Obama a Pechino - Corriere del SUD

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Anno XVIII N° 15/2009 - 18 novembre
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Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi smentisce di aver mai
pensato ad elezioni anticipate e che la legislatura durerà cinque anni
Il Premier smentisce: «Niente elezioni!»
La maggioranza che sostiene il governo è solida anche al di là di
una dialettica interna che comunque ne accentua le capacità ideative
Giorgio Lambrinopulos
I
l presidente del Consiglio Silvio Berlusconi
smentisce di aver mai
pensato ad elezioni anticipate e che la legislatura
durerà cinque anni. In una
nota spiega: “Vedo con
stupore che si stanno moltiplicando e diffondendo notizie che continuano a fare
apparire come imminente
un ricorso alle elezioni anticipate. Non ho mai pensato
niente di simile. Il mandato
che abbiamo ricevuto dagli
elettori - prosegue Berlusconi - è di governare per
i cinque anni della legislatura, ed è questo l’impegno
che stiamo già portando
avanti con determinazione
e che intendiamo concludere nell’interesse del Paese”. La maggioranza che
sostiene il governo è solida
anche al di là di una dialettica interna che comunque
ne accentua le capacità
ideative. Grazie a questo
sostegno e alla fiducia che
ci manifesta ogni giorno
oltre il 60% degli italiani conclude Berlusconi - completeremo le riforme di cui
l’Italia ha bisogno”. Dopo
Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi
l’invito del presidente del
Senato, Renato Schifani, a
perrcorrere la strada delle
elezioni anticipate in caso
di “maggioranza divisa”,
il numero uno di Montecitorio Gianfranco Fini in-
vita alla prudenza. Ma dal
quartier generale del Carroccio, il ministro dell’Interno Roberto Maroni apre:
“Per fare le riforme ci vuole
una maggioranza compatta e noi abbiamo una vasta
maggioranza e non abbiamo alibi, non possiamo dire
che l’opposizione ci blocca.
Se quindi la maggioranza
è divisa, l’alternativa non
può che essere quella indicata da Schifani”. In frena-
Obama a Pechino
“S
olidarietà e vicinanza” al Dalai
Lama e al popolo tibetano. Ad esprimerla
è stato Gianfranco Fini, che
stamattina ha incontrato la
massima autorità spirituale tibetana in forma privata negli appartamenti del
presidente della Camera.
“Sono onorato di darle il
sincero benvenuto alla Camera, salutando lei saluto
tutto il popolo tibetano”, ha
detto Fini che con la compagna Elisabetta Tulliani ha
accolto il Dalai Lama. “La
Camera dei deputati segue
con attenzione e preoccupazione ciò che accade in
Tibet, e siamo convinti di
dover esprimere solidarietà
e vicinanza alla sua persona
e al suo popolo”, ha aggiunto il presidente della Came-
ra esprimendo, tra l’altro,
“un senso profondo di ammirazione per la saggezza e
l’illumintata moderazione”
dell’ospite. Fini, nel corso
del colloquio, ha ricordato
che dopo gli ultimi incidenti nella scorsa primavera la
Camera aveva votato una
mozione bipartisan con
cui “ha fatto sentire la sua
voce, esprimendo viva preoccupazione per il popolo
tibetano”. Tra le altre cose,
la mozione sollecitava il
governo cinese ad accogliere le richieste del Parlamento europeo per “un dialogo
costante, aperto, veritiero
e costruttivo tra le autorità
di Pecino e i rappresentanti
del Dalai Lama” Lo scorso
febbraio il leader spirituale
tibetano ricevette la cittadinanza onoraria di Roma, e
Pechino, che lo accusa di
portare avanti una politica
separatista, parlò di “grave
interferenza” negli affari
interni cinesi. La Farnesina
rispose che i comuni italiani
“sono autonomi e assumono
le loro decisioni in assoluta
indipendenza dal Governo”
e ribadì “il fermo sostegno
del Governo italiano alla
politica di una sola Cina”.
Da parte sua, il premio Nobel per la pace ha espresso
“profonda gratitutine per
il sostegno di Fini e della
Camera dei deputati alla
causa del Tibet. Nel modo
libero -ha aggiunto-, e in
Italia in particolare, c’è una
forte simpatia per il Tibet”.
Dopo l’incontro, Fini e il
Dalai Lama, con una folta
delegazione che comprendeva anche l’attore Richard
Gere, ha incontrato una delegazione dei parlamentari
che sostengono nel mondo
la causa tibetana. Poi, il
presidente della Camera ha
accompagnato di persona
il suo ospite ai lavori del
congresso dei parlamentari
pro Tibet che si svolge alla
Camera. Il Dalai Lama si
trova da martedì in Trentino
Alto Adige, una tappa non
casuale visto l’interesse
del premio Nobel per l’autonomia alto-atesina come
modello per un futuro Tibet
autonomo all’interno della
Cina. A Bolzano il premio
Nobel per la pace e’ stato ricevuto dal presidente della
provincia Luis Durnwalder
ed ha incontrato la giunta
Continua a pag 2
ta, invece, il leader centrista
Casini che invita il governo
a continuare nel cammino
intrapreso: “Il voto è una
minaccia sterile”. “Minaccia impropria” “Minacciare
elezioni anticipate è come
brandire una pistola scarica, mi meraviglio della
disinvoltura del presidente
Schifani, giudico improprie
e inopportune le sue parole”, ha spiegato il leader
centrista, Pier Ferdinando
Casini, spiegando che “in
assenza del Capo dello Stato dall’Italia ci sarebbe voluta una maggiore sensibilità istituzionale. Minacciare
le elezioni è un fatto del
tutto sterile”. “Non c’è nessuna possibilità - ha, quindi,
aggiunto Casini - di elezioni anticipate, che possono
essere previste sulo dopo
un ‘auto-affossamento’ del
governo. Ma la maggioranza ha il dovere di governare
fino alla fine della legislatura, indipendentemente dalle
vicende giudiziarie di Berlusconi. Per altro non mi
sembra che ci siano ragioni
di paralisi, a parte quella del
governo ma se il governo
iniziasse a lavorare. Invece
di perdere tempo minacciando elezioni anticipate,
ricattando così i parlamentari, cominci a lavorare
sulle cose serie”. Non vuol
sentir parlare di «terza via»,
rispetto a Silvio Berlusconi
e Gianfranco Fini. Né di
«correnti» interne al Pdl.
Detto questo, a capo della
sua Nuova Italia, trae spunto dalla «destra sociale» e
rilancia il ruolo delle fondazioni: «elementi di forza
e non certo deficit», per un
partito dalle «tante anime
che aspira al 40% dei consensi». Gianni Alemanno in
una intervista al “Il Giornale” dondola con le gambe,
appoggiate sul bracciolo
della poltrona e dichiara a
V.La Manna “Senza reticenze sul clima infuocato” nel
centrodestra, pur convinto
che «la situazione non è
così grave, le tensioni sono
momentanee». E prendendo
le distanze, quando serve,
pure dalle posizioni di Fini
e dei suoi fedelissimi. SinContinua a pag 2
Dov’è colui che è nato?
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Politica
2
Segue dalla prima
daco, andiamo subito al dunque.
Fini complotta per far cadere Berlusconi? «No, nessun complotto.
E da parte di Fini non c’è nessuna
volontà di fargli mancare la propria solidarietà. Figuriamoci se
vuole abbandonarlo. E poi, sarebbe una follia. Berlusconi è il leader del centrodestra, investito del
suo ruolo dagli elettori. Qualsiasi
ipotesi alternativa sarebbe un suicidio politico». Elezioni anticipate? «La decisione spetta in primis
al premier. Secondo me, sarebbe
però una scelta sbagliata. Per due
ragioni». Quali? «C’è la possibilità di portare avanti l’intera legislatura, senza formule alternative,
rispettando il voto degli italiani».
Seconda? «Le Regionali saranno
un test fondamentale. E se ci verrà
confermata la fiducia, cosa di cui
sono certo, voglio vedere come si
può immaginare un cambio a livello nazionale!».
Giorgio Lambrinopulos
Segue dalla prima
provinciale. “Siamo sempre pronti a dialogare con il governo della Repubblica Cinese”, ha detto
il Dalai Lama a margine di una
tavola rotonda a Trento. Quindi,
sull’invito che il presidente Obama ha rivolto a Pechino, ha aggiunto di aver “apprezzato molto”
le parole del presidente americano “ma è chiaro che gli Usa hanno
forti limiti per i quali non possono
esprimersi come vorrebbero’’. ‘Il
clima in Cina è molto cambiato
negli ultimi 60 anni e questa situazione e’ destinata a proseguire’’,
ha aggiunto il Dalai Lama. Il presidente americano Barack Obama
ha esortato l’omologo cinese Hu
Jintao ad aprire colloqui con il leader spirituale tibetano in esilio, il
Dalai Lama. “Abbiamo detto che
pur riconoscendo che il Tibet fa
parte della Repubblica popolare
cinese, gli Stati Uniti sostengono
una rapida ripresa del dialogo fra
il governo cinese e rappresentanti del Dalai Lama per risolvere
ogni preoccupazione e dissidio
che possa esservi tra le parti”, ha
detto Obama ai giornalisti dopo
l’incontro con Hu. Al presidente
cinese, il capo della Casa Bianca
ha anche ricordato “la convinzione fondamentale americana
che tutti gli uomini e le donne
abbiano certi diritti universali”.
Le due parti hanno poi convenuto
di aprire un dialogo bilaterale sui
diritti umani all’inizio dell’anno
prossimo. Obama è stato criticato in patria per non aver ricevuto
il Dalai Lama in occasione della
sua recente visita negli Stati Uniti.
La guida spirituale tibetana sta a
Roma, dove ha incontrato il presidente della Camera Gianfranco
Fini. Da Pechino Obama ha anche espresso oggi l’auspicio che
al vertice sul clima di Copenaghen esca un accordo “con effetto
operativo immediato”. “Le maggiori sfide del 21esimo secolo,
dal cambiamento climatico alla
proliferazione nucleare fino alla
ripresa economica, sono sfide che
toccano entrambe le nostre nazioni, e sfide che nessuna delle nostre
nazioni può risolvere da sola”, ha
detto Obama in dichiarazioni rilasciate ai giornalisti al termine del
suo incontro con il presidente ci-
N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre
Cosentino rimane al suo posto
“I
o rimango al mio posto,
l’unico che può decidere sul mio destino e su
quello della regione Campania è
Berlusconi e sono sicuro che deciderà, sentito il territorio campano e il parlamentari campani’’. Lo
ribadisce Nicola Cosentino (nella
foto) parlando della sua posizione di sottosegretario e dell’ipotesi di candidatura alla presidenza
della Regione Campania per le
prossime regionali. Al termine
dell’audizione in Giunta per le
autorizzazioni della Camera, Cosentino sottolinea che la richiesta
di misura cautelare ‘’deve passare
diversi gradi di valutazione, c’è il
nese Hu Jintao. A Copenaghen, ha
aggiunto il presidente americano,
“il nostro obiettivo non è un accordo parziale o una dichiarazione politica, ma un accordo che copra tutte le questioni dei negoziati
e che abbia un effetto operativo
immediato”. Un comunicato congiunto diffuso dopo i colloqui fra
Obama e Hu, citato dall’agenzia
stampa cinese Xinhua, riferisce
che sul clima vi è stato un dialogo costruttivo e produttivo. Usa
e Cina convengono anche sulla
volontà di raggiungere un risultato concordato a Copenaghen,
basato sul principio delle responsabilità comuni ma differenziate,
nota l’agenzia stampa ufficiale
cinese. “Le due parti, compatibilmente con le circostanze nazionali, sono decise ad adottare
azioni di riduzione e riconoscono
l’importante ruolo svolto dai loro
paesi nel promuovere un risultato
sostenibile che rafforzerà la capacità del mondo a combattere i
cambiamenti climatici”, afferma
il comunicato. I due paesi hanno
anche concordato che il risultato
del vertice di Copenaghen sul clima dovrà comprendere obiettivi
per la riduzione delle emissioni
nei paesi sviluppati e appropriate
azioni di riduzione delle emissioni nei paesi in via di sviluppo,
oltre ad aiuti per lo sviluppo tecnologico di questi ultimi. Stati
Uniti e Cina hanno anche chiesto all’Iran trasparenza sul suo
programma nucleare. “Abbiamo convenuto che la repubblica
islamica dell’Iran debba fornire
assicurazioni alla comunità internazionale che il suo programma
nucleare è pacifico e trasparente”, ha detto Obama. “L’Iran ha
l’opportunità di presentare e dimostrare le sue intenzioni pacifiche ma se non approfitterà di questa opportunità dovrà affrontarne
le conseguenze”, ha avvertito.
Quanto alla Corea del Nord, Stati
Uniti e Cina “hanno convenuto
sull’importanza di riprendere al
più presto il dialogo a sei”, ovvero i negoziati sul programma
nucleare di Pyongyang che coinvolgono le due Coree, Cina, Stati
Uniti, Russia e Giappone. La Corea del Nord può scegliere, ha avvertito il presidente americano,
“può continuare lungo la strada
del confronto e la provocazione
che conduce a meno sicurezza,
meno prosperità e più isolamento
rispetto alla comunità internazionale, o può decidere di diventare
un membro a pieno titolo della
comunità internazionale”.
G. L.
riesame, c’è la Cassazione... Sono
certo che il provvedimento sarà
cassato’’. ‘’Ho chiesto ripetutamente di essere sentito - spiega il
sottosegretario all’Economia - ma
l’ufficio della procura ha deciso
di agire da solo. Se mi avessero
sentito, invece di dover respingere accuse infamanti, non saremmo
qui... Sono indagato dal ‘94 senza nemmeno averne conoscenza.
E poi la richiesta cautelare dura
nove mesi, guarda caso la tagliola
giudiziaria cade proprio in coincidenza delle elezioni regionali’’. Quindi, ribadendo ‘’la totale estraneità ai fatti che mi sono
contestati’’, Cosentino più che fi
‘Fumus persecutionis’, Cosentino
parla di ‘’un fumone di persecuzione’’. Il sottosegretario rimarca
che nell’ordinanza per la richiesta
d’arresto nei suoi confronti sono
stati ‘’omessi in tutto o in parte’’
alcuni fatti. In particolare, nella
sua memoria difensiva, l’esponente del Pdl ricorda le dichiarazioni
rese dal pentito Luigi Diana in riferimento alle elezioni del 1990:
‘’Diana viene minacciato dai clan
che pensavano stesse votando me
e invece lui esclude questa circostanza. Non solo sono stato sempre contro quella realtà - assicura Cosentino - ma anzi i clan mi
avversavano’’. ‘’Quello che oggi
dice il Gip non è vangelo, il suo
provvedimento sarà soggetto al
riesame e alla Cassazione e sono
certo che sarà cassato’’, ribadisce
il sottosegretario. E in ogni caso,
tiene a sottolineare Nicola Cosentino, ‘’non penso che io possa
essere la causa di una crisi di governo, ma se avessi questa persuasione farei in modo di agevolare la
cordialità dei rapporti. Il problema non sono io, ma le riforme. Se
non c’è coesione è giusto tornare
alle urne’’. La posizione di alcuni
ex di An sulla mozione di sfiducia ‘’non mi ha sorpreso - rimarca
poi Cosentino - perché dentro la
componente di An sta venendo
fuori un’anima meno garantista’’.
Il sottosegretario all’Economia si
dice però ‘’dispiaciuto, dal punto
di vista umano piu’ che politico,
che Italo Bocchino, che viene dai
miei stessi territori, che conosce
bene me, la mia storia e la mia famiglia, abbia potuto dire che sta
ancora valutando, con una parte
del gruppo, in caso di presentazione della mozione di sfiducia, se
votarla’’. A stretto giro la precisazione di Bocchino. ‘’Mi dispiace
che il collega Cosentino non abbia compreso lo spirito della mia
richiesta di fare un passo indietro.
Conosco Nicola da moltissimi
anni - dice il vicecapogruppo del
Pdl alla Camera - siamo entrati
assieme in Parlamento e sono certo dell’estraneità alle accuse che
i pentiti gli rivolgono. Ciò non
toglie che tali vicende producono
questioni di opportunità politica
ed è in nome dell’opportunità che
a mio giudizio dovrebbe ritirare la
sua candidatura e dimettersi dagli incarichi’’. Per Bocchino, ‘’il
Pdl e Berlusconi non possono affrontare una campagna elettorale
difendendosi da accuse peraltro
ingiuste, ma devono attaccare il
malgoverno di Bassolino ed esaltare quanto di buono ha fatto il
nostro governo. Se l’amico Cosentino non valuta l’opportunità del passo indietro - sottolinea
Bocchino - daremo un’arma ad
un centrosinistra che in Campania
non ha più altri argomenti’’. “A
Cosentino ho espresso subito solidarietà - afferma il coordinatore
nazionale del Pdl, Ignazio La Russa - Questa vicenda giudiziaria
che arriva con tempistica sospetta,
ho avuto modo di dire, rende comunque inopportuna la sua candidatura alla regione Campania che
pure avrebbe meritato. Ho anche
pubblicamente dichiarato che sbaglia chi è d’accordo con la mozione di sfiducia preannunciata da Di
Pietro. Proprio per questo posso
dire chiaro a Nicola Cosentino
che ogni sua polemica personale
o, peggio, ogni generalizzazione
socio-politica sul garantismo non
aiuta a mantenere la serenita’ in
questa fase delicata, non solo per
lui, della vita politica. Chiedergli
di astenersi nel proseguire con i
botta e risposta non mi pare eccessivo”. Intanto una mozione parlamentare che “impegna il governo
a invitare l’onorevole avvocato
Nicola Cosentino a rassegnare le
dimissioni da sottosegretario di
Stato per l’Economia e le finanze”,
è stata presentata dall’Italia dei valori . La prima firma è di Antonio
Di Pietro, e l’Idv ne chiederà la calendarizzazione subito dopo l’esito
del voto sull’arresto. “A prescindere dall’eventuale responsabilità penale dell’onorevole Cosentino, che
rimane innocente fino a che non
intervenga una condanna definitiva, appare tuttavia necessario che
l’Italia e le sue istituzioni siano salvaguardate nel loro prestigio e nella loro dignità”, si legge tra l’altro
nella mozione. Secondo le accuse
dei Giudici mosse al sottosegretario : Nicola Cosentino ‘’contribuiva, sin dagli anni ‘90 a rafforzare
vertici e attività del gruppo camorrista facente capo alle famiglie di
Bidognetti e Schiavone’’ ricevendo in cambio ‘’puntuale sostegno
elettorale’’. Sono le accuse mosse
al sottosegretario all’Economia
e coordinatore regionale del Pdl
nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per concorso esterno
in associazione mafiosa, firmata
dal giudice per le indagini preli-
minari Raffaele Piccirillo e trasmessa alla Camera dei deputati
per l’autorizzazione all’esecuzione. Nell’ordinanza, 351 pagine,
appaiono anche le dichiarazioni
rese durante l’interrogatorio del 1
aprile 2008 da Gaetano Vassallo,
pentito del clan Bidognetti, ai pm
della direzione distrettuale antimafia. Vassallo ha ammesso di
aver “agito per conto della famiglia Bidognetti quale loro referente della società Eco 4 Spa gestita
dai fratelli Orsi” e di esser “stato
di fatto loro socio perché richiesto
di farlo da parte di Massimiliano Miele investito da Bidognetti
Francesco come da questi riferito”. “All’epoca - continua - era
Bidognetti Aniello la persona a
gestire gli affari del clan, riferiti
alla famiglia Bidognetti e, a fronte
degli impegni prestati dal clan ai
fratelli Orsi, era stata fissata una
tangente mensile pari a 50 mila
euro, con una previsione ulteriore dell’assunzione di 50 persone
scelte dal clan. I rapporti economici tra i fratelli Orsi e il clan
sono stati regolati direttamente
da Miele Massimiliano, con modalita’ che non conosco”. Nel
corso dello stesso interrogatorio
Vassallo, uno dei colletti bianchi
del clan dei Casalesi gruppo Bidognetti, sostiene ancora: “Posso
dire che la società Eco 4 era controllata dall’onorevole Cosentino e anche l’onorevole Landolfi
aveva svariati interessi in quella
società. Presenziai personalmente
alla consegna di 50 mila euro in
contanti da parte di Orsi Sergio
all’onorevole Cosentino, incontro
avvenuto a casa di quest’ultimo a
Casal di Principe. Ricordo che Cosentino Nicola ebbe a ricevere la
somma in una busta gialla e Sergio
Orsi mi informò’’. “Spiegando le
ragioni della mia presenza in occasione del versamento della somma
contante dell’Orsi Sergio al Cosentino - aggiunge Vassallo - rappresento che io ero sostanzialmente un
socio seppure occulto all’interno
della Eco 4 e la cosa era ben nota
al Cosentino stesso. Astrattamente
era come se quei soldi provenissero
anche da me, tanto che Cosentino
ebbe a ringraziare entrambi”.
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G. L.
Pagina Tre
N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre
ß
3
Un anno per un santo
Il magistero di Benedetto XVI sul Santo Curato d’Ars nell’Anno Sacerdotale
stessa vita del Santo Curato.
Massimo Introvigne
2. La crisi del sacerdozio Prima Parte
1. La grazia di un anniversario
Com’è noto, Benedetto XVI ha
una particolare sensibilità per gli
anniversari. Nel 2009 cadono centocinquant’anni dalla morte del
Santo Curato d’Ars, San Giovanni
Maria Vianney (1786-1859). Di
conseguenza, ricorre anche il cinquantesimo anniversario dell’enciclica del Beato Papa Giovanni
XXIII (1958-1963) Sacerdotii nostri primordia, del 1959, intesa a
celebrare il centenario della morte
dello stesso santo (Giovanni XXIII
1959). «Ho voluto prendere spunto da questo anniversario per indire l’Anno Sacerdotale» (Benedetto
XVI 2009f), afferma il Papa: un
anno per un santo, e un anno giubilare per il sacerdozio e i sacerdoti,
che si snoda tra due feste del Sacro
Cuore di Gesù, dal 19 giugno 2009
al 19 giugno 2010.
Il Papa rileva come il Santo
Curato sia morto un anno dopo
le apparizioni della Madonna a
Lourdes, del 1858, il cui centocinquantesimo anniversario è ricorso
nel 2008. Anche il Beato Giovanni
XXIII nell’enciclica citata aveva
notato la sequenza dei due anniversari. «Già nel 1959 – ricorda Benedetto XVI – il beato Papa Giovanni XXIII aveva osservato: “Poco
prima che il Curato d’Ars concludesse la sua lunga carriera piena
di meriti, la Vergine Immacolata
era apparsa, in un’altra regione di
Francia, ad una fanciulla umile e
pura [Santa Bernadetta Soubirous,
1844-1879], per trasmetterle un
messaggio di preghiera e di penitenza, di cui è ben nota, da un secolo, l’immensa risonanza spirituale.
In realtà la vita del santo sacerdote,
di cui celebriamo il ricordo, era in
anticipo un’illustrazione vivente
delle grandi verità soprannaturali
insegnate alla veggente di Massabielle. Egli stesso aveva per
l’Immacolata Concezione della
Santissima Vergine una vivissima
devozione, lui che nel 1836 aveva consacrato la sua parrocchia a
Maria concepita senza peccato, e
doveva accogliere con tanta fede e
gioia la definizione dogmatica del
1854” (Lettera enc. Sacerdotii nostri primordia, P. III)» (Benedetto
XVI 2009b).
Ancora in tema di sequenze di
anniversari, per la Chiesa dopo
l’Anno Paolino – cioè l’anno giubilare, dal 28 giugno 2008 al 29
giugno 2009, indetto per il bimillenario della nascita di San Paolo –
viene l’Anno Sacerdotale dedicato
al Santo Curato. Si tratta di due
figure in apparenza molto diverse:
il dotto San Paolo e l’umile curato di Ars. «La Provvidenza divina
ha fatto sì che la sua figura venisse accostata a quella di san Paolo.
Mentre infatti si va concludendo
l’Anno Paolino, dedicato all’Apostolo delle genti, modello di straordinario evangelizzatore che ha
compiuto diversi viaggi missionari
per diffondere il Vangelo, questo
nuovo anno giubilare ci invita a
guardare ad un povero contadino
diventato umile parroco, che ha
consumato il suo servizio pastorale in un piccolo villaggio. Se i due
Santi differiscono molto per i percorsi di vita che li hanno caratterizzati – l’uno è passato di regione
in regione per annunciare il Vangelo, l’altro ha accolto migliaia e
migliaia di fedeli sempre restando
nella sua piccola parrocchia –, c’è
però qualcosa di fondamentale che
li accomuna: ed è la loro identificazione totale col proprio ministero, la loro comunione con Cristo»
(Benedetto XVI 2009d).
La Chiesa ha nel suo calendario
moltissimi santi. A pochi dedica
un magistero specifico articolato
in molteplici testi, documenti, encicliche. Il Santo Curato d’Ars è
fra questi. La sua vita costituisce
in effetti una «catechesi vivente»
(Benedetto XVI 2009f). Modello e
patrono dei parroci, egli aiuta tutti
i fedeli a riflettere sul ruolo del sacerdote. L’epoca in cui è vissuto –
un’epoca di crisi che per molti versi continua ancora oggi – e il modo
insieme umile e geniale con cui ha
contrastato lo spirito del tempo ne
fanno una figura che non deve interessare solo ai preti, ma a tutti. Lo
stesso Curato d’Ars – e Benedetto
XVI lo ricorda – soleva dire ai laici: « Il prete non è prete per sé, lo
è per voi» (Benedetto XVI 2009b,
che cita Bernard Nodet [a cura di],
Le curé d’Ars. Sa pensée - Son
cœur, Cerf, Parigi 1996, p. 100).
«Lungi allora dal ridurre la figura
di san Giovanni Maria Vianney a
un esempio, sia pure ammirevole,
della spiritualità devozionale ottocentesca, è necessario al contrario
cogliere la forza profetica che contrassegna la sua personalità umana
e sacerdotale di altissima attualità»
(Benedetto XVI 2009f).
Nel 2009 Benedetto XVI ha
dedicato diversi interventi al Santo Curato d’Ars, fra cui spiccano
– senza essere peraltro gli unici –
la Lettera di indizione dell’Anno
Sacerdotale, del 16 giugno (Benedetto XVI 2009b), e il discorso
all’udienza generale del 5 agosto
(Benedetto XVI 2009f), tutto dedicato al santo parroco francese.
In questi testi il Pontefice da una
parte affronta il tema della crisi del
sacerdozio sia ai tempi di San Giovanni Maria Vianney sia ai giorni
nostri, nelle sue cause esterne e interne alla Chiesa, dall’altra indica i
rimedi a questa crisi che emergono
con forza dalla meditazione sulla
a) Cause esterne
La crisi del sacerdozio deriva anzitutto da cause esterne: da un secolare processo
di aggressione alla Chiesa da
parte delle moderne ideologie che si manifesta oggi, e
già si manifestava ai tempi
del Curato d’Ars, nel plesso razionalismo-relativismo.
«Se allora c’era la “dittatura
del razionalismo”, all’epoca
attuale si registra in molti
ambienti una sorta di “dittatura del relativismo”. Entrambe appaiono risposte
inadeguate alla giusta domanda dell’uomo di usare appieno
della propria ragione come elemento distintivo e costitutivo della
propria identità. Il razionalismo
fu inadeguato perché non tenne
conto dei limiti umani e pretese di
elevare la sola ragione a misura di
tutte le cose, trasformandola in una
dea; il relativismo contemporaneo
mortifica la ragione, perché di fatto arriva ad affermare che l’essere
umano non può conoscere nulla
con certezza al di là del campo
scientifico positivo» (Benedetto
XVI 2009f).
Si tratta, in realtà, di due tappe
dello stesso processo. Il relativismo considera la verità una variabile dipendente da qualche cosa
di esterno che di volta in volta la
determina. Nel razionalismo, questa variabile è la ragione umana: si
afferma, sì, la sua capacità quasi
divina di conoscere ma, poiché il
risultato dei suoi sforzi di conoscenza cambia di volta in volta,
così cambia la verità, che dunque
non è mai assoluta ma è sempre relativa. Tramontata con la crisi del
razionalismo la fiducia nella ragione, si cade in forme di relativismo
aggressivo secondo cui propriamente «non si può conoscere nulla
con certezza» (ibid.). Se nulla si
può conoscere con certezza, anche
la funzione del sacerdote, che è
quella di indicare e annunciare certezze ai fedeli, cade.
Senza scrivere trattati di filosofia, ma con la semplice forza del
buon senso e della fede cristiana
il Curato d’Ars fu un nemico tanto implacabile quanto efficace del
razionalismo e del relativismo. In
effetti, riuscì a «mostrare che il razionalismo, allora imperante, era
in realtà distante dal soddisfare
gli autentici bisogni dell’uomo e
quindi, in definitiva, non vivibile»
(ibid.).
b) Cause interne
Il Papa non si nasconde che
la moderna crisi del sacerdozio
non deriva solo da cause esterne.
Ci sono anche cause interne alla
Chiesa. Il relativismo e la sfiducia
nella capacità di conoscere con
certezza la verità sono penetrati
anche tra i cattolici. È così entrato in crisi quel «binomio “identità-missione”» (Benedetto XVI
2009e) che è alle radici della figura
del sacerdote, il quale ha una missione perché ha un’identità. «Dopo
il Concilio Vaticano II, si è prodotta qua e là l’impressione che nella
missione dei sacerdoti in questo
nostro tempo, ci fosse qualcosa di
più urgente; alcuni pensavano che
si dovesse in primo luogo costruire una diversa società» (ibid.). La
missione discende dall’identità, e
la missione è entrata in crisi perché
è entrata in crisi l’identità. Il Papa
sottolinea che l’identità sacerdotale si fonda sul primato della grazia.
Il sacerdote radica la sua identità
nel primato della grazia divina,
non in un progetto sociale o in un
generico umanitarismo. Benedetto
XVI lo riafferma con parole fortissime: «a fronte di tante incertezze
e stanchezze anche nell’esercizio
del ministero sacerdotale, è urgente il recupero di un giudizio chiaro
ed inequivocabile sul primato assoluto della grazia divina, ricordando quanto scrive san Tommaso d’Aquino [1225-1274]: “Il più
piccolo dono della grazia supera il
bene naturale di tutto l’universo”
(Summa Theologiae, I-II, q. 113, a.
9, ad 2)» (ibid.).
È importante, per Benedetto XVI, che si comprenda bene
questo punto. La crisi interna del
sacerdozio è stata scandita dal
passaggio da una concezione sacramentale a una meramente funzionale dell’identità del sacerdote.
«In un mondo in cui la visione comune della vita comprende sempre
meno il sacro, al posto del quale,
la “funzionalità” diviene l’unica
decisiva categoria, la concezione
cattolica del sacerdozio potrebbe
rischiare di perdere la sua naturale considerazione, talora anche
all’interno della coscienza ecclesiale» (Benedetto XVI 2009d).
Citando un brano che egli stesso
aveva scritto prima dell’elezione
a Pontefice, Benedetto XVI osserva: «Rilevavo in proposito alcuni
anni or sono che esistono “da una
parte una concezione sociale-funzionale che definisce l’essenza del
sacerdozio con il concetto di ‘servizio’: il servizio alla comunità,
nell’espletamento di una funzione… Dall’altra parte, vi è la concezione sacramentale-ontologica,
che naturalmente non nega il carattere di servizio del sacerdozio, lo
vede però ancorato all’essere del
ministro e ritiene che questo essere
è determinato da un dono concesso
dal Signore attraverso la mediazione della Chiesa, il cui nome è sacramento” (J. Ratzinger, Ministero
e vita del Sacerdote, in Elementi di
Teologia fondamentale. Saggio su
fede e ministero, [trad. it., Morcelliana,] Brescia 2005, p. 165). Anche lo slittamento terminologico
dalla parola “sacerdozio” a quelle
di “servizio, ministero, incarico”, è
segno di tale differente concezione» (Benedetto XVI 2009d).
In realtà, commenta il Papa, «non
si tratta di due concezioni contrapposte, e la tensione che pur esiste
tra di esse va risolta dall’interno»
(ibid.). Non si possono opporre
annuncio e sacrificio, né si tratta
di negare che l’annuncio sia parte
essenziale del ministero del sacerdote. Ma nella missione terrena di
Gesù Cristo «l’annuncio del Regno
di Dio (…) non è solo un “discorso”. Include, nel medesimo tempo,
il suo stesso agire: i segni e i miracoli che compie indicano che il Regno viene nel mondo come realtà
presente, che coincide ultimamente
ß
con la sua stessa persona» (ibid.)
e con il suo «mistero di morte e
di risurrezione» (ibid.). Lo stesso,
analogamente, vale per il sacerdote:
«Solo la partecipazione al sacrificio
di Cristo, alla sua chènosi, rende autentico l’annuncio!» (ibid.).
La degenerazione funzionalistica che ha proposto un annuncio
separato dal sacrificio – dunque,
ultimamente, un annuncio ridotto
a mero discorso, un falso annuncio – è stata contrabbandata come
presunta conseguenza del Concilio Ecumenico Vaticano II. Ma si
tratta di un abuso. Per evitarlo «è
importante favorire nei sacerdoti,
soprattutto nelle giovani generazioni, una corretta ricezione dei
testi del Concilio Ecumenico Vaticano II, interpretati alla luce di
tutto il bagaglio dottrinale della
Chiesa» (Benedetto XVI 2009a).
«Urgente appare anche il recupero
di quella consapevolezza che spinge i sacerdoti ad essere presenti,
identificabili e riconoscibili sia per
il giudizio di fede, sia per le virtù
personali sia anche per l’abito, negli ambiti della cultura e della carità, da sempre al cuore della missione della Chiesa» (ibid.).
La presenza in questi ambiti –
meglio se con l’abito sacerdotale, in modo che i sacerdoti siano
«riconoscibili» (ibid.) – non deve
però portare a una confusione fra
il ruolo del clero e quello dei laici. Il rischio è sia che i sacerdoti
– portando all’estremo la concezione funzionalista – si laicizzino,
sia che i laici si clericalizzino: che,
anziché svolgere anzitutto la funzione loro propria e conforme alla
loro indole secolare di ordinare le
cose temporali secondo il piano
di Dio, considerino come massima aspirazione e unico contributo alla Chiesa l’occuparsi delle
letture alla domenica o il fungere
da ministri straordinari dell’Eucarestia, funzioni certo legittime
ma in cui non si esaurisce il ruolo
del laicato. Si può ricordare come
già Papa Giovanni Paolo II (19792005) nell’esortazione apostolica
post-sinodale Christifideles laici
del 1988 avesse denunciato «l’interpretazione arbitraria del concetto di “supplenza”, la tendenza
alla “clericalizzazione” dei fedeli
laici e il rischio di creare di fatto
una struttura ecclesiale di servizio
parallela a quella fondata sul sacramento dell’Ordine» (Giovanni
Paolo II 1988, n. 23).
Il laicato che si clericalizza è il
contrappunto inevitabile al clero
che si laicizza. Per evitare il secondo fenomeno, occorre contrastare
anche il primo. «È da ricordare,
in questo contesto – afferma Benedetto XVI –, il caloroso invito
con il quale il Concilio Vaticano II
incoraggia i presbiteri a “riconoscere e promuovere sinceramente
la dignità dei laici, nonché il loro
ruolo specifico nell’ambito della
missione della Chiesa…” (Presbyterorum ordinis, 9)» (Benedetto
XVI 2009b). Quando si trovano di
fronte ai carismi propri dei laici,
lungi dal sostituirsi a essi i sacerdoti
«“[…] devono ammetterli con gioia
e fomentarli con diligenza” (Presbyterorum ordinis, 9)» (ibid.).
Continua …
Politica
4
S
iamo arrivati a un punto di
non ritorno? davvero, come
ha scritto Carlo Fruttero
(Dagospia, 19 ottobre 2009), siamo al baratro della nostra società? Io ho cercato sempre di non
incorrere in quella terribile abitudine di demonizzare quanto ci sta
intorno, anche riconoscendo tutti i
gravi problemi in cui si dibattono
l’Italia e il mondo occidentale. La
scarsa credibilità delle istituzioni, l’aumento esponenziale della
criminalità non punita, la crisi
economica di un’ampia fascia
della popolazione, la esclusione
dei valori di solidarietà dalla vita
finanziaria, costituiscono temi su
cui nessuno potrebbe chiudere gli
Giovanni Paolo II (1920-2005)
La sfiducia tangibile nella Nazione
Servono uomini in grado di programmare il cambiamento del Paese
occhi. Tuttavia, non è possibile
continuare a vivere e a lavorare
avendo come unica prospettiva la
convinzione di scendere sempre
più in basso, di scivolare in un
abisso che sembra senza fondo e
senza speranza. Pur condividendo
gran parte delle idee di uno scrittore che io stesso apprezzo molto,
non posso e non voglio convincermi della ineluttabilità di una simile condizione. In realtà, io sono
propenso a credere
che proprio l’eliminazione dei valori di Diritto naturale che sono alla
base della nostra
convivenza abbia
causato l’asfissia
sociale che viene lamentata e il
conseguente pessimismo così diffuso. Ovviamente,
quando parlo di
Diritto
naturale
non mi riferisco
solo ad una vaga
espressione giuridica ma ad un sistema di normative
non codificate che
sono tuttavia scritte nel cuore degli
uomini. Da Dio,
per chi crede in
Lui. Dunque, il pessimismo dilagante e ricorrente nella storia
delle società, non è altro se non
la conseguenza di un appannamento, in larghi settori dello
Stato, dei sentimenti cristiani
che permearono la vita dei nostri
antenati, facendo superare loro
le più desolanti avversità. Quel
che in realtà affligge l’Italia è una
mancanza di fiducia e di cultura
cristiana che sfocia nell’egoismo e
nell’aggressività. Ognuno cerca di
salvare sé stesso senza che si trasmettano nel futuro le possibilità
di rivincita personale e sociale. La
nostra società manca di uomini in
grado di programmare, di guardare avanti e di sognare. Questo è il
vero problema. Si getta sugli altri
la responsabilità di quanto accade,
e si spera in una rivoluzione delle
cose che cada dall’alto, senza che
ci si renda conto, come fece san
Francesco d’Assisi e come fecero
tutti i santi, che la vera rivoluzione inizia da noi stessi. Eppure abbiamo attraversato un breve corso
di anni che dimostra bene come
grandi sognatori siano riusciti a
cambiare la società. Gli uomini
hanno camminato sulla Luna. Il
comunismo è caduto improvvisamente. Un polacco proveniente da una Nazione soggiogata al
marxismo è asceso al Trono di
Pietro. Un uomo di colore è di-
L’Europa e il crocefisso
C
La cristianofobia al potere
i siamo. Da diverso tempo
si accumulavano i segnali
di un prossimo colpo delle
istituzioni europee contro il cristianesimo e la Chiesa Cattolica.
Qualche mese fa, il 4 marzo 2009,
avevo avuto occasione di partecipare come esperto a Vienna a
una conferenza dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e
la Cooperazione in Europa) dove
era stato lanciato l’allarme su una
montante «cristianofobia», che
in diversi Paesi non si limitava
più alla propaganda ma si esprimeva in leggi e sentenze contro
la libertà religiosa e di predicazione dei cristiani e contro i loro
simboli. L’attacco anticristiano si
era finora svolto in modo prevalentemente indiretto, attraverso la
proclamazione di presunti «nuovi
diritti»: anzitutto, quello degli
omosessuali a non essere oggetto
di giudizi critici o tali da mettere
in dubbio che le unioni fra persone dello stesso sesso debbano
godere degli stessi riconoscimenti
di quelle fra un uomo e una donna. Tutelando gli omosessuali non
solo – il che sarebbe ovvio e condivisibile – da violenze fisiche,
ma da qualunque giudizio ritenuto
discriminante ed etichettato come
«omofobia», le istituzioni europee
violavano fatalmente la libertà di
predicazione di tutte quelle comunità religiose, Chiesa Cattolica in
testa, le quali hanno come parte
normale del loro insegnamento
morale la tesi secondo cui la pratica omosessuale è un disordine
N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre
oggettivo e uno Stato bene ordinato non può mettere sullo stesso
piano le unioni omosessuali e il
matrimonio eterosessuale.
La sentenza Lautsi c. Italie del 3
novembre 2009 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo segna il
passaggio della cristianofobia dalla fase indiretta a una diretta. Non
ci si limita più a colpire il cristianesimo attraverso l’invenzione di
«nuovi diritti» che, proclamando
il loro normale insegnamento
morale, le Chiese e comunità cristiane non potranno non violare,
ma si attacca la fede cristiana al
suo cuore, la croce. I giudici di
Strasburgo – dando ragione a una
cittadina italiana di origine finlandese – hanno affermato che
l’esposizione del crocefisso nelle aule scolastiche italiane viola
i diritti dei due figli, di undici e
tredici anni, della signora Lautsi,
li «perturba emozionalmente» e
nega la natura stessa della scuola
pubblica che dovrebbe «inculcare
agli allievi un pensiero critico».
Ove tornasse in Finlandia, la signora Lautsi dovrebbe chiedere
al suo Paese natale di cambiare
la bandiera nazionale, dove come
è noto figura una croce, con quale perturbazione emozionale dei
suoi figlioli è facile immaginare.
Basta questa considerazione paradossale per capire come, per
qualunque persona di buon senso,
la croce a scuola o sulla bandiera non è uno strumento di proselitismo religioso ma il simbolo
di una storia plurisecolare che,
piaccia o no, non avrebbe alcun
senso senza il cristianesimo. In
Italia la signora Lautsi intascherà
cinquemila euro dai contribuenti
– un piccolo omaggio della Corte di Strasburgo – e avrà diritto di
far togliere i crocefissi dalle aule
dove studiano i figli. Certo, ci sarà
l’appello, e giustamente il nostro
governo rifiuterà di applicare questa sentenza ridicola e folle. Ma le
«toghe rosse» italiane si sentiranno incoraggiate dai colleghi europei. Che non sono tutti «stranieri»
dal momento che uno dei firmatari
della sentenza è il giudice italiano
a Strasburgo, il dottor Vladimiro
Zagrebelsky, campione – insieme
al fratello minore Gustavo – del
laicismo giuridico nostrano.
Massimo Introvigne
La escort Patrizia D’addario
ventato presidente degli
Stati Uniti.
Per spiegarci
perché tutto
questo
sia
accaduto, è
opportuno ricordare l’ambiente da cui
provenivano
Giovanni
Paolo II e il
presidente
Ronald Reagan, ossia
coloro che
operarono il
più grande
cambiamento
nella storia
dell’ultimo
secolo. Entrambi
gli
artefici della
caduta
del Ronald Reagan (1911-2004)
comunismo
avevano nutrito interessi eminen- 12 giugno 1987 -e dunque moltemente artistici, avevano avuto to prima che si immaginasse la
stretti rapporti con il teatro e la caduta del famigerato muro che
poesia. Niente di più lontano dal- divideva in due la grande capile frequentazioni di uno studio tale tedesca- gridò: “Gorbaciov,
professionale, dai giri talvolta abbatti il muro di Berlino” (La
imbarazzanti di amicizie e di af- Stampa, 20 settembre 2009). Se
fari da cui continuamente escono non usciamo dai piccoli confitanti protagonisti della politica ni del nostro freddo ambiente,
italiana. Entrambi erano uomini della nostra quotidianità e dalla
in grado di materializzare i pro- nostra vita piena di piccole conpri sogni. Tutta la vita del Papa suetudini e mete limitate, rimarfu la dimostrazione di come pos- remo per sempre fra piccoli punti
sa agire un uomo ravvivato con- di partenza e deludenti punti di
tinuamente dalla forza della sua arrivo. Non si deve più operare
Fede. “Il mondo -scriveva pro- secondo i nostri parametri umani,
feticamente l’abate benedettino se vogliamo sconfiggere il pessiD.Fausto Mezza- si ostina a rite- mismo di cui parla Fruttero. “Abnere che la storia della Chiesa si biamo una miserabile espressione,
identifichi con la storia degli uo- -scriveva ancora D.Fausto Mezzamini che ne han guidato le sorti: che ripetiamo sovente, senza immentre sono innumerevoli pur nel- maginare nemmeno quanta penula storia i segni chiari ed evidenti ria di fede ed indigenza spirituale
di una forza divina che sostiene e essa manifesti. Diciamo: umanadirige sempre a maggior bene ciò mente parlando, e, paghi di questa
che tutta l’abilità umana, presa riserva, tiriamo avanti umanamenda sola, non riuscirebbe a salvare te operando, umanamente giudida inevitabile rovina” (Lo Spiri- cando, umanamente trattando cose
to Santo vita dell’anima, Badia soprannaturali e divine” (Lo Spiridi Cava 1941, pp.233-234). E to Santo vita dell’anima, p.21). Se
come non rimanere stupiti se ri- vogliamo restituire vita alla società
cordiamo quando Ronald Reagan occorre cambiare prospettiva.
mentre si trovava in piedi dinanzi alla porta di Brandeburgo il
Carmelo Currò
A
Politica e morale
ssodato che l’andare ad escort è disdicevole, ma che l’andare
a trans è perversione, l’opinione pubblica si è chiesta se sia
lecito separare le pubbliche virtù dai vizi privati. Alla luce del
recente caso Marrazzo, la maggioranza della gente è arrivata alla conclusione che i comportamenti privati vanno
disgiunti da quelli pubblici. Davvero una strana morale
per chi pensa che un uomo pubblico che esercita in modo
ineccepibile i suoi incarichi, possa meritare stima e onori
anche se vive il privato all’insegna della depravazione e
dell’immoralità. Secondo la logica dei “separatisti”, un
buon politico rimane tale anche se un attimo dopo uscito dalle stanze del potere, si droga, si ubriaca, si intrattiene con persone dello stesso sesso, e magari pratica la
pedofilia. L’uomo moderno si è dimenticato che l’etica
ha ben poco di privato. Già gli antichi, come Aristotele,
sostenevano che l’etica riguarda sia l’economia domestica che il bene della città. In fondo, è non è vero che un
buon politico si può paragonare ad un buon gestore della
propria famiglia? Ha allora senso conferire fiducia ad un
“padre” che cornifica moglie e figli sullo squallido altare
del vizio privato?
Gianni Toffali
N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre
Politica
La fuga dal mondo di Marrazzo
C
om’era prevedibile la triste e squallida vicenda
dell’ex presidente della
regione Lazio Piero Marrazzo ha
scatenato le più disparate analisi
e congetture; tra i contributi giornalistici che ho letto, due in particolare mi hanno colpito, quello di
Renato Farina su Il Giornale del
28 ottobre e di Michele Brambilla
su La Stampa del giorno successivo. I due giornalisti del caso Marrazzo, mettono in luce il finale e
cioè la fuga purificatrice verso il
convento, consigliata forse dalla
moglie, Roberta Serdoz, che in
questo disastro gli è rimasta vicina, e qui si vede la superiorità
- scrive Farina – delle donne (e
delle mogli) su questi ometti che
inseguono chiappe grandi. Paradossalmente Brambilla elogia
i due protagonisti della vicenda,
anche se precisa alcuni punti per
non essere equivocato. Giustissimo pretendere le dimissioni, un
uomo politico come lui dalla politica deve sparire. Sono ipocriti
quelli che vorrebbero scindere i
cosiddetti ‘fatti privati’ dalle responsabilità pubbliche. E gli opinionisti che dicono di infischiarsene di quello che fa il politico nel
suo tempo libero non affiderebbero neanche l’amministrazione del
proprio condominio a uno che
paga cinquemila euro per andare
a letto con un transessuale. Altra
ipocrisia è quella di sostenere che
non c’è differenza tra frequentare
una donna e frequentare transessuali. Citando Marina Terragni,
Brambilla scrive, che cosa può
chiedersi una moglie quando scopre che il marito la tradisce con
personaggi che definisce osceni. Infine l’ultima ipocrisia, non
è vero che ‘sono fatti suoi’. La
vita – scrive Brambilla – è fatta
di relazioni, ogni nostro atto comporta una conseguenza per tutta
una serie di persone, soprattutto
per quelle che ci vogliono bene.
Chiedete alla moglie e alla figlia
se le ‘scappatelle’ di Marrazzo
‘sono fatti suoi’. Fatte queste precisazioni, Brambilla passa al lato
positivo della vicenda, Marrazzo
si è dimesso e in un mondo come
quello della politica sono rari
quelli che si dimettono. Marrazzo
non è scappato solo dalla politica,
ma anche da Roma, dai giornali, è
scappato dal mondo. Spogliato di
tutto, senza l’armatura del potere,
gettata l’insegna di governatore.
In pratica ha fatto un gesto molto antico e rivoluzionario, scrive
Farina, ha tagliato corto con le
mezze misure e per curare davvero l’unica malattia seria che c’è:
la disperazione, la perdita di se
stessi, il dolore inflitto ai propri
cari, sceglie il convento come si
faceva nel retrogrado Medioevo,
dove cavalieri, re, regine appena
trentenni si ritiravano dagli onori. Al culmine del successo e del
potere, cercavano di purificarsi lasciandosi seppellire dal silenzio.
Il silenzio dei monasteri, dove ti
nascondi, scompari, é il “morire
al mondo”, scrive Brambilla non
è un caso che uno dei più famosi
monasteri italiani si chiami Morimondo, che vuol dire appunto ‘ morire al mondo’. Un altro
vocabolo che Brambilla utilizza
nella fuga di Marrazzo è quello
della “mortificazione”, che viene
anche lui da morte, faccio morire
una parte di me stesso perché mi
rendo conto che quella parte non
deve più vivere. In sostanza per i
due giornalisti, Marrazzo sceglie il
convento perché si vergogna, ed è
I
le”. L’Ue vorrebbe, infatti, che per
il 2010 nei Paesi membri le persone con un reddito disponibile
al di sotto della soglia di povertà
fossero il 10%, ma il Sud è al 35%
già nel 2006, l’Italia è già al 20%
nel 2007. “E’ proprio prendendo
in esame i parametri riguardanti
l’ambito sociale -ha detto Luca
Bianchi, Vicepresidente di Svimez- che risulta evidente come
le politiche per il Mezzogiorno
messe in campo in questi anni non
fossero coerenti, tanto per cominciare, con la strategia di Lisbona.
I Fondi europei sono stati investiti senza risultati apprezzabili in
termini occupazionali e, di conseguenza, senza ricadute positive
dal punto di vista dell’inclusione
sociale”(Cfr.”Il Sole 24 Ore del
Sud” del 28 ottobre 2009). Ma
c’è di più. La vita è sempre più
agra per i giovani. Licenziamenti, assunzioni con il contagocce,
contratti di collaborazione non
rinnovati e tante prospettive in
fumo. Ebbene, tra le aree più aggredite dal fenomeno della riduzione occupazionale dei giovani
c’è il Mezzogiorno dove la quota
dei senza lavoro ha toccato picchi del 35,3 per cento. (Cfr.www.
repubblica.it del 28.10.2009). A
questo punto, a nostro avviso, bisogna pensare ad un nuovo ruolo
del Sud: un motore di sviluppo
del Mediterraneo, mare di libero
Si brinda all’immigrazione
e si denigrano gli italiani
I
Piero Marrazzo con la moglie
Roberta Serdoz
proprio della vergogna che vogliamo qui fare l’elogio. Oggi che tutti
cercano di autoassolversi quando
sono colpevoli di qualcosa, dove
non ci si vergogna più di nulla.
Una società che ha creato una
nuova morale che si basa sostanzialmente su un unico principio:
quello secondo il quale non esiste
alcuna morale. E quando qualcuno cerca di obiettare viene silenziato col termine dispregiativo di
moralista. Infine per Brambilla la
vicenda Marrazzo ci fa prendere
in considerazione concetti come
peccato, costrizione, espiazione,
termini ridicolizzati dalla maggioranza, ma è già tanto se da questa
schifosa vicenda abbiamo ritrovato almeno un po’ di senso della
vergogna. Sant’Agostino diceva:
“tutto è grazia anche il peccato”. I
fatti sono questi e non sembra una
messa in scena del protagonista.
Domenico Bonvegna
Un nuovo ruolo del Sud guidato dall’etica
capi di Stato e di Governo
dell’Unione europea, nel marzo del 2000 sottoscrissero a
Lisbona, una strategia di riforme,
con l’intento di trasformare l’Europa unita nella “più competitiva
e dinamica economia della conoscenza entro il 2010”. Ebbene,
senza mezzi termini, dobbiamo
dire che, dal 2000 a oggi, l’Italia
e, ancor di più il nostro Meridione,
si sono ulteriormente allontanati
dai 13 obiettivi della strategia di
Lisbona, tanto che il loro raggiungimento da qui al 2010, è a questo
punto una pia illusione. Questo,
peraltro, è dimostrato da un’indagine “Il Sole 24 Ore Sud-Svimez
che passa in rassegna, punto per
punto, l’intera shortlist condivisa
dai Paesi membri dell’Ue, mettendo in risalto, dati alla mano,
soprattutto il ritardo del Mezzogiorno. Ecco, due di quei 13
obiettivi mancati. Il rapporto tra
Pil e occupati non induce certo
a tranquillità. Su questo fronte a
Lisbona si teorizzò, infatti, una
“crescita significativa” dell’indicatore di riferimento; Italia e
Mezzogiorno partivano rispettivamente da 125 e 107,5 punti e
gli ultimi dati disponibili segnalano, invece, preoccupanti tendenze
di ribasso: l’intero Paese a 108,3
punti nel 2008, e il Sud a 95 punti nel 2006. Ancora, va male per
l’area strategica “Coesione socia-
5
scambio. Vediamo come. Progetti, iniziative, ma soprattutto idee
e una visione globale “di sistema.
Ecco, quello che serve al Mezzogiorno. Peraltro, questa prospettiva è ampiamente sostenuta anche
dal Presidente emerito della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi
che così si è recentemente espresso: “Il nostro Mezzogiorno ha una
posizione strategica: si affaccia
sul Mediterraneo, sfruttiamola
per un piano di sviluppo; può essere una grande area di scambio
integrata con Francia Spagna e
Nordafrica”. Peraltro, dello stesso
avviso, è anche Federica Guidi,
presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria che così si è
espressa, nel recente Convegno
dei Giovani industriali svoltosi
a Capri: “Il nostro sogno è che
il Mediterraneo tra vent’anni sia
un’unica grande zona franca: senza dazi, senza barriere, tariffarie e
non; ma non solo: servono incentivi fiscali per le imprese che diventano internazionali, specie per
chi fa trasferimento tecnologico
nei Paesi della sponda meridionale del Mediterraneo. Noi Giovani
imprenditori faremo la nostra parte, cercheremo di tenere le aziende attive, vive, competitive sul
mercato” (Cfr. “Il Sole 24 Ore”
del 31 ottobre 2009”). Qui noi
aggiungiamo che i settori pilastro
sui quali puntare per lo sviluppo
no in Italia: più grandi sono, più
isolate sono. Per De Bellis i 12
milioni di immigrati previsti per il
2050 saranno una vera e propria
catastrofe sociale, demografica,
geografica. Soprattutto se gli immigrati che arriveranno andranno
a sovrappopolare le grandi città
del centro nord. C’è il rischio che
l’Italia finisca come in Cina, con
l’urbanizzazione incontrollata e
l’abbandono delle zone più rurali. A questo proposito Gilberto Oneto su Il Giornale facendo
riferimento ai Quaderni Padani
del 1999 (allora considerati catastrofisti) ipotizzavano che nel
2035 il numero degli stranieri
avrebbe eguagliato quelli degli
abitanti in Padania e che nel 2075
i foresti sarebbero diventati la
maggioranza assoluta in tutta la
penisola. Considerando che più
del “60% dei foresti si stabilisce
in Padania, i cui abitanti hanno
il tasso di prolificità più basso
del mondo, si arriva a delineare
una ancora più inquietante situazione nella quale nelle regioni
settentrionali gli autoctoni si ridurrebbero nel 2075 a meno del
10% della popolazione: sarebbero perciò virtualmente estinti”.
(Gilberto Oneto, 2030, l’anno
del sorpasso. Più stranieri che
padani. 2.11.09 Il Giornale). Ma
oggi dopo aver letto il Rapporto
Caritas Migrantes, se ne ricava
che le estrapolazioni di allora
(dei Quaderni Padani) erano addirittura molto sottostimate e che
le date indicate per i ‘sorpassi’
possono essere molto più ravvicinate. E cioè che gli italiani e
i padani assieme diventeranno
minoranza ben prima del 2075.
E la soddisfazione manifestata durante la presentazione del
Rapporto Caritas mi sembra
fuori luogo, perché più aumentano gli ingressi,
più la gente chiede rigore, perché
ha paura, di perdere se stessi, di
non sentirsi più a
casa, di vedere se
stessi come oggetti estranei al proprio Paese. Paura
che il presidente
della Camera Fini
bolla come xenofoba, gli risponde
su Libero Maria
Il presidente della Camera Gianfranco Fini
Giovanna
Maglie, lei così offende
gli italiani e le loro giustificate
dell’intero territorio meridionale paure(…) Ha presente il tasso
sono: Manifattura, Cultura, Tu- di delinquenza tra i romeni e gli
rismo, Agricoltura. E dulcis in albanesi immigrati nel nostro
fundo, per un sano “ modus ope- paese? Ha idea del livello di
randi “ degli operatori economici barbarie, di violenza, che questi
in questi settori dell’economia delinquenti utilizzano nelle loro
meridionale, riportiamo quanto scorribande, nelle aggressioni,
recentemente affermato dall’Ar- negli stupri, nei furti in case
civescovo di Milano, Cardinale abitate? (Maria Giovanna MaDionigi Tettamanzi, in occasione glie, Fini difende gli immigrati e
della presentazione del suo vo- attacca gli italiani, 29.10.09 Lilume dal titolo “Etica e capitale. bero). Queste sono le previsioni
Un’altra economia è davvero pos- poco rosee e la politica che deve
sibile”; ” L’etica non è un limite organizzare il futuro non può reall’agire umano, ma una forza stare indifferente, penso che ci
propositiva che contiene alcuni sia poco da esultare, a volte mi
elementi di innovatività. Soprat- sembra che siamo davanti a gentutto, va superata la dicotomia fra te che aspirano alla parte di Sansfera economica e sfera sociale.”
sone che crepa con tutti i filistei.
l Rapporto Caritas Migrantes
presentato il 29 ottobre scorso
ha delineato il quadro dell’immigrazione odierna e soprattutto quello futuro. Attualmente il
rapporto ha detto che abbiamo
superato con 4,5 milioni di immigrati, per la prima volta in Italia
c’è un quota di immigrati regolari
maggiore della media europea. E
addirittura nel 2050 saranno 12
milioni, forse di più. In pratica un
cittadino su cinque non sarà italiano, di fronte a questa situazione,
esiste un’area culturale di italiani
che sono compiaciuti, soddisfatti,
quasi esultanti come l’ambiente
della Caritas. I numeri sono numeri e pare non facciano paura.
C’è quella strana sensazione di
indulgenza esagerata che stona
con la realtà, scrive De Bellis su
Il Giornale. 12 milioni di stranieri
sono troppi, significa moltiplicare
per quattro i problemi che abbiamo oggi. (Giuseppe De Bellis,
I gufi che brindano al boom di
immigrati, 29.10.09 Il Giornale). Continua De Bellis, chi non
dice che questi numeri dovrebbero spaventare è in malafede e
se non è in malafede sbaglia. La
paura non è degli immigrati, ma
dell’immigrazione. Non è una
sottigliezza, 12 milioni di stranieri sono in grado di cancellare
un’identità, sono la quasi certezza
che l’integrazione difficile diventi
impossibile:più grandi e numerosi sono i gruppi etnici più facile
che restino autonomi e indipendenti, slegati dal resto del Paese,
dalla lingua,dagli usi, dai costumi. L’immigrato si integra se è
una minoranza, se comincia a sviluppare un’identità autonoma e
indipendente si emargina da solo.
Lo dice la storia dell’umanità, lo
dicono le comunità che oggi vivo-
Salvatore Resta
D.B.
Attualità
6
La scuola deve fare la scuola
Domenico Bonvegna
Seconda Parte
I
n pratica, noi insegnanti, noi
genitori, abbiamo fatto una
scelta precisa: abbiamo deciso di adeguarci. La scuola sta
diventando una scuola che si
adegua. Oggi c’è una scuola che
si è adeguata alle esigenze degli
altri, e non alle sue. E’ una scuola che “connive” con la società,
che fa finta di niente, chiude gli
occhi. Invece la scuola non dovrebbe adeguarsi, potrebbe fare
la scuola e basta e non assomigliare ad altro. Adesso mi sembra invece - scrive Mastrocola
– voglia assomigliare a cose che
per natura sono molto diverse da
lei: un Parco Giochi, o un Centro Sociale.
Perché non puntare tutto sullo
specifico ruolo della scuola, che
poi è quello culturale. Invece, la
scuola si conforma a tutti i modelli possibili. Diventa la fotocopia
della società.
La scuola non ci pensa neanche di proporre un modello diverso, un’alternativa al mondo,
è la scuola dell’acquiescenza.
La scuola di oggi per Mastrocola
non fa lezione, ma brainstorming
e uscite didattiche; non boccia,
ma recupera; non chiede, ma
offre; non segue programmi, ma
percorsi; non fa letteratura, ma
comunicazione; non chiede il
tema, ma l’articolo di giornale;
non fornisce contenuti, ma metodi; non fa vie e opere, ma analisi del testo; non impone libri
da leggere, ma lascia scegliere.
Evita all’allievo: la frustrazione
del foglio bianco; l’umiliazione
di avere un professore sapiente;
la fatica di imparare delle nozioni; l’imbarazzo di prendere 4 in
pagella; l’impegno di fare cose
Scuola
difficili; la noia di leggere un libro troppo lungo.
Siamo sinceri noi tutti vogliamo che i nostri figli-allievi siano:
non frustrati, non umiliati, non
affaticati, non imbarazzati, non
impegnati, non annoiati. Per cui
devono essere integrati, socializzati, promossi, divertiti, alleggeriti, confortati, aiutati, ascoltati,
recuperati, colmati, sorridenti,
poco-facenti. Questa è la scuola della connivenza perfetta. Da
questa scuola scompare lo studio.
Forse è stato giusto combattere
il nozionismo, scrive Mastrocola,
ma oggi stiamo esagerando, a via
di combattere il nozionismo, siamo diventati ignoranti totali.
Abbiamo perso definitivamente l’idea di studio. Studio voleva
dire fare in modo che le cose
contenute in un libro poi fossero
contenute nella nostra testa, così
che non avessimo più bisogno
del libro (…) I libri riuscivano a
colare dentro di noi, a trasferirsi
in noi. Noi, certo, dovevamo leggerli! E anche studiarli. Niente ci
poteva esimere dallo studio, dalla
fatica e anche dalla noia di trasferire i libri in noi. Non avviene più
così con internet, spesso si scarica
una ricerca, si stampa e poi basta.
I giovani non trasferiscono
più nulla dentro di loro. Non si
fanno più deposito. Cioè non diventano un luogo dove contenere
le conoscenze, le letture. Nulla si
ferma più in loro, ma tutto scorre
via, come acqua fresca.
Ci lamentiamo che i giovani
non leggono e quindi a parole ci
affanniamo a dare il giusto valore della lettura, sono però affermazioni di facciata, le nostre; il
libro di fatto, non esiste più nella
nostra vita (…) Ci siamo costruiti
una vita in cui leggere è impossibile, impensabile, inattuabile.
L’ora di religione islamica a scuola
L
a proposta è venuta nientemeno che da un ex appartenente ad Alleanza Nazionale, il senatore Adolfo Urso, è
stata subito accolta dal presidente
della Camera Gianfranco Fini,
nonché da Massimo D’Alema,
che ne hanno discusso al convegno di Farefuturo e Italianieuropei. L’ora di religione islamica la
vuole anche il cardinale Martino,
che non è “il Vaticano” ma spesso una voce fuori del coro. Per il
sociologo delle religioni Massimo
Introvigne l’ora di religione islamica è un errore, per due buoni
motivi. Innanzitutto chiediamoci
perché proprio l’ora islamica e
non quella ortodossa o Testimone di Geova? E’ possibile che se
parliamo di pratica religiosa regolare queste comunità siano più
numerose degli islamici in Italia.
I Testimoni di Geova in Italia
sono 400.000 e gli ortodossi – in
maggioranza immigrati – mezzo
milione, mentre del milione e più
d’immigrati di origine islamica è
difficile dire quanti mantengano
un contatto con la loro religione.
Si potrebbe continuare citando
tutti gli altri credi che potrebbero chiedere l’insegnamento, ne
risulterebbe una Babele e un supermercato delle religioni. Qual-
cuno però obietta perché allora
soltanto l’ora di religione cattolica? Il legislatore ha voluto riconoscere il ruolo della tradizione
cattolica nella nostra storia e nel
nostro ethos nazionale, non dare a
tutti i ragazzi che vivono in Italia
la possibilità di trovare a scuola la
“loro” religione. E’ una questione
di diritti della maggioranza e poi
c’è quella culturale e storica. “La
storia italiana, la storia politica, morale, letteraria, artistica
è una storia ‘cattolica’. Dalla
Divina Commedia a Manzoni, alle Madonne di Raffaello,
alle sculture di Michelangelo.
Adolfo Urso
Insegnare la religione cattolica
come si deve significa insegnare la nostra cultura, questo può
essere un bene in primo luogo
per noi, ma anche per gli immigrati. (Marcello D’Orta, L’ora di
religione islamica? Un modo sicuro per impedire l’integrazione,
20.10.09 Il Sussidiario.net). Il
secondo motivo: chi dovrebbe insegnare l’ora di religione islamica? Tutti i governi, scrive Introvigne di destra e di sinistra, in Italia
ma anche in Francia, in Belgio e
in Spagna hanno provato a trovare un interlocutore musulmano
unico e rappresentativo. Nessuno
ci è riuscito. In Francia è viva la
discussione su come il Consiglio
francese del culto musulmano
(CFCM), costituito dall’allora
Ministro dell’Interno Sarkozy
per dare allo Stato un interlocutore islamico, nella sostanza non
funzioni. Da una parte, per presentarsi come rappresentativo,
ha dovuto includere le organizzazioni più fondamentaliste – che
lentamente ne stanno prendendo
il controllo, proprio quello che
Sarkozy non voleva –, dall’altra
le liti fra musulmani, e fra i governi che li finanziano (Algeria
contro Marocco, Arabia Saudita
contro Maghreb), ne paralizzano
N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre
Leggere presuppone un genere di
tempo, cioè un uso del tempo, che
non esiste più da nessuna parte;
un tempo lungo, lento e paziente.
Per Mastrocola la scuola è diventata un enorme Parco dei divertimenti, tanto che oggi Lucignolo
andrebbe di filato a scuola e non
certo al Paese della Cuccagna.
Con l’idea di dare sempre libertà,
abbiamo creato dei disorientati
e degli sbandati. I nostri giovani non hanno più orientamento,
perché li abbiamo lasciati soli a
scegliere, invece è l’adulto che sa
di più che deve indirizzare il giovane. I giovani hanno bisogno di
vedere che gli adulti sono adulti, cioè che siano fisicamente più
grandi e culturalmente e intellettualmente più preparati.
Ma che cosa significa studiare? Studiare vuol dire stare
molto fermi con la mente su una
cosa sola e per moltissimo tempo. E’ proprio in contrasto con la
vita odierna che è veloce, molteplice e multiforme. E la scuola
di oggi di fatto scrive la Mastrocola non favorisce attività quali
lo studio, la lettura, la scrittura.
Paradossalmente oggi un ragazzo che studia fa paura, non ci
piace nemmeno visivamente: un
ragazzo che studia è una figurina
immobile, nel senso che è seduto
a una scrivania e quindi non si
muove. Tutto il suo corpo è fermo
(…) Psicologicamente parlando,
è un alieno: uno che si isola, che
non comunica e no socializza.
In pratica quando noi diciamo
che i giovani dovrebbero studiare
molto, mentiamo. Se noi avessimo
figli che studiano tutto il giorno
invece di vedere gli amici e giocare al pallone, saremmo preoccupati, disperati e molto a disagio
con il resto della società: cioè con
le mamme dei socializzati. L’idea
di uno che studia o legge e pensa,
di chi è fermo e statico, è molto
contraria ai nostri tempi dinamici
e flessibili.
Alla prossima.
il funzionamento. Una volta stabilita l’ora di religione islamica
occorrerebbe trovare anche in
Italia chi impartisca le lezioni.
Se fosse l’organizzazione più
grande, l’UCOII, l’Unione delle
Comunità e Organizzazione Islamiche in Italia (che peraltro si è
detta non interessata), avremmo
la scuola di fondamentalismo
islamico finanziata dallo Stato.
Se non fosse l’UCOII questa –
che, piaccia o no, controlla ancora la maggioranza delle moschee
italiane (nonostante pregevoli
sforzi per creare alternative) –
avrebbe ragione di dire che gli
insegnanti non sono rappresentativi, sono “musulbuoni”, “sindacalisti gialli dell’islam” o “zii
Sam”, come va già dicendo per
qualunque iniziativa che non la
ricomprenda. (Massimo Introvigne, Ora di Religione islamica a
scuola: le ragioni del no. Cesnur.
org) E poi sarebbe interessante
capire i contenuti che andrebbe a
insegnare il professore di islam,
forse che sarebbe giusto lapidare
le donne adultere, o che bisogna
uccidere la propria figlia quando si innamora di un cristiano?
Come si possa giustificare la presenza in una classe italiana di un
professore che vada ad insegnare
dei precetti che sono contrari alla
Costituzione Italiana?
D. B.
I burocrati
di Bruxelles
comanderanno
ancora di più
Corrado Sforza Fogliani
Presidente Confedilizia
C
on l’approvazione del Trattato di Lisbona, i burocrati di
Bruxelles (quelli che, qualche tempo fa, hanno persino cercato
di imporci che le banche possano
finanziare l’acquisto della casa solo
fino ad un massimo del 40 per cento
del valore dell’immobile) conteranno ancora di più. L’Italia è travolta
(e distratta) da un gossip da bordello, e pochi italiani lo sanno (anche
perché noi - nel luglio dell’anno
scorso - non siamo neanche stati
chiamati a votare, ha fatto tutto il Parlamento). Ma è così, inesorabilmente.
La storia ci insegna che ogni burocrazia è vieppiù presa da delirii di
onnipotenza, e che produce norme
a raffica per giustificare sé stessa e i
propri costi. Così è regolarmente capitato anche in Europa, con ridicole
direttive che pretendono di regolare la
nostra vita in ogni minuto particolare.
La storia ci insegna, anche, che ogni
burocrazia tende a produrre regole
sempre più complicate per giustificare la propria funzione interpretatrice e, anche, di semplice conoscenza
delle stesse norme. Il Trattato di Lisbona - che non si sottrae alla regola, ovviamente - si compone di 463
articoli, redatti con il metodo dei
rinvii o delle modifiche a testi non riportati: è semplicemente illeggibile.
Il significato ultimo del Trattato è l’ulteriore omologazione dei singoli Paesi
aderenti ad un unico modello centralizzato (nel quale la burocrazia europea sguazza). A partire dal 2017, le
decisioni saranno prese - salve limitate, tassative eccezioni - a maggioranza
qualificata: basterà l’approvazione del
55 per cento degli Stati, che rappresentino il 65 per cento della popolazione.
Come ha lucidamente spiegato Carlo
Lottieri ancora l’anno scorso, s’inquadra in questa logica burocratico-accentratrice la stessa idea che il prossimo presidente della Commissione
europea sia eletto (pur con Trattati e
Costituzioni, ecco il paradosso, non
votati dalla gente) dall’intero popolo europeo: un presidente eletto
comporta - prima o poi - il declassamento dei singoli Stati a semplici
regioni, spinge l’Europa a diventare
uno Stato unificato, con proprie tasse.
Siamo - con questo - al dunque, alla
chiusura del cerchio. Gli “imperi” oppressi dalle burocrazie (a principiare
da quello romano) sono sempre stati
travolti o dagli effetti dell’eccessiva
tassazione o, addirittura, da rivolte
fiscali (come ci ha insegnato Charles
Adams nella sua celeberrima opera
sull’influsso dell’imposizione fiscale nella storia dell’umanità, edita in
Italia dall’editrice “liberilibri”). E il
Trattato di Lisbona porterà, con una
più cogente unificazione, all’ “armonizzazione” (cioè, fuori dal burocratese, all’eliminazione) dei diversi
sistemi fiscali. La burocrazia europea
sarà - così - riuscita ad eliminare il
confronto fiscale, la possibilità di
trasferirsi - persone ed aziende - là
dove migliori servizi sono assicurati
a minori costi. Lo statalismo non incontrerà più limiti alla propria crescita. E la burocrazia di Bruxelles - già
una delle più oppressive e costose del
mondo - si sarà assicurata un altro po’
di sopravvivenza, a nostre spese.
INSERTO
Corriere Letterario
N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre
A cura di Antonio D’Ettoris
7
L’assedio di Vienna
Francesco Pappalardo
C
hissà se Osama bin Laden,
scegliendo la data dell’11
settembre per il grande attacco terroristico contro gli Stati
Uniti, e in generale contro l’Occidente, avrà pensato all’altro 11
settembre, quello del 1683, quando gli eserciti cristiani dettero inizio alla battaglia di Vienna, che
dopo trentasei ore avrebbe non
solo liberato la capitale asburgica
dall’assedio musulmano ma anche
dato avvio a una vigorosa controffensiva contro l’islam in Europa.
Gli avvenimenti di quell’anno formidabile sono stati ricostruiti minuziosamente dallo storico inglese
John Stoye che ne L’assedio di
Vienna — scritto nel 1964 e rivisto
nel 2000, «espungendo alcuni errori e migliorando qualche dettaglio» (p. 7), ma pubblicato solo ora
in Italia (il Mulino, Bologna 2009,
pp. 316, euro 28,00) — ripercorre
le vicende nelle loro premesse e
conseguenze generali ma soprattutto illustra, giorno per giorno, il
concreto svolgersi dello scontro.
La guerra s’inseriva nel più ampio
contesto dello scontro fra islam e
Cristianità che, dopo la conquista
turca di Costantinopoli, nel 1453,
aveva visto il sultano Solimano I il
Magnifico (1495-1566) sbaragliare un esercito cristiano a Mohács,
in Ungheria, nel 1526, e minacciare Vienna tre anni dopo. La marcia
turca, frenata anche dalla battaglia
navale di Lepanto, nel 1571, era ripresa nel secolo seguente, ma nel
1664 era stata fermata dagli eserciti imperiali guidati da Raimondo
Enrico Berti
Profilo di Aristotele
Edizioni Studium
pp. 363 €. 16,53
L’imperatore Leopoldo I
d’Asburgo (1640-1705)
Montecuccoli (1609-1680) nella
battaglia di San Gottardo, in Ungheria. Nell’agosto 1682 il sultano
Mehmet IV (1642-1693) denuncia
il trattato di pace ventennale con
il sacro romano imperatore Leopoldo I di Asburgo (1640-1705),
che sarebbe giunto a scadenza nel
1684, e lancia un’offensiva che dai
Balcani avrebbe dovuto concludersi con l’occupazione di Vienna, incoraggiata incoscientemente dal re
di Francia Luigi XIV di Borbone
(1638-1715) nella sua spregiudicata politica anti-asburgica. Mentre il
sultano, più interessato alla caccia
che alla guerra, girovaga con la
corte e l’harem fra Edirne e Belgrado, il gran visir Kara Mustafa
(1634-1683), alla testa di un esercito di oltre duecentomila soldati,
si dirige sull’obbiettivo, fiancheggiato dai cavalieri tartari, le cui devastazioni saranno talmente gravi
da rendere difficoltosi gli approvvigionamenti degli stessi turchi.
L’imperatore si rifugia a Passau,
in Baviera, da dove dirige una fre-
La filosofia di Aristotele, pur avendo dominato per
circa due millenni la cultura occidentale ed essendo di conseguenza stata oggetto di innumerevoli
contestazioni, continua a rappresentare un punto di
riferimento obbligato nel dibattito filosofico odierno. Recentemente si è anzi dovuta registrare una vera
a propria Aristoteles-Renaissance, che ha diffuso ed
aumentato l’interesse per questo pensatore nei settori
più diversi della vita culturale.
Mark Rowlands, giovane e inquieto docente di filosofia in un’università americana, legge per caso su
un giornale una singolare inserzione, si incuriosisce
e risponde. Qualche ora dopo è il padrone felice di
un cucciolo di lupo, a cui dà nome Brenin (“re” in
gallese antico). Per undici anni, sarà lui la presenza
più importante nella vita del professore, che seguirà
ovunque...
A cura di M. Mazzariol
Ferdinando Ongania
Editore a San Marco
Marsilio
pp. 99 €. 10,00
netica attività diplomatica per mobilitare l’Europa cristiana, supportato da Papa beato Innocenzo XI
(1676-1689) e da un instancabile
padre cappuccino, il beato Marco
da Aviano (1631-1699). La difesa
del Paese è affidata al duca Carlo
V di Lorena (1643-1690) e quella
della capitale a una guarnigione
rinforzata dalla guardia cittadina e
dai rappresentanti dei corpi intermedi. «Macellai e birrai si unirono
per mettere insieme una compagnia, mentre una ciascuna fu organizzata da calzolai e fornai. [...] Le
autorità universitarie, nel frattempo, chiamarono a raccolta gli studenti insieme agli stampatori e ai
librai. [...] Anche artigiani, funzionari e servitori orbitanti attorno
alla corte» (pp. 148-149) si organizzarono in compagnie. L’esercito ottomano investe Vienna il 14
luglio. I difensori avevano abbattuto le case che circondavano la città
per non lasciare riparo a chiunque
si avvicinasse, ma i turchi scavano
profonde trincee per proteggersi e
per minare le mura. Questa tecnica non sortisce gli effetti sperati e
non fiacca il morale degli assediati.
I turchi, inoltre, invece di sfruttare
la loro enorme superiorità numerica, decidono di prolungare l’assedio non tanto per il timore delle
perdite dovute a un attacco frontale quanto per salvare le ricchezze
della città in vista del saccheggio
finale. Ma Leopoldo d’Asburgo
riesce a concludere un
accordo con
i suoi
alle-
Mark Rowlands
Il lupo e il filosofo
Mondadori
pp. 228 €. 18,50
Ferdinando Ongania (1842-1911) fu a Venezia tra
la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento.
Diede vita, in una città ormai non più al centro del
panorama culturale europeo, a una tra le realtà più
significative del tempo nell’ambito dell’editoria
d’arte, intuendo tra i primi le grandi possibilità che
il mezzo fotografico era in grado di offrire al libro
illustrato. Il suo nome è legato alla straordinaria
opera “La Basilica di San Marco in Venezia”, vera e
propria mappatura del monumento marciano.
Sei pezzi esemplari di quella particolare forma di
giornalismo che è il reportage di guerra, interpretato in queste pagine da scrittori e inviati internazionali degli ultimi quarantanni. Un documento
prezioso e una straordinaria lezione di giornalismo. Quello di chi, al fronte, combatte in nome
dell’informazione e della memoria.
A cura di Simone
Barillari
La guerra a un passo
Bur
pp. 194 €. 11,00
I turchi davanti a Vienna
ati, fra cui spiccava Giovanni III
Sobieski (1624-1696), re di Polonia e capo della Confederazione
Polacco-Lituana. A Cracovia, il
10 agosto, festa di san Lorenzo,
«presenti il re, la regina, e una
folla di principi, vescovi, generali, conti palatini, soldati e gente
comune, il nunzio rese pubblica
l’indulgenza papale per tutti coloro che avessero combattuto in
quella guerra santa» (p. 191). La
sera dell’11 settembre, quando
Vienna è allo stremo, l’e­ser­cito
cristiano si schiera a Kalhenberg,
presso la città: sono presenti con
le loro truppe i principi del Baden e di Sassonia, i Wittelsbach
di Baviera, i signori di Turingia
e di Holstein, i polacchi e gli ungheresi, il generale italiano conte
Enea Silvio Caprara (1631-1701)
e il giovane principe Eugenio di
Savoia (1663-1736), che riceve il
battesimo del fuoco. La battaglia
si protrae per tutto il 12 settembre, finché giunge l’ora «[...] in
cui l’esercito cristiano, per usare
il linguaggio enfatico di uno
scrittore turco contemporaneo, divenne un
fiume di pece nera che
colava dalle montagne
consumando tutto quel che
toccava» (p. 234). I turchi vengono sbaragliati
F. A. Rossi Marignano
Federico Barbarossa e
Beatrice di Borgogna
Mondadori
pp. 316 €. 10,00
e Sobieski invia al Papa le bandiere catturate accompagnandole
con queste parole: «“Venimmo,
vedemmo e Dio vinse” (Venimus,
Vidimus et Deus vicit)» (p. 242).
Ancor oggi, per decisione di Papa
Innocenzo XI — ma questo Stoye
non lo annota —, il 12 settembre è
dedicato al SS. Nome di Maria, in
ricordo e in ringraziamento della
vittoria. Il sultano chiede immediatamente la testa di Kara Mustafa. La notizia raggiunge il gran
visir a Belgrado, dove restituisce
i simboli della sua alta autorità, il
sigillo e il sacro vessillo del Profeta prima di essere strangolato
da un emissario di Mehmet IV il
25 dicembre 1683. «Il gran visir
Kara Mustafa era morto, ma per
il mondo cristiano era Natale» (p.
251). La vittoria di Kalhenberg
e la liberazione di Vienna sono
il punto di partenza per la controffensiva condotta dagli Asburgo contro l’impero ottomano
nell’Europa danubiana, che porta, con la costituzione della Lega
Santa, nel 1684, e infine la pace
di Karlowitz, nel 1699, alla liberazione dell’Ungheria, della Transilvania e della Croazia. «Senza
grande esagerazione, la guerra
del 1683-99 contro il sultano può
essere definita l’ultima crociata»
(p. 257).
Federico A. Rossi di Marignano rievoca le sei discese in Italia del Barbarossa nel tentativo che fece,
durante ventanni, di sostituire alla struttura democratica dei Comuni italiani quella autoritaria e centralizzata dell’impero. Di fronte ai soprusi imperiali
i Comuni italiani seppero invece superare le antiche
inimicizie e allearsi tra loro, sconfiggendo alla fine
il Barbarossa a Legnano il 29 maggio 1176.
Il Settecento si apre in Francia con la fine ingloA cura di Gianni Lodi
riosa del lungo regno di Luigi XIV, il re Sole,
La
civiltà
letteraria francese
con un Paese provato e in pieno declino politico
del
Settecento
e di prestigio culturale. Gli otto anni della RegLaterza
genza di Philippe d’Orléans aprono una fase
di grande rinnovamento, caratterizzata da una
pp. 202 €. 20,00
generale liberazione dei costumi, una maggior
libertà di pensiero e un salutare avvicendamento
dei modelli estetici.
Anna Clara Bova
Al di qua dell’infinito
Carocci
pp. 142 €. 17,30
I pensieri che Leopardi dedicò allo studio della natura
umana sono esaminati attraverso un fitto spoglio delle
note dello Zibaldone. L’analisi dei testi fa emergere la
drammatica complessità degli interrogativi che scandirono il percorso intellettuale dell’autore, evidenziando
il suo spessore culturale e l’originalità del suo metodo
e dei suoi approdi nel confronto con i più importanti
orientamenti teorici, scientifici e filosofici dell’epoca.
Leopardi rifiuta presto le idee innate di Platone,
dissolvendo con queste ogni fede nell’assoluto.
E tuttavia, di questo stesso principio continua a
sentire la seduzione - tentando di sfiorarlo - pur
nell’impossibilità di attingerlo. Dentro la riflessione e la scrittura leopardiana permane forte e
ineliminabile il fascino di alcune favole platoniche: il mito dell’anima alata del Fedro, quello di
Prometeo nel Protagora, e soprattutto il racconto
sull’amore che occupa l’intero Simposio.
Massimo Natale
Il canto delle idee
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LIBRI DA LEGGERE
I
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A cura di M. Santoro
e R. Sassatelli
Studiare la cultura
Il Mulino
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La Repubblica
(anti)fascista
Richard Overy
Crisi tra le due guerre
mondiali 1919-1939
Il Mulino
pp. 193 €. 12,50
Una casa senza biblioteca è
come una fortezza senza armeria
(da un antico detto monastico)
a cura di Maria Grazia D’Ettoris
U
na divertente carrellata delle barzellette che si raccontavano, durante il ventennio
fascista, su Mussolini e sui
gerarchi si legge in Guglielmo Guasta e Luciano
Ferri Jus murmurandi in
camicia nera. Il volumetto,
con prefazione di Francesco Perfetti e una premessa
di Roberto Gervaso, viene
pubblicato da Le Lettere
(pp. XII + 112, € 9,50). Non
poche di queste storielle,
non possano, di piegarla ai
propri fini politici.
Nell’attività di Perfetti
è sempre stata presente la
pubblicistica. Attualmente
è editorialista de Il Tempo
e di Libero. Appunto sul
quotidiano allora diretto da
Vittorio Feltri Francesco
Perfetti ha pubblicato una
lunga serie di annotazioni,
di riflessioni, di commenti,
di critiche, di storia, di politica, di cultura, di attualità,
sempre di forte stimolo e
profondamente scorrette sul
versante politico. Un’ampia
scelta appare in volume col
titolo La repubblica (anti)
fascista presso Le Lettere
ed. (pp. 360, € 20).
La copertina è una sintesi del pensiero dell’autore.
Viene riprodotta la copertina di un periodico brillante
e caustico, oggi dimenti-
onservali nella tua
Il ventennio fra le due guerre è un periodo di profonda crisi, contrassegnato
da dispute irrisolte e da un diffuso caos
economico e politico. Il riacutizzarsi delle
tensioni internazionali con gli assetti della pace di Versailles; la rivoluzione russa
e le sue conseguenze sulla lotta politica
negli altri paesi; la modernizzazione e le
spinte reazionarie che essa generò in tutta Europa; il grande crollo finanziario del
1929; la diffusione di regimi totalitari
Avagliano Palmieri
Gli internati militari
italiani
Einaudi
pp. LXIV-338 €. 20,00
La fedeltà alle stellette fu la motivazione
più comune e diretta della grande maggioranza dei 650000 militari italiani che preferirono la prigionia nei lager tedeschi al
passaggio dalla parte nazifascista. Questi
650000 prigionieri erano degli sconfitti
che avevano vissuto il fallimento del regime fascista, la misera fine delle guerre
di Mussolini, lo sfacelo delle forze armate
all’8 settembre.
Giuseppe Pigoli
I dardi di Apollo
Dalla peste all’Aids
Utet
pp. VI-214 €. 18,00
se raccontate a voce alta,
avrebbero potuto, a quei
tempi, causare anche il
confino. Sono la testimonianza dello ius murmurandi particolarmente vivace durante il Ventennio.
E’ altresì presentata una
ricca selezione di graffianti caricature di Mussolini
diffuse, all’epoca, in Italia
e all’estero.
A cura di Maria Grazia
Porcelli
Il teatro francese 1815-1930
Laterza
pp. 153 € 18,00 La storia del teatro francese fra il 1815 e
il 1930 mostra due anime. Una più turbolenta, che si manifesta subito con la celebre
“battaglia di Hernani”, infuocato scontro
tra classicisti e romantici emergenti in cui
si affermarono a suon di urla gli ideali di
giovani e irriverenti artisti come Hugo, Dumas e Musset. L’altra anima, più resistente,
affonda invece le sue radici nella tradizione
del classicismo ed esprime valori più convenzionali ma non per questo meno efficaci.
A cura di M. Scarpari
La Cina. Vol. III
Verso la modernità
Einaudi
pp. XXXV-1072 €. 95,00
Questa nuova “Grande Opera” vede la luce a partire dall’ultimo volume, quello che descrive gli anni a noi più vicini;
ma seguiranno presto i volumi che completeranno l’intera
storia della civiltà cinese dal periodo dei primi insediamenti
umani ai giorni nostri. La storia, il pensiero, la letteratura,
l’arte, le religioni e le scienze della Cina nel processo di formazione e di evoluzione nel corso dei secoli saranno trattati
nei tre volumi tenendo conto dei rapporti con il mondo esterno, in un’ampia prospettiva che contempla l’incontro tra le
diverse civiltà (superando dunque la consueta dimensione
sinocentrica), in un terreno di dialogo e di scambio reciproco dove linee di pensiero si confrontano, i miti si intersecano arricchendosi di nuovi significati, l’arte e l’iconografia
fungono da supporto essenziale alla circolazione delle idee,
le innovazioni tecnologiche si sviluppano e transitano nelle
opposte direzioni, e le religioni uniscono e dividono i popoli
contribuendo alla penetrazione di culture straniere (si pensi,
ad esempio, alla penetrazione del Buddismo e del Cristianesimo in Cina e nell’Estremo Oriente in genere).
m. b.
cato, il Travaso: più esattamente, è quella di un numero
appena successivo al 18 aprile 1948. Vi sono raffigurati
Mussolini che saluta romanamente (didascalia: Il saluto
che ci imposero…), Togliatti
che saluta con pugno (…
quello che volevano imporci…) e De Gasperi che saluta
benedicente (…quello che ci
imporranno?). No, dunque,
alle dittature ai totalitarismi,
no anche alla repubblica conciliare. In nome della libertà,
che è la parola sotto la quale
possiamo raccogliere i tanti, piccoli ma acuti saggi di
questa raccolta, che fanno dimenticare di essere articoli di
giornale per assurgere a una
sorta di affresco della cultura
novecentesca, dipinto controcorrente.
B
Può apparire banale asserire che le malattie
hanno condizionato il progresso, meno banale, forse, è scoprire che molte di queste
malattie sono state “preparate” da eventi
naturali o che sono esplose solo quando vi
erano condizioni sociali, economiche (rotte
commerciali, urbanizzazione...) e culturali
(le conoscenze scientifiche) idonee al loro
imperversare.
N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre
CULTURA
Barzellette del ventennio
rata, dal fiumanesimo alla
monarchia. Idealmente vicino a maestri quali Renzo
De Felice, Rosario Romeo
e Franco Valsecchi, Perfetti
ha saputo raccogliere intorno a sé, alla propria cattedra
(adesso è ordinario di storia
contemporanea alla Luiss),
alla propria attività editoriale (dirige da anni Nuova
Storia
Contemporanea,
fondamentale bimestrale
di storia novecentesca, e le
dipendenti collane editoriali
per la casa Le Lettere), un
bel numero di studiosi. Ha
cioè potuto e saputo svolgere un’attività culturale, nel
più ampio e disteso senso
della parola, di punta, intensa, efficace, che da sinistra si cerca costantemente
di limitare con l’etichetta
sprezzante di “storiografia
revisionistica”, quasi si trattasse di appestati. Invece
Perfetti, e quanti intorno a
lui si collocano, sono storici
e uomini di cultura dotati di
fortissimo senso critico, che
non usano la storia come
pretesto per far propaganda
politica, come invece è nello stile di pseudo paludati
storiografi ancor oggi intenti a praticare pervicacemente gobettismo, azionismo, marxismo e di negare
la realtà o, quando proprio
C
è
LEGGERE
Il volume raccoglie alcuni dei testi che più hanno
contribuito nel tempo alla
definizione e allo sviluppo
della sociologia culturale
l centro-destra, fin dalla fondazione di Forza
Italia, ha costantemente
trascurato la cultura. Pochi
periodici specializzati, disinteresse pieno per il mondo
accademico, mancanza completa perfino di stimoli verso
la preparazione politologica.
L’esatto opposto, insomma,
della penetrazione dei comunisti (e della sinistra in genere) perpetrata per decenni
nelle università come nella
giustizia, nei giornali come
nelle istituzioni di ricerca.
Ovviamente queste deficienze si scontano, soprattutto a
lungo termine. Restano isolati gli studiosi, abbandonati
a sé i docenti, impossibilitati
ad agire scrittori, operatori
culturali, uomini dello spettacolo che, magari pur non
aderendo al centro-destra,
si sentono ostili al centrosinistra.
Un esempio di organizzatore di cultura, studioso,
docente non organico al
centro-destra, tuttavia nemico giurato della cultura
gramsciano-azionista
che
dalla fine della guerra dobbiamo subire è Francesco
Perfetti. La sua produzione
di storico spazia su episodi
e figure del Novecento italiano sui quali ha lasciato
un’impronta spesso insupe-
LIBRI
INSERTO
Marco Bertoncini
James L. Gelvin
Storia del Medio Oriente moderno
Einaudi
pp. XI-457 €. 30,00
Questo libro ricostruisce gli ultimi cinquecento anni di storia del Medio Oriente a partire dall’ipotesi generale secondo
cui i problemi drammatici che caratterizzano la situazione
attuale dipendono in buona parte almeno da cause storiche
che affondano le loro radici nel passato di quella regione.
In particolare, Gelvin si concentra sul processo di definitivo
sfaldamento dell’Impero ottomano e sulle sue conseguenze,
soprattutto la costruzione della dominazione coloniale. La
parte preponderante del libro è quindi è dedicata al XIX
e al XX secolo, di cui l’autore interroga sia le dimensioni
politiche, economiche e sociali, sia la storia culturale,
intellettuale e spirituale, nella convinzione che solo il
complesso integrato di tutti questi fattori possa dare conto, ad esempio, dell’emergere e dell’egemonia dell’Islam
politico e dell’antioccidentalismo dei giorni nostri.
iblioteca
Sabino Acquaviva
La fine di un mito
Destra, Sinistra e nuova civiltà
Marsilio
pp. 157 €. 10,00
Nell’ambito di una nuova civiltà che annuncia il futuro, il significato della parola
“politica” cambia in maniera sostanziale.
I politici amministrano, distruggono, fanno le guerre, ma non inventano il futuro. Il
progetto globale, che costruisce la società
di domani, è il risultato di una serie di microprogetti che si sviluppano in gran parte
fuori della politica.
Georges Bensoussan
Israele, un nome eterno
Utet
pp. XIII-203 €. 22,00
Oggi, in particolare dopo la guerra dei
Sei Giorni (1967) e del Kippur (1973), la
Shoah, contrariamente al sogno dell’”uomo nuovo” voluto dal sionismo dei padri
fondatori, ha un ruolo imprescindibile nella
costruzione dell’identità israeliana. È soprattutto attraverso di essa che gli Israeliani
sono ridivenuti ebrei, al termine di un processo memoriale che potrebbe contribuire
a indebolire la legittimità stessa dello Stato
ebraico.
Giuseppe Chiarante
La fine del PCI
Carocci
pp. 211 €. 22,50
A vent’anni dalla “svolta della Bolognina”, Chiarante porta a compimento con
questo libro la sua trilogia sulla storia del
PCI, ricostruendo eventi, dibattiti e polemiche del periodo che portò il partito dai
grandi successi ottenuti con Berlinguer
negli anni Settanta alla dissoluzione nel
Congresso di Rimini. Il libro si interroga
sulle cause di un così rapido declino.
Elena Percivaldi
I lombardi che fecero
l’impresa
Ancora
pp. 232 € 16,00
I cavalieri, i fanti, le armi e i clangori. Sullo
sfondo dell’Italia e dell’Europa del XII secolo. Una storia di battaglie. Sul campo, ma
anche nei palazzi del potere. Oggetto del
contendere, il desiderio di libertà e autogoverno dei Comuni lombardi rispetto all’Impero, in mano ai sovrani di Germania. Presenti solo nominalmente finché a cingere la
corona non è Federico di Hohenstaufen, il
Barbarossa, uomo dalle idee chiare e con un
concetto assoluto della dignità imperiale...
N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre
Letteratura Mediterranea
INSERTO
Quando ci si può guardar soffrire e raccontare quello che si è visto, significa che si è nati per la letteratura.
Storia vera di Carmela Iuculano
Giovanna Crisà
Q
uesta è la storia di una
giovane donna, che ha
avuto il coraggio di ribellarsi a un clan mafioso. La
storia di Carmela, è raccontata
da Carla Cerati, già autrice di
diversi libri di successo. Chi
è Carmela? Una bambina dolce, innamorata del suo papà,
un’adolescente che scopre il
tradimento del padre nei confronti della madre, il matrimonio con un giovane appartenente a una famiglia mafiosa,
che la picchia da mattina a sera
anche, nel momento in cui è incinta o ha partorito da poco. Si,
perché ci sono uomini, che nella vita sono deboli, ma si sentono forti tra le mura domestiche
, quando picchiano una donna,
la propria donna, la madre dei
propri figli. Ma Carmela, è una
ragazza molto intelligente, che
dalla depressione iniziale si rialza, per reggere il gioco della
famiglia mafiosa. Spera sempre
che il marito possa cambiare,
pur non amandolo, ma ben presto deve ricredersi. Comprende
che dietro la facciata, c’è traf-
fico d’armi, di droga, di soldi
sporchi. Ben presto Carmela
conoscerà il carcere, ma sarà
l’amore per i suoi tre figli a farla collaborare con la giustizia.
Cominciano i processi, durante
i quali la donna viene umiliata
dal marito. Nonostante tutto,
Carmela si risolleva, viene
scarcerata e ritorna a scuola. La
sua tesina, avrà come protagonisti Falcone e Borsellino, nonché un’analisi della mafia , paragonata a un ragno che tesse
le sue ragnatele, immobilizza
le vittime sino a svuotarle. Carla Cerati, ha raccontato con la
Il sentiero dei bambini dimenticati
E
lly Gryffiths, è al suo
primo romanzo, il
quale ha avuto successo grazie al tam tam dei
librai , nonché dei lettori.
Un thriller avvincente, una
protagonista che finalmente
rompe i canoni della bellezza che i mass media impongono. Siamo in Inghilterra,
nel North Norfolk. Ruth
galloway è una professoressa di archeologia forense.
Viene,
improvvisamente
coinvolta in un caso di omicidio, dall’ispettore Harry Nelson. Di chi sono le
piccole ossa, che la palude
ha restituito? Appartengono forse alla piccola Lucy,
scomparsa dieci anni fa?
Ecco che l’autrice, ci mette di fronte a un argomento
scottante: che fine fanno i
bambini scomparsi? Il caso
di Lucy ci riporta agli episodi di cronaca, al caso
della giovane rinchiusa dal
padre, o alla scomparsa della piccola Meredith. Le ossa
non dimenticano, e quando
Ruth, si trova di fronte a ciò
che la palude ha restituito,
si accorge che intorno tutto
è silenzio, come se gli stessi gabbiani, sentano l’odore
della morte. Nel romanzo, si
susseguono colpi di scena
continui. Nel momento in
cui il lettore, crede di aver
capito chi è l’assassino, capisce di sbagliarsi, mentre
l’ispettore, continua a ricevere lettere, che alludono a
rituali antichi, a sacrifici di
innocenti L’ambientazione
del romanzo, nel territorio
paludoso, rende la narrazione ancora più avvincente,
sino a una fine imprevista.
semplicità che contraddistingue,
la storia di una donna, e un pezzo di quella Sicilia che non dovrebbe esistere più. Ma la mafia, si sa, è partita dalla Sicilia e
adesso si trova molto più lontano. Si è inserita nella vita di tutti
i giorni, nei favoritismi, nella
politica. Se mai nessuno avrà il
coraggio di dire basta, continuerà a distruggere il mondo.
Carla Cerati
Storia vera
di Carmela
Iuculano
Marsilio
pp. 157 €. 15,00
Elly Griffiths Il sentiero dei bambini dimenticati Garzanti pp. 285 €. 17,60
P
ortsmouth, 1787. È la
vigilia di Natale, e il
ladruncolo John Jacob
Turnstile, quattordici anni, è
stato preso di nuovo con le
mani nel sacco. Questa volta, può scegliere la sua condanna: un anno di galera o
due come sguattero a bordo
di una nave. Il ragazzo non
ha dubbi: sceglie il mare. Il
Bounty è un maestoso vascello della flotta inglese, e
John, incantato dalla vastità
dell’oceano, accoglie con
tutta la meraviglia di cui è capace la nuovissima vita che
gli si apre di fronte. Senza
immaginare che sta andando
incontro a uno dei viaggi per
mare più travagliati di tutti i
tempi, diventando testimone
della più celebre rivolta della
storia della marina britannica. Ma negli occhi spalancati e impazienti di un ragazzo,
anche una pericolosa avventura come quella che porterà il Bounty a Tahiti, terra
coloratissima dove il tem-
Dibb Saul
La duchessa
po sembra non essere mai
cominciato, può diventare
un’irripetibile occasione di
crescere davvero, e imparare
il significato dell’amicizia,
della lealtà, del coraggio. Per
assaporare, finalmente, qualcosa che somiglia molto alla
libertà. Con questo nuovo romanzo, John Boyne ci regala
una storia piena di emozione
e di avventura, raccontando
con straordinaria delicatezza il passaggio all’età adulta
di un ragazzo che la vita ha
messo dura prova.
G. C.
John Boyne
Il ragazzo del
Bounty
Rizzoli
Pp. 500 €. 21,00
Feltrinelli
Dvd con libro €.
18,90
Sophie Kinsella
La ragazza fantasma
Mondadori
pp. 393 €. 19,50
A ventisette anni, niente funziona nella vita di
Lara. Il fidanzato l’ha
lasciata, ma lei non si arrende e lo perseguita con
messaggi e telefonate, la
società di cacciatori di
teste che ha aperto con
la sua migliore amica
non decolla, la socia ha
pensato bene di trasferirsi a Goa lasciandola in
un mare di guai e la sua
famiglia la considera un
po’ picchiatella...
Èdouard Bourdet
Sebastian Beaumont
Il mistero del tredici
Fanucci
pp. 320 €. 16,00
Nei lunghi turni di notte alla guida del suo
taxi, Stephen Bardot incontra persone di
ogni genere ed estrazione sociale, ognuna con una sua
storia, ognuna diversa dalle altre. E quando la stanchezza si fa sentire, può capitare di vedere o sentire qualcosa
di strano... Stephen ha una cliente fissa, Valerle, giovane, bellissima, bionda e con dei profondi occhi blu,
che ogni giorno accompagna al Cornerstone Community Centre di Palmeira Square, partendo dal 13 di Wish
Road. Preoccupato perché da qualche tempo non viene
più chiamato da lei, contatta l’operatore della compagnia di taxi per avere sue notizie. La risposta che riceve
lo sciocca: su Wish Road non esiste alcun palazzo al civico 13. Ed è così: quando verifica, Stephen scopre che
esiste un 11a, ma che il palazzo è completamente diverso da quello che lui ricorda come il 13. Dove è andato a
prendere Valerie per tutto quel tempo? Passano i giorni,
e cominciano a verificarsi fatti sempre più misteriosi.
Compaiono persone che sanno fin troppo della vita di
Stephen e del suo passato, e che lo riportano sempre più
a quel misterioso numero 13; ma ogni volta che prova
a fare domande, riceve in cambio solo silenzi. Alla fine
di decide ad allontanarsi da Brighton, per preservare la
sua sanità mentale: ma il 13 non ha alcuna intenzione di
lasciarlo andare...
James Lee Burke
Il prezzo della vergogna
Fanucci
pp. 416 €. 18,50
G. C.
Il ragazzo del Bounty
9
Nei pressi del ranch dove Dave Robicheaux
si è trasferito vengono trovati i cadaveri di due studenti
brutalmente assassinati. Robicheaux trova subito una
pista da seguire: ha la netta sensazione che due fratelli, Ridley e Leslie Wellstone, siano implicati in questa
faccenda. I due, dopo essersi arricchiti con il petrolio
in Texas, si sono da poco stabiliti nella piccola cittadina
di Missoula. Leslie, tanto terrificante quanto potente, è
sposato con una cantante country, Jamie Sue Stapleton, e l’uomo di cui lei è innamorata, Jimmy Dale Greenwod - cantante country anche lui - è da poco misteriosamente evaso di prigione. Nel tentativo di dipanare
un gioco di interessi in cui tutti i personaggi coinvolti
sembrano legati tra loro a doppio filo, Dave e Clete dovranno confrontarsi anche con i fantasmi del loro passato: Clete, in particolare, si ritrova proprio al centro di
tutta la vicenda, e tutto sembra ruotare proprio intorno
al suo contributo nella cattura di un boss mafioso...
Il cinema come piacere, il racconto di una
storia di passioni ingabbiate nelle convezioni, pronte a esplo-
Simon Scarrow
Sotto l’aquila di Roma
Newton & Compton
pp. 332 €. 12,90
dere e sconvolgere gli
schemi della società
costituita. Lady Georgiana Spencer è una
giovane
nobildon-
na che sogna, come
tutte, il matrimonio
d’amore...
È il 42 d.C., e il centurione Macrone, eroe di mille battaglie, è distaccato con la Seconda legione nel cuore
della Germania. Il suo secondo, Catone, è un giovane
rampollo, un novizio rispetto al suo superiore, e dovrà
dimostrare tutto il proprio valore per non perdere la stima dei soldati. L’occasione giusta è una violenta schermaglia con una delle tribù locali, poco prima che la
legione si disponga ad affrontare il nemico barbaro più
temuto: i Britanni. Ora Macrone e Catone si troveranno
coinvolti loro malgrado in una oscura cospirazione che
minaccia di rovesciare l’imperatore Claudio.
Religione
10
La pericolosa idea di Darwin
L
e Colonne d’Ercole rappresentavano
il limite estremo oltre il quale l’uomo ha sempre desiderato spingersi,
ma anche i confini del mondo e della conoscenza, confini che Charles Darwin (18091882) osò superare sconvolgendo quelle
che fino ad allora erano considerate certezze. L’idea pericolosa di Darwin non ebbe
subito successo tra gli uomini di scienza
ma venne divulgata come mai è accaduto
prima e dopo Darwin; ma è dagli anni novanta del secolo scorso che è iniziata una
celebrazione insolita: «I festeggiamenti del
compleanno di Darwin segnano una svolta, perché non hanno precedenti nel mondo
della scienza, ma somigliano ai riti della
venerazione dei santi e al culto dei capi di
certi regimi politici. Il Darwin day non è
nato per caso, ma è una reazione alla ripresa su scala globale e con toni sempre più
accesi del dibattito sul darwinismo». Con
queste premesse inizia il pregevole volume
del dott. Mihael Georgiev (Charles Darwin. Oltre le colonne d’Ercole. Protagonisti, fatti, idee e strategie del dibattito sulle
origini e sull’evoluzione, Gribaudi, 2009,
pagg. 464, Eur. 20,00), medico di origini
bulgare, nel nostro paese dal 1973. In questo dibattito l’autore entra autorevolmente
stimolato anche dal Master in Scienza e
Fede frequentato presso l’Ateneo Pontificio «Regina Apostolorum» di Roma e
vi entra con lo stile proprio dell’uomo di
scienza che risale alle fonti delle sue affermazioni, come dimostrano le numerosissime note e citazioni dai testi originali, e
dell’uomo di fede, ma che è consapevole
dei limiti che distinguono i vari ambiti.
Non c’è mai confusione, anche i temi più
controversi (rapporti tra teologia ed evoluzionismo, il creazionismo, l’intelligent design) vengono affrontati con estrema precisione e scientificità critica. Il volume inizia
con la descrizione della storia del racconto
delle origini e delle sue interpretazioni dalla Bibbia (cap. 2), all’antica Grecia (cap.
3) per arrivare al periodo rinascimentale
fino alla nascita e sviluppo del pensiero
scientifico (cap. 4 e 5). Il sesto capitolo è
dedicato all’origine della vita da Francesco
Redi (1624-1698) a Lazzaro Spallanzani
Cristina Siccardi
Madre Teresa
Tutto inizio nella mia terra
San Paolo
pp. 224 €. 16,00
Madre Teresa è stata maestra di vita per
tutti coloro che l’hanno conosciuta e continua a esserlo ancora oggi per migliaia e
migliaia di persone. Lo è anche attraverso
gli scritti e le riflessioni che ha lasciato.
Attraverso questi scritti, testimonianze e
documenti inediti, viene qui ricostruita
l’influenza che la formazione ricevuta in
famiglia e il legame con i congiunti hanno avuto sull’esistenza e sulle scelte della
Madre di Calcutta.
Gianfranco Svideroschi
Un Papa che non muore
San Paolo
pp. 160 €. 13,50
Dopo la morte di Giovanni Paolo II, avvenuta il 2 aprile 2005, la memoria del
Papa che maggiormente ha segnato il
XX secolo è stata tenuta viva dalla fede
di quanti, ogni giorno, fanno riferimento
alla sua testimonianza e al suo insegnamento. Una vera e propria “eredità” di cui
solo ora si cominciano a cogliere
compiutamente i tratti.
(1729-1799) e Louis Pasteur (1822-1895)
che dimostrarono che la vita si origina sempre dalla vita, fino a descrivere i gravi limiti
degli esperimenti di Oparin e Miller che
cercarono di dimostrare il contrario. Non
poteva mancare un capitolo dedicato alla
geologia dal beato Niccolò Stenone (16381686) ai nostri giorni per poi iniziare con
la descrizione del pensiero evoluzionista,
prima nel ‘600 e nel ‘700 fino ad arrivare
a Darwin. I capitoli centrali (8,9) descrivono le teorie dell’evoluzione (al plurale con
buona pace di Telmo Pievani) e le critiche
a queste, critiche che si sostanziano sempre
più nei capitoli,13, 14 e 15. Il volume riporta lunghe citazioni che sono traduzioni
inedite di testi non reperibili in italiano e
solo questo ne fa una pubblicazione unica
e indispensabile per chi voglia affrontare il
tema dell’evoluzione e dell’evoluzionismo
con aggiornamenti preziosi e documentati. Originale il capitolo in cui si analizza
come, negli anni tra la fine dell’800 e i
primi del ‘900 sia stato recepito il pensiero di Darwin (11) e come i teologi abbiano affrontato l’evoluzione (12) fino all’interpretazioni distorta e parziale della frase
pronunciata da Giovanni Paolo II: «Nuove
conoscenze conducono a non considerare più la teoria dell’evoluzione una mera
ipotesi». Frase che potrebbe sembrare un riconoscimento all’evoluzionismo se privata
della sua naturale prosecuzione: «La teoria
dimostra la sua validità nella misura in cui
è suscettibile di verifica; è costantemente valutata a livello dei fatti; laddove non
viene più dimostrata dai fatti, manifesta i
suoi limiti e la sua inadeguatezza». «Più
che un riconoscimento – conclude Georgiev – a me sembra che si tratti di un monito a fornire adeguate prove a sostegno». Le
prove sembrano arrivare ogni giorno, ma
sono sempre più esercizi retorici che altro
e vengono verificate attentamente una ad
una nei vari capitoli del volume; da quelle
storiche: i fringuelli di Darwin, i batteri e la
loro resistenza agli antibiotici, l’albero della vita, l’anatomia comparata, a quelle più
recenti: la teoria degli equilibri punteggiati,
l’Evo Devo, l’Eva mitocondriale, l’esperimento di Lenski. Quest’ultimo, assieme a
I
L
Le pagine di questo libro parlano dell’amore di Dio, non con un taglio da saggio di
teologia spirituale, ma attingendo dalla
Parola di Dio e dalla mistica cristiana per
indicare una via percorribile e concreta per
vivere la carità che, come scrive san Tommaso, è la virtù teologale che “raggiunge
Dio in se stesso, proprio come egli è”.
Godfried Danneels
Reimpariamo a pregare
Edb
pp. 96 €. 6,90
“La preghiera è la prima caratteristica
dell’uomo religioso: se uno accetta l’esistenza di Dio, non può che desiderare di
rivolgersi a Lui” (dall’Introduzione). Con
uno stile ricco di immagini e di calore,
l’arcivescovo di Malines-Bruxelles invita a riflettere sulla pratica della preghiera,
offrendo pagine intense e semplici, nate da
una profonda sapienza sulla spiritualità e
sull’uomo.
Riflettiamo con i Libri
Denis Biju-Duval
La profondità del cuore
Effatà
pp. 320 €. 18,00
Questo libro si propone di affrontare le patologie
della psiche attraverso una riflessione antropologica radicata nella Sacra Scrittura e nella riflessione ecclesiale, cercando di cogliere la sottile
articolazione tra psichico e spirituale. In questo
contesto, con l’apporto delle scienze psicologiche, si può sviluppare un’autentica teologia della
guarigione interiore e si possono elaborare proposte cristiane adeguate alle sfide attuali.
Nel mondo islamico è in atto un gioco sottile e perverso
fra norma e cultura: la norma si istaura per condannare la cultura al silenzio. E il filo conduttore di questo
saggio è proprio l’appello a un riscatto della cultura di
fronte all’impero – al totalitarismo – della norma.
Romano Amerio
Iota unum
Lindau
pp. 736 €. 29,00
Joachim Bouflet
La storia segreta di Padre Pio
Newton & Compton
pp. 294 €. 14,90
quello descritto da Ayala dimostrano che
la selezione non è creativa ma conserva
le specie esistenti. Ultima, ovviamente, la
più moderna, la genetica. Analizzando un
testo fondamentale: Entropia genetica e il
mistero del genoma (FMS Publication, Waterloo, New York, 2008) di John C. Sanford
si arriva alla sbalorditiva conclusione che il
genoma umano stia degenerando, una sorta di “entropia genetica”. Fortunatamente
qualche studioso ci rassicura che l’evolu-
S
Abdelwahab Meddeb
Contro prediche
Tra Europa e Islam
Cantagalli
pp. 408 €. 25,00
Pubblicato nel 1985, frutto di una ricerca protrattasi per circa mezzo secolo, Iota unum è l’opera
più complessa e profonda del grande studioso cattolico “Romano Amerio”, una riflessione serrata
e sistematica sul Magistero della Chiesa novecentesca (in particolare conciliare) e, insieme, un’aggiornata summa metafisica cattolica.
In questo libro si racconta, semplicemente, della grande
felicità e dei vantaggi, personali e sociali, che il cristianesimo vissuto produce in chi ha la fortuna - la “Grazia” - di incontrare qualcuno che glielo faccia gustare
e capire, con la testa e con il cuore. Conoscere Gesù è
un’esperienza totalizzante, che interpella ragione e sentimento e che, dando gusto all’esistenza, genera emozioni
forti, giudizi nuovi e grandi passioni.
ibri dello
Giuseppe Pollano
Come in cielo
Effatà
pp. 240 €. 14,00
N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre
pirito
Henry Quinson
Dallo champagne ai salmi
San Paolo
pp. 224 €. 18,00
Nella classe business, subito dopo il decollo, una hostess offre a Quinson dello
champagne. Quinson non dice di no, però
da alcuni mesi ha ripreso a pregare, a recitare i salmi. Letteralmente in una mano ha
lo champagne nell’altra il salterio. Contro
ogni attesa vince il salterio. Quinson rinuncia al lavoro in banca e decide di farsi
monaco.
Jacques Gauthier
Trovare il tempo per pregare
Mesaggero
pp. 152 €. 13,00
Sotto forma di conversazione amichevole,
Gauthier ci invita a fare l’esperienza della
preghiera cristiana nella frenetica vita moderna. L’autore ci dice come trovare ogni
giorno del tempo per pregare, suggerisce
momenti e luoghi favorevoli, propone soluzioni per pregare in vacanza e in famiglia, mostra l’evoluzione della preghiera
nel corso dell’esistenza.
Marco Palmisano
La gioia di un giorno
qualunque
Piemme
pp. 203 €. 16,00
Chi era davvero il frate innalzato agli onori
degli altari da Giovanni Paolo II nel 2002
ma colpito da un provvedimento di interdizione emanato dal Sant’Uffizio nel 1923?
Con spirito critico e autentico desiderio di
sapere, Joachim Bouflet si addentra in uno
dei momenti più controversi del misticismo
contemporaneo. Nei capitoli del suo libro
sfila la fede di chi, fin dal primo momento,
ebbe fiducia nelle virtù taumaturgiche del
frate di Pietrelcina.
zione/degenerazione stia rallentando o che
si sia fermata. Finalmente abbiamo smesso
di evolverci! Speriamo.
Andrea Bartelloni
Mihael Georgiev Charles Darwin. Oltre le colonne d’Ercole Protagonisti, fatti,
idee e strategie del dibattito sulle origini
e sull’evoluzione Gribaudi, 2009, pagg.
464, Eur.20,00
Enzo Bianchi
Perché pregare, come
pregare
San Paolo
pp. 128 €. 12,00
In un tempo in cui si avverte una crescente “sete” di spiritualità, tanto nei credenti
che, forse ancor di più, nei non credenti,
il tema della preghiera assume un’importanza decisiva. A condizione di liberarlo
da inutili sovra strutture e da fraintendimenti che ne sviliscono il valore. È
quanto si propone di fare Enzo Bianchi
in questo saggio: riscoprire la freschezza
e la vera natura della preghiera cristiana,
ricollocandola nel solco della rivelazione
biblica.
Nello Cipriani
Il cammino di santiago
La spiritualità di Agostino
Città Nuova
pp. 420 €. 35,00
Il Cammino di Santiago non è soltanto di
un’avventura religiosa, come accadeva
in passato, e nemmeno un semplice itinerario culturale, come avviene per altri
percorsi. Il Cammino di Santiago integra
spiritualità e paesaggio, fede e tradizione, storia e società; questo libro ne ripercorre la storia, con la speranza di poter in
qualche modo aiutare i pellegrini moderni a comprendere meglio le ragioni di un
simile viaggio.
Attualità
N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre
Quei giudici tecnocrati che
vogliono educare il “popolo bue”
Un crocifisso in una scuola
D
a tempo in Europa e nel
mondo occidentale imperversano dei giudici
che interpretano a modo loro il
senso della giustizia e soprattutto se ne infischiano dei diritti
delle maggioranze e delle leggi parlamentari. Proprio l’altra
settimana la Corte europea dei
diritti dell’uomo di Strasburgo
ha sentenziato che il crocifisso
lede la libertà religiosa se viene
esposto nelle aule scolastiche e
quindi va rimosso. La sentenza
dei sette giudici, tra cui l’italiano di area progressista, Vladimiro Zagrebelski, a dire la verità è
stata criticata abbondantemente
dalla stragrande maggioranza
degli italiani; si può dire che addirittura c’è stata con migliaia di
N
lettere ai giornali,
interpellanze nei
consigli comunali,
e-mail, telefonate
alle radio, messe,
incontri di preghiera, gazebo di
raccolta firme, una
vera e propria sollevazione popolare
tesa a difendere e
sostenere la presenza del crocifisso, non solo nelle aule scolastiche ma in tutti i luoghi pubblici.
Anche gli USA non sono immuni
dalle invasioni di campo dei giudici, anzi tutto parte da lì. Recentemente i cittadini americani
sono stati chiamati al voto per
dire si o no al matrimonio gay.
Si è votato in 31 Stati, l’ultimo
nel Maine, e sempre hanno vinto
quelli del matrimonio naturale,
“trentuno a zero per gli oppositori delle nozze gay” scrive il
sociologo Massimo Introvigne.
Per gli attivisti del matrimonio
gay è stato un colpo durissimo
ma che è durato poco, giacché
negli Usa si continuano lo stesso
a celebrare matrimoni tra omosessuali perché in quasi tutti gli
Stati la decisione di introdurre il
matrimonio gay viene preso dai
giudici. Basta far ricorso e voilà, i tribunali danno ragione ai
fidanzati gay consentendo loro
di convolare a nozze. La verità
è che in alcune parti del mondo
alcune piccole ma potentissime
lobby di giudici ideologizzati, pervicacemente ignorano la
volontà degli elettori e pensano
sia loro dovere educare il popolo che evidentemente non è
maturo per comprendere la nuova frontiera della Modernità.
Nell’enciclica Caritas in veritate Benedetto XVI ha indicato
nella tecnocrazia la maggiore
minaccia per la libertà dopo la
fine delle ideologie. A molti la
parola tecnocrazia fa venire in
mente solo gli scienziati pazzi di
qualche film. Ma per il Papa la
tecnocrazia è quella di qualunque potere che pensa d’imporre
le sue scelte alla maggioranza
non in nome del bene comune e
neppure di un mandato elettorale, ma perché pensa di saperne di
più rispetto a un popolo bue che
per definizione è arretrato e condizionato da pregiudizi religiosi.
Una visione giacobina che liquida come “fondamentalismo”
tutto ciò che va contro il proprio
Pochi centesimi per il canone televisivo
on pagate il canone, è l’invito concomitante arrivato
(e poi rapidamente scomparso) da Libero e Giornale. Il
canone non lo pagherà più il 50%
degli italiani, sostiene Silvio Berlusconi. Legheremo il pagamento
del canone alla bolletta della luce,
minacciano a turno i numi tutelari della televisione pubblica. Peccato che nessuno si ricordi che il
canone televisivo è irrisorio: pochi
centesimi. La prova giuridica sta
nell’ultimo decreto ministeriale (la
competenza è del ministro dello
Sviluppo economico, il quale ha
finito con l’assorbire le funzioni
un tempo delle Poste) che ha determinato la “misura dei canoni di
abbonamento alle radiodiffusioni”
in vigore per quest’anno. Si noti
che il decreto è datato 18 dicembre 2008, ma è stato pubblicato
in Gazzetta soltanto il 20 marzo
2009, anche se gli abbonati sono
stati invitati a pagare entro il 31
gennaio, quanto legittimamente
non è dato sapere. Per i “detentori
di apparecchi televisivi ad uso privato” (i possessori di soli apparecchi radio sono esenti dal 1998) la
tabella 1 specifica con chiarezza,
quanto all’abbonamento annuale:
“canone € 0,22; sovrapprezzo €
99,17; tassa di concessione governativa € 4,13; Iva € 3,98; totale €
107,50”. Il canone, dunque, è di
soli 22 centesimi; tutto il resto è
sovrapprezzo e tributi. Andando a
rovistare fra leggi e decreti di lontani decenni, si può accertare che
nel 1938, quando furono emanate
le norme che tuttora regolano gli
abbonamenti alle “radioaudizioni”
(così si esprime il r.d.l. n. 246/’38),
il canone era fissato in 81 lire l’anno (oggi sarebbero circa 60 €).
Successivi aumenti portarono il
“canone propriamente detto” (così
definito dal decreto legislativo del
capo provvisorio dello Stato n.
1542 del 1947) a 420 lire, che sono
Un vecchio televisore
esattamente gli 0,22 euro odierni.
Il rimanente, cresciuto mercé una
sfilza di decine di decreti ministeriali succedutisi anno dopo anno, è
sovrapprezzo. Lo stesso decreto
legislativo n. 1542/’47 ammette
che, in caso di aumento della misura del sovrapprezzo, l’interessato possa disdire l’abbonamento
“nel termine di trenta giorni dalla
data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di aumento,
osservando le modalità prescritte
dall’art. 10” del r.d.l. n. 246/’38.
E queste modalità, sempre vigenti, prevedono che l’apparecchio
(oggi) televisivo venga “racchiuso
in apposito involucro in modo da
impedirne il funzionamento”.
Marco Bertoncini
Turisti rurali
11
pensiero. Oggi la più pericolosa tecnocrazia è proprio quella
di certi giudici. Il fenomeno è
autenticamente diffuso. Negli
USA ricordiamo che l’eutanasia
di fatto è diventata lecita quando
un giudice ordinò all’ex marito
di sospendere gli alimenti a Terry Schiavo. Ma anche l’aborto
negli USA passò grazie ad una
sentenza, Roe contro Wae. E in
Italia Eluana Englaro non c’è più
perché i giudici così hanno voluto. E ancora la Fini-Bossi e successive modifiche non funziona
perché i magistrati hanno solle-
vato centinaia di volte eccezioni
di incostituzionalità della legge
non facendola funzionare. Molti
magistrati pensano - e lo dicono
apertamente – che i giudici sono
detentori di un sapere superiore,
ecco perché spetta a loro rieducare il popolo. Quando in Italia
si scopre che oggi la magistratura gode solo del 14% di fiducia da parte della gente, contro
l’85% dei primi anni novanta ne
comprendiamo le ragioni.
Alessandro Pagano
Domenico Bonvegna
La crisi cambia le vacanze degli italiani
T
oprural.com,
strumento
completo e semplice per
la ricerca di un agriturismo
o di un altro alloggio rurale, ha
realizzato, in collaborazione con
la società specializzata Sondea,
la Radiografia del Turista Rurale
2009 Italia. Si tratta di una ricerca condotta su un campione di
947 interviste, per analizzare per
la prima volta nel nostro Paese il
fattore “domanda” nel settore del
turismo rurale. I risultati dell’indagine hanno evidenziato che i
viaggiatori rurali (l’85% degli intervistati) hanno un’età compresa
tra i 25 e i 54 anni, sono laureati
per il 38%, diplomati per il 47%, e
il 57% sono donne. Il tipico turista
rurale italiano sceglie di alloggiare in un agriturismo 3,6 volte l’anno, per dei soggiorni che registrano la durata media di 4,3 giorni.
Una domanda a risposta multipla
ha evidenziato come gli italiani
preferiscano la vacanza rurale durante i week-end (il 56%), i ponti
(51%) e l’estate (41%), scelgano
di andare in coppia (56%), poi
con amici (28%) e si aspettino
tranquillità, contatto con la natura, servizi, rapporto qualità prezzo
ma anche un buon atteggiamento
da parte del gestore. Più di un
italiano su 4, il 27%, prenota la
vacanza in agriturismo a meno di
una settimana dalla partenza; in
media le prenotazioni avvengono
26,2 giorni prima delle vacanze.
La spesa media, per persona a fine
settimana, ammonta a 172,4 euro,
di questi quasi 97,8 euro sono dedicati a coprire la sola spesa di affitto. Il turista italiano è diviso sulla percezione del prezzo di affitto
in un agriturismo. La metà degli
intervistati (il 50%) crede che si
tratti di un prezzo basso o molto
basso, poco meno della metà (il
49%) crede, invece, che si tratti di
un prezzo alto o molto alto. Le caratteristiche di un agriturismo più
apprezzate sono la pulizia (“molto o abbastanza importante” per il
97% delle persone), la tranquillità
e il prezzo (in entrambe i casi per
il 96%). Meno rilevanti la presenza di
Spa e di centri benessere, “molto o
abbastanza importanti” per il 46%
degli intervistati,
e i servizi “extra”
(maneggio, escursioni, corsi, etc.),
scelti dal 53%. Per
la ricerca di alloggi Internet è la risorsa primaria. Su
un questionario,
sempre a risposta multipla, per
trovare strutture
l’89% si affida a
Internet e il 44%
ai suggerimenti di amici e famigliari, invece, per prenotare, il
65% preferisce l’e-mail, il 64%
il telefono e il 40% l’on-line. In
agenzia va solo il 5%. Nella scelta
risultano fondamentali i servizi,
preferiti dal 69%, le foto (56%),
i suggerimenti (42%) e le opinioni (38%). Effetto crisi nel turismo
italiano Il 73% della totalità dei
turisti italiani ha dichiarato di
aver cambiato modo di far vacanza e, di questi, il 42% si è attivato per ricercare una sistemazione
più economica o ha ridotto i costi
delle attività extra, mentre, il 30%
ha diminuito il numero dei giorni
di vacanza. Tra i frequentatori di
strutture rurali, il 48% di chi ha rinunciato, lo ha fatto per questioni
economiche personali. Confronto
con Francia e Spagna La ricerca
è stata condotta simultaneamente
in altri due Paesi: Francia e Spagna. Dal confronto emerge che il
turista rurale italiano ha avvertito maggiormente gli effetti della
crisi economica e ha modificato
le proprie abitudini in tema di
vacanze, in maniera molto più significativa. Ben il 73% degli intervistati italiani è corso ai ripari,
contro il 63% degli spagnoli e il
57% dei francesi, anche se i nostri
connazionali continuano a essere quelli che spendono di più: in
media 172,40 euro a persona per
week end, contro i 148,00 euro
dei francesi e i 157,00 euro degli
spagnoli. Gli italiani, inoltre, si fidano molto del parere di amici e
conoscenti a differenza dei “colleghi” transalpini e iberici. In Italia
consigli e suggerimenti di amici
e parenti influenzano la scelta in
proporzione maggiore (42%) rispetto alle opinioni e recensioni
di altri turisti che si possono incontrare sui siti Web di settore
(38%). In Spagna e in Francia,
invece, ci si fida più delle opinioni e recensioni trovate in Internet, preferendo questo strumento
ai consigli di parenti. Infatti, in
Spagna il 55% preferisce affidarsi a opinioni sulla Rete, mentre
il 48% segue i consigli di conoscenti. In Francia stessa tendenza
(37% in Rete, 31% conoscenze).
Interessante anche le modalità di
scelta di prenotazione. Gli italiani
(40%) sono, insieme agli spagnoli
(42%), più portati all’utilizzo di
Internet, mentre, i francesi lo utilizzano meno (28%). Infine, una
riflessione sull’età. La Spagna detiene il primato del turismo giovane perché la maggioranza dei turisti rurali iberici ha tra i 25 e i 34
anni. In Italia il tipico turista rurale ha dai 35 ai 44 anni. In Francia
tendenza contraria: la maggior
parte dei turisti rurali transalpini
ha più di 45 anni.
Gianfranco Nitti
Cultura
12
Montanelli, creatore e inventore: di splendide
pagine, ma anche di parecchie balle
“R
iuscii a indossare la
mia uniforme da capitano dei granatieri:
volevo arrendermi da soldato, non
da imboscato. M’interrogava un
ufficiale della Wehrmacht. Avevo
avuto il permesso di vestire la mia
giubba da capitano anche in cella
e un giorno venne a interrogarmi
un sottufficiale. Mi rifiutai di rispondergli perché il suo grado era
inferiore al mio. Quell’orgoglio di
soldato fu il collante che tenne insieme i miei nervi: la fierezza militare prevalse sulla paura.” Così
il principe del giornalismo italiano,
Indro Montanelli, rievocava una
propria drammatica esperienza
Indro Montanelli (1909-2001)
N
bellica, dettando a Tiziana Abate
testimonianze raccolte nell’autobiografia Soltanto un giornalista.
Questo fiero militare che sprezzantemente rifiutava l’interrogatorio
da un inferiore in grado, questo
combattente di più guerre, questo testimone diretto di molteplici
eventi militari per decenni narrati,
scritti, riveduti, ripetuti, ha lasciato
sulla propria attività militare molte pagine, tanto in libri quanto in
articoli, per tacere delle interviste.
Però, però… A compulsare il fascicolo personale di Montanelli,
presso l’Ufficio storico dello Stato
maggiore dell’Esercito, emergono
elementi (date, rapporti, circostanze) che legittimano più di un dubbio sulla rispondenza al vero di non
pochi episodi del Montanelli bellico. Ne risulta che non divenne mai
capitano, neppure tenente, restando sempre semplice sottotenente.
Non era nemmeno un granatiere,
bensì un fante. Civetterie, si dirà.
Certo che molti dubbi emergono.
Un esempio: partito volontario
per l’Eritrea nel 1935, Montanelli fu assegnato al XX battaglione
coloniale comandato dal maggiore Mario Gonella il quale, disse
l’interessato alla Abate, gli diede il
comando “di una banda di ascari”.
In altre due sue biografie la banda
diventa una compagnia, mentre secondo lo stesso Indro (in una lettera ad Arrigo Petacco) gli ascari che
comandava erano “un battaglione”. In realtà si trattava di un semplice plotone, anzi, ancor meno,
come si evince da una lettera scritta da Montanelli ad Aldo Borelli,
direttore del Corriere della Sera:
il giovane giornalista si proponeva come collaboratore, giacché
“anche dopo il congedo sarebbe
restato in Africa” e si riprometteva di girarla come aveva fatto per
sedici mesi (in realtà, nemmeno
due) col suo “plotoncino di ascari”. Montanelli raccontò alla Abate
con dovizia di particolari una guerra cui non partecipò che per poco
più di un mese. Disse pure di aver
ricevuto un encomio solenne dal
comando, ma non se ne trova traccia nei documenti, da cui invece
risulta che il 19 novembre ‘35 (la
guerra era cominciata il 3 ottobre)
fu messo agli arresti per otto giorni
con la seguente motivazione: “Si
presentava col suo plotone all’adunata di Compagnia per l’avanzata
con 10 minuti di ritardo”. Il merito
di un’attenta lettura dei documenti
archivistici e soprattutto del raffronto con quanto dal giornalista
dichiarato o scritto va a Serena
Gana Cavallo, la quale espone il
suo prezioso lavoro nell’accurato
saggio “Il “capitano” Montanelli” (dal sintomatico occhiello “Un
miles gloriosus chiamato Indro”),
pubblicato sul fascicolo n. 47 della
ricca rivista Storia in rete. Si rilevano così non pochi episodi da
rileggersi fuori della vulgata che
Montanelli medesimo propagò.
Un episodio sul quale molte volte
il giornalista tornò è l’articolo da
lui scritto sulla presa di Santander,
Paola Gassman al Teatro Il Primo
apoli - Potrebbe essere in
teoria la tipologia di spettacolo più rischiosa, la
meno coinvolgente, sicuramente
la più elitaria. Un testo teatrale
fatto solo di poesie è un rischio.
Per meglio dire, potrebbe essere
un rischio. Perché se la voce recitante è quella di Paola Gassman,
la piece si trasforma in un evento coinvolgente, un viaggio nella
storia dei sentimenti, una sinusoide di emozioni, dalla speranza
alla soddisfazione, dal dolore alla
rassegnazione e di nuovo alla speranza. Il tema di tutte le poesie recitate è la donna, poesie scritte per
la donna e a volte scritte da donne.
Poesie conosciutissime o dimenticate o mai sentite prima, ma legate
tutte da un filo logico fortissimo:
la storia della vita di una donna,
dalla nascita alla scoperta di sé e
del mondo. Il titolo dello stesso,
“Donna abitata da memoria”, è
tratto dai versi di Carmen Yanez.
È un andare avanti e indietro nel
tempo, da Renèe De Pestre a Baudelaire, da Piero Jahier a Pedro
Salinas, da Emilio Isgrò ad Alda
Merini. Le calde note della chitarra di Luigi Puddu (con musiche
di Albeniz, Sor, Barrios, VillaLobos, Tarraga) anticipano i versi
declamati dalla Gassman, oppure
si sovrappongono a essi, e creano
con essi un’armonia magica. Lo
spettacolo, nella raccolta sala del
Teatro Il Primo di Napoli, ha avuto il sapore – per chi lo ha visto
– di sentirsi parte di un privilegio,
un salotto letterario di gran classe.
La perfezione dello stesso è nel-
la scelta di un percorso letterario
in continua ascesa, con climax
continui, sui versi, ad esempio,
di A Silvia di Leopardi, oppure di
A Paola del padre Vittorio, o del
finale del V Canto dell’Inferno di
Dante, o ancora della Madre di
Ungaretti, o dell’Amore a prima
vista di Wislawa Szymborska.
E non è mai scontato ribadire la
forza di una grande attrice, sapere
cioè entrare continuamente, come
un infinito cambio d’abito, in tanti
personaggi, ora lievi ora profondi, delicati o decisi, fino all’uscita
di scena con la sofferenza della
Vergine per la morte del figlio
crocifisso in Iacopone da Todi, e
la lezione di vita (Vivi la vita) di
Madre Teresa di Calcutta.
N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre
avvenuta nell’agosto ‘37 per opera
dei nazionalisti di Franco. Montanelli sostenne che in realtà la battaglia era stata “una passeggiata”
con un solo nemico: “il caldo”.
Orbene, l’articolo non lo scrisse
né al fronte, né in Spagna, ma a
Saint-Jean-de-Luz, in Francia. A
detta tanto dell’interessato quanto
dei suoi biografi, gli sarebbe costato l’esclusione dal sindacato dei
giornalisti e l’espulsione dal Pnf.
Eppure in quel frangente il supposto antifascista inviava una lettera
al comando del distretto di Roma,
per richiedere un documento comprovante il periodo di servizio quale volontario in Africa orientale,
che gli era stato “richiesto dalla
Federazione Fascista dell’Urbe per
l’aggiornamento della mia cartella personale di fascista”. Il fatto è
interessante perché va considerato
con quanto l’Ovra, nel ‘40, scrisse
in un rapporto su Montanelli, accusato di mormorazioni antifasciste: “iscritto al Pnf dal 21-4-1932”;
non solo senza nulla aggiungere su
presunte espulsioni o mancate reiscrizioni, ma definendolo “già corrispondente di guerra in Spagna”.
Se ne ricava che almeno fino al ‘40
il futuro fondatore de il Giornale
rimase iscritto al partito fascista e
mai ne fu espulso, men che meno
dopo l’articolo su Santander. La
sintesi della Gana Cavallo è spietata: Indro Montanelli non fu mai
ferito. Non ebbe mai decorazioni,
fatta salva la croce di guerra al valor militare. In una comunicazione del ministero della Guerra nel
‘38 s’informava che il generale
Bastico “valendosi della potestà
conferitagli quale comandante il
corpo T.V. [Truppe Volontarie] in
Spagna ha concesso le seguenti
ricompense al v.m. ai sottonotati
giornalisti: Medaglia d’argento
ad Achille Benedetti; Medaglia
di bronzo al v.m. a Luigi Barzini, Sandro Sandri, Luigi Pomé,
Marco Franzetti; Croce di guerra al v.m. a Patuelli Raffaello”.
Le motivazioni delle decorazioni
erano sul tono di quella a Montanelli, ma riferite alla battaglia
di Santander. Il che dimostra, a
giudizio della spietata ricercatrice, che tali decorazioni erano una
sorta di “bonus” di regime per i
rappresentanti della stampa e che
Montanelli, a Santander, nell’autunno 1937, non c’era proprio.
Diciamolo francamente: molte
leggende metropolitane le fece
nascere lo stesso Montanelli con
versioni diverse di incontri, viaggi, citazioni, nel corso degli anni
destinate a mutarsi, a ingigantirsi, a smentirsi. Ingigantì la sua
partecipazione guerriera, anche
quando si trovava in tranquille
redazioni distanti dal fronte. Preziosa è la lucida contestazione di
non pochi episodi montanelliani
della guerra di Finlandia nel ‘39’40 compiuta da Luigi G. Deanna nello spietato volume La memoria perduta. Montanelli e la
Finlandia. Implacabile è la stessa
Gana Cavallo nella recensione da
lei stesa alla biografia di Paolo
Granzotto su Montanelli. Queste
“rivisitazioni” non vanno lette
come una sorta di deteriore revisionismo aprioristico, bensì come
contributo al ritratto di un giornalista certo padrone come pochi
della penna, ma anche bizzoso e
narcisista, nonché, per dirla con
Petrolini, creatore e inventore: di
splendide pagine, ma anche di parecchie balle.
Marco Bertoncini
Nessuna marcia
per John Allen Mohammed
Vincenzo De Luca
Il busto di Nefertiti
M
Paola Gassman
ercoledì 11 novembre
John Allen Mohammed
, famoso negli Usa come
il “cecchino” di Washington , è
stato giustiziato dallo stato della
Virginia. La pena di morte è arrivata a sette anni dai dieci omicidi
di cui era colpevole: gente qualunque colpita per strada con un
fucile di precisione. Gli sbandieratori multicolori e chi non vuole
che il colpevole Caino sia toccato (gli stessi che fanno spallucce
all’omicidio dell’innocente Abele
dentro il ventre della madre), pos-
sono spiegare perché non hanno
organizzato nessuna marcetta di
solidarietà in difesa dell’infallibile sparatore? Forse perché non
era nero, povero e in grado di impietosire l’opinione pubblica? Chi
ama chi odia la vita, non avrebbe
il dovere morale di avvertire anticipatamente i potenziali “peccatori” ricordando loro quanto San
Paolo andava ammonendo, vale a
dire che “la paga del peccato è la
morte”?
Gianni Toffali
N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre
Cultura
13
Centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia
Uno sguardo in anteprima sul 2011
Oscar Sanguinetti
Prima Parte
A
ll’incirca fra un anno e
mezzo, nel marzo del
2011, ricorrerà il centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia. Nonostante le ricorrenze semi-secolari mi coinvolgano
meno dei centenari, credo si tratti
comunque di un appuntamento
che non si può ignorare e che anzi
richieda tutta la nostra attenzione
e partecipazione, in quanto in quel
frangente si rinverdirà la memoria
di una pagina oggettivamente rilevante, forse decisiva, della biografia nazionale.
Come per ogni ricorrenza, prima di celebrare l’evento, bisogna
farne adeguata memoria, ovvero
voltarsi indietro e ricostruire sia
la catena di accadimenti che è sfociata nell’evento, sia che cosa è
scaturito da quella data ed è giunto fino a noi, influendo in maniera
maggiore o minore sul presente.
Sicuramente nei prossimi mesi
vi saranno non pochi sforzi in
questo senso e anche noi, nella
misura delle nostre possibilità,
cercheremo di onorare la scadenza.
In via del tutto preliminare mi
pare opportuno tuttavia cominciare a fissare qualche coordinata
preliminare, tentando di comporre
un quadro e di operare una prima
lettura quanto meno riguardo —
sulle origini del processo unitario
e risorgimentale e sulle sue vicende il discorso sarebbe adesso troppo lungo — al periodo dal 1861
a oggi.
1. Che cosa si chiude
Che cosa è accaduto, ci chiediamo per prima cosa, centocinquant’anni or sono?
Direi — anche se può parer
ovvio e scontato — che nel 1861
si conclude una parabola — o un
plesso di parabole fra loro intrecciate — e si apre un nuovo ciclo
della storia italiana.
Le traiettorie che si esauriscono — anche se non del tutto — si
possono facilmente individuare,
la prima, in quello sforzo pluridecennale di edificazione di uno
Stato moderno nel Paese, di cui
sono artefici minoranze attive
di diverse culture politiche, non
necessariamente tutte ispirate ai
paradigmi della modernità, che
si apre con le riforme illuministiche della seconda metà del secolo
XVIII e, dopo non poche metamorfosi, si conclude nella monarchia costituzionale unitaria retta
dalla Casa di Savoia.
La seconda parabola che si
completa con successo — ma
anch’essa non definitivamente —
è il processo di sostituzione alla
cultura tradizionale dei popoli della Penisola un nuovo senso comune, un diverso abito di pensiero e
nuovi stili di vita, improntati alle
filosofie politiche scaturite dalla
svolta antropologica del pensiero
occidentale con Cartesio e dal libertinismo seicentesco: quel pensiero moderno, in cui si attua la
Garibaldi, lo sbarco dei mille
«seconda» modernità, quella razionalistica, che fa seguito a quella cultura umanistica, ancora religiosa, del Quattrocento. L’effetto,
benché di riporto, più decisivo di
tale operazione sarà la riduzione
dell’influsso del cattolicesimo
sulla cultura e sugli statuti dei popoli e delle comunità, nonché la
sua rimozione o emarginazione o
il suo inquinamento — soprattutto attraverso la spiritualità «fredda» del giansenismo — nella vita
pratica di fasce sempre più ampie
della popolazione.
Se alla prima parabola si possono associare i Leitmotiv indipendentistico e unitario, all’altra
è intrinsecamente legato quello
«risorgimentale».
Mi riferisco qui ovviamente ai
macro-processi di cambiamento i
cui moventi sono intenzionali ed
espliciti: ma, in Occidente quindi
anche in Italia, vi è tutta una serie di mutamenti macro- e microstrutturali, che ha avuto luogo
senza che i più si accorgessero
dei loro effetti di lungo periodo,
dalla rivoluzione industriale
alla globalizzazione della finanza, dall’emancipazione ebraica
all’espansione coloniale e missionaria nel mondo.
2. Che cosa si apre
Per diametrum, come detto, con
il 1861 si apre per gl’italiani una
fase ulteriore di quel grande mutamento di pelle che il mondo occidentale subisce da quando nasce
e si afferma nel suo seno quella
realtà impalpabile ma onnipervasiva che ha nome «modernità».
Da allora, fra tanti altri, entra in
scena con sempre maggiore autorevolezza un soggetto nuovo, lo
Stato appunto «moderno», che,
succedendo in tale ruolo ai cenacoli letterari ed esoterici del Rinascimento, alle sette religiose del
Seicento e alle logge massoniche
del Settecento e dell’Ottocento,
diventerà il principale artefice, la
più potente piattaforma di sostegno, del progetto e della roadmap
verso l’instaurazione di un nuovo
ordine mondiale, secolarizzato,
cosmopolita e sempre meno «a
misura d’uomo».
Questo sviluppo non va immaginato come una linea retta in
costante ascesa, bensì secondo il
profilo di una curva sinusoide, la
cui linea secante è, comunque,
una retta in crescita. L’avvento
nella sfera pubblica di una condizione nuova e ulteriore rispetto
al mondo post-romano, ai seco-
li d’oro della civiltà cristiana e
all’epoca della feconda conciliazione fra cristianesimo e modernità ai tempi dell’umanesimo, conosce infatti non poche vischiosità,
tornanti, riprese, slanci e stasi, ma
ineluttabilmente s’invera.
Solo dopo l’unità italiana e, dieci anni più tardi, dopo la proclamazione dell’Impero germanico,
la carta dell’Europa si assesterà
per qualche decennio, assumendo
un assetto drasticamente diverso
dall’epoca dei regimi assolutistici
pre- e post-rivoluzionari. La diversità più lampante sarà l’emersione di Stati nazionali e liberali
sempre più numerosi, destinati
a divenirlo ancor di più quando,
quarant’anni dopo il Congresso di
Berlino e al chiudersi di un conflitto internazionale sanguinosissimo, gli ultimi imperi — ottomano, asburgico, tedesco-prussiano
e russo — cadranno e si disintegreranno, proiettando le loro
schegge ovunque.
3. Le conseguenze negative
dell’unificazione
Dunque, in Italia, dopo il 1861
la minoranza monarchica, liberale e democratica che ha «fatto» il
Risorgimento, ha eretto uno Stato
comune e ne ha assunto il controllo, può finalmente dar avvio e
compimento a quell’agognata rinascita della nazione italiana che
si proponeva di creare cittadinisudditi «nuovi», liberi, uguali e
fratelli fra loro.
Questo processo di edificazione
di una nuova Italia sembrerebbe
dunque aver aperto prospettive di
progresso uniche e non eludibili
al Paese. Talmente felici furono
infatti le scelte di quel frangente,
che da allora è entrato in vigore
una sorta di veto — o almeno di
fastidio — tutte le volte che si è
aperta una discussione sulla genesi e sui costi e benefici di questo
nuovo edificio, della casa comune
degl’italiani.
Tuttavia, è impossibile ricostruire quella memoria adeguata che
invocavo all’inizio come condizione per celebrare senza chiedersi quale sia stato in realtà il portato
concreto dell’unificazione. Anche
perché l’oggettivo colpo di mano
del 1859-1861, frutto genuino ma
tutto sommato imprevisto della
intelligente e spregiudicata regia
di Camillo di Cavour, crea le basi
dell’Italia contemporanea: quanto
di strutturale messo in atto allora
in un breve torno di tempo, tanto
in positivo quanto nel suo aspetto
di «purga» di tutto un passato, si
può dire che rimanga in sostanza,
nella sua ossatura, immutato fino
ai nostri giorni. L’ordinamento
territoriale, gli organi politici,
l’amministrazione, l’esercito, la
scuola, le relazioni con la Chiesa
si avvieranno lungo percorsi che
tutt’ora son in gran parte i medesimi. Nemmeno la dittatura fascista,
la Conciliazione, la Repubblica
e la Costituzione imprimeranno
modifiche radicali o sostanziali a
questo edificio.
In negativo, poi, la nuova classe
dirigente opererà scelte «dure»,
preferendo costruire dopo aver
sradicato e demolito piuttosto che
costruire
attingendo a quanto
già esisteva, anche se allo stato
di
frammento.
Cancellerà quindi
d’ufficio secolari
organismi politici, appropriandosi delle loro risorse finanziarie;
getterà alle ortiche i loro ordinamenti e codici di
leggi; esautorerà
completamente
— tranne forse
i quadri militari
più elevati — i
loro
dirigenti;
destinerà all’esilio i loro sovrani,
ancorché rassegnati e poco pericolosi. Condannerà antiche città
capitali, dalla lunga e gloriosa
storia nonché turgide di splendori
architettonici e artistici tutt’oggi
abbaglianti a uscire dalla storia e
a diventare «capoluoghi» di province di pari status e tutte destinate prima o poi a divenire luogo
di ricreazione di viaggiatori e di
turisti sempre più numerosi e ammirati ma del tutto estranei alla
loro storia.
Il sistema economico unitario,
invece di essere realizzato, come
al tempo — la vigilia del Quarantotto — del progetto di lega
doganale, facendo fluire beni e
capitali fra componenti autonome e ben consolidate geograficamente, viene costruito imponendo
processi uniformi e accentrati, che
creeranno forti squilibri fra le varie aree, specialmente fra il nord
industriale e il sud agricolo, e che
ben presto si troveranno esposti
all’azione delle lobby, delle «famiglie» e delle clientele.
L’estensione a tutta la Penisola
di ordinamenti e sistemi giuridici uniformi — quelli sabaudi —,
con la conseguente fine delle autonomie territoriali e dei sistemi
di autogoverno, così come l’accentramento totale dell’amministrazione, che avrà il suo simbolo
nella figura del prefetto, creata a
suo tempo a suo uso da Napoleone, saranno percepiti e accolti con
difficoltà.
La riduzione coatta — tramite
gli espropri dei «beni nazionali» e
la soppressione di molte famiglie
religiose — e la riorganizzazione
dell’apparato ecclesiastico sulla
base del principio di separazione fra Stato e Chiesa, nonché il
suo assoggettamento al diritto
comune, creeranno per la Chiesa
italiana una condizione nuova e
più difficile, che richiederà non
poco tempo e sforzo perché se
ne esca. Mentre la Questione Romana rappresenterà un cuneo, un
elemento di disturbo permanente
nei rapporti fra Stato unitario e
Chiesa universale, con inevitabile ricaduta della tensione fra i
due soggetti sulla gerarchia e sul
movimento cattolico — la realtà
associativa dei cattolici italiani formatasi all’indomani della
rottura del rapporto organico fra
autorità spirituale e potere temporale già al tempo di Napoleone —,
come pure influenzerà la presenza
dei cattolici nella politica. La vita
stessa spirituale, la pratica religiosa, il cattolicesimo pubblico
usciranno fortemente ridimensionati dai circa sei decenni di Kulturkampf silenzioso — il giurisdizionalismo — o galoppante — nei
periodi di rivoluzione — contro il
cristianesimo romano.
Ancora, il nuovo Stato cambierà profondamente la scuola pubblica, che — a fianco dell’esercito
— diventerà il luogo della uniformazione linguistica e della sperimentazione di quei nuovi modelli
di religione civile soft che anche
la mia generazione, ancora nel secondo dopoguerra, ha avuto modo
di sperimentare.
4. Elementi di coesione e di
superamento
Queste problematiche, non di
rado lancinanti, troveranno tuttavia, se non soluzione, almeno
attenuazione nella presenza di
alcuni elementi di continuità, che
rappresenteranno altrettanti strumenti di coesione: la monarchia;
l’atteggiamento «d’ordine» se
non conservatore del liberalismo
al potere, rafforzato dal carisma
che il carabiniere si conquista;
l’esercito nazionale; le guerre
immediatamente intraprese dal
nuovo Stato — come quella del
1866 contro l’Austria —; la conquista delle colonie; il peso sempre maggiore della scuola e degli
organi di stampa, fattore decisivo
nel formare il consenso dell’opinione pubblica al nuovo regime.
Aiuterà altresì in questa prospettiva l’atteggiamento spregiudicatamente «positivo» e attivo
del cattolicesimo, soprattutto del
clero, la cui influenza, lungi dal
sobillare le masse come pretendevano gli anticlericali, garantirà
che i conflitti politici e sociali scatenati dal cambiamento non oltrepassino un certo segno.
14
Cultura
Alla riscoperta dei grandi d’ogni tempo che hanno
I
San Francesco in meditazione
olio su tela cm 123x 92,5
Roma, chiesa di San Pietro a
Carpineto in deposito presso
la Galleria Nazionale
d’Arte antica
N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre
saputo rendere visibile ciò che non si vedeva
A
CARAVAGGIO
Caravaggio l’antiaccademico, Caravaggio che non mistifica, che
non nasconde il suo essere concretamente uno del popolo, calato
nella veracità del suo tempo, entusiasta della cristianità dei primordi ispirata ai dettami della povertà e della semplicità.
nvito all’
Natività con i
santi Lorenzo e
Francesco
olio su tela
cm 268 x 197
rte
Il Monastero Benedettino di S. Nicolò l’Arena
a Catania (XVIII- XIX secolo)
Adriana Ginammi Crisafulli
C
atania - Entrando nella Sala Vaccarini del Monastero dei Benedettini a
Catania, siamo sopraffatti dalla bellezza del luogo, ne respiriamo l’atmosfera
impregnata di sapere che emana dai libri
stipati in bacheche, per l’occasione illuminate in modo suggestivo. In un ambiente
così evocativo è stata realizzata la mostra
“Scienze e Arti all’ombra del Vulcano” a
cura di Caterina Napoleone. Il Monastero di
S. Nicolò l’Arena del 1740 ha svolto un’intensa attività culturale, in un tempo ove arte
e scienza convivevano e si completavano,
ogni progresso del sapere umano era recepito dagli studiosi come dimostrano i numerosi fondi che formano la ricchissima biblioteca. Le ricerche degli storici spaziavano dalla
storia all’antiquaria, dalla vulcanologia alla
Botanica, alla mineralogia, all’astrologia,
alla musica, alle arti decorative. L’esposizione è ricca di manoscritti, di opere a stampa,
di collezioni scientifiche, erbari e illustra-
Antonio Cavallucci
Sacra famiglia, 1790 c.
Catania, Museo Diocesano
zioni botaniche, arredi liturgici e di oggetti
di manifattura siciliana. Nella
biblioteca tra i molti ricordiamo i volumi di Montfaucon
e di Linnco e la singolare figura di Vito Maria Amico,
teorizzatore, alla metà del
settecento, dell’indissolubilità
del binomio storia-geografia.
Nella rassegna sono riuniti
alcuni tesori appartenenti al
Museo dei Benedettini e ad
alcune istituzioni pubbliche
di Catania oltre a reperti acquistati sul mercato romano
come l’ esemplare di erbari
Prospetto della chiesa di San Nicola, annessa al
illustrati di Liberato Sabbati
monastero benedettino di San Nicola l’Arena
proveniente dall’IIortus Medi-
cus dell’Università La Sapienza di Roma e nique – Vivant Denon nel suo “Viaggio in
acquistato nel settecento da Placido Scam- Sicilia”, con grande intuizione, scrisse:”
macca. Situato al centro della mostra un fos- …Ad ogni istante si riscontra in questa
sile di elefante nano ritrovato nella grotta di collezione, come in tutte quelle dei moSpinagallo a Siracusa ci riporta alle origini e naci, l’istinto della formica che raccoglie
all’evoluzione di questa terra ricca di storia. e accumula indiscriminatamente e con la
Oltre ai dipinti di soggetto religioso come stessa passione il chicco di grano e l’inula “Sacra Famiglia” di Antonio Cavallucci tile pezzo di legno: felice istinto questo,
sono esposti alcuni quadri che ritraggono che è stato all’inizio dei primi “gabinetti
personaggi che in questo luogo hanno lavo- di meraviglie”, e ci ha conservato i tesori
rato intensamente. Sono i monaci benedet- dell’antichità in tutti i generi di materiali”
tini Placido Scammacca, Emiliano GuttaQuesta bella mostra è progettata da Enridauro e Agostino Landolina i quali, anche se co Iachello e Giovanni Salmeri, arricchita
appartenenti a epoche e a interessi cultu- da un’esauriente catalogo edito da Maimorali diversi, hanno portato grande contri- ne. Promossa dalla Regione e dal Comubuto alla collezione antiquaria del Museo ne di Catania in collaborazione con molte
Benedettino. A testimonianza della sen- facoltà dell’Università di Catania, col Musibilità per l’arte dei benedettini restano seo Diocesano e altri Enti e un originale
nella Chiesa di S. Nicolò l’Arena l’impor- allestimento del Teatro Stabile di Catania
tante Meridiana nel pavimento della nava- su progetto di Diana Rastrelli, offre ai visita centrale della chiesa e il monumentale tatori (con ingresso gratuito) uno spaccato
organo costruito da Donato del Piano. Si del fervore e della curiosità intellettuale di
narra che Vincenzo Bellini, giovanissimo, quel periodo.
provò alcune melodie
su quell’organo che nel
settecento e ottocento fu
meta obbligata, per la
sua notorietà, dei viaggiatori che visitavano
la Sicilia. Il Monastero
Benedettino fu edificato dopo il terremoto del
1693 ed ha rappresentato con il suo prestigio le
sue ricchezze (la bellezza dei chiostri, giardini
e refettori), l’egemonia
culturale e religiosa
di una comunità la cui
fama ha oltrepassato i Biblioteca del monastero benedettino di San Nicolò
confini della Sicilia. Già l’Arena, Sala Vaccarini, XVIII sec. d.C.
nel lontano 1788 Domi- Catania, Monastero benedettino di San Nicolò l’Arena
Un’interessante mostra dedicata a
Dimitrij Aleksandrovic Prigov
L
ecco - La Galleria Melesi di Lecco presenta in Italia
la prima ampia retrospettiva di Dimitrij A. Prigov
dopo la morte dell’artista avvenuta improvvisamente nel 2007. Non prima di aver potuto scrivere:” Ho avuto
la fortuna di vivere fino a poter vedere quei cambiamenti sociali (positivi, almeno per me e per la mia cerchia),
avendo in quel preciso momento non tanto un nome sufficientemente noto e un’immagine riconoscibile quanto
piuttosto essendo ancora assolutamente attivo da un punto
di vista creativo e avendo di che proporre alla società e alla
cultura russa”.La poesia è la grande passione di Prigov, ha
scritto trentacinquemila poesie, le prime distribuite nei circoli undreground durante il periodo sovietico. Si appassiona anche alla scultura e dal 1967 al 1974, lavora a Mosca
( la città dove è nato nel 1940) presso l’Amministrazione
centrale per l’Architettura e la pianificazione urbanistica
di Mosca, sovrintendendo alle decorazioni delle facciate
degli edifici. Non abbandona mai il disegno, anche se dal
1973 si dedica più intensamente alle arti visive. Alle letture di poesie partecipano i più importanti artisti d’avanguardia e dissidenti russi. La sua è un’attività intensa ed
eclettica: poeta, disegnatore, scultore, fotografo, perfor-
mer e teorico di se stesso. Negli anni ’80 partecipa a delle
performance insieme al Jazzista Sergei Petov e, nell’86
in seguito a una performance pubblica viene arrestato dal
KGB e internato in un ospedale psichiatrico. In seguito
alle proteste degli artisti, anche stranieri, viene rilasciato.
Inizia allora la serie dei giornali dipinti che gli danno la
notorietà. Ha un’attività frenetica, realizza performance
in tutto il mondo, vive tra Mosca e Londra e tiene letture
alle Università Europee Americane e anche in Giappone.
Nel’93 a Londra entra a far parte del Pen Club, la più antica
organizzazione internazionale di scrittori e riceve il Puskin
Prize. Negli ultimi anni si dedica in particolare alle video
performance lavorando con il figlio Andrej e la di lui moglie Natalia Mali con i quali fonda i Prigov Family Group.
La mostra di Lecco è ricca di opere. In prevalenza sono
esposti i disegni evocativi eseguiti su fogli di giornali,
in particolare la Pravda, molti dei quali realizzati prima
del’89 e perciò molto rari. Scorre su quei fogli la storia
del tempo. Attraverso i nomi dei principali protagonisti, Lenin, Stalin, Gorbaciov, scritti in caratteri cirillici
su quotidiani seguiamo le vicende del popolo russo. E’
proprio il nome a riportarci agli eventi rievocando i fatti
di quel periodo storico. I Barattoli di Prigov, a differenza di quelli degli artisti americani ed europei, hanno un
contenuto, ne emergono frammenti dei suoi poemi, non
ha valore l’oggetto in sé è solo un supporto per il contenuto. Non celebrano l’oggetto di uso comune come le
lattine di coca-cola di Andy Warhold. Scrive Prigov :”
l’Arte americana lavorava sull’idea di una società dove
abbondavano i consumi e i mass-media, noi nella sovrapposizione di slogan e di parole ideologiche”. Una serie di
disegni curiosi denominata i Mostri attirano l’attenzione,
realizzati con tecnica abilissima, molto elaborata, e completamente diversa, altro non sono che ritratti immaginifici di personaggi celebri. Spesso accanto alle scritte, sui
fogli, appaiono dei simboli dove domina il rosso, o c’è un
grande occhio dal quale cade una lacrima: è l’occhio di
Dio che tutto vede o, forse, l’occhio di chi tutto sorveglia
al di sopra della libertà individuale, l’occhio del Sorvegliante. Molto belle sono le fotografie sulle quali Prigov
interviene con segni a penna sfera con simboli del suo
immaginario figurativo. L’attività di performer e video
artista è documentata da cinque sorprendenti cortometraggi girati negli ultimi anni insieme al figlio e alla nuora Natalia. Nel bel catalogo edito dalla galleria Melesi,
curato da Michele Tavola, sono riprodotte un centinaio
di opere, alcune poesie inedite tradotte in italiano e i due
testi critici tradotti dallo stesso artista uno dei quali dal
titolo significativo: “la vita ci è data una volta sola”.
A. G. C.
Economia
N° 15/2009 - ANNO XVIII - 18 novembre
15
A cura di Gianfranco D’Ettoris
Decreto ascensori, dal parlamento molte domande al ministro
Corrado Sforza Fogliani
Presidente Confedilizia
I
l decreto in materia di revisione straordinaria degli ascensori impiantati prima del 30
giugno 1999, emanato dal ministro dello sviluppo economico
on. Scajola, non è passato inosservato in Parlamento. Sia dalla
maggioranza sia dall’opposizione si sono levate forti critiche al
provvedimento e ferme richieste
Affitti e condominio
Confedilizia risponde
La rubrica fornisce risposta solo a quesiti di interesse generale. Non saranno, pertanto, presi in considerazione quesiti
né a carattere personale né relativi a questioni già pendenti
innanzi all’Autorità Giudi­zia­ria.
I quesiti vanno inoltrati alla Confedilizia tramite le oltre 200
Associazioni territoriali aderenti alla stessa e presso le quali è
possibile attingere anche ogni ulteriore informazione. Per gli
indirizzi delle Associazioni consultare i siti www.con­fe­dilizia.it
www.con­fe­di­li­zia.­eu oppure telefonare al numero 06.67.93.489.
REGISTRAZIONE
DEL CONTRATTO
DI LOCAZIONE
Si domanda quale sia l’importo
da versare all’Agenzia dell’Entrate per la registrazione di un
contratto di locazione a canone
libero.
L’importo dovuto è pari al 2%
del canone complessivo della
locazione, con un minimo di 67
euro. Per i contratti pluriennali il
versamento può essere effettuato
sia in un’unica soluzione (usufruendo anche di uno sconto),
calcolando il 2% sul corrispettivo dovuto per l’intera durata del
contratto, sia anno per anno, applicando il 2% sul canone relativo
a ciascuna annualità.
LOCAZIONE
“PRIMA CASA”
Si domanda se la locazione a
terzi di un immobile acquistato
con le agevolazioni “prima casa”
comporti per l’acquirente la de-
cadenza da tali agevolazioni.
Secondo l’Agenzia dell’Entrate non comporta decadenza dalle
agevolazioni fiscali “prima casa”
la locazione a terzi dell’immobile interessato. Ciò, in quanto l’attuale normativa non richiede la
dichiarazione d’intento di adibire
l’immobile a propria abitazione,
ma prevede, come requisito soggettivo, la non possidenza di altra
unità immobiliare idonea ad abitazione (circolare 1/E del 1994).
AMMINISTRATORE,
PERSONA GIURIDICA
Si chiede se possa essere nominata una società come amministratore di condominio.
Secondo la Cassazione più
recente non v’è alcun ostacolo
in tal senso, dal momento che il
mandato conferito ad una persona giuridica “può essere caratterizzato dagli stessi indici di
affidabilità che contrassegnano il
mandato conferito ad una persona fisica” (sent. 22840
del 24.10.’06).
Tito Boeri
La crisi non è uguale per
tutti
Rizzoli
pp. 218 €. 17,50
Perché l’Italia è entrata prima degli altri
Paesi nella recessione? E perché, nonostante non abbia subito il fallimento di
grandi banche e l’esplosione della bolla
immobiliare, sta vivendo la crisi peggio
di altri Stati? Sapremo uscire non solo
dalla recessione, ma anche dalla stagnazione in cui ci dibattiamo da oltre quindici anni? Sono interrogativi di cui oggi
nessuno discute in Italia.
Tristram Stuart
Sprechi
Bruno Mondadori
pp. 358 €. 22,00
Tristram Stuart, ricercatore di Cambridge
e anticonsumista sfegatato, con lo spreco di cibo si è voluto sporcare le mani,
affrontando il tema da un punto di vista globale: per individuare l’origine di
questo fenomeno planetario, l’autore ha
viaggiato dall’Europa agli Stati Uniti,
passando per la Russia e l’Asia centrale,
e poi in Pakistan, India, Cina, Corea del
Sud e Giappone.
di chiarimenti al ministro per un
provvedimento che viene da più
parti ritenuto ingiustificato. Dalla maggioranza si è fatto sentire
l’on. Foti (PdL), che ha presentato una interrogazione al ministro
denunciando le incongruenze del
provvedimento – con particolare
riferimento all’assenza di norme
prescrittive dell’Unione europea
– e chiedendo al ministro stesso
“se non ritenga opportuno prevedere la sospensione degli effetti
del decreto emanato” o, almeno,
“alleviarne gli oneri, che allo
stato appaiono particolarmente
gravosi per i proprietari di casa”,
per giunta in un momento di grave crisi per le famiglie italiane.
Un’altra interrogazione al ministro Scajola è stata presentata dal
Presidente dei senatori dell’Udc,
D’Alia, il quale ha anch’egli
messo in evidenza gli alti costi
dell’operazione per i proprietari
di casa – a fronte dell’assenza
di qualsiasi necessità di nuovi
controlli, considerati il rigore e
la frequenza di quelli già imposti
dalla legge – e ha chiesto al ministro di spiegare “i motivi per cui
siano stati introdotti ulteriori obblighi senza che nessun pronun-
ciamento dell’Unione europea
si sia espresso in tal senso”. In
termini analoghi si è pronunciato, sempre dai ranghi dell’opposizione, il deputato Touadi (Pd),
il quale – dopo avere sottolineato
il soddisfacente livello di tutele
garantito dall’attuale normativa – ha chiesto in una interrogazione al ministro quali siano
i motivi che lo hanno indotto “a
sottoporre le famiglie italiane,
in un momento di grande crisi,
ad un notevole sforzo economico, introducendo peraltro degli
obblighi stringenti non previsti
da nessuna normativa cogente
dell’Unione europea”.
La cedolare secca sugli affitti è una misura sociale
L
a Confedilizia sostiene da
anni che l’introduzione
di una tassazione sostitutiva dei redditi da locazione (la
cosiddetta “cedolare secca sugli affitti”) sarebbe – oltre che
una misura di equità (in questo
si traduce l’idea di, almeno, avvicinare il trattamento tributario
dell’investimento immobiliare a
quello degli investimenti finanziari) – l’unica strada per ridare un minimo di redditività alla
locazione. Solo attraverso una
tale riforma si potranno vedere
persone fisiche e investitori istituzionali tornare a considerare
la locazione – come non fanno
più da molto tempo – una forma di investimento. Con tutte
le conseguenze “virtuose” che
ne deriverebbero in termini di
ampliamento dell’offerta di immobili in affitto, di mobilità sul
territorio di lavoratori e studenti,
di minore pressione sul mercato
della compravendita ecc. A parte
i lavori edilizi che si rimetterebbero in moto per ristrutturazioni
e riattamenti di immobili oggi
non occupati (operazioni chiaramente antieconomiche – anzi, in
perdita secca – nella situazione
di tassazione odierna). La cedolare secca sugli affitti è,
dunque, anche una misura
U
sociale. Chi si attarda a definirla
come una misura a favore della
proprietà, non ne ha considerato
la vera importanza sociale e il significato di fondo: quello – come
già detto – di rilanciare l’affitto,
che è ciò su cui si incentra una
vera politica abitativa a favore
dei più deboli. Sarebbe allora inquietante se per la cedolare secca
non si trovassero i fondi, mentre
se ne sono trovati a centinaia e
centinaia di milioni per costruire alloggi popolari che, come
sempre capitato finora, finiranno
in mano ai prepotenti, ai professionisti della morosità e agli occupanti abusivi piuttosto che agli
aventi diritto bisognosi. C’è poi
un’ulteriore ragione per introdurre proprio in questo momento la
tassazione sostitutiva delle locazioni, ed è la coincidenza con il
Piano casa, la cui concreta attuazione è in gran parte delle Regioni bloccata, come ha rilevato lo
stesso Presidente del Consiglio.
Già nel marzo scorso – in occasione dell’annuncio del Piano da
parte del Governo – la Confedilizia aveva segnalato che in Italia
vi sono fra i 700 e gli 800 mila
immobili inabitabili perché da ristrutturare o da rimettere in pristino, in gran parte situati nei centri
storici. Molti di questi immobili
avrebbero potuto essere destinati
all’affitto a canoni agevolati, vale
a dire stabiliti dagli accordi stipulati dalla Confedilizia in tutta
Italia con i sindacati degli inquilini, come prevede la legge. Ma
perché tali immobili venissero
destinati alla locazione, occorreva restituire redditività all’affitto, attraverso l’introduzione
della cedolare secca. A otto mesi
di distanza da quell’annuncio del
Governo e da quelle osservazioni
della Confedilizia, si può stimare che – se anche solo 500 mila
di quei 700/800 mila proprietari
di immobili inabitabili avessero
dato il via ad interventi di ristrutturazione, spendendo tra i 10 e i
20 mila euro per ciascun immobile – sarebbe stato pari a circa
7,5 miliardi di euro l’importo dei
lavori ai quali avrebbe dato luogo
il Governo. Lavori che sarebbero immediatamente partiti e che
avrebbero sin da subito avviato
la ripresa dell’economia, senza
contare il gettito fiscale che sarebbe stato garantito allo Stato in
termini di Iva e di altre imposte.
Una ragione in più per il varo di
una misura ormai divenuta urgente, e un’esigenza sociale.
Corrado Sforza Fogliani
presidente Confedilizia
tilità
A cura di B. Ghirindelli e S.
Marelli
Accogliere gli immigrati
Carocci
pp. 319 €. 32,50
Promosso dalla Federazione degli organismi cristiani servizio internazionale
volontario (FOCSIV), il volume presenta
i risultati di un’indagine sull’inclusione
socio-economica dei migranti in Italia.
La ricerca ha preso in considerazione due
casi-studio: quello della comunità romena
residente nella provincia di Roma e quello
della comunità boliviana presente a Bergamo.
Paolo Macry
Gli ultimi giorni
Il Mulino
pp. 274 €. 16,00
La storia del Novecento europeo è punteggiata di stati che crollano: dalla fine pressoché contemporanea dei Romanov, degli
Asburgo e degli Hohenzollern, al termine
della Grande Guerra, alla dissoluzione della Terza Repubblica francese nel giugno
1940, allo sfascio italiano del settembre
1943, fino alla dissoluzione dell’Urss e del
suo impero europeo. Macry ricostruisce e
discute questi “ultimi giorni”.
Massimo De Vico Fallani
Il vero giardiniere coltiva il
terreno
Olschki
pp. XVI-178 €. 19,00
Confortato dalla lunga esperienza dell’autore, questo libro svolge il tema della conservazione dei giardini con uno sguardo attento alle tecniche antiche, e in particolare
a quelle della tradizione italiana. L’attenzione è concentrata sul valore dell’uomo e
della sua abilità artigiana, in un concetto di
giardino dell’uomo che torni a essere tale
attraverso le modalità della sua coltivazione.
Maurizio Molinari
Il paese di Obama
Laterza
pp. XV-195 €. 15,00
Se volete sapere perché i bianchi hanno
scelto di votare per un nero, come fanno
i neri a emanciparsi dal complesso della
schiavitù, in che maniera si possa immaginare un modello di sviluppo basato sulle
energie alternative e qual è la ricetta per
garantire sicurezza e libertà, allora dovete
visitare la terra di Barack Hussein Obama,
il 44° presidente degli Stati Uniti. Un paese in grande trasformazione, così come le
stanze del potere che lo governa.
Matt Mason
Punk capitalismo
Feltrinelli
pp. 302 €. 18,00
Punk capitalismo ci racconta come le culture giovanili in questi ultimi trent’anni
hanno cambiato il modo in cui il mondo
lavora e funziona, offrendoci una diversa prospettiva della pirateria, vista come
un’opportunità per il sistema e un altro
modo di fare business. Oggi, molte imprese si trovano a dover fare i conti con
un dilemma sempre più lacerante.
Piero Amerio
Giovani al lavoro
Il Mulino
pp. 272 €. 24,00
Come si relazionano oggi i giovani con
il lavoro? Quali sono le loro aspettative
e aspirazioni? Il lavoro è “solo” uno strumento di guadagno o anche occasione di
autorealizzazione? Riproduce antiche disuguaglianze o rivela tracce di mobilità
sociale? A partire da un’indagine svolta
nella città di Torino, l’autore traccia un
quadro articolato e multiforme del rapporto dei giovani con il lavoro.
Rudolf AlleRs
Psicologia e cattolicesimo
Con un saggio introduttivo di Roberto Marchesini
e una presentazione di Ermanno Pavesi
Rudolf Allers
Psicologia e cattolicesimo
Con un saggio introduttivo di Roberto Marchesini
e una presentazione di Ermanno Pavesi
Allers è considerato uno dei più lucidi ed efficaci critici del sistema psicoanalitico freudiano - Louis Jugnet l’ha definito «l’anti-Freud» -; egli ne ha criticato
sia il metodo che l’antropologia. All’idea di uomo scisso sia al suo interno che
dal mondo, Allers contrappone quella di uomo come un “intero”, ossia una interrelazione di parti non separabili l’una dalle altre e strettamente interconnesse
tra loro, tanto che non è possibile una modifica in una di queste parti senza
che ci sia una influenza anche sulle altre. Inoltre, l’uomo è intimamente legato
al mondo che lo circonda. La presente opera, edita a Londra nel 1932, costituisce - insieme a The Successful Error del 1940 - la pars destruens del lavoro
di Allers. In questo lavoro l’intellettuale cattolico prende in esame le basi teoriche di quelle che all’inizio del secolo scorso venivano chiamate le “nuove psicologie” - la psicoanalisi freudiana e la psicologia individuale di Adler - in contrapposizione alla psicologia sperimentale della fine del diciannovesimo secolo.
I-88900 Crotone, via Lucifero 40
tel. 0962/90.51.92 fax 0962/1920413
ISBN 978-88-89341-17-9
pp. 160, € 14,90