fmk_schede prospettive
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CONCORSO PROSPETTIVE CANE CARO (Italia, 2015 - HD, b/n, 18') Regia Luca Ferri Un anziano signore in una severa clinica veterinaria, mentre attende che al suo cane venga lavato il sangue, riflette sul piacere di affidarsi agli automatismi dei procedimenti medico-meccanici. Atto conclusivo che chiude un ciclo cominciato con Kaputt/Katastrophe e proseguito con Curzio e Marzio prima e Caro Nonno poi, Cane Caro porta a compimento l'assalto derisorio e provocatorio compiuto dalla “macchina ferriana” contro le logiche oppressive e imperanti della comunicazione che si dà, a priori, come unico canale di significato. Estenuando le dinamiche di visione attraverso una ripetizione ipnotica e snervante condotta da una voce invisibile, lugubremente angelica, recitante un testo discontinuo e parziale, il regista soffoca qualsiasi intento narrativo e quindi rappresentativo. Un epilogo a suo modo commovente; di quella stessa commozione che, in 2001: Odissea nello spazio, si ha di fronte alla morte di HAL 9000: lì era la traccia audio che andava spegnendosi, qui è l'immagine che va esautorandosi. Luca Ferri (Bergamo, 1976) lavora su parole e immagini. Autore di due metaromanzi, Ode alle quaglie (2009) e Fiori di Broca (2011) entrambi pubblicati da Cicorivolta Edizioni, esordisce come regista nel 2005. Magog [o epifania del barbagianni], del 2011, viene selezionato alla 48° Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro. Nel 2012 realizza il lungometraggio Ecce Ubu, e nel 2013, insieme a Claudio Casazza, Habitat [Piavoli]selezionato al Torino Film Festival. Nel 2014 il cortometraggio Caro Nonno vince il premio della giuria alla settima edizione del Festival Cinema Zero a Trento, mentre il lungometraggio ABACUC viene presentato in anteprima al 29º Festival Internacional de Cine de Mar del Plata e successivamente al 32º Torino Film Festival e a Filmmaker Festival. ANAPESON (Italia, 2015 - HD, colore, 38') Regia Francesco Dongiovanni “Anapeson” nell'iconografia ortodossa simboleggia una contrazione, o una contaminazione delle dimensioni temporali: rappresenta Cristo, non seduto né disteso, con occhi apertichiusi, ancora bambino, ma già con riferimenti alla sua futura Passione. È un titolo indicativo che, una volta decifrato, dice molto del gesto registico di Francesco Dongiovanni sempre teso a un cortocircuito fra passato e presente, come quello che crea qui tra le descrizioni dell'entroterra pugliese, redatte alla fine del Settecento e raccolte nell'opera Viaggio nel Regno di Napoli dal conte svizzero Carl Ulysses von Salis-Marschlins e l'immagine odierna di quei luoghi. Seguendo il testo del viaggiatore, la macchina da presa ritrova le mappe dei posti descritti custodite nelle biblioteche, gli ambienti domestici oggi ridotti a resti disabitati, il persistere della natura e della luce: echi di suggestioni lontane che si riaffacciano all'interno di una modernità distratta. La dimensione filmica è uno spazio aporetico sospeso tra passato e futuro… passato e presente… futuro anteriore. Francesco Dongiovanni (Gioia del Colle, 1978) vive e lavora in Puglia. Da tempo affronta tematiche riguardanti l’etnografia, il paesaggio, l’archivio, la memoria e il cinema antropologico. Lavora per la casa di produzione Murex, da lui fondata con i suoi collaboratori. Nel 2011 realizza Densamente spopolata è la felicità e nel 2013 Elegie dall'inizio del mondo - Uomini e alberi con cui vince nel 2014 il premio per il miglior film nella categoria “Cinema Sperimentale” al Salón Internacional de La Luz di Bogotà. Sempre nel 2014 presenta al Filmmaker Festival Giano. Con Anapeson vince il Progetto Memoria 2015 indetto da Apulia Film Commission. UPM – UNITÀ DI PRODUZIONE MUSICALE (Italia, 2015 - HD, colore, 77') Regia Elvio Manuzzi, Pietro De Tilla, Tommaso Perfetti L'idea diffusa è che l'estro creativo non sia disciplinabile, eppure la realizzazione di “materiale artistico”, per molti è a tutti gli effetti un lavoro e, in quanto tale, sottoposto a logiche di pianificazione. L'intento dei registi Pietro De Tilla, Elvio Manuzzi e Tommaso Perfetti è quello di evidenziare, per mezzo di un'estremizzazione delle pratiche di produzione, questo contrasto. Presi a modello il principio fordista della catena di montaggio e quello socialista della parità (o anonimato) dei lavoratori, sono stati coinvolti, in veste di operai, 72 musicisti della scena indipendente italiana (Dente, Iosonouncane, Davide Tidoni e Xabier Iriondo tra gli altri). Portati in fabbrica, suddivisi in dodici squadre, supervisionati da appositi capireparto, hanno dovuto produrre musica, in una turnazione continua di venti minuti articolata in composizione, esecuzione e pausa; il tutto per otto ore di lavoro. Ciascuno degli artisti, ognuno con la propria tuta e identificato unicamente con una lettera e un numero, è stato trasformato, all'interno del ciclo operaio, in un'Unità di Produzione Musicale. Pietro de Tilla (Milano, 1978) ha studiato Fotografia presso la CFP Bauer e Documentario alle Scuole Civiche di Milano. Ha curato la regia del documentario Atelier Colla, 2011, selezionato al MilanoFilmFestival, al ViaEmiliaDocFest, al Bergamo Film Meeting e al London international doc fest. Nel 2012 ha realizzato Il turno selezionato, l'anno successivo, alla quarantaquattresima edizione di Visions du Réel. Fa parte del gruppo ENECE film, realtà produttiva che si occupa di cinema del reale. Elvio Manuzzi (Milano, 1977) ha studiato Fotografia presso la CFP Bauer e Documentario alle Scuole Civiche di Milano. Lavora come filmmaker e operatore culturale. Ha curato la regia del documentario Atelier Colla, 2011, selezionato al MilanoFilmFestival, al ViaEmiliaDocFest, al Bergamo Film Meeting e al London international doc fest. Nel 2012 ha realizzato Il turno selezionato, l'anno successivo, alla quarantaquattresima edizione di Visions du Réel. Fa parte del gruppo ENECE film, realtà produttiva che si occupa di cinema del reale. Tommaso Perfetti (Milano, 1979) ha studiato Fotografia presso la CFP Bauer e Documentario alle Scuole Civiche di Milano. Si occupa di produzione visiva, indagini sociali ed etnografiche collaborando con enti pubblici e privati a progetti sociali ed educativi. Ha curato la regia del documentario Atelier Colla, 2011, selezionato al MilanoFilmFestival, al ViaEmiliaDocFest, al Bergamo Film Meeting e al London international doc fest. Nel 2012 ha realizzato Il turno selezionato, l'anno successivo, alla quarantaquattresima edizione di Visions du Réel. Fa parte del gruppo ENECE film, realtà produttiva che si occupa di cinema del reale. EL VAGÒN (Italia, 2015 - S8, HD, colore e b/n , 19') Regia, fotografia, montaggio Gaetano Crivaro, Andrés Santamaria Antonio e Patrizia per due anni hanno vissuto in una casa-vagone sui binari abbandonati della Stazione di Cagliari. Come raccontarli senza scadere negli standard del cinico patetismo televisivo? Come approcciarsi a due borderline senza svilire la carica eversiva della loro marginalità? L'immagine deve ripensarsi e riposizionarsi, perdere di nitidezza per rapportarsi in modo “amatoriale”, secondo l’accezione che Stan Brakhage dava al termine, ai soggetti ripresi, ovvero ricercando con loro un senso di vicinanza empatica. Da qui la scelta di procedere attraverso diversi supporti: dal video digitale alle riprese con lo smartphone, dal Super8 alla fotografia stenopeica ottenuta con una fotocamera costruita con pezzi arrangiati; un progressivo azzeramento del mezzo per ritrovare uno sguardo quanto più prossimo possibile. Ciò che resta, alla fine, è la visualizzazione del rapporto dei due registi con Antonio e Patrizia, con il mondo delle loro cose, cui sono a loro volta relazionati in una complessa rete di necessità. Gaetano Crivaro (Crotone 1983) frequenta la Scuola di Cinema Documentario Sentieri Selvaggi. Trasferitosi, nel 2008, in Spagna realizza insieme a Mario Romanazzi I Love Benidorm, vincitore, nel 2010, del Premio del Pubblico al Festival DocumentaMadrid. Nel 2011 il suo documentario Good Buy Roma è selezionato al Bellaria Film Festival, ad Ânûû-rû Âboro in Nuova Caledonia. Nel Gennaio 2012 partecipa alla realizzazione del film Demonstration con Victor Kossakowsky. Il progetto per un film La Peste viene selezionato per il laboratorio di sviluppo “In Progress” organizzato dal Milano Film Network. Andrés Santamaria studia Cinema e Fotografia a Bogotà, Colombia. Lavorando come tecnico del cinema e assistente alla fotografia, si specializza nell’uso di camere analogiche (35mm, 16mm e 8mm). Nel 2001 si trasferisce a Barcellona dove frequenta il Master in Documental de Creación, presso la Universitat Pompeu Fabra. A Barcellona approfondisce l’uso e la varietà delle tecniche video e fotografiche come strumenti di ricerca e di sviluppo per progetti innovativi (Fotografia Stenopeica, camera oscura, cianotipia, montaggio, costruzione artigianale di camere stenopeioche). ENTRELAZADO (Colombia / Italia, 2014 - DV PAL, colore e b/n, 37') Regia, Fotografia, Montaggio Riccardo Giacconi A Cali, in Colombia, un sarto, un burattinaio, un parapsicologo e un fisico narrano episodi presumibilmente avvenuti in città: la scomparsa di una mucca; un caso di possessione per opera di una marionetta; il verificarsi del paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen, la caduta di un bus in un fiume a causa di un leone. Tutto ciò però non occupa il centro della composizione, ma viene ridimensionato, in quanto parte di un sistema dinamico di rapporti. A tessere la rete di collegamenti è un occhio meccanico cinematografico che, procedendo libero dalla forza dell’abitudine lungo imperscrutabili traiettorie e forzando ai limiti estremi le proprie possibilità di visione, si fa tramite rivelatore di relazioni occulte: dettagli che la vista umana non riuscirebbe a isolare, grazie alla potenza del primissimo piano diventano un misterioso paesaggio in cui si annidano sorde minacce, anticamera del cupo in agguato costante. Riccardo Giacconi (1985) ha studiato arti visive presso l’Università IUAV di Venezia, la UWE di Bristol e la New York University. I suoi film sono stati presentati al New York Film Festival, al Festival Internazionale del Film di Roma, Torino Film Festival e FID Marseille International Film Festival. Nel 2007 ha co-fondato il collettivo Blauer Hase con cui cura la pubblicazione periodica Paesaggio e il festival Helicotrema. Entrelazado è stato presentato a FID Marseille (Grand Prix della Competizione Internazionale), New York Film Festival, Pariscience, Les Rencontres du cinéma documentaire, Doc Buenos Aires, MIDBO - Muestra Internacional Documental de Bogotá, Festival de Cine de Cali. SOLO (Italia, 2010 - DVCam, colore , 20') Regia Gaia Giani Françoise è una ballerina, Dominique Dupuy un coreografo. Lavorano e vivono insieme dagli anni ’50 e insieme hanno attraversato la storia della danza contemporanea alla costante ricerca di un movimento autentico: una danza lontana dalle costrizioni e dalle regole del balletto classico. Sebbene la vita in alcuni momenti li abbia allontanati, sono ancora insieme, fortemente uniti nel loro progetto, stabilire un’alchimia sottile tra questa disciplina e le altre praticate artistiche che mettono al centro del proprio discorso il lavoro sul corpo, come il teatro, il mimo, l'acrobazia, le arti marziali. Gaia Giani li ha seguiti per due settimane di prove, durante l'allestimento di uno spettacolo per il Théatre de Chaillot di Parigi. Filmandoli, filma l'incontro che c'è stato con loro, il moto di corrispondenze venutosi a stabilire, il rapporto che si è creato, complicato dalle contingenze della vita e che si riflette poi sulla forma definitiva del film. Inseguendo un’idea di cinema in cui le immagini si incontrano e si allontanano, si sovraimprimono, fondendosi, quasi a non volersi lasciare andare, come nella danza. Gaia Giani (Milano, 1971) dopo la laurea in filosofia estetica sul Tanz-Theater di Pina Bausch, si trasferisce a Londra dove lavora come ricercatrice e filmmaker presso una società di produzione di documentari. Rientra in Italia nel 2001 e inizia a collaborare come aiuto-regista. Dal 2003 collabora con Alina Marazzi, prima come producer e fotografa di scena per il documentario Per sempre, poi come produttrice creativa e aiuto regia per Vogliamo anche le rose, e infine come co-autrice del soggetto e del trattamento di Baby Blues. Nel giugno 2009 realizza il progetto fotografico e videoinstallativo Cesura. Del 2010 è la mostra Il cinema indipendente italiano, ritratti di registi indipendenti italiani a cura di Luca Mosso in collaborazione con Filmmaker. Nel 2011 Una danza all’opera, intervista a Dominique Dupuy e Francoise Dupuy viene pubblicato insieme al libro Danzare Oltre, curato da Eugenia Casini-Ropa e Cristina Negro. Nel 2015 Un/limited Love partecipa alla rassegna di video arte collettiva Liaisons a cura di Cristina Gilda Artese e Alessandro Trabucco. Lo stesso anno partecipa alla mostra collettiva fotografica a cura di Gianni Romano, The future of Italy presso Mudec, con l’opera fotografica Nel niente del venerdì. SUPER PAPA (Italia/Romania, 2015 - HD, colore, 26') Regia Francesco Ferri Nicolas, figlio di padre rumeno cresciuto in Francia, ha compiuto il percorso inverso rispetto a quello del genitore. Ha scelto di trasferirsi nella sperduta campagna rumena, nel paese della moglie Roxanne. Nonostante lavori in città, preferisce vivere e far crescere i suoi figli, Maria e Porfir, in un contesto più autentico, nella natura. Francesco Ferri si affianca a questo giovane papà, lo segue, sostenendolo con la propria vicinanza, nell'affrontare i problemi e le preoccupazioni dell’essere genitore: come riuscire a controllare la vivacità di Maria, o gli affanni di Porfir, alle prese con il pensiero della guarigione di una capra cui è molto affezionato che è stata morsa da un lupo. La regia si lascia prendere dal loro sistema di relazioni, aprendosi agli stimoli che ne riceve, interagendo con ciascun corpo con cui condivide quello spazio e quel tempo comuni. Francesco Ferri (Treviglio, 1982) si diploma nel 2004 in fotografia all’Istituto Europeo di Design di Milano. Nel 2007 frequenta un Master in Photo, Video and Related Media alla School of Visual Arts di New York. Ha diretto diversi cortometraggi documentari: The Advy Family (2011), La notte (2011), E non ci vedevamo (2013). GIUNGLA (Italia, 2015 - DV-PAL, colore, 21') Regia DER Sabina Giungla è il racconto di una follia, un documentario su chi non sa percepire il vero, il racconto di chi confonde il presente con il futuro. È la foresta che dimora nella nostra testa, il modo con il quale il nostro cervello immagina il tempo e costruisce la realtà. Giungla è il racconto di un’esperienza, di una relazione tra immagini suoni, tra un prato e l’interno di una casa, tra una donna che parla e un’altra che la riprende. Un percorso di guarigione, cui viene sottratto il lieto fine, una dissolvenza, un'esperienza, un paesaggio incerto e opaco. Giungla è voce e presenza fisica, è la schiena di una donna che intravediamo di sfuggita, sono ricordi che provengono da un altrove. Giungla è un bosco ed è anche una cucina, un luogo in cui l'aspettativa e il silenzio, il guardare e l’essere guardati si alternano generando una sottile tensione performativa. DER Sabina ha studiato Cinema e Nuove Tecnologie all'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Lavorare come artista visiva, utilizzando video, fotografia, e performance. Esposto il suo lavoro alla Whitechapel Gallery, Londra; MAGASIN Centre National d’Art Contemporain, Grenoble; PROGRAM, Berlino; Galleria Civica di Arte Contemporanea, Trento; Galleria Vermelho São Paulo, Brasile; Organhaus Art Space, Chongqing, Cina; Kunstverein 0047, Oslo; Istituto Italiano di Cultura, Berlino; Studio Guenzani, Milano. La collaborazione frequente con registi e documentaristi ha rappresentato uno stimolo a considerare gli aspetti del proprio lavoro più vicini al documentario. Ha realizzato il cortometraggio Giungla usando materiali d’archivio. Sta lavorando alla produzione del suo primo “docureality”, Backdoor. SPONDE (Italia/Francia 2015 - HD, colore, 60') Regia, Soggetto, Sceneggiatura Irene Dionisio Sponde. Tunisina e Lampedusana, porta d'Europa. A separarle 60 miglia di mare, il Mediterraneo, rotta di migrazioni. Un fenomeno che le più recenti scritture della catastrofe raccontano non tanto in termini di spostamento quanto di strage: 35.000 è il numero delle persone morte, fino a oggi, nel tentativo di raggiungere le coste europee. Mohsen Lidhabi, postino di Zarzis, cercando sulla spiaggia materiali per le proprie sculture, scopre un corpo. Senza troppe domande decide di dare allo sconosciuto degna sepoltura. Come Vincenzo, becchino in pensione, che si trova, a Lampedusa, nella stessa situazione. I due, per quanto fatto, diventano motivo di polemica nelle rispettive comunità, entrambe corrotte da un'idea d'identità che si esprime nel rifiuto. Ma di fronte al “secol superbo e sciocco” non resta altro da fare che stringersi in “social catena”: un giorno Vincenzo riceve una lettera scritta in francese da un mittente sconosciuto che, come lui, ha compiuto l'unico gesto di umanità possibile di fronte ai morti senza nome arrivati dal mare. Irene Dionisio (Torino, 1986) realizza nel 2010 Fières d'être putes documentario selezionato al Festival Da Sodoma a Hollywood; nel 2011 La fabbrica è piena, con cui vince l'anno successivo il Premio Cgil Spi Filmmaker 2011 a Piemonte Movie e il Premio Collino a Visions du Réel. Sempre nel 2011 è assistente video di Alina Marazzi sul set di Baby blues. Con il soggetto Shores ha vinto il Premio Solinas Documentario per il Cinema 2012, poi selezionato nel workshop "Nutrimenti terrestri, nutrimenti celesti” Filmmaker Milano 2013. I.D. (Italia 2015 - HD, colore, 5') Regia Rita Casdia L'esplorazione del deserto come luogo simbolico è il punto di partenza e lo sfondo su cui si muovono i personaggi di plastilina di Rita Casdia, immersi in un paesaggio sonoro che diventa, con lo scorrere del tempo, sempre più torbido. Lo spazio legato alla successione, spesso rallentata e invertita dei fotogrammi, viene allora chiuso e immobilizzato come in una bolla di sapone. Scene che indicano uno stato di spaesamento, subito interrotte perché corrono verso un'unica e lunga strada ancora inesplorata. Ancora i sentimenti di abbandono e isolamento - come già nei precedenti SOLE, Criss Cross Loop, UFOr3, Smother - sono i protagonisti di I.D. Ma il reale da sfondo, fessura, quale era in precedenza, adesso invade la scena. Rita Casdia (Barcellona Pozzo di Gotto, 1977) nel 2006, con il video Piccole donne crescono vince la selezione “Paesaggi umani” di Filmmaker e il concorso “Movin’Up – GAI”, che le consente di realizzare in Canada, presso il centro Groupe Territoire Culturel, il video Criss Cross Loop. Le sue opere video hanno partecipato a numerosi festiva: Tina b, The Prague Contemporary Festival, Trieste Film Festival, rassegna video Catodica, Videoart Yearbook - Bologna, Fisheye, Cinema Aquila - Roma, 39° Festival du Nouveau Cinéma - Montréal, LOOP video Art Festival & Fair – Barcelona, Video.it, Fondazione Merz – Torino. I.D. è stato presentato a Mnemonic City Lisbon, 8° Proyector International Videoart Festival, Madrid, Suspended territories and other italian stories, MUU Galleria, Helsinki, FLASHFORWARD, VisualContainer, Milano. DREAMACHINE (Italia, 2015 - HD, colore, 5’ 16’’) Regia Alessandra Caccia Alessandra Caccia, partendo da un'esperienza personale, inizia una riflessione sul processo di superamento di fatti dolorosi o traumatici. Il percorso che - dalla resistenza, attraverso la trasformazione - approda alla ricostruzione corrisponde, in ingegneria, alla capacità di un materiale di resistere agli urti senza spezzarsi, ovvero la Resilienza. Il punto di partenza per la regista sono stati alcuni esami diagnostici cui si è dovuta sottoporre, tra questi la risonanza magnetica. Il suono ossessivo, ansiogeno e assordante avrebbe potuto rendere l'esame difficile da superare. Soprattutto, considerato lo spazio ridottissimo, quella sorta di “bara tecnologica” in cui i pazienti che devono affrontare quel particolare esame sono costretti. Ma il suono martellante, ipnotico, che ricorda il ritmo della musica techno, fa scivolare la regista in uno di stato di trance: chiudendo gli occhi l'esame si trasforma allora in un’esperienza di abbandono, di sogno, in cui riemergono ricordi e sensazioni piacevoli. Superando claustrofobia, senso di soffocamento, oppressione. Alessandra Caccia (Milano, 1975) studia fotografia all'Istituto Riccardo Bauer e frequenta la scuola Civica di Cinema di Milano. Nel suo lavoro usa fotografia, video e videoinstallazione. Il suo linguaggio fonde più ambiti: cinema, pubblicità e videoclip musicale. Il suo lavoro è stato presentato, tra gli altri, al Vir Open Studio VIAFARINI, Videoart Yearbook, Università di Bologna, Premio Francesco Fabbri per le arti contemporanee Villa Brandolini, Pieve di Soligo, “Artype” Archetipi della videoarte, Basilica Palladiana Vicenza, Premio Paolo Rigamonti, Galleria San fedele, Milano, Festival Visible, Madrid, Asoloartfilmfestival XXIX Edizione, Teatro Eleonora Duse, Menzione Speciale, 2010, Video.it, Un Ponte sul Mediterraneo, Fondazione Merz, Torino, 200 artisti per Careof, DOCVA Milano, Junkbuilding, Triennale Bovisa, Milano, Talk to the City, III Edizione, Careof, (Menzione Speciale), Milano, Incontri Italiani, Milano Film Festival, Alta Attenzione, MIART, Fair Play, Video Festival, Play Gallery, Berlino, Padiglione Italia, Biennale Internazionale di Fotografia, Sofia, Eos Palazzo dell'Arengario e Palazzina Liberty Milano. CONCERTO METAFISICO (Italia, 2015 - HD, colore, 7') Regia Ilaria Pezone Metafisico è lo spazio quotidiano visto attraverso la mediazione digitale. I pixel rapidi dello smartphone definiscono forme asettiche aggiungendo valori numerici che le trasformano in altro. Il brulicare di queste informazioni prende il sopravvento sulla realtà percepibile a occhio nudo. Una notte di luna crescente viene interrogata visivamente e uditivamente dal piccolo Federico e il dialogo muto si apre all'interpretazione dell'autrice, il cui sguardo pone interrogativi necessari all'essere madre, vicini allo stupore di scoprire la realtà per la prima volta. Il cinema permette di addentrarsi nel visibile e nell'invisibile manipolando spazio e tempo, mutando percezione e stati d'animo. Ilaria Pezone (Lecco, 1986) si occupa di videoarte e produzione video nel settore didattico. Ha realizzato i film Leggerezze e gravità (2008); Polittico Preludio Adagio Altalenante (2009); Greisttmo (2010); Andare Tornando a Rilievi Domestici (2011). Masse nella geometria rivelata dello spazio tempo è stato presentato nel 2012 a Filmmaker Festival, Masse Nella Geometria Rivelata Dello Spazio Tempo (2012), vinctore del premio per il miglior cortometraggio al Festival internazionale Terra di Cinema, Paris – Tremblayen-France 2012, 1510- Sogno su carta impressa con video (2013). ΤΟΠΊΟ (Italia 2015 - MiniDV, b/n, 5') Regia Ignazio Fabio Mazzola «L’opera di architettura funziona come un τοπίο, accoglie nel suo spazio tutte le cose esistenti prodotte dalla vita e dall’uomo» (Aris Konstantinidis). Un esempio di architettura anonima, la masseria Tarsia Morisco nei pressi di Conversano: per analizzare il rapporto tra architettura e paesaggio. Una serie di movimenti definiti da una razza equina (il Lipizzano, linea Conversano), tipica della zona, come elementi generatori del paesaggio naturale e artificiale. L’elementarità dell’architettura, evidenziata dai suoi cardini, assoggettata a un ambiente che riassume il tempo tra passato, presente e futuro, si apre inevitabilmente all’imprevedibilità degli eventi. Ignazio Fabio Mazzola (Bari, 1980), si è diplomato presso l'Istituto Statale d'Arte di Bari e ha frequentato la Facoltà di Architettura del Politecnico. Nei suoi video indaga una condizione corporea ed esistenziale che oscilla tra la narrazione biografica e la dimensione collettiva. Nel 2009 ha esposto le prime opere grafiche su carta da imballaggio e negli anni successivi ha partecipato a numerose mostre collettive. Recentemente il Museo Pascali di Polignano a Mare (Bari) gli ha dedicato una Project Room all'interno del programma Il Museo e il suo territorio. Prima di τοπίο ha realizzato: Italia a due posti (2011); Calura (2012); Natale nazista (2012); La faccia della maiala (2013); Piano Pi_no (2014); S _ S (2015). LETTER FROM AN IMAGINARY MAN (Italia, 2015 - HD, colore, 41’) Regia Matilde De Feo Letter from an imaginary man è progetto multimediale sull’amore e sulle lettere d’amore. Documenta un’operazione di raccolta e ricerca, partita nel 2012, da parte di soggetti volontari disposti a leggere la propria lettera e raccontare in video la propria storia. Un’indagine sui sentimenti di profonda intimità, che partendo dalla lettura della scrittura privata precede il momento dell’intervista. Ogni soggetto è stato incontrato singolarmente, in uno scenario unico, tutti gli incontri possiedono una forte connotazione concettuale e videoperformativa. Ma c’è un voile de mystère, l’illusione necessaria di cui parla Nietzsche a proposito dell’amore e dell’arte, l’illusione come bisogno. È tutto un gioco: mescolare la finzione con la realtà, la letteratura con la vita, sottolineando la natura illusoria dell’amore, l’impossibilità di amare senza immaginare. Matilde De Feo è interprete, regista, operatrice culturale. Si è laureata in regia con una tesi in teatro e tecnologie, al Dams di Romatre. Si è diplomata all'Accademia d'Arte Drammatica del Teatro Bellini di Napoli, formandosi con Alvaro Piccardi, Paolo Giuranna, Giulia Varley, Roberto Lun, Elena Bucci. Ha lavorato in teatro con Gerard Watkins, Marion Aubert, Guy Delamotte, Renato Carpentieri, Pierpaolo Sepe, Pierre Yves Chapelain e i videoartisti Milica Tomic, Lutz Gregor, Vanessa Beecroft, Paolo Rosa (Studio Azzurro), Silvano Agosti. È titolare dal 2003 del progetto mald’è che mette in relazione le arti visive a quelle sceniche, con cui ha realizzato una serie di lavori a cavallo tra cinema, videoteatro, installazioni interattive e spettacoli multimediali, presentati in festival nazionali e internazionali: Festival del film di Roma, Short film Corner Festival di Cannes, Festival di Volterra, Milano in digitale, Caffè Fandango, Napolifilmfestival, Riccione TTV. Lavora, come docente di teatro e operatrice culturale e come doppiatrice di documentari. IL SOLENGO (Italia/Argentina, 2015 - HD, colore, 70') Regia Alessio Rigo de Righi, Matteo Zoppis «E disegna l'Appennino nel cielo l'ombra /di una esistenza più antica», che è poi quella di un mondo residuale, antico, sfuggito al moderno, lo stesso che – a partire forse dal verso pasoliniano - fa da sfondo ai racconti degli anziani di Prato Longo, ognuno col proprio ricordo di “Mario de' Marcella”, l'eremita della valle che, come il Solengo, il maschio del cinghiale, certo di bastare a sé stesso, decise di vivere da solo, lontano dal branco. Un solitario che se incontrava dei cacciatori in battuta spesso si metteva a tiro per non farli sparare. Storie, ciascuna diversa (a volte addirittura in contrasto tra loro), come tasselli d'un mosaico che formano un'immagine dove il reale sfuma nella leggenda, nell'oralità, che si trasforma e modifica col tempo. E tra questi due poli i registi inscrivono il loro film dove il taglio etno-antropologico dà credibilità all’incredibile, al verosimile, al plausibile. Perché alla fine, come loro stessi hanno dichiarato, «la verità non è poi l'unico né il principale ingrediente di una storia». Matteo Zoppis (Roma, 1986), dopo gli studi in giurisprudenza si trasferisce a New York dove studia regia alla New York University SCPS. Attualmente vive a Berlino e collabora con Alessio Rigo de Righi nella realizzazione di diversi progetti che hanno come interesse la campagna, gli uomini e gli animali; tra questi Belva Nera, presentato nel 2014 alla trentaseiesima edizione di Cinéma du Réel, dove vince il premio come migliore cortometraggio e il premio Fresnes Prisoners, assegnato dalla giuria dei detenuti del penitenziario di Fresnes. Il Solengo ha vinto il Gran Premio "Città di Lisbona" come Miglior Film del Concorso Internazionale a DOC Lisboa 2015. Alessio Rigo de Righi (Jackson – USA, 1986). Ha studiato letteratura a Roma e regia a New York, dove ha realizzato diversi cortometraggi: Henry’s Love (2008); Catedral (2009); La gracia del mar (2010); Marfil (2012). Con Matteo Zoppis ha realizzato Belva Nera, presentato nel 2014 alla trentaseiesima edizione di Cinéma du Réel, vincitore del premio come migliore cortometraggio e del premio Fresnes Prisoners, assegnato dalla giuria dei detenuti del pentenziario di Fresnes. Il Solengo ha vinto il Gran Premio "Città di Lisbona" come Miglior Film del Concorso Internazionale a DOC Lisboa 2015.