pisacane ed un suo storico - Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

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pisacane ed un suo storico - Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
ALDO ROMANO
PISACANE ED UN SUO STORICO
•
Estratto dalla .. Rassegna Storica Napoletana"
Anno IN. 2
MCMXXXIII [XI]
EDITRICE A. MICCOLI
NAPOLI
,
ALDO R OM A N O
PISACANE ED UN SUO STORICO
•
Estratto dalla .. Rassegna Storica Napoletana"
Anno IN. 2
MCMXXXIII [Xl)
EDITRICE A. MICCOLI
NAPOLI
)
Man mano che ci andiamo allontanando dal tempo del
nostro Risorgimento, accade di notare nella storiografia di
esso, Con il placarsi delle passioni. ed il diminuire degli
interes si pratici, un a più lucida ed esatta comprensione dei
cosiddetti tàlomeni minori di queIl' epoca. Mentre fino ad
una cinquantina d'anni addietro si usava ipostatizzare entro una serie limitata di nomi (Carlo Alberto, Vittorio
Emanuele, Mazzini, Cattaneo, Gioberti, Cavour) le tendenze monarchiche, repubblicane. federaliste, neoguelfe e liberali, ed in esse, come in un letto procusteo, si restringevano e rinsaccavano uomini e passioni che avevano una
loro spiccata e netta caratteristica, oggi non v'è chi osi
restringere entro questi schemi empirici le personalità mi:
nori, e far apparire per esempio uno Spaventa, un Massari, un Nigra, operanti esclusivamente nel solco dell'indi.
rizzo giobcrtiano-cavouriano. Ammessa la verità dell'adagio
latino, lot capita lot sententiae, ognuno degli u0mini che
operarono per la formazione della nostra unità nazionale
riacquista la sua vera fisionomia ed è visto oggi sotto un
aspetto pi ù reale e, diremmo, più umano: ed in ognuno
di essa emerge tutto un mòndo nuovo, culturale, passionale
e pratico, che dapprima era come offuscato dalla luce più
viva che irradiavano i maggiori artefici dell'unità, suscitando di conseguenza un più grande interesse. Gli è che, in
fondo. mentre in un Cavour ed in un Mazzini l'azione si
concretava in reali effetti pratici e la loro opera aveva
delle tangibili ·conseguenze politiche, in altri l'azione non
si innalzava a l disopra degli sterili desideri ed entusiasmi,
della testim onianza della fede col martirio e con mediocri
opere di pensiero, con la creazione di quello slato d'animo
generale che rimaneva come un'opera moltitudinaria ed
anonima , un affia to corale dal quale era pressoccbè impossibile sceverare le singole voci. Ma su qu '::!lla base dove vano edificare i grandi costruttori, e Ja loro opera stessa
t.\
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se era quasi sempre il portato indistruttibile delle compagini spirituali che si formavano intorno ad essi, era, qualche
volta, anche il risultato delle lotte interne delle loro fazioni. Come si fa, per esempio, nel tempo tra la spedizione di Crimea e Pl~mbières, a svellere l'opera di Cavour
dalla propaganda ma.ziniana che per tanta parte la deter·
minò? E l'opera di Mazzini in quello stesso tempo dall'azione svolta per suo conto da CarIo Pisacane e dal gesto,
avventato quanto benefico, di Felice Orsini (
Bisogna battere dunqu e questo chiodo: che occorre in
primo luogo lo studio minuto, l'analisi interna e non esteriore, l'indagine della formazione spirituale culturale e politica delle personalità secondarie, per avere non solo il
quadro completo dell'età del Risorgimento ma anche la
reale fisionomia delle figure maggiori, la cui opera si veniva determinando e formando pian piano a traverso le
esperienze dei singoli componenti le grandi masse. Chi era
Mazzini nel '56? E chi era al principio del '58, dopo che
l"apostolo era passato a traverso il fuoco dell'anno forse
più critico della sua vita? E quanta parte dello spirito di
Carlo Pisacane morto, e della sua esperienza, si era trasfuso in lui?
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Carlo Pisacane appare a chi penetri e riviva la storia
italiana dell'ottocento un po' come le figure della grande
epopea greca e romana, un po' come uno di quegli eroi
balzanti daile pagine del Carlyle.
Ma a penetrare veramente il s ignificato della sua vita
e del suo sacrifizio a bandire da noi la sottile e malcelata
retorica del cauto mercantiniano, ci si avvede che l'insegnamento più alto e profondo di lui sorge da uno degli
aspetti meno noti della sua personalità. Una cosa è il ca·
pitano dagli occhi cerulei che muore sotto i colpi di ròn·
cola della reazionaria plebaglia imbestialita, sulla impervie
balze del Cilento, in un fosco tramonto del luglio .857;
ed una altra cosa è l'esule per amore che al contatto della
I
-5civiltà europea a mezzo l'ottocento seote il bisogno di im~
mergersi fino ai capelli in uno studio che sceveri la vera
essenza della ineguaglianza sociale, ed in un grosso ma·
noscritto fittissimo - che la pietà degli amici stampò quasi
alla macchia con pubblica sottoscrizione, più per fare atto
di omaggio alla memoria del martire che con la coscienza
di stampare un'opera non efimera - lascia additate alle
classi non abbienti le vie da battere per ascendere il po
te re e rivendicare i propri conculcati diritti. Il primo rien tra in quella schiera di miti che un po' la fantasia patriot-
tica ha foggiato, ed un po' ha idealizzato la lirica popolare
ed animistica dell'ottocento, è il fratello spirituale dei Balilla e dei Calvi, dei Bandiera, dei Manara e dei Masina,
l'uomo nel quale un gesto solo può essere il segno di tutta
una vita interiore, e che a noi piace fermare dinanzi a noi
stessi in quel gesto significativo, come nella stupenda fis ·
sità di una statua marmorea; l'altro, che è invece vivo in
perpetuo, ha una sua umanità che ci è più fraterna, e che
noi amiamo qualche volta considerare senza il piedistallo
di eroicità che la tradizione gli ha costruito, quasi fosse
un nostro simile, sia pure di noi assai più forte e migliore.
In quest'opera di diseroicizzazione del mito Pisacane (mi
si passi la brutta parola), se un incanto svanisce, la sua fi o
g ura acquista per noi un significato che è più aderente alla
realtà storica, e si crea perciò quello che per più versi potrebbe costituire un altro incanto, l'incanto della tra vagliata
e dolorosa umanità che è alle radici dell'anima pisacaniana.
Studiando il pensiero di lui vie n fatto di convincersi profondamente che tra la vita spirituale di Carlo Pisacane ed
il suo ultimo gesto, che altra volta ebbi a definire una «follia eroica" esiste un legame profondissimo, logico, inelut·
tabile. Il suo libro maggiore ri~ntra completamente negli
schemi della letteratura socialistica della prima metà dell'ot·
toce nto, per quel nucleo di pessimismo e di tetraggine iniziale che è alla base tanto dell'opera sua quanto di tutte le
aspirazioni apocalittiche ed escatologiche dei principali so·
cia li sti umanitari del secolo XIX, non escluso il Marx. E
quando a proposito di quest'ultimo si ebbe a rilevare , quasi
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stato d'animo particolare e secondario, l'atteggiamento romantico ed eticistico, mi pare che s'ebbe · il torto di attri.
buire a lui uno stata d' animo ch' era com une a tutti quegli edoni sti , e ch' era in ultima analisi la sorgente
principale del loro rivo luzionarismo. Quando si tenga presente tale criterio normativa - che potremmo dir ps icologico se qu esta parola oggi non avesse ass unto accezioni
eq uivoche - si potrà avere la coscienza di una delle più
salde verità della storiografia idealistica: che, cioè, nella
storia si reali zza una perenne spi ri tuali tà, e che gli eleme nti
economici sono sempre conglobati e rifusi in un' attività
pratica, che è, perchè tale, eticità.
La fig ura di Carlo Pisacane spicca tra gli uomini del
Risorgimento per la sua fisionomia morale che lo rende
inconfondibile anche r ispetto a quei personaggi della sua
epoca che a prima vista possono apparire orientati verso
lo stesso indirizzo poli tico, e perciò no n dissimili da lui: al
cospetto d i u n Mazzini Don può dirsi un puro repubblicano,
non un puro federalista se si tenga no presenti, come modelli , un Cattaneo od un Ferrari. non certo liberale se lo
si p arago ni al Cavour . Sebbene da tutte le correnti ideologiche che questi uomini rappresentavano egli abbia assimilato le idee pi ù vitali, e di questi uomini spesso egli
abbi a i principali caratteri distintivi, egli, in ultima analisi.
non aderisce m ai pienamente alle loro dottrine. Uomo di
mille esperienze intellettuali, egli assimila la parte migliore
della c ultu ra del suo tempo anche quando le Idee penetrano in lui sotto forma di reazione, e cioè vi operano facendone egli la critica; e si martoria perennemente in queste esperienze, ed i n ognnoa di esse lascia qualche cosa
di sè, q u alche cosa di viVai per ricercare altrove. inappagatamente, u omini e dottrine più complete. Chi segue la
vita travagliata di lu i, si accorge che nell'ultimo decennio
di essa, v'è una tristezza ed una incontentabilità romantica
che crescono in senso progressi vo: come un peso morto
uell'anima che rende ogni giorno più penosa e dolorosa la
vita, finchè in ultimo non la s i getta in un a impresa dall'esito iu certo, il cui epilogo, li eto o triste che sia, è per
lui nna liberazione. Q uesta su a contentezza ed incontentahilità, se per un verso erano origin ate dal suo temperamento singolare, che lo portava sempre a trascendere ~l
suo ambien te ed il suo tempo. per l'altro d ipendono dagli
avvenimenti della s ua vita stessa , intessuta sempre nel
contrasto spirituale di un'aspirazione che non trova mai il
suo coronamento nella realtà .
Già dalla sua giovinezza, il Pisacane, ed ucato ~n ilitar­
mente in uno d ei migliori collegi del Regno, abborrisce la
soldatesca su perficialità e lascia i suoi studi di costruzioni
e balistica , per immergersi nella lettura di pensatori e fi·
losofi , quali Vico, Giannone, Fil angieri, Pagano: in ciò segue la tradizione di un al tro soldato filosofo, il li berale come
lui, e come lui educato alla scuola della Nunziatella, Luigi
B lanch; ma mentre il Blanch pensatore e filosofo , meno che
in qu alche punto dell a sua Scienza Militare, sa liberarsi
spesso dell'abito mentale formatosi a traverso la sua cultura militare, il Pisacane lascia in tutti i s uoi scritti la impron.ta della sua prima edu cazione , que l militaresco piglio
severo che non abbandona perfino nei momenti di espansione amorosa, e conferisce a tutti i suoi atteggiamenti quell'aspetto quasi ierat ico che è proprio dei militari. Anche la
sua aspirazio ne all'eg uag li anza e a l socialismo , che è d avvero il Imnctu.11l saliens della sua dottrina, espressa in quei
semplici ed in gen u i apoftegm i scaturiti da un a lunga meditazione sulle condizioni economiche delle classi non abbienti, lo differe nzia, ponendo un problema nuovo nella politica del suo tempo, da quelli che, pur sente ndo la necessità di risolvere il problema sociale. mettevano in primo
piano la m era questione politica: quali. per esem pio, un
Mazzini o un Cattaneo. Certo la dottrina socialistica di P isacane, elaborata in un paese non a ncora polìti camenie costituito,
semplicistica per non a vere la b ase dottrinale d i
quella di un Marx o di un Engels, è ben lungi dall'essere
affine a quella del socialismo od ierno, formatasi invece a
traverso una esperienza quasi secolare, evolutasi a via di
. differenziamen ti, e purificatasi dalle scorie e dai detriti de lla
sua parte impura o caduca. La dottrina del Pisacane, in
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vece, formulata agli albori del pensiero socialistico e uropeo'
risente ancora della incompiutezza dell' e laborazione generale di quel pens iero. e per molti rispetti è assai più vicina
all' anarchismo. o al socialismo proudhoniano. che a quello
dei due corifei del cosiddetto soci alismo scientifico. Ciò
malgrado, in essa dove va porre le su e radice una delle correnti politiche p iù importanti della nuova Italia.
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I critici (Re nsi, Savelli, Da Cimbro) hanno cercato,
og nuno con diverse prem~sse diverso metodo e m e ntalità ,
di illustrare il pensiero pisacaoiano partendo da un procedime nto ab extra; dello studio dei casi esteriori della sua
vita, e sopratutto dell'ultimo tragico avvenimento, sono passati all' indagi ne dei suoi Sa~gi. compiendo un'analisi che
do veva restare necessariame nte incompleta giacchè il pen s iero di lui non era considerato nella vivente complessità
della sua vita , ma quasi come cosa estranea ed avulsa da
essa, come un mero sistema filosofi co , e non come formulazione d'idee politiche sorta, ipsis rebus dictan#6us, dalle
esigenze p ratiche di lui. E se si eccettui il saggio del Falco,
così vivo e penetrante, nel quale per la prima volta fncomincia ad emer gere la reale fisi onomia del Nostro (esso ha,
però, Ulla g ra ve lacuna , quella della limitatezza delle ricerche
arcbivistiche, chè il Falco non ha studiato le fonti napole·
tane) mancava finoggi uno studio complessivo che delineasse
i rapporti del Pisa cane con gli uomini del Risorgimento e
ne indicasse la reale importanza e funzion e nella storia della
nazione italiana.
Lo studio del Falco ha voluto riprendere ed approfon.
dire ora N ello R osselli in un volume di assai grande ori·
ginalità (I), che ci dà finalmente una parola decisiva su
(1) NELLO UOSSELLI, CarZo Pisacane nel Risorgimento itaUano.
Torino, Bo coll! (B ibl. di Storia Contemporanea. n.O 14,) pp. XVI - 467,
Lire 20.
-9questo eroe cosi immeritatamente incompreso. Ma il suo
libro occorre discutere in molte sue parti per l'ulteriore approfondimento di un pensi ero politico che entra ormai de·
cisamente a far parte della storiog rafia italiana del Risor·
gimento.
Il libro del Rosselli è esauriente per tutto quello cbe
riguarda le vicende biografiche del Pisacane. Le più minute
notizie di giornali coevi e di opuscoli sincroui s ono opp o r~
tunamente vagliate; molti documenti della diplomazia inglese son resi noti per la prima volta. numerose lettere di
patri oti, che possano interessar l'argome nto. sono studi ate
e riportate nei brani salienti. Su questa solida base di pazienti ricerche e di valida documentazione è fondata la narrazione della vicenda: ed anche per questo aspetto non era
possibile chiedere di più al Rosselli che ha saputo ravvi ·
vare ed unificare co n singolare maestria tutta quella pesante
ed indigesta congerie archivistica, e ci ha dato per la prima
volta una narrazione unitaria, movimentata, appassionatissima.
Ma è un singolarissimo caso cbe anche il R osselli, come
il Falco, si sia arrestato alle fo nti archivistiche dei paesi
dell' Italia settentrionale e centrale (Torino Genova , Roma)
e non abbia indagato a Napoli, con maggiore profondità
che 110n sia stato fatto finoggi, g li archiVI della polizia,
d~lla guerra, degli esteri e della giusti zia provenienti dai
fondi dei rispettivi ministeri del Regno delle Due Sicilie.
Quanta ricchezza di materiale sarebbe emersa I
Mentre della fanciullezza e della prima giovin ~ zza del
Pisacane si sa poco anche dopo la pubblicazione di questo
libro, il Rosselli, g iovandosi delle numerose notizie sull'eroe e sulla famiglia di lui che in quei fondi si trovano,
avrebbe potuto ricostruire, con la maestria che gli è abituale, tutto l'ambiente piccolo-borghese nel quale il Pi sacane
crebbe, e mostrarci così dalP inizio l'origine della formazione spirituale di lui. Per converso, il R osselli, data la
quasi assoluta mancanza di notizie per il periodo anteriore
al 1845 è costretto a partire quasi dalla crÌh i d'amore , da
quando cioè il Pisacane fu costretto a fug gir da Napoli
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con una don na ch' era legalmente vincolata ad un altro.
Ma quantunque si r is enta nel suo libro la deficienza di
uno studio accurato sulle aspirazioni. le lettUre, le opinioni
politiche, la. vita d i collegio, in una su tutto il mondo spi·
r ituale e la me ntalità del Pisacane, pure il Rosselli ba sa·
puto dar ci delle pagin" felicissime sulla vita amorosa del
Pisacane ed una analisi difficilmente supera bile su ne si·
tuazioni ps icologiche dei due romantici amanti (I),
Ma si entra veramente llel dramma politico agli inizi
del terzo capitolo. quando il Rosselli incomincia a narrare
le vicende a t raverso le quali si compì l'esperienza rivo·
luzionaria del Pjsacane. Chi conosce l'argomento sa che,
sopratutto p er quel cbe riguarda il 1848, pocbissimi sono
i rife rimenti docum e ntari, chè il Pisacane si confondeva
ancora con la folla anonima dei volontari combattenti in
(l) Rileviamo, a se mplioe titolo di eaattezzo. atol'ioa, aloune picoole
sviate dal R o8se11i, la quali, del resto, non infirmano minimamente lo.
I:It.upenda. complessità. dt'l l auo lavoro, Speriamo ohe in una. seoonda edizione, ohe oi a uguriamo proasima., il libro ai deterga da queste piccola soorie PAG , l : Non a tredioi anni, nà nel 1831, il P. entrÒ nel Collegio della. Nunziatell a., siblJslle a qu attordioi oon Regio Resoritto in
data 22 maggio 1832, PAGG, 7·10, La carriera militare del p , à int'_
aatta (Cfr. int ol'Do 3. ciò i miei due soritti Contributo alla biog, di C,P.
in Civiltà. Moderna, 1931, 6 Nuove ricercbe sulla vita amorosa di
C. P. in RaSi. Storica del Risorgimento 1933,) PAG. 11. Mi sembra
illsmmiaaibile lo. tt;lsi nvanzata dal Roaselli a raoentemente aooettata
anche d al Curatulo (II dt'amma d'amore di C. P. in Nuova Anto logia
1933, n. 4" e da ' F[erruooio] P[arri ] _ Pisacane , In Nuova Rivista
Storia, 1933, n, I) ohe un'aggressione di oui il P. fu vittima a soopa
di furto I:Ila inveoe dovuta a mandato dal marito della Di LorenZO.
Contl'o que!lt.a, tesi vi sono non solo i documenti della polizia che ci dioono ohe in queU' epooa. ta.li rapine erano frequentiaaime, ma anohe la.
lettera del P. ai parenti e tutti i oarteggi della D . L. oon la. famiglia.,
nei qua.li, tra le tante colpe ohe son rinfaooiate al mlu'ito, mai ai fa
oenno di tal e a v venimento . Del resto mi pare ol'mai assodato ohe,
finchè la mogl ie non fuggI, il Lo.zzari fu sempre ignaro di tutto.
P ago 102. Non (l: meridionale I) era Nioola Fabrizi I sibbene nato a
ModenlL il 4, aprile 1804" Pago 118. Aohille di LOl'enzo, di oui il Roeselli ignol'& il gl'ado dì parentela oon la Enriohetta, ne era il fraiello.
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Lombardia: è ancora maggiore, perciò, il merito del Rosselli che ha saputo darci un capitolo stupendo per rapidità
di sintesi e vivacità di narrazione. ove nulla che possa
contribuire alla comprensione dell'azione di Pisa cane du o
rante la guerra è trascurato. Solo a m e pare che il Ros~
selli, tutto preso com'è dall'interesse per le vicende biografiche esteriori del suo eroe, lasci troppo in ombra quella
che era la vita interiore del Pisacane durante quel periodo,
quale si poteva invece ricavare da molti passi di un suo
libro posteriore: la Guerra combattuta in Italia (I). Così
non trovo che fuggevoli accenni sull 'antialber tismo e l'antipiemontesismo di lui, mentre la questione sulla quale era
impostato tutto il problema politico del nostro è indispen·
sabile ad u na esatta comprensione delle ragioni che spinsero lui e molti alt ri di quei liberali ad abbandonare la
guerra e ad andarsene a Roma. In questo primo dissenso
del Pisacane dal comune orientamento deUe forze liberall
moderate è il germe del suo ulteriore distacco da tutte
le correnti del Risorgimento e la ra gione della originalità
dottrinale di lui di fronte ad esse. Se si legge per esempio
la Guerra combattuta in Italia e si confronta idealmente
questo libro con altro del Cattaneo L'insurrezione di Milano,
che pure è quello che ad esso più si accosta, si vedrà facilmente come il pensiero pisaca niano aveva un suo proprio svolgimento ed indirizzo. Lo stesso si può dire se si
consideri un'altra opera affine d i quell'epoca: La federazione
relmbblicana del Ferrari. Pisacane già nel 1848 portava sul
terreno una questione di pratica politica che trascendeva
le discussion i teoriche abbastanza oziose sui regg imenti
futuri d 'Italia, e faceva convergenti i suoi interessi mentali sulla maniera di attuar e una affermazione dello spirito
prettamente italiano: quello cbe sostanzialmente per il
Cattaneo era l'attegiamento polemico del Lombardo di fron-
(1) E' quel che ho tentato di fat e nello stndio s u «La formaIn « La Nuov a. H aLia. di Fir(\IlZe, 1932, u , VI·VII.
zione della coscienea politica di C. P . " I. Il I848.
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te alla g uerra regia di conquista promossa da Re Carlo
non riconoscere la serietà di preparazione storica generale ,
Alberto, e rimaneva ancora a far parte della letteratura di
un angusto campanilismo regionale, nel Pisacane era in ·
vece la concreta ricerca fatta da un rivoluzionario che
aveva già una profonda esperienza delle cose m ilitari, ed
una radicata concezione della lotta politica come lotta p er
la diligenza delle ricerche archivistiche, l'aderenza spirituale
alle cose narrate, e, in molti di quegli storici, l'acutezza dei
la conquista dell'unità. Lontano in quel tempo, più di
meccanico della storia ed una concezione causale di essa. In
alcuni deg li storici migliori, come il Rosselli, che pare segua-
giudizi critici ; tra le defici e1,1ze si presenta in primo luogo
la mancanza della consapevolezza dei nessi dialettici, la scarsa
profondità delle indagini sulla formazione culturale, un senso
quanto si possa pens are, dai federalisti italiani, nel Pisacane si venne poi sempre più acue ndo questo di ss idio.
Forse, se Rosselli avesse maggiormente indagato, nelle
ana logie e nei contrasti, i rapporti del pensiero pisacaniano
no questa tendenza, questi difetti per molta parte rimangono _
in secondo piano, perchè ravvivati da una concezione or ·
ganica della storia sorta dal bisogno di spiegare certi feno·
con quello degli uomini politici che rap presentavano le
altre esigenze politiche del quarantotto, ed avesse te nu·
meni pei quali non bastano i canoni interpretatlvi della storiografia economico-giuridica. D'altra parte però non basta
to presente l'eredità del pensiero politico napoletano che
in lu i sfociava e si assommava, ci avrebbe data una
più complessa ma anche più reale visione dello stato
d'animo dal quale originar iamente il Pisacane trasse tutta
listica perchè essi abbandonino la loro consuetudinaria forma
mC1ltis tanto che da essa non resti j nfidata e viziata la loro
visione degli avveniment i.
la sua ulteriore visione d ella vita e della politica ita·
liana del Risorgimento.
Piene di interesse per la comprensione delle idealità
politiche del Nostro, sono anche le vicende alle quali egli
partecipò, dapprima come membro del Consiglio di Guerra
e poi come capo dello Stato Maggiore, durante la R epubblica Rom ana, E d anche qui, mentre prima bisog nava ri
fars i alle framm entarie n tizie dei libri di storia generale
della R epubblica, o ai pochi articoli che riguardano la sua
attività durante quei mesi del '49 (notizie ve n'erano nei
cemu" 6iografid premessi ai Saggi, nello studio del Falco ed
in un articolo del Negri) il Rosselli ci dà in poco più di
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quaranta pagine, un quadro completo dell'attività del Pio
sacane durante la Repubblica.
Qui, per chiarire il nostro dissenso ideale con il Ros selli, sarà indispensabile una chiarificazione metodologica.
Il Rossell i proviene da una scuola. s torica che non risponde
più alle esigenze moderne che la storiografia idealistica rappresen ta. e di quell a scuola, che per ragioni esplicative chiameremo salveminiana, conserva perv icacemente tu tt i i gr(\ n~
diss imi meri ti t;d i mol ti difetti. Tra j primi sarebbe ingiusto
l'esempio d ella maggiore compltssiti della storiografia idea·
Si può avere la prova concr~ta di ciò che affermiamo
se si considerano le pagine sul Pisa cane durante la Repub·
blica romana. Benissimo è descritto, per esempio, l'ambiente
romano nei primi tempi della Repubblica, la temperi e spi ·
rituale che si viveva a R oma tra i primi accorsi, quando
l' 8 marzo 1849 vi giunse da Livorno Carlo Pisacane. Ma
il metodo espositivo non cambia da quel momento. In un
libro desti nato a chiarire l'attività ed il pensiero del Pisa·
cane, occorreva mettere il Nostro al centro della narrazione,
e considerare gli avvenim enti della R epubblica. ab intra, come
il quadro necessario del quale egli era il protagonista; era
necessario studiare quegli eventi, quegli uomini, quelle tendenze, a traverso il prisma del pensier.o pisacaniano (criticamente
e storicamente vagliato). con la scorta documentaria assai va·
sta che ci offrono i capitoli IV e V della seconda parte della
Guerra Comballula , le notizie contenute nel primo saggio (I),
(1) Il ROSSELLI oita: I, 100. Dev'e8sere una svista . Il pri ruo saggio; Cenni Storici! Genoya, SI.ah. 'l'ip. Nfl.zioualfl 1 1858, ha nuvall t o.UQV6
png iD6. Gli Moonni a.Jl r,· Repubblioa Roma.na. cd a.l mnu ioipa.1ismo di eS8a.
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e gli articoli della Voce della libertà. Il Rosselli, invece, che
pur tiene conto di quegli scritti, preferisce darci una breve,
complessa storia della Rep ubblica romana, nella quale. per
quanto magistralmen te narrate quelle vicende, la fig ura del
Pisacane rimane inevitabilmente s focata e sfugge molto spesso a11'attenzione del lettore, continuamente rich iamata a più
rappresentative figure ed a maggiori episodi.
Così a me pare che in alcuni punti di questo capitolo
occorreva che il Rosselli chiarisse maggiorme nte certi
problemi. Per esempio, nella seconda metà di aprile del ' 49,
si manifestò il primo dissenso ideale tra Pisacane e Mazzini. Le ragioni di esso bisogna assai bene approfondire se
si vuoI avere poi l'esatta comprensione degli avvenimenti
successivi e dalla precisa e reci proca opposizione dei due
uomini. Al Pisacane, fin da quel tempo, era vivo il senso
della precarietà della situazione militare di Roma e della necessità di una g uerra di movimento. Nel periodo in cui era alla
Commissione d i Guerra egli combattè il diseg no di frazionare
la truppa per la difesa di alcune posizioni di second'ordine:
e non potendo , per non llrtétre le suscettibilità municipali
di quella città, escl udere Bologna dalla difesa, propose una
sola s uddivisione dell'esercito romano, cioè un doppio amo
massamento di quelle forze : l'uno a B olog na (ave si recò
il Mezzacapo Con il noto insuccesso) e l' altro su Terni,
punto strateg ico dal quale si poteva prendere l'oftensiva su
Napoli e nello stesso tempo attaccare efficacemente qualun·
que nemico che si avanzasse sotto le cinte di Roma (2).
Il piano del Pisacane fu respinto: ma se il Rosselli
lo avesse maggiorme nte esaminato avrebbe potuto chiarire
l'effettivo contrasto tra Pisacane e Mazzini, sorto, g iova
sono noI oap . XXIV, pp . 97 ag. Anohe per la. quefitioue della pubblioa..
ziono dol libro il R. oita. come autori 1'1:01 Cenno b,'ografico il Coaenz, il
Carea no ed il Mezza c :~ p(): ma. la. puòblioazitJue reoente di alouni doon menti della Di Lorenzo dilUoatra F iufoD<lat ezza di tale a.aserzione . Cfr.
G. MBzz ini. S. E. l .... . .
(2) Guerra combattuta in Italia, ed. MI\iuo, Roma, 1906, p, 223
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dirlo , da una deficienza di senso politico in quest' ultimo.
In effetti g ià in quel tempo il Nostro si accorge va che « ]a
rivoluzione dell e idee mancava e che iI popolo mal rispon.
deva ai bisogn i della patria (I) :t ; ed era suo av viso che
« le rivolu zioni materiali si compiono allorchè l'idea motrice è g ià divenuta popolare (2) .: quindi per lui Repubblica
Rom ana era considerata, assai meglio che una rivoluzione
cittadina, la g uerra di conqui sta che una parte del popolo
italiano muoveva per suo conto; g uerra di conquista, perciò, di una parte di popolo armato, e cementato in salda
unità nazionale, contro una ing iusta detenzione di territorio
da parte di un illegittimo mon arca. Di fronte al Mazzini
la posizione ideale de l Pisacane rappresenta perciò uno svio
luppo, un superamento effettivo, come una concezione storica più ammodernata rispetto ad un'altra per molti rispetti
arretrata. < Contro le p roteste di tutte le autorità militari (3) >
dice Pisacane, cioè contro la sua effetti va riprovazione, fu
emanato l'ordine di conce ntramento delle truppef Intanto,
subito dopo il disastro di Novara, il cielo già in gran parte
oscurato, si era tutto clJperto dalla minaccia dei soprag·
giunti francesi, comandati dall'Oudinot. La difesa di Roma,
voluta dal Ma z7.ini, « era - scrive il Pisacane - una riso~
luzione riprovevole . essendo una città di estesissi ma cinta,
e quasi aperta sulla sponda del Tevere (4)>>.
Anche dal punto di vista politico, inoltre, Pisacane
aveva ra g ione quando diceva che la difesa della città
avrebbe determinato la perdita irreparabile della Repubblica , perchè avrebbe ridotto a questione di t empo la sua caduta in mano degli assedianti. Sarebbe
dunque occorso che l'esercito romano uscisse dalla città:
che dalla via di Viterbo prendesse una posizione di fia nco
rispetto alla linea d'operazione francese alla volta di Ro·
ma: cosÌ oltre a conservare l'iniziativa - cosa importan,:,- ~,
(l) Guerra, ibidem.
(2) Guerra. Epigrafe in fronte al libro.
(3) Gum". p. 224.
(4) Guerra. p. 226.
-
16 -
tIsslma, spe-cialme nte sul proprio territorio, giacchè il ne ·
mico è costretto a secondare i piani , spesso capziosi, di chi
COtl0sce il terreno - l'ese rcito romano avrebbe potuto anche non accettare battaglia e ritirarsi sul Tevere superiore
ave già si concentravano i sette battaglioni proveni enti
daU'Ascolano per l'ordine ricevuto di concentrarsi a Terni.
Il nemico, continua Pisacane, «non avrebbe potuto internarsi senza esporsi a certa ruina; ed i Romani, riunita
l'armata tutta e chiamata alle armi le popolazioni delle
Romagne, potevano attaccarlo e distruggerlo o). (1)
Dissentiamo, perciò, dal Rosselli quando asserisce
< che da l punto di vista strategico Pisacane e qualche
altro che la pensava come lui aveva no perfettamente ragione,
da quello morale e politico. invece, era ne1 giusto Mazzini
quando protestava contro l'assurdo errore che costoro commettevano di considerare Roma, cioè, nè più nè meno di una
qualunque « posizione>, abbandonata la quale, si potesse
sciegliere, per la difesa, un'altra migliore ». A noi pare
che anche per il Mazzlni la questione morale passava in
secondo piano, o, p er lo meno, esisteva perchè sorretta da
una sua opinione politica che poi la storia dimostrò del
tutto sbagliata,
E' assai chiaro, infatti, che il Mazzini, illudendosi, connetteva al significato morale una ragione strettamente politica che
gli faceva sperar la vittoria. Della Francia della seconda
repubblica egli si era formato un' idea che alla realtà non
corrispondeva: la sua lunga amicizia coi Ledru- Rollio ed
i Louis Blanc gli facevano credere che veramente fosse
questione di giorni t' a vvento della democrazia al potere,
che all' Assemblea Costituente del quarantotto dovesse se·
guire una Legislativa del tutto conforme alle idee più ra·
dicali del nuovo partito socialisti co ed anticattolico. Le
elezioni di maggio gli diedero torto. A lui sfuggiva quello
che il G uizol aveva già visto tempo prima con lungimi.
ranza: che oramai, in Francia, si doveva fare i conti con
(1) Guerra. ibidem
-
17 -
una nuova forza imponente. Difatti la rivoluzione di febbraio era stato un moto tanto violento da scalzare irreparabilmente una monarchia, ma era stato un moto prec!puamente parigino dal quale era rimasto assente tutto il popolo della vecchia Francia delle provincie, popolo tradizionalmente rurale e conservatore influe nzato da un nuovo
partito cattolico oltremontano che aveva già spezzato ogni
vincolo di interessi col ramo maggiore dei Borboni. Al
Mazzini sfuggiva che questo popolo acquiescente ed anti·
giacobino era destinato a prendere man mano il sopravve nto sulla nuova Francia che egli auspicava : e che irreparabile sfocio era un nuovo. 18 brumaio, un nuovo regime
bonapartista, che poteva in una sola unità fondere la tra·
dizione rivoluzionaria del bonapartismo parigino
rappresentavala guarantigia dei Diritti dell'Uomo - con il principio
di autorità ch'era insito nell'anima quietistica della vecchia
Francia.
Questa deficienza politica del Mazzini a me pare che
il Rosselli non abbia chiarito sufficientemente. Cosi non
chiari appaiono i rapporti successi vi tra il Pisacane ed il
Triumvirato. Il Mazzini, tutto preso nella idea di conti·
nuare l'occupazione di Roma, mise in secondo piano la
questione del Regno di Napoli: solo quando era tardi or·
dinò a Garibaldi di inseguir i Borboni oltre Velletri: ma
ormai i Francesi avevano già iniziate le ostilità e fu giocoforza rinunziare al disegno (I). Il Pisacane avverte invece (ed il Rosselli avrebbe dovuto maggiormente porre
considerazione a questa opinione di lui) che ormai anche
se nell' inseguimento fosse stata impegnata tutta quanta
l'armata romana, era inutile inseguire il nemico perchè diecimila uomini, con scarsa artiglieria, non avrebbero potuto
-1
)
(1) Por una. ohiara difesa. della sua oondotta oiroa. Velletrì, veggasi
lo. lett era del Ma.zzlUi Il Nioola Fabrizi, da noi pubblioata in Al'(;hivio
Stori(;o per le Provin(;ie Napoletane, &11nO IVIII, N. S., 1932, speoialmento pp. 392 SE'g.
1
-
18-
compiere l'impresa senza fondare sull'insurrezione dei popoli della Terra di Lavoro, ch'erano invece tra i più ligi
alla dinastia borbonica (2). Figu,riamoci poi quale utilità
potesse venire da un'irregolare inseguimento fatto da una
sola Di visione.
Insomma dal capitolo del Rosselli avrebbe dovuto risultare sopratutto la posizione ideale del Pisacane capo di
stato maggiore, e cioè anima della difesa e della guerra.
Le opinioni di lui, le sue direttive, le sue preoccupazioni
sono in gran parte espresse nel suo libro sulla Guerra ed
in moltissimi appunti conservati nell'Archivio di Stato in
Roma (3): nè di quello nè di questi si è servito il Rosselli
nello scrivere questo capitolo, il quale, ai moltissimi pregi
che ha, avrebbe potuto aggiungere quello di un più profondo esame delle convinzioni e dellè riprovazioni politichè
a traverso cui, faticosamente, si veniva formando l'esperienza rivoluzionaria del Pisacane.
•••
Poco nulla si può aggiungere invece al quinto capi·
tolo, nel qllale si ris pecchiano veramente tutte le belle qualità del Rosselli storico, e che a me pare il meglio riuscito di tutto il lIbro. Il periodo che tratta questo capitolo,
< Dopoguerra difficile . v a dall'estate del '49 all' ottobre
del '50, nel quale Pi sacane fu in Isvizzera in Inghilterra
poi di nuovo a Lugano, e attraversò un pe'riodo turbinoso'
della sua turbinosissima vita. Il Rosselli, che ha potuto
molto studiare le fonti diplomatiche inglesi, dopo aver ana_
(2) Guerra, p. 246 .
(3) A. S . R. Fondo dolla Repubblioa. Romana. Dooumenti pisaoaniani sono oo usot'vati noi volum i 81-97 pa88im. Il Rossolli twr!l bbo potiUto tl'ovi\ro qll alube llotizil. anohe nell'ArcMlJio del Museo del Rùorgimento in Torino, Fondo Dtll'llolldo e fondo Mitbitz.
-
19
lizzato finemente il pensiero di Pisacane in alcuni suoi articoli dell' lIalia del popolo, ricostruisce con molta vi vezza
l'ambiente londinese in cui il Nostro visse per qualche
tempo ed in cui, a contatto quotidiano con i maggiori uomini politici d'Europa esuli anch'essi, si formò verame nte
la coscienza politica di lui. Difficilmente, chi vorrà ancora
occuparsi di Pisacane, potrà seri vere un capitolo così vivo
ed organico, in cui perfino le s ituazioni sentimentali più
intime sono esaminate dal Rosselli con introspczione cd
acutezza, e con giudizi così felici che ben possono considerarsi definiti vi. E forse perchè con questo quinto caVitolo si giunge a tale altezza e perfezione ci ha lasciato un
pò insoddisfatti il successivo.
Non è qui il caso di addentrarsi troppo nel1' esame
delle ragioni per cui il Rosselli ha preferito esaminare minutamente il c Primo libro.: (così egli ha intitolato il
capitolo che tratta della Guerra CtJmbatiuta in Italia). Se ciò
fosse perchè egli ha inteso vagliare il pensiero pisacaniano,
ci stupiremmo dell'assenza di un capitolo sui Sagg'i che
S0no opera ben altrimenti complessa ed orig inale. Per nostro conto non temeremo di aff'l.!cmare (e ci si dia pure ' la
croce addosso I) che la Guerra è un'opeca unicamente e
profondamente documentaria, e perciò deve essere considerata dallo storico come documento da usare man mano
che si voglia spieg are l' azione di P isacaoe durante il biennio rivoluzionario' Quando egli scrj ss~ la Guerra combattuta
il ricordo era ancor troppo fresco in lui, troppo arroven·
tato l'animo e troppo vive le passioni, perchè questo libro
potesse comunque rappresentare una serena storia di quegli avvenimenti. La Guerra combattuta, è, squisitamente, un
libro di' polemica: e perciò va considerato come una difesa delle opinioni e dell'operato del suo autore, cioè come
documento de llo stesso stato d'animo in cui quelle opinioni
furono formulate e quell'operato fu svolto. Difatti lo stesso
Rosselli per tre quarti del capitolo fa (e fa mirahilmente)
la storia esteriore del libro (polemiche, dissensi, duelli che
suscitò) e nell'ultima parte abbozza un esame del signifi·
cato storico del libro. Noi avremmo voluto però che fosse
-
20-
messo maggiorme nte in luce il concetto che quel t<:.n to
che la Guerra potè rappresentare come primo tentativo
italiallo di spiegare la rivolu zione del '48 - 49 quale fello,
meno prevalentemente economico-sociale, lo rappresentò
precipuamente come un primo abbozzo delle idee che con
molta maggior maturità e profondità doveva formulare poi
nei Saggi.
È interessante vedere in qual modo il Rosseili sfrutti
una lab ilissima traccia, e riesca con scarsissimi documenti a
fissare ed isolare uno dei pu nti più importanti dell'azione
politica pisacaniana. Giovandos i di una lettera del Mazzini
ai F.brizi egli dimostra cbe, fin dal periodo che seguì
immediatamente la caduta della repubblica romana, Pisacane pensava ad una iniziativa nel sud d'Italia (p. 102,
e n.t pp. 364-5). L'ipotesi gi ustissima è feconda di g ra ndi
sviluppi critici: ed al chiarimento di questa idea pisaca niana
deve ri vo lgersi chiunque voglia ulteriormente spiegare le
origini assai profonde e remote del complotto ri voluzionario che poi ebbe il suo epilogo a S anza. P er nostro conto
possiamo affermare fin da questo momento che illopinati
documenti rinvenuti nell' A.rchivio di Stato a Napoli ci
permettono di. convalidare - con una li eve differenza cronologica - l'ipotesi avanzata dal Rosselli: nell'estate del' 51
oculatissimi segugi dello spionaggio austriaco segnalavano
alla polizia borbonica. con ricchezza di particolari e con dati
di assoluta fond atezza. di una spedizione che si prepaloa va
sotto il comando di R'1selli, di Ulloa, Arduino, Pisacane
e molti altri ben individuati. Ma di ciò avremo agio di discorrere nel corso di un nostro prossimo studio.
•••
Preferiamo sorvolare sul capitolo VII del libro rosselliano, c Piemonte soci alista :t , Un' esame di esso darebbe
luogo senza dubbio ad interessante discussione, ma ci pare
che essa non entrerebbe negli interessi del presente lavoro.
Più utile, adunque. seguir Pisacane direttam ente a traverso
i quattro capitoli successivi che ne narrano l'azione fino
-
21
alla morte. c Raccoglimento . ~ il capi tolo- base del libro,
giacché, studiando la vita di Pis3cane dal '51 a tutto il 1856,
ne segue gli sviluppi e le esperienze a traverso tutto il quinquennio in cui non solo si maturò ed assunse forma netta
e precisa il suo pensiero politico, ma pure si compi è nel
Piemonte ed in tutta Italia quella benefica crisi di assestamento spidtuale dalla quale duveva sorgere tutta la politica
degli anni successivi che sfociò nella proclamazione del Regno d'Italia. Pisacane è così inserito dal Rosselli in tutto
il quadro agitato e compiesso della politica italiana di quel
quinquennio: anche il capitolo successivo, c Ques tio ne borbonica :t , è, in fondo, un chiarimento specifico della posizione
ideaie del Nostro di fronte alia politica francese circa l'Italia meridionale. e si salda c s'ingrana perciò al capitolo
precedente incentrato su una delle essenziali e più scot tanti questioni della politica itali2. na di quel quinquennio:
la spedizione di Crimea. Giustamente perciò il Rosselli mette
in primo piano il Mazzini come maggior protagonista del
dramma. Mazzini è sempre il personaggio principale di
quelle vicende, e quanto più sembra assente dalla scena
politica tanto più è presente ed operante in quella. Mazzini
è l'uomo sul quale tutti - Pisacane compreso - lanciano
critiche e rimproveri, e spesso anche ingiurie atroci e taglienti: Mazzini é il nemico dì tutte le in telligenze, l'oppositore di tutti i piani geniali, il colpevole di tutte le sciagure, il responsabile di tutte le disfatte. Pure Mazzini conserva la sua fede adamantina, la sua serenità olimpica.
Mazzini più che il mito di tutta la rinasceoza italiana del
secolo decimonono, ed il simbolo di tutte le passioni e di
tutte le fedi, rappresenta nella storia del Risorgimento
lo strumento indispensabile ed inconsapevole delle forze
nuove che erano nate dalla disfatta, il piano fertile dei quaie
doveva essere g ettata dal genio del Cavour la grande
sementa.
Pisacane lo sapeva. Anche quando doveva osteggiarlo
e combatterlo, lo combatteva con delle critiche che non erano altro che Ja reazione intern a del mazzinianesirno stesso.
«Noi dissentiv amo su pareccbi pnnti: - scrisse il Mazzini
~\
-
22
-
nel commosso omaggio all'amico caduto - : sulle idee re ·
ligiose; sul cosiddetto socialiJ11to, che ridueevasi ad una mera
questione di parole. dacchè i sistemi esclusivi, assurdi, immorali delle sètte francesi erano ad uno ad uno da lui respinti; e sulla vasta idea sociale ..... io andava forse più in
là di lui > .
Che cosa era infatti il socialismo di Pisacane? Quali
le sue dottrine storiche, politiche , morali, che emergono dai
suoi Saggi. l'opera che il Rosselli ba avuto il torto di non
esaminare internamente e sufficientemente? D al libro del
Rossel1i non risulta il significato ed il valore del libro, e
questa è la massima deficier.za che noi dobbiamo rilevare
i n esso. Il nostro dissenso dal Rosselli è tutto qui: se egli
ci avesse dato uno studio sulla formazione dottrinale del
Pisacane e sulla genesi dei Saggi avrebbe scritto uno di quei
libri che ass. i difficilmente si superano. Invece questa la·
cuna ra ppresenta il punto debole della comprensione del
pensiero pisacaniano, ed è necessario eliminarla se si vuoI
giunge re ad una in telli g enza completa di esso.
Bisogna distin guere infat ti, come dicevamo nel bel principio, un Pisacane che fa parte della storia della pratica del
Risorgime nto, e pur con molte opere di pensiero (articoli,
opuscoli polemici, lettere politiche e per molti rispetti la
la stessa Guerra combattuta) rientra ancora completamente
nella così detta storia in atto; dal Pisacal1e che con i Sag~i
fa parte escl usivamente della storia del pensiero, ossia della
storiografia del Risorgimen to. Una specie di P,-imalo in
bocca di un socialista, d~finisce quel libro il Rosselli: e
noi siamo pronti a sottoscrivere questa definizi one .
Senon chè il còmpito di chi vorrà ri pig liare l' E'same
di questi problemi sarà proprio quello di non starsene
alla e nunciaz ione : e di definire in che ed in che cosa
questo libro rappresenti il nuovo Primato e nu nciato dalla
democrazia italiana: quali elementi vitali esso contenesse rispetto al < g ran libro. della parte liberale moderata, ed in che, per converso, fosse deficiente e caduco.
Bisogna insomma scoprirne le fonti culturali e le esigenze
ideali da cui esso sorse, se si vuoI giungere poi ad indivi-
23
duare ]0 sboCCO grandioso, che con tutt'altro corso, ebbero
nella storia della nuova Italia le esigenze spirituali cbe per
primo il Pisacane rapprese ntò nel suo libro.
Quando si parla di una dottrina politica formulat a nel
3' saggio (La Rivol"zione) , e della esclusiva importanza ed
originalità di esso rispetto ai primi due ed al quarto, cbe
sarebbero un coacervo di dati storici e di ideologie disparate malamente accozzate insieme, si viene a negarB quella
organicità complessiva del libro che è una d elle caratteristiche precipue di esso. Non è stato notato infatti, che la
cosiddetta dottrina socialistica formulata nel III saggio ha
una genesi che è esattamente il contrario a quella del socialismo scientifico tedesco: il Marx arriva alla teoria storiografica della VII sezione del CaPilale a traverso un processo esterno, formuland o cioè una concezione della storia
nel senso delle sue anteriori scoperte economiche e nunciate
nel '59 (introduz. al Per la Crilica dell'Economia polilica) ed
asservendo così alcune idee hegeliane assimilate durante la
prima g iovinez za alle esperienze da lui fatte nel campo dell'economia politica : il Pisacane invece ha già una sua fesclticlLteleltre quando arriva alla formulazione del suo socialismo, il quale sorge in concreto dalle esperienze storiche
di lui.
La necessità di spiegare gli av venimenti della vita
attuale lo spinge ad c interrogare la storia). l\1a la visione della storia che poi lo condurrà a formul are la sua
dottrina sociale deriva nettamente dalla tradizione storica
degli scrittori napoletani: o per lo meno risente essenzialmente di quel movimento cbe dà il maggiore e più
forte indi rizzo alla sua cultura che pure aveva assorbito le opere di econ0misti francesi e di dernosocialisti italiani.
In Pisacane la grande realtà, la molla della storia, è
il popolo. Solo le masse sanno attuare , solo di masse è fatto
il grande conflitto delle rivoluzioni. Occorreva che il grande
gigante si svegliasse, che il popolo assente entrasse nel circolo
della vita politica. La rivoluzione napoletana del novantanove era fallita in pieno perchè promossa da una esigua mino-
t,\
-
24-
ranza di intellettuali, mentre il popolo era ancora assente ed
immaturo. Bisognava che questa coscienza del popolo si
compiesse. ed otto anni di reazione borbonica avevano pro.
curato l'inizio di questa maturazione. La rivolta politica
non era ancora, perciò, che una battuta d'aspetto, era lo schie.
ramento a battaglia di piccoli manipoli d'avanguardia, Bi·
sognava che la rivolta politica diventasse rivoluzione sociale. Senza accorgersi che una concezione materialistica la·
sciava insoluti ed intatti i grandi problemi dell'unità, Carlo
Pisacane volle sacrificarsi ad essa, Pensava che la sua morte e
quella dei compagni sarebbero state il lievito della grande
insurrezione, che il popolo acquiescente e supino avrebbe riconquistato il suo posto di battaglia nella riconquista dei
diritti economici. Il vizio interno di tale concezione si di~
mostra enunciandola: Carlo Pisacane, infatti, si immolò
senza un frutto immediato: ma nell'unità del suo pensiero
e del suo sacrifizio è riposto il significato più alto del suo
insegnamento.
Non è qui il caso di esporre la formazione ideale e la
struttura interna dei Saggi politici del Pisacane. Ma è im o
portante sopratutto assodare un punto delicatissimo della
vita spirituale del Nostro, il punto in cui la dottrina socialistica, il pensiero e la cultura del solitario di Albaro di·
ventano prassi e si convertono nen' azione di Sapri. Contraddizione? Il Rosselli afferma di sì, noi invece siamo
piuttosto procli\:i a pensare il contrario .
I! Rosselli che ha illustrato finemente tutti i lievi e
quasi impercettibili trapassi spirituali del Pisacane nei primi
anni dopo la caduta di Roma, ed ha visto così perspicacemente le ragioni del grad uale distacco di lui dal mazzi·
nianesimo, non riesce invece a convincerci nella sua serrata
esposizione delle contraddizioni pisacaniane al momento di decidersi alla spedizione (pp. 216-17). A noi pare che il trapasso pisacaniano all'azione nontHe esclusivamente mosso
da ragioni di politica contingente: si veda, p. es., l'articolo
da lui scritto su la questione murattiana nell> Italia e popolo
del 20 lu glio 1855, si veda la lettera all' UJ10a del mese
-25di agosto di quello stesso anno (1): pur a traverso una do·
cumentazione storica assai inefficace circa ]'economia sociale
del dominio murattiano del decennio, non vediamo che il
Pisacane batte esClusivamente su quella testa di turco che
era la questione sociale: «Abbiamo manifestato che i no·
stri principi, partendo da convincimenti e non g ià da op·
portunità, sono inalterabili, e che i nostri atti e detti sarebbero sempre consentanei ad E'ssi ; quindi ci sforziamo non
già di attraversare le loro mene, ma a dimostrare c o m è
i 1 p a e se, forse, p e g g i o r e r e b b e c o n u n o d i
q u e i c o t a l i c a m b i a m e n t i e particolarmente con
il Murat ..... » La rivoluzione politica è dunque un mezzo
deIla rivoluzione sociale, non altro.
Quando si sarà fissato questo concetto, si potrà avere non
solo la spiegazione delle ragioni che indussero il Pisacane alla
spedizione, ma anche quella del suo contegno durante le
giornate cilentane. «lo credo che il solo socialismo sia l'avvenire non lontano dell'Italid e forse dell'Europa ..... sono
convinto che le ferrovi e , i telegrafi, il miglioramento del·
l'industria, la facilità del commercio, le macchine ecc. ecc.
per una legge economica e fatale, finché il riparto del
prodotto é fatto dalla COllcorreoza, accrescono questo prodotto, ma l'accumulano sempre in ristrettissime mani: ep·
perciò questo vantato progresso non é che un regresso: e
se vuole considerarsi come progresso, lo si deve nel senso
che accrescendo i mali della plebe, la sospingerà ad una
terribile rivoluzione, la quale, cangiando d'un tratto tutti
gli ordinamenti sociali, volgerà a profitto di tutti quello
che ora è a profitto di pochi ... (2)'. I suoi proclami, i suoi
incitamenti ai popoli che dovevano insorgere erano rivolti
esclusivamente a promettere ·una prosperità economica superiore a quella che davano i Borboni, ed a svegliare in
essi il sentimento della rivolta sociale.
(1) N . .CORTESE. Una lettera di C. P. in Aroh. Storo per le Provo
Nn.p. LU. 1927. È una fonte ohe il R08Belli non oitu.
(2) Pis80caue. Saggi (cit.) voI. IV Te8ta.mento p. 159-60
~\
Questa era in fondo debolezza non tanto della prassi politica pisacaniana quanto della concezione ideologica che ne
era alla base.
Quali furono le ragioni che provarono il fallimento
dell'impresa? Il Rosselli nei suoi ultimi capitoli dipinge a
colori sì neri il povero Fannelli che ognuno, dopo aver
letto quelle pagine. sarebbe portato veramente a rovesciare
su di lui tutte le responsabilità che il Rosselli gli accolla.
Con ciò noi non vogliamo dire che egli fosse un rivoluzionario
perfetto, un maneg-gione tDagistral~, un organizzatore impeccabile: ma un povero di spirito. un debole, un inetto, egli non
era. F anno testimo nianza di ciò parecchie centinaia di lettere
e di altri documenti che facevano parte dell'archivio del
comitato rivoluzionario di Napoli, cbe nessuno mai, tranne
lo scrivente, ha esaminato sistematicamente, e dei quali
ad ogni modo non è stato reso nota che una piccolissim a
parte (De Monte, Tambard, Palamenghi - Crispi). COI!
la scorta di questo enorme materiale documetario si sarebbe potuta ricostruire tutta la vastissima trama cospiratoria sulla quale pog g iava il tentativo di Sapri, e dimo strare che, milluziosamente, era stata preparato il piano
sul quale il Pisacane doveva operare. Se all'ultimo momento tutto parve disciogliersi come nebbia al sole, fu perchè uno di quei contrattempi fatali inutilizzarono un lavoro eseguito da anni con indubbia esperienza cospiratoria.
Il Rosselli basa il suo racconto sul Resoconto pubblicato dal De Monte venti anni dopo il disastro: documento
singolarissimo ed esseuziale , ml non certo perfetto ed
esauriente. E' un libro-cUce lo stesso R osselli,-di enorme valore, quantunque c più psicologico che storico »: ora
a noi pare che in s eguito, quando il Rosselli si è giovato
di esso, abbia calcato la mano proprio su quell' aspetto
psicologico del libro, dandoci del dramma che si effettuava
tra quegli uomini una interpretazione finemente PSÌlvlogica,
ma troppo psicologica. In effetti, rispetto a quella del Pisa.
cane, la posizione del Fanelli è una posizione di grande
inferiorità intellettuale e morale: con Pisacane invece si
sale in diversa temperie, in ben più alta sfera. Ma ciò non
(
(
27-
toglie - ed è in ciò che non concordiamo col Rosselliche, se si dovessero ricercare le responsabilità del disastro,
esso non potrebbe essere addebitato al Fanelli, .ibbene al
Pisacane stesso ed a Mazzini.
Per esempio: il 12 gingno, dopo l'incidente accaduto
a Rosolino Pila, Pisacane è a Napoli e colà si trattiene fino
a tutto il 16. Prende nozione precisa dell'opera di organizzazione che non era pertanto compiuta, è contento di quel
che s'è fatto e si convince che altra se ne farà: ma riconosce che bisogna differire, s ia pur per poco, la spedizione
per dare agio di collegare le fila e di apparecchiarsi in
maniera definitiva. Parte.
A Genova c tornò lieto, convinto, anelante l'azione ...
Mi scongiurò - scrisse pure il Mazzini - di rifar la tela
pel 25 .. . Fui convinto (I) > . Ed ecco che, mentre s'era con·
cordato di rimandar la cosa almeno per un mese, si fa sapere al Fanelli che il 25 giugno si parte. Che cosa era
successo in quei giorni perché si prendesse una decisione
cosÌ sconsigliata? Fu il Pisacane che, nel fervore e nell'esaltazione della prossima lotta, dilatò, e sformò le notizie e le decisioni pur di entrare più presto nell'agone agognato? O fu, come ci pare più probabile, il Mazzini che
sentito il parere del Fanelli e l'opinione di Pisacane, non
volle, costasse quello che costasse. rimandare a miglior
tempo la spedizione perchè un differimento avrebbe spezzato gli accordi presi con quelli di Genova e di Livorno'
Comunque sia stato - e forse mai la storia potrà assodare
la verità - si rivela in questo avvenimento tutta la povertà
e la insufficienza del metodo mazziniano del sincronismo
insurrezionistico.
Ma in tutto questo perchè prendersela con il Fanelli?
Che egli, in quei giorni, facesse tutto ciò che umanamente
fosse possibile fare, potrei dimostrare al Rosselli con più
di un documento ineccepibile. Se anche l'operato dei corrispondenti napoletani non fu perfettissimo ciò fu dovuto
(l) Mazzini S. E. I. ediz. da.elliana.. voI. XI p. U.
-28in primo luogo perchè, per un altro di quei contrattempi fatali,
a lui non giunse la conferma stabilita; e poi perchè, presentato e protetto proprio dal Pisacane, v'era nelle file dei
cospiratori un uomo che per molti rispetti non si mostrò
degno della fiducia che gli si accorda va.
Ma di costui avremo opportunità di parlare in altro
luogo.
•••
A tirar con rigore le somme si può aftermare cbe il
libro del RosselIi, che ha il grandissimo merito di raccogliere in rapida e riuscitissima sintesi tutto ciò che finoggi
si era pubblicato e si sapeva su Carlo Pisacane , ha, a nostro avviso, due sole lacune . La prima, che è stata notata
dalla più parte dei suoi critici competenti, è quella de lla
mancanza di un esame particolareggiato ed interno del pensiero politico pisacaniano. nella sua genesi storica e nei
suoi sviluppi ideali . Il secondo è quello di una ricerca
troppo limitata de i documenti archivistici che offrono le
fonti napoletane, dai quali invece sarebbe stato possibile
ricavare notizi e e particolari ignorati di altissima importanza. Colmare suddette lacune sarà l'assunto di un no.
stra prossimo lavoro ch e, nato da certi bisogni di chi a..
rimento che ha suscitati in noi la lettura del bel libro del
Rosselli, ad esso si ricollega e del quale potrà considerarsi
come un figlio - osiamo credere - non interamente de.
genere.
·?;P,8 4. 7
~)u
•