupore e invidia. Accenna a gettarsi dietro al cognato, ma il ragioniere giustamente lo ferma, lo richiama nei ranghi. Lui, Sordi, non ha scelta, non è libero come il cognato, lui è condannato a essere sempre un borghese che deve ritornare nel recinto di una vita alienante. Non ha scelta. Questa scena mi distrugge, mi metto a piangere. Guardando quei due uomini mi rendo conto che io ho ancora una scelta, ho ancora me stessa. Posso ancora tuffarmi in mare come Manfredi-Titì. Guardo le salsicce e le getto nell’immondezzaio. Ma come ho potuto solo pensare di mangiarle? Perché voglio negare me stessa, solo per far contenta [la commissaria di un concorso?] O far contenti i sadici che hanno introdotto l’umiliazione delle impronte? Sarei più italiana con una salsiccia nello stomaco? E sarei meno somala? O tutto il contrario? No, sarei la stessa, lo stesso mix. E se questo dà fastidio, d’ora in poi [non me ne importerà nulla!] 23 ALLEGATO N. 4 Besa Mone,5 I miei primi giorni di scuola Ho frequentato il primo anno della scuola elementare in Albania, poi mamma e papà hanno insistito che tornassi con loro in Italia. Alla fine ho accettato. Meno male che mio fratello mi aveva insegnato a leggere in italiano, perché altrimenti la direttrice mi avrebbe costretto a ripetere la prima elementare. Mia madre, invece, ha insistito che mi mettessero nella seconda classe perché io non avevo insufficienze scolastiche; avevo studiato le stesse materie nella scuola albanese e avevo valutazioni ottime. Mettermi in prima sarebbe stato come bocciarmi. Una vergogna per me! Non dimenticherò mai il mio primo giorno di scuola in Italia. Neanche mia madre lo farà. Nella nuova classe non conoscevo nessuno, mi vergognavo a parlare in italiano perché sbagliavo. Poi avevo ancora vivo il ricordo delle mie compagne di classe in Albania. Ho chiesto alla mamma di stare con me in aula per tutta la giornata, ma la maestra non ha voluto perché secondo lei, facendo cosi, sarebbe stato più difficile per me abituarmi a stare in classe da sola. Ma io avevo così bisogno di lei! La volevo vicino a me. Era come se, con la sua presenza, mi proteggesse. Proteggermi da chi? Non lo so. Non avevo niente di mio, neanche la bambola. E vero che avevo lo zaino, la penna, le matite, ma queste non mi erano ancora cosi care come la mamma o la mia bambola. Oggi, vorrei capire il motivo per cui, solo io, sentivo l'esigenza di avere vicino la mia mamma. Un motivo poteva essere che tutti gli altri si conoscevano fra loro, mentre io non conoscevo nessuno. Quel giorno la maestra ci salutò con un: «Buongiorno a tutti»; se ci avesse detto: «Benvenuti», già sarebbe stato diverso. La cosa che avrei preferito, però, sarebbe stata sentirla dire «Mirseerdhe!», come la mia maestra albanese. Quanto mi sarebbe piaciuto ascoltare la mia lingua quel giorno! Sarebbe bastata una sola parola per far allentare la tensione che provavo. Sembrava che mi mancasse il respiro. La mamma, per farmi vedere che stava sempre lì e non mi aveva "abbandonata", girellava davanti alla porta della classe che era aperta. La campanella dell'ultima ora è stata una liberazione. Sono corsa dalla mamma, l'ho abbracciata e non mi staccavo più da lei. L'indomani non c'era bisogno che la mamma si facesse vedere dietro l'uscio; bastava che si affacciasse ogni tanto, quando suonava l'ora. Così ero tranquilla perché ero sicura che lei fosse lì e io non ero sola. La seconda maestra che ho conosciuto era molto simpatica. Quel giorno indossava pantaloni marroni e una t-shirt arancione. Cominciò a insegnarmi le lettere dell'alfabeto come se fossi ancora in prima elementare. Io provavo imbarazzo a dirle che le lettere le conoscevo tutte. Mi ha insegnato la prima lettera dell'alfabeto italiano: la lettera A. Questa è una lettera che mi è molto cara perché anche il mio nome comincia con la A. Ricordo che nella mia "ABETARE" nella pagina della lettera A c'era una bimba con la bocca aperta. Il medico le stava visitando le tonsille e lei doveva pronunciare la vocale A. Nel libro della scuola italiana invece, per la lettera A, dovevo leggere la parola aiuola. Era difficile per me pronunciare insieme tante vocali senza neanche una consonante tra loro. Poi la lettera B. Non era 5 Besa Mone è nata a Durazzo e si è laureata in Albania in matematica e fisica. Nel 1997 si è trasferita in Italia, dove si è specializzata nella mediazione linguistico-culturale. Ha pubblicato un "Manuale matematico bilingue" e suoi racconti sono comparsi nelle antologie delle prime cinque edizioni del concorso Lingua Madre (dal 2006 al 2010). 24 difficile perché anche in albanese si legge nello stesso modo. La lettera C era quella che mi era più simpatica di tutte. Su di essa, mio fratello aveva scritto una sua piccola riflessione… ALFABETO DEI POPOLI Sono tante le diversità che uno straniero trova, quando arriva in Italia. Ci sono delle diversità che pian piano svaniscono, e altre che emergono e alle quali ognuno vorrebbe dare una sua spiegazione, una interpretazione. A scuola, in Albania, avevo imparato a leggere e a scrivere. Non pensavo che si potesse scrivere "c" e leggere "k". Nella mia lingua si legge così come si scrive perché ogni lettera (e ce ne sono ben 36 di lettere) mantiene la propria pronuncia indipendentemente dalle lettere che la seguono. Imparando l'italiano invece, notavo che questo non accadeva. La lettera "c" assume una pronuncia diversa a seconda della vocale o consonante che la segue. Succede lo stesso con la "g"e con la "s". Io naturalmente mi chiedevo come mai gli italiani non avessero risolto il problema come abbiamo fatto noi. Bastava mettere una virgoletta sotto la "c": ç e la sua pronuncia sarebbe stata come in "ci" e in "ce" anche nel caso in cui la c fosse seguita dalle altre vocali, senza l'aiuto della "i". Crescendo iniziai a capire che non era un problema "da risolvere", ma che si trattava di una scelta culturale ben ragionata e meditata da un popolo che aveva una storia diversa da quella del mio. Mia madre mi raccontava delle storie sul nostro eroe nazionale, Skenderbeu, e tante storie sulla resistenza del popolo albanese contro l'invasione ottomana durata cinque secoli. Conosceva la storia dell'Italia (studiata a scuola), ma, forse stanca delle storie di guerra e di resistenza, per quanto riguarda l'Italia, mi parlava delle opere liriche di Donizzetti, Puccini, Bellini, Verdi, ecc. Sentivo come un dispiacere per le possibilità negate al mio popolo. Mi sembrava che, essendo stati costretti a tenere sempre in mano la spada e il fucile, quei miei antenati avessero dimenticato di sorridere. Mi sembrava che anche la pronuncia della "rr" albanese e della "r" forte italiana, fosse diversa proprio per questo motivo. Ma non solo; riprendendo il discorso sulla "c" albanese: questa lettera mantiene sempre la stessa pronuncia, non cambia "atteggiamento", quando le stanno vicino altre lettere. Rispetta tutte ugualmente e non concede privilegi a nessuno. E come se non volesse scendere a compromessi, per paura di perdere la propria indipendenza. Scrivere in albanese è stato possibile solo a partire dal XIX secolo, in quanto, tale pratica, era stata proibita dai turchi. Di conseguenza «scrivere rappresentava la 6 libertà e l'emancipazione» . E quando riesci a conquistare la libertà, bisogna proteggerla e tenersela stretta. Riuscivo a spiegare così la pronuncia invariabile delle lettere dell'alfabeto albanese. Diversa invece è la pronuncia della "c" nella lingua italiana che cambia a seconda della lettera che la segue. Faticosamente cercavo di dare una spiegazione anche a questo differente modo di pronunciare. Con la sua gentilezza questa lettera permette alle altre di starle vicino senza imbarazzo, cerca di andar loro incontro. La sua disponibilità a essere pronunciata con la punta della lingua quando è seguita dalla "i" o dalla "e", e con la parte centrale della lingua quando è seguita da "a", "o" o "u", non è rivolta solo alle vocali (2+3), ma anche alle consonanti. Mi pareva che la "c" italiana rispecchiasse la disponibilità del popolo italiano ad aprirsi e a saper accettare altre culture, a non chiudersi di fronte alle diversità. Questa lettera mi è diventata 6 Ismail Kadare. 25 "simpatica" per la sua dolcezza. Somiglia ad una signora che sa come mettere a proprio agio chi le sta vicino. Somiglia a mia madre. Lei è capace di costruire un discorso con ogni persona, di ogni età. Ma cosa sto dicendo? Mia madre non è italiana, è albanese. In ogni modo questo fatto della somiglianza è vero. Ma sì che è vero! La madre albanese non può essere diversa dalla madre italiana, per il semplice fatto che è una mamma. E come per le lettere dei nostri alfabeti: sono ambedue latine. Poi si sono dovute adattare alle diverse situazioni che la storia ha messo loro di fronte. I patrioti albanesi scelsero le lettere latine per codificare la lingua albanese, ispirandosi proprio alla cultura di quei popoli. «O luce divina che sorge dove il sole tramonta». Così scrive Naim Frasheri, poeta albanese del XIX secolo riferendosi alla cultura, dell'occidente. All'inizio mi sembrava di trovarmi in mezzo alle diversità. Riflettendo, sono arrivato a concludere che tutti abbiamo un punto in comune: la cultura umana. Un giorno è arrivata una signora nuova che non avevamo mai visto prima. Quando è entrata ci ha salutato tutti, girando lo sguardo per la classe come se cercasse qualcosa. Si è rivolta alla maestra e ha chiesto: «Chi è la bambina albanese?». Io non me la sentivo di farmi avanti. Non so spiegare il perché, ma, oggi, sono sicura che se lei fosse stata presente il mio primo giorno di scuola, mi sarei sentita accolta meglio e mia madre non avrebbe dovuto fare la "guardia" davanti alla porta della classe. La maestra ci ha presentato la signora dicendo che era una mediatrice linguistico culturale. La signora ha cominciato a parlarci dell'Albania e, spesso, mentre raccontava, mi chiedeva di confermare le sue parole. Io ero contenta perché sapevo rispondere alle domande che riguardavano il mio Paese. Poi la mediatrice ha fatto vedere alla classe alcune foto della mia città. Erano delle belle foto. Non avevo mai notato, prima, quanto la mia città fosse bella. Non riuscivo a stare ferma. Sentivo le amiche dire incredule: «E vero che l'Albania è così bella?». Mi sentivo al settimo cielo. Quando poi, la mediatrice, ci ha mostrato le foto della mia scuola, ho davvero toccato il cielo con un dito; si era informata sulla mia scuola di provenienza. Lei aveva saputo prima da che scuola venivo io. I compagni di classe mi facevano tante domande. Rispondevo con molta sicurezza. Sentivo una grande gioia a parlare della mia classe, della mia scuola in Albania. Nei volti dei compagni notavo la curiosità. All'improvviso mi sono ricordata che alcuni vetri delle finestre dell'aula erano rotti, ma adesso nella foto erano a posto. Con il passare degli anni, il vecchio edificio era stato aggiustato, ricostruito e ridipinto. Parlando della mia scuola mi sembrava quasi di riuscire a far rivivere le voci dei miei amici lontani, le loro gioie, le loro tristezze. «È questa la scuola dove hai frequentato la prima classe?». Ho sentito la voce della maestra che me lo chiedeva. Solo in quel momento mi sono resa conto che correvo da un angolo all'altro della classe, che ero diventata io la protagonista del momento. Che gioia! La volta successiva la mediatrice ci ha proposto un gioco. Noi avevamo imparato le tabelline della moltiplicazione e il gioco consisteva proprio in questo. Eravamo 15 bambini in classe: quattordici italiani e io albanese. La mediatrice ci ha chiesto di contare da 1 fino a 74 e ogni volta che arrivava un numero multiplo di tre o un numero che finiva con tre, invece di nominare quel numero, dovevamo dire la parola "libertà", ciascuno nella propria lingua. La maestra ogni volta scriveva alla lavagna in una colonna la parola "libertà" e in un'altra la parola "lirì". Il gioco diventava interessante non solo per i multipli, ma anche perché io dovevo dire la parola "libertà" in albanese: "lirì". Così quello che ne 26 risultava era: uno, due, libertà, quattro, cinque, libertà, sette, otto, libertà, dieci, undici, libertà, libertà, quattordici, lirì ecc... Si capisce che il gioco si faceva tanto più difficile quanto più i numeri aumentavano. La mediatrice ha fermato il gioco quando siamo arrivati al numero 74 e ci ha chiesto quante volte era stata detta la parola "libertà" e quante la parola "lirì". La risposta era: 25 volte la parola "libertà" e 4 volte la parola "lirì". Lei ci ha domandato se questa data, 25 aprile, ci ricordasse qualcosa. Tutti abbiamo risposto: «La festa della Liberazione». Dopo ci ha chiesto di trovare la somma dei due numeri che la componevano: 25+4 e poi la somma delle cifre che formavano il risultato: 2+9. I numeri ottenuti erano 29 e 11. La mediatrice mi ha chiesto se questa data, 29 novembre, mi ricordava una festa albanese e io ho risposto immediatamente: «La festa della Libertà dell'Albania contro il nazifascismo». Adesso appare chiara l'importanza del gioco; non è servito solo per imparare bene i multipli del tre. Attraverso il gioco tutti siamo diventati protagonisti; i miei compagni hanno imparato la parola albanese: "lirì" e, insieme, abbiamo appreso le date di due feste importanti per l'Italia e per l'Albania. Posso affermare che è stato proprio un bell'inizio per l'integrazione. 27 ALLEGATO N. 5 Nora Moll,7 Döner Kebab - Scommetto che ci offrirà solo Kaffee. Il caffè e basta, nient'altro. Sono queste le prospettive sulla nostra accoglienza a Berlino, dove stiamo andando in quattro: io, la mia fidanzata Inge e i suoi genitori. Loro davanti nella Golf nuova, e noi dietro come i loro piccoli figlioli, con tanto di cintura di sicurezza, naturalmente. Eppure, da quel po' che durante i giorni scorsi passati insieme ho appreso sulle abitudini culinarie dei tedeschi, il Kaffee di solito è accompagnato dal Kuchen, i deliziosi dolci da forno, purtroppo mai assaggiati. - No, vedrai che per i berlinesi queste usanze sono troppo borghesi. Borghesi... Guardo fuori dal finestrino dove il paesaggio mi sorprende per la sua pacifica monotonia: ai campi tagliati con maestria geometrica seguono i paesini, ai paesini le foreste, alle foreste i campi. Sto cercando dì riposarmi dopo aver trascorso insieme ad Inge tre giorni a casa dei suoi, in una cittadina della Baviera, rinchiusi in una casetta a schiera dove ogni piccolo oggetto raccontava la vita e i gusti dei piccoli borghesi. Normalmente viviamo a Pescara, in un monolocale vicino al mare, e siamo una coppia abbastanza felice. Soprattutto, dopo tre anni di convivenza, Inge mi sembra sempre meno tedesca, se non fosse per quel suo accento irriducibile, e comunque c'è una grande intesa tra di noi, che ci permette di ridere spesso sulle rispettive abitudini e manie. Mi giro verso dì lei per chiacchierare un po', ma vedo che ha nuovamente nascosta la sua testolina bionda dietro quell'enorme giornale che la sta accompagnando da quando abbiamo messo piede nella sua (più o meno) amata patria. Sono larghissimi i quotidiani, qui, ed anche pesanti. Munita di una simile arma, Inge è inavvicinabile per almeno tre ore, durante le quali, quando è a casa, beve quantità industriali di caffè lungo, interrompendo la lettura solo per andarsi a prendere uno yogurt in frigo. Sono stati giorni sofferti, e francamente non vedo l'ora di conoscere la sorella di Inge e, soprattutto, Berlino. Anche se, per quanto riguarda quell'aspetto, le mie speranze si stanno ridimensionando sempre di più man mano che ci avviciniamo alla capitale germanica, su un'autostrada che di tanto in tanto ci fa saltare in aria nonostante gli ottimi ammortizzatori della Golf. Dalle poche spiegazioni che ricevo dalla mia bella bionda, che durante questi giorni ha sempre meno voglia di parlare italiano, l'autostrada sulla quale viaggiamo è la vecchia strada di transito che attraversava la Germania dell'Est prima della riunificazione. Le tante buche derivano dal fatto che per decenni il manto stradale era rimasto tale quale come l'aveva fatto costruire Hitler, a lastre larghe. Ma dove sono capitato... Comunque, a parte questi nomi che, ascoltati con la loro giusta pronuncia, mi fanno sentire leggermente a disagio, la mia vera sofferenza deriva da altro. Da una cosa che a pensarci bene non dovrebbe neanche esistere più in un paese civile, industrializzato, benestante e ordinatissimo come la Germania, ma che soprattutto non dovrebbe riguardare proprio me, ragazzo del Sud che si è fatto trascinare fin qui in buona fede e impegnandosi in tutto a fare bella figura con la sua nuova famiglia. 7 Nora Moll è una studiosa tedesca. Si è laureata in Lettere a Roma e lavora come ricercatrice. Si è occupata tra l’altro di letteratura della migrazione e ha scritto alcune opere narrative pubblicate nella rivista online Kumà. Creolizzare l’Europa. 28 Il mio disagio, vi assicuro, non ha nulla a che vedere con motivi politici, culturali o pregiudizi vari sul popolo che mi sta ospitando, e riesco a sopportare persino questa ridicola cintura di sicurezza che a casa, nella mia Tipo, non mi metto nemmeno quando guido. Si tratta di una cosa assai più elementare, diciamo materiale e anche un po' bestiale: ho fame! È una fame lenta, cresciuta durante questi ultimi tre giorni, ma terribilmente presente, sempre là, nelle viscere. Perlamadosca, sono in Germania e ho fame. La cosa sembrerà strana, in effetti lo è anche per me, e sicuramente la colpa è prima di tutto di questa maledetta lingua che ancora non riesco a masticare come si deve, e che non serve per comunicare la cosa giusta nel momento appropriato. Il mio tedesco non basta nemmeno per capire un granché, assomiglia ad uno scolapasta dai buchi smisurati: qualcosa rimane dentro, ma il succo scorre via e viene inghiottito dallo scarico del lavandino. La pasta... meglio non pensarci, alle sagne e fasciule che mi prepara la mamma quando vado in paese, ai polli alla brace e ai peperoni arrosto, conditi con un sacco di sale e olio. È vero che Inge spesso si impegna a fare da traduttrice, ma come faccio a spiegare ad una ragazza che pesa 55 chili e si nutre prevalentemente di yogurt, che la mia non è affatto nostalgia dell'Italia, della pasta e di tutte le cose buone che si trovano dalle nostre parti, ma una cosa ben più terribile. È dura la realtà, qui, dura come i panini integrali che si mangiano a colazione, cosparsi di una quantità di semi di girasole e di zucca, papavero, fiocchi d'avena e di altre robette di cui non conosco il nome nemmeno in italiano ma che assomigliano in tutto al mangime che mio padre dà ai maiali. Con questa specie di pane, annaffiato da varie tazze di Kaffee, inizia la giornata tipo nella mia nuova famiglia. E se fossi più furbo, o se il mio masticatoio funzionasse meglio, dovrei approfittare proprio di quel momento: perché sui panini-semini si possono spalmare straordinarie quantità di burro, marmellata, miele, e qualche volta anche delle salsicce morbide. Peccato che la mattina, per quanto mi possa sforzare, queste cose non le digerisco, abituato come sono al semplice e meraviglioso caffè che esce dalla mia napoletana. Caffè e basta. Allora, direte, perché non ti sfami durante il pranzo, sono famosi i tedeschi per lo stinco di maiale, i würstel e altre cose saporite e nutrienti. Sì, avete ragione, ma solo in teoria. In pratica, mi è capitata la triste sorte di essere ospitato in una famiglia salutista e biodinamica. Quindi, niente stinco di maiale, würstel e nemmeno il Leberkaas bavarese, solo cibi leggeri che fanno bene e che godono di una coltivazione biologica: la carotina grattugiata per antipasto, lo sformatino di verdure per secondo e la patatina per contorno. Per dolce, niente, se non l'incoraggiamento di uno yogurt. Se almeno le quantità fossero adeguate e soddisfacenti. Ma speranze simili vengono vanificate puntualmente dalla voce di Mutti, indaffarata in cucina, che ci chiede: - Quante patate metto a lessare, una a testa? - Purtroppo, ecco riemergere il problema linguistico che ogni volta frena il mio «no, almeno quattro», sovrapposto istantaneamente dal «ja!» corale della famiglia. Una giornata così inizia male e finisce peggio. Dopo aver celebrato il pranzo, infatti, la cucina viene riordinata e lustrata con grande impegno e unitamente alla cuoca (anch'io mi sono ritrovato ad asciugare i piatti), dopodiché i fornelli tacciono fino al giorno seguente. Non che non si mangi niente a cena, ma potete ben immaginare come e quanto, se la stessa Mutti ogni sera annuncia di non avere un gran appetito, per cui si sarebbe limitata a preparare «qualche boccone». Di pane affettato sottile, pezzettini di formaggio e prosciutto accuratamente arrotolato. E basta. Ora, credetemi che ho cercato seriamente di trarre il lato positivo da questa dieta alla tedesca: tutto sommato, perdere qualche chiletto non fa male a nessuno, anche se mi considero un ragazzo fatto bene e per niente grasso. Ma 29 la cosa non è così semplice. Infatti, tra un pasto e l'altro non mi è concesso di riposare per impedire la dispersione inutile e dannosa di calorie. Sono invece costretto ad assecondare il dinamismo maniacale di questa brava gente, e quindi: corsetta prima della colazione, passeggiata per digerire il pranzo fastoso e, di sera dopo cena (non ci crederà nessuno), nuoto nella piscina comunale appositamente aperta per i membri seniores del club nautico locale. Inutili i tentativi per evadere da quello che sembra un addestramento dei marines. Per Inge, infatti, è questo il modo di sentirsi finalmente unita alla famiglia e alla patria, e l'unico modo per stare veramente bene. Facendomi capire che, in Italia, senza quel muoversi coatto, lei in verità sta male. Per i suoi genitori, invece, la questione è più sottile e va ben oltre il piacere di farmi partecipare alle loro attività quotidiane, perché sono sicuro che il loro obiettivo principale è quello di mettermi alla prova, come dire: di che pasta sarà fatto questo italiano? La conferma di questo sospetto l'ho avuta ieri, quando, uscendo a fare una passeggiata, è scoppiato un temporale e non mi è stato nemmeno concesso di portare un ombrello, mentre il commento alla mia assurda ansia di protezione è stato alquanto secco: - Non sarai mica fatto di zucchero? Mentre i miei pensieri scivolano nuovamente verso pasta e fagioli all'abruzzese, pesce fritto e bignè alla crema, mi accorgo di un improvviso cambiamento del paesaggio: stiamo entrando a Berlino, su un largo viale alberato che ci porta dritto nel cuore della città. Dappertutto ci sono piste ciclabili sulle quali sfrecciano ragazzi che sembrano studenti, i marciapiedi sono pieni di gente alle prese con gelati, würstel e altre cose che non riesco a distinguere bene. Il nostro arrivo glorioso e rassicurante mi mette di buon umore, e sono contento di passare, fra breve, sotto la porta di Brandenburgo, l'unico monumento berlinese che già conoscevo dalle foto. Ma poco prima di arrivarci, voltiamo a destra per prendere una scorciatoia architettata con astuzia dal padre di Inge, e fiancheggiamo una grande piazza ricoperta di... Guardo meglio, perché non credo ai miei occhi, ma la piazza è ricoperta di grandi lastre di pietra rettangolari variamente disposte e in tutto somiglianti a lapidi, una sorta di labirinto spigoloso e di colore grigio carbone. Mi spiegano che questa piazza è un monumento per ricordare l'olocausto e che sono fortunato per averla vista già oggi, perché esiste da poco e andava visitata assolutamente. Penso che, in effetti, i tedeschi ne hanno di colpe da espiare, ma punirsi in quella maniera... E come se non bastasse, la mia famiglia decide di andare domani per prima cosa a visitare le carceri della Stasi, i servizi segreti della ex Germania dell'Est, finalmente aperte al pubblico curioso e desideroso di informazioni capillari. Sono proprio intenzionati a farmi conoscere la Berlino dei tempi d'oro, senza chiedere nulla a me, naturalmente. Dopo aver circumnavigato sapientemente l'Alexanderplatz, e poco prima di arrivare alla porta di Francoforte, eccoci qua arrivati alla casa che la sorella di Inge condivide con altri studenti, fuggiti come lei da ogni parte della Germania. Gaby è raggiante, tanto da poter sorvolare sul suo abbigliamento decisamente noir, e ci mostra tutte le stanze dell'appartamento: improvvisazioni libere sul tema di Ikea, con strati immensi di polvere sopra e calzini abbandonati ovunque. Comincio a sentirmi un po' a casa, e trovo simpatici anche i suoi coinquilini che sanno persino qualche parola in italiano e iniziano a prodigarsi per noi. Infatti, spingendo al massimo il suo senso di ospitalità, uno di loro prende in mano una grande caffettiera napoletana e prepara il caffè borbottando qualcosa sulla schifosità del tradizionale Kaffee, tanto insipido quanto borghese. Mentre quel caro ragazzo mi chiede 30 se gradisco anche un po' di leche schiumato in aggiunta, mi giro intorno cercando di scoprire qualcosa di commestibile; niente, niente di niente. All'improvviso, e come in un'illuminazione, ricordo mio padre, sopravvissuto a tre anni di lavori pesanti in Australia, e, mentre cerco di controllare la vertigine da cui vengo assalito, mi precipito fuori mormorando delle scuse di cui nessuno prende nota. L'aria fresca mi fa sentire meglio, e, giocando con le monete che ho in tasca, mi guardo un po' intorno. In effetti, non sembra di stare in una città tedesca, per strada c'è tanta gente dai tratti asiatici e ancora di più dai capelli neri e dalla carnagione olivastra, potrebbero essere calabresi ma parlano un'altra lingua, forse turco. Osservando attentamente i negozi in cerca di quella cosa, mi avvicino ad un gruppo di persone con dei grandi panini in mano, da cui sporge ogni ben di dio. Ansioso e, confesso, con il cuore in gola, mi metto in fila per attendere davanti a quella che mi sembra una panineria... magari all'italiana! Ma poi... vedo quello. Un grande spiedo, alto circa mezzo metro, con delle fette di carne sovrapposte fittamente in modo da formare un trapezio tridimensionale, una costruzione di cibo succulento che gira allo spiedo, è carne abbrustolita da un grill laterale, profumante e scricchiolante, grassa e meravigliosa. Non solo, aleggia un odore di aglio, che dovrebbe derivare da una della salsine che un ragazzo, impegnato a servire la gente, versa dentro dei panini bianchi, simili a delle grosse piadine, aggiungendo diverse altre cose. L'emozione cresce nella gola e nel buco dello stomaco, e quando arriva il mio turno riesco finalmente a vedere bene i contenitori della cipolla ad anelli, dell'insalata e del pomodoro, la salsina bianca e quella rossa. In un tedesco strano, il ragazzo mi chiede soltanto: - Con salsa di yogurt e aglio, piccante, come lo vuoi? - Con tutto, mettici tutto quello che c'è. E allora il ragazzo taglia un pezzo di crosta laterale dello spiedo, prende il pane precedentemente tostato e inizia a riempirlo: carne abbrustolita per me, cipolla per me, insalata per me, pomodoro per me, salsa bianca e rossa per me. Compiendo delle acrobazie per non far traboccare il contenuto del panino, pago una somma ridicola in confronto al peso del cibo che tengo stretto in mano, ma alla fine azzardo una domanda. - Was ist das? Cos'è? Il mio amico sorride e, con regale calma nonostante che la gente dietro di me comincia a protestare, mi spiega: - Das ist Döner Kebab. Türkische Delikatesse. Senza Döner Kebab tutti i tedeschi di Berlino morti di fame. Tu Italiener? Vedere che presto anche in Italia arrivare Döner Kebab. Lo saluto e mi sposto, sto mangiando alla grande, mangio felice il mio Döner Kebab. Quando torno a casa di Gaby e dei suoi amici, c'è aria di grandi preparativi. Inge mi spiega che è arrivato il momento di fare un giretto insieme in quartiere e di mangiare, in conclusione, un bel Döner. Le sorrido. Comincio a voler bene alla mia nuova famiglia tedesca. 31 ALLEGATO N. 6 Laila Wadia,8 Napoli's bombs Io ho il cuore che va a 160 l'ora, anche quello di mio fratello Paolo è fuori giri da un bel pezzo. Non è stata l'acqua bevuta a bordo del volo Roma-New York a gasarci, la carica super è dovuta all'avverarsi dei nostri sogni: stiamo per atterrare in America! Ridiamo come Schumi e Barrichelìo quando salgono sul podio dei vincitori a stappare bottiglie di spumante. Questa vacanza in America è un viaggio premio per Paolo che ha appena conseguito la maturità con pieni voti ed un viaggio in avanscoperta di un posto da ricercatore per me, neolaureato in fisica nucleare. Lo zio Vincenzo, il fratello maggiore di nostro padre, che vive in America da tanti anni e gestisce con successo un'officina e rivendita di auto di seconda mano, dice di conoscere un pezzo grosso all'Università di Boston. Questo tizio va a farsi controllare il fuoristrada due volte l'anno al Vincent's Garage. Per garantirmi un appuntamento con il professore, lo zio ha escogitato un piano diabolico: quello di aggiungere un po' di zucchero nel serbatoio di benzina del Cherokee del professore per assicurarsi che s'inceppi tra qualche giorno. Così, mentre lo zio aggiusta la macchina del luminare, io posso presentargli le mie credenziali. Lo zio Vincenzo vive a Boston da una vita ormai e l'unica traccia d'italianità che gli rimane è l'amore sfrenato per le mozzarelle di bufala, per il resto è diventato un perfetto «Yankee boy di Boston, Massachussetts», come ama dire. In America bisogna sempre citare città e stato perché, ad esempio, pare che solo di Boston ce ne siano almeno tre. Invece di recarci direttamente a casa dello zio, Paolo ed io abbiamo deciso di passare qualche giorno a New York e poi di prendere una macchina a noleggio e avviarci pian piano verso nord, godendoci un po' di America on the road. «Autostrade a otto corsie, pick up, birra e bionde, eccoci qua!» urla Paolo scendendo dall'aereo. Qualcuno si gira a guardarlo, scuotendo la testa. Nella fantasia di Paolo, che sogna questo viaggio da tre anni, l'aeroporto JFK di New York ha assunto venti majorette vestite di bianco rosso e blu con le stelline negli occhi per dare il benvenuto agli stranieri e, vedendo la sala arrivi spoglia di sorridenti ragazzine bionde ed atletiche, ci rimane male. Io non ho mai nutrito fantasie di questo genere ma non mi sarei nemmeno aspettato di trovare un bisonte femmina in uniforme al controllo documenti. 8 ‘Laila Wadia, nata a Bombay nel 1966, anno del cavallo di fuoco secondo l'oroscopo cinese, vive a Trieste da vent'anni. I suoi genitori sono indiani di origine persiana, seguaci di Zarathustra. Sposata con un fotografo di viaggi italiano, a prima vista potresti scambiarla per siciliana o calabrese. Appena arrivata a Trieste la chiamavano cabibba, terrona. Al peperoncino, però, Laila preferisce il curry e la cucina indiana. Se ha nostalgia di casa infila il naso in un barattolo di spezie, mentre ai vestiti tradizionali ha dovuto rinunciare appena arrivata in Italia: una volta l'hanno presa in giro, non li ha più indossati. Perfettamente mimetizzata (fa il tifo per l'Inter), oggi Laila parla un italiano fluente. All’inizio conosceva tre parole: mascalzone, farabutto, birbante, che a Bombay una signora romana usava quando si rivolgeva al suo cane. Dopo aver vinto diversi premi letterari, ha pubblicato nel 2004 il libro di racconti Il burattinaio e altre storie extra-italiane (Cosmo lannone Editore). Lavora come collaboratore esperto di lingua inglese all'Università di Trieste.’ (nota biografica tratta da Kuruvilla, G., Mubiayi, I., Scego, I., Wadia, L, 2005, p. 38) 32 «Cavolo, questa qua si deve comperare un paracadute al posto del reggiseno», dice Paolo sgranando gli occhi. Aggrotto la fronte per risposta, sperando che la donna non capisca l'italiano. Il passaporto mi viene scippato dalla mano e la signora bisonte punta il dito contro le mie due valigie grigie. Ad insistenza di mia madre ho portato tutto il necessario per fermarmi negli States per un paio di anni. Lei è sicura che lo zio e San Gennaro sono una coppia infallibile, ed il professore dell'Università di Boston non si accorgerà mai più dello zucchero nel serbatoio del suo Cherokee. «Openyabagsplease.» Non ho capito una parola, ma la direzione del dito della signora bisonte è inequivocabile: sud sud-est le mie Ghepard grigie nuove di zecca, in altre parole. Ubbidisco, sforzandomi di sorridere. «Where'reyoufrom?» «Che dice questa?» chiedo a Paolo. «D'youspeakEnglish?» la donna batte mio fratello sul tempo. «Little.» Indico un ottavo di vino. « Where'reyoufrominltaly? » «Ah, Italy. Yes. I from Italy. This my brother Paolo», rispondo, fiero di mettere in marcia il mio inglese. «Butwhere'reyoufrominltaly? » «Sorry?» Appena ingrano, incontro subito un semaforo linguistico rosso. Da come gira e rigira il mio passaporto mi rendo conto che la signora bisonte pensa che la stia prendendo in giro e che in verità prendo lezioni d'inglese da vent'anni dal Principe Carlo in persona. «IsaidWhere'reyoufrominltaly?» «Paolo, ma che dice questa?» Comincio ad essere un po' teso e ad ansimare. «Can you to repeat slowly please?» Paolo chiede gentilmente. Con esagerata lentezza la donna ripete: «Where - you - come - from - in - Italy?» Paolo, fresco di esame d'inglese, mi traduce: «Chiede da dove vieni» «Stavolta ho capito pure io, imbecille», ringhio. «From Salerno, Campania», dico, sentendomi già molto Yankee, anche se di Salerno ce n'è una sola. « What'veyougotinthere? » «Beh? Mo’ che ha detto?» Paolo si sta guardando attorno alla disperata ricerca di almeno una majorette, magari anche in pantaloni al posto della minigonna. «Ho studiato l'inglese mica il chewingumese», risponde, secco. Un sospiro che sposta il ciuffo nero che ho in fronte mi indica che il pneumatico della pazienza della donna è quasi a terra. «Tiene algo ke declarar? Ke declara?» Paolo ed io diventiamo tergicristalli: «No. No.» Ma la donna insiste con la sua domanda che diventa sempre più corta: «Declara? De Clara?» A Paolo viene il dubbio se ci chiede se siamo figli di Clara, che in fondo corrisponde alla verità. «Giovà, sti americani hanno davvero una marcia in più. Sanno pure il nome della mamma. Sta Cia è proprio un'altra cosa!» 33 «Ma stai zitto tu, scemo», borbotto. «Sì, de Clara e de Mario», dice Paolo. Lo zio ha messo dello zucchero nel serbatoio del Cherokee del professore di Boston, ma mio fratello è nato con la segatura in testa. La donna non batte ciglio e Paolo fa un'altra congettura a bassa voce: «Che sia un'amica dello zio Vincenzo? Lui ha detto che tiene amici altolocati da tutte le parti.» Il cervello di mio fratello ha disperatamente bisogno di una revisione. « Where 'reyouheadedto?». Non capiamo e perciò non rispondiamo, e. lei getta uno sguardo inquisitore sul modulo che abbiamo compilato con l'aiuto del Garzanti tascabile. «Declara? What'veyougottodeclare? De-cla-rar. Whisky? Cigarettes?» Pronuncia le parole magiche. Abracadabra e comprendiamo tutto. Un campano non ha bisogno che le parole whisky e cigarettes dette con punto interrogativo finale vengano ripetute da una in divisa. «Niente, nada, nothing.» «Niet», aggiunge Paolo per sfoggio linguistico. Forse è quest'ultima parola ad insospettirla. Decide di sottoporre le mie valigie alla Tac. «What'sthis?» indica delle sfere sul monitor. «Napoli's bombs», rispondo, ridendo. Mio padre le chiama così. Sono le mozzarelle di bufala di un suo amico, e come dice la pubblicità: Nino le mozzarelle non le fabbrica, le fa. Sono davvero una bomba. Alla signora bisonte gli si fonde il motore. Esce fumo da tutte le parti. «Come this way please», sillaba, strattonandomi la giacca. Mi porta in una piccola stanza asettica che sembra una sala operatoria senza lettino. Un'enorme bandiera americana è appesa sul muro bianco dietro ad un tavolo di metallo grigio. Su una sedia scheletrica, è seduto un tizio bianco, con la faccia da tricheco. «Well, gentlemen?» dice, spazzolando via le briciole di hamburger dai folti baffi grigio-biondi. «Very well, thank you and you?» risponde Paolo. «Lezione numero due: come salutare la gente», mi bisbiglia nell'orecchio. «Ci ha chiesto come stiamo e gli ho risposto che stiamo bene.» La signora bisonte ed il tricheco ci squadrano con aria poco divertita. Attraverso un muro di vetro alla destra, vediamo le nostre valigie portate in una saletta con il lettino operatorio che manca in quella dove ci troviamo noi. Tre arcieri bypassano il lucchetto ed eseguono il post-mortem sulla prima delle mie Ghepard grigie. Nel frattempo il tricheco esamina attentamente i timbri sul mio passaporto soffermandosi sul visto cubano di tre anni fa. «You a communist?» strombazza. A Paolo gli s'inceppa il cuore. Sa che ho votato Ulivo alle ultime elezioni. Prima che mio fratello possa recare qualche danno irreversibile, intervengo io. «No communist. I am Ulivist.» II tricheco grugnisce qualcosa. «Why've you got so much luggage? Why - two - bags?» Sono italiano, mica ritardato, cretino, penso, e nel frattempo la signora bisonte traduce: «Por ke tienes tantos vestidos?» Che gli rispondo? So che non devo dire che sono qui in cerca di lavoro. Se sanno che sono in cerca di occupazione, mi cacceranno via sul primo aereo. Il permesso di lavoro, difficilissimo da ottenere di 34 questi tempi, lo devi avere prima di entrare negli Usa. «Di' che sei qui solo per turismo, capito guagliò?» si è tanto raccomandato lo zio Vincenzo. Forse posso dirgli che sudo come un maiale e perciò devo cambiarmi d'abito spesso, ma che figura faccio? Potrei raccontare che sono un famoso stilista e sono qui per una sfilata. Mentre mi sto scervellando per trovare una risposta che possa risultare credibile, dalla valigia spuntano tre stecche di Diana che gli arcieri svolazzano in aria come la Coppa Uefa. Paolo ha la testa in retromarcia. Meno male che indossa un maglione e non si vede la sua camicia fradicia di sudore, ma deve ripetutamente asciugare le mani sui jeans. Mi viene un'idea alla Schumi: «Sono per i poveri. Los vestidos. For the poors», annuncio. La signora bisonte mi guarda con gli occhi in croce. «Which poor people?» Questa volta parla a scatti. San Gennà, dammi una mano. Mi ha chiesto per quale povera gente ho portato tutti questi vestiti. Mò che le dico? È nera come il carbone pure lei. Sto per bofonchiare qualcosa ma veniamo tutti quanti distratti dagli arcieri che hanno localizzato gli oggetti misteriosi nella mia valigia. «Fucking mozzarella cheese balls!» sputa il tricheco. «E questi miserabili volevano farci credere che vengono in America per fare la carità quando non hanno nemmeno i soldi per andare da Mac Donald e si portano dietro il cibo da casa», dice la signora bisonte con uno sguardo eloquente che non ha alcun bisogno di traduzione. 35 36 SCHEMI DELLE UNITÀ DI APPRENDIMENTO 37 38 ALLEGATO N. 7 UA1, Salsicce Obiettivi Conoscenze (dominio della “competenza cognitiva interculturale”): Approccio umanistico conoscere il fenomeno della letteratura della migrazione Approccio antropologico Conoscere alcuni significati del concetto di cultura Lingua: approfondimento lessicale Competenze sviluppo di una parte del dominio delle competenze interculturali, in particolare la dimensione 1 (Lussier, 2007), ovvero la competenza socio-culturale e la “subtestualità”, cioè l’analisi dei messaggi e valori nascosti trasmessi attraverso artefatti culturali Attività Lettura del racconto di Igiaba Scego Salsicce (abbreviato) spiegazione delle parole sconosciute breve introduzione della “letteratura della migrazione” in italiano brainstorming sul significato di ‘cultura’ Strumenti Valutazione Tempi Copie cartacee del racconto Salsicce Formativa 20 minuti lettura riassunto orale del testo scheda di approfondimento sulla “letteratura della migrazione” 10 minuti (lessico) 15 minuti (letteratura della migrazione) 15 min. (brainstorming e definizione di “cultura”) totale: 60 minuti circa. scheda sul termine “cultura” a partire dalle definizioni date dal dizionario <www.treccani.it>, presentazione dei principali significati del termine “cultura” Discussione orale A coppie: sottolineare nel testo gli elementi della/e cultura/e e motivare le scelte fatte 20 minuti per il lavoro in gruppi 20 minuti per la discussione saper riconoscere nel testo letto alcuni elementi culturali Lingua 39 comprensione del testo; lettura selettiva per l’individuazione di informazioni; competenze testuali: saper motivare le proprie scelte Saper essere Discussione, diario. “cultural awareness” (Menecke, 1993) accettazione di un concetto antropologico di cultura 40 15-20 minuti per la compilazione del diario ALLEGATO N. 8 UA2, I miei primi giorni di scuola Obiettivi Attività Strumenti Valutazione Tempi Copie cartacee del racconto I miei primi giorni di scuola Formativa: 20 minuti lettura Conoscenze Approccio umanistico cenni sulla lingua albanese e la storia dell’Albania cenni biografici Besa Mone Lettura testo del spiegazione del lessico sull’autrice Approccio socioculturale occultamento delle lingue e culture minoritarie Lingua arricchimento lessicale Competenze Lingua comprensione del testo lettura selettiva per l’individuazione di informazioni saper partecipare e argomentare oralmente in una discussione guidata Saper essere: “cultural awareness” (Menecke, 1993) compilazione questionario di comprensione e analisi del testo discussione orale guidata finalizzata alla comprensione, all’analisi di personaggi, luoghi, tempi, voce narrante etc., al riepilogo scheda di approfondimento su lingua e storia albanese questionario di comprensione e analisi del testo scheda comprendente la traccia per la scrittura di un testo creativo riassunto orale del testo 10 minuti lessico partecipazione alla discussione composizione di un testo creativo sul modello del racconto 25 minuti compilazione questionario di comprensione e analisi del testo 20 minuti discussione 5 minuti spiegazione traccia testo creativo spiegazione e discussione in relazione alle “lingue e culture nascoste” 15 minuti compilazione della scheda diario alunni spiegazione scheda su “culture nascoste” e testo creativo compilazione scheda diario alunni Decentramento 41 ALLEGATO N. 9 UA3, Döner kebab Obiettivi Conoscenze Approccio umanistico cenni su biografia e attività dell’autrice Nora Moll Approccio socioculturale concetto di stereotipo Attività Brainstorming su Germania e cultura tedesca lettura testo del Strumenti Valutazione Tempi Copie cartacee del racconto Döner kebab Formativa: 10 minuti brainstorming scheda di approfondimento su Kafee, kebab riassunto orale del testo partecipazione alla discussione migrazione interna mobilità in ambito europeo Approccio antropologico tradizioni alimentari in Germania e in Italia, mutamenti originati da ibridazione con culture alimentari ‘altre’ Lingua approfondimento lessicale Competenze saper riconoscere uno stereotipo utilizzare il concetto di stereotipo in una discussione saper individuare le cause del malinteso Lingua comprensione del testo lettura selettiva per l’individuazione di informazioni saper discutere e argomentare oralmente in una discussione guidata 15 minuti lettura 10 minuti lessico 15 minuti discussione spiegazione del lessico discussione orale guidata finalizzata alla comprensione, al riepilogo, alla focalizzazione di personaggi, luoghi, tempi, lingue, elementi culturali, voce narrante etc. questionario di comprensione e analisi del testo comprendente la definizione di ‘stereotipo’ e la traccia per la riscrittura del testo da un punto di vista diverso. spiegazione del concetto di ‘stereotipo’ spiegazione delle domande della scheda di comprensione e analisi del testo. 42 riscrittura del testo da un diverso punto di vista Assegnazione del questionario per casa Saper essere “appropriazione (Lussier, 2007): critica” riflettere sugli atteggiamenti nei confronti delle culture e delle lingue straniere riflettere sulla conoscenza delle lingue ai fini di una comunicazione efficace e della partecipazione alle attività di un gruppo decentramento 43 ALLEGATO N. 10 UA4, Napoli’s bombs Obiettivi Attività Strumenti Valutazione Tempi Copie cartacee del racconto Napoli’s bombs Formativa 10 minuti brainstorming Conoscenze malintesi linguistico-culturali Brainstorming su Stati Uniti e sull’Italia dal punto di vista di un abitante degli Stati Uniti cenni sull’emigrazione italiana negli USA lettura testo mobilità qualificati spiegazione del lessico Approccio umanistico cenni su biografia e attività dell’autrice Laila Wadia Approccio stereotipi socioculturale dei lavoratori cenni sulla legislazione USA sull’immigrazione Approccio antropologico strategie per l’inserimento professionale Lingua approfondimento lessicale varietà di inglese: differenza tra varietà appresa in Italia, ‘inglese britannico’ e ‘inglese americano’ Competenze saper individuare le cause del malinteso Lingua: comprensione del testo lettura selettiva per l’individuazione di informazioni saper discutere e argomentare oralmente in una discussione guidata del questionario di comprensione e analisi del testo comprendente la traccia per la riscrittura del testo da un punto di vista diverso. discussione orale guidata finalizzata alla comprensione, al riepilogo, alla focalizzazione di personaggi, luoghi, tempi, lingue, elementi culturali, voce narrante etc. e. spiegazione del concetto di “malinteso” spiegazione delle domande della scheda di comprensione e analisi del testo. 44 riassunto orale del testo partecipazione alla discussione riscrittura del testo da un punto di vista diverso 15 minuti lettura 10 minuti approfondimento lessicale 15 minuti discussione assegnazione del questionario come compito domestico Saper essere “critical appropriation” (Lussier, 2007) prendere coscienza delle rappresentazioni stereotipate dell’alterità e della loro influenza sulle interazioni tra parlanti dalle diverse appartenenze linguistiche e culturali decentramento 45 46 SCHEDE DI APPROFONDIMENTO 47 48 ALLEGATO N. 11. CULTURA Cultura s. f. [dal lat. cultura, der. di colĕre «coltivare», part. pass. cultus; nel sign. 2, per influenza del ted. Kultur]. 1. a. L’insieme delle cognizioni intellettuali che una persona ha acquisito attraverso lo studio e l’esperienza, rielaborandole peraltro con un personale e profondo ripensamento così da convertire le nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo della sua personalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella consapevolezza di sé e del proprio mondo: formarsi una c.; avere, possedere una discreta c.; uomo di grande, di media, di scarsa c.; gli uomini di cultura. In senso più concr., e collettivo, l’alta c., quella che si acquisisce attraverso gli studî universitarî, e le persone stesse (laureati o docenti) che ne sono gli esponenti; analogam., il mondo della c., gli ambienti culturalmente più elevati. b. L’insieme delle conoscenze relative a una particolare disciplina: avere c. letteraria, musicale, artistica; possedere una ricca c. storica, filosofica; c. classica, che riguarda la storia, la civiltà, la letteratura e l’arte dei popoli antichi, soprattutto greci e latini. Con riferimento a più discipline, ma sempre in senso limitativo (come insieme di nozioni, estese ma non approfondite): formarsi, avere una c. generale; ampliare la propria cultura. Nel linguaggio socio-politico, diffondere la c. nel popolo, nelle masse, frasi che esprimono l’esigenza o il programma di una diffusione a livello popolare di un tipo di cultura medio, standardizzato e uniforme, destinato al consumo nel tempo libero ma concepito anche come mezzo di elevazione sociale. In partic., c. di massa, espressione (di origine statunitense) con cui si indica un tipo di cultura medio, diffuso dai moderni mezzi di comunicazione di massa – stampa, radio, televisione, cinema, ecc. – prodotto con scopi prevalentemente commerciali e di intrattenimento, standardizzato e uniforme, destinato al consumo nel tempo libero ma concepito anche come mezzo di innalzamento sociale di larghi strati popolari tradizionalmente esclusi dalla fruizione dei beni culturali. c. Complesso di conoscenze, competenze o credenze (o anche soltanto particolari elementi e settori di esso), proprie di un’età, di una classe o categoria sociale, di un ambiente: c. contadina, c. urbana, c. industriale; la c. scritta e la c. orale; le due c., quella umanistica e quella scientifica, soprattutto in quanto si voglia (o si volesse in passato) rilevare insensibilità e ignoranza negli scienziati per i problemi umani e negli intellettuali per i concetti e i problemi della scienza. d. Complesso delle istituzioni sociali, politiche ed economiche, delle attività artistiche, delle manifestazioni spirituali e religiose, che caratterizzano la vita di una determinata società in un dato momento storico: la c. italiana del Quattrocento; la c. illuministica o dell’illuminismo; la storia della c. di un popolo. 49 2. In etnologia, sociologia e antropologia culturale, l’insieme dei valori, simboli, concezioni, credenze, modelli di comportamento, e anche delle attività materiali, che caratterizzano il modo di vita di un gruppo sociale: c. primitive, c. evolute; la c. delle popolazioni indigene dell’Australia; la c. degli Incas. Fonte: Dizionario Treccani on-line, <www.treccani.it> 50 ALLEGATO N. 12. LA LETTERATURA DELLA MIGRAZIONE La cosiddetta ‘letteratura della migrazione’ nasce in Italia nel 1990, sull’onda di un evento che segnò profondamente la coscienza degli italiani: l’assassinio da parte di giovani italiani di un ragazzo immigrato, Gerry Masslo, nel 1989. L’interesse, anche dei mass media, per il mondo dell’immigrazione - molto recente per l’Italia, paese storicamente caratterizzato invece dall’emigrazione - divenne forte, e nel giro di pochi anni furono pubblicati i primi libri di autori stranieri provenienti dalla migrazione: Io venditore di Elefanti (1990) di Pap Khouma (Senegal), Chiamatemi Alì (1990) di Mohamed Bouchane (Marocco), Immigrato (1990) di Salah Methnani (Tunisia) La promessa di Hamadi (1991) di Saidou Moussa Ba (Senegal), Pantanella, canto lungo la strada (1992) di Moshen Melliti (Tunisia). Questi testi avevano in comune i temi trattati e la scrittura in cooperazione con dei collaboratori/curatori italiani. In questa fase, l’interesse editoriale fu forte e di lì a poco anche la critica cominciò a occuparsi di questa produzione: il primo - e ad oggi ancora uno dei principali studiosi - fu Armando Gnisci, allora professore di Letteratura comparata dell’Università La Sapienza di Roma. Negli anni successivi, l’interesse delle case editrici calò, ma il fenomeno ha continuato a svilupparsi percorrendo altre vie, con il sostegno del volontariato, di organizzazioni sociali, di alcune riviste (cartacee e on-line come El Ghibli, Sagarana etc. ) e case editrici interessate all’intercultura, i premi letterari (come il premio Eks&Tra, vinto da Igiaba Scego nel 2003). Si è ampliata la gamma dei temi trattati, gli scrittori si sono emancipati dai collaboratori italiani raggiungendo a poco a poco l’autonomia linguistica, e hanno sentito sempre più “stretta” e a rischio di ghettizzazione la categoria di scrittori “migranti”. 51 52 QUESTIONARI PER LA COMPRENSIONE, L’ANALISI, L’INTERPRETAZIONE 53 54 ALLEGATO N. 13 UA2, Besa Mone, I miei primi giorni di scuola NOME………………………………………………………..................................................................... Questionario di comprensione del testo Rispondi alle seguenti domande I parte (pp. 163-164) 1. Perché la bambina è ammessa a frequentare la seconda elementare? ......……………………………………………………………………………………………..………… ………………………………………………………………………………………………… ......……………………………………………………………………………………………..…… 2. Perché la direttrice l’avrebbe invece inserita in prima? ......……………………………………………………………………………………………..………… ………………………………………………………………………………………………… ......……………………………………………………………………………………………..…… 3. Cosa avrebbe significato per lei ripetere la prima? ......……………………………………………………………………………………………..………… ………………………………………………………………………………………………… ......……………………………………………………………………………………………..…… 4. Il primo giorno di scuola, per quali ragioni la bambina prova disagio? ......……………………………………………………………………………………………..………… ………………………………………………………………………………………………… ......……………………………………………………………………………………………..………… ………………………………………………………………………………………………… ......……………………………………………………………………………………………..………… ………………………………………………………………………………………………… ......……………………………………………………………………………………………..………… ……………………………………………………………………………………………………………. 5. Perché vorrebbe sentire la sua lingua? ......……………………………………………………………………………………………..………… ………………………………………………………………………………………………… ......……………………………………………………………………………………………..………… …………………………………………………………………………………………………. 6. Perché, quando arriva la seconda maestra, la bambina prova imbarazzo? ......……………………………………………………………………………………………..………… ………………………………………………………………………………………………… ......……………………………………………………………………………………………..…… 7. Perché è difficile per la protagonista pronunciare una parola con tante vocali di seguito? ......……………………………………………………………………………………………..………… ………………………………………………………………………………………………… ......……………………………………………………………………………………………..…… II parte “ALFABETO DEI POPOLI” (pp. 164-166) 8. Perché il modo di scrivere le lettere in italiano non è un problema da risolvere? ......……………………………………………………………………………………………..………… …………………………………………………………………………………………………. ......……………………………………………………………………………………………..…… 9. Da quando è stato possibile scrivere in albanese? Che cosa rappresentava per gli albanesi la scrittura? 55 ......……………………………………………………………………………………………..………… …………………………………………………………………………………………………. ......……………………………………………………………………………………………..………… …………………………………………………………………………………………………. ......……………………………………………………………………………………………..………… …………………………………………………………………………………………………. 10. La lettera “c” degli alfabeti italiano e albanese viene accostata ad alcune caratteristiche dei popoli. Completa la tabella elencando tali caratteristiche: Lettera dell’alfabeto “c” albanese Caratteristiche del popolo “c” italiana 11. A chi assomiglia la “c” italiana? Perché? ......……………………………………………………………………………………………..…….…… ………………………………………………………………………………………………….. ......……………………………………………………………………………………………..……. 12. Che cos’hanno in comune il popolo albanese e quello italiano? ......……………………………………………………………………………………………..…….…… ………………………………………………………………………………………………….. ......……………………………………………………………………………………………..……. III parte (p. 167) 13. Perché, quando arriva la mediatrice linguistico-culturale, la bambina albanese è al settimo cielo? ......……………………………………………………………………………………………..………… …………………………………………………………………………………………………. ......……………………………………………………………………………………………..………… …………………………………………………………………………………………………. ......……………………………………………………………………………………………..…….…… ………………………………………………………………………………………………….. ......……………………………………………………………………………………………..…….…… ………………………………………………………………………………………………….. _____________________________________________________________________________ Rifletti sul racconto, poi rispondi: perché per la bambina albanese sono importanti sia la lingua albanese che quella italiana? ......……………………………………………………………………………………………..…………………… ……………………………………………………………………………………………………………. ......……………………………………………………………………………………………..…………………… ……………………………………………………………………………………………………………. ......……………………………………………………………………………………………..…………………… …………………………………………………………………………………………………………….………… .……………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………. ......……………………………………………………………………………………………..……………….… ……………………………………………………………………………………………………………………… ….……………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………. 56 ALLEGATO N. 14 UA3, Nora Moll, Döner kebab NOME……………………………………………………………………………………………………… 1. A p. 125 il protagonista dice: “…sono famosi i tedeschi per lo stinco di maiale, i würstel e altre cose saporite e nutrienti. Sì, avete ragione, ma solo in teoria. In pratica, mi è capitata la triste sorte di essere ospitato in una famiglia salutista e biodinamica”. Rifletti e poi rispondi: le pietanze per le quali sono famosi i tedeschi corrispondono alle abitudini di tutti i tedeschi? ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………….. Stereotipo a. Modello convenzionale di atteggiamento, di discorso e sim.: ragionare per stereotipi. In partic., in psicologia, opinione precostituita, generalizzata e semplicistica, che non si fonda cioè sulla valutazione personale dei singoli casi ma si ripete meccanicamente, su persone o avvenimenti e situazioni (corrisponde al fr. cliché): giudicare, definire per stereotipi; s. individuali, se proprî di individui, s. sociali, se proprî di gruppi sociali. c. Espressione, motto, detto proverbiale o singola parola nella quale si riflettono pregiudizî e opinioni (positive o) negative con riferimento a gruppi sociali, etnici o professionali. Fonte: http://www.treccani.it/ 2. Alla fine di p. 126 è possibile individuare un’idea stereotipata che la famiglia di Inge ha sul ragazzo italiano: dopo averla trovata, cerca di spiegarla. ………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………..… ……………………………………………………………………………………………………………… 3. Secondo te, in che modo quest’idea stereotipata influenza il comportamento dei familiari di Inge verso il giovane italiano? ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………… 4. Ti è mai capitato di essere ‘vittima’ di pregiudizi o stereotipi sul tuo paese o la tua regione? □ □ Sì No Se sì, come hai reagito? ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………… Se no, come pensi che reagiresti? ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………… 5. Che cosa prova il protagonista verso la lingua tedesca? Perché? Cfr. metà p. 124, le ultime righe di p. 124 e le prime di p. 125. ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………….. 57 ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………….. ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………….. 6. Perché il protagonista non riesce ad esprimere chiaramente ciò che vuole? Rileggi in particolare le ultime righe di p. 125 e le prime di p. 126. ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………….. 7. Se ti trovassi in una situazione di vacanza simile a quella del racconto, a stretto contatto con persone di un altro paese, come pensi che dovresti comportarti nei confronti del loro modo di pensare, delle loro abitudini e della loro lingua per instaurare dei buoni rapporti? ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………….. ………………………………………………………………………………………………………………….…… …………………………………………………………………………………………………………….………… …………………………………………………………………………………………………….. Perché?………………………………………………………………………………………………………...… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………….. ………………………………………………………………………………………………………………….…… …………………………………………………………………………………………………………….………… …………………………………………………………………………………………………….. 8. Prova a riscrivere la storia dal punto di vista di Inge oppure dei suoi genitori. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. 58 ALLEGATO N. 15 UA4, Laila Wadia. Napoli’s bombs NOME………………………………………………………………………………………………………… 1. Quale accoglienza negli Stati Uniti si aspetta Paolo? Come immagina di essere ricevuto all’aeroporto? …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………… 2. Qual è invece l’accoglienza che ricevono i due giovani? Chi trovano al controllo documenti? …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………… 3. Pag. 149 (prime 4 righe): secondo te perché la signora della dogana rigira il passaporto di Giovanni tra le mani? Pensa davvero, come ritiene Giovanni, che lui parli bene l’inglese? …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………… 4. Secondo te, per quale motivo quando Giovanni dice “Napoli’s bombs” (p. 150) la donna porta i due italiani in una stanza per controllare le valigie? …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………… 5. Quando la donna chiede all’italiano per quale motivo abbia due valigie, perché lui non sa cosa rispondere? …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………… 6. Il racconto è narrato dalla prospettiva di un ragazzo italiano. Secondo te, che cosa pensa la donna americana dei due italiani? Riscrivi la storia dal suo punto di vista. …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………….. ……………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………….... ………………………………………………………………………………………………………. 59 60 STRUMENTI D’INDAGINE 61 62 ALLEGATO N. 16. PREINDAGINE QUESTIONARIO INIZIALE DATI PERSONALI Cognome e nome……………………………………………………………………........Sesso □ M □ F Data di nascita………………………………………………………………………………………………. Luogo di nascita (città, nazione) ……………………………………………………………………............................................................. Abiti a…………………………………………………………………………………………………………. Parte da compilare solo da chi è nato all’estero: Quanti anni avevi quando sei arrivato/a in Italia? …………………………………………………………………………………………………………………. Dove hai abitato prima di venire in Italia? ................................................................................................................................................................... ................................................................................................................................................................... ........................................................................................................................................... Da quanto tempo abiti in provincia di Macerata? □ da meno di un anno □ da 1 a 5 anni □ da oltre 5 anni QUESTIONARIO 1. La tua famiglia proviene da (città, regione, nazione)…………………………………………….......................................................................... …………………………………………………………………………………………………………….…… …….………………………………………………………………………………………………… 2. È composta da: Componenti Età Lingua/e parlata/e 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 3. Quali sono gli insegnamenti più importanti (educazione, regole di comportamento etc.) che la tua famiglia ti ha trasmesso? …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… 63 4. Ti capita di commentare con i tuoi familiari fatti di cronaca (ad esempio, notizie date da giornali, telegiornali, radio, siti internet etc.) sui rapporti tra persone provenienti da paesi diversi e con 9 culture e lingue diverse? …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… 5. Quali sono i tuoi interessi/le cose che ti piace di più fare? …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… 6. Quali persone frequenti più spesso? …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… Di’ se sei d’accordo o meno con la seguente frase: 7. È difficile andare d’accordo con i compagni di scuola o in generale con le persone che provengono da altri paesi e che hanno culture e modi di pensare diversi. □ Molto d’accordo □ Abbastanza d’accordo □ Non so □ Poco d’accordo Perché? Motiva la tua risposta. …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… 8. A scuola, quale o quali sono le tue materie preferite? Perché? 9 La parola cultura ha diversi significati: 1 Insieme di conoscenze che concorrono a formare la personalità e ad affinare le capacità ragionative di un individuo; nel linguaggio corrente, insieme di approfondite nozioni: una persona di grande cultura. 2 Insieme delle conoscenze letterarie, scientifiche, artistiche e delle istituzioni sociali e politiche proprie di un intero popolo, o di una sua componente sociale, in un dato momento storico SINONIMO civiltà: cultura greca; la cultura borghese dell'Ottocento || cultura orale, il sapere trasmesso a voce. 3 Antropologia: l’insieme delle credenze, tradizioni, norme sociali, conoscenze pratiche, prodotti, propri di un popolo in un determinato periodo storico: cultura patriarcale; cultura industriale || cultura di massa: insieme di nozioni, valori e modelli di comportamento indotti dai mass media | cultura materiale: gli oggetti, i manufatti, gli attrezzi di una data popolazione. Fonte: Sabatini Coletti, Dizionario della lingua italiana 64 …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… 9. Ci sono materie che non ti piacciono o che ti sembrano molto difficili? Se sì, perché? …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… 10. Quali sono le attività che svolgi più volentieri nelle ore di italiano? …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… 11. Quali sono le attività che svolgi meno volentieri nelle ore di italiano? …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… 12. Leggi volentieri oppure no? Che cosa (fumetti, riviste, libri, quotidiani, quotidiani on-line, blog, etc.)? Racconta. …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… 13. Perché leggi o non leggi? □ □ □ □ □ □ □ □ □ mi piace leggere perché mi identifico in certi personaggi o storie particolari non mi piace leggere e preferisco dedicarmi ad altre attività penso che leggere sia piacevole penso che leggere sia noioso/inutile a casa ho molti libri a casa non ho libri o altro materiale che mi interessa i libri che ci sono nella biblioteca scolastica mi piacciono i libri che ci sono nella biblioteca scolastica non mi piacciono o interessano altro……………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………… 14. Scrivi quali attività ti piacerebbe fare nelle ore di italiano che adesso non fai o che fino ad oggi non hai mai fatto. …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… 15. C’è un libro o un genere di libri che ritieni molto importante per te e/o nel/nei quale/i ti identifichi in maniera particolare? …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… 16. La/le tua/e lingua/e è/sono: (puoi parlare anche dei dialetti; puoi inserire le lingue che capisci ma che non sai parlare; le lingue che sai parlare, anche poco; le lingue che sai solo leggere o che sai anche scrivere) …………………………………………………………………………………………………………… 65 …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… 17. Quale o quali sono le lingue che usi più volentieri? Perché? …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… 18. Quale o quali sono le lingue che usi meno volentieri? Perché? …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… 19. Come hai imparato le lingue che conosci? …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… 20. Sei curiosa/o verso altre culture? Se sì, quali? Perché? …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… 21. Conosci e/o frequenti o hai frequentato persone che provengono da altri paesi e con lingue e culture diverse dalla/e tue? Racconta. …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… 22. Che cosa significa per te la parola “cultura”? …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… 23. Che idea ti sei fatta/o della convivenza tra persone con lingue e culture diverse (cioè che provengono da paesi diversi e hanno modi di pensare e tradizioni differenti)? …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… 24. Ti identifichi in una o più culture? Quale o quali? Perché? …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… 25. Secondo te, le culture si possono esprimere in una sola lingua o in più lingue? Spiega la tua risposta. …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… 66 ALLEGATO N. 17. TRACCIA TESTI CREATIVI PRELIMINARI Inventa un racconto a partire da questa situazione: una persona dai capelli neri arriva in un paese che non conosce. Con sé ha… Chi è? Da dove viene? Dove va? Perché? Viaggia da solo/a o è in compagnia? Chi incontra? Cosa fa? Cosa gli/le succede? 67 ALLEGATO N. 18. SCHEDA DIARIO ALUNNI Unità di Apprendimento: …………………………………….…………………………………………….. Il mio diario Il mio nome: ………………………………………………………....................................................... La mia classe: ……………………………………………………………………………………………… Nome insegnante: …………………………………………………………………………………………. La data: ………………………………………………………………..................................................... _____________________________________________________________________________ Puoi dirmi qualcosa su questa lezione? Se non hai niente da scrivere per alcuni dei punti indicati, saltali. _____________________________________________________________________________ • 1. Ho scoperto che ......……………………………………………………………………………………………………….…….. ……………………..…………………………………………………………………………………………... ………………………………………….….…………………………………………………………………... ………………………………………………………………….……………………………………………… Quello che mi è piaciuto di più è stato …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. ……………………………………………………………………………………………………………….… ………………………………………………………………………………………………………………,… • Nel brano letto ho trovato cose simili a (puoi parlare di letture fatte o film visti, esperienze tue o di persone che conosci, ecc.)…………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. • Mi piacerebbe sapere qualcosa di più su …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. perché………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. • La cosa più difficile è stata …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. perché…………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. …………………………………………………………………………………………………………………. • La cosa più noiosa è stata 68 ……………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………… perché………………………………………………………………………….……………………………....… ……………………………………………………………………………………….……………...............…… …………………………………………………………………………………………………………………… • Altro ………………………………………………………………………………………………………………….…… …………………………………………………………………………………………………………….………… ……………………………………………………………………………………………………………….……. 69 ALLEGATO N. 19. UA2 SCHEDA SU CULTURE “NASCOSTE” E TESTO CREATIVO UA2 Besa Mone, I miei primi giorni di scuola NOME………………………………………………………………………………………………………… All’inizio del racconto, la protagonista si sente a disagio perché non può parlare la sua lingua e nessuno conosce lei, la sua storia, il suo paese. La situazione cambia sia attraverso la riflessione del fratello (su ciò che unisce i due alfabeti e i due popoli italiano e albanese), sia grazie all’intervento della mediatrice, che fa conoscere alla classe ciò che prima era ‘nascosto’, perché presente solo nei ricordi della bambina (i paesaggi del suo paese, la sua scuola e quindi parte della sua storia personale e della sua “cultura”). Per la prossima volta: 1. A te è mai capitato di avere a che fare con lingue e culture “nascoste”? Perché a volte restano nascoste? Puoi partire dalla tua esperienza o da quella di persone che conosci. ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………….…… …………………………………………………………………………………………………………….………… ………………………………………………………………………………………………………………………. 2. Ispirandoti al racconto di Besa Mone, scrivi una storia, autobiografica o di fantasia, seguendo questa traccia: I tuoi genitori devono andare a lavorare all’estero per un periodo abbastanza lungo, così li devi seguire. Come immagini la tua nuova vita in un paese del quale conosci poco la lingua? Come vorresti essere accolto a scuola? Come reagiresti alle difficoltà di comunicazione? A chi chiederesti aiuto? Cosa faresti per fare amicizia con i nuovi compagni? ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… 70 ALLEGATO N. 20. QUESTIONARIO FINALE SCUOLA………………………………………….CLASSE………DATA………………………………… NOME………………………………………………………………………………………………............... Ricordati che non ci sono risposte giuste o sbagliate, quello che conta è che siano sincere e scritte dopo un po’ di riflessione! Se hai i testi a portata di mano, mentre rispondi li puoi consultare. 1. Dopo le letture e le altre attività che abbiamo svolto insieme, pensi che comunicare e vivere (per periodi più o meno lunghi) con o ‘tra’ due o più lingue e culture sia (puoi barrare più risposte) □ □ □ □ □ □ □ □ □ facile interessante/stimolante utile possibile necessario faticoso difficile da evitare altro (aggiungi uno o più aggettivi)……………………………………………………….......................................................... Spiega la tua risposta ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………. ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………. ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………. ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………. 2. Quali personaggi/vicende/dialoghi dei racconti ti hanno fatto riflettere o capire di più su questo tema? ……………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………. ……………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………. 3. Ti piacerebbe, in futuro, trascorrere un periodo più o meno lungo di vacanza/studio/lavoro in un paese straniero? ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………. Se sì, dove? ……………………………………………………………………………………………………………………. ……………………………………………………………………………………………………………………. Perché? …………………………………………………………………………………………………………………….. …………………………………………………………………………………………………………………….. …………………………………………………………………………………………………………………….. 71 4. Attraverso le letture fatte e le attività svolte, cos’hai capito del concetto di cultura? ………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………… 5. Quando abbiamo letto il racconto di Besa Mone “I miei primi giorni di scuola”, abbiamo parlato delle lingue “nascoste”. Tra le tue lingue (dialetti; lingue che capisci ma che non sai parlare; lingue che sai parlare, anche poco; lingue che sai solo leggere o che sai anche scrivere) ce ne sono di ‘nascoste’? □ □ □ Sì No Altro……………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… Se sì, vorresti o no che “emergessero” come accade nel racconto di Besa Mone? □ □ □ Sì No Altro (spiega)…………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………… Perché? ………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………… 6. Se hai risposto sì alla domanda 5: in che modo vorresti che le lingue nascoste emergessero? ………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………… 7. Quali sono (se ci sono) le lingue nascoste dei membri della tua classe? ………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………… 8. In che rapporto sono, secondo te, le lingue nascoste (tue o dei tuoi compagni) con l’italiano? Sono più interessanti/….………………………………………..(puoi inserire altri aggettivi) Sono meno interessanti/………………………………………..(puoi inserire altri aggettivi) Sono ugualmente interessanti Altro………………………………………………………………………………………………....………. ……………………………………………………………………………………………………………….. Perché?....................................................................................................................................... ………………………………………………………………………………………………………………….…… ………………………………………………………………………………………………………….…………. □ □ □ □ 9. Ripensa ai testi letti e scrivi se, secondo te, le culture si possono esprimere in una sola lingua o in più lingue. Spiega poi la tua risposta. ………………………………………………………………………………………………………………….. …………………………………………………………………………………..………………………………… ….……………………………………………………………………………………………………………….. …………………………………………………………………………………………………………………… 72 …………………………………………………………………………………..………………………………… …….....…………………………………………………………………………………………………………. 10. Come ti sono sembrati i racconti che abbiamo letto insieme? □ □ □ □ □ □ Brutti Noiosi Mi hanno lasciato indifferente Interessanti Belli Altro……………………………………………………………………………………………………… Spiega perché ………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………… 11. Le letture fatte: □ □ □ □ □ non mi hanno detto niente di nuovo mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone a cui sono legato (amici, parenti, etc.) mi hanno fatto riflettere su me stesso/a Altro …………………………………………………………………………………………………………… Spiega la tua risposta ……………………………………………………………………………………………………………………… ……….……………………………………………………………………………………………………………… ……………...……………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………. ……………………………………………………………………………………………………………………. 12. Ti sei identificato/a in qualche personaggio o situazione dei racconti letti insieme? Se sì, quale/i? Perché? ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………….………………………………………………………………………………………………….... ……………………………………………………………………………………………………………………. ……………………………………………………………………………………………………………………. 13. Ti piacerebbe leggere altri testi che trattano il tema degli incontri-scontri tra persone con lingue diverse? ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………. 14. Se sì, di quali lingue ti piacerebbe leggere? ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………. 15. Le letture fatte ti sono sembrate difficili? ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………. Se sì, quale o quali in particolare? ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… 73 ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………. Perché? ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………………………. 74 DATI SCUOLA 1 75 76 77 Loredana Andrea Igor Renato 1 2 3 4 ALUNNO M M M F S E S S O 1999 (cancellato, ha poi lasciato solo giorno e mese) 2000 2000 2000 DATA DI NASCITA Macerat a Ancona in Italia Chisinau , Moldavia San Severino M. LUOGO DI NASCIT A (CITTÀ, NAZION E) / / / / A BI TI A / 10 anni / / QUANT I ANNI AVEVI QUAND O SEI ARRIV ATO/A IN ITALIA ? / Moldavia / / DOVE HAI ABITATO PRIMA DI ARRIVAR E IN ITALIA? / Da oltre 5 anni / DA QUA NTO TEM PO ABIT I IN PRO VINC IA DI MAC ERA TA? / PARTE DA COMPILARE SOLO DA CHI È NATO ALL’ESTERO S1. ALLEGATO N. 21. QUESTIONARIO INIZIALE Marche, Italia e Napoli, Italia Chisinau, Moldavia Italia San Severino M., Marche, Italia; Tolentino Marche, Italia. 1. LA TUA FAMIGLIA PROVIENE DA (CITTÀ, REGIONE, NAZIONE) Tutti i componenti (genitori, fratelli, io) Moldavo, Italiano Italiano (specifica quali membri Italiano Italiano 2. È COMPOSTA DA (COMPONE NTI, ETÀ, LINGUA/E PARLATA/E ): Portare rispetto; non dire bugie e essere sinceri, Io sono educato bene, mi comporto bene. Rispetto le regole. Educazione I miei genitori mi hanno insegnato a mangiare tutto ed a essere educata con gli altri 3. QUALI SONO GLI INSEGNAMENTI PIÙ IMPORTANTI (EDUCAZIONE, REGOLE DI COMPORTAMEN TO, ETC.) CHE LA TUA FAMIGLIA TI HA TRASMESSO? Sì Sì mi capita qualche volta non sempre. No 4. TI CAPITA DI COMMENTARE CON I TUOI FAMILIARI FATTI DI CRONACA (AD ESEMPIO, NOTIZIE DATE DA GIORNALI, TELEGIORNALI, RADIO, SITI INTERNET, ETC.) SUI RAPPORTI TRA PERSONE PROVENIENTI DA PAESI DIVERSI E CON CULTURE DIVERSE? Sì, mi capita spesso di commentare le notizie del telegiornale delle notizie straniere 78 Claudio Eleonora 11 Rubab 8 10 Enrica 7 Filippo Clara 6 9 Emanuele 5 F M M / F / M 2000 2000 2001 2000 2000 / 2000 San Sev. M. San Severino M. San Severino India San Severino M. / San Sev. M. / / / / / / / / / / 7 anni / / / / / / India / / / / / / Da 1 a 5 anni / / / San Severino, Italia Porto Sant’Elpidio mia madre, da San Severino mio padre. Mia madre e mio padre provengono dall’Albania e il mio fratello Mamma=Ro ma, papà=Tolenti no India / Italia Tutta famiglia parla albanese italiano Italiano e la Padre Italiano e Indiano; madre Indiano; sorella 13 anni Italiano e Indiano; sorellina 3 anni Indiano Italiano Italiano / italiano della famiglia abitano con lei e quali no) La mia famiglia mi ha trasmesso che non bisogna mai parlare agli sconosciuti e che Regole di comportamento, educazione. Educazione Parlare con il rispetto con le persone grandi, non menare EducazioneRispetto-studiare sempre studiare, non menare, non insultare, mettere a posto le cose che ho preso, non rispondere male. Educazione, rispetto, gentilezza… / No Sì. Perché al telegiornale si parla di fatti scioccanti e curiosi. No / No / Sì, mi capita, non molte volte 79 Ester Lucilla 15 Rachele 13 14 Michele 12 F F F M 2000 2000 2000 2000 San Sev. M. San Severino M. Novisibir sk, Russia Vico Equense , NA / / / / / / 10/11 / / / Washingt on D.C. U.S.A. / / / Da 1 a 5 anni / San Severino Marche, Italia Madre è svizzera (cantone francese), mio padre viene da Tolentino. dalla Italia e anche mia sorella Papà Torre Annunziata (Napoli) Italia, mamma Castellamma re di Stabia (Napoli) Italia Mio padre da New Jersey. Mia madre da Ohio. Papà inglese, italiano; mamma inglese, francese, italiano; io inglese, francese, italiano. Madre francese e italiano, tutti gli altri (padre, fratello, sorella, nonna) italiano Madre, padre e sorellastra: italiano; fratello e nonna: italiano/marc higiano Italiano 1) Non disordinare le camere 2) Fare i letti 3) Rispettare i genitori e obbedire Educazione Educazione, regole di comportamento. bisogna mettere sempre a posto le cose. Tutto Non mi capita No sì A volte cronaca del telegiornale 80 Balina 18 Donata Ada 17 19 Cristina 16 F F F F 2001 2000 2000 2000 Camero un TiranaAlbania Albania San Severino M. / / / / 3 mesi 2 anni 5 anni / Africa Albania Albania / Da oltre 5 anni Da oltre 5 anni (10) Da oltre 5 anni / Mio padre è romano, mia madre è africana. Tirana capitale dell’Albania Madre = Campania a San Lorenzo Maggiore Italia, Padre = Marche, Poggio San Vicino, Italia Entrambi albanesi Mamma e papà: albanese italiano; fratello 12 anni: italiano - inglese. Padre, madre e fratello di 15 anni: albanese italiano; fratello di 22 mesi: non parla Padre italiano, mamma italiano (francese), fratello (2 mesi, 5 giorni); io: italiano; sorella 12: italiano. Italiano L’educazione ed il rispetto. Di comportarmi bene, non rivolgergli la parola su cose importanti L’educazione e il modo di comportarmi. Non impicciarsi degli affari altrui, non dire parolacce dei loro Sì ad esempio quando sul telegiornale capitano dei fatti davvero toccanti. No / No. Le usanze popoli, le religioni. 81 Andrea Igor Renato Emanuele 3 4 5 Loredana 2 1 ALUNNO A me mi piace fare sport, ginnastica e le materie fare i compiti. Mi piace fare sport, soprattutto praticare il baschet. Mi piace uscire con gli amici. Mi piace vedere le partite del Milan e del Bascket come tra fileni e Milano. Mi piace esercitarmi a fare i graffiti per poi farci su delle grandi tavole di legno, mi piace molto uscire con gli amici, fare i salti con la BMX e giocare con i videogiochi e Il mio interesse è il nuoto che pratico il pomeriggio tutti i giorni e anche il flauto traverso che pratico ogni lunedì a scuola. Fare skateboard, andare in bici, uscire con gli amici, giocare con il mio cane, sparare gli spari e guidare la macchinetta da 14 anni. 5. QUALI SONO I TUOI INTERESSI/LE COSE CHE TI PIACE DI PIÙ FARE? Gli amici e anche i cugini, però con i cugini molto di meno. Gli amici: Elia, Ruggero, Giacomo, Giada e i parenti: zia, zio, cugini. Marco Dialuce, Mattia Guerdini, Riccardo Stronati, Luca Aranci, Gianluca Lipri, Riccardo della Rocca, Stefano Valeri, Vladimir Bubulici. I miei amici, cugini. Io frequento una mia amica molto spesso e anche i miei nonni e anche mia zia. 6. QUALI PERSONE FREQUENTI PIÙ SPESSO? Abbastanza d’accordo. Poco d’accordo Molto d’accordo. Poco d’accordo. Poco d’accordo. 7a. DI’ SE SEI D’ACCORDO CON LA SEGUENTE FRASE: È DIFFICILE ANDARE D’ACCORDO CON I COMPAGNI DI SCUOLA O IN GENERALE CON LE PERSONE CHE PROVENGONO DA ALTRI PAESI E CHE HANNO CULTURE E MODI DI PENSARE DIVERSI MOTIVA LA TUA Perché ci sono dei ragazzi che non sono simpatici a nessuno e sono dispettosi e cattivi, ma io provo a farci amicizia, anche se non ci riesco, ma io non gli do molta importanza, perché già ho tanti amici. Perché mi diverto con loro facciamo i compiti insieme usciamo insieme facciamo tante cose insieme. Perché, anche loro ragionano come noi. Perché io sono amico di uno straniero, ma andiamo molto d’accordo e non litighiamo mai. Perché gli stranieri sono molto generosi e simpatici e ti imparano molte cose a me e agli altri. 7b. PERCHÉ? RISPOSTA. 82 Lucilla Cristina Ada Balina 16 17 18 Michele 12 15 Eleonora 11 Ester Claudio 10 14 Filippo 9 Rachele Rubab 8 13 Clara Enrica 6 7 stare Giocare con mio fratello più piccolo. Giocare con gli amici, Passeggiare con le amiche, stare in compagnia, andare in bicicletta, in estate andare al mare, nuotare, giocare. Giocare, suonare il pianoforte. Stare con i miei amici. Le mie interessi e le cose che mi piacciono fare sono fare equitazione e le gare regionali di nuoto. La danza, ascoltare la musica e cantari. Uscire con gli amici, giocare a calcio e stare con la mia famiglia. I miei interessi sono suonare la chitarra elettrica e mi piace giocare a calcio. Giocare Giocare al compiuter, andare al cinema. Suonare uno strumento, sull’internet, fare i sports. ascoltare musica rap, hip hop e reggae. / Uscire con le mie amiche. Mamma, papà, i due fratelli, amici, insegnanti. I miei amici e i miei parenti. I compagni di scuola, i miei familiari. I miei famigliari più stretti mio padre, madre mio fratello mia sorella e gli amici di danza tra cui la mia migliore amica. La mia migliore amica. Amici perché i familiari vivono a Napoli e ci vediamo durante le feste. Le mie amiche di nuoto, mamma e papà, cugini. I miei amici Mia madre. I miei compagni di squola. Zii, cugini. / Nonni, amiche. Poco d’accordo. Poco d’accordo. Abbastanza d’accordo. Poco d’accordo. Poco d’accordo. Abbastanza d’accordo. Poco d’accordo. Poco d’accordo. Poco d’accordo. Molto d’accordo. / Abbastanza d’accordo. Molto d’accordo. Per me non è difficile andare d’accordo con le persone perché ho molti amici, anche stranieri. Perché sono sempre persone come noi e io mi trovo bene con loro. A volte alcuni compagni ci possono trasmettere le loro culture, i loro modi di fare. / Perché loro possono insegnarti cose nuove e sono sempre tutti simpatici. Se non sanno l’italiano è molto difficile se no è abbastanza facile. Io ho dei compagni stranieri e ho fatto amicizia con loro. Non mi importa la provenienza perché vado d’accordo con tutti. / Perché una volta venuti in Italia sono come noi. Perché parlando tra compagni si diventa amici più stretti, e così sono molto d’accordo. Perché alcuni compagni non si sanno divertire e non sanno prendere gli scherzi degli scherzi. / 83 19 Donata giocare a pallavolo, suonare il pianoforte. Uscire con la mia migliore amica, prendere in braccio mio fratello, mangiare, suonare, fare ginnastica artistica. Amiche, papà. Poco d’accordo. Perché, ogniuno a un altro carattere e questo significa che un’italiano a altri modi. 84 Andrea Igor 3 Loredana 2 1 ALUNNO Le materie mie preferite sono la matematica e l’inglese e il francese perché sono portata per queste materie. Scienze motorie: perché a quell’ora ci possiamo muovere e divertirci tra noi. Ginnastica perché ci fa giocare quello che vogliamo. 8. A SCUOLA, QUALE O QUALI SONO LE TUE MATERIE PREFERITE? PERCHÉ? Si, matematica perché non mi piace. No. No, non c’è una materia che mi sta molto difficile. 9. CI SONO MATERIE CHE NON TI PIACCIONO O CHE TI SEMBRANO MOLTO DIFFICILI? SE SÌ, PERCHÉ? / Narrativa. Narrativa perché leggiamo un libro insieme in classe 10. QUALI SONO LE ATTIVITÀ CHE SVOLGI PIÙ VOLENTIERI NELLE ORE DI ITALIANO? Non ascolto. Grammatica, antologia, epica. Storia perché non mi piace proprio quella materia. 11. QUALI SONO LE ATTIVITÀ CHE SVOLGI MENO VOLENTIERI NELLE ORE DI ITALIANO? Leggo fumetti, libri. Leggo molto volentieri face book, parlare con gli amici. Io leggo molto volentieri cioè le riviste e i fumetti di Topolino. 12. LEGGI VOLENTIERI, OPPURE NO? CHE COSA (FUMETTI, RIVISTE, LIBRI, QUOTIDIANI, QUOTIDIANI ON-LINE, BLOG, ETC.) RACCONTA. Mi piace leggere perché mi identifico in certi personaggi o storie particolari; A casa non ho libri o altro materiale che mi interessa. Penso che leggere sia piacevole 13. PERCHÉ LEGGI O NON LEGGI? o al Voglio vare le letture di fantasia. Scienze motorie andare computer. 14. SCRIVI QUALI ATTIVITÀ TI PIACEREBBE FARE NELLE ORE DI ITALIANO CHE ADESSO NON FAI O CHE FINO AD OGGI NON HAI MAI FATTO. Non ci sono delle attività che preferisco anche perché la professoressa di italiano è molto spiritosa. Sì, Stilton. No. Geronimo Io mi identifico sui libri di amicizia ad esempio Io e Sara 1944. 15. C’È UN LIBRO O UN GENERE DI LIBRI CHE RITIENI MOLTO IMPORTANTE PER TE E/O NEL/NEI QUALE/I TI IDENTIFICHI IN MANIERA PARTICOLARE? 85 Emanuele Clara Enrica Rubab 6 7 8 Renato 5 4 Sono religione perché la prof. È molto brava e tecnologia perché mi piace usare le squadre ec. / Scienze motorie perché il prof mi è simpatico. Scienze motorie Ginnastica, perché ci si diverte molto e a me poi piace fare sport quindi Storia, Geografia, / No. La matematica e le scienze perché la prof. È molto severa. Sì, la matematica perché non riesco a capirla bene. e Grammatica. / Nessuna. L’antologia perché e la più facile. Antologia Narrativa. Epica. Antologia. / Tutte. I testi, pur essendo bravo odio scrivere tanto. Grammatica perché è noiosa e i verbi sono antipatici ed epica super noiosa. / Non leggo molto volentieri ma se leggo mi piace la fantascienza. Io non leggo volentieri. Leggo riviste come moto sprint o riviste di sport estremi e di auto. Sì, libri avventurosi e la Gazzetta dello Sport, rivista ufficiale della NBA, e le note che mi scrivono gli amici su FB. non mi piace leggere e / Non mi piace leggere ma se inizio un libro lo devo finire. penso che leggere sia piacevole; a casa ho molti libri; i libri che ci sono nella biblioteca scolastica mi piacciono. Mi piace leggere perché mi identifico in certi personaggi o storie particolari; a casa ho molti libri; i libri che ci sono nella biblioteca scolastica mi piacciono. non mi piace leggere e preferisco dedicarmi ad altre attività; Grammatica. / Ricerche. Mi bastano quelle che faccio già. Andare al computer e alla LIM. No. / No. No. Quelli che raccontano la vita dei ragazzi e quelli di avventura. 86 Claudio Eleonora 11 Filippo 10 9 e Ginnastica perché divertente. è Italiano e inglese, perché sono facili. Religione ginnastica perché mi piace praticare lo sport, e Inglese perché mi sta molto facile. Italiano, matematica, storia, perché sono molto noiose. Sì, geografia perché riesco poco a studiarla. Storia, geografia, scienze, matematica, antologia, epica, grammatica, francese inglese. Perché mi sembrano difficili. Scienze, Matematica, Geometria perché mi stanno difficili, elle materie che non vado bene non mi piacciono. Geografia. Storia. Il cambio d’ora. Grammatica. Grammatica. Ascoltare Leggo volentieri fumetti riviste blog. Mi piace di più il blog perché su face book parlo con gli amici. Io leggo volentieri la rivista “focus wild”. Non leggo. Non mi piace leggere e preferisco dedicarmi ad altre attività; a casa ho molti libri; i libri che ci penso che leggere sia piacevole; preferisco dedicarmi ad altre attività; penso che leggere sia noioso/inutile; a casa non ho libri o altro materiale che mi interessa non mi piace leggere e preferisco dedicarmi ad altre attività; a casa non ho libri o altro materiale che mi interessa; i libri che ci sono nella biblioteca scolastica non mi piacciono o interessano. Andare alla LIM al computer, dormire. Dettato e lavori di gruppo. Dormire. No. I libri di scooby-doo perché sono avventurosi. Mi piacciono i libri di paura. 87 Ester Lucilla 15 Rachele 13 14 Michele 12 Scienze Ginnastica perché io sono una ragazza molto sportiva. Scienze motorie perché mi rilassa e si gioca, italiano e inglese perché vado bene. La mia materia preferita è ginnastica, francese e Inglese. Sì, geometria No. Sì matematica, tecnologia perché è noiosa, italiano perché è noiosa. Matematica perché non capisco proprio tutto. Narrativa. Antologiaepica. Antologia. Epica. Epica. Grammatica perché è un bel po’ noiosa. Epica, grammatica. Grammatica. No. Io leggo volentieri ma purtroppo non ho tempo in ogni caso io leggo i libri per studiare. Sì leggo specialmente i libri gialli e vado su face book. Sì non volentieri. I libri horror della biblioteca della scuola. a casa non ho Mi piace leggere e mi identifico in certi personaggi o storie particolari Penso che leggere sia noioso/inutile A casa ho molti libri I libri che ci sono nella biblioteca scolastica mi piacciono. A casa ho molti libri; i libri che ci sono nella biblioteca scolastica mi piacciono. Penso che leggere sia noioso/inutile. sono nella biblioteca scolastica mi piacciono. / Andare al computer o fare una ricerca a gruppi. Le ricerche e scienze motorie Attività libere, lezione un po’ più divertenti. / / I libri gialli La fantasy il mago di Oz. 88 Balina Ada 17 18 Cristina 16 Scienze motorie perché è divertente. Inglese perché mi piacciono nuove lingue. Disegno, ginnastica. Arte, perché mi piace disegnare. motorie, perché non si studia. Storia perché ci sono molte date, tecnologia e scienze perché vogliono termini specifici. Storia, non mi è mai piaciuta! perché è difficile ricordare tutti quei angoli. Matematica, perché non sono brava a fare i calcoli. Sottolineare nel libro. Mi piacerebbe molto fare i testi horror Narrativa, progetti collettivi. Svolgere esercizi di grammatica, epica. Ascoltare quando spiega. Grammatica. Sì, libri fantasia avventura libri gialli. di di e Leggo le storie avventurose. Poco volentieri, leggo libri e riviste, a volte i fumetti. Non mi piace leggere e preferisco dedicarmi ad altre attività; i libri che ci sono nella biblioteca scolastica non mi piacciono o interessano. Mi piace leggere perché mi identifico in certi personaggi o storie particolari; penso che leggere sia piacevole; i libri che ci sono nella biblioteca scolastica mi piacciono. mi piace leggere perché mi identifico in certi personaggi o storie particolari; a casa ho molti libri; libri o altro materiale che mi interessa; Ricerche Dormire, disegnare, stare computer. al Cartelloni, testi collettivi, inventare delle storie. No No. Horror, fantasy. 89 19 Donata Arte - Scienze Motorie. Credo di essere più portata per quelle materie. Matematica, Scienze, non riesco a capirle. Antologia. Molto bella. Grammatica. Noiosa! Leggo molto volentieri libri gialli e fantasy. Mi piace leggere perché mi identifico in certi personaggi o storie particolari; penso che leggere sia piacevole; a casa ho molti libri; i libri che ci sono nella biblioteca scolastica non mi piacciono o interessano; mi piacciono dei libri anche di Geronimo Stilton cioè personaggi vari. i libri che ci sono nella biblioteca scolastica mi piacciono. Mi piace leggere, ma anche giocare. Dettati e lavori di gruppo. I gialli perché mi piace indagare. 90 Loredana Andrea Igor Renato Emanuele Clara Enrica Rubab Filippo 1 2 3 4 5 6 7 8 9 ALUNNO Francese Inglese Io parlo poco Francese. poco Inglese, marchigiano, / Devo parlare in italiano. Italiano, dialetto inglese, francese. I dialetti, Inglese e Francese e Italiano. Si 16. LA/E TUA/E LINGUA/E È/SONO: (PUOI ANCHE PARLARE DEI DIALETTI; PUOI INSERIRE LE LINGUE CHE CAPISCI, MA CHE NON SAI PARLARE; LE LINGUE CHE SAI PARLARE, ANCHE POCO; LE LINGUE CHE SAI SOLO LEGGERE O CHE SAI ANCHE SCRIVERE): Io a casa parlo il marchigiano che capisco molto bene e anche l’inglese che so parlare e il francese che so parlare e scrivere. / è si un può Italiano perché è la lingua / Dialetto perché linguaggio che abbreviare. Italiano e Indiano. Dialetto marchigiano, perché mi viene spontaneo. Il dialetto sono più facili da fare uscire. Uso l’italiano e l’inglese perché mi piacciono molto a casa parlo l’italiano e a scuola mi piace molto impararlo. Il dialetto marchigiano perché lo parlo tutti i giorni. Italiano perché mi piace. 17. QUAL È O QUALI SONO LE LINGUE CHE USI PIÙ VOLENTIERI? PERCHÉ? la di Inglese francese. Inglese e Francese perché le sto studiando da poco bene, alle elementari Inglese si faceva quasi mai. Francese perché è difficile e non mi piace la pronuncia delle parole. / Italiano specifico perché non devi sbagliare niente. Nessuna. Francese, perché non serve a niente. Inglese. Il marchigiano è lingua che uso meno. 18. QUAL È O QUALI SONO LE LINGUE CHE USI MENO VOLENTIERI? PERCHÉ? Con le mie maestre, e guardando i compagni come parlavano. Dalle insegnanti. / Con la scuola. A scuola e l’Italiano da piccolo a casa. Pultroppo, esercitandomi tutti i giorni. Bene. Mi li a insegnate la profesoresa. A scuola. Io ho imparato l’inglese e il francese dalla scuola. 19. COME HAI IMPARATO LE LINGUE CHE CONOSCI? No. No. Sono molto interessato alle abitudini e alle culture americane. / No. Si quali francese perché mi piace. No. No. No, non sono molto interessata. 20. SEI CURIOSA/O VERSO ALTRE CULTURE? SE SÌ, QUALI? PERCHÉ? 91 Claudio Eleonora Michele Rachele Ester Lucilla Cristina Ada Balina Donata 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 e e Albanese, italiano, inglese, francese, dialetto. L’albanese, so parlare un po lo spagnolo ma lo capisco molto bene. Dialetto Romano-Settempedano, Francese parlare e un po’ scrivere inglese parlare e scrivere. Italiano, dialetto napoletano, inglese, francese, dialetto settempedano, spagnolo. Le lingue che sai parlare, anche poco Inglese, francese, Italiano capisco anche lo Spagnolo. Il dialetto di ogni genere l’italiano. Italiano, napoletano, marchigiano, francese, inglese. Le mie lingue sono il dialetto settempedano e parlo e so leggere l’inglese. / Inglese e dialetto. L’inglese mi piace e il dialetto mi viene come se non fosse niente. Dialetto, perché mi riesce meglio. Inglese - albanese - italiano spagnolo. Italiano, perché è la lingua che so meglio. Italiano L’italiano perché lo studiamo tutti i giorni. L’italiano perché mi piace. A casa e a scuola uso di più l’italiano perché l’albanese non lo so tanto bene quindi mi piace di più parlare di italiano. Napoletano e italiano perché quelle più belle. che uso di più. Uso l’italiano perché i miei amici e familiari lo capiscono. Un po’ corretto. l’italiano Albanese, perché non lo so parlare bene. Il francese perché mi sta difficile. Dialetto napoletano, perché non lo parlo spesso. / Tutte le lingue straniere perché sono difficili da imparare. L’inglese. / L’albanese perché non so parlarlo bene. Francese, perché lo so poco parlare. Parlando con gli amici. A scuola. Italiano da mamma e papà inglese a scuola francese a scuola Studiandole a scuola, sentendo parlare i miei genitori, sentendo studiare alcune mie amiche. Studiandole. Le ho imparato ascoltando a mamma. Con la scuola e con la casa. A scuola e dai familiari. Studiandole. Studiandole. Sì. Indiana perché è varia ed molto colorada. No. Non molto. No. No forse un po’ l’inglese perché può servire per viaggiare nel mondo. / Sì tutte perché sono curioso di conoscere altre culture. No. Così e così. No. 92 Igor Renato Emanuele Clara Enrica Rubab Filippo 4 5 6 7 8 9 Andrea 2 3 Loredana 1 ALUNNO Si conosco. Si / Si. Si, qualche amico che è straniero. No, non frequento queste persone perché li vedo solo a scuola e poi frequento di solito le persone di qui S. Severino. No. Si Sì, con Balina, con Igor che sono con me in classe con me. 21. CONOSCI E/O FREQUENTI O HAI FREQUENTATO PERSONE CHE PROVENGONO DA ALTRI PAESI E CON LINGUE E CULTURE DIVERSE DALLA/E TUA/E? RACCONTA. / Significa quello che hai imparato. La religione. Un insieme di cose accumulate nella tempo. Le abitudini e le altri religioni delle persone di un altra etnia. La civiltà di un paese le sue cose che fanno loro e il modo di fare. La cultura è per me la conoscenza sul nostro dio. Significa. Cultura significa per me conoscere delle lingua e delle altre città. 22. CHE COSA SIGNIFICA PER TE LA PAROLA “CULTURA”? Non mi interesso, anche perché non esco con loro e perché ci parlo poco. / Hanno tradizioni differenti. / / Come è nel tuo paese, è bello opure no. Ognuno pensa e prega la sua religione e ognuno ha la sua tradizione. Nessuna. 23. CHE IDEA TI SEI FATTA/O DELLA CONVIVENZA TRA PERSONE CON LINGUE E CULTURE DIVERSE (CIOÈ CHE PROVENGONO DA PAESI DIVERSI E HANNO MODI DI PENSARE E TRADIZIONI DIFFERENTI)? Che possono legare molto e aiutarsi a vicenda. / Non ne ho idea. / No. No. No. / No, io sono italiana perché sono nata in Italia da tutti i genitori Italiani. Una cristianesimo. 24. TI IDENTIFICHI IN UNA O PIÙ CULTURE? QUALE O QUALI? PERCHÉ? / In una sola lingua perché è quella che uno impara. In più lingue. / In una lingua perché un paese parla sono una lingua. Si, perché ci stanno tanti stati e tante lingue diverse. In più lingue perché la cultura si può fare anche con un’altra lingua. Più lingue. Sì possono essere esposte in più lingue. 25. SECONDO TE, LE CULTURE SI POSSONO ESPRIMERE IN UNA SOLA O IN PIÙ LINGUE? SPIEGA LA TUA RISPOSTA. 93 Balina Donata 19 Lucilla 15 18 Ester 14 Ada Rachele 13 17 Michele 12 Cristina Eleonora 11 16 Claudio 10 Si. Albanese, Indiano. Sì, ma lei non mi ha mai raccontato della sua cultura. Conosco ragazzi africani indiani…anche gli italiani, ho capito che sono cristiani. La mia migliore amica infatti è Albanese però io la considero Italiana e ci siamo conosciute in 4° elementare. Sì, alcune amiche. Si con la scuola. Sì è un Amica Natasha. Si esco, ci gioco, ci parlo con lui. Sì, perché vengono nella mia classe. Si e ci sono diventata amica. Ogni persona ha la propria cultura cioè proprie abitudini la propria religione e tradizioni diverse. Un’insieme di conoscenze letterarie. Un altro stile di vita. Sono le conoscienze. Conoscere altre cose tradizionali di altri paesi. / / La parola cultura per me significa avere altre origini religioni lingue Insieme di conoscenze e di sapere diverso da un altro. Non ho nessuna idea. Per me va più che bene. Comunque sono gentili e accoglie voli. Sono uguali a tutti gli altri, solo con alcune conoscienze in più. Non lo so. / Nessuna. / Non credo che sia un problema. Che sono amichevoli e buoni. Sono simpatici. Mi piace lo stile di vita americano. No. No. Italiana, perché sono italiana. / No. Una italiana perché è quella con cui o vissuto e sto vivendo. No. / / Sì perché significato. ogniuna al proprio In più lingue perché in fin dei conti quella è la propria cultura e non dipende dalla lingua che parli o che impari. No. In più lingue, perché ogni paese ha la sua lingua. In più lingue. In più lingue perché provengono da paesi diversi. Più lingue. In più lingue perché esistono diverse lingue al mondo. / / 94 Igor Renato Emanuele 4 5 Loredana Andrea 3 1 2 ALUNNO Un giorno un ragazzo di nome Luca decide di trasferirsi e di andare ha vivere in un paese piccolo di nome CincCinnati perché da dove veniva lui era troppo distante dalla sua casa. Luca era un bel ragazzo dai capelli neri con la frangia. Un giorno incontra una bellissima ragazza dai capelli biondi e occhi azzurri di nome Arial in una palestra così lui decide di andare a conoscerla e dopo un po’ si diedero appuntamento il giorno seguente in quella palestra. Ma durante la notte dei rapinatori entrarono nella sua casa e lo raporono perché sapevano che la sua famiglia era di origine nobile. Il giorno seguente la ragazza non lo vide arrivare alla palestra così pensando di essere stata scaricata e così se ne torno a casa. Luca intanto era riuscito a scappare e ad andare dai carabinieri per far arrestare i rapinatori; poi andò da Arial che era molto arrabbiata con lui, ma poi lui gli spiegò tutto, lei lo pererdono, e si misero insieme Un giorno quando stavamo a scuola era arrivato un bambino nuovo di nome Herty che era Albanese, aveva 10 anni, gli occhi azzuri e i capelli neri, era arrivato in Italia. Herty era arrivato con la madre, padre e il fratellino che faceva la prima e Herty la terza elementare. Herty viene dall’Albania insieme alla sua famiglia. Herty quando arivò rimaste a San Severino e veniva insieme a noi a scuola solo che lui faceva la terza e io la quarta, lui rimaste cui perché si e trovato i amici e tutto cio che voleva. Herty ha viaggiato con la famiglia perché non poteva viaggiare dasolo e quando era arrivato non sapeva la lingua e stava tutto dasolo solo con gli amici giocava. Herty incontrò noi che giocavamo in giardino e voleva giocare anche lui e ci siamo conosciuti al giardino della scuola lui Herty quando era arrivato giocava con noi e imparava la lingua con la maestra di Italiano. Ha Herty gli succede che non sapeva parlare con gli amici e si vergoniava stare con noi però noi lo facevamo giocare perché era buono e simpatico. Zlatan è un uomo che viene dalla Svizzera. Lui è un uomo di quaranta anni che è andato a Milano; Zlatan portava con se oltre che hai bagagli anche un pallone ed una maglia della svizzera. Era con un’altra persona che gli teneva le valigie. Andavano verso una delle vie più famose di Milano, via Napoleone e li incontra Galliani il presidente del Milan e si misero a mangiare. Loro chiacchieravano molto e Zlatan era lì a sentire con molta attenzione. Alla fine lui è diventato l’attaccante del Milan ed è il capocannoniere del campionato. Lui è Zlatan Ibrahimovic. Camacho è un ragazzo che viene dalla Jamaica, lui ha dodici anni e non sa parlare l’italiano. Camacho ho fatto un viaggio in barca fino a INVENTA UN RACCONTO A PARTIRE DA QUESTA SITUAZIONE: “UNA PERSONA DAI CAPELLI NERI ARRIVA IN UN PAESE CHE NON CONOSCE, CON SÉ HA…” CHI È? DA DOVE VIENE? DOVE VA? PERCHÉ? VIAGGIA DA SOLO/A O È IN COMPAGNIA? CHI INCONTRA? COSA FA? COSA GLI/LE SUCCEDE? / IL RAPIMENTO TESTI CREATIVI SCRITTI DAGLI ALUNNI SULLA BASE DELLA TRACCIA SEGUENTE E PRIMA DEL PERCORSO DIDATTICO S1. ALLEGATO N. 22. TESTI CREATIVI PRELIMINARI 95 7 6 Enrica Clara Una ragazza Genovese deve prendere un treno per arrivare nella Russia. Lei ha i capelli neri color carbone e degli occhi azzurri. La mattina dopo la ragazza prende il treno sbagliato perché aveva letto le sei e non le nove e per sbaglio arriva in Antartide. Era sola e aveva con se solo una bottiglia d’acqua; dopo aver camminato a lungo vide solamente un orso, l’ultimo orso vecchio e che nel tempo della sua infazzia veniva chiamato Yoghi. Foggia e poi con un autobus e andato a Rho. Con se ha uno zainetto che dentro ha 2 panini, un ago per fare i capelli rasta e una felpa verde. Lui viaggia con suo fratello maggiore Ialingha che ha una valigia con dentro del denaro e dei vestiti. Loro stanno andando a Rho perché è una città dove si trovano appartamenti in periferia a pochi euro perché il condominio dove stanno andando prima era abbandonato e poi c’è più possibilità di trovare lavoro con uno stipendio decente. Camacho era molto solo, lui passava le giornata da solo interazzo a guardare le auto che passavano. Un giorno Camacho stava affacciato dal terrazzo, all’improvviso sentì una voce dal piano di sopra, era Manuel, un ragazzo di undicci anni che voleva far amicizia con Camacho, infatti diventarono grandi amici e Ialingha trovò un lavoro come cameriere per comprare i libri per il liceo e a fine anno prese una borsa di studio per la Bocconi Una ragazza dai capelli con gli occhi azzurri e lucenti, alta e magra. Questa portava un paglio di jeans, una maglia bianca con qualche scritta e un giaccheto di pelle nera. Io mi avvicinai a lei e le chiesi chi sei? Che cosa ci fai qui? la ragazza non mi rispose e continuò a camminare con passo ancora più svelto. Io allora mi presentai dicendogli: Ciao mi chiamo Alex ho sedici anni; non ti ho mai visto qui a Parigi per lo meno da questa parte. Sai Parigi è grande. La ragazza con una voce cupa e innervosita rispose: Mi chiamo Mary ho anche io sedici anni e sono italiana. Cosa vuoi? Io esclamai: wow parli bene il francese. Volevo solo sapere chi eri e dove stavi andando con questo freddo. La ragazza con voce più socevole disse: Sto andando da ua mia zia che abita da queste parti. Sto andando da lei per un problema di famiglia molto grave; sono scomparsi da il nostro conto in banca un Bel po di soldi.” Io risposi esterefatto: “ Allora sei ricca! Forte. Ti posso accompagnare?” lei rispose innervosita: “occhi ma non mi devi disturbare” Appena arrivammo li, suonammo ad un campanello color oro. Poi si aprì un cancello enorme ed attraversammo un enorme prato pieno di fiori e siepi. La casa era enorme di color crema con un enorme portone di legno. Entrammo e dopo attraversato un corridoio ci trovammo in una stanza dove si trovava la zia ti Katy. Katy le disse preoccupata: “La mamma vuole sapere dove sono finiti!! Dove sono? Ci servono, la mamma e il papà sono preuccupatissimi.” La zia con tono calmo rispose: “ Calmati Katy, i soldi sono nel mio conto in banca e veli restituerò”. Katy disse: “Ma perché?” La zia disse “Perché non volevo che, soldi di tuo zio cioè mio marito li usaste voi, e ora vattene!! Katy andò via piangendo. UN VIAGGIO IN ANTARTIDE 96 Eleonora 11 Il nome proprio è stato sostituito con lo pseudonimo attribuito alla compagna di classe per motivi di privacy. Claudio 10 1 Filippo Rubab 9 8 Ormai, però lui era vecchio e non poteva fare niente perché non aveva più forze per combattere contro la stregha dei ghiacci; così la ragazza dai capelli neri chiese chi era e decise di combatterla, ma l’orso gli disse che solo uccidendo la stregha poteva far ricreare la sua specie. Infine andò a combattere contro la stregha e vinse grazie alla sua inteligenza perché vide che il fuoco che si trovava intorno a lei, anche se ghiacciato la poteva squagliare; con tutta la sua forza rompe il ghiaccio facendo fuoriuscire la fiamma. La stregha si sciolse lasciando un chiave con cui la ragazza riaprì il mondo degli orsi facendo ricreare la sua specie. Concludendo gli orsi ringraziarono la ragazza da capelli neri facendogli una festa. Un giorno c’era un ragazzo con i capelli neri che si chiamava Avu con lui aveva una ragazza che si chiamava Acial. Vengono da Italia. Devono andare a Parigi perché a loro piace tanto Parigi, dicono che è bellissima la vogliono visitarla. E lì incontrano una signora che gli dice la strada di Parigi la ringraziano tanto. Dopo che erano arrivati a Parigi fanno delle foto si rilassano su un Hotel per un giorno rimangono lì. Alla mattina escono e vanno a fare un po’ dello shopping incontrarono delle persone molto simpatiche in quel negozio di scarpe e vestiti. Una notte Acial era uscita da sola e lì stava attraversando la strada e una macchina la uccide c’era tutto sangue, ma quella macchina non si fermò andava a tutta velocità; le altre macchine la videro che c’era una ragazza in mezzo alla strada e la portarono all’ospedale. Avu non lo sapeva, ma gli viene un telefono dall’ospedale che doveva venire subito lì, Avu tutto preoccupato andò all’ospedale e lì vide che Acial si era rotta gamba. Avu disse: “che ti è successo? come successo questo?” Non è successo niente disse Acial. Avu disse: “perché eri uscita da sola lo sai io ti voglio bene”. Acial si accontentò di quello che aveva detto Avu e allora tutti e due si sposarono e ritornarono in Italia. 1 DONATA È UNA RAGAZZA CHE VIENE DAL KAMERON UNA CITTÀ DILL’AFRICA È VENUTA NELLE MARCHE PERCHÉ VUOLE IMPARARE LA NOSTRA LINGUA E CONOSCERE MEGLIO L’ITALIA. HA VIAGGIATO IN ITALIA IN COMPAGNIA DI SUA SORELLA E SUO PADRE. HA INCONTRATO MOLTE PERSONE ED È MOLTO SIMPATICA CON I SUOI COMPAGNI DI SCUOLA. LA SUA PRIMA CASA LA COMPRÒ VICINO AL BAR DELLO STADIO. DOPO UN ANNO È DIVENTATA PIÙ GRANDE E PIÙ SIMPATICA. Un ragazzo di nome John Palazzesi, di origine italiana, vuole arrivare in Spagna per cercare dei posti di lavoro. John parte, con l’aereo, la mattina del 13 gennaio del 2012 con il suo cagnolino Bob per avere Un po’ di compagnia. Arrivato in Spagna incontrò una signora che cercava un commesso per il suo ristorante di lusso. John guardò il cane che stava scodinzolando, come se voleva fare cenno di accettare. John accettò e così quella signora lo portò in un ristorante bellissimo, chiamato “il paese delle delizie” dove, all’interno, brillava un maestoso bancone di oro puro. Lui lavorò in quel ristorante per molto tempo con il suo cane che scodinzolava per tutta la giornata. John, per la sua gentilezza, diventò famoso in tutta la Spagna e il ristorante diventò il più famoso di tutto il mondo e lui ricevette abbastanza soldi per vivere e comprarsi una casa Isabella era una ragazza dai capelli neri che scappa e va in un paese che non conosce. Con se ha un cane e solo una borsa piccola con pochi spiccioli che aveva risparmiato nella sua vita e un po di cibo per lei e il suo cane. 97 2 UNA BELLA RAGAZZA RUSSA CAPELLI NERI E OCCHI VERDI PRENDE UN AEREO E SI TRASFERISCE IN ITALIA PERCHE’ I GENITORI DEVONO TROVARE LAVORO. JASMINE E’ UNA RAGAZZA SOLARE E ALLEGRA, LEI TIENE SEMPRE CON LEI UN PELUCHE A FORMA DI ORSACCHIOTTO. DOPO 3 ORE DI VIAGGIO ARRIVANO FINALMENTE A ROMA, LI’ SI TROVANO UN PO’ DISORIENTATI PERCHE’ LA CARTINA E’ MOLTO COMPLICATA DA LEGGERE PERCHe’ ERA SCRITTA IN ITALIANO. POCO DOPO PRENDE UN TAXI PER FORTUNA IL TAXISTA PARLAVA RUSSO SE NO SEREBBE STATO MOLTO COMPLICATO Il nome proprio dell’alunna è stato sostituito con lo pseudonimo assegnatole. Ester Rachele 13 14 Michele 12 Isabella viene dalla spagna e va in Australia che lei non conosce per niente. Lei è scappata in Australia perché i suoi genitori gli hanno detto che era stat promessa sposa di un certo Fabio. Lei viaggia con il suo cane finché incontra una vecchia amica d’infanzia che era la proprietaria di un Hotel e dopo che Isabella gli aveva raccontato tutto quello che gli era successo la sua amica la invita nell’Hotel. Lo sposo di Isabella aveva messo un microcip nel suo cappotto per rintralciarla quindi lui arrivò fino a quel Hotel, ma quando era arrivato lei non c’era. Isabella cammino per molti chilometri e poi si fermò per mangiare qualcosa, ma il cane scappa e lei gli corse dietro ma si perde e non sa dove andare perche i posti erano tutti uguali c’erano solo alberi identici: Fabio trova il cane e rintraccia Isabella solo che Isabella non sapeva che lui era Fabio e quando gli disse chi era lei non si arrabiò perche si innamorò di lui si sposarono e non solo lei era felice ma ha anche risparmiato una guerra al padre. Un bambino di nome Fraldik e ha undici anni e viene dal Marocco. Io sono stato il primo a vederlo come viaggia: porta con sé una valigia ed è sempre abbracciato ad un orsacchiotto pelosetto di colore marroncino e con un fioccheto rosso e a pallini bianchi al collo. Stava andando in cerca di un accampamento, perché era appena arrivato. Pultroppo un gruppo di bulli, che odiano i stranieri, gli ammaccò la valigia e gli rubò l’orsacchiotto. Io dopo che i spietati bulli se ne andarono io feci conoscenza. Lo aiutai e chiamammo con i genitori la polizia e li sistemarono. Questa ragazzina dai capelli neri si chiama Natasha ha dodici anni e vive in Spagna e da lì si trasferisce in America a Washington D.C. il 12 settembre 2011. Lei con sé si è portata tutti i suoi pupazzetti e i suoi famigliari. Da questo punto quando è entrata in aereo, vicino a lei c’era 2 questa bambina che si chiama Rachele lei viene dalla Russia e anche lei si deve trasferire in America nella stessa città e paese. Questa fu una grande coincidenza per Natasha e che non gli era mai successo una cosa del genere. Tutte e due le bambine vanno a Washington D.C. per motivi di lavoro dei genitori. Natasha e Helena si mettono vicino, i padri si mettono vicino e parlano della crisi, le madri invece parlano e discutono per vedere se le due bambine potevano andare nella stessa Scuola. Queste due bambine si riuniscono ogni giorno dopo Scuola, sia per fare i compiti, sia per giocare. Dopo di questo, visto che Natasha non sapeva l’inglese, Helena glie l’ha imparato ed è stato molto difficile perché lei non sapeva lo spagnolo. Questi anni passarono in fretta, dopo di questo quando sono diventate molto più grandi si sono ritrovate per caso in un ristorante e sono state molto felici. L’ITALIA 98 Lucilla Cristina Ada 15 16 17 DIALOGARE. ARRIVATI A CASA CHE ERA PICCOLA MA BELLA, LA SUA CAMERA ERA STUPENDA E DIPINTA DI ROSA CON UNA SCRIVANI MOLTO GRANDE VICINO AL LETTO UNA CABINA ARMADIO E UN’APPENDI PANNI. IL GIORNO DOPO ERA ANDATA A SCUOLA I GENITORI LA ACCOMPAGNORONO FUORI DALLA SCUOLA LA ASPETTAVA UNA PROFESSORESSA, LEI ANDO’ E APPENA ENTRO TUTTI I RAGAZZI LA FISSAVANO IN MODO STRANO. LI’ LA PROFESSORESSA GLI CHIESE SE CAPIVA LE PAROLE CHE LEI DICEVA LEI DISSE DI NO LA PROFESSORESSA GLI DIEDE UN ESERCIZIO LEI LO ESEGUI’ MOLTO BENE POCO DOPO RIUSCI’ A DIRE UN PO’ DI PAROLE POI CON L’AIUTO DEI COMPAGNI RIUSCI’ A IMPARARE MOLTE PAROLE E A FORMARE DELLE FRASI E SI FECE MOLTI AMICI. In un piccolo paese doveva venire una bambina albanese che si chiama Catia, lei aveva i capelli neri come il carbone, aveva la carnagione bianca come il latte e si era fatta 2 treccine quà e di là. Lei era tanto affezionata al suo gatto siamese, era un gatto ciccione anche se mangiava crocchette, Catia doveva andare in un piccolo paese di nome San Severino Marche, perché i suoi genitori dovevano guadagnare per mantenere la famiglia. Arrivata, Catia aveva un po’ paura perché temeva che i suoi compagni di classe non la consideravano. Catia faceva le medie la I D, subito dopo una compagna di nome Sara voleva diventare la sua migliore amica, Catia contenta le disse se tutti i pomeriggi gli insegnava la lingua Italiana. Passarono Settimane e Settimane ed era finita anche la scuola, le due amiche si divertirono, passarono vacanze molto divertenti. Catia fece l’ultimo giorno di vacanza con Sara che quando tornò a scuola i suoi compagni si stupirono perché aveva imparato perfettamente l’italiano e quindi non sembrava più una straniera. Josef è una ragazza dai capelli neri, viene dall’Africa ed è in viaggio per la germania, per condizioni economiche; porta con sé una valiga con soldi, scarso cibo e qualche vestito ridotto male. Appena arrivata alla sua meta, la ragazza si dà da fare per trovare alloggio. Mentre passa tra i banchi del mercato, incontra una donna anziana che si affatica a portare molte buste pesanti. Josef si avvicina alla donna e le dice: “Buongiorno signora, ho visto che ha bisogno di aiuto, come posso aiutarla?” “Oh cara, ti ringrazio, ti sarei grata se tu mi aiutassi a portare la spesa.” La ragazza sensa pensarci su due volte, prende tre buste e le porta all’accogliente casa della vecchina. Questa la ringrazia e la invita a rimanere per un tè; la ragazza accetta l’invito e mentre parlano, la vecchina le chiede di dirle la sua storia. Josef le racconta che lei viene da una povera famiglia dell’Africa, da cui è scappata per trovare lavoro. La vecchina ne ha compassione e le propone un accordo: la ragazza avrebbe lavorato nella casa dell’anziana e lei le avrebbe offerto alloggio e cibo. Josef accetta con piacere e lavora dando risultati eccellenti. Un giorno decide di andare a trovare la sua famiglia, per dargli dei soldi. Tornata in Africa racconta alla famiglia i suoi operati e felice torna al lavoro. Makor è un ragazzo che viene dal Marocco, un adolescente che non conosce la lingua. Ha fatto un viaggio in aereo dal Marocco all’Italia, come turista e anche per problemi di studio, nella sua città non c’erano scuole e quindi va in Italia. Con sé porta una piccola valigia contenente un po’ di soldi e un po’ di vestiti. Nella sua scuola ci sono molti ragazzi, lui non conosce nessuno e si sente un po’ in difficoltà. Passa un anno e lui sa parlare già molto bene. L’unico problema è che fin’ora non ha nessun amico. Dopo qualche giorno incontra Luk che anche lui è immigrato dal Marocco. Luk vive nella sua casa da solo perché i suoi genitori sono morti molti anni fa, invece Makor vive nella sua macchina che compra dopo aver 99 Balina Donata 18 19 A volte Makor va in Marocco per trovare i suoi genitori e poi ritorna in Italia da Luk dove ormai vive lì. Una ragazza Albanese di nome Bora la quale aveva i capelli neri e gli occhi verdi era sola ed era appena arrivata in Spagna. A lei alcune persone le avevano parlato della Spagna, ma lei non li sentiva mai. Bora aveva in mano un gatto di peluche che a lei glielo aveva dato sua madre, la quale non c’era più. Bora era andata in Spagna perché là aveva i suoi nonni, i quali le volevano bene, ma Bora non li conosceva. Quando arrivò a casa dei nonni Bora suonò il campanello e i nonni le aprirono la porta, la fecero entrare e la abbracciarono molto forte. In quella casa c’era anche un’altra bambina dai capelli castani e gli occhi neri, lei si chiamava Catia. La nonna di Bora le presentò Catia, lei era più grande di lei ma non le piaceva Bora. Quest’ultima voleva diventare amica di Catia, ma lei non voleva parlare con Bora. Un giorno andarono tutti sulla spiaggia e Bora come a solito aveva portato il gatto di peluche. Quando Bora andò in bagno, Catia prese il gatto di peluche e lo butto nell’acqua. Quando ritornò Bora stava cercando il peluche dappertutto, ma non lo trovava. Poi suo nonno disse: eccolo sta sulla riva del mare, Bora corse a prenderlo e lo asciugò, poi si addormentò. Il giorno dopo Catia disse a Bora che era stata lei a buttare il peluche nell’acqua, ma Bora la perdonò e diventarono amiche. Sasha è una ragazza che viene dalla Colombia, dai capelli neri, arriva a Parigi, una città che non conosce minimamente. Con sé ha il suo cane Mayla, che per lei è tutto, la sua famiglia, la sua migliore amica, per lei è questo Mayla. Sasha va a Parigi per cercare lavoro ed una nuova vita più felice rispetto a quella che aveva quando stava in Colombia. Ma all’aeroporto, a Melun, c’è la cugina di Sasha che la sta aspettando per portarla a Parigi e da lì andare ad un albergo, di nome “Doux” dove alloggera per un pò di tempo. Il giorno dopo si sveglia di mattina chiama il servizio in camera, ordina un succo d’arancia e una brioche. Dopo la colazione si prepara e lascia la chiave al custode ed esce di corsa, con il curriculum in mano alla ricerca di un lavoro, alla fine dopo parecchie ore di ricerca vede un panetteria, entra con l’ultima speranza. Ad un certo punto incortra un’altra ragazza che già lavorava lì e gli chiese se gli serviva qualcosa e lei gli rispose che aveva bisogno di parlare con il proprietario della panetteria. Dopo qualche minuto da una porta esce il capo. Verso le sei in punto Sasha esce e comincia il suo primo lavoro da cassiera. Da quel giorno la ragazza che lavorava con lei, di nome Michel, divennero amiche per la pelle. Un giorno a Michel viene in mente di andare a fare una passeggiata con il suo e il cane Sasha; ma il giorno dopo Sasha doveva ritorna in Colombia per motivi familiari. Sasha e Michel, dopo parecchi anni si incontrarono e non si lasciarono più! guadagnato un po’ di soldi facendo il barista. Luk e Makor diventano come fratelli e ormai vivevano insieme nella casa di Luk. Tutti e due avevano un lavoro e ormai si trovano molto bene in Italia. In seguito si comprano anche un cane e due gatti perché tutti e due amavano gli animali. 100 Loredana Andrea Igor Renato 1 2 3 4 ALUNNO Ho scoperto che la cultura è molto importante e La cultura è che parla di se stesso / / 1. HO SCOPERTO CHE… Che alla fine la bambina non le ha mangiate ma è rimasta / Che non è piacevole dare risposte Che parlava della bambina che mangiava le salsicce 2. QUELLO CHE MI È PIACIUTO DI PIÙ È STATO… La coltura musssulmana La lettura del brano / Si 3. NEL BRANO LETTO HO TROVATO COSE SIMILI A (PUOI PARLARE DI LETTURE FATTE O FILM VISTI, ESPERIENZE TUE O DI PERSONE CHE CONOSCI, ETC.)… La Somalia la loro coltura perché è / / Sulla cultura 4. MI PIACEREBB E SAPERE QUALCOSA DI PIÙ SU… S1. ALLEGATO N. 23. UA1 SCHEDA DIARIO ALUNNI, 03/05/2012 / / / / 5. PERCHÉ… / / Quando del film parlava Quando abbiamo leto cosa sa fare / La lettura PERCHÉ… PERCHÉ … / / 7. LA COSA PIÙ NOIOSA È STATA… 6. LA COSA PIÙ DIFFICILE È STATA… Perché parlava di lei che fa colazione con le amiche non mi è piaciuto tanto / / 8. ALTRO 101 6 5 Clara Emanuele che tutti gli stranieri che vengono in Italia devono fare le impronte perché se succede qualcosa cercano subito gli stranieri. I MUSULMANI SI SENTONO MOLTO ITALIANI ANCHE SE NON LO FANNO CAPIRE MOLTO, HO SCORPERT O CHE PER I MUSULMANI UN PEZZO DI CARNE VALE MOLTO PIU DI QUELLO CHE Ci sono culture che la pensano in Il testo letto TITOLO “SALCICCE” È CHE LA RAGAZZA VOMITATO SOPRA LE SALCICCE se stessa e non si è convertita solo perché agli altri danno fastidio gli stranieri. I musulmani non possono disegnare / La cultura dei musulmani SULLE ALTRE RELIGIONI interessante sapere cose di altre colture. È interessante. PERCHÉ MI PIACE SAPERE DI PIÙ SULLE USANZE DELLA GENTE spiegare le cose sottolineate. (perché) è IMMEDESIMAR SI NELLA RAGAZZA PERCHÉ HA DELLE USANZE DIVERSE fare la lettura sul significato della parola cultura. LEGGERE IL PEZZO IN CUI SI FA MILLE PARANOIE PER NON MANGIARE SALCICCE perché non mi piaceva. Già LA SAPEVO. PERCHÉ È STUPIDO NON FARE UNA COSA SE NON È SBAGLIATA E IMMORALE 102 Filippo Claudio Eleonora 10 11 Rubab 8 9 Enrica 7 I mussulmani odiano e non possono mangiare la carne di maiale I SOMALI NON MANGIANO CARNE DI / modo diverso da noi. La persone mussulmane non amano le salsicce anzi odiano la carne di maiale che è il nostro esatto contrario. / QUELLO CHE HA DETTO ALLA FINE CIOÈ CHE L’organizzazzio ne del testo LA STORIA DELLE SALCICCIE Che non li è piaciute le salcicce È stato quando la ragazza ha vomitato per la salsiccia e quando l’ha fritta. / / / Uno indiano film So che le ragazze musulmane vedono dei film per essere Italiane Allah. I SOMALI La sua storia SUI BAMBINI STRANIERI Sulla cultura La tradizione sui paesi non Italiani PERCHÉ NON LI CONOSCO PER NIENTE Perché è un bel racconto ed è abbastanza divertente Perché mi piace scoprire le religioni degli altri le loro culture. PERCHE SONO CURIOSO Per approfondire le mie conoscenze ALCUNI TERMINI LE PAROLE PIÙ DIFFICILI SCRITTE SUL TESTO (PERCHÉ) PERCHE SONO DIFFICILI Capire le parole mussulmane (perché) non so capire la lingua mussulmana niente difficile trovare le parole. I termini che non conoscevo (perché) non né sapevo il significato / Leggere tutto il brano LA CULTURA Lettura però non tanto mi piace questo no. Non c’è stasta / è stato lungo PERCHÉ A ME NON MI PIACE / / 103 Ester Lucilla 15 Rachele 13 14 Michele 12 / MAIALE E CHE HANNO CULTURE DIVERSE Che la cutura è importante e il nostro governo tratta i stranieri come pluripregiudic ati ricidivi Anche se sei di religione o cultura diversa è difficile seguire le cose degli altri. LA CULTURA È MOLTO IMPORTANT E PER K LA STORIA DELLE SALCICCIE LA PARTE IN DIALETTO ROMANO ALL’INIZIO Capire quello che vuol dire coltura. NON GLI IMPORTA PIÙ SE È UNA SOMALA Il racconto / LA CULTURA MUSSULMAN A la coltura mussulmana. Un Film SAPERE QUALCOSA DI PIÙ SU GLI STRANIERI LA SUA STORIA Sapere qualcosa di più su altre religioni. La cultura è PERCHÉ MI PIACE E SO CHE È DIVERTENTE PERCHÉ IL BRANO MA INCURIOSITO Perché mi piace scoprire cose nuove perché interessante NON C’È STATA PERCHÉ ERA TUTTO INTERESSANT E LA CULTURA PERCHÉ NON HO CAPITO UN PO’ NIENTE Capire che cosa vuol dire coltura La prima pagina (perché) Non era interessante LA CULTURA NON C’È STATA Sentire il brano letto / ALTRO MI È PIACIUTA MOLTO LA PERCHÉ NON HO CAPITO PERCHÉ ERA TUTTO INTERESSAN TE Perché non abbiamo letto noi / 104 Balina Donata 19 Ada 17 18 Cristina 16 / I musulmani non possono mangiare la carne del maiale. LA CULTURA È L’INSIEME DI CONOSCIEN ZE DI UN POPOLO O DI UNA SOLA PERSONA. LA CULTURA HA UN RUOLO IMPORTANT E / Il modo che la scrittrice ha parlato di sé e della cultura degli altri. LA LETTURA LA LETTURA DEL BRANO / In un film ho visto che gli Indiani non possono mangiare la carne della mucca perché per loro è sacra. / UN EPISODIO CHE MI HA RACCONTAT O MIA CUGINA / Sulle cose che indossano o che mangiano o in generale della cultura musulmana LA RELIGIONE MUSULMAN A LA CULTURA MUSULMAN A / Perché vorrei vedere quanto diversi sono da me e perché è interessante sapere cose sulle altre culture MI SEMBRA INTERESSANT E PERCHÈ È INTERESSANT E SCOPRIRE COME SI È DIVERSI Capire il perché questa ragazza non aveva un identità Perché questa ragazza in realtà aveva un identita come tutti anche se non lo capiva / / / / Tutto è stato interessante e niente noioso / I QUESITI / Perché ho imparato nuove cose. / STORIA DELLE SALCICCIE PERCHÉ NON MI PIACCIONO 105 1 2 ALUNNO Loredana Andrea Ma si cucinano in padella le salsicce? Si friggono? O forse si lessano? E se usassi il forno? Ma poi me le magno davvero, tutte intere? O sul più bello mi manca il coraggio e le butto? (pp. 25-26) Perché le ho comprate? E mo’ che ci faccio? Un'idea sarebbe cucinarle, ma chi la sente la mamma, dopo? (ma non molto) Rosetta Rosetta “Ma che cara, ti sei convertita? Non era peccato per te mangiare salsicce?». salsicce salsicce occhietti (p. 24) Mattina Allora perché quelle maledette salsicce? musulmana sunnita. Allora, vi chiederete, cos'è stato strambo? Cosa ha rotto l'equilibrio della normalità? Salsicce… vigilia di Ferragosto Roma una città moderna gente moderna SPALANCATA! (p. 23) Ahò me dai 5 chili de salsicce! Ehi, ma le vojo de quelle bbone, quelle che se sciojono en bocca come er miele. BRANI SOTTOLINEATI NEL TESTO / salsicce. S1. ALLEGATO N. 24. UA1 RICERCA “CULTURA” IN SALSICCE, 03/05/2012 MOTIVAZIONI DELLA SCELTA / HO SOTTOLINEATO LE PAROLE CHE INDICANO CHE: DIALETTO RELIGIONE USANZA ALIMENTARE 106 3 4 italiana mi ricordo a memoria tutte le parole del 5 maggio di Alessandro Manzoni Gianni Morandi (p. 29) 1) bevo il tè con cardamomo, i chiodi di garofano e la cannella; 2) recito le 5 preghiere quotidiane verso la Mecca; 3) mi metto il dirah; 4) profumo la casa con l'incenso o l'unsi; (p. 28) / Credo di essere una donna senza identità. O meglio con più identità. Chissà come saranno belle le mie impronte digitali! (p. 28) / Ho sottolineato queste cose perché rappresentano la cultura ad esempio i vestiti, cibi frasi che ricordano certi eventi. I numeri di pagina si riferiscono alle copie del testo fornite agli alunni e tratte dal volume di Kuruvilla G., Mubiayi I., Scego I., Wadia L. Pecore nere, a cura di Fulvia Capitani ed Emanuele Coen. Bari: Laterza, 2005. 1 Igor Renato (ricerca svolta sulle pp. 1 28 - 35) (che stava andando anche bene) (p. 27) (ahimè, diventerà idiota crescendo), «Ami più la Somalia o I'Italia?» «Ti senti più italiana o più somala?» Ma quel passaporto era veritiero? Ero davvero un'italiana nell'intimo? O piuttosto dovevo fare la fila e dare come tanti le mie impronte? Impronte o non impronte? A tutti gli extracomunitari che vorranno rinnovare il soggiorno saranno prese preventivamente le impronte digitali. Ed io che ruolo avevo? Sarei stata un'extracomunitaria, quindi una potenziale criminale, a cui lo Stato avrebbe preso le impronte per prevenire un delitto che si supponeva prima o poi avrei commesso? O un'italiana riverita e coccolata a cui lo Stato lasciava il beneficio del dubbio, anche se risultava essere una pluripregiudicata recidiva? Italia o Somalia? ma ne vale veramente la pena? gente lo capirà che sono italiana come loro? Identica a loro? O sarà stata una bravata inutile? 107 5 Emanuel e (ricerca svolta con Ada) dà fastidio,…non me ne importerà nulla! (p. 35) Vediamo un po'. Mi sento somala quando: 1) bevo il tè con cardamomo, i chiodi di garofano e la cannella; 2) recito le 5 preghiere quotidiane verso la Mecca; 3) mi metto il dirah; 4) profumo la casa con l'incenso o l'unsi; 5) vado ai matrimoni in cui gli uomini si siedono da una parte ad annoiarsi e le donne dall'altra a ballare, divertirsi, mangiare... insomma a godersi la vita; 6) mangio la banana insieme al riso, nello stesso piatto, intendo; 7) cuciniamo tutta quella carne con il riso o l'angeelo; 8) ci vengono a trovare i parenti dal Canada, dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, dall'Olanda, dalla Svezia, dalla Germania, dagli Emirati Arabi e da una lunga lista di stati che per motivi di spazio non posso citare in questa sede, tutti parenti sradicati come noi dalla madrepatria; 9) parlo in somalo e mi inserisco con toni acutissimi in una conversazione concitata; 10) guardo il mio naso allo specchio e Io trovo perfetto; I l) soffro per amore; 12) piango la mia terra straziata dalla guerra civile; 13) faccio altre 100 cose, e chi se le ricorda tutte! (p. 28) una tribù primitiva (p. 34) Italiana Somalia Mie impronte mie impronte (p. 31) Forse mangiando una salsiccia passerei da impronte neutre a vere impronte digitali made in Italy (p. 30) Italia (p.29) Piango per i partigiani troppo spesso dimenticati HO ELENCATO QUESTO PERCHÉ SONO LE COSE FANNO SENTIRE LA RAGAZZA PARTE DI UNA RELIGIONE. 108 QUANDO UNA PERSONA ABITA IN UN PAESE, LUI SI SENTE COME SE FA PARTE DI UNA RELIGIONE/COMUNITA’. VUOL FAR PARTE DI UNA COMUNITA’ per dimostrare di non avere la coda di paglia? Per dimostrare che sono anch’io una sorella d’Italia con tutti i crismi? (p. 34) PERCHE’ NON MANGIARE MAILE FA PARTE DELLA RELIGIONE MUSULMANA. HO EVIDENZIATO QUESTO PERCHE SONO LE COSE CHE FANNO SENTIRE QUESTA RAGAZZA ITALIANA. Somalia? (p. 31) Mi sento italiana quando: 1) faccio una colazione dolce; 2) vado a visitare mostre, musei e monumenti; 3) parlo di sesso, uomini e depressioni con le amiche; 4) vedo i film di Alberto Sordi, Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Monica Vitti, Totò, Anna Magnani, Giancarlo Giannini, Ugo Tognazzi, Roberto Benigni, Massimo Troisi; 5) mangio un gelato da 1,80 euro con stracciatella, pistacchio e cocco senza panna; 6) mi ricordo a memoria tutte le parole del 5 maggio di Alessandro Manzoni; 7) sento per radio o tv la voce di Gianni Morandi; 8) mi commuovo quando guardo negli occhi l'uomo che amo, lo sento parlare nel suo allegro accento meridionale e so che non ci sarà un futuro per noi; 9) inveisco come una iena per i motivi più disparati contro primo ministro, sindaco, assessore, presidente di turno; 10) gesticolo; 11) piango per i partigiani, troppo spesso dimenticati; 12) canticchio Un anno d'amore di Mina sotto la doccia; 13) faccio altre 100 cose, e chi se le ricorda tutte! Un bel problema l'identità, e se l'abolissimo? E le impronte? Da abolire anche quelle! lo mi sento tutto, ma a volte non mi sento niente. Per esempio sono niente sull'autobus quando sento la frase «questi stranieri sono la rovina dell'Italia» e mi sento gli occhi della gente appiccicati addosso tipo big bubble. (p. 29) Non devo mangiare questa salsiccia. (p. 31) 109 6 Clara (ricerca svolta con Balina) PERCHE’ OGNUNO DEVE FARE QUELLO CHE CREDE SIA GIUSTO No, sarei la stessa, lo stesso mix. E se questo dà fastidio, d’ora in poi non me ne importerà nulla! Più somala? Più italiana? (p. 28) “italiana” «Ami più la Somalia o I'Italia?». «Ti senti più italiana o più somala?» Impronte mi sembrava tutto un errore Italia o Somalia? Se mi ingoio queste salsicce una per una, la gente lo capirà che sono italiana come loro? Identica a loro? era peccato …mangiare salsicce? Musulmana sunnita Ho sottolineato “popolata di gente moderna” perché è gente moderna che si veste e fa cose moderne; “musulmana” perché è una religione; “era peccato mangiare salsicce” perché l’alimentazione è una cultura; “Se mi ingoio queste salsicce una per una, la gente lo capirà che sono italiana come loro?” perché lei pensava che se mangiava le salsicce sarebbe stata diversa, ma lei fa parte di quella cultura; “Italiana o Somalia?” perché gli Italiani fanno parte di una cultura la gente che vive a Somalia, di un’altra; Ho sottolineato a pagina 28 e 29 perché racconta quello che lei indossa quello che i musulmani fanno ecc.; “Come fanno a mangiare questa robaccia” perché per lei era molto strano ed la sua cultura non glie lo concede. “treccioline finte rasta” modo di abigliamento, ESSERE LIBERI DI SCEGLIERE LA PROPRIA RELIGIONE Questa scena mi distrugge, mi metto a piangere. Guardando quei due uomini mi rendo conto che io ho ancora una scelta, ho ancora me stessa. Posso ancora tuffarmi in mare come Manfredi-Titì. Ormai Roma è la capitale di un paese che si considera parte della rete globale, una città moderna, popolata di gente moderna, quindi aperta, anzi, che dico, SPALANCATA! E’ UNA RELIGIONE CHE E’ STATA CREATA PERBATTERE I FASCITI CHE VOLEVANO CONQUISTARE L’AFRICA Rasta (p. 34) 110 fanno a mangiare questa robaccia? sarò forse italiana. Ma la Somalia? Che ci faccio con la Somalia? come da impronte neutre a vere impronte digitali made in Italy «questi stranieri sono la rovina dell'Italia» negli occhi l'uomo che amo, lo sento parlare nel suo allegro accento meridionale e so che non ci sarà un futuro per noi; 9) inveisco come una iena per i motivi più disparati contro primo ministro, sindaco, assessore, presidente di turno; 10) gesticolo; 11) piango per i partigiani, troppo spesso dimenticati; 12) canticchio Un anno d'amore di Mina sotto la doccia; 13) faccio altre 100 cose, e chi se le ricorda tutte! mangio un gelato da 1,80 euro con stracciatella, pistacchio e cocco senza panna; 6) mi ricordo a memoria tutte le parole del 5 maggio di Alessandro Manzoni; 7) sento per radio o tv la voce di Gianni Morandi; 8) mi commuovo quando guardo faccio una colazione dolce; 2) vado a visitare mostre, musei e monumenti; 3) parlo di uomini e depressioni con le amiche bevo il tè con cardamomo, i chiodi di garofano e la cannella; 2) recito le 5 preghiere quotidiane verso la Mecca; 3) mi metto il dirah; 4) profumo la casa con l'incenso o l'unsi; 5) vado ai matrimoni in cui gli uomini si siedono da una parte ad annoiarsi e le donne dall'altra a ballare, divertirsi, mangiare... insomma a godersi la vita; 6) mangio la banana insieme al riso, nello stesso piatto, intendo; 7) cuciniamo tutta quella carne con il riso o l'angeelo; 8) ci vengono a trovare i parenti dal Canada, dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, dall'Olanda, dalla Svezia, dalla Germania, dagli Emirati Arabi e da una lunga lista di stati che per motivi di spazio non posso citare in questa sede, tutti parenti sradicati come noi dalla madrepatria; 9) parlo in somalo e mi inserisco con toni acutissimi in una conversazione concitata; 10) guardo il mio naso allo specchio e Io trovo perfetto; I l) soffro per amore; 12) piango la mia terra straziata dalla guerra civile; 13) faccio altre 100 cose, e chi se le ricorda tutte! Identità capelli; 111 7 8 Mi sento italiana quando: 1) faccio una colazione dolce; 2) vado a visitare mostre, musei e monumenti; 3) parlo di sesso, uomini e depressioni con le amiche; 4) vedo i film di Alberto Sordi, Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Monica Vitti, Totò, Anna Magnani, Giancarlo Giannini, Ugo Tognazzi, Roberto Benigni, Massimo Troisi; 5) mangio un piango la mia terra straziata dalla guerra civile da una lunga lista di stati che per motivi di spazio non posso citare in questa sede, tutti parenti sradicati come noi dalla madrepatria Mi sento somala quando: 1) bevo il tè con cardamomo, i chiodi di garofano e la cannella; 2) 2 recito le 5 preghiere quotidiane verso la Mecca; 3) mi metto il dirah ; 4) profumo la casa 3 con l'incenso o l'unsi ; 5) vado ai matrimoni in cui gli uomini si siedono da una parte ad annoiarsi e le donne dall'altra a ballare, divertirsi, mangiare... insomma a godersi la vita;(…), 4 nello stesso piatto, intendo; 7) cuciniamo tutta quella carne con il riso o l'angeelo; “italiana” / almeno per la sottoscritta (p. 28) 3 Abito femminile somalo. Miscela di incenso e altri profumi. 4 L’alunna non ha sottolineato i numeri dell’elenco presenti nel testo. 2 Enrica Rubab (ricerca svolta sulle pp. 28-35) Sarei più italiana con una salsiccia nello stomaco? E sarei meno somala? Treccioline finte rasta Africa Italiani Devo mangiarmi la salsiccia con il vomito per dimostrare di non avere la coda di paglia? Per dmostrare che sono anch’io una sorella d’Italia con tutti i crismi? Di avere impronte made in Italy a denominazione di origine controllata? / LA MIA RISPOSTA: Io ho sottolineato queste cose perché riguardavano alla parola CULTURA. Secondo nel mangiare, sentirsi stranieri. Per esempio anche come siamo, Italiani, stranieri…l’abbigliamento, relegione, delle regole. 112 Claudio Filippo (ricerca svolta sulle pp. 23-27) 1) bevo il tè con cardamomo, i chiodi di garofano e la cannella; 2) recito le 5 preghiere 5 6 quotidiane verso la Mecca; 3) mi metto il dirah ; 4) profumo la casa con l'incenso o l'unsi ; 5) vado ai matrimoni in cui gli uomini si siedono da una parte ad annoiarsi e le donne dall'altra a ballare, divertirsi, mangiare... insomma a godersi la vita; 6) mangio la banana insieme al riso, nello stesso piatto, intendo; 7) cuciniamo tutta quella carne con il riso o 7 l'angeelo ; 8) ci vengono a trovare i parenti dal Canada, dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, dall'Olanda, dalla Svezia, dalla Germania, dagli Emirati Arabi e da una lunga preventivamente le impronte digitali. (p.26) A tutti gli extracomunitari che vorranno rinnovare il soggiorno saranno prese nell’era dell’euro è quasi proibitivo (p. 24) musulmana 23) moderna, popolata di gente moderna, quindi aperta, anzi, che dico, SPALANCATA! (p. Ormai Roma è la capitale di un paese che si considera parte della rete globale, una città 6 Abito femminile somalo. Miscela di incenso e altri profumi. 7 Focaccia. 5 10 9 …metto…nel piatto blu. La bellezza (p. 30) Come fanno a mangiare questa robaccia? Impronte neutre a vere impronte digitali made in Italy gelato da 1,80 euro con stracciatella, pistacchio e cocco senza panna; 6) mi ricordo a memoria tutte le parole del 5 maggio di Alessandro Manzoni; 7) sento per radio o tv la voce di Gianni Morandi; 8) mi commuovo quando guardo negli occhi l'uomo che amo (p. 29) Ho sottolineato queste parole perché mettono in risalto le differenze culturali e abitudinarie della Pag. 28 e 29 Forse sono italiana. Ma la Somalia? Che ci faccio con la Somalia? E’ un bel film e insegna molte cose sugli italiani. Ho scelto queste parole perche rappresentano molto bene li concetto di cultura. 113 Eleonora Michele (ricerca svolta sulle pp. 23-27) Rachele (ricerca 11 12 13 Vigilia di Ferragosto = pag.23 =lei non magia la carne perché è mussulmana. italiana o più somala? (p. 27) Rammentare la gravità del mio atto non mi rendeva il compito facile, anzi! (p. 25) “ Ma che cara, ti sei convertita? Non era peccato per te mangiare salsicce? “ peccare era l’ultimo dei miei pensieri (p. 24) / rete globale, una città moderna, popolata di gente moderna, quindi aperta, anzi, che dico, SPALANCATA! (p. 23) E’ un bel film e insegna molte cose sugli italiani. Certo se mangio questa pseudo-salsiccia coperta da squame di vomito color canarino sarò forse italiana. Ma la Somalia? Che ci faccio con la Somalia? (p. 31) lista di stati che per motivi di spazio non posso citare in questa sede, tutti parenti sradicati come noi dalla madrepatria; 9) parlo in somalo e mi inserisco con toni acutissimi in una conversazione concitata; 10) guardo il mio naso allo specchio e Io trovo perfetto; I l) soffro per amore; 12) piango la mia terra straziata dalla guerra civile; 13) faccio altre 100 cose, e chi se le ricorda tutte! Mi sento italiana quando: 1) faccio una colazione dolce; 2) vado a visitare mostre, musei e monumenti; 3) parlo di uomini e depressioni con le amiche; 4) vedo i film di Alberto Sordi, Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Monica Vitti, Totò, Anna Magnani, Giancarlo Giannini, Ugo Tognazzi, Roberto Benigni, Massimo Troisi; 5) mangio un gelato da 1,80 euro con stracciatella, pistacchio e cocco senza panna; 6) mi ricordo a memoria tutte le parole del 5 maggio di Alessandro Manzoni; 7) sento per radio o tv la voce di Gianni Morandi; 8) mi commuovo quando guardo negli occhi l'uomo che amo, lo sento parlare nel suo allegro accento meridionale e so che non ci sarà un futuro per noi; 9) inveisco come una iena per i motivi più disparati contro primo ministro, sindaco, assessore, presidente di turno; 10) gesticolo; 11) piango per i partigiani, troppo spesso dimenticati; 12) canticchio Un anno d'amore di Mina sotto la doccia; 13) faccio altre 100 cose, e chi se le ricorda tutte! Io ho scelto queste parole perché parlano della cultura sua. / Io ho scelto si sottolineare queste parole perché mi sembrano parole di culture, abitudini delle varie culture. civiltà Somala e Italiana, facendo anche capire che sono abitudini e differenze solo apparenti e quindi possiamo dire ancora di più che non c’è differenza tra le popolazioni 114 14 Ester (ricerca svolta sulle pp. 28-35) svolta sulle pp. 23-27) 1) faccio una colazione dolce; 2) vado a visitare mostre, musei e monumenti; 3) parlo di uomini e depressioni con le amiche; 4) vedo i film di Alberto Sordi, Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Monica Vitti, Totò, Anna Magnani, Giancarlo Giannini, Ugo Tognazzi, Roberto Benigni, Massimo Troisi; 5) mangio un gelato da 1,80 euro con stracciatella, pistacchio e cocco senza panna; 6) mi ricordo a memoria tutte le parole del 5 maggio di Alessandro Manzoni; 7) sento per radio o tv la voce di Gianni Morandi; 8) mi commuovo quando guardo negli occhi l'uomo che amo, lo sento parlare nel suo allegro accento meridionale e so che non ci sarà un futuro per noi; 9) inveisco come una iena per i motivi più disparati contro primo ministro, sindaco, assessore, presidente di turno; 10) gesticolo; 11) piango per i partigiani, troppo spesso dimenticati; 12) canticchio Un anno d'amore di Mina sotto la doccia; 13) faccio altre 100 cose, e chi se le ricorda tutte! Un bel problema l'identità, e se l'abolissimo? (p. 29) 1) bevo il tè con cardamomo, i chiodi di garofano e la cannella; 2) recito le 5 preghiere quotidiane verso la Mecca; 3) mi metto il dirah; 4) profumo la casa con l'incenso o l'unsi; 5) vado ai matrimoni in cui gli uomini si siedono da una parte ad annoiarsi e le donne dall'altra a ballare, divertirsi, mangiare... insomma a godersi la vita; 6) mangio la banana insieme al riso, nello stesso piatto, intendo; 7) cuciniamo tutta quella carne con il riso o l'angeelo; 8) ci vengono a trovare i parenti dal Canada, dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, dall'Olanda, dalla Svezia, dalla Germania, dagli Emirati Arabi e da una lunga lista di stati che per motivi di spazio non posso citare in questa sede, tutti parenti sradicati come noi dalla madrepatria; 9) parlo in somalo e mi inserisco con toni acutissimi in una conversazione concitata; 10) guardo il mio naso allo specchio e Io trovo perfetto; I l) soffro per amore; 12) piango la mia terra straziata dalla guerra civile; (p. 28) Parole e frasi sottolineate nel testo: Nazionalità Italiana =coltura Mussulmana o sunnita = di che cultura PERCHÉ TUTTI QUESTI PARTICOLARI E MODI DI VIVERE SONO CULTURE. 115 Lucilla (ricerca svolta sulle pp. 28-35) Cristina (ricerca svolta sulle pp. 23-27) 15 16 SOMALA: è il nominativo che si dà alle persone che hanno la cittadinanza somala. passaporto (p. 26) italiana FRIGGONO; LESSANO; USANDO IL FORNO; CUCINANO IN PADELLA= modi con cui si può ITALIANA: è il nominativo che si dà alle persone che hanno la cittadinanza italiana. A tutti gli extracomunitari che vorranno rinnovare il soggiorno saranno prese preventivamente le impronte digitali. tribunale familiare A TUTTI GLI EXTRACOMUNITARI […] : E’ un avviso che bisogna compiere. PASSAPORTO: fa parte delle culture perché è l’elemento con cui si può passare da un continente e l’altro. Roma capitale: ci spiega che città, in un certo paese, è la capitale. Musulmana sunnita: di che religione è. Era dell’euro: ci fa capire che tipo di moneta si usa in uno stato o in un continente. PECCATO MANGIARE SALSICCIE: è una regola di una religione, cioè fa parte della cultura. Questo fa parte della cultura perché ho queste conoscienze di parenti che vivono all’Estero. si cucinano in padella Si friggono? si lessano usassi il forno? (p. 25) Peccato per te mangiare salsicce? Abbiamo dovuto vomitare il riso fino all’ultimo chicco Musulmana sunnita Nell’era dell’euro è quasi proibitivo (p. 24) Ferragosto (p. 23) salsicce ci vengono a trovare i parenti dal Canada, dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, dall'Olanda, dalla Svezia, dalla Germania, dagli Emirati Arabi e da una lunga lista di stati che per motivi di spazio non posso citare in questa sede, tutti parenti sradicati come noi dalla madrepatria; 9) parlo in somalo e mi inserisco con toni acutissimi in una conversazione concitata; (p. 28) BEVO IL TÈ CON IL CARDAMOMO, I CHIODI DI GAROFANO E LA CANNELLA, RECITARE LE PREGHIERE QUOTIDIANE RIVOLTI ALLA MECCA, METTERSI IL DIRAB, PROFUMARE LA CASA DI INCENSO O L’UNSI, ANDARA AI MATRIMONI DOVE GLI UOMINI SI ANNOIANO E LE DONNE SI GODONO LA VITA MANGIARE. Parole e frasi trascritte su un foglio: E’ un bel film e insegna molte cose sugli italiani. (p. 34) 116 Ada (ricerca svolta con Emanuel e). Balina Donata 17 18 19 No, sarei la stessa, lo stesso mix. E questo dà fastidio, d’ora in poi non me ne importa nulla. Vd. supra (l’attività è stata svolta in coppia con Clara) / P. 35 Questa scena mi distruggere, mi metto a piangere. Guardando quei due uomini mi rendo conto che io ho ancora una sceltaa, ho ancora me stessa. Posso ancora tuffarmi in mare come Mandredi-Titì. P. 34 Per dimostrare che sono anch’io una sorella d’Italia con tutti i crismi? P. 31 Non devo mangiare queste salsicce. P. 28-29 (…) P.26 Sarei stata un’extracomunitaria, quindi di una potenziale criminale… Parole e frasi trascritte su un foglio: - ROMA CAPITALE - MUSULMANA SUNNITA -ERA DELL’EURO -PECCATO MANGIARE SALSICCE -PASSAPORTO -A TUTTI GLI EXTRACOMUNITARI CHE VORRANNO RINNOVARE IL SOGGIORNO SARANNO PRESE PREVENTIVAMENTE LE IMPRONTE DIGITALI. - ITALIANA -SOMALA -FRIGGONO -LESSANO -USANDO IL FORNO -CUCINANO IN PADELLA P. 24 Io, una musulmana sunnita somala (p. 27) / / Ho sottolineato quelle cose perché per descrivono la parola CULTURA. cucinare un certo cibo. me 117 Loredana Andrea 1 2 ALUNNO / Ogni lingua ha una cultura diversa e se si va in un altro paese vieni accolto molto bene fai subito amicizia con gli altri 1. HO SCOPERTO CHE… salsiccie l’arricchimento e la conoscono di una nuova lingua, l’albanese una lingua 36 lettere dell’alfabeto, 29 consonanti e 7 vocali 2. QUELLO CHE MI È PIACIUTO DI PIÙ È STATO… 3. NEL BRANO LETTO HO TROVATO COSE SIMILI A (PUOI PARLARE DI LETTURE FATTE O FILM VISTI, ESPERIENZE TUE O DI PERSONE CHE CONOSCI, ETC.)… a un altro brano che abbiamo letto in classe su un bambino albanese che va in una scuola italiana e tutti lo accolgono con emozione come è successo a me in 4^ elementare quando è arrivato Igor / bracciale sull’Albania una città da come pare è bellessima 4. MI PIACEREBBE SAPERE QUALCOSA DI PIÙ SU… S1. ALLEGATO N. 25. UA2 SCHEDA DIARIO ALUNNI, 21/05/2012 / da come ne parlano è bellissima e la voglio conoscere con delle foto 5. PERCHÉ… niente perché sapevo tutto tutto / PERCHÉ… PERCHÉ… l’alfabeto dei popoli perché è un discorso ampio sulle pronuncie 7. LA COSA PIÙ NOIOSA È STATA… 6. LA COSA PIÙ DIFFICILE È STATA… / Questa lezione è servita per arricchire il mio bagaglio culturale e con le altre lezioni lo arricchirò ancora di più 8. ALTRO 118 Enrica 7 Emanuele 5 Clara Renato 4 6 Igor 3 E’ DIFFICILE AMBINTARSI IN UN AM BIENTE DAL PROPRIO SOPRATTUT O SE NON SI PARLA LA STESSA LINGUA In albania nell’alfabeto ci sono 36 lettere per uno straniero è difficile ambientarsi in un ambiente che non si conosce CI SONO COSE CHE ACCOMUNAN O LA LINGUA ITALIANA CON QUELLA la lingua Albanese e Italiana hanno una cosa in comune Quando ariva qualcuono straniero i sta dificile parlare la lingua Italiana. QUANDO TUTTI HANNO FATTO SENTIRE PROTAGONI il Pensiero sull’italia da parte delle Bambine IL PENSIERO SULL’ITALIA DELLA BAMBINA Il racconto dei popoli La bambina quando si sente nel 7 cielo. QUANDO IO SONO STATA ACCOLTA DA TUTTI I MIEI CONOSCIEN TI PER LA No. un brano che abbiamo letto a scuola che parla sempre di un bambino albanese NO / lingua LA CULTURA ALBANESE L’ALBANIA SULL’ALBANI A La Abane lingue straniere MI INTERESSA E’ INTERESSAN TE E’ UN POPOLOCON UNA STORIA AFFASCINAN TE è interessante nuove lingue mi diverto imparo più cose L’ALFABETO DEI POPOLI PERCHE’ HA SUSCITATO IN ME MOLTE DOMANDE La riflessione perché era un po’ difficile il concetto INTERPRETAR E I PENSIERI DELLA RAGAZZA PERCHE’ HA UNA CULTURA DIVERSA DALLA MIA Il fratello della protagonista che parlava della lettera “c” perché c’era delle parole in Albanese Niente NIENTE E’ STATO NOIOSO La riflessione perché era noiosa I PENSIERI SULL’ALFATO PERCHE’ FARSI TROPPE DOMANDE PORTA A ESSERE PARANOICI Niente non è stato niente noioso / / / / / 119 Rachele Ester 13 14 Claudio 10 Eleonora Michele Filippo 9 11 12 Rubab 8 tutti NON BISOGNA MAI ESSERE TIMIDI E NON BISOGNA MAI AVER PAURA DI PARLALE. tutti gli alunni stranieri hanno paura il primo giorno di scuola in un altro paese. / come Si sentono i stranieri quando vengono in Italia / MI PIACE LA LINGUA ALBANESE siamo diversi ALBANESE i in E STATA L’ULTIMA PARTE E LE PAROLE IN ALBANESE leggere racconti. / tutto le parole albanese. QUANDO ABBIAMO LETTO LA RIFLESSION E SUI POPOLI STA LA BAMBINA ALBANESE che ha imperato l’italiano / La vitta che sto trascorre tra. / / / / / COMUNIONE LA FINE / / LA CULTURA ALBANESE la scuola albanese LA LINGUA ALBANESE se quella bambina ha facebook SONO CURIOSA / / MI INTERESSA sono curioso MI ISPIRA MOLTO / completare le scede perché c’erano delle domande difficili NON CI SONO STATE / L’ALFABETO DEI POPOLI PERCHE’E’ STATO PIU’ COMPLICATO LA SCHEDA SUL TESTO PERCHE’ NON SAPEVO RISPONDERE AD ALCUNE DOMANDE capire l’ALFABETO DEI POPOLI perché mi ha un po’ confuso niente L’ALFABETO DEI POPOLI PERCHE’ ERA BELLO MA NON MI HA INCURIOSITO COME TUTTO IL RESTO completare le schede perché troppe domande / NIENTE PERCHE’ MI E’ PIACIUTO TUTTO leggere le parole più difficile perché non riuscivo a capirle c’era un’ po che mi ha annoiata. perché mi è piaciuto tutto QUANDO CI HA DATO LA SCHEDA PER IL TESTO / / / / / / / 120 Donata 19 Ada 17 Balina Cristina 16 18 Lucilla 15 conoscere è interessante e bello ANCHE SE SIAMO DIVERSI SIAMO UGUALI La lingua albanese e la lingua Italiana hanno cose in comune I BAMBINI STRANIERI HANNO DIFFICOLTA’ PER PRENDERE CONOSCIENZ E CON I LORO COMPAGNI E’ IMPORTANTE CONOSCERE LE LINGUE Che il fratello della ragazza parla della lingua albanese e italiana. la parte della riflessione del fratello IL RACCONTO IL RACCONTO E’ LA STORIA DI QUESTA BAMBINA delle mie esperienze Un brano letto a scuola su un ragazzo chiamato Vivi. UN RACCONTO CHE PROPONEVA IL LIBRO DI ANTOLOGIA LA MIA ESPERIENZA / Questa BESA MONE Le cose in comune tra l’albania e l’italia / / BESA MONE mi pare interessante è interessante / / mi interessano le sue storie / Niente perché mi è sembrato tutto facile NIENTE niente perché HO SAPUTO FARE TUTTO / / Niente perché tutto è stato divertente e interessante NIENTE PERCHE’ MI E’ PIACIUTO MOLTO niente LA RIFLESSIONE DEL FRATELLO PERCHE’ MI SEMBRAVA DI STUDIARE GRAMMATICA / / / / / 121 2 1 Andrea Loredana ALUNNO Non mi è mai capitato 1. A TE È MAI CAPITATO DI AVERE A CHE FARE CON LINGUE E CULTURE “NASCOSTE”? PERCHÉ A VOLTE RESTANO NASCOSTE? PUOI PARTIRE DALLA TUA ESPERIENZA O DA QUELLA DI PERSONE CHE CONOSCI. A volte le culture rimangono nascoste perché non si conoscono e si imparano man mano con la scuolae con gli amici che ti saranno molto vicini Un giorno nella mia casa composta da 5 persone, arrivò una chiamata. Rispose alla chiamata mia madre ed era una proposta di lavoro in Inghilterra a Londra, mia madre è stata molto contenta perché in quei tempi trovare un lavoro era molto difficile. Siano andati a prendere tutta la nostra roba per poi dopo andare all’aeroporto. Mentre mi trovai in aero pensai come sarei stata accolta dagli altri bambini, da chi mi farò aiutare nella lingua, ero abbastanza brava in Italia nell’Inglese avevo un ottimo voto ma ero al primo anno di Inglese più approfondito perché all’elementari si imparavano le cose basilari dell’Inglese. Alla fine arrivammo in Inghilterra precisamente a Londra una città con un “via vai” di molte macchine. La cosa che mi attirò era la numerosità dei taxi e dei pullman a due piani andammo in una casa in vendita della signora Braun, l’abbiamo comprata ad un prezzo speciale e ormai era nostra. Abbiamo, prima di dover comprare casa, dovuto cambiare i soldi da E. (euro) in £. (sterline). Abbiamo dormito bene nella nostra nuova casa. Il giorno dopo sono andata in un collegge, tipo un collegio in Italia e mi sono trovata molto bene. Ho fatto amicizia subito con una certa Lusy, carina con i capelli corti e riccioluti e lei mi ha fatto tipo guida nella mia nuova scuola. E alla fine mi disse : “This is our classroom” in Italiano: “Questa è la nostra classe”. Ho conosciuto gli altri tutti molto simpatici. E questo durò per molto… Per sempre! Io e la mia famiglia, a partire dal prossimo autunno, ci trasferiremo a Madrid in Spagna; per motivi di lavoro che mia madre e mio padre mi hanno detto che sarebbe durato un anno. In Spagna non conosco nessuno e non so parlare lo spagolo; so ggià da adesso che sarà molto difficile integrarmi con gli altri membri della nuova classe. Mi piacerebbe che nella nuova classe mi accogliessero con una bella festa dove ci fossero i miei amici dell’Italia e dei dolci per tutti. Troverò sicuramente delle difficoltà di comunicazione a imparare lo spagnolo ma intanto posso usare i gesti e parlare inglese. Chiederei aiuto sicuramente ai miei genitori che assumeranno una insegnante di sostegno che mi aiuti a fare i compiti ed a imparere più velocemente lo 2. ISPIRANDOTI AL RACCONTO DI BESA MONE, SCRIVI UNA STORIA, AUTOBIOGRAFICA O DI FANTASIA, SEGUENDO QUESTA TRACCIA: “I TUOI GENITORI DEVONO ANDARE A LAVORARE ALL’ESTERO PER UN PERIODO ABBASTANZA LUNGO, COSÌ LI DEVI SEGUIRE. COME IMMAGINI LA TUA NUOVA VITA IN UN PAESE DEL QUALE CONOSCI POCO LA LINGUA? COME VORRESTI ESSERE ACCOLTO A SCUOLA? COME REAGIRESTI ALLE DIFFICOLTÀ DI COMUNICAZIONE? A CHI CHIEDERESTI AIUTO? COSA FARESTI PER FARE AMICIZIA CON I NUOVI COMPAGNI?” S1. ALLEGATO N. 26. UA2 SCHEDA SU CULTURE “NASCOSTE” E TESTO CREATIVO, 21/05/2012 122 / A me non è capitato né ai miei amici stranieri perché venuti in Italia da piccoli o li ho conosciuti quando già si erano ambientati. / No. Indica il cognome che è stato tolto. Clara 6 1 Emanuele Renato 4 5 Igor 3 spagnolo. per fare amicizia con i miei compagni posso invitarli a casa mia e giocare insieme ai videogiochi, in alcune occasioni a fare i compiti insieme e giocare a degli sport come calcio, basket, dogball… con loro. Spero che sia facile abbituarmi. I miei genitori sono andati all’estero per il lavoro, dopo mi hanno portato con loro in Italia. Io ha scuola sono andato dal secondo giorno da quando sono venuto in Italia. Andavo ha scuola e io sapevo gia un po’ di cose perché mamma era venuta in Italia 5 anni fa e mi mandai un dizionario che imparavo la lingua Italiana ma ha scuola mi vergogniai ti parlare. Dopo una settimana arivai una maestra che mi insegnava ha parlare Quando mi chiese la maestra da dove viengo, e io gli ho risposto a Moldavia e lei fase un progetto e lo fa vedere ha tutta la classe e io ero molto contento che loro hanno visto la mia scuola il mio paese ecc….io ha mamma gli ho raccontato tutto come sono stato ha scuola. Io nel mio nuovo paese mi trovo benissimo ci ho tanti amici con cui giocare di domeneca quando vado in piazza mi diverto un sacco con i amici ha scuola 1 quando sono arivato il mio primo amico era Michele, Fefè e Carlo (…) erano i miei migliore amici. Io chiederei aiuto a tutta la classe se puossono aiutarmi. Io farei tante cose per avere un amico “chi trova un amico trova un tessoro” niente non è più importante trane l’amico. Non scorderò mai quel giorno alla cui mio padre ricevette una lettera dal suo capo di lavoro. Eravamo tutti in ansia in quel momento, quando papà disse: “Ci dobbiamo trasferire a New York per 6 mesi.” Mamma presa dal panico chiese perché e lui con agitazione rispose che non lo sapeva. Di certo non potevano lasciarmi solo e di conseguenza mi dovevano portare con loro. Durante il viaggio pensavo alla mia nuova scuola ed ai miei nuovi compagni, il problema era solo uno: come capire le cose! Domani sarà il mio pimo giorno di scuola e sono molto emozionato. Quando i miei genitori andarono a lavorare in Albania, io ero molto agitato e emozionato. A scuola l’accoglienza non era molto calorosa, perché quando arrivai nell’aula i compagni non mi guardarono neanche e l’insegnante non mi aiutava molto. Io non sapevo nulla della lingua albanese, quando volevo parlare chiedevo alla mia insegnante di sostegno come si traduceva la frase. Con il tempo imparai a parlare discretamente la loro lingua, e anche a farmi degli amici, conoscei molti amici perché sotto casa mia c’era un campo da baskent dove giocavo con altri ragazzi albanesi. Ai miei amici raccontavo sempre dell’Italia e della sua storia, anche perché loro erano molto affascinati dall’Italia. In albania mi sentivo come in Italia ormai, infatti quando andai in Italia mi dispiacei molto. I miei genitori si devono trasferire per un po’ di tempo e poi rivenire di nuovo a Londra e io andrò con loro. Ora sono sull’aereo e intando sto guardando la foto della casa e della mia nuova scuola, sono Bellissime!! 123 Enrica Rubab Filippo Claudio 7 8 9 10 / / Sì, perché non le ho mai sentite parlare e mi interessano. No, non mi è mai capitato. Sono appena arrivata a Londra e stiamo andando a casa. Appena arrivati ci siamo sistemati e io e la mamma siamo andate a comprare le cose per la scuola… Oggi è il grande giorno si va a scuola!! Appena arrivata lì entrai subito in classe e dopo che entrarono tutti la proffessoressa mi presentò e mi fece mettere seduta sulla seconda fila vicino ad una ragazzina. Io non capivo Bene la lingua, ma la prof iniziò ugualmente a spiegare; Dopo un po’ si ricordò di me e mi diede degli esercizi da fare. Questi la sapevo svolgere con facilità e allora mi disse che potevo ascoltare la lezione di grammatica. Alla fine della lezione la Professoresa mi disse che potevo imparare infretta la nuova lingua, ma per impararla meglio mi diede un foglio con dei corsi di recupero Pomeridiani. Appena arrivata lì vidi che c’erano delle altre persone italiane e subito iniziarono a parlare con me. Io dissi L’oro che ero contenta di vedere dei miei coetanei che venivano dall’Italia, ma io sussurrai loro, sapendo che tanto gli insegnanti non potevano capire, forse è meglio se ci alleniamo sulla lingua io è da oggi che sono qui e loro mi diedero ragione e smettemo di parlare in Italiano. Intanto a scuola iniziavo a socializzare con qualcuno e pian piano che passava il tempo potevo esprimermi e capire come tutti, lì. Io feci amicizia con molte in quella scuola e molte di loro mi chiedevano come era la vita in Italia, la scuola e molte mi chiedevano come si dicevano alcune parole in italiano. Quando fu arrivato il momento di andare via di lì non fù facile per me andare, ma tanto sapevo che sarei ritornata e questo mi rendeva felice. Avevo 7 anni e i miei genitori si dovevano trasferire all’Estero. Io mi sentivo triste per la mancanza dei miei compagni, ma ansiosa di conoscerne dei nuovi. Ci misimo in macchina e con un giorno ci trovammo all’Estero. La mia nuova viva all’Estero era stata abbastanza difficile sia per la scarssissima conoscenza della lingua e sia per la cultura. A scuola ho socializzato subito perché anche non sapendo la lingua c’era la prof che mi aiutava. Infine, quando ormai era giunto il momento di fare ritorno, mi dispiaceva ma ero felice di rivedere i miei compagni in Italia. / / Sono un ragazzo italiano, abito in un piccolo paese dove quasi tutti si conoscono. Da un giorno all’altro la mia vita è cambiata perché i miei genitori hanno avuto l’opportunità di andare a lavorare all’estero, precisamente a Londra. I miei genitori sembravano entusiasti, io e mio fratello un po’ meno. 124 Eleonora Michele Rachele 11 12 13 / / No Andai in camera mia e mi misi a riflettere in rilenzio, i pensieri e le paure frullavano nella mia testa. Londra è una città molto grande e il mio pensiero è quello dell’adattamento. La lingua sia da me che dai miei genitori viene parlata a livello scolastico, quindi questo provocherebbe un grande disagio. Nel mio paese ho i miei amici e a scuola vado volentieri perché è come una famiglia. Cambiando città la scuola sarebbe per me un luogo estraneo e sono sicuro che non sarei accolto come uno di loro. Avrei difficoltà nella comunicazione sia con gli insegnanti che con i miei compagni. Sono un ragazzo amichevole con tutti, ma in questo caso penso di avere delle grandi paure di inserimento. Chiderei aiuto a qualche compagno di classe, facendo i compiti insieme e dialogare con lui in modo da imparare qualcosa in più. Inviterei, poi, i miei compagni a casa mia per giocare e fare delle grandi merende in compagnia. Staccarsi dalle proprie abitudini, amici e vari interessi non è facile e questo disturbo può portare ad un crollo fisico e morale. Per questo motivo bisogna sempre essere ottimisti e affrontare la vita con il sorriso e con la voglia di viverla fino in fondo senza rimpianti. Se io e i miei genitori ci trasferiamo la mia nuova vita ne l’himmagino molto difficile perche in un paese in cui la lingua la conosco pochissimo non è che è molto facile e inserirsi sarebbe molto difficile. A scuola, visto che è il mio primo giorno, non mi aspetterei tanto ma vorrei che ci andassero piano con le loro critiche. Per inserirmi meglio faccio amicizia con altri miei compagni e se c’e qualche difficolta c’erco di parlarne con i miei amici per sapre cosa fare con chi ha problemi. Per fare ami cizia con i miei nuovi compagni sarei mestessa e li aiuterei finché loro non mi accettano come sono e vorrei che loro non mi facciano sentire diversa da loro. Io devo andare con i miei genitori in un altro paese, che non conosco la lingua molto bene. Per fortuna che con me ci sono i miei genitori gli unici che conosco in questo paese. Il periodo è da 1 a 3 anni. Perciò devo fare lì la scuola. Il modo in cui vorrei essere accolto non saprei basta che siano gentili. Dopo il mio primo girorno di scuola sono nervoso perché ho difficoltà di comunicazione. Dalla tenzione ho paura di essere interrogato e saper dire solo “Yes”. Anche se “Yes” è inglese mentre io sto in Spagna. Fortunatamente c’è una Professoressa che sinceramente non ho capito che insegna e italiana. Grazie a lei che ora ho tanti amici e amiche. Quando dovrò andarmene mi mancheranno gli amici e amiche e un po’ mi dispiace quando dovrò andarmene. Fine Una cosa che mi dispiace molto è che i miei genitori devono andare a lavorare all’estero in Francia. Purtroppo, io devo lasciare tutti i miei amici, il che mi dispiaceva tantissimo Perché forse non ci potremmo 125 15 14 Lucilla Ester / / incontrare più. La mia nuova scuola era grandissima. Siccome io non parlavo la lingua era un po’ difficile chiedere dove stava la mia classe. Io mi sentivo molto isolata e non molto bene in questa scuola perché mi ci perdevo e mi prendevano tutti in giro. La cosa che mi piace di più è l’estate perché posso andare in America a salutare i miei vecchi amici e parenti. Come è stata la mia immaginazione, io pensavo di non avere amici, invece dopo qualche Settimana i miei compagni mi guardavano in un lato positivo. La cosa che mi piaceva fare molto era di andare ai rientri pomeridiani per noi stranieri, mi piaceva per ché mi aiutava molto ad imparare la nuova lingua. Io speravo che il modo in cui mi hanno accolto andava bene ma invece no. Siccome non sapevo la lingua, era molto difficile perché nella comunicazione anche quando andavo a comprare qualcosa era molto più difficile della scuola. Infatti dopo un po’ di tempo ho chiesto a mamma l’aiuto perché era solo lei che sapeva la lingua francese. Io per fare amicizia con i miei compagni ci giocherei sempre e li inviterei a delle feste. Affinché non vogliono essere amici. IMMAGINARMI IN UN PAESE STRANIERO SAREBBE UNA COSA MOLTO DIFFICILE. NON SO COME RIESCONO MOLTE PERSONE A SPOSTARSI DA UN PAESE ALL’ALTRO DOVE DEVONO SGOBBARE PER POTER IMPARARE LA LINGUA OPPURE FARSI NUOVI AMICI. PER ME NON SAREBBE QUESTA LA COSA PIÙ DIFFICILE DI TUTTE MA PENSARE COME SAREI ACCOLTA A SE MI FISSERANNO OPPURE NON SI RENDEREBBERO CONTO DI ME (COSA MOLTO DIFFICILE). LÌ CERCO DI FARMI DEGLI DEGLI AMICI NATURALMENTE DOPO AVER INPARATO UN PO’ LA LINGUA E SE AVRO DEI PROBLEMI LO CHIEDERO A MIA MADRE MA COMUNQUE NON CREDO CHE NON CI DOVREMMO TRASFERIRE Un giorno i miei mi diedero una notizia terrificante, cioè di andare a vivere in un altro stato, perché il nostro era ormai in crisi e non si trovava più lavoro. Dopo uno o due mesi avevamo gia preparato tutto, però di vivere un’altra esperienza non mi eccitava un granché. Dopo molte ore di viaggio eravamo giunti in quel posto dove c’era moltissima gente che parlava una strana lingua. Pensavo ai miei amici che dicevano Addio pensavo ai miei parenti e perfino la mia comodissima casa, ma ora è tutto lontano e io non sapevo cosa fare. I miei genitori mi volevano mandare a scuola ma l’idea non mi piaceva per niente. Il giorno dopo mi preparai per andare a scuola, mi sentivo ridicola con quell’uniforme rossa e blu, volevo che i miei compagni mi salutassero con un CIAO oppure BENVENUTA. Tutti mi fissavano la mia compagna di banco mi parlava ma io non capivo niente e ripetevo che sono Italiana, però lei testarda mi continuava a chiacchierare. 126 Ada Balina 18 Cristina 17 16 / / Alla scuola elementare in classe c’era un bambino indiano. Portava in testa una specie di chignon. Incuriosita gli chiesi perché lo portava e lui mi ha spiegato che non se lo poteva togliere finché non si sarebbe purificato, facendo un bagno nel fiume Gange. Tra me e me mi ripetevo, se la mia migliore amica Redona fosse stata qui, così mi faceva come traduttore e così io capico meglio. Io non vedevo l’ora di rivedere i vecchi amici e riabbracciare i miei parenti. Un giorno i miei genitori mi diedero una grande notizia: per qualche mese ci saremmo trasferiti in Olanda, per questioni di lavoro. Affittammo un appartamento nella periferia della città e i miei genitori mi iscrissero alla scuola più vicina. Io non ero molto contenta di quella decisione perché, per un lungo periodo, non avrei più rivisto i miei amici, i miei parenti, la mia casa e la mia città. Arrivò così il giorno della partenza: non potevo più tirarmi indietro! Arrivati in Olanda cercammo il percorso per arrivare a casa e alla fine arrivammo a destinazione. Il giorno dopo iniziai a frequentare la nuova scuola: i primi giorni ero un po’ a disagio perché non conoscevo nessuno. Dapprima, per capirci, gesticolavamo molto, ma dopo un po’ imparai, poco alla volta, la nuova lingua e comunicare non fù più un grande problema. Inoltre, ben presto feci amicizia con alcuni miei compagni e ne fui molto felice. In Olanda ho imparato alcune parole olandesi e le loro usannze nel campo dell’alimentazione. Nei pomeriggi in cui i miei genitori andavano a lavoro io rimanevo con la famiglia proprietaria della casa. Questa era composta dalla madre, dal padre e da due bambini: un maschio e una femmina. Avevano più o meno la mia stessa età e con loro i pomeriggi passavano così veloci che si facevano già le sette e noi non ce ne accorgevamo affatto. Altri pomeriggi invece uscivo con alcuni miei compagni di scuola e anche se parlavamo due lingue diverse bastava solo scambiarci un’occhiata per capire cosa ci volessimo dire. Quello è stato veramente un periodo magico, un’esperienza unica in una bellissima città olandese, che non dimenticherò per nulla al mondo. Era arrivato finalmente il giorno in cui sarei andata a vivere in Italia per motivi di lavoro dei miei genitori. Mio padre decise che saremmo andati a scuola, mio fratello avrebbe frequentato la prima elementare e io l’ultimo anno d’asilo. Il mio primo giorno di scuola fu terribile perché innanzitutto non sapevo parlare e mia madre non poteva restare lì con me. Ero praticamente in gabbia perché non conoscevo nessuno e quando la maestra mi parlava io non capivo proprio niente. C’erano molti stranieri e molti erano albanesi, io a volte parlavo con loro in albanese, ma il mio unico pensiero era di tornare a casa. Restai a lungo in Italia e intanto mi imparai a perfezione la lingua e mi feci moltissimi amici. La mia migliore amica era Lucia. Siccome non capivo proprio tutto e quindi andavo spesso a casa sua per fare i compiti e per studiare anche se non avevo proprio tutti ottimo nelle pagelle. Passarono alcuni anni e ormai i miei compagni mi consideravano una di loro. Ricordo che in prima elementare avevo una maestra “privata” che mi insegnava un po’ la lingua e mi aiutava a fare i compiti , ma poi imparai e non ce ne fu più bisogno. Quando tornai in Albania, mi mancava quasi l’Italia. Quando tornai in Italia fui felici di vedere i miei amici italiani. I miei genitori erano venuti in Italia mentre io e mio fratello in Albania con i nostri nonni. Noi volevamo tanto che i nostri genitori venissero in Albania, però un estate vennero, ma ci portarono in Italia con loro, cosa che 127 19 Donata / a noi piaceva solo che non volevamo andarcene. Ma comunque ci siamo venuti. Noi di solito non vedevamo l’ora che finisse l’estate al meno così potevamo incontrare i nostri amici, ma quest’estate non volevamo che finisse. Non volevamo perché avevamo paura di andare a scuola dove tutti i ragazzi parlano una lingua diversa dalla nostra. Era un problema più grande per mio fratello a differenza di me, perché io avevo fatto l’asilo invece lui non era venuto mai. La fine dell’estate pero arrivò e noi andammo a scuola con tanta timidezza di parlare, perché avevamo paura di dire qualcosa con cui tutti avrebbero riso. Quando passò qualche mese cominciai a parlare a scrivere e leggere anche se quando dovevo scrivere una parola con la ‘c’ la scrivevo con la ‘k’ questo sucesse anche con le doppie lettere, le quali io non le mettevo mai. Però le mie migliori amiche mi aiutarono e il significato di una parola che io non conoscevo me lo spiagavano In fin dei conti mi è piacciuta la scuola e mi sono trovata bene, anzi meglio di quanto pensavo. I miei genitori dovevano partire dall’Africa per l’Italia per lavoro. Avevo paura perché andare in un nuovo paese di cui non conoscevo neanche la lingua non riuscivo proprio ad immaginarelo. Il primo giorno di scuola mi sarebbe piaciuto essere accolta calorosamente non con un banale “come sta?” la mia non conoscenza della lingua italiana ebbi molta difficoltà con la comunicazione con gli altri, anche se un po’ di italiano me lo aveva insegnato mio padre. Io chiesi sempre aiuto a mio padre, ma anche un po’ alla mia maestra così che potesse insegnarmi delle cose in più giorno per giorno. Io non amo stare sola quindi ho sempre cercato di fare amicizia con gli altri perché in compagnia si sta meglio quindi il mio metodo è questo prima di tutto mi devo imparare qualche bardeicomia così da fare colpo. 128 2 1 Andrea Loredana ALUNNO PERCHÉ SA GIÀ PARLARE L’ITALIANO LA BAMBINA AVEVA IMPARATO UN PO’ DI ITALIANO 1. PERCHÉ LA BAMBINA È AMMESSA A FREQUENTAR E LA SECONDA ELEMENTARE? IN LA PERCHÉ SAPEVA SAPEVA PARLARE ITALIANO NON CHE LA DIRETTRICE LE SEMBRAVA CHE NON SAPESSE NE SCRIVERE NÉ LEGGERE 2. PERCHÉ DIRETTRICE L’AVREBBE INVECE INSERITA PRIMA? ESSERE BOCCIATA SAREBBE STATA UNA VERGOGNA RIPETERE LA PRIMA ELEMENTARE 3. COSA AVREBBE SIGNIFICATO PER LEI RIPETERE LA PRIMA? IL PRIMO GIORNO LA BAMBINA PROVA DISAGIO PERCHÉ NELLA SUA NUOVA CLASSE NON CONOSCEVA NESSUNO E SI IMBARAZZAVA MOLTO, NON PARLAVA MOLTO BENE L’ITALIANO ANCORA PERCHÉ NON AVEVA LA MAMMA VICINO A LEI E PERCHE TUTTI PARLAVANO IN ITALIANO 4. IL PRIMO GIORNO DI SCUOLA, PER QUALI RAGIONI LA BAMBINA PROVA DISAGIO? DOMANDE I PARTE S1. ALLEGATO N. 27. UA2 QUESTIONARIO DI COMPRENSIONE, 21/05/2012 PER FARGLI ALLANTARE LA TENSIONE. PER FAR ALLENTARE LA TENSIONE IN LEI CHE ERA MOLTO FORTE 5. PERCHÉ VORREBBE SENTIRE LA SUA LINGUA? PERCHÉ SE SAREBBE VENUTA IL PRIMO GIORNO LEI NON LO AVREBBE PROVATO PERCHÉ NON VOLEVA DIRGLI CHE CONOSCEVA TUTTE LE LETTERE 6. PERCHÉ QUANDO ARRIVA LA SECONDA MAESTRA, LA BAMBINA PROVA IMBARAZZO? PERCHÉ LEI NON SAPEVA PARLARE BENE L’ITALIANO PERCHÉ TRA DI LORO, LE VOCALI, NON C’ERA UNA CONSONANTE 7. PERCHÉ È DIFFICILE PER LA PROTAGONISTA PRONUNCIARE UNA PAROLA CON TANTE VOCALI DI SEGUITO? 129 Emanuele Renato 4 5 Igor 3 PERCHÉ LA BAMBINA AVEVA STUDIATO LE STESSE COSE AVEVA OTTIMI VOTI. Perché il fratello gli aveva insegnato a leggere e gli aveva imparato un po’ l’italiano Perché la bambina aveva dei bei voti perché a fatto già la prima PERCHÉ NON PARLAVA BENE L’ITALIANO, MA IL FRATELLO LE AVEVA INSEGNO L’ALFABETO ITALIANO. Perché le sembrava che non sapeva per niente l’Italiano Non sapeva leggere in lingua Italiana. SAREBBE STATO COME BOCCIARLA. Essere bocciata, “una vergogna”. Sarebbe stato come bocciarm(?)la Perche non conosceva a nessuno e non voleva parlare perché aveva paura di sbagliare. Le insegnanti quando entravano dicevano “Buongiorno a tutti” e non benvenuti e lui gli manava sentire buon giorno in Italia SI TROVA A DISAGIO XCHÉ NON CONOSCEVA NESSUNO E NON PARLAVA BENE L’ITALIANO E AVEVA PAURA DI SBAGLIARE A PARLARE E LA MAESTRA AVEVA DETTO CHE SUA MADRE NON Perché non sapeva parlare Italiano e pensa di sbagliare e non parla. VOLEVA ALLENTARE LE SUE TENSIONE E SENTIRSI PIÙ A SUO AGIO, COME SE FOSSE ANCORA IN ALBANIA. Perché sarebbe bastata una sola parola per far allentare la tensione che provavo. Per sentirsi di più a suo agio per poter comunicare con gli altri. PERCHÉ PROVAVA IMBARAZZO A DIRLE CHE CONOSCEVA GIÀ TUTTE LE LETTERE DELL’ALFABETO Perché le insegna l’alfabeto come in prima elementare. Perché aveva paura di sbagliare a parlare PERCHÉ NELLA LINGUA ALBANESI NON SONO MOLTO USATE Perche non c’era di mezzo nessuno consonante (nessuna risposta) 130 Rubab Filippo 9 Enrica 7 8 Clara 6 già PERCHÉ LA MADRE INSISTE A FARLA AMMETTERE IN SECONDA Perché sapeva parlare l’italiano Perché la bambina era passato con ottimi voti e sapeva l’italiano Sapeva leggere PERCHÉ CREDEVA CHE NON SAPEVA LEGGERE Perché se non sapeva parlare l’italiano doveva essere nella prima Perché pensava che non sapeva scrivere e parlare la lingua perche non sapeva leggere ESSERE STATA BOCCIATA Per ripetere la prima sarebbe stata come se era BOCCIATA Per lei sarebbe significato bocciarla Sarebbe stato come bocciarla come un insulto POTEVA RESTARE IN CLASSE PER TUTTA LA LEZIONE. Perché non conosceva nessuno e non aveva niente di suo e per questo voleva che sua mamma restasse qui con lei Perché non conosce nessuno e vorrebbe aver avuto la mamma vicino per proteggerla; poi appena arriva la maestra entrò pronunciando normalmente la parola: “BUONGIORNO” LEI NON CONOSCEVA NESSUNO ED INVECE GLI ALTRI SÌ E LEI VOLEVA CHE LA SUA MADRE LE STA VICINO PROVA DISAGIO PERCHÉ LA MADRE NON È CON LEI, PERCHÉ LA la LE PERCHE COSI SE SAREBBE SENTITA MEGLIO PERCHÉ PIACE Per fargli ricordare un po’ la scuola Albanese Voleva allentare tensione PERCHE METTE IN MOSTRA LA BAMBINA PERCHÉ GLI INSEGNA L’ALFABETO COME INPRIMA Perché non l’aveva mai vista prima di quel giorno Provava imbarazzo a dire che le conosceva tutte. PERCHÉ IN ALBANIA NON È STATA ABITUATA A PRONUNCIARE TANTE VOCALI VICINE PERCHÉ LEI NON AVEVA MAI PRONUNCIATO UNA PAROLA CON TUTTE QUESTE VOCALI Perché non c’è neanche una consonante che l’aiuti per la pronuncia Perché era diversa la pronuncia e non c’erano consonanti vicino e in ablanese le parole ospitano molte consonanti. 131 Rachele Eleonora Michele 11 12 13 Claudio 10 Perché la madre e specialmente lei non voleva ripetere la prima elementare. / Perché in Albania era passatta dalla prima elementare con ottimi voti Perché aveva ottimi voti nella scuola albanese. non La direttrice l’avrebbe invece inserita in prima perché lei pensa non sa leggere / Perché credeva che non sapesse nulla dell’italiano Perche conosceva l’italiano. lei in come Per lei significherebbe essere bocciata. / Bocciatora è una vergogna per lei Secondo rimetterla prima è bocciarla. BAMBINA NON HA LA SUA BAMBOLA E PERCHÉ NON CONOSCE NESSUNO. Lei nella sua classe non conosce nessuno e quando parla ha paura di sbagliare / Non conosce nessuno ha paura di parlare italia perché teme di sbagliare gli mancano la scuola e i compagni dell’Albania… 1) Perché non conoscev a nessuno 2) Che non sentiva parlare la sua lingua ma sente l’italiano 3) Parla male la lingua e ha paura di Vorrebbe sentire la sua lingua perché per allentare la sua tensione e perché gli sembrava che gli mancava il respiro / Per confortarla Perche si sentirebbe più sicura Quando seconda trova perché voleva sapeva ttere. arriva la maestra imbarazzo non gli dire che tutte le / Perché quando la maestra entra chiede dove era la bambina Albanese Perché gli insegnò l’afbeto, ma lei già lo conosceva. E’ difficile per la protagonista pronunciare una parola con tante vocali di seguito perché era difficile e diversa la pronuncia / Perché in Albanese non c’è una parola così Perché non è abituata ancora all’italiano. 132 Cristina Ada 17 Lucilla 15 16 Ester 14 PERCHÉ SAPEVA GIÀ SCRIVERE E LEGGERE PERCHÉ I SUOI GENITIRI INSISTEVANO CHE TORNASSE CON LORO IN ITALIA ANCHE PERCHÉ SUO FRATELLO GLI AVEVA INSEGNATO UN PO’ L’ITALIANO PERCHÉ CONOSCE GIÀ QUALCOSA DELLA LINGUA ITALIANA E LA MADRE INSISTE PERCHÉ HA OTTIMI VOTI È QUELLO CHE HA STUDIATO IN ALBANIA SONO LE STESSE MATERIE ITALIANE PERCHÉ PENSAVA SAPESSE LEGGERE NON CHE GIÀ PERCHÉ SUPPONEVA CHE LA BAMBINA NON CONOSCESSE AFFATTO LA LINGUA ITALIANA PERCHÉ DICE CHE NON SAPEVA LA LINGUA E NON CONOSCIESSE L’ALFABETO PERCHÉ CREDEVA CHE NON CONOSCEVA L’ITALIANO PER LEI SAREBBE STATO COME UNA BOCCIATURA PER LEI AVREBBE SIGNIFICATO ESSERE STATA BOCCIATA PER LEI AVREBBE SIGNIFICATO LA BOCCIATURA UNA VERGOGNA PERCHÉ NON CONOSCE NESSUNO; NON AVEVA NIENTE DI SUO; NON CONOSCEVA LA MAESTRA; AVEVA PAURA DI SBAGLIARE. PERCHÉ NON CONOSCEVA NESSUNO, INVECE GLI ALTRI SÌ E PERCHÉ SBAGLIAVA LA LINGUA POI AVEVA ANCORA NOSTALGIA PER LE COMPAGNIE ALBANESI, NON AVEVA NIENTE DI SUO E NON CONOSCEVA NESSUNO PERCHÉ NON CONOSCE NESSUNO E QUANDO PARLA HA PAURA DI SBAIARE. sbagliare VOLEVA SENTIRE LA SUA LINGUA PER ALLENTARE PERCHÉ SI SAREBBE SENTITA PIÙ A SUO AGIO. PERCHÉ GLI PIACEVA COME LA DICEVA LA SUA MAESTRA ALBANESE PERCHÉ GLI MANCA E SI SENTIREBBE PIÙ SICURA LE PERCHÉ LA MAESTRA AVEVA CHIESTO CHI ERA LA BAMBINA ALBANESE E LE PERCHÉ INSEGNA L’ALFABETO PERCHÉ LA MAESTRA ARRIVATA VOLEVA VEDERE LA BAMBINA ALBANESE PERCHÉ GLI INSEGNA L’ALFABETO COME IN 1° ELEMENTARE PERCHÉ NELLA SUA LINGUA QUESTO NON SI FA. PERCHÉ NON C’È UNA CONSONANTE IN MEZZO PERCHE LEI NON È ABBITUATA, ED ERA DIFFICILE DA PRONUNCIARE POI NELLA PROPRIA LINGA CI SONO PIÙ CONSONATI CHE VOCALI PERCHÉ NON C’ERA NEANCHE UNA CONSONANTE TRA LORO 133 19 18 Donata Balina Perché lei aveva già frequentato la prima elementare e quindi tornare in prima per lei sarebbe stato come bocciarla, Perché la madre aveva insistito, ma anche perché la bambina aveva imparato un po’ l’Italiano Perché lei non sapendo l’italiano l’avrebbe rimandata in prima, ma fortuna che prima il fratello gli aveva insegnato un po’ di italiano. Perché pensava che la bambina non conosceva l’Italiano Sarebbe come bocciata. stato ssere Come se sarebbe stata bocciata una vergogna per lei VOLEVA CHE SUA MADRE RIMANESSE CON LEI Perché non conosceva nessuno e aveva “paura” di parlare perché pensava che avrebbe sbagliato. Voleva anche che sua madre restasse con lei, ma la maestra non la permetteva perché la bambina si diveva abituare. Non conosceva nessuno e quindi ha provato disagio, anche parlare perché aveva paura di sbaiare o di dire una cosa senza senso. Perché dice che anche con una sola parola avrebbe fatto allentare la tessione. Per sentirsi a suo agio. LA TENSIONE Prova imbarazzo perché le conosceva tutte le lettere dell’alfabeto albanese. INSEGNA L0ALFABETO COME IN PRIMA ELEMENTARE. Perché la maestra le insegna l’alfabeto dalla lettera “A” Perché la bambina non pronunciare aiula perché non c’era nemmeno una consonante tra di loro. Perché non ci sono consonanti di mezzo 134 Loredana Andrea 1 2 ALUNNO PERCHÉ SI TRATTAVA DI UNA SCELTA CULTURA LE BEN RAGIONAT A DA UN POPOLO CHE ERA DIVERSO DALL’ALT RO / 8. PERCHÉ IL MODO DI SCRIVERE LE LETTERE IN ITALIANO NON È UN PROBLEM A DA RISOLVER E? / E’ stato nel XIX e rappresenta la libertà e l’emancipazione 9. DA QUANDO È STATO POSSIBILE SCRIVERE IN ALBANESE? CHE COSA RAPPRESENTA VA PER GLI ALBANESI LA SCRITTURA? CAMBIA AGGIUNGEDO “i” o “e” oppure “a”, “o” o “u” SI SCRIVE Ç “C” si legge “k” “C” si legge in base o alla vocale o alla consonante che la segue “C” si può leggere “ci” e “ce” basta mettendo “ç” 10. LA LETTERA “C” DEGLI ALFABETI ITALANO E ALBANESE VIENE ACCOSTATA AD ALCUNE CARATTERISTICHE DEI POPOLI. COMPLETA LA TABELLA ELENCANDO TALI CARATTERISTICHE : ALLA C ALBANESE SI PRONUNC IA NELLO STESSO MODO ad una signora che sa come mettere a proprio agio che le sta vicino 11. A CHI ASSOMIG LIA LA “C” ITALIANA? PERCHÉ? HANNO LA LIBERAZIONE Sia l’alfabeto Italiano e Albanese e sono tutte due latine. 12. CHE COS’HANNO IN COMUNE IL POPOLO ALBANESE E QUELLO ITALIANO? DOMANDE II PARTE PERCHÉ LEI SA CAPIRLA E CONOSCE LA SCUOLA DA CUI LEI PROVIENE Perché mostra delle foto della sua città e i bambini gli facevano delle domande e lei sapeva rispondere ed era molto contenta delle foto della scuola dell’Abania che la mediatrice aveva mostrato 13. PERCHÉ, QUANDO ARRIVA LA MEDIATRICE LINGUISTICOCULTURALE, LA BAMBINA ALBANESE È AL SETTIMO CIELO? PERCHÉ LE PERSONE ALBANESI IN ITALIA HANNO BISOGNO DELL’ITALIAN 14. RIFLETTI SUL RACCONTO POI RISPONDI: PERCHÉ PER LA BAMBINA ALBANESE SONO IMPORTANTI SIA LA LINGUA ALBANESE CHE QUELLA ITALIANA? Perché sono due lingue simili e difficili allo stesso tempo e gli piacciono molto tutte e due 135 Emanuele Clara 6 Renato 4 5 Igor 3 Perché si trattava di una scelta PERCHE’ SI TRATTAVA DI UNA SCELTA CULTURA LE Perché è una cosa di coltura e tutti gli alfabeti sono diversi Le lettere si scrivono quasi uguali nel XIX sec. dopo 5 secoli con la liberazione dei DAL 19° SECOLO E SCRIVERE ERA UN SENSO DI LIBERTÀ, DI POSSIBILITÀ DI ESSERE LIBERI Dal XIX è stato possibile scrivere. Scrivere rappresentava la libertà e l’emancipatazione . E’ stato nel XIX e rappresenta la libertà. Popolo triste che a solo combattuto POPOLO PIÙ FELICE, INFATTI HA MUSICISTI E COMPOSITORI CONOSCIUTI IN TUTTO IL MONDO POPOLO PIÙ TRISTE CHE HA SOPRATTUTTO COMBATTUTO si legge k in alcuni casi “c” assume una pronuncia diversa “ci”. Bastava mettere ç e diventava ci o ce o nel caso che c’era una consonante prendeva quel suono “c” si può leggere “ce” basta agiungere la “ç” ad una persona che ADUNA PERSONA CHE PERMETT E ALLE ALTRE LETTERE DI STARLE VICINO SENZA IMBARAZZ O assomiglia a una persona / Che la madre albanese non è diversa da LA RADICE LATINA DELLA LORO LINGUA che hanno le lingue che derivano dal latino. / PERCHÉ PARLA DELLA SUA CITTÀ CHE RA MOLTO BELLA E MOSTRA DELLE FOTO DELLA SUA SCUOLA CHE PRIMA ERA PIÙ MALANDATA, MA DOPO ERA STATA RIVERNICIATA E RISTRUTTURA ED ORA ERA PIÙ NUOVA E BELLA, PERCHÉ SI SENTIVA MOLTO PIÙ AL CENTRO DELLA SITUAZIONE. Perché fa vedere le foto del Albania e della sua scuola e tutti le fanno mille Perché gli racconta dell’Albania poi aveva fatto vedere ai suoi compagni le foto dell’Albania, e alla sua scuola e lei era molto felice di questa cose e anche perché in quel momento era la protagonista. Perché i fa delle domande e lei risponde a tutte e si senti contenta e i fa vedere delle foto della sua scuola PERCHE’ L’ALBANESE E’ LA SUA O La sua lingua i serve sempre quela Italiana i serve per parlare ha scuola con le amiche. Perche imparare nuove lingue per lei è importante e gli interessa e poi sono anche ambedue di origine latina quindi hanno anche qualcosa in comune. PERCHÉ L’ALBANESE È LA SUA LINGUA MADRE, L’ITALIANO ERA LA SUA SECENDA 136 Filippo Rubab 8 9 Enrica 7 PERCHÉ FA PARTE DELLA CULTURA E OGNI PERCHÉ LE LETTERE SI SCRIVON O COME IN ALBANIA. Perché tutto dipende dalla coltura culturale PERCHÉ NEL XIX SECOLO RAPPRESENTA LA LIBERTÀ E L’EMANCIPAZIO / XIX secolo e rappresentava un modo per esprimersi Turchi si può iniziare a scrivere in albanese e rappresenta l’emancipazione SI LA C ASSUME SI LEGGE K METTENDO UN Ç SOTTO IN ITALIANO A VOLTE SI LEGGE K. IN ALBANE PRONUNCIA Ç Ci sono più suoni che si possono pronunciare È uguale per la sua pronuncia Popolo felice che ha avuto molti compositori. / permetteva alle altre lettere di starle vicino senza imbarazzo Assomiglia alla accoglienza di altre culture perché la c cambia suono a seconda delle vocali / / / Hanno comune lettere dell’alfabeto quella italiana in le PERCHÉ LA MEDI ATRICE SAPEVA COMUNICARE CON LA BAMBINA IN ALBANESE PERCHÉ TUTTI I SUOI COMPAGNI LE COMINCIANO A FARE TUTTE QUESTE DOMANDE SE ALBANIA ERA COSÌ BELLA E A LEI GLI PIACIUTO TANTO SENTIRE QUESTO CHE ALBANIA È CAMBIATA. Perché lei con tutte le domande che le facevano i compagni, si sentiva la protagonista della classe domande LA LINGUA ALBANESE È LA LINGUA DEL SUO PAESE E QUINDI LA DEVE RICORDARE PER FORZA. LA LINGUA ITALIANA GLI SERVE A SCUOLA PER PARLARE SCRIVERE E POI DIVENTARE QUALCOSA. / Perché fa delle riflessioni sulla cultura, sulla storia, sulle lettere della lingua italiana con quella Albanese LINGUA E E’ BENE IMPARARE ALTRE LINGUE 137 Rachele Ester 14 Eleonora Michele 11 12 13 Claudio 10 PERCHÉ LEI HA SCRITTO SEMPRE LE LETTERE Perché ogni civiltà vuole la sua lingua / È una scelta culturale Perché lei ha scritto sempre le lettere nella sua lingua POPOLO E STATO POSSIBILE XIX SECOLO E LASCRITURA RAPRESENTA L’EMANCIPAZIO è stato possibile Nel 19 sec. / È stato possibile a partire dal XIX. Rappresentava libertà. E’ stato possibile scrivere in albanese dal XIX secolo. Rappresentava la libertà e l’emancipazione. NE in italiano ci sono molte meno lettere. BASTA AGGIUNGERE UNA VIRGOLA SOTTO ALLA C (Ç) E IL SUONO E SEMPRE LO STESSO, NON si scrive C e si pronuncia K. Le lettere sono molte di più Sempre stessa pronuncia Cambia assecondo la vocale che c’è dopo / Non cambia suono di pronuncia Cambia a secondo della lettera che la segue SIGNIFICATO DIVERSO DALLA VOCALE CHE SEGUE Bisogna mettere una virgoletta e mantiene sempre la stessa pronuncia ASSOMIGL IA AD UNA SIGNORA CHE SA METTERE A Somiglia a una signora che sa mettere a proprio agio chi gli sta vicino, perché sa costruire un discorso a qualsiasi persona. / Alla accoglienza di altre culture. Perché la ci va incontro alle vocali. assomiglia a un bella signora che sa parlare con le altre persone. della LA SOMIGLIANZA la festa libertà. / Le lettere dell’alfabeto La somiglianza. signora parlare PERCHÉ SI SENTE LA PROTAGONISTA DELLA SITUAZIONE VISTO CHE IN QUEL CASO SI PARLA DELL’ALBANIA / / Perché la incomincia a dell’Albania Perché se la mediatrice non sapeva pronunciare una parola in albanese, lei la aiutava. SONO ENDRAMBE DI ORIGINE LATINA E È INPORTANTE CONOSCERE / / / E’ importante sapere la cultura di altre lingue. 138 16 15 Cristina Lucilla PERCHÈ LE LETTERE DERIVANO TUTTE DAL LATINO, MA SI PERCHE’ SONO una scielta culturale NELLA PROPRIA LINGUA LA SI POTEVA SCRIVERE IN ALBANESE DALL’ XIX SECOLO SCRIVERE RAPPRESENTAV A LA LIBERTÀ / NE E LIBERTÀ CAMBIA LA PRONUNCIA A SECONDA DELLA LETTERA SEGUENTE la lettera “c” in italiano invece assume una pronuncia diversa a seconda della vocale o consonanante che la segue NON CAMBIA LA PRONUNCIA nella lingua albanese “c” si scrive uguale ma invece si pronuncia “k” nella loro lingua si scrive così come si scrive perché ogni lettera mantiene la propria pronuncia indipendemente dalle lettere che la seguono ACCETTARE COMPROMESSI LA “C” ITALIANA ASSOMIGL IA ALLA MADRE DELLA PROTAGO NISTA, la “C” ITALIANA ASSOMIGL IA A PROPRIO AGIO CHE LE STA VICINO LE LETTERE DELL’ALFABET O HANNO IN COMUNE LE LETTERE DELL’ALFABET O. PERCHÉ CONOSCE SUO POPOLO IL PERCHÉ RISPONDEVA ALLE DOMANDE DEL SUO PAESE, POI LA MEDIATRICE HA FATTO VEDERE LE FOTO DELL’ALBANIA E LA BAMBINA NON AVEVA MAI NOTATO CHE LA SUA CITTÀ ERA COSÌ BELLA E SENTIVA LE SUE AMICHE DIRE INCREDULE “È VERO CHE L’ALBANIA ERA COSÌ BELLA? E QUINDI ERA AL SETTIMO CIELO PERCHÉ LE PIACCIONO MOLTE LINGUE. POI BISOGNA RICORDASSI LA LINGUA ALBANESE POI SAPERE LA LINGUA ITALIANA PER DIVENTARE QUALCUNO. / 139 Balina Donata 19 Ada 18 17 Perché sono quasi uguali Perché fa parte della cultura ed ogni popolo ha il proprio alfabeto PERCHÉ SI TRATTAVA SOLO DI UNA SCELTA CULTURA LE SONO ADATTATE ALLE USANSE DEL POPOLO Solo dal XIX secolo e scrivere significava la libertà e li emancipazione Nel XIX secolo scrivere rappresentava la libertà e l’emancipazione / nella lingua italiana si scrive C e si legge C. nella lingua albanese la C si legge K. con l’albanese la C si cambia con Ç. c si legge k (in alcuni casi) mettendo una virgola si può ottenere CI o la ce SI CAMBIA PRONUNCIA SE DOPO C’È LA i O LA E SI LEGGE “K” E A VOLTE PER CAMBIARE PRONUNCIA SI SCRIVE “Ç” A una signora molto generosa che sa come mettere a proprio agio chi le sta vicino / PER LA SUA CAPACITÀ DI METTERE A SUO AGIO CHIUNQU E LE STA INTORNO LA “C” ITALIANA ASSOMIGL IA ALLA “K” NELLA PRONUNC IA ALBANESE / Che l’alfabeto deriva da quello latino CHE TUTTE E DUE FESTEGGIANO UNA VOLTA ALL’ANNO LA LIBERAZIONE. Perché dicendo cose albanesi la bambina si sentiva più felice anche perché sapendo tutto per lei era più semplice LEI ERA AL SETTIMO CIELO PERCHÉ LA MEDIATRICE STAVA PARLANDO DELL’ALBANIA E QUANDO NON SAPEVA PRONUNCIARE UNA PAROLA ALBANESE LEI CHIEDEVA ALLA BAMBINA CHE RISPONDEVA CON GIOIA. Perché le mostra delle foto della citta e della scuola della bambina e perche i ragazzi le domandavano se l’Albania è veramente così bella. Perché Perché ogni lingua è diversa e interessante e più lingue si sa parlare meglio è / 140 con l’alfabeto italialiano la C si cambia a seconda della vocale che la segue. 141 Loredana Andrea Igor Renato Emanuele Clara Enrica 1 2 3 4 5 6 7 ALUNNO no, per esempio nella famiglia in cui è capitato Inge dove mangiava solo cibi sani (verdure, ortaggi) Inge invece lo immaginava molto / / / / / No 1. A P. 125 IL PROTAGONISTA DICE: “… SONO FAMOSI I TEDESCHI PER LO STINCO DI MAIALE, I WÜRSTEL E ALTRE COSE SAPORITE E NUTRIENTI. SÌ, AVETE RAGIONE, MA SOLO IN TEORIA. IN PRATICA, MI È CAPITATA LA TRISTE SORTE DI ESSERE OSPITATO IN UNA FAMIGLIA SALUTISTA E BIODINAMICA”. RIFLETTI E POI RISPONDI: LE PIETANZE PER LE QUALI SONO FAMOSI I TEDESCHI CORRISPONDONO ALLE ABITUDINI DI TUTTI I TEDESCHI? / / / / / persona che sia fatto di zucchero e quindi fanno di tutto Inge riesce a capire che il modo di camminare dell’italiano è un vizio e bisogna accettarlo com’è 2. ALLA FINE DI P. 126 È POSSIBILE INDIVIDUARE UN’IDEA STEREOTIPATA CHE LA FAMIGLIA DI INGE HA SUL RAGAZZO ITALIANO: DOPO AVERLA TROVATA, CERCA DI SPIEGARLA. Perché ai genitori non interessa come cammina, loro vogliono sapere di che pasta è fatto (il ragazzo italiano) / / / / / In modo cattivo 3. SECONDO TE, IN CHE MODO QUEST’IDEA STEREOTIPATA INFLUENZA IL COMPORTAMENTO DEI FAMILIARI DI INGE VERSO IL GIOVANE ITALIANO? S1. ALLEGATO N. 28. UA3 QUESTIONARIO DI COMPRENSIONE, 09/06/2012 / / / / / A. No B. / C. Molto male a. No b. Nessuna risposta c. Accetterei le critiche senza dire niente, ma se per 4. TI È MAI CAPITATO DI ESSERE “VITTIMA” DI PREGIUDIZI O STEREOTIPI SUL TUO PAESE O LA TUA REGIONE? B. SE SÌ, COME HAI REAGITO? C. SE NO, COME REAGIRESTI? 142 Eleonora Michele 11 12 Rachele Ester Lucilla Cristina Filippo Claudio 9 10 13 14 15 16 Rubab 8 / / / NO, PERCHE COME IN QUESTO CASO, DEI TEDESCHI NON MANGIANO I LORO PRODOTTI TIPICI, MA SOLO CIBI SALUTARI / No, perché la famiglia di Inge non mangiava queste cose ma mangiano di una cucina biologica. / Sì, perché è una loro abitudine alimentare mangiare i cibi che si trovano in Germania. No meglio (wurstel…) / / / Ciò CHE VOGLIONI DIRE I GENITORI DI INGE è SE IL RAGAZZO ITALIANO RESISTERà A STARE LÌ / Voleva far passare il ragazzo per una persona che si preoccupa troppo anche di un po’ di pioggia, infatti lo paragona allo zucchero che si scioglie nell’acqua. / / / / / / I FAMILIARI DI INGE PROVANO UN PO’ DI ANTIPATIA PER IL GIOVANE ITALIANO / Considerano il giovane italiano poco resistente e non abituato al sacrificio, come secondo loro tutti gli italiani. Non sarà facile per il giovane cambiare idea. / / / / / / / / A. Sì B. GLI HO DETTO CON UN TONO UN PO’ SECCATO CHE TUTTO Ciò CHE STAVA DICENDO NON ERA VERO E CHE PRIMA DI GIUDICARCI DOVEVA IMPARARE A CONOSCERCI MEGLIO C. / a. Sì b. Visto che io sono di Napoli molti si facevano tante idee sulla mia città. Ho cercato di ignorare. Avvolte ci sono riuscito e a volte no. c. / a. No b. / c. Non farei nulla, ma non è che sia contento caso dalla mia famiglia uscisse qualcosa loro non si dovrebbero lamentare a. No b. / c. Che è difficile 143 Ada Balina Donata 17 18 19 / / NO, I SALUTISTI NON MAGIANO QUESTE COSE. MA LORO MANGIANO SOPRATTUTTO JOGURT E ALTRE COSE SANE COME PANE INTEGRALE SICCOME STAVA PIOVENDO IL PROTAGONISTA VOLEVA PRENDERE UN OMBRELLO, MA I GENITORI DI INGE NON VOLEVANO QUINDI ESSO SAREBBE STATO COME LO ZUCCHERO CHE ALL’ACQUA SI SCIOGLIE / / / / PER ME I GENITORI DI INGE PENSANO CHE IL RAGAZZO SIA UN FIFONE ED ABBIA PAURA DELL’ACQUA / / Sì QUANDO VADO IN ALBANIA MOLTI MI FANNO DEGLI STEROPITI SULL’ITALIA, SOPRATTUTTO SUL CIBO, MA IO RISPONDO SEMPRE CHE IL CIBO IN ITALIA è MOLTO Più BUONO DI QUELLO ALBANESE 144 1 2 3 4 5 6 7 Loredana Andrea Igor Renato Emanuele Clara Enrica ALUNNO / / / / / / Inge prova un leggero disagio per la lingua perché ha una pronuncia strana ma quello che mette veramente a disagio Inge è la fame che ha, ma non vuole assolutamente dirlo a 5. CHE COSA PROVA IL PROTAGONISTA VERSO LA LINGUA TEDESCA? PERCHÉ? CFR. METÀ P. 124, LE ULTIME RIGHE DI P. 124 E LE PRIME DI P.125. / / / / / / Per la lingua che non riesce ancora a interpretare chiaramente perché ha suoni strani. 6. PERCHÉ IL PROTAGONISTA NON RIESCE AD ESPRIMERE CHIARAMENTE CIÒ CHE VUOLE? RILEGGI IN PARTICOLARE LE ULTIME RIGHE DI P. 125 E LE PRIME DI P. 126. / / / / / / Io prenderei un dizionario e cercherei di imparare la loro lingua in modo di non far sorgere troppi problemi. (Perché?) Il motivo è semplice: sempre meglio imparare una lingua per stabilire un buon rapporto con le persone. PERCHÉ? 7. SE TI TROVASSI IN UNA SITUAZIONE DI VACANZA SIMILE A QUELLA DEL RACCONTO, A STRETTO CONTATTO CON PERSONE DI UN ALTRO PAESE, COME PENSI CHE DOVRESTI COMPORTARTI NEI CONFRONTI DEL LORO MODO DI PENSARE, DELLE LORO ABITUDINI E DELLA LORO LINGUA PER INSTAURARE DEI BUONI RAPPORTI? / / / / / / Inge all’inizio non vede l’ora di arrivare, perché ha sentito parlare bene del modo sia di mangiare e sia degli altri modi dei tedeschi. Purtroppo però capita in una famiglia in cui si sente a disagio; per il modo di parlare, per le loro pronunce strane, ma non è tanto questo il motivo , perché la famiglia dei tedeschi mangia solo cibi sani e ogni volta ha lo stomaco vuoto infatti il vero problema è la fame. 8. PROVA A RISCRIVERE LA STORIA DAL PUNTO DI VISTA DI INGE OPPURE DEI SUOI GENITORI. 145 17 8 9 10 11 12 13 14 15 16 Ada Rubab Filippo Claudio Eleonora Michele Rachele Ester Lucilla Cristina SICCOME LUI NON SA PARLARE una ragazza di 55 chili che si nutre esclusivamente di yogurt. / / / / / / / / IL PROTAGONISTA PROVA ODIO CONTRO LA LINGUA TEDESCA PERCHÈ NON LA CONOSCE MOLTO BENE. IL PROTAGONISTA NON RIESCE AD / / / / / / / / PERCHÉ NON È FACILE DIRE A UNA RAGAZZA CHE PESA 55 KG E CHE MANGIA SOLO YOGURT CHE SI HA FAME DI CIBI CHE LEI NON MANGIA BEH! SE IO ANDASSI IN GERMANIA INANZITUTTO / / / / / / / / SE MI TROVASSI IN UNA SITUAZIONE SIMILE A QUELLA DEL RACCONTO, MI COMPORTEREI COME FANNO GLI ABITANTI DEL LUOGO. NON ACCENNEREI AL FATTO DELLA DIVERSITÀ TRA I DUE POPOLI E MI ABITUEREI ALLA LORO CUCINA, OPPURE CUCINEREI DEL CIBO APPOSTA PER ME, SECONDO LE MIE USANZE PERCHÉ? PER NON CREARE LITIGI, PER ANDARE D’ACCORDO CON LORO E PER NON METTERMI NEI GUAI. / / / / / / / / DURANTE IL VIAGGIO PER LA GERMANIA, CONSIDERO LA SUA VITA COME SAREBBE STATA IN QUELL’AMATO POSTO: VIVERE CON SCHEMI FISSI E PRECISI, POTER PARLARE LA MIA VERA LINGUA, RITROVARE LUOGHI CHE NON VEDEVO DA TEMPO. SONO MOLTO CONTENTA DI CIÒ ED ORA HO ANCHE UN FIDANZATO. L’ITALIA È UN BEL POSTO, MA MAI BELLO COME LA MIA AMATA GERMANIA E LO SPERO ANCHE PER IL MIO FIDANZATO. DOPO LUNGHE ORE DI VIAGGIO ARRIVIAMO FINALMENTE A CASA! E’ MOLTO TEMPO CHE NON CI TORNO. FINALMENTE ARRIVO A CASA DEI MIEI FAMILIARI, SONO MOLTO CONTENTA. SE PENSO CHE TRA UN PO’ TORNERÒ IN ITALIA, MI VIENE UN PO’ DI TRISTEZZA, MA INTANTO MI GODO IL KAFFEE LUNGO E I MIEI GIORNALI. INGE VOLEVA ANDARE A TROVARE IL SUO FIDANZATO A PESCARA E CI ANDÒ IN 146 18 19 Balina Donata / / MOLTO BENE LA LINGUA TEDESCA SI SENTE UN PO’ IN DISAGIO PERCHÈ NON CAPISCE QUASI NIENTE QUANDO GLI ALTRI PARLANO TEDESCO. / / ESPRIMERSI PERCHÈ PUR NON SAPENDO PARLARE NON POTEVA DIRE ALLA MADRE DI INGE CHE VOLEVA Più PATATE, MA DOVEVA RASSEGNARSI A DIRE - JA!IMPAREREI LA LINGUA COME HO FATTO CON QUELLA ITALIANA POI MI COMPORTEREI COME LORO E FAREI TUTTO QUELLO CHE FANNO LORO. Perché? FORSE PER NON SEMBRARE STRANA, MA ANCHE PERCHÈ PER ME CHI VA IN UN PAESE DIVERSO DAL PROPRIO DOVREBBE COMPORTARSI COME TUTTI. ESEMPIO: SE TU VAI IN GERMANIA NON DOVRESTI ANZI NON POTRESTI PAGARE CON LE MONETE ITALIANE. / / / / MACCHINA. QUANDO ARRIVÒ SI TROVÒ DAVANTI AGLI OCCHI UNA CITTÀ PIENA DI GENTE CHE CAMMINAVA SUI MARCIAPIEDI, MACCHINE CHE VANNO DAPPERTUTTO. INGE SI PRECIPITÒ A CASA DEL SUO RAGAZZO PERCHÈ ORMAI ERA ORA DI PRANZO. I GENITORI DEL RAGAZZO CUCINARONO MOLTISSIME COSE CHE AD INGE ERANO SCONOSCIUTE QUINDI MANGIÒ MENO DI METÀ. AI GENITORI DEL RAGAZZO SEMBRÒ STRANO, MA NON CI FECERO CASO. INGE USCI POI PER FARE UNA PASSEGGIATA, MA PIOVEVA INGE USCÌ SENZA OMBRELLO, MA I GENITORI DEL RAGAZZO NON FECERO CASO NEANCHE A QUESTO PERCHé PENSAVANO CHE NEL SUO PAESE SI FACESSE COSÌ. 147 Andrea Igor 3 Loredana 2 1 ALUNNO Le majorette vestite di bianco rosso e blu con le stelline negli occhi per dare il Autostrade a otto corsie, pick up, birra e bionde Paolo si aspetta delle majorette bionde e crede di essere accolto molto bene. 1. QUALE ACCOGLIENZA SI ASPETTA NEGLI STATI UNITI PAOLO? COME IMMAGINA DI ESSERE RICEVUTO ALL’AEROPORT O? donna Trovano uno ostacolo di lingua straniera Una bisonte. Una accoglienza incrompensibile, i due, la majorette e lui non si capiscono nella lingua 2. QUAL È INVECE L’ACCOGLIENZA CHE RICEVONO I DUE GIOVANI? CHI TROVANO AL CONTROLLO DOCUMENTI? La signora pensa che la stia prendendo in giro e che in verità prendo lezioni d’Inglese da vent’anni dal Principe perchè vedeva che loro facevano finta di capire Perché pensa che sia Inglese invece nel passaporto era scritto come Italiano Giovanni non parla per niente affatto l’Inglese 3. P. 149 (PRIME QUATTRO RIGHE): SECONDO TE PERCHÉ LA SIGNORA DELLA DOGANA RIGIRA IL PASSAPORTO DI GIOVANNI TRA LE MANI? PENSA DAVVERO, COME RITIENE GIOVANNI, CHE LUI PARLI BENE L’INGLESE? Perchè crede che sono bombe e la signora non capische lo si riferiscono che sono Perchè la donna pensa che siano bombe Perché loro volevano intendere che era una bomba calorica la mozzarella di bufala e le intende che erano bombe 4. SECONDO TE, PER QUALE MOTIVO QUANDO GIOVANNI DICE “NAPOLI’S BOMBS” (P. 150) LA DONNA PORTA I DUE ITALIANI IN UNA STANZA PER CONTROLLARE LE VALIGIE? S1. ALLEGATO N. 29. UA4 QUESTIONARIO DI COMPRENSIONE, 11/06/2012 La signora pensa a quello che deve risponde perché non sa cosa rispondere. perchè prima di andare in america bisogna avere un lavoro li v v Non poteva dirgli che era alla ricerca di un lavoro ma che era viaggio per un turismo 5. QUANDO LA DONNA CHIEDE ALL’ITALIANO PER QUALE MOTIVO ABBIA DUE VALIGIE, PERCHÉ LUI NON SA COSA RISPONDERE? Pensa che loro portavano delle bombe invece loro portavano delle mozzarelle di bufala cui piacciono molto lo zio e quindi la signora pensa che loro erano dei terroristi perché non si sono capiti per la lingua. Che sono due terroristi pieni di sigarette che la prendono in giro facendo finta di non sapere l’americano Pensa che sono dei mafiosi e li piano in giro invece loro non sapevano bene la lingua. 6. IL RACCONTO È NARRATO DALLA PROSPETTIVA DI UN RAGAZZO ITALIANO. SECONDO TE, CHE COSA PENSA LA DONNA AMERICANA DEI DUE ITALIANI? RISCRIVI LA STORIA DAL SUO PUNTO DI VISTA. 148 Enrica Emanuele Clara 5 6 7 Renato 4 agli PAOLO SI ASPETTA UN’ACCOGLIEN ZA COME QUELLA DEI FILM, CON LE RAGAZZE POMPON, AUTOSTRADE, PICK UP… Con autostrade a otto corsie pick up birra e birra e bionde. Da venti majorette vestite bianco rosso e blu con stelline negli occhi. / Si aspetta di essere accolto con le magiorette. benvenuto stranieri I DUE GIOVANI, INVECE, TROVANO UN’ACCOGLIENZ A DALLA SIGNORA BISONTE CHE GLI CONTROLLA I LORO DOCUMENTI / Invece è portato in una piccola stanza e sospettato di essere un terrorista. Trovano una donna bisonte. LA SIGNORA RIGIRA IL PASSAPORTO PERCHÈ PENSA CHE LA STIANO PRENDENDO IN GIRO E PENSA ANCHE CHE GIOVANNI NON PARLI BENE L’INGLESE / No Perché parlavano bene l’inglese. No, non penso che lo parli. Carlo da pers=. PERCHÈ LA SIGNORA PENSA CHE NAPOLI’S BOMBS SIANO DELLE BOMBE E QUINDI PENSA CHE SIANO TERRORISTI / Pensa che abbiano delle bombe. Perché pensava che avevano delle bombe invece erano mozzarelle. buone PERCHÈ POSSONO DIRE CHE È IN CERCA DI LAVORO / Perché non può dire che cerca lavoro, perché lì bisogna trovarlo prima di entrare in U.S.A. Perché pensa che gli chiedono del lavoro. Che sono dei matti, dei ragazzi che non sanno parlare l’inglese e che la portano in giro e non capisce che loro non lo capivano veramente. Alla fine però capisce. / Quando vennero alla Dogana non capivano l’inglese, ma dissero di avere delle bombe o perlomeno credevo… Avevano un po’ l’aspetto da terroristi. Alla fine gli arceri scoprirono che avevano delle mozzarelle di bufala. LA DONNA AMERICANA SIN DALL’INIZIO NON HA UNA BUONA IMPRESSIONE DI LORO E DURANTE LA LORO PERQUISIZIONE INIZIA A SPAZIENTIRSI. DOPO UNA SERIE DI MALINTESI VENGONO FUORI DIVERSI MALINTESI SIA PER LA LINGUA 149 Claudio Eleonora 11 Filippo 9 10 Rubab 8 Paolo si aspetta di essere accolti come il vincitore di quel viaggio. Paolo si aspetta autostrade a otto corsie, pick up, birra e bionde, ma sull’aereo viene subito poste alla tac le sue valigie. IMMAGINA DI ESSERE ACCOLTO CON OSPITALITA’. / L’accoglienza ricevono i giovani è controllore che due una che I DUE RICEVONO UN ACCOGLIENZA POCO OSPITALE E AL CONTROLLO DEI DOCUMENTI TROVANO LA SIGNORA BISONTE. I due ragazzi non sapevano parlare molto bene l’inglese americano e al controllo documenti c’era una donna bisonte. / Pensa che lo sia prendendo in giro e che sta prendendo lezio da Principe Carlo. Perché crede che Giovanni lo stia prendendo in giro, ma lui non sa parlare bene l’inglese. PERCHÈ PENSA CHE LO STIA PRENDENDO IN GIRO E CREDE CHE SAPPIA PARLARE BENE INGLESE. Perché pensava che gli stia prendendo in giro. Perche la signora pensa che siano delle bombe. Perché credono che loro siano dei tiranni(?) che hanno nelle valigie delle bombe. PERCHÈ PENSA CHE ABBIANO DELLE BOMBOE NELLE VALIGE. Perché la signora pensa che Napoli’s Bombs sarebbe una bomba. le Perche la Signora non deve sapere che è venuto per lavoro. Perché non vuole dire che ha molto vestiti perché suda molto. PERCHE PARLA IN INGLESE E QUINDI NON CAPISCE E NON RISPONDE Perché aveva sigarette dentro. Io penserei che i due italiani siano dei terroristi che vogliono far esplodere l’aereo Io credo che questi due italiani mi prendono in giro perché mi fanno ripetere tutto quello che dico, credo anche che siano dei poveri che si portano anche delle mozzarelle da casa. SIA PER I DIVERSI MALINTESI. INFINE PERÒ TUTTO SI RISOLVE QUANDO LA SIGNORA SCOPRE CHE NAPOLI’S BOMBS ERANO DELLE MOZZARELLE. La donna americana dei due italiani pensa che siano due terroristi, ma non era vero. / 150 Ester Lucilla 14 15 Cristina Rachele 13 16 Michele 12 PAOLO SI ASPETTA DI RICEVERE UN’ACCOGLIEN ZA COME NEI FILM AD ESEMPIO CON LE RAGAZZE / Paolo crede di essere accolto con le magiorette. Le auto strade a 8 corsie, bionde Le majoret con le stelline negli occhi vestite di bianco rosso e ble. I DUE GIOVANI TROVANO AD ASPETTARLI “LA SIGNORA BISONTE” CHE GLI CONTROLLA I DOCUMENTI Trovano un accoglienza malissimo perché adesso quelli che controllano i mafiosi pensano che sono mafiosi / Al controllo dei documenti trovano una signora BISONTE. parla un inglese molto veloce e che si chiama Bisonte. Trovano uno ostacolo di lingua subito. Una signora che sembra un bisonte. LA SIGNORA DELLA DOGANA RIGIRA IL PASSAPORTO PERCHÈ PENSA CHE LA STIANO PRENDENDO IN GIRO E PENSA CHE GIOVANNI NON PARLI BENE L’INGLESE / Perché la signora BISONTE pensa che la stia prendendo in giro. pensa che lo stanno prendendo in giro No. PERCHÈ LA SIGNORA PENSA CHE “NAPOLI’S BOMBS” SIANO DELLE VERE BOMBE E QUINDI PENSA CHE SIANO DUE TERRORISTI / Perché quando i due dicono “NAPOLI’S BOMBS” la signora BISONTE pensa delle BOMBE CHE ESPLODONO perché pensa che sono delle persone che hanno le bombe dentro le valigie. Perché crede che sono bombe e la traduzione è bombe napoletane. in lo PERCHÉ NON POSSONO DIRE CHE SONO IN CERCA DI LAVORO / Perché non si può dire che è andato li solo per trovare lavoro. Perché parla inglese e non capisce Perché non può dirgli che è in cerca di lavoro osseno lo avrebbero arrestato. bombe LA DONNA AMERICANA SIN DALL’INIZIO NON HA UNA BUONA OPINIONE DI LORO E DURANTE LA LORO PERQUISIZIONE / La signora pensava che fossero due terroristi quando i due dissero “NAPOLI’S BOMB” così lei un po’ scioccata li ha portati su una stanza asettica, i due quando hanno detto che i vestiti erano per i poveri hanno chiarito tutto. / La signora pensa che gli italiani la stiano prendendi in giro. con delle napoletane. 151 17 Ada PAOLO SI ASPETTA CHE ALL’AEROPORT O CI FOSSERO DELLE MAJORETTE VESTITE DI BIANCO ROSSO E BLU CON LE STELLINE AGLI OCCHI PER DARE IL BENVENUTO AGLI STRANIERI. POM-POM, LE BIRE, PICK-UP I DUE GIOVANI TROVANO INVECE UNA SPECIE DI BISONTE FEMMINA IN UNIFORME, CHE CHIEDE LORO I DOCUMENTI. LA SIGNORA PENSA CHE GIOVANNI PRENDA LEZIONI DI INGLESE DA VENT’ANNI DAL PRINCIPE CARLO IN PERSONA. PERCHé LA SIGNORA PENSA CHE NAPOLI’S BOMBS SIANO DELLE BOMBE FRAINTENDENDO I RAGAZZI. NON SA CHE DIRE PERCHé SE DICESSE CHE FOSSE Lì IN CERCA DI LAVORO L’AVREBBERO CACCIATO. INIZA UN PO’ A SPAZIENTIRSI. DOPO UNA SERIE DI MALINTESI DIVERSI PROBLEMI SIA PER LA LINGUA SIA PER I MOLTI MALINTESI. INFINE PERO’ TUTTO SI RISOLVE QUANDO LA SIGNORA SCOPRE CHE LE “NAPOLI’S BOMBS” ERANO SOLO DELLE MOZZARELLE DI BUFALA. QUANDO PAOLO E GIOVANNI ARRIVANO AL AEROPORTO LA SIGNORA PENSA CHE I DUE FOSSERO Lì PER TURISMO, MA CAPISCE CHE LORO NON INTENDONO PER NIENTE L’INGLESE. QUANDO LE PARLANO DELLE NAPOLI’S BOMBS LEI SI STRANISCE E PENSA CHE SIANO DEI TERRORISTI, MA QUANDO POI CAPISCE CHE SI ERANO SOLO PORTATI IL CIBO DA CASA PENSA CHE 152 18 19 Balina Donata / / / / / / / / / / FOSSERO POVERI. / / 153 1 Loredana ALUNNO Interessante/stimolante Conoscersi fra due persone di lingue diverse e conoscere le lingua TUA FACILE INTERESSANTE/STI MOLANTE UTILE POSSIBILE NECESSARIO FATICOSO DIFFICILE DA EVITARE ALTRO (AGGIUNGI UNO O PIÙ AGGETTIVI)………… ……………………… ……………………...... SPIEGA LA RISPOSTA. □ □ □ □ □ □ □ □ □ 1. DOPO LE LETTURE E LE ALTRE ATTIVITÀ CHE ABBIAMO SVOLTO INSIEME, PENSI CHE COMUNICARE E VIVERE (PER PERIODI PIÙ O MENO LUNGHI) CON O “TRA” DUE O PIÙ LINGUE E CULTURE SIA (PUOI BARRARE PIÙ RISPOSTE). Besa Mone il racconto di una straniera che viene in Italia e si trova con i suoi nuovi compagni di scuola 2. QUALI PERSONAGGI/VICENDE/DIALOG HI DEI RACCONTI TI HANNO FATTO RIFLETTERE O CAPIRE DI PIÙ SU QUESTO TEMA? S1. ALLEGATO N. 30. QUESTIONARIO FINALE Sì, perché conoscere nuove lingue e città e conoscere le abitudine di altri cittadini Mi piacerebbe molto andare a PERCHÉ? SE SÌ, DOVE? 3. TI PIACEREBBE, IN FUTURO, TRASCORRERE UN PERIODO PIÙ O MENO LUNGO DI VACANZA/STUDIO IN UN PAESE STRANIERO? La cultura è una parola che serve per distinguere degli Stati diversi: lingue, abitudine, lavoro 4. ATTRAVERSO LE LETTURE FATTE E LE ATTIVITÀ SVOLTE, COS’HAI CAPITO DEL CONCETTO DI “CULTURA”? 154 Rubab Filippo 9 Emanuele Clara 5 6 8 Renato 4 Enrica Igor 3 7 Andrea 2 Interessante/stimolante Necessario. Perché è abbastanza interessante. / Interessante/stimolante Utile Possibile Perché è sempre una nuova esperienza da fare Facile/faticoso Faticoso=bisogna scrivere troppo Facile=la lettura Interessante/stimolante Possibile E’ possibile perché io vado a scuola in Italia, si può fare tante cose con l’aiuto degli altri. Interessante perché mi piace. Interessante/stimolante Si possono imparare molte cose Utile, faticoso. Faticoso: è difficile ricordarsi due lingue. Utili: se vai in un altro stato. faticoso e faticoso andare in un altro paese e dificile parlare in quella lingua nuova / Salsicce. Tutti i racconti sono stati utili ma il testo salsicce ho capito di più / “Salsicce”, “Doner kebab” Il tema della bambina albanese che va in una scuola straniera. sul racconto “il primo giorno di scuola” avevo qualche difico perché parlava in albanese Salciccie Si A Barcellona No. Mi piacerebbe solo di vacanza non di lavoro o studio perché è difficile lo studio e lavoro. Si Spagna Mi piace / Non lo so so Sì. In Inghilterra o in America. Bho, però mi piacerebbe. si A Londra, a New york Mi piace la città New York Sondra sono le mi città preferite Parigi in Francia Mi è piaciuta molto quando sono andata a visitarla, e poi è la mia città preferita No Voglio stare in Italia ad ascoltare Babanian. Che la cultura avvolte è noiosa e altre divertente Della parola cultura ho capito che che siamo tutti uguali, bisogna essere buoni con tutti. Si, la cultura è una cosa che rispecchia ogni paese / Che è importante avere una cultura / culture vuol dire un’insieme di culture di altri popoli Niente. 155 Claudio Eleonora Michele Rachele Ester Lucilla Cristina Ada Balina Donata 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 / / Interessante/stimolante Faticoso Interessante perché puoi imparare cose nuove faticoso perché è difficile comunicare / interessante/stimolante interessante/stimolante perché puoi sapere di più Facile/utile/possibile/fatico so I testi sono stati facili da leggere, utili, possibili, un po’ faticosi interessante/stimolante utile, necessario Per me è bello conoscere altre culture e sarebbe molto interessante interessante/stimolante perché si potrebbe conoscere altre culture Possibile. Perché con un po’ di impegno si può imparare una lingua stranire. Utile. Perché sapere di più su altre culture e altre lingue è necessario per il futuro. / / A me sono piaciuti tutti ma mi è rimasto più impresso Napoli’s bombs Tutti i racconti sono stati utili ma nel testo “Salsiccie” ho capito di più su questo tema / No / Quelli che parlano di culture Sulle salcicce che la ragazza somala non sapeva se essere somala o italiana La famiglia di Inge. Sì Mi piacerebbe molto andare in America Per me è molto piacevole e interessante anche perché non ci sono stata mai / / Sì In America Mi attira di più e ci sono più opportunità di lavoro / / Si ma poco A New York Si A Londra o America Mi sembrano interessanti No No. / / / La cultura è l’insieme di elementi e di conoscenze che una persona conosce / Quasi nulla Niente Cultura vuol dire insieme di abitudini e altro di altri popoli Che le culture sono molti diversi e interessanti La cultura è l’insieme delle caratteristiche di un certo paese. 156 Loredana Andrea 1 2 ALUNNO Sì. No. Non vorrei essere un Sì. Sì. E’ molto divertente perché sono tutti modi di leggere le lettere, vocali, consonanti. PERCHÉ? SE SÌ, VORRESTI O NO CHE “EMERGESSERO” COME ACCADE NEL RACCONTO DI BESA MONE? 5. QUANDO ABBIAMO LETTO IL RACCONTO DI BESA MONE “I MIEI PRIMI GIORNI DI SCUOLA”, ABBIAMO PARLATO DELLE LINGUE “NASCOSTE”. TRA LE TUE LINGUE (DIALETTI; LINGUE CHE CAPISCI, MA CHE NO SAI PARLARE; LINGUE CHE SAI PARLARE, ANCHE POCO; LINGUE CHE SAI SOLO LEGGERE O CHE SAI ANCHE SCRIVERE) CE NE SONO DI NASCOSTE? Dalla televisione. Che si studiassero più lingue e si potesse spostare più facilmente. 6. SE HAI RISPOSTO SÌ ALLA DOMANDA 5: IN CHE MODO VORRESTI CHE LE LINGUE NASCOSTE EMERGESSERO? Albanese, Indiano, Americano, Moldavo. Albanese, Moldavo, Americano, Indiano. 7. QUALI SONO (SE CI SONO) LE LINGUE NASCOSTE DEI MEMBRI DELLA TUA CLASSE? SONO PIÙ INTERESSANTI/….…… …………………………… ……..(PUOI INSERIRE ALTRI AGGETTIVI) SONO MENO INTERESSANTI/……… …………………………… …..(PUOI INSERIRE ALTRI AGGETTIVI) SONO UGUALMENTE INTERESSANTI ALTRO…………………. PERCHÉ? Sono meno interessanti. Sono ugualmente interessanti, perché tutte hanno delle cose in più. □ □ □ □ 8.IN CHE RAPPORTO SONO, SECONDO TE, LE LINGUE NASCOSTE (TUE O DEI TUOI COMPAGNI) CON L’ITALIANO? Sì, come nel testo di Besa Mone, tutta è compreso in una lingua ma può essere espresso in tante lingue. Più lingue perché ogni parola e lingua a una propri caratteristiche. 9. RIPENSA AI TESTI LETTI E SCRIVI SE, SECONDO TE, LE CULTURE SI POSSONO ESPRIMERE IN UNA SOLA LINGUA O IN PIÙ LINGUE. SPIEGA POI LA TUA RISPOSTA. 157 Filippo Claudio Eleonora Michele 10 11 12 Enrica 7 9 Emanuele Clara 5 6 Rubab Renato 4 8 Igor 3 Sì. / Sì. Sì. E’ bello scoprire le nuove lingue, le nuove cose. Sì. Sì. / Sì. No. Perché dopo mi confonderei molto. No. No. Mi piace così. Sì. No. Perché ogni città al il suo dialetto o lingua. / Sì. Sì. Sono Belle, interessanti e particolari. italiano e 19 albanesi. No. No. Non c’è lo delle lingue nascoste. Sì. / / / In modo netto. / / / / Non voglio che emergono. Non lo so. Albanese, / indiano, Moldavo, americano, albanese, indiano, africano. L’albanese e l’indiano. Mamma per es. parla il romano avvolte. Ma non vuole che lo impari. / / Moldavo, indiano, albanese, americano. L’albanese, Americana e Moldava. Albanese, Moldavo, Americana e Indiana. ha la sua ugualmente Sono ugualmente Sono più interessanti/curiose. Perché possono interessare, ma anche far nascere una passione per quel popolo. / Sono più interessanti. Sono ugualmente interessanti. E’ sempre interessante. Sono più interessanti. E’ molto bello le lingue straniere. / Sono interessanti. Ogni lingua particolarità. Sono meno interessanti. A me interessa l’italiano. Sono ugualmente interessanti. Si parla delle lingue diverse e divertenti. In più lingue perché ogni paese ha una sua pronuncia particolare che caratterizza ogni parola. In più lingue perché ogni cultura è diversa e si parla diversamente. No perché sono tutte / / In più lingue. Ci sono persone che parlano più lingue nel senzo che possono vivere in germania, ma possono venire dall’Italia. Le culture si possono esprimere in più lingue. / L’inglese perché è la lingua ufficiale. In più lingue perché tutti hanno delle culture diverse dai altri. 158 Rachele Ester Lucilla Cristina Ada Balina Donata 13 14 15 16 17 18 19 Sì. Sì. Per me tutte le lingue dovrebbero emergere perché sarebbe molto bello conoscere altre lingue. / / / Sì. No. Sono carine, interessanti, divertenti e alcune volte noiose e anche particolari. Sì. Sì. Perché è importante conoscerle. Sì. Sì. E’ meglio per loro. iniziasse a / / Dovrebbero costruire delle scuole in cui si imparano tutte le lingue del mondo. Vorrei che diffondersi. / / Perché i miei compagni potrebbero conoscere un altro dialetto. (Non ha risposto) / / L’americano l’indiano l’africano l’albanese e il moldavo. Igor, Balina, Eleonora, Ada. / Nella mia classe ci sono lingue albanesi, indiane, moldava e anche americano. Nella mia classe ci sono molti alunni stranieri che parlano diverse lingue. Americano. tutte Sono ugualmente interessanti. Perché ogni lingua ha qualche elemento che le caratterizza. Sono ugualmente interessanti. A me piacerebbe imparare tutte le lingue perché sono tutte uguali e interessanti. / / / / interessanti. Perché: sono interessante. / / / Le culture si possono esprimere in più lingue, perché ogni lingua ha la sua cultura. / / / / diverse. 159 ALUNNO BRUTTI NOIOSI MI HANNO LASCIATO INDIFFERENTE INTERESSANTI BELLI ALTRO SPIEGA PERCHÉ. □ □ □ □ □ □ 10. COME TI SONO SEMBRATI I RACCONTI CHE ABBIAMO LETTO INSIEME? □ □ □ □ □ LE NON MI HANNO DETTO NIENTE DI NUOVO MI HANNO FATTO CAPIRE MEGLIO LA REALTÀ DI PERSONE CHE CONOSCO MI HANNO FATTO CAPIRE MEGLIO LA REALTÀ DI PERSONE A CUI SONO LEGATO (AMICI, PARENTI, ETC.) MI HANNO FATTO RIFLETTER E SU ME STESSO/A ALTRO 11. LETTURE FATTE: 12. TI SEI IDENTIFICATO/A IN QUALCHE PERSONAGGIO O SITUAZIONE DEI RACCONTI LETTI INSIEME? SE SÌ, QUALE/I? PERCHÉ? 13. TI PIACEREBBE LEGGERE ALTRI TESTI CHE TRATTANO IL TEMA DEGLI INCONTRISCONTRI TRA PERSONE CON LINGUE DIVERSE? 14. SE SÌ, DI QUALI LINGUE TI PIACEREBBE LEGGERE? PERCHÉ? SE SÌ, QUALE O QUALI IN PARTICOLARE? 15. LE LETTURE FATTE TI SONO SEMBRATE DIFFICILI? 160 Igor Renato 4 Andrea 2 3 Loredana 1 Interessanti. Perché mi hanno interessato. Interessanti. Perché si parlava di cose interessanti e si impara tante cose diverse. Noiosi. Mi sono sembre addormentato. Interessanti. Perché erano parlanti di lingue nascoste. □ mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone a cui sono legato (amici, parenti etc.) Nella mia classe ci sono molti stranieri e quindi ho pensato a loro. □ non mi hanno detto niente di nuovo Sapevo tutto. mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone a cui sono legato (amici, parenti etc.) Che mi ha fatto capire tante cose della realtà (amici, parenti ec.) SPIEGA LA TUA RISPOSTA No. / No. In Besa Mone perché è stato il primo testo per me letto sulla cultura. Sì. / No. Sì. Cinese. / / Spagnolo. No. / No. Un po’. Quella sull’americano. (Perché) è molto difficile. 161 Rubab Enrica 7 8 Emanuele Clara 5 6 Belli. Erano divertenti. Noiosi. Belli. Perché i testi sono stati troppo lunghi ma belli perché sono interessanti. / Interessanti. (perché) erano interessanti. conosco. Perché ho scoperto certe cose dei compagni della mia classe. / □ mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco Perché prima non la conoscievo. mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco Perché prima non ne ero a conoscienza. mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone a cui sono legato (amici, parenti etc.) mi hanno fatto riflettere su me stesso/a “Döner kebab” No / No. No Si / Sì. No In Spagnolo / Non lo so. No, sono facili. Napoli’s bombs Perché il testo pieno di eventi intreccio. / No. è a 162 Rachele Ester 13 14 Eleonora 11 Michele Claudio 10 12 Filippo 9 hanno e / Mi hanno lasciato indifferente. Interessanti. Sono riuscito a stare attento sono stati interessanti. Belli. Perché non sono stati noiosi e ci hanno spiegato alcune cose. Interessanti. Perché mi incuriosito affascinato. Noiosi. Perché erano molto lunghi. Perché, facendo le nuove letture si scopre molte cose. mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco Perché alcuni paesi mi piacciono, ma la loro cultura non mi è familiare. mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone a cui sono legato (amici, parenti etc.) Mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco. Ho capito la realtà di persone che conosco. Non mi hanno detto niente di nuovo. / / Si Paolo perché Sì uguale a Giovanni perché è napoletano come me e mi sembra divertente. No. No. No / Si Sì No. Sì. No / Non lo so Francese, Spagnolo… / La lingua cinese. / / No No No. No. No. 163 Ada 17 Balina Donata Cristina 16 18 19 Lucilla 15 / / Interessanti. Mi sono piaciuti molto. Noiosi. Perché ci sono stati molti quesiti. Belli. Perché fanno ridere. Mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco. Perché prima non ne ero a conoscienza. mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone a cui sono legato (amici, parenti etc.) Ho capito che tutte le culture sono interessanti e non si deve lasciare indietro chi è diverso. / / Mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco. / / Nel racconto della ragazzina albanese perché anche io sono albanese e ho vissuto un po’ la sua storia. No. / / / Sì. Sì. No perché non capirei niente. / / Il giamaicano. Lo spagnolo. Non lo so. / / No. Erano divertenti. molto Sì. Napoli’s bombs. Il testo era pieno di intrecci. No. 164 DATI SCUOLA 2 165 166 167 Roberto Emma Giovanna 1 2 3 ALUNNO F F M S E S S O 1999 1999 1999 DATA DI NASCI TA Macerata Macerata Macerata LUOGO DI NASCITA (CITTÀ, NAZIONE) Macerat a Piedirip a Macerat a ABITI A / / / QUANTI ANNI AVEVI QUANDO SEI ARRIVAT O IN ITALIA? / / / DOVE HAI ABITATO PRIMA DI VENIRE IN ITALIA? / / / DA QUANTO TEMPO ABITI IN PROVIN CIA DI MACERA TA? PARTE DA COMPILARE SOLO DA CHI È NATO ALL’ESTERO S2. ALLEGATO N. 31. QUESTIONARIO INIZIALE Macerata, Marche, Italia, mia madre Montecos aro (papà) e Macerata (mamma) Mamma Albania, papà Montecas siano 1.LA TUA FAMIGLI A PROVIE NE DA (CITTÀ, REGION E, NAZION E) Italiano, poco dialetto. Italiano Italiano, dialetto (nonni) 2. È COMPOST A DA (COMPON ENTI, ETÀ, LINGUA/E PARLATA/ E): I miei genitori mi hanno fatto un’insegnam ento molto importante: l’educazione e il rispetto Soprattutto l’educazione e il senso di responsabilit / 3. QUALI SONO GLI INSEGNAM ENTI PIÙ IMPORTAN TI (EDUCAZIO NE, REGOLE DI COMPORTA MENTO, ETC.) CHE LA TUA FAMIGLIA TI HA TRASMESS O? Sì, ma non molto. Più che altro non facciamo lunghi discorsi su questi Si, a me capita commentare fatti di cronaca con la mia famiglia. Si, a volte, per esempio a tavola mentre mangiamo. 4. TI CAPITA DI COMMENTARE CON I TUOI FAMILIARI FATTI DI CRONACA (AD ESEMPIO, NOTIZIE DATE DA GIORNALI, TELEGIORNALI, RADIO, SITI INTERNET, ETC.) SUI RAPPORTI TRA PERSONE PROVENIENTI DA PAESI DIVERSI E CON CULTURE DIVERSE? 168 Franco Emilia 6 Clelia 5 4 F M F / 1999 1999 Macerata Ancona Loreto Macerat a Macerat a e San Ginesio Macerat a / / / / / / / / / Macerata San Ginesio. Babbo=R ecanati. Mamma= Macerata. proviene dalla città di Treia. Babbo: italiano/cro ato/latino/g reco/france se. Mamma italiano. Sorella italiano, inglese, latino, greco. Italiano Italiano. La sorella parla anche spagnolo. Educazione. Voglia di leggere. à. Comportarmi bene con gli altri essere educata, non parlare sopra ad un altro, essere cortesi (GRAZIE, PER FAVORE, SCUSA, PREGO). Educazione regole di comportame nto fuori e dentro casa orari per l’organizzazi one della giornata L’educazion e, il rispetto verso gli altri. Si, sul tg quando succedono gli incidenti o tutti quegli omicidi. Si, quando capitano eventi importanti. Si, i fatti che colpiscono me e le mie sorelle per farci capire quello che abbiamo capito poco. argomenti, li facciamo sempre ma non li approfondiamo più di tanto. Li approfondiamo quando ci riguardano direttamente. 169 Giada Lorenzo 8 9 Rocco 7 F M M 14/03/ 2012 1999 19 Novem bre 2012 Senigallia San Severino Macerata Macerat a Macerat a / / / / / / / / / / Macerata. Padre: Emilia Romagna (Ravenna ) Madre: Macerata. Babbo= Recanati. Mamma= Macerata. Madre Italianodialetto; padre Italiano. Francese Inglese Tedesco dialetto romagnolo. Sorella Italianodialetto. Figlio di mio padre ma non di mia madre (Fratello) Italiano.Ingl ese dialetto romagnolo. Italiano. Italiano Educazione, regole di comportame nto, rispetto La regola più importante che mi hanno insegnato è l’avere rispetto di tutto e di tutti anche se sono diversi da me, anzi soprattutto se lo sono. Educazione, serietà, rispetto degli altri, regole di comportame nto, ordine. No. Quasi mai. Si, ma parliamo di ciò raramente. 170 Sara Enrico 12 Mirco 11 10 M F M 1999 1999 1999 Macerata Italia Sofia, Moldavia Macerat a / Macerat a / / Cinque / / Moldavia / / Da 1 a 5 anni Padre nato a Macerata. Madre Italia, Marche. Moldavia, Sofia Padre sorella: italiano. Madre e Fratello, moldavo e italiano; io: moldavo, italiano; sorella moldavo, italiano; sorella moldavo, italiano; mamma moldavo, italiano; papà moldavo, italiano. Padre e madre: italiano, tedesco, inglese; sorella: italiano. -Dire grazie - Chiedere per favore Salutare sempre Essere gentile con tutti Responsabili tà Sono l’educazione, le regole di comportame verso cose (proprie e altrui) e verso persone (conoscenti o estranee). / Si, ma molto raramente si parla di cronaca nella mia famiglia. No, non mi capita mai / 171 Gjorge 17 Cecilia 15 Antonia Simona 14 16 Vera 13 M F F F F 1998 1999 1999 1999 1999 Gostivar, Macedonia Lluj Napoca Macerata Macerata Macerata Via Maestà 61 Piedirip a Macerat a Piedirip a Sforzac osta 4 Tre mesi / / / Macedoni a In Romania a casa di nonna. / / / Da oltre 5 anni. Da oltre 5 anni. / / / Padre=Sa cileAbruzzoItalia/Mad re=Cingol i-MarcheItalia/Frat ello=Mac erata Marche Italia. Mamma= (Romania ) Lluj Napoca; Babbo=It alia, Macerata. Sorella= Macerata; Italia. Macedoni a Macerata nata a Senigallia . Piediripa (entrambi ) Padre, madre, fratello 2: macedone, Padre italianodialetto abruzzese. Madre Italianofrancese. Fratello ItalianoIngleselatino. Babbo Italiano; mamma, sorella, io: italianorumeno. Italiano italiano/ingl esi/frances e. Italiano Mio padre il francese perché ci è stato 3 anni. Sono: educazioneregole comportame ntali a parlare quando ero piccola. Educazione e il comportame nto (a casa, a scuola, a tavola) Mi hanno trasmesso l’educazione nei confronti degli altri. La mia famiglia mi ha trasmesso l’educazione a tavola-a casaa scuola. nto, e anche la religione. ne / No, non mi capita quasi mai, però di solito parliamo un po’ degli inglesi, per la scuola. Si/no, mi capita raramente di commentare fatti di cronaca. No. Si, a volte discutiamo. 172 Laura Viola 21 Serena 19 20 Barbara 18 F F F F 1999 1999 16-062012 1999 Macerata Baiman Turchia Macerata San Severino Marche Macerat a Macerat a Macerat a Macerat a / 8 mesi. / / / Germania / / / Da oltre 5 anni. / / Padre=R oma Madre: Corridoni a- Babbo e mamma Turchia Grottaglie , Puglia (TA), Italia; Napoli, Campani a, Italia. Macerata. Mamma e padre; Italiano, Turco; Fratello 1: italiano, turco, inglese, francese; fratello 2: italiano, turco, inglese. Italiano. Italiano. italiano; fratello 1: macedone, italiano, inglese, spagnolo. Italiano Mi ha insegnato l’educazione, regole di comportame Cultura, voglia di leggere, non essere maleducati, parlare a bassa voce. Comportarmi bene a scuola, andare a scuola, regole di comportame nto. Rispettare gli adulti, non insultare le persone. Invece mia madre inglese perché se lo ricordava. A volte. Soprattutto se le conosco quelle persone. Si, ci capita poche volte parlare di quello che succede. No. Si. Mentre guardiamo il telegiornale faccio domande, puntualizzo le notizie e le commento. 173 Ludovico Enzo 22 23 M M 1997 1999 Tetovo, Macedonia Napoli, Campania Macerat a Macerat a 7 / Macedoni a- Tetovo / Da oltre 5 anni / Nazione Macedoni a Tetovo. Napoli. MarcheItalia. Mamma: Italiano, Tedesco, Russo; Papà: Italiano, Russo, Latino; fratello: italiano, latino. Macedone/i taliano. Mio padre mi ha insegnato a giocare a calcio e mia madre mi ha insegnato a cucinare. nto sia a casa che con gli ospiti. Educazione, lezioni di vita, detti. Sì qualche volta. No. 174 Giovanna Clelia Franco Emilia Rocco 4 5 6 7 Emma 2 3 Roberto 1 ALUNNO Sport- teatro con la scuola -leggere guardare la tv -giocare con il compiuter-giocare con mia sorella I miei interessi sono, macchine, sport, armi, videogame, andare a pesca, caccia. I piace leggere, guardare la tv, e giocare a carte. Mi piace giocare con i videogiochi, ma mi piace anche giocare all’aperto e adoro i giochi intellettuali e gli indovinelli. I miei interessi sono la scienza, la lotta per la sopravvivenza (come sopravvivere in ambienti ostili), gli animali, gli insetti e la chimica. Le cose che mi piacciono di più fare sono: andare a cavallo, passeggiare con la mia famiglia, stare con i nonni e fare sport. Le cose che mi piacciono più fare sono ascoltare la musica, leggere soprattutto, guardare la tv, stare a computer, andare in bici, uscire con i miei amici. 5. QUALI SONO I TUOI INTERESSI/LE COSE CHE TI PIACE DI PIÙ FARE? PERSONE PIÙ I parenti e gli amici. Le mie amiche, Amici di scuola. Le persone che frequento più spesso sono i miei amici di scuola (anche delle altre classi), i miei genitori, mia sorella, le mie cugine e i nonni (specialmente quelli materni). Famiglia-cugini materninonni m. Le persone che frequento più spesso sono: i nonni, gli amici e mia sorella. I miei amici 6. QUALI FREQUENTI SPESSO? Poco d’accordo Poco d’accordo Poco d’accordo. Abbastanza d’accordo. Poco d’accordo. Abbastanza d’accordo. Abbastanza d’accordo. 7a. DI’ SE SEI D’ACCORDO CON LA SEGUENTE FRASE: È DIFFICILE ANDARE D’ACCORDO CON I COMPAGNI DI SCUOLA O IN GENERALE CON LE PERSONE CHE PROVENGONO DA ALTRI PAESI E CHE HANNO CULTURE E MODI DI PENSARE DIVERSI Perché fanno troppa confusione in classe quando si fà e non si fà lezione. Perché anche se gli stranieri hanno culture diverse non si comportano in modo diverso. Non ho nessun problema ad andarci d’accordo. Perché penso che, anche se una persona viene da un altro paese, non dovrebbe essere considerata diversa, perché in fondo sono anche loro persone Perché sono più scontrose e passano direttamente alle mani, senza parlare civilmente. Però non tutti sono così. Perché secondo me i loro modi di fare non sono uguali ai miei, quindi è più difficile ‘comunicare’ con loro. Perché credo sia anche bello scoprire culture e modi di pensare diversi. Io avevo un’amica straniera e ci giocavo e mi trovavo molto bene con lei. 7b. PERCHÉ? MOTIVA LA TUA RISPOSTA. 175 Vera Simona Cecilia 14 15 Sara 11 13 Mirco 10 Enrico Giada 9 12 Lorenzo 8 Mi piace: stare su face book/skype/oovoo/messanger/e-mail… -uscire con gli/le amici/che Leggere libri in italiano o quelli semplici in inglese Nuotare Scuola (studiare fare i compiti) Mi piace nuotare, fare atletica, ginnastica artistica e giocare con il mio cane (Nuvola) - suonare il pianoforte -leggere -giocare a tennis - passeggiare - correre - giocare all’aria aperta I miei interessi sono: 1) uscire con i miei amici 2) giocare a pallone, nuotare, andare a spasso con il mio cane e anche giocare alla… Con super smash eroe enorme Scuola, amici, videogames Sport, lettura, gioco, suonare flauto e fare lavoretti. Sport (judo, Atletica), recitare, suonare (pianola, Flauto, chitarra soprattutto), Internet, uscire con gli amici, andare al cinema. La mia ex classe (gli amici delle elementari), la mia classe (2° B), amici di ginnastica, del I miei familiari e le mie amiche Amici, parenti I miei amici sono le persone che frequento di più. Amici: Niccolò, Pietro, Dario, Francesco Mamma, papà, sorella La mia famiglia e le mie amiche o compagne di scuola. Amici, genitori, parenti. Non so. Poco d’accordo. Molto d’accordo Abbastanza d’accordo Poco d’accordo. Poco d’accordo Non so Poco d’accordo. Abbastanza d’accordo. Perché sono fastidiosi e anche molto, sono antipatici e gli sembra di essere i più grandi della scuola solo perché sono stati bocciati e trattano molto male le persone italiane (bullismo) Perché dipende dalla persona: io ho alcuni amici stranieri stretti, altri sono poco legata, altri non ci parlo per niente… Perché sono sempre compagni e si può convincerli a diventare tuoi amici, poi con loro (compagni che hanno culture diverse) ci si può divertire di più Loro hanno modi e gusti diversi tali e quali a noi. Perché molte volte si comportano davvero molto diversi, ma non molto, e poi perché con qualcun altro parlano nella loro lingua Perché riesco lo stesso a confrontarmi con lui/lei anche se è di una religione diversa e magari pensa in un modo diverso dal mio. Perké si deve andare d’accordo con tutti Basta essere altruista e avere buona volontà 176 Antonia Gjorge Barbara Serena Laura Viola Ludovico Enzo 16 17 18 19 20 21 22 23 Andare a calcio giocare navigare ecc. Il mio interesse in questo periodo è sui draghi e penso che questo interesse durerà per sempre. Mi interessano molto anche gli animali. Le cose che mi piace più fare è: giocare al computer, giocare con il mio cane, pescare e disegnare. I miei interessi sono videogiochi. Giocare a calcio, stare su internet, andare al cinema. Facebook; calcio perché a me da piccolo mi piaceva il Milan che lottava sempre e allora da quando ho fatto 8 anni io ci sto giocando e continerò a giocare fino alla fine. Sport, libri, Facebook, parlare con le mie amiche, uscire il pomeriggio, shopping. Fare sport, suonare il pianoforte, andare a catechismo, uscire con gli amici. Mi piace andare a cavallo, uscire con le amiche al cinema e lavare il cane. - fare ginnastica artistica alla virtus della mia mamma, zia, Amici famigliari Dopo i compagni di scuola, amici. Mia madre e amici. Bianca, cugine. I miei genitori e i miei amici. Le ragazze classe. Quelli di classe e quelli che giocano a calcio con me. mare/montagna, le altre classi (2°A - 1° B - 1° D etc.) In particolare due ragazze che conosco fin dall’asilo. Poco d’accordo Molto d’accordo. Poco d’accordo. Abbastanza d’accordo. Poco d’accordo. Abbastanza d’accordo. Molto d’accordo. Poco d’accordo. E’ una cosa che provo anch’io tutt’ora sulle divergenze scolastiche sui compagni. Io vado d’accordo con tutti Perché anche se povengono da paesi diversi sono comunque persone come noi, con nulla di differente da noi. Perché non litigo quasi mai con loro e posso fidarmi con loro. Perché è insegnare loro e viceversa le nostre culture e poi è bello fare amicizia con tutti. Perché la maggior parte delle volte la pensano come me. Perché per me non deve esserci una particolare differenza tra i vari popoli. Perché pure io sono di un altro paese e io vado molto d’accordo con gli altri ma certi no. 177 2 1 Emma Roberto ALUNNO Antologia, perché ci sono molti racconti; atre perché Ginnastica, Informatica. 8. A SCUOLA, QUALE O QUALI SONO LE TUE MATERIE PREFERITE? PERCHÉ? Non ci sono. Matematica perché non riesco mai a capire le spiegazioni della professoressa. 9. CI SONO MATERIE CHE NON TI PIACCIONO O CHE TI SEMBRANO MOLTO DIFFICILI? SE SÌ, PERCHÉ? Letteratura, narrativa antologia. Antologia Narrativa. e e 10. QUALI SONO LE ATTIVITÀ CHE SVOLGI PIÙ VOLENTIERI NELLE ORE DI ITALIANO? Grammatica. Grammatica e la correzione dei compiti. Ma non è una materia che disprezzo. 11. QUALI SONO LE ATTIVITÀ CHE SVOLGI MENO VOLENTIERI NELLE ORE DI ITALIANO? Io leggo fumetti, libri di fantasia e avventura. Sì, leggo abbastanza volentieri: riviste, libri, on-line e tutto ciò che mi capita a tiro. 12. LEGGI VOLENTIERI, OPPURE NO? CHE COSA (FUMETTI, RIVISTE, LIBRI, QUOTIDIANI, QUOTIDIANI ONLINE, BLOG, ETC.) RACCONTA. - mi piace leggere perché mi identifico in certi personaggi o storie particolari - penso che leggere sia piacevole - a casa ho molti libri - i libri che ci sono nella biblioteca scolastica non mi piacciono o interessano - mi piace leggere perché mi identifico in 13. PERCHÉ LEGGI O NON LEGGI? Attività di gruppo e commentare dei film. 14. SCRIVI QUALI ATTIVITÀ TI PIACEREBB E FARE NELLE ORE DI ITALIANO CHE ADESSO NON FAI O CHE FINO AD OGGI NON HAI MAI FATTO. Vorrei andare alla biblioteca della scuola e scegliere dei libri da leggere con i miei compagni di classe. Sì c’è un libro che sto leggendo e che mi piace 15. C’È UN LIBRO O UN GENERE DI LIBRI CHE RITIENI MOLTO IMPORTANTE PER TE E/O NEL/NEI QUALE/I TI IDENTIFICHI IN MANIERA PARTICOLAR E? Si, quello della natura che mi spiega per esempio come funzionano degli organismi viventi. 178 4 3 Clelia Giovanna Scienze= mi piace studiare. STORIAMATEMATICA : non so. Sono antologia e inglese. Antologia perché a me piace leggere e l’inglese perché mi piace molto questa lingua straniera. posso esprimermi con le immagini e altre materie. GEOGRAFIA: è noiosa Sì, tecnologia è una materia che per me è abbastanza difficile. Non mi piace anche la grammatica perché mi sembra troppo complessa. Antologiagrammaticaletteratura. Sono narrativa e antologia e visioni di film. Nessuna. L’attività che svolgo meno volentieri è la grammatica. Sì, un po’ di tutto soprattutto libri, ma non fumetti, quotidiani, quotidiani on-line, Sì, leggo molto volentieri riviste, libri, a volte fumetti. certi personaggi o storie particolari - penso che leggere sia piacevole - a casa ho molti libri - i libri che ci sono nella biblioteca scolastica mi piacciono - mi piace leggere perché mi identifico in certi personaggi o storie particolari - penso che leggere sia piacevole - a casa ho molti libri - altro: mi piace leggere per sognare o per andare con la fantasia nei posti nei libri - mi piace leggere perché mi identifico in certi Leggere più. / di Fantasy, gialli. Mi piace molto i libri di mistero enigmatici ma anche in libri come biografie o libri con storie di vita quotidiana. Il libro più bello che ho letto è “Ulysses Moore”. molto che si intitola: “Viaggio al centro della Terra”. 179 Emilia Rocco 7 Franco 6 5 Le mie materie preferite sono arte, ginnastica, matematica, italiano, francese. Le mie materie preferite sono Antologia, epica, letteratura, geografia: perché sono poco faticose. GINNASTICA: mi piace il movimento. No, non ci sono materie Inglese perché mi resta difficile capirla. No, nessuna materia mi è molto difficile. Sono narrativa e letteratura. Cartelloni, film, antologia… Narrativa, epica, letteratura, antologia. Grammatica. / Grammatica. Sì, volentieri leggo e mi Leggo volentieri. Leggo libri e fumetti. Sì, leggo molto, sia libri che fumetti. blog. - penso che leggere sia personaggi o storie particolari - penso che leggere sia piacevole - a casa ho molti libri - altro: mi immergo nelle storie e quando smetto mi sembra di averla vissuta veramente. - mi piace leggere perché mi identifico in certi personaggi o storie particolari - penso che leggere sia piacevole - a casa ho molti libri - penso che leggere sia piacevole - a casa ho molti libri di più Mi piacerebbe Lavori gruppo, letture. / No, tutti i libri che ho letto Di solito di avventura, fantasi, gialli. Sì, i libri di avventura. 180 9 8 Giada Lorenzo Grammatica, Inglese, Francese (perché mi divertono) Geografia (perché il giovedì facciamo 2 volte ricreazione) Grammatica, Arte, Religione. Sono ginnastica, perché mi piace fare sport. Latino, perché mi piacciono le lingue antiche, le lingue straniere perché mi piace parlare con persone di altre nazionalità e la storia perché mi piace quelle letterarie e le lingue antiche. E mi piace anche molto la storia. Raccontare fatti, fare testi, narrativa e antologia. Matematica, Italiano (apparte la grammatica), Tecnica, Scienze. che disprezzo particolarment e. Grammatica Grammatica Raccontare fatti, fare testi, narrativa e antologia Antologia, epica, letteratura Mi piace moltissimo leggere qualsiasi cosa ma in particolare libri, fumetti e giornali piacciono i libri storici, infatti l’ultimo libro che ho letto è di Manfredi e si chiama “Alexandros, il figlio del sogno”. I libri no, magari - mi piace leggere perché mi identifico in certi personaggi o storie particolari - penso che leggere sia piacevole - a casa ho molti libri - non mi piace leggere e preferisco dedicarmi ad altre attività - a casa ho molti libri - non sapevo che esistesse la biblioteca scolastica piacevole - a casa ho molti libri di / Creare storie e comunque imparare a leggere e scrivere leggere più. Un libro che mi ha insegnato molte cose importanti e utili nell’educazion e e nel divertimento è Piccole Donne. Dei libri che mi hanno fatto fantasticare sono libri come: Sherlock Holmes e Giallo, fantasy sono magnifici e li adoro tutti. 181 Enrico Vera 13 Sara 11 12 Mirco 10 Inglese, matematica, Le mie materie preferite sono le materie orali e anche la matematica Matematica = c’è da usare la logica e l’intellingenza. Franc=è molto fluida come lingua. sapere come si sono svolti fatti, guerre ecc. Scienze, geografia, italiano No La materia che non mi piace è l’inglese Non mi piace storia dell’arte e teoria tecnologia Matematica tutti Narrativa Nelle ore di italiano sono l’antologia e la storia Antologia/brano antologici/lettura narrativa e letteratura Parlare insieme Nessuna Le materie che svolgo di meno nelle ore di italiano sono la grammatica A volte grammatica, a volte epica Analisi grammaticale piace molti come e Leggo libri in quanto cerco di, Si leggo fumetti Topolino Paperinik Sì, leggo molto volentieri fumetti, riviste, libri e a volte quotidiani (raramenti) Si mi leggere - mi piace leggere perché mi identifico in certi personaggi o storie particolari - a casa ho molti libri - mi piace leggere perché mi identifico in certi personaggi o storie particolari - penso che leggere sia piacevole - a casa ho molti libri - penso che leggere sia piacevole - a casa ho molti libri - i libri che ci sono nella biblioteca scolastica mi piacciono - mi piace leggere Nessuna Mi piacerebbe fare più antologia / Parlare insieme del di V = Valentina di Angelo Si i libri di azione sono molto avvincenti I libri avventura Fantascienza l’isola tesoro. 182 15 14 Cecilia Simona Inglese, francese, matematica, ginnastica perché sono molto interessanti e ginnastica è molto divertente. Arte, perché amo disegnare/colo rare/dipingere; ginnastica, perché ci si muove un po’ e grammatica, perché mi piace fare gli esercizi. perché mi restano molto semplici e mi appassiona fare i compiti di quest’ultime Inglese, perché non mi sta simpatica la prof.ssa; matematica, per lo stesso motivo e storia, perché non la capisco. Arte perché non sono portata e c’è sempre da considerare molte misure. Letteratura, grammatica, antologia. Narrativa antologia vedere i film. e e Storia. Grammatica No, non leggo molto spesso, ma quando leggo mi piacciono giornali di estetica sulle unghie; riviste di moda (scarpe, vestiti…). Io leggo volentieri. Leggo soprattutto riviste e libri. oltre ad esercitarmi a leggere, immedesimarmi nei personaggi e di cercare ad indovinare la mia opinione. - non mi piace leggere e preferisco dedicarmi ad altre attività - penso che leggere sia noioso - a casa ho molti libri - i libri che ci sono nella biblioteca scolastica non mi piacciono o interessano - mi piace leggere riviste perché mi identifico in certi personaggi o storie particolari - penso che leggere sia piacevole penso che leggere sia piacevole a casa ho molti libri in Attività di gruppo, cartelloni, ricerche (ma senza studiarle) Andare biblioteca Riviste estetiche (sulle unghie o trucchi) riviste di moda…/…fem minili perché mi piace sperimentare le mode su di me. Mi identifico nei libri narrativi e di avventura Petrosino 183 Barbara Gjorge 17 18 Antonia 16 e Inglese, Italiano e Ginnastica, perché: Inglese ho una buona pronuncia e mi piace, Italiano =lo capisco molto facilmene (le spiegazioni) e Ginnastica =perché sono brava. Ginnastica geografia. Tecnologia; grammatica e geografia. Matematica, perché non la capisco. Sì perché sono difficili ma a me non mi va di studiare sempre perché è noioso. L’inglese perché non mi riesce bene parlarlo. Antologia Narrativa. Antologia. Grammatica particolare. e in Analisi grammaticale. Grammatica perché secondo me è un po’ noioso. Antologia perché mi annoia un po! Leggo molto volentieri: libri gialli e romanzi per ragazzi. In questo momento sto leggendo “Gomorra” di Roberto Saviano. No perché non mi piace leggere. Sì, in particolare le storie che ti commovono. femminili Penso che leggere sia piacevole. A casa ho molti libri. Perché mi identifico nel paesaggio Non mi piace leggere e preferisco dedicarmi ad altre attività. - i libri che ci sono nella biblioteca scolastica mi piacciono -altro: mi piace leggere cose di calcio che sia del Milannn - mi piace leggere perché mi identifico in certi personaggi o storie particolari - penso che leggere sia piacevole - a casa ho molti libri Fare più narrativa, lavori di gruppi. Film Parlare delle diverse culture e delle loro lingue. Sì, “Gomorra” di Roberto Saviano, perché io vorrei andare a lavorare nell’Anti-Mafia a Palermo o Napoli, il Ris è il mio sogno. / Sì, quelli che parlano di cani, in particolare di Labrador. 184 Viola Laura 20 21 Serena 19 Arte perché mi piace disegnare, geografia perché la prof. Spiega bene ed è interessante, musica perché mi piace suonare, cantare. Italiano, Matematica, Francese e Inglese. Perché le trovo interessanti e a volte semplici, soprattutto Scienze. Ginnastica perché mi piace fare sport, francese perché mi piace questa lingua straniera. Non mi piace Ginnastica, Tecnica e Geografia. Perché Tecnica e Geografia sono difficili e ginnastica perché ho paura della prof. Matematica perché è difficile da capire. Inglese perché non riesco ha capire più delle volte. No, penso che siano tutte abbastanza semplici. fare e Epica Letteratura. e Svolgere dei temi, fare l’analisi logica, leggere, guardare film. Leggere, antologia narrativa. Grammatica Storia. e Rispondere alle domande. Grammatica. Avoglia se leggo, leggo sì e pure un sacco e una scorta, leggo. Libri Fantasy in particolare di Christopher Paolini in cui si parla di draghi, i libri sono: Eragon, Gidest, Brisingr, Inheritance. Sì, io leggo dei libri, fumetti, libri di alcune ragazze che hanno difficoltà ad avere un rapporto buono con i genitori. Sì, leggo volentieri, fumetti, riviste e libri. Altro: penso che leggendo si entri in un altro mondo tra fantasia e realtà. - mi piace leggere perché mi identifico in certi personaggi o storie particolari - penso che leggere sia piacevole - penso che leggere sia piacevole - a casa ho molti libri - i libri che ci sono nella biblioteca scolastica mi piacciono Mi piacerebbe che andassimo in biblioteca. Non so. Mi piacerebbe fare più spesso Antologia. Ci tengo moltissimo ai miei libri sui draghi ovvero: Dragologia, Disegnare draghi, leggende dei draghi, Eragon in Alagaesia, Almanacco di Alagaesia, Eragon, Eldest, Brisingr, Inheritance. I libri di alcune ragazze in difficoltà e il diario di Anna Frank. Sì, i libri sugli Ebrei, sulle persone perseguitate. 185 23 22 Enzo Ludovico Ginnastica, informatica, francese e geografia perché la proff è la più buona del mondo ☺. La storia e la geografia. Scienze perché non mi piace. Matematica. Storialetteratura. Antologia. Grammatica epica. Grammatica. e fumetti, Si quotidiani riviste quotidiani on-line. Libri, blog. - mi piace leggere perché mi identifico in certi personaggi o storie particolari - penso che leggere sia piacevole - a casa ho molti libri - i libri che ci sono nella biblioteca scolastica non mi piacciono o interessano Altro: perché mi interessano dei fatti. Andare a vedere qualche film. Film! No non ci sono dei libri che ritengo importanti. Sono tutti fantasyavventura. L’horror, guerra e mille modi per conquistare léuropa Le grandi autobiografie Al Capone. 186 Giovanna Clelia Franco Emilia Rocco 4 5 6 7 Emma 2 3 Roberto 1 ALUNNO latino, I so il francese, l’inglese, il Il napoletano, il l’inglese, il francese Francese, Inglese Francese scrivere e leggere Spagnolo -> capire Dialetto -> parlare (poco) e capire L’italiano, l’inglese, il dialetto. Italiano, francese, inglese e il dialetto maceratese. 16. LA/E TUA/E LINGUA/E È/SONO: (PUOI ANCHE PARLARE DEI DIALETTI; PUOI INSERIRE LE LINGUE CHE CAPISCI, MA CHE NON SAI PARLARE; LE LINGUE CHE SAI PARLARE, ANCHE POCO; LE LINGUE CHE SAI SOLO LEGGERE O CHE SAI ANCHE SCRIVERE): Dialetto, francese (così così) Inglese. Italiano, perché è la lingua che so di più Italiano perché è la mia lingua originale Mi piace il latino La lingua che uso più volentieri è l’italiano perché è la mia lingua, ma un po’ anche il dialetto perché è come se fosse una nuova lingua. Italiano = perché è la lingua di origine, qual’cosa del DIALETTO =avvolte mi esce qualche parola senza accorgermene. Inglese, Dialetto e soprattutto l’italiano. L’inglese la uso per parlare on-line con persone di altri stati. L’italiano e l’inglese perché le faccio anche a scuola. 17. QUAL È O QUALI SONO LE LINGUE CHE USI PIÙ VOLENTIERI? PERCHÉ? non Il francese, perché non lo parlo bene Inglese perché non lo capisco Non mi piace il francese DIALETTO Le lingue che uso meno volentieri sono il francese perché non ho ancora approfondito molto questa lingua. Sono le lingue che non conosco. Francese, perché serve a troppo. 18. QUAL È O QUALI SONO LE LINGUE CHE USI MENO VOLENTIERI? PERCHÉ? SCUOLA >francese SPAGNOLO attraverso mia sorella che lo ha studiato alle medie A scuola, corsi di potensiamento Con la scuola o a casa Due le ho Tramite la scuola ma anche in famiglia (soprattutto) A scuola, ma anche tramite dei videogames che parlano inglese e altre lingue. Attraverso la scuola e i miei genitori. 19. COME HAI IMPARATO LE LINGUE CHE CONOSCI? Si, mi piace la cultura araba Si, la cultura araba, e indù, per la religione No Si, la religione di tutti i popoli perché vorrei arricchire le mie notizie Sì, verso la cultura inglese e francese perché sono le lingue che conosco. No, non sono curiosa di altre culture, ma solo di una: la cultura albanese. Si ma solo verso quelle Europee. Tra queste ci sono: Egitto, Grecia, Spagna e Inghilterra. 20. SEI CURIOSA/O VERSO ALTRE CULTURE? SE SÌ, QUALI? PERCHÉ? 187 Vera Simona 14 Sara 11 13 Mirco 10 Enrico Giada 9 12 Lorenzo 8 So il Francese, l’italiano, l’inglese e lo spagnolo solo un po’. Italiano, inglese, francese Io parlo molto il dialetto maceratese ma so parlare italiano e leggere l’italiano Moldavo, francese, russo, inglese, italiano Italiano, Inglese, francese. Italiano, Inglese, francese, dialetto maceratese, Dialetto romagnolo. Italiano, francese (abbastanza), inglese (so parlare abbastanza bene e so scrivere alcune cose) latino e quando andrò al liceo vogli imparare il greco sono Uso più volentieri l’inglese perché so scriverlo e parlarlo molto bene. Italiano, inglese quelle più parlate Le lingue che uso più volentieri sono l’italiano Italiano perché sono italiana. Inglese perché è da molto tempo che lo conosco. Francese perché è simile all’italiano e si capisce bene. Francese, italiano Italiano perché è la mia lingua natale e l’inglese perché mi piace Inglese Le lingue che uso meno volentieri non ci sono Le lingue che uso meno volentieri sono l’inglese e il francese perché in famiglia parliamo l’italiano e basta Francese meno parlato, difficile Nessuna. Inglese / Italiano, dialetti Stando attenta alle lezioni ed impegnandomi fino allo sfinimento ed infatti ho ottimi voti. / Le ho imparate a scuola, con i libri di casa e con l’aiuto dei miei genitori Scuola e all’estero - L’italiano è della mia nazione - l’inglese è dalla materna che lo conosco - il francese è dalla 1° media che lo conosco Le ho imparate grazie alla scuola imparate a scuola (inglese e francese) mentre il latino l’ho imparato a un corso. A scuola, a casa A scuola e con corsi privati con una madrelingua (INGLESE) Sono curiosa verso la cultura inglese soprattutto per le uova di pasqua con la caccia alle uova No non sono curioso verso altre culture Si, verso le usanze/cultura degli altri paesi perché è interessante. Sono curiosa verso la cultura indiana perché mi piacerebbe scoprire come riescono a trovare l’equilibrio interiore / No e cinese. 188 Laura Viola 21 Barbara 18 20 Gjorge 17 Serena Antonia 16 19 Cecilia 15 Italiano, a volte dialetto marchigiano-romano, quelle che so di meno sono Inglese e Francese. Inglese, francese, italiano, tedesco, turco, albanese. Italiano, francese. Inglese, lo so parlare. A casa parlo Napoletano e Italiano. Le lingue che mi piacciono sono macedone e italiano. / Dialetto abruzzese-latino volgare-cinese-italianobolognese-inglese. Italiano e dialetto perché le conosco bene. Napoletano perché è la mia terra d’origine ed è molto bello come dialetto. L’Italiano, perché è la mia lingua Natale, Francese perché mi piace molto questa lingua. Italiano, turco. L’italiano perché sono 13 anni, da quando sono nata che lo parlo, e mi risulta facile. Macedone e italiano perché sono più facili. Inglese e francese, perché devo studiarle a scuola, e italiano, perché è la mia lingua madre che parlo sempre. Sono l’Inglese e il Francese perché non ho necessità di parlarle. Tedesco, francese, inglese. No, non ci sono apparte quelle che non conosco. Francese a scuola. Inglese e francese perché sono un po’ difficili. L’Inglese perché non lo parlo bene, e questo mi irrita. Cinese, latino volgare, dialetto abruzzese e bolognese; perché non lo parlo spesso. Ha scuola, e dei miei cugini e amici me l’hanno insegnato. Allora: le lingue estere a scuola, la lingua italiana l’ho imparata sentendo parlare i miei familiari, come tutti. E ho approfondito il mio vocabolario chiedendo spiegazioni a mia L’italiano l’ho imparato quando sono arrivato in Italia e sono entrato in una scuola. A scuola, e inglese con la scuola d’inglese. A scuola e tramite i miei genitori. Le lingue che conosco le ho imparate attraverso la mia famiglia, la scuola e corsi extrascolastici. Perché le parlo fin da quando sono piccola. Sì, perché alcune culture hanno modi di fare strani. Si, mi piacerebbe sapere le culture degli africani perché mi hanno sempre attirato le loro belle culture. Si, sono curiosa di sapere le loro culture. Si, verso il Buddhismo, perché mi attrae molto. No, non molto per la lingua, ma si perché sono curiosa di sapere di più sulla loro vita quotidiana. No. Sì, sono curiosa nelle altre culture, come il cinese mandarino e il latino volgare perché mi piace conoscere la loro religione e le loro tradizioni. 189 Ludovico Enzo 22 23 Le lingue che so parlare. Napoletano, Italiano, Russo, Tedesco, Francese e Inglese. Italiano e macedone. Napoletano e Italiano. Sono francese e inglese perché non mi piacciono. Tedesco e russo perché son troppo difficili. Guardando la tv andando a scuola. madre e leggendo libri. Dalla scuola ai parenti. No, anzi, io non sono favorevole alla libertà di culto. Farei solo professare il cristianesimo e infliggerei pene per chi non è cristiano. Si tipo gli eschimesi perché mi piacciono le loro culture. 190 Roberto Emma Giovanna Clelia Franco Emilia 1 2 3 4 5 6 ALUNNO No. Si, ho anche amici stranieri. Sì, due bambini afgani ma per non so quali motivi, sono dovuti ritornare nel loro Paese Sì, ho frequentato una ragazza afgana ed è stato molto interessante scoprire le sue culture e la sua lingua. Si, ho incontrato persone che provengono da altri paesi, perché sono dei miei compagni di classe. Sì, ho un amico che si chiama Joacchin che veniva dalla Spagna. Solo che adesso è dovuto tornare al suo paese. 21. CONOSCI E/O FREQUENTI O HAI FREQUENTATO PERSONE CHE PROVENGONO DA ALTRI PAESI E CON LINGUE E CULTURE DIVERSE DALLA/E TUA/E? RACCONTA. Imparare cose nuove, Cultura, sono i modi e i costumi e religione di una civiltà. Secondo me significa tutte le cose che caratterizzano ogni paese come modi di vivere, religioni etc. Non so Secondo me la parola ‘cultura’ significa alla ricerca di altre religioni e di altre persone. L’insieme delle arti come l’arte, la scultura, la musica ma anche film, teleshow, video ecc. ecc. 22. CHE COSA SIGNIFICA PER TE LA PAROLA “CULTURA”? Non mi sono mai posta No. 23. CHE IDEA TI SEI FATTA/O DELLA CONVIVENZA TRA PERSONE CON LINGUE E CULTURE DIVERSE (CIOÈ CHE PROVENGONO DA PAESI DIVERSI E HANNO MODI DI PENSARE E TRADIZIONI DIFFERENTI)? Da una parte preferirei che fossimo solo bianchi di una lingua e un aspetto uguale ma dall’altra penso che anche loro vengono qui per trovare lavoro. Secondo me, anche se loro provengono da altri paesi, sono sempre delle persone come noi ma con delle abitudini diverse. Io credo che sia molto difficile convivere con certe persone poiché hanno modi di vivere diversi e opinioni diversi. Che sono strani per noi, ma per loro noi, siamo strani saprei non altre In quella Italiana. Mi identifico nella mia cultura, quella italiana. Non perché conosco culture. / Io, no non mi identifico su altre culture. Solo quella italiana er ora perché non sono mai stato in altri stati. 24. TI IDENTIFICHI IN UNA O PIÙ CULTURE? QUALE O QUALI? PERCHÉ? In più lingue perché ci può essere la maggioranza di una cultura in un Paese ma possono esserci persone che sono in uno Stato ma parlano lingue diverse Una cultura, non è colo la lingua, ma anche i modi e i costumi, e la religione di una civiltà. / Secondo me, le culture si possono esprimere in più lingue, perché la lingua parlata in vari paesi fa sempre parte della cultura. / In una sola, perché basta vedere un quadro per apprezzarla e non sentire cosa dice. 25. SECONDO TE, LE CULTURE SI POSSONO ESPRIMERE IN UNA SOLA O IN PIÙ LINGUE? SPIEGA LA TUA RISPOSTA. 191 Rocco Lorenzo Giada Mirco Sara Enrico Vera Simona Cecilia Antonia Gjorge 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 Si ne conosco molti e li No, non ne conosco molti, solo alcuni nella scuola. Sì, conosco persone che provengono da altri paesi con culture e lingue divese. Maggiormente sono quelli della mia classe e ex classe. Conosco alcuni miei compagni di classe stranieri. Si, una di queste è Victor, un mio caro amico, l’ho conosciuto in 1° elementare. Si: a scuola o luoghi comunitari. Conosco una persona che è di origine albanese e che parla e ha un modo di pensare diverso dal mio. Lei è comunque una mia amica. Si, Paolo Alle elementari c’erano 2 bambini afghani alle medie ci sono delle persone straniere Si, frequento degli amici che vengono dalla Moldavia e Albania. No. “modo di Bhooooooo Per me la cultura ha molti significati. Per me la parola “cultura” vuol dire/significa/è il sapere trasmesso a voce. / Cultura significa conoscere nuove tradizioni e be Cose, ricorrenze che un popolo segue, feste manifestazioni ecc. Usanze di altri paesi Cultura vuol dire usanza Significa pensare”. altre religioni. Cultura per me significa sapere, conoscere ed essere. Sapere tante cose. Che io ci vado molto Secondo me anche se provengono da altri paesi e hanno modi di pensare e tradizioni differenti io sono dell’idea che bisogna rispettarli come una persona uguale/come noi. Nessun idea. Non è molto facile! / Penso sia positivo perché si imparano nuove cose di altre nazioni La convivenza tra persone con lingue e culture diverse sono molto buone. Penso che sia bello immergersi nella cultura di altri popoli. Che si possono integrare e che non devono essere emarginate. Bo. questa domanda. Per me è una cosa giusta. No. Si con Italiana Romena. quella e No, io non mi identifico su altre culture. 1 Italiana, inglese. Perché si piace approfondire le mie conoscenze. No. Non so. / / Mi identifico nella cultura italiana. Mi identifico nella cultura Italiana e Marchigiana. No. Secondo me in più lingue, perché non c’è un solo popolo ma più popoli, quindi non una sola lingua ma più lingue. Più lingue Si possono esprimere in più lingue perché ogni lingua ha la sua cultura. Sì, secondo me le culture si possono esprimere in più lingue perché in un paese ci possono essere diverse tradizioni e modi di pensare. Più lingue. Più lingue e non voglio motivare la risposta. / Si, basta che sono tradotte bene. / No. Secondo me si 192 Ludovico Enzo 22 23 Laura 20 Viola Serena 19 21 Barbara 18 No non ho avuto l’occasione. Sì…E non mi sono piaciute. Non si comportano civilmente (RAZZISMO) e non vogliono seguire le leggi. Oltretutto sono prepotenti verso a chi gli blocca la strada. Sì, la mia amica Kader e Elena che viene dal Texas Austin. Si due grandi amici provenienti dall’Afghanistan e sono stata felice di conoscerle perché alcune parole italiane gliel’ho insegnate io Sì, quando vado in Germania parlo con loro in tedesco e italiano. No, solo italiani. frequento sempre. Boh cioè le cose di un popolo. Religione, lingue e modi di fare e/o penzare diverso. Sapere le origini di ogni paese e anche le loro culture perché mi interessa molto così se vado nel loro paese già conosco tutte le loro culture. Modi di fare di altre persone. Essere bravi a scuola, leggere molto, guardare documentari o film da premio Oscar e avere un lessico molto ricco I modi di vivere, pensare e fare delle persone straniere Mi sono fatto delle idee Razziste, vorrei che l’Italia non (RAZZISMO) fosse una meta per i poveri di Africa ecc., e vorrei che sparissero perché, venendo qui, rovineranno tutto il paese impoverendolo a sua volta. Nesssun idea. Boo…non ci ho pensato molto. Nessuna. daccordo con loro, e loro pure con me vanno daccordo. Normali, bellissimi rapporti, anche perché secondo me una persona che proviene fuori dall’Italia è uguale a me Che infondo sono uguali a me e che sto bene e mi diverto con loro Si nella cultura macedone perché sono proveniente da questo paese. No. Una. Si. Mi identifico nella cultura italiana perché conosco solo questa Solo nella mia In tante lingue perché ogni cultura ha la sua lingua e religioni. Aggiunta finale: io non ho detto niente, non ho visto niente e questa dichiarazione non è stata preparata. In più lingue e la mia risposta è…non ho la spiegazione pronta per la risposta. Non l’ho mai penzato e non voglio rispondere. Si, secondo le culture si possono esprimere in più lingue. Non lo so Sì, perché ognuno è libero di professare ciò che vuole. 193 3 1 2 Giovanna Roberto Emma ALUNNO INVENTA UN RACCONTO A PARTIRE DA QUESTA SITUAZIONE: “UNA PERSONA DAI CAPELLI NERI ARRIVA IN UN PAESE CHE NON CONOSCE, CON SÉ HA…” CHI È? DA DOVE VIENE? DOVE VA? PERCHÉ? VIAGGIA DA SOLO/A O È IN COMPAGNIA? CHI INCONTRA? CHE SUCCEDE? / Una ragazzina, all’età di 9 anni decide di imbaccarsi in un’avventura con la sua cagnolina Luna. Lei si chiamava Giulia, aveva dei lunghi capelli neri e amava la natura. Luna era il suo cane fedele che giocava con lei ogni momento della giornata. I genitori di Giulia la lasciavano percorrere il suo viaggio senza paura. Con lei aveva uno zainetto con tutto l’occorrente: aqua, cibo, una coperta per la notte ecc…Giulia aveva un obbiettivo preciso: raggiungere un grande lago situato in un parco chiamato “Il parco dei desideri”. Una volta che entravi in quel posto incantato potevi esprimere qualsiasi desiderio. Il problema era che Giulia stava molto lontano da esso e per raggiungerlo ci sarebbero state settimane di cammino. La prima tappa era rangiungere il bosco fatato. Percorrendo quel bosco lei e la sua cagnolina si fermano qualche giorno con gli abitanti di esso. La seconda tappa era attraversare la palude. Giulia aveva paura che le succedesse qualcosa di brutto quindi prende la strada più lunga verso il fiume delle sirene. Lì incontra un pericolo cioè che le sirene di quel fiume erano sirene cattive quindi per sfuggire a loro costruisce una piccola barchetta per attraversarlo. Dopo un’altra settimana di cammino raggiunge finalmente la terza e ultima tappa, “il palazzo dei desideri”. Raggiungere quel posto era il suo sogno di quando era piccola. Appena entra, si reca subito nel lago di cui l’acqua è magica perché chi la beveva poteva guarire da ogni malattia e quindi ne prese un pò per suo padre che era malato. Giulia si divertì moltissimo con gli animali che c’erano lì e incontrò anche la principessa del parco di nome Elisabetta. Dato che poteva esprimere qualsiasi desiderio espresse che la sua famiglia venisse a trasferirsi li in quel parco e così Giulia potè giocare e stare a contatto con la natura. Io sono Indira, ho tredici anni e vi vorrei raccontare la mia storia. Sono arrivata da una settimana in Italia. Prima vivevo in India dove un giorno mio padre ricevette una richiesta di lavoro dall’Italia, e ci siamo dovuti trasferire in questo Paese. Abbiamo preso un areo e il viaggio è stato lunghissimo! Che barba, non ci volevo mica venire in Italia, ho dovuto lasciare tutti i miei amici e la mia cara casetta a Delhi e tutto ciò che avevo a cuore. L’ho presa molto male questa partenza, è stato bruttissimo. I miei genitori ci convincevano (a me e a mia sorella Mata) che sarebbe stato tutto più bello, che ci saremo fatte delle nuove amiche….All’arrivo ho respirato un’aria veramente caotica: gente che correva di qua, di là, che andava di fretta…Non ci capivo più niente. Papà mi ha spiegato che eravamo arrivate in una città che si chiama Roma; c’era un fortissimo vento e i miei lunghi capelli neri mi coprivano il viso. Mi sentivo abbastanza disorientata qua, penso anche Maya, perché scoppiava spesso a piangere. Lo conoscevo un po’ l’Italiano, perché mamma aveva frequentato dei corsi e ci aveva mandato anche me e Maya, diceva che ci sarebbe servito prima o poi perché papà aveva dei rapporti di lavoro con l’Italia e lui la parlava bene questa lingua. Stringevo forte a me il diario, dove tengo i miei ricordi più cari dell’India; chissà se ci sarei mai tornata! Con me avevo uno zaino con un po’ di roba da mangiare, il cellulare, un pacchetto di gomme da masticare, l’astuccio, l’ipad per sentire la musica, un po’ di libri e poi tantissime valigie con i nostri vestiti, l’occorrente per il bagno, per la cucina…insomma, tutto quello che ci serve per vivere. Siamo solo io, mamma, papà e Maya, nessuno in più e nessuno in meno. Dopo TESTI CREATIVI SCRITTI DAGLI ALUNNI SULLA BASE DELLA TRACCIA SEGUENTE E PRIMA DEL PERCORSO DIDATTICO S2. ALLEGATO N. 32. TESTI CREATIVI PRELIMINARI 194 Franco Emilia Rocco Lorenzo 7 8 Clelia 5 6 4 ci siamo diretti in Abruzzo, in quella che doveva essere la nostra casa…è molto carina e molto grande: per un momento mi sono scordata dell’India. Tre giorni dopo ero tra i banchi di scuola e riuscivo abbastanza bene a capire ciò che dicevano. Ero vicina di banco ad una ragazzina che mi parlava lentamente e con parole che riuscivo a comprendere. Lei mi ha fatto conoscere le sue amiche, durante la ricreazione, e sono tutte molto simpatiche…mi hanno detto che gli piacciono molto i miei capelli, così lunghi, e neri, e lisci! Io non facevo molto caso a questa cosa perché in India ce li hanno più o meno tutti così. Mi comincia a piacere l’Italia! Faccio sempre più amicizie. Un Sabato mi hanno invitata ad una festa a cui partecipava quasi tutta la scuola. Mi sono divertita molto e mentre sentivo la musica a palla ho incontrato una mia vecchia amica che si è trasferita in Italia dall’India più o meno quattro anni fa..ci siamo abbracciate e ci siamo raccontate un sacco di cose. Ci sentiamo più o meno ogni giorno con lei e con le mie nuove amiche. Ora sono proprio felice di essere in Italia! In una bianca scogliera, scavata dal mare viveva una bambina di nome Alema. Aveva i capelli di seta, di un colore scuro, nero. Un giorno iniziò un viaggio alla ricerca del mare e dei misteri del mondo. Durante il viaggio progettò di scoprire molte città ma nel bel mezzo del cammino la colpì profondamente Mantova; decise di fermarsi lì. Quel posto le faceva venire tanti bei ricordi dei genitori…con se aveva qualche spicciolo, alcuni ricambi e uno zainetto, nientaltro. Con quelle cose pensava di trascorrere tutto il viaggio, voleva girare il mondo; ma si sbagliava perché ogni giorno rimandava la partenza al successivo. Un giorno mentre attraversava la città sente una voce, si gira ma non vede nessuno; quella voce femminile le sembrava…conosciuta, l’aveva già sentita da qualche parte, così decide di sentire da quale parte veniva. Dopo una lunga camminata per rincorrere quella voce, si trovò davanti ad una casa, vecchia, oramai disabitata. Ma a volte i detti vengono a galla: “l’apparenza inganna”. Bussò tre volte al maniglione, dopo di che entrò con molta cautela. Era un castello che vi abitava una vecchietta ormai in fin di vita. Alema ci si affezionò, la vecchina sembrava sapere tutta la vita di Alema e solo dopo che morì Alema seppe riconoscere chi era: sua madre. Allora pianse per giorni e non volle più mangiare che alla fine si sollevò come un angelo mentre qualcuno la portava a Se. / Una bella ragazza dai capelli neri arrivo a Parigi. La ragazza con se ha una valigia piena di disegni. Questa ragazza si chiama Laura, arriva da Firenze, e cerca lavoro in una casa di moda…vuole fare la stilista! E’ arrivata sola a Parigi, ma durante il viaggio conosce due ragazze inglesi che hanno la sua stessa passione. E queste ragazze che si chiamano Alexandra e Jane. Arrivate a Parigi le tre ragazze mandano i loro disegni, e i loro curriculum a molte case di moda ma sfortunatamente, nessuna di queste case di moda le accettano, quindi le ragazze decidono di cucire i vestiti da sole e di fare una sfilata. Dopo qualche settimana, queste ragazze sono pronte per fare la sfilata, e decidono di farla di domenica in un parco. Arrivato il gran giorno le ragazze sfilano con indosso gli abiti creati da loro, e, fortunatamente, fra il pubblico c’era anche il direttore della linea Chanel, che le richiama per fare il colloquio. In breve tempo queste ragazze iniziano a lavorare e a creare vestiti per lui. / Ciao, mi chiamo Kokihixiona, e vengo dallo Srilanka. A causa della crisi economica, mi sono dovuta trasferire in Italia. E’ stata la cosa + brutta della mia vita. All’inizio, mi sono ritrovata in un paese di cui non conoscevo ne lingua, ne tradizione, ne niente! I miei compagni di classe erano crudeli con me, i professori idem. E’ davvero molto difficile: è come essere sordo: non capire quello che gli altri cercano di comunicarvi. Ma questo è solo l’inizio. Il sedicesimo giorno di scuola, mentre mi trovavo ai Giardini Diaz, una ragazza di nome Arianna, mi cercò di invitare a casa sua, ma io non sapendo la lingua, non ho potuto rispondere. Il giorno dopo è ritornata con un computer, e mi ha comunicato attraverso un traduttore, ho compreso l’indirizzo e, il pomeriggio, sono andata a casa sua. Passarono settimane, mesi ed il mio parlato era sempre migliore. Arianna era diventata la mia migliore amica. Ormai sono arrivata a 23 anni, studio lingue e il mio italiano è diventato quasi come quello di una madrelingua. Questo testo, anche se non sembra, è pubblico, ma il messaggio che voglio 195 Mirco Sara Enrico Roberto Rocco Mirco Vera 13 Giada 10 11 12 9 darvi è l’evento + brutto della mia vita: la morte della persona + cara della mia vita, Arianna. Uscii dall’oratorio, salutai le mie amiche e mi diressi verso il cortile dei Salesiani. Presi il cellulare e digitai il numero di mia madre. Dopodiché aspettai Dieci minuti dopo ero in Viale Don Bosco con lei che cercava di parlare un po’ con me che invece l’ascoltavo poco. Infatti una figura aveva catturato la mia attenzione e la stavo osservando. Da così lontano sembrava una persona di media statura non troppo robusta. Poi avanzando mi accorsi che non era così. Mentre riflettevo che ci facesse mai un tipo così a Macerata, con mio grande stupore mi accorsi che era diretto proprio verso di noi. Iniziai dunque a vederne i minimi particolari. Aveva capelli neri e abbastanza ordinati e occhi neri come l’inchiostro. Poi aveva il mento un po’ pronunciato e uno sguardo a dir poco severo. Insomma non sembrava un gran simpaticone. Ma la cosa che mi attirò di più fù la cicatrice che aveva sulla guancia. Era molto lunga e mi stavo chiedendo come se la fosse fatta quando chiese a mia madre come si arrivasse alla stazione. Visto che dovevamo passare li per arrivare a casa, l’accompagnammo. Arrivati scoprimmo che aveva perso il treno e quindi sarebbe ripartito tra cinque giorni. Nel frattempo scelse di dormire nell’hotel che gli avevamo consigliato, I giorni seguenti ci venne a trovare sempre e si presento. Si chiama Bob e veniva dalla Toscana ed era qui nelle marche per lavoro. Stranamente non volle dirci che lavoro faceva. Poi ogni giorno se ne andava nel primo pomeriggio e io decisi di seguirlo. Mi nascondevo dietro casa e negozi sperando di non essere vista. Poi arrivò in un edificio si guardò in giro, ci pensò ed entrò. Sospettava ne ero certa. Dopo un po’ uscì vestito di nero con una pistola in tasca. Era un criminale come avevo sospettato dall’inizio. Continuai a seguirlo e dopo un po’ lui iniziò a correre dietro uno strano tipo. Ero certa che anche lui non volesse farsi vedere. Poi si fermò e io con il coraggio che non ho mai avuto mi avvicinai e gli chiesi spiegazioni. Era la mossa più sciocca fatta in vita mia. E se avesse preso la pistola e me l’avesse puntata in petto? Ero stata una stupida. Tuttavia non lo fece. Si limitò a rispondere. Mi disse che lui era una spia di (non mi ricordo il nome dell’agenzia) e che stava inseguendo un criminale e non lo dovevo dire a nessuno Poi lui mi disse che doveva continuare l’inseguimento e mi consigliò di andare a casa. Stranamente feci come mi disse. La mattina dopo venne a trovarci per l’ultima volta perché il giorno dopo sarebbe ripartito. Lo salutai e in seguito ripensai molto al lavoro da Spia pensando che mi sarebbe piaciuto. Ora invece penso che non fa per me. Sono troppo distratta. / / Questa è la mia prima pagina del mio diario che mi sono portato, in questa pagina parlerò della mia storia e del mio attuale stato: abitavo in un vecchio piccolo paese in continua guerra. Li non c’erano regole né governo e io facevo parte di una piccola famiglia che combatteva di giorno e di notte per avere il possesso di un altro villaggio anche questo governato dalla ferocia della guerra. Un giorno quando pensavamo che ormai il villaggio rivale si fosse arreso, dei soldati nemici, muniti di fucili penetrarono nel villaggio seminando panico. Io riuscii a salvarmi miracolosamente ma per i miei cari on fu così, vennero uccisi e bruciati nelle loro case e tutti no uscirono più da quella guerra infame. Dopo, mi sono fatto prendere dall’ira ma comunque si deve andare avanti. Ora parto con i miei affetti: una foto della famiglia, un coltello e un medaglione che mi ricorda mia moglie. Viaggiavo da solo ed ora sono arrivato in Italia. Io qui mi sento bene: ho il cibo a sufficienza, ho un lavoro, una casa. Insomma sto veramente bene in Italia, ma non dimenticherò quello che è successo ai miei cari perché saranno sempre nel mio cuore. Una persona dai capelli neri, avvolta in testa da uno straccio, si intravede fra la nebbia, ecco arrivare pian piano una rozza donna. Non ha niente d’interessante con sé, ma solo un’anima di tristezza, le scarpe rotte e sgualcite dall’uso che ne fa, calpestano le rocce dei monti. Eccola arrivare in Italia, toccare terra della Sicilia e si riempie di coraggio, dopo aver percorso una strada colma di pensieri, 196 Cecilia Antonia Gjorge Barbara 17 18 Simona 15 16 14 sentimenti ed emozioni che ormai sono volati in aria come bolle di sapone. La donna cammina lentamente a piedi, è una poveretta, non ha niente, neanche una borsa. E’ mezzanotte e si china davanti al mare, forse per riposare della stanchezza…piange ininterrottamente fissando sempre di più quell’abisso che si distende all’infinito. Si alza, lancia un sasso in mare, forse per ricordo. Ecco che si distende in spiaggia per tutta la notte, meditando riflessioni e supposizioni su quello che accadrà. Verso le sei di mattino, all’alba, si rimette in viaggio per altri dieci giorni, tutti pieni di tristezza e di malinconia. E’ un pomeriggio piovoso. La vedo passeggiare in riva al mare. Il mio primo pensiero è quello di offrirgli aiuto. Mi avvicinai e mormorai: - Signora, le serve qualche aiuto? E la povera donna singhiozzando mi rispose: - Si, regalami un sorriso che possa aiutarmi in tutto il mio lungo viaggio, sono una povera madre, non ho niente, vengo dalla Bolivia, sono venuta qua solo per cercare mio figlio che sono stata costretta ad abbandonare appena nato per problemi economici. Lui, vive qui in Italia, adesso ha venti anni e vorrei solo abbracciarlo per un minuto dato che di lui non ho nessun ricordo tranne il rimorso che batte ogni giorno nel mio cuore in questi anni, quello dell’abbandono. Riuscirò a trovarlo? Autatemi, vi prego… Giuliana: capelli neri, carattere scherzoso, simpatica e con molto senso dell’umorismo; aveva un difetto: era molto vanitosa. Certe vole, senza neanche accorgersene trattava un po’ sgarbatamente le persone che non erano ricche come lei. Ritornando al racconto, un giorno lei andò in vacanza in Sud Africa con la sua amica Claire per rilassarsi al mare con tante palme “ Un’oasi di tranquillità”. Appena arrivata in albergo e aver sistemato le valigie e cioè quattro per i vestiti e due per le scarpe, Giuliana andò subito a mettersi il costume e poi filò in spiaggia sotto il sole ad abbronzarsi. E la sera poi lei andava a ballare nei locali notturni fino alle cinque del mattino. Conosceva tanti uomini che la corteggiavano, ma a lei non interessava. Una mattina come tutte le altre, Giuliana si ritrovò davanti una carovana di neri con tanti bambini adorabili e naturalmente, non perse l’occasione di abbracciarli e coccolarli. Tutt’un tratto vide nella vasta carovana un orfanello tanto carino. Le faceva così tanta tenerezza che decise di adottarlo e non a distanza, bensì portarselo a casa e crescerlo. Un improvviso scatto di bontà!! Quando tornò dal viaggio, tutti rimasero a bocca aperta. Giuliana aveva compiuto un vero e proprio gesto di carità. Questo viaggio le è servito per comprendere chi non è fortunato come lei. E da quel momento la vita di Giuliana cambiò completamente. / Era il 20 giugno del 2010, io mi trovo a casa mia, riposavo quando udii bussare alla porta. Chiesi chi fosse, senza alcuna risposta…chiesi di nuovo, più forte questa volta “: - Chi è?”. Non mi sentii risposta! Mi alzai, incamminandomi verso la porta, la aprii e mi trovai davanti a una giovane donna, dai lunghi capelli neri. Aveva un viso pallido, ed era tutta bagnata a causa del temporale…la feci entrare, mi fece pena! Dal suo accento capii che era spagnola! Le chiesi chi era “:-Sono Federica, le mie origino sono spagnole ma io sono nata in America!”. Fece una pasa e poi…”-sto cercando mia madre, da piccola mi abbandonò, e ora che so che abita da queste parti voglio rivederla, in questo viaggio sono sola ma non per molto!” E se ne andò! Non la rividi più, mai più! Passarono mesi e ancora nulla, quando un giorno la vidi sul giornale “Ragazza muore uccisa dalla madre”. Ora che ripenso a quelle parole mi si gela il cuore. La madre la lasciò da piccola per non farle del male! / Io sono Samina sono originaria della Turchia, ho sedici anni. Questo viaggio è per la mia scimmietta Layla. La tengo con me da ormai tre anni, ed ho capito che in città non si trova bene, perciò la porterò in Africa con le sue simili e all’aperto. Purtroppo sono minorenne e non posso prendere l’aereo da sola. Per trovare qualche esperto dei viaggi vado al WWF li si che se ne intendono! Parlo con una signora che è disposta ad accompagnarla. Prendiamo i biglietti, il volo è la settimana prossima! Passata una settimana, facciamo le valigie e ci dirigiamo verso l’aeroporto. Dopo 5 ore arriviamo…finalmente! Giriamo per la foresta ma la specie di Layla non c’è. Dopo tre giorni la troviamo, ma la mia scimmietta non se la sente. Si aggrappa ai miei capelli neri come la sua pelliccia per mimetizzarsi. Per fortuna ci riesco. Questa è la 197 Viola Ludovico 22 Serena Laura 21 19 20 / Nel paese di “Non so dove” vivevano due ragazze di nome Chiara e Costanza. Le 2 ragazze sembravano essere normali, ma in realtà possedevano dei poteri magici, avevano il potere di trasformare le ragazze in animali ed i ragazzi in pietre con la sola imposizione dello sguardo. Nel paese di “Non so dove” nessuno era loro amico perché tutti avevano paura di essere trasformati. Un giorno una ragazza di nome Francesca, che viveva in un’altra città le incontrò per strada per chiedergli delle informazioni. Non sapeva dei poteri di Chiara e Costanza, perciò parlando del più e del meno scoprì che frequentavano lo stesso bar. Francesca gli diede appuntamento, per il giorno seguente al bar che di solito frequentavano perché aveva il bisogno di parlare con qualcuno di un ragazzo del quale si era innamorata. Non conoscendo altre persone in città. All’appuntamento, seduto in un tavolo vicino, c’era il ragazzo impossibile da conoscere che all’improvviso si alzò per andare a salutare Chiara e Costanza. Subito gli occhi delle due ragazze divennero di un colore strano, il loro sguardo divenne cattivo e al primo incrocio di sguardi il ragazzo venne trasformato in pietra. Povera Francesca come era possibile ciò che era successo??. Tornò a casa, disperata, e iniziò a piangere. Non sapeva come liberare dall’incantesimo il ragazzo che le piaceva. Andò, allora, da Costanza e Chiara per chiedergli il rimedio all’incantesimo. Le 2 ragazze si arrabbiarono e trasformarono Francesca in una mosca. Francesca volò via. Cosa era mai successo?? Perché era stata trasformata in un insetto?? Francesca iniziò a volare nel paese di non so dove alla ricerca del ragazzo trasformato in un sasso. Come poteva trovarlo in mezzo a tutte le pietre che si trovavano nel paese di non so dove?? La sera, ormai stanca, dopo tanto cercare, si posò su una finestra per riposare. All’improvviso arrivò una volata di vento, la finestra si aprì e la povera mosca venne scaraventata a terra su un masso. Rompendosi le ali Disperata iniziò a piangere, una lacrima cadde su quel masso che dopo un po’ si trasformò nel ragazzo impossibile. Il ragazzo iniziò a ringraziare la mosca, la prese in mano e la portò a casa sua per curarla. Un giorno la mosca guarì, il ragazzo aprì la finestra ma si accorse che la mosca non voleva volare via. L’avvicinò agli occhi per guardarla meglio, forse non era ancora guarita del tutto, i loro sguardi si incrociarono, la mosca si tarsformò in Francesca. Finalmente i 2 ragazzi poterono parlare, e conoscersi alla fine Chiara e Costanza avevano portato un po’ di fortuna. Francesca grazie all’incantesimo scoprì che il ragazzo si chiamava Erik. Michelle, questo è il nome della ragazzina dai capelli neri, arrivata da poco in Italia, in cerca di un po’ di fortuna, di una casa, di un lavoro. Con sé ha un mucchietto di soldi e quel poco che basta per vivere. Con lei c’è il suo pappagallo Cosmo. La ragazza ha affittato una stanzetta a Roma, che condivide con André e un altro vagabondo trasferitosi da poco lì. Passano gli anni e Michelle decide di darsi da fare e, con molte difficoltà, finalmente trova lavoro come avvocato e si trasferisce in una casa in campagna. Dopo qualche anno di duro lavoro Michelle dirige una propria azienda e nel tempo libero aiuta le persone, che hanno avuto un’infanzia come lei a trovare la felicità. Il mio nome è Mohammed e come tanti altri fuggo dall’Afghanistan per via della guerra. Ho 15 anni, senza famiglia e senza niente da mangiare. Il mio sogno è fare fortuna in America, incontrare nuova gente e fare una nuova vita, però, adesso non so come arrivarci. Scorgo un paesino l’aggiù sull’orizzonte e inizio a correre prima che faccia sera. Incontro un abitante del luogo e gli chiedo: mi scusi, qual’è la strada per la nave che porta in America? Mentre parlo, il tizio mi guarda stranito e corre subito via, questa gente è strana dico io in tono chiaro. Poi proseguo per la strada principale, almeno credo, è molto affollata e mi fissano tutti. Dopo un’ora vedo vedo lo stesso compaesano con cui ho parlato alle sue spalle due tizi vestiti di nero e con una piuma in testa. Mi ammanettano e mi portano in storia di un’amicizia fantastica tra me e la scimmietta. 198 23 Enzo prigione. C’è un altro afghano si chiama irfan e vuole andare anche lui in America. Mi ha detto che sa parlare la lingua del luogo. Mentre io e lui dialoghiamo arrivano i carabinieri dicendoci: verrete giustiziati in una esecuzione pubblica all’alba sotto gli occhi di tutti: non ci capisco niente, dopo Irfan mi tradusse tutto, è gravissimo, voglio fuggire ma sono incatena al muro, non riesco a dormire e non ci daranno da mangiare. Oggi è il “grande” giorno, il mio ultimo sguardo mi ammanettano a un palo avanti a un muro bucato(?) nella piazza, mi fissano tutti. Inizio a pregare Allah di non farmi sentire il dolore, il mio ultimo pensiero è quello di libertà, l’ultimo suono che ho sentito sono stati i fucili dei carabinieri. Questa è una vera storia realmente accaduta il 2 giugno del 1955 avvenuta in Sicilia, più precisamente in un villaggio vicino Ragusa devastato dal Razzismo. Arriva una persona con i capelli neri qua in Croazia e una donna di 25 anni. Veniva dall’Africa e voleva venire in Europa per scappare dalla guerra la in Africa. Era venuta da sola dall’Africa con l’aereo grazie ai soldi che gli aveva dati il fratello che viveva in Francia. Qua in Croazia incontra un uomo e subito si fidanzia. Dopo un po di tempo si sposarono i due ed ebbero 2 figli. Pero ha molta sfortuna perche dopo 4 anni di matrimonio gli morì il marito. Allora chiese aiuto a me per mandarla in Francia da suo fratello. Allora io gli diedi i soldi per andarci. E da li non l’ho mai vista. 199 Roberto Emma Giovanna 1 2 3 ALUNNO Ho scoperto che la cultura può avere diversi significati che Gli immigrato hanno scritto dei libri famosi e che la cultura ha diversi significati. Il termine ‘cultura’ può avere diversi significati. 1. HO SCOPERTO CHE… Quello che mi è piaciuto di più è stata la lettura del racconto “Salsicce” L’approfondiment o della parola ‘cultura’ Il racconto. 2. QUELLO CHE MI È PIACIUTO DI PIÙ È STATO… / Letture fatte Ad un film che avevo visto ed ad un libro che ho letto. 3. NEL BRANO LETTO HO TROVATO COSE SIMILI A (PUOI PARLARE DI LETTURE FATTE O FILM VISTI, ESPERIENZ E TUE O DI PERSONE CHE CONOSCI, ETC.)… Mi piacerebbe sapere qualcosa di più sulla scrittrice Igiaba La migrazione e i migranti. Come vedere la vita di un immigrata. 4. MI PIACEREBBE SAPERE QUALCOSA DI PIÙ SU… S2. ALLEGATO N. 33. UA1 SCHEDA DIARIO ALUNNI, 11/05/2012 Mi è piaciuto molto il modo in cui scrive. Non ho capito bene il loro significato. Perché secondo me capiremmo meglio l’argomento. 5. PERCHÉ… Comprendere il brano letto. C’erano delle parole di cui non conoscevo il significato. Secondo me è stato tutto abbastanza facile. La lettura della scheda “La letteratura della migrazione” Perché non l’ho Niente. La letteratura dell’immigrazion e. Non l’ho capita troppo. PERCHÉ… PERCHÉ… La letteratura dell’immigrazion e. 7. LA COSA PIÙ NOIOSA È STATA… 6. LA COSA PIÙ DIFFICILE È STATA… / / / 8. ALTRO 200 Emilia Rocco Lorenzo Giada 7 8 9 Franco 5 6 Clelia 4 Cultura ha molti significati, molti dei quali non conoscevo. E’ difficile per persone di altre culture venire in paesi con culture molto differenti. La letteratura della Gli extracomunita ri tengono ad assomigliare a noi Nuove parole La religione, se uno ha fede non la “tradisce” con niente non sapevo. storia ha le Sapere significato il di Il brano salsicce. Stato quando abbiamo letto il brano salsicce La ‘salciccie’ Quando buttato via salcicce Che la protagonista nonostante tutto non ha voluto cambiare religione: peccare mangiando le salsicce. Un libro che ho letto Nel libro di inglese nella parte della civiltà. Un racconto che lessi un anno fa / / Ad un racconto che avevo letto sul libro di antologia La letteratura della migrazione Chi è l’autrice. Sulle culture religiose che esistono. La religione somalia Su gli extracomunitari Altre religioni Scego. Lo trovo un argomento Non essendo italiana ha scritto bene. Ciò mi ha sempre appassionato . Vorrei sapere di più / Per confrontarle con la mia / Niente. Niente Ho trovato tutto abbastanza facile. Non c’è stato nulla di difficile. Era tutto molto semplice. / Forse un po’ alcune parole del testo. Non le conoscevo. molto / Compilare questo questionario. Non sapevo cosa scrivere. Niente. Ho trovato tutto molto interessante. Mi è piaciuto tutto. Un po’ tutto capita bene. / / / / / Mi è piaciuto molto perché questa persona è stata molto coraggiosa. La cosa più divertente è stata che, le non sapendo cosa fare và a comprare salsicce. / 201 Enrico Vera 13 Sara 11 12 Mirco 10 La migrazione: il suo livello tra paesi di cui / migrazione è nata nel 1990 e altre informazioni sempre riguardanti questo argomento. Il significato della parola cultura. L’integrarsi in un nuovo paese che non sia il tuo è difficile. Cultura ha molti significati. Stato l’approfondiment o che abbiamo fatto su cultura e Quando la musulmana è esplosa dentro la pentola delle salsicce La storia “Salcicce” di Igiaba Scego. Che la ragazza non ha dimenticato le sue usanze. ‘cultura’ Nel brano o trovato …(non si legge) coe: non saper cucinare salsicce, (parola che non si legge)…com e si fa sui film Un libro che ho letto. / / Culture differenze paesi. Niente Sul razzismo La cultura tra Per aumentare il mio sapere. Bo non so / Vorrei sapere le usanze degli altri paese interessante Nel capire il lessico. (perché) è molto lessicale (?), Quando la musulmana non sapeva cuocere le salsicce era matta, anzi pazza. Perché: bò. Quando stava per mangiare le salsicce perché stava per tradire la sua religione. Capire tutti i significati di cultura (perché) sono molti e simili tra loro. Niente. (Perché) tutto molto interessante. Quando raccontava del suo viaggio e poi che aveva il passaporto. Perché era davvero scema a scrivere certe cose. La cultura. (perché) ha troppi significati. Quando a vomitato. Perché non mi piace. / Non posso scrivere nient altro perché mi si sta finendo la penna (segue parola illeggibile accompagnat a da punto esclamativo) / / 202 Simona Cecilia Antonia Gjorge Barbara Serena 14 15 16 17 18 19 Nella vita non bisogna per forza assomigliare a qualcuno per Se un musulmano se mangia il magliale diventa automaticame nte cristiano / abbiamo parlato. Non si deve pensare male delle persone straniere solo per il colore della pelle. La cultura è l’insieme delle cognizioni intellettuali che una persona ha acquisito attraverso lo studio e l’esperienza. Le salsicce non devono essere lesse La lettura insieme La parte in cui la protagonista, alla fine, ha fatto la giusta riflessione sul fatto che non Il racconto che ha letto la prof. Quando la scrittrice ha lesso le salsicce Compilare questo questionario. Il racconto di “Salsiccie” perché a me ha fatto incuriosire sulla migrazione. Al film ‘Welcome’ A un film visto due anni fa in cui è successa la stessa In un film musulmano che il magliale non si mangia / / Non l’ho trovato simile a nulla cultura La storia di questa donna Migrazione. Sulla cultura. La somala Sulla cultura. No so E’ una cosa interessante. (perché) la storia mi ha incuriosito. (Perché) vorrei sapere di più. Non ne niente (perché) mi sono sentita appassionata dopo aver letto la prima riga / Capire il concetto di cultura (perché) mi è sempre venuto il dubbio / Capire i significati usati nel testo (perché) non li conoscevo e alcuni non li ho capiti bene. Niente. Niente. La lettura sulle salsiccie (perché) era abbastanza complicata. Niente ricco di termini Parlare della cultura. Non c’è stata. Niente. Niente. Quando Igiaba ha iniziato a parlare del film (perché) non mi interessava molto. La lettura della migrazione (perché) non mi ha interessato molto. La cultura (perché) vuol dire tante cose e saperle tutte mi fa annoiare E’ stata una bella esperienza e una bella lettura. / / / No. No 203 21 20 Viola Laura In questa lezione con la professoressa Gisbussi ho scoperto molte cose, che una ragazza si vergognava di essere straniera, però lei voleva essere italiana come tutti allora un giorno ha comprato le salsicce e le aveva cucinate però non le aveva più mangiate perché non le piaceva l’odore e perché sua madre non l’avrebbe lasciata mangiare. Esistono varie spiegazioni per cultura essere simili ma accettarsi come si è. Leggere riflessioni scrittrice le della deve assomigliare alle altre persone se lei non vuole. La lettura sulle salsicce quando la ragazza alla fine non mangia più le salsicce e quando ha cucinato le salsicce male. Un film di “Checco Zalone” intitolato “Che bella Nel brano che ho letto ho trovato molte cose simili ad una amica mia. L’amica si vergogna di mettersi il velo anche se lei non se lo vuole mettere il velo e sua madre e i fratelli della madre la obbligano. situazione. Le tradizioni straniere Le culture straniere e cristiane. (perché) mi incuriosiscon o Io sono nata in Germania però vengo dalla Turchia e sto da molto tempo qui in Italia più o meno 13 anni. Quando la scrittrice ha raccontato del film visto (perché) non ho Quando la ragazza del brano salsicce doveva decidere se mangiare le salsicce ho non doveva mangiare le salsicce. su cosa significasse. / Io non mi sono annoiata Nemmeno un pochino. / / 204 Ludovico Enzo 22 23 È una donna, e nera, in questo brano sono riuscito a malapena a sopportarlo. Nel 1969 e stato ucciso quella persona. Il brano salsiccia. sulla Il film che trasmettevano. Ho visto alcuni film. / giornata” Sul tema dell’immigrazion e. Il film che trasmettevano. (perché) vorrei sapere qualcosa. (perché) vorrei vederlo Capire la persona perché voleva mangiare le salsicce. capito molto bene la trama / brano è Il foglio della cultura (perché) non l’ho capito. Tutto il (perché) noioso Mi è piaciuta la parte in cui sull’autobus l’hanno insultata. Gli darei ragione. / 205 ALUNNO Vera SONO ITALIANA: ERA PECCATO MANGIARE SALSICCE: salsicce le altre persone capiscono che lei fosse italiana se mangia peccato. in quanto lei non le può mangiare essendo musulmana fa un salsicce? Ti sei convertita alla religione cristiana in quanto mangi le sua origine (cult. Di credere alla sua religione) UNA MUSULMANA: MA CHE CARA TI SEI CONVERTITA?: come la Vigilia di Natale non si mangia la carne. più mangiare le salsicce. MOTIVAZIONI DELLA SCELTA senza più credere a Dio in quanto lei, essendo musulmana non VIGILIA DI FERRAGOSTO: BRANI SOTTOLINEATI NEL TESTO DIMENTICATA DA DIO: S2. ALLEGATO N. 34. UA1 RICERCA “CULTURA” IN SALSICCE, 11/05/2012 206 Laura vacanza, nell'era dell'euro è quasi proibitivo. Era la solita mattina con la solita gente. Nessuno era andato in musulmana sunnita. compratore di salsicce: io, me medesima, in persona. Io, una DESCRIVE IL QUARTIERE DI EURO DI ROMA CULTURA MUSULMANA un po’ cultura italiana e un po’ somala 3/3 Somala e ¼ Italiano: La stranezza infatti non è nell'oggetto comprato, ma nel soggetto straniera (non credere alle colture di un Paese) EXTRACOMUNITARIA: 207 Mi sento italiana quando: 1) faccio una colazione dolce; 2) vado a e chi se le ricorda tutte! la mia terra straziata dalla guerra civile; 13) faccio altre 100 cose, allo specchio e Io trovo perfetto; 11) soffro per amore; 12) piango acutissimi in una conversazione concitata; 10) guardo il mio naso dalla madrepatria; 9) parlo in somalo e mi inserisco con toni non posso citare in questa sede, tutti parenti sradicati come noi Emirati Arabi e da una lunga lista di stati che per motivi di spazio Gran Bretagna, dall'Olanda, dalla Svezia, dalla Germania, dagli ci vengono a trovare i parenti dal Canada, dagli Stati Uniti, dalla intendo; 7) cuciniamo tutta quella carne con il riso o l'angeelo3; 8) vita; 6) mangio la banana insieme al riso, nello stesso piatto, dall'altra a ballare, divertirsi, mangiare... insomma a godersi la gli uomini si siedono da una parte ad annoiarsi e le donne profumo la casa con l'incenso o l'unsi2; 5) vado ai matrimoni in cui preghiere quotidiane verso la Mecca; 3) mi metto il dirah1; 4) cardamomo, i chiodi di garofano e la cannella; 2) recito le 5 Vediamo un po'. Mi sento somala quando: 1) bevo il tè con all'ultimo chicco. truffaldino wurstel e noi abbiamo dovuto vomitare il riso fino e ci condì l'insalata di riso. Risultato: qualcuno si accorse del la mia mamma non sapeva che ci fosse l'immondo maiale dentro sbaglio dei sottaceti con il wurstel di suino dentro. Il bello era che Mi ricordo che quando ero piccola mamma aveva comprato per CARATTERISTICHE CULTURE ITALIANE CARATTERISTICHE CULTURA SOMALA CULTURA MUSULMANA 208 seguire il borghese Sordi a Roma. se riluttante, decide (per motivi suoi) di abbandonare la sua tribù e una sorta di pae de santo 4di una tribù primitiva. Manfredi, anche con treccioline finte rasta (molto trendy) è diventato un santone, essere passati per avventure di tutti i tipi. Il cognato, un Manfredi del cognato del Sordi per mezza Africa. Alla fine lo ritrovano dopo avvincente: Alberto Sordi e il suo ragioniere si mettono alla ricerca È un bel film e insegna molte cose sugli italiani. La trama è altre 100 cose, e chi se le ricorda tutte! 12) canticchio Un anno d'amore di Mina sotto la doccia; 13) faccio gesticolo; 11) piango per i partigiani, troppo spesso dimenticati; primo ministro, sindaco, assessore, presidente di turno; 10) noi; 9) inveisco come una iena per i motivi più disparati contro suo allegro accento meridionale e so che non ci sarà un futuro per quando guardo negli occhi l'uomo che amo, lo sento parlare nel sento per radio o tv la voce di Gianni Morandi; 8) mi commuovo memoria tutte le parole del 5 maggio di Alessandro Manzoni; 7) stracciatella, pistacchio e cocco senza panna; 6) mi ricordo a Benigni, Massimo Troisi; 5) mangio un gelato da 1,80 euro con Totò, Anna Magnani, Giancarlo Giannini, Ugo Tognazzi, Roberto Manfredi, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Monica Vitti, depressioni con le amiche; 4) vedo i film di Alberto Sordi, Nino visitare mostre, musei e monumenti; 3) parlo di uomini e FILM DESCRIVE LA CULTURA ITALIANA 209 Emma Giovanna 3 Roberto 2 1 ALUNNO Ho scoperto molte cose leggendo il racconto, per Le persone che vengono dall’estero, qui in Italia si sentono un po’ tristi e non considerati attraverso la scuola, il lavoro, ecc… Molte lingue sono quasi uguali tra loro e in più non bisogna pensare che siamo tutti diversi tra noi. 1. HO SCOPERTO CHE… Stato leggere il brano ‘I miei giorni di Il brano letto su Besa Mone Il racconto della signora che parlava della bambina albanese e dei suoi primi giorni di scuola. 2. QUELLO CHE MI È PIACIUTO DI PIÙ È STATO… Un’esperienza che mi è capitata quando sono venuti alla materna dei Ho trovato cose simili a scuola, nei film visti recentemente, e libri o racconti letti. No non ho trovato cose simili tranne il racconto che mi sembrava uno che avevo già letto. 3. NEL BRANO LETTO HO TROVATO COSE SIMILI A (PUOI PARLARE DI LETTURE FATTE O FILM VISTI, ESPERIENZE TUE O DI PERSONE CHE CONOSCI, ETC.)… / Come saper far trovare a suo agio i bambini che vengono da altri paesi. Le tradizioni di altri popoli: le loro usanze, religioni, lingue ecc. ecc. 4. MI PIACEREBBE SAPERE QUALCOSA DI PIÙ SU… S2. ALLEGATO N. 35. UA2 SCHEDA DIARIO ALUNNI, 25-28/05/2012 / Non so come comportarmi con loro. Sarebbe molto interessante. 5. PERCHÉ… Compilare la II parte del questionario Il questionario perché era un po’ più difficile riguardo alle domande (perché) è c’era da scrivere mentre parlavamo era meglio. Capire alcuni punti del brano letto su Besa Mone (perché) sono difficili da spiegare. PERCHÉ … 6. LA COSA PIÙ DIFFICILE È STATA… Correggere il questionario (perché) Niente (perché) niente è stato noioso. Il questionario perché era un po’ difficile come ho scritto prima. (Perché) c’era da scrivere. PERCHÉ… 7. LA COSA PIÙ NOIOSA È STATA… Mi è piaciuto molto quando abbiamo fatto delle riflessioni su i bambini provenienti da altri paesi e del racconto su Besa Mone. / / 8. ALTRO 210 Franco Emilia Rocco 6 7 Clelia 5 4 / La lingua Albanese si legge come è scritta Gli extracomunitari ci tengono ad esser accettati da noi. E’ interessante scoprire nuove culture e ho capito le difficoltà che hanno i nuovi arrivati. esempio un po’ di cultura albanese, come le particolarità dell’alfabeto. i è Stata la discussione sul brano, Quando leggiamo brani Quando finita l’ora. Tutto non c’è una cosa in particolare perché è stato tutto interessante e ci ha ‘coinvolto’ tutti (lo penso io) o perlomeno quasi tutti. scuola’ / / / bambini Afgani non sapevano la lingua ed erano un po’ a disagio ma, giocandoci un po’ e insegnandogli qualche parola in italiano si sono un po’ ambientati anche perché ci facevamo dire sempre la traduzione in Afgano Due amici che fino al 2011 sono stati miei amici perché stavamo sempre insieme (realtà dei fatti) Sulla cultura albanese e sul suo paesaggio Sulla cultura Albanese L’Albania Sulle altre culture degli altri Paesi Mi piacerebbe conoscere altre culture (perché) mi ha molto incuriosito. Ho detto che mi piacerbe! In poche parole sono curiosa e mi piace scoprire ‘nuove realtà’ sull’essere di altre persone. Ho capito che non sono stata capace di sfruttare l’occasione di conoscere Alema e Mendi perché anche se sono stata molti anni insieme a loro non sono riuscita a capire veramente le loro esigenze. Niente perché la prof ci ha aiutati (perché) ci ha aiutati la prof La parte del brano sull’alfabeto dei popoli Niente, perché la professoressa (perché) c’erano domande abbastanza difficili Niente, mi è piaciuto tutto. / Nulla (perché) la prof è stata molto interessante Niente pertché mi ha interessato tutto ciò che abbiamo fatto. erano domande a cui avevo risposto. / / Niente / 211 Enrico 12 Mirco 10 Serena Giada 9 11 Lorenzo 8 è ci Abiamo molte culture in gruppo e non dobbiamo pensare che siamo tutti diversi. L’approccio per persone straniere è comunque molto difficile più di quanto pensassi Inserirsi non facile ma se provi ci riesci Ci sono culture interessanti e diverse dalla mia Chi è bilingue è più intelligente, che ci sono persone con culture nascoste. Il racconto delle salsicce Stato leggere la parte ‘l’Alfabeto dei popoli’ che mi sembra molto metaforica Quando è venuta la mediatrice culturale Quando parliamo insieme perché è stata coinvogente. Correggere il compito (questionario) perché possiamo ascoltare le riflessioni degli altri. Nei brani letti ho trovato cose simili (parola illeggibile ?) nei film (?) il racconto su le salsicce Alla storia dei miei 2 amici Afghani scritta precedentemente. / / Un film che ho visto ieri sulla mafia: che un ragazzo era il figlio di un mafioso che nessuno gli rivolgeva la parola perché era così. altre lle culture dei diversi paesi Sull’approccio delle persone straniere con nuove culture Sulle culture Culture diverse / (perché) non mi sono mai trovata in queste situazioni e vorrei sapere cosa si prova veramente perché è anche difficile immaginarlo. bò / È un argomento interessante / La comprensione del racconto (?) perché bò L’alfabeto dei popoli (perché) non è molto comprensibile / Mettere in tabella le lettere degli altri popoli (perché) sono dovuto andare a cercare nel testo / ci ha aiutati. Quando dovevamo leggere i brani lunghi tre ore e La comprensione che in generale a me non piace. / / Quando parlava solo Sofia (perché) non potevo sentire i commenti degli altri. Niente / / / / 212 Cecilia Antonia 16 Simona 14 15 Vera 13 culture e La ‘c’ albanese non cambia suono a seconda di dove è Nel mondo ci possono essere lingue e culture diverse Anche l’albanese può servire, ma penso che a me non servirà perché in Albania non ci andrò mai Significa nascoste mediatrice linguistica Quando è arrivata la lettrice, mi è La lettura del brano Quando abbiao parlato dell’episodio in cui Besa Mone era felice perché tutti parlavano del suo paese. Tema testo di Besa Mone, significato cultura. Storia di questa ragazzina / Esperienze di persone che conosco. Una bambina macedone che dalla materna fino all’elementari è venuta nella mia stessa scuola. Lei cercava di fare amicizia e noi infatti cercavamo di coinvolgerla anche nelle nostre amicizie, conoscendola…aiutarla. A un film che ho visto su rai 1 un anno fa. Era un film riguardante l’India. C’era un bambino che non sapeva leggere e scrivere l’inglese e si sentiva molto a disagio. Ma poi un maestro lo aiutò e alla fine dell’anno aveva un’ottima pagella. / La cultura albanese e sulla sua Le culture e la lingua albanese Sull’Albania / Non so nulla e mi incuriosisce Mi ispira l’Albania (perché) sono curiosa di sapere com’è fatta. / Compilare questo questionario (perché) ci sono domande a cui non sono riuscita a rispondere come la 3 Capire dove è posta la ‘c’ albanese L’alfabeto dei popoli (perché) non riuscivo a trovare la risposta alla domanda nel brano, ma anche perché è molto complesso Niente (perché) semplice e comprensibile grazie alle tue spiegazioni L’altra parte dell’alfabeto dei popoli Leggere il brano sulle salcicce (perché) non avevo voglia di leggere il brano Quando abbiamo parlato della riflessione del fratello perché è troppo lunga mezzo (perché) bò Niente (perché) tutto molto interessante / No No Niente 213 1 Quando arriva una ragazza nuova l’ha dobbiamo accogliere come se fosse una ragazza che l’ha conoscessimo da una vita (sempre) La lettera ‘c’ si legge in modo diverso dal albanese Ho scoperto qualcosa di più sull’albanese C’è somiglianza tra alcune culture, alcuni alfabeti hanno qualcosa in comune, basta poco per sentirsi a proprio agio. il Quello che mi è piaciuto di più è stato quando è arrivata la mediatrice linguistaculturale perché lei sapeva tutto Stato l’ultimo testo letto, che parlava della bambina albanese. Leggere racconto tutto piaciuto quel punto Ha consegnato la scheda il 25/05/2012. 1 Serena 19 Laura Barbara 18 20 Gjorge 17 posta invece quella italiana cambia suono a seconda della vocale Quando facevo la quinta elementare è successo a una ragazza che stava qui in Italia. Alla storia di due miei vecchi compagni di classe delle elementari che erano Afghani e che avevano lo stesso problema della bambina albanese. Sabato ho incontrato il mio amico macedone e lui non sa bene l’italiano e lo ho aiutato Al film The Millionaire Come si sentiva la ragazza quando era felice o contenta il primo giorno di scuola La cultura albanese. / L’italiano storia / (perché) mi ha incuriosito. / Sto in Italia Ricordare le risposte del questionario Capire la somiglianza tra la lettera ‘c’ in albanese e quella italiana (perché) ci sono pronuncie diverse difficili da capire. Quando doveva parlare in italiano (perché) lei si vergognava Sofia (perché) parlava sempre (perché) mi sembra strana questa diversità tra ‘c’ italiana e albanese / Non c’è stata (perché) non mi interessava molto tranne quando ha iniziato a parlare della differenza tra le due ‘c’ Stare ad ascoltare (perché) avevo sonno / / Mi piacerebbe imparare qualcos’altro su altre culture diverse. / / 214 Ludovico Enzo 23 Viola 22 21 Non dovrebbero venire gli immigrati in italia ma se la dovrebbero cavare da soli in Africa L’Albania ha le culture più diverse dell’Albania Che le lingue straniere (cmpreso l’italiano) si somigliano La differenza fra la c e la k / del suo paese e i suoi compagni dicevano che se era davvero bello l’Albania lei rispondeva sì che era molto bello. È stato quando è venuta in classe la mediatrice / Il the river (? Si legge con difficoltà) / L’Albania Quel film / Non conosco la Lo voglio vedere / Niente è stato difficile (perché) ho capito quasi tutto Quando abbiamo letto la domanda n° 13 del Ruferimento al testo “I miei primi giorni di scuola” (perché) non sapevo rispondere Restare sveglio Sofia (perché) parlava sempre La lezione / / no / 215 2 3 1 Emma Giovanna Roberto ALUNNO / Sì quando ho preso per un mese una bambina bielorussa noi non conoscevamo la lingua russa e lei non conosceva l’italiano ma quando gli chiedevamo qualcosa mostrandogli qualcosa che si legava alla sua tradizione e al suo paese, lei cercava di spiegarci qualcosa a gesti. Per me restano nascoste perché forse i bambini non riescono bene ad esprimersi o non si sentono a loro agio. No per ora no, tranne con i compagni di classe 1. A TE È MAI CAPITATO DI AVERE A CHE FARE CON LINGUE E CULTURE “NASCOSTE”? PERCHÉ A VOLTE RESTANO NASCOSTE? PUOI PARTIRE DALLA TUA ESPERIENZA O DA QUELLA DI PERSONE CHE CONOSCI. La mia vita sarebbe un po’ infelice perché non conoscerei nessuno. Sarei in un nuovo stato con tradizioni diverse e lingue diverse in più a scuola non capirei niente anche se mi rispiegassero tutto. A scuola vorrei essere accolto più o meno come alla nostra: dove vieni presentato agli altri e dopo sono gli altri a conoscerti un po’. Dopo qualcuno a scuola mi dovrebbe un po’ calmare perché si sa come è il 1° giorno di scuola. Nella c omunicazione non potrei fare niente finché non me la insegnano. Chiederei aiuto ad una prof ad un consulente scolastico. Mi presenterei come un ragazzo venuto da un altro paese per questioni familiari per qualche tempo. / Ieri mio padre mi ha dato la notizia che dovremo trasferirci tutti in Spagna per motivi di lavoro. Non ci posso credere! Non conosco neanche una parola in spagnolo! Penso però che starò bene. Dopotutto, la Spagna è un bellissimo paese e per la prima volta potrò andare a visitare Barcellona…che spasso! Non ci sono mai stata in Spagna ma me la immagino come un paese solare. Sarà molto difficile per me l’adattamento, ma penso che miglioreranno le nostre condizioni economiche. Non stavo pensando minimamente alla scuola! Chissà cosa penseranno i miei compagni al mio arrivo. Io vorrei un’accoglienza non troppo maestosa, senza cartelloni o robe del genere, vorrei solo un normale saluto, magari in italiano, così per mettermi a mio agio, di certo non voglio che i/le ragazzi/e mi fissino e non voglio per niente ripetere la seconda media, voglio andare subito in terza, mio padre me lo ha promesso, vorrei che si parlasse dell’Italia…che IO parlassi dell’Italia! Di tutte le cose belle che ci sono. Mi piacierebbe se all’inizio i miei compagni mi illustrassero un po’ la Spagna e che la mia nuova professoressa mi mostrasse 2. ISPIRANDOTI AL RACCONTO DI BESA MONE, SCRIVI UNA STORIA, AUTOBIOGRAFICA O DI FANTASIA, SEGUENDO QUESTA TRACCIA: “I TUOI GENITORI DEVONO ANDARE A LAVORARE ALL’ESTERO PER UN PERIODO ABBASTANZA LUNGO, COSÌ LI DEVI SEGUIRE. COME IMMAGINI LA TUA NUOVA VITA IN UN PAESE DEL QUALE CONOSCI POCO LA LINGUA? COME VORRESTI ESSERE ACCOLTO A SCUOLA? COME REAGIRESTI ALLE DIFFICOLTÀ DI COMUNICAZIONE? A CHI CHIEDERESTI AIUTO? COSA FARESTI PER FARE AMICIZIA CON I NUOVI COMPAGNI?” S2. ALLEGATO N. 36. UA2 SCHEDA SU CULTURE “NASCOSTE” E TESTO CREATIVO, 25-28/05/2012 216 5 4 Franco Clelia A me è capitato di fare un’esperienza fantastica con due ragazzi che ora non sono potuti rimanere in Italia per motivi che non conosco. Erano due fratelli, lei si chiamava Alema e lui Mendi. La prima volta che li ho visti mi facevano un po’ compassione. Lei aveva la mia età mentre lui era un anno più grande. Un giorno mentre giocavo li ho visti che non si volevano staccare dalla loro mamma e così sono andata vicino a loro. Non riuscivo a capirli e loro a me, così ho pensato di cercare di farmi capire a gesti e così ho fatto e abbiamo iniziato ad essere amici il giorno dopo appena appena sono arrivata a scuola mi ricordo che loro erano lì e lei mi è venuta vicino e e con dei gesti strani cui non capivo il significato mi ha detto qualcosa ed io non sapendo cosa fare le ho accennato un sorrisino. Una volta era l’ora della merenda ed io facendo dondolare le gambe sotto il tavolino per sbaio le ho dato un calcio, lei mi ha detto qual cosa in afgano io non capendola le ho detto di si e in quel preciso istante mi ha ridato un calcio; ho capito che mi aveva chiesto se ero stata io a darle un calcio, allora sono scoppiata a ridere, lei ha capito la mia risata e ha iniziato a ridere anche lei. Poi piano piano hanno iniziato a parlare l’italiano e fino in 5° elementare siamo andate in classe insieme. Poi alle medie lei ha preso spagnolo e io francese ma abbiamo comunque continuato a frequentarci. Poi durante le vacanze senza dire niente a nessuno se ne sono andati tutti e due e non so per quale motivo. Per fortuna ho ancora delle loro foto! Anche se non ci vedremo più, non significa che la nostra amicizia è finita. / / in una cartina i posti più belli da visitare con la mia famiglia. Ma che sto dicendo? Non capirei niente in spagnolo! Per imparare la lingua e comunicare un po’ con qualcuno mi farò aiutare da mia sorella Maria che studia lo spagnolo a scuola e lo sa molto bene. Farò tante nuove amicizie, farò feste, inviterò i miei amici a casa e gli farò anche mangiare del cibo italiano. Sono una ragazza timida e spero che gli altri si facciano avanti. Penso sarà bello là in Spagna! Io non saprei come avrei fatto perché sono timida e da sola non ci sarei mai riuscita a fare una cosa del genere: amicizia con ragazzi stranieri. 217 Enrico Vera 13 Rocco Lorenzo Giada Mirco Sara 7 8 9 10 11 12 Emilia 6 Perché non le conosci personalmente solo per persone. La bambina prima non parlava dell’Albania, ma dopo, grazie alla mediatrice si è aperta. Sì, per esempio il mio amico Viktor si vergogna a parlare nella sua lingua madre, il moldavo, e è molto strano e penso che tutti facciano così …(il resto si legge con molta difficoltà) / / / / Si, mi è capitato alla materna sono venuti due bambini Afghani che non sapevano ancora parlare e stavano sempre attaccati alla madre. Poi io e la mia classe abbiamo fatto amicizia con loro che si sono sentiti a loro agio. Ci sono andata anche alle elementari insieme e alle medie ci siamo divisi. Ora loro sono tornati nel loro paese. Era nascosto perché la bambina non parlava della propria cultura invece dopo con la mediatrice ha iniziato a parlare dell’Albania. I miei genitori per un colloquio di lavoro devono andare a Londra per un po’ di tempo, quindi mi tocca andare con loro! Appena arrivata a Londra io ero sicura che sarebbe stato brutto abitare li perché non conoscevo bene la lingua. Il giorno dopo siamo andati a prenotarmi per la scuola. Mi sarebbe piaciuto se i compagni mi avessero accolto con gentilezza e mi aiutassero a capire meglio la lingua. Mi allenerei molto per capire le cose userei molto il vocabolario e se non ce la faccio chiederei aiuto ai miei genitori. Per fare amicizia con i miei compagni mi farei forza e andrei a parlare con loro con una pronuncia stentata, e farli ridere. / / / / E’ un agosto sera e i miei genitori mi devono parlare: “Noi dobbiamo andare a lavorare all’estero e a settembre verrai con noi in Francia. Lì per lì mi sono passati per la mente i ricordi più belli e più simpatici trascorsi nell’ultimo tempo con i miei “ex” compagni di scuola. Mi sentivo persa. “E se non troverò qualcuno con cui essere amica, rimarro sola? E poi io non so parlare bene il francese, cioè, le regole grammaticali si ma serve molto di più per farsi capire.” pensavo. Pensavo anche alle mie difficoltà con la scuola, sicuramente venivo mandata indietro di una classe e poi chi mi avrebbe aiutato a capire e a studiare tutto quello che si faceva? (in francese) Così sono andata a dormire presa dall’angoscia per risolvere i miei problemi. La mattina dopo siamo andati al mare godendoci bene l’ultimo periodo qui in Italia. Lunga sulla sdraio: “Per fare amicizia con i miei compagni potrei innanzitutto essere disponibile con loro però sempre senza farmi trattare male, così, dopo poco tempo avrei capito subito dal comportamento delle persone quali sarebbero state meglio per me. Poi le avrei conosciute meglio” pensavo. Per quanto riguarda la lingua prima di iniziare la scuola avrei fatto francese con le ripetizioni della mediatrice, in modo da poter essere pronta per la scuola francese, Tuttavia non è poi nemmeno così male! Testo inventato da O.S. Primo io li seguo poi arrivato a scuola vorrei essere accolto in un modo garbato e con le difficoltà di comunicazione non me ne importerebbe un cavolo. Io se mi trovassi in una situazione difficile mi metterei a sparare con una pistola farei amicizia con dei giochi molto belli che ho io. Prima di partire m’informerei contattando una scuola che forse mi potrà accogliere, comunicandogli la mia presenza futura e quindi chiedendogli la disponibilità. Contatterei una signora che mi può dare sostegno alle mie 218 Antonia 16 Gjorge Barbara Serena Laura Cecilia 15 17 18 19 20 Simona 14 / / / Si, a me mi è successo perché io sono musulmana e infatti mi è successo quando avevo quattro anni il mio primo giorno di scuola (materna) A me si, anche perché io sono nata in Romania, però non mi è mai capitato di sentirmi imbarazzata e a disagio, perché qui ho un sacco di amici che mi vogliono bene. / / E’ l’ultimo giorno in Italia, non posso ancora crederci, sono obbligata ad andare in Cina. Non riesco a immaginare la MIA VITA IN CINA, senza i miei amici, i nonni, la mia casa. E’ triste ma devo andare a letto, è tardi! Eccola, la valigia pronta, saluto i miei cari e salgo in macchina. Ci stiamo dirigendo all’aeroporto, vorrei tanto tornare a casa e abbracciare tutti, ma non posso stiamo salendo…Eccoci arrivati! La Cina, è enorme, proprio come la mia scuola, ci sto andando. Wow è davvero diversa dalla scuola italiana! Davanti a me tutti mi fissano, la prof.ssa mi parla in cinese, non ci capisco nulla, più tardi sono venuta a sapere che significava: - “ Ciao, accomodati, ti troverai bene!” Pensare che non so neanche come si dice ciao, oppure addirittura un si o un no! Che imbarazzo! Oggi, 2° giorno di scuola, ho co nosciuto la prof. Di Lettere, per fortuna parla anche l’italiano, così almeno ci capisco qualcosa, Ma perché il cinese è fatto di tutti quei simboli?! Spero di tornare in Italia, mi mancano gli amici, i nonni, gli zii…Non ne posso più!!! / / / / difficoltà, solo per sicurezza. Quando sarò là cercherò di fare amicizia con tutti attraverso gentilezza. Organizzerei, poi una pizzata proprio per conoscere tutti. Così proprio da diventare, secondo me, molto simpatica. Io non sono le la difficoltà ma sono leale ed aperta con tutti nel mio cuore per fare amicizie. Mio padre faceva l’imprenditore ed è stato mandato per ragioni di lavoro in Svezia. Io ero molto preoccupata perché non conoscevo la lingua, non conoscevo nessuno del posto. Ma soprattutto mi preoccupavo soprattutto perché a scuola non mi trovavo bene, non sapevo comunicare e mi trovavo molto a disagio. Ma per fortuna nella mia classe c’era una mia vecchia amica di nome: Claire che mi aiutava a parlare con facilità con gli altri. Per fare amicizia con i miei compagni gli parlerei del mio paese e di tutto quello che si mangia ecc. E da quel giorno, imparai l’inglese e mi trovai bene con tutti. / 219 Viola Ludovico Enzo 21 22 23 / / No, non mi è mai capitato di avere a che fare con lingue o culture nascoste, ma penso che a volte restino nascoste per timidezza o per insicurezza. I miei genitori dovranno andare a lavorare ad Austin per due anni e io li dovrò seguire. Penso che la mia vita ad Austin sarà bella e divertente anche se dovrò imparare a conoscere meglio l’americano, ma nessun problema, mi aiuterà la mia amica Elena che vive lì da molto più di me. Vorrei essere accolta benevolmente e fare buona impressione a tutti. Davanti alle difficoltà di comunicazione sarei spaventata e imbarazzata ma con il tempo penso che non sia più un problema e poi, come ho detto prima, ci sarà Elena in mio aiuto. Per fare amicizia con gli altri aspetterò che il destino faccia il suo corso. / / 220 2 3 1 Emma Giovanna Roberto ALUNNO / Perché lei nella scuola in Albania aveva tutti otitmi voti e sapeva comunque un po’ d’Italiano Perché sa già leggere e scrivere 1. PERCHÉ LA BAMBINA È AMMESSA A FREQUENTARE LA SECONDA ELEMENTARE? / Perché veniva da un altro Stato e sarebbe stato difficile per lei partire dalla seconda non sapendo l’Italiano Perché ha frequentato un’altra scuola e non conosce nessuno 2. PERCHÉ LA DIRETTRICE L’AVREBBE INVECE INSERITA IN PRIMA? / Per lei avrebbe significato bocciarla e sarebbe stata una vergogna per lei perché aveva tutte valutazioni ottime Una vergogna perché sarebbe come bocciarla 3. COSA AVREBBE SIGNIFICATO PER LEI RIPETERE LA PRIMA? poiché non ha niente di suo ed ha paura di qualcosa ma non sa cosa. Poi la maestra la saluta con Benvenuta. Anche perché non conosce nessuno / La bambina prova disagio perché non conosceva nessuno mentre tutti gli altri bambini si conoscevano fra loro e perché non aveva niente con lei. 4. IL PRIMO GIORNO DI SCUOLA, PER QUALI RAGIONI LA BAMBINA PROVA DISAGIO? DOMANDE I PARTE S2. ALLEGATO N. 37. UA2 QUESTIONARIO DI COMPRENSIONE, 25-28/05/2012 / Vorrebbe sentire la sua lingua per attenuare la tensione che aveva e per partecipare di più. Perché allenterebbe la tensione e perché le mancava il suo paese 5. PERCHÉ VORREBBE SENTIRE LA SUA LINGUA? / Perché le insegniava le lettere dell’alfabeto italiano che lei già sapeva Perché lei sa già leggere e scrivere e conosce le lettere 6. PERCHÉ QUANDO ARRIVA LA SECONDA MAESTRA, LA BAMBINA PROVA IMBARAZZO? / Perché era scritta in modo uguale mentre in Albania c’erano tutte lettere diverse…con una sola pronuncia. perché nella sua lingua la pronuncia è diversa 7. PERCHÉ È DIFFICILE PER LA PROTAGONISTA PRONUNCIARE UNA PAROLA CON TANTE VOCALI DI SEGUITO? 221 Mirco Sara 10 11 Rocco 7 Lorenzo Giada Franco Emilia 5 6 8 9 Clelia 4 / perché in Albania aveva frequentato la 1^ / perché sapeva già leggere e scrivere in italiano Perché sa scrivere in Italiano. / Perché aveva voti ottimo e sapeva leggere e scrivere Perché aveva già frequentato la prima elementare in Albania / perché se non avrebbe saputo scrivere e leggere in italiano la direttrice l’avrebbe inserita in prima / per paura di non poter essere all’altezza della 2^ classe Per fare in modo che impari a scrivere. / Perchè la bambina per la direttrice non era pronta per la seconda Perché pensava che non sarebbe stata all’altezza di fare la seconda / Essere bocciata / Lei l’avrebbe presa come una bocciatura Sarebbe stata un’umiliazione. / Come essere bocciata Essere bocciata / -perché non conosceva nessuno -non aveva gli amici dell’Albania -tutti si / Perché non conosceva nessuno e si sentiva sola Anche perché non parlava nessuno in Albanese. Perché non conosceva nessuno e la maestra non le aveva dato conforto / Non conosceva nessuno, si vergognava a parlare in italiano perché sbagliava Perché non conosce nessuno e si sente sola senza la madre. / per una migliore integrazione / Perché le manca il suo paese. Per sentirsi a casa. / Per allentare la tensione Per sentirsi a suo agio lei / perché le stava insegnando da capo le lettere dell’alfabeto che lei sapeva già. / Perché lei le lettere le sapeva già tutte. Perché conosce l’alfabeto. / perché la bambina sa leggere però la professoressa le spiega l’alfabeto Perché inizia a insegnarle le lettere dell’alfabeto che lei conosceva già / perché non c’era nemmeno una consonante Perché nella sua lingua le lettere non cambiano pronuncia in base alla vocale che c’è dopo / Perché non c’è nemmeno una consonante. / Perché non c’era nessuna consonante Perché non c’era “una” consonante tra loro 222 Gjorge Barbara Serena 17 18 19 Simona 14 Cecilia Antonia Vera 13 15 16 Enrico 12 perché non aveva insufficienze in / Perché sapeva leggere in italiano / perché non aveva insufficienze e il suo andamento era ottimo. perché aveva gia fatto la 1^ in Albania La bambina è ammessa a frequentare la seconda perché non aveva insufficienze scolastiche perché aveva già imparato le lettere in Albania non bene perché quello era il primo anno che / Perché parlava italiano / perché non sapeva abbastanza bene l’italiano perché se non sapeva l’italiano non poteva fare la 2^ Perché pensava che non poteva seguire gli argomenti perché sarebbe stata un asino una per Per lei sarebbe stata una / avrebbe significato essere bocciata e quindi provava vergogna / Vergogna essere bocciata: vergogna lei di essere bocciata, una vergogna ESSERE BOCCIATA / Perché non capisce la lingua, non conosce nessuno. Perché si sente diversa e non conoscevano tra loro Perché non sa parlare molto bene non relazionandosi con gli altri bambini perché non conosceva nessuno, disagio non aveva gli amici quando parlava pensava di sbagliare perché non conosce nessuno, si sente insicura, ha paura che le facciano del male / perché non conosce nessuno e capisce poco l’italiano Perché vuole si / Perché le manca e perché sa solo quella. / perché ha nostalgia del suo popolo. per essere più tranquilla e perché la farebbe sentire a casa. per sentire una lingua che conosceva, se sentiva a suo agio per sentirsi più sicura Perché conosce le fa / Perché voleva che si presentava il 1° giorno / perché le viene insegnato l’alfabeto come se fosse in 1^ elementare perché le insegna le lettere dell’alfabeto in quanto iniziò a spiegarle le lettere alfabeto perché crede che doveva spiegare tutto del suo paese / perché era abituata a pronunciare le lettere in Albanese con poche vocali. / Perché nella lingua albanese ci sono sempre le consonanti in ogni parola Perché in Albania la lettera “A” era perché in Albania non lo aveva mai fatto non sapeva dire + vocali insieme non c’era una consonante l’albanese è una lingua con molte consonanti perché in Albania c’è un metodo diverso 223 Viola Ludovico Enzo 22 23 Laura 21 20 Perché aveva già frequentato la prima elementare in Albania e perche non aveva insufficienze scolastiche e sapeva l’italiano / / perché la bambina sapeva leggere e scrivere nessuna materia. / / Perché pensava che non era pronta per la seconda elementare perché se la bambina non sapeva leggere e scrivere l’avrebbe mandata in prima la bambina abitava in Italia / / perché aveva frequentato la prima elementare in Albania e per questo secondo lei sarebbe stata bocciata, e Significherebbe la vergogna vergogna perché è come se fosse stata bocciata. / / Perché non conosceva nessuno-le mancava il suo paese-si sentiva a disagio conosce nessuno, per cui vorrebbe avere la mamma vicino. Sbaglia a pronunciare le parole in Italiano e per questo si sente a disagio. perché non conosceva nessuno e si sentiva adisagio e aveva anche paura di parla male / / Perché le mancava il suo paese perché le manca il suo paese e le sue amiche. ricordare la sua vecchia classe, la sua vecchia scuola e la sua vecchia vita. / / Perché si imbarazzava a dirle che conosceva tutte le lettere perché lei le lettere del alfabeto le conosceva ma si vergognava a dirle. l’alfabeto, il quale lei conosce già. / / Perchè non l’ha mai pronunciata nella sua lingua perché c erano anche consonanti e molte vocali. rappresentata in modo diverso, e poi è difficile per lei pronunciare questa parola perché ci sono tante vocali attaccate. 224 Roberto Emma Giovanna 1 2 3 ALUNNO / Perché si tarttava di una scelta culturale ben ragionata / 8. PERCHÉ IL MODO DI SCRIVER E LE LETTERE IN ITALIANO NON È UN PROBLE MA DA RISOLVE RE? / E’ stato possibile scrivere in Albanese dal XIX secolo. Per gli albanesi, Dal XIX secolo. Perché scrivere voleva dire emancipazione. 9. DA QUANDO È STATO POSSIBILE SCRIVERE IN ALBANESE? CHE COSA RAPPRESENT AVA PER GLI ALBANESI LA SCRITTURA? / si scrive “c” ma si pronuncia “k”. Si legge così come si scrive perché ogni lettera mantiene la se legge così ç / assume una pronuncia diversa a seconda della vocale o consonante che la segue. (No) gentilezza che cambia a seconda della parola che segue 10. LA LETTERA “C” DEGLI ALFABETI ITALANO E ALBANESE VIENE ACCOSTATA AD ALCUNE CARATTERISTICHE DEI POPOLI. COMPLETA LA TABELLA ELENCANDO TALI CARATTERISTICHE: / Assomigliava alla madre, anche se non era una mamma italiana ma albanese ad una signora che fa stare meglio le persone 11. A CHI ASSOMIGLIA LA “C” ITALIANA? PERCHÉ? DOMANDE II PARTE / Le lettere dell’alfabeto che in tutti e due i casi sono latine, anche la madre. Che hanno la stessa lingua latina 12. CHE COS’HANNO IN COMUNE IL POPOLO ALBANESE E QUELLO ITALIANO? / Perché mediatrice parla dell’Albania facendo partecipare la perché è la protagonista della situazione e in più lei gli fa vedere le foto della sua città. E i compagni gli chiedono tutto 13. PERCHÉ, QUANDO ARRIVA LA MEDIATRICE LINGUISTICOCULTURALE, LA BAMBINA ALBANESE È AL SETTIMO CIELO? 14. RIFLETTI SUL RACCONT O POI RISPONDI: PERCHÉ PER LA BAMBINA ALBANESE SONO IMPORTAN TI SIA LA LINGUA ALBANESE CHE QUELLA ITALIANA? Perché in ITALIA si parla italiano e in Albania se parla albanese. Ma non fa mica male parlare due lingue. / Perché per lei sono importanti l’Albania dove è vissuta e 225 Franco Emilia Rocco Lorenzo 7 8 Clelia 5 6 4 / / / Perché una cultura è perché una cultura tradizional e e meditata da un popolo che aveva una storia diversa dalle altre E’ stato possibile dal XVIII secolo e rappresenta la libertà / / Dal XIX secolo Solo a partire dal XIX secolo e rappresentava la libertà e l’emancipazion e scrivere, rappresentava la libertà e l’emancipazion e / non cambia se dopo c’è la “e” o la “i” / si legge come si scrive mantenere la propia pronuncia indipendemente dalla lettera che la segue. non scende a compromessi cerca di “andare incontro” alle altre lettere che la seguono propria pronuncia indipendentement e dalle lettere seguenti / cambia se dopo c’è la “e” o la “i” / che si legge diversamente dalla lettera che la segue. cambia a seconda della lettera che la segue / A sua madre / Somigliava sua madre / a / La umana cultura / Che hanno entrambi una cultura umana / / / / Perché parla del proprio paese e della propia classe anche la bambina, mostrando alla classe alcune foto dell’Albania e della scuola in cui andava prima la protagonista (sempre in Albania). Perché parla bene della sua Patria e i compagni curiosi le facevano molte domande e lei stava al centro dell’attenzione / Per la località dove vive cioè: se stà in Albania parla l’albanese mentre se stà in Italia parla l’italiano / Perché lei è di origine albanese però adesso deve vivere in Italia quindi deve sapere si l’albanese che l’italiano / dove ci sono tutte le sue origini e l’Italia, cioè il paese in cui dovrà vivere 226 Enrico Mirco Sara 10 11 12 Giada 9 / / perché si trattava di una scelta culturale ben ragionata e meditata da un popolo che aveva una storia diversa da quella albanese. / è stato possibile scrivere dal XIX in quanto la patria era stata proibita dai / è stato possibile a partire dal XIX secolo. Scrivere rappresentava la libertà e l’emancipazion e dal IXX secolo si legge ç / Non scendono a compromessi ‘ma si pronuncia ‘c’ e il suono non cambia indipendentement e dalle lettere che la seguono. Non scendono a compromessi. gentilezza, che cambia a seconda della lingua che segue / scendono a compromessi facendoti sentire a tuo agio / Ad una signora che fa stare meglio le persone / assomiglia alla madre. Assomiglia alla disponibilità del popolo italiano ad aprirsi e a saper accettare altre culture perché la “c” può essere pronunci pro in più modi a seconda della lettera che la segue. Alla madre perché è capace di costruire un discorso con chiunque quindi li accoglie Che hanno stessa lingua la / hanno in comune le madri Che la lingua è di origine latina Perché è la protagonista della situazione e in aula gli fa vedere le foto della sua città e / Perché si era informata riguardo le abitudini in Albania e le chiedeva conferma facendola sentire importante Perché parla della sua città e della scuola dove ha passato la 1^ elementare / Secondo me perché la lingue e cultura albanese sono di tradizione/di nascita e la lingua e cultura italiana è più comprensiv a dell’altra e, secondo me, è per questo che le piace Perché in italia si parla italiano e in Albania si parla albanese Perché per lei è molto importante sia l’albania che l’italia 227 Cecilia Antonia Gjorge Barbara Serena 17 18 19 Simona 14 15 16 Vera 13 Perché lei / Perché con calma si può fare tutto / perché ogni popoli ha le sue lingue e culture perché è stato studiato e inventato con cura Si trattava di una scelta culturale. Ogni paese ha la sua scelta Da quando è / Dal XIX secolo. Scrivere rappresentava la libertà e l’emancipazion e / / dal XIX secolo Dal 1800. Prima non era possibile perché c’era la domin. Turca per 5 secoli turchi la si scrive k. / Con “ci” e “ce” viene aggiuna una virgola sotto la c cioè “ç”. / non cambia pronuncia si pronuncia come è scritta anche se dopo ci sono delle consonanti mantiene sempre la stessa pronuncia, non scende a compromessi si pronuncia c e k / cambia di pronuncia a seconda della lettera che ha vicino / cambia la sua pronuncia a seconda di dove si trova. si pronuncia come è scritta dipendentemente dalle lettere che la seguono con gentilezza le altre lettere possono stare vicini, accogliente Somiglia a / la gentilezze, perché può andare vicina a tutte le lettere / / / assomigliava a sua madre Che / la MADRE / / / hanno entrambe hanno la cultura umana Perché / perché può parlare del suo popolo e sa rispondere a tutte le domande / Perché parla della sua scuola e del suo popolo, la sua storia i compagni gli chiedono tutto In quanto la mediatrice iniziò a parlare dell’Albania (suo paese) e spesso mentre raccontava, le chiedeva di confermare la sua affermazione perché lei parla dell’albania e tutti le facevano le domande / Perché l’albanese è la lingua madre invece l’italiano è la lingua per il suo futuro Perché perché può parlare si la lingua alb. quando è in Albania e può parlare l’italiano quando è in Italia / / (segue frase illeggibile) Albanese lingua origine Italiano dovrà vivere 228 VIOLA Ludovico Enzo 22 23 Laura 21 20 / / Perché si trattava di una scelta culturale perché conosce già le lettere italiane. / / Nel XIX secolo. Rappresentava la libertà e l’emancipazion e dal IXX secolo perché i turchi avevano dominavano l’Albania venuta una nuova maestra che gli ha fatto fare un gioco. Per gli albanesi la scrittura è ç / / la “c” albanese si legge “k” si scrive “c” e si legge “k”, così come si scrive si legge. mettono: pronuncia (ch) la “c” assume una pronuncia diversa a seconda della vocale o della consonante che la segue. / / si scrive “c” ma si legge “k” oppure “ci” con la vocali. / / Alla c, perché basta aggiungere una virgola la lettera “c” italiana assomigliava a sua madre. / / / che hanno incume le culture, le madri. entrambe la cultura umana conosce con la lingua sua cominciò a parlare della cultura albanese e lei gioca fare dei giochi Perché quando arriva la meditrice la bambina si sente al settimo cielo perché tutte le domande che le faceva lei le sapeva rispondere. Perché parlano di un argomento che lei conosce, anche perché lei si sente a suo agio / / / / / perché viveva in Albania e adesso invece deve vivere in Italia. 229 Roberto Emma Giovanna Clelia Franco Emilia Rocco Lorenzo Giada 1 2 3 4 5 6 7 8 9 ALUNNO / / / / / Non sempre perché ci possono essere alcune famiglie che seguono le tradizioni tedesche altre invece che preferiscono seguire un alimentazione fatta da loro stessi. 1. A P. 125 IL PROTAGONISTA DICE: “… SONO FAMOSI I TEDESCHI PER LO STINCO DI MAIALE, I WÜRSTEL E ALTRE COSE SAPORITE E NUTRIENTI. SÌ, AVETE RAGIONE, MA SOLO IN TEORIA. IN PRATICA, MI È CAPITATA LA TRISTE SORTE DI ESSERE OSPITATO IN UNA FAMIGLIA SALUTISTA E BIODINAMICA”. RIFLETTI E POI RISPONDI: LE PIETANZE PER LE QUALI SONO FAMOSI I TEDESCHI CORRISPONDONO ALLE ABITUDINI DI TUTTI I TEDESCHI? / / No, non corrispondono / / Loro pensano che il ragazzo italiano non sia un tipo tosto da andare a fare una passeggiata sotto la pioggia, a bagnarsi Lo considerano uno ‘zuccherino’ perché per qualsiasi cosa deve trovare una soluzione complicata piuttosto che una semplice facilmente risolvibile ad esempio c’è una ‘scena’ dove viene raccontato che pioveva cui ha cercato di prendere l’ombrello. / / / / / 2. ALLA FINE DI P. 126 È POSSIBILE INDIVIDUARE UN’IDEA STEREOTIPATA CHE LA FAMIGLIA DI INGE HA SUL RAGAZZO ITALIANO: DOPO AVERLA TROVATA, CERCA DI SPIEGARLA. S2. ALLEGATO N. 38. UA3 QUESTIONARIO DI COMPRENSIONE, 04/06/2012 / / / / / Perché in questi 3 o più giorni lo hanno messo alla prova e le loro aspettative sono diverse dal comportamento del ragazzo. / / / 3. SECONDO TE, IN CHE MODO QUEST’IDEA STEREOTIPATA INFLUENZA IL COMPORTAMENTO DEI FAMILIARI DI INGE VERSO IL GIOVANE ITALIANO? / / / / / Si, ma non me né importato niente perché le cose che mi dicevano non corrispondevano alla mia realtà. / / No, per fortuna non mi è mai capitato. 4. TI È MAI CAPITATO DI ESSERE “VITTIMA” DI PREGIUDIZI O STEREOTIPI SUL TUO PAESE O LA TUA REGIONE? SE SÌ, COME HAI REAGITO? SE NO, COME REAGIRESTI? 230 Gjorge Barbara Serena Laura Viola Ludovico Enzo 22 23 Simona 14 17 18 19 20 21 Vera 13 Cecilia Antonia Enrico 12 15 16 Mirco Sara 10 11 / / / No perché non tutti i tedeschi sono amanti di questi cibi e non tutti li mangiano perché sono cibi tradizionali tedeschi. / / / / Non corrispondono. No, perché per esempio la famiglia di Inge mangia il cibo biologico e leggero, molto diverso dai cibi tipici tedeschi. No, a quasi tutti, per esempio la famiglia che a delle pietanze BIO No, in quanto ci sono famiglie salutiste e biodinamiche, o che non rispettano la loro cultura. / No, perché ad esempio i genitori di Inge mangiano cibi salutari di agricoltura biodinamica. / / / / La famiglia di Inge pensa che il ragazzo italiano non sia preparato per affrontare le situazioni che gli si presentano. / / / Dice che il ragazzo è uno zucchero, perché appena scoppiato il temporale cerca un ombrello. “Non sarai mica fatto di zucchero!” Cioè che è così molle da prendere l’ombrello quando piove. Vuole dire: quali saranno le sue abitudini, difetti, modi di fare? / / “Non sarai mica fatto di zucchero?” Nel senso: non sarai così ‘moscio’ da usare l’ombrello per non bagnarti. e non / / / / / / I familiari di Inge provocano psicologicamente il ragazzo. / Perché pensano che il giovane sia un debole, un viziato. Lo influenza un po’ in modo negativo perché mettendolo alla prova hanno visto che è un po’ fragile. Devono rispettarlo maltrattarlo. / / / / / / / / / No. / Si, degli italiani dicono che mangiamo pizza/pasta e suoniamo il mandolino. Secondo me possono pensare come vogliono, tanto so che non è così per tutti. No, per fortuna quasi mai perché penzo Sì, a volte è come un giro, capita a tutti. Me ne sono fregata, però mi ricordo ancora l’atteggiamento. Sì, ho reagito molto male, perché nessuno è in grado di giudicare un paese o una regione se non c’è mai stato. Poi può essere che il suo è peggio del mio paese. / No, non mi è mai capitato! 231 1 2 3 Roberto Emma Giovanna ALUNNO / / Prova un po’ disagio perché non riesce a ‘masticarla’ non riesce a comunicare bene con gli altri per fargli capire di aver fame. 5. CHE COSA PROVA IL PROTAGONISTA VERSO LA LINGUA TEDESCA? PERCHÉ? CFR. METÀ P. 124, LE ULTIME RIGHE DI P. 124 E LE PRIME DI P.125. / / Non riesce ad esprimerlo perché non sa bene la lingua e quindi gli altri rispondono per lui, anche se a volte in modo sbagliato. 6. PERCHÉ IL PROTAGONISTA NON RIESCE AD ESPRIMERE CHIARAMENTE CIÒ CHE VUOLE? RILEGGI IN PARTICOLARE LE ULTIME RIGHE DI P. 125 E LE PRIME DI P. 126. / / Secondo me bisogna accettare le diversità tra paesi e quindi penso che accetterei i loro modi pensare e i loro modi di vivere, anche se diversi dai miei. Perché ognuno ha la propria cultura, la propria tradizione e bisogna accettarla così come è, perché a volte può essere vista in modo negativo, ma altre volte può essere una cosa positiva, ed è meglio vedere la cultura di un paese in modo positivo, perché è comunque una caratteristica di tutti noi. PERCHÉ? 7. SE TI TROVASSI IN UNA SITUAZIONE DI VACANZA SIMILE A QUELLA DEL RACCONTO, A STRETTO CONTATTO CON PERSONE DI UN ALTRO PAESE, COME PENSI CHE DOVRESTI COMPORTARTI NEI CONFRONTI DEL LORO MODO DI PENSARE, DELLE LORO ABITUDINI E DELLA LORO LINGUA PER INSTAURARE DEI BUONI RAPPORTI? / / Stiamo aspettando Inge a casa, sono molto preoccupata… chissà come sarà quell’italiano. Spero gli piaccia il nostro paese e le nostre abitudini… lui ne avrà sicuramente diverse dalle nostre, ma se non gli piacciono non gli piacciamo noi, e neanche Inge. Baviera è una bella città… sicuramente gli piacerà! Da quanto tempo non vediamo nostra figlia poi… tre anni! Tre anni che vive a Pescara, in quel monolocale vicino al mare. Skype, certo, ma non è uguale a vederla di persona e riabbracciarla nuovamente. La conosco bene mia figlia, sicuramente starà leggendo un quotidiano. Arrivati! Accolgo subito l’Italiano, non mi sembra un tipo molto tosto, meglio metterlo alla prova. Se è venuto qui per mangiare salsicce, wurstel o stinco di maiale, ha sbagliato proprio casa. Qui si mangia solo cibo salutare. Carotina grattugiata, sformatino di verdure e poi la patatina come contorno. Chiedo se va bene una patata lessa a testa e tutti 8. PROVA A RISCRIVERE LA STORIA DAL PUNTO DI VISTA DI INGE OPPURE DEI SUOI GENITORI. 232 approvano… tranne l’italiano, che sembra volerne molte di più. Non voglio essere cattiva… voglio solo metterlo alla prova, penso che a breve cercherà di capire la nostra lingua. Finito il pranzo lo metto al lavaggio dei piatti e pulisco i fornelli. Inutilizzabili fino a domani. Sì, si mangia a cena ma poco, non ho mai molta fame io. No, già, non è molto grasso, quindi lo devo tenere in forma, giusto? Quindi: corsetta prima di colazione, passeggiata per digerire il pranzo, e di sera, dopo cena, nuoto nella piscina comunale. Non gli farà altro che bene. Inge in questo modo si sentirà molto unita alla famiglia. Ieri, l’ho messo proprio alla prova questo italiano, voglio capire di che pasta è fatto. Uscendo per fare una passeggiata è scoppiato un temporale e non gli abbiamo permesso di portare un ombrello, suvvia, sarà fatto di zucchero questo ragazzo? È comunque sopravvissuto. Ora stiamo entrando a Berlino, sul viale alberato che ci porta fino al centro. Mio marito prende una scorciatoia per arrivare alla piazza ricoperta di lastre di pietra rettangolari. Abbiamo programmato quello che andremo a vedere domani, spero vada bene al ragazzo di Inge. Ci stiamo dirigendo verso la casa di Gaby, la mia seconda figlia, che ansiosamente, aspettava l’arrivo di Inge e del suo ragazzo. I coinquilini di Gaby, altri studenti parlano un po’ in italiano e, per la prima volta da quando è arrivato in Germania, lo vedo a suo agio. Uno degli inquilini prende una grande caffettiera napoletana e inizia a preparare caffè. Vedo l’italiano molto felice. Ad un certo punto sembra un po’ sconcertato, dice che deve andare fuori per prendere un po’ d’aria e va via. Dopo un po’ di tempo torna a casa di Gaby, nel momento in cui abbiamo deciso di andarci a fare un giretto e di mangiare il Döner kebab. L’ha deciso Inge, ma certe volte fa bene anche a noi staccarci un po’ dal 233 Perché non glie piace molto ma è un (parola illeggibile) puzzolente Lui, un po’ carente, infatti Inge svolge il compito di traduttrice. / / / / / / Pensa che il tedesco è la maledetta lingua che non riesce a masticare come si deve e che non serve per comunicare la cosa giusta nel momento appropriato. Prova disagio, perché (secondo me) il tedesco che parla lui ‘non riesce’ a capirlo nessuno. Non conosce la lingua. Perché è un babbano (?) ghey e frocio / / / / / / Perché lui ha un problema linguistico che frena la sua risposta “No, almeno quattro” perché è sovrapposto istantaneamente dal “Ja” corale della famiglia. Per un problema linguistico. Non dovrei protestare, ma accontentarmi. (perché) stando senza famiglia (lontana) potrebbero non accettare la mia presenza. Penso che sia una buona idea iniziare pensando bene di loro e che nonostante non sto a casa mia li tratterei come ospiti. Perché? Gli altri meritano possibilità soprattutto se sono persone fatte bene. / / / / / / Credo che: nelle opinioni dovrei comunque accettarle, lo stesso nelle religioni perché venga rispettata la mia. Riguardo alle abitudi mi dovrei adeguare io e non viceversa e riguardo alla loro lingua la dovrei imparare. (Perché?) E’ comunque giusto rispettare gli altri, in tutto e per tutto. Puzzerei di cicoria nera. Bò puzza / No, non mi (?) perché (?) (?) qualcos’altro!! / / / / / / / La grafia dell’alunno è in generale molto irregolare e difficile da leggere, alcune parole sono invece del tutto incomprensibili. Vera 13 1 Enrico Franco Emilia Rocco Lorenzo Giada Mirco Sara 5 6 7 8 9 10 11 12 Clelia 4 1 cibo salutare, l’italiano sembra molto felice… dopotutto non è così male! Genitori. E’ un ragazzo molto socievole ma poco chiaro cioè non riesce a spiegarsi, inoltre è uno zuccherino perché a tutte le complicazioni trova i rimedi più complicati. 234 Gjorge Barbara Serena Laura Viola 17 18 19 20 21 Ludovico Enzo Cecilia Antonia 15 16 22 23 Simona 14 / Lui pensa che la lingua tedesca sia difficile, e il suo tedesco assomiglia ad uno scolapasta dai buchi smisurati. / / / / Il protagonista prova rabbia verso il tedesco perché non riesce ancora a comunicare in questa lingua. / / Dice che il suo tedesco assomiglia ad uno scolapasta coi buchi smisurati. / / / / / / Il protagonista non riesce ad esprimere ciò che vuole perché le sue poche parole vengono sopraffatte dagli altri. / Il ragazzo, non vuole solo qualche patata ma ne vuole almeno quattro. Perché non lo sa neanche lui oppure non vuole offendere Inge e i suoi genitori. / / Dovrei seguire tutte le loro abitudini, quello che mangiano. Perché altrimenti non starei simpatica a nessuno e starei da sola. / Io, secondo me, dovrei essere me stessa, perché non posso cambiare solo perché non piaccio a qualcuno. / / / / Dovrei cercare di adattarmi. Per vivere meglio questa esperienza. / / / / / / / / / / 235 2 1 Emma Roberto ALUNNO Si aspetta un’accoglienza con: majorette, ragazze bionde ecc… Paolo si aspetta di essere accolto da delle Majorette in gonna con gli occhi con le stelle 1. QUALE ACCOGLIENZA SI ASPETTA NEGLI STATI UNITI PAOLO? COME IMMAGINA DI ESSERE RICEVUTO ALL’AEROPORTO? Al controllo dei documenti trovano una signora americana che chiamano “Bisonte” Come accoglienza non ci sono delle Majorette ma solo una grassona che gli chiede i documenti e da lì iniziano dei malintesi. 2. QUAL È INVECE L’ACCOGLIENZA CHE RICEVONO I DUE GIOVANI? CHI TROVANO AL CONTROLLO DOCUMENTI? La signora rigira il passaporto di Giovanni tra le mani perché vuole capire se lui era 3. P. 149 (PRIME QUATTRO RIGHE): SECONDO TE PERCHÉ LA SIGNORA DELLA DOGANA RIGIRA IL PASSAPORTO DI GIOVANNI TRA LE MANI? PENSA DAVVERO, COME RITIENE GIOVANNI, CHE LUI PARLI BENE L’INGLESE? Perché forse non si fidava di quello che diceva Giovanni e credeva che lui fosse Americano e parlasse bene l’Inglese Perché pensava che dentro le loro valige c’era una bomba Perché la donna fraintende credendo che fossero bombe che sarebbero servite per scopi loschi o roba del genere. Li porta in quella stanza per interrogarli. 4. SECONDO TE, PER QUALE MOTIVO QUANDO GIOVANNI DICE “NAPOLI’S BOMBS” (P. 150) LA DONNA PORTA I DUE ITALIANI IN UNA STANZA PER CONTROLLARE LE VALIGIE? S2. ALLEGATO N. 39. UA4 QUESTIONARIO DI COMPRENSIONE, 08/06/2012 Perché su una valigia c’era 30 pacchetti di sigarette e nell’altra i loro vestiti Perché non poteva dirle che sarebbe rimasto li per molto altrimenti non avrebbe potuto restare in America perché gli serviva un permesso. 5. QUANDO LA DONNA CHIEDE ALL’ITALIANO PER QUALE MOTIVO ABBIA DUE VALIGIE, PERCHÉ LUI NON SA COSA RISPONDERE? Pensa che sono due persone strane all’inizio. Inizia quando gli deve vedere i documenti e allora loro glieli danno e lei se li gira tra le mani. Quando nella valigia poi trovara la Napoli Bols lei si spaventa e li manda in quella stanza insieme al tricheco. Poi si scopre che invece di bombe sono mozza relle. La donna americana pensa che dato che i due ragazzi non parlavano bene l’inglese, pensa che la 6. IL RACCONTO È NARRATO DALLA PROSPETTIVA DI UN RAGAZZO ITALIANO. SECONDO TE, CHE COSA PENSA LA DONNA AMERICANA DEI DUE ITALIANI? RISCRIVI LA STORIA DAL SUO PUNTO DI VISTA. 236 4 3 Clelia Giovanna Con le magiorette bionde e con vestite di bianco rosso e blu con le stelle sugli occhi Paolo si aspetta che all’aeroporto ci siano tutte Majorette vestite di bianco, rosso e blu con delle stelline negli occhi che accolgono gli Stranieri invece trova la sala senza ragazzine bionde ma una signora grassa che soprannominano bisonte Non ricevono una grande accoglienza, solo alcune sorridenti ragazzine bionde ed atletiche. Al controllo dei documenti c’è una signora bisonte che parla in Americano e non capisce l’Italiano Secondo me sì Secondo me rigira il passaporto di Giovanni perché non conosce la lingua e forse non si fida di lui perché non ritiene che parli bene l’inglese. americano. No, lei pensava che la stavano prendendo in giro Perché a Napoli c’è la mafia e pensa che siano in partenza per New York per vendere le sigarette a nero Secondo me perché a Napoli vengono chiamate così, ma la donna pensava fossero due bombe o qualcosa di pericoloso Perché non ha capito che domanda gli ha fatto oppure perché secondo lui non aveva senso la domanda, loro erano due e a suo tempo anche le valigie erano due / stavano prendendo in giro, quindi gli vuole controllare le valige per sicurezza e loro si inventano tutto per non far scoprire il contenuto di esse Mentre stavo lavorando arrivano due ragazzi, prendo i loro passaporti. Gli chiedo alcune cose e mi rispondono in tutt’altro modo: né io né quei due ragazzi, presuppongo italiani, ci capiamo niente. Sono proprio ignoranti gli italiani, dei nullafacenti, neanche sprecano un po’ di tempo per imparare l’Americano. Comunque mi dicono che dentro le loro valigie ci sono delle bombe napoletane, li porto dal direttore… non ci capisco più niente con quei due! Due ragazzi vogliono entrare negli U.S.A. Per vendere tabacco e sigarette e per non dirlo facciano finta di non sapere la lingua e rispondono con parole “astratte” 237 Franco Emilia Rocco Lorenzo 5 6 7 8 Di essere come accolto / / Si aspetta di essere accolto da delle hostess in minigonna. Essere accolta da ciccio bomba e che non caspisce una parola di inglese e spagnolo / / Non c’è nessuno, solo una donna che controlla loro i documenti. Perché sta vicino ad un semaforo linguistico e non ci si ferma / / Si, pensa che lo parli bene. Perché pensa che sia una bomba:) / / Perché lei pensa che siano delle bombe venute da Napoli. Perché è li per cercare un lavoro, e in america si può lavorare dopo averlo trovato prima. / / Perché non poteva dire a loro che era venuto in America per cercare lavoro. / / Sono venuti all’aeroporto 2 ragazzini italiani e uno parlava in modo strano, ho diffidato e ho analizato la valigia, c’erano due sagome tonde, e quando ho chiesto cosa fossero mi hanno risposto che erano delle bombe e perciò li ho portati dal direttore dell’aereoporto. Ieri, alla dogana, ho visto 2 italiani (da quello che sono riuscita a capire) ed uno all’inizio pensavo prendesse lezioni d’inglese, invece mi sbagliavo. Mentre sono venuti a fare il control avevano due grossi borsoni. La cosa mi è parsa subito strana: se devono venire per turismo, perché dovrebbero portare tutta questa roba? Dopo averglielo chiesto, sono stati muti per un po’, e poi mi hanno risposto: “Sono x i poveri!” Bah, che strani, anche 238 Mirco Sara 11 Giada 10 9 Aspetta di essere ricevuto da belle ragazze bionde (majorette) Che delle ragazze pon pon lo accolgono Pensa di trovare belle ragazze bionde vestite come le bandiere americane. Trovano una signora che nominano “bisonte” molto severa che parla in Americano veloce Vengono ispezionati ISPEZZIONATI Una signora grassa che loro denominano bisonte Rigira il passaporto di Giovanni per trovare qualche indicazione sulle lingue parlate perché pensa che la stia portando in giro no Si pensa che parli bene l’inglese che Perché sono bombe di Napoli dato che sono molto buone e il bisonte crede siano veramente bombe perché crede siano terroristi Perché pensa che all’interno delle valige di Giovanni ci siano delle bombe, mentre Giovanni si riferiva alle mozzarelle di bufala napoletane. perché lui non poteva rispondere che era in cerca di lavoro dato che in USA c’era da venire con il lavoro perché dentro aveva i vestiti Perché non poteva dirle che doveva rimanerci molto in America per trovare lavoro perché altrimenti avrebbe avuto bisogno di un altro permesso. con quella strana parola: Napoli’s bombs che voleva dire mozzarella di bufala Sono arrivati degli italiani che non capiscono niente di inglese e sto cercando di parlare con loro. Scopro delle cose rotonde dentro le loro valigie e chiedo loro cos’è e loro mi rispondono che sono bombe. Così li porto nella stanza dei controlli e ci dicono che sono mozzarelle. Penso che questi italiani siano un po’ troppo scherzosi Due ragazzi vengono e io li ho percuisiti perché i ragazzi mi parevano molto sospetti ma poi non erano sospetti. Il bisonte e il tricheco pensano dei 2 italiani che fanno finta di non capire l’inglese, che li stanno portando in giro e e sospettano che portano con loro oggetti vietati come sigarette o bombe (Napoli’s bombs) ed è 239 Simona Cecilia Antonia 15 16 Vera 13 14 Enrico 12 si immagina un gruppo di majorette che indossano una minigonna ciascuna. Paolo si aspetta di trovare autostrade ad otto corsie. Molto bene perché è il sogno della sua vita Si aspetta di vedere belle ragazze che lo accolgono in aereoporto Paolo si aspetta di essere accolto con controllori donne bionde che lo accoievano molto bene che due una che Al controlo incontrano una donna talmente grassa da essere definita bisonte Vengono accolti da delle hostess. Trovano una mjorette che li tratta molto male nominati: Tricheco/Bisonte che insistono nell’apertura valigie L’accoglienza trovano i giovani sono panzona scoreggia Perché il fatto che Giovanni abbia 2 valigie la insospettiscono Perché pensava che la prendessi in giro. No, giovanni per me non sa parlare bene l’inglese. perché crede che Giovanni la stia prendendo in giro e che in verità lui sta prendendo lezioni d’inglese da 20 anni dal principe Carlo No, voleva escogitare da dove provenivano i due, dopo le varie domande fatte La signora pensa che non parlano proprio bene inglese Perché la donna pensa che nelle valigie c’è una bomba napoletana. Perché pensa che all’interno delle valige di giovanni ci sia una bomba. perché a Napoli ci sono tanti truffatori e venditori illegali Per vedere se hanno qualche bomba in valigia, la signora controlla (Non si legge) e la donna li porta nella stanza del controllo perché pensa bombe Perché aveva visto che nel suo zaino uscivano le 3 stecche di sigarette che non poteva portare con sé. Perché se dicieva che stava cercando lavoro veniva subito rispedito in Italia. perché non le può dire che è in cerca di lavoro Non poteva dire che ci stava per un anno Perché è naturale che uno porta due valige (due valige due persone) VA VE? Secondo me la donna pensa che la stiano prendendo in giro perché su qualunque cosa lei dica i due ragazzi commentano per questo che li controllano La donna Americana pensa che i due italiani possano probabilmente essere due contrabbandieri di sigarette oppure perché avendo capito male la signora sospetta anche del contrabbando di bombe Che sono non tanto tranquilli, un po’ strani e questi per questo decide di controllare le valigie, per vedere qualcosa di strano La Donna americana pensa che i due italiani non sappiano l’inglese e che non abbiano i soldi per comprarsi da mangiare e se lo portano da casa / 240 Laura Viola 21 Serena 19 20 Gjorge Barbara 17 18 Paolo si aspetta Pensa di trovanci le ragazze bionde con la divisa. Si aspettava una buona accoglienza e soprattutto non credeva di venire accolto con delle magiorette / Paolo pensava che all’aereoporto ci fossero tutte Majorette Invece vengono Al controllo i due giovani incontrano una signora grassa che denominano bisonte L’accoglienza è stata un po’ diversa da quella che si aspettavano. Al controllo dei documenti trovano la “donna bisonte”. / tutte donne grasse e mal vestite Perché pensa che la Pensa che lui parla bene l’inglese. Voleva vedere se Paolo la stava prendendo in giro, così controllava nel passaporto se aveva già studiato l’inglese. / No, pensa che lui fosse un mafioso le le Perché pensa che Perché la signora credeva che nella valigia c’era la bomba anche se Giovanni si riferiva alle mozzarelle. Perché la donna pensava che avessero una bomba nella valigia. / Perche lo zio mozzarelle chiamava bombe Perché Giovanni non poteva dire che rimaneva molto in America per lavorare perché altrimenti l’avrebbero rimandato da dove era venuto Perché non riesce a Perché non può dirgli che è andato in America per cercare un lavoro. / Perché ci doveva rimanere più tempo e quindi doveva avere un altro permesso Oggi a lavoro ho in italiano / Italiani… non capiscono niente! Sanno cosa possono o non possono portare, e che fanno? Non rispettano il regolamento! Ci hanno fatto sprecare del tempo per vedere cos’erano 2 cose circolari dicendo Napoli’s bombs; invece bastavano che divevano che erano mozzarelle Secondo la donna i due italiani sono dei poco di buono e che sono andati in America per compiere cattive azioni, così ella le faceva diverse domande per vedere se effettivamente essi fossero quelle personacce che pensava lei. / 241 Ludovico Enzo 22 23 SI ASPETTA ESSERE RICEVUTO MAJORETTE Un accoglienza luci rosse DI a autostrade a otto corsie, pick up, birra e bionde. Si aspetta di essere ricevuto benevolmente all’aereoporto li arrestano perché credono che siano terroristi TROVANO UNA PERSONA CHE AL POSTO DEL REGGISENO GLI SERVIVA UN PARACADUTE. accolti da una “hostess bisonte”. VOLEVA VEDERE SE PAOLO LA STAVA PRENDENDO IN GIRO no prenda in giro. No. siano PERCHE’ PENSAVA CHE CI AVEVANO LE BOMBE. Crede che esplosivi all’interno della valigia c’erano delle bombe non sa una PERCHE’ NON PUO DIRGLI CHE E’ ANDATO IN AMERICA PER LAVORARE. perché l’inglese trovare spiegazione possibile LA DONNA AMERICANA SECONDO ME PENSAVA CHE ERANO TERRORISTI dovuto portare due italiani nella stanza per controllare le valigie. Non sarebbe successo se avrebbero saputo l’inglese, ho cercato pure di parlare in spagnolo ma non capivano nemmeno questa lingua. che è drogato 242 Roberto Emma Giovanna 1 2 3 ALUNNO FACILE INTERESSANTE/STIMOLANTE UTILE POSSIBILE NECESSARIO FATICOSO DIFFICILE DA EVITARE ALTRO (AGGIUNGI UNO O PIÙ AGGETTIVI)……………………… ………………………………...... SPIEGA LA TUA RISPOSTA. / Interessante/stimolante Utile Altro: divertente Secondo me, è stato utile, interessante e divertente perché mi sono divertita nelle ore in cui c’era lezione, ed è stato molto interessante sapere tutte queste nuove cose. Interessante/stimolante Utile Possibile Perché secondo me è bello □ □ □ □ □ □ □ □ □ 1. DOPO LE LETTURE E LE ALTRE ATTIVITÀ CHE ABBIAMO SVOLTO INSIEME, PENSI CHE COMUNICARE E VIVERE (PER PERIODI PIÙ O MENO LUNGHI) CON O “TRA” DUE O PIÙ LINGUE E CULTURE SIA (PUOI BARRARE PIÙ RISPOSTE). S2. ALLEGATO N. 40. QUESTIONARIO FINALE A me tutti mi sono sembrati molto interessanti ma quello che più mi ha colpito è stato “Salsicce” / La vicenda che mi ha fatto capire di più su questo tema è il racconto “Doner kebab” 2. QUALI PERSONAGGI/VICENDE/ DIALOGHI DEI RACCONTI TI HANNO FATTO RIFLETTERE O CAPIRE DI PIÙ SU QUESTO TEMA? Sì mi piacerebbe davvero molto. Mi piacerebbe molto andare in Spagna anche se studio / Ancora non lo so PERCHÉ? SE SÌ, DOVE? 3. TI PIACEREBBE, IN FUTURO, TRASCORRERE UN PERIODO PIÙ O MENO LUNGO DI VACANZA/STUDIO IN UN PAESE STRANIERO? Ho capito che può avere molti significati, e che ogni paese ha la propria cultura e che non è una cosa negativa, anzi è una cosa positiva, e / Che la cultura è molto interessante se si capisce a fondo e poi sapere le culture di altri popoli mi ha fatto riflettere molto. 4. ATTRAVERSO LE LETTURE FATTE E LE ATTIVITÀ SVOLTE, COS’HAI CAPITO DEL CONCETTO DI “CULTURA”? 243 Mirco Sara 10 11 Lorenzo 8 Giada Franco Emilia Rocco 5 6 7 9 Clelia 4 Interessante/stimolante Utile Possibile Interessante perché è molto istruttivo comunicare con una persona di un altro paese sulla sua cultura. Utile per lo stesso motivo, mentre possibile perché non è impossibile comunicare con uno/a straniero/a. Interessante/stimolante Perché è molto interessante comunicare con altri che non hanno la nostra stessa cultura. Interessante/stimolante E’ interessante perché si imparano molte cose dall’altra lingua/cultura comunicare con gli altri perché arricchisce anche la mia cultura, anche perché mi è molto piaciuto fare questo lavoro. Interessante/stimolante Utile Possibile Altro: divertente Perché è sempre un’esperienza da non perdere / / Facile Interessante/stimolante Utile Perché così puoi conoscere altre culture Interessante/stimolante Utile Primo xché impari nuove lingue, secondo Il tema “Salcicce” Kebab, Döner buono / / / Quello che me lo ha fatto capire di più è il racconto sulla bambina Mussulmana che và in Italia Salsicce, perché parla della difficoltà di religione x una ragazza musulmana Il tema della bambina e i suoi primi giorni di scuola Sì, perché mi imparerebbero nuove cose. I vorrei andare in Olanda. Sì Africa perché l’Africa è bella. Certo, x imparare nuove cultureù A Sharm el Sheik Perché gli abitanti che ci abitano sono molto simpatici, e poi c’è il mare spettacolare Mi piacerebbe trascorrere un periodo abbastanza lungo in America per studiare la lingua e le abitudini. / / Sì, certo! In Africa. Per fare folontariato e aiutare i bambini meno fortunati. francese. Mi piace molto la Spagna e penso abbia una cultura molto diversa dalla nostra in Italia. Si ma non ne ho la possibilità (studio) per la vacanza ci hanno già pensato i miei genitori di andare in Grecia per le vacanze del 2012 La cultura è una specie di tradizione del popolo. Ogni popolo ha la sua cultura originaria. Cultura e lingua tradizioni e altre cose diverse Persone con un altro modo di vivere, parlare, esprimersi. Ke ognuno ha la sua cultura / / Ho capito che la cultura è il modo di vivere, la storia e l’arte di un popolo. Che ognuno ha la sua e non deve cambiarla per essere accettato dagli altri. che ognuno deve rispettare la cultura degli altri. 244 Serena Laura Viola 20 21 Gjorge 17 19 Antonia 16 Barbara Vera Simona Cecilia 13 14 15 18 Enrico 12 Facile. Interessante/stimolante. Utile. Possibile. Per viaggiare in altri paesi è utile sapere la lingua, le loro culture. Interessante/stimolante. Utile. Possibile. Penso che sia utile e interessante Interessante/stimolante Perché conoscere altre culture è interessante. Interessante/stimolante Utile Possibile. Non so spiegare la motivazione / / Facile. Altro: divertente. Perché mi sono divertita facilmente. Interessante/stimolante Utile Necessario Perché se incontri uno straniero è bene avere una lingua in comune. Facile. Utile. Necessario. Mi è stato utile a imparare piu cose nelle letture. E’ stato necessario per imparare più cose nel mondo. Facile. Interessante/stimolante. Utile Necessario. Perché per viaggiare in altri paesi serve parlare più lingue. salcicce La penultima “Doner kebab” vicenda Quella della ragazza Albanese che era andata in Italia. Il racconto di salsicce. Quello di Napoli’s bombs. Doner kebab che mi ha fatto pensare da mangiare. La lettura che mi ha fatto riflettere di più è stata ‘Salsicce’ di Igiaba Scego. / / Il tema delle quando vomita. Il tema della ragazza mussulmana e anche del doner kebab Si, moltissimo. Londra oppure Sidney. Perché è una città molto bella, piena di attrazioni, monumenti e musei. Si, mi piacerebbe. Mi piacerebbe vivere in Francia. Perché è un paese che mi ha sempre incuriosito molto. Si, mi piacerebbe molto. In Turchia. Perché è la mia città e vorrei stare con la mia famiglia e i miei parenti. Sì. In Madagascar. Perché fin da piccola ho Si, mi piacerebbe tanto ad andare ad New York per visitarlo e rimanerci un po’. No, mi piace l’Italia. / / No. Non mi piacerebbe… Perché non mi piacerebbe. Perché dicono che è posto bellissimo pieno di tulipani. Vacanza sì. In Russia. e che te frega. Ma anche perché c’è zio Boris. Che ognuno ha la sua cultura ovvero il suo modo di interpretare il mondo e il suo modo di vivere. Io ho capito che la cultura di altri paesi che sono alcune uguali. Ho capito che le colture sono molto diverse ed ogni paese ha una propria cultura. / Non essere cattivi con tutti ma dare un agliuto. Dare da mangiare a chi non a ninte. / / Perché ognuno ha il suo modo di fare la (??? La grafia è difficile da leggere) Che ha moltissimi significati da attribuirgli. Proprio un bel niente. 245 Ludovico Enzo 22 23 Faticoso. Difficile. Da evitare. Perché io sono “razzista” e sia prima, che dopo queste letture non cambio idea. Interessante/stimolante Difficile E’ interessante però alcune lingue sono difficili perché è un approfondimento sulla cultura e penso quindi che sia possibile. Il racconto del Kebab Mi dispiace, nessuno. Si sarebbe piacevole A Dubai Mi piace visitarla e perché è molto bella anche sognato di andare in Madagascar, che tra l’altro è la terra meno influenzata dall’uomo e quindi ricca di creature esotiche. Si. In Russia, il paese dove c’è un ramo della mia famiglia. (il perché) Sta nella risposta 3 Molte cose ;D Non l’ho capito. 246 1 2 3 Roberto Emma Giovanna ALUNNO / / No PERCHÉ? SE SÌ, VORRESTI O NO CHE “EMERGESSERO” COME ACCADE NEL RACCONTO DI BESA MONE? 5. QUANDO ABBIAMO LETTO IL RACCONTO DI BESA MONE “I MIEI PRIMI GIORNI DI SCUOLA”, ABBIAMO PARLATO DELLE LINGUE “NASCOSTE”. TRA LE TUE LINGUE (DIALETTI; LINGUE CHE CAPISCI, MA CHE NO SAI PARLARE; LINGUE CHE SAI PARLARE, ANCHE POCO; LINGUE CHE SAI SOLO LEGGERE O CHE SAI ANCHE SCRIVERE) CE NE SONO DI NASCOSTE? / / / 6. SE HAI RISPOSTO SÌ ALLA DOMANDA 5: IN CHE MODO VORRESTI CHE LE LINGUE NASCOSTE EMERGESSERO? / / Non so se sono proprio delle lingue nascoste, ma per esempio ci sono 7. QUALI SONO (SE CI SONO) LE LINGUE NASCOSTE DEI MEMBRI DELLA TUA CLASSE? SONO PIÙ INTERESSANTI/….………… ……………………………..(PU OI INSERIRE ALTRI AGGETTIVI) SONO MENO INTERESSANTI/……………… ………………………..(PUOI INSERIRE ALTRI AGGETTIVI) SONO UGUALMENTE INTERESSANTI ALTRO………………….PERC HÉ? / / Sono più interessanti. Perché ci sono molte parole, tutte le parole che non conosciamo, ed □ □ □ □ 8.IN CHE RAPPORTO SONO, SECONDO TE, LE LINGUE NASCOSTE (TUE O DEI TUOI COMPAGNI) CON L’ITALIANO? / / / 9. RIPENSA AI TESTI LETTI E SCRIVI SE, SECONDO TE, LE CULTURE SI POSSONO ESPRIMERE IN UNA SOLA LINGUA O IN PIÙ LINGUE. SPIEGA POI LA TUA RISPOSTA. 247 Mirco Sara Enrico 10 11 12 Lorenzo 8 Giada Franco Emilia Rocco 5 6 7 9 Clelia 4 / / No. Sì. Per conoscere una cultura diversa dalla mia. Sì Sì Almeno ho + possibilità di lavoro Sì. Sì. Perché sarebbe molto interessante scoprirne la cultura e i modi di vivere. Sì. No. Perché no. Sì. Sì. Perché come ogni popolo ogni lingua ha una cultura. No. Sì. (perché) puzza. Sì. Sì. Perché così gli altri riescono a capirmi e io a loro (esigenze) Vorrei che emergessero poco poco …(parola Spiegandone la storia e l’origine. Non ha risposto. / Attraverso un viaggio che dura x tutta la vita / / Non lo so. Attraverso dei racconti oppure come è successo a Besa Mone attraverso una persona. Macedone, Le lingue sono il turco, il moldavo, macedone. Il macedone, spagnolo, portoghese. Turco, Brasiliano. Ci sono Turco, macedone, albanese, spagnolo e Portoghese. Albanese, arabo, portoghese, rumeno / / Le lingue nascoste sono il Turco, il Moldavo e il Macedone. dei ragazzini che parlano il portoghese, lo spagnolo, l’Albanese, l’Uldo e il Turco. Macedone, Turco, Moldavo, Spagnolo, Urdu. Sono più interessanti. Perché Mirco me l’ha detto. Altro: non vengono usate quasi per niente, Sono ugualmente interessanti. Perché si. Sono più interessanti. (perché) scopro nuove culture Sono ugualmente interessanti. / / Sono ugualmente interessanti. Sono più interessanti. Perché hanno sempre qualcosa che dopo tanti racconti rimane nascosto e solo leggendo altri testi riescono ad emergere. è bello imparare e confrontare i diversi aspetti delle lingue. Sì si possono riunire in più lingue per capire meglio le In più lingue perché una cultura può essere tradotta. Si può esprimere in più lingue. Si possono esprimere in più lingue. Si, perché si può comunicare anche con i gesti. Secondo me sì, la lingua del mimato che con i gesti o i disegni ci si riesce a capire in tutto il mondo. / / Si può esprimere in più lingue. 248 Laura Viola 21 Barbara 18 20 Gjorge 17 Serena Antonia 16 19 Vera Simona Cecilia 13 14 15 Sì. Altro: non lo so. Non so come rispondere. Sì. Altro: Alcune sì alcune no. Perché in dialetto ci potrei dialogare solo a casa No. Sì. Sì. Perché il mio dialetto del “sud” è molto difficile e anche divertente. No. / / No. No. Ognuno è degno di emigrare dove vuole. No. No. A scuola di approfondire un argomento sulle lingue. / / Attraverso un viaggio d’istruzione. / / illeggibile) / / / e Lo spagnolo il portoghese, il Macedone, l’arabo e poi non ricordo ma penso che siano solo queste. Albanese, Moldavo, Urdu, Italiano. Ci sono diverse persone che conoscono altre lingue come ad esempio il: turco, curdo, portoghese, macedone. Albanese, Macedone, Turco, Urdu. Macedone, Spagnolo, Arabo, Kurdo. Sono l’albanese l’arabo. / / Macedone e tedesco Sono ugualmente interessanti. Perché sono comunque interessanti. Sono più interessanti. Perché sono diverse dalla nostra lingua. Sono più interessanti/curiose. Perché sarebbe bello e interessante conoscere le altre lingue. Sono ugualmente interessanti. Perché comunque sono tutte lingue, ciascuna con le sue diversità sia nel parlato che nello scritto. Sono più interessanti/divertenti da imparare. Puoi fargli imparare delle parole e dopo non saperle pronunciare bene che a me mi fa ridere. Sono ugualmente interessanti. / / Sono ugualmente interessanti Forse non sono abituata a sentirle. / Secondo me una cultura si può esprimere in più lingue perché ognuno può esprimere una cultura con la propria lingua. No. / / / culture del mondo. / / / 249 Ludovico Enzo 22 23 Sì. No. o con amici stretti. Sì. No. Il Russo in Italia? Ah, solo per chi ci è nato lo capirebbe. Non ha risposto. No. Napoletano, turco, spagnolo, macedone. Non lo so. Sono ugualmente interessanti. Ala fine sono tutte interessanti. Altro (parola illeggibile: ….) sono molto non ben disposti, sono uniti. Non si possono unire tutte le lingue per formarne una, è irrilevante e inconcludente, ad esempio da quelle interne. Si possono esprimere anche in tante lingue se leggi. 250 1 Roberto ALUNNO BRUTTI NOIOSI MI HANNO LASCIATO INDIFFERENTE INTERESSANTI BELLI ALTRO / SPIEGA PERCHÉ. □ □ □ □ □ □ 10. COME TI SONO SEMBRATI I RACCONTI CHE ABBIAMO LETTO INSIEME? NON MI HANNO DETTO NIENTE DI NUOVO MI HANNO FATTO CAPIRE MEGLIO LA REALTÀ DI PERSONE CHE CONOSCO MI HANNO FATTO CAPIRE MEGLIO LA REALTÀ DI PERSONE A CUI SONO LEGATO (AMICI, PARENTI, ETC.) MI HANNO FATTO RIFLETTERE SU ME STESSO/A ALTRO / SPIEGA LA TUA RISPOSTA □ □ □ □ □ 11. LE LETTURE FATTE: / 12. TI SEI IDENTIFICATO/A IN QUALCHE PERSONAGGIO O SITUAZIONE DEI RACCONTI LETTI INSIEME? SE SÌ, QUALE/I? PERCHÉ? / 13. TI PIACEREBBE LEGGERE ALTRI TESTI CHE TRATTANO IL TEMA DEGLI INCONTRISCONTRI TRA PERSONE CON LINGUE DIVERSE? 14. SE SÌ, DI QUALI LINGUE TI PIACEREBBE LEGGERE? PERCHÉ? SE SÌ, QUALE O QUALI IN PARTICOLARE? 15. LE LETTURE FATTE TI SONO SEMBRATE DIFFICILI? 251 Clelia Franco 5 Giovanna 3 4 Emma 2 / Interessanti. Belli. Perché sono riusciti ad attirare la mia attenzione. Interessanti. Belli. Perché ho scoperto molte cose sulle diverse culture e che bisogna accettarle tutte. / / Mi hanno fatto pensare ai miei amici stranieri che sono venuti qua in Italia lasciando la loro terra. Mi hanno fatto riflettere su me stesso/a. Perché alcune volte, di fronte a culture diverse dalle nostre, resto indifferente, ora ho imparato a soffermarmi di più davanti alle culture, mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco. Perché sono riuscita a capire le difficoltà delle persone quando cambiano il Paese, lingua… mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone a cui sono legato (amici, parenti etc.) / Il ragazzo di Inge. Perché rivede un po’ la mia realtà. No. No. / Sì. Si mi piacierebbe. Si. / Afgane, altre. cinesi ed Mi piacerebbe leggere racconti del francese. Dell’albanese. / No ma divertenti e piacevoli. All’inizio sì, perché non sono riuscita subito a capire il significato. Specialmente la prima “Salsicce” Perché aveva un linguaggio un po’ difficile. Un po’. Salsicce, Napoli’s bombs. C’erano concetti difficili da capire. 252 Giada Mirco Sara Enrico 10 11 12 Lorenzo 8 9 Emilia Rocco 6 7 Mi hanno lasciato Altro Alcuni noiosi altri più interessanti Alcune cose le conoscevo già altre (come l’ultimo brano) più interessanti Interessanti. Belli. Perché spiegano la cultura degli altri paesi e l’ambientazione in Italia. Interessanti. Perché abbiamo lavorato insieme. Interessanti. Belli. Perché ho capito termini nuovi, e nuove culture. / Interessanti. Belli. Perché mi hanno fatto scoprire cose che non sapevo. mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco Mi hanno fatto capire la realtà da un altro punto di vista, mi hanno fatto mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone a cui sono legato (amici, parenti etc.) Non so cosa dire. mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco / mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone a cui sono legato (amici, parenti etc.) Perché non conoscevo la cultura del mio amico Victor, ma questo progetto mi ha incuriosito e ho interrogato Victor. No in niente No. No. No. Il ragazzo di “italian’s bomber” / No. si Si, abbastanza. Sì Si. Si / Sì, molto, più ne so meglio è. Arabo e Giapponese. Tedesco, russo Americano. Africano, Cinese, e Tedesco, russo. Inglese, francese / Sì, il Molto, mi hanno fatto No. No No. No / No, per niente. Ho detto nessunoo!! Ho detto nessunoooo!!!!!!!!!! 253 Gjorge Barbara Serena 18 19 Antonia 16 17 Vera Simona Cecilia 13 14 15 Interessanti Perché è interessante conoscere le vite di Interessanti. Belli. Perché è stato interessante e bello scoprire com’è stato per una straniera il primo giorno di scuola, per una musulmana voler assaggiare salsicce e per un italiano pigro fare tutto quel movimento dopo aver mangiato poco. Belli. Perché l’ultimo che abbiamo letto mi ha fatto pensare a mangiare il kebab. Interessanti / / Mi hanno lasciato indifferente. Non li ho capiti tanto bene. indifferente. Non so. Mi hanno fatto riflettere su me stesso/a, mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone Mi hanno fatto riflettere su me stesso/a, capire meglio la realtà di persone a cui sono legato (amici, parenti etc.) Che pallee / / mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco perché mi hanno fatto capire meglio la realtà su persone che conosco mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco Mi hanno fatto capire che molti stranieri pur venendo in Italia hanno nostalgia del loro paese. No. No. Sì il kebab e il Doner. No, non mi sono identificata in nessun racconto. / / / erano Si, mi piacerebbe. Forse sì. Sì perché divertenti. No. / / No non piacerebbe mi Mi piacerebbe sapere la lingua francese. Portoghese. Arabo e kurdo. / / / No, No, sono state abbastanza semplici. No. No. Mi sono sembrate molto facili, significative e interessanti. Mi è sembrato difficile il racconto del “Doner kebab” Perché non mi interessava molto e non l’ho capita bene. / / No… No, non sono state difficili. Le parole usate sono state abbastanza comprendibili. impazzire. (Perché?) Mmmmmm power!!! 254 Ludovico 22 Enzo Viola 21 23 Laura 20 le Mi hanno lasciato indifferente. Come ho risposto alla domanda 1 io sono razzista e sia prima, che dopo i testi letti non cambio idea. Interessanti Sono stati molt interessanti Interessanti. Perché ho imparato cose nuove. Belli. Perché è stato bello conoscere altre culture. altre persone e proprie esperienze. mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone che conosco E non so come spiegare Non mi hanno detto niente di nuovo. Sempre le solite cose. che conosco Perché mi hanno fatto capire alcuni comportamenti e sensazione dei miei compagni stranieri. Mi hanno fatto riflettere su me stesso/a, mi hanno fatto capire meglio la realtà di persone a cui sono legato (amici, parenti etc.) No non credo No No. Sì, su un tema della ragazza albanese. Si No Sì. Sì, mi piacerebbe tantissimo. Tedesco/francese / Il francese. Quasi tutte. No si capivano bene No Abastanza. Alcune parti mi sono sembrate difficili. No.