pisacane ed un suo storico - Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
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pisacane ed un suo storico - Fondazione Giangiacomo Feltrinelli
ALDO ROMANO PISACANE ED UN SUO STORICO • Estratto dalla .. Rassegna Storica Napoletana" Anno IN. 2 MCMXXXIII [XI] EDITRICE A. MICCOLI NAPOLI , ALDO R OM A N O PISACANE ED UN SUO STORICO • Estratto dalla .. Rassegna Storica Napoletana" Anno IN. 2 MCMXXXIII [Xl) EDITRICE A. MICCOLI NAPOLI ) Man mano che ci andiamo allontanando dal tempo del nostro Risorgimento, accade di notare nella storiografia di esso, Con il placarsi delle passioni. ed il diminuire degli interes si pratici, un a più lucida ed esatta comprensione dei cosiddetti tàlomeni minori di queIl' epoca. Mentre fino ad una cinquantina d'anni addietro si usava ipostatizzare entro una serie limitata di nomi (Carlo Alberto, Vittorio Emanuele, Mazzini, Cattaneo, Gioberti, Cavour) le tendenze monarchiche, repubblicane. federaliste, neoguelfe e liberali, ed in esse, come in un letto procusteo, si restringevano e rinsaccavano uomini e passioni che avevano una loro spiccata e netta caratteristica, oggi non v'è chi osi restringere entro questi schemi empirici le personalità mi: nori, e far apparire per esempio uno Spaventa, un Massari, un Nigra, operanti esclusivamente nel solco dell'indi. rizzo giobcrtiano-cavouriano. Ammessa la verità dell'adagio latino, lot capita lot sententiae, ognuno degli u0mini che operarono per la formazione della nostra unità nazionale riacquista la sua vera fisionomia ed è visto oggi sotto un aspetto pi ù reale e, diremmo, più umano: ed in ognuno di essa emerge tutto un mòndo nuovo, culturale, passionale e pratico, che dapprima era come offuscato dalla luce più viva che irradiavano i maggiori artefici dell'unità, suscitando di conseguenza un più grande interesse. Gli è che, in fondo. mentre in un Cavour ed in un Mazzini l'azione si concretava in reali effetti pratici e la loro opera aveva delle tangibili ·conseguenze politiche, in altri l'azione non si innalzava a l disopra degli sterili desideri ed entusiasmi, della testim onianza della fede col martirio e con mediocri opere di pensiero, con la creazione di quello slato d'animo generale che rimaneva come un'opera moltitudinaria ed anonima , un affia to corale dal quale era pressoccbè impossibile sceverare le singole voci. Ma su qu '::!lla base dove vano edificare i grandi costruttori, e Ja loro opera stessa t.\ -4 se era quasi sempre il portato indistruttibile delle compagini spirituali che si formavano intorno ad essi, era, qualche volta, anche il risultato delle lotte interne delle loro fazioni. Come si fa, per esempio, nel tempo tra la spedizione di Crimea e Pl~mbières, a svellere l'opera di Cavour dalla propaganda ma.ziniana che per tanta parte la deter· minò? E l'opera di Mazzini in quello stesso tempo dall'azione svolta per suo conto da CarIo Pisacane e dal gesto, avventato quanto benefico, di Felice Orsini ( Bisogna battere dunqu e questo chiodo: che occorre in primo luogo lo studio minuto, l'analisi interna e non esteriore, l'indagine della formazione spirituale culturale e politica delle personalità secondarie, per avere non solo il quadro completo dell'età del Risorgimento ma anche la reale fisionomia delle figure maggiori, la cui opera si veniva determinando e formando pian piano a traverso le esperienze dei singoli componenti le grandi masse. Chi era Mazzini nel '56? E chi era al principio del '58, dopo che l"apostolo era passato a traverso il fuoco dell'anno forse più critico della sua vita? E quanta parte dello spirito di Carlo Pisacane morto, e della sua esperienza, si era trasfuso in lui? ••• Carlo Pisacane appare a chi penetri e riviva la storia italiana dell'ottocento un po' come le figure della grande epopea greca e romana, un po' come uno di quegli eroi balzanti daile pagine del Carlyle. Ma a penetrare veramente il s ignificato della sua vita e del suo sacrifizio a bandire da noi la sottile e malcelata retorica del cauto mercantiniano, ci si avvede che l'insegnamento più alto e profondo di lui sorge da uno degli aspetti meno noti della sua personalità. Una cosa è il ca· pitano dagli occhi cerulei che muore sotto i colpi di ròn· cola della reazionaria plebaglia imbestialita, sulla impervie balze del Cilento, in un fosco tramonto del luglio .857; ed una altra cosa è l'esule per amore che al contatto della I -5civiltà europea a mezzo l'ottocento seote il bisogno di im~ mergersi fino ai capelli in uno studio che sceveri la vera essenza della ineguaglianza sociale, ed in un grosso ma· noscritto fittissimo - che la pietà degli amici stampò quasi alla macchia con pubblica sottoscrizione, più per fare atto di omaggio alla memoria del martire che con la coscienza di stampare un'opera non efimera - lascia additate alle classi non abbienti le vie da battere per ascendere il po te re e rivendicare i propri conculcati diritti. Il primo rien tra in quella schiera di miti che un po' la fantasia patriot- tica ha foggiato, ed un po' ha idealizzato la lirica popolare ed animistica dell'ottocento, è il fratello spirituale dei Balilla e dei Calvi, dei Bandiera, dei Manara e dei Masina, l'uomo nel quale un gesto solo può essere il segno di tutta una vita interiore, e che a noi piace fermare dinanzi a noi stessi in quel gesto significativo, come nella stupenda fis · sità di una statua marmorea; l'altro, che è invece vivo in perpetuo, ha una sua umanità che ci è più fraterna, e che noi amiamo qualche volta considerare senza il piedistallo di eroicità che la tradizione gli ha costruito, quasi fosse un nostro simile, sia pure di noi assai più forte e migliore. In quest'opera di diseroicizzazione del mito Pisacane (mi si passi la brutta parola), se un incanto svanisce, la sua fi o g ura acquista per noi un significato che è più aderente alla realtà storica, e si crea perciò quello che per più versi potrebbe costituire un altro incanto, l'incanto della tra vagliata e dolorosa umanità che è alle radici dell'anima pisacaniana. Studiando il pensiero di lui vie n fatto di convincersi profondamente che tra la vita spirituale di Carlo Pisacane ed il suo ultimo gesto, che altra volta ebbi a definire una «follia eroica" esiste un legame profondissimo, logico, inelut· tabile. Il suo libro maggiore ri~ntra completamente negli schemi della letteratura socialistica della prima metà dell'ot· toce nto, per quel nucleo di pessimismo e di tetraggine iniziale che è alla base tanto dell'opera sua quanto di tutte le aspirazioni apocalittiche ed escatologiche dei principali so· cia li sti umanitari del secolo XIX, non escluso il Marx. E quando a proposito di quest'ultimo si ebbe a rilevare , quasi I - 6- stato d'animo particolare e secondario, l'atteggiamento romantico ed eticistico, mi pare che s'ebbe · il torto di attri. buire a lui uno stata d' animo ch' era com une a tutti quegli edoni sti , e ch' era in ultima analisi la sorgente principale del loro rivo luzionarismo. Quando si tenga presente tale criterio normativa - che potremmo dir ps icologico se qu esta parola oggi non avesse ass unto accezioni eq uivoche - si potrà avere la coscienza di una delle più salde verità della storiografia idealistica: che, cioè, nella storia si reali zza una perenne spi ri tuali tà, e che gli eleme nti economici sono sempre conglobati e rifusi in un' attività pratica, che è, perchè tale, eticità. La fig ura di Carlo Pisacane spicca tra gli uomini del Risorgimento per la sua fisionomia morale che lo rende inconfondibile anche r ispetto a quei personaggi della sua epoca che a prima vista possono apparire orientati verso lo stesso indirizzo poli tico, e perciò no n dissimili da lui: al cospetto d i u n Mazzini Don può dirsi un puro repubblicano, non un puro federalista se si tenga no presenti, come modelli , un Cattaneo od un Ferrari. non certo liberale se lo si p arago ni al Cavour . Sebbene da tutte le correnti ideologiche che questi uomini rappresentavano egli abbia assimilato le idee pi ù vitali, e di questi uomini spesso egli abbi a i principali caratteri distintivi, egli, in ultima analisi. non aderisce m ai pienamente alle loro dottrine. Uomo di mille esperienze intellettuali, egli assimila la parte migliore della c ultu ra del suo tempo anche quando le Idee penetrano in lui sotto forma di reazione, e cioè vi operano facendone egli la critica; e si martoria perennemente in queste esperienze, ed i n ognnoa di esse lascia qualche cosa di sè, q u alche cosa di viVai per ricercare altrove. inappagatamente, u omini e dottrine più complete. Chi segue la vita travagliata di lu i, si accorge che nell'ultimo decennio di essa, v'è una tristezza ed una incontentabilità romantica che crescono in senso progressi vo: come un peso morto uell'anima che rende ogni giorno più penosa e dolorosa la vita, finchè in ultimo non la s i getta in un a impresa dall'esito iu certo, il cui epilogo, li eto o triste che sia, è per lui nna liberazione. Q uesta su a contentezza ed incontentahilità, se per un verso erano origin ate dal suo temperamento singolare, che lo portava sempre a trascendere ~l suo ambien te ed il suo tempo. per l'altro d ipendono dagli avvenimenti della s ua vita stessa , intessuta sempre nel contrasto spirituale di un'aspirazione che non trova mai il suo coronamento nella realtà . Già dalla sua giovinezza, il Pisacane, ed ucato ~n ilitar mente in uno d ei migliori collegi del Regno, abborrisce la soldatesca su perficialità e lascia i suoi studi di costruzioni e balistica , per immergersi nella lettura di pensatori e fi· losofi , quali Vico, Giannone, Fil angieri, Pagano: in ciò segue la tradizione di un al tro soldato filosofo, il li berale come lui, e come lui educato alla scuola della Nunziatella, Luigi B lanch; ma mentre il Blanch pensatore e filosofo , meno che in qu alche punto dell a sua Scienza Militare, sa liberarsi spesso dell'abito mentale formatosi a traverso la sua cultura militare, il Pisacane lascia in tutti i s uoi scritti la impron.ta della sua prima edu cazione , que l militaresco piglio severo che non abbandona perfino nei momenti di espansione amorosa, e conferisce a tutti i suoi atteggiamenti quell'aspetto quasi ierat ico che è proprio dei militari. Anche la sua aspirazio ne all'eg uag li anza e a l socialismo , che è d avvero il Imnctu.11l saliens della sua dottrina, espressa in quei semplici ed in gen u i apoftegm i scaturiti da un a lunga meditazione sulle condizioni economiche delle classi non abbienti, lo differe nzia, ponendo un problema nuovo nella politica del suo tempo, da quelli che, pur sente ndo la necessità di risolvere il problema sociale. mettevano in primo piano la m era questione politica: quali. per esem pio, un Mazzini o un Cattaneo. Certo la dottrina socialistica di P isacane, elaborata in un paese non a ncora polìti camenie costituito, semplicistica per non a vere la b ase dottrinale d i quella di un Marx o di un Engels, è ben lungi dall'essere affine a quella del socialismo od ierno, formatasi invece a traverso una esperienza quasi secolare, evolutasi a via di . differenziamen ti, e purificatasi dalle scorie e dai detriti de lla sua parte impura o caduca. La dottrina del Pisacane, in e 4 - 8 - vece, formulata agli albori del pensiero socialistico e uropeo' risente ancora della incompiutezza dell' e laborazione generale di quel pens iero. e per molti rispetti è assai più vicina all' anarchismo. o al socialismo proudhoniano. che a quello dei due corifei del cosiddetto soci alismo scientifico. Ciò malgrado, in essa dove va porre le su e radice una delle correnti politiche p iù importanti della nuova Italia. ••• I critici (Re nsi, Savelli, Da Cimbro) hanno cercato, og nuno con diverse prem~sse diverso metodo e m e ntalità , di illustrare il pensiero pisacaoiano partendo da un procedime nto ab extra; dello studio dei casi esteriori della sua vita, e sopratutto dell'ultimo tragico avvenimento, sono passati all' indagi ne dei suoi Sa~gi. compiendo un'analisi che do veva restare necessariame nte incompleta giacchè il pen s iero di lui non era considerato nella vivente complessità della sua vita , ma quasi come cosa estranea ed avulsa da essa, come un mero sistema filosofi co , e non come formulazione d'idee politiche sorta, ipsis rebus dictan#6us, dalle esigenze p ratiche di lui. E se si eccettui il saggio del Falco, così vivo e penetrante, nel quale per la prima volta fncomincia ad emer gere la reale fisi onomia del Nostro (esso ha, però, Ulla g ra ve lacuna , quella della limitatezza delle ricerche arcbivistiche, chè il Falco non ha studiato le fonti napole· tane) mancava finoggi uno studio complessivo che delineasse i rapporti del Pisa cane con gli uomini del Risorgimento e ne indicasse la reale importanza e funzion e nella storia della nazione italiana. Lo studio del Falco ha voluto riprendere ed approfon. dire ora N ello R osselli in un volume di assai grande ori· ginalità (I), che ci dà finalmente una parola decisiva su (1) NELLO UOSSELLI, CarZo Pisacane nel Risorgimento itaUano. Torino, Bo coll! (B ibl. di Storia Contemporanea. n.O 14,) pp. XVI - 467, Lire 20. -9questo eroe cosi immeritatamente incompreso. Ma il suo libro occorre discutere in molte sue parti per l'ulteriore approfondimento di un pensi ero politico che entra ormai de· cisamente a far parte della storiog rafia italiana del Risor· gimento. Il libro del Rosselli è esauriente per tutto quello cbe riguarda le vicende biografiche del Pisacane. Le più minute notizie di giornali coevi e di opuscoli sincroui s ono opp o r~ tunamente vagliate; molti documenti della diplomazia inglese son resi noti per la prima volta. numerose lettere di patri oti, che possano interessar l'argome nto. sono studi ate e riportate nei brani salienti. Su questa solida base di pazienti ricerche e di valida documentazione è fondata la narrazione della vicenda: ed anche per questo aspetto non era possibile chiedere di più al Rosselli che ha saputo ravvi · vare ed unificare co n singolare maestria tutta quella pesante ed indigesta congerie archivistica, e ci ha dato per la prima volta una narrazione unitaria, movimentata, appassionatissima. Ma è un singolarissimo caso cbe anche il R osselli, come il Falco, si sia arrestato alle fo nti archivistiche dei paesi dell' Italia settentrionale e centrale (Torino Genova , Roma) e non abbia indagato a Napoli, con maggiore profondità che 110n sia stato fatto finoggi, g li archiVI della polizia, d~lla guerra, degli esteri e della giusti zia provenienti dai fondi dei rispettivi ministeri del Regno delle Due Sicilie. Quanta ricchezza di materiale sarebbe emersa I Mentre della fanciullezza e della prima giovin ~ zza del Pisacane si sa poco anche dopo la pubblicazione di questo libro, il Rosselli, g iovandosi delle numerose notizie sull'eroe e sulla famiglia di lui che in quei fondi si trovano, avrebbe potuto ricostruire, con la maestria che gli è abituale, tutto l'ambiente piccolo-borghese nel quale il Pi sacane crebbe, e mostrarci così dalP inizio l'origine della formazione spirituale di lui. Per converso, il R osselli, data la quasi assoluta mancanza di notizie per il periodo anteriore al 1845 è costretto a partire quasi dalla crÌh i d'amore , da quando cioè il Pisacane fu costretto a fug gir da Napoli ~\ -----------------------------------------r----------------~--==--====~~~~~===1 - I n - con una don na ch' era legalmente vincolata ad un altro. Ma quantunque si r is enta nel suo libro la deficienza di uno studio accurato sulle aspirazioni. le lettUre, le opinioni politiche, la. vita d i collegio, in una su tutto il mondo spi· r ituale e la me ntalità del Pisacane, pure il Rosselli ba sa· puto dar ci delle pagin" felicissime sulla vita amorosa del Pisacane ed una analisi difficilmente supera bile su ne si· tuazioni ps icologiche dei due romantici amanti (I), Ma si entra veramente llel dramma politico agli inizi del terzo capitolo. quando il Rosselli incomincia a narrare le vicende a t raverso le quali si compì l'esperienza rivo· luzionaria del Pjsacane. Chi conosce l'argomento sa che, sopratutto p er quel cbe riguarda il 1848, pocbissimi sono i rife rimenti docum e ntari, chè il Pisacane si confondeva ancora con la folla anonima dei volontari combattenti in (l) Rileviamo, a se mplioe titolo di eaattezzo. atol'ioa, aloune picoole sviate dal R o8se11i, la quali, del resto, non infirmano minimamente lo. I:It.upenda. complessità. dt'l l auo lavoro, Speriamo ohe in una. seoonda edizione, ohe oi a uguriamo proasima., il libro ai deterga da queste piccola soorie PAG , l : Non a tredioi anni, nà nel 1831, il P. entrÒ nel Collegio della. Nunziatell a., siblJslle a qu attordioi oon Regio Resoritto in data 22 maggio 1832, PAGG, 7·10, La carriera militare del p , à int'_ aatta (Cfr. int ol'Do 3. ciò i miei due soritti Contributo alla biog, di C,P. in Civiltà. Moderna, 1931, 6 Nuove ricercbe sulla vita amorosa di C. P. in RaSi. Storica del Risorgimento 1933,) PAG. 11. Mi sembra illsmmiaaibile lo. tt;lsi nvanzata dal Roaselli a raoentemente aooettata anche d al Curatulo (II dt'amma d'amore di C. P. in Nuova Anto logia 1933, n. 4" e da ' F[erruooio] P[arri ] _ Pisacane , In Nuova Rivista Storia, 1933, n, I) ohe un'aggressione di oui il P. fu vittima a soopa di furto I:Ila inveoe dovuta a mandato dal marito della Di LorenZO. Contl'o que!lt.a, tesi vi sono non solo i documenti della polizia che ci dioono ohe in queU' epooa. ta.li rapine erano frequentiaaime, ma anohe la. lettera del P. ai parenti e tutti i oarteggi della D . L. oon la. famiglia., nei qua.li, tra le tante colpe ohe son rinfaooiate al mlu'ito, mai ai fa oenno di tal e a v venimento . Del resto mi pare ol'mai assodato ohe, finchè la mogl ie non fuggI, il Lo.zzari fu sempre ignaro di tutto. P ago 102. Non (l: meridionale I) era Nioola Fabrizi I sibbene nato a ModenlL il 4, aprile 1804" Pago 118. Aohille di LOl'enzo, di oui il Roeselli ignol'& il gl'ado dì parentela oon la Enriohetta, ne era il fraiello. - I l Lombardia: è ancora maggiore, perciò, il merito del Rosselli che ha saputo darci un capitolo stupendo per rapidità di sintesi e vivacità di narrazione. ove nulla che possa contribuire alla comprensione dell'azione di Pisa cane du o rante la guerra è trascurato. Solo a m e pare che il Ros~ selli, tutto preso com'è dall'interesse per le vicende biografiche esteriori del suo eroe, lasci troppo in ombra quella che era la vita interiore del Pisacane durante quel periodo, quale si poteva invece ricavare da molti passi di un suo libro posteriore: la Guerra combattuta in Italia (I). Così non trovo che fuggevoli accenni sull 'antialber tismo e l'antipiemontesismo di lui, mentre la questione sulla quale era impostato tutto il problema politico del nostro è indispen· sabile ad u na esatta comprensione delle ragioni che spinsero lui e molti alt ri di quei liberali ad abbandonare la guerra e ad andarsene a Roma. In questo primo dissenso del Pisacane dal comune orientamento deUe forze liberall moderate è il germe del suo ulteriore distacco da tutte le correnti del Risorgimento e la ra gione della originalità dottrinale di lui di fronte ad esse. Se si legge per esempio la Guerra combattuta in Italia e si confronta idealmente questo libro con altro del Cattaneo L'insurrezione di Milano, che pure è quello che ad esso più si accosta, si vedrà facilmente come il pensiero pisaca niano aveva un suo proprio svolgimento ed indirizzo. Lo stesso si può dire se si consideri un'altra opera affine d i quell'epoca: La federazione relmbblicana del Ferrari. Pisacane già nel 1848 portava sul terreno una questione di pratica politica che trascendeva le discussion i teoriche abbastanza oziose sui regg imenti futuri d 'Italia, e faceva convergenti i suoi interessi mentali sulla maniera di attuar e una affermazione dello spirito prettamente italiano: quello cbe sostanzialmente per il Cattaneo era l'attegiamento polemico del Lombardo di fron- (1) E' quel che ho tentato di fat e nello stndio s u «La formaIn « La Nuov a. H aLia. di Fir(\IlZe, 1932, u , VI·VII. zione della coscienea politica di C. P . " I. Il I848. - - 12- 13- te alla g uerra regia di conquista promossa da Re Carlo non riconoscere la serietà di preparazione storica generale , Alberto, e rimaneva ancora a far parte della letteratura di un angusto campanilismo regionale, nel Pisacane era in · vece la concreta ricerca fatta da un rivoluzionario che aveva già una profonda esperienza delle cose m ilitari, ed una radicata concezione della lotta politica come lotta p er la diligenza delle ricerche archivistiche, l'aderenza spirituale alle cose narrate, e, in molti di quegli storici, l'acutezza dei la conquista dell'unità. Lontano in quel tempo, più di meccanico della storia ed una concezione causale di essa. In alcuni deg li storici migliori, come il Rosselli, che pare segua- giudizi critici ; tra le defici e1,1ze si presenta in primo luogo la mancanza della consapevolezza dei nessi dialettici, la scarsa profondità delle indagini sulla formazione culturale, un senso quanto si possa pens are, dai federalisti italiani, nel Pisacane si venne poi sempre più acue ndo questo di ss idio. Forse, se Rosselli avesse maggiormente indagato, nelle ana logie e nei contrasti, i rapporti del pensiero pisacaniano no questa tendenza, questi difetti per molta parte rimangono _ in secondo piano, perchè ravvivati da una concezione or · ganica della storia sorta dal bisogno di spiegare certi feno· con quello degli uomini politici che rap presentavano le altre esigenze politiche del quarantotto, ed avesse te nu· meni pei quali non bastano i canoni interpretatlvi della storiografia economico-giuridica. D'altra parte però non basta to presente l'eredità del pensiero politico napoletano che in lu i sfociava e si assommava, ci avrebbe data una più complessa ma anche più reale visione dello stato d'animo dal quale originar iamente il Pisacane trasse tutta listica perchè essi abbandonino la loro consuetudinaria forma mC1ltis tanto che da essa non resti j nfidata e viziata la loro visione degli avveniment i. la sua ulteriore visione d ella vita e della politica ita· liana del Risorgimento. Piene di interesse per la comprensione delle idealità politiche del Nostro, sono anche le vicende alle quali egli partecipò, dapprima come membro del Consiglio di Guerra e poi come capo dello Stato Maggiore, durante la R epubblica Rom ana, E d anche qui, mentre prima bisog nava ri fars i alle framm entarie n tizie dei libri di storia generale della R epubblica, o ai pochi articoli che riguardano la sua attività durante quei mesi del '49 (notizie ve n'erano nei cemu" 6iografid premessi ai Saggi, nello studio del Falco ed in un articolo del Negri) il Rosselli ci dà in poco più di w quaranta pagine, un quadro completo dell'attività del Pio sacane durante la Repubblica. Qui, per chiarire il nostro dissenso ideale con il Ros selli, sarà indispensabile una chiarificazione metodologica. Il Rossell i proviene da una scuola. s torica che non risponde più alle esigenze moderne che la storiografia idealistica rappresen ta. e di quell a scuola, che per ragioni esplicative chiameremo salveminiana, conserva perv icacemente tu tt i i gr(\ n~ diss imi meri ti t;d i mol ti difetti. Tra j primi sarebbe ingiusto l'esempio d ella maggiore compltssiti della storiografia idea· Si può avere la prova concr~ta di ciò che affermiamo se si considerano le pagine sul Pisa cane durante la Repub· blica romana. Benissimo è descritto, per esempio, l'ambiente romano nei primi tempi della Repubblica, la temperi e spi · rituale che si viveva a R oma tra i primi accorsi, quando l' 8 marzo 1849 vi giunse da Livorno Carlo Pisacane. Ma il metodo espositivo non cambia da quel momento. In un libro desti nato a chiarire l'attività ed il pensiero del Pisa· cane, occorreva mettere il Nostro al centro della narrazione, e considerare gli avvenim enti della R epubblica. ab intra, come il quadro necessario del quale egli era il protagonista; era necessario studiare quegli eventi, quegli uomini, quelle tendenze, a traverso il prisma del pensier.o pisacaniano (criticamente e storicamente vagliato). con la scorta documentaria assai va· sta che ci offrono i capitoli IV e V della seconda parte della Guerra Comballula , le notizie contenute nel primo saggio (I), (1) Il ROSSELLI oita: I, 100. Dev'e8sere una svista . Il pri ruo saggio; Cenni Storici! Genoya, SI.ah. 'l'ip. Nfl.zioualfl 1 1858, ha nuvall t o.UQV6 png iD6. Gli Moonni a.Jl r,· Repubblioa Roma.na. cd a.l mnu ioipa.1ismo di eS8a. - '4- e gli articoli della Voce della libertà. Il Rosselli, invece, che pur tiene conto di quegli scritti, preferisce darci una breve, complessa storia della Rep ubblica romana, nella quale. per quanto magistralmen te narrate quelle vicende, la fig ura del Pisacane rimane inevitabilmente s focata e sfugge molto spesso a11'attenzione del lettore, continuamente rich iamata a più rappresentative figure ed a maggiori episodi. Così a me pare che in alcuni punti di questo capitolo occorreva che il Rosselli chiarisse maggiorme nte certi problemi. Per esempio, nella seconda metà di aprile del ' 49, si manifestò il primo dissenso ideale tra Pisacane e Mazzini. Le ragioni di esso bisogna assai bene approfondire se si vuoI avere poi l'esatta comprensione degli avvenimenti successivi e dalla precisa e reci proca opposizione dei due uomini. Al Pisacane, fin da quel tempo, era vivo il senso della precarietà della situazione militare di Roma e della necessità di una g uerra di movimento. Nel periodo in cui era alla Commissione d i Guerra egli combattè il diseg no di frazionare la truppa per la difesa di alcune posizioni di second'ordine: e non potendo , per non llrtétre le suscettibilità municipali di quella città, escl udere Bologna dalla difesa, propose una sola s uddivisione dell'esercito romano, cioè un doppio amo massamento di quelle forze : l'uno a B olog na (ave si recò il Mezzacapo Con il noto insuccesso) e l' altro su Terni, punto strateg ico dal quale si poteva prendere l'oftensiva su Napoli e nello stesso tempo attaccare efficacemente qualun· que nemico che si avanzasse sotto le cinte di Roma (2). Il piano del Pisacane fu respinto: ma se il Rosselli lo avesse maggiorme nte esaminato avrebbe potuto chiarire l'effettivo contrasto tra Pisacane e Mazzini, sorto, g iova sono noI oap . XXIV, pp . 97 ag. Anohe per la. quefitioue della pubblioa.. ziono dol libro il R. oita. come autori 1'1:01 Cenno b,'ografico il Coaenz, il Carea no ed il Mezza c :~ p(): ma. la. puòblioazitJue reoente di alouni doon menti della Di Lorenzo dilUoatra F iufoD<lat ezza di tale a.aserzione . Cfr. G. MBzz ini. S. E. l .... . . (2) Guerra combattuta in Italia, ed. MI\iuo, Roma, 1906, p, 223 - '5 - dirlo , da una deficienza di senso politico in quest' ultimo. In effetti g ià in quel tempo il Nostro si accorge va che « ]a rivoluzione dell e idee mancava e che iI popolo mal rispon. deva ai bisogn i della patria (I) :t ; ed era suo av viso che « le rivolu zioni materiali si compiono allorchè l'idea motrice è g ià divenuta popolare (2) .: quindi per lui Repubblica Rom ana era considerata, assai meglio che una rivoluzione cittadina, la g uerra di conqui sta che una parte del popolo italiano muoveva per suo conto; g uerra di conquista, perciò, di una parte di popolo armato, e cementato in salda unità nazionale, contro una ing iusta detenzione di territorio da parte di un illegittimo mon arca. Di fronte al Mazzini la posizione ideale de l Pisacane rappresenta perciò uno svio luppo, un superamento effettivo, come una concezione storica più ammodernata rispetto ad un'altra per molti rispetti arretrata. < Contro le p roteste di tutte le autorità militari (3) > dice Pisacane, cioè contro la sua effetti va riprovazione, fu emanato l'ordine di conce ntramento delle truppef Intanto, subito dopo il disastro di Novara, il cielo già in gran parte oscurato, si era tutto clJperto dalla minaccia dei soprag· giunti francesi, comandati dall'Oudinot. La difesa di Roma, voluta dal Ma z7.ini, « era - scrive il Pisacane - una riso~ luzione riprovevole . essendo una città di estesissi ma cinta, e quasi aperta sulla sponda del Tevere (4)>>. Anche dal punto di vista politico, inoltre, Pisacane aveva ra g ione quando diceva che la difesa della città avrebbe determinato la perdita irreparabile della Repubblica , perchè avrebbe ridotto a questione di t empo la sua caduta in mano degli assedianti. Sarebbe dunque occorso che l'esercito romano uscisse dalla città: che dalla via di Viterbo prendesse una posizione di fia nco rispetto alla linea d'operazione francese alla volta di Ro· ma: cosÌ oltre a conservare l'iniziativa - cosa importan,:,- ~, (l) Guerra, ibidem. (2) Guerra. Epigrafe in fronte al libro. (3) Gum". p. 224. (4) Guerra. p. 226. - 16 - tIsslma, spe-cialme nte sul proprio territorio, giacchè il ne · mico è costretto a secondare i piani , spesso capziosi, di chi COtl0sce il terreno - l'ese rcito romano avrebbe potuto anche non accettare battaglia e ritirarsi sul Tevere superiore ave già si concentravano i sette battaglioni proveni enti daU'Ascolano per l'ordine ricevuto di concentrarsi a Terni. Il nemico, continua Pisacane, «non avrebbe potuto internarsi senza esporsi a certa ruina; ed i Romani, riunita l'armata tutta e chiamata alle armi le popolazioni delle Romagne, potevano attaccarlo e distruggerlo o). (1) Dissentiamo, perciò, dal Rosselli quando asserisce < che da l punto di vista strategico Pisacane e qualche altro che la pensava come lui aveva no perfettamente ragione, da quello morale e politico. invece, era ne1 giusto Mazzini quando protestava contro l'assurdo errore che costoro commettevano di considerare Roma, cioè, nè più nè meno di una qualunque « posizione>, abbandonata la quale, si potesse sciegliere, per la difesa, un'altra migliore ». A noi pare che anche per il Mazzlni la questione morale passava in secondo piano, o, p er lo meno, esisteva perchè sorretta da una sua opinione politica che poi la storia dimostrò del tutto sbagliata, E' assai chiaro, infatti, che il Mazzini, illudendosi, connetteva al significato morale una ragione strettamente politica che gli faceva sperar la vittoria. Della Francia della seconda repubblica egli si era formato un' idea che alla realtà non corrispondeva: la sua lunga amicizia coi Ledru- Rollio ed i Louis Blanc gli facevano credere che veramente fosse questione di giorni t' a vvento della democrazia al potere, che all' Assemblea Costituente del quarantotto dovesse se· guire una Legislativa del tutto conforme alle idee più ra· dicali del nuovo partito socialisti co ed anticattolico. Le elezioni di maggio gli diedero torto. A lui sfuggiva quello che il G uizol aveva già visto tempo prima con lungimi. ranza: che oramai, in Francia, si doveva fare i conti con (1) Guerra. ibidem - 17 - una nuova forza imponente. Difatti la rivoluzione di febbraio era stato un moto tanto violento da scalzare irreparabilmente una monarchia, ma era stato un moto prec!puamente parigino dal quale era rimasto assente tutto il popolo della vecchia Francia delle provincie, popolo tradizionalmente rurale e conservatore influe nzato da un nuovo partito cattolico oltremontano che aveva già spezzato ogni vincolo di interessi col ramo maggiore dei Borboni. Al Mazzini sfuggiva che questo popolo acquiescente ed anti· giacobino era destinato a prendere man mano il sopravve nto sulla nuova Francia che egli auspicava : e che irreparabile sfocio era un nuovo. 18 brumaio, un nuovo regime bonapartista, che poteva in una sola unità fondere la tra· dizione rivoluzionaria del bonapartismo parigino rappresentavala guarantigia dei Diritti dell'Uomo - con il principio di autorità ch'era insito nell'anima quietistica della vecchia Francia. Questa deficienza politica del Mazzini a me pare che il Rosselli non abbia chiarito sufficientemente. Cosi non chiari appaiono i rapporti successi vi tra il Pisacane ed il Triumvirato. Il Mazzini, tutto preso nella idea di conti· nuare l'occupazione di Roma, mise in secondo piano la questione del Regno di Napoli: solo quando era tardi or· dinò a Garibaldi di inseguir i Borboni oltre Velletri: ma ormai i Francesi avevano già iniziate le ostilità e fu giocoforza rinunziare al disegno (I). Il Pisacane avverte invece (ed il Rosselli avrebbe dovuto maggiormente porre considerazione a questa opinione di lui) che ormai anche se nell' inseguimento fosse stata impegnata tutta quanta l'armata romana, era inutile inseguire il nemico perchè diecimila uomini, con scarsa artiglieria, non avrebbero potuto -1 ) (1) Por una. ohiara difesa. della sua oondotta oiroa. Velletrì, veggasi lo. lett era del Ma.zzlUi Il Nioola Fabrizi, da noi pubblioata in Al'(;hivio Stori(;o per le Provin(;ie Napoletane, &11nO IVIII, N. S., 1932, speoialmento pp. 392 SE'g. 1 - 18- compiere l'impresa senza fondare sull'insurrezione dei popoli della Terra di Lavoro, ch'erano invece tra i più ligi alla dinastia borbonica (2). Figu,riamoci poi quale utilità potesse venire da un'irregolare inseguimento fatto da una sola Di visione. Insomma dal capitolo del Rosselli avrebbe dovuto risultare sopratutto la posizione ideale del Pisacane capo di stato maggiore, e cioè anima della difesa e della guerra. Le opinioni di lui, le sue direttive, le sue preoccupazioni sono in gran parte espresse nel suo libro sulla Guerra ed in moltissimi appunti conservati nell'Archivio di Stato in Roma (3): nè di quello nè di questi si è servito il Rosselli nello scrivere questo capitolo, il quale, ai moltissimi pregi che ha, avrebbe potuto aggiungere quello di un più profondo esame delle convinzioni e dellè riprovazioni politichè a traverso cui, faticosamente, si veniva formando l'esperienza rivoluzionaria del Pisacane. ••• Poco nulla si può aggiungere invece al quinto capi· tolo, nel qllale si ris pecchiano veramente tutte le belle qualità del Rosselli storico, e che a me pare il meglio riuscito di tutto il lIbro. Il periodo che tratta questo capitolo, < Dopoguerra difficile . v a dall'estate del '49 all' ottobre del '50, nel quale Pi sacane fu in Isvizzera in Inghilterra poi di nuovo a Lugano, e attraversò un pe'riodo turbinoso' della sua turbinosissima vita. Il Rosselli, che ha potuto molto studiare le fonti diplomatiche inglesi, dopo aver ana_ (2) Guerra, p. 246 . (3) A. S . R. Fondo dolla Repubblioa. Romana. Dooumenti pisaoaniani sono oo usot'vati noi volum i 81-97 pa88im. Il Rossolli twr!l bbo potiUto tl'ovi\ro qll alube llotizil. anohe nell'ArcMlJio del Museo del Rùorgimento in Torino, Fondo Dtll'llolldo e fondo Mitbitz. - 19 lizzato finemente il pensiero di Pisacane in alcuni suoi articoli dell' lIalia del popolo, ricostruisce con molta vi vezza l'ambiente londinese in cui il Nostro visse per qualche tempo ed in cui, a contatto quotidiano con i maggiori uomini politici d'Europa esuli anch'essi, si formò verame nte la coscienza politica di lui. Difficilmente, chi vorrà ancora occuparsi di Pisacane, potrà seri vere un capitolo così vivo ed organico, in cui perfino le s ituazioni sentimentali più intime sono esaminate dal Rosselli con introspczione cd acutezza, e con giudizi così felici che ben possono considerarsi definiti vi. E forse perchè con questo quinto caVitolo si giunge a tale altezza e perfezione ci ha lasciato un pò insoddisfatti il successivo. Non è qui il caso di addentrarsi troppo nel1' esame delle ragioni per cui il Rosselli ha preferito esaminare minutamente il c Primo libro.: (così egli ha intitolato il capitolo che tratta della Guerra CtJmbatiuta in Italia). Se ciò fosse perchè egli ha inteso vagliare il pensiero pisacaniano, ci stupiremmo dell'assenza di un capitolo sui Sagg'i che S0no opera ben altrimenti complessa ed orig inale. Per nostro conto non temeremo di aff'l.!cmare (e ci si dia pure ' la croce addosso I) che la Guerra è un'opeca unicamente e profondamente documentaria, e perciò deve essere considerata dallo storico come documento da usare man mano che si voglia spieg are l' azione di P isacaoe durante il biennio rivoluzionario' Quando egli scrj ss~ la Guerra combattuta il ricordo era ancor troppo fresco in lui, troppo arroven· tato l'animo e troppo vive le passioni, perchè questo libro potesse comunque rappresentare una serena storia di quegli avvenimenti. La Guerra combattuta, è, squisitamente, un libro di' polemica: e perciò va considerato come una difesa delle opinioni e dell'operato del suo autore, cioè come documento de llo stesso stato d'animo in cui quelle opinioni furono formulate e quell'operato fu svolto. Difatti lo stesso Rosselli per tre quarti del capitolo fa (e fa mirahilmente) la storia esteriore del libro (polemiche, dissensi, duelli che suscitò) e nell'ultima parte abbozza un esame del signifi· cato storico del libro. Noi avremmo voluto però che fosse - 20- messo maggiorme nte in luce il concetto che quel t<:.n to che la Guerra potè rappresentare come primo tentativo italiallo di spiegare la rivolu zione del '48 - 49 quale fello, meno prevalentemente economico-sociale, lo rappresentò precipuamente come un primo abbozzo delle idee che con molta maggior maturità e profondità doveva formulare poi nei Saggi. È interessante vedere in qual modo il Rosseili sfrutti una lab ilissima traccia, e riesca con scarsissimi documenti a fissare ed isolare uno dei pu nti più importanti dell'azione politica pisacaniana. Giovandos i di una lettera del Mazzini ai F.brizi egli dimostra cbe, fin dal periodo che seguì immediatamente la caduta della repubblica romana, Pisacane pensava ad una iniziativa nel sud d'Italia (p. 102, e n.t pp. 364-5). L'ipotesi gi ustissima è feconda di g ra ndi sviluppi critici: ed al chiarimento di questa idea pisaca niana deve ri vo lgersi chiunque voglia ulteriormente spiegare le origini assai profonde e remote del complotto ri voluzionario che poi ebbe il suo epilogo a S anza. P er nostro conto possiamo affermare fin da questo momento che illopinati documenti rinvenuti nell' A.rchivio di Stato a Napoli ci permettono di. convalidare - con una li eve differenza cronologica - l'ipotesi avanzata dal Rosselli: nell'estate del' 51 oculatissimi segugi dello spionaggio austriaco segnalavano alla polizia borbonica. con ricchezza di particolari e con dati di assoluta fond atezza. di una spedizione che si prepaloa va sotto il comando di R'1selli, di Ulloa, Arduino, Pisacane e molti altri ben individuati. Ma di ciò avremo agio di discorrere nel corso di un nostro prossimo studio. ••• Preferiamo sorvolare sul capitolo VII del libro rosselliano, c Piemonte soci alista :t , Un' esame di esso darebbe luogo senza dubbio ad interessante discussione, ma ci pare che essa non entrerebbe negli interessi del presente lavoro. Più utile, adunque. seguir Pisacane direttam ente a traverso i quattro capitoli successivi che ne narrano l'azione fino - 21 alla morte. c Raccoglimento . ~ il capi tolo- base del libro, giacché, studiando la vita di Pis3cane dal '51 a tutto il 1856, ne segue gli sviluppi e le esperienze a traverso tutto il quinquennio in cui non solo si maturò ed assunse forma netta e precisa il suo pensiero politico, ma pure si compi è nel Piemonte ed in tutta Italia quella benefica crisi di assestamento spidtuale dalla quale duveva sorgere tutta la politica degli anni successivi che sfociò nella proclamazione del Regno d'Italia. Pisacane è così inserito dal Rosselli in tutto il quadro agitato e compiesso della politica italiana di quel quinquennio: anche il capitolo successivo, c Ques tio ne borbonica :t , è, in fondo, un chiarimento specifico della posizione ideaie del Nostro di fronte alia politica francese circa l'Italia meridionale. e si salda c s'ingrana perciò al capitolo precedente incentrato su una delle essenziali e più scot tanti questioni della politica itali2. na di quel quinquennio: la spedizione di Crimea. Giustamente perciò il Rosselli mette in primo piano il Mazzini come maggior protagonista del dramma. Mazzini è sempre il personaggio principale di quelle vicende, e quanto più sembra assente dalla scena politica tanto più è presente ed operante in quella. Mazzini è l'uomo sul quale tutti - Pisacane compreso - lanciano critiche e rimproveri, e spesso anche ingiurie atroci e taglienti: Mazzini é il nemico dì tutte le in telligenze, l'oppositore di tutti i piani geniali, il colpevole di tutte le sciagure, il responsabile di tutte le disfatte. Pure Mazzini conserva la sua fede adamantina, la sua serenità olimpica. Mazzini più che il mito di tutta la rinasceoza italiana del secolo decimonono, ed il simbolo di tutte le passioni e di tutte le fedi, rappresenta nella storia del Risorgimento lo strumento indispensabile ed inconsapevole delle forze nuove che erano nate dalla disfatta, il piano fertile dei quaie doveva essere g ettata dal genio del Cavour la grande sementa. Pisacane lo sapeva. Anche quando doveva osteggiarlo e combatterlo, lo combatteva con delle critiche che non erano altro che Ja reazione intern a del mazzinianesirno stesso. «Noi dissentiv amo su pareccbi pnnti: - scrisse il Mazzini ~\ - 22 - nel commosso omaggio all'amico caduto - : sulle idee re · ligiose; sul cosiddetto socialiJ11to, che ridueevasi ad una mera questione di parole. dacchè i sistemi esclusivi, assurdi, immorali delle sètte francesi erano ad uno ad uno da lui respinti; e sulla vasta idea sociale ..... io andava forse più in là di lui > . Che cosa era infatti il socialismo di Pisacane? Quali le sue dottrine storiche, politiche , morali, che emergono dai suoi Saggi. l'opera che il Rosselli ba avuto il torto di non esaminare internamente e sufficientemente? D al libro del Rossel1i non risulta il significato ed il valore del libro, e questa è la massima deficier.za che noi dobbiamo rilevare i n esso. Il nostro dissenso dal Rosselli è tutto qui: se egli ci avesse dato uno studio sulla formazione dottrinale del Pisacane e sulla genesi dei Saggi avrebbe scritto uno di quei libri che ass. i difficilmente si superano. Invece questa la· cuna ra ppresenta il punto debole della comprensione del pensiero pisacaniano, ed è necessario eliminarla se si vuoI giunge re ad una in telli g enza completa di esso. Bisogna distin guere infat ti, come dicevamo nel bel principio, un Pisacane che fa parte della storia della pratica del Risorgime nto, e pur con molte opere di pensiero (articoli, opuscoli polemici, lettere politiche e per molti rispetti la la stessa Guerra combattuta) rientra ancora completamente nella così detta storia in atto; dal Pisacal1e che con i Sag~i fa parte escl usivamente della storia del pensiero, ossia della storiografia del Risorgimen to. Una specie di P,-imalo in bocca di un socialista, d~finisce quel libro il Rosselli: e noi siamo pronti a sottoscrivere questa definizi one . Senon chè il còmpito di chi vorrà ri pig liare l' E'same di questi problemi sarà proprio quello di non starsene alla e nunciaz ione : e di definire in che ed in che cosa questo libro rappresenti il nuovo Primato e nu nciato dalla democrazia italiana: quali elementi vitali esso contenesse rispetto al < g ran libro. della parte liberale moderata, ed in che, per converso, fosse deficiente e caduco. Bisogna insomma scoprirne le fonti culturali e le esigenze ideali da cui esso sorse, se si vuoI giungere poi ad indivi- 23 duare ]0 sboCCO grandioso, che con tutt'altro corso, ebbero nella storia della nuova Italia le esigenze spirituali cbe per primo il Pisacane rapprese ntò nel suo libro. Quando si parla di una dottrina politica formulat a nel 3' saggio (La Rivol"zione) , e della esclusiva importanza ed originalità di esso rispetto ai primi due ed al quarto, cbe sarebbero un coacervo di dati storici e di ideologie disparate malamente accozzate insieme, si viene a negarB quella organicità complessiva del libro che è una d elle caratteristiche precipue di esso. Non è stato notato infatti, che la cosiddetta dottrina socialistica formulata nel III saggio ha una genesi che è esattamente il contrario a quella del socialismo scientifico tedesco: il Marx arriva alla teoria storiografica della VII sezione del CaPilale a traverso un processo esterno, formuland o cioè una concezione della storia nel senso delle sue anteriori scoperte economiche e nunciate nel '59 (introduz. al Per la Crilica dell'Economia polilica) ed asservendo così alcune idee hegeliane assimilate durante la prima g iovinez za alle esperienze da lui fatte nel campo dell'economia politica : il Pisacane invece ha già una sua fesclticlLteleltre quando arriva alla formulazione del suo socialismo, il quale sorge in concreto dalle esperienze storiche di lui. La necessità di spiegare gli av venimenti della vita attuale lo spinge ad c interrogare la storia). l\1a la visione della storia che poi lo condurrà a formul are la sua dottrina sociale deriva nettamente dalla tradizione storica degli scrittori napoletani: o per lo meno risente essenzialmente di quel movimento cbe dà il maggiore e più forte indi rizzo alla sua cultura che pure aveva assorbito le opere di econ0misti francesi e di dernosocialisti italiani. In Pisacane la grande realtà, la molla della storia, è il popolo. Solo le masse sanno attuare , solo di masse è fatto il grande conflitto delle rivoluzioni. Occorreva che il grande gigante si svegliasse, che il popolo assente entrasse nel circolo della vita politica. La rivoluzione napoletana del novantanove era fallita in pieno perchè promossa da una esigua mino- t,\ - 24- ranza di intellettuali, mentre il popolo era ancora assente ed immaturo. Bisognava che questa coscienza del popolo si compiesse. ed otto anni di reazione borbonica avevano pro. curato l'inizio di questa maturazione. La rivolta politica non era ancora, perciò, che una battuta d'aspetto, era lo schie. ramento a battaglia di piccoli manipoli d'avanguardia, Bi· sognava che la rivolta politica diventasse rivoluzione sociale. Senza accorgersi che una concezione materialistica la· sciava insoluti ed intatti i grandi problemi dell'unità, Carlo Pisacane volle sacrificarsi ad essa, Pensava che la sua morte e quella dei compagni sarebbero state il lievito della grande insurrezione, che il popolo acquiescente e supino avrebbe riconquistato il suo posto di battaglia nella riconquista dei diritti economici. Il vizio interno di tale concezione si di~ mostra enunciandola: Carlo Pisacane, infatti, si immolò senza un frutto immediato: ma nell'unità del suo pensiero e del suo sacrifizio è riposto il significato più alto del suo insegnamento. Non è qui il caso di esporre la formazione ideale e la struttura interna dei Saggi politici del Pisacane. Ma è im o portante sopratutto assodare un punto delicatissimo della vita spirituale del Nostro, il punto in cui la dottrina socialistica, il pensiero e la cultura del solitario di Albaro di· ventano prassi e si convertono nen' azione di Sapri. Contraddizione? Il Rosselli afferma di sì, noi invece siamo piuttosto procli\:i a pensare il contrario . I! Rosselli che ha illustrato finemente tutti i lievi e quasi impercettibili trapassi spirituali del Pisacane nei primi anni dopo la caduta di Roma, ed ha visto così perspicacemente le ragioni del grad uale distacco di lui dal mazzi· nianesimo, non riesce invece a convincerci nella sua serrata esposizione delle contraddizioni pisacaniane al momento di decidersi alla spedizione (pp. 216-17). A noi pare che il trapasso pisacaniano all'azione nontHe esclusivamente mosso da ragioni di politica contingente: si veda, p. es., l'articolo da lui scritto su la questione murattiana nell> Italia e popolo del 20 lu glio 1855, si veda la lettera all' UJ10a del mese -25di agosto di quello stesso anno (1): pur a traverso una do· cumentazione storica assai inefficace circa ]'economia sociale del dominio murattiano del decennio, non vediamo che il Pisacane batte esClusivamente su quella testa di turco che era la questione sociale: «Abbiamo manifestato che i no· stri principi, partendo da convincimenti e non g ià da op· portunità, sono inalterabili, e che i nostri atti e detti sarebbero sempre consentanei ad E'ssi ; quindi ci sforziamo non già di attraversare le loro mene, ma a dimostrare c o m è i 1 p a e se, forse, p e g g i o r e r e b b e c o n u n o d i q u e i c o t a l i c a m b i a m e n t i e particolarmente con il Murat ..... » La rivoluzione politica è dunque un mezzo deIla rivoluzione sociale, non altro. Quando si sarà fissato questo concetto, si potrà avere non solo la spiegazione delle ragioni che indussero il Pisacane alla spedizione, ma anche quella del suo contegno durante le giornate cilentane. «lo credo che il solo socialismo sia l'avvenire non lontano dell'Italid e forse dell'Europa ..... sono convinto che le ferrovi e , i telegrafi, il miglioramento del· l'industria, la facilità del commercio, le macchine ecc. ecc. per una legge economica e fatale, finché il riparto del prodotto é fatto dalla COllcorreoza, accrescono questo prodotto, ma l'accumulano sempre in ristrettissime mani: ep· perciò questo vantato progresso non é che un regresso: e se vuole considerarsi come progresso, lo si deve nel senso che accrescendo i mali della plebe, la sospingerà ad una terribile rivoluzione, la quale, cangiando d'un tratto tutti gli ordinamenti sociali, volgerà a profitto di tutti quello che ora è a profitto di pochi ... (2)'. I suoi proclami, i suoi incitamenti ai popoli che dovevano insorgere erano rivolti esclusivamente a promettere ·una prosperità economica superiore a quella che davano i Borboni, ed a svegliare in essi il sentimento della rivolta sociale. (1) N . .CORTESE. Una lettera di C. P. in Aroh. Storo per le Provo Nn.p. LU. 1927. È una fonte ohe il R08Belli non oitu. (2) Pis80caue. Saggi (cit.) voI. IV Te8ta.mento p. 159-60 ~\ Questa era in fondo debolezza non tanto della prassi politica pisacaniana quanto della concezione ideologica che ne era alla base. Quali furono le ragioni che provarono il fallimento dell'impresa? Il Rosselli nei suoi ultimi capitoli dipinge a colori sì neri il povero Fannelli che ognuno, dopo aver letto quelle pagine. sarebbe portato veramente a rovesciare su di lui tutte le responsabilità che il Rosselli gli accolla. Con ciò noi non vogliamo dire che egli fosse un rivoluzionario perfetto, un maneg-gione tDagistral~, un organizzatore impeccabile: ma un povero di spirito. un debole, un inetto, egli non era. F anno testimo nianza di ciò parecchie centinaia di lettere e di altri documenti che facevano parte dell'archivio del comitato rivoluzionario di Napoli, cbe nessuno mai, tranne lo scrivente, ha esaminato sistematicamente, e dei quali ad ogni modo non è stato reso nota che una piccolissim a parte (De Monte, Tambard, Palamenghi - Crispi). COI! la scorta di questo enorme materiale documetario si sarebbe potuta ricostruire tutta la vastissima trama cospiratoria sulla quale pog g iava il tentativo di Sapri, e dimo strare che, milluziosamente, era stata preparato il piano sul quale il Pisacane doveva operare. Se all'ultimo momento tutto parve disciogliersi come nebbia al sole, fu perchè uno di quei contrattempi fatali inutilizzarono un lavoro eseguito da anni con indubbia esperienza cospiratoria. Il Rosselli basa il suo racconto sul Resoconto pubblicato dal De Monte venti anni dopo il disastro: documento singolarissimo ed esseuziale , ml non certo perfetto ed esauriente. E' un libro-cUce lo stesso R osselli,-di enorme valore, quantunque c più psicologico che storico »: ora a noi pare che in s eguito, quando il Rosselli si è giovato di esso, abbia calcato la mano proprio su quell' aspetto psicologico del libro, dandoci del dramma che si effettuava tra quegli uomini una interpretazione finemente PSÌlvlogica, ma troppo psicologica. In effetti, rispetto a quella del Pisa. cane, la posizione del Fanelli è una posizione di grande inferiorità intellettuale e morale: con Pisacane invece si sale in diversa temperie, in ben più alta sfera. Ma ciò non ( ( 27- toglie - ed è in ciò che non concordiamo col Rosselliche, se si dovessero ricercare le responsabilità del disastro, esso non potrebbe essere addebitato al Fanelli, .ibbene al Pisacane stesso ed a Mazzini. Per esempio: il 12 gingno, dopo l'incidente accaduto a Rosolino Pila, Pisacane è a Napoli e colà si trattiene fino a tutto il 16. Prende nozione precisa dell'opera di organizzazione che non era pertanto compiuta, è contento di quel che s'è fatto e si convince che altra se ne farà: ma riconosce che bisogna differire, s ia pur per poco, la spedizione per dare agio di collegare le fila e di apparecchiarsi in maniera definitiva. Parte. A Genova c tornò lieto, convinto, anelante l'azione ... Mi scongiurò - scrisse pure il Mazzini - di rifar la tela pel 25 .. . Fui convinto (I) > . Ed ecco che, mentre s'era con· cordato di rimandar la cosa almeno per un mese, si fa sapere al Fanelli che il 25 giugno si parte. Che cosa era successo in quei giorni perché si prendesse una decisione cosÌ sconsigliata? Fu il Pisacane che, nel fervore e nell'esaltazione della prossima lotta, dilatò, e sformò le notizie e le decisioni pur di entrare più presto nell'agone agognato? O fu, come ci pare più probabile, il Mazzini che sentito il parere del Fanelli e l'opinione di Pisacane, non volle, costasse quello che costasse. rimandare a miglior tempo la spedizione perchè un differimento avrebbe spezzato gli accordi presi con quelli di Genova e di Livorno' Comunque sia stato - e forse mai la storia potrà assodare la verità - si rivela in questo avvenimento tutta la povertà e la insufficienza del metodo mazziniano del sincronismo insurrezionistico. Ma in tutto questo perchè prendersela con il Fanelli? Che egli, in quei giorni, facesse tutto ciò che umanamente fosse possibile fare, potrei dimostrare al Rosselli con più di un documento ineccepibile. Se anche l'operato dei corrispondenti napoletani non fu perfettissimo ciò fu dovuto (l) Mazzini S. E. I. ediz. da.elliana.. voI. XI p. U. -28in primo luogo perchè, per un altro di quei contrattempi fatali, a lui non giunse la conferma stabilita; e poi perchè, presentato e protetto proprio dal Pisacane, v'era nelle file dei cospiratori un uomo che per molti rispetti non si mostrò degno della fiducia che gli si accorda va. Ma di costui avremo opportunità di parlare in altro luogo. ••• A tirar con rigore le somme si può aftermare cbe il libro del RosselIi, che ha il grandissimo merito di raccogliere in rapida e riuscitissima sintesi tutto ciò che finoggi si era pubblicato e si sapeva su Carlo Pisacane , ha, a nostro avviso, due sole lacune . La prima, che è stata notata dalla più parte dei suoi critici competenti, è quella de lla mancanza di un esame particolareggiato ed interno del pensiero politico pisacaniano. nella sua genesi storica e nei suoi sviluppi ideali . Il secondo è quello di una ricerca troppo limitata de i documenti archivistici che offrono le fonti napoletane, dai quali invece sarebbe stato possibile ricavare notizi e e particolari ignorati di altissima importanza. Colmare suddette lacune sarà l'assunto di un no. stra prossimo lavoro ch e, nato da certi bisogni di chi a.. rimento che ha suscitati in noi la lettura del bel libro del Rosselli, ad esso si ricollega e del quale potrà considerarsi come un figlio - osiamo credere - non interamente de. genere. ·?;P,8 4. 7 ~)u •