Educazione privata e prostituzione nel Socrate di Senofonte e di

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Educazione privata e prostituzione nel Socrate di Senofonte e di
Educazione privata e prostituzione nel Socrate di Senofonte e di Platone (Paolo ANGIOLA) Il titolo di questa lezione, che qui viene riassunta tralasciando la lettura e analisi puntuale dei passi citati in Greco, appare oltre che paradossale provocatorio, e in effetti le riflessioni che sorgono spontanee e quasi naturali all’ ascoltare le parole di questi Socratici potrebbero colpire e persino offendere chi oggi concepisca l’ educazione e l’ istruzione come beni che si possono mettere in vendita come qualsiasi tipo di merce. Il filosofo Socrate, famoso per il suo interrogare senza posa tutti i tecnici possibili e immaginabili ( fabbri, carpentieri, conciapelli ecc.), per acquisire maggiori certezze sulla virtù, nella testimonianza 1, corrispondente a Xen. Mem. III, 1, sta addirittura discutendo con una famosa etera del tempo, Teodote, intenta a posare nuda per un artista che la ritrae, non tanto della natura dei servigi che ella assicura ai clienti che la ricompensano tanto da garantirle un alto tenore di vita, quanto della necessità che quel tipo di professione esige un attento lavoro di promozione del prodotto: Socrate infatti fa notare che solo una attenta, accorta e intelligente esibizione ( epideixis) del prodotto può assicurare una clientela affezionata e disposta a spendere, dato che la bella donna in sé guadagna solo perché esiste un tipo di pubblico disposto a interessarsi a lei, allettato da ciò che si immagina di poter ottenere da una donna la cui bellezza è e deve essere ampiamente pubblicizzata. Nonostante l’ argomento sia moralmente scabroso, Socrate non offende minimamente l’ etera interrogata, limitandosi a qualche fine e sottile ironia; ma nella testimonianza 3, Xen. Mem. I, 6,2, che continua la discussione della 2, Xen. Mem.I, 6,1, ecco che addirittura Socrate, di fronte al sofista Antifonte che gli rinfaccia di non farsi pagare per i propri servigi, in quanto essi non valgono la spesa, apostrofa i sofisti come pornoi ( il termine al maschile designa chi si dedica alla prostituzione di strada, peggiore di quella delle etere) dell’ educazione, in quanto non concedono se stessi a chi stimano e amano essendone ricambiati, ma a tutti coloro che li paghino. Socrate propone e pratica invece uno studio effettuato in comune, non necessariamente a livello paritario se non per gli aspetti affettivi, in cui c’è la gioia di condividere riflessioni utili e talvolta anche semplicemente letture piacevoli; il guadagno è reciproco e di tipo morale, ma gli aspetti economici sono del tutto irrilevanti, lontanissimi dal mondo della cultura e dell’ apprendimento. Si potrebbe pensare che Socrate, aristocratico per natura se non per ricchezze e nobiltà, biasimi i sofisti per la loro avidità che li porta a non selezionare il pubblico, se non su base economica, e in effetti è evidente dalla testimonianza 4, Plat. Prot. 327 a che un sofista come Protagora temeva l’accusa di avidità, spiegando chiaramente che le somme elevate richieste interessavano al sofista non perché fossero il fine dell’ insegnamento, ma solo il segno evidente dell’ elevato valore della lezione fornita: ecco perché Protagora sosteneva di accettare, se il cliente non era soddisfatto, che quello pagasse l’onorario non a Protagora stesso, ma al tempio degli Dei, sotto forma di un contributo volontario. Appare probabile che nel 390 a.C., periodo in cui si presume siano stati concepiti o pubblicati i testi qui esaminati, e nel quale si fondarono la scuola del retore Isocrate, molto costosa, e l’ Accademia di Platone, estremamente selettiva ma assolutamente gratuita, il tema del pagamento per gli insegnanti di scuole superiori o di livello universitario sia stato di stretta attualità; non è casuale che la testimonianza 5, Contro i Sofisti 3-­‐5 di Isocrate, riproponga infatti un luogo comune della polemica antisofistica, sintetizzabile in questo modo: 1) i sofisti, che pure dicono di insegnare la virtù e la giustizia, importantissime per il successo dei cittadini, talvolta le vendono a prezzi bassissimi, anche con degli sconti per comitive, denunciando da soli lo scarso valore del loro prodotto; 2) i sofisti, che dicono di insegnare la giustizia, si fanno pagare in anticipo, ben sapendo che spesso i clienti li priveranno disonestamente e ingiustamente del salario, evidentemente senza aver appreso la materia fondamentale del corso. Ma è la testimonianza 6, Plat. Gorg. 465 a, che comincia a chiarire in modo a mio giudizio definitivo i termini del problema e la loro soluzione: la retorica ( in questo caso si parla solo dell’ abilità nel parlare, ma in ogni caso è ciò che in genere i sofisti ritengono sia indispensabile per avere successo in politica) rispetto alla filosofia è come la culinaria rispetto alla medicina, o come la cosmesi rispetto alla ginnastica. Stabilite queste coppie, è evidente come il pubblico che si accontenta di una soddisfazione momentanea, apparente, ingannevole, non potrà mai preferirle la faticosa via che porta alla vera salute, fisica o psicologica che sia. Fra chi ti fa mangiare ciò che vuoi, senza essere interessato alla tua salute in futuro ma al suo guadagno, e il medico che ti prescrive una cura dolorosa ma inevitabile, sceglierai probabilmente l’ adulatore, che ti tratta come un cliente che deve essere immediatamente soddisfatto, senza sapere che cosa ti faccia bene realmente. Certo che poi riemerge nella testimonianza 7, Plat. Gorg. 519 c, il solito problema di chi fornisce la prestazione, che non è sicuro che il cliente lo paghi né che gli sia riconoscente. Ora è necessario tornare alla questione squisitamente educativa, che potremmo oggi chiamare tranquillamente scolastica: l’ insegnante che mira al suo guadagno, il che oggi corrisponde non solo a quello della scuola privata ma anche a quello cui la nuova impostazione della scuola impone di pubblicizzare il proprio prodotto, magnificandone le qualità per togliere clienti alle altre agenzie educative, quali valori potrà trasmettere all’allievo? Ovviamente quelli su cui si basa il suo lavoro, cioè quelli del guadagno a tutti i costi, evitando a sé e agli allievi aspetti faticosi e sgradevoli, ma necessarii, dell’ insegnamento e dell’ apprendimento. Ma, Socrate l’ ha capito e Gorgia e i sofisti non riescono a negarlo, è impossibile che valori come la giustizia e la gratitudine, il riconoscimento del merito solo per chi possiede le reali competenze, usate per ottenere risultati giusti e utili alla comunità, vengano insegnati e quindi appresi in questo tipo di scuola. Non più attraverso Socrate, ma attraverso il grande Ciro, personaggio fra i più apprezzati dai Socratici, Senofonte ci indica non una via teorica per un’ istruzione adeguata, come quella della Accademia platonica, con i suoi selettivi studi basati su geometria e matematica ( queste materie non a caso oggi, assieme al Greco e al Latino, non riescono ad adattarsi all’ abbassamento generale dei livelli minimi richiesti agli studenti) ma una via che in passato ha dato frutti nel Regno di Persia: nella testimonianza 8, Xen.Cyr.I,2,6 e nella 9, Cyr. I, 2, 15, Senofonte ci presenta in modo forse un po’ idealizzato prima i programmi di studio, e poi i metodi di selezione degli studenti e degli insegnanti. Le materie non sono solo né principalmente leggere e far di conto, ma Giustizia e Gratitudine: è noto come in Persia addirittura la semplice menzogna sia stata non tanto proibita, quanto ritenuta inconcepibile. Per quanto riguarda la selezione per accedere a una scuola gratuita e pubblica, Senofonte non nega che i figli dei poveri siano in pratica impossibilitati a recarsi alla scuola, perché i genitori non possono rinunciare al loro contributo di lavoratori; sarebbe ingenuo pretendere che un aristocratico come Senofonte concepisca delle borse di studio per garantire le pari opportunità. Tuttavia si devono passare vari livelli nel sistema educativo persiano, e solo chi li abbia superati con capacità e in modo onesto ( anche Ciro stesso fu soggetto a questo tipo di scuola, essendo spesso premiato ma in un caso severamente punito, quando era ancora ragazzino) e responsabile può entrare a far parte della classe dirigente. Non esistono, nemmeno per i ricchi e i nobili, scorciatoie per accedere alla classe dirigente, ma solo i capaci, meritevoli ed onesti possono arrivare a farne parte. Ecco che ora capiamo la posizione di chi immagina l’ educazione ( oggi diremmo la scuola) come fondamentale per l’ educazione di un cittadino, e non certo di meno per chi vuole ( e platonicamente deve, in quanto ne ha le capacità) appartenere alla classe dirigente: i valori della sincerità e dell’ onestà, l’amore per la cultura e l’ apprendimento, completamente disgiunti dal profitto economico e dagli interessi strettamente personali, vengono appresi con rigore come accade per le materie di studio, oltre che con l’ esempio di maestri selezionati in modo rigido; i maestri non si rendono simpatici agli allievi porgendo loro pietanze gustose ma ingannevoli e poco salutari, né vendono le proprie competenze al miglior offerente o, nei momenti per loro di crisi, a un prezzo scontato per battere la concorrenza accanita. La prassi della epideixis, la tipica esibizione della proprie qualità più attraenti e allettanti per un pubblico di futuri paganti, non è solo simile all’ esibizione che di sé propone la bella etera Teodote, come visto sopra, ma somiglia pericolosamente all’ odierna, recente abitudine della Scuola Aperta che si propone a clienti più o meno consapevoli delle proprie esigenze educative per attrarli nella propria scuola, talvolta prescindendo da capacità e attitudini reali. Socrate ha già capito che nel mondo sapersi promuovere, pubblicizzare e vendere appartiene alla maggior parte delle professioni dei privati, il cui scopo è guadagnare per sé, senza necessariamente essere di autentica utilità agli altri; nel caso in cui però anche l’ educatore veda il suo mestiere come soggetto alle leggi del mercato il problema sarà non tanto per lui, che più o meno consapevolmente agirà come un pornos della cultura, ma per i suoi allievi, che imitando questo esempio non potranno certo apprendere i valori del lavoro, dell’ onestà e della collaborazione di tutti, a seconda delle proprie capacità, per un bene comune, ma solo quello della menzogna, del compromesso e del vendersi al miglior offerente.