Die arabische Nacht italienisch

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Die arabische Nacht italienisch
Roland Schimmelpfennig
LA NOTTE ARABA
DIE ARABISCHE NACHT
Italienisch, Luisa Gazzerro Righi,
Genua, 2002
Alle Rechte vorbehalten, insbesondere das der Aufführung durch Berufs- und Laienbühnen, des öffentlichen
Vortrags, der Verfilmung und Übertragung durch Rundfunk und Fernsehen. Das Recht der Aufführung ist
rechtmäßig zu erwerben vom:
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49/069/6 062-271, Fax 49/069/6062-355, Email: [email protected]
Die Rechte an der Übersetzung liegen bei:
Luisa Gazzerro Righi, Corso Magenta 3, 16125 Genova
Förderung der Übersetzung durch: / This Translation was sponsored by:
PERSONAGGI
Hans Lomeier
Fatima Mansur
Franziska Dehke
Kalil
Peter Karpati
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LOMEIER - Sento rumore d’acqua. Qui non ce n’è, eppure la sento. E siamo a metà
giugno. E’ caldissimo. Arrivano telefonate dall’ottavo, dal nono e dal decimo piano
per sapere che cosa sta succedendo con l’acqua. Non lo so. Sono stato in cantina. La
pressione regge. Però a partire dall’ottavo piano tutti i rubinetti sono a secco.
L’ottavo, il nono e il decimo piano non hanno acqua. Come se al settimo
scomparisse. Ci sarà una perdita. Improbabile. Una perdita di tali dimensioni, un
rottura dei tubi, non rimarrebbe a lungo inosservata. L’acqua correrebbe giù dalle
pareti, sui pavimenti, nei corridoi.
Eppure io sento dell’acqua. La sento dietro le pareti. La sento salire. Risuona come
un canto. La traccia di un canto nei corridoi. Il canto nella tromba delle scale. Una
traccia al settimo piano. Entro nell’ascensore. Salgo al settimo piano per controllare.
Continuo a sentire rumore d’acqua.
L’ascensore fa strani rumori, come se fosse di nuovo sul punto di rompersi. Settimo
piano. A destra quindici appartamenti e l’ascensore, a sinistra sedici appartamenti. Su
entrambi i lati sempre tre stanze, cucina, bagno. Alla fine del corridoio, a destra,
davanti all’appartamento 7 - 32 c’è la signora Fatima Mansur, la coinquilina araba
della Dehke. Il 7 - 32 corrisponde a cucina con balcone e finestre rivolte a levante,
bagno a ponente. La coinquilina araba cerca di aprire l’appartamento tenendo tre
sacchetti di plastica attaccati al braccio, ma perché si rende la vita tanto difficile?
Perché non li posa?
FATIMA – L’ascensore fa dei rumori come se fosse di nuovo sul punto di rompersi.
Non è semplice aprire casa con tre sacchetti di plastica attaccati al braccio. Non ce la
faccio.
LOMEIER – Piuttosto che posare i sacchetti lascia cadere la chiave.
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FATIMA – Mi sta cadendo la chiave, però arrivo al campanello con il gomito.
Speriamo che Franziska sia in casa. Ovvio che c’è. Speriamo che senta il campanello.
Lomeier, il portiere, sta arrivando nel corridoio con il suo camice grigio-azzurro. Fa
un caldo terribile.
LOMEIER – Suona di nuovo. Per suonare preme il gomito sinistro con tutto il corpo
e con i sacchetti contro il campanello.
Posso aiutarla?
FATIMA – Oh. Grazie, ce la faccio. Caldo oggi, eh?
LOMEIER – Finora è il giorno più caldo dell’anno, hanno detto al telegiornale delle
diciannove.
FATIMA – E – lei – lei non smonta ancora, signor Lomeier?
LOMEIER – Non so - oggi c’è qualcosa che non funziona nella pressione dell’acqua
all’ottavo, al nono e al decimo piano.
FATIMA – Meno male che ci sono soltanto dieci piani.
Lui non ride.
LOMEIER – Già…
FATIMA – Ha un’aria assente. Preoccupata.
LOMEIER – E da lei arriva l’acqua?
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FATIMA – Beh, non so – sono appena arrivata. Se c’è qualcosa che non va, più tardi
le telefono.
LOMEIER – Sì, per piacere, mi chiami. Forse da qualche parte c’è una perdita.
Lei suona di nuovo, ma nessuno viene ad aprire.
Scusi.
FATIMA – Si china e mi raccoglie la chiave da terra. Sta per darmela, ma poi si
accorge che ho ancora tutte e due le mani occupate e rimane lì in piedi indeciso.
LOMEIER – Ha tante chiavi in quel mazzo.
FATIMA – Sorrido. Del resto, cosa dovrei fare – lui guarda il mio mazzo di chiavi.
LOMEIER – Quante chiavi…
FATIMA – Sarebbe così gentile - ?
Gli faccio posto –
Quella con sopra il cammello.
LOMEIER – Il cammello è un portachiavi di plastica non particolarmente bello e
tutto sciupato.
FATIMA – Sta infilando la chiave nella serratura –
LOMEIER – La disturberebbe se controllassi un attimo la pressione dell’acqua in
casa sua? Solo per vedere se funziona come si deve.
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FATIMA – No, no, affatto –
LOMEIER – Nel momento in cui sto per girare la chiave nella serratura, qualcuno
apre la porta dall’interno. Davanti a noi, sudata e mezza svestita, compare Franziska
Dehke, l’inquilina del 7 / 32.
Oh FRANZISKA – Uh – eppure mi sembrava di aver sentito qualcosa. Salve.
LOMEIER – Buon giorno, signora Dehke.
FRANZISKA – Buon giorno.
LOMEIER – Forse è meglio che ritorni su tra un po’ –
FATIMA – Come vuole. Non mi hai sentito? E’ già la terza volta che suono –
LOMEIER – Si appoggia alla porta con i sacchetti di plastica.
FRANZISKA – Non so – ero stesa sul divano e mi stavo riposando.
LOMEIER – La chiave è ancora infilata nella serratura. La tiro fuori e la porgo alla
Mansur.
FATIMA – Mi porge la chiave che tengo stretta con un dito fra i sacchetti. Grazie
mille, e ripassi pure più tardi per l’acqua.
LOMEIER – Sì, forse ritorno davvero. Comunque per ora buona serata -
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FATIMA – Sono già nell’ingresso con i sacchetti Grazie! La porta è chiusa. Non è più possibile tenere in mano le chiavi che cadono sul
pavimento.
LOMEIER – La porta è chiusa. Si sente un rumore come se le chiavi le fossero di
nuovo cadute.
FATIMA – Vado a posare i sacchetti in cucina.
LOMEIER – Accanto al campanello, sotto una plastica ingiallita, c’è scritto
Franziska Dehke. A mano. Non ci ha mai fatto niente nessuno. Eppure abita qui già
da parecchi anni.
FATIMA – Perché non apri la porta?
FRANZISKA – Ma l’ho –
FATIMA – Sì, ma quando?
Franziska ritorna di corsa nel soggiorno.
FRANZISKA – Ero addormentata, credo. Sul divano. Fa così caldo.
FATIMA – E poi tira le tende FRANZISKA – Non ha nessun senso. Vado a fare la doccia.
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FATIMA – Fa’ pure la doccia – all’ottavo, al nono e al decimo piano non c’è una
goccia d’acqua.
FRANZISKA – Ah sì?
FATIMA – Lomeier era qui per questo.
LOMEIER - Oppure sarei dovuto entrare subito con lei? Non mi sembrava il caso.
Non aveva niente addosso.
FATIMA - Lei fa sempre così.
LOMEIER - Era tutta rossa in viso. I capelli corti e biondi così sudati. E poi,
insomma, io non posso disturbare.
FATIMA – Torna a casa dal laboratorio, si spoglia e si sdraia sul divano. E si sente
diventare stanca. E poi va a fare la doccia.
FRANZISKA – Sono terribilmente stanca. La faccio la doccia o no?
FATIMA – Ma sì, falla.
FRANZISKA – Ma sì, forse. Oggi cosa ho fatto tutto il giorno?
FATIMA - Sta lì in piedi indecisa nel corridoio e pensa.
LOMEIER – La gente torna a casa dal lavoro e vuole cucinare. O fare la doccia. Ma
senz’acqua?
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FRANZISKA – Non riesco a decidermi. Vuoi bere qualcosa anche te?
FATIMA – No, grazie, prima vuoto i sacchetti.
FRANZISKA – Comunque ti preparo un bicchiere.
FATIMA – Prima va’ a fare la doccia Ritorna verso il divano.
FRANZISKA – Non so.
FATIMA – Ma su –
FRANZISKA – Sì, forse -
KALIL – Sono quasi le otto e mezza. Il telefono dovrebbe suonare da un momento
all’altro.
LOMEIER – Quasi le otto e mezza. Sono qui in piedi davanti all’ascensore e mi sto
chiedendo se debbo suonare di nuovo al 7 / 32.
FATIMA – La bottiglia del cognac è sul tavolino davanti al divano.
FRANZISKA – Non ce n’è più un gran che.
FATIMA - Ne ho portato un’altra.
Si versa da bere.
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LOMEIER – No. Ora non posso farlo.
KALIL – Tra un po’ chiamerà. Sto seduto vicino al telefono ad aspettare. Lo so che
chiamerà. Come ogni sera. La amo.
FATIMA – E’ lì in piedi nel vano della porta con il bicchiere di cognac e non sa se
andare avanti o indietro.
LOMEIER – E’ meglio che un po’ più tardi telefoni e salga ancora una volta a
controllare.
FRANZISKA – Eppure penso che mi farò la doccia.
KALIL – Telefona tutte le sere. Sempre prima del tramonto.
FATIMA – Pensi?
FRANZISKA – Ma sì, penso di sì.
KALIL – Guardo fuori dalla finestra e aspetto che chiami.
LOMEIER – Sta arrivando l’ascensore. Troppo lento. Con lo sguardo ripercorro
all’indietro il corridoio, risalgo su per le pareti, ridiscendo. Sento rumore d’acqua.
Ovunque.
FATIMA – Si gira.
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KALIL – Come mai non telefona?
FATIMA – E si gira di nuovo verso di me.
FRANZISKA – Che buffo.
FATIMA – Che cosa?
FRANZISKA – Oggi che cosa ho fatto tutto il giorno?
FATIMA – Lavorato?
FRANZISKA – Probabilmente.
FATIMA – Su – ora va’ a fare la doccia -
FRANZISKA – Solo che non riesco a ricordarmi nulla –
FATIMA – Ma va’ FRANZISKA – E va bene -
LOMEIER – La porta dell’ascensore si sta aprendo.
FRANZISKA - Vado a farmi la doccia.
FATIMA – Sì, dai.
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KALIL – Il sole è molto basso, a ponente. Il telefono non suona.
FATIMA – E’ ora di chiamare.
LOMEIER – Entro nell’ascensore?
FRANZISKA – Me la faccio veramente la doccia?
KALIL – Chiamerà ancora?
FATIMA – Vai a fare la doccia ora?
FRANZISKA – Sì, però…
LOMEIER – Decido di scendere a piedi per le scale.
FRANZISKA – Sì –
FATIMA – Lei va in bagno. Prendo il telefono.
LOMEIER – Corro giù. La tromba delle scale risuona come un canto.
FATIMA – Vieni?
KALIL – Sì, certo -
FATIMA – Però aspetta ancora -
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KALIL – Ma sì, lo so FATIMA – Quando sarà buio.
KALIL – Lo so – a presto.
FATIMA – A presto.
LOMEIER – Sesto piano.
KARPATI – Si sta facendo sera. Dalla finestra vedo, di fronte a me, la facciata del
blocco C.
Qualcosa mi abbaglia, un riflesso di luce mi colpisce gli occhi. La finestra di vetro
smerigliato del bagno di un appartamento al settimo piano del palazzo di fronte è
spalancata. Sull’armadietto sopra il lavabo si riflette il sole della sera molto basso, a
ponente. Non riesco a distinguere nemmeno gli spazzolini da denti nel bicchiere
accanto al rubinetto. Una donna bionda con i capelli biondi corti entra in bagno.
FATIMA – E’ in bagno. Tutte le sere la stessa cosa, prima del tramonto – arriva a
casa. Si spoglia, si sente diventare stanca. Improvvisamente non riesce più a
ricordarsi del giorno appena trascorso.
FRANZISKA – Sono in bagno. In piedi. Accanto a me il lavabo con gli spazzolini da
denti nel bicchiere di plastica.
KARPATI – Ha soltanto la biancheria intima. Si spoglia, si gira ed entra nella vasca
da bagno. Apre l’acqua e comincia a farsi la doccia.
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FATIMA – Si sta facendo la doccia.
LOMEIER – Quinto piano. Sento dell’acqua.
KALIL – Ha chiamato. Tra un po’ sarà buio e potrò andare da lei.
FRANZISKA – L’acqua mi scorre fresca lungo la schiena.
KARPATI – Hanno l’acqua. Che buffo. Da noi, nel palazzo B, non ce n’è una goccia
da due ore. Forse si è rotto un tubo dietro la forchetta del distributore. Strano,
soprattutto in questa stagione.
FATIMA - Si fa la doccia tutte le sere dopo che è arrivata a casa. Le piace rimanere a
lungo sotto la doccia, molto a lungo.
KARPATI – E’ seduta nella vasca e si sta facendo la doccia. Guarda fisso davanti a
sé. Sembra che non si accorga minimamente che la finestra è aperta. Si sta facendo la
doccia, vedo soltanto la testa e ogni tanto il braccio destro.
LOMEIER – Quarto piano.
FRANZISKA – Sono seduta nella vasca da bagno e guardo fissa davanti a me. Oggi
che cosa ho fatto tutto il giorno?
FATIMA – Sento l’acqua scorrere nel bagno.
KARPATI – Non rimango in piedi alla finestra per guardare quella donna che si sta
lavando. C’è qualcosa di strano. Un fruscio.
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FRANZISKA – Ma la finestra è aperta FATIMA – Ritorna dal lavoro, ha un posto in un laboratorio, entra in casa e da allora,
a ogni secondo che passa, il giorno trascorso viene rimosso, finché al momento del
tramonto del sole non riesce a ricordarsi nemmeno il proprio nome.
KARPATI – Sento dell’acqua.
KALIL – Mi infilo le chiavi in tasca e prendo il casco.
KARPATI – E’ possibile? Viene da fuori? Apro la finestra –
LOMEIER – Terzo piano.
FRANZISKA – Nel palazzo di fronte, nella parte in ombra del blocco B, si sta
aprendo una finestra al settimo piano.
KARPATI – Non viene da fuori.
FRANZISKA – Un uomo si affaccia alla finestra, come se stesse cercando qualcosa.
KARPATI – Risuona come un canto.
FRANZISKA – Ma cosa sta cercando?
KARPATI – Non viene da dentro – dell’acqua.
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FRANZISKA – Mi vedrà? Non credo.
KALIL – Metto in moto il motorino.
FRANZISKA – Ma oggi che cosa ho fatto tutto il giorno? –
FATIMA – Da quando abitiamo qui, è sempre stato così. Viviamo insieme da quattro
anni. Al tramonto si addormenta definitivamente sul divano, tutte le sere. Poi arriva il
mio amico, Kalil, che lei non conosce e di cui non conosce minimamente l’esistenza,
perché quando lui viene da me, lei sta già dormendo, sempre.
LOMEIER – Secondo piano.
KALIL – La conosco da due anni. E’ l’unica donna della mia vita. Non la tradirei
mai. Mai.
FRANZISKA – Richiude la finestra. Nello specchio si riflette il cielo blu scuro della
sera. Non credo che possa vedermi.
KARPATI – Chiude l’acqua. Si alza. Si asciuga.
FATIMA – Non le ho mai raccontato di lui.
FRANZISKA – Mi asciugo, mi avvolgo in un asciugamano ed esco.
FATIMA – Ma perché no?
KARPATI – Esce dal bagno.
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FATIMA – Non ne ho idea.
KALIL – E’ sempre così. Devo aspettare fino al tramonto, poi posso andare da lei.
Salgo sul motorino e vado a casa sua. Entro nell’appartamentino. Mi aspetta sulla
porta. Sul divano c’è la sua coinquilina che dorme. Non si sveglia mai. Non mi
conosce, non mi ha mai visto. Non sa nulla di me.
LOMEIER – Primo piano.
FATIMA – Allora è stato bello?
FRANZISKA - Mmm.
FATIMA – Vai sul divano?
FRANZISKA – Tra un po’ il sole non c’è più.
FATIMA - Ancora un sorso di cognac?
FRANZISKA – Ah…
FATIMA – Sta sbadigliando.
E oggi come è andata?
FRANZISKA – Oggi?
FATIMA - Sì –
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FRANZISKA – Dove?
FATIMA – Al lavoro?
KARPATI – Ora il sole è tramontato. Però continuo ad avere nelle orecchie quel
suono – quel suono d’acqua, come se la sentissi ancora farsi la doccia.
FRANZISKA – Quale lavoro? Di che cosa stai parlando?
FATIMA – Le si stanno chiudendo gli occhi.
LOMEIER – Pianterreno. Giù.
KALIL – Davanti a me, sulla strada, il cono luminoso dei fari del motorino. E’ caldo.
Vedo già i grattacieli in lontananza. Tra un attimo sono arrivato.
LOMEIER – Per pura curiosità premo il pulsante accanto alla porta dell’ascensore a
pianterreno.
KARPATI – Il canto mi attira fuori dall’appartamento, mi attira verso di lei, dall’altra
parte, verso il blocco C, al settimo piano.
LOMEIER – Eppure lo sapevo. Premo il pulsante dell’ascensore e non succede nulla.
L’ascensore è fermo al settimo piano e non si muove più di lì. E’ rotto.
Definitivamente.
FATIMA – Stai dormendo?
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FRANZISKA – Mmm?
FATIMA - Stai già dormendo?
FRANZISKA – Che cosa?
FATIMA – Sto chiedendo se stai dormendo.
FRANZISKA – Lasciami –
KARPATI – Fuori di casa – devo andare da lei.
FATIMA – Si sveglierà soltanto all’alba, soltanto allora sarà completamente sveglia,
preparerà il caffè arabo, mi sveglierà, buon giorno, Fatima, mia principessa orientale,
debbo uscire subito per andare al lavoro, però, dimmi, ieri sera debbo essermi di
nuovo addormentata sul divano, perché non mi hai svegliata?
Mi domando che cosa succederebbe se una volta si svegliasse di notte.
KARPATI – Attraverso il corridoio di corsa verso l’ascensore. Debbo parlarle.
FATIMA – Se qualcuno riuscisse a svegliarla.
KARPATI – L’ascensore è già qui in alto. Debbo raccontarle del canto. Apro la porta
di metallo con la finestrina, entro nell’ascensore, premo pianterreno. La porta di
sicurezza della cabina si chiude con un gran fracasso, e io scendo.
FATIMA – Dovrebbe arrivare qualcuno che la svegliasse con un bacio, forse.
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KARPATI – Sei, cinque. Mi risuona nelle orecchie come se fossi in un bagno turco.
Quattro, tre.
KALIL – I grattacieli si stanno avvicinando. Nelle innumerevoli abitazioni, dietro le
tende, c’è luce. Lassù abita Fatima.
KARPATI – Due, uno.
LOMEIER – Sto camminando nel corridoio del seminterrato verso la mia abitazione.
Sulla porta d’ingresso mi ritorna in mente la voce della mia ex moglie.
KARPATI - Pianterreno. Esco dall’ascensore e attraverso il prato fra le case. Si è
fatto buio. Negli appartamenti c’è luce. Le porte dei balconi sono aperte.
LOMEIER – Mi viene in mente la maniera in cui parlava.
KARPATI – Sono davanti all’ingresso del palazzo C e guardo in alto i sette piani.
FATIMA – Se arrivasse qualcuno e la baciasse, forse finirebbero queste notti, queste
notti in cui dorme sul divano, mentre accanto a lei io guardo la televisione o sto con
Kalil.
KARPATI – La porta di casa è aperta.
LOMEIER – Da quanto tempo non ci pensavo –
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KARPATI – Prendo l’ascensore o salgo a piedi per le scale? Nelle pareti si sente
rumore d’acqua, riesco a sentirla. Seguo il rumore – salgo su per le scale.
KALIL – Sono quasi arrivato.
FATIMA – Sento il motorino di Kalil davanti a casa.
LOMEIER – E come mai ora, improvvisamente, mi viene in mente?
KARPATI – Primo piano.
KALIL – Lo so che lei sente già il mio motorino.
FATIMA – E’ lui.
LOMEIER – L’importante è non pensarci.
KALIL – Prima di spegnere il motore davanti all’ingresso del palazzo, accelero
ancora una volta mentre sono in folle. Il casco lo attacco come sempre al
portabagagli.
LOMEIER – Non pensarci.
KALIL - Sono davanti al palazzo e guardo in alto i sette piani. Lei abita lassù.
FATIMA – Sta arrivando con l’ascensore.
KALIL – La porta di casa è aperta.
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KARPATI – Secondo piano.
KALIL – Prendo l’ascensore o salgo a piedi per le scale? Rimango indeciso davanti
alla porta di metallo verde scuro dell’ascensore.
LOMEIER – Me la vedo davanti mentre mi sta parlando.
KALIL – Premo il pulsante dell’ascensore. Non succede nulla. Premo di nuovo.
Ecco.
FATIMA – Fra un attimo.
KALIL – L’ascensore sta scendendo. Fa uno strano rumore.
KARPATI – Terzo piano.
FATIMA – Franziska sta dormendo.
LOMEIER – Dimenticatene.
KALIL – Sta arrivando. Si apre la porta di sicurezza all’interno. Apro la porta di
metallo con il finestrino ed entro nell’ascensore. Premo il sette. Sono ammessi pesi
sino a quattrocento chili oppure cinque persone. Anno di costruzione 1972, Lübbes e
Peters.
LOMEIER – Dimenticatene e basta.
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KALIL – La porta di sicurezza si chiude con un gran rumore. L’ascensore sale. Primo
piano.
FATIMA – Sto andando verso la porta di casa –
KALIL – Secondo piano. Il motore dell’ascensore fa uno strano rumore. Terzo piano.
KARPATI – Quarto piano.
KALIL – Quarto piano. Non è possibile. Poco sotto il quinto piano l’ascensore si
blocca. Si blocca.
LOMEIER – Non va.
FATIMA – Ma dov’è?
KALIL - L’ascensore è fermo. Non è possibile. Non funziona più niente. Nemmeno il
pulsante dell’allarme.
LOMEIER – Ora mi viene in mente, avrei dovuto appendere un cartello alla porta
dell’ascensore: ascensore guasto. In modo che la gente non si chieda perché e stia lì
ad aspettare delle ore.
KALIL – Sto diventando matto. Ehi?
LOMEIER – Insomma, togliti quel camice, quando sei in casa, avrebbe detto lei.
KARPATI – Quinto piano. Sono agitato.
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KALIL – Qualcuno mi sente?
LOMEIER - E devo telefonare al tecnico di Lübbes e Peters.
FATIMA - Eppure era il suo motorino. Corro sul balcone della cucina e guardo giù.
Sì, è lì – come sempre ha attaccato il casco rosso al portabagagli. Ma dov’è Kalil?
KALIL - Ehi?
LOMEIER – Ma oggi non lo chiamo più. Finché l’ascensore rimane bloccato al
settimo piano, non può succedere nulla.
FATIMA – Esco dall’appartamento, lascio la porta aperta e corro sino in fondo al
corridoio. Kalil? Non è possibile –
KARPATI - Sesto piano.
FATIMA – L’ascensore non è in moto. Allora sta salendo a piedi per le scale. Gli
corro incontro.
KALIL – Ehi! Non mi sente nessuno.
FATIMA – Sento dei passi sui gradini - sarà lui.
KARPATI – Sta arrivando qualcuno dall’alto.
FATIMA – No, non è lui, è qualcun altro.
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KARPATI – Una donna dall’aria araba corre giù per le scale con uno sguardo
nervoso e mi passa accanto.
FATIMA – Mai visto prima.
LOMEIER – Lo sai che non mi piace il camice.
FATIMA – Sesto piano.
KALIL – Se Fatima ha sentito il motorino, si chiederà dove sono e andrà a cercarmi.
Ehi?
KARPATI – Settimo piano. Sono su. L’appartamento della donna che si fa la doccia
dovrebbe essere alla fine del corridoio. Non ho idea di che cosa dirò quando aprirà la
porta.
LOMEIER – Pausa. Non mi è mai piaciuto.
KALIL – Fatima?
FATIMA – Quinto piano.
LOMEIER – Ritorno su a controllare. Ora faccio un salto su e chiedo alla Dehke se
posso controllare la tubatura.
KARPATI – Attraverso il corridoio. Ho un rumore nelle orecchie.
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KALIL – Cosa succede se non mi trova nessuno qui?
FATIMA – Quarto piano. Scendo di corsa le scale. Kalil?
LOMEIER – Meglio ora che più tardi –
KARPATI – La porta di casa è aperta.
LOMEIER – Ma forse è meglio un po’ più tardi - non aveva quasi nulla addosso.
KALIL – Qualcuno mi sente?
FATIMA – Terzo piano.
KARPATI – La porta di casa è aperta –
FATIMA – Kalil? Dove sei?
KARPATI – Ehi?
KALIL – Ehi?
FATIMA – Ehi? Secondo piano.
LOMEIER – Meglio salire un po’ più tardi.
KARPATI – C’è qualcuno? Entro in casa.
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LOMEIER – Oppure?
KALIL – Continuo a premere tutti i pulsanti dell’ascensore. Inutile.
FATIMA – Primo piano.
KARPATI – Mi batte il cuore.
FATIMA – Sono senza fiato. Pianterreno. Mi viene in mente che su ho lasciato la
porta di casa aperta.
KARPATI. – Eccola. È coricata sul divano e sta dormendo. E’ splendida. Dorme
profondamente. Nelle orecchie sento quel rumore d’acqua, nella testa quel canto che
diventa sempre più chiaro.
KALIL – Non c’è speranza.
FATIMA – Kalil non c’è. Non è possibile. Vado nel piccolo spiazzo. C’è il suo
motorino – per un attimo si alza un vento caldo. Mi si richiude la porta dietro. E non
ho chiavi.
LOMEIER – Ora salgo.
FATIMA – La porta di casa è chiusa.
KARPATI – Che faccio qui? Mi trovo in una casa estranea vicino a una donna
addormentata che non ha quasi niente addosso.
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FATIMA – E’ inutile suonare da Franziska – non si sveglia comunque.
KALIL – Che caldo qui dentro.
FATIMA – Non entra e non esce nessuno.
LOMEIER – Ora ha avuto abbastanza tempo per vestirsi. Attraverso il corridoio del
sotterraneo.
KARPATI – M’inginocchio vicino a lei che sta dormendo. Vicino alle sue spalle
chiare. Sul tavolino davanti al divano c’è una bottiglia di cognac quasi vuota.
LOMEIER – Si sta spegnendo la luce.
FATIMA – Si sta spegnendo la luce dell’ingresso. Non arriva nessuno con un mazzo
di chiavi. Sopra di me i balconi di dieci piani e il cielo notturno senza nuvole.
KALIL – Devo uscire di qui.
KARPATI – Ne prendo un sorso.
LOMEIER – Continuo a camminare al buio sino alla scala.
FATIMA – Guarda che batteria di campanelli. In file verticali, una accanto all’altra,
piene di nomi: Ritzkowsky, Ansorg, Richter, Sadic, Tompson, Korte, Baethge,
Behrends, Schlosser, Rieling, Dacanalis -
KARPATI – Le sfioro i capelli biondi corti. Scusi, io –
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FATIMA – Hinrichs, Bartels, Duwel, Sander, Awram, Fischer, Eckstein, Viani
eccetera. Da dove comincio? Si riaccende la luce dell’ingresso. Forse sta arrivando
qualcuno.
LOMEIER – L’acqua si perde al settimo piano – e da quando il sole è tramontato, il
rumore nelle pareti è ancora più forte.
KARPATI – Prima, quando sei andata in bagno per fare la doccia, ero alla finestra di
fronte e ti ho visto.
LOMEIER – Pianterreno.
KARPATI – Capisci – io abito nel palazzo di fronte e ti ho visto quando sei andata in
bagno. La finestra con il vetro smerigliato era aperta. Il sole batteva sull’armadietto
sopra il lavandino con gli spazzolini da denti.
LOMEIER – A pianterreno appendo il cartello alla porta di ferro dell’ascensore.
Ascensore guasto.
KALIL – Sono seduto per terra nell’ascensore e fisso la porta di sicurezza chiusa.
FATIMA – Ecco Lomeier – ehi!
KARPATI – Ti ho visto – hai aperto i rubinetti. Ed eri, ed eri così –
FATIMA – Ehi!
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KARPATI – Eri così - come posso descriverlo –
LOMEIER – Sette piani a piedi.
KALIL – Se mi punto con i piedi contro la porta di sicurezza, forse succede qualcosa.
FATIMA – Non mi vede!
KARPATI – La finestra con il vetro smerigliato era aperta e il sole batteva nello
specchio –
FATIMA – Scompare nel vano delle scale – è andato via.
KALIL – Forse mi sentiranno meglio –
KARPATI – E allora ho avuto voglia di baciarti – ma in quel momento non lo sapevo
ancora.
FATIMA – Non sentirà, però io provo comunque, premo il nostro campanello: Dehke
– Mansur.
Il campanello suona.
KARPATI – Suonano.
LOMEIER – Primo piano.
KARPATI – Hanno suonato, ma lei non si sveglia.
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FATIMA – Continua a dormire.
KARPATI – Continua a dormire.
Il campanello suona a lungo.
FATIMA – Certo –
KARPATI – Giù ci dev’essere qualcuno davanti al portone, perché la porta
dell’appartamento continua a essere aperta -
LOMEIER – Secondo piano.
KALIL – Cerco di infilare le dita nella fessura sottile della porta di sicurezza.
FATIMA – Scorro la lista da cima a fondo. Sotto di noi, al sesto piano, abita Katja
Hartinger, che tutti i venerdì sera fa la lavatrice nei fondi. E’ per questo che la
conosco. Tutti i venerdì sera è nei fondi a quest’ora. Oggi è venerdì.
KALIL – Ma la porta non cede di un centimetro. Nemmeno di un centimetro.
LOMEIER – Non hai capito nulla, proprio nulla – come mai mi viene in mente ora?
KARPATI – La donna che dorme sul divano ha l’aria di essere una persona senza
complicazioni, ottimista, curiosa –
FATIMA – Katja non apre. Allora provo al quinto piano, dagli Hinrichs. Però il
marito va a lavorare di notte e quando lui non c’è, lei non apre la porta.
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KALIL – Mi punto con la schiena contro la parete laterale accanto ai pulsanti e cerco
di aprire la porta interna premendo la maniglia con i piedi.
LOMEIER – Terzo piano.
KALIL - Sono scivolato KARPATI – Come potrebbe essere bello con lei, la domenica mattina, all’inizio,
andare alla scoperta di caffè sconosciuti –
KALIL – Provo un’altra volta FATIMA – In genere, al quarto piano, Marion Richter passa il venerdì sera con il suo
amico Andi davanti alla televisione. Lei deve esserci.
KARPATI – E davanti abbiamo tazze con caffelatte oppure latte macchiato.
KALIL – La porta sta cedendo.
FATIMA – Oppure cucinano e poi fanno il bagno insieme nella vasca.
KALIL – Ma non di molto.
FATIMA – Su, basta – ora comincio a usare il citofono, sebbene non mi risponda
ancora nessuno. C’è qualcuno? C’è qualcuno?
KALIL – Un’altra volta.
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FATIMA – Suoniamo un’altra volta.
Su, apri.
KALIL – Proviamo un’altra volta.
Apriti.
LOMEIER – Quarto piano.
FRANZISKA – Mia madre in cucina. Luce elettrica. Tardo autunno. Il colore delle
pareti della tromba delle scale. L’appartamento dei miei genitori, quand’ero piccola.
Ogni cosa è particolare.
KALIL – Scalcio contro la porta con estrema violenza. Qualcosa sta rompendosi.
Non importa. La porta di sicurezza sta cedendo.
FATIMA – Marion non apre. Non è in casa, non c’è nemmeno il suo amico. Oppure
sono veramente nella vasca.
KARPATI - Nel tardo pomeriggio giriamo per le strade. Ci fermiamo in mezzo a un
ponticello e guardiamo insieme il fiume. Che estate –
KALIL – La porta di sicurezza è aperta. Però, con mia grande sorpresa, non mi trovo
davanti alla parete nuda del vano dell’ascensore. Sono davanti alla porta di ferro
dell’ascensore del quinto piano. Attraverso la finestrina nella porta vedo il corridoio.
Però la porta non si riesce ad aprirla. Un meccanismo blocca la serratura.
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FRANZISKA - A sinistra la camera dei bambini, a destra la cucina, il bagno, tutto
dritto si va nel soggiorno, dietro c’è la camera da letto dei miei genitori. Ho quattro o
cinque anni.
LOMEIER – Nulla – e come lo diceva, lei.
FATIMA – Accanto al campanello del terzo piano non c’è nome, anche se ci abita di
sicuro qualcuno.
KALIL – Attraverso la finestra non riesco a vedere la scala, però si sente un rumore
come se qualcuno salisse le scale di corsa.
LOMEIER – Quinto piano.
FATIMA – Riesco a sentire il campanello del terzo piano persino qui. Forse la porta
del balcone è aperta. Sì? domanda una voce femminile al citofono, una donna. Nel
fondo voci, musica, forse una festa. Senta, buona sera, scusi il disturbo, sono rimasta
chiusa fuori di casa e –
KALIL – Ehi?
LOMEIER – Oppure: però tu non ci hai veramente creduto.
FRANZISKA - Se mi metto in punta di piedi, riesco a vedere oltre la ringhiera del
balcone della cucina. Tra le case ci sono auto, cammina gente.
KALIL – Non mi sente nessuno.
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FATIMA – La voce di donna mi parla in una lingua straniera. Sì? Io – un crepitio. Ha
agganciato il ricevitore del suo citofono. Suono di nuovo.
Il campanello suona.
Aspettare.
KARPATI – Tutto sarà nuovo e diverso. Particolare.
FATIMA – Sì? Domanda un uomo nell’altoparlante.
KALIL – Ehi?
FATIMA – Sì? Sono rimasta chiusa fuori di casa e ora vorrei – di nuovo voci,
musica, e poi più niente.
LOMEIER - Sesto piano. Non ce la faccio più.
KALIL – Niente.
KARPATI – Sotto le ciglia gli occhi le vagano qua e là. Sta sognando.
FRANZISKA - Ho sei anni. I miei genitori hanno un’agenzia di assicurazioni. Sono
una bambina felice. In autunno devo andare a scuola e tutto odora d’erba.
Quest’estate andiamo in vacanza. Siamo in Turchia. Sulla spiaggia. La mamma mi
spalma la crema sulla schiena. La sabbia è tanto bollente che camminando ci si
bruciano i piedi. Non ho mai visto una cosa del genere.
KARPATI – Osservo le linee verticali delle sue labbra.
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FATIMA - Quello del secondo piano non ci abita più, anche se il suo nome è sempre
accanto al campanello. Forse è morto, e sua figlia deve averlo trovato così. Non ne ho
idea –
KALIL – Forse con un cacciavite potrei far saltare il meccanismo – oppure con una
biro. Ne ho una in tasca.
FRANZISKA – Durante il viaggio di ritorno ci fermiamo a Istanbul, andiamo nelle
moschee che da lontano sembrano grandi tartarughe, entriamo nel bazar. Nel bazar
coperto, in cui, come mi racconta papà, c’è tutto quello che puoi desiderare. Mamma
mi dice di tenerle la mano, ma io corro avanti nei passaggi che si diramano, corro
molto avanti e intanto guardo le volte a botte della copertura del bazar e mi guardo le
scarpe.
KARPATI – Voglio baciarla -
FRANZISKA – Degli uomini stanno seduti davanti ai negozi e bevono tè con dei
bicchierini.
I miei genitori non sono più dietro di me, non so dove sono, li ho perduti.
FRANZISKA - Davanti a me, nel centro del bazar, davanti a una specie di caffè, c’è
un cammello gigantesco.
LOMEIER – Sono in alto, al settimo piano. C’è rumore.
KARPATI – La bacio.
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FRANZISKA - Qualcuno mi mette una mano sulla bocca. Non riesco quasi a
respirare.
KARPATI – Le mie labbra sulle sue, per un attimo la mia mano fra i suoi capelli.
KALIL – Il meccanismo sta cedendo, però non salta.
LOMEIER – Attraverso il corridoio fino al 7 / 32. D’altra parte la Mansur ha detto
che potevo ritornare.
FRANZISKA - E qualcuno mi porta via di peso. Vedo di nuovo le volte a botte. Ma
non vedo più le mie scarpe.
KARPATI - Ma perché non ti svegli, mentre ti bacio.
LOMEIER – Tutto il corridoio risuona come un fiume.
FATIMA – Il primo piano è tutto al buio, per quel che riesco a distinguere di qui.
Il campanello suona.
Sul campanello c’è il nome Bremer, però i Bremer non ci sono. Forse sono al cinema.
O da qualsiasi altra parte – non c’è poi una gran scelta.
KARPATI – Insomma baciami –
LOMEIER – Tutto il corridoio risuona come un grande fiume.
FRANZISKA - Il fruscio di una fontana. Dell’acqua. Sembra quasi un cinguettio di
uccelli. Risa lontane.
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E’ ancora mattino presto. La mia cameriera Fatima mi posa accanto al letto un
vassoio con tè e ayran. E ciambelle di sesamo.
Non ho più sei anni. Ne ho dodici.
KARPATI – Qualcosa mi procura dolore, mi trascina via – mi strazia con enorme
forza - che è?
LOMEIER – 7 / 32. Eccomi qua. Strano – la porta di casa è aperta.
KARPATI – Non riesco a tenerci testa –
FATIMA – Quelli del pianterreno si chiamano Linhard. Non ho idea di chi siano.
LOMEIER – Ehi? C’è qualcuno? Signora Dehke?
FATIMA – Il citofono fa un rumore. Sì? domanda una voce femminile.
LOMEIER – Non risponde nessuno.
KALIL – Finalmente il meccanismo sta cedendo e la serratura della porta sta
saltando.
FATIMA – Sono io, Fatima Mansur del settimo piano, mi dispiace moltissimo
disturbarla, per sbaglio mi sono chiusa fuori di casa, potrebbe aprire la porta per
favore?
KALIL – Sono fuori.
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LOMEIER – Entro in casa. C’è qualcuno?
FATIMA – L’apriporta fa un ronzio. Sono di nuovo dentro.
KALIL – Oh, Dio. Grazie.
LOMEIER – E’ coricata sul divano. Non ha quasi nulla addosso, solo un
asciugamano avvolto intorno – dorme, e non c’è nessun altro. Signora Dehke? Sul
tavolino accanto al divano c’è una bottiglia di cognac quasi vuota.
E’ sdraiata lì – è come se sulla pelle avesse una pellicola umida. I capelli biondi corti
sono bagnati di sudore, respira in fretta, forse sta sognando.
KALIL – Corro su per le scale verso l’appartamento di Fatima – di certo mi ha già
cercato.
LOMEIER – Sono in piedi accanto a lei, la guardo. Sta dormendo.
FATIMA – Risalgo le scale di corsa e ritorno in casa nostra.
LOMEIER – Signora Dehke? Non si sveglia.
FRANZISKA – Sono l’amante dello sceicco Al Harad Barhadba, però lo sceicco mi
ama teneramente come una figlia, sono intatta.
Dal momento del mio rapimento a Istanbul vivo nell’harem della sua residenza nella
città nel deserto di Kinsh el Sar.
Guardo dalla finestra decorata con motivi moreschi gli aranci in fiore nel cortile, il
distributore dell’acqua è in funzione. L’umidità sale nel cielo blu. E’ stupendo. E’
meraviglioso.
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KALIL – Sesto piano.
LOMEIER – Non so perché, ma improvvisamente mi inginocchio accanto a lei, le
tocco le spalle nude –
FRANZISKA – Oggi è un giorno particolare. Oggi compio vent’anni e più tardi lo
sceicco, che potrei definire quasi mio padre, mi sverginerà. Non ripenso mai alla mia
famiglia di un tempo, ai miei genitori, mai.
KARPATI – Mi sta penetrando in testa l’odore di alcool.
LOMEIER – E la bacio. Da quanto tempo non ho più preso, toccato una donna, la
bacio.
FRANZISKA – Ma Kafra, la prima moglie dello sceicco, è folle di gelosia nei miei
confronti, della piccola creatura bionda, e ieri notte nell’harem mi ha urlato delle
maledizioni.
FATIMA – Primo piano.
FRANZISKA – Per questo oggi lo sceicco la fa decapitare.
LOMEIER – E lei continua a dormire. Non succede nulla. Mi alzo, sento ancora le
sue labbra sulle mie. Ma che succede, vorrei urlarle, che ci fai qui con me –
KALIL – Settimo piano. Attraverso il corridoio fino all’appartamento di Fatima,
numero 7 / 32.
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LOMEIER – Il rumore è fortissimo. Perché non ti svegli?
Ma sì, dormi pure, continua pure a dormire sul tuo divano nel tuo appartamento di tre
stanze al settimo piano, non volevo baciarti, è successo, voglio uscire di qui, fuori
dall’appartamento 7 / 32, mi dirigo inciampando verso la porta di casa, è ancora
aperta –
KALIL – La porta di casa è aperta, che strano –
LOMEIER – Varco la soglia e mi trovo in una luce abbagliante. Mi prende un vento
torrido e negli occhi mi brucia della sabbia.
KARPATI – Qualcuno sta gridando. Dove mi trovo?
FATIMA – Secondo piano.
KALIL – Entro nell’appartamento. Fatima? Nessuno risponde. Ehi? Mi chiudo la
porta dietro. Fatima?
FRANZISKA – Seppur privo di tronco, nella polvere, il suo teschio inquietante
continua a urlarmi dietro:
“Sii maledetta. Tu devi dissolverti, devi scomparire, non ti ricorderai più nulla di
quello che sei stata una volta. Devi portare infelicità sulle labbra di chiunque ti baci e
non vedrai mai più la luna, finché una notte diventerai quello che sei in realtà.”
KARPATI - Intorno a me c’è del vetro. Mi trovo in piedi in un elemento fluido. Ha
odore di alcool. Sono nel cognac.
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KALIL – Percorro l’ingresso dell’appartamento. Per terra il mazzo di chiavi di
Fatima con il portachiavi a forma di cammello.
LOMEIER – Tutt’intorno a me la sabbia arriva sino all’orizzonte.
FRANZISKA – Fate qualcosa, grida lo sceicco; insomma, fate qualcosa, gridano le
donne.
KARPATI – Sono in una bottiglia. Sono dentro alla bottiglia del cognac sul tavolino
accanto al divano, vi ho appena bevuto.
LOMEIER – Il sole è alto sopra di me.
KARPATI – Attraverso il vetro vedo, deformata e ingrossata, la donna addormentata
sul divano, l’ho appena baciata.
Continua a sognare. Gli occhi continuano a vagarle qui e là sotto le ciglia.
FRANZISKA – Soltanto ora la scure del boia divide in due, perpendicolarmente, il
capo staccato. Silenzio.
KALIL – Ehi? C’è qualcuno?
FATIMA – Terzo piano.
KALIL – Sul divano del soggiorno è coricata – come sempre, quando vengo qui –
Franziska, la coinquilina di Fatima, e sta dormendo.
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KARPATI – Sono piccolo, piccolissimo. Le mie scarpe lunghe un centimetro sono
fradice di cognac. Sopra di me il collo della bottiglia che ho dimenticato di tappare,
irraggiungibilmente alto. Nell’apertura della bottiglia si infila con un rumore
profondo una corrente d’aria. Ehi?
LOMEIER - Sono in un deserto. La luce è tanto forte che quasi non riesco ad aprire
gli occhi. Mi guardo giù fino ai piedi – per il resto non sono cambiato – i sandali, il
camice grigio, tutto come sempre. Il caldo è tanto asciutto che non mi scorre
nemmeno una goccia di sudore sulla fronte.
KALIL – Non ha quasi niente addosso.
FRANZISKA - Che razza di incubo.
KALIL – E’ bella.
KARPATI – Nella stanza è entrato un uomo. E’ in piedi accanto al divano.
FRANZISKA – Dove sono?
KALIL – Si sta svegliando – ehi.
FATIMA – Quarto piano.
FRANZISKA – Sono coricata su un divano in una stanza. Accanto a me un tavolino.
Sopra c’è una bottiglia di cognac quasi vuota. Non ho quasi nulla addosso, sono
avvolta soltanto in un asciugamano.
Dove sono?
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Uno sconosciuto è in piedi accanto a me e mi sta guardando. Come sono capitata qui?
KALIL – Ehi – ha l’aria confusa. Forse ha sognato.
KARPATI – Come ho fatto a entrare in questa bottiglia –
FRANZISKA - Il mio sguardo sfreccia nello spazio – invece di quattordici finestre
con fregi moreschi c’è una fila di finestre con caloriferi e tende. Fuori è notte.
Davanti, un televisore posato sulla moquette grigio sabbia. Stampe e manifesti appesi
alle pareti, accanto mensole a basso prezzo e fotografie di gente mai vista in vita mia
–
KALIL – Tutto a posto?
KARPATI – E come uscirò mai di qui? Aiuto!
LOMEIER – Non ti sognerai mica di girare tutto il giorno con questo camice
addosso! O sì?
KARPATI – La donna si è svegliata, però non mi sente. Accanto a lei c’è quell’uomo
gigantesco, enorme.
Ehi? Non mi vedete? Sono qui!
FATIMA – Quinto piano.
LOMEIER – Perché no?
FRANZISKA – Non riesco a pronunciare una sola parola.
43
LOMEIER – Quell’affare è ridicolo. Sei ridicolo.
KALIL – Non parla. Io sono Kalil – l’amico di Fatima. La porta di casa era aperta.
Sai per caso dov’è andata Fatima?
Sono rimasto bloccato nell’ascensore – al quinto piano – però sono riuscito a uscire.
E’ meglio che in futuro tu non lo usi.
FRANZISKA – Sorride. E parla di un ascensore.
KARPATI – Si alza, sta attenta che l’asciugamano la copra e va alla finestra. Ehi?!
Non mi sentite?
KALIL – Si alza a va alla finestra.
FRANZISKA – Sono a una finestra di un palazzo molto alto, forse al settimo o
all’ottavo piano.
KARPATI – Guarda fuori.
FRANZISKA – Sono cresciuta in una casa come questa.
In una casa del genere ho trascorso i primi anni della mia infanzia. Oh Dio. Su questo
complesso di grattacieli c’è la luna e ho l’impressione di non vederla da anni.
KALIL – E’ strana.
FATIMA – Sesto piano.
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KARPATI – Un suono vuoto nel collo della bottiglia –
FRANZISKA – E’ come se mi stessi dissolvendo.
LOMEIER – Il vento accarezza urlando la cresta sottile delle dune.
FRANZISKA – Ho bisogno di aiuto.
LOMEIER – Tu sei ridicola. E rendi ridicolo me.
KALIL – All’improvviso mi si getta fra le braccia.
KARPATI – Corre verso di lui.
FRANZISKA – Ti prego – salvami. Sto dissolvendomi. E’ la maledizione della
moglie dello sceicco – portami via di qui.
LOMEIER – Sono ricordi che fanno stringere i pugni.
KALIL – Che cosa?
FRANZISKA – Non ti conosco, però non andartene. Aiutami, riportami nella città
del deserto di Kinsch el Sar. Il sceicco Al Harad Barhadba ti ricompenserà
riccamente, non lasciarmi sola in questo incubo.
LOMEIER – E pensare che ero così orgoglioso di mostrarle tutto l’impianto di
riscaldamento e di areazione, l’inceneritore e i motori dell’ascensore.
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KARPATI – Gli si aggrappa –
KALIL – Smettila!
KARPATI – E non lo molla.
FRANZISKA – No, ti prego –
KARPATI – L’asciugamano le scivola dalle ascelle.
KALIL – Lascia –
KARPATI – E’ nuda.
FATIMA – Settimo piano. Sono su.
FRANZISKA – Rimani qui KALIL - Che hai?
E’ nuda e si aggrappa a me.
FATIMA – Attraverso il corridoio sino al nostro appartamento, in fondo.
KALIL – Voglio liberarmi.
KARPATI – Vuole liberarsi.
FRANZISKA – Non andar via.
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KALIL – Smettila FRANZISKA – Ti prego –
LOMEIER – Oppure avevi intenzione di trascorrere tutta la vita così? Io no –
FATIMA – La porta di casa è chiusa. Però l’avevo lasciata aperta.
KARPATI – Per un attimo preme le sue labbra su quelle di lui.
KALIL – Mi ha baciato – non so come sia potuto succedere.
FATIMA – Come mai ora la porta è chiusa? Suono il campanello.
Il campanello suona.
KARPATI - Suonano.
KALIL – Suonano.
FRANZISKA – Qualcosa sta suonando.
KALIL – Cerco di raggiungere la porta.
FRANZISKA – Non correre via.
FATIMA – Non succede nulla. Però sento delle voci nell’appartamento.
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KALIL – Lasciami!
FRANZISKA – No!
KARPATI – Si divincola. Lui corre verso la porta, lei gli corre dietro – non riesco più
a vederla.
FATIMA – La porta si apre.
KALIL – Davanti a me c’è Fatima. Dietro Franziska, che continua ad aggrapparmisi
addosso, nuda –
LOMEIER – Sulla cresta di una duna di sabbia che mi trovo davanti, appare la
silhouette di una tenda di beduini, i suoi contorni guizzano nella calura. Mi dirigo in
quella direzione.
Perché tu sbagli tutto, aveva detto lei.
FATIMA – Franziska –
FRANZISKA – Davanti alla porta c’è una donna –
FATIMA – Davanti a me c’è Kalil – dietro Franziska, nuda –
KALIL – Non riesco a dire nulla –
FATIMA – Porco –
KALIL – No, no –
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FRANZISKA – Questa donna mi sembra di conoscerla –
FATIMA – Miserabile porco.
KALIL – No –
FRANZISKA – Rimani con me, ti prego –
FATIMA – Mi fissa con gli occhi spalancati. Io ti ammazzo –
KALIL – Fatima –
LOMEIER – Perché tu sbagli sempre tutto.
Mi sprofondano i piedi nella sabbia, cado, mi rialzo e ricomincio a correre verso la
tenda.
FATIMA – Un coltello – io gli dò una coltellata. Ho bisogno di un coltello.
KALIL – Mi passa davanti correndo.
FRANZISKA – La donna ci passa davanti correndo.
KARPATI – Una donna entra correndo e scompare in cucina.
LOMEIER - La duna è tanto ripida che non riesco quasi ad andare avanti.
KARPATI – La donna torna indietro.
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KALIL – Torna indietro. Ha un coltello in mano.
FATIMA – Lui corre via.
KALIL – Vuole uccidermi.
FRANZISKA – Lui corre via.
KALIL – Lei mi corre dietro.
FATIMA – Franziska mi segue - nuda.
KALIL – Approfitto del mio vantaggio, corro verso il fondo del corridoio. Aiuto!
FATIMA – Io ti ammazzo, mi hai attirato apposta fuori dall’appartamento per
scoparti la mia coinquilina addormentata!
FRANZISKA – Le corro dietro. La donna grida.
FATIMA – Lui sta per arrivare alla tromba delle scale.
LOMEIER - Sono quasi in cima. Davanti a me, forse ancora a una distanza di
quindici metri, vedo la tenda.
KALIL – Mi stanno seguendo. Corro giù per le scale.
FATIMA – Fermati –
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FRANZISKA – Ma in che palazzo mi trovo io?
KARPATI – Non viene più nessuno. L’appartamento è vuoto. Sono solo.
LOMEIER – Ehi? C’è qualcuno? Il vento fischia. Ulula. Mormora, s’impiglia nella
tenda.
KALIL – Sesto piano. Ora loro sono in alto, in cima alle scale.
KARPATI – Davanti a me vedo l’angolo del tavolo incurvato nel vetro. La moquette
color sabbia. Il televisore. I caloriferi. Le mensole a basso prezzo. Il divano. Il suo
asciugamano sul pavimento.
KALIL – In fondo, alla fine del corridoio, si apre la porta di un appartamento. Entra,
sento dire da una voce femminile, come se mi fosse accanto.
LOMEIER – Dall’interno una donna scosta il panno all’ingresso della tenda e mi
invita a entrare.
KALIL – Attraverso il corridoio di corsa verso l’appartamento. Non ce la faccio più.
FRANZISKA – Non correre in quel modo.
KALIL – Numero 6 / 32. Sul campanello accanto alla porta c’è scritto Hartinger. La
porta è aperta.
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FATIMA – Sesto piano. E’ scomparso. Dov’è andato a finire – quel porco si
nasconde da qualche parte.
LOMEIER – Entro nella tenda dei beduini. All’inizio gli occhi devono abituarsi
all’improvvisa oscurità
In mezzo alla tenda, in piedi, la donna. Sola.
KARPATI – Sono solo dentro a una bottiglia in un appartamento che assomiglia a
migliaia di altri appartamenti.
FRANZISKA – E’ andato via.
KALIL – Mi chiudo la porta dietro e respiro profondamente. Mi trovo davanti una
giovane donna. Stavo per stendere la mia biancheria, dice. E intanto si sbottona la
camicetta.
Poi si volta e si china su uno stenditoio. Vieni.
LOMEIER – Ha un aspetto terribile. Una cicatrice larga, di colore violetto, le solca
trasversalmente tutto il collo, e una seconda cicatrice le divide perpendicolarmente il
viso dalla scriminatura dei capelli passando sul naso sino al mento.
KARPATI – Conosco ogni cosa: la stanza, i mobili. Ho già abitato anch’io in questo
modo. Da solo. E anche in due.
KALIL – Vieni, dice lei.
FATIMA – Non si riesce a trovare Kalil. Me ne vado. Basta.
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FRANZISKA – Quell’uomo se ne è andato. Mi sta venendo freddo. La donna si gira
in silenzio. Le vado dietro. D’altra parte che debbo fare –
FATIMA – Per me basta.
KALIL – Vieni qui KARPATI – Dietro il vetro della bottiglia scorrono i visi di quelle donne, a cui un
tempo sono stato vicino tra mobili simili a questi. Ma come sono cambiate. Come
sono vecchie. Oggi sembrano le loro madri di allora.
FRANZISKA – Aspetta –
FATIMA – Dimenticatene.
FRANZISKA – Ma –
FATIMA – Chiudi il becco.
KARPATI – Colpisco il vetro con il pugno chiuso. Non succede nulla, non cambia
nulla. Mi vengono in mente tutte le speranze, i nuovi inizi, le cose in comune
impresse una volta sui visi, i primi baci, le notti passate insieme nei parchi, su
terrazze e balconi, la generosità, la comprensione che poi un giorno si disperde, non
c’è più, nonostante i programmi comuni tanto forti – in case come questa, o nella
mia, oppure in quella di allora con l’armadio a muro in cui si poteva entrare forse,
oppure in quella con lo strano bagno del quale abbiamo sempre riso tanto.
FATIMA – Settimo piano.
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KALIL – Io non voglio –
KARPATI – L’inferno è questo: che si pensi che tutto si accomoda, questa volta
perlomeno, e poi non avviene così, anzi, forse è ancora peggio di quanto non sia mai
stato prima.
FATIMA – Attraverso il corridoio di corsa verso il nostro appartamento.
KARPATI – Irresistibilmente diventiamo ciò che saremo alla fine – Mi si fa buio
davanti agli occhi.
LOMEIER – Che bello, sei qui, dice la donna con le cicatrici.
KALIL - Ma non posso fare diversamente –
LOMEIER – Ma cos’è tutto questo rumore? Il vento? No, dice lei, lo sai bene, è
l’acqua.
L’acqua?
Sì – .
Quale acqua?
L’acqua che stai cercando da tutto il giorno – per questo sei qui.
L’acqua scomparsa al settimo piano?
Certo, proprio quella, dice lei, e fa una smorfia irridente con la bocca tagliata in due.
Dietro di me, davanti alla porta aperta della tenda dei beduini, sgorga dalla sabbia del
deserto una fontana d’acqua che sale nell’aria per venti metri. L’acqua!
KALIL – Geme così forte, sta quasi gridando –
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LOMEIER – L’acqua ti ha portato qui e ora ti porta dalla tua sposa, sento gridare
dalla donna delle cicatrici, addio!
KALIL – Grida e sta quasi per spaccare lo stenditoio.
LOMEIER – La tenda e la donna mi si dissolvono nell’aria davanti agli occhi – cosa
intendeva dire? Quale sposa – nessuna risposta.
FATIMA – Sono di nuovo nell’appartamento, corro in camera mia, tiro fuori le
valigie e comincio a riempirle.
FRANZISKA – Dove vuoi andare?
FATIMA – Dove voglio andare? Franziska è in piedi, nuda, davanti alla mia camera.
Che ti interessa? E intanto comincia a metterti qualcosa addosso.
FRANZISKA – Volevo soltanto chiedere – forse potrei venire anch’io –
FATIMA – Mai. Togliti dai piedi. Mettiti qualcosa addosso. E in caso l’avessi
dimenticato: il tuo armadio si trova una porta più in là, qui accanto.
LOMEIER – Il deserto è pieno d’acqua che scorre.
FATIMA – Esce. Preparo le mie cose. Le mie cose che una volta ho spacchettato qui
e devo aver messo dentro all’armadio. Come fanno tutti con le loro cose e con i loro
armadi. Però non ho idea di come ero arrivata qui, non riesco a ricordarmi.
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LOMEIER – Il deserto sta diventando un fiume.
FATIMA – Un giorno mi sono trovata davanti alla porta, in basso, avevo una chiave
in mano e sapevo una cosa: ora abito qui. Ecco la cassetta della posta, ecco
l’ascensore, così si arriva al settimo piano, ecco la moquette color sabbia e il
televisore e le mensole a basso prezzo, e questa è la tua coinquilina, Franziska, che
dorme continuamente e alla sera non sa più che cosa è successo durante il giorno.
LOMEIER – Il deserto diventa un grande fiume, uno stretto di mare. Io mi trovo sul
parapetto di un battello sul Bosforo. Davanti a me i minareti di Istanbul. Ci sono già
stato una volta. Durante il nostro viaggio di nozze. Ventiquattro anni fa.
Ti ricordi? mi chiede una voce di donna. A destra, accanto a me, c’è una donna che
assomiglia a Helga, la mia prima moglie, indossa gli stessi abiti di allora, non è
affatto cambiata, soltanto sul viso le corre una larga cicatrice perpendicolare, dalla
scriminatura dei capelli passando sul naso fino al mento. –
FATIMA – Tolgo le cose dall’armadio, è come se le strappassi via, le gonne, i
pantaloni, i pullover, le t-shirts eccetera, tutto.
KALIL – Si china, si volta sotto di me.
FATIMA – E intanto penso a Kalil. Penso a come mi ha ingannato con la mia
coinquilina.
FRANZISKA – Chi sarà stato quell’uomo che era qui prima?
KALIL – Bisogna smettere –
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FRANZISKA – Nella stanza in cui mi ha mandato quella donna, c’è un armadio.
LOMEIER – Ti ricordi quando sei venuto da me quella volta - a causa dell’acqua che
mancava nel mio appartamento al settimo piano. Era piena notte, d’estate, c’era la
luna piena, chiara, alta sui tetti del complesso di case appena costruite. Non avevi
previsto che a quell’ora ti telefonasse ancora qualcuno. Hai preso completamente in
mano la situazione, era una vera e propria inondazione quella che scendeva da lassù,
e tu stavi sul balcone con le maniche rimboccate - non portavi ancora il camice.
Forse, in realtà, quella sera avevi tutt’altro programma e più tardi l’hai anche
ammesso, allorché parlammo di come ci eravamo conosciuti. Lo si fa volentieri.
Ricordarsi di come ci si è conosciuti. O del primo bacio. Te lo ricordi? Volevi fumare
ed eri sul balcone della cucina, e improvvisamente io ti ho trovato così bello – così
forte e nel contempo così indeciso che ho pensato: voglio condividere tutta la mia
vita con lui, voglio averlo per me, lui, e nessun altro. Allora ti ho baciato per la prima
volta – nella luna piena, sul balcone della cucina al settimo piano.
FRANZISKA – Apro l’armadio.
LOMEIER – Non puoi essere qui, grido io, non sei qui, ma perché mi insegui –
lasciami stare!
KALIL – Me la tolgo di dosso con energia.
FATIMA – Che puzza. Vado alla finestra.
FRANZISKA – Nell’armadio ci sono degli abiti che conosco –
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KALIL – Non smettere, grida lei, io mi dirigo barcollando verso la porta, torna
indietro, grida lei –
LOMEIER – E io che faccio, dice lei – l’unica cosa che voglio è che tu non mi sia
infedele – lasciami stare, io divento pazzo, non ci vedo più, le infilo in tutte e due gli
occhi il ricercatore di fasi che porto sempre nella tasca sul petto del camice, e
colpisco a più riprese.
Ma lei dice piano soltanto oh, e poi ride – e poi si dissolve – proprio come è appena
successo –
KALIL – Non smettere, grida lei – e quando apro la porta dell’appartamento, emette
un urlo simile a quello di un lupo.
FRANZISKA – Una camicetta, una gonna, scarpe leggere, ma comode – mi sembra
che mi vada tutto bene –
FATIMA – Nella notte tutto il complesso di case è percorso da un urlo. Un grido,
come il grido di un lupo o di una lupa.
KALIL – Scappo lungo il corridoio, m’infilo nella tromba delle scale e quasi
precipito giù sugli scalini. Quelle urla riempono tutti i piani.
FRANZISKA – Sono gli abiti di una che lavora in un laboratorio, di una tecnica di
laboratorio.
FATIMA – Chi sta gridando è una donna.
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LOMEIER – Deve sapere, mi dice, a sinistra, una donna, qui noi ci siamo già stati,
ventiquattro anni fa, e l’uomo al suo fianco annuisce. Con nostra figlia che abbiamo
perso allora –
FATIMA – Le cose sono pronte.
KALIL – Quinto piano. In fondo, alla fine del corridoio, si sta aprendo la porta di un
appartamento.
FRANZISKA – A ogni abito che indosso, i ricordi mi si fanno più chiari: faccio la
tecnica in un laboratorio medico. Lavoro in un laboratorio, tutti i giorni dalle otto e
mezza alle cinque del pomeriggio.
KALIL – Entra, ti sto aspettando, sento dire da una voce femminile, come se mi fosse
accanto. Io non voglio, ma ciononostante attraverso di corsa il corridoio verso
quell’appartamento.
LOMEIER – L’abbiamo persa, dice la donna, qui a Istanbul, nel bazar, ventiquattro
anni fa – era una creatura bionda, da allora non l’abbiamo mai più vista né abbiamo
avuto sue notizie, come se non fosse mai stata qui. E scuote il capo.
FATIMA – E’ tutto.
KALIL – Sulla targhetta accanto al campanello c’è scritto Hinrichs. La porta è aperta.
Lei è lì in piedi.
FATIMA – Di più non mi porto.
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KALIL – Salve, dice la donna – sono la signora Hinrichs. Forse sarà quasi sulla
quarantina.
FRANZISKA – Il mio compito principale consiste nell’analizzare campioni di
sangue. La maggior parte del lavoro lo fanno gli apparecchi.
KALIL – E intanto si slaccia la cintura che le tiene chiusa la vestaglia –
FATIMA – Vado. Però mi porto il coltello, in caso dovessi ancora incontrare per le
scale quel porco di Kalil.
FRANZISKA – E quella donna appena passata era proprio Fatima, quella con cui
abito qui da anni, esattamente da quando non lo so, ma dov’è? Perché mi trovo qui
semivestita davanti all’armadio? Fatima?
KALIL – Sotto non indossa nulla.
LOMEIER – L’uomo accanto alla donna davanti al parapetto dice: Ma forse è stato
un bene anche così. Pensa a quanto denaro ci sarebbe costata la bambina negli anni,
soltanto l’educazione, quante cose non avremmo mai potuto permetterci. Tutti quei
viaggi –
E poi mi porge il suo biglietto da visita: Helmut Dehke, assicuratore.
FATIMA – Sul pavimento dell’ingresso, davanti alla porta di casa, c’è ancora il mio
mazzo di chiavi con il portachiavi a forma di cammello, mi è caduto lì quando sono
entrata in casa con i sacchetti della spesa.
Chissà perché ho tutte quelle chiavi, non ne ho la minima idea – come se fossero per
un’intera residenza.
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KALIL – Geme così forte –
FATIMA – La saluto Franziska?
LOMEIER – Il sole scompare dietro il Corno d’Oro e Suleymanie, è buio.
FATIMA - Perché dovrei? Mi tiro dietro la porta e attraverso di corsa il corridoio.
Questo urlo continua a percorrere il palazzo.
LOMEIER – Il parapetto del battello si trova al di sopra di un complesso di
grattacieli. Io sono alla finestra di un appartamento di un palazzo come il mio.
Qui ci sono già stato una volta, questo posto lo conosco, che puzza, il divano è vuoto,
però sul tavolino c’è la bottiglia quasi vuota di cognac, me la prendo, ho bisogno
d’aria, aria, alcool e una sigaretta.
KARPATI – Sto ritornando in me. Qualcosa mi scuote di qua e di là. Sono fradicio di
cognac, sbatto la testa contro il vetro e non mi arriva quasi aria – qualcuno prende la
bottiglia.
FATIMA – Non ho la minima idea di dove sto andando.
LOMEIER – Mi precipito sul balcone della cucina.
KARPATI – Il pavimento mi sfreccia sotto i piedi – la moquette color sabbia e il
pavimento di PVC della cucina…
LOMEIER – Ci sono ancora i sacchetti della spesa di prima –
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KARPATI - …la soglia del balcone, cemento armato.
LOMEIER – Sotto di me il complesso di case. Sono appoggiato alla ringhiera del
balcone della cucina. Sigaretta. Un urlo strano percorre il palazzo – cosa può essere?
E dove sono appena stato? Soltanto adesso mi accorgo che continuo a tenere in mano
il biglietto da visita dell’uomo del battello: Helmut Dehke, assicuratore.
FRANZISKA – Dov’è Fatima?
KALIL – Non va .
LOMEIER - Ho bisogno di un sorso –
KARPATI – Oh Dio.
KALIL – Oppure –
LOMEIER – oppure forse è meglio di no. Sta arrivando qualcuno.
KARPATI – Qualcuno tiene me e la bottiglia al di sopra della ringhiera del balcone
della cucina.
FATIMA – Arrivata alle scale, guardo all’indietro nel corridoio: nelle pareti il
metallo dei tubi delle condutture si incurva – forse ora all’ottavo, al nono e al decimo
piano è ritornata l’acqua.
FRANZISKA – Sul balcone della cucina c’è qualcuno.
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LOMEIER – E’ la Dehke.
FRANZISKA – Ah, è Lomeier, il portiere, è di nuovo qui sicuramente per via della
pressione dell’acqua. Sta fumando.
KARPATI – Sotto di me sette piani, in mezzo soltanto il fondo di vetro della
bottiglia.
KALIL – Io non voglio.
LOMEIER – Arriva e mi si avvicina.
FATIMA – Corro giù per le scale. A ogni gradino l’urlo aumenta.
KALIL – Va’ via. Cerca disperatamente di trattenermi, ma la spingo via. In ginocchio
grida: cosa mi stai facendo?
KARPATI – Sotto di me i lampioni, lo spiazzo davanti alla casa, le auto parcheggiate
e la fermata dell’autobus.
FRANZISKA – Bella serata, vero? Com’è chiara la luna.
KARPATI – Insomma statemi a sentire!
LOMEIER – Ah, si è svegliata –
FRANZISKA – Io – ho – non so – è qui da tanto tempo?
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LOMEIER – Forse qualche minuto.
FRANZISKA – E?
KALIL – Riesco ad arrivare alla porta dell’appartamento. Lei rimane indietro e
comincia a urlare come un lupo.
KARPATI – Nel cerchio di luce di un lampione ci sono dei giovinastri che stanno
fumando. Riesco a sentirli ridere.
LOMEIER – E che cosa?
FRANZISKA – Ha scoperto qualcosa?
LOMEIER – Che cosa dunque?
KALIL – Ritorno verso le scale attraversando il corridoio FRANZISKA – Intendevo dire se ha già scoperto dove manca l’acqua al settimo
piano -
LOMEIER – Ah, - sì, sì.
FRANZISKA – Sì?
LOMEIER – Sì.
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FATIMA - Sesto piano. Le urla si fanno sempre più forti. Ora si sentono ovunque.
Che cos’è? Mi fermo.
KALIL – Scendo le scale di corsa.
LOMEIER – E’ come se la vedessi per la prima volta.
FRANZISKA – Si appoggia fumando alla ringhiera del balcone della cucina e guarda
le case nella notte. In mano stringe la bottiglia di cognac quasi vuota che ha portato
dal soggiorno.
LOMEIER – Ha fatto proprio una bella dormita –
FRANZISKA – Sì, sì LOMEIER – Si appoggia accanto a me alla ringhiera del balcone della cucina e
guarda le case immerse nella luce della luna. Alle finestre delle innumerevoli
abitazioni, dietro le tende, c’è luce. Non sembra essersi accorta che l’ho baciata.
FRANZISKA – Ho fatto uno strano sogno.
KALIL – Quarto piano. Tutto in fondo, alla fine del corridoio, si sta aprendo la porta
di un appartamento.
LOMEIER – Ah, sì?
La notte è calda. Non c’è più nessun rumore. Soltanto quelle urla. Sembra quasi un
vento del deserto.
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KARPATI – Un urlo pervade la notte quasi come se il vento fosse imprigionato nel
collo della bottiglia, ma non è così –
KALIL – Vieni da me, mi dice nell’orecchio una voce femminile, come se mi fosse
accanto.
FRANZISKA – Sì - ho sognato che un uomo mi ha baciato mentre dormivo e poi è
sparito subito dopo – non so più dove – in una tenda di beduini oppure in una
bottiglia come questa, non riesco a ricordare.
KALIL – Io non voglio, però ciononostante attraverso il corridoio fino alla porta
aperta dell’appartamento.
FATIMA – Quinto piano.
KALIL – Sulla targhetta accanto al campanello c’è scritto Marion Richter.
KARPATI – Gioca nervoso con la bottiglia in mano. Se ora mi lascia cadere, se ora
gli sfugge la bottiglia dalle dita, precipito per sette piani e muoio.
KALIL – Non posso fare altro – entro in casa.
LOMEIER – Mi ero completamente dimenticato la bottiglia di cognac in mano.
Ah, mi scusi se mi sono servito, però –
FRANZISKA - No, no, si immagini, visto che a quest’ora deve ancora lavorare, per
lo meno deve anche –
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LOMEIER – In realtà non volevo assolutamente nulla –
KALIL – Salve, dice la donna che mi sta davanti nell’ingresso. Sono Marion. Stavo
giusto per entrare nella vasca da bagno. O preferisci vedere la televisione? Stasera il
mio amico Andi non c’è. O prima ci cuciniamo qualcosa?
FRANZISKA – E poi tutto si è riempito d’acqua, e un uomo mi era accanto nel
soggiorno, gli ho sfiorato casualmente le labbra, ma lui è corso via.
Perché gli racconto queste cose?
KALIL – Vieni, andiamo in cucina.
LOMEIER – Mi sta accanto e ogni tanto mi lancia uno sguardo insicuro. E’ carina.
KARPATI – Non voglio morire –
FRANZISKA – E’ un bell’uomo. Chissà perché non l’ho mai notato prima. Solo il
camice disturba un po’.
KALIL – Davanti al frigorifero la donna comincia a spogliarsi.
FATIMA – Quarto piano.
FRANZISKA – Avrebbe qualcosa in contrario a togliersi per un attimo il camice?
LOMEIER – Io – no, affatto, ma perché, la disturba?
FRANZISKA – Volevo solo brevemente –
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LOMEIER - Prego –
Mi tolgo il camice e faccio sparire il biglietto da visita nella tasca esterna. Come
potrei spiegarglielo –
KARPATI – Prego –
FATIMA – Continuo a correre giù per le scale.
KARPATI – Ehi!
FRANZISKA – Aspetti, la aiuto, intanto tengo la bottiglia.
LOMEIER – No, no, ce la faccio.
KARPATI – Posa la bottiglia sul sottile ripiano della ringhiera e si toglie il camice.
Se ora uno dei due scontra la bottiglia, sono un uomo morto.
LOMEIER – Ecco.
FRANZISKA – Volevo soltanto vedere come sta senza camice.
FATIMA – C’è qualcosa che non funziona. Mi volto e risalgo le scale.
LOMEIER – Sorride.
FRANZISKA – Forse stasera aveva tutt’altro programma invece di cercare una
perdita nell’impianto dell’acqua.
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KALIL – Sta gemendo.
LOMEIER - Intende dire che oggi sarei ancora uscito – no di certo.
FRANZISKA – Lo ammetta pure…non sto mica chiedendo con chi.
Ride. E’ muscoloso e così KARPATI – Premo il viso contro il vetro. Perché non mi vedete?
FATIMA – Quarto piano. Che c’è? Attraverso il corridoio.
LOMEIER – Mi piace.
FRANZISKA – Così indeciso. Avrei voglia di baciarlo.
LOMEIER – Se ora mi baciasse –
FATIMA – La porta di Marion Richter al 4 / 32 è soltanto appoggiata. Perché?
FRANZISKA – Si volta verso di me.
LOMEIER – Fa’ un movimento verso di me.
FATIMA – Entro in casa.
KARPATI – Si sta voltando verso di lei. Nel contempo lei fa un movimento verso di
lui.
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FATIMA – Sono nell’ingresso dell’appartamento di una persona estranea. Dalla
cucina vengono dei rumori.
FRANZISKA – Sfioro per sbaglio con il gomito la bottiglia di cognac ancora posata
sulla ringhiera del balcone.
KARPATI – Sbatte con il gomito contro la bottiglia. La bottiglia traballa.
KALIL – Geme così forte.
KARPATI – Sulla ringhiera del balcone la bottiglia traballa verso il basso: cado. La
bottiglia cade per sette piani. Io sto precipitando per sette piani.
FATIMA – Sono nella cucina dell’appartamento di una persona estranea. La stessa
cucina incassata in un’unica parete come nell’appartamento di Franziska. Davanti a
me ci sono Kalil e Marion vicino al frigorifero. Lei è nuda. E lui –
non mi notano. Lei sta gemendo.
KARPATI – Sesto piano. Sul balcone c’è una donna che urla alla luna. Il selciato mi
corre incontro. Nel contempo tutto va molto lentamente.
LOMEIER – Mi è vicinissima.
FRANZISKA – Gli sono molto vicina.
FATIMA – Sono dietro di loro. Non mi vedono.
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KARPATI – Quinto piano. Sul balcone c’è una donna che urla alla luna. Le luci delle
finestre diventano strisce.
LOMEIER – Non oso nemmeno respirare.
FRANZISKA – Gli poso con cautela le mani sul petto.
KALIL – Il ticchettio di un orologio da cucina. Sulla porta del frigorifero dei magneti
variopinti.
FATIMA – Gli conficco il coltello nella schiena.
KALIL – Grida. Ma che è? Le sanguina il viso.
KARPATI – Quarto piano. Una donna sta pugnalando un uomo. Sangue sul vetro
della finestra.
LOMEIER – Mi bacia.
FRANZISKA – Mi bacia.
KARPATI – Terzo piano. Una festa. Musica.
KALIL – Ma che è?
FRANZISKA – E’ il primo bacio della mia vita.
KARPATI – Secondo piano. Buio.
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LOMEIER – Ci baciamo. Per la prima volta. La tengo più stretta possibile.
KARPATI – Primo piano.
Sono morto.
FRANZISKA – Ci baciamo. Chiudo gli occhi e ciononostante sento la luce della
luna.
Karpati grida. Kalil grida. Una bottiglia precipita dal soffitto del palcoscenico sulla
scena e si frantuma in mille pezzi.
FINE
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