dove volano i grifoni
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dove volano i grifoni
DOMENICO RUIU LA COSTA dove volano i grifoni D I S T E FA N O A R D I T O Molti litorali dell’isola aspirano al titolo di costa più bella della Sardegna. Se il granito e le acque della Costa Smeralda sono ✦ DOVE SI TROVA L’ultima roccaforte del grifone sardo è la costa nord-occidentale dell’isola, tra Bosa e Capo Caccia. La si raggiunge in pochi chilometri da Porto Torres (dove arrivano i traghetti da Genova) e in circa 150 da Olbia. Da Cagliari, si segue la statale 131 Carlo Felice fino a Macomer, e qui si devia verso Bosa. Si può anche utilizzare il vicinissimo aeroporto di Alghero-Fertilia. famosi nel mondo e le falesie e le calette del golfo di Orosei sono le uniche a meritare la definizione di wilderness, la splendida costa di Alghero e Bosa può rivendicare un altro pregio. È un po’ meno selvaggia, e certamente meno nota; solo lì comunque è possibile ammirare l’elegante volo planato del grifone. Fino a un secolo fa, il grande avvoltoio era diffuso praticamente in tutta l’isola. Vent’anni or sono lo si poteva osservare ancora nel Supramonte di Oliena. Oggi sono allo studio alcuni progetti di reintroduzione. Le uniche colonie autoctone, però, nidificano nel nord-ovest della Sardegna, sui calcari di Capo Caccia e sulle La roccia è coperta di scure falesie di basalto che domacchie e cespugli bassi, minano l’estuario del Temo. il colore sembra scarso Distanti in linea d’aria una giacché il nero domina cinquantina di chilometri, questi con il grigio: ma quel nedue ambienti hanno paesaggi ro, quel grigio diventano piuttosto diversi tra loro, anche colori di straordinaria se uniti – oltre che dalla contiintensità sotto quel cielo guità geografica e dall’icona del e quelle nuvole attizzati grifone – dalla bellezza, dalla visenza posa dal vento. cinanza del mare, dalla forza del (Guido Piovene, 1961) maestrale che spazza le alture della Nurra con una violenza sconosciuta al resto della regione. Tra i due sorge Alghero, cuore della Sardegna catalana e città più bella dell’isola (vedere il riquadro a pagina 70). Verso nord, i bianchissimi calcari di Capo Caccia formano il promontorio più spettacolare di tutta la Sardegna, e offrono il più tipico dei paesaggi costieri mediterranei. Poco ripido a oriente, dove pendii rivestiti di fitta macchia scendono in direzione dell’insenatura di Porto Conte, il capo presenta un aspetto prettamente dolomitico in direzione del mare aperto, dove le scogliere verticali si allungano per chilo- ‘‘ ‘‘ ✦ COME È PROTETTA Anche se non figura sugli elenchi ufficiali, l’Arca di Noè (4.000 ettari) è una delle più importanti aree protette della Sardegna, ed è formalmente compresa dal 1999 nel Parco regionale di Porto Conte (5.200 ettari) che è però assolutamente inesistente sul terreno. Non c’è traccia nemmeno delle riserve naturali di Capo Caccia (2.515 ettari) e della Valle del Temo (4.699 ettari), previste dalla legge regionale n. 31 del 1989. La legge nazionale n. 979 del 1982 ha previsto l’istituzione della Riserva marina di Capo Caccia-Isola Piana. 68 LA COSTA DEI GRIFONI VITTORIO GIANNELLA LA COSTA dove volano i grifoni LE BIANCHE SCOGLIERE DI CAPO CACCIA. NELLE PAGINE PRECEDENTI: LA COSTIERA DI BOSA OSPITA L’ULTIMA COLONIA DI GRIFONI DELLA SARDEGNA. Santa Maria, e nelle poderose fortificazioni (qui sopra, i bastioni) scandite dalle torri di San Giovanni, degli Ebrei e de l’Esperò Reial (lo Sperone Reale). L’integrazione fra catalani e sardi è iniziata nel 1708 con la fine della dominazione spagnola, e si è progressivamente consolidata. Parlare di contrapposizione tra i due gruppi, oggi, sarebbe sbagliato e fuorviante. Non c’è dubbio, però, che la gente de L’Alguèr conservi uno stretto rapporto con Barcellona e la Catalogna, e che Alghero e Sassari – che pure distano solo 35 chilometri – non si amino troppo. I sassaresi, per andare al mare, preferiscono puntare verso Stintino e Castelsardo. NEVIO DOZ (2) LA PRESENZA DI OVINI ALLEVATI ALLO STATO BRADO ASSICURA AI GRIFONI ABBONDANZA DI CIBO. 70 LA COSTA DEI GRIFONI metri, sfiorando i 300 metri di altezza. Queste rocce hanno attirato l’attenzione di grandi nomi dell’alpinismo come Cesare Maestri, Alessandro Gogna e Manolo. Dal piazzale dove termina la strada asfaltata, i 656 gradini della Escala del Cabiròl (la scala del capriolo, in catalano) conducono alla Grotta di Nettuno, che si apre al livello del mare e contende a quella del Bue Marino il titolo di principale “grotta turistica” dell’isola. All’interno, dove una lapide ricorda le visite di re Carlo Alberto, si trovano un lago dalle acque trasparenti, ampi saloni e imponenti formazioni di stalattiti (la più vistosa è la cosiddetta “Reggia”). Ancora più a nord, oltre la torre cinquecentesca della Pegna che segna con i suoi 271 metri il punto più elevato del promontorio, un vasto pianoro ondulato è il cuore dell’Arca di Noè, la riserva di 4.000 ettari gestita dall’Azienda forestale regionale che protegge la ricca avifauna locale e vari mammiferi “importati” da altre parti della Sardegna. Le strade sterrate e i sentieri dell’area protetta consentono di avvistare daini sardi, mufloni, cavallini della Giara e asini bianchi dell’Asinara. Verso il largo, altrettanto spettacolari e rocciose di Capo Caccia, l’Isola Foradada e l’Isola Piana sono frequentate dal falco pellegrino e dalla berta, uno dei più rari uccelli marini italiani. I grifoni nidificano sulle pareti di Punta Cristallo, e continuano purtroppo a diminuire di numero. Oggi si parla di non più di due o tre esemplari. Non sappiamo se gli avvoltoi siano stati disturbati dagli scalatori (pochissimi) o dai motoscafi (fin troppi) che passano ai piedi della scogliera in estate. Non c’è dubbio, però, che le pecore e i pastori sono spariti da tempo dal promontorio di Capo Caccia, dalla costa invito alla visita La strada che collega in 63 chilometri Bosa con Capo Caccia è una delle più panoramiche della Sardegna, e permette di osservare con calma la costa. Lasciata Bosa (meritano una visita il castello e la chiesa di San Pietro extra Muros) il tracciato sale fino a un piccolo valico, poi scende in direzione del mare. Questa è la zona dov’è più facile avvistare i grifoni. Poco più avanti, merita una deviazione a piedi la ben visibile Torre Argentina, che si raggiunge prendendo un’evidente carrareccia. Poi la strada si alza di nuovo fino alle pendici di Monte Mannu: alcuni slarghi consentono di posteggiare per ammirare dall’alto i canaloni e le scogliere di Capo Marargiu. Un lungo tratto solitario ma meno spettacolare conduce alla spiaggia di Cala Griecas e all’inizio del litorale di Alghero. La zona è ottima per fare un bagno. Oltrepassata la città, la visita del nuraghe Palmavera precede l’arrivo a Porto Conte, una delle insenature più belle della Sardegna. Imboccando la strada per Santa Maria La Palma e Sassari si possono raggiungere Porto Ferro e il lago di Baratz. Accanto al borgo PAOLO RONDINI I turisti arrivati ad Alghero possono credere di aver sbagliato paese. Nei cartelli stradali le vie si chiamano carrer, le piazze plaça, le porte portal. Anche il dialetto della città che i suoi abitanti chiamano L’Alguèr non è il Logudorese parlato nel resto della provincia di Sassari, ma una forma arcaica di catalano: la lingua di Barcellona e delle Baleari. Tra le comunità “straniere” immigrate a partire dal Medioevo in Sardegna (liguri a Carloforte, ponzesi a Cala Gonone, còrsi alla Maddalena), quella dei catalani di Alghero è la più consistente. A far traversare loro il mare, dal 1355, furono gli Aragonesi che avevano conquistato da poco l’isola. Scopo dichiarato, “tenir apretada e sotmesa la naciò sarda”. Per un secolo, come i neri nella Johannesburg prima di Mandela, i sardi furono ammessi in città solo dall’alba al tramonto. Per lavorare. La ricchezza e l’importanza militare della Alghero catalana si manifestano ora nel gotico della chiesa di San Francesco, del suo chiostro e del Duomo di GIANMARIO MARRAS ALGHERO, ECHI DI CATALOGNA punti di particolare interesse dell’itinerario di Tramariglio si trova l’ingresso dell’Arca di Noè. La successiva salita porta al piazzale del Belvedere, affacciato sull’Isola Foradada, da cui comincia il sentiero (un’ora e mezzo tra andata e ritorno) per la torre della Pegna. La strada termina al piazzale di Capo Caccia da dove parte la Escala del Cabiròl. L’estremità del promontorio è un’area militare e chiusa al pubblico. IL PITTORESCO CENTRO STORICO DI BOSA, AFFACCIATO SUL TEMO E DOMINATO DAL CASTELLO. MASSIMO DEMMA Il grifone ha appena finito di lisciarsi le penne. Avverte il refolo buono e si lascia cadere nel vuoto ad ali aperte. Scivola verso l’alto, e l’orizzonte si spalanca. Di fronte a un mare intensamente blu, si estende la lunga dorsale carsica che unisce Punta Cristallo al monumentale spuntone di Capo Caccia. Di qua le due grandi isole, la Piana e la Foradada; di là invece un dolce avvallamento occupato in parte da una pineta artificiale: lo chiamano l’Arca di Noè ed è un piccolo eden ricco di fauna (anche cavalli della Giara e asini albini dell’Asinara) e di eccezionali specie botaniche, come un vasto tappeto di centaurea LA COSTA A NORD DI BOSA (SI RICONOSCE TORRE ARGENTINA) BATTUTA DALLA MAREGGIATA. GRIFONE (GYPS FULVUS) PERNICE SARDA (ALECTORIS BARBARA) orrida, astragali e pulvini di ginestra corsica, circondato da palme nane e ginepri contorti. ORA IL GRANDE RAPACE fa rotta verso sud e punta su Capo Marargiu. Il paesaggio, scosceso e precipite, è tipicamente pastorale. Nelle dorsali più spoglie sono sopravvissuti solo alcuni lecci modellati dalla furia del maestrale. È posto buono per pernici, lepri e conigli selvatici. Vi abbondano piccoli roditori e rettili, per la gioia di poiane e gheppi. Doppiato Capo Marargiu sarà l’andesite, antica roccia vulcanica con molte sfumature, a comporre il paesaggio generosamente coperto di lentisco e di olivastro. Il pascolo è brado, così capita spesso che un capo vada a male. Della sua presenza si accorgeranno per primi i corvi imperiali e le cornacchie grigie. Poi sarà il turno della volpe. Infine arriveranno loro, i grifoni. I rapaci si alzano nella tarda mattinata, quando l’aria riscaldata dal sole offre le correnti ascensionali che li sostengono senza fatica. sempre più antropizzata di Alghero e anche dalla piana bonificata della Nurra, diventata ormai da qualche decennio una delle zone agricole più fertili di tutta la regione. Trenta chilometri più a sud, il paesaggio è completamente diverso. Fra le creste e i torrioni rocciosi di Monte Mannu e il tranquillo centro storico di Bosa, si affacciano sul Mar di Sardegna lo stesso basalto e le stesse querce da sughero che formano verso l’interno gli altipiani di Abbasanta e della Campeda. Muri di pietre costruiti dai pastori con fatica secolare separano i fazzoletti (verdi per gran parte dell’anno, gialli e riarsi in estate) dei pascoli e dei campi. Quando il maestrale soffia e il cielo appare corrucciato, è facile immaginare di essere in Cornovaglia o in Irlanda. Tra Cala Griecas, Capo Marargiu, Torre Argentina e Bosa, si viaggia lungamente senza incontrare tracce di presenza umana. Qui, al contrario che a Capo Caccia, il grifone gode di ottima salute. Lo confermano le strisce bianche degli escrementi che macchiano la roccia e segnalano che ci sono dei nidi, fatti con rami, frasche e asfodeli sulle pareti di Badde Orca e del Monte Pittada. Ogni giorno gli avvoltoi si lanciano in volo verso la strada costiera, sorvolano Bosa e la foce del Temo, prendono quota con larghi centri concentrici. Quindi virano decisamente a oriente, e puntano verso i pascoli degli altipiani dell’entroterra. Lì trovano le carcasse di pecore e capre di cui hanno bisogno per nutrirsi. “Anche quest’anno è andata bene”, sorride Saverio Biddau, la guida naturalistica di Bosa che condivide con l’amico Antonello Cossu il difficile ruolo di guardiano dei grifoni. “All’ottantina di adulti che hanno costruito i loro nidi sulla costa si sono aggiunti una dozzina di piccoli che hanno preso il volo a primavera. Pure stavolta birdwatcher, escursionisti e fotografi sono stati attenti. Se ci si apposta come si deve, e si conoscono i luoghi, i grifoni adulti possono essere osservati senza problemi. Avvicinarsi ai nidi nel periodo della cova, invece, può provocare la fuga dei genitori e la morte per fame dei piccoli”. “Ho iniziato a fotografare i grifoni trent’anni fa, tra le rocce del Supramonte. Poi la diminuzione delle pecore e dei pastori li ha cacciati dalle montagne dell’interno. Ora vengo a cercarli qui, sul litorale di Bosa, dove gli avvoltoi sembrano destinati a durare”, spiega Domenico Ruiu, il più noto fotografo di animali dell’isola. Chissà se un giorno, anziché dirigersi nell’entroterra, qualche giovane grifone nato sulle falesie di Bosa spiccherà il volo per ritornare a Capo Caccia. DOMENICO RUIU (2) FRANCO TESTA APPUNTI DI NATURA SOLO POCHI ALBERI RIESCONO A RESISTERE ALLA FORZA DEL VENTO, COME QUESTO LECCIO SCARNIFICATO DAL MAESTRALE SUI PENDII DEL MONTE MANNU. IL CONTATTO Per vedere i grifoni, conviene affidarsi alle guide Saverio Biddau ( 0347 7691333) e Antonello Cossu ( 0347 5482718). Informazioni sull’Arca di Noè si possono richiedere all’Ispettorato delle Foreste di Sassari ( 079 2088940). La Cooperativa Dulcamara ( 079 999197) raggruppa una dozzina di aziende agrituristiche della Nurra. LA COSTA DEI GRIFONI 73