Obama a Pechino - Corriere del SUD
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In una nota spiega: “Vedo con stupore che si stanno moltiplicando e diffondendo notizie che continuano a fare apparire come imminente un ricorso alle elezioni anticipate. Non ho mai pensato niente di simile. Il mandato che abbiamo ricevuto dagli elettori - prosegue Berlusconi - è di governare per i cinque anni della legislatura, ed è questo l’impegno che stiamo già portando avanti con determinazione e che intendiamo concludere nell’interesse del Paese”. La maggioranza che sostiene il governo è solida anche al di là di una dialettica interna che comunque ne accentua le capacità ideative. Grazie a questo sostegno e alla fiducia che ci manifesta ogni giorno oltre il 60% degli italiani conclude Berlusconi - completeremo le riforme di cui l’Italia ha bisogno”. Dopo Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi l’invito del presidente del Senato, Renato Schifani, a perrcorrere la strada delle elezioni anticipate in caso di “maggioranza divisa”, il numero uno di Montecitorio Gianfranco Fini in- vita alla prudenza. Ma dal quartier generale del Carroccio, il ministro dell’Interno Roberto Maroni apre: “Per fare le riforme ci vuole una maggioranza compatta e noi abbiamo una vasta maggioranza e non abbiamo alibi, non possiamo dire che l’opposizione ci blocca. Se quindi la maggioranza è divisa, l’alternativa non può che essere quella indicata da Schifani”. In frena- Obama a Pechino “S olidarietà e vicinanza” al Dalai Lama e al popolo tibetano. Ad esprimerla è stato Gianfranco Fini, che stamattina ha incontrato la massima autorità spirituale tibetana in forma privata negli appartamenti del presidente della Camera. “Sono onorato di darle il sincero benvenuto alla Camera, salutando lei saluto tutto il popolo tibetano”, ha detto Fini che con la compagna Elisabetta Tulliani ha accolto il Dalai Lama. “La Camera dei deputati segue con attenzione e preoccupazione ciò che accade in Tibet, e siamo convinti di dover esprimere solidarietà e vicinanza alla sua persona e al suo popolo”, ha aggiunto il presidente della Came- ra esprimendo, tra l’altro, “un senso profondo di ammirazione per la saggezza e l’illumintata moderazione” dell’ospite. Fini, nel corso del colloquio, ha ricordato che dopo gli ultimi incidenti nella scorsa primavera la Camera aveva votato una mozione bipartisan con cui “ha fatto sentire la sua voce, esprimendo viva preoccupazione per il popolo tibetano”. Tra le altre cose, la mozione sollecitava il governo cinese ad accogliere le richieste del Parlamento europeo per “un dialogo costante, aperto, veritiero e costruttivo tra le autorità di Pecino e i rappresentanti del Dalai Lama” Lo scorso febbraio il leader spirituale tibetano ricevette la cittadinanza onoraria di Roma, e Pechino, che lo accusa di portare avanti una politica separatista, parlò di “grave interferenza” negli affari interni cinesi. La Farnesina rispose che i comuni italiani “sono autonomi e assumono le loro decisioni in assoluta indipendenza dal Governo” e ribadì “il fermo sostegno del Governo italiano alla politica di una sola Cina”. Da parte sua, il premio Nobel per la pace ha espresso “profonda gratitutine per il sostegno di Fini e della Camera dei deputati alla causa del Tibet. Nel modo libero -ha aggiunto-, e in Italia in particolare, c’è una forte simpatia per il Tibet”. Dopo l’incontro, Fini e il Dalai Lama, con una folta delegazione che comprendeva anche l’attore Richard Gere, ha incontrato una delegazione dei parlamentari che sostengono nel mondo la causa tibetana. Poi, il presidente della Camera ha accompagnato di persona il suo ospite ai lavori del congresso dei parlamentari pro Tibet che si svolge alla Camera. Il Dalai Lama si trova da martedì in Trentino Alto Adige, una tappa non casuale visto l’interesse del premio Nobel per l’autonomia alto-atesina come modello per un futuro Tibet autonomo all’interno della Cina. A Bolzano il premio Nobel per la pace e’ stato ricevuto dal presidente della provincia Luis Durnwalder ed ha incontrato la giunta Continua a pag 2 ta, invece, il leader centrista Casini che invita il governo a continuare nel cammino intrapreso: “Il voto è una minaccia sterile”. “Minaccia impropria” “Minacciare elezioni anticipate è come brandire una pistola scarica, mi meraviglio della disinvoltura del presidente Schifani, giudico improprie e inopportune le sue parole”, ha spiegato il leader centrista, Pier Ferdinando Casini, spiegando che “in assenza del Capo dello Stato dall’Italia ci sarebbe voluta una maggiore sensibilità istituzionale. Minacciare le elezioni è un fatto del tutto sterile”. “Non c’è nessuna possibilità - ha, quindi, aggiunto Casini - di elezioni anticipate, che possono essere previste sulo dopo un ‘auto-affossamento’ del governo. Ma la maggioranza ha il dovere di governare fino alla fine della legislatura, indipendentemente dalle vicende giudiziarie di Berlusconi. Per altro non mi sembra che ci siano ragioni di paralisi, a parte quella del governo ma se il governo iniziasse a lavorare. Invece di perdere tempo minacciando elezioni anticipate, ricattando così i parlamentari, cominci a lavorare sulle cose serie”. Non vuol sentir parlare di «terza via», rispetto a Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Né di «correnti» interne al Pdl. Detto questo, a capo della sua Nuova Italia, trae spunto dalla «destra sociale» e rilancia il ruolo delle fondazioni: «elementi di forza e non certo deficit», per un partito dalle «tante anime che aspira al 40% dei consensi». Gianni Alemanno in una intervista al “Il Giornale” dondola con le gambe, appoggiate sul bracciolo della poltrona e dichiara a V.La Manna “Senza reticenze sul clima infuocato” nel centrodestra, pur convinto che «la situazione non è così grave, le tensioni sono momentanee». E prendendo le distanze, quando serve, pure dalle posizioni di Fini e dei suoi fedelissimi. SinContinua a pag 2 Dov’è colui che è nato? Alla ricerca del Natale perduto Paolo Curtaz San Paolo pp. 176 €. 12,00 L’autore aiuta a rileggere i racconti dei vangeli con lo sguardo della verità e della conversione: il suo è un vero e proprio manuale di sopravvivenza al Natale, per riappropriarsi dello stupore di un Dio neonato. Politica 2 Segue dalla prima daco, andiamo subito al dunque. Fini complotta per far cadere Berlusconi? «No, nessun complotto. E da parte di Fini non c’è nessuna volontà di fargli mancare la propria solidarietà. Figuriamoci se vuole abbandonarlo. E poi, sarebbe una follia. Berlusconi è il leader del centrodestra, investito del suo ruolo dagli elettori. Qualsiasi ipotesi alternativa sarebbe un suicidio politico». Elezioni anticipate? «La decisione spetta in primis al premier. Secondo me, sarebbe però una scelta sbagliata. Per due ragioni». Quali? «C’è la possibilità di portare avanti l’intera legislatura, senza formule alternative, rispettando il voto degli italiani». Seconda? «Le Regionali saranno un test fondamentale. E se ci verrà confermata la fiducia, cosa di cui sono certo, voglio vedere come si può immaginare un cambio a livello nazionale!». Giorgio Lambrinopulos Segue dalla prima provinciale. “Siamo sempre pronti a dialogare con il governo della Repubblica Cinese”, ha detto il Dalai Lama a margine di una tavola rotonda a Trento. Quindi, sull’invito che il presidente Obama ha rivolto a Pechino, ha aggiunto di aver “apprezzato molto” le parole del presidente americano “ma è chiaro che gli Usa hanno forti limiti per i quali non possono esprimersi come vorrebbero’’. ‘Il clima in Cina è molto cambiato negli ultimi 60 anni e questa situazione e’ destinata a proseguire’’, ha aggiunto il Dalai Lama. Il presidente americano Barack Obama ha esortato l’omologo cinese Hu Jintao ad aprire colloqui con il leader spirituale tibetano in esilio, il Dalai Lama. “Abbiamo detto che pur riconoscendo che il Tibet fa parte della Repubblica popolare cinese, gli Stati Uniti sostengono una rapida ripresa del dialogo fra il governo cinese e rappresentanti del Dalai Lama per risolvere ogni preoccupazione e dissidio che possa esservi tra le parti”, ha detto Obama ai giornalisti dopo l’incontro con Hu. Al presidente cinese, il capo della Casa Bianca ha anche ricordato “la convinzione fondamentale americana che tutti gli uomini e le donne abbiano certi diritti universali”. Le due parti hanno poi convenuto di aprire un dialogo bilaterale sui diritti umani all’inizio dell’anno prossimo. Obama è stato criticato in patria per non aver ricevuto il Dalai Lama in occasione della sua recente visita negli Stati Uniti. La guida spirituale tibetana sta a Roma, dove ha incontrato il presidente della Camera Gianfranco Fini. Da Pechino Obama ha anche espresso oggi l’auspicio che al vertice sul clima di Copenaghen esca un accordo “con effetto operativo immediato”. “Le maggiori sfide del 21esimo secolo, dal cambiamento climatico alla proliferazione nucleare fino alla ripresa economica, sono sfide che toccano entrambe le nostre nazioni, e sfide che nessuna delle nostre nazioni può risolvere da sola”, ha detto Obama in dichiarazioni rilasciate ai giornalisti al termine del suo incontro con il presidente ci- N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre Cosentino rimane al suo posto “I o rimango al mio posto, l’unico che può decidere sul mio destino e su quello della regione Campania è Berlusconi e sono sicuro che deciderà, sentito il territorio campano e il parlamentari campani’’. Lo ribadisce Nicola Cosentino (nella foto) parlando della sua posizione di sottosegretario e dell’ipotesi di candidatura alla presidenza della Regione Campania per le prossime regionali. Al termine dell’audizione in Giunta per le autorizzazioni della Camera, Cosentino sottolinea che la richiesta di misura cautelare ‘’deve passare diversi gradi di valutazione, c’è il nese Hu Jintao. A Copenaghen, ha aggiunto il presidente americano, “il nostro obiettivo non è un accordo parziale o una dichiarazione politica, ma un accordo che copra tutte le questioni dei negoziati e che abbia un effetto operativo immediato”. Un comunicato congiunto diffuso dopo i colloqui fra Obama e Hu, citato dall’agenzia stampa cinese Xinhua, riferisce che sul clima vi è stato un dialogo costruttivo e produttivo. Usa e Cina convengono anche sulla volontà di raggiungere un risultato concordato a Copenaghen, basato sul principio delle responsabilità comuni ma differenziate, nota l’agenzia stampa ufficiale cinese. “Le due parti, compatibilmente con le circostanze nazionali, sono decise ad adottare azioni di riduzione e riconoscono l’importante ruolo svolto dai loro paesi nel promuovere un risultato sostenibile che rafforzerà la capacità del mondo a combattere i cambiamenti climatici”, afferma il comunicato. I due paesi hanno anche concordato che il risultato del vertice di Copenaghen sul clima dovrà comprendere obiettivi per la riduzione delle emissioni nei paesi sviluppati e appropriate azioni di riduzione delle emissioni nei paesi in via di sviluppo, oltre ad aiuti per lo sviluppo tecnologico di questi ultimi. Stati Uniti e Cina hanno anche chiesto all’Iran trasparenza sul suo programma nucleare. “Abbiamo convenuto che la repubblica islamica dell’Iran debba fornire assicurazioni alla comunità internazionale che il suo programma nucleare è pacifico e trasparente”, ha detto Obama. “L’Iran ha l’opportunità di presentare e dimostrare le sue intenzioni pacifiche ma se non approfitterà di questa opportunità dovrà affrontarne le conseguenze”, ha avvertito. Quanto alla Corea del Nord, Stati Uniti e Cina “hanno convenuto sull’importanza di riprendere al più presto il dialogo a sei”, ovvero i negoziati sul programma nucleare di Pyongyang che coinvolgono le due Coree, Cina, Stati Uniti, Russia e Giappone. La Corea del Nord può scegliere, ha avvertito il presidente americano, “può continuare lungo la strada del confronto e la provocazione che conduce a meno sicurezza, meno prosperità e più isolamento rispetto alla comunità internazionale, o può decidere di diventare un membro a pieno titolo della comunità internazionale”. G. L. riesame, c’è la Cassazione... Sono certo che il provvedimento sarà cassato’’. ‘’Ho chiesto ripetutamente di essere sentito - spiega il sottosegretario all’Economia - ma l’ufficio della procura ha deciso di agire da solo. Se mi avessero sentito, invece di dover respingere accuse infamanti, non saremmo qui... Sono indagato dal ‘94 senza nemmeno averne conoscenza. E poi la richiesta cautelare dura nove mesi, guarda caso la tagliola giudiziaria cade proprio in coincidenza delle elezioni regionali’’. Quindi, ribadendo ‘’la totale estraneità ai fatti che mi sono contestati’’, Cosentino più che fi ‘Fumus persecutionis’, Cosentino parla di ‘’un fumone di persecuzione’’. Il sottosegretario rimarca che nell’ordinanza per la richiesta d’arresto nei suoi confronti sono stati ‘’omessi in tutto o in parte’’ alcuni fatti. In particolare, nella sua memoria difensiva, l’esponente del Pdl ricorda le dichiarazioni rese dal pentito Luigi Diana in riferimento alle elezioni del 1990: ‘’Diana viene minacciato dai clan che pensavano stesse votando me e invece lui esclude questa circostanza. Non solo sono stato sempre contro quella realtà - assicura Cosentino - ma anzi i clan mi avversavano’’. ‘’Quello che oggi dice il Gip non è vangelo, il suo provvedimento sarà soggetto al riesame e alla Cassazione e sono certo che sarà cassato’’, ribadisce il sottosegretario. E in ogni caso, tiene a sottolineare Nicola Cosentino, ‘’non penso che io possa essere la causa di una crisi di governo, ma se avessi questa persuasione farei in modo di agevolare la cordialità dei rapporti. Il problema non sono io, ma le riforme. Se non c’è coesione è giusto tornare alle urne’’. La posizione di alcuni ex di An sulla mozione di sfiducia ‘’non mi ha sorpreso - rimarca poi Cosentino - perché dentro la componente di An sta venendo fuori un’anima meno garantista’’. Il sottosegretario all’Economia si dice però ‘’dispiaciuto, dal punto di vista umano piu’ che politico, che Italo Bocchino, che viene dai miei stessi territori, che conosce bene me, la mia storia e la mia famiglia, abbia potuto dire che sta ancora valutando, con una parte del gruppo, in caso di presentazione della mozione di sfiducia, se votarla’’. A stretto giro la precisazione di Bocchino. ‘’Mi dispiace che il collega Cosentino non abbia compreso lo spirito della mia richiesta di fare un passo indietro. Conosco Nicola da moltissimi anni - dice il vicecapogruppo del Pdl alla Camera - siamo entrati assieme in Parlamento e sono certo dell’estraneità alle accuse che i pentiti gli rivolgono. Ciò non toglie che tali vicende producono questioni di opportunità politica ed è in nome dell’opportunità che a mio giudizio dovrebbe ritirare la sua candidatura e dimettersi dagli incarichi’’. Per Bocchino, ‘’il Pdl e Berlusconi non possono affrontare una campagna elettorale difendendosi da accuse peraltro ingiuste, ma devono attaccare il malgoverno di Bassolino ed esaltare quanto di buono ha fatto il nostro governo. Se l’amico Cosentino non valuta l’opportunità del passo indietro - sottolinea Bocchino - daremo un’arma ad un centrosinistra che in Campania non ha più altri argomenti’’. “A Cosentino ho espresso subito solidarietà - afferma il coordinatore nazionale del Pdl, Ignazio La Russa - Questa vicenda giudiziaria che arriva con tempistica sospetta, ho avuto modo di dire, rende comunque inopportuna la sua candidatura alla regione Campania che pure avrebbe meritato. Ho anche pubblicamente dichiarato che sbaglia chi è d’accordo con la mozione di sfiducia preannunciata da Di Pietro. Proprio per questo posso dire chiaro a Nicola Cosentino che ogni sua polemica personale o, peggio, ogni generalizzazione socio-politica sul garantismo non aiuta a mantenere la serenita’ in questa fase delicata, non solo per lui, della vita politica. Chiedergli di astenersi nel proseguire con i botta e risposta non mi pare eccessivo”. Intanto una mozione parlamentare che “impegna il governo a invitare l’onorevole avvocato Nicola Cosentino a rassegnare le dimissioni da sottosegretario di Stato per l’Economia e le finanze”, è stata presentata dall’Italia dei valori . La prima firma è di Antonio Di Pietro, e l’Idv ne chiederà la calendarizzazione subito dopo l’esito del voto sull’arresto. “A prescindere dall’eventuale responsabilità penale dell’onorevole Cosentino, che rimane innocente fino a che non intervenga una condanna definitiva, appare tuttavia necessario che l’Italia e le sue istituzioni siano salvaguardate nel loro prestigio e nella loro dignità”, si legge tra l’altro nella mozione. Secondo le accuse dei Giudici mosse al sottosegretario : Nicola Cosentino ‘’contribuiva, sin dagli anni ‘90 a rafforzare vertici e attività del gruppo camorrista facente capo alle famiglie di Bidognetti e Schiavone’’ ricevendo in cambio ‘’puntuale sostegno elettorale’’. Sono le accuse mosse al sottosegretario all’Economia e coordinatore regionale del Pdl nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, firmata dal giudice per le indagini preli- minari Raffaele Piccirillo e trasmessa alla Camera dei deputati per l’autorizzazione all’esecuzione. Nell’ordinanza, 351 pagine, appaiono anche le dichiarazioni rese durante l’interrogatorio del 1 aprile 2008 da Gaetano Vassallo, pentito del clan Bidognetti, ai pm della direzione distrettuale antimafia. Vassallo ha ammesso di aver “agito per conto della famiglia Bidognetti quale loro referente della società Eco 4 Spa gestita dai fratelli Orsi” e di esser “stato di fatto loro socio perché richiesto di farlo da parte di Massimiliano Miele investito da Bidognetti Francesco come da questi riferito”. “All’epoca - continua - era Bidognetti Aniello la persona a gestire gli affari del clan, riferiti alla famiglia Bidognetti e, a fronte degli impegni prestati dal clan ai fratelli Orsi, era stata fissata una tangente mensile pari a 50 mila euro, con una previsione ulteriore dell’assunzione di 50 persone scelte dal clan. I rapporti economici tra i fratelli Orsi e il clan sono stati regolati direttamente da Miele Massimiliano, con modalita’ che non conosco”. Nel corso dello stesso interrogatorio Vassallo, uno dei colletti bianchi del clan dei Casalesi gruppo Bidognetti, sostiene ancora: “Posso dire che la società Eco 4 era controllata dall’onorevole Cosentino e anche l’onorevole Landolfi aveva svariati interessi in quella società. Presenziai personalmente alla consegna di 50 mila euro in contanti da parte di Orsi Sergio all’onorevole Cosentino, incontro avvenuto a casa di quest’ultimo a Casal di Principe. Ricordo che Cosentino Nicola ebbe a ricevere la somma in una busta gialla e Sergio Orsi mi informò’’. “Spiegando le ragioni della mia presenza in occasione del versamento della somma contante dell’Orsi Sergio al Cosentino - aggiunge Vassallo - rappresento che io ero sostanzialmente un socio seppure occulto all’interno della Eco 4 e la cosa era ben nota al Cosentino stesso. Astrattamente era come se quei soldi provenissero anche da me, tanto che Cosentino ebbe a ringraziare entrambi”. Direzione - Redazione - Amministrazione Via Lucifero 40 - 88900 Crotone Tel. (0962) 905192 Fax (0962) 1920413 Direttore Editoriale Pino D’Ettoris Direttore Responsabile Tina D’Ettoris Iscriz. registro naz. della Stampa n. 4548 del 12.02.1994 - ROC n. 2734 Servizi fotografici, fotocomposizione e impaginazione c/c postale 15800881 Intestato a IL CORRIERE DEL SUD Associato U. S. P. I. UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA Sito Internet: http://www.corrieredelsud.it E-Mail: [email protected] - [email protected] [email protected] G. L. Pagina Tre N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre ß 3 Un anno per un santo Il magistero di Benedetto XVI sul Santo Curato d’Ars nell’Anno Sacerdotale stessa vita del Santo Curato. Massimo Introvigne 2. La crisi del sacerdozio Prima Parte 1. La grazia di un anniversario Com’è noto, Benedetto XVI ha una particolare sensibilità per gli anniversari. Nel 2009 cadono centocinquant’anni dalla morte del Santo Curato d’Ars, San Giovanni Maria Vianney (1786-1859). Di conseguenza, ricorre anche il cinquantesimo anniversario dell’enciclica del Beato Papa Giovanni XXIII (1958-1963) Sacerdotii nostri primordia, del 1959, intesa a celebrare il centenario della morte dello stesso santo (Giovanni XXIII 1959). «Ho voluto prendere spunto da questo anniversario per indire l’Anno Sacerdotale» (Benedetto XVI 2009f), afferma il Papa: un anno per un santo, e un anno giubilare per il sacerdozio e i sacerdoti, che si snoda tra due feste del Sacro Cuore di Gesù, dal 19 giugno 2009 al 19 giugno 2010. Il Papa rileva come il Santo Curato sia morto un anno dopo le apparizioni della Madonna a Lourdes, del 1858, il cui centocinquantesimo anniversario è ricorso nel 2008. Anche il Beato Giovanni XXIII nell’enciclica citata aveva notato la sequenza dei due anniversari. «Già nel 1959 – ricorda Benedetto XVI – il beato Papa Giovanni XXIII aveva osservato: “Poco prima che il Curato d’Ars concludesse la sua lunga carriera piena di meriti, la Vergine Immacolata era apparsa, in un’altra regione di Francia, ad una fanciulla umile e pura [Santa Bernadetta Soubirous, 1844-1879], per trasmetterle un messaggio di preghiera e di penitenza, di cui è ben nota, da un secolo, l’immensa risonanza spirituale. In realtà la vita del santo sacerdote, di cui celebriamo il ricordo, era in anticipo un’illustrazione vivente delle grandi verità soprannaturali insegnate alla veggente di Massabielle. Egli stesso aveva per l’Immacolata Concezione della Santissima Vergine una vivissima devozione, lui che nel 1836 aveva consacrato la sua parrocchia a Maria concepita senza peccato, e doveva accogliere con tanta fede e gioia la definizione dogmatica del 1854” (Lettera enc. Sacerdotii nostri primordia, P. III)» (Benedetto XVI 2009b). Ancora in tema di sequenze di anniversari, per la Chiesa dopo l’Anno Paolino – cioè l’anno giubilare, dal 28 giugno 2008 al 29 giugno 2009, indetto per il bimillenario della nascita di San Paolo – viene l’Anno Sacerdotale dedicato al Santo Curato. Si tratta di due figure in apparenza molto diverse: il dotto San Paolo e l’umile curato di Ars. «La Provvidenza divina ha fatto sì che la sua figura venisse accostata a quella di san Paolo. Mentre infatti si va concludendo l’Anno Paolino, dedicato all’Apostolo delle genti, modello di straordinario evangelizzatore che ha compiuto diversi viaggi missionari per diffondere il Vangelo, questo nuovo anno giubilare ci invita a guardare ad un povero contadino diventato umile parroco, che ha consumato il suo servizio pastorale in un piccolo villaggio. Se i due Santi differiscono molto per i percorsi di vita che li hanno caratterizzati – l’uno è passato di regione in regione per annunciare il Vangelo, l’altro ha accolto migliaia e migliaia di fedeli sempre restando nella sua piccola parrocchia –, c’è però qualcosa di fondamentale che li accomuna: ed è la loro identificazione totale col proprio ministero, la loro comunione con Cristo» (Benedetto XVI 2009d). La Chiesa ha nel suo calendario moltissimi santi. A pochi dedica un magistero specifico articolato in molteplici testi, documenti, encicliche. Il Santo Curato d’Ars è fra questi. La sua vita costituisce in effetti una «catechesi vivente» (Benedetto XVI 2009f). Modello e patrono dei parroci, egli aiuta tutti i fedeli a riflettere sul ruolo del sacerdote. L’epoca in cui è vissuto – un’epoca di crisi che per molti versi continua ancora oggi – e il modo insieme umile e geniale con cui ha contrastato lo spirito del tempo ne fanno una figura che non deve interessare solo ai preti, ma a tutti. Lo stesso Curato d’Ars – e Benedetto XVI lo ricorda – soleva dire ai laici: « Il prete non è prete per sé, lo è per voi» (Benedetto XVI 2009b, che cita Bernard Nodet [a cura di], Le curé dArs. Sa pensée - Son cur, Cerf, Parigi 1996, p. 100). «Lungi allora dal ridurre la figura di san Giovanni Maria Vianney a un esempio, sia pure ammirevole, della spiritualità devozionale ottocentesca, è necessario al contrario cogliere la forza profetica che contrassegna la sua personalità umana e sacerdotale di altissima attualità» (Benedetto XVI 2009f). Nel 2009 Benedetto XVI ha dedicato diversi interventi al Santo Curato d’Ars, fra cui spiccano – senza essere peraltro gli unici – la Lettera di indizione dell’Anno Sacerdotale, del 16 giugno (Benedetto XVI 2009b), e il discorso all’udienza generale del 5 agosto (Benedetto XVI 2009f), tutto dedicato al santo parroco francese. In questi testi il Pontefice da una parte affronta il tema della crisi del sacerdozio sia ai tempi di San Giovanni Maria Vianney sia ai giorni nostri, nelle sue cause esterne e interne alla Chiesa, dall’altra indica i rimedi a questa crisi che emergono con forza dalla meditazione sulla a) Cause esterne La crisi del sacerdozio deriva anzitutto da cause esterne: da un secolare processo di aggressione alla Chiesa da parte delle moderne ideologie che si manifesta oggi, e già si manifestava ai tempi del Curato d’Ars, nel plesso razionalismo-relativismo. «Se allora c’era la “dittatura del razionalismo”, all’epoca attuale si registra in molti ambienti una sorta di “dittatura del relativismo”. Entrambe appaiono risposte inadeguate alla giusta domanda dell’uomo di usare appieno della propria ragione come elemento distintivo e costitutivo della propria identità. Il razionalismo fu inadeguato perché non tenne conto dei limiti umani e pretese di elevare la sola ragione a misura di tutte le cose, trasformandola in una dea; il relativismo contemporaneo mortifica la ragione, perché di fatto arriva ad affermare che l’essere umano non può conoscere nulla con certezza al di là del campo scientifico positivo» (Benedetto XVI 2009f). Si tratta, in realtà, di due tappe dello stesso processo. Il relativismo considera la verità una variabile dipendente da qualche cosa di esterno che di volta in volta la determina. Nel razionalismo, questa variabile è la ragione umana: si afferma, sì, la sua capacità quasi divina di conoscere ma, poiché il risultato dei suoi sforzi di conoscenza cambia di volta in volta, così cambia la verità, che dunque non è mai assoluta ma è sempre relativa. Tramontata con la crisi del razionalismo la fiducia nella ragione, si cade in forme di relativismo aggressivo secondo cui propriamente «non si può conoscere nulla con certezza» (ibid.). Se nulla si può conoscere con certezza, anche la funzione del sacerdote, che è quella di indicare e annunciare certezze ai fedeli, cade. Senza scrivere trattati di filosofia, ma con la semplice forza del buon senso e della fede cristiana il Curato d’Ars fu un nemico tanto implacabile quanto efficace del razionalismo e del relativismo. In effetti, riuscì a «mostrare che il razionalismo, allora imperante, era in realtà distante dal soddisfare gli autentici bisogni dell’uomo e quindi, in definitiva, non vivibile» (ibid.). b) Cause interne Il Papa non si nasconde che la moderna crisi del sacerdozio non deriva solo da cause esterne. Ci sono anche cause interne alla Chiesa. Il relativismo e la sfiducia nella capacità di conoscere con certezza la verità sono penetrati anche tra i cattolici. È così entrato in crisi quel «binomio “identità-missione”» (Benedetto XVI 2009e) che è alle radici della figura del sacerdote, il quale ha una missione perché ha un’identità. «Dopo il Concilio Vaticano II, si è prodotta qua e là l’impressione che nella missione dei sacerdoti in questo nostro tempo, ci fosse qualcosa di più urgente; alcuni pensavano che si dovesse in primo luogo costruire una diversa società» (ibid.). La missione discende dall’identità, e la missione è entrata in crisi perché è entrata in crisi l’identità. Il Papa sottolinea che l’identità sacerdotale si fonda sul primato della grazia. Il sacerdote radica la sua identità nel primato della grazia divina, non in un progetto sociale o in un generico umanitarismo. Benedetto XVI lo riafferma con parole fortissime: «a fronte di tante incertezze e stanchezze anche nell’esercizio del ministero sacerdotale, è urgente il recupero di un giudizio chiaro ed inequivocabile sul primato assoluto della grazia divina, ricordando quanto scrive san Tommaso d’Aquino [1225-1274]: “Il più piccolo dono della grazia supera il bene naturale di tutto l’universo” (Summa Theologiae, I-II, q. 113, a. 9, ad 2)» (ibid.). È importante, per Benedetto XVI, che si comprenda bene questo punto. La crisi interna del sacerdozio è stata scandita dal passaggio da una concezione sacramentale a una meramente funzionale dell’identità del sacerdote. «In un mondo in cui la visione comune della vita comprende sempre meno il sacro, al posto del quale, la “funzionalità” diviene l’unica decisiva categoria, la concezione cattolica del sacerdozio potrebbe rischiare di perdere la sua naturale considerazione, talora anche all’interno della coscienza ecclesiale» (Benedetto XVI 2009d). Citando un brano che egli stesso aveva scritto prima dell’elezione a Pontefice, Benedetto XVI osserva: «Rilevavo in proposito alcuni anni or sono che esistono “da una parte una concezione sociale-funzionale che definisce l’essenza del sacerdozio con il concetto di ‘servizio’: il servizio alla comunità, nell’espletamento di una funzione… Dall’altra parte, vi è la concezione sacramentale-ontologica, che naturalmente non nega il carattere di servizio del sacerdozio, lo vede però ancorato all’essere del ministro e ritiene che questo essere è determinato da un dono concesso dal Signore attraverso la mediazione della Chiesa, il cui nome è sacramento” (J. Ratzinger, Ministero e vita del Sacerdote, in Elementi di Teologia fondamentale. Saggio su fede e ministero, [trad. it., Morcelliana,] Brescia 2005, p. 165). Anche lo slittamento terminologico dalla parola “sacerdozio” a quelle di “servizio, ministero, incarico”, è segno di tale differente concezione» (Benedetto XVI 2009d). In realtà, commenta il Papa, «non si tratta di due concezioni contrapposte, e la tensione che pur esiste tra di esse va risolta dall’interno» (ibid.). Non si possono opporre annuncio e sacrificio, né si tratta di negare che l’annuncio sia parte essenziale del ministero del sacerdote. Ma nella missione terrena di Gesù Cristo «l’annuncio del Regno di Dio (…) non è solo un “discorso”. Include, nel medesimo tempo, il suo stesso agire: i segni e i miracoli che compie indicano che il Regno viene nel mondo come realtà presente, che coincide ultimamente ß con la sua stessa persona» (ibid.) e con il suo «mistero di morte e di risurrezione» (ibid.). Lo stesso, analogamente, vale per il sacerdote: «Solo la partecipazione al sacrificio di Cristo, alla sua chènosi, rende autentico l’annuncio!» (ibid.). La degenerazione funzionalistica che ha proposto un annuncio separato dal sacrificio – dunque, ultimamente, un annuncio ridotto a mero discorso, un falso annuncio – è stata contrabbandata come presunta conseguenza del Concilio Ecumenico Vaticano II. Ma si tratta di un abuso. Per evitarlo «è importante favorire nei sacerdoti, soprattutto nelle giovani generazioni, una corretta ricezione dei testi del Concilio Ecumenico Vaticano II, interpretati alla luce di tutto il bagaglio dottrinale della Chiesa» (Benedetto XVI 2009a). «Urgente appare anche il recupero di quella consapevolezza che spinge i sacerdoti ad essere presenti, identificabili e riconoscibili sia per il giudizio di fede, sia per le virtù personali sia anche per l’abito, negli ambiti della cultura e della carità, da sempre al cuore della missione della Chiesa» (ibid.). La presenza in questi ambiti – meglio se con l’abito sacerdotale, in modo che i sacerdoti siano «riconoscibili» (ibid.) – non deve però portare a una confusione fra il ruolo del clero e quello dei laici. Il rischio è sia che i sacerdoti – portando all’estremo la concezione funzionalista – si laicizzino, sia che i laici si clericalizzino: che, anziché svolgere anzitutto la funzione loro propria e conforme alla loro indole secolare di ordinare le cose temporali secondo il piano di Dio, considerino come massima aspirazione e unico contributo alla Chiesa l’occuparsi delle letture alla domenica o il fungere da ministri straordinari dell’Eucarestia, funzioni certo legittime ma in cui non si esaurisce il ruolo del laicato. Si può ricordare come già Papa Giovanni Paolo II (19792005) nell’esortazione apostolica post-sinodale Christifideles laici del 1988 avesse denunciato «l’interpretazione arbitraria del concetto di “supplenza”, la tendenza alla “clericalizzazione” dei fedeli laici e il rischio di creare di fatto una struttura ecclesiale di servizio parallela a quella fondata sul sacramento dell’Ordine» (Giovanni Paolo II 1988, n. 23). Il laicato che si clericalizza è il contrappunto inevitabile al clero che si laicizza. Per evitare il secondo fenomeno, occorre contrastare anche il primo. «È da ricordare, in questo contesto – afferma Benedetto XVI –, il caloroso invito con il quale il Concilio Vaticano II incoraggia i presbiteri a “riconoscere e promuovere sinceramente la dignità dei laici, nonché il loro ruolo specifico nell’ambito della missione della Chiesa…” (Presbyterorum ordinis, 9)» (Benedetto XVI 2009b). Quando si trovano di fronte ai carismi propri dei laici, lungi dal sostituirsi a essi i sacerdoti «“[…] devono ammetterli con gioia e fomentarli con diligenza” (Presbyterorum ordinis, 9)» (ibid.). Continua … Politica 4 S iamo arrivati a un punto di non ritorno? davvero, come ha scritto Carlo Fruttero (Dagospia, 19 ottobre 2009), siamo al baratro della nostra società? Io ho cercato sempre di non incorrere in quella terribile abitudine di demonizzare quanto ci sta intorno, anche riconoscendo tutti i gravi problemi in cui si dibattono l’Italia e il mondo occidentale. La scarsa credibilità delle istituzioni, l’aumento esponenziale della criminalità non punita, la crisi economica di un’ampia fascia della popolazione, la esclusione dei valori di solidarietà dalla vita finanziaria, costituiscono temi su cui nessuno potrebbe chiudere gli Giovanni Paolo II (1920-2005) La sfiducia tangibile nella Nazione Servono uomini in grado di programmare il cambiamento del Paese occhi. Tuttavia, non è possibile continuare a vivere e a lavorare avendo come unica prospettiva la convinzione di scendere sempre più in basso, di scivolare in un abisso che sembra senza fondo e senza speranza. Pur condividendo gran parte delle idee di uno scrittore che io stesso apprezzo molto, non posso e non voglio convincermi della ineluttabilità di una simile condizione. In realtà, io sono propenso a credere che proprio l’eliminazione dei valori di Diritto naturale che sono alla base della nostra convivenza abbia causato l’asfissia sociale che viene lamentata e il conseguente pessimismo così diffuso. Ovviamente, quando parlo di Diritto naturale non mi riferisco solo ad una vaga espressione giuridica ma ad un sistema di normative non codificate che sono tuttavia scritte nel cuore degli uomini. Da Dio, per chi crede in Lui. Dunque, il pessimismo dilagante e ricorrente nella storia delle società, non è altro se non la conseguenza di un appannamento, in larghi settori dello Stato, dei sentimenti cristiani che permearono la vita dei nostri antenati, facendo superare loro le più desolanti avversità. Quel che in realtà affligge l’Italia è una mancanza di fiducia e di cultura cristiana che sfocia nell’egoismo e nell’aggressività. Ognuno cerca di salvare sé stesso senza che si trasmettano nel futuro le possibilità di rivincita personale e sociale. La nostra società manca di uomini in grado di programmare, di guardare avanti e di sognare. Questo è il vero problema. Si getta sugli altri la responsabilità di quanto accade, e si spera in una rivoluzione delle cose che cada dall’alto, senza che ci si renda conto, come fece san Francesco d’Assisi e come fecero tutti i santi, che la vera rivoluzione inizia da noi stessi. Eppure abbiamo attraversato un breve corso di anni che dimostra bene come grandi sognatori siano riusciti a cambiare la società. Gli uomini hanno camminato sulla Luna. Il comunismo è caduto improvvisamente. Un polacco proveniente da una Nazione soggiogata al marxismo è asceso al Trono di Pietro. Un uomo di colore è di- L’Europa e il crocefisso C La cristianofobia al potere i siamo. Da diverso tempo si accumulavano i segnali di un prossimo colpo delle istituzioni europee contro il cristianesimo e la Chiesa Cattolica. Qualche mese fa, il 4 marzo 2009, avevo avuto occasione di partecipare come esperto a Vienna a una conferenza dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) dove era stato lanciato l’allarme su una montante «cristianofobia», che in diversi Paesi non si limitava più alla propaganda ma si esprimeva in leggi e sentenze contro la libertà religiosa e di predicazione dei cristiani e contro i loro simboli. L’attacco anticristiano si era finora svolto in modo prevalentemente indiretto, attraverso la proclamazione di presunti «nuovi diritti»: anzitutto, quello degli omosessuali a non essere oggetto di giudizi critici o tali da mettere in dubbio che le unioni fra persone dello stesso sesso debbano godere degli stessi riconoscimenti di quelle fra un uomo e una donna. Tutelando gli omosessuali non solo – il che sarebbe ovvio e condivisibile – da violenze fisiche, ma da qualunque giudizio ritenuto discriminante ed etichettato come «omofobia», le istituzioni europee violavano fatalmente la libertà di predicazione di tutte quelle comunità religiose, Chiesa Cattolica in testa, le quali hanno come parte normale del loro insegnamento morale la tesi secondo cui la pratica omosessuale è un disordine N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre oggettivo e uno Stato bene ordinato non può mettere sullo stesso piano le unioni omosessuali e il matrimonio eterosessuale. La sentenza Lautsi c. Italie del 3 novembre 2009 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo segna il passaggio della cristianofobia dalla fase indiretta a una diretta. Non ci si limita più a colpire il cristianesimo attraverso l’invenzione di «nuovi diritti» che, proclamando il loro normale insegnamento morale, le Chiese e comunità cristiane non potranno non violare, ma si attacca la fede cristiana al suo cuore, la croce. I giudici di Strasburgo – dando ragione a una cittadina italiana di origine finlandese – hanno affermato che l’esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche italiane viola i diritti dei due figli, di undici e tredici anni, della signora Lautsi, li «perturba emozionalmente» e nega la natura stessa della scuola pubblica che dovrebbe «inculcare agli allievi un pensiero critico». Ove tornasse in Finlandia, la signora Lautsi dovrebbe chiedere al suo Paese natale di cambiare la bandiera nazionale, dove come è noto figura una croce, con quale perturbazione emozionale dei suoi figlioli è facile immaginare. Basta questa considerazione paradossale per capire come, per qualunque persona di buon senso, la croce a scuola o sulla bandiera non è uno strumento di proselitismo religioso ma il simbolo di una storia plurisecolare che, piaccia o no, non avrebbe alcun senso senza il cristianesimo. In Italia la signora Lautsi intascherà cinquemila euro dai contribuenti – un piccolo omaggio della Corte di Strasburgo – e avrà diritto di far togliere i crocefissi dalle aule dove studiano i figli. Certo, ci sarà l’appello, e giustamente il nostro governo rifiuterà di applicare questa sentenza ridicola e folle. Ma le «toghe rosse» italiane si sentiranno incoraggiate dai colleghi europei. Che non sono tutti «stranieri» dal momento che uno dei firmatari della sentenza è il giudice italiano a Strasburgo, il dottor Vladimiro Zagrebelsky, campione – insieme al fratello minore Gustavo – del laicismo giuridico nostrano. Massimo Introvigne La escort Patrizia D’addario ventato presidente degli Stati Uniti. Per spiegarci perché tutto questo sia accaduto, è opportuno ricordare l’ambiente da cui provenivano Giovanni Paolo II e il presidente Ronald Reagan, ossia coloro che operarono il più grande cambiamento nella storia dell’ultimo secolo. Entrambi gli artefici della caduta del Ronald Reagan (1911-2004) comunismo avevano nutrito interessi eminen- 12 giugno 1987 -e dunque moltemente artistici, avevano avuto to prima che si immaginasse la stretti rapporti con il teatro e la caduta del famigerato muro che poesia. Niente di più lontano dal- divideva in due la grande capile frequentazioni di uno studio tale tedesca- gridò: “Gorbaciov, professionale, dai giri talvolta abbatti il muro di Berlino” (La imbarazzanti di amicizie e di af- Stampa, 20 settembre 2009). Se fari da cui continuamente escono non usciamo dai piccoli confitanti protagonisti della politica ni del nostro freddo ambiente, italiana. Entrambi erano uomini della nostra quotidianità e dalla in grado di materializzare i pro- nostra vita piena di piccole conpri sogni. Tutta la vita del Papa suetudini e mete limitate, rimarfu la dimostrazione di come pos- remo per sempre fra piccoli punti sa agire un uomo ravvivato con- di partenza e deludenti punti di tinuamente dalla forza della sua arrivo. Non si deve più operare Fede. “Il mondo -scriveva pro- secondo i nostri parametri umani, feticamente l’abate benedettino se vogliamo sconfiggere il pessiD.Fausto Mezza- si ostina a rite- mismo di cui parla Fruttero. “Abnere che la storia della Chiesa si biamo una miserabile espressione, identifichi con la storia degli uo- -scriveva ancora D.Fausto Mezzamini che ne han guidato le sorti: che ripetiamo sovente, senza immentre sono innumerevoli pur nel- maginare nemmeno quanta penula storia i segni chiari ed evidenti ria di fede ed indigenza spirituale di una forza divina che sostiene e essa manifesti. Diciamo: umanadirige sempre a maggior bene ciò mente parlando, e, paghi di questa che tutta l’abilità umana, presa riserva, tiriamo avanti umanamenda sola, non riuscirebbe a salvare te operando, umanamente giudida inevitabile rovina” (Lo Spiri- cando, umanamente trattando cose to Santo vita dell’anima, Badia soprannaturali e divine” (Lo Spiridi Cava 1941, pp.233-234). E to Santo vita dell’anima, p.21). Se come non rimanere stupiti se ri- vogliamo restituire vita alla società cordiamo quando Ronald Reagan occorre cambiare prospettiva. mentre si trovava in piedi dinanzi alla porta di Brandeburgo il Carmelo Currò A Politica e morale ssodato che l’andare ad escort è disdicevole, ma che l’andare a trans è perversione, l’opinione pubblica si è chiesta se sia lecito separare le pubbliche virtù dai vizi privati. Alla luce del recente caso Marrazzo, la maggioranza della gente è arrivata alla conclusione che i comportamenti privati vanno disgiunti da quelli pubblici. Davvero una strana morale per chi pensa che un uomo pubblico che esercita in modo ineccepibile i suoi incarichi, possa meritare stima e onori anche se vive il privato all’insegna della depravazione e dell’immoralità. Secondo la logica dei “separatisti”, un buon politico rimane tale anche se un attimo dopo uscito dalle stanze del potere, si droga, si ubriaca, si intrattiene con persone dello stesso sesso, e magari pratica la pedofilia. L’uomo moderno si è dimenticato che l’etica ha ben poco di privato. Già gli antichi, come Aristotele, sostenevano che l’etica riguarda sia l’economia domestica che il bene della città. In fondo, è non è vero che un buon politico si può paragonare ad un buon gestore della propria famiglia? Ha allora senso conferire fiducia ad un “padre” che cornifica moglie e figli sullo squallido altare del vizio privato? Gianni Toffali N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre Politica La fuga dal mondo di Marrazzo C om’era prevedibile la triste e squallida vicenda dell’ex presidente della regione Lazio Piero Marrazzo ha scatenato le più disparate analisi e congetture; tra i contributi giornalistici che ho letto, due in particolare mi hanno colpito, quello di Renato Farina su Il Giornale del 28 ottobre e di Michele Brambilla su La Stampa del giorno successivo. I due giornalisti del caso Marrazzo, mettono in luce il finale e cioè la fuga purificatrice verso il convento, consigliata forse dalla moglie, Roberta Serdoz, che in questo disastro gli è rimasta vicina, e qui si vede la superiorità - scrive Farina – delle donne (e delle mogli) su questi ometti che inseguono chiappe grandi. Paradossalmente Brambilla elogia i due protagonisti della vicenda, anche se precisa alcuni punti per non essere equivocato. Giustissimo pretendere le dimissioni, un uomo politico come lui dalla politica deve sparire. Sono ipocriti quelli che vorrebbero scindere i cosiddetti ‘fatti privati’ dalle responsabilità pubbliche. E gli opinionisti che dicono di infischiarsene di quello che fa il politico nel suo tempo libero non affiderebbero neanche l’amministrazione del proprio condominio a uno che paga cinquemila euro per andare a letto con un transessuale. Altra ipocrisia è quella di sostenere che non c’è differenza tra frequentare una donna e frequentare transessuali. Citando Marina Terragni, Brambilla scrive, che cosa può chiedersi una moglie quando scopre che il marito la tradisce con personaggi che definisce osceni. Infine l’ultima ipocrisia, non è vero che ‘sono fatti suoi’. La vita – scrive Brambilla – è fatta di relazioni, ogni nostro atto comporta una conseguenza per tutta una serie di persone, soprattutto per quelle che ci vogliono bene. Chiedete alla moglie e alla figlia se le ‘scappatelle’ di Marrazzo ‘sono fatti suoi’. Fatte queste precisazioni, Brambilla passa al lato positivo della vicenda, Marrazzo si è dimesso e in un mondo come quello della politica sono rari quelli che si dimettono. Marrazzo non è scappato solo dalla politica, ma anche da Roma, dai giornali, è scappato dal mondo. Spogliato di tutto, senza l’armatura del potere, gettata l’insegna di governatore. In pratica ha fatto un gesto molto antico e rivoluzionario, scrive Farina, ha tagliato corto con le mezze misure e per curare davvero l’unica malattia seria che c’è: la disperazione, la perdita di se stessi, il dolore inflitto ai propri cari, sceglie il convento come si faceva nel retrogrado Medioevo, dove cavalieri, re, regine appena trentenni si ritiravano dagli onori. Al culmine del successo e del potere, cercavano di purificarsi lasciandosi seppellire dal silenzio. Il silenzio dei monasteri, dove ti nascondi, scompari, é il “morire al mondo”, scrive Brambilla non è un caso che uno dei più famosi monasteri italiani si chiami Morimondo, che vuol dire appunto ‘ morire al mondo’. Un altro vocabolo che Brambilla utilizza nella fuga di Marrazzo è quello della “mortificazione”, che viene anche lui da morte, faccio morire una parte di me stesso perché mi rendo conto che quella parte non deve più vivere. In sostanza per i due giornalisti, Marrazzo sceglie il convento perché si vergogna, ed è I le”. L’Ue vorrebbe, infatti, che per il 2010 nei Paesi membri le persone con un reddito disponibile al di sotto della soglia di povertà fossero il 10%, ma il Sud è al 35% già nel 2006, l’Italia è già al 20% nel 2007. “E’ proprio prendendo in esame i parametri riguardanti l’ambito sociale -ha detto Luca Bianchi, Vicepresidente di Svimez- che risulta evidente come le politiche per il Mezzogiorno messe in campo in questi anni non fossero coerenti, tanto per cominciare, con la strategia di Lisbona. I Fondi europei sono stati investiti senza risultati apprezzabili in termini occupazionali e, di conseguenza, senza ricadute positive dal punto di vista dell’inclusione sociale”(Cfr.”Il Sole 24 Ore del Sud” del 28 ottobre 2009). Ma c’è di più. La vita è sempre più agra per i giovani. Licenziamenti, assunzioni con il contagocce, contratti di collaborazione non rinnovati e tante prospettive in fumo. Ebbene, tra le aree più aggredite dal fenomeno della riduzione occupazionale dei giovani c’è il Mezzogiorno dove la quota dei senza lavoro ha toccato picchi del 35,3 per cento. (Cfr.www. repubblica.it del 28.10.2009). A questo punto, a nostro avviso, bisogna pensare ad un nuovo ruolo del Sud: un motore di sviluppo del Mediterraneo, mare di libero Si brinda all’immigrazione e si denigrano gli italiani I Piero Marrazzo con la moglie Roberta Serdoz proprio della vergogna che vogliamo qui fare l’elogio. Oggi che tutti cercano di autoassolversi quando sono colpevoli di qualcosa, dove non ci si vergogna più di nulla. Una società che ha creato una nuova morale che si basa sostanzialmente su un unico principio: quello secondo il quale non esiste alcuna morale. E quando qualcuno cerca di obiettare viene silenziato col termine dispregiativo di moralista. Infine per Brambilla la vicenda Marrazzo ci fa prendere in considerazione concetti come peccato, costrizione, espiazione, termini ridicolizzati dalla maggioranza, ma è già tanto se da questa schifosa vicenda abbiamo ritrovato almeno un po’ di senso della vergogna. Sant’Agostino diceva: “tutto è grazia anche il peccato”. I fatti sono questi e non sembra una messa in scena del protagonista. Domenico Bonvegna Un nuovo ruolo del Sud guidato dall’etica capi di Stato e di Governo dell’Unione europea, nel marzo del 2000 sottoscrissero a Lisbona, una strategia di riforme, con l’intento di trasformare l’Europa unita nella “più competitiva e dinamica economia della conoscenza entro il 2010”. Ebbene, senza mezzi termini, dobbiamo dire che, dal 2000 a oggi, l’Italia e, ancor di più il nostro Meridione, si sono ulteriormente allontanati dai 13 obiettivi della strategia di Lisbona, tanto che il loro raggiungimento da qui al 2010, è a questo punto una pia illusione. Questo, peraltro, è dimostrato da un’indagine “Il Sole 24 Ore Sud-Svimez che passa in rassegna, punto per punto, l’intera shortlist condivisa dai Paesi membri dell’Ue, mettendo in risalto, dati alla mano, soprattutto il ritardo del Mezzogiorno. Ecco, due di quei 13 obiettivi mancati. Il rapporto tra Pil e occupati non induce certo a tranquillità. Su questo fronte a Lisbona si teorizzò, infatti, una “crescita significativa” dell’indicatore di riferimento; Italia e Mezzogiorno partivano rispettivamente da 125 e 107,5 punti e gli ultimi dati disponibili segnalano, invece, preoccupanti tendenze di ribasso: l’intero Paese a 108,3 punti nel 2008, e il Sud a 95 punti nel 2006. Ancora, va male per l’area strategica “Coesione socia- 5 scambio. Vediamo come. Progetti, iniziative, ma soprattutto idee e una visione globale “di sistema. Ecco, quello che serve al Mezzogiorno. Peraltro, questa prospettiva è ampiamente sostenuta anche dal Presidente emerito della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi che così si è recentemente espresso: “Il nostro Mezzogiorno ha una posizione strategica: si affaccia sul Mediterraneo, sfruttiamola per un piano di sviluppo; può essere una grande area di scambio integrata con Francia Spagna e Nordafrica”. Peraltro, dello stesso avviso, è anche Federica Guidi, presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria che così si è espressa, nel recente Convegno dei Giovani industriali svoltosi a Capri: “Il nostro sogno è che il Mediterraneo tra vent’anni sia un’unica grande zona franca: senza dazi, senza barriere, tariffarie e non; ma non solo: servono incentivi fiscali per le imprese che diventano internazionali, specie per chi fa trasferimento tecnologico nei Paesi della sponda meridionale del Mediterraneo. Noi Giovani imprenditori faremo la nostra parte, cercheremo di tenere le aziende attive, vive, competitive sul mercato” (Cfr. “Il Sole 24 Ore” del 31 ottobre 2009”). Qui noi aggiungiamo che i settori pilastro sui quali puntare per lo sviluppo no in Italia: più grandi sono, più isolate sono. Per De Bellis i 12 milioni di immigrati previsti per il 2050 saranno una vera e propria catastrofe sociale, demografica, geografica. Soprattutto se gli immigrati che arriveranno andranno a sovrappopolare le grandi città del centro nord. C’è il rischio che l’Italia finisca come in Cina, con l’urbanizzazione incontrollata e l’abbandono delle zone più rurali. A questo proposito Gilberto Oneto su Il Giornale facendo riferimento ai Quaderni Padani del 1999 (allora considerati catastrofisti) ipotizzavano che nel 2035 il numero degli stranieri avrebbe eguagliato quelli degli abitanti in Padania e che nel 2075 i foresti sarebbero diventati la maggioranza assoluta in tutta la penisola. Considerando che più del “60% dei foresti si stabilisce in Padania, i cui abitanti hanno il tasso di prolificità più basso del mondo, si arriva a delineare una ancora più inquietante situazione nella quale nelle regioni settentrionali gli autoctoni si ridurrebbero nel 2075 a meno del 10% della popolazione: sarebbero perciò virtualmente estinti”. (Gilberto Oneto, 2030, l’anno del sorpasso. Più stranieri che padani. 2.11.09 Il Giornale). Ma oggi dopo aver letto il Rapporto Caritas Migrantes, se ne ricava che le estrapolazioni di allora (dei Quaderni Padani) erano addirittura molto sottostimate e che le date indicate per i ‘sorpassi’ possono essere molto più ravvicinate. E cioè che gli italiani e i padani assieme diventeranno minoranza ben prima del 2075. E la soddisfazione manifestata durante la presentazione del Rapporto Caritas mi sembra fuori luogo, perché più aumentano gli ingressi, più la gente chiede rigore, perché ha paura, di perdere se stessi, di non sentirsi più a casa, di vedere se stessi come oggetti estranei al proprio Paese. Paura che il presidente della Camera Fini bolla come xenofoba, gli risponde su Libero Maria Il presidente della Camera Gianfranco Fini Giovanna Maglie, lei così offende gli italiani e le loro giustificate dell’intero territorio meridionale paure(…) Ha presente il tasso sono: Manifattura, Cultura, Tu- di delinquenza tra i romeni e gli rismo, Agricoltura. E dulcis in albanesi immigrati nel nostro fundo, per un sano “ modus ope- paese? Ha idea del livello di randi “ degli operatori economici barbarie, di violenza, che questi in questi settori dell’economia delinquenti utilizzano nelle loro meridionale, riportiamo quanto scorribande, nelle aggressioni, recentemente affermato dall’Ar- negli stupri, nei furti in case civescovo di Milano, Cardinale abitate? (Maria Giovanna MaDionigi Tettamanzi, in occasione glie, Fini difende gli immigrati e della presentazione del suo vo- attacca gli italiani, 29.10.09 Lilume dal titolo “Etica e capitale. bero). Queste sono le previsioni Un’altra economia è davvero pos- poco rosee e la politica che deve sibile”; ” L’etica non è un limite organizzare il futuro non può reall’agire umano, ma una forza stare indifferente, penso che ci propositiva che contiene alcuni sia poco da esultare, a volte mi elementi di innovatività. Soprat- sembra che siamo davanti a gentutto, va superata la dicotomia fra te che aspirano alla parte di Sansfera economica e sfera sociale.” sone che crepa con tutti i filistei. l Rapporto Caritas Migrantes presentato il 29 ottobre scorso ha delineato il quadro dell’immigrazione odierna e soprattutto quello futuro. Attualmente il rapporto ha detto che abbiamo superato con 4,5 milioni di immigrati, per la prima volta in Italia c’è un quota di immigrati regolari maggiore della media europea. E addirittura nel 2050 saranno 12 milioni, forse di più. In pratica un cittadino su cinque non sarà italiano, di fronte a questa situazione, esiste un’area culturale di italiani che sono compiaciuti, soddisfatti, quasi esultanti come l’ambiente della Caritas. I numeri sono numeri e pare non facciano paura. C’è quella strana sensazione di indulgenza esagerata che stona con la realtà, scrive De Bellis su Il Giornale. 12 milioni di stranieri sono troppi, significa moltiplicare per quattro i problemi che abbiamo oggi. (Giuseppe De Bellis, I gufi che brindano al boom di immigrati, 29.10.09 Il Giornale). Continua De Bellis, chi non dice che questi numeri dovrebbero spaventare è in malafede e se non è in malafede sbaglia. La paura non è degli immigrati, ma dell’immigrazione. Non è una sottigliezza, 12 milioni di stranieri sono in grado di cancellare un’identità, sono la quasi certezza che l’integrazione difficile diventi impossibile:più grandi e numerosi sono i gruppi etnici più facile che restino autonomi e indipendenti, slegati dal resto del Paese, dalla lingua,dagli usi, dai costumi. L’immigrato si integra se è una minoranza, se comincia a sviluppare un’identità autonoma e indipendente si emargina da solo. Lo dice la storia dell’umanità, lo dicono le comunità che oggi vivo- Salvatore Resta D.B. Attualità 6 La scuola deve fare la scuola Domenico Bonvegna Seconda Parte I n pratica, noi insegnanti, noi genitori, abbiamo fatto una scelta precisa: abbiamo deciso di adeguarci. La scuola sta diventando una scuola che si adegua. Oggi c’è una scuola che si è adeguata alle esigenze degli altri, e non alle sue. E’ una scuola che “connive” con la società, che fa finta di niente, chiude gli occhi. Invece la scuola non dovrebbe adeguarsi, potrebbe fare la scuola e basta e non assomigliare ad altro. Adesso mi sembra invece - scrive Mastrocola – voglia assomigliare a cose che per natura sono molto diverse da lei: un Parco Giochi, o un Centro Sociale. Perché non puntare tutto sullo specifico ruolo della scuola, che poi è quello culturale. Invece, la scuola si conforma a tutti i modelli possibili. Diventa la fotocopia della società. La scuola non ci pensa neanche di proporre un modello diverso, un’alternativa al mondo, è la scuola dell’acquiescenza. La scuola di oggi per Mastrocola non fa lezione, ma brainstorming e uscite didattiche; non boccia, ma recupera; non chiede, ma offre; non segue programmi, ma percorsi; non fa letteratura, ma comunicazione; non chiede il tema, ma l’articolo di giornale; non fornisce contenuti, ma metodi; non fa vie e opere, ma analisi del testo; non impone libri da leggere, ma lascia scegliere. Evita all’allievo: la frustrazione del foglio bianco; l’umiliazione di avere un professore sapiente; la fatica di imparare delle nozioni; l’imbarazzo di prendere 4 in pagella; l’impegno di fare cose Scuola difficili; la noia di leggere un libro troppo lungo. Siamo sinceri noi tutti vogliamo che i nostri figli-allievi siano: non frustrati, non umiliati, non affaticati, non imbarazzati, non impegnati, non annoiati. Per cui devono essere integrati, socializzati, promossi, divertiti, alleggeriti, confortati, aiutati, ascoltati, recuperati, colmati, sorridenti, poco-facenti. Questa è la scuola della connivenza perfetta. Da questa scuola scompare lo studio. Forse è stato giusto combattere il nozionismo, scrive Mastrocola, ma oggi stiamo esagerando, a via di combattere il nozionismo, siamo diventati ignoranti totali. Abbiamo perso definitivamente l’idea di studio. Studio voleva dire fare in modo che le cose contenute in un libro poi fossero contenute nella nostra testa, così che non avessimo più bisogno del libro (…) I libri riuscivano a colare dentro di noi, a trasferirsi in noi. Noi, certo, dovevamo leggerli! E anche studiarli. Niente ci poteva esimere dallo studio, dalla fatica e anche dalla noia di trasferire i libri in noi. Non avviene più così con internet, spesso si scarica una ricerca, si stampa e poi basta. I giovani non trasferiscono più nulla dentro di loro. Non si fanno più deposito. Cioè non diventano un luogo dove contenere le conoscenze, le letture. Nulla si ferma più in loro, ma tutto scorre via, come acqua fresca. Ci lamentiamo che i giovani non leggono e quindi a parole ci affanniamo a dare il giusto valore della lettura, sono però affermazioni di facciata, le nostre; il libro di fatto, non esiste più nella nostra vita (…) Ci siamo costruiti una vita in cui leggere è impossibile, impensabile, inattuabile. L’ora di religione islamica a scuola L a proposta è venuta nientemeno che da un ex appartenente ad Alleanza Nazionale, il senatore Adolfo Urso, è stata subito accolta dal presidente della Camera Gianfranco Fini, nonché da Massimo D’Alema, che ne hanno discusso al convegno di Farefuturo e Italianieuropei. L’ora di religione islamica la vuole anche il cardinale Martino, che non è “il Vaticano” ma spesso una voce fuori del coro. Per il sociologo delle religioni Massimo Introvigne l’ora di religione islamica è un errore, per due buoni motivi. Innanzitutto chiediamoci perché proprio l’ora islamica e non quella ortodossa o Testimone di Geova? E’ possibile che se parliamo di pratica religiosa regolare queste comunità siano più numerose degli islamici in Italia. I Testimoni di Geova in Italia sono 400.000 e gli ortodossi – in maggioranza immigrati – mezzo milione, mentre del milione e più d’immigrati di origine islamica è difficile dire quanti mantengano un contatto con la loro religione. Si potrebbe continuare citando tutti gli altri credi che potrebbero chiedere l’insegnamento, ne risulterebbe una Babele e un supermercato delle religioni. Qual- cuno però obietta perché allora soltanto l’ora di religione cattolica? Il legislatore ha voluto riconoscere il ruolo della tradizione cattolica nella nostra storia e nel nostro ethos nazionale, non dare a tutti i ragazzi che vivono in Italia la possibilità di trovare a scuola la “loro” religione. E’ una questione di diritti della maggioranza e poi c’è quella culturale e storica. “La storia italiana, la storia politica, morale, letteraria, artistica è una storia ‘cattolica’. Dalla Divina Commedia a Manzoni, alle Madonne di Raffaello, alle sculture di Michelangelo. Adolfo Urso Insegnare la religione cattolica come si deve significa insegnare la nostra cultura, questo può essere un bene in primo luogo per noi, ma anche per gli immigrati. (Marcello D’Orta, L’ora di religione islamica? Un modo sicuro per impedire l’integrazione, 20.10.09 Il Sussidiario.net). Il secondo motivo: chi dovrebbe insegnare l’ora di religione islamica? Tutti i governi, scrive Introvigne di destra e di sinistra, in Italia ma anche in Francia, in Belgio e in Spagna hanno provato a trovare un interlocutore musulmano unico e rappresentativo. Nessuno ci è riuscito. In Francia è viva la discussione su come il Consiglio francese del culto musulmano (CFCM), costituito dall’allora Ministro dell’Interno Sarkozy per dare allo Stato un interlocutore islamico, nella sostanza non funzioni. Da una parte, per presentarsi come rappresentativo, ha dovuto includere le organizzazioni più fondamentaliste – che lentamente ne stanno prendendo il controllo, proprio quello che Sarkozy non voleva –, dall’altra le liti fra musulmani, e fra i governi che li finanziano (Algeria contro Marocco, Arabia Saudita contro Maghreb), ne paralizzano N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre Leggere presuppone un genere di tempo, cioè un uso del tempo, che non esiste più da nessuna parte; un tempo lungo, lento e paziente. Per Mastrocola la scuola è diventata un enorme Parco dei divertimenti, tanto che oggi Lucignolo andrebbe di filato a scuola e non certo al Paese della Cuccagna. Con l’idea di dare sempre libertà, abbiamo creato dei disorientati e degli sbandati. I nostri giovani non hanno più orientamento, perché li abbiamo lasciati soli a scegliere, invece è l’adulto che sa di più che deve indirizzare il giovane. I giovani hanno bisogno di vedere che gli adulti sono adulti, cioè che siano fisicamente più grandi e culturalmente e intellettualmente più preparati. Ma che cosa significa studiare? Studiare vuol dire stare molto fermi con la mente su una cosa sola e per moltissimo tempo. E’ proprio in contrasto con la vita odierna che è veloce, molteplice e multiforme. E la scuola di oggi di fatto scrive la Mastrocola non favorisce attività quali lo studio, la lettura, la scrittura. Paradossalmente oggi un ragazzo che studia fa paura, non ci piace nemmeno visivamente: un ragazzo che studia è una figurina immobile, nel senso che è seduto a una scrivania e quindi non si muove. Tutto il suo corpo è fermo (…) Psicologicamente parlando, è un alieno: uno che si isola, che non comunica e no socializza. In pratica quando noi diciamo che i giovani dovrebbero studiare molto, mentiamo. Se noi avessimo figli che studiano tutto il giorno invece di vedere gli amici e giocare al pallone, saremmo preoccupati, disperati e molto a disagio con il resto della società: cioè con le mamme dei socializzati. L’idea di uno che studia o legge e pensa, di chi è fermo e statico, è molto contraria ai nostri tempi dinamici e flessibili. Alla prossima. il funzionamento. Una volta stabilita l’ora di religione islamica occorrerebbe trovare anche in Italia chi impartisca le lezioni. Se fosse l’organizzazione più grande, l’UCOII, l’Unione delle Comunità e Organizzazione Islamiche in Italia (che peraltro si è detta non interessata), avremmo la scuola di fondamentalismo islamico finanziata dallo Stato. Se non fosse l’UCOII questa – che, piaccia o no, controlla ancora la maggioranza delle moschee italiane (nonostante pregevoli sforzi per creare alternative) – avrebbe ragione di dire che gli insegnanti non sono rappresentativi, sono “musulbuoni”, “sindacalisti gialli dell’islam” o “zii Sam”, come va già dicendo per qualunque iniziativa che non la ricomprenda. (Massimo Introvigne, Ora di Religione islamica a scuola: le ragioni del no. Cesnur. org) E poi sarebbe interessante capire i contenuti che andrebbe a insegnare il professore di islam, forse che sarebbe giusto lapidare le donne adultere, o che bisogna uccidere la propria figlia quando si innamora di un cristiano? Come si possa giustificare la presenza in una classe italiana di un professore che vada ad insegnare dei precetti che sono contrari alla Costituzione Italiana? D. B. I burocrati di Bruxelles comanderanno ancora di più Corrado Sforza Fogliani Presidente Confedilizia C on l’approvazione del Trattato di Lisbona, i burocrati di Bruxelles (quelli che, qualche tempo fa, hanno persino cercato di imporci che le banche possano finanziare l’acquisto della casa solo fino ad un massimo del 40 per cento del valore dell’immobile) conteranno ancora di più. L’Italia è travolta (e distratta) da un gossip da bordello, e pochi italiani lo sanno (anche perché noi - nel luglio dell’anno scorso - non siamo neanche stati chiamati a votare, ha fatto tutto il Parlamento). Ma è così, inesorabilmente. La storia ci insegna che ogni burocrazia è vieppiù presa da delirii di onnipotenza, e che produce norme a raffica per giustificare sé stessa e i propri costi. Così è regolarmente capitato anche in Europa, con ridicole direttive che pretendono di regolare la nostra vita in ogni minuto particolare. La storia ci insegna, anche, che ogni burocrazia tende a produrre regole sempre più complicate per giustificare la propria funzione interpretatrice e, anche, di semplice conoscenza delle stesse norme. Il Trattato di Lisbona - che non si sottrae alla regola, ovviamente - si compone di 463 articoli, redatti con il metodo dei rinvii o delle modifiche a testi non riportati: è semplicemente illeggibile. Il significato ultimo del Trattato è l’ulteriore omologazione dei singoli Paesi aderenti ad un unico modello centralizzato (nel quale la burocrazia europea sguazza). A partire dal 2017, le decisioni saranno prese - salve limitate, tassative eccezioni - a maggioranza qualificata: basterà l’approvazione del 55 per cento degli Stati, che rappresentino il 65 per cento della popolazione. Come ha lucidamente spiegato Carlo Lottieri ancora l’anno scorso, s’inquadra in questa logica burocratico-accentratrice la stessa idea che il prossimo presidente della Commissione europea sia eletto (pur con Trattati e Costituzioni, ecco il paradosso, non votati dalla gente) dall’intero popolo europeo: un presidente eletto comporta - prima o poi - il declassamento dei singoli Stati a semplici regioni, spinge l’Europa a diventare uno Stato unificato, con proprie tasse. Siamo - con questo - al dunque, alla chiusura del cerchio. Gli “imperi” oppressi dalle burocrazie (a principiare da quello romano) sono sempre stati travolti o dagli effetti dell’eccessiva tassazione o, addirittura, da rivolte fiscali (come ci ha insegnato Charles Adams nella sua celeberrima opera sull’influsso dell’imposizione fiscale nella storia dell’umanità, edita in Italia dall’editrice “liberilibri”). E il Trattato di Lisbona porterà, con una più cogente unificazione, all’ “armonizzazione” (cioè, fuori dal burocratese, all’eliminazione) dei diversi sistemi fiscali. La burocrazia europea sarà - così - riuscita ad eliminare il confronto fiscale, la possibilità di trasferirsi - persone ed aziende - là dove migliori servizi sono assicurati a minori costi. Lo statalismo non incontrerà più limiti alla propria crescita. E la burocrazia di Bruxelles - già una delle più oppressive e costose del mondo - si sarà assicurata un altro po’ di sopravvivenza, a nostre spese. INSERTO Corriere Letterario N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre A cura di Antonio D’Ettoris 7 L’assedio di Vienna Francesco Pappalardo C hissà se Osama bin Laden, scegliendo la data dell’11 settembre per il grande attacco terroristico contro gli Stati Uniti, e in generale contro l’Occidente, avrà pensato all’altro 11 settembre, quello del 1683, quando gli eserciti cristiani dettero inizio alla battaglia di Vienna, che dopo trentasei ore avrebbe non solo liberato la capitale asburgica dall’assedio musulmano ma anche dato avvio a una vigorosa controffensiva contro l’islam in Europa. Gli avvenimenti di quell’anno formidabile sono stati ricostruiti minuziosamente dallo storico inglese John Stoye che ne L’assedio di Vienna — scritto nel 1964 e rivisto nel 2000, «espungendo alcuni errori e migliorando qualche dettaglio» (p. 7), ma pubblicato solo ora in Italia (il Mulino, Bologna 2009, pp. 316, euro 28,00) — ripercorre le vicende nelle loro premesse e conseguenze generali ma soprattutto illustra, giorno per giorno, il concreto svolgersi dello scontro. La guerra s’inseriva nel più ampio contesto dello scontro fra islam e Cristianità che, dopo la conquista turca di Costantinopoli, nel 1453, aveva visto il sultano Solimano I il Magnifico (1495-1566) sbaragliare un esercito cristiano a Mohács, in Ungheria, nel 1526, e minacciare Vienna tre anni dopo. La marcia turca, frenata anche dalla battaglia navale di Lepanto, nel 1571, era ripresa nel secolo seguente, ma nel 1664 era stata fermata dagli eserciti imperiali guidati da Raimondo Enrico Berti Profilo di Aristotele Edizioni Studium pp. 363 €. 16,53 L’imperatore Leopoldo I d’Asburgo (1640-1705) Montecuccoli (1609-1680) nella battaglia di San Gottardo, in Ungheria. Nell’agosto 1682 il sultano Mehmet IV (1642-1693) denuncia il trattato di pace ventennale con il sacro romano imperatore Leopoldo I di Asburgo (1640-1705), che sarebbe giunto a scadenza nel 1684, e lancia un’offensiva che dai Balcani avrebbe dovuto concludersi con l’occupazione di Vienna, incoraggiata incoscientemente dal re di Francia Luigi XIV di Borbone (1638-1715) nella sua spregiudicata politica anti-asburgica. Mentre il sultano, più interessato alla caccia che alla guerra, girovaga con la corte e l’harem fra Edirne e Belgrado, il gran visir Kara Mustafa (1634-1683), alla testa di un esercito di oltre duecentomila soldati, si dirige sull’obbiettivo, fiancheggiato dai cavalieri tartari, le cui devastazioni saranno talmente gravi da rendere difficoltosi gli approvvigionamenti degli stessi turchi. L’imperatore si rifugia a Passau, in Baviera, da dove dirige una fre- La filosofia di Aristotele, pur avendo dominato per circa due millenni la cultura occidentale ed essendo di conseguenza stata oggetto di innumerevoli contestazioni, continua a rappresentare un punto di riferimento obbligato nel dibattito filosofico odierno. Recentemente si è anzi dovuta registrare una vera a propria Aristoteles-Renaissance, che ha diffuso ed aumentato l’interesse per questo pensatore nei settori più diversi della vita culturale. Mark Rowlands, giovane e inquieto docente di filosofia in un’università americana, legge per caso su un giornale una singolare inserzione, si incuriosisce e risponde. Qualche ora dopo è il padrone felice di un cucciolo di lupo, a cui dà nome Brenin (“re” in gallese antico). Per undici anni, sarà lui la presenza più importante nella vita del professore, che seguirà ovunque... A cura di M. Mazzariol Ferdinando Ongania Editore a San Marco Marsilio pp. 99 €. 10,00 netica attività diplomatica per mobilitare l’Europa cristiana, supportato da Papa beato Innocenzo XI (1676-1689) e da un instancabile padre cappuccino, il beato Marco da Aviano (1631-1699). La difesa del Paese è affidata al duca Carlo V di Lorena (1643-1690) e quella della capitale a una guarnigione rinforzata dalla guardia cittadina e dai rappresentanti dei corpi intermedi. «Macellai e birrai si unirono per mettere insieme una compagnia, mentre una ciascuna fu organizzata da calzolai e fornai. [...] Le autorità universitarie, nel frattempo, chiamarono a raccolta gli studenti insieme agli stampatori e ai librai. [...] Anche artigiani, funzionari e servitori orbitanti attorno alla corte» (pp. 148-149) si organizzarono in compagnie. L’esercito ottomano investe Vienna il 14 luglio. I difensori avevano abbattuto le case che circondavano la città per non lasciare riparo a chiunque si avvicinasse, ma i turchi scavano profonde trincee per proteggersi e per minare le mura. Questa tecnica non sortisce gli effetti sperati e non fiacca il morale degli assediati. I turchi, inoltre, invece di sfruttare la loro enorme superiorità numerica, decidono di prolungare l’assedio non tanto per il timore delle perdite dovute a un attacco frontale quanto per salvare le ricchezze della città in vista del saccheggio finale. Ma Leopoldo d’Asburgo riesce a concludere un accordo con i suoi alle- Mark Rowlands Il lupo e il filosofo Mondadori pp. 228 €. 18,50 Ferdinando Ongania (1842-1911) fu a Venezia tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Diede vita, in una città ormai non più al centro del panorama culturale europeo, a una tra le realtà più significative del tempo nell’ambito dell’editoria d’arte, intuendo tra i primi le grandi possibilità che il mezzo fotografico era in grado di offrire al libro illustrato. Il suo nome è legato alla straordinaria opera “La Basilica di San Marco in Venezia”, vera e propria mappatura del monumento marciano. Sei pezzi esemplari di quella particolare forma di giornalismo che è il reportage di guerra, interpretato in queste pagine da scrittori e inviati internazionali degli ultimi quarantanni. Un documento prezioso e una straordinaria lezione di giornalismo. Quello di chi, al fronte, combatte in nome dell’informazione e della memoria. A cura di Simone Barillari La guerra a un passo Bur pp. 194 €. 11,00 I turchi davanti a Vienna ati, fra cui spiccava Giovanni III Sobieski (1624-1696), re di Polonia e capo della Confederazione Polacco-Lituana. A Cracovia, il 10 agosto, festa di san Lorenzo, «presenti il re, la regina, e una folla di principi, vescovi, generali, conti palatini, soldati e gente comune, il nunzio rese pubblica l’indulgenza papale per tutti coloro che avessero combattuto in quella guerra santa» (p. 191). La sera dell’11 settembre, quando Vienna è allo stremo, l’esercito cristiano si schiera a Kalhenberg, presso la città: sono presenti con le loro truppe i principi del Baden e di Sassonia, i Wittelsbach di Baviera, i signori di Turingia e di Holstein, i polacchi e gli ungheresi, il generale italiano conte Enea Silvio Caprara (1631-1701) e il giovane principe Eugenio di Savoia (1663-1736), che riceve il battesimo del fuoco. La battaglia si protrae per tutto il 12 settembre, finché giunge l’ora «[...] in cui l’esercito cristiano, per usare il linguaggio enfatico di uno scrittore turco contemporaneo, divenne un fiume di pece nera che colava dalle montagne consumando tutto quel che toccava» (p. 234). I turchi vengono sbaragliati F. A. Rossi Marignano Federico Barbarossa e Beatrice di Borgogna Mondadori pp. 316 €. 10,00 e Sobieski invia al Papa le bandiere catturate accompagnandole con queste parole: «“Venimmo, vedemmo e Dio vinse” (Venimus, Vidimus et Deus vicit)» (p. 242). Ancor oggi, per decisione di Papa Innocenzo XI — ma questo Stoye non lo annota —, il 12 settembre è dedicato al SS. Nome di Maria, in ricordo e in ringraziamento della vittoria. Il sultano chiede immediatamente la testa di Kara Mustafa. La notizia raggiunge il gran visir a Belgrado, dove restituisce i simboli della sua alta autorità, il sigillo e il sacro vessillo del Profeta prima di essere strangolato da un emissario di Mehmet IV il 25 dicembre 1683. «Il gran visir Kara Mustafa era morto, ma per il mondo cristiano era Natale» (p. 251). La vittoria di Kalhenberg e la liberazione di Vienna sono il punto di partenza per la controffensiva condotta dagli Asburgo contro l’impero ottomano nell’Europa danubiana, che porta, con la costituzione della Lega Santa, nel 1684, e infine la pace di Karlowitz, nel 1699, alla liberazione dell’Ungheria, della Transilvania e della Croazia. «Senza grande esagerazione, la guerra del 1683-99 contro il sultano può essere definita l’ultima crociata» (p. 257). Federico A. Rossi di Marignano rievoca le sei discese in Italia del Barbarossa nel tentativo che fece, durante ventanni, di sostituire alla struttura democratica dei Comuni italiani quella autoritaria e centralizzata dell’impero. Di fronte ai soprusi imperiali i Comuni italiani seppero invece superare le antiche inimicizie e allearsi tra loro, sconfiggendo alla fine il Barbarossa a Legnano il 29 maggio 1176. Il Settecento si apre in Francia con la fine ingloA cura di Gianni Lodi riosa del lungo regno di Luigi XIV, il re Sole, La civiltà letteraria francese con un Paese provato e in pieno declino politico del Settecento e di prestigio culturale. Gli otto anni della RegLaterza genza di Philippe d’Orléans aprono una fase di grande rinnovamento, caratterizzata da una pp. 202 €. 20,00 generale liberazione dei costumi, una maggior libertà di pensiero e un salutare avvicendamento dei modelli estetici. Anna Clara Bova Al di qua dell’infinito Carocci pp. 142 €. 17,30 I pensieri che Leopardi dedicò allo studio della natura umana sono esaminati attraverso un fitto spoglio delle note dello Zibaldone. L’analisi dei testi fa emergere la drammatica complessità degli interrogativi che scandirono il percorso intellettuale dell’autore, evidenziando il suo spessore culturale e l’originalità del suo metodo e dei suoi approdi nel confronto con i più importanti orientamenti teorici, scientifici e filosofici dell’epoca. Leopardi rifiuta presto le idee innate di Platone, dissolvendo con queste ogni fede nell’assoluto. E tuttavia, di questo stesso principio continua a sentire la seduzione - tentando di sfiorarlo - pur nell’impossibilità di attingerlo. Dentro la riflessione e la scrittura leopardiana permane forte e ineliminabile il fascino di alcune favole platoniche: il mito dell’anima alata del Fedro, quello di Prometeo nel Protagora, e soprattutto il racconto sull’amore che occupa l’intero Simposio. Massimo Natale Il canto delle idee Marsilio pp. 160 €. 16,00 LIBRI DA LEGGERE I 8 A cura di M. Santoro e R. Sassatelli Studiare la cultura Il Mulino pp. 401 €. 33,00 La Repubblica (anti)fascista Richard Overy Crisi tra le due guerre mondiali 1919-1939 Il Mulino pp. 193 €. 12,50 Una casa senza biblioteca è come una fortezza senza armeria (da un antico detto monastico) a cura di Maria Grazia D’Ettoris U na divertente carrellata delle barzellette che si raccontavano, durante il ventennio fascista, su Mussolini e sui gerarchi si legge in Guglielmo Guasta e Luciano Ferri Jus murmurandi in camicia nera. Il volumetto, con prefazione di Francesco Perfetti e una premessa di Roberto Gervaso, viene pubblicato da Le Lettere (pp. XII + 112, € 9,50). Non poche di queste storielle, non possano, di piegarla ai propri fini politici. Nell’attività di Perfetti è sempre stata presente la pubblicistica. Attualmente è editorialista de Il Tempo e di Libero. Appunto sul quotidiano allora diretto da Vittorio Feltri Francesco Perfetti ha pubblicato una lunga serie di annotazioni, di riflessioni, di commenti, di critiche, di storia, di politica, di cultura, di attualità, sempre di forte stimolo e profondamente scorrette sul versante politico. Un’ampia scelta appare in volume col titolo La repubblica (anti) fascista presso Le Lettere ed. (pp. 360, € 20). La copertina è una sintesi del pensiero dell’autore. Viene riprodotta la copertina di un periodico brillante e caustico, oggi dimenti- onservali nella tua Il ventennio fra le due guerre è un periodo di profonda crisi, contrassegnato da dispute irrisolte e da un diffuso caos economico e politico. Il riacutizzarsi delle tensioni internazionali con gli assetti della pace di Versailles; la rivoluzione russa e le sue conseguenze sulla lotta politica negli altri paesi; la modernizzazione e le spinte reazionarie che essa generò in tutta Europa; il grande crollo finanziario del 1929; la diffusione di regimi totalitari Avagliano Palmieri Gli internati militari italiani Einaudi pp. LXIV-338 €. 20,00 La fedeltà alle stellette fu la motivazione più comune e diretta della grande maggioranza dei 650000 militari italiani che preferirono la prigionia nei lager tedeschi al passaggio dalla parte nazifascista. Questi 650000 prigionieri erano degli sconfitti che avevano vissuto il fallimento del regime fascista, la misera fine delle guerre di Mussolini, lo sfacelo delle forze armate all’8 settembre. Giuseppe Pigoli I dardi di Apollo Dalla peste all’Aids Utet pp. VI-214 €. 18,00 se raccontate a voce alta, avrebbero potuto, a quei tempi, causare anche il confino. Sono la testimonianza dello ius murmurandi particolarmente vivace durante il Ventennio. E’ altresì presentata una ricca selezione di graffianti caricature di Mussolini diffuse, all’epoca, in Italia e all’estero. A cura di Maria Grazia Porcelli Il teatro francese 1815-1930 Laterza pp. 153 € 18,00 La storia del teatro francese fra il 1815 e il 1930 mostra due anime. Una più turbolenta, che si manifesta subito con la celebre “battaglia di Hernani”, infuocato scontro tra classicisti e romantici emergenti in cui si affermarono a suon di urla gli ideali di giovani e irriverenti artisti come Hugo, Dumas e Musset. L’altra anima, più resistente, affonda invece le sue radici nella tradizione del classicismo ed esprime valori più convenzionali ma non per questo meno efficaci. A cura di M. Scarpari La Cina. Vol. III Verso la modernità Einaudi pp. XXXV-1072 €. 95,00 Questa nuova “Grande Opera” vede la luce a partire dall’ultimo volume, quello che descrive gli anni a noi più vicini; ma seguiranno presto i volumi che completeranno l’intera storia della civiltà cinese dal periodo dei primi insediamenti umani ai giorni nostri. La storia, il pensiero, la letteratura, l’arte, le religioni e le scienze della Cina nel processo di formazione e di evoluzione nel corso dei secoli saranno trattati nei tre volumi tenendo conto dei rapporti con il mondo esterno, in un’ampia prospettiva che contempla l’incontro tra le diverse civiltà (superando dunque la consueta dimensione sinocentrica), in un terreno di dialogo e di scambio reciproco dove linee di pensiero si confrontano, i miti si intersecano arricchendosi di nuovi significati, l’arte e l’iconografia fungono da supporto essenziale alla circolazione delle idee, le innovazioni tecnologiche si sviluppano e transitano nelle opposte direzioni, e le religioni uniscono e dividono i popoli contribuendo alla penetrazione di culture straniere (si pensi, ad esempio, alla penetrazione del Buddismo e del Cristianesimo in Cina e nell’Estremo Oriente in genere). m. b. cato, il Travaso: più esattamente, è quella di un numero appena successivo al 18 aprile 1948. Vi sono raffigurati Mussolini che saluta romanamente (didascalia: Il saluto che ci imposero…), Togliatti che saluta con pugno (… quello che volevano imporci…) e De Gasperi che saluta benedicente (…quello che ci imporranno?). No, dunque, alle dittature ai totalitarismi, no anche alla repubblica conciliare. In nome della libertà, che è la parola sotto la quale possiamo raccogliere i tanti, piccoli ma acuti saggi di questa raccolta, che fanno dimenticare di essere articoli di giornale per assurgere a una sorta di affresco della cultura novecentesca, dipinto controcorrente. B Può apparire banale asserire che le malattie hanno condizionato il progresso, meno banale, forse, è scoprire che molte di queste malattie sono state “preparate” da eventi naturali o che sono esplose solo quando vi erano condizioni sociali, economiche (rotte commerciali, urbanizzazione...) e culturali (le conoscenze scientifiche) idonee al loro imperversare. N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre CULTURA Barzellette del ventennio rata, dal fiumanesimo alla monarchia. Idealmente vicino a maestri quali Renzo De Felice, Rosario Romeo e Franco Valsecchi, Perfetti ha saputo raccogliere intorno a sé, alla propria cattedra (adesso è ordinario di storia contemporanea alla Luiss), alla propria attività editoriale (dirige da anni Nuova Storia Contemporanea, fondamentale bimestrale di storia novecentesca, e le dipendenti collane editoriali per la casa Le Lettere), un bel numero di studiosi. Ha cioè potuto e saputo svolgere un’attività culturale, nel più ampio e disteso senso della parola, di punta, intensa, efficace, che da sinistra si cerca costantemente di limitare con l’etichetta sprezzante di “storiografia revisionistica”, quasi si trattasse di appestati. Invece Perfetti, e quanti intorno a lui si collocano, sono storici e uomini di cultura dotati di fortissimo senso critico, che non usano la storia come pretesto per far propaganda politica, come invece è nello stile di pseudo paludati storiografi ancor oggi intenti a praticare pervicacemente gobettismo, azionismo, marxismo e di negare la realtà o, quando proprio C è LEGGERE Il volume raccoglie alcuni dei testi che più hanno contribuito nel tempo alla definizione e allo sviluppo della sociologia culturale l centro-destra, fin dalla fondazione di Forza Italia, ha costantemente trascurato la cultura. Pochi periodici specializzati, disinteresse pieno per il mondo accademico, mancanza completa perfino di stimoli verso la preparazione politologica. L’esatto opposto, insomma, della penetrazione dei comunisti (e della sinistra in genere) perpetrata per decenni nelle università come nella giustizia, nei giornali come nelle istituzioni di ricerca. Ovviamente queste deficienze si scontano, soprattutto a lungo termine. Restano isolati gli studiosi, abbandonati a sé i docenti, impossibilitati ad agire scrittori, operatori culturali, uomini dello spettacolo che, magari pur non aderendo al centro-destra, si sentono ostili al centrosinistra. Un esempio di organizzatore di cultura, studioso, docente non organico al centro-destra, tuttavia nemico giurato della cultura gramsciano-azionista che dalla fine della guerra dobbiamo subire è Francesco Perfetti. La sua produzione di storico spazia su episodi e figure del Novecento italiano sui quali ha lasciato un’impronta spesso insupe- LIBRI INSERTO Marco Bertoncini James L. Gelvin Storia del Medio Oriente moderno Einaudi pp. XI-457 €. 30,00 Questo libro ricostruisce gli ultimi cinquecento anni di storia del Medio Oriente a partire dall’ipotesi generale secondo cui i problemi drammatici che caratterizzano la situazione attuale dipendono in buona parte almeno da cause storiche che affondano le loro radici nel passato di quella regione. In particolare, Gelvin si concentra sul processo di definitivo sfaldamento dell’Impero ottomano e sulle sue conseguenze, soprattutto la costruzione della dominazione coloniale. La parte preponderante del libro è quindi è dedicata al XIX e al XX secolo, di cui l’autore interroga sia le dimensioni politiche, economiche e sociali, sia la storia culturale, intellettuale e spirituale, nella convinzione che solo il complesso integrato di tutti questi fattori possa dare conto, ad esempio, dell’emergere e dell’egemonia dell’Islam politico e dell’antioccidentalismo dei giorni nostri. iblioteca Sabino Acquaviva La fine di un mito Destra, Sinistra e nuova civiltà Marsilio pp. 157 €. 10,00 Nell’ambito di una nuova civiltà che annuncia il futuro, il significato della parola “politica” cambia in maniera sostanziale. I politici amministrano, distruggono, fanno le guerre, ma non inventano il futuro. Il progetto globale, che costruisce la società di domani, è il risultato di una serie di microprogetti che si sviluppano in gran parte fuori della politica. Georges Bensoussan Israele, un nome eterno Utet pp. XIII-203 €. 22,00 Oggi, in particolare dopo la guerra dei Sei Giorni (1967) e del Kippur (1973), la Shoah, contrariamente al sogno dell’”uomo nuovo” voluto dal sionismo dei padri fondatori, ha un ruolo imprescindibile nella costruzione dell’identità israeliana. È soprattutto attraverso di essa che gli Israeliani sono ridivenuti ebrei, al termine di un processo memoriale che potrebbe contribuire a indebolire la legittimità stessa dello Stato ebraico. Giuseppe Chiarante La fine del PCI Carocci pp. 211 €. 22,50 A vent’anni dalla “svolta della Bolognina”, Chiarante porta a compimento con questo libro la sua trilogia sulla storia del PCI, ricostruendo eventi, dibattiti e polemiche del periodo che portò il partito dai grandi successi ottenuti con Berlinguer negli anni Settanta alla dissoluzione nel Congresso di Rimini. Il libro si interroga sulle cause di un così rapido declino. Elena Percivaldi I lombardi che fecero l’impresa Ancora pp. 232 € 16,00 I cavalieri, i fanti, le armi e i clangori. Sullo sfondo dell’Italia e dell’Europa del XII secolo. Una storia di battaglie. Sul campo, ma anche nei palazzi del potere. Oggetto del contendere, il desiderio di libertà e autogoverno dei Comuni lombardi rispetto all’Impero, in mano ai sovrani di Germania. Presenti solo nominalmente finché a cingere la corona non è Federico di Hohenstaufen, il Barbarossa, uomo dalle idee chiare e con un concetto assoluto della dignità imperiale... N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre Letteratura Mediterranea INSERTO Quando ci si può guardar soffrire e raccontare quello che si è visto, significa che si è nati per la letteratura. Storia vera di Carmela Iuculano Giovanna Crisà Q uesta è la storia di una giovane donna, che ha avuto il coraggio di ribellarsi a un clan mafioso. La storia di Carmela, è raccontata da Carla Cerati, già autrice di diversi libri di successo. Chi è Carmela? Una bambina dolce, innamorata del suo papà, un’adolescente che scopre il tradimento del padre nei confronti della madre, il matrimonio con un giovane appartenente a una famiglia mafiosa, che la picchia da mattina a sera anche, nel momento in cui è incinta o ha partorito da poco. Si, perché ci sono uomini, che nella vita sono deboli, ma si sentono forti tra le mura domestiche , quando picchiano una donna, la propria donna, la madre dei propri figli. Ma Carmela, è una ragazza molto intelligente, che dalla depressione iniziale si rialza, per reggere il gioco della famiglia mafiosa. Spera sempre che il marito possa cambiare, pur non amandolo, ma ben presto deve ricredersi. Comprende che dietro la facciata, c’è traf- fico d’armi, di droga, di soldi sporchi. Ben presto Carmela conoscerà il carcere, ma sarà l’amore per i suoi tre figli a farla collaborare con la giustizia. Cominciano i processi, durante i quali la donna viene umiliata dal marito. Nonostante tutto, Carmela si risolleva, viene scarcerata e ritorna a scuola. La sua tesina, avrà come protagonisti Falcone e Borsellino, nonché un’analisi della mafia , paragonata a un ragno che tesse le sue ragnatele, immobilizza le vittime sino a svuotarle. Carla Cerati, ha raccontato con la Il sentiero dei bambini dimenticati E lly Gryffiths, è al suo primo romanzo, il quale ha avuto successo grazie al tam tam dei librai , nonché dei lettori. Un thriller avvincente, una protagonista che finalmente rompe i canoni della bellezza che i mass media impongono. Siamo in Inghilterra, nel North Norfolk. Ruth galloway è una professoressa di archeologia forense. Viene, improvvisamente coinvolta in un caso di omicidio, dall’ispettore Harry Nelson. Di chi sono le piccole ossa, che la palude ha restituito? Appartengono forse alla piccola Lucy, scomparsa dieci anni fa? Ecco che l’autrice, ci mette di fronte a un argomento scottante: che fine fanno i bambini scomparsi? Il caso di Lucy ci riporta agli episodi di cronaca, al caso della giovane rinchiusa dal padre, o alla scomparsa della piccola Meredith. Le ossa non dimenticano, e quando Ruth, si trova di fronte a ciò che la palude ha restituito, si accorge che intorno tutto è silenzio, come se gli stessi gabbiani, sentano l’odore della morte. Nel romanzo, si susseguono colpi di scena continui. Nel momento in cui il lettore, crede di aver capito chi è l’assassino, capisce di sbagliarsi, mentre l’ispettore, continua a ricevere lettere, che alludono a rituali antichi, a sacrifici di innocenti L’ambientazione del romanzo, nel territorio paludoso, rende la narrazione ancora più avvincente, sino a una fine imprevista. semplicità che contraddistingue, la storia di una donna, e un pezzo di quella Sicilia che non dovrebbe esistere più. Ma la mafia, si sa, è partita dalla Sicilia e adesso si trova molto più lontano. Si è inserita nella vita di tutti i giorni, nei favoritismi, nella politica. Se mai nessuno avrà il coraggio di dire basta, continuerà a distruggere il mondo. Carla Cerati Storia vera di Carmela Iuculano Marsilio pp. 157 €. 15,00 Elly Griffiths Il sentiero dei bambini dimenticati Garzanti pp. 285 €. 17,60 P ortsmouth, 1787. È la vigilia di Natale, e il ladruncolo John Jacob Turnstile, quattordici anni, è stato preso di nuovo con le mani nel sacco. Questa volta, può scegliere la sua condanna: un anno di galera o due come sguattero a bordo di una nave. Il ragazzo non ha dubbi: sceglie il mare. Il Bounty è un maestoso vascello della flotta inglese, e John, incantato dalla vastità dell’oceano, accoglie con tutta la meraviglia di cui è capace la nuovissima vita che gli si apre di fronte. Senza immaginare che sta andando incontro a uno dei viaggi per mare più travagliati di tutti i tempi, diventando testimone della più celebre rivolta della storia della marina britannica. Ma negli occhi spalancati e impazienti di un ragazzo, anche una pericolosa avventura come quella che porterà il Bounty a Tahiti, terra coloratissima dove il tem- Dibb Saul La duchessa po sembra non essere mai cominciato, può diventare un’irripetibile occasione di crescere davvero, e imparare il significato dell’amicizia, della lealtà, del coraggio. Per assaporare, finalmente, qualcosa che somiglia molto alla libertà. Con questo nuovo romanzo, John Boyne ci regala una storia piena di emozione e di avventura, raccontando con straordinaria delicatezza il passaggio all’età adulta di un ragazzo che la vita ha messo dura prova. G. C. John Boyne Il ragazzo del Bounty Rizzoli Pp. 500 €. 21,00 Feltrinelli Dvd con libro €. 18,90 Sophie Kinsella La ragazza fantasma Mondadori pp. 393 €. 19,50 A ventisette anni, niente funziona nella vita di Lara. Il fidanzato l’ha lasciata, ma lei non si arrende e lo perseguita con messaggi e telefonate, la società di cacciatori di teste che ha aperto con la sua migliore amica non decolla, la socia ha pensato bene di trasferirsi a Goa lasciandola in un mare di guai e la sua famiglia la considera un po’ picchiatella... Èdouard Bourdet Sebastian Beaumont Il mistero del tredici Fanucci pp. 320 €. 16,00 Nei lunghi turni di notte alla guida del suo taxi, Stephen Bardot incontra persone di ogni genere ed estrazione sociale, ognuna con una sua storia, ognuna diversa dalle altre. E quando la stanchezza si fa sentire, può capitare di vedere o sentire qualcosa di strano... Stephen ha una cliente fissa, Valerle, giovane, bellissima, bionda e con dei profondi occhi blu, che ogni giorno accompagna al Cornerstone Community Centre di Palmeira Square, partendo dal 13 di Wish Road. Preoccupato perché da qualche tempo non viene più chiamato da lei, contatta l’operatore della compagnia di taxi per avere sue notizie. La risposta che riceve lo sciocca: su Wish Road non esiste alcun palazzo al civico 13. Ed è così: quando verifica, Stephen scopre che esiste un 11a, ma che il palazzo è completamente diverso da quello che lui ricorda come il 13. Dove è andato a prendere Valerie per tutto quel tempo? Passano i giorni, e cominciano a verificarsi fatti sempre più misteriosi. Compaiono persone che sanno fin troppo della vita di Stephen e del suo passato, e che lo riportano sempre più a quel misterioso numero 13; ma ogni volta che prova a fare domande, riceve in cambio solo silenzi. Alla fine di decide ad allontanarsi da Brighton, per preservare la sua sanità mentale: ma il 13 non ha alcuna intenzione di lasciarlo andare... James Lee Burke Il prezzo della vergogna Fanucci pp. 416 €. 18,50 G. C. Il ragazzo del Bounty 9 Nei pressi del ranch dove Dave Robicheaux si è trasferito vengono trovati i cadaveri di due studenti brutalmente assassinati. Robicheaux trova subito una pista da seguire: ha la netta sensazione che due fratelli, Ridley e Leslie Wellstone, siano implicati in questa faccenda. I due, dopo essersi arricchiti con il petrolio in Texas, si sono da poco stabiliti nella piccola cittadina di Missoula. Leslie, tanto terrificante quanto potente, è sposato con una cantante country, Jamie Sue Stapleton, e l’uomo di cui lei è innamorata, Jimmy Dale Greenwod - cantante country anche lui - è da poco misteriosamente evaso di prigione. Nel tentativo di dipanare un gioco di interessi in cui tutti i personaggi coinvolti sembrano legati tra loro a doppio filo, Dave e Clete dovranno confrontarsi anche con i fantasmi del loro passato: Clete, in particolare, si ritrova proprio al centro di tutta la vicenda, e tutto sembra ruotare proprio intorno al suo contributo nella cattura di un boss mafioso... Il cinema come piacere, il racconto di una storia di passioni ingabbiate nelle convezioni, pronte a esplo- Simon Scarrow Sotto l’aquila di Roma Newton & Compton pp. 332 €. 12,90 dere e sconvolgere gli schemi della società costituita. Lady Georgiana Spencer è una giovane nobildon- na che sogna, come tutte, il matrimonio d’amore... È il 42 d.C., e il centurione Macrone, eroe di mille battaglie, è distaccato con la Seconda legione nel cuore della Germania. Il suo secondo, Catone, è un giovane rampollo, un novizio rispetto al suo superiore, e dovrà dimostrare tutto il proprio valore per non perdere la stima dei soldati. L’occasione giusta è una violenta schermaglia con una delle tribù locali, poco prima che la legione si disponga ad affrontare il nemico barbaro più temuto: i Britanni. Ora Macrone e Catone si troveranno coinvolti loro malgrado in una oscura cospirazione che minaccia di rovesciare l’imperatore Claudio. Religione 10 La pericolosa idea di Darwin L e Colonne d’Ercole rappresentavano il limite estremo oltre il quale l’uomo ha sempre desiderato spingersi, ma anche i confini del mondo e della conoscenza, confini che Charles Darwin (18091882) osò superare sconvolgendo quelle che fino ad allora erano considerate certezze. L’idea pericolosa di Darwin non ebbe subito successo tra gli uomini di scienza ma venne divulgata come mai è accaduto prima e dopo Darwin; ma è dagli anni novanta del secolo scorso che è iniziata una celebrazione insolita: «I festeggiamenti del compleanno di Darwin segnano una svolta, perché non hanno precedenti nel mondo della scienza, ma somigliano ai riti della venerazione dei santi e al culto dei capi di certi regimi politici. Il Darwin day non è nato per caso, ma è una reazione alla ripresa su scala globale e con toni sempre più accesi del dibattito sul darwinismo». Con queste premesse inizia il pregevole volume del dott. Mihael Georgiev (Charles Darwin. Oltre le colonne d’Ercole. Protagonisti, fatti, idee e strategie del dibattito sulle origini e sull’evoluzione, Gribaudi, 2009, pagg. 464, Eur. 20,00), medico di origini bulgare, nel nostro paese dal 1973. In questo dibattito l’autore entra autorevolmente stimolato anche dal Master in Scienza e Fede frequentato presso l’Ateneo Pontificio «Regina Apostolorum» di Roma e vi entra con lo stile proprio dell’uomo di scienza che risale alle fonti delle sue affermazioni, come dimostrano le numerosissime note e citazioni dai testi originali, e dell’uomo di fede, ma che è consapevole dei limiti che distinguono i vari ambiti. Non c’è mai confusione, anche i temi più controversi (rapporti tra teologia ed evoluzionismo, il creazionismo, l’intelligent design) vengono affrontati con estrema precisione e scientificità critica. Il volume inizia con la descrizione della storia del racconto delle origini e delle sue interpretazioni dalla Bibbia (cap. 2), all’antica Grecia (cap. 3) per arrivare al periodo rinascimentale fino alla nascita e sviluppo del pensiero scientifico (cap. 4 e 5). Il sesto capitolo è dedicato all’origine della vita da Francesco Redi (1624-1698) a Lazzaro Spallanzani Cristina Siccardi Madre Teresa Tutto inizio nella mia terra San Paolo pp. 224 €. 16,00 Madre Teresa è stata maestra di vita per tutti coloro che l’hanno conosciuta e continua a esserlo ancora oggi per migliaia e migliaia di persone. Lo è anche attraverso gli scritti e le riflessioni che ha lasciato. Attraverso questi scritti, testimonianze e documenti inediti, viene qui ricostruita l’influenza che la formazione ricevuta in famiglia e il legame con i congiunti hanno avuto sull’esistenza e sulle scelte della Madre di Calcutta. Gianfranco Svideroschi Un Papa che non muore San Paolo pp. 160 €. 13,50 Dopo la morte di Giovanni Paolo II, avvenuta il 2 aprile 2005, la memoria del Papa che maggiormente ha segnato il XX secolo è stata tenuta viva dalla fede di quanti, ogni giorno, fanno riferimento alla sua testimonianza e al suo insegnamento. Una vera e propria “eredità” di cui solo ora si cominciano a cogliere compiutamente i tratti. (1729-1799) e Louis Pasteur (1822-1895) che dimostrarono che la vita si origina sempre dalla vita, fino a descrivere i gravi limiti degli esperimenti di Oparin e Miller che cercarono di dimostrare il contrario. Non poteva mancare un capitolo dedicato alla geologia dal beato Niccolò Stenone (16381686) ai nostri giorni per poi iniziare con la descrizione del pensiero evoluzionista, prima nel ‘600 e nel ‘700 fino ad arrivare a Darwin. I capitoli centrali (8,9) descrivono le teorie dell’evoluzione (al plurale con buona pace di Telmo Pievani) e le critiche a queste, critiche che si sostanziano sempre più nei capitoli,13, 14 e 15. Il volume riporta lunghe citazioni che sono traduzioni inedite di testi non reperibili in italiano e solo questo ne fa una pubblicazione unica e indispensabile per chi voglia affrontare il tema dell’evoluzione e dell’evoluzionismo con aggiornamenti preziosi e documentati. Originale il capitolo in cui si analizza come, negli anni tra la fine dell’800 e i primi del ‘900 sia stato recepito il pensiero di Darwin (11) e come i teologi abbiano affrontato l’evoluzione (12) fino all’interpretazioni distorta e parziale della frase pronunciata da Giovanni Paolo II: «Nuove conoscenze conducono a non considerare più la teoria dell’evoluzione una mera ipotesi». Frase che potrebbe sembrare un riconoscimento all’evoluzionismo se privata della sua naturale prosecuzione: «La teoria dimostra la sua validità nella misura in cui è suscettibile di verifica; è costantemente valutata a livello dei fatti; laddove non viene più dimostrata dai fatti, manifesta i suoi limiti e la sua inadeguatezza». «Più che un riconoscimento – conclude Georgiev – a me sembra che si tratti di un monito a fornire adeguate prove a sostegno». Le prove sembrano arrivare ogni giorno, ma sono sempre più esercizi retorici che altro e vengono verificate attentamente una ad una nei vari capitoli del volume; da quelle storiche: i fringuelli di Darwin, i batteri e la loro resistenza agli antibiotici, l’albero della vita, l’anatomia comparata, a quelle più recenti: la teoria degli equilibri punteggiati, l’Evo Devo, l’Eva mitocondriale, l’esperimento di Lenski. Quest’ultimo, assieme a I L Le pagine di questo libro parlano dell’amore di Dio, non con un taglio da saggio di teologia spirituale, ma attingendo dalla Parola di Dio e dalla mistica cristiana per indicare una via percorribile e concreta per vivere la carità che, come scrive san Tommaso, è la virtù teologale che “raggiunge Dio in se stesso, proprio come egli è”. Godfried Danneels Reimpariamo a pregare Edb pp. 96 €. 6,90 “La preghiera è la prima caratteristica dell’uomo religioso: se uno accetta l’esistenza di Dio, non può che desiderare di rivolgersi a Lui” (dall’Introduzione). Con uno stile ricco di immagini e di calore, l’arcivescovo di Malines-Bruxelles invita a riflettere sulla pratica della preghiera, offrendo pagine intense e semplici, nate da una profonda sapienza sulla spiritualità e sull’uomo. Riflettiamo con i Libri Denis Biju-Duval La profondità del cuore Effatà pp. 320 €. 18,00 Questo libro si propone di affrontare le patologie della psiche attraverso una riflessione antropologica radicata nella Sacra Scrittura e nella riflessione ecclesiale, cercando di cogliere la sottile articolazione tra psichico e spirituale. In questo contesto, con l’apporto delle scienze psicologiche, si può sviluppare un’autentica teologia della guarigione interiore e si possono elaborare proposte cristiane adeguate alle sfide attuali. Nel mondo islamico è in atto un gioco sottile e perverso fra norma e cultura: la norma si istaura per condannare la cultura al silenzio. E il filo conduttore di questo saggio è proprio l’appello a un riscatto della cultura di fronte all’impero – al totalitarismo – della norma. Romano Amerio Iota unum Lindau pp. 736 €. 29,00 Joachim Bouflet La storia segreta di Padre Pio Newton & Compton pp. 294 €. 14,90 quello descritto da Ayala dimostrano che la selezione non è creativa ma conserva le specie esistenti. Ultima, ovviamente, la più moderna, la genetica. Analizzando un testo fondamentale: Entropia genetica e il mistero del genoma (FMS Publication, Waterloo, New York, 2008) di John C. Sanford si arriva alla sbalorditiva conclusione che il genoma umano stia degenerando, una sorta di “entropia genetica”. Fortunatamente qualche studioso ci rassicura che l’evolu- S Abdelwahab Meddeb Contro prediche Tra Europa e Islam Cantagalli pp. 408 €. 25,00 Pubblicato nel 1985, frutto di una ricerca protrattasi per circa mezzo secolo, Iota unum è l’opera più complessa e profonda del grande studioso cattolico “Romano Amerio”, una riflessione serrata e sistematica sul Magistero della Chiesa novecentesca (in particolare conciliare) e, insieme, un’aggiornata summa metafisica cattolica. In questo libro si racconta, semplicemente, della grande felicità e dei vantaggi, personali e sociali, che il cristianesimo vissuto produce in chi ha la fortuna - la “Grazia” - di incontrare qualcuno che glielo faccia gustare e capire, con la testa e con il cuore. Conoscere Gesù è un’esperienza totalizzante, che interpella ragione e sentimento e che, dando gusto all’esistenza, genera emozioni forti, giudizi nuovi e grandi passioni. ibri dello Giuseppe Pollano Come in cielo Effatà pp. 240 €. 14,00 N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre pirito Henry Quinson Dallo champagne ai salmi San Paolo pp. 224 €. 18,00 Nella classe business, subito dopo il decollo, una hostess offre a Quinson dello champagne. Quinson non dice di no, però da alcuni mesi ha ripreso a pregare, a recitare i salmi. Letteralmente in una mano ha lo champagne nell’altra il salterio. Contro ogni attesa vince il salterio. Quinson rinuncia al lavoro in banca e decide di farsi monaco. Jacques Gauthier Trovare il tempo per pregare Mesaggero pp. 152 €. 13,00 Sotto forma di conversazione amichevole, Gauthier ci invita a fare l’esperienza della preghiera cristiana nella frenetica vita moderna. L’autore ci dice come trovare ogni giorno del tempo per pregare, suggerisce momenti e luoghi favorevoli, propone soluzioni per pregare in vacanza e in famiglia, mostra l’evoluzione della preghiera nel corso dell’esistenza. Marco Palmisano La gioia di un giorno qualunque Piemme pp. 203 €. 16,00 Chi era davvero il frate innalzato agli onori degli altari da Giovanni Paolo II nel 2002 ma colpito da un provvedimento di interdizione emanato dal Sant’Uffizio nel 1923? Con spirito critico e autentico desiderio di sapere, Joachim Bouflet si addentra in uno dei momenti più controversi del misticismo contemporaneo. Nei capitoli del suo libro sfila la fede di chi, fin dal primo momento, ebbe fiducia nelle virtù taumaturgiche del frate di Pietrelcina. zione/degenerazione stia rallentando o che si sia fermata. Finalmente abbiamo smesso di evolverci! Speriamo. Andrea Bartelloni Mihael Georgiev Charles Darwin. Oltre le colonne d’Ercole Protagonisti, fatti, idee e strategie del dibattito sulle origini e sull’evoluzione Gribaudi, 2009, pagg. 464, Eur.20,00 Enzo Bianchi Perché pregare, come pregare San Paolo pp. 128 €. 12,00 In un tempo in cui si avverte una crescente “sete” di spiritualità, tanto nei credenti che, forse ancor di più, nei non credenti, il tema della preghiera assume un’importanza decisiva. A condizione di liberarlo da inutili sovra strutture e da fraintendimenti che ne sviliscono il valore. È quanto si propone di fare Enzo Bianchi in questo saggio: riscoprire la freschezza e la vera natura della preghiera cristiana, ricollocandola nel solco della rivelazione biblica. Nello Cipriani Il cammino di santiago La spiritualità di Agostino Città Nuova pp. 420 €. 35,00 Il Cammino di Santiago non è soltanto di un’avventura religiosa, come accadeva in passato, e nemmeno un semplice itinerario culturale, come avviene per altri percorsi. Il Cammino di Santiago integra spiritualità e paesaggio, fede e tradizione, storia e società; questo libro ne ripercorre la storia, con la speranza di poter in qualche modo aiutare i pellegrini moderni a comprendere meglio le ragioni di un simile viaggio. Attualità N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre Quei giudici tecnocrati che vogliono educare il “popolo bue” Un crocifisso in una scuola D a tempo in Europa e nel mondo occidentale imperversano dei giudici che interpretano a modo loro il senso della giustizia e soprattutto se ne infischiano dei diritti delle maggioranze e delle leggi parlamentari. Proprio l’altra settimana la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha sentenziato che il crocifisso lede la libertà religiosa se viene esposto nelle aule scolastiche e quindi va rimosso. La sentenza dei sette giudici, tra cui l’italiano di area progressista, Vladimiro Zagrebelski, a dire la verità è stata criticata abbondantemente dalla stragrande maggioranza degli italiani; si può dire che addirittura c’è stata con migliaia di N lettere ai giornali, interpellanze nei consigli comunali, e-mail, telefonate alle radio, messe, incontri di preghiera, gazebo di raccolta firme, una vera e propria sollevazione popolare tesa a difendere e sostenere la presenza del crocifisso, non solo nelle aule scolastiche ma in tutti i luoghi pubblici. Anche gli USA non sono immuni dalle invasioni di campo dei giudici, anzi tutto parte da lì. Recentemente i cittadini americani sono stati chiamati al voto per dire si o no al matrimonio gay. Si è votato in 31 Stati, l’ultimo nel Maine, e sempre hanno vinto quelli del matrimonio naturale, “trentuno a zero per gli oppositori delle nozze gay” scrive il sociologo Massimo Introvigne. Per gli attivisti del matrimonio gay è stato un colpo durissimo ma che è durato poco, giacché negli Usa si continuano lo stesso a celebrare matrimoni tra omosessuali perché in quasi tutti gli Stati la decisione di introdurre il matrimonio gay viene preso dai giudici. Basta far ricorso e voilà, i tribunali danno ragione ai fidanzati gay consentendo loro di convolare a nozze. La verità è che in alcune parti del mondo alcune piccole ma potentissime lobby di giudici ideologizzati, pervicacemente ignorano la volontà degli elettori e pensano sia loro dovere educare il popolo che evidentemente non è maturo per comprendere la nuova frontiera della Modernità. Nell’enciclica Caritas in veritate Benedetto XVI ha indicato nella tecnocrazia la maggiore minaccia per la libertà dopo la fine delle ideologie. A molti la parola tecnocrazia fa venire in mente solo gli scienziati pazzi di qualche film. Ma per il Papa la tecnocrazia è quella di qualunque potere che pensa d’imporre le sue scelte alla maggioranza non in nome del bene comune e neppure di un mandato elettorale, ma perché pensa di saperne di più rispetto a un popolo bue che per definizione è arretrato e condizionato da pregiudizi religiosi. Una visione giacobina che liquida come “fondamentalismo” tutto ciò che va contro il proprio Pochi centesimi per il canone televisivo on pagate il canone, è l’invito concomitante arrivato (e poi rapidamente scomparso) da Libero e Giornale. Il canone non lo pagherà più il 50% degli italiani, sostiene Silvio Berlusconi. Legheremo il pagamento del canone alla bolletta della luce, minacciano a turno i numi tutelari della televisione pubblica. Peccato che nessuno si ricordi che il canone televisivo è irrisorio: pochi centesimi. La prova giuridica sta nell’ultimo decreto ministeriale (la competenza è del ministro dello Sviluppo economico, il quale ha finito con l’assorbire le funzioni un tempo delle Poste) che ha determinato la “misura dei canoni di abbonamento alle radiodiffusioni” in vigore per quest’anno. Si noti che il decreto è datato 18 dicembre 2008, ma è stato pubblicato in Gazzetta soltanto il 20 marzo 2009, anche se gli abbonati sono stati invitati a pagare entro il 31 gennaio, quanto legittimamente non è dato sapere. Per i “detentori di apparecchi televisivi ad uso privato” (i possessori di soli apparecchi radio sono esenti dal 1998) la tabella 1 specifica con chiarezza, quanto all’abbonamento annuale: “canone € 0,22; sovrapprezzo € 99,17; tassa di concessione governativa € 4,13; Iva € 3,98; totale € 107,50”. Il canone, dunque, è di soli 22 centesimi; tutto il resto è sovrapprezzo e tributi. Andando a rovistare fra leggi e decreti di lontani decenni, si può accertare che nel 1938, quando furono emanate le norme che tuttora regolano gli abbonamenti alle “radioaudizioni” (così si esprime il r.d.l. n. 246/’38), il canone era fissato in 81 lire l’anno (oggi sarebbero circa 60 €). Successivi aumenti portarono il “canone propriamente detto” (così definito dal decreto legislativo del capo provvisorio dello Stato n. 1542 del 1947) a 420 lire, che sono Un vecchio televisore esattamente gli 0,22 euro odierni. Il rimanente, cresciuto mercé una sfilza di decine di decreti ministeriali succedutisi anno dopo anno, è sovrapprezzo. Lo stesso decreto legislativo n. 1542/’47 ammette che, in caso di aumento della misura del sovrapprezzo, l’interessato possa disdire l’abbonamento “nel termine di trenta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di aumento, osservando le modalità prescritte dall’art. 10” del r.d.l. n. 246/’38. E queste modalità, sempre vigenti, prevedono che l’apparecchio (oggi) televisivo venga “racchiuso in apposito involucro in modo da impedirne il funzionamento”. Marco Bertoncini Turisti rurali 11 pensiero. Oggi la più pericolosa tecnocrazia è proprio quella di certi giudici. Il fenomeno è autenticamente diffuso. Negli USA ricordiamo che l’eutanasia di fatto è diventata lecita quando un giudice ordinò all’ex marito di sospendere gli alimenti a Terry Schiavo. Ma anche l’aborto negli USA passò grazie ad una sentenza, Roe contro Wae. E in Italia Eluana Englaro non c’è più perché i giudici così hanno voluto. E ancora la Fini-Bossi e successive modifiche non funziona perché i magistrati hanno solle- vato centinaia di volte eccezioni di incostituzionalità della legge non facendola funzionare. Molti magistrati pensano - e lo dicono apertamente – che i giudici sono detentori di un sapere superiore, ecco perché spetta a loro rieducare il popolo. Quando in Italia si scopre che oggi la magistratura gode solo del 14% di fiducia da parte della gente, contro l’85% dei primi anni novanta ne comprendiamo le ragioni. Alessandro Pagano Domenico Bonvegna La crisi cambia le vacanze degli italiani T oprural.com, strumento completo e semplice per la ricerca di un agriturismo o di un altro alloggio rurale, ha realizzato, in collaborazione con la società specializzata Sondea, la Radiografia del Turista Rurale 2009 Italia. Si tratta di una ricerca condotta su un campione di 947 interviste, per analizzare per la prima volta nel nostro Paese il fattore “domanda” nel settore del turismo rurale. I risultati dell’indagine hanno evidenziato che i viaggiatori rurali (l’85% degli intervistati) hanno un’età compresa tra i 25 e i 54 anni, sono laureati per il 38%, diplomati per il 47%, e il 57% sono donne. Il tipico turista rurale italiano sceglie di alloggiare in un agriturismo 3,6 volte l’anno, per dei soggiorni che registrano la durata media di 4,3 giorni. Una domanda a risposta multipla ha evidenziato come gli italiani preferiscano la vacanza rurale durante i week-end (il 56%), i ponti (51%) e l’estate (41%), scelgano di andare in coppia (56%), poi con amici (28%) e si aspettino tranquillità, contatto con la natura, servizi, rapporto qualità prezzo ma anche un buon atteggiamento da parte del gestore. Più di un italiano su 4, il 27%, prenota la vacanza in agriturismo a meno di una settimana dalla partenza; in media le prenotazioni avvengono 26,2 giorni prima delle vacanze. La spesa media, per persona a fine settimana, ammonta a 172,4 euro, di questi quasi 97,8 euro sono dedicati a coprire la sola spesa di affitto. Il turista italiano è diviso sulla percezione del prezzo di affitto in un agriturismo. La metà degli intervistati (il 50%) crede che si tratti di un prezzo basso o molto basso, poco meno della metà (il 49%) crede, invece, che si tratti di un prezzo alto o molto alto. Le caratteristiche di un agriturismo più apprezzate sono la pulizia (“molto o abbastanza importante” per il 97% delle persone), la tranquillità e il prezzo (in entrambe i casi per il 96%). Meno rilevanti la presenza di Spa e di centri benessere, “molto o abbastanza importanti” per il 46% degli intervistati, e i servizi “extra” (maneggio, escursioni, corsi, etc.), scelti dal 53%. Per la ricerca di alloggi Internet è la risorsa primaria. Su un questionario, sempre a risposta multipla, per trovare strutture l’89% si affida a Internet e il 44% ai suggerimenti di amici e famigliari, invece, per prenotare, il 65% preferisce l’e-mail, il 64% il telefono e il 40% l’on-line. In agenzia va solo il 5%. Nella scelta risultano fondamentali i servizi, preferiti dal 69%, le foto (56%), i suggerimenti (42%) e le opinioni (38%). Effetto crisi nel turismo italiano Il 73% della totalità dei turisti italiani ha dichiarato di aver cambiato modo di far vacanza e, di questi, il 42% si è attivato per ricercare una sistemazione più economica o ha ridotto i costi delle attività extra, mentre, il 30% ha diminuito il numero dei giorni di vacanza. Tra i frequentatori di strutture rurali, il 48% di chi ha rinunciato, lo ha fatto per questioni economiche personali. Confronto con Francia e Spagna La ricerca è stata condotta simultaneamente in altri due Paesi: Francia e Spagna. Dal confronto emerge che il turista rurale italiano ha avvertito maggiormente gli effetti della crisi economica e ha modificato le proprie abitudini in tema di vacanze, in maniera molto più significativa. Ben il 73% degli intervistati italiani è corso ai ripari, contro il 63% degli spagnoli e il 57% dei francesi, anche se i nostri connazionali continuano a essere quelli che spendono di più: in media 172,40 euro a persona per week end, contro i 148,00 euro dei francesi e i 157,00 euro degli spagnoli. Gli italiani, inoltre, si fidano molto del parere di amici e conoscenti a differenza dei “colleghi” transalpini e iberici. In Italia consigli e suggerimenti di amici e parenti influenzano la scelta in proporzione maggiore (42%) rispetto alle opinioni e recensioni di altri turisti che si possono incontrare sui siti Web di settore (38%). In Spagna e in Francia, invece, ci si fida più delle opinioni e recensioni trovate in Internet, preferendo questo strumento ai consigli di parenti. Infatti, in Spagna il 55% preferisce affidarsi a opinioni sulla Rete, mentre il 48% segue i consigli di conoscenti. In Francia stessa tendenza (37% in Rete, 31% conoscenze). Interessante anche le modalità di scelta di prenotazione. Gli italiani (40%) sono, insieme agli spagnoli (42%), più portati all’utilizzo di Internet, mentre, i francesi lo utilizzano meno (28%). Infine, una riflessione sull’età. La Spagna detiene il primato del turismo giovane perché la maggioranza dei turisti rurali iberici ha tra i 25 e i 34 anni. In Italia il tipico turista rurale ha dai 35 ai 44 anni. In Francia tendenza contraria: la maggior parte dei turisti rurali transalpini ha più di 45 anni. Gianfranco Nitti Cultura 12 Montanelli, creatore e inventore: di splendide pagine, ma anche di parecchie balle “R iuscii a indossare la mia uniforme da capitano dei granatieri: volevo arrendermi da soldato, non da imboscato. M’interrogava un ufficiale della Wehrmacht. Avevo avuto il permesso di vestire la mia giubba da capitano anche in cella e un giorno venne a interrogarmi un sottufficiale. Mi rifiutai di rispondergli perché il suo grado era inferiore al mio. Quell’orgoglio di soldato fu il collante che tenne insieme i miei nervi: la fierezza militare prevalse sulla paura.” Così il principe del giornalismo italiano, Indro Montanelli, rievocava una propria drammatica esperienza Indro Montanelli (1909-2001) N bellica, dettando a Tiziana Abate testimonianze raccolte nell’autobiografia Soltanto un giornalista. Questo fiero militare che sprezzantemente rifiutava l’interrogatorio da un inferiore in grado, questo combattente di più guerre, questo testimone diretto di molteplici eventi militari per decenni narrati, scritti, riveduti, ripetuti, ha lasciato sulla propria attività militare molte pagine, tanto in libri quanto in articoli, per tacere delle interviste. Però, però… A compulsare il fascicolo personale di Montanelli, presso l’Ufficio storico dello Stato maggiore dell’Esercito, emergono elementi (date, rapporti, circostanze) che legittimano più di un dubbio sulla rispondenza al vero di non pochi episodi del Montanelli bellico. Ne risulta che non divenne mai capitano, neppure tenente, restando sempre semplice sottotenente. Non era nemmeno un granatiere, bensì un fante. Civetterie, si dirà. Certo che molti dubbi emergono. Un esempio: partito volontario per l’Eritrea nel 1935, Montanelli fu assegnato al XX battaglione coloniale comandato dal maggiore Mario Gonella il quale, disse l’interessato alla Abate, gli diede il comando “di una banda di ascari”. In altre due sue biografie la banda diventa una compagnia, mentre secondo lo stesso Indro (in una lettera ad Arrigo Petacco) gli ascari che comandava erano “un battaglione”. In realtà si trattava di un semplice plotone, anzi, ancor meno, come si evince da una lettera scritta da Montanelli ad Aldo Borelli, direttore del Corriere della Sera: il giovane giornalista si proponeva come collaboratore, giacché “anche dopo il congedo sarebbe restato in Africa” e si riprometteva di girarla come aveva fatto per sedici mesi (in realtà, nemmeno due) col suo “plotoncino di ascari”. Montanelli raccontò alla Abate con dovizia di particolari una guerra cui non partecipò che per poco più di un mese. Disse pure di aver ricevuto un encomio solenne dal comando, ma non se ne trova traccia nei documenti, da cui invece risulta che il 19 novembre ‘35 (la guerra era cominciata il 3 ottobre) fu messo agli arresti per otto giorni con la seguente motivazione: “Si presentava col suo plotone all’adunata di Compagnia per l’avanzata con 10 minuti di ritardo”. Il merito di un’attenta lettura dei documenti archivistici e soprattutto del raffronto con quanto dal giornalista dichiarato o scritto va a Serena Gana Cavallo, la quale espone il suo prezioso lavoro nell’accurato saggio “Il “capitano” Montanelli” (dal sintomatico occhiello “Un miles gloriosus chiamato Indro”), pubblicato sul fascicolo n. 47 della ricca rivista Storia in rete. Si rilevano così non pochi episodi da rileggersi fuori della vulgata che Montanelli medesimo propagò. Un episodio sul quale molte volte il giornalista tornò è l’articolo da lui scritto sulla presa di Santander, Paola Gassman al Teatro Il Primo apoli - Potrebbe essere in teoria la tipologia di spettacolo più rischiosa, la meno coinvolgente, sicuramente la più elitaria. Un testo teatrale fatto solo di poesie è un rischio. Per meglio dire, potrebbe essere un rischio. Perché se la voce recitante è quella di Paola Gassman, la piece si trasforma in un evento coinvolgente, un viaggio nella storia dei sentimenti, una sinusoide di emozioni, dalla speranza alla soddisfazione, dal dolore alla rassegnazione e di nuovo alla speranza. Il tema di tutte le poesie recitate è la donna, poesie scritte per la donna e a volte scritte da donne. Poesie conosciutissime o dimenticate o mai sentite prima, ma legate tutte da un filo logico fortissimo: la storia della vita di una donna, dalla nascita alla scoperta di sé e del mondo. Il titolo dello stesso, “Donna abitata da memoria”, è tratto dai versi di Carmen Yanez. È un andare avanti e indietro nel tempo, da Renèe De Pestre a Baudelaire, da Piero Jahier a Pedro Salinas, da Emilio Isgrò ad Alda Merini. Le calde note della chitarra di Luigi Puddu (con musiche di Albeniz, Sor, Barrios, VillaLobos, Tarraga) anticipano i versi declamati dalla Gassman, oppure si sovrappongono a essi, e creano con essi un’armonia magica. Lo spettacolo, nella raccolta sala del Teatro Il Primo di Napoli, ha avuto il sapore – per chi lo ha visto – di sentirsi parte di un privilegio, un salotto letterario di gran classe. La perfezione dello stesso è nel- la scelta di un percorso letterario in continua ascesa, con climax continui, sui versi, ad esempio, di A Silvia di Leopardi, oppure di A Paola del padre Vittorio, o del finale del V Canto dell’Inferno di Dante, o ancora della Madre di Ungaretti, o dell’Amore a prima vista di Wislawa Szymborska. E non è mai scontato ribadire la forza di una grande attrice, sapere cioè entrare continuamente, come un infinito cambio d’abito, in tanti personaggi, ora lievi ora profondi, delicati o decisi, fino all’uscita di scena con la sofferenza della Vergine per la morte del figlio crocifisso in Iacopone da Todi, e la lezione di vita (Vivi la vita) di Madre Teresa di Calcutta. N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre avvenuta nell’agosto ‘37 per opera dei nazionalisti di Franco. Montanelli sostenne che in realtà la battaglia era stata “una passeggiata” con un solo nemico: “il caldo”. Orbene, l’articolo non lo scrisse né al fronte, né in Spagna, ma a Saint-Jean-de-Luz, in Francia. A detta tanto dell’interessato quanto dei suoi biografi, gli sarebbe costato l’esclusione dal sindacato dei giornalisti e l’espulsione dal Pnf. Eppure in quel frangente il supposto antifascista inviava una lettera al comando del distretto di Roma, per richiedere un documento comprovante il periodo di servizio quale volontario in Africa orientale, che gli era stato “richiesto dalla Federazione Fascista dell’Urbe per l’aggiornamento della mia cartella personale di fascista”. Il fatto è interessante perché va considerato con quanto l’Ovra, nel ‘40, scrisse in un rapporto su Montanelli, accusato di mormorazioni antifasciste: “iscritto al Pnf dal 21-4-1932”; non solo senza nulla aggiungere su presunte espulsioni o mancate reiscrizioni, ma definendolo “già corrispondente di guerra in Spagna”. Se ne ricava che almeno fino al ‘40 il futuro fondatore de il Giornale rimase iscritto al partito fascista e mai ne fu espulso, men che meno dopo l’articolo su Santander. La sintesi della Gana Cavallo è spietata: Indro Montanelli non fu mai ferito. Non ebbe mai decorazioni, fatta salva la croce di guerra al valor militare. In una comunicazione del ministero della Guerra nel ‘38 s’informava che il generale Bastico “valendosi della potestà conferitagli quale comandante il corpo T.V. [Truppe Volontarie] in Spagna ha concesso le seguenti ricompense al v.m. ai sottonotati giornalisti: Medaglia d’argento ad Achille Benedetti; Medaglia di bronzo al v.m. a Luigi Barzini, Sandro Sandri, Luigi Pomé, Marco Franzetti; Croce di guerra al v.m. a Patuelli Raffaello”. Le motivazioni delle decorazioni erano sul tono di quella a Montanelli, ma riferite alla battaglia di Santander. Il che dimostra, a giudizio della spietata ricercatrice, che tali decorazioni erano una sorta di “bonus” di regime per i rappresentanti della stampa e che Montanelli, a Santander, nell’autunno 1937, non c’era proprio. Diciamolo francamente: molte leggende metropolitane le fece nascere lo stesso Montanelli con versioni diverse di incontri, viaggi, citazioni, nel corso degli anni destinate a mutarsi, a ingigantirsi, a smentirsi. Ingigantì la sua partecipazione guerriera, anche quando si trovava in tranquille redazioni distanti dal fronte. Preziosa è la lucida contestazione di non pochi episodi montanelliani della guerra di Finlandia nel ‘39’40 compiuta da Luigi G. Deanna nello spietato volume La memoria perduta. Montanelli e la Finlandia. Implacabile è la stessa Gana Cavallo nella recensione da lei stesa alla biografia di Paolo Granzotto su Montanelli. Queste “rivisitazioni” non vanno lette come una sorta di deteriore revisionismo aprioristico, bensì come contributo al ritratto di un giornalista certo padrone come pochi della penna, ma anche bizzoso e narcisista, nonché, per dirla con Petrolini, creatore e inventore: di splendide pagine, ma anche di parecchie balle. Marco Bertoncini Nessuna marcia per John Allen Mohammed Vincenzo De Luca Il busto di Nefertiti M Paola Gassman ercoledì 11 novembre John Allen Mohammed , famoso negli Usa come il “cecchino” di Washington , è stato giustiziato dallo stato della Virginia. La pena di morte è arrivata a sette anni dai dieci omicidi di cui era colpevole: gente qualunque colpita per strada con un fucile di precisione. Gli sbandieratori multicolori e chi non vuole che il colpevole Caino sia toccato (gli stessi che fanno spallucce all’omicidio dell’innocente Abele dentro il ventre della madre), pos- sono spiegare perché non hanno organizzato nessuna marcetta di solidarietà in difesa dell’infallibile sparatore? Forse perché non era nero, povero e in grado di impietosire l’opinione pubblica? Chi ama chi odia la vita, non avrebbe il dovere morale di avvertire anticipatamente i potenziali “peccatori” ricordando loro quanto San Paolo andava ammonendo, vale a dire che “la paga del peccato è la morte”? Gianni Toffali N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre Cultura 13 Centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia Uno sguardo in anteprima sul 2011 Oscar Sanguinetti Prima Parte A ll’incirca fra un anno e mezzo, nel marzo del 2011, ricorrerà il centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia. Nonostante le ricorrenze semi-secolari mi coinvolgano meno dei centenari, credo si tratti comunque di un appuntamento che non si può ignorare e che anzi richieda tutta la nostra attenzione e partecipazione, in quanto in quel frangente si rinverdirà la memoria di una pagina oggettivamente rilevante, forse decisiva, della biografia nazionale. Come per ogni ricorrenza, prima di celebrare l’evento, bisogna farne adeguata memoria, ovvero voltarsi indietro e ricostruire sia la catena di accadimenti che è sfociata nell’evento, sia che cosa è scaturito da quella data ed è giunto fino a noi, influendo in maniera maggiore o minore sul presente. Sicuramente nei prossimi mesi vi saranno non pochi sforzi in questo senso e anche noi, nella misura delle nostre possibilità, cercheremo di onorare la scadenza. In via del tutto preliminare mi pare opportuno tuttavia cominciare a fissare qualche coordinata preliminare, tentando di comporre un quadro e di operare una prima lettura quanto meno riguardo — sulle origini del processo unitario e risorgimentale e sulle sue vicende il discorso sarebbe adesso troppo lungo — al periodo dal 1861 a oggi. 1. Che cosa si chiude Che cosa è accaduto, ci chiediamo per prima cosa, centocinquant’anni or sono? Direi — anche se può parer ovvio e scontato — che nel 1861 si conclude una parabola — o un plesso di parabole fra loro intrecciate — e si apre un nuovo ciclo della storia italiana. Le traiettorie che si esauriscono — anche se non del tutto — si possono facilmente individuare, la prima, in quello sforzo pluridecennale di edificazione di uno Stato moderno nel Paese, di cui sono artefici minoranze attive di diverse culture politiche, non necessariamente tutte ispirate ai paradigmi della modernità, che si apre con le riforme illuministiche della seconda metà del secolo XVIII e, dopo non poche metamorfosi, si conclude nella monarchia costituzionale unitaria retta dalla Casa di Savoia. La seconda parabola che si completa con successo — ma anch’essa non definitivamente — è il processo di sostituzione alla cultura tradizionale dei popoli della Penisola un nuovo senso comune, un diverso abito di pensiero e nuovi stili di vita, improntati alle filosofie politiche scaturite dalla svolta antropologica del pensiero occidentale con Cartesio e dal libertinismo seicentesco: quel pensiero moderno, in cui si attua la Garibaldi, lo sbarco dei mille «seconda» modernità, quella razionalistica, che fa seguito a quella cultura umanistica, ancora religiosa, del Quattrocento. L’effetto, benché di riporto, più decisivo di tale operazione sarà la riduzione dell’influsso del cattolicesimo sulla cultura e sugli statuti dei popoli e delle comunità, nonché la sua rimozione o emarginazione o il suo inquinamento — soprattutto attraverso la spiritualità «fredda» del giansenismo — nella vita pratica di fasce sempre più ampie della popolazione. Se alla prima parabola si possono associare i Leitmotiv indipendentistico e unitario, all’altra è intrinsecamente legato quello «risorgimentale». Mi riferisco qui ovviamente ai macro-processi di cambiamento i cui moventi sono intenzionali ed espliciti: ma, in Occidente quindi anche in Italia, vi è tutta una serie di mutamenti macro- e microstrutturali, che ha avuto luogo senza che i più si accorgessero dei loro effetti di lungo periodo, dalla rivoluzione industriale alla globalizzazione della finanza, dall’emancipazione ebraica all’espansione coloniale e missionaria nel mondo. 2. Che cosa si apre Per diametrum, come detto, con il 1861 si apre per gl’italiani una fase ulteriore di quel grande mutamento di pelle che il mondo occidentale subisce da quando nasce e si afferma nel suo seno quella realtà impalpabile ma onnipervasiva che ha nome «modernità». Da allora, fra tanti altri, entra in scena con sempre maggiore autorevolezza un soggetto nuovo, lo Stato appunto «moderno», che, succedendo in tale ruolo ai cenacoli letterari ed esoterici del Rinascimento, alle sette religiose del Seicento e alle logge massoniche del Settecento e dell’Ottocento, diventerà il principale artefice, la più potente piattaforma di sostegno, del progetto e della roadmap verso l’instaurazione di un nuovo ordine mondiale, secolarizzato, cosmopolita e sempre meno «a misura d’uomo». Questo sviluppo non va immaginato come una linea retta in costante ascesa, bensì secondo il profilo di una curva sinusoide, la cui linea secante è, comunque, una retta in crescita. L’avvento nella sfera pubblica di una condizione nuova e ulteriore rispetto al mondo post-romano, ai seco- li d’oro della civiltà cristiana e all’epoca della feconda conciliazione fra cristianesimo e modernità ai tempi dell’umanesimo, conosce infatti non poche vischiosità, tornanti, riprese, slanci e stasi, ma ineluttabilmente s’invera. Solo dopo l’unità italiana e, dieci anni più tardi, dopo la proclamazione dell’Impero germanico, la carta dell’Europa si assesterà per qualche decennio, assumendo un assetto drasticamente diverso dall’epoca dei regimi assolutistici pre- e post-rivoluzionari. La diversità più lampante sarà l’emersione di Stati nazionali e liberali sempre più numerosi, destinati a divenirlo ancor di più quando, quarant’anni dopo il Congresso di Berlino e al chiudersi di un conflitto internazionale sanguinosissimo, gli ultimi imperi — ottomano, asburgico, tedesco-prussiano e russo — cadranno e si disintegreranno, proiettando le loro schegge ovunque. 3. Le conseguenze negative dell’unificazione Dunque, in Italia, dopo il 1861 la minoranza monarchica, liberale e democratica che ha «fatto» il Risorgimento, ha eretto uno Stato comune e ne ha assunto il controllo, può finalmente dar avvio e compimento a quell’agognata rinascita della nazione italiana che si proponeva di creare cittadinisudditi «nuovi», liberi, uguali e fratelli fra loro. Questo processo di edificazione di una nuova Italia sembrerebbe dunque aver aperto prospettive di progresso uniche e non eludibili al Paese. Talmente felici furono infatti le scelte di quel frangente, che da allora è entrato in vigore una sorta di veto — o almeno di fastidio — tutte le volte che si è aperta una discussione sulla genesi e sui costi e benefici di questo nuovo edificio, della casa comune degl’italiani. Tuttavia, è impossibile ricostruire quella memoria adeguata che invocavo all’inizio come condizione per celebrare senza chiedersi quale sia stato in realtà il portato concreto dell’unificazione. Anche perché l’oggettivo colpo di mano del 1859-1861, frutto genuino ma tutto sommato imprevisto della intelligente e spregiudicata regia di Camillo di Cavour, crea le basi dell’Italia contemporanea: quanto di strutturale messo in atto allora in un breve torno di tempo, tanto in positivo quanto nel suo aspetto di «purga» di tutto un passato, si può dire che rimanga in sostanza, nella sua ossatura, immutato fino ai nostri giorni. L’ordinamento territoriale, gli organi politici, l’amministrazione, l’esercito, la scuola, le relazioni con la Chiesa si avvieranno lungo percorsi che tutt’ora son in gran parte i medesimi. Nemmeno la dittatura fascista, la Conciliazione, la Repubblica e la Costituzione imprimeranno modifiche radicali o sostanziali a questo edificio. In negativo, poi, la nuova classe dirigente opererà scelte «dure», preferendo costruire dopo aver sradicato e demolito piuttosto che costruire attingendo a quanto già esisteva, anche se allo stato di frammento. Cancellerà quindi d’ufficio secolari organismi politici, appropriandosi delle loro risorse finanziarie; getterà alle ortiche i loro ordinamenti e codici di leggi; esautorerà completamente — tranne forse i quadri militari più elevati — i loro dirigenti; destinerà all’esilio i loro sovrani, ancorché rassegnati e poco pericolosi. Condannerà antiche città capitali, dalla lunga e gloriosa storia nonché turgide di splendori architettonici e artistici tutt’oggi abbaglianti a uscire dalla storia e a diventare «capoluoghi» di province di pari status e tutte destinate prima o poi a divenire luogo di ricreazione di viaggiatori e di turisti sempre più numerosi e ammirati ma del tutto estranei alla loro storia. Il sistema economico unitario, invece di essere realizzato, come al tempo — la vigilia del Quarantotto — del progetto di lega doganale, facendo fluire beni e capitali fra componenti autonome e ben consolidate geograficamente, viene costruito imponendo processi uniformi e accentrati, che creeranno forti squilibri fra le varie aree, specialmente fra il nord industriale e il sud agricolo, e che ben presto si troveranno esposti all’azione delle lobby, delle «famiglie» e delle clientele. L’estensione a tutta la Penisola di ordinamenti e sistemi giuridici uniformi — quelli sabaudi —, con la conseguente fine delle autonomie territoriali e dei sistemi di autogoverno, così come l’accentramento totale dell’amministrazione, che avrà il suo simbolo nella figura del prefetto, creata a suo tempo a suo uso da Napoleone, saranno percepiti e accolti con difficoltà. La riduzione coatta — tramite gli espropri dei «beni nazionali» e la soppressione di molte famiglie religiose — e la riorganizzazione dell’apparato ecclesiastico sulla base del principio di separazione fra Stato e Chiesa, nonché il suo assoggettamento al diritto comune, creeranno per la Chiesa italiana una condizione nuova e più difficile, che richiederà non poco tempo e sforzo perché se ne esca. Mentre la Questione Romana rappresenterà un cuneo, un elemento di disturbo permanente nei rapporti fra Stato unitario e Chiesa universale, con inevitabile ricaduta della tensione fra i due soggetti sulla gerarchia e sul movimento cattolico — la realtà associativa dei cattolici italiani formatasi all’indomani della rottura del rapporto organico fra autorità spirituale e potere temporale già al tempo di Napoleone —, come pure influenzerà la presenza dei cattolici nella politica. La vita stessa spirituale, la pratica religiosa, il cattolicesimo pubblico usciranno fortemente ridimensionati dai circa sei decenni di Kulturkampf silenzioso — il giurisdizionalismo — o galoppante — nei periodi di rivoluzione — contro il cristianesimo romano. Ancora, il nuovo Stato cambierà profondamente la scuola pubblica, che — a fianco dell’esercito — diventerà il luogo della uniformazione linguistica e della sperimentazione di quei nuovi modelli di religione civile soft che anche la mia generazione, ancora nel secondo dopoguerra, ha avuto modo di sperimentare. 4. Elementi di coesione e di superamento Queste problematiche, non di rado lancinanti, troveranno tuttavia, se non soluzione, almeno attenuazione nella presenza di alcuni elementi di continuità, che rappresenteranno altrettanti strumenti di coesione: la monarchia; l’atteggiamento «d’ordine» se non conservatore del liberalismo al potere, rafforzato dal carisma che il carabiniere si conquista; l’esercito nazionale; le guerre immediatamente intraprese dal nuovo Stato — come quella del 1866 contro l’Austria —; la conquista delle colonie; il peso sempre maggiore della scuola e degli organi di stampa, fattore decisivo nel formare il consenso dell’opinione pubblica al nuovo regime. Aiuterà altresì in questa prospettiva l’atteggiamento spregiudicatamente «positivo» e attivo del cattolicesimo, soprattutto del clero, la cui influenza, lungi dal sobillare le masse come pretendevano gli anticlericali, garantirà che i conflitti politici e sociali scatenati dal cambiamento non oltrepassino un certo segno. 14 Cultura Alla riscoperta dei grandi d’ogni tempo che hanno I San Francesco in meditazione olio su tela cm 123x 92,5 Roma, chiesa di San Pietro a Carpineto in deposito presso la Galleria Nazionale d’Arte antica N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre saputo rendere visibile ciò che non si vedeva A CARAVAGGIO Caravaggio l’antiaccademico, Caravaggio che non mistifica, che non nasconde il suo essere concretamente uno del popolo, calato nella veracità del suo tempo, entusiasta della cristianità dei primordi ispirata ai dettami della povertà e della semplicità. nvito all’ Natività con i santi Lorenzo e Francesco olio su tela cm 268 x 197 rte Il Monastero Benedettino di S. Nicolò l’Arena a Catania (XVIII- XIX secolo) Adriana Ginammi Crisafulli C atania - Entrando nella Sala Vaccarini del Monastero dei Benedettini a Catania, siamo sopraffatti dalla bellezza del luogo, ne respiriamo l’atmosfera impregnata di sapere che emana dai libri stipati in bacheche, per l’occasione illuminate in modo suggestivo. In un ambiente così evocativo è stata realizzata la mostra “Scienze e Arti all’ombra del Vulcano” a cura di Caterina Napoleone. Il Monastero di S. Nicolò l’Arena del 1740 ha svolto un’intensa attività culturale, in un tempo ove arte e scienza convivevano e si completavano, ogni progresso del sapere umano era recepito dagli studiosi come dimostrano i numerosi fondi che formano la ricchissima biblioteca. Le ricerche degli storici spaziavano dalla storia all’antiquaria, dalla vulcanologia alla Botanica, alla mineralogia, all’astrologia, alla musica, alle arti decorative. L’esposizione è ricca di manoscritti, di opere a stampa, di collezioni scientifiche, erbari e illustra- Antonio Cavallucci Sacra famiglia, 1790 c. Catania, Museo Diocesano zioni botaniche, arredi liturgici e di oggetti di manifattura siciliana. Nella biblioteca tra i molti ricordiamo i volumi di Montfaucon e di Linnco e la singolare figura di Vito Maria Amico, teorizzatore, alla metà del settecento, dell’indissolubilità del binomio storia-geografia. Nella rassegna sono riuniti alcuni tesori appartenenti al Museo dei Benedettini e ad alcune istituzioni pubbliche di Catania oltre a reperti acquistati sul mercato romano come l’ esemplare di erbari Prospetto della chiesa di San Nicola, annessa al illustrati di Liberato Sabbati monastero benedettino di San Nicola l’Arena proveniente dall’IIortus Medi- cus dell’Università La Sapienza di Roma e nique – Vivant Denon nel suo “Viaggio in acquistato nel settecento da Placido Scam- Sicilia”, con grande intuizione, scrisse:” macca. Situato al centro della mostra un fos- …Ad ogni istante si riscontra in questa sile di elefante nano ritrovato nella grotta di collezione, come in tutte quelle dei moSpinagallo a Siracusa ci riporta alle origini e naci, l’istinto della formica che raccoglie all’evoluzione di questa terra ricca di storia. e accumula indiscriminatamente e con la Oltre ai dipinti di soggetto religioso come stessa passione il chicco di grano e l’inula “Sacra Famiglia” di Antonio Cavallucci tile pezzo di legno: felice istinto questo, sono esposti alcuni quadri che ritraggono che è stato all’inizio dei primi “gabinetti personaggi che in questo luogo hanno lavo- di meraviglie”, e ci ha conservato i tesori rato intensamente. Sono i monaci benedet- dell’antichità in tutti i generi di materiali” tini Placido Scammacca, Emiliano GuttaQuesta bella mostra è progettata da Enridauro e Agostino Landolina i quali, anche se co Iachello e Giovanni Salmeri, arricchita appartenenti a epoche e a interessi cultu- da un’esauriente catalogo edito da Maimorali diversi, hanno portato grande contri- ne. Promossa dalla Regione e dal Comubuto alla collezione antiquaria del Museo ne di Catania in collaborazione con molte Benedettino. A testimonianza della sen- facoltà dell’Università di Catania, col Musibilità per l’arte dei benedettini restano seo Diocesano e altri Enti e un originale nella Chiesa di S. Nicolò l’Arena l’impor- allestimento del Teatro Stabile di Catania tante Meridiana nel pavimento della nava- su progetto di Diana Rastrelli, offre ai visita centrale della chiesa e il monumentale tatori (con ingresso gratuito) uno spaccato organo costruito da Donato del Piano. Si del fervore e della curiosità intellettuale di narra che Vincenzo Bellini, giovanissimo, quel periodo. provò alcune melodie su quell’organo che nel settecento e ottocento fu meta obbligata, per la sua notorietà, dei viaggiatori che visitavano la Sicilia. Il Monastero Benedettino fu edificato dopo il terremoto del 1693 ed ha rappresentato con il suo prestigio le sue ricchezze (la bellezza dei chiostri, giardini e refettori), l’egemonia culturale e religiosa di una comunità la cui fama ha oltrepassato i Biblioteca del monastero benedettino di San Nicolò confini della Sicilia. Già l’Arena, Sala Vaccarini, XVIII sec. d.C. nel lontano 1788 Domi- Catania, Monastero benedettino di San Nicolò l’Arena Un’interessante mostra dedicata a Dimitrij Aleksandrovic Prigov L ecco - La Galleria Melesi di Lecco presenta in Italia la prima ampia retrospettiva di Dimitrij A. Prigov dopo la morte dell’artista avvenuta improvvisamente nel 2007. Non prima di aver potuto scrivere:” Ho avuto la fortuna di vivere fino a poter vedere quei cambiamenti sociali (positivi, almeno per me e per la mia cerchia), avendo in quel preciso momento non tanto un nome sufficientemente noto e un’immagine riconoscibile quanto piuttosto essendo ancora assolutamente attivo da un punto di vista creativo e avendo di che proporre alla società e alla cultura russa”.La poesia è la grande passione di Prigov, ha scritto trentacinquemila poesie, le prime distribuite nei circoli undreground durante il periodo sovietico. Si appassiona anche alla scultura e dal 1967 al 1974, lavora a Mosca ( la città dove è nato nel 1940) presso l’Amministrazione centrale per l’Architettura e la pianificazione urbanistica di Mosca, sovrintendendo alle decorazioni delle facciate degli edifici. Non abbandona mai il disegno, anche se dal 1973 si dedica più intensamente alle arti visive. Alle letture di poesie partecipano i più importanti artisti d’avanguardia e dissidenti russi. La sua è un’attività intensa ed eclettica: poeta, disegnatore, scultore, fotografo, perfor- mer e teorico di se stesso. Negli anni ’80 partecipa a delle performance insieme al Jazzista Sergei Petov e, nell’86 in seguito a una performance pubblica viene arrestato dal KGB e internato in un ospedale psichiatrico. In seguito alle proteste degli artisti, anche stranieri, viene rilasciato. Inizia allora la serie dei giornali dipinti che gli danno la notorietà. Ha un’attività frenetica, realizza performance in tutto il mondo, vive tra Mosca e Londra e tiene letture alle Università Europee Americane e anche in Giappone. Nel’93 a Londra entra a far parte del Pen Club, la più antica organizzazione internazionale di scrittori e riceve il Puskin Prize. Negli ultimi anni si dedica in particolare alle video performance lavorando con il figlio Andrej e la di lui moglie Natalia Mali con i quali fonda i Prigov Family Group. La mostra di Lecco è ricca di opere. In prevalenza sono esposti i disegni evocativi eseguiti su fogli di giornali, in particolare la Pravda, molti dei quali realizzati prima del’89 e perciò molto rari. Scorre su quei fogli la storia del tempo. Attraverso i nomi dei principali protagonisti, Lenin, Stalin, Gorbaciov, scritti in caratteri cirillici su quotidiani seguiamo le vicende del popolo russo. E’ proprio il nome a riportarci agli eventi rievocando i fatti di quel periodo storico. I Barattoli di Prigov, a differenza di quelli degli artisti americani ed europei, hanno un contenuto, ne emergono frammenti dei suoi poemi, non ha valore l’oggetto in sé è solo un supporto per il contenuto. Non celebrano l’oggetto di uso comune come le lattine di coca-cola di Andy Warhold. Scrive Prigov :” l’Arte americana lavorava sull’idea di una società dove abbondavano i consumi e i mass-media, noi nella sovrapposizione di slogan e di parole ideologiche”. Una serie di disegni curiosi denominata i Mostri attirano l’attenzione, realizzati con tecnica abilissima, molto elaborata, e completamente diversa, altro non sono che ritratti immaginifici di personaggi celebri. Spesso accanto alle scritte, sui fogli, appaiono dei simboli dove domina il rosso, o c’è un grande occhio dal quale cade una lacrima: è l’occhio di Dio che tutto vede o, forse, l’occhio di chi tutto sorveglia al di sopra della libertà individuale, l’occhio del Sorvegliante. Molto belle sono le fotografie sulle quali Prigov interviene con segni a penna sfera con simboli del suo immaginario figurativo. L’attività di performer e video artista è documentata da cinque sorprendenti cortometraggi girati negli ultimi anni insieme al figlio e alla nuora Natalia. Nel bel catalogo edito dalla galleria Melesi, curato da Michele Tavola, sono riprodotte un centinaio di opere, alcune poesie inedite tradotte in italiano e i due testi critici tradotti dallo stesso artista uno dei quali dal titolo significativo: “la vita ci è data una volta sola”. A. G. C. Economia N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre 15 A cura di Gianfranco D’Ettoris Decreto ascensori, dal parlamento molte domande al ministro Corrado Sforza Fogliani Presidente Confedilizia I l decreto in materia di revisione straordinaria degli ascensori impiantati prima del 30 giugno 1999, emanato dal ministro dello sviluppo economico on. Scajola, non è passato inosservato in Parlamento. Sia dalla maggioranza sia dall’opposizione si sono levate forti critiche al provvedimento e ferme richieste Affitti e condominio Confedilizia risponde La rubrica fornisce risposta solo a quesiti di interesse generale. Non saranno, pertanto, presi in considerazione quesiti né a carattere personale né relativi a questioni già pendenti innanzi all’Autorità Giudiziaria. I quesiti vanno inoltrati alla Confedilizia tramite le oltre 200 Associazioni territoriali aderenti alla stessa e presso le quali è possibile attingere anche ogni ulteriore informazione. Per gli indirizzi delle Associazioni consultare i siti www.confedilizia.it www.confedilizia.eu oppure telefonare al numero 06.67.93.489. REGISTRAZIONE DEL CONTRATTO DI LOCAZIONE Si domanda quale sia l’importo da versare all’Agenzia dell’Entrate per la registrazione di un contratto di locazione a canone libero. L’importo dovuto è pari al 2% del canone complessivo della locazione, con un minimo di 67 euro. Per i contratti pluriennali il versamento può essere effettuato sia in un’unica soluzione (usufruendo anche di uno sconto), calcolando il 2% sul corrispettivo dovuto per l’intera durata del contratto, sia anno per anno, applicando il 2% sul canone relativo a ciascuna annualità. LOCAZIONE “PRIMA CASA” Si domanda se la locazione a terzi di un immobile acquistato con le agevolazioni “prima casa” comporti per l’acquirente la de- cadenza da tali agevolazioni. Secondo l’Agenzia dell’Entrate non comporta decadenza dalle agevolazioni fiscali “prima casa” la locazione a terzi dell’immobile interessato. Ciò, in quanto l’attuale normativa non richiede la dichiarazione d’intento di adibire l’immobile a propria abitazione, ma prevede, come requisito soggettivo, la non possidenza di altra unità immobiliare idonea ad abitazione (circolare 1/E del 1994). AMMINISTRATORE, PERSONA GIURIDICA Si chiede se possa essere nominata una società come amministratore di condominio. Secondo la Cassazione più recente non v’è alcun ostacolo in tal senso, dal momento che il mandato conferito ad una persona giuridica “può essere caratterizzato dagli stessi indici di affidabilità che contrassegnano il mandato conferito ad una persona fisica” (sent. 22840 del 24.10.’06). Tito Boeri La crisi non è uguale per tutti Rizzoli pp. 218 €. 17,50 Perché l’Italia è entrata prima degli altri Paesi nella recessione? E perché, nonostante non abbia subito il fallimento di grandi banche e l’esplosione della bolla immobiliare, sta vivendo la crisi peggio di altri Stati? Sapremo uscire non solo dalla recessione, ma anche dalla stagnazione in cui ci dibattiamo da oltre quindici anni? Sono interrogativi di cui oggi nessuno discute in Italia. Tristram Stuart Sprechi Bruno Mondadori pp. 358 €. 22,00 Tristram Stuart, ricercatore di Cambridge e anticonsumista sfegatato, con lo spreco di cibo si è voluto sporcare le mani, affrontando il tema da un punto di vista globale: per individuare l’origine di questo fenomeno planetario, l’autore ha viaggiato dall’Europa agli Stati Uniti, passando per la Russia e l’Asia centrale, e poi in Pakistan, India, Cina, Corea del Sud e Giappone. di chiarimenti al ministro per un provvedimento che viene da più parti ritenuto ingiustificato. Dalla maggioranza si è fatto sentire l’on. Foti (PdL), che ha presentato una interrogazione al ministro denunciando le incongruenze del provvedimento – con particolare riferimento all’assenza di norme prescrittive dell’Unione europea – e chiedendo al ministro stesso “se non ritenga opportuno prevedere la sospensione degli effetti del decreto emanato” o, almeno, “alleviarne gli oneri, che allo stato appaiono particolarmente gravosi per i proprietari di casa”, per giunta in un momento di grave crisi per le famiglie italiane. Un’altra interrogazione al ministro Scajola è stata presentata dal Presidente dei senatori dell’Udc, D’Alia, il quale ha anch’egli messo in evidenza gli alti costi dell’operazione per i proprietari di casa – a fronte dell’assenza di qualsiasi necessità di nuovi controlli, considerati il rigore e la frequenza di quelli già imposti dalla legge – e ha chiesto al ministro di spiegare “i motivi per cui siano stati introdotti ulteriori obblighi senza che nessun pronun- ciamento dell’Unione europea si sia espresso in tal senso”. In termini analoghi si è pronunciato, sempre dai ranghi dell’opposizione, il deputato Touadi (Pd), il quale – dopo avere sottolineato il soddisfacente livello di tutele garantito dall’attuale normativa – ha chiesto in una interrogazione al ministro quali siano i motivi che lo hanno indotto “a sottoporre le famiglie italiane, in un momento di grande crisi, ad un notevole sforzo economico, introducendo peraltro degli obblighi stringenti non previsti da nessuna normativa cogente dell’Unione europea”. La cedolare secca sugli affitti è una misura sociale L a Confedilizia sostiene da anni che l’introduzione di una tassazione sostitutiva dei redditi da locazione (la cosiddetta “cedolare secca sugli affitti”) sarebbe – oltre che una misura di equità (in questo si traduce l’idea di, almeno, avvicinare il trattamento tributario dell’investimento immobiliare a quello degli investimenti finanziari) – l’unica strada per ridare un minimo di redditività alla locazione. Solo attraverso una tale riforma si potranno vedere persone fisiche e investitori istituzionali tornare a considerare la locazione – come non fanno più da molto tempo – una forma di investimento. Con tutte le conseguenze “virtuose” che ne deriverebbero in termini di ampliamento dell’offerta di immobili in affitto, di mobilità sul territorio di lavoratori e studenti, di minore pressione sul mercato della compravendita ecc. A parte i lavori edilizi che si rimetterebbero in moto per ristrutturazioni e riattamenti di immobili oggi non occupati (operazioni chiaramente antieconomiche – anzi, in perdita secca – nella situazione di tassazione odierna). La cedolare secca sugli affitti è, dunque, anche una misura U sociale. Chi si attarda a definirla come una misura a favore della proprietà, non ne ha considerato la vera importanza sociale e il significato di fondo: quello – come già detto – di rilanciare l’affitto, che è ciò su cui si incentra una vera politica abitativa a favore dei più deboli. Sarebbe allora inquietante se per la cedolare secca non si trovassero i fondi, mentre se ne sono trovati a centinaia e centinaia di milioni per costruire alloggi popolari che, come sempre capitato finora, finiranno in mano ai prepotenti, ai professionisti della morosità e agli occupanti abusivi piuttosto che agli aventi diritto bisognosi. C’è poi un’ulteriore ragione per introdurre proprio in questo momento la tassazione sostitutiva delle locazioni, ed è la coincidenza con il Piano casa, la cui concreta attuazione è in gran parte delle Regioni bloccata, come ha rilevato lo stesso Presidente del Consiglio. Già nel marzo scorso – in occasione dell’annuncio del Piano da parte del Governo – la Confedilizia aveva segnalato che in Italia vi sono fra i 700 e gli 800 mila immobili inabitabili perché da ristrutturare o da rimettere in pristino, in gran parte situati nei centri storici. Molti di questi immobili avrebbero potuto essere destinati all’affitto a canoni agevolati, vale a dire stabiliti dagli accordi stipulati dalla Confedilizia in tutta Italia con i sindacati degli inquilini, come prevede la legge. Ma perché tali immobili venissero destinati alla locazione, occorreva restituire redditività all’affitto, attraverso l’introduzione della cedolare secca. A otto mesi di distanza da quell’annuncio del Governo e da quelle osservazioni della Confedilizia, si può stimare che – se anche solo 500 mila di quei 700/800 mila proprietari di immobili inabitabili avessero dato il via ad interventi di ristrutturazione, spendendo tra i 10 e i 20 mila euro per ciascun immobile – sarebbe stato pari a circa 7,5 miliardi di euro l’importo dei lavori ai quali avrebbe dato luogo il Governo. Lavori che sarebbero immediatamente partiti e che avrebbero sin da subito avviato la ripresa dell’economia, senza contare il gettito fiscale che sarebbe stato garantito allo Stato in termini di Iva e di altre imposte. Una ragione in più per il varo di una misura ormai divenuta urgente, e un’esigenza sociale. Corrado Sforza Fogliani presidente Confedilizia tilità A cura di B. Ghirindelli e S. Marelli Accogliere gli immigrati Carocci pp. 319 €. 32,50 Promosso dalla Federazione degli organismi cristiani servizio internazionale volontario (FOCSIV), il volume presenta i risultati di un’indagine sull’inclusione socio-economica dei migranti in Italia. La ricerca ha preso in considerazione due casi-studio: quello della comunità romena residente nella provincia di Roma e quello della comunità boliviana presente a Bergamo. Paolo Macry Gli ultimi giorni Il Mulino pp. 274 €. 16,00 La storia del Novecento europeo è punteggiata di stati che crollano: dalla fine pressoché contemporanea dei Romanov, degli Asburgo e degli Hohenzollern, al termine della Grande Guerra, alla dissoluzione della Terza Repubblica francese nel giugno 1940, allo sfascio italiano del settembre 1943, fino alla dissoluzione dell’Urss e del suo impero europeo. Macry ricostruisce e discute questi “ultimi giorni”. Massimo De Vico Fallani Il vero giardiniere coltiva il terreno Olschki pp. XVI-178 €. 19,00 Confortato dalla lunga esperienza dell’autore, questo libro svolge il tema della conservazione dei giardini con uno sguardo attento alle tecniche antiche, e in particolare a quelle della tradizione italiana. L’attenzione è concentrata sul valore dell’uomo e della sua abilità artigiana, in un concetto di giardino dell’uomo che torni a essere tale attraverso le modalità della sua coltivazione. Maurizio Molinari Il paese di Obama Laterza pp. XV-195 €. 15,00 Se volete sapere perché i bianchi hanno scelto di votare per un nero, come fanno i neri a emanciparsi dal complesso della schiavitù, in che maniera si possa immaginare un modello di sviluppo basato sulle energie alternative e qual è la ricetta per garantire sicurezza e libertà, allora dovete visitare la terra di Barack Hussein Obama, il 44° presidente degli Stati Uniti. Un paese in grande trasformazione, così come le stanze del potere che lo governa. Matt Mason Punk capitalismo Feltrinelli pp. 302 €. 18,00 Punk capitalismo ci racconta come le culture giovanili in questi ultimi trent’anni hanno cambiato il modo in cui il mondo lavora e funziona, offrendoci una diversa prospettiva della pirateria, vista come un’opportunità per il sistema e un altro modo di fare business. Oggi, molte imprese si trovano a dover fare i conti con un dilemma sempre più lacerante. Piero Amerio Giovani al lavoro Il Mulino pp. 272 €. 24,00 Come si relazionano oggi i giovani con il lavoro? Quali sono le loro aspettative e aspirazioni? Il lavoro è “solo” uno strumento di guadagno o anche occasione di autorealizzazione? Riproduce antiche disuguaglianze o rivela tracce di mobilità sociale? A partire da un’indagine svolta nella città di Torino, l’autore traccia un quadro articolato e multiforme del rapporto dei giovani con il lavoro. Rudolf AlleRs Psicologia e cattolicesimo Con un saggio introduttivo di Roberto Marchesini e una presentazione di Ermanno Pavesi Rudolf Allers Psicologia e cattolicesimo Con un saggio introduttivo di Roberto Marchesini e una presentazione di Ermanno Pavesi Allers è considerato uno dei più lucidi ed efficaci critici del sistema psicoanalitico freudiano - Louis Jugnet l’ha definito «l’anti-Freud» -; egli ne ha criticato sia il metodo che l’antropologia. All’idea di uomo scisso sia al suo interno che dal mondo, Allers contrappone quella di uomo come un “intero”, ossia una interrelazione di parti non separabili l’una dalle altre e strettamente interconnesse tra loro, tanto che non è possibile una modifica in una di queste parti senza che ci sia una influenza anche sulle altre. Inoltre, l’uomo è intimamente legato al mondo che lo circonda. La presente opera, edita a Londra nel 1932, costituisce - insieme a The Successful Error del 1940 - la pars destruens del lavoro di Allers. In questo lavoro l’intellettuale cattolico prende in esame le basi teoriche di quelle che all’inizio del secolo scorso venivano chiamate le “nuove psicologie” - la psicoanalisi freudiana e la psicologia individuale di Adler - in contrapposizione alla psicologia sperimentale della fine del diciannovesimo secolo. I-88900 Crotone, via Lucifero 40 tel. 0962/90.51.92 fax 0962/1920413 ISBN 978-88-89341-17-9 pp. 160, € 14,90