Un passo indietro, parlando di religioni

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Un passo indietro, parlando di religioni
Un passo indietro, parlando di religioni
Proprio ieri sera ascoltavo le parole di Jovanotti: «Quando balleranno gli orologi intorno a noi si
confonderanno le stagioni» (Pieno di vita). Oggi mi trovo a scrivere – e non lo faccio mai – per dire
una volta di più il mio rammarico per il modo “barbaro” con cui si affrontano le questioni serie della
convivenza e del dialogo interreligioso.
È inevitabile che io mi rifaccia alla polemica scoppiata in città a seguito dell’intervista del vescovo
Claudio a Reteveneta (30.11.2015), nella quale il vescovo affermava che, pur di sostenere il valore
della pace, sarebbe anche possibile fare qualche passo indietro nelle tradizioni religiose.
L’applicazione inevitabile è andata al segno cristiano del presepio e alla sua opportunità.
Provo a ridire a modo mio le parole del vescovo Claudio, partendo dalla premessa che le stagioni
(cantate da Jovanotti) non si sono ancora confuse, tutt’altro: sembra, anzi, che le stagioni non
passino mai. Chi ha un po’ di esperienza di questioni attinenti alla convivenza tra italiani e stranieri
sa bene come periodicamente tornino ad affacciarsi sulla scena pubblica argomenti mai risolti,
quali i crocifissi, le feste, i presepi e sembra che sempre si sia fermi alla preistoria di ogni buon
discorso e di ogni buona convivenza. Sembra che le parole più puntuali e più utili, pronunciate,
insegnate e ribadite nei contesti più diversi, siano sempre ben distanti dal creare opinione
pubblica, mentre invece dobbiamo sorbirci dibattiti pubblici sempre più beceri, volgari e
insignificanti. Non ne posso più di tanta stupidità, di cui mi considero, in parte, anche responsabile!
Nel caso specifico: a me non è mai capitato di trovare stranieri, in particolare musulmani, che
abbiano chiesto di togliere dalle scuole i presepi o le feste di Natale. Ho trovato invece insegnanti
fin troppo zelanti nel decidere cosa fosse utile o meno per gli alunni di altra fede; ho trovato
genitori fin troppo premurosi nello sbarazzarsi di segni ingombranti, come quelli natalizi: posso
anche apprezzare la dedizione dei primi, posso apprezzare meno la sbrigatività dei secondi, ma
non posso comunque giustificare l’esito finale.
Il problema è che non stiamo proprio crescendo, non siamo ancora capaci di sillabare l’essenziale
di una minima convivenza: qualcuno, facendo la voce grossa, gestisce parole, linguaggi e simboli
tipici del cristianesimo; qualcuno si arroga il diritto di confondere la laicità con il silenzio forzato
delle religioni, mentre magari gli stranieri stanno a guardare, incapaci di dire qualcosa di
significativo, confusi dentro situazioni più grandi di loro, talvolta anche complici di vicende poche
chiare.
Magari mi aspetterei parole cristiane, condivise, quando ci vorrebbe una più decisa coscienza
critica sulle questioni sensibili di oggi, non che si arrivasse ad argomentare della fede a sproposito
e fuori tempo massimo. Smettiamola di parlare di Gesù e di Chiesa, quando le nostre idee in
materia sono ben confuse e la nostra appartenenza si limita al candido tempo infantile di una fede
mai cresciuta, magari proprio a quel “bianco Natal” consegnato al calendario, ma non
sufficientemente custodito dai giorni successivi.
Allora, un passo indietro? Sì, serve un passo indietro, perché non è utile marcare sempre i confini
quando non serve; non è utile arroccarsi su posizioni che hanno solo l’amaro della
contrapposizione e non il sapore dell’intelligenza. Un passo indietro che serve a tutti perché la fede
non si rivendica, ma si vive e si propone. Un passo indietro, tutti, fino a che non si imparino quelle
buone pratiche che tanto ci mancano. La convivenza possibile viene prima di ogni differenza e la
società di domani, ci piaccia o meno, sarà quello che avremo voluto e costruito oggi. Allora è
davvero inevitabile fare qualche passo indietro, perché non ci devono essere pretese reciproche,
se ingiustificate; non si deve parlare di ciò che non si conosce; non si può dare la colpa agli
stranieri (o ai musulmani) delle inadempienze degli italiani che dicono di essere cristiani; non si
può dare a qualunque “altro” tutte le colpe del mondo e non si può fare di Gesù una misera
contrattazione.
Un passo indietro per me, innanzitutto, ogni volta credo di aver ragione. Un passo indietro per gli
organi di informazione e per l’uso che fanno degli argomenti. Un passo indietro per coloro che
ostinatamente e insensatamente chiedono che la religione, i suoi segni e le sue parole non
appartengano all’orizzonte quotidiano della società civile, desiderosi magari di ripristinarli
prontamente e avventatamente in nome di qualche non ben definita identità. Un passo indietro per
coloro, dirigenti scolastici e insegnanti, che ancora si ostinano a scambiare per rispetto reciproco la
mancanza di idee e di pratiche, mentre invece mi pare dicesse altro il documento ministeriale del
2007, La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri. Un passo
indietro anche per i credenti di altra fede, perché non permettano più che la loro religiosità venga
ridotta a caricatura, ogni volta sia contrapposta a quella del Paese che li ospita.
La terrà è di Dio, gli uomini e le donne sono di Dio, ogni tentativo concreto di incontro è da Dio ed
è dialogo reale anche tutta la fatica di venirsi incontro e di trovare gli aggiustamenti possibili. Per
riprendere la citazione iniziale di Jovanotti: il tempo balla, attorno a noi, la storia si muove e noi non
sappiamo sempre tenere il passo di danza. A me personalmente dispiacerebbe che sparissero le
stagioni, ma quando si ragiona della dignità uomini e di donne credenti, anche le stagioni passano
in secondo piano. Allora è utile che anch’io impari a tenere il tempo, scandito da orologi che non
mettevo in conto.
E per scandire intanto un tempo che è tutto mio, farò come sempre il presepe: tanti lo faranno
come me, anche perché il protagonista della scena, facendosi carne, ha fatto propria tutta (ma
proprio tutta) la vicenda degli uomini e non ama essere ridotto né a storia puerile, né ad oggetto di
contrapposizione. Pensate che mi aiuterà un amico musulmano, come successo altre volte.
don Giuliano Zatti
Servizio diocesano per le relazioni cristiano-islamiche,
www.padovaislam.it