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PROGRAMMA WI-PIE
LINEA STRATEGICA 6 “ACCADEMIA RICERCA E SCUOLA”
Dimostratore area vasta di Novara
D 02.01
Dimostratore area vasta di
Novara
Rapporto sulle
tecnologie emergenti
e modelli d’uso della
banda larga a
supporto della
didattica e della
ricerca
PROGRAMMA WI-PIE
LINEA STRATEGICA 6 “ACCADEMIA RICERCA E SCUOLA”
Dimostratore area vasta di Novara
D 02.01
RESPONSABILITÀ
Funzione
Nome
Data
Redatto da
Massimo Schiro, Alessandro Bernard,
Sergio Sagliocco, Mario Vercellotti,
Andrea Demagistris
09 novembre 2006
Controllato e Approvato da
Eleonora Pantò
10 novembre 2006
Emesso da
Eleonora Pantò
10 novembre 2006
STORIA DELLE VARIAZIONI
Versione
Data emissione
Parte modificata
Descrizione della variazione
02
09/11/2006
Capitolo 4
Inserimento ultimi contenuti, correzione
generale al documento
01
27/10/2006
Intero documento
Versione iniziale
SOMMARIO
1.
SCOPO E CAMPO DI APPLICAZIONE............................................................................................................. 4
2.
INTRODUZIONE ................................................................................................................................................... 5
3.
SCENARIO DELLA DISTRIBUZIONE E FRUIZIONE DI CONTENUTI AUDIOVISIVI DIGITALI....... 5
3.1
LA TV TRADIZIONALE E LA TV DIGITALE ......................................................................................................... 6
3.1.1
TV Digitale terrestre: evoluzione verso lo switch off.................................................................................. 7
3.1.2
La filiera di distribuzione e i nuovi attori ................................................................................................. 10
3.1.3
Il Digitale terrestre come modalità di distribuzione wireless di dati e servizi.......................................... 12
3.2
L’IPTV E IL VIDEO ON DEMAND .................................................................................................................... 14
3.2.1
Le filiere di distribuzione .......................................................................................................................... 15
3.2.2
I nuovi modelli .......................................................................................................................................... 17
3.2.3
La differenza tra i 10 principali sistemi di video pubblicazione e condivisione su internet ..................... 23
3.2.4
Best Practices: due Tv su IP piemontesi dal mondo della didattica......................................................... 30
3.3
IL VODCASTING E IL PODCASTING, COME UTILIZZARLI PER LA DIDATTICA....................................................... 33
3.3.1
Cos'è il Podcasting e come funziona ........................................................................................................ 33
3.3.2
Differenze tra Podcasting e Streaming ..................................................................................................... 34
3.3.3
Diffusione del podcasting e alcuni esempi................................................................................................ 35
3.3.4
Vodcasting e canale wi-pie/dschola.......................................................................................................... 35
2
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3.3.5
Vodcasting e altre sperimentazioni CSP................................................................................................... 36
3.4
COME CAMBIERANNO LE MODALITÀ DI FRUIZIONE: DAL PC AI SET-TOP-BOX EVOLUTI DA SALOTTO .............. 36
3.4.1
Le funzionalità innovative di un media center .......................................................................................... 36
3.4.2
Il media center in ambito scolastico ......................................................................................................... 37
3.4.3
Best practices: Omega Box, un media center opensource sperimentale .................................................. 38
3.5
I VIDEO FORMATI “OPEN” E QUELLI PROPRIETARI ............................................................................................ 41
3.6
IL DRM (DIGITAL RIGHT MANAGEMENT) INTEROPERABILE: UN MEZZO PER CONTROLLARE E TUTELARE LA
PROPRIETÀ INTELLETTUALE DEL CONTENUTO ED EVENTUALMENTE GESTIRE LE RETRIBUZIONI..................................... 49
3.6.1
Introduzione – Cos’è il DRM.................................................................................................................... 49
3.6.2
Soluzioni ................................................................................................................................................... 50
3.6.3
La tecnologia Trusted Computing ............................................................................................................ 55
3.6.4
I sistemi di Conditional Access per la televisione digitale (CAS DVB) .................................................... 57
3.6.5
Standard per l’interoperabilità................................................................................................................. 62
3.7
L’HDTV E I SUPPORTI OTTICI AD ALTA DEFINIZIONE ...................................................................................... 67
4.
I DIMOSTRATORI DELL’AREA VASTA DI NOVARA................................................................................ 70
4.1
4.2
4.3
5.
INTEROPERABILITÀ VIDEO NEI LCMS (LEARNING CONTENT MANAGEMENT SYSTEMS) ................................. 70
VIRTUAL CLASSROOM: STREAMING E VIDEOCONFERENZA NELLA SCUOLA ...................................................... 71
GIOCO E FORMAZIONE: L’EDUTAINMENT ........................................................................................................ 71
SITOGRAFIA ....................................................................................................................................................... 72
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DEFINIZIONI E ACRONIMI
Video component e
composito
Il Video a componenti (o Component) è un tipo di segnale video analogico dove
l'informazione è trasmessa o memorizzata come due o più segnali separati.
Il termine è frequentemente utilizzato in opposizione a video composito (tipicamente, PAL
o NTSC), dove tutte le informazioni video sono combinate in un unico segnale.
DVI
Digital Visual Interface o Digital Video Interface, un'interfaccia per trasmettere segnali
video in digitale
HDMI
HDMI è la sigla che identifica la High-Definition Multi-media Interface (in inglese,
interfaccia multimediale ad alta definizione), uno standard commerciale completamente
digitale per l'interfaccia dei segnali audio e video. Può essere implementata tra varie fonti di
segnale audio/video digitale (set-top box, lettori DVD, ecc.) e dispositivi di visualizzazione
audio/video compatibili (ad es. TV digitale).
PAL
Il PAL, abbreviazione di Phase-Alternating Line è un metodo di codifica del colore
utilizzato per la visualizzazione televisiva analogica, usato da gran parte del mondo. Fanno
eccezione il continente americano, alcune nazioni dell'est asiatico, parte del Medio Oriente,
dell'Europa orientale e la Francia.
NTSC
L'NTSC è un metodo di codifica delle informazioni televisive analogico utilizzato in Corea,
Giappone, Canada,USA e alcuni paesi americani (per l'elenco completo vedi sezione "Paesi
che usano il sistema NTSC"). Il suo nome è la sigla di National Television System(s)
Committee, l'ente di standardizzazione industriale che lo ha creato.
1. SCOPO E CAMPO DI APPLICAZIONE
Il presente documento si inserisce nelle attività del progetto Dimostratore “Organizzazione e
diffusione della conoscenza” applicato all’area vasta di Novara, sviluppato nell’ambito della Linea
strategica 6 Accademia, scuola e ricerca del Programma Wi-Pie della Regione Piemonte (www.wipie.org).
Obiettivo principale del progetto è la valorizzazione dell’infrastruttura di rete a banda larga
disponibile nella zona vasta della Provincia di Novara attraverso lo sviluppo di tre diverse
sperimentazioni finalizzate a valutare l'effettiva applicabilità e sostenibilità di modelli d'uso
“broadband” intensive sull'organizzazione e diffusione della conoscenza.
Il progetto è strutturato secondo Work Package (WP).
Il presente documento è il primo dei due deliverable del WP2 di analisi dello scenario, e si tratta di
un rapporto su tecnologie e modelli d’uso applicate a contenuti e sistemi utilizzati in condizioni di
connettività a larga banda e applicabili al mondo della didattica e della ricerca.
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2. INTRODUZIONE
Nella prima parte di questo documento verranno affrontate le tematiche relative ai contenuti
audiovisivi digitali sia attraverso l’evoluzione dei media e delle possibilità tecnologiche e sia da un
punto di vista dei nuovi modelli di fruizione e di business.
Nella seconda parte verranno introdotti concetti e informazioni utili alla realizzazione dei tre
dimostratori: sull’interoperabilità video all’interno degli LCMS, sugli strumenti di virtual classroom
e sul game learning; concetti che verranno ripresi e ampliati nei documenti di progetto del WP3, del
WP4 e del WP5 dedicati specificatamente ai dimostratori.
3. SCENARIO DELLA DISTRIBUZIONE E FRUIZIONE DI
CONTENUTI AUDIOVISIVI DIGITALI
In questo capitolo sono presi in considerazione i sistemi di distribuzione dell’audiovisivo digitale,
dalla modalità broadcast tradizionale via etere alla nuova frontiera del video su IP.
Per completare meglio il quadro vengono fornite nozioni utili in merito ai formati di video digitale
più diffusi e le modalità di utilizzo che meglio si prestano ai progetti dei dimostratori.
In tutti i paragrafi verrà tenuto in forte considerazione il mondo open source che diventa molto
importante sia per quanto riguarda la potenziale riduzione dei costi per le infrastrutture e per la
produzione di contenuti e sia per la gestione dei diritti intellettuali, con l’annoso problema del loro
legame con le piattaforme di riproduzione, reso ancora più stretto dalle grandi major internazionali
con sistemi di Digital Rights Management (DRM). Un paragrafo sarà dedicato interamente alla
scoperta dei DRM.
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3.1 LA TV TRADIZIONALE E LA TV DIGITALE1
La trasmissione digitale del segnale televisivo è l’ultimo capitolo di una modernizzazione in
continuo avanzamento. L’informatica con nuovi standard e nuove piattaforme software e hardware
ha accelerato questo processo. Nella TV del passato spesso ci si imbatteva nella scritta “le
trasmissioni riprenderanno il più presto possibile”. Oggi, non è più così: il fascino dell’artigianato
televisivo è ormai acqua passata. Oggi i palinsesti vengono generati al computer, con sistemi di
scheduling2 che dialogano direttamente con le periferiche e gli archivi digitali. Tutta la giornata di
un canale televisivo è scandita al centesimo di secondo da processori al silicio che regolano la
trasmissione e inseriscono singoli spazi pubblicitari comprati in remoto dal cliente, come nello
shopping online.
Immaginiamo, metaforicamente, il gestore del palinsesto come la playlist3 dei nostri files mp3 sul
computer. Conosciamo la durata, sappiamo che quando termina il primo, incomincia il secondo,
pianifichiamo la nostra giornata musicale. Insomma, la produzione televisiva sotto maggior
controllo ma sempre meno presente la magia del live event.
Con la TV digitale terrestre, un contenuto con un’elevata qualità di partenza può giungere con una
“buona conservazione” anche nelle nostre case.
Questo per introdurre un’affermazione forte: l’introduzione della TV digitale terrestre è, prima di
tutto, il risultato di un processo di trasformazione e di progresso tecnologico prima che medium
nuovo, proprio perché necessita ancora di tempo per sviluppare nuovi meccanismi di
comunicazione rispetto a quelli attuali, basati sull’audiovisivo per l’informazione, l’entertainment e
la pubblicità.
Sulle basi di questa premessa, in molti Stati europei, lo sviluppo del digitale terrestre si basa su due
postulati:
• la TV digitale terrestre non è in concorrenza con la TV analogica, che è chiamata a sostituire
al termine di un periodo di transizione;
• la TDT deve permettere di proporre al pubblico un’offerta allargata di programmi in chiaro,
al di fuori dei circuiti di abbonamento.
Questi presupposti esulano dalla logica commerciale sia per i risultati fallimentari della
sperimentazione anglosassone di televisione terrestre a pagamento (come vedremo meglio in
1
Schiro, M., Tesi di Laurea “TV digitale terrestre: verso la personal TV e il T-Government”, Università degli Studi di
Torino, febbraio 2005.
2
Dall’inglese “programmazione, pianificazione”, termine speso utilizzato in ambito informatico per definire una
funzionalità base dei software di gestione.
3
Programmazione di una sequenza di elementi multimediali in successione.
6
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seguito) e sia per la volontà degli attuali operatori di reti di trasmissione e broadcaster di mantenere
una posizione di monopolio o duopolio utilizzando un modello analogo a quello della televisione
analogica.
Gli operatori di bouquet commerciali satellitari e via cavo4 tentano di ritardare il lancio della TDT
percepita come un nuovo concorrente, cercando di rafforzare le posizioni sul mercato,
raggiungendo, così, il maggior numero possibile di abbonamenti e raggruppando le programmazioni
televisive attorno a bouquet di livello nazionale5.
Dal canto loro, i broadcaster nazionali commerciali, che con la RAI detengono la maggior parte
delle frequenze, hanno mosso ingenti investimenti per puntare sulla TDT come piattaforma Pay per
View in concorrenza con il satellite e la larga banda.
3.1.1 TV DIGITALE TERRESTRE: EVOLUZIONE VERSO LO SWITCH OFF
La fase di preparazione al 2004, anno decisivo per lo sviluppo in Italia del digitale terrestre, risale
almeno ai sette anni precedenti, sia per l’attività legislativa italiana che per il lavoro di
sperimentazione a livello europeo e la delineazione degli standard di digitalizzazione del consorzio
DVB, artefice dei parametri della già consolidata trasmissione satellitare.
Nel 1997, la legge Maccanico (n. 249/97) istituisce l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni
(AgCom), che ha il compito di definire il Piano nazionale di assegnazione delle frequenze. In questo
documento viene tenuto in considerazione il digitale terrestre per l’assegnazione di frequenze
riservate alla sperimentazione.
Nel 2000 l’AgCom pubblica il Libro Bianco sulla Televisione digitale terrestre, esaminando dal
punto di vista tecnico tutte le possibili soluzioni per l’inizio dell’utilizzo delle frequenze con
trasmissioni in tecnica digitale. Sempre lo stesso anno, la legge n. 216/00 prevede finanziamenti
pluriennali per agevolare gli investimenti, da parte delle televisioni locali, di apparati nella nuova
tecnica digitale.
Il decreto 23 gennaio 2001, convertito dalla legge n. 66/01 apre la fase di sperimentazione per la
conversione di tutto il sistema televisivo dall’analogico al digitale, fissando il 31 dicembre 2006
come data di cessazione delle trasmissioni analogiche. Tale data viene giudicata in ambito europeo
come praticamente irrealizzabile, in considerazione che molti degli altri piani europei, per la stessa
procedura di conversione, prevedono come termine indicativo il 2010.
4
La TV via cavo analogica non ha mai preso piede in Italia. In questi ultimi anni con il miglioramento delle
compressioni video digitali e l’aumento di copertura con reti telematiche ad alta velocità, in fibra ottica o di tipo ADSL,
hanno visto la luce i primi servizi di pay-TV o video on demand da parte di Fastweb e Alice Home TV su Adsl di
Telecom Italia
5
Dibie, J.,N., La sfida della televisione pubblica, digitale, senza frontiere, Jaca Book, Milano, 2004, pagg. 92-93.
7
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Nel 2001 viene avviato il processo di transizione attraverso l’istituzione della Commissione per lo
sviluppo del digitale terrestre.
Con la legge finanziaria 2003 viene previsto il finanziamento di decoder DTT fino a un ammontare
di 4 milioni di euro, pari a oltre 25000 decoder, e la legge n. 3/2003 sancisce un programma di
sperimentazione coordinato dalla Fondazione Ugo Bordoni.
A fine luglio 2003, il Consiglio dei Ministri per la Società dell’Informazione delibera l’inizio di una
cooperazione tra il Ministero delle Comunicazioni e il Dipartimento Innovazione e Tecnologie per
la gestione di un fondo comune da dedicare a progetti di sperimentazione di servizi E-Government
sulla piattaforma digitale terrestre, ribattezzati con il termine T-Government (dove T sta per
Television).
Nel 2004 con l’approvazione della Legge Gasparri (Legge 3 maggio 2004, n. 1126) si dà inizio
effettivo alla transizione al digitale con l’obiettivo di giungere al cosiddetto switch off ovvero allo
spegnimento delle trasmissioni analogiche a favore di quelle digitali entro il 2006.
Per transizione si intende “un processo che, in modo non traumatico e nel rispetto delle esigenze dei
broadcaster e degli utenti, trasformi l’attuale assetto dell’emittenza televisiva in un nuovo assetto
basato sulla tecnologia digitale”7.
Dal 2004 comincia a diffondersi la presenza dei decoder – i Set Top Box - all’interno delle case
soprattutto grazie a una politica di incentivi governativi predisposti dalla legge finanziaria del 2004
pari a un totale 110 milioni di euro, ovvero a un contributo di 150 euro per ogni decoder interattivo
acquistato a favore degli utenti in regola con il canone televisivo RAI.
Questa proposta ha sollevato non poche critiche, anche perché secondo alcuni e in particolar modo
la REA (Associazione delle Radio e Televisioni europee) e l’Adiconsum8, “la TV digitale terrestre è
in fase sperimentale, non è fruibile da tutti, non è gratuita e non è ancora interattiva”9. Altro punto
di critica è che gli incentivi sono diretti più agli apparati di ricezione lato utente che agli impianti di
trasmissione delle emittenti locali che risultano essere molto costosi, e non viene considerata la
radio che dovrebbe convertirsi con le trasmissioni in DAB10.
6
http://www.comunicazioni.it/it/index.php?IdPag=836
7
Libro Bianco sulla Televisione Digitale, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, giugno 2000, pag.164.
Documento consultabile in internet all’indirizzo web: http://www.agcom.it/provv/libro_b_00/librobianco00.htm.
8
Adiconsum è una Associazione di Consumatori con oltre 70.000 associati, costituita nel 1987 su iniziativa della CISL.
Sito web: http://www.adiconsum.it.
9
Con particolare riferimento agli slogan promozionali proposti da Mediaset nonché da Nokia S.p.a., Mediasat e RTI,
condannati per pubblicità ingannevole dall’Antitrust. Fonte web della notizia: http://punto-informatico.it/p.asp?i=50223.
10
Digital Audio Broadcasting, standard di trasmissione dell’audio in digitale definito per la transizione da analogico a
digitale della radio.
8
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Nel comunicato emesso dalla REA, il presidente Antonio Diomede pone il dubbio che la vendita dei
decoder che ha raggiunto la cifra di 700.000 pezzi tra gennaio e settembre 2004 possa permettere
una stima ragionevole dell’acquisto entro il 31 dicembre 2006, data dello switch-off analogico, di
altri 54.300.000 decoder necessari per riconvertire in digitale i televisori esistenti in Italia11.
Questa stima, un anno dopo, viene confermata dai dati sulla distribuzione dei set-top-box (settembre
2005), nei quali emerge su un mercato totale la vendita di 3.266.541 decoder così distribuiti:
• 43,4% Non Finanziati (1.416.905);
• 53,4% Interattivi Finanziati (1.745.017);
• 3,2% Zapper (104.619) (ovvero soli sintonizzatori non interattivi).
La penetrazione totale dei decoder nelle case delle 21.503.000 famiglie italiane è del 15,2% e
considerando che per ogni famiglia occorre un decoder per ogni televisore, la data dello switch off
fissata per il 31 dicembre 2006 risulta realisticamente dubbia.
Un anteprima del passaggio dall’analogico al digitale è rappresentata dall’iniziativa “all digital”
avviata nel corso del 2005 in due Regioni italiane.
Il 16 aprile 2005, è stata firmata una convenzione tra:
• amministrazioni delle due regioni Sardegna e Valle d’Aosta;
• Ministero delle Comunicazioni;
• tutti i broadcaster nazionali e locali (DGTVi);
per permettere alle due Regioni autonome Sardegna e Valle d'Aosta di essere le prime regioni
italiane a “spegnere” il sistema analogico e a passare al digitale terrestre - almeno nelle aree
principali - già il 31 gennaio 2006.
Ciò è previsto avvenga in due fasi: il 31 gennaio 2006 tale passaggio interessa i capoluoghi di
provincia e il 31 luglio l’intera regione. Da queste date nei territori interessati ogni apparecchio
televisivo, per ricevere i programmi e le trasmissioni, deve essere dotato di un decodificatore
digitale.
Per sostenere tale passaggio, il Ministro delle Comunicazioni decide di erogare un contributo
straordinario di 90 euro per gli abbonati in regola con il pagamento del canone radiotelevisivo che
possono così acquistare il decodificatore interattivo (MHP12) base a condizioni vantaggiose.
Durante il 2006, con l’insediamento del nuovo Governo di centro-sinistra e la nomina di Paolo
Gentiloni a Ministro delle Comunicazioni, viene annunciato che sarà il 2012 l’anno dello switch off
analogico-digitale e il 2008 per Sardegna e Valle d’Aosta.
11
Tratto dall’articolo “Digitale terrestre, infuria la tempesta” del 2 novembre 2004 apparso su Punto Informatico e
consultabile sul web all’indirizzo: http://punto-informatico.it/p.asp?i=50253.
12
Multimedia Home Platform, lo standard per gli applicativi interattivi su TV digitale terrestre (e in alcuni casi anche
satellitare) basato su linguaggio Java e rilasciato dal consorzio DVB Digital Video Broadcasting (www.mhp.org)
9
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L’impegno del nuovo governo è quello di garantire tempi e servizi in modo più relistico e
considerare le varie piattaforme televisive come alternative e complementari. Per questo motivo
verranno avvantaggiate anche quella satellitare o IP (via rete). Il motivo non riguarda
esclusivamente la possibilità di accesso alle varie offerte pay TV, ma anche l’accesso ai programmi
in chiaro. Si considera chi, ad esempio, per problemi di copertura digitale terrestre, in specifiche,
zone è costretto a dotarsi di impianto satellitare. Nella nota13 riportiamo un’intervista di Gentiloni
nel luglio 2006.
3.1.2 LA FILIERA DI DISTRIBUZIONE E I NUOVI ATTORI
La televisione analogica terrestre, così come l’abbiamo conosciuta per cinquant’anni, è
caratterizzata, in ogni sito di trasmissione, da una frequenza dedicata per ciascun programma
televisivo. Per diffondere quindi un nuovo programma televisivo è necessario mettere in opera una
nuova serie di apparecchiature presso i centri di produzione, i ponti radio e dei trasmettitori ad esso
dedicata.
In questo senso, sul mercato è presente un unico soggetto, la società concessionaria
dell’autorizzazione a trasmettere, che gestisce tutti i processi e le tecnologie per produrre,
trasportare, distribuire e diffondere il segnale. L’utente può così usufruire, senza avere nessun
rapporto di tipo contrattuale con l’emittente, del servizio televisivo emesso mediante un tradizionale
apparecchio televisivo.
La televisione digitale terrestre, per contro, è una rete dedicata a trasmettere un solo programma,
ma, se integrata in modo opportuno con apparecchiature di elaborazione e composizione del
segnale televisivo e nuove apparecchiature di modulazione, diviene abilitata a trasmettere molteplici
programmi televisivi, oltre a servizi di trasmissione dati.
Per poter ricevere i programmi televisivi, l’utente del digitale terrestre deve dotarsi di specifici
decoder o Set-Top-Box, che sono adibiti alla trasformazione del segnale televisivo digitale in
segnale analogico, in modo tale da poter essere trasmesso su apparecchi televisivi tradizionali.
Per quanto riguarda la regolamentazione di tutto l’assetto della TV digitale terrestre, il
concessionario, che nel mercato televisivo analogico era il responsabile della preparazione e del
contenuto del programma, ma anche colui che poteva installare e gestire gli impianti di
radiodiffusione, viene sostituito da tre diverse figure:
13
“Il 2012 non è un rinvio, non sono le calende greche, è finalmente una data realistica, è un traguardo per il quale
lavorare insieme. Il tutto, però, sapendo che dobbiamo voltarte pagina, che c’è bisogno di un nuovo inizio. Il periodo
delle fantasticherie sul T-government è finito, e il digitale terrestre deve puntare essenzialmente su l’appeal di una nuova
offerta capace di attrarre pubblico e pubblicità sul modello della freeview inglese; e considerare il Dtt una priorità di
tutto il paese. Certamente la tv del futuro sarà digitale, ma non conosciamo i tempi e il peso che avrà il terrestre. Due
fattori che dipendono da tutti noi. Dobbiamo dire la verità al mercato e ai cittadini.”
10
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• content provider (fornitore di contenuti): ovvero il responsabile editoriale nella preparazione e
realizzazione di programmi televisivi per applicativi digitali terrestri;
• broadcaster o network provider (operatore di rete): ovvero il soggetto che ha il compito di
installare e gestire gli impianti di trasmissione e che provvede alla diffusione dei programmi e
dei servizi realizzati dai content provider e dai service provider;
• service provider (fornitore di servizi): ovvero il soggetto che predispone e fornisce i servizi al
pubblico ad accesso condizionato, distribuendo agli utenti del DTT delle chiavi numeriche per
poter vedere i programmi e accedere ai servizi.
Nel definire la televisione digitale terrestre, inoltre, si è pensato a servizi interattivi, che consentono
una comunicazione bidirezionale, grazie al decoder collegato tramite modem a una rete di
telecomunicazione, tra gli utenti del programma o del servizio e i server dei content provider e dei
service provider, per scambiare dati generici (ad esempio di opinione), personali o riservati, inseriti
o richiesti dall’utente.
Questo specifico aspetto della TV digitale terrestre è consentito dal collegamento tramite decoder,
dotato di modem, a una rete di telecomunicazione; questo canale prende il nome di “canale di
ritorno”. All’interattività in televisione, e in particolare all’interattività consentita dalla televisione
digitale terrestre, sarà dedicato interamente il prossimo capitolo.
Se fin qui abbiamo quindi identificato i soggetti che fanno parte della catena del valore della TV
digitale terrestre, questa tuttavia, si completa con un segmento che tiene conto dell’interattività.
Alle precedenti figure occorre allora aggiungere anche la figura dell’operatore di telecomunicazioni,
fornitore del canale di ritorno. In questo contesto, risulta rilevante il cosiddetto “centro servizi”, che
garantisce l’accesso agli utenti, smista le loro richieste verso i server contenenti le informazioni
richieste e converte i formati dei server (tipicamente, dei server Internet) in formati adeguati alla
rappresentazione su uno schermo televisivo, e questo grazie alle funzionalità date dal Set-Top-Box.
Nella figura seguente è più chiara un’ulteriore scissione dell’operatore di telecomunicazioni, con
l’emergere di un’altra figura, il centro di gestione dati o centro servizi (datacenter), un sistema
centrale o distribuito che ha una funzione essenziale nell’erogazione di servizi interattivi.
Innanzitutto, gestisce il traffico di richieste provenienti dagli utenti tramite il Set-Top-Box;
costituisce anche un intermediario tra broadcaster e fornitori di contenuti; trasforma l’informazione
dalla codifica idonea ai Set-Top-Box alla codifica utilizzata dai server del fornitore di servizi. Il
centro servizi, infine riceve e invia le informazioni a ogni utente connesso e potrebbe anche avere il
compito di gestire le basi di dati relative ai servizi. Si pensi, ad esempio, ai servizi di pubblica utilità
ai quali potrebbe essere dato accesso da un operatore di rete commerciale (ISP) mentre i dati
risiederebbero nei sistemi informativi delle Pubbliche Amministrazioni (datacenter).
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Figura 1: fonte immagine DTTLab CSP innovazione nelle ICT - www.dttlab.it
3.1.3 IL DIGITALE TERRESTRE COME MODALITÀ DI DISTRIBUZIONE WIRELESS
DI DATI E SERVIZI
Attraverso infrastrutture utilizzate per il broadcasting radio-televisivo è possibile, con la
conversione digitale, e la convergenza di formati, trasportare dati anziché audio-video.
Questa è la frontiera dell’IP over DVB-T o DVB-H utilizzata in progetti sperimentali per il trasporto
di dati e servizi internet via etere in zone dove è difficoltosa la connessione via cavo, tipico esempio
di zone isolate o con territorio morfologicamente ostico per le telecomunicazioni.
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Figura 2: ipotesi di infrastruttura basata sull’integrazioni di reti fisse con network wireless sfruttando
ponti radio digitali terrestri.
In questo paragrafo consideriamo come esemplificativa un’iniziativa del CSP, parte del programma
regionale WI-PIE per lo sviluppo delle infrastrutture di connettività a banda larga in Piemonte. Il
progetto sperimentale, che coinvolge attivamente la Comunità Montana delle Valli Orco e Soana – a
nord ovest di Torino – ha lo scopo di rendere l’area un autentico “territorio digitale” dove le nuove
tecnologie della convergenza digitale vengono messe a disposizione di tutti gli attori locali, dai
cittadini alle imprese, abitualmente esclusi dai servizi per la conformazione e la marginalità del
territorio stesso.
Si tratta di un vero e proprio “laboratorio a cielo aperto”, che ha il duplice obiettivo di guidare
l’accesso a tecnologie emergenti – banda larga, wireless, DTT – e sviluppare un modello di
applicazione da diffondere in altre aree caratterizzate da problematiche di marginalità, di cui il
Piemonte è particolarmente ricco, specialmente nelle zone montane.
In questo modello, convivono tecnologie di trasmissione wireless su infrastrutture DVB-T e Wi-Fi,
collegate a snodi in fibra ottica.
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Durante la presentazione del 27 luglio 2006 presso il Comune di Locana è stata effettuata una
videoconferenza con Torino e uno streaming video in diretta dell’evento su Internet (con qualità
video a 400 kbps); dal punto di vista telematico, la zona di Locana fino a quel momento non era mai
stata raggiunta dai collegamenti a larga banda.
Figura 3: Lo schema di collegamento misto fibra ottica e wireless utilizzato dal CSP per il progetto
sperimentale in Valli Orco e Soana
3.2 L’IPTV E IL VIDEO ON DEMAND
La digitalizzazione dei contenuti e dei canali trasmissivi cambierà radicalmente le nostre abitudini
nei prossimi anni. La sola idea che ci si recasse in videoteca per affittare un film o che si dovesse
attendere una certa ora per fruire di un contenuto, sembrerà curiosa e paradossale ai nostri figli.
L’editoria convergente digitalmente sempre di più si confronterà con la riduzione del tempo di
visione da parte degli utenti (time budget) e con la frammentazione delle offerte e dei canali
trasmissivi.
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Alcuni operatori del mercato pubblicitario potranno offrire integrazione di canali, di mezzi e di
contenuti; chi non lo farà sarà relegato ad un ruolo complessivamente marginale.
Nel contempo si avrà un aumento della fruizione dei contenuti a pagamento secondo due modalità:
con tessere prepagate per i sistemi disconnessi dalla rete telefonica o con addebito in bolletta
(fattura) per i sistemi connessi alla rete telefonica.
Bisogna ricordare che ci sono diverse piattaforme di tv a pagamento/interattiva in italia:
• Sky su rete satellitare, con una penetrazione sostanzialmente stabile (circa 3,5-4 milioni di
utenti abbonati);
• Mediaset Premium e La7 del gruppo Telecom Italia su digitale terrestre, in veloce crescita
tra il 2005 e il 2006, più lenta attualmente (circa 3,5-4 milioni di utenti potenziali);
• Alice TV di Telecom Italia, via cavo, su rete Internet.
3.2.1 LE FILIERE DI DISTRIBUZIONE
Tra le categorie che crescono maggiormente a settembre 2006 c’è quella dei siti di Video e Cinema,
che rilevano 5 milioni di utenti (pari ad un quarto di tutti i navigatori del mese), circa un milione in
più rispetto ad agosto (+24%) e oltre 2 milioni in più (+67%) rispetto a settembre 05. Sicuramente
una spinta a questa categoria viene dalla stagionalità dell’industria cinematografica, grazie anche
all’impulso dato dalla Mostra del Cinema di Venezia e dall’avvicinarsi della prima edizione della
Festa Internazionale del Cinema di Roma.
L’incremento dell’utenza va però ben oltre il recupero stagionale e ci segnala un importante
fenomeno emergente della Rete: la fruizione e condivisione di contenuti audio-video online, che
nell’ultimo anno in Italia come nel resto del mondo si è diffusa con tassi di crescita a tre cifre.
I principali siti di questa categoria erano inesistenti o con livelli di audience molto bassa solo un
anno fa: il leader in Italia è Libero con il canale dedicato Video & Fun, che ha raggiunto a settembre
1 milione e 700 mila utenti, più che triplicando l’audience in soli 5 mesi. Il leader mondiale
YouTube ha attratto 1 milione e 600 mila utenti e tassi di crescita ancora più sorprendenti: a
gennaio era una sconosciuta o quasi (150 mila utenti) matricola della Rete italiana. Negli Stati Uniti,
dove il fenomeno è emerso solo pochi mesi prima che in Italia, YouTube ha ormai raggiunto circa
28 milioni di individui, il 18% dei navigatori del mese, che si sono collegati in media per 34 minuti.
Il terzo operatore italiano è Google Video, con 900 mila utenti e una crescita del 160% dall’inizio
dell’anno.
“L’esplosione dell’interesse per i contenuti multimediali e in particolare per la fruizione e il video
sharing di contenuti generati dall’utente stesso si inserisce in un contesto di grande sviluppo della
Rete, caratterizzato dalla crescita dei consumi di Internet e degli investimenti pubblicitari online. In
questo scenario è facile prevedere che il fenomeno continuerà a crescere a ritmi sostenuti e che il
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mercato si adopererà per sfruttare al meglio le potenzialità offerte da questa tipologia di
contenuti”14.
Figura 4: Fonte: Nielsen//NetRatings, NetView, Trend siti di video online, accessi da casa e ufficio,
settembre 2006
La recente notizia dell’acquisizione di YouTube da parte di Google fa prevedere come la posizione
di Google nel comparto non potrà che essere rafforzata, pur escludendo che questa acquisizione
possa apportare molta nuova utenza a Google a causa della già elevata sovrapposizione tra i due siti.
Restando in tema di acquisizioni, impatto maggiore dovrebbe avere l’unione di DADA e Splinder,
che stando alla simulazione sui dati di settembre farà passare gli utenti da circa 3,5 milioni (dato
aggregato del network DADA) a oltre 4,2 milioni, con un apporto di oltre 660 nuovi utenti.
La classifica dei top 30 siti più visti nel mese: 2 brand italiani ai primi 3 posti
Crescono nel mese tutti i principali players, tra cui si segnalano in particolare gli incrementi di
audience di Leonardo.it (+17%), Kataweb (+13%) Corriere della Sera (+23%), Mediaset.it (+30%),
RAI (+39%), Poste Italiane (+24%).
14
Tratto da un intervista a Ombretta Capodaglio, responsabile della comunicazione di Nielsen//NetRatings.
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Figura 5: Fonte: Nielsen//NetRatings, NetView, Internet applications, accessi da casa e ufficio,
settembre 2006
Le informazioni statistiche e le tabelle sono tratte dal sito web www.webmasterpoint.org15.
3.2.2 I NUOVI MODELLI
Nei prossimi paragrafi verranno analizzati alcuni modelli di TV che si stanno affiancando ai
tradizionali, soprattutto grazia alla spinta di nuove tecnologie, nate in ambiente web e ad uso
personale, che hanno sviluppato il concetto di “social networking”.
3.2.2.1 IPTV
Il primo modello che abbiamo già visto è l’IPTV, termine il quale viene definito principalmente un
modello televisivo tradizionale, corrispondente allo stesso flusso inviato via etere o via satellite ma
ritrasmesso sulla rete internet. Varia la modalità di fruizione con PC alla scrivania o in alternativa
con uno specifico STB proprietario in salotto ma non variano i contenuti e i format. Questi servizi
15
Link al sito web: http://www.webmasterpoint.org/speciale/2006ott23-statistiche-internet-italia-siti-internet-piu-visitatiprogrammi-piu-usati-da-utenti-italiani.asp
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sono gestiti principalmente dagli operatori di telecomunicazioni e come esempi infatti riportiamo la
TV di Telecom Italia e di Fastweb. Come pagamento di un servizio extra, agli utenti vengono forniti
hardware specifici da collegare all’impianto di rete, con il quale è possibile vedere un bouquet di
canali generalisti e tematici in base all’abbonamento.
Figura 6: screenshot sito web http://www.fastweb.tv/
3.2.2.2 VIDEO ON DEMAND SU IP
Il secondo modello si riferisce a servizi di distribuzione video on demand in differita o live di
programmazioni di tipo “premium” o comunque di interesse diffuso. Stiamo parlando di film di
successo e programmi televisivi che interessano la massa (ad es. le partite di calcio e i reality show)
che trovano un ulteriore canale di distribuzione via Internet.
Alcuni esempi sono il portale on demand di Rosso Alice di Telecom Italia (www.rossoalice.it) e il
portale di distribuzione DVD (acquisto film online) e video online Film is now
(http://www.filmisnow.it). Sono molto utili anche Internet TV on demand fornite dai broadcaster,
che offrono il servizio dei programmi in differita con l’archivio di alcune o tutte le puntate
trasmesse. E’ l’esempio della programmazione di MTV, con MTV overdrive
(www.mtvoverdrive.it) oppure di un singolo programma di successo come “Che Tempo che Fa” di
Rai Tre visibile nella mediateca online della RAI (http://www.media.rai.it).
Ovviamente servizi on demand vengono forniti anche dagli operatori telecom all’interno delle
offerte TV su IP che sono state prese in considerazione come primo modello.
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Figura 7: screenshot sito web http://www.media.rai.it
3.2.2.3 LA DESTRUTTURAZIONE GOVERNATA
E’ l’integrazione tra il mondo televisivo e l’internet working. Sono sistemi nei quali viene affiancata
una produzione “premium” a contenuti autoprodotti dalla gente comune, con scelte di regia del
palinsesto e di selezione dei contenuti che si attiene a regole e logiche editoriali.
Esempi di questo genere ne abbiamo visti anche nella TV generalista con il nascere prima delle
Candid Camera, poi degli errori o fatti interessanti prodotti con riprese amatoriali (ad esempio
Paperissima o Real TV) fino ad arrivare agli attuali reality show. In tutti questi format la
protagonista è la gente, ma di converso la gente produce contenuto gratuito che poi si ricompra (con
le pubblicità).
Sul web vengono in taluni casi proposti dei sistemi che permettono l’upload diretto dei propri
filmati da parte dell’utenza, e con questo vengono azzerati ulteriormente i costi di recruiting dei
contenuti e del loro adattamento digitale.
Esempi: flux.tv (http://www.flux.tv);
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Figura 8: screenshot sito web http://www.flux.tv
3.2.2.4 LA SOCIAL TV NEL WEB 2.0
Il termine Web 2.0 viene utilizzato per descrivere i servizi di nuova generazione presenti nel web
che consentono alle persone di collaborare e condividere le informazioni on line. Rispetto al
modello precedente, gli applicativi 2.0 permettono all'utente di interagire con il sistema attraverso
modalità che ricordano le applicazioni desktop, creando spesso contenuti e modalità relazionali
innovative.
La raccolta e l'analisi dei tratti caratterizzanti questa evoluzione hanno portato ad una definizione
delle modalità secondo le quali è possibile valutare il passaggio del web ad uno stato 2.0. Questo
documento parte proprio da una definizione generale delle caratteristiche principali (tecnologiche,
sociali e contenutistiche) per poi passare all'analisi di alcuni esempi applicativi di particolare
interesse e successo.
Le community che pubblicano, scambiano e commentano clip audiovisivi digitali si sono diffuse
rapidamente, ovviamente anche grazie alla diffusione di connessioni di rete a larga banda.
Questi sistemi permettono di avere un nome o soprannome di riconoscimento all’interno della
comunità ed effettuare upload e talvolta anche modificare e postprodurre, i propri filmati per
renderli a disposizione della comunità stessa.
La caratteristica fondamentale di questi sistemi, primo fra tutti YouTube (www.youtube.com) che
recentemente si è confermato come servizio video più ricco e frequentato del Web, con oltre 100
milioni di video visualizzati ogni giorno (fonte: Hitwise), è la semplicità d’interfaccia, unita ad
un’assoluta trasparenza tecnologica.
Gli utenti, infatti, dopo una semplice registrazione possono immettere nel sistema i propri video
attraverso un’interfaccia di uploading estremamente semplice. Il vero elemento critico della
condivisione di video, cioè la conversione dei formati, avviene in maniera del tutto trasparente
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all’utente. YouTube, infatti, dispone di sistemi di conversione così raffinati ed efficaci da
riconoscere numerose tipologie di file video e diversi tipi di encoding. In questo modo il servizio
può accettare contenuti provenienti da fonti diverse, da hardware diversi e di qualità variabile.
La conversione, inoltre, è un task che avviene in presenza dell’utente, che può valutare
immediatamente la qualità e il funzionamento del video immesso online.
Ad una forte vocazione alla semplicità tecnologica fa eco un’altrettanto forte predisposizione alla
condivisione e alla relazione tra utenti. I video, infatti, non solo possono essere commentati da tutti
gli utenti registrati, ma consentono anche di stabilire – tra utenti – una “risposta video”, di fatto
alimentando la nascita di thread di discussione interamente basati sul video.
Si tratta di un’applicazione Web 2.0 perché:
•
•
•
•
•
•
permette di condividere contenuto attraverso una piattaforma unica dotata di strumenti di
folksonomy16 (i tag);
consente forme di interattività agli utenti attraverso i commenti;
rende fruibile il contenuto da tutti, attraverso l’uso di un player multimediale universale,
compatibile con i principali browser e sistemi operativi (necessita di plugin Flash player
disponibile per tutte le principali piattaforme e sistemi operativi/web browsers);
favorisce la disseminazione di contenuti e il loro riuso su altre piattaforme, grazie alla
versatilità del player multimediale, che può essere facilmente integrato nei blog, con un
semplice copia-incolla di una stringa di testo (presentata con evidenza a fianco di
ciascun video);
Genera feed RSS per le categorie di video (i più popolari, i più recenti, ecc.) e soprattutto
per ciascun tag associato ad essi (es. tutti i video taggati con “calcio”);
dispone di un’interfaccia di pubblicazione estremamente facile, che solleva gli utenti da
qualsiasi preoccupazione in merito al formato dei video condivisi: seguendo il wizard di
pubblicazione, è sufficiente indicare al servizio il file che di desidera condividere e
automaticamente Youtube provvederà alla conversione.
16
In italiano folksonomia, descrive una categorizzazione collaborativa di informazioni mediante l'utilizzo di parole
chiave scelte liberamente. In maniera più semplice e concreta, questo termine si riferisce alla metodologia utilizzata da
gruppi di persone che collaborano spontaneamente per organizzare in categorie le informazioni disponibili attraverso
internet. Questo fenomeno, in contrasto con i metodi di classificazione formale (in particolare con la tassonomia
classica), cresce soprattutto in comunità non gerarchiche legate a applicazioni web, attraverso le quali vengono diffusi
contenuti testuali e/o multimediali.
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Figura 9: screenshot sito web http://www.youtube.com
3.2.2.5 GLI RSS FEED TELEVISIVI
In questo paragrafo ci limitiamo semplicemente a considerare il modello, nato sul principio del
podcast, e cioè da un lato la possibilità data ai produttori di contenuti di produrre con facilità audio
o video e metterlo a disposizione sul web, dall’altro la facilità con la quale, attraverso lo standard
RSS, sia possibile da parte dello spettatore di fruire dei contenuti in modalità differita (ovvero “off
line”), scaricando di volta in volta i contenuti nuovi sul proprio PC (vedi par. 3.3).
Questa modalità è stata trainata dalla massiccia vendita di prodotti Apple iPod o concorrenziali che
sfruttano proprio questi sistemi di aggiornamento dei contenuti in automatico, semplicemente
collegandoli al computer.
Sull’onda di questa nuova modalità di fruizione sono nati siti web e player video che integrano e
aggregano feed RSS provenienti da varie fonti e con varie tematiche, diventando a tutti gli effetti dei
contenitori “televisivi” alternativi.
Un esempio è Democracy TV (http://www.getdemocracy.com) che unisce un player multifunzione a
un sistema di pubblicazione e condivisione di contenuti video con la creazione di proprie playlists e
quindi propri palinsesti TV. Anche i sistemi proprietari, però, hanno migliorato molto queste
funzionalità e quindi la stessa Apple e Microsoft hanno rilasciato rispettivamente iTunes e Windows
Media (dalla versione 8) con integrazione di feed televisivi e link organizzati a sorgenti streaming
radio o TV, questo per trainare contenuti che invece sono a pagamento e contengono protezioni
DRM.
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Figura 10: screenshot sito web http://www.getdemocracy.com/
3.2.3 LA DIFFERENZA TRA I 10 PRINCIPALI SISTEMI DI VIDEO PUBBLICAZIONE
E CONDIVISIONE SU INTERNET17
Figura 11: una serie di loghi relativi ai sistemi di social video networking
Il numero dei siti che permettono servizi di video sharing si sono moltiplicati nell’ultimo periodo.
Molte società provano a diventare il Flickr della condivisione video mondiale. Flickr è il più famoso
e utilizzato sistema di condivisione per le foto online e acquisito da Yahoo. Molti servizi sono nati
con questo fine offrendo features gratuite come editing e remix e mettendosi in concorrenza e
17
Tradotto liberamente dall’articolo originale di Ryan Bilsborrow-Koo su Dvguru.com:
http://www.dvguru.com/2006/04/07/ten-video-sharing-services-compared/
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nell’ottica di aumentare la propria utenza. Per gli utenti più esperti che vogliono esclusivamente
pubblicare un video in rete e condividerlo con gli amici ci sono già moltissime possibilità.
Abbiamo considerato 10 di questi siti web per un test, svoltosi ad agosto 2006, effettuando un
raffronto sia sulle funzionalità che sui principali aspetti di usabilità dell’interfaccia.
Per testare ogni servizio abbiamo effettuato un upload del video Domino del CSP (16 Mb Mpeg)
per ogni sito e comparato la qualità video, l’interfaccia, le caratteristiche della comunità e le
funzionalità. Dove possibile abbiamo anche cercato di incorporare il risultato di pubblicazione in un
blog creato con Wordpress. Molti di questi siti sono in versione beta e le loro funzionalità possono
cambiare nel corso dei mesi, ma oggi, sulla rete, questo è l’attuale stato dell’arte.
Durante il corso dell’analisi YouTube ha migliorato una serie di aspetti tecnici e funzionali e a
prescindere dal verdetto del confronto è stato scelto dalla gran parte degli utenti mondiali come il
miglior sistema di pubblicazione e video sharing. Il verdetto di questa micro analisi risulta
pienamente a favore di YouTube.
EYESPOT
http://www.eyespot.com
Appeal: Facile da usare il video uploading e il remixing.
Interfaccia: Chiara e colorata. Tagging, forums, groups. Non molte features per comunità.
Linguaggio: solo inglese.
Editing: E’ possibile effettuare TRIM (tagli) all’inizio e alla fine del clip, risistemare gli spezzoni
in una timeline e aggiungere musica e foto.
Sharing: Post in un gruppo, invitare un amico al servizio (ma non direttamente dal vostro clip).
Verdetto: Semplicissimo l’uploading del file. Ma: 25MB di limite di grandezza del file è troppo
piccolo. Le features di mashup non funzionano bene. Non ci sono abbastanza ragioni per utilizzare
Eyespot in questa versione.
GOOGLE VIDEO
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http://video.google.com
Appeal: E’ basata sul tipico stile Google.
Interfaccia: Tipicamente pulita e simile al layout di Google. L’upload richiede il download e
l’installazione di un programma sul proprio pc chiamato “Google Video Uploader”. Permette di
aggiungere moltissimi metadata, inclusa la trascrizione letterale del filmato. E’ possibile
monetizzare il contenuto assegnando una scala di prezzo ad ogni clip (potete anche dare all’utente
un “pass giornaliero”, dando accesso a tempo limitato per la visione ma senza renderlo proprietario
del clip).
Editing: Nessuno.
Verdetto: Google Video richiede un processo di “verifica del video” da parte degli amministratori,
per assicurare standard tecnici e policy di legalità al servizio di Google. Questo processo può
richiedere diversi giorni dall’upload del file, per questo motivo occorre effettuare controllare spesso
la situazione dei file inviati per gli aggiornamenti.
GROUPER
http://www.grouper.com
Appeal: Può sembrare You Tube con un’applicazione di file-sharing costruita sopra.
Interfaccia: Per avere la totalità delle funzioni occorre installare un applicazione in download. Il
sistema di visualizzazione è basato su Windows Media Player (e converte gli altri formati).
Ratings, tagging, gestione gruppi, RSS feeds.
Linguaggio: solo inglese.
Editing: E’ possibile creare piccoli montaggi con video e foto, e inserire una base musicale
direttamente online.
Sharing: Possibilità di pubblicare direttamente su myspace, friendster, eBay. Download dei filmati
sull’hard disk e iPod.
Verdetto: I "Groovies" sono facili da creare e possono diventare molto popolari. Ma:
l’applicazione File-sharing sembra essere fatta a metà (e messa poco in evidenza rispetto alle
opzioni esistenti). I "Groovies" potrebbero essere molto più popolari se potessero essere costruiti
online senza scaricare un’applicazione. La registrazione via E-mail non funziona bene; prima di
essere confermato l’upload sono passate diverse ore e il file risultava non disponibile mentre il
servizio dava ancora il messaggio "upload processing."
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JUMPCUT
http://www.jumpcut.com
Interface: L’interfaccia sembra più un applicazione che una pagina web. E’ possibile scalare la
dimensione di tutti i video a tutto schermo ma i video non partono automaticamente e non c’è
indicazione sulla porzione di video già scaricata. Utilizza flash player per la visualizzazione del
video.
Linguaggio: solo inglese.
Editing: Creazione, edit, e remix video online.
E’ possibile fare giunte di spezzoni, riordinare le clip, aggiungere musica e foto, transizioni, e
qualche effetto - immaginatevi iMovie (programma di editing video semplificato della Apple) in
una interfaccia online. Molto semplificato.
Sharing: Inviare Email a un amico, fare un embed in una pagina web (funziona perfettamente in
Wordpress).
Verdetto: Utilizzando le features di Jumpcut si capisce intuitivamente che il futuro del video online
è vicino. Nessun attuale competitor può raggiungere i livelli espressi da jumpcut La registrazione
richiede autenticazione email con link di ritorno. Molto veloce.
Ma: Limite di upload per file è di 50 MB. Utilizzare troppi effetti manda in tilt il sistema e il video
non funziona. Jumpcut non effettua un ulteriore render dei files dopo ogni remix, questo permette
di lasciare intatta la qualità originale del video ma il playback dei files editati ne risente in velocità.
Non buttate ancora via iMovie.
OURMEDIA
http://www.ourmedia.org
Interface: Lenta, confusa e sporca. Richiede un account su Internet Archive e l’integrazione di due
servizi è confusa. Inserisce i contenuti nel formato nativo che è sia una buona cosa che una cattiva
cosa, nel senso che non ricomprime il formato del video ma richiede all’utente di aver installato
correttamente sul proprio PC una moltitudine di player. Le licenze Creative Commons sono incluse
nelle features.
Editing: Non presente.
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Sharing: RSS feeds, mail a un amico, link diretto ai files nel proprio sito web.
Verdetto: Un buon posto per fare upload dei propri media e come online repository, ma uno dei
più difficoltosi siti per poterlo fare. L’attuale versione “alpha” è ancora instabile
REVVER
http://www.revver.com
Appeal: Si può considerare come Youtube ma con possibilità di monetizzazione. Se la gente guarda
il tuo video vieni pagato per il 20% del totale delle entrate pubblicitarie su quel video.
Interace: Basata su Quicktime. Richiede di scaricare un client per effettuare gli upload. Tagging,
email, rating e possibilità di generare playlists.
Editing: Non presente.
Verdetto: offre un originale modello di condivisione/vendita che può far gola ai produttori di
contenuti. Ma: il processo di upload è complesso (non c’è traccia di una funzionalità drag and drop
promessa come feature in implementazione). Dopo aver provato ad effettuare l’upload usando il
client di Revver, il video era ancora segnato come “non disponibile”. Successivamente ho ricevuto
un’email da Revver contenente un messaggio relativo alla mia immissione di materiale non
autorizzato. Questo perché Revver e Google Video sono gli unici siti che prevedono la
monetizzazione dei contenuti. Successivamente agli update successivi potranno essere effettuati
confronti più accurati.
VIDEOEGG
http://www.videoegg.com
Permette l’upload e la conversione in flv direttamente sul sito Videoegg e la pubblicazione su altri
siti, oppure condividerli con gli amici.
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Interfaccia: richiede il download di una specifica applicazione per l’upload. Il software incorpora
nel browser una funzionalità drag&drop.
Editing: sono contenute funzionalità di base di montaggio (trim da un punto di inizio e fine dello
spezzone)
Upload: Non supporta MPEG2 quindi abbiamo dovuto effettuare un upload del file in formato AVI
DV della dimensione di 123 MB. In realtà le dimensioni contano poco perché la conversione viene
fatta al volo sull macchina dell’utente utilizzando l’active x che viene installato nel browser
(programma della dimensione di circa 350 KB).
E’ possibile fare upload live collegando una periferica video al PC e riconoscibile dal sistema locale
(videocamera o webcam o mobile device).
Sharing: E’ possibile effettuare un post diretto su eBay, Blogger e Typepad. Crea una semplice
URL per effettuare un invio di mail contenente il link e fornisce un javascript con codice html per
l’embedding nelle proprie pagine web.
Verdetto: esperienza molto semplice. Se non si necessita di postare e condividere video tra amici,
Videoegg funziona. La qualità di Flash video 8 è decente. Ma: il video non sempre viene
correttamente inserito nelle pagine web, ad esempio utilizzando il diffuso sistema di blog
“Wordpress”.
VIMEO
http://www.vimeo.com
Interfaccia: Pulito e carino, usa flash per visualizzare i formati nativi. Nessun download richiesto
da parte dell’utente, semplici e facili gli upload. Inserimento Tag, commenti e voti.
Editing: nessuno in questa versione.
Sharing: possibilità di pubblicare su Flickr, inviare a del.icio.us, scaricare il file originale,
incorporare nella spazio web di MySpace oppure nel blog, creare un feed RSS.
Verdetto: ottima la qualità video. L’embed all’interno di wordpress funziona senza grossi problemi.
Ma: le features relative alla community e al limite di upload a 20 megabytes sono troppo limitate.
VSOCIAL
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http://vsocial.com
Interfaccia: compatibile web 2.0. Fonts grandi, Ajax, tagging, rating, possibilità di review, feed
RSS, licenze creative commons.
Editing: offre la funzionalità “edit this video”, che non è stato possibile testare (vedi sotto). Può
altresì creare “Video Rolls”, che permette di generare playlist customizzabili.
Sharing: possibilità di embed nella pagina web su MySpace, Typepad, Blogger, del.icio.us, Flickr,
Blog It!
Verdetto: molte features per la community. Ma: Non è né facile né veloce. E’ stato possibile
effettuare l’upload del video dopo 3 tentativi. La qualità dei clip esistenti nel sistema è scarsa. Ci
sono problemi nell’upload di Quicktime.
YOUTUBE
http://www.youtube.com
E’ la community di video-sharing più grande di Internet.
Interfaccia: rating, favoriti, video flaggabili (segnabili come brutti o osceni), tagging e possibilità di
mettere commenti. Crea playlists, possibilità di iscriversi agli altri canali degli utenti ed effettuare
subscriptions per tags. La modalità full screen apre una nuova finestra.
Editing: Nessuno.
Condivisione: embed in altri siti web, come Friendster, eBay, Blogger, MySpace.
Verdetto: facile da usare. Qualità video decente e audio compresso. Il video incorporato in
Wordpress funziona bene. Veloce l’upload.
Nella versione che stiamo attualmente provando (ottobre 2006) sono state implementate una serie di
feature non presenti nelle versioni precedenti come ad esempio una progress bar durante l’upload,
miglioramento dei tempi di pubblicazione del video dopo l’upload, strumenti di controllo nel player
aggiuntivi.
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3.2.4 BEST PRACTICES: DUE TV SU IP PIEMONTESI DAL MONDO DELLA
DIDATTICA
3.2.4.1 EXTRACAMPUS TV
Il progetto televisivo EXTRACAMPUS nasce da un accordo programmatico con la Regione
Piemonte, l'Università degli Studi di Torino, la Direzione Regionale del MIUR e la Fondazione
CRT e si inserisce nel quadro dell'offerta di sperimentazione didattica avviata da tempo dalla
Facoltà di Scienze della Formazione, che nell'anno accademico 2003-2004 ha dato luogo alla
produzione di un "TG" universitario, andato regolarmente in onda, a cadenza settimanale, su alcune
delle più importanti emittenti televisive regionali del Piemonte. A partire dal 2005 il progetto si è
ampliato per dimensioni e complessità fino a prevedere una diffusione multicanale, in particolare
verso i nuovi orizzonti della televisione interattiva, nella prospettiva ormai avviata delle web-tv e
della tecnologia del digitale terrestre.
Gli obiettivi del progetto sono:
1. diffondere le informazioni istituzionali, scientifiche, culturali, e didattiche inerenti sia
l'Università degli Studi di Torino, con particolare attenzione all'offerta didattica anche ai fini
dell'orientamento, sia le Scuole e le altre istituzioni culturali e formative presenti sul
territorio, così da strutturare, mediante una comunicazione efficace, i più favorevoli rapporti
e scambi tra Università, Scuola e cittadini;
2. consentire l'acquisizione da parte dell' Università degli Studi di Torino e delle Scuole
piemontesi, con diretto coinvolgimento dell'offerta didattica in funzione sperimentale, delle
conoscenze linguistico-espressive, tecnologiche e organizzative oggi indispensabili per una
corretta e approfondita educazione alla produzione audiovisiva tradizionale e multicanale;
3. valorizzare le intelligenze e le creatività giovanili attraverso la sperimentazione di linguaggi
audiovisivi connessi allo sviluppo delle nuove tecnologie;
4. contribuire a promuovere a livello europeo l' accesso a nuove professionalità e la domanda
di nuove espressività da parte delle giovani generazioni.
In questa visione si rende necessario sperimentare, anche con l'ausilio di esperti e partner di livello
internazionale, nuovi format atti ad esprimere il meglio del potenziale ideativo e linguistico espressivo così da pervenire alla messa in onda di materiale strutturato ad hoc per una televisione
interattiva.
Per quanto riguarda la Web TV, interamente a cura di CSP, si tratta di un’implementazione di un
CMS (Content Management System) open source, interamente collegato a un Database.
L’implementazione ha previsto il collegamento a un video Server Microsoft attraverso il
collegamento del video a informazioni correlate nel database (titolo, descrizione, formati, ecc.).
I video sono in formato WMV (Windows Media) sia streaming che download streaming, con
qualità a 384 kbps, 320x240 di dimensione e V9 come codec, ma sono altresì disponibili in formato
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Mp4 e visibili attraverso una sottoscrizione allo standard RSS, che permette la fruizione in modalità
Vodcast.
La stessa TV on demand è stata integrata nel progetto Omega Box del CSP (vedi paragrafo 3.4.3),
diventando effettivamente un canale televisivo alternativo a quelli ricevuti via etere. Con il set-topbox open source (che meglio verrà trattato nel paragrafo 3.4.3) collegato alla TV, è possibile vedere
Extracampus TV via rete con il semplice click di un telecomando, con buona qualità “a tutto
schermo”.
Figura 12: Uno screenshot della Web TV di Extracampus TV: (http://extracampus.dschola.it)
3.2.4.2 WIPIE – PALINSESTO MULTIMEDIALE
La finalità del programma pluriennale WI-PIE (Wired, wireless, wideband Piemonte) è la
realizzazione, entro il 2007, di un'infrastruttura a banda larga che possa connettere capillarmente
tutti gli attori, pubblici e privati, sul territorio piemontese.Il portale Dschola è coinvolto nel
Programma Wi Pie, ed il particolare nella linea strategica 6, come uno degli strumenti di
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informazione sullo stato di avanzamento dei progetti e di aggiornamento sulle tematiche di interesse
che gravitano attorno ad esso, con particolare attenzione al mondo dell'istruzione e della
formazione.
Il CSP, nel corso dell’attività 2005, ha implementato un canale denominato “Wi-Pie” all’interno del
portale Dschola, contenente informazioni relative a progetti e dimostratori e specifiche sezioni di
documenti contenenti notizie e buone pratiche relative a tematiche quali streaming, wireless,
podcasting, IPTV, grafica 3D, gaming on line e broadband utili a informare il mondo delle scuole
sulle evoluzioni delle tecnologie in ambito applicativo.
In questa attività si propone di realizzare, all’interno del portale, uno specifico palinsesto di
contenuti audiovisivi per internet TV, rivolto principalmente a studenti ed insegnanti delle scuole di
ogni ordine e grado e al mondo dell’Università. Il CSP intende valorizzare i contenuti audiovisivi
avvalendosi di tecnologie di distribuzione via rete innovative, quali lo streaming e il vodcasting
(video podcasting), strumenti che possono avere un forte impatto comunicativo sull’apprendimento.
Gli obiettivi del progetto sono schematizzabili nei seguenti punti:
• realizzazione dell’infrastruttura di trasmissione streaming (back end) e l’implementazione
del contenitore web per la distribuzione dei contenuti audiovisivi via browser in ambiente
Internet (front end).
• implementazione di standard RSS per il vodcast all’interno della sezione audiovisiva
• costituzione di una redazione costituita inizialmente da componenti di CSP e in seguito
ampliata con il coinvolgimento di studenti, docenti, enti e/o altri attori del mondo
dell’apprendimento.
• progettazione di un palinsesto di contenuti per la scuola o prodotti dalla scuola che siano
utili a docenti e studenti per l’apprendimento teorico oppure tecnico-pratico, con l’intento di
dare visibilità a contenuti già esistenti ma inediti oppure archiviati.
• realizzazione di alcuni contenuti strumentali alla messa in onda del palinsesto (sigle,
grafiche, ecc.) e di altri contenuti prodotti “ad hoc” per il canale televisivo via Internet da
parte di CSP.
• supervisione redazionale e adattamento per la pubblicazione di contenuti derivanti dal
mondo della scuola (studenti, docenti, enti, associazioni, ecc.) e da altri soggetti
potenzialmente coinvolgibili nella sperimentazione (editori, case di produzione, freelance,
ecc.)
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Figura 13: Uno screenshot del portale multimediale Wi-Pie su Dschola (www.dschola.it)
3.3 IL VODCASTING E IL PODCASTING, COME UTILIZZARLI PER LA
DIDATTICA
3.3.1 COS'È IL PODCASTING E COME FUNZIONA
Per ricevere un podcast o vodcast (video podcast) sono necessari:
• un qualsiasi supporto connesso ad internet (un PC, ad esempio)
• un programma client apposito (spesso gratuiti)
• un abbonamento presso un fornitore di podcast (spesso gratuiti)
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Un podcast funziona alla stregua di un abbonamento ad una pubblicazione periodica, utilizzando
una metafora: il supporto connesso ad internet è la cassetta postale, il client è il postino, e il fonitore
di podcast è la casa editrice. L'abbonato riceve regolarmente le pubblicazioni, e può ascoltarle o
vederle nella modalità e nei tempi che gli sono più congeniali.
Il podcasting funziona grazie ad un semplice software gratuito (per esempio iTunes, Juice,
Doppler) che, a intervalli regolari, si collega a internet e controlla quali audio o video sono stati
pubblicati dai siti ai quali si è abbonati: se ne trova di nuovi, li scarica. La notifica della
pubblicazione di nuove edizioni avviene tramite un feed RSS scambiato tra il sito del produttore e il
programma dell'utente.
I podcast potranno poi essere ascoltati in ogni momento poiché la copia del file, una volta scaricata
automaticamente, rimane sul computer dell'abbonato. In tal modo non si rende necessaria alcuna
operazione attiva da parte dell'utente. Inoltre, a differenza delle web radio in streaming, i podcast
non richiedono necessariamente un collegamento ad internet durante la fase di ascolto, ma solo in
fase di download: ciò permette di fruire dei podcast anche off-line o in condizioni di mobilità.
3.3.2 DIFFERENZE TRA PODCASTING E STREAMING
Qualche definizione:
• Broadcast indica una trasmissione radio tradizionale, ascoltabile ad una determinata ora
decisa dall'emittente
• Streaming indica una risorsa ascoltabile in qualsiasi momento tramite un collegamento
internet al sito dell'emittente
• Podcasting indica una risorsa ascoltabile in qualsiasi momento, scaricata automaticamente in
formato mp3, mp4 (o altro) dal sito dell'emittente. Il formato mp4 è utilizzato per i video
visualizzabili sia dall’iPod Video che dalla Play Station Portatile
Iscriversi ad un podcast permette all'utente di ottenere file che possono essere riprodotti anche offline, e di disporre di una grande quantità di fonti da cui attingere. Al contrario il broadcast offre una
sola trasmissione alla volta, e obbliga ad essere sintonizzati ad una determinata ora.
L'ascolto di audio in streaming su internet può eliminare l'obbligo di sintonizzazione in un
determinato momento dato dalle trasmissioni tradizionali, ma offre comunque una sola risorsa alla
volta, ed obbliga l'utente ad essere connesso ad internet durante la riproduzione del file. La capacità
di ricevere automaticamente pubblicazioni da fonti multiple è proprio uno dei punti di forza che
distinguono il podcasting dalle trasmissioni tradizionali, e dalle trasmissioni in streaming.
Nonostante i programmi in streaming - alla stregua delle trasmissioni radio tradizionali - possano
essere più o meno facilmente registrati dal ricevente, la loro natura transitoria li distingue
nettamente dai programmi podcast, che invece arrivano già in formato compresso sul proprio
computer (è la stessa differenza che c'è tra ascoltare un brano alla radio e scaricarlo in mp3): questa
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rappresenta una diversità considerevole anche da un punto di vista legale, ed ha infatti suscitato
accese polemiche.
3.3.3 DIFFUSIONE DEL PODCASTING E ALCUNI ESEMPI
L'uso del podcasting si è nel tempo enormemente diffuso, raggiungendo livelli di pubblico tali da
indurre la stessa Apple ad investire intensamente nel settore, offrendo nel firmware dell'iPod una
voce di menù dedicata al podcasting, con oltre 3000 podcast gratuiti.
Molti celebri artisti (come Jovanotti, Max Pezzali, Fiorello, Bruce Springsteen, ecc.) hanno creato
un proprio podcast dove parlano di sé fra canzoni e vita privata.
Anche il mondo del giornalismo, della politica, e della comunicazione si sono interessati al
podcasting. In Italia, ad esempio, RadioRAI offre le proprie trasmissioni come podcast; il
quotidiano La Repubblica distribuisce via podcasting le trasmissioni di "Repubblica Radio"; anche
RadioDJ, Radio105, RDS, Radio Nostalgia e molte altre propongono le proprie trasmissioni con la
tecnologia del podcasting.
3.3.4 VODCASTING E CANALE WI-PIE/DSCHOLA
Con la fruizione via PC è possibile raggiungere un ampio numero di utenti con formati video Mpeg
o quicktime. Con la fruizione via dispositivo portatile è possibile raggiungere principalmente gli
studenti delle scuole superiori e universitari. In questo caso il formato video compatibile è solo
Mpeg4 (MP4).
Il vantaggio di iPod e PSP (Play Station Portatile) è che gli studenti si dotano autonomamente di
questi terminali. Diventa particolarmente strategico poter, quindi, sperimentare la diffusione
mediante questo nuovo servizio di contenuti video e di materiale educational con questo target.
La grande opportunità è data dal fatto che su Dschola e su Extracampus sono già presenti un
adeguato numero di video di qualità per consentire di sperimentare questo tipo di tecnologia.
Parallelamente, nelle scuole della rete Dschola, possiamo contare su un numero interessante di
questi terminali già a disposizione degli studenti. A differenza dei player portatili come l’iPod la
PSP è perfino in grado di connettersi alla rete wireless della scuola (sperimentazione in corso al
Majorana di Grugliasco) e quindi di scaricare i contenuti direttamente dalla rete.
Diventa, quindi, molto importante l’acquisto dell’ iPod Video e della PSP allo scopo di verificare la
possibilità fornire video, contenuti, materiali e corsi on-line per i dispositivi portatili degli studenti
cosi come già avviene in alcune scuole degli stati uniti. La sperimentazione in atto in USA prevede
l’acquisto da parte delle scuole di Palmari, cosa improponibile da noi, ma la diffusione della PSP
tra gli studenti mi sembra già oggi superiore alla diffusione dei palmari.
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3.3.5 VODCASTING E ALTRE SPERIMENTAZIONI CSP
Vista l'ampia diffusione del video, con la disponibilità ormai massiccia sia della larga banda che dei
sistemi mobili per la trasportabilità dei contenuti multimediali, diventa fondamentale un'attività di
investigazione e test lato device. Il repository più noto (video.google.com) fornisce la possibilità del
download, oltre che per Windows/Mac, anche per le due piattaforme mobili che supportano il video
più diffuse, ossia Video iPod e Sony PSP (es. del video del domino CSP (http://video.google.com/videoplay?docid=688990324046561968&q=csp).
Podcast e vodcast sono servizi già in uso all'interno del progetto Sat@Once come tipologia di
formati supportati dal client Casablanca.
Il Vodcasting, non come fruizione in locale di contenuti, ma come sfruttamento del feed RSS “well
formed”, consente anche comodamente l’aggiornamento e la diretta connessione alle Internet TV in
modalità streaming. Ne è un esempio la sperimentazione in atto su Omega Box (InLab) che
attraverso un file XML per il vodcasting permette la sintonizzazione sul servizio video on demand
di Extracampus già presente sul web, ma fruibile così non con un PC ma con un Box Media Center.
I device mobili in questo senso risultano fondamentali dal punto di vista complementare ma anche
alternativo alla fruizione di video su PC o da TV in salotto.
3.4 COME CAMBIERANNO LE MODALITÀ DI FRUIZIONE: DAL PC AI
SET-TOP-BOX EVOLUTI DA SALOTTO
3.4.1 LE FUNZIONALITÀ INNOVATIVE DI UN MEDIA CENTER
.
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Il contesto di utilizzo di un media center è il salotto di casa e il principale obiettivo dello strumento
è quello di sostituire una serie di apparecchi (comandabili con telecomando) per la gestione dei
"media" casalinghi.
Il valore aggiunto di un media center rispetto ai vecchi apparecchi (videoregistratore, decoder dtt,
decoder sat, lettore dvd, registratore dvd, mp3 player, radio, stereo,...) è però l'accesso a servizi
internet. Accedendo a questi servizi il media center non deve scimmiottare il PC (inteso non come
macchina ma come stile di utilizzo) perché quello che conta è il servizio, non la modalità con il
quale si accede ad esso.
La modalità deve essere trasparente e usabile. Il media center deve filtrare tutta una serie di
potenzialità offerte dal PC per ottenere informazioni visibili e usabili con un telecomando a 4 metri
di distanza, seduto sul divano e non alla scrivania.
Non bisogna dimenticare che quello che funziona maggiormente su una Tv è la TV.
Il gioco di parole ci aiuta a capire che quello che ci si aspetta di vedere su uno schermo sono
immagini in movimento e suoni. Devono quindi operare al meglio le funzionalità di playing
televisivo, PVR (Personal Video recording), passaggio da un canale all’altro, fluidità delle
immagini, buona lettura dei flussi streaming, ecc.
Se il media center deve sostituire una serie di apparecchi obsoleti deve necessariamente curare la
qualità audio e video e quindi interfacciarsi con impianti stereofonici a 5 o più canali e schermi ad
alta definizione.
3.4.2 IL MEDIA CENTER IN AMBITO SCOLASTICO
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Pensare all’utilizzo di un media center a scuola può essere un passo avanti nella gestione delle
risorse informatiche in abbinamento a quelle “media”. Ipotizziamo 4 scenari d’uso:
1. In classe nelle scuole primarie, collegato al televisore, a un monitor 32” o a un
videoproiettore il media center può sostituire il videoregistratore, il lettore DVD e anche un
PC per l’utilizzo di software didattico (CD e DVD con contenuti x bambini) e videogiochi.
Per quanto riguarda il software didattico occorre controllare preventivamente la
compatibilità. Questa è una modalità utilizzata già in molte scuole, che si dotano di carrello
per trasportare TV e videoregistratore nelle varie aule. In questo caso il media center
sostituirebbe il videoregistratore e potrebbe essere usato anche con contenuti non presenti in
locale, ma recuperati da un server centrale, nel caso sia collegato alla rete wired o wireless.
2. Nell’auditorium, collegato al videoproiettore e all’impianto audio per gestire tutte le
funzioni principali di un auditorium con il telecomando: tv, dvd, presentazioni, foto, volume
sala, e videoconferenza. Anche in questo caso i contenuti possono essere letti direttamente
dai server in rete oppure da internet in modalità IPTV, Web TV on demand o Vodcast.
3. Un media center potrebbe essere usato anche come videoserver della scuola, posizionato nel
centro audiovisivi, dotato di hard disk di grossa capienza e collegato in rete. Questo
strumento può sostituire tutte le videocassette e altri contenuti su supporti analogici e
deperibili che fanno parte dell’archivio, previa digitalizzazione dei contenuti. Per questo
motivo, oltre alle funzioni di base, un mediacenter dovrebbe avere la possibilità di registrare
su disco rigido i DVD e le videocassette della scuola.
4. Il media center è, inoltre, in grado di registrare autonomamente, previa programmazione, le
trasmissioni educational o di interesse per gli allievi ed i docenti utilizzando le normali
procedure scolastiche di segnalazione al tecnico oppure direttamente dai docenti mediante
un servizio di EPG (Electronic Program Guide). I contenuti registrati saranno così fruibili sia
rete cablata o wireless da un qualsiasi pc in classe, in laboratorio o in giardino.
3.4.3 BEST PRACTICES: OMEGA BOX, UN MEDIA CENTER OPENSOURCE
SPERIMENTALE
Ωbox è stato realizzato nell’ambito delle attività di ricerca di INLAB, il laboratorio permanente di
CSP innovazione nelle ICT costituito insieme al Politecnico di Torino-Telecommunication Network
Group dedicato alla reti integrate per il trasporto di voce, video e dati.
L'obiettivo principale di INLab è lo studio di tutti gli aspetti relativi alle reti IP ed ai servizi
multimediali, dalla telefonia IP allo streaming, e le attività del gruppo spaziano dagli aspetti
applicativi a quelli infrastrutturali.
Per la realizzazione di ΩBox è stata utilizzata una piattaforma Open Source, basata su sistema
operativo Linux.
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Il sistema adotta un personal computer ad alte prestazioni di calcolo e di memorizzazione dati, utile
all’acquisizione e alla gestione di contenuti audio e video ma anche ad altre servizi utilizzabili con il
telecomando per superare le tipiche difficoltà di interazione uomo-macchina alla base delle
problematiche del digital divide. Si propone, inoltre, come strumento per favorire la convergenza tra
applicazioni per l’intrattenimento e per la comunicazione quali, ad esempio, il Voice over IP e l’IPTV.
ΩBox Media Center ha integrate funzionalità di accesso, di fruizione e di gestione di servizi e
contenuti multimediali.
Tra le caratteristiche principali si possono elencare:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Televisione Digitale Terrestre;
Televisione Satellitare (opzionale);
IP-TV (Internet Television);
PVR (Personal Video Recorder);
Riproduzione DVD;
Riproduzione CD Audio;
Riproduzione Video (Mpeg1, Mpeg2, Mpeg4, Avi, Divx);
Riproduzione Audio: (Mp3, Wav, Mid …);
Riproduzione Immagini: (Jpeg, Png, Bmp, Gif …);
Accesso a risorse Internet;
Supporto per connettività GPRS/UMTS (opzionale);
MHP 1.1
ΩBox Media Center presenta le seguenti caratteristiche hardware:
•
•
•
•
•
•
•
•
Processore: Pentium 4 a 3GHz
Memoria: 512MB DDR2
Hard Disk: 250GB SATA
Masterizzatore DVD DL
FSB a 800 MHz
Chipset ATI Radeon Xpress 200
Telecomando a infrarossi
Tastiera/Mouse wireless (opzionale)
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Slot lettore CF
Lettore/Masterizzatore DVD
Lettore Memorie SD
Porte USB
Porte FireWire
Microfono e uscita audio
Video composito
S-Video
Audio e mic
Tastiera e mouse
Porta Ethernet
Porte USB
Uscita video DVI
VGA
Porta parallela
Slot per schede
DVB-T e DVB-S
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3.5 I VIDEO FORMATI “OPEN” E QUELLI PROPRIETARI
In questo paragrafo vengono affrontate le tematiche relative ai formati video digitale, riproducibili
in vari ambienti hardware e software e i player utilizzati per la loro lettura.
In particolar modo, nella seguente tabella, vengono presi in esame i player multimediali più diffusi e
i relativi formati video supportati in riproduzione.
Player
Formati video supportati
avi, mpg1, mpg2, mp4, wmv, dvix
Windows Media Player
mov, avi, mpg1, mpg2, mp4, dvix,
swf, flv
Quck Time Player
avi, mpg1, mpg2, mp4, dvix, wmv,
flv, swf
Video Lan Player
rm, ram, avi, mpg1, mpg2, mp4,
dvix
Real Player
Flv,gvi
Google Player
avi, mpeg 1, mpeg 2, xvid, divx,
wmv
BS Player
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Proponiamo ora un analisi incrociata tra i formati video, i browser web e i sistemi operativi comunemente più diffusi. Il proposito è quello di
individuare un sistema/formato di riproduzione video embedded in grado di raggiungere il maggior numero di utenti.
S.O + Browser
Formati video
Windows
Firefox
Si,
Wmv
+ Apple + Firefox
Si, con
Windows
Explorer
Si, nativo
Windows
Media Libreria di terze
Player Plug-in
parti (Flip4mac)
Si,
Si, con
con
QuickTime Quick Time plugPlug-in 7.0.4
in 7.1.3
Si,
Apple + Safari
Linux
konqueror
Si,
NO
+
Windows
Media Windows
Media
Player Plug-in per Player Plug-in per
Mac
Mac
Si, con
Quick Time (mov)
+ Apple + Explorer
Si, con
Si, con
Si, con
Quick Time plug- Quick Time plug- Quick Time plug- Quick Time plugin 7.0.4
in 7.1.3
in 7.1.3
in 7.1.3
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Real video
Si, con RealPlayer Si, con RealPlayer Si, con RealPlayer Si, con RealPlayer Si, con RealPlayer NO
Plug-in
Plug-in per Mac
Plug-in
Plug-in per Mac
Plug-in per Mac
(rm, ram)
AVI/Divx/Xvid
(divx, xvid, avi)
Indispensabile
Indispensabile
Indispensabile
Indispensabile
Indispensabile
NO
installazione codec installazione codec installazione codec installazione codec installazione codec
Active X
Active X
Active X
Active X
Active X
Si, con Flash Player Si, con Flash Player Si, con Flash Player Si, con Flash Player Si, con Flash Player Si, con Flash Player
Flash video (flv,
swf)
Mpeg
Mpg, mpe
Si
con
con
QuickTime Plug-in
o con RealPlayer
Plug-in
Si
con
con
QuickTime Plug-in
o con RealPlayer
Plug-in
Si
con
con
QuickTime Plug-in
o con RealPlayer
Plug-in
Si
con
con
QuickTime Plug-in
o con RealPlayer
Plug-in
Si
con
con NO
QuickTime Plug-in
o con RealPlayer
Plug-in
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D 02.01
Mp4
Si
con
con
QuickTime Plug-in
o con RealPlayer
Plug-in
Si
con
con
QuickTime Plug-in
o con RealPlayer
Plug-in
Si
con
con
QuickTime Plug-in
o con RealPlayer
Plug-in
Si
con
con
QuickTime Plug-in
o con RealPlayer
Plug-in
Si
con
con NO
QuickTime Plug-in
o con RealPlayer
Plug-in
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Dalla tabella si evince chiaramente che l’unico formato in grado di essere effettivamente distribuito
facilmente in modalità multipiattaforma è il Flash video (flv, swf), non a caso scelto anche da
portali di video condivisione su internet quali YouTube e GoogleVideo.
A supporto di quanto detto vi proponiamo il seguente grafico statistico sull’utilizzo dei player su
scala mondiale.
Figura 14: Fonte immagine: www.adobe.com
Windows Media (wmv, asf, asx wvx)
Windows Media Video (WMV) è il nome generico per una serie di tecnologie proprietarie
sviluppate da Microsoft per lo streaming di file video. Fa parte della piattaforma Windows Media.
A partire dalla versione 7 (WMV1), Microsoft ha usato una sua versione modificata dello standard
MPEG-4. Lo stream video è spesso abbinato a quello audio di Windows Media Audio.
I file WMV sono riproducibili con Windows Media Player su sistemi operativi Microsoft Windows
e Macintosh. Esistono anche player di terze parti, come MPlayer per Linux, che riproduce file
WMV usando l'implementazione FFmpeg del codec di WMV, non sempre riuscendoci, in quanto le
specifiche di codifica e di decodifica non sono pubbliche.
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I Video WMV possono essere incorporati in contenitori di formato AVI o Advanced Streaming
Format (ASF), a formare file chiamati .avi o .asf rispettivamente (in quest'ultimo caso il contenuto
può essere soltanto audio e video).
Di solito WMV utilizza il contenitore AVI quando si usa per la codifica Windows Media Video 9
VCM per Windows. Microsoft's Windows Media Player per Mac, invece, supporta solo il
contenitore ASF. WMV è dotato anche dell'opzione di gestione dei diritti digitali ("Digital rights
management").
Microsoft ha sottoposto la Versione 9 alla Society of Motion Picture and Television Engineers
(SMPTE), per l'approvazione come standard internazionale (a gennaio 2005 era ancora sotto esame
con il nome di bozza VC-1). Questo codec è usato anche per la diffusione della televisione ad alta
definizione su DVD in un formato che Microsoft commercializza col marchio WMV HD. Questo
formato può essere riprodotto anche su computer o lettori DVD compatibili.
Quick Time (mov)
In informatica, QuickTime è il nome che Apple ha dato all'architettura del suo sottosistema di
visualizzazione e al suo formato di file proprietario molto diffuso su sistemi Macintosh. Viene
quotidianamente utilizzato da web developer per creare video clip cross-platform che possono
essere scaricati da internet o visualizzati in streaming.
QuickTime è un formato file "contenitore", che può racchiudere video, audio, immagini virtuali e
altri tipi di informazioni multimediali come per esempio un filmato Flash. Apple sviluppò
QuickTime in modo da essere estensibile e flessibile nel tempo: files in formato QuickTime 1.0
possono essere riprodotti dall'ultima versione, QuickTime 7.
Apple ha rilasciato il lettore multimediale per Macintosh e Windows col nome di QuickTime
Player. Apple inoltre ha un software che può generare le tracce per i file "QuickTime", chiamato
QuickTime Pro . Ulteriormente, l'azienda ha rilasciato il lettore iTunes (progettato per leggere e
gestire con semplicità i file audio) che utilizza le tecnologia QuickTime per il playback dei file
audio.
Gli sviluppatori che vogliono utilizzare QuickTime si possono avvalere di un Application
framework per sviluppare applicazioni multimediali per Mac o Windows in C o in Java.
Lettori indipendenti di file QuickTime 6 (MPEG-4) esistono per molti sistemi operativi, come per
esempio la libreria FFmpeg che supporta anche il formato Sorenson video compression format.
Apple, tuttavia è la licenziataria esclusiva della tecnologia Sorenson.
Real video (rm, ram)
Real Video è un video codec proprietario, sviluppato dalla RealNetworks. La sua prima release
risale al 1997.
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Real Video è stato usato inizialmente per servire video streaming attraverso le reti internet ad un
basso bit rate verso personal computer. Lo sviluppo delle connessioni verso la banda larga ha
permesso in tempi recenti di offrire filmati con una maggior qualità. Inoltre, lo streaming consente
di scaricare e vedere filmati di qualsiasi tipo su apparecchi cellulari.
Real Video differisce dalle codifiche normali in quanto è un formato proprietario ottimizzato
esclusivamente per lo streaming attraverso il protocollo (proprietario) PNA oppure tramite il Real
Time Streaming Protocol. Può essere usato per scaricare e vedere video o per uno streaming live
AVI/Divx/Xvid (divx, xvid, avi)
XviD è un codec video open source aderente allo standard MPEG-4 (profilo ASP) originariamente
basato su OpenDivX. Il progetto XviD è partito nel Luglio 2001, con la chiusura del progetto
OpenDivX da parte di DivXNetworks Inc., società creatrice del popolare codec DivX.
Il DivX® è un formato di compressione video sviluppato da DivX Inc. Attraverso l'apposito codec è
possibile riprodurre e creare file video di questo formato. La particolarità del DivX sta nella sua
versatilità nel produrre file di dimensioni ridotte di filmati di lunga durata, lasciando pressoché
inalterata la qualità dell'immagine. In pratica, con le opportune impostazioni, è possibile convertire
un film DVD di 6-8 Gigabyte in un file DivX di 700Mb (la dimensione di un cd rom) con una
qualità video e audio più che discrete. Per questo motivo, è stato al centro di controversie per il suo
utilizzo nella duplicazione e distribuzione di DVD protetti.
Mpeg
MPEG-2 (acronimo di Motion Picture Experts Group) è un sistema di codifica digitale di immagini
in movimento, che permette di comprimere i dati mantenendo una buona qualità.
MPEG-2 è stato destinato al broadcast televisivo, fin dalla sua introduzione nel 1994. Una efficiente
codifica per il video interlacciato e la scalabilita sono state le caratteristiche che hanno permesso di
digitalizzare efficacemente i segnali televisivi. Grazie all’MPEG-2 si ottengono immagini televisive
di buona qualità con bitrate compresi tra 4 e 9 Mbit/s.
MPEG-2 è costituito da "profili" e "livelli". I profili definiscono la modalità di compressione
utilizzata e stabiliscono di fatto il compromesso tra tasso di compressione e costo del decodificatore.
I livelli definiscono la risoluzione di immagine ed il bitrate massimo da associare ad ogni profilo. Ci
sono complessivamente 4 livelli e 5 profili le cui caratteristiche sono riassunte nella figura 1. La
combinazione attualmente utilizzata dalle trasmissioni digitali per ricezione diretta impiega il
cosiddetto "main level @ main profile" MP@ML.
MPEG-4, presentato nel 1998, è il nome dato a un'insieme di standard per la codifica dell'audio e
del video digitale sviluppati dall'ISO/IEC Moving Picture Experts Group (MPEG). L'MPEG-4 è uno
standard utilizzato principalmente per applicazioni come la videotelefonia e la televisione digitale,
per la trasmissione di filmati via Web, e per la memorizzazione su supporti CD-ROM.
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MPEG-4 supporta tutte le caratteristiche degli standard MPEG-1 e MPEG-2 oltre a tutta una serie di
nuove caratteristiche come la gestione tridimensionale degli oggetti (tramite un estensione del
VRML). I flussi audio e video vengono trattati dello standard MPEG-4 come oggetti che possono
essere manipolati e modificati in tempo reale. lo standard supporta caratteristiche specificate da
terze parte come una particolare gestione dei Digital Rights Management o una gestione interattiva
dei
contenuti.
La maggior parte delle caratteristiche dell'MPEG-4 sono opzionali e quindi la loro implementazione
è lasciata alla discrezione dello sviluppatore. Questo implica che la maggior parte dei lettori di file
MPEG-4 non saranno in grado di gestire tutte le caratteristiche del formato. Per permettere un
elevata interoperabilità nel formato è stato incluso il concetto di profilo e di livello quindi i vari
lettori MPEG-4 potranno essere suddivisi a seconda dei profili e livelli supportati.
Flash video (flv, swf)
FLV (Flash Video) è uno dei formati attualmente più diffusi per pubblicazione di video su internet
tramite la tecnologia Adobe Flash Player version 6, 7, 8, 9. FLV. Per fare solo alcuni famosi esempi,
portali video quali Google Video, Reuters.com e YouTube si appoggiano su questo sistema di
pubblicazione.
A differenza di altri codec, flash video è visibile su tutti i sistemi operativi attraverso un player
facilmente scaricabile e gratuito o attraverso player di terze parti quali il windows media player
(ffdshow codec) , MPlayer, o VLC media player.
Adobe Flash Player (in precedenza Macromedia Flash) è un software per uso prevalentemente
grafico che consente di creare animazioni vettoriali principalmente per il web. Viene utilizzato
inoltre, grazie all’integrazione del linguaggio di programmazione Action script per creare contenuti
altamente interattivi e piattaforme di streaming audio/video.
La maggior parte dei file FLV usa una variante di H.263 per la codifica video. Alcuni file FLV
possono invece utilizzare catture di schermo che si compongono in piccole sequenze animate. Flash
player 8 supporta anche tecnologie VP6 generabili dallo strumento di encoding proprietario Adobe
di Flash 8 oppure altri software di terze parti come Flix encoding o Sorenson Squeeze. FLV può
contenere audio in formato PCM, ADPCM o MP3. FLV può contenere solo un flusso audio e uno
video per file.
Sistemi di Pubblicazione
• Incorporato all’interno di un SWF generato con authoring Flash
• Streaming via RTMPsu un Flash Player attraverso un Flash Media Server (Flash
Communication Server) , VCS ( Video Communication Server from Onlinelib VCS or the
open source Red5 server)
• Streaming via HTTP (Flash Player 8 e successivi)
• Progressively downloaded via HTTP (Flash Player 7 e successivi.)
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3.6 IL DRM (DIGITAL RIGHT MANAGEMENT) INTEROPERABILE: UN
MEZZO PER CONTROLLARE E TUTELARE LA PROPRIETÀ
INTELLETTUALE DEL CONTENUTO ED EVENTUALMENTE GESTIRE
LE RETRIBUZIONI.
3.6.1 INTRODUZIONE – COS’È IL DRM
DRM è l’acronimo di Digital Right Management, e con questi termini si intende l’insieme delle
tecnologie atte a controllare e/o restringere i diritti di utilizzo di contenuti digitali, tipicamente
multimediali quali ad esempio canzoni, film o eventi sportivi.
Al giorno d’oggi questa necessità è molto richiesta e sostenuta soprattutto dalle case di distribuzione
in quanto la pirateria e lo scambio illegale di materiale protetto da copyright ha raggiunto ormai
volumi decisamente alti: recenti statistiche mostrano che la banda su Internet è utilizzata
prevalentemente dagli applicativi di file sharing (con punte anche del 90%).
Si tenga presente che il termine right non rispecchia necessariamente le norme di legge inerenti i
diritti di autore; nella terminologia del DRM i diritti possono essere i più vari, come ad esempio:
•
L’utente può eseguire il file N volte
•
L’utente può eseguire il file fino alla data D
•
Il file può essere copiato N volte
•
Il file può essere copiato N volte e le copie eseguite solo M volte
Le tecniche utilizzate dagli RMS (Right Management System) sono basate principalmente su
algoritmi crittografici ed in particolar modo su quelli di cifratura: seppure tali algoritmi sono molto
sicuri un sistema di DRM attualmente non si può definire ancora sicuro in quanto i sistemi attuali si
basano fondamentalmente su soluzioni proprietarie le quali prevedono l’utilizzo di un player
anch’esso proprietario il quale tipicamente inibisce l’utilizzo degli output digitai delle schede di
riproduzioni audio/video; in tal modo un utente autorizzato a leggere un file multimediale può solo
effettuare una copia usando le uscite analogiche, ottenendo così copie di bassa qualità.
Questi sistemi hanno lo svantaggio che si troveranno sempre delle utility in grado di effettuare il
dump di un flusso digitale a partire dalle schede di riproduzione. Come si vedrà più avanti, l’unico
sistema per avere un RMS sicuro è quello di avere un hardware cui sappia gestire le primitive di un
sistema di DRM (Trusted Computing).
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3.6.2 SOLUZIONI
3.6.2.1 ADOBE PDF
La Adobe prevede una soluzione per la protezione dei diritti digitali per i file di tipo PDF, quindi
orientata sostanzialmente per la distribuzione di libri digitali (eBook).
Alla versione attuale, cioè Adobe Acrobat 7 / PDF version 1.6 il sistema di DRM prevede tre livelli
di sicurezza:
•
Password Security
•
Certificate Security
•
Policy Server
Di seguito si illustreranno con maggior dettaglio le tre soluzioni.
a) Password Security
Questo sistema di protezione è il primo ad essere stato impiegato dalla Adobe, infatti è possibile
garantire una retro compatibilità sino alla versione 3 di Acrobat.
Esso si basa sull’utilizzo di due tipi di password:
•
Una può essere richiesta all’apertura del documento ( user password)
•
Una può essere utilizzata per impostare i diritti sul documento ( owner password)
Almeno una delle due deve essere impostata in quanto il documento viene cifrato con una chiave
crittografica generata da almeno una delle due.
Vi sono tre livelli di cifratura:
•
Tutto il documento viene cifrato
•
Tutto il documento viene cifrato esclusi i meta-dati: in tal modo i motori di ricerca possono
accedere alle key words del documento e mostrarlo nei risultati della ricerca (compatibile
dalla versione 6 in poi)
•
Vengono cifrati solo gli allegati (compatibile dalla versione 7 in pi)
Considerazioni di sicurezza
Come detto in precedenza il documento viene cifrato utilizzato da una chiave crittografica generata
a partire da una delle due password impostate. Nel caso in cui non si imposti la user password tutte
le informazioni necessarie a effettuare la decifratura sono contenute nel file stesso in quanto
all’utente non verrà chiesto alcuna password alla sua apertura. Anche se la Adobe non ha mai
pubblicato l’algoritmo utilizzato per la protezione dei diritti, le diverse comunità hacker ne hanno
effettuato il _reversee engineering_; per questo motivo allo stato attuale vi sono diversi programmi
in grado di eliminare le protezioni sui diritti di un file PDF a patto che non sia stata impostata
nessuna user password.
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b) Certificate Security
A differenza del sistema precedente, questo da maggiore sicurezza e flessibilità in quanto in questo
modo vengono impiegati algoritmi a chiave pubblica.
In tal modo:
•
Non vi sono scambi di password
•
E’ possibile selezionare più destinatari
•
L’apertura del documento è sempre vincolata al possesso della relativa chiave privata
•
La definizione dei permessi non è eludibile con semplici programmi di crack
•
La definizione dei permessi è definibile in modo differente per ogni destinatario
Anche in questa modalità e possibile definire le parti da cifrare analogamente a quanto descritto nel
paragrafo precedentemente.
c) Policy Server
Questa modalità è senza dubbio quella che garantisce la maggiore flessibilità in assoluto e quindi
quella consigliabile in una realtà in cui il formato PDF è utilizzato su larga scala e sostituisce
l’utilizzo dei documenti cartacei.
La flessibilità di questa soluzione è dovuta al fatto che si utilizza un infrastruttura server denominata
Adobe LiveCycle? Policy Server (ALPS).
In questo modo le policy di gestione del documento è inserita all’interno del documento e viene
verificata sul server in modalità real-time.
I vantaggi nell’usare questa soluzione sono essenzialmente:
•
Possibilità di aggiornare le policy in modo dinamico senza dover ri-emettere il documento
•
Possibilità di far visualizzare il documento anche in modalità off-line inserendo una data di
scadenza
•
Integrazione con back-end standard quali ad esempio LDAP e Active Directory
Permessi
Acrobat definisce una serie di permessi definibili per alcune operazioni effettuabili su un
documento PDF:
•
Stampa consentita:
o
Nessuno
o
bassa risoluzione (150 dpi)
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o
•
alta risoluzione
Modifiche consentite:
o
nessuno
o
inserimento, eliminazione rotazione delle pagine
o
Compilazione di campi moduli e firma dei campi firma esistenti
o
Creazione di commenti, compilazione di campi moduli e firma dei campi firma
esistenti
o
Qualsiasi tranne l’estrazione di pagine
•
Copia di testo e immagini
•
Lettura testo con programmi di lettura peripovedenti
3.6.2.2 ITUNES / FAIR PLAY
FairPlay è il nome della soluzione di DRM della Apple. Questo sistema è attualmente utilizzato dai
player QuickTime e iTunes, iPod e dal negozio on-line iTunes Music Store.
FairPlay sembrerebbe non essere del tutto una novità in quanto fonti non ufficiali rivelarebbero che
sia derivato da una soluzione ideata tempo fa dalla Veridisc (http://64.244.235.240/).
Questo sistema cifra con opportune chiavi crittografiche flussi in formato AAC (lo stesso formato
impiegato in MPEG-4) e permette di proteggere i contenuti nei seguenti modi:
1. la traccia può essere copiata su qualunque numero di dispositivi iPod
2. la traccia può essere eseguita su al massimo cinque computer (preventivamente autorizzati)
contemporaneamente
3. la traccia può essere copiato un numero illimitato di volte su un CD audio; in questo caso in
linea di principio le tracce audio potranno essere estratte (o come si ice nel gergo “rippate”)
e convertite nuovamente in MP3 o AAC (senza alcuna protezione); si avrà però una notevole
perdita di qualità in quanto l’algoritmo di compressione in totale sarà eseguito due volte.
L’unico modo per non perdere in qualità è quello di estrarre le tracce in formato WAV
oppyre Apple Loseless. (Questa operazione comunque negli USA è perseguibile per legge in
quanto infrange la Digital Millenium Copyright Act)
4. una particolare playlist generata da iTunes contente una traccia protetta può essere copiata su
un CD fino a sette volte; dopodiché la playlist deve esser cambiata.
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3.6.2.3 MICROSOFT DRM
La tecnologia Microsoft per il digital rights management (DRM) permette di proteggere i media, sia
audio che video. I contenuti possono essere distribuiti in differenti maniere, ad esempio, come file
scaricabile da web o come stream. Per eseguire il media, l’utente ha bisogno di avere la propria
licenza, licenze che sono legate all’utente e non possono essere distribuite o copiate.
Una licenza stabilisce come il contenuto può essere utilizzato, e differenti combinazioni di permessi
possono essere creati per ottenere diversi scenari di utilizzo del media. Per un contenuto si possono
pertanto creare diverse licenze. Quando l’utente decide di eseguire il media, il player verifica se è
presente una licenza, se lo è la utilizza per decifrare ed eseguire il file in accordo con la licenza in
possesso, in caso contrario accede a una pagina web dove è possibile, in diverse maniere, ottenere la
licenza.
Architettura
Quando un utente decide di acquistare un media protetto, questo deve anche acquisire una licenza
che contiene la chiave per decifrare il file in modo da permetterne l’esecuzione. L’illustrazione che
segue mostra come un contenuto viene protetto, distribuito ed infine eseguito.
L’architettura è formata da tre componenti:
1. Content Provider
2. License Issuer
3. Utente finale
Il primo si occupa di prendere in input un video o un audio, di cifrarlo e di distribuirlo.
Il secondo genera le licenze necessarie per riottenere il file in chiaro. Ovviamente vi è una qualche
forma di comunicazione tra questo e il content provider.
L’utente finale acquista il media, richiede la licenza ed esegue il contenuto.
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Nel prossimo paragfrafo verranno descriiti a grandi linee gli attori coinvolti in tale archiettura e
come questi interagiscono fra di loro.
Content Provider
Il content provider si occupa di cifrare e distribuire i media. Per farlo deve seguire la procedura che
segue.
1. Richiedere a un license issuer le chiavi necessarie alla cifratura del media. Queste chiavi
solitamente vengono distribuite memorizzate in un file chiamato DRM Profile.
Il Profilo generato può essere utilizzato dal content provider per tutti i media che desidera.
Le chiavi sono:
1. License Key Seed
2. Public signing key
3. Private signing key
Le prime due devono essere mantenute in un database dal license issuer perché serviranno alla
generazione delle licenze.
1. Per ogni media da proteggere bisogna generare un key id che insieme al license key seed
permette di generare la chiave crittografica usata per cifrare il file. Il key id è
un’informazione pubblica mentre il license key seed deve restare segreto.
2. Mediante la chiave generata con la key id e il license key seed si cifra il media.
3. Si crea un header da allegare al media cifrato il quale conterrà la key id, l’url di acquisizione
licenza e altre informazioni facoltative.
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4. L’header va cifrato con la private signing key del content provider per evitare la modifica
delle informazioni in esso contenute.
5. Il file protetto è pronto per l’invio all’utente finale.
Consumer
L’utente finale riceve in qualche modo il media e lo esegue con windows media player (o con un
altro compatibile con la tecnologia DRM). Nel momento in cui il player legge il file si accorge
dell’header drm, ne estrapola la license acquisition url, si connette al license issuer (mediante l’url)
e avvia la procedura di acquisizione della licenza.
Nel momento in cui il player si connette invia in un challenge l’intero header del media mediante il
quale il license issuer otterrà le informazioni per generare la licenza.
License Issuer
Il license issuer deve prendere in esame l’header e usarne i dati per generare una licenza. Questo
ovviamente solo dopo che l’utente ha effettivamente acquistato il diritto ad averne una. L’acquisto
può avvenire in un qualsiasi momento prima della generazione.
Le fasi che il license issuer deve seguire per generare una licenza
1. Presa in esame della richiesta di un player con successiva estrazione dell’header del media
2. Identificazione del media, del content provider ed eventualmente dell’utente.
3. Se per quel media è stata pagata la licenza si utilizza il license key seed e la key id per
generare la chiave di decifratura da inviare all’utente.
4. Generazione della licenza con i diritti di esecuzione per il quale si ha pagato.
5. Invio della licenza al player.
3.6.3 LA TECNOLOGIA TRUSTED COMPUTING
Tutte le soluzioni di DRM attualmente disponibili soffrono di un vincolo fondamentale: devono
avere il livello hardware “fidato” altrimenti in linea di principio ogni sistema è attaccabile.
Ad esempio un file musicale protetto con FairPlay una volta mandato in esecuzione è possibile
effettuare il dump dei campioni sonori accedendo direttamente dalla scheda audio di un PC, oppure
un file PDF protetto, una volta aperto, in linea di principio è possibile generarne una copia senza
limitazioni accedendo direttamente al frame buffer della scheda video. Per avere soluzioni sicure i
sistemi di DRM si devono appoggiare su hardware o proprietari di cui non sono note le specifiche
oppure su un apposito hardware “sicuro”. La prima non può essere considerata una vera e propria
soluzione in quanto la sicurezza di un prodotto non si costruisce sulla segretezza degli algoritmi e
delle specifiche, anzi queste devono essere il più pubbliche possibili.
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Proprio per questa ragione da qualche anno si sente ormai il termine “Trusted Computing” (TC),
per indicare una piattaforma hardware in grado di garantire certi livelli di protezione ai sistemi
operativi ed alle applicazioni eseguite su di essa.
Tale tematica è molto sentita, e ciò lo dimostra la creazione di un Trustd Computing Group ( TCG http://www.trustedcomputinggroup.org) costituito nel 2003 dalle più grandi case produttrici di
hardware e software quali ad esempio: AMD, HP, IBM, Intel, Microsoft, Sony, Sun_. Essi si
definiscono un’associazione non a fine di lucro per definire una serie si standard aperti relativi al
Trusted Computing.
Nel prossimo paragrafo si illustreranno i principi su cui funziona tale architettura e quali sono i
componenti base.
Principi di funzionamento
Le implementazioni prototipali (quali ad esempio il sistema Palladium di Microsft) sembrano
andare su un architettura basata su sostanzialmente cinque componenti:
1. Fritz Chip, ovvero una smart card (o una chiave hardware) inserita sulla scheda madre del
trusted computer
2. Curtained Memory, ovvero una memoria all’interno della CPU atta a trattare dati sensibili
3. Security Kernel, presente all’interno del sistema operativo (Microsoft lo ha chiamato
Nexus)
4. Security Kernel Applicativo, presente all’interno di ogni applicazione che vuole godere del
TC ( NCA nella terminologia Microsoft)
5. Infrastruttura di back-end, costituita da una serie di server per la gestione dei diritti,
licenze e policy.
Il ruolo del Frtiz Chip è quello di monitorare il processo di boot e controllare che il PC sia integro
sia a livello hardware che software; questa operazione è effettuata mediante il calcolo di un hash
basato su informazioni di sistema quali ad esempio numeri di serie di schede audio, video, rete e
versioni del sistema operativo e dei singoli driver. Se il processo di boot termina correttamente il
Fritz Chip rilascerà alle applicazioni TC le chiavi necessarie a decifrare i dati TC; in caso contrario
le chiavi non verranno distribuite e potranno essere eseguite solo le applicazioni cui accedono dati
non protetti.
Il Nexus invece svolge il ruolo di “ponte” fra Fritz Chip e i vari NCA. Inoltre controlla che tutti i
componenti hardware siano certificati e che quelli software siano firmati digitalmente da fonti
attendibili. In caso di cambiamento della configurazione o di anomalie, il sistema di elaborazione
deve essere riconvalidato on-line. L’ultima funzione del Nexus è quella di gestire la c urtained
memory in modo da separare i dati TC delle diverse applicazioni.
Quando una applicazione vuole accedere a dati protetti, tale accesso dovrà essere convalidato online: ad esempio se l’applicazione Media Player X vuole accedere al film Y di proprietà della società
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Z, il sistema chiederà al policy server di Z se l’applicazione X è autorizzata ad accedere a Y. In caso
positivo Z rilascerà le opportune chiavi che Fritz renderà disponibile all’applicazione.
3.6.4 I SISTEMI DI CONDITIONAL ACCESS PER LA TELEVISIONE DIGITALE (CAS
DVB)
Introduzione
i sistemi di conditional access (CAS - Condtional Access System) permettono di trasmettere
contenuti multimediali (nello standard MPEG/DVB) agruppi chiusi (comunià) di utenti.
Tali sistemi si differenziano dai consueti sistemi di DRM in quanto si applicano tipicamente a flussi
"live" in un ambito prettamente televisivo. Tali sistemi sono nati con la diffuzione della televisione
satellitare analogica e si sono evoluti fino al giorno d'oggi e sono applicati abitualmente per erogare
servizi a pagamento quali ad esempio:
•
PTV (Pay TV): Televisione a pagamento
•
PPV (Pay Per View) Acquisto di eventi televisivi singoli (ad esempio un film o una partita
di calcio)
Vale la pena sottolineare che gli stessi sistemi CAS utilizzati per le trasmissioni satelittari sono stati
impiegati nella televsione digitale terrestre italiana dai broadcaster Mediaset e LA7.
Esempi di CAS sono:
•
NAGRA (usato in Italia per le trasmissioni Mediaset Premium)
•
IRDETO (usato in Italia da LA7)
•
NDS (usato da SKY)
•
CONAX
Nel prossimo fututo di intravedono nuove applicazioni per questi sistemi. Possiamo citare
•
Le corportate TV, ovvero la trasmisisone di un segnale televisivo all'interno di un'azienda
•
IPTV, ovvero la telvisione su IP
Funzionamento dei sistemi di Conditional Access
Al fine di rendere i CAS il più possibile interoperabili fra di loro, l'ente di standardizzazione ha
definito una serie di strutture dati che devono essere utilizzate per trasportare le informazioni
necessarie alla decifratura del segnale.
Inoltre l'ETSI ha definito anche l'algoritmo di cifratura da utilizzare per offuscare i contenuti DVB.
Tale algoritmo si chiama CSA - Common Scrambling Algorithm e l'unico modo per reperirlo in
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modo ufficiale è quello di fare domanda direttamente all'ETSI dichiarando di essere o un costruttore
di Set Top Box (STB) oppure un produttore di CAS.
Questo processo di standardizzazione ha reso possibile l'suo di un solo decoder per fruire di
contenuti cifrati con diversi sistemi CAS. Tipicamente sui decoder satellitare basta inserire
l'apposita CAM (Conditional Access Module), ovvero un modulo che implementa in hardware la
decifratura di un flusso protetto con un particolare sistema CAS.
Nello scenario italiano odierno un eccezione è SKY che ha preferito sostituire l'intero decoder per
permettere la ricezione di programmi codificati con NDS: tale scelta è da attribuire probabilmente
alla necessità di volere rendere l'intero sistema il più proprietario e chiuso possibile al fine di
aumentare la resistenza a operazione di "cracking".
Per quanto riguarda invece la televisione digitale terrestre italiana si è scelto di non utilizzare le
CAM hardware bensì delle CAM software integrate nel firmware del produttore del Set Top Box; in
ques'ultimo caso dunque vi deve essere un accordo fra i produttori di STB, sviluppatori del
firmware e broadcaster.
•
Processo di cifratura: ECM e EMM
Gli ECM e gli EMM sono dei “contenitori” di informazioni private utilizzate dal sistema di accesso
condizionato per ottenere le chiavi necessarie alla decifratura. Queste strutture dati vengono inserite
dal multiplexer all’interno del transport stream durante la fase di cifratura del servizio. Verranno di
seguito descritti prima i tipi di chiavi e poi gli ECM e gli EMM.
•
La chiave utilizzata per cifrare il flusso digitale si chiama Control Word (CW): essa è lunga
8 byte ed è rigenerata dal broadcaster ogni 10 secondi
•
Una serie di chiavi chiamate Service Key (SK) (solitamente una per ogni servizio contenuto
nello stream) che servono per cifrare la Control Word. Per ogni SK viene creato un oggetto
cifrato chiamato Entitlement Control Message (ECM) contenente appunto la CW non in
chiaro.
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•
Vi è poi un’ultima chiave (User Key) che serve per permettere all’utente di ottenere la SK. Il
dato inviato in broadcast è proprio la SK cifrata con una chiave che solo l’utente
"autorizzato" conosce, ovvero la UK. L’oggetto cifrato, contenente una SK, è chiamato
Entitlement Management Message (EMM). Per ogni utente c’è una UK differente e quindi
per ognuno di essi verrà inviato un EMM diverso.
Ci sono due precisazioni da fare a riguardo:
1. Le user key non sempre sono una per ogni utente, a volte (a seconda del servizio offerto) si
possono raggruppare alcuni utenti. Ad esempio le partite di calcio trasmesse da mediaset
vengono sempre trasmesse le user key per tutte le carte in circolazione. Siccome queste carte
sono troppe da gestire singolarmente, vengono inviati solo alcune migliaia di UK. Questo è
possibile perché a gruppi le carte condividono la stessa chiave e perché ogni singola smart
card ha il credito memorizzato direttamente nella smart card stessa. Questo non è possibile
per sistemi come sky dove ad un utente è associato un abbonamento e sulla carta non c’è
l’informazione “l’utente ha pagato”. Quindi quando un utente non rinnova l’abbonamento
non si deve poter smettere di trasmettere la chiave solo per quell’utente e non per un intero
gruppo.
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2. Non è sempre vero che nell’EMM si trovi la SK cifrata. A volte possono esserci dei comandi
particolari che il programma sul box usa per far generare la SK in chiaro dalla smart card.
Nagravision utilizza questo metodo. Durante la fase di decifratura sul set top box il processo
sarà invertito.
3.
Nella figura che segue viene rappresentato graficamente questo concetto:
•
•
Lato broadcaster
o
creazione di una CW per cifrare il flusso
o
creazione di una SK per generare gli ECM
o
estrazione dal DB della UK per generare gli EMM
Lato utente
o
Estrazione della UK dalla smart card
o
Estrazione della SK dall’EMM
o
Estrazione della CW dall’ECM per decifrare il flusso
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3.6.5 STANDARD PER L’INTEROPERABILITÀ
3.6.5.1 MPEG-21
Lo standard MPEG-21 ha come obiettivo la definizione di un ambiente aperto per la distribuzione e
la fruizione di contenuti multimediali.
Esso ovviamente non poteva trascurare le problematiche di sicurezza e DRM (IPMP nella
terminologia MPEG), e quindi sono state dedicate tre parti per queste problematiche; esse sono:
•
Part 4 – Intellectual Property Management and Protection (IPMP)
•
Part 5 – Right Expression Language
•
Part 6 – Right Data Dictionary
Lo scopo di queste tre parti non è tanto quello di definire una tecnologia di DRM, bensì quella di
definire un protocollo ed una serie di messaggi al fine di garantire l’interoperabilità dei dispositivi e
degli strumenti a prescindere dalla tecnologia utilizzata quale ad esempio cifratura, watermarking,
autenticazione, ecc….
A tal fine è stato definito un linguaggio XML (REL) ed un suo dizionario (RDD). In questo capitolo
si descrivono gli elementi base di questo linguaggio. Per essere più precisi non vi è ancora una
implementazione standard di questo linguaggio, ma è stata definita solo la tecnologia sulla quale
deve essere basata, ovvero XrML (eXtensible rights Markup Language).
REL & RDD
Il Right Expression Language può essere visto come un linguaggio comprensibile dalle macchine
capace di definire i permessi definiti in un dizionario (Right Data Dictionary).
Il REL si basa su una serie di oggetti (Data Model) che si andranno qui ad illustrare.
Le entità coinvolte sono le seguenti:
•
Principal: è l’entità a cui viene concesso uno specifico permesso (right)
•
Right: è il permesso che viene concesso
•
Resource: è la risorsa su cui il Princial può esercitare i permessi
•
Condition: sono le condizioni a cui sono soggetti i permessi
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Le entità sopra descritte servono a definire un oggetto più esteso, ovvero la Licenza (license):
Come è possibile notare dalla figura precedente l’elemento aggiuntivo della licenza è l’emettitore
della stessa (Issuer).
Il linguaggio REL definisce tre livelli di definizione. Essi sono:
•
Core schema
•
Standard extensions
•
Multimedia extensions
Esempio
Di seguito viene illustrato un esempio di licenza ed una sua possibile implementazione XML: tale
licenza concede il diritto di stampare il documento alla URL http://www.ebook.org/book.pdf fino al
14/09/2007 al possessore di una bene determinata coppia di chiave pubblica/privata.
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3.6.5.2 CREATIVE COMMONS
Creative Commons è un’organizzazione senza fine di lucro nata nel 2001il cui scopo è quello di
diminuire le barriere legali allo sviluppo della “creatività” dei singoli individui che vi sono in molti
paesi.
Il principio cui si sono ispirati è quello che molto spesso una persona che rilascia un suo lavoro non
vuole distribuirlo con tutte le restrizione dettate dalla legislazione locale.
Attualmente la Creative Commons ha rilasciato la seconda versione (2.5) delle sue licenze e stanno
prendendo piede in molte nazioni e alcune di esse stanno valutando l’idea di riconoscerle anche
ufficialmente.
E’ in corso anche la standardizzazione dei metadati per il tagging dei contenuti quali ad esempio
MP3, PDF, siti WEB anche se allo stato attuale non si usa nessun approccio sicuro (basato ad
esempio su firma digitale) per garantirne la loro reale autenticità.
Nei prossimi paragrafi si andranno a illustrare le varie tipologie di licenze pubblicate dalla Creative
Commons e come queste possono essere inserite in alcune tipologie di contenuti.
Tipi di licenze
Tutte le licenze Creative Commons sono basate fondamentalmente su quattro tipi di restrizioni
combinabili fra di loro per ottenere la licenza vera e propria.
Tali restrizioni sono:
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D 02.01
•
Attribution: Chiunque può copiare, utilizzare, distribuire il lavoro con l’unico vincolo che
deve esserne citata l’attribuzione all’autore originale
•
Noncommercial: Come sopra ma non per fini commerciali
•
No Derivates Works: Chiunque può copiare, utilizzare e distribuire il lavoro con l’unico
vincolo che non può essere usato per derivare ulteriori lavori
•
Share Alike: Si permette di derivare lavori da quello originale mantenendo però lo stesso
tipo di licenza del lavoro originario
Le licenze disponibili sono sei e sono:
Nome
Sigla
Attribution
Derivatives
Non-commercial
No by-ncnd
Link alla licenza
http://creativecommons.org/licenses/by-ncnd/2.5/
Attribution Non-commercial Share Alike by-nc-sa
http://creativecommons.org/licenses/by-ncsa/2.5/
Attribution Non-commercial
by-nc
http://creativecommons.org/licenses/by-nc/2.5/
Attribution No Derivatives
by-nd
http://creativecommons.org/licenses/by-nd/2.5/
Attribution Share Alike
by-sa
http://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.5/
Attribution
by
http://creativecommons.org/licenses/by/2.5/
Metadati
Creative Commons ha definito una serie di metadati utilizzando il linguaggio standard _RDF
(Resorce Description Framework)_ inseribili nei più comuni formati di scambio quali:
•
HTML
•
RSS
•
MP3
•
OGG
•
SMIL
•
XMP
HTML
L’RDF viene inserito come commento HTML. Ad esempio:
65
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D 02.01
<!-<rdf:RDF xmlns="http://web.resource.org/cc/"
xmlns:dc="http://purl.org/dc/elements/1.1/"
xmlns:rdf="http://www.w3.org/1999/02/22-rdf-syntax-ns#">
<Work rdf:about="">
<license rdf:resource="http://creativecommons.org/licenses/by-nc/2.0/it/" />
<dc:type rdf:resource="http://purl.org/dc/dcmitype/MovingImage" />
</Work>
<License rdf:about="http://creativecommons.org/licenses/by-nc/2.0/it/">
<permits rdf:resource="http://web.resource.org/cc/Reproduction"/>
<permits rdf:resource="http://web.resource.org/cc/Distribution"/>
<requires rdf:resource="http://web.resource.org/cc/Notice"/>
<requires rdf:resource="http://web.resource.org/cc/Attribution"/>
<prohibits rdf:resource="http://web.resource.org/cc/CommercialUse"/>
<permits rdf:resource="http://web.resource.org/cc/DerivativeWorks"/>
</License>
</rdf:RDF>
-->
RSS
Nella struttura XML si inserisce il tag <license>. Esempio:
<creativeCommons:license>http://www.creativecommons.org/licenses/bync/1.0</creativeCommons:license>
MP3
Le informazioni circa la licenza Creative Common viene inserita nel campo TCOP nella struttura
ID3 del file mp3. A differenza dei casi precedenti si usa del testo libero e non in formato RDF.
Esempio:
Licensed to the public under
http://example.com/cclicenses.html
http://creativecommons.org/licenses/by/2.0/
verify
at
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La URL che segue la clausola verify at di riferisce invece alla descrizione RDF.
OGG
In questo formato la situazione è analoga ai file MP3 solo che il testo viene inserito nel LICENSE
COMMENT della struttura del formato OGG.
SMIL (Synchronized Multimedia Integration Language)
In questo genere di formato si utilizza la sintassi per definire un qualunque altro metadata. Esempio:
<metadata id="meta-rdf">
<rdf:RDF>
<!-- Element containing license metadata here -->
</rdf:RDF>
</metadata>
XMP
Il formato XMP definisce nativamente dei campi per la definizione delle politiche di DRM, come ad
esempio *xapRights:Copyright e xapRights:WebStatement* ; per avere compatibilità con la
definizione RDF è stato aggiunto anche cc:license. Il primo di questi può contenere la clausola
verify at per puntare ad una definizione RDF.
L’utilizzo di metadati standard permette lo sviluppo di applicazioni (quali ad esempio player Mp3)
in grado di mostrare e verificare le licenze.
3.7 L’HDTV E I SUPPORTI OTTICI AD ALTA DEFINIZIONE
Con il termine HDTV (High Definition Television) ci si riferisce a trasmissioni televisive a
risoluzioni molto più alte di quella usata tradizionalmente (SDTV - Standard Definition Television).
Se la realizzazione tecnica (produzione del contenuto, encoding digitale, trasmissione, ricevitore,
display) non lo impedisce, HDTV ha il potenziale di permettere un livello qualitativo più elevato di
quello attualmente in uso.
Un fotogramma video tradizionale nel sistema PAL è composto da 625 linee, di cui quelle dedicate
all'informazione video vera e propria sono circa 525. La risoluzione orizzontale del fotogramma non
è applicabile in termini di pixel al video analogico, dove ogni riga è composta da un segnale
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modulato analogico, quindi continuo, ma la sua risoluzione è in funzione della frequenza di
trasmissione di questo segnale, piu la banda sarà ampia piu informazioni si possono trasmettere in
ciascuna linea. Un segnale di qualità adatta alla trasmissione ha una banda di 5 Mhz, sufficienti per
risolvere circa 400 linee. Questo è il massimo teorico che può essere trasmesso con la codifica PAL,
anche se la qualità ottenibile realmente è inferiore. Se la sorgente è digitale, lo standard di
campionamento prevede invece 720 pixel sull'asse orizzontale. Questa è la qualità massima
ottenibile da una trasmissione DVB o da un DVD.
La tecnologia HDTV comprende due formati video, che differiscono sia per la risoluzione effettiva
che per le modalità di scansione dell'immagine.
•
Il formato 720p, chiamato comunemente HDV, presenta una risoluzione complessiva di
921.600 pixel (1280×720) con scansione progressiva, ovvero per ciascun ciclo di
trasmissione di un fotogramma (50 o 60 Hz a seconda dei Paesi) viene trasmesso l'intero
quadro dell'immagine.
•
Il formato 1080i, chiamato comunemente HD, presenta una risoluzione complessiva di
2.073.000 pixel (1920×1080) con scansione interlacciata, ovvero per ciascun ciclo viene
trasmesso un semiquadro formato alternativamente dalle sole linee pari o dispari
dell'immagine.
Per confronto, nelle riprese cinematografiche si gira a 24 fotogrammi al secondo per ottenerne 48 in
proiezione grazie all'uso di un otturatore a due pale, mentre le emittenti televisive tradizionali
trasmettono in scansione interlacciata 25 fotogrammi al secondo per il sistema PAL e 30 per il
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sistema NTSC, quest'ultimo a una risoluzione inferiore al precedente. La qualità relativa dei due
formati è legata, oltre che a considerazioni soggettive (preferenza verso una maggiore stabilità
dell'immagine o verso una maggiore risoluzione), ai contenuti del segnale trasmesso. Le scene con
movimenti più rapidi e frequenti possono beneficiare della maggiore rapidità di aggiornamento del
formato 720p, mentre le scene statiche possono trarre vantaggio dalla maggiore ricchezza di dettagli
del formato 1080i. Di fatto il sistema progressivo elimina i difetti di fermo immagine soprattutto
durante la fase di montaggio.
La definizione dei programmi HDTV è circa 4 volte superiore a quella del formato DVD e
nonostante la buona efficienza di compressione offerta dall'MPEG-4, lo spazio richiesto per la loro
archiviazione è comunque rilevante. Per quanto la prossima generazione di supporti Blu Ray offra
una capacità di ben 50 GB, questa sarà appena sufficiente per 2 ore di filmato ad alta definizione.
D'altra parte, l'uso di codec avanzati quali H.264 (MPEG-4 Part 10) consentirà la trasmissione della
qualità piena con bitrate abbastanza bassi, fino a scendere agli 8 Mbit di banda passante disponibile
sui ricevitori DTT.
A partire dai primi mesi del 2006 sono presenti sul mercato televisori in grado di supportare il
formato 1080p (Full HD).
notevoli miglioramenti dell'alta definizione sono apprezzabili solo se si possiede un intero set
HDTV, vale a dire sia televisore che decoder per ricevere le trasmissioni ad alta definizione
trasmesse dalle emittenti televisive, o un lettore ottico di dischi ad alta definizione come dal 2006
saranno il Blu Ray18 (il quale sarà integrato nella Playstation 3) e HD-DVD19 (supportato dall'Xbox
360). In caso contrario, se si tentasse cioè di visualizzare un contenuto HDTV con un televisore
tradizionale, non si noterebbero miglioramenti nella definizione, in quanto il vantaggio
fondamentale dell'alta definizione risiede proprio nella maggiore risoluzione del segnale video, circa
4 volte quello di un normale DVD.
C'è molta poca chiarezza nella maggior parte degli acquirenti, circa le effettive caratteristiche
tecniche di un televisore che abbia supporto all'alta definizione. Non è detto che un display di
elevata diagonale, con tecnologia TFT o plasma, sia una soluzione HD. Per dare un minimo di
sicurezza al consumatore, esiste il sigillo "HD Ready", stabilito della EICTA (European
Information, Communications and Consumer Electronics Industry Technology Association), che in
teoria dovrebbe dare la garanzia che un televisore sia in grado di visualizzare contenuti HD (in
teoria, perché nei negozi si sono giá visti televisori con questo sigillo, le cui caratteristiche tecniche
non lo permettevano). Il sigillo HD Ready dovrebbe garantire che il televisore:
•
ha una risoluzione verticale fisica di almeno 720 righe
•
dispone di (almeno) una presa analogica YUV (Component)
18
Maggiori informazioni alla pagina web: http://it.wikipedia.org/wiki/Blu-Ray_Disc
19
Maggiori informazioni alla pagina web: http://it.wikipedia.org/wiki/HD_DVD
69
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•
dispone di (almeno) una presa digitale (DVI o HDMI) protetta dal sistema HDCP
•
è in grado di visualizzare contenuti con i formati 720p e 1080i.
4. I DIMOSTRATORI DELL’AREA VASTA DI NOVARA
4.1 INTEROPERABILITÀ VIDEO NEI LCMS (LEARNING CONTENT
MANAGEMENT SYSTEMS)
Definire con precisione cosa sia una Piattaforma di E-learning non è un compito facile. Molte sigle
si sono accumulate nel tempo (Lms, Lcms, Cms, Vle), a seconda che l'enfasi sia posta sulla gestione
del contenuto e degli utenti (Learning Management System), sulla produzione e gestione dei
contenuti (Learning Content Management System), sul corso come unità didattica (Course
Management System), sull'ambiente di apprendimento (Virtual Learning Environment).
Consideriamo una piattaforma E-learning come un sistema software gestito e fruibile via web per la
gestione del materiale, dei partecipanti e delle modalità di fruizione di attività formative online.
Il laboratorio KEILab20 di Csp si occupa da tempo di questo tipo di applicativi: in particolare è stata
attivata un'attività di analisi approfondita sulle piattaforme E-learning Opensource, volta ad
indivuarne i punti di forza e di debolezza ed i possibili contesti di utilizzo, portando all'analisi di
circa 15 piattaforme differenti.
Il dimostratore dovrà tenere conto delle caratteristiche dei vari formati video descritte nei capitoli
paragrafi precedenti e del loro funzionamento all’interno delle piattaforme per E-learning prese in
considerazione. In particolar modo sono importanti le considerazioni relative alla fruizione del
video in ambiente web, che come abbiamo visto, mettono in primo piano le potenzialità di
Macromedia Flash, come player universale. Non è però da sottovalutare l’importanza della
diffusione della piattaforma Windows che, di converso, aiuta la diffusione del codec proprietario
Microsoft (Windows Media), anche grazie all’encoder gratuito (Windows Media Encoder21) che
permette con facilità di convertire in formato compresso i filmati con sorgenti che occupano molto
bitrate (come ad esempio il flusso DV acquisito da una videocamera nel computer).
20
http://www.keilab.it
21
http://www.microsoft.com/windows/windowsmedia/forpros/encoder/default.mspx
70
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4.2 VIRTUAL CLASSROOM: STREAMING E VIDEOCONFERENZA
NELLA SCUOLA
Per virtual classroom si intende uno strumento educativo che simula le caratteristiche di una classe
reale principalmente attraverso l'uso del video in modalità streaming (tipo videoconferenza) con la
possibilità di condividere tra tutti i partner materiale digitale e di poter interagire in modo
simultaneo. Questa modalità didattica ha come prerequisito la disponibilità di una larga banda che
consenta lo streaming del video e l'interazione fra i partecipanti.
Il dimostratore dovrà riportare una panoramica sulle principali soluzioni di videoconferenza
affrontate per categoria (escludendo i videotelefoni per il semplice fatto che rappresentano la
soluzione punto-punto per eccellenza):
•
Kit per videoconferenze su PC
•
Sistemi all-in-one
•
Set-top
•
Sistemi Rollabout
•
Webconconferencing
•
Live broadcast
•
Servizi codifica e streaming (registrazione, multicast, concetto centro servizi, MCU,
gateway vs ISDN, video on demand, failover)
Dovrà altresì riportare le caratteristiche chiave per ciascuna tipologia eventualmente raggruppate in
una tabella e un eventuale accenno alle caratteristiche "speciali" e peculiari per alcuni prodotti.
I modelli metodologici d'uso di Videoconferenza nella didattica sono definibili in 3 categorie:
•
comunicazione sincrona (lezioni live)
•
comunicazione interattiva (audio/video, chat testuale/audio, applicazioni sharing –
sincronizzazione Powerpoint)
•
soluzioni di comunicazione asincrona (streaming di lezioni pre-registrate)
Il dimostratore dovrà tenere conto dell'applicabilità di un prodotto analizzato all'uso didattico da
farne in uno specifico scenario d'uso.
4.3 GIOCO E FORMAZIONE: L’EDUTAINMENT
71
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"Coloro che fanno distinzione fra intrattenimento e educazione forse non sanno che l'educazione
deve essere divertente e il divertimento deve essere educativo". Pronunciato nel 1964 dallo studioso
Marshall McLuhan, dopo 40 anni questo messaggio si ritrova nel termine edutainment, traducibile
in italiano con "imparare giocando". Nata dall’unione di due termini inglesi, educational (educativo,
didattico) ed entertainment (intrattenimento, gioco), l'edutainment si riferisce al carattere ludico
delle attività didattiche non tradizionali, nelle quali l’interazione con il computer, internet e il DVD
diventa il punto centrale. Tra i prodotti editoriali, che combinano education e gioco, i games e il
DVD sono al primo posto.
Il dimostratore dovrà trovare modo di sfruttare le potenzialità della banda larga, sperimentando
tecnologie e metodologie educative basate sulla simulazione e il gioco.
In particolare verrà realizzato un gioco di simulazione volto a mostrare ed insegnare ai docenti ed
agli studenti della scuola superiore le linee principali della legislazione in materia di sicurezza sul
lavoro.
5. SITOGRAFIA
http://www.adiconsum.it
Adiconsum. Associazione consumatori
http://www.atsc.org
Advanced Television Systems
Committee
http://www.aeranti.it/altrepag/teleradio
/teleradiofax
Aeranti - Associazione d’ imprese
radio locali e di tv locali con
informazioni utili e aggiornate per i
professionisti del mondo della radio e
della televisione.
http://www.dgtvi.net
Associazione DGTVi
http://www.anfov.it/
Associazione per la convergenza nei
servizi di comunicazione
http://www.agcm.it
Autorità garante della concorrenza e
del mercato
http://www.agcom.it/
Autorità Garante per le Comunicazioni
http://www.censis.it
Censis
http://www.csa.fr
Conseil supérieur de l'audiovisuel
http://www.dvb.org
Consorzio Digital Video Broadcasting
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http://www.mpeg.org
Consorzio MPEG
http://decoder.comunicazioni.it
Contributi per decoder digitale terrestre
http://www.csp.it
CSP Innovazione nelle ICT
http://www.getdemocracy.com
Democracy TV
http://www.tv-plattform.de
Deutschen TV-Platform
http://www.dfree.tv/
Dfree TV
http://www.digitag.org
DigiTAG: DIGItal Terrestrial Action
Group
http://www.digitaltelevision.com
Digital Television
http://www.digitaltelevision.gov.uk
Digital Television Project - DTI
http://www.digitv.fi
Digitv.fi
http://www.dschola.it
Dschola
http://www.dttlab.it
DTTLab - Digital Terrestrial
Television Laboratory
http://www.ebu.ch
EBU - UER: European Broadcasting
Union - Union Européenne de RadioTélévision
http://www.eutelsat.com
Eutelsat
http://extracampus.dschola.it
Extracampus TV
http://www.fastweb.it
Fastweb
http://www.fastweb.tv
Fastweb TV
http://flux.tv
Flux tv
http://www.fub.it/dvb/dvbt/
Fondazione Ugo Bordoni
http://www.freeview.co.uk
Freeview
http://www.frt.it
FRT
http://www.gnu.org
GNU Free Software Foundation
http://www.ilsole24ore.com
Il Sole 24 ore online
http://www.mhp-interactive.org
Interactive TV Web
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http://www.iso.ch
International Organization for
Standardization
http://www.isimm.it
ISIMM – Isitituto per l’innovazione nei
media e per la multimedialità
http://www.apple.com/it/itunes/
ITunes
http://key4biz.metsviluppo.it
Key4biz - Quotidiano di informazione
su telecomunicazioni, media ed internet
http://www.la7.it
LA7 Televisioni
http://www.linuxtv.org
Linux TV
http://www.m3lab.csp.it
M3Lab – Multimedia and Mobile
Communication Laboratory –
CSP/Università degli Studi di Torino
http://www.media.rai.it
Media Rai
http://www.mediamente.rai.it
Mediamente – Rai Educational
http://www.mediasetonline.com
Mediaset Televisioni
http://www.mhp.org
MHP – Multimedia House Platform,
sito ufficiale per lo studio della
piattaforma multilediale domestica.
http://www.comunicazioni.it
Ministero delle Comunicazioni
http://www.innovazione.gov.it
Ministero per l’Innovazione e le
Tecnologie
http://www.innovazione.gov.it/
Ministero per le Tecnologie e le
Innovazioni
http://www.mdc.it
Movimento Difesa del Cittadino
http://developer.msntv.com
Msn TV
http://www.my-tv.it
My TV
http://www.nokia.com
Nokia
http://punto-informatico.it
Punto Informatico, rivista telematica
http://www.reasat.org
Radio Televisioni Europee Associate
http://www.digitaleterrestre.rai.it
RAI Radio Televisione Italiana
http://www.millecanali.it
Rivista cartacea e telematica sulla TV e
i nuovi media
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Dimostratore area vasta di Novara
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http://www.satexpo.it
Satexpo
http://www.globalxs.nl/home/l/
ldevos/itvresearch/
Searching for the Holy Grail: Images of
Interactive Television – Loes de Vos –
Ricerche sulla iTV
http://www.smau.it/
SMAU
http://www.sun.com
Sun Microsystems
http://www.wimaxforum.org
Tecnologia Wi Max
www.telecomitalia.it
Telecom Italia
http://www.dtg.org.uk
The Digital TV Group
http://www.tvdigitaleterrestre.it/
TV Digitale Terrestre
http://www.tvdigitaleterrestre.net
TV Digitale Terrestre Dot Net
http://www.tvparty.com
TV Party – Storia della TV americana
http://europa.eu.int
Unione Europea
http://www.useit.com
Use it – Raccolta di saggi
http://www.webb.it
Webb.it – Congresso sul web e le
nuove tecnologie
http://www.webmasterpoint.org
WebMaster Point
http://whatis.techtarget.com/
What is, glossario tecnologico on-line
http://it.wikipedia.org/wiki/Pagina_principale Wikipedia Italia
http://www.windowsmedia.com
Windows Media
http://www.ubiq.com
Xerox Palo Alto Research Center
http://www.youtube.com
YouTube
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