osservatorio sulla cultura civica in italia

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osservatorio sulla cultura civica in italia
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
OSSERVATORIO
SULLA CULTURA CIVICA
IN ITALIA
Secondo rapporto nazionale
Anno 2002
A cura di Legambiente e
Promosso con
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Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
OSSERVATORIO SULLA CULTURA CIVICA IN ITALIA
Legambiente ha costituito nel 2001 il Primo Osservatorio sulla cultura civica in Italia.
L'Osservatorio si propone come iniziativa permanente di monitoraggio, studio e approfondimento
del senso civico e dell'impegno civile nel nostro Paese, sia nei suoi aspetti più organizzati, sia sul
piano dei comportamenti e delle scelte individuali, sia su quello collettivo.
La costituzione dell'Osservatorio sulla cultura civica, progetto nazionale di Legambiente, è stata
possibile grazie al contributo di Comieco (Consorzio Nazionale recupero e riciclo degli imballaggi
a base cellulosica). Lo strumento principe dell'Osservatorio, il "Rapporto Annuale”, è realizzato in
collaborazione con Abacus .
La seconda edizione del rapporto, anno 2002, è stata arricchita dai contributi del:
- Dipartimento di Sociologia dell'Università Bicocca di Milano (Dott. Giampaolo Nuvolati, Dott.ssa
Chiara Tornaghi);
- Centro Studi Space dell’Università Bocconi di Milano (Dott. Antonio Tencati);
- Associazione Libera (Jole Garuti)
Hanno condiviso con noi il Rapporto, quali membri del comitato scientifico: Professoressa Laura
Balbo, Dino Boffo (Direttore del quotidiano Avvenire) e Marco Vitale (economista d'impresa).
La Missione e gli Obiettivi del progetto
Mission: promuovere un'analisi attenta e sensibile delle trasformazioni in atto della coscienza
civile nel nostro paese. La ricerca muove da premesse teoriche legate all’attualità del dibattito
politico e culturale e dagli studi sulle forme di partecipazione e cura del patrimonio collettivo.
Obiettivi:
?? attività di ricerca sul significato di "civicness", dei suoi valori e delle sue componenti;
?? promuovere un dibattito socialmente utile sui temi legati alla cultura civica;
?? tessere rapporti di collaborazione con imprese, associazioni, con soggetti e istituzioni esterni
all'associazione valorizzando la ricchezza dei possibili contenuti;
?? sensibilizzare i cittadini, tramite la diffusione di una cultura civica ed ambientale, sui temi
ambientali e sociali legati ai comportamenti e agli atteggiamenti individuali e collettivi.
La copia del "Rapporto sulla Cultura Civica in Italia" può essere scaricata dal sito internet:
www.legambiente.org/com.
La sede dell'Osservatorio è presso Legambiente Lombardia Onlus, via Vida 7, 20127 Milano. Tel.
02/45475777 - fax. 02/45475776; E-mail: [email protected]
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Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Coordinamento generale del Secondo Rapporto sulla Cultura Civica in Italia, anno 2002
Paola Barachetti - vicedirettore Legambiente Lombardia,
Andrea Poggio - vicedirettore generale Legambiente.
Hanno collaborato:
Stefania Itolli,
Laura Biffi,
Teresa Borgonovo,
Gianfranco Raffaelli,
Marcello Volpato,
Jole Garuti - Associazione Libera,
Antonio Tencati - Space - Università Bocconi, Milano,
Mario Borsese,
Giampaolo Nuvolati - Facoltà di Sociologia, Università di Milano Bicocca,
Chiara Tornaghi - Facoltà di Sociologia, Università di Milano Bicocca,
Chiara Cremascoli,
Roberto Rizzo.
Elaborazioni statistiche:
Andrea Causo
Editing grafico:
Roberta Spotti
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Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
IL "CHI È" DI LEGAMBIENTE
LEGAMBIENTE è l'associazione ambientalista italiana con la diffusione più capillare sul territorio
(1000 gruppi locali, 20 comitati regionali, 110000 tra soci e sostenitori). Nata nel 1980 sull’onda
delle prime mobilitazioni antinucleari, LEGAMBIENTE è un'associazione completamente
apartitica, aperta ai cittadini di tutte le idee politiche, religiose, morali, che si finanzia con i
contributi volontari dei soci e dei sostenitori delle campagne. E' riconosciuta dal Ministero
dell'Ambiente come associazione d'interesse ambientale, fa parte del "Bureau Européen de
l'Environnement", l'unione delle principali associazioni ambientaliste europee, e della
“International Union for Conservation of Nature”.
Campagne e iniziative
Tra le iniziative più popolari di LEGAMBIENTE vi sono grandi campagne di informazione
e sensibilizzazione sui problemi dell’inquinamento: "Goletta Verde", il “Treno Verde”,
l'"Operazione Fiumi", che ogni anno "fotografano" lo stato di salute del mare italiano, la qualità
dell'aria e la rumorosità nelle città, le condizioni d'inquinamento e cementificazione dei fiumi;
"Salvalarte", campagna di analisi e informazione sullo stato di conservazione dei beni culturali;
“Mal’Aria”, la campagna delle lenzuola antismog stese dai cittadini alle finestre e ai balconi per
misurare i veleni presenti nell’aria ed esprimere la rivolta del “popolo inquinato”.
LEGAMBIENTE promuove anche grandi appuntamenti di volontariato ambientale e di gioco che
coinvolgono ogni anno centinaia di migliaia di persone (“Clean-up the World/Puliamo il Mondo”
l’ultima domenica di settembre, l’operazione “Spiagge Pulite” l’ultima Domenica di maggio, i
campi estivi di studio e recupero ambientale, “Caccia ai tesori d’Italia” all’inizio della primavera),
ed è fortemente impegnata per diffondere l'educazione ambientale nelle scuole e nella società
(sono centinaia le Bande del Cigno che aderiscono all'associazione e gli insegnanti che
collaborano attivamente in programmi didattici, educativi e formativi).
Gli strumenti
Strumenti fondamentali dell'azione di LEGAMBIENTE sono il Comitato Scientifico,
composto di oltre duecento scienziati e tecnici tra i più qualificati nelle discipline ambientali; i
Centri di Azione Giuridica, a disposizione dei cittadini per promuovere iniziative giudiziarie di
difesa e tutela dell'ambiente e della salute; l'Istituto di Ricerche Ambiente Italia, impegnato nel
settore della ricerca applicata alla concreta risoluzione delle emergenze ambientali.
Negli ultimi due anni Legambiente ha inoltre istituito due osservatori: l'Osservatorio sulla Cultura
Civica e l'Osservatorio Impresa Ambiente, che si occupa di promuovere nel mondo industriale
produzioni e tecnologie a minor impatto ambientale.
LEGAMBIENTE pubblica ogni anno "Ambiente Italia", rapporto sullo stato di salute ambientale
del nostro Paese, e invia a tutti i suoi soci il mensile “La Nuova Ecologia”, “voce” storica
dell’ambientalismo italiano.
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Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
IL “CHI E’” DI COMIECO
Comieco è il Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base Cellulosica.
Nato nel 1985 dalla volontà di un piccolo gruppo di aziende del settore cartario interessate a
promuovere il concetto di “imballaggio ecologico”, si è costituito in Consorzio il 24 ottobre 1997 a
seguito dell’entrata in vigore del Decreto Legislativo 22/97 (c.d. “decreto Ronchi”), e ha ottenuto
l’approvazione del proprio Statuto con decreto ministeriale del 15 luglio 1998.
La finalità principale del Consorzio è il raggiungimento, attraverso una incisiva politica di
prevenzione e di sviluppo della raccolta differenziata finalizzata al riciclo, degli obiettivi di
recupero e riciclo – rispettivamente pari al 50% e al 45% del totale degli imballaggi cellulosici
immessi al consumo - previsti dal decreto Ronchi che, nel Titolo II, recepisce la direttiva
comunitaria 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio.
Comieco è composto da quasi 3.600 imprese, cartiere e importatori di carte e cartoni per
imballaggio, fabbricanti ed importatori di imballaggi a base di fibre di cellulosa, cui si aggiungono
– con l’obiettivo di una migliore razionalizzazione dell’attività del Consorzio – operatori del
recupero, enti ed associazioni.
Per promuovere la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggi cellulosici e frazioni
merceologiche similari sul territorio, Comieco ha sottoscritto, nei quasi quattro anni della sua
attività, 416 convenzioni coinvolgendo 4.492 Comuni con una copertura di oltre 41.000.000 di
abitanti.
Il 2001, in particolare, ha segnato un deciso incremento sia sotto il profilo dell’allargamento del
bacino di raccolta convenzionato sia, contestualmente, per quanto riguarda le percentuali di
raccolta differenziata raggiunte soprattutto nelle Regioni meridionali. Ciò naturalmente ha
significato un notevole incremento dei corrispettivi impegnati, che nel 2001 hanno raggiunto
45.015.000 €.
Questo decisivo passo in avanti sotto il profilo delle quantità raccolte, in particolare al Sud, sta
consentendo di ridurre il divario, sia pure ancora di un certo rilievo, tra le diverse aree
geografiche del territorio nazionale. Sotto tale profilo l’obiettivo del Consorzio nel 2002 è, oltre a
quello del consolidamento di quanto raggiunto negli anni precedenti, soprattutto quello di
incrementare i risultati conseguiti nelle realtà meridionali.
In termini di obiettivi raggiunti, il Consorzio nel 2001 ha avviato a riciclo 2.076.000 t di rifiuti di
imballaggio cellulosico, pari al 49,8% dell’immesso al consumo, che sommate alle 190.000 t
avviate a recupero energetico e alla produzione di CDR consentono di raggiungere il 54,4% di
recupero totale.
L’attività e i risultati ottenuti dal Consorzio, compensando le difficoltà incontrate da altri materiali,
hanno fornito un contributo decisivo nel raggiungimento, in anticipo rispetto ai termini previsti dal
Legislatore, degli obiettivi globali di recupero e riciclo da parte del sistema CONAI.
I risultati raggiunti sono stati resi possibili anche grazie alle numerose campagne e iniziative che
Comieco promuove nel campo della prevenzione e della sensibilizzazione sui temi della raccolta
differenziata e del riciclo, che molto hanno contribuito al mutato atteggiamento dei cittadini e degli
amministratori verso le tematiche ambientali e verso la raccolta differenziata in particolare.
Quest’ultima, fino a poco tempo fa quasi del tutto assente dai programmi delle amministrazioni
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Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
pubbliche, oggi è stabilmente presente nelle abitudini quotidiane della maggior parte degli Italiani:
un chiaro segnale della maturazione del senso civico di ciascuno di noi, nonché di una cultura
ispirata alla cooperazione tra cittadini, imprese ed enti locali.
Attività istituzionale e iniziative
Comieco, nell’ambito del sistema CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi) istituito dal Decreto
Ronchi, organizza il ritiro e il successivo avvio a recupero e riciclo degli imballaggi a base
cellulosica e dei materiali cellulosici provenienti dalla raccolta su superficie pubblica. La raccolta
differenziata organizzata dai Comuni è finanziata con le risorse derivanti dal contributo
ambientale che, dal 1° ottobre 1998, i produttori di imballaggi cellulosici applicano in fattura agli
utilizzatori.
Nell’ambito delle sue finalità, Comieco individua insieme alle aziende consorziate gli obiettivi
intermedi di recupero e riciclo da raggiungere, improntando la gestione a principi e i criteri, fissati
dal Legislatore, di efficacia, efficienza, ed economicità. A tale scopo stipula convenzioni con le
Amministrazioni Comunali per la raccolta differenziata.
Nell’Accordo quadro ANCI/CONAI, previsto dall’art. 41 del Decreto Ronchi, e nell’Allegato
Tecnico Imballaggi Cellulosici Comieco ha individuato il corrispettivo da corrispondere ai Comuni
per le attività di raccolta differenziata degli imballaggi cellulosici e frazioni merceologiche similari.
Il Consorzio promuove, inoltre, un marchio da utilizzare sui singoli imballaggi al fine di certificare
l’appartenenza al sistema nazionale di gestione degli imballaggi a base cellulosica. Nell’ambito
delle proprie attività istituzionali il Consorzio realizza campagne di comunicazione per
promuovere e sensibilizzare l’opinione pubblica e i cittadini sui temi della raccolta differenziata e
del riciclo.
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Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Indice
Introduzione di Ermete Realacci, Presidente Legambiente ................................. 11
Introduzione di Carlo Montalbetti, Dire ttore Generale Comieco........................ 13
Prima Parte
Introduzione di Andrea Poggio e Paola Barachetti, Legambiente Lombardia .. 15
Capitolo 1
17
Vandalismo: impatto sociale, danni economici e reazione "civica"
17
1.1.1 Il vandalismo incide sulla qualità della vita .................................................. 17
1.1.2 Danni economici del vandalismo .................................................................... 18
1.1.2.1 Atti contro la natura: il danno al verde pubblico ...................................... 19
1.1.2.2 Il vandalismo a danno delle scuole .............................................................. 21
1.1.2.3 I danni ai trasporti pubblici ......................................................................... 22
1.1.2.4 Danni alle aziende e alle strutture di raccolta rifiuti ................................. 24
1.1.3 Disponibilità a denunciare e fiducia nelle istituzioni .................................... 26
Il vandalismo sale in carrozza ...................................................................................... 29
Seconda Parte
Terzo Settore - Capitolo 1
30
La misura della partecipazione e della solidarietà in Italia e in Europa
30
2.1.1 Partecipazione dalla militanza all'impresa sociale: il volontariato alla
luce di un'indagine recente realizzata dalla Fivol.................................................. 31
2.1.2 La "misura" del cambiamento: 1999, Primo censimento Istat sulle
organizzazioni non profit in Italia. .......................................................................... 34
Guardie ecologiche volontarie, ricerca dell’Associazione Italiana di Sociologia........... 35
2.1.3 La partecipazione in Europa: da una ricerca della Comunità Europea,
fotografia di come le risorse umane muovono impegno civile ed economia in
Europa ....................................................................................................................... 35
2.1.4 Come agisce la solidarietà nel nostro Paese dopo l'11 settembre:
preoccupazioni e impegno degli italiani.................................................................. 37
Giovani e volontariato in Europa…............................................................................... 39
… e in Italia.................................................................................................................. 40
Etica e solidarietà orientano la spesa alimentare degli italiani...................................... 41
7
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Ecocivismo - Capitolo 2
42
Raccolta differenziata: misurare la civicness nei gesti quotidiani. Il confronto 2000
- 2001
42
2.2.1 Produzione e raccolta in Italia nel 2001......................................................... 42
Campania, nonostante la grave emergenza superato il 10 di Rd................................... 47
2.2.2 Gravi ritardi nello smaltimento e nel recupero dei beni durevoli ............... 47
In Emilia accordo di programma Legambiente Coop per ritiro elettrodomestici usati ... 48
2.2.3 Un impegno in comune: sono più di quattrocento ........................................ 48
i Comuni Ricicloni, edizione 2001. .......................................................................... 48
Green Public Procurement, a quando il decreto governativo?...................................... 51
Protezione Civile - Capitolo 3
52
Cura del territorio e protezione dell’ambiente
52
2.3.1 Protezione civile: 2002 anno della svolta? ..................................................... 52
2.3.2 Le novità positive ............................................................................................. 52
2.3.2.1 E quelle preoccupanti ................................................................................... 53
2.3.3 Il metodo Augustus: una buona idea italiana ................................................ 54
Il gruppo di Protezione civile di Legambiente............................................................... 55
2.3.4 Campania, quale protezione civile oltre il Piano Vesuvio?.......................... 56
Ambiente e Legalità - Capitolo 4
58
Riuso sociale dei beni mafiosi ed educazione al senso civico
58
2.4.1 Beni mafiosi: ridistribuirli, valorizzarli creando sviluppo è il modo più
efficace per togliere terreno alla cultura criminale ............................................... 58
2.4.2 Riformare la legge non nei principi ma nella struttura e nella forma: nuova
petizione popolare promossa da Libera .................................................................. 61
2.4.3 L’olio antimafia................................................................................................ 62
2.4.4 Il vino antimafia ............................................................................................... 63
Educare alla legalità. L’esperienza di Libera a dieci anni.... dalle stragi di Capaci e di via
D’Amelio ...................................................................................................................... 64
Impresa - Capitolo 5
65
L’anima buona delle imprese
65
2.5.1 Progressi nella responsabilità sociale delle imprese in Italia ....................... 65
2.5.2 Le parole chiave dell'eco-industria ................................................................ 67
2.5.2.1 ISO 14001 ...................................................................................................... 67
2.5.2.2 EMAS ............................................................................................................. 71
2.5.2.3 Ecolabel.......................................................................................................... 75
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Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
2.5.2.4 SA 8000 .......................................................................................................... 77
Coop Italia, prima nel nostro Paese ad ottenere SA 8000 ............................................. 80
2.5.3 I bilanci sociali, ambientali e di sostenibilità ................................................. 81
Mobility Management, strumento a disposizione delle aziende virtuose....................... 83
Lo stato dell’arte del Mobility Management in Italia...................................................... 83
Città - Capitolo 6
86
L’evoluzione della cultura civica nella città che cambia
86
2.6.1 – Omologazione dei contesti e voglia di appartenenza ................................. 86
2.6.1.1 I luoghi di socialità ........................................................................................ 89
2.6.1.2 I comitati di quartiere .................................................................................. 90
2.6.2 Quando la piazza aggrega ancora: assenza di infrastrutture e uso
improprio dello spazio .............................................................................................. 91
2.6.2.1 I progetti polifunzionali del periferico urbano .......................................... 92
2.6.2.2 Conclusioni .................................................................................................... 92
“Italiani brava gente”, tante storie di ordinario civismo................................................ 93
New economy - Capitolo 7
97
Buona e cattiva rete: virtù civica e vandalismo on line. I dati di un fenomeno in
crescita
97
2.7.1 Dagli sviluppi militari ai portali non profit ................................................... 97
2.7.1.2 Identikit del web user italiano ..................................................................... 98
2.7.1.3 Perché si naviga nel world wide web........................................................... 98
2.7.2 La buona rete italiana: alcune tipologie di siti non profit, dall' ambiente
alla solidarietà ........................................................................................................... 99
La rete per i disabili: intervista al professor Graziano, ipovedente e ricercatore del Cnr
.................................................................................................................................. 101
2.7.2.1 Newsgroup ................................................................................................... 104
2.7.2.2 Verso l’informatica solidale: il Software Libero ...................................... 104
Il sistema Linux. ......................................................................................................... 105
2.7.3 Il bit vandalismo ............................................................................................ 106
2.7.3.1 Hacker e Cracker........................................................................................ 106
2.7.3.2 I dati sul vandalismo in rete....................................................................... 106
2.7.3.3 Tipi di aggressioni sulla rete ...................................................................... 106
2.7.3.4 Dai virus agli “open relay”: ecco i nemici in rete .................................... 106
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Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Terza Parte
Abacus: rapporto sulla "civicness" in Italia ....................................................... 108
3.1. Il barometro del “senso civico” ...................................................................... 108
3.1.1 La metodo logia utilizzata .............................................................................. 109
3.1.2 Familismo e societa’....................................................................................... 111
3.1.2.1 Gli italiani e gli aspetti importanti della vita............................................ 111
3.1.2.2 Gli italiani e la famiglia .............................................................................. 113
3.1.3 Gli italiani e le istituzioni .............................................................................. 114
3.1.3.1 Il confronto tra le istituzioni politiche nazionali e quelle locali .............. 117
3.1.3.2 I partiti politici, come sempre, fanalino di coda nella fiducia degli italiani
.................................................................................................................................. 118
3.1.4 Individualismo e collettivita’ ........................................................................ 119
3.1.4.1 Gli italiani e gli altri italiani....................................................................... 120
3.1.4.2 Gli italiani e la qualità della vita ............................................................... 123
3.1.4.3 Gli italiani e la collettività .......................................................................... 125
3.1.5 Luoghi di vita e reti di relazione ................................................................... 127
3.1.5.1 L’appartenenza territoriale “macro” ....................................................... 127
3.1.5.2 L’appartenenza “micro” ............................................................................ 129
3.1.6 Le componenti della civicness: una tipologia degli italiani ........................ 131
3.1.6.1 Tre modalità interpretative della “civicness”.......................................... 134
3.1.6.2 I tipi italiani: una cluster sulle modalità della civicness.......................... 135
Bibliografia e Fonti
139
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Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Introduzione di Ermete Realacci, Presidente Legambiente
Buone notizie dai mille borghi dei paesi e dai quartieri delle città: gli italiani, dopo l'11
settembre, di fronte a un mondo più difficile da capire, amano sentirsi un po' più vicini
gli uni agli altri, scoprendo le comuni radici, aprendosi alle relazioni, stringendo nuove
solidarietà. E' il glocal che avanza, il senso di appartenenza territoriale e
l'intensificazione delle relazioni di vicinato, di interesse. Ci si dedica agli altri, si è
disponibili al volontariato e all'impegno con lo scopo di stare di più insieme. Mentre la
fiducia nelle istituzioni dell'economia, dopo le incertezze della borsa, ha un tracollo,
quella nelle notizie di tv e giornali un vistoso calo, si scopre l'importanza delle reti
relazionali che il territorio può offrire. E' un buon punto di partenza per una seria
iniziativa di governo che coniughi progressi economici e valorizzazione dell'ambiente,
modernità e tenuta del tessuto sociale.
Queste sono le prime considerazioni che balzano all'occhio leggendo la terza parte del
Rapporto costituito dall'indagine Abacus sulla cultura civica in Italia. La prima parte di
questo nostro Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia è invece dedicata ai nuovi
dati che siamo riusciti a raccogliere e elaborare sul fenomeno del vandalismo. Con
grande fatica abbiamo raccolto informazioni uniche e originali su dieci città campione e
i risultati sono da ogni punto di vista allarmanti. Ma come mai Legambiente presta tanta
attenzione al vandalismo? Perché è un indicatore significativo di malessere sociale e di
scarso senso di appartenenza territoriale. Perché su questo terreno l'attenzione dello
Stato, in tutte le sue articolazioni, è pressoché nulla. Quindi il nostro è insieme un
richiamo, un atto di denuncia e una proposta di collaborazione che rivolgiamo alle
istituzioni pubbliche statali e locali. Il vandalismo è oggetto di frequenti lamentele, ma
anche della più totale disattenzione e rassegnazione da parte delle istituzioni. Non
vogliamo più continuare da soli nella ricerca di quantificazione e definizione del
fenomeno e delle misure per prevenirne la diffusione e la rilevanza. Cerchiamo a gran
voce una sponda istituzionale.
Nella seconda parte del Rapporto abbiamo voluto affrontare alcune tematiche di
particolare interesse quali: la partecipazione come forma attiva di cultura civica; la
raccolta differenziata come civicness dei gesti quotidiani, indispensabile elemento per il
riciclo e la riduzione dei rifiuti; la spesa degli italiani orientata alla solidarietà, il
consumo equo e sostenibile; la partecipazione volontaria e organizzata alla cura del
territorio e alla protezione dell'ambiente; ambiente e legalità con il riuso sociale dei beni
confiscati alla mafia e destinati a progetti collettivi; l'impresa nella comunità e orientata
alla responsabilità ambientale e sociale e, infine, la comunità ed il territorio nelle forme
del quartiere e delle mobilitazioni di cittadini e cittadine e le nuove forme di cultura
civica informatica, nella rete "civica e sociale" che corre su web.
Per la realizzazione della seconda parte del Secondo Rapporto sulla cultura civica,
suddivisa in otto capitoli, abbiamo chiesto il contributo a professionisti ed esperti, che
hanno affrontato, approfondito, sviscerato gli aspetti salienti delle tematiche più attuali,
fornendo elementi e dati che ci sono apparsi preziosi per una seria riflessione sul tema
della partecipazione civile e della civicness nel nostro Paese. A queste persone, vanno i
nostri più sentiti ringraziamenti.
Una considerazione importante emerge dal nostro rapporto. Non è possibile pensare di
governare un paese e una società ricca e moderna come la nostra considerando
essenzialmente i fondamentali dell'economia e i principali canali televisivi. Si dirà che
questa è una riflessione scontata, che nessuno la pensa in questo modo.
11
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Ma quante volte le decisioni di governo e la discussione politica ha teso a semplificare
in questo modo la realtà. A destra come a sinistra. Ebbene, proprio mentre si discute di
scelte grossolane di rilancio dell'economia grazie a una nuova ondata di opere pubbliche
di cemento e asfalto, anche a costo di monetizzare beni culturali e paesaggio, di
autonomia della televisione pubblica e il tutto in una quadro di nuove incertezze
internazionali, ecco invece emergere dall'Italia profonda segnali iniziali ma coerenti di
un nuovo senso civico, fondato su bisogni che, seppure non contrastano, nulla hanno a
che vedere con quelle linee di governo. Speriamo proprio non si tratti di una tendenza
effimera, che trovi risposte istituzionali e politiche, che si consolidi.
Da Nord a Sud, nelle aree montane e in quelle insulari, l'Italia è costellata di migliaia di
centri abitati, da secoli culla di un patrimonio straordinario fatto di beni culturali e
ambientali, di tradizioni e abilità manifatturiere, di saperi e sapori. Molti nostri territori
offrono quel valore aggiunto in termini di turismo, produzioni tipiche, artigianali ed
enogastronomiche, capace di trasformarli in un importante volano per l'economia
italiana. Al tempo stesso però, la cosiddetta Italia minore, vive oggi una condizione di
forte disagio dovuta alla preoccupante rarefazione dei servizi territoriali: scuole, presidi
sanitari, uffici postali ed esercizi commerciali. Questi i problemi che vogliamo
affrontare con la campagna "Piccola Grande Italia" e la proposta di legge che prevede
misure di salvaguardia della vita nei nostri piccoli comuni.
Molte nostre città, sebbene invidiate nel mondo per i loro monumenti e il loro tessuto
urbano, per le Università e le istituzioni culturali, sono soffocate dal traffico e assediate
da periferie senz'anima e aree dismesse da bonificare. A loro dedichiamo le nostre
campagne antismog e per la promozione di forme di mobilità diverse, oltre all'impegno
quotidiano dei nostri circoli locali per la qualità della vita e la difesa delle relazioni di
quartiere. Per loro chiediamo radicali riforme e innovazioni nelle politiche industriali,
dei trasporti e dei servizi. Questo è l'ambientalismo che cerchiamo di interpretare.
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Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Introduzione di Carlo Montalbetti, Direttore Generale Comieco
La seconda edizione del Rapporto dell'Osservatorio su "Gli italiani e la civicness"
fotografa un'Italia delle molte facce, nella quale convivono atteggiamenti e
comportamenti virtuosi e solidali accanto ad altri che costituiscono autentici segnali di
allarme sulla tenuta civica del nostro tessuto sociale. Cresce la considerazione per il
volontariato, ma scende ai minimi storici quella per i partiti politici; si rafforza il
prestigio per la magistratura ma crolla la fiducia verso tutti gli organi di informazione;
cresce una viva sensibilità ambientale, ma più di un quarto degli abitanti considera in
fondo "non grave" violare le norme edilizie.
È l'Italia che conosciamo, che ci viene incontro ogni mattina dalla lettura dei quotidiani,
e che non finisce di sorprenderci. Ognuno di noi, in un gioco di rilanci, potrebbe
aggiungere all'elenco dei "pro" e dei "contro" stilato dalla ricerca condotta dall'Abacus
una propria lunga lista di paradossi italiani: dai delitti sempre più efferati e gratuiti alle
tante prove di generosità e di slancio collettivo; dai segni di un vandalismo insensato e
apparentemente dilagante agli interventi di recupero di preziosi patrimoni collettivi.
Forse nessun altro paese mostra di sé contemporaneamente tanti volti così
contraddittori; forse nessun altro sa essere amabile e talora irritante come il nostro.
In questo contesto per un consorzio di imprese come Comieco, questo Osservatorio, a
cui ha contribuito sin dalla nascita, conserva una sua cruciale importanza: siamo ben
consapevoli, infatti, che tutta la nostra attività è strettamente correlata alla civicness
degli Italiani. Comieco si occupa del riciclo e del recupero dei materiali cellulosici.
Ebbene, non c'è riciclo né recupero di carta e cartone senza l'intervento volontario,
consapevole, quotidiano di decine di milioni di persone. Noi stessi siamo, in qualche
misura, un barometro del senso civico collettivo in questo paese. E i nostri dati
confermano che in Italia, anche in questi mesi così apparentemente distratti e convulsi,
una parte della nostra civicness è cresciuta. In un solo anno, dal 2000 al 2001, la
raccolta differenziata di materiali cellulosici è aumentata in Italia dell'11%. È una
crescita "a due cifre", come si suol dire, che ci parla inequivocabilmente di un Paese che
non mostra più apprezzabili divisioni regionali o territoriali. Nelle regioni meridionali
del nostro Paese, dove per la prima volta si è offerta ai cittadini italiani l'opportunità di
partecipare allo sforzo collettivo legato al recupero e al riciclo di materiali che sono
preziosi sia per l'ambiente sia per l'economia nazionale, la risposta è stata significativa,
con un incremento addirittura del 55%. Tutto lascia prevedere, procedendo a questo
ritmo, che il divario nella raccolta tra Nord, Centro e Sud del Paese sia destinato a
colmarsi nel giro di qualche anno.
Si sbriciola e si dissolve insomma, nei fatti, lo stereotipo "tardo-nordista" di un Sud
sprecone e parassita. Quando abbiamo offerto ai singoli, alle famiglie, alle imprese e
alle amministrazioni locali delle regioni del Mezzogiorno l'opportunità di partecipare a
questo sforzo, la risposta è arrivata, eccome!
Questa esperienza ci offre l'occasione di una riflessione, che ci pare i dati
dell'Osservatorio tendano a confermare. E cioè che in realtà il senso civico lo si
costruisce ogni giorno, con fatica e con impegno; che quando sono positivamente
sollecitati gli italiani rispondono con generosità alla fiducia; e che, per converso, essi si
chiudono nell'individualismo e nella "diserzione" rispetto alle proprie responsabilità
sociali di fronte all'inganno, al trucco, alle furberie.
13
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Il nostro, è vero, è un caso specifico. Noi ci occupiamo della carta e del cartone che
sono stati utilizzati e di cui ci si vuole disfare. Siamo, se ci pensiamo, ad uno snodo
essenziale della modernità. La crescita del volume dei rifiuti è infatti un portato della
modernità: nelle società primitive, nelle quali si consumava immediatamente quanto ci
si procurava con la caccia o con l'attività di raccolta dei frutti della terra, di imballaggi
ce ne erano pochi o non ce ne erano affatto. È nell'ultima parte del secolo appena
concluso con l’affermarsi della società dei consumi di massa che il problema della
gestione dei rifiuti, e tra questi degli imballaggi usati, è esploso.
Di fronte a questo problema che cosa ci detta il senso civico? Non si tratta di rifiutare la
modernità, di tornare ad andare alla stalla, la sera, con l'apposito contenitore per il latte
per comprare quanto ci serve, o magari di andare dal tabaccaio a comprare le sigarette
sfuse, come si faceva ancora pochi decenni fa. Si tratta di porsi collettivamente il
problema dell'innovazione e della compatibilità ambientale degli imballaggi, per averne
di più leggeri, meno ingombranti, più facilmente riciclabili. Ma poi, per portare a
compimento quest'opera, è indispensabile fare ricorso all'impegno in prima persona dei
singoli, delle famiglie, delle imprese, delle istituzioni, a cominciare dalla scuola.
La nostra esperienza dimostra che quando questo circolo virtuoso si innesta i risultati
arrivano. E che gli italiani, da Bolzano a Pantelleria, danno prova di senso civico e di
generosa disponibilità alla collaborazione. Forse è legittimo porsi a questo punto anche
un interrogativo "al contrario", come controprova. Dove questo non avviene; dove il
senso civico appare sfilacciarsi e cedere; dove prevale soltanto l'interesse individuale, o
del piccolo gruppo, apparentemente contro tutto e tutti; di chi è in questi casi la
responsabilità? E la risposta, ci sembra, non può che essere ricercata in un’interruzione
della "filiera del senso civico", nel venir meno di un'etica, nell'appassirsi di una
prospettiva di crescita collettiva. Una risposta sulla quale abbiamo di che riflettere tutti,
come imprese, come singoli cittadini, come istituzioni di questo paese, ognuno per la
responsabilità che gli compete, a tutti i livelli.
14
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Prima Parte
Introduzione di Andrea Poggio e Paola Barachetti, Legambiente
Lombardia
Distruggere. Magari solo per gioco, per sentirsi protagonisti o perché non ci si sente
nessuno. O per rabbia, per ripulsa, odio nei confronti della società, del sistema. O per
noia, per stare insieme, fare gruppo. Distruggere perché si è incapaci di costruire.
Il vandalismo è un fenomeno che colpisce tutto e tutti. I beni privati e quelli pubblici,
coinvolgendo non di rado direttamente la sicurezza personale. Se ne parla raramente,
quando qualche sasso colpisce un'auto o un treno, ma colpisce quotidianamente, di
continuo. Se ne accorgono le aziende di servizio che dispongono di beni esposti al
pubblico: cabine telefoniche, autobus, contenitori per la raccolta dei rifiuti. Ma la
ferocia distruttrice sembra prendersela con particolare vigore con i beni più indifesi e
preziosi per tutti: il patrimonio culturale e ambientale. Sono i monumenti e i parchi e i
giardini pubblici che subiscono vigliaccamente i peggiori scempi. Sporcare una spiaggia
o perseguitare alberi e panchine vuol dire inibire il diritto ad un contesto di vita
dignitoso, civile, sicuro. Sfregiare un'opera d'arte è un'offesa alla storia e all'identità di
tutti.
Quando lo scorso anno, nel nostro Primo rapporto, abbiamo messo per la prima volta
l'accento sul vandalismo, abbiamo scoperto quanto il tema, al di là di isolate lamentele
di qualche amministratore, fosse poco esplorato. Avevamo davanti a noi una ricerca
dell'Eurispes, che al di là di qualche valutazione economica dei danni di fonte Telecom,
Federtrasporti (aziende municipali), FS, doveva concludere che “i soggetti che sono
vittime di atti vandalici, non sono in grado di quantificare il danno subìto”. E poi
ancora: “non si può quindi sottacere la sconcertante contraddizione che vuole da un lato
la fin troppo evidente visibilità delle conseguenze degli atti vandalici, dall’altro
l’impossibilità di sapere quanto tali conseguenze possano costare alla collettività, sia in
termini monetari, sia in termini di progresso morale.” Per poi passare alla denuncia:
“alle autorità preposte, affinché garantiscano un maggiore controllo ed una maggiore
salvaguardia dei beni comuni; ai soggetti che sono vittime, affinché superino la loro
remissività, rendendo noto – e quindi quantificando – i diversi danni subiti.”
Abbiamo allora scritto a Sindaci di tutti i Comuni capoluogo provinciale, ai Presidenti
delle Provincia, Regioni, alle Prefetture, alle associazioni delle società pubbliche per
chiedere loro dati, informazioni, opinioni. Abbiamo a tutti inviato il nostro primo
rapporto. Ad eccezione di qualche gentile lettera di riscontro che ci incoraggiava a
proseguire nell'opera, l'unica positiva scoperta di quest'anno è il primo rapporto
organico sul vandalismo elaborato dal Comune di Roma elaborato proprio nel corso del
2001. Un primo segnale? Speriamo.
Come mai manca una stima continua e attendibile dei danni provocato dagli atti
vandalici? Ci sono probabilmente tante ragioni. Accenniamo intanto a quelle che, sulla
base dell'esperienza che ci siamo fatti, sono le principali. Manca intanto un censimento
dei beni pubblici, a cominciare dal patrimonio artistico disponibile su suolo pubblico e
manca soprattutto una rilevazione periodica dello stato, un sistema conosciuto di
segnalazione tempestiva dei problemi o di denuncia di abusi. Poi ci sono ragioni legate
ai processi decisionali della spesa pubblica. In genere il costo dei danneggiamenti viene
appena percepito quando si affrontano le spese di manutenzione dei manufatti: cioè
quando si decidono stanziamenti a questo scopo.
15
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Quindi quell'anno in cui vi è disponibilità di spesa o si decide che non se ne può fare
proprio a meno. Ma in questo caso il fattore che determina la spesa è la compatibilità di
bilancio, non l'esigenza reale di ripristino. E in ogni caso questi costi sono dispersi nei
bilanci dei Comuni, considerati a volte come manutenzione a volte come investimenti,
erogati da uffici o assessorati diversi, delegati ad aziende pubbliche o a privati.
Insomma, interrogarsi sui costi del vandalismo solo a posteriori, a fine anno, è quasi
impossibile venirne a capo.
Per il rapporto di quest'anno abbiamo optato un'altra strategia. Abbiamo scelto ad alcune
città grandi e medie e chiesto alle rispettive amministrazioni di monitorare un numero
limitato di parametri di spesa. I risultati – che potete leggere nelle prossime pagine sono estremamente significativi, da ogni punto di vista. Per l'entità del danno
economico denunciato da queste sole città: 8 milioni di Euro all'anno (per 10 città e solo
per verde pubblico, autobus, contenitori di rifiuti e scuole pubbliche) sono abbastanza
perché si cominci a pensare a politiche di censimento, studio e prevenzione sia a livello
nazionale che locale. Per la grande eterogeneità con la quale i diversi comuni
considerano comunque il danno arrecato. E' ragionevole, infatti, che Roma segnali costi
sul verde pubblico quattro volte inferiori di Milano, oppure che Torino denunci metà dei
danni ad autobus di Livorno? L'anno prossimo dovremo meglio definire i danni di cui si
chiede il censimento.
Ci associamo quindi alla denuncia di due anni fa dell'Eurispes alle “autorità preposte” e
vogliamo anche aggiungere oggi una proposta. Chiediamo esplicitamente l'aiuto
dell'autorità statale perché ci affianchi nel sollecitare l'attenzione che il fenomeno del
vandalismo merita e nella richiesta di un maggior impegno delle istituzioni pubbliche
nella raccolta e valutazione delle informazioni.
E' o non è uno dei compiti dello Stato, in tutte le sue articolazioni, dai Comuni al
Governo, tutelare il patrimonio, coesione sociale e legalità? E' troppo pensare che si
costituisca un’adeguata attenzione o persino appositi uffici per valutare il fenomeno e
studiare azioni preventive presso il Ministero degli Interni, quello alla Pubblica
Istruzione, all'Ambiente e ai beni Culturali?
Ebbene, chiediamo di iniziare: per il rapporto che faremo l'anno prossimo, quello del
2003, vorremmo non essere lasciati in solitudine.
16
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Prima Parte
Capitolo 1
Vandalismo: impatto sociale, danni
economici e reazione "civica"
1.1.1 Il vandalismo incide sulla qualità della vita
La crisi dei valori comuni e l'incapacità di molti di adeguarsi alle regole del vivere
civile, producono effetti negativi sulle nostre città. Si tratta di atti di vandalismo e
d’inciviltà diffusa, fatta di piccoli gesti quotidiani che ispirano un profondo sentimento
di precarietà. La vita nelle metropoli risulta così caratterizzata da un forte disagio
collettivo, che tende a dissolvere l'identità del cittadino, mettendo a rischio la coesione
sociale e provocando un ripiegamento su sé stessi. E’ proprio questo isolamento che ci
rende più ansiosi e indifferenti verso gli altri e la realtà che ci circonda, generando
diffidenza e minacciando qualsiasi forma di solidarietà.
Nel primo “Rapporto sulla Cultura Civica in Italia” abbiamo evidenziato quali sono i
comportamenti antisociali, correlati alla criminalità minore (crimini morbidi1), che
suscitano maggiore preoccupazione nei cittadini, percepiti come simboli del costante
aumento del degrado urbano e della diffusione della violenza.
Il dato nazionale poneva in primo piano il vandalismo diretto verso il bene pubblico,
con il 14,5% degli intervistati contro il 9% di chi si sente minacciato dai fenomeni
connessi alla droga, l'11% di chi vede spesso mendicanti e il 7,4% di chi soffre la
presenza di prostitute in cerca di clienti.
Anche la percezione sulla civicness, sondata da Abacus nella prima edizione del
rapporto, rilevava come il danneggiamento dei beni pubblici è considerato un
comportamento molto grave, posizionandosi al secondo posto dopo la guida in stato di
ebbrezza.
Il senso di incertezza che deriva da questi comportamenti, produce "stress", limitando la
nostra libertà e condizionando molte nostre scelte. Ma soprattutto provoca sfiducia
verso la società e verso le istituzioni che sono spesso ritenute inadeguate a risolvere i
problemi connessi al governo delle comunità. Infatti in relazione alla fiducia, i cittadini
accordano i valori più alti a chi opera sul territorio, rischiando la propria vita per il
prossimo, come per esempio le forze dell’ordine. In un graduatoria effettuata da Abacus
(nel 2001) per il primo "Rapporto sulla Cultura Civica in Italia", relativa alla "fiducia
nelle istituzioni e organizzazioni collettive" che va da 1 a 10, si rileva quanto segue. La
valutazione tra 8 e 10 è stata attribuita a Carabinieri e Polizia dal 61% degli intervistati;
alle Associazioni di volontariato dal 44%; alla scuola e alla Chiesa cattolica dal 33%;
alle Associazioni ambientaliste dal 29%; alla Magistratura dal 27%; alla Comunità
Europea dal 17%; ai Comuni e alle Regioni dal 16%; al Governo e al Parlamento dal
10%; ai Sindacati dal 9%, ai Partiti politici dal 2%.
1
"Crimini morbidi" (dal Ministero degli Interni nel "Rapporto sullo stato della sicurezza in Italia" anno
2001) sono quei reati per i quali solo per una parte di essi i cittadini possono chiedere legittimamente
l'intervento delle Forze di Polizia allo scopo di perseguirli.
17
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
In questa prima parte del dossier, Legambiente ha cercato di misurare nelle dieci città
individuate dalla ricerca, l’entità del danno economico causato dal vandalismo e la
disponibilità dei cittadini a denunciare tali reati.
1.1.2 Danni economici del vandalismo
Il vandalismo incide sulla qualità della vita dei cittadini, ma anche sulle risorse delle
amministrazioni comunali, che per i danneggiamenti devono spendere cifre consistenti
sottraendole ad altri più importanti settori.
Già con la prima edizione del Rapporto del 2001, abbiamo tentato di mettere in luce le
conseguenze del vandalismo sui beni pubblici, circoscrivendo l'indagine solo su alcuni
di essi. Quest'anno abbiamo proseguito e intensificato la nostra indagine, attraversato
l'Italia dal Nord al Sud, scoprendo che ancora poco si sa del fenomeno e che molto ci
sarebbe da fare.
La scelta delle dieci città campione è caduta sulle cinque grandi metropoli sopra i 500
mila abitanti (Milano, Torino, Roma, Napoli, Palermo), su tre città di medie dimensioni
(Bologna, Reggio Calabria, Livorno) e su due centri al di sotto dei 100.000 abitanti
(Ancona, Pavia). Ciò che rende Livorno e Pavia candidate ideali è l'adesione al
programma Agenda XXI per lo sviluppo sostenibile, una svolta decisiva nel modo di
concepire le politiche amministrative di una città nei suoi tre contesti di riferimento:
economico, sociale, ambientale.
Vista l'impossibilità di monitorare l'intero universo dei beni di pubblica utilità,
Legambiente ha raccolto i dati dei danneggiamenti utilizzando schede di rilevazione
riferite al verde pubblico e alle aree gioco attrezzate, ai mezzi pubblici, ai cassonetti e
alle attrezzature per la raccolta rifiuti, agli edifici scolastici.
Tabella 1 - Classificazione tipologica del danno e dei beni
Soggetti contattati
Assessorati all'Ambiente
Azioni
Danneggiamento
Trasporti pubblici
Danni (rotture vetri, specchietti,
sedili) e imbrattamento
Nettezza urbana
Danni e incendio
Assessorati Scuola (comune e provincia) Danni e incendio, imbrattamento
Bene pubblico
Tappeto erboso e arredi vari: panchine,
aree gioco, cestini, recinzioni
Bus, treni, stazioni e paline delle
fermate
Cassonetti, campane r.d., cestini
Beni vari (sedie, cattedre, banchi,
lavagne, attrez. palestra, servizi
igienici), imbrattamento.
Dalla ricerca emerge innanzitutto che i dati non sono stati raccolti secondo uniformi
criteri di acquisizione, perché è del tutto possibile e anche ammissibile che ogni ente
interpellato abbia condotto le varie rilevazioni nel modo più rispondente alle proprie
esigenze, secondo il contesto sociale in cui è costretto ad operare e in armonia con il
proprio livello organizzativo.
Va tenuto conto che la maggior parte dei dati, riferiti ai danni inferti ai beni sostituiti e
bonificati, non proviene da vere e proprie statistiche ma da semplici stime.
Inoltre non è sempre facile catalogare un danno come conseguenza di un atto vandalico,
anziché come dovuto al deterioramento “fisiologico” del bene.
18
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Sarebbe auspicabile la statuizione di un protocollo comune, sul quale basare i
rilevamenti, le valutazioni dei danni e dei relativi costi, la catalogazione delle tipologie
e una seria analisi degli impatti sociali. Sarebbe altresì importante l’impostazione,
almeno teorica, di strategie dirette a contenere il fenomeno.
Intanto è importante sottolineare che il danno economico è rilevante: circa 8 milioni di
Euro nell’ultimo biennio in sole dieci città. Questo il dato reale che sicuramente sarebbe
ben maggiore se la ricerca fosse stata condotta nei 103 comuni capoluogo di provincia,
tra i più importanti degli 8000 comuni italiani o, soprattutto, se le amministrazioni
interpellate gestissero questi dati in modo più ordinato e sistematico. Solo Roma ha
effettuato un ampio e interessante documento sul fenomeno, dal titolo "I costi degli atti
vandalici a Roma" realizzato a cura dell'Autorità per i Servizi Pubblici Locali del
Comune di Roma . Un atto significativo che può aiutare meglio la pubblica
amministrazione a mettere in campo misure preventive e di ripristino.
I danni maggiori si registrano per il verde pubblico e le aree gioco attrezzate, per i cui
danneggiamenti le dieci città monitorate hanno speso complessivamente 4 milioni e 520
mila Euro. Seguono i danni causati alle attrezzature per la raccolta rifiuti (2.444.000
Euro), ai mezzi pubblici di trasporto e relative attrezzature (658.000 Euro) e agli edifici
scolastici (277.000 Euro). Bisogna segnalare quanto sia stato difficile raccogliere dati
dai comuni sui danneggiamenti relativi alle scuole: sette città (Roma, Napoli, Palermo,
Bologna, Reggio Calabria, Livorno, Pavia) in questo settore non hanno fornito dati.
Tabella 2 - Danno economico complessivo provocato dal vandalismo nelle dieci città analizzate da
Legambiente. Dati in Euro
Città
campione
Roma
Milano
Napoli
Torino
Palermo
Bologna
Reggio c.
Livorno
Ancona
Pavia
Totale
Abitanti
Verde pubblico
Scuola
2000
2001
2000
2001
2.646.408
n.d.
464.811
n.d.
1.307.785 1.549.371 2.000.000 33.000 19.200
1.020.120
n.d.
n.d.
909.717
129.114 129.114 71.008 77.844
686.551
n.d.
n.d.
382.006
n.d.
154.937
n.d.
179.919
16.500
16.500
n.d.
162.321
9.150
9.150
n.d.
98.566
15.494
8.263 25.000 50.000
74.290
n.d.
17.750
n.d.
1.719.629 2.800.525 129.008 147.044
Trasporti Pubblici
Nettezza Urbana
2000
2001
103.000
183.000
n.d.
n.d.
43.899
59.393
n.d.
12.687
18.153
7.600
10.000
105.874
105.874
4.183
4.596
Trascurabile
277.243
381.016
2000
2001
576.860
790.200
84.182
37.300
n.d.
282.843
24.122
35.587
137.900
92.800
122.900
140.400
n.d.
29.955
23.241
21.940
24.560
n.d
20.650
997.859 1.447.581
Fonte: Elaborazione Legambiente su dati pervenuti dai soggetti contattati.
1.1.2.1 Atti contro natura: il danno al verde pubblico
"Manomissioni a carico del verde sono fatti quotidiani e come tali, a parte singoli eventi
di particolare gravità, non sono oggetto di rapporti o denunce, né di studi di stima. A
livello indicativo si fa presente che nel corso dell'anno 2001, a fronte di un movimento
di 13.400 piante arbustive, la metà circa è stata impiegata nella sostituzione di essenze
distrutte intenzionalmente. Il costo della sola merce, escluso ogni altro onere, si
quantifica in oltre 100 milioni di lire. E' pure sintomatico che per assicurare la
necessaria sorveglianza notturna a garanzia di due parchi cittadini sono stati spesi l'anno
19
Tot.
Bienno
00/01
2.117.871
3.723.053
282.843
570.081
230.700
449.077
50.600
283.244
154.036
38.400
7.899.905
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
scorso circa 500 milioni di lire". Questa la testimonianza del responsabile del Servizio
Parchi e Giardini del Dipartimento Affari Generali del Comune di Napoli.
Tale dichiarazione dimostra quanto sia difficile classificare un danno come atto
vandalico vero e proprio. Spesso la responsabilità va attribuita a incuria, a gesti di
quotidiana maleducazione, oppure a disattenzioni e imperizia di chi se ne deve
occupare.
Ritornando ai dati oggettivi acquisiti per gli anni 2000 e 2001, gli assessorati ambiente
dichiarano quanto riportato nella seguente tabella. Risulta immediatamente evidente che
le grandi città (sopra i 500.000 abitanti) sono soggette più di altre agli assalti vandalici
al verde e soprattutto alle aree gioco destinate ai bambini.
Tabella 3 - Raffronto dei danneggiamenti al verde pubblico avvenuti nel 2000 e 2001
Città campione
Abitanti
Num. arredi vari
danneggiati
2000
2001
n.d.
7.822
8.000
6.809
n.d.
166
166
n.p.
n.d.
200
75
75
150
n.d.
18.076
n.d.
40
Num. aree gioco
danno complessivo
danneggiate
(in Euro) *
2000
2001
2000
2001
n.d.
300
n.d.
464.811
200
72 1.549.371
2.000.000
n.d.
n.d.
33
33 129.114
129.114
n.p.
n.p.
n.d.
n.d.
154.937
2
1
16.500
16.500
2
9.150
9.150
5.681
n.d.
15.494
8.263
n.d.
47
n.d.
17.750
5916
452 1.719.629
2.800.525
Roma
2.646.408
Milano (1)
1.307.785
Napoli
1.020.120
Torino (2)
909.717
Palermo
686.551
Bologna
382.006
Reggio C. (3)
179.919
Livorno (4)
162.321
Ancona
98.566
Pavia
74.290
Totale
7.467.683
* spesa complessiva compresi altri danneggiamenti
Nota: n.d.= dato non disponibile
(1) le cifre di spesa ai danni sono stimate. Per quanto riguarda la cifra del 2001 è desunta dall'articolo apparso sul
Corsera del 3 aprile 2002 e successivamente dalle autorità competenti.
(2) media su due anni
(3) danno medio annuo
(4) dati aggregati su 2 anni
Qui di seguito elenchiamo alcune testimonianze raccolte da Legambiente nelle città
oggetto della ricerca.
A Roma lo studio sui costi degli atti vandalici, poco sopra citato, riporta alcuni dati
significativi riguardanti altri indicatori, tra questi i costi complessivi affrontati per i
danni inferti agli impianti di irrigazione (140.321,34 Euro), alla segnaletica (11.775,22
Euro), agli addobbi floreali e alle aiuole (26.339,30 Euro).
Il settore Parchi e Giardini del Comune di Milano rende noto che due milioni di Euro
(quasi 4 miliardi delle vecchie lire) sono stati spesi per ripristinare o sostituire gli arredi
danneggiati nei parchi cittadini (panchine, recinzioni, cestini, fontanelle, archetti, giochi
per bimbi e campi gioco, ecc.). Un andamento negativo, già anticipato nel nostro
“Primo Rapporto sulla Cultura Civica” nel quale si stimavano i danni arrecati agli arredi
del verde in circa un miliardo di lire l’anno. Nello stesso documento si legge inoltre: "A
questo importo bisogna poi aggiungere gli oneri dovuti ad altre forme di inciviltà e di
20
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
cattivo uso cui sono assoggettati gli spazi a verde: furti di piante e fiori, diffusa
abitudine di gettare al suolo ogni genere di rifiuto, danni ad alberi e cespugli e prati da
parte di cittadini o da parte di imprese che installano sottoservizi, sosta di veicoli su
aiuole, stato di sofferenza delle alberature nei luoghi in cui, per via della sosta di veicoli,
vengono dispersi nel suolo piccoli quantitativi di olii e carburanti; l'importo di tali
danni, pur di difficile valutazione, è quantificato dal Comune in circa 1,5/2 miliardi
l'anno".
Anche l'Assessorato al verde pubblico di Torino riporta un resoconto analitico delle
manomissioni ma solo dei valori stimati, comunque esemplificativi dei comportamenti
dei torinesi da bollare come “incivili”. L'ufficio competente del Comune di Bologna, si
è invece limitato ad inviare i valori percentuali dei danni arrecati alle panchine e alle
aree gioco danneggiate, attestandoli rispettivamente al 5% e al 3% sulla totalità degli
arredi presenti in città. Nella città di Livorno l'Assessorato alle Politiche Ambientali
stima nel biennio 2000/2001 la perdita del 7% degli arredi e il 5% delle strutture gioco
presenti nei parchi e nei giardini della città, e, infine, la sostituzione di 100 panchine su
un patrimonio esistente di 2.019.
I 10 mila mq di verde pubblico di Reggio Calabria soffrono soprattutto dello
sconsiderato utilizzo da parte dei cittadini, ma anche di un insufficiente servizio di
manutenzione. L'Ufficio Ecologia del Comune di Ancona sottolinea che il fenomeno del
vandalismo è molto limitato e pertanto poco censito. Ne è testimonianza il fatto che i
danni al manto erboso sono raramente di natura vandalica: molto più spesso sono
causati dal drenaggio delle acque o dal passaggio dei mezzi pesanti.
Il Comune di Pavia non evidenzia importanti danni per quanto concerne gli arredi nei
giardini, ma pone l'accento sui danneggiamenti provocati alle aree ludiche, le quali
paiono essere i bersagli preferiti degli atti vandalici.
1.1.2.2 Il vandalismo a danno delle scuole
Delle dieci città campione prese a riferimento nel nostro rapporto sulla Virtù civica, solo
Ancona, Milano e Torino hanno dato risposta alla scheda relativa agli atti vandalici
all'interno degli edifici scolastici comunali.
La tabella pone in evidenza le diverse parti o strutture scolastiche interessate (vetri,
muri, e servizi igienici) e le tipologie di danno (rottura, imbrattamento, distruzione e
intrusione).
Tabella 4 - Raffronto dei danneggiamenti avvenuti nelle scuole medie inferiori nel 2000 e 2001
2000
Città
campione
Milano
Torino
Ancona
Abitanti
1.307.785
909.717
98.566
2001
Num. Vetri Metri quadri
danneggiati imbrattati
200
457
9
15
571
3
Danni ai
servizi
igienici
10
516
2 intrusioni
21
Num. Vetri Metri quadri Danni ai servizi
danneggiati imbrattati
igienici
116
378
3
180
471
2
18
612
3 intrusioni
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Il Comune di Ancona, a completamento delle informazioni richieste, aggiunge nella
classificazione dei danni sofferti, anche i furti di strumenti multimediali e il
ritrovamento di siringhe all'interno dei giardini di pertinenza. Inoltre per la prevenzione
di aree scolastiche maggiormente soggette ad atti vandalici, ha realizzato nell'anno
2001, interventi di illuminazione e di installazione di telecamere per una spesa
complessiva di 7.120 Euro.
Torino, invece, sottolinea, come ulteriore specificazione, la difficoltà riscontrata nella
esatta rilevazione dell'origine vandalica del danno e la non completezza dei dati forniti;
limite questo costituto dal fatto che l'Ente preposto alla manutenzione, il comune, non
coincide con il soggetto che ne gestisce il servizio.
A differenza di Torino e Ancona che hanno registrato tra il 2000 e il 2001 un aumento
della spesa inerente ai danni (nel caso di Ancona, raddoppiata), Milano evidenzia,
invece, un'inversione di tendenza, con una diminuzione di oltre 72 punti percentuali.
Solo Torino, inoltre, ha fornito una quantificazione economica delle varie tipologie di
eventi dannosi verificatesi nell'arco dei due anni; nel 2001 sono stati spesi 29.685 Euro
per la riparazione di vetri danneggiati (contro i 27.354 del 2000), 9.001 Euro per
l’imbrattamento di muri (rispetto agli 8.795 dell’anno precedente) e 40.158 Euro per i
danni ai servizi pubblici (34.859 nel 2000).
Tabella 5 - Raffronto dei costi economici degli atti di vandalismo nel 2000 e 2001
Città campione
Abitanti
Danno complessivo (in Euro)
2000
Milano
Torino
Ancona
Totale
1.307.785
909.717
98.566
2.316.068
33.000
71.008
25.000
129.008
2001
19.200
77.844
50.000
147.044
1.1.2.3 I danni ai trasporti pubblici
I trasporti pubblici giocano un ruolo fondamentale nel vivere quotidiano, e il danno
vandalico risulta molto più evidente e riduce l'efficienza del servizio.
La tabella e i commenti successivi possono dare un'idea abbastanza precisa del
panorama, che riteniamo significativo, vista la quantità e la rilevanza degli atti di
vandalismo.
22
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Tabella 6 - Raffronto dei danneggiamenti ai mezzi di trasporto pubblici
e agli impianti avvenuti nel 2000 e 2001
Città campione
Roma (1)
Milano (3)
Napoli
Torino
Palermo
Bologna
Reggio C.
Livorno
Ancona
Pavia
Abitanti
2.646.408
1.307.785
1.020.120
909.717
686.551
382.006
179.919
162.321
98.566
74.290
Danni ai
mezzi
Danni agli
impianti
2000
2001
161
258
106
123
n.d.
25
32
873
297
Trascurabile
238
286
153
156
31
40
904
300
Variazione %
00/01
Danni ai
mezzi
Danni agli
impianti
2000
2001
45,3%
10,9%
44,3%
26,8%
24,0%
25,0%
3,6%
1,0%
-
5.360
3.803 (2)
238
114
n.d.
18
44
n.d.
Trascurabile
20
30
228
163
30
30
Trascurabile
Variazione
% 00/01
29%
-52,1%
-52,1%
144,4%
50,0%
-28,5%
0,0%
-
(1) solo mezzi di superficie
(2) così ripartito: 1861 doghe danneggiate, 1101 doghe mancanti, 841 prismi danneggiati.
(3) solo linee metropolitane;
Nota: n.d.= dato non disponibile
A Milano l'Atm denuncia il danno alla mobilità pubblica causato dalla sosta selvaggia e
misurato con il numero di “incagli” dovuti dall'indisciplinato parcheggio di molte
autovetture che bloccano la corsa di autobus, tram e filobus. Dal 1° gennaio al 1°
novembre 2001 sono stati ben 3.245. L’azienda di trasporto milanese ha inoltre fornito
dati relativi agli atti vandalici commessi sui mezzi e sugli impianti di superficie che
sono i seguenti: 130 nel 2000 e 149 nel 2001. Un dato in crescita quindi.
I servizi municipalizzati della città di Torino dichiarano che nel 2001 su 1250 mezzi
pubblici in servizio, più del 12% ha subìto gravi danni. A Roma l'Atac sostiene che il
costo per la collettività, nel 2001, è stato valutato ben sopra il milione di Euro. Inoltre,
in una relazione fornita dalla Trambus capitolina, si evidenziano le tipologie di danno
materiale, la perdita di "corse" (chilometri non percorsi) e la quantità di giornate
lavorative saltate dagli autisti, vittime di vere e proprie aggressioni.
La Trambus rileva che il bilancio del 2001 risulta negativo rispetto a quello dell'anno
precedente: si è infatti passati da 545 a 739 fatti delittuosi, si sono perse 721 corse
contro le 560 del 2000 e l'effettuazione di 484 corse limitate a fronte delle 304 sempre
dell'anno precedente. Questo fatto ha provocato la mancata percorrenza di 8.801 Km.,
contro i 6.408 dell'anno scorso, valutati (al prezzo di Km/bus) in 31.730 Euro. Invece,
sono in diminuzione i giorni di prognosi riconosciuti al personale aggredito, che
passano da 310 a 239. Oltre ai danni causati ai mezzi si aggiungono reati di piccola
criminalità che vanno dal furto al borseggio, fino ad arrivare alle molestie nei confronti
dei viaggiatori, per un totale di 232 casi contro il 170 del 2000.
Per quanto riguarda Napoli anche l’ANM denuncia un
d’inciviltà e di violenza, per un incremento pari al 44,3% nel
società Conerobus di Ancona afferma che nel corso dell'anno
mezzi in attività ben 205, pari al 93%, sono stati imbrattati
23
forte aumento degli atti
2001 rispetto al 2000. La
2001 su un totale di 220
o gravemente danneggiati.
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
L'Atam di Reggio Calabria ha rilevato nell'arco del 2001 eventi vandalici effettuati su
35 bus, vale a dire sul 39% degli 89 mezzi in circolazione. L'Atl di Livorno fornisce dati
separati relativamente agli imbrattamenti e ai veri e propri danneggiamenti. Su un
complesso di 260 autobus nel 2001 ben 189 pari al 73% sono stati imbrattati. Invece,
sempre nel 2001, gli episodi vandalici, tra gravi e meno gravi, sono stati 715.
Infine per quanto riguarda Bologna e Pavia, i danni paiono essere irrilevanti. La Line di
Pavia, in mancanza di dati sistematici, trasmette un documento nel quale riassume i
pochi episodi vandalici subiti nel triennio (1999/2001), soprattutto legati agli
imbrattamenti degli autobus, dei sedili e delle pareti, incisioni sui vetri dei finestrini. I
costi per il ripristino di tali danni, dicono i responsabili delle aziende, sono marginali.
I costi economici che le aziende di trasporto devono sopportare di anno in anno sono
molto elevati e inesorabilmente in aumento, come è evidenziato dalla tabella 7. Al
contrario di quanto comunemente si ritiene, sembrerebbe che i dati più negativi non si
riscontrino soltanto nelle metropoli, ma anche in città di dimensioni come Livorno ed
Ancona.
Tabella 7 - Raffronto dei costi economici degli atti di vandalismo nel 2000 e 2001
Danno complessivo (in Euro)
Città campione
Variazione % 00/01
2000
2001
Roma (1)
Milano
Napoli
Torino
Palermo
Bologna
Reggio C.
103.000
n.d.
n.d.
43.899
n.d.
12.687
7.600
183.000
Livorno
Ancona
Pavia
Totale
105.874
4.183
Trascurabile
277.243
105.874
4.596
59.393
18.153
10.000
381.016
77,7%
35,3%
43,1%
31,6%
0,0%
9,9%
37%
(1) Costi (manodopera e materiali) sostenuti solo per interventi su paline e prismi.
Nota: n.d.= dato non disponibile
1.1.2.4 Danni alle aziende e alle strutture di raccolta rifiuti
La nostra attenzione si è infine focalizzata sulle competenze delle aziende d’igiene
ambientale, dalle quali dipendono la raccolta dei rifiuti e la pulizia del suolo. Interrogate
sull'utilizzo dei cassonetti e dei gettacarta, collocati su tutto il territorio cittadino, hanno
fornito alcuni dati interessanti.
24
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Tabella 8 - Raffronto dei danneggiamenti ai manufatti per l'igiene pubblica nel 2000 e 2001
Città
campione
Roma
Milano
Napoli
Torino
Palermo
Bologna
Reggio C.
Livorno
Ancona
Pavia
Cassonetti e campane
Danneggiate
2000
Variazione
% 00/01
2001
815
810
(1)
302
126
200
n.d.
58
55
n.d.
Cestini danneggiati
1239
161
806
416
72
236
45
59
50
52,0%
-80,1%
37,7%
-42,9%
18,0%
-22,4%
7,3%
-
2000
Variazione
% 00/01
2001
591
330
(1)
2
144
81
n.d.
Trascurabile
12
n.d.
591
500
25
2
144
42
0,0%
51,5%
0,0%
0,0%
-48,1%
3
100
-75,0%
-
(1) I dati relativi al 2000 sono assenti in quanto l'azienda, costituita a Maggio del 1999, ha avviato i servizi a partire
da Giugno 2000
Nota: n.d. = dato non disponibile
L'Ama di Roma dà notizia delle denunce presentate nel 2001 relative agli incendi di
cassonetti: 106 senza danni a terzi e 25 con danni a terzi. I dati forniti dall'Amsa di
Milano rilevano un calo significativo nel 2001 degli eventi negativi sui cassonetti
condominiali, sulle campane per la raccolta del vetro e della carta e sui cestini stradali.
Per esempio i cassonetti incendiati, rubati o danneggiati sono stati 730 nel 2000 contro i
123 dell'anno successivo, pari ad un calo dell'83%. Comunque danni relativamente bassi
se riferiti ai 135.000 contenitori condominiali dislocati sul territorio comunale.
I dati dell'Asia di Napoli sono parziali e relativi solo al 2001, perché la società che
gestisce i servizi e le attrezzature è di recente costituzione e da poco operativa. L'Amiat
di Torino, oltre ai dati numerici ed economici, comunica i rilevamenti del sistema di
monitoraggio dei servizi che sottolineano soprattutto lo scorretto utilizzo dei contenitori.
Per esempio, per quanto riguarda la raccolta dei rifiuti, il 43% dei cittadini utilizza in
modo scorretto i contenitori, mentre la percentuale nel 2000 era del 37,4%. Sempre nel
2001 il 25,89% dei torinesi ha usato impropriamente i cestini stradali, mentre nel 2000
la percentuale era dell'8%. Un dato più confortante arriva dalla raccolta differenziata:
nel 2000 il 68,5% dei cittadini non seguiva le regole dettate dal Comune mentre la
percentuale è sensibilmente calata fino al 46,32% nel 2001.
Buoni i dati che ci giungono dall'Amia di Palermo, che segnala un calo del numero di
campane danneggiate, 126 nel 2000 contro le 72 nell'anno successivo (pari ad un -43%),
e di conseguenza un risparmio effettivo per l'Amministrazione Comunale del 33%.
Anche la Seabo di Bologna dichiara di aver subito atti vandalici con alcune variazioni
interessanti nel 2001 rispetto l’anno precedente. Nel 2001 si registra, infatti, un netto
calo (- 48%) nel numero dei cestini danneggiati ed una crescita (18%) dei cassonetti e
delle campane violate.
L'azienda municipalizzata di Reggio Calabria rende noto che una ventina di cassonetti
sono stati bruciati in occasione di uno sciopero degli operatori della nettezza urbana,
svoltosi nell'estate del 2000. L'azienda testimonia, inoltre, i numerosi rifiuti ingombranti
abbandonati nelle vicinanze dei cassonetti per la raccolta degli RSU, nonostante sia
25
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
stato attivato dal Comune un servizio di raccolta a domicilio. L’azienda evidenzia
inoltre una forte abitudine da parte di molti cittadini di scaricare i rifiuti ingombranti sui
greti dei torrenti. I dati del 2001 non sono disponibili perché la gestione del servizio è
da poco passata ad un’azienda privata.
Nella città di Livorno nel 2001 sono diminuiti i danneggiamenti alle campane per la
raccolta del vetro e della carta, grazie al progetto di "Raccolta Differenziata" che
gradualmente sostituirà i vecchi contenitori con cassonetti laterali. Ad Ancona,
l’azienda Anconambiente comunica che nel 2001 sulla totalità dei contenitori pubblici
di rifiuti distribuiti sul territorio, non sono stati superati i 62 eventi vandalici. L’Asm di
Pavia, mentre rileva che nel 2001 nessun cassonetto per la raccolta indifferenziata ha
subito danni, allo stesso tempo registra la rottura di 50 campane, per la raccolta del
vetro e della carta, su 600 complessivamente installate.
Tabella 9 - Raffronto dei costi economici degli atti di vandalismo nel 2000 e 2001
Città
Campione
Roma
Milano
Napoli (1)
Torino
Palermo
Bologna
Reggio C.
Livorno
Ancona
Pavia
Totale
Danno complessivo (in Euro)
2000
variazione % 00/01
2001
576.860
84.182
n.d.
24.122
137.900
122.900
29.955
21.940
n.d
997.859
790.200
37.300
282.843
35.587
92.800
140.400
n.d.
23.241
24.560
20.650
1.447.581
37,0%
-55,7%
47,5%
-32,7%
14,2%
-22,4%
11,9%
45%
(1) I dati relativi al 2000 sono assenti in quanto l'azienda, costituita a Maggio del 1999, ha avviato i servizi a partire
da Giugno 2000
Nota: n.d. = non è disponibile il dato
1.1.3 Disponibilità a denunciare e fiducia nelle istituzioni
Dopo i rilievi sulla reale situazione nei vari settori contemplati dalla ricerca, ci è
sembrato utile definire il disegno nazionale del fenomeno attraverso l'esame dei dati
ufficiali. Non esistono tracce statistiche sul "vandalismo" e sul "disordine sociale" che
questi comportamenti determinano. Bisogna cercare sotto il termine "danneggiamento"
per recuperare alcuni dati sui quali è utile riflettere. Questi dati consentono di misurare
anche il livello di fiducia dei cittadini nei confronti dei soggetti deputati a contenere e a
debellare tali comportamenti, come le forze dell’ordine e la magistratura.
I rilevamenti, secondo le statistiche giudiziarie dell'ISTAT (dati forniti dalle Procure di
tutta Italia), riguardano tutte le denunce relative ai reati di danneggiamento commessi
nei confronti di cose, animali e terreni, ecc. Nel leggere questi dati è necessario tenere in
considerazione alcuni aspetti. Innanzitutto i numeri riportati si riferiscono solo a quei
reati per i quali le procure hanno ricevuto querele o denunce. Tutti gli altri atti violenti o
reati commessi ai danni di cittadini, beni privati o beni pubblici, per i quali non è
26
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
inoltrata querela o non interviene autonomamente la forza pubblica, non appaiono nelle
statistiche. E' questa la cifra oscura del vandalismo, delitti cioè non denunciati per
sfiducia o indifferenza; fatto questo che accresce progressivamente la probabilità di
impunità per grandi e piccoli criminali.
L'andamento dei reati di danneggiamento dal 1999 al 2000 (non sono ancora disponibili
quelli del 2001) evidenzia un calo del 15%. Questa flessione purtroppo non è indicativa
di una diminuzione del vandalismo e della fiducia dei cittadini nelle istituzioni, ma,
come dice Mario Greco dell’ISTAT, è attribuibile alla riorganizzazione presso gli uffici
giudiziari dei sistemi informatici e all’introduzione del giudice unico. Solo alcune
procure si sono adeguate più velocemente alle nuove norme producendo dati completi.
Tabella 10 – Denunce, delitti per i quali l’autorità giudiziaria ha iniziato l’azione penale – Anno 1999/2000.
Specie di delitto
1999
In totale
Invasione di terreni o edifici
Danneggiamento
Danneggiamento di sistemi
informatici e telematici
Deviazione di acque e mod. dello
stato dei luoghi
Turbativa violenta del possesso di
cose immobili
Ingresso abusivo nel fondo altrui
Danneggiamento o uccisione di
animali altrui
Deturpamento e imbrattamento di
cose altrui
Altri
Totale
2000
autori
ignoti
Var. %
99/00
% autori In totale autori % autori
ignoti
ignoti ignoti
8.978
258.445
123
2.075
249.353
101
23%
8.224
2.112
96% 218.637 209.292
82%
58
41
26%
96%
71%
-8%
-15%
-53%
527
140
27%
498
170
34%
-6%
130
76
58%
127
90
71%
-2%
180
118
66%
177
125
71%
-2%
2.740
2.603
95%
2.587
2.463
95%
-6%
3.059
1.312
43%
2.031
873
43%
-34%
3.062
274.182
2.073
255.778
68%
2.123
836
93% 232.339 215.166
39%
92%
-31%
-15%
Fonte: Elaborazioni Legambiente su dati ISTAT
Dalla lettura dei dati disponibili si deduce che i reati effettivamente denunciati sono più
numerosi nelle grandi città. Infatti, dai dati ISTAT appare evidente che le città con oltre
500 mila abitanti (metropoli come Milano, Roma, Napoli e Palermo) sarebbero le più
colpite da azioni vandaliche denunciate, mentre nelle città come Pavia e Ancona, cioè
con una popolazione dai 50 ai 100 mila abitanti, si rileva un numero più basso di
segnalazioni. Emerge inoltre un numero significativo di querele presentate nei comuni
capoluogo aventi un numero di abitanti compresi tra 100.001 e 250.000 rispetto a quelli
compresi tra 250.001 e i 500.000 abitanti. Questo andamento non è giustificato in
termini assoluti ma se pensiamo che il primo gruppo raccoglie la popolazione di 28 città
pari a 4.305.199 di abitanti mentre il secondo ne comprende sei per un totale di
1.905.414 cittadini la tendenza appare più che comprensibile.
La stessa analisi, effettuata sulle nostre dieci città campione, suggerisce nuove
valutazioni sul comportamento degli Italiani di fronte a questo reato.
27
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
A Torino e a Bologna si è registrato un calo rispettivamente del 76% e dell’82% per i
motivi prima ricordati legati alla riorganizzazione informatica degli uffici giudiziari, ma
a Milano e a Roma, invece, l’aumento è stato dell’8 e del 15%.
Tabella 11 - Denunce dei reati di danneggiamento - Anno 1999-2000
Città campione
Torino
Milano
Roma
Napoli
Palermo
Reggio C.
Pavia
Bologna
Livorno
Ancona
1999
30.484
28.811
16.567
9.950
4.063
3.283
2.898
2.442
1.883
1.093
2000
Var. % 99/00
7.224
-76%
31.205
8%
19.077
15%
5.371
-46%
4.147
2%
3.105
-5%
2.369
-18%
443
-82%
1.667
-11%
771
-29%
Fonte: Elaborazioni Legambiente su dati ISTAT
La riorganizzazione informatica, citata dall'ISTAT, può spiegare i grandi cali. Non
spiega però i cali più ridotti. Ad esempio quelli delle denunce per reati di
danneggiamento registrati a Napoli, Reggio Calabria, Pavia, Livorno e Ancona, possono
essere letti come una specie di rassegnazione: una percezione dell’ineluttabilità di certi
fenomeni e soprattutto un riconoscimento che per questo tipo di reati non esistono
efficaci metodi preventivi e investigativi, in grado di intercettarli preventivamente, di
contenerli e di punirli.
Ciò sembra ancora più vero se si considerano i livelli di difficoltà da parte delle forze
dell’ordine, legati all’accertamento delle responsabilità di tali reati. Nel 2000 nelle dieci
città prese in esame dalla ricerca, mediamente più dell’80 per cento degli autori
risultano ignoti.
Tabella 12 – Delitti e denunce per i quali l’Autorità giudiziaria ha iniziato l’azione penale commessi nelle dieci
città campione – Anno 1999/2000
Città
Torino
Milano
Roma
Napoli
Palermo
Reggio Calabria
Pavia
Bologna
Livorno
Ancona
1999
In Totale
2000
Autori ignoti % di autori ignoti In Totale autori ignoti
30.484
28.811
16.567
9.950
4.063
3.283
2.898
2.442
1.883
1.093
30.171
28.485
15.476
7.708
3.369
2.846
2.818
2.255
1.815
1.033
Fonte: Elaborazioni Legambiente su dati ISTAT
28
99,0
98,9
93,4
77,5
82,9
86,7
97,2
92,3
96,4
94,5
7.224
31.205
19.077
5.371
4.147
3.105
2.369
443
1.667
771
6.916
30.714
17.469
3.757
3.371
2.703
2.283
280
1.581
687
% autori
ignoti
95,7
98,4
91,6
69,9
81,3
87,1
96,4
63,2
94,8
89,1
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Il vandalismo sale in carrozza
Secondo i dati forniti da Trenitalia, i danni alle stazioni ferroviarie italiane provocati da atti di
vandalismo ammontano per il 2001 a poco meno di 10.000 Euro, circa 20 milioni di vecchie Lire.
Nel 2000 il danno complessivo sarebbe stato di circa 12.000 Euro, nel 1999 di circa 15.000 Euro.
Come si può facilmente capire, si tratta di cifre molto parziali e in larga parte poco affidabili.
Come sottolinea anche il Dottor Fiumara di Trenitalia nell’intervista di questo box, finora è
mancata una vera radiografia del vandalismo sui treni e nelle stazioni da parte delle Ferrovie
dello Stato. Uno degli obiettivi della Polfer sarà appunto il monitoraggio degli atti vandalici a
danno delle ferrovie italiane.
Dottor Franco Fiumara, quali sono gli atti di vandalismo più rilevanti che vengono
commessi sui treni e nelle stazioni ferroviarie italiane?
In Italia gli atti di vandalismo più frequenti sono l’imbrattamento delle stazioni, i graffiti sui treni e
la rottura dei vetri delle stazioni incustodite e dei convogli.
Qual è la situazione italiana rispetto a quella europea?
Direi che la situazione nel nostro Paese è in linea con quella europea. E’ però difficile fare
confronti per due motivi. Innanzitutto bisogna ricordare che la nostra è una delle reti ferroviarie
più estese in Europa ed è difficile fare un confronto quantitativo con reti che possono essere
anche notevolmente meno estese. Poi ciascun paese ha le proprie peculiarità che dipendono da
questioni sociali.
Ci può fare alcuni esempi?
Nei paesi del nord Europa, Germania, Inghilterra e Olanda in primo luogo, si fa un uso massiccio
di alcolici soprattutto nei fine settimana. Questo provoca un innalzamento notevole del numero di
atti di vandalismo e di aggressioni al personale in questi paesi. Una causa di questo tipo di
vandalismo non la si ritrova nel nostro paese. Un altro esempio è quello delle megalopoli e delle
periferie urbane, le banlieu, delle grandi città europee: ogni anno nella sola Ile de France, la
regione parigina, si verificano più aggressioni al personale che in tutta Italia. In qualche modo nel
nostro Paese, per il momento, siamo quasi immuni dagli atti di vandalismo provocate da questo
tipo di bande cittadine.
In che modo la polizia opera per affrontare il problema del vandalismo?
livello italiano ci stiamo organizzando per creare delle squadre per il monitoraggio degli atti di
vandalismo in tutta Europa. Questo deve essere il punto di partenza. Fino a ora, infatti, avevamo
dati molto parziali sugli atti di vandalismo nel nostro paese che non davano un quadro realistico
di quella che è la realtà. A livello europeo abbiamo creato la Collaborazione Polizia Ferroviario, di
cui sono il segretario Generale, per la cooperazione fra le Polizie di 21 stati europei.
29
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Seconda Parte
Terzo Settore - Capitolo 1
La misura della partecipazione
e della solidarietà in Italia e in Europa
Fivol (Fondazione Italiana per il Volontariato) anno 2001: come cambia
lo scenario del volontariato italiano, da partecipazione "militante" a
intervento professionalizzato. Volontariato che si istituzionalizza perdendo
appeal soprattutto nei confronti dei più giovani; per loro sempre più spesso
una possibilità di entrare nel mercato del lavoro, in Italia come nella
Comunità Europea. La classifica dei paesi europei con maggiori risorse
umane impegnate nel Terzo Settore. Infine, dopo l'11 settembre, come
cambia la disponibilità italiana alla solidarietà.
Esempi di solidarietà: chi sul territorio, attivamente (Guardie Ecologiche
Volontarie), chi al supermercato: la crescita dei consumi "equo-solidali".
Nel Primo Rapporto sulla cultura civica del 2001, abbiamo "misurato" la partecipazione
dei cittadini e delle cittadine italiani alla vita sociale e alla tutela e cura del bene
pubblico e collettivo, mettendo in rilievo l'emergere evidente di un patrimonio di
organizzazioni e istituzioni che, a tutto campo e con professionalità crescente, si
occupano della cosa pubblica, del bene collettivo, grazie alla mobilitazione di centinaia
di migliaia di persone.
In assenza di dati di confronto relativamente alle ricerche sulla partecipazione
considerate nel "Primo Rapporto sulla Cultura Civica", la cui elaborazione prevede un
periodo più lungo di un anno, abbiamo voluto dare rilievo, per questa nostra analisi
relativa all'anno 2001, ad uno degli ambiti più significativi di attivazione dei cittadini
per il bene collettivo e per la solidarietà: quello del volontariato. Un volontariato,
fotografato dalla Fivol (Fondazione italiana per il volontariato), che si sta
"...svolontarizzando, desocializzando, diventando pubblico o privato. Sospeso fra
impresa e istituzione..."; che, nell'"istituzionalizzarsi" perde di attrattiva per i giovani.
Ma anche un volontariato non più centrato su una matrice di stampo religioso, poco
professionalizzato e "militante". Anzi, la fotografia scattata ci mostra un mondo in
evoluzione rapidissima, ove le richieste del mercato e del pubblico incidono sulla nuova
offerta di servizi, creando spazi di azione per il Terzo Settore: luoghi non più
"suppletivi" di un'azione pubblica carente, ma occasioni di produzione di beni e servizi
alla collettività e alla persona che richiedono sempre maggior qualificazione,
professionalità, efficacia ed efficienza; insomma vere e proprie "imprese", anche se
sociali, conquistano la scena di questo nuovo millennio di impegno sociale e
partecipazione civile.
Ma non ci siamo fermati qui. Abbiamo voluto confrontare i nuovi dati sul volontariato
con alcuni emersi dal Primo censimento italiano delle istituzioni non profit a cura di
ISTAT e presentato nell'anno 2002. Anche se relativo a dati del 1999, ci è parso
documento di confronto molto importante per la rilevazione ottenuta grazie alla
30
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
collaborazione diretta delle organizzazioni e alla rappresentatività dell'intero territorio
nazionale, per la prima volta sondato realtà per realtà.
La partecipazione alla "cosa pubblica" italiana è stata poi confrontata con quella
europea, grazie ad una ricerca realizzata dalla Comunità Europea, che analizza i paesi
con maggiore presenza di risorse umane mosse dal tessuto sociale europeo, stilandone
una sorta di classifica. Risorse umane che risultano essere consistenti all'interno delle
diverse realtà degli stati membri; ma che si configurano sempre più come persone che
intraprendono un percorso nel Terzo Settore, in quanto vera e propria opportunità
formativa e di inserimento lavorativo; laddove giovani e disoccupati di lungo periodo,
fasce deboli escluse dal mercato comunemente inteso in particolare, paiono trovare
diffusamente, attraverso le attività di impegno civico e volontariato, occasioni per
imparare ed entrare nel mercato del lavoro.
Infine abbiamo dedicato le ultime riflessioni ad un tema che ci sembrava emergere con
prepotenza: e cioè la partecipazione degli italiani e delle italiane dopo quel tragico 11
settembre che sembra aver cambiato la fisionomia della solidarietà internazionale.
Nel sondaggio emerge come una quota consistente di italiani dichiari di aver fatto una
donazione per cause di solidarietà negli ultimi anni; solidarietà destinata in prevalenza
ad aiuti medici e alle vittime di guerra.
Disponibilità ampia a fronte di una contrazione che anche in questo caso appare
evidente, nel numero di potenziali volontari, delle persone intenzionate ad impegnarsi
per un congruo periodo di tempo ad un progetto di sviluppo dei Paesi poveri, mentre
poco meno della metà della popolazione è oggi disponibile a forme di partecipazione
"una tantum" ad iniziative di solidarietà. Infine, la propensione alla mobilitazione risulta
avvenire attraverso canali di comunicazione quali la televisione: una causa appassiona
solo sin a che resta all'attenzione di tv e giornali.
A conclusione, un nuovo aspetto che ci è parso molto interessante, è quello giovanile:
crisi della partecipazione e desiderio di rimanere "ai margini" della vita sociale attiva;
prediligendo ambiti sportivi o amicali; relegando agli ultimi posti valori collettivi come
l'impegno politico e la partecipazione alla vita pubica. Ma anche mondo giovanile,
quello italiano, per il quale l'attivarsi in organizzazioni di Terso Settore costituisce
sempre più opportunità formativa e di inserimento nel mondo del lavoro.
2.1.1 Partecipazione dalla militanza all'impresa sociale: il volontariato
alla luce di un'indagine recente realizzata dalla Fivol.
Un'interessante analisi, relativa al 2001, introduce nuove chiavi di lettura sul fenomeno
del volontariato e significativi spunti di riflessione sul mondo della partecipazione
volontaria, in forte mutamento. E' compiuta dalla Fivol (Fondazione Italiana per il
Volontariato), presentata nel giugno 2002 e analizza 13.095 organizzazioni di
volontariato attive sul campo, tra le circa 26.400 stimate.
Condotta con un questionario inviato alle organizzazioni previamente identificate e
monitorato a distanza per ottenere il massimo ritorno di informazione, l'indagine ha
portata nazionale e consente un'analisi nuova ed attualissima dei processi in atto nel
mondo del volontariato organizzato italiano.
Il volontariato organizzato registra in generale una crescita del 13% per numero di
associazioni negli ultimi anni, mentre appare in atto un processo di
professionalizzazione, con l'inserimento di operatori remunerati (nel 1997 le unità
dotate di personale remunerato costituivano il 12,3% del totale, nel 2000 raggiungono il
20%, 22% se si considerano le consulenze occasionali pagate) e relativamente a
organizzazioni che operano sempre più in un ambito professionale di servizio, in
convenzione, con standard prefissati per la gestione e con requisiti sempre più
31
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
vincolanti legati alla qualità. Trattasi, come espresso da Ilvo Diamanti su "La
Repubblica" del 30 giugno 2002 - E in Italia crescono i volontari di Stato - " "...di
nuovi modelli di governance nei quali il "governo" diviene terreno aperto e non più
"prerogativa specifica ed esclusiva dello Stato e delle sue articolazioni...". Percorso che
gli studiosi di scienze sociali hanno da tempo iniziato ad analizzare nelle diverse forme
del cosiddetto welfare-mix. Forme di partecipazione nelle quali lo Stato mantiene un
ruolo importante, ma non più esclusivo, che apre a nuovi terreni di intervento, ma che
contemporaneamente "appesantisce" la società così come il volontariato. Un
volontariato che si sta "...svolontarizzando, desocializzando, diventando pubblico o
privato. Sospeso fra impresa e istituzione...".
Un elemento infatti che pare emergere con grande forza dall'indagine Fivol è quello
relativo alla difficoltà, per il volontariato, di coniugare "l'anima associativa con
l'efficienza gestionale (identità e servizio) e di risolvere il dilemma tra il privilegiare la
tenuta dei valori autofondativi o l'assecondare opportunità di crescita in complessità
organizzativa e gestionale, con la necessità di segnare il passo di fronte alla preminente
importanza di manager e operatori remunerati che dettano gli obiettivi
dell'organizzazione sempre più orientata verso l'efficienza tecnica e quindi verso il
modello di impresa sociale". 14 organizzazioni su 100 vedono la prevalenza del lavoro
remunerato su quello gratuito e, tra le altre cose, compromesso uno dei requisiti di legge
di appartenenza al volontariato..
Le organizzazioni di volontariato risultano, diversamente rispetto al passato e alle
analisi raccolte nel Primo Rapporto sulla cultura civica in Italia, meno autonome e
svincolate dal pubblico, aderendo al settore pubblico in senso più stretto. Tre su quattro
risultano iscritte ai registri istituiti dalle regioni, modificando anche il quadro delle
risorse in entrata che divengono sempre più caratterizzate da contributi pubblici.
"...Anche il finanziamento pubblico diventa l'entrata prevalente per una quota più
elevata di organizzazioni: ne era dipendente il 25% nel 1996 (bilancio annuale) e il 42%
nel 2000. I contributi costituiscono ancora la modalità di finanziamento più importante
(usufruiti dal 48% delle unità) e precedono le entrate da convenzioni o corrispettivi di
servizi resi dal volontariato (35%), mentre le entrate per progetti finanziati alle
organizzazioni di volontariato riguardano non più dell'8% delle unità esaminate. E'
evidente la ancora scarsa propensione a lavorare per progetti nel mondo del
volontariato...". L'83,6% delle unità esaminate dichiara di avere avuto nel 2000 una
collaborazione operativa con servizi e uffici pubblici oppure di operare in convenzione
o di aver acquisito un finanziamento da enti locali. Nel 1997 erano il 71,6%. Appare in
crescita
soprattutto
la
propensione
ad
un
rapporto
di
integrazione
(convenzionamento+collaborazione) rilevata con un apposito indice che attesta come 6
unità su 10 siano significativamente connesse con il pubblico, mentre solo il 6,3%
manifesta un reale distanziamento dal pubblico. Inoltre le associazioni dotate di
personale retribuito sono quasi raddoppiate negli ultimi 5 anni passando da un 12% ad
un 22% del totale.
Un mondo, quello del volontariato fotografato dalla ricerca Fivol, che coinvolge circa 5
milioni di persone, tra cui 1 milione di volontari e mezzo milione di "militanti". Occupa
circa 50 mila persone retribuite in modo diverso (dipendenti, collaboratori...).
"...Si può stimare che i volontari presenti nelle 26.400 organizzazioni ammontino a circa
950.000 unità e la maggioranza di essi - il 58% - vi opera assiduamente fornendo il
proprio apporto con continuità. Appare una crescita delle organizzazioni negli ultimi 4
anni (+14,2% tra il 1997 e il 2000) ma non di volontari, almeno di quelli attivi in
maniera assidua: basti pensare che nel 30,9% delle organizzazioni di volontariato
esaminate non vi sono più di 5 militanti e complessivamente nel 56,5% dei casi le
persone attive non superano complessivamente le 10 unità.
32
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Il dato medio dei volontari per organizzazione nel 2000 è di 21,7 unità ma la mediana è
10...". In 3 organizzazioni su 10 i volontari attivi continuativi sono meno di 6 e nella
maggioranza – 56,5% - non superano le 10 unità. Il numero medio di volontari per attivi
risulta drasticamente calato: da 34 nel 1997 a 22 nel 2000.
Fotografia di un volontariato - sempre dai contributi di Ilvo Diamanti - che perde
volontari mentre al suo interno aumentano i professionisti; che perde il rapporto con i
giovani e invecchia (i volontari assidui sono collocati prevalentemente nella classe
anagrafica di mezzo, 46-65 anni - per il 38,4% delle unità -; i giovani - al di sotto dei 30
anni- risultano prevalenti solo nel 8,3% delle unità). "..ciò avviene ...anche perché le
associazioni di volontariato tendono, sempre più, ad essere percepite come istituzioni,
imprese (per quanto "sociali"), organismi pubblici e paralleli...E i giovani, il cui
rapporto con la politica e le istituzioni è particolarmente disincantato e "cinico" ... le
vedono per questo distanti. Spesso come un'occasione di lavoro. Al pari di altre. Si può
"lavorare" nel volontariato (o nel sindacato) come in un'azienda pubblica o privata.
Lavorare come volontari piuttosto che come dipendenti o autonomi...".
Infine, la principale collocazione delle organizzazioni di volontariato rimane nei settori
del Welfare, quelli delle attività socio-assistenziali e sanitarie a cui appartengono 62
organizzazioni su 100. "...Questa componente diminuisce di 7 punti percentuali (70 su
100) rispetto al 1996 dando conto di un tendenziale allargamento dei campi di impegno
del volontariato organizzato, in particolare nei settori della protezione civile,
dell'educazione e della promozione sportiva e ricreativa. Si attenua il divario della
solidarietà organizzata presente nelle diverse aree del Paese (il 53,3% delle unità
indagate si colloca al Nord, a fronte del 47,9% della popolazione), con una riduzione
della forbice tra Nord e Sud (e organizzazioni di volontariato costituitesi negli ultimi 5
anni (1996-2000) rappresentano il 22,3% nel Mezzogiorno e il 17,7% al Nord). "...è
soprattutto l'esistenza di un tessuto civile ricco e di politiche sociali forti, più che
emergenze sociali non compiutamente affrontate dallo Stato a sollecitare la crescita del
volontariato..." Questo la chiave interpretativa dei ricercatori Fivol, che getta nuova luce
sul fenomeno della partecipazione italiana.
L'origine delle organizzazioni è sempre più connotata dall'iniziativa di gruppi di
cittadini (45 su 100) che si organizzano per affrontare temi sociali e rispondendo ad
esigenze dei propri soci e di categorie che rappresentano particolari condizioni; ma
anche e sempre di più cittadini che si organizzano e strutturano con obiettivi di
prevenzione, sensibilizzazione o intervento su tematiche legate al territorio, all'ambiente
e alla qualità della vita.
Per quanto attiene la matrice culturale e religiosa, l'indagine Fivol rileva una nuova
matrice aconfessionale, quale espressione di una pluralità di possibili matrici ideali,
valoriali e religiose nella stessa realtà organizzata. 44 unità su 100 si attribuiscono tale
"laicità" o compresenza di una pluralità di ideologie e fedi; le "confessionali" passano
dal 38,8% del 1997 al 28,7% del 2001, mettendo in luce un lento declino della
componente confessionale che aveva invece ispirato largamente il movimento alle sue
origini.
Il dialogo con altre realtà del terzo settore con cui le organizzazioni di volontariato
potrebbero ben integrarsi, risulta ancora basso; creando il rischio di diventare sostitutivo
del pubblico il volontariato rischia di diventarlo del terzo settore, delle cooperative o
imprese sociali.
33
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
2.1.2 La "misura" del cambiamento: 1999, Primo censimento ISTAT
sulle organizzazioni non profit in Italia.
Il primo censimento italiano è stato realizzato da ISTAT ed avviato nel 1999.
Nonostante i dati non siano relativi all'anno 2001, abbiamo ritenuto di riportarne alcuni
stralci, i più significativi, perché spaccati di una realtà, quell'italiana, rilevata di
organizzazione in organizzazione, con un lavoro minuzioso di "conteggio" della
partecipazione alle attività - volontarie e non - all'interno delle realtà di Terzo Settore
italiane (associazionismo, cooperazione, fondazioni, mutue....oltre, ovviamente al
volontariato che riteniamo sia stato oggetto in questo capitolo di analisi esaustiva e
aggiornata).
Le organizzazioni non profit contavano in Italia, in base alla prima rilevazione censuaria
ISTAT, 4 milioni di persone attive: persone cioè che partecipavano con attività
professionali e non alla vita dell'organizzazione. Oltre 3 milioni di volontari, quasi
100mila religiosi, circa 30mila obiettori di coscienza; ma anche personale retribuito:
532mila dipendenti, quasi 80mila lavoratori con contratto ci collaborazione coordinata e
continuativa, circa 18mila lavoratori distaccati da altri enti.
Sempre in base all'indagine ISTAT, nel 1999 l'80,2% delle istituzioni utilizzava
volontari, unica tipologia di risorse impegnata per il 70,1% dei casi. Solo il 15,2% per
un totale circa di 532.000 addetti, si avvaleva di una quota pari all'8% di lavoratori
dipendenti, perlopiù per la produzione di beni e servizi, e occupati a tempo pieno per
l'88,1%. Il volontariato costituiva la risorsa umana più consistente nelle organizzazioni
non profit: 3,2 milioni di persone nell'80% delle istituzioni.
E ancora: le organizzazioni al nord operavano, in misura maggiore rispetto alla media,
con tutte le tipologie di risorse umane tranne che dipendenti: volontari (81,8%) e
lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (6,6%); mentre al
centro risultava più diffuso il personale retribuito: dipendenti (18,7%), collaborazioni
(6,7%), lavoratori distaccati da enti (2,1%). Al Sud, infine, i volontari costituivano
l'unica tipologia di persona impiegate molto più frequentemente della media nazionale
(80,7%). Scorporando i dati a livello regionale si notava una forte concentrazione di
organizzazioni e di volontari in Lombardia (14,2% delle istituzioni e 19,8% dei
volontari); nel Veneto (9,8% e 9,5%), in Emilia-Romagna (9% e 10,9%), in Toscana
(8,5% e 9,5%) e in Piemonte (8,4% e 8,3%). Le quote minori si rilevano in Basilicata
(0,5% e 0,4%), nel Molise (0,4% e 0,3%) e Valle D'Aosta (0,3% 0,3%).
I settori di attività prevalente che occupavano un numero cospicuo di volontari, ma non
di dipendenti risultavano essere: l'ambiente (88,3% delle organizzazioni operava con
volontari e l'8,1% con dipendenti); la cooperazione internazionale (88,0% volontari e
14,1% dipendenti); la cultura, sport e ricreazione (85,2% volontari e 5,9% dipendenti);
la filantropia e promozione del volontariato (83,6% volontari e 11,2% dipendenti).
Per quanto attiene l'area dell'economia non di mercato dall'analisi della Prima
rilevazione censuaria ISTAT, possiamo valutare l'entità dell'economia prodotta dalle
istituzioni non profit in Italia con precisione: 73mila miliardi di lire il totale delle entrate
di bilancio delle istituzioni non profit nel 1999, con un importo medio per istituzione di
331 milioni. I dati relativi alla Lombardia indicano entrate per il 25,4% del totale, quelle
del Lazio pari a 23,9%; ultime posizioni per Valle D'Aosta e Molise per le quali le
entrate costituivano lo 0,2% dell'intero ammontare.
34
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Guardie ecologiche volontarie, ricerca dell’Associazione Italiana di
Sociologia
Ecologia: azione e informazione. Potrebbe essere questa lo slogan delle Gev, le Guardie
ecologiche volontarie, e della loro Onlus. Gevam (Guardie Ecologiche volontarie Associazione
del Mediterraneo) non solo si occupa del controllo e monitoraggio di molte nostre zone verdi
(soprattutto al centro-nord) ma promuove anche un’interessante newsletter di informazione,
ricerca e legislazione ambientale (per informazioni www.gevam.it). Le guardie ecologiche sono
state al centro recentemente anche di una ricerca dell'Ais (Associazione Italiana di Sociologia),
sulle funzioni civiche del volontariato ambientale, curata dal professor Giorgio Osti dell'Università
di Trieste. Tema: il senso civico del volontariato ambientale. L'indagine voleva evidenziare
l’energia del volontariato come forza contraria del dilagante opportunismo del singolo nell'utilizzo
delle risorse, ma anche alcune caratteristiche peculiari del volontariato ecologista: la
predominanza del fare sul "dire" proprio di molto movimentismo classico di denuncia, l’azione del
singolo contro un volontariato del gruppo e della socialità, la gratuità radicale. Emerge la figura di
un volontario come "super cittadino": il cittadino con alto senso civico non solo rispetta le leggi e
partecipa attivamente alla politica, ma opera direttamente per i diritti di tutti. L'ambiente, più di
ogni altro “campo”, si presta magistralmente secondo i ricercatori ad essere un terreno di difesa
dei diritti collettivi: è un bene indivisibile, è minacciato e bisognoso di tutela, rappresenta una
solidarietà senza confini. Cos'è dunque la civicness secondo i volontari Gevam? L'analisi, per
mezzo di questionari distribuiti in Emilia Romagna e Lombardia, parte da un loro identikit. L'81%
delle Gev sono maschi, età media 48 anni, la maggior parte di loro vive in città, non ha una
laurea, molti sono i pensionati.
Rispetto ad analoghe ricerche effettuate sul totale degli italiani nelle stesse regioni, dunque, i
volontari hanno più fiducia nel prossimo e meno si riconoscono nel cosiddetto “familismo”, per
loro è meno importante invece l'attivismo nei partiti e il voto. Più alta rispetto all'italiano medio la
fiducia nelle istituzioni pubbliche: le forze dell’ordine, il sistema sanitario, quello previdenziale e il
parlamento. Le organizzazioni della società civile, includendo anche le imprese, godono invece di
una minore fiducia rispetto alla media nazionale. Citiamo, fra tutte, le percentuali di risposte al
seguente quesito: “Cosa significa, a suo avviso, essere cittadini in senso pieno oggi in Italia?”.
Tra le opzioni proposte vince “rispettare le leggi” (84%), a seguire “lavorare con impegno” (72%),
“impegnarsi per difendere i diritti dei più deboli” (63), “pagare integralmente le tasse” (59%),
“andare a votare” (54), “fare volontariato” (53), “partecipare alle assemblee degli enti pubblici”
(16), “essere attivi in un sindacato” (8).
2.1.3 La partecipazione in Europa: da una ricerca della Comunità
Europea, fotografia di come le risorse umane muovono impegno civile
ed economia in Europa
I dati che presentiamo nell'analisi europea delle forme di partecipazione volontaria,
sono tratti da una ricerca della Commissione europea sull'attività, promozione e
sviluppo del Terzo Settore nel quinquennio 1994-1999. Nonostante il periodo
precedente a quello considerato per il Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia,
questo lavoro ci pare rappresentare un documento unico di monitoraggio e misura della
partecipazione civile e sociale a livello europeo. Ne abbiamo tratto alcuni spunti utili
alla nostra riflessione.
35
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
La Commissione ha realizzato lo studio delle associazioni utilizzando il metodo della
somministrazione di questionari alle associazioni europee, mediante le organizzazioni di
rappresentanza a Bruxelles e negli stati membri. Dei questionari inviati sono emerse
circa 2.300 risposte.
Con l'impiego dell'1,5% del suo bilancio, il Fondo Sociale Europeo risulta aver
finanziato 81 iniziative sociali, coinvolgendo 500 organizzazioni con l'impegno di
accrescere i finanziamenti nell'immediato futuro.
La UE evidenzia il ruolo importante affidato ad associazioni e fondazioni nel settore
dell'economia sociale perché "contribuiscono alla creazione di posti di lavoro,
promuovono una cittadinanza attiva e la democrazia, forniscono una vasta serie di
servizi, svolgono un ruolo importante nelle attività sportive, rappresentano gli interessi
dei cittadini di fronte a varie autorità pubbliche e hanno una parte importante nella
promozione e nella salvaguardia dei diritti umani, nonché un ruolo fondamentale nelle
politiche di sviluppo".
La maggior parte delle associazioni e delle fondazioni esercita almeno una delle
seguenti funzioni: fornitura o prestazione di servizi (servizi sociali, assistenza sanitaria,
formazione, ecc.); patrocinio (rappresentano o difendono una causa); auto-assistenza o
mutua assistenza; risorse e coordinamento (enti intermediari che coordinano le attività
delle singole organizzazioni che operano in taluni campi).
Molte associazioni e fondazioni hanno dimensioni nazionali e internazionali; la
maggioranza è attiva però in ambito regionale o locale. Più è limitata l'estensione
geografica di un'organizzazione, più questa tende a svolgere funzioni molteplici e più
difficile diventa individuare la funzione principale.
Le associazioni e fondazioni insieme possiedono una notevole quantità di beni e
mobilitano grandi risorse umane (sia retribuite che di volontariato). Come altre forme
d’impresa, in particolare le piccole e medie imprese, sono economicamente attive nel
vero senso del termine: vendono prodotti o prestano servizi e reinvestono i guadagni.
Il contributo del settore all'economia è considerevole; l'entità di tale contributo è stata
recentemente rivelata dai risultati della prima seria indagine comparativa del settore in
quattro Stati membri: Regno Unito, Francia, Germania e Italia, eseguito sotto l'egida
della John Hopkins University di Baltimore (USA) e i dati risultano molto significativi.
Lo studio afferma che:
?? in Germania il 3,7% degli occupati e il 10% degli occupati nel settore dei servizi
lavorano per le associazioni e fondazioni; più di un milione di persone. Le
organizzazioni senza fini di lucro sono particolarmente importanti nel campo della
sanità, dove forniscono il 40% dei giorni d’ospedalizzazione e il 60% delle strutture
residenziali d’assistenza;
?? in Francia il 4,2% degli occupati e il 10% degli occupati nei servizi lavorano nel
settore, ossia circa 800.000 persone. Le organizzazioni senza fini di lucro si
occupano di più della metà degli assistiti in strutture residenziali e di circa il 20%
degli studenti della scuola primaria e secondaria; sono particolarmente numerose nel
settore dei servizi sociali e nello sport (l'80% delle persone interessate allo sport
fanno parte di associazioni senza fini di lucro);
?? in Italia quasi il 2% degli occupati e più del 5% degli occupati nei servizi lavorano
per questo settore; nel complesso le organizzazioni danno lavoro a circa 400.000
persone prevalentemente nel settore dei servizi sociali. Le organizzazioni senza fini
di lucro gestiscono il 20% delle scuole materne e più del 40% delle strutture
residenziali di assistenza;
?? nel Regno Unito il 4% degli occupati e più del 9%degli occupati nel settore dei
servizi lavorano per le associazioni e le fondazioni, ossia circa 900.000 persone. Il
settore svolge un ruolo importante nel campo dell'istruzione: tutti gli istituti
36
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
universitari e il 22% delle scuole elementari sono gestiti da organizzazioni senza
scopo di lucro.
Seppure non sia dato sapere con precisione quante persone facciano parte di
associazioni nell'Unione Europea, potendosi basare sulle stime che indicano in alcuni
stati membri la consistenza di un terzo o della metà della popolazione, la Comunità
europea suppone che siano in Europa, nel 1999, circa cento milioni di persone. Il
mandato sociale del Terzo settore è importantissimo.
Le associazioni sono per la maggior parte piccole e spesso hanno un numero esiguo di
associati. Il 40% delle associazioni del campione ha meno di 100 membri e più della
metà meno di 200 associati. Il 13% del campione ha tra 1.000 e 5.000 membri e il 15%
ha più di 5.000 membri. Le organizzazioni nazionali tendono ad avere più associati che
quelle regionali.
Emerge come la Comunità ritenga indispensabile incoraggiare il settore a svolgere un
ruolo più rilevante nella creazione di posti di lavoro, come indicato nel "Patto per
l'occupazione". Anche perché molte associazioni e fondazioni, in tutta la Comunità sono
impegnate nella formazione professionale e riqualificazione dei disoccupati e nella
prestazione di servizi a persone svantaggiate. La formazione è elemento fondamentale
anche per i volontari, molti dei quali trovano spesso lavoro grazie all'esperienza e alle
conoscenze acquisite durante il periodo di volontariato. Per i disoccupati di lungo
periodo poi, il volontariato costituisce un mezzo prezioso per conservare l'abitudine al
lavoro in un momento in cui potrebbe essere molto difficile mantenere interessi nella
propria vita.
Molte associazioni dipendono da contributi esterni di vario tipo, provenienti di solito da
enti pubblici o privati o donatori. Le quote di adesione (30%) e la vendita di servizi
(30% di cui 20% a favore di soci e 10% non soci) sono le voci più importanti seguite
da: appalti (17%), vendite di prodotti (15%) e redditi da investimento (8%).
In sintesi un'associazione europea-tipo ottiene in media il 62% delle proprie risorse
dall'esercizio di un'attività economica.
Tabella 3
Sfera di attività
Servizi sociali
Istruzione e ricerca
Edilizia abitativa
Cultura e tempo libero
Attività internazionali
Diritti civili e patrocinio
Sanità
Beneficenza e volontariato
Ambiente
Associazioni commerciali e professionali
57%
46%
40%
36%
35%
35%
26%
23%
18%
8%
Fonte: Commissione Europea
2.1.4 Come agisce la solidarietà nel nostro Paese dopo l'11 settembre:
preoccupazioni e impegno degli italiani
Un interessante sondaggio analizza l'andamento della solidarietà nel nostro Paese
all'indomani di quel tragico 11 settembre che pare aver mutato paure e disponibilità
delle persone a livello internazionale. E' la seconda indagine Focsiv (Focsiv Volontari
nel mondo), promossa grazie al contributo del Ministero degli Affari Esteri, e relativa
37
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
all'anno 2001. I dati aggiornati vengono confrontati con quelli relativi all'anno 1999
(sempre Focsiv), fornendoci il quadro non solo attuale, ma di mutamento della
percezione delle paure e della solidarietà in Italia. Ne emerge che il 45% degli italiani
dichiara di avere fatto una donazione per una causa di solidarietà nell'ultimo anno;
sembra che gli italiani preferiscano concentrarsi su alcuni settori o eventi particolari: tre
i campi a cui sono state indirizzate le maggiori offerte di danaro e di beni nel corso
dell'ultimo anno: la ricerca medica (anche grazie a iniziative come Telethon 37%), le
vittime delle guerre (35%), gli aiuti umanitari d'emergenza (27%); poi la lotta contro la
fame nel mondo, l'aiuto ai Paesi poveri (18%) e la povertà in Italia (17%). Poche invece
le risorse destinate a catastrofi ambientali quali ad es. danni provocati dai terremoti,
alluvioni.
In crescita, tra le forme di solidarietà non attiva, risulta il sostegno alla ricerca medica e
contro la povertà in Italia.
Misurando la disponibilità nei confronti delle persone straniere in arrivo o presenti nel
nostro Paese, il 51% degli italiani dimostra un atteggiamento positivo nei confronti della
cancellazione del debito dei Paesi poveri e verso gli immigrati considerati persone che
arricchiscono il nostro Paese. Ancora, la solidarietà sembra essere virtù femminile (51%
delle donne rispetto al 39% degli uomini), degli adulti e degli anziani (48%) più che dei
giovani (29.8%), del Nord più che del Centro e Sud; dei residenti dei comuni capoluogo
e della rappresentanza di sinistra e centro-sinistra dello schieramento politico.
I giovani sembrano avere altre forme di impegno: sono i primi a mobilitarsi nelle
iniziative di solidarietà, nei gruppi di pressione legati all'aiuto e allo sviluppo.
I dati riportano poi una principale preoccupazione degli italiani: la guerra e gli attentati:
oltre il 50% degli italiani pensa che tra le maggiori urgenze e preoccupazioni mondiali
ci siano la pace nel mondo (51,4%) e il terrorismo internazionale (51,1%), che
occupava, nell'indagine del 1999 l'ottava posizione. Nel 1999 il primo posto era
occupato dal problema della disoccupazione, sceso nel 2001 al 38,2%. Per contro,
probabilmente offuscata da questioni di pace e paura del terrorismo, il problema della
fame nel mondo è indicato oggi come urgenza mondiale dal 47% degli italiani rispetto
al 54% di due anni fa (-7%); mentre la violenza e lo sfruttamento dei bambini è
segnalata attualmente dal 28% della popolazione rispetto al 34% del 1999 (- 6%). Tra le
urgenze più ricordate il caso più emblematico è rappresentato dal problema della
disoccupazione, che nell'arco di due anni cede ben 20 punti percentuali.
La disponibilità alla partecipazione attiva e all'impegno nel campo della solidarietà
internazionale può concretizzarsi in molteplici forme (offrire un contributo in denaro,
alimenti, medicine, vestiti; iniziative di solidarietà); sia oggi sia ieri la partecipazione
"una tantum" ad iniziative di solidarietà coinvolge poco meno della metà della
popolazione, mentre più di 1/3 degli italiani si dichiara pronto al sostegno o all'adozione
a distanza di un minore appartenente ad un Paese povero, contribuendo in tal modo alla
sua educazione e salute.
Il 23% degli italiani si dichiara disponibile ad offrire denaro alle ONG e alle
associazioni di aiuto umanitario, rispetto al 20.7% di due anni fa (+ 2.5%). Un
aumento più consistente si registra nel campo dell'informazione con il 14.1% degli
italiani che è disposto oggi a informarsi di più sulla situazione dei Paesi più poveri,
rispetto al 10.1% che segnalava tale disponibilità nella rilevazione del 1999. Chi si
dichiara disposto a dedicare parte del proprio tempo ad un'associazione di volontariato
è il 12.7% della popolazione, a fronte del 15.2% della rilevazione del 1999. In forte
contrazione appare anche il numero dei potenziali volontari, l'insieme cioè delle persone
intenzionate a impegnarsi per un congruo periodo di tempo in un progetto di sviluppo
attuato in uno dei Paesi più poveri: dall'11.6% della rilevazione del 1999 al 6.4%
dell'indagine del 2001.
38
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
La solidarietà in Italia è fenomeno rilevante non solo dal punto di vista della cultura
civica, ma anche per le economie che muove; coinvolge una quota di popolazione (6 su
10) tendenzialmente generosa e pronta a rispondere alle emergenze. La propensione alla
mobilitazione attraverso canali di comunicazione quali la televisione è anche in questo
campo evidente, nonché la tendenza alla delega. Una causa appassiona solo sino a che
resta all'attenzione di tv e giornali.
Giovani e volontariato in Europa…
Per parlare di giovani e partecipazione è necessario fare una premessa. Il dato poco confortante
dell’impegno civico non lascia dubbi: a tutto siamo di fronte tranne che a un fenomeno di massa.
Secondo i risultati di una ricerca condotta dalla Commissione Europea, nel 2001 il 50% dei
giovani del vecchio continente ha dichiarato di non essere iscritto a nessuna organizzazione o
associazione (cfr. grafico più sotto). Il restante 50% si dedica all’associazionismo sportivo (28%),
alle organizzazioni religiose o giovanili, a seguire le associazioni culturali e il volontariato
ambientalista. Il 4% è membro di un partito o di un sindacato, solo l’1% milita in organizzazioni in
difesa dei consumatori.
In linea generale in Europa i giovani di età tra i 15 e i 24 anni non prendono parte attiva alla vita
sociale, preferendo spendere il proprio tempo con gli amici (74%), guardando la tv (69%) e
ascoltando musica (66%). Uno su due dichiara di praticare abitualmente uno sport, quattro su
dieci passano il loro tempo davanti al computer, leggono libri, vanno al cinema, a teatro o ai
concerti. Le ragazze prediligono fare shopping, leggere e andare in discoteca, i maschi amano lo
sport e i video games. Sulla partecipazione alla vita pubblica prevale nettamente la realizzazione
degli obiettivi privati: valori individuali come la famiglia, la realizzazione professionale ed
economica, l’amore e l’amicizia relegano in bassa classifica valori collettivi come l’impegno
politico e la partecipazione più o meno attiva alla vita pubblica. Il compito di incoraggiare i ragazzi
all’impegno sociale viene attribuito principalmente alla scuola, quindi alla famiglia e agli amici,
secondo alcuni dovrebbero occuparsene i mass media e la politica (partiti e istituzioni). In quanto
a suggerimenti i ragazzi vorrebbero essere consultati prima delle decisioni politiche che li
riguardano (46%), auspicano una maggiore politica di iniziative verso il mondo giovanile (45%) e
l’introduzione dello studio obbligatorio dell’educazione civica nelle scuole (37%). Ne emerge
ancora una volta che la scuola viene riconosciuta come il luogo più consono per incentivare la
partecipazione sociale.
Partecipation in associations / organisations (% EU 15)
None
50
Sports clubs
28
Religious or parish organisations
8
Youth organisations
7
7
Hobby special interest clubs
Cultural associations
6
Others
5
Environmentalist associations
5
Charitable organisations
5
Trade unions or political parties
4
Human rights movements
2
Consumer organisations
1
0
10
20
39
30
40
50
60
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
… e in Italia
Nel nostro paese il dato del volontariato deve fare i conti con una condizione giovanile
particolare. Negli ultimi decenni il periodo che intercorre tra l’adolescenza e l’ingresso nella vita
adulta si è enormemente dilatato. Si tratta di una fase transitoria in cui i ragazzi, studenti o
lavoratori che siano, restano per anni sotto il tetto dei genitori, vuoi per motivi socio-economici,
vuoi per attaccamento a uno stile di vita agiato, rimandando di fatto il tempo dell’autonomia di
parecchi anni. Di conseguenza, anche il periodo delle scelte, e quindi la consapevolezza che
porta a un determinato livello di partecipazione sociale, arriva molto più tardi. In Italia l’età media
degli iscritti e degli attivisti è ben salda tra i 30 e i 54 anni, il 28% è pensionato, solo 1 su 10 è
studente. Al Sud, poi, il volontariato viene spesso inteso come opportunità di inserimento
lavorativo: alla domanda “perché non hai mai svolto attività di volontariato?”, le prime tre risposte
sono state, nell’ordine: perché non ho tempo, non ho avuto occasione, non ci ho mai pensato.
Tuttavia si assiste negli ultimi anni a una tendenza a uniformarsi ai livelli dei paesi europei in cui
l’associazionismo ha tradizione più lunga. Secondo una ricerca del Dipartimento degli Affari
Sociali, i giovani d’oggi ritengono il volontariato una pratica molto importante, considerando
l’assistenza sociale al primo posto con il 54,6%, quella sanitaria al 40,1%, e l’ambiente al 24,7%.
Se a primeggiare sono le attività in campo socio-sanitario, fanalino di coda sono l’ambiente e la
protezione civile in cui le associazioni operanti offrono invece una larga gamma di opzioni
d’impiego.
Dagli studi disponibili, emerge che i giovani hanno cominciato a considerare l’impegno di chi fa
volontariato come un ‘bene sociale’, una pratica necessaria che supplisce i deficit delle istituzioni
in molti settori della vita del Paese. Il trend degli ultimi anni porta comunque il segno positivo.
Secondo l’Iref, cresce nei giovani italiani la voglia di politica e di impegno pubblico. Il 36,1% degli
intervistati dichiara di avere preso parte a una manifestazione pubblica negli ultimi due anni. A
scendere in piazza sono per lo più i giovanissimi: l’età media è di 23 anni, ma tra i 16 e i 19 anni
la percentuale sale al 51,2%.
La maglia nera, come già visto, va al volontariato in campo ambientale. Oltre alla scarsa
partecipazione in organizzazioni e associazioni ecologiste, va segnalato un record italiano tutto
negativo: secondo un’indagine condotta dal CNA (Consorzio nazionale per il riciclaggio
dell’acciaio) siamo il paese dell’Unione Europea in cui i ragazzi tra i 14 e i 21 anni hanno in
assoluto meno rispetto per l’ambiente. Ecco allora che il 48,9% degli intervistati dichiara di
‘sgasare’ con motorino o auto al semaforo, 2 su 3 gettano il chewing-gum a terra, oltre il 75% si
reca a scuola o al lavoro con veicoli privati e a motore, ignorando i mezzi pubblici, tre quarti
spreca con disinvoltura l’acqua negli usi domestici, il 62% ammette di abbandonare rifiuti e
bottiglie vuote sulle spiagge e ben l’81%, oltre a non differenziare i rifiuti, abbandona il sacco
della spazzatura dove capita.
C’è poi una forma inedita di volontariato che, seguendo il modello statunitense, ha da poco
cominciato a farsi largo nelle nostre città. Si tratta del lavoro volontario come riparazione dei
danni causati da atti vandalici. Ecco allora gli studenti impegnati a ripulire con vernice e pennello i
muri delle aule scolastiche imbrattati di spray, e quelli che, rei di avere danneggiato la scuola,
sono stati “condannati” a fare compagnia agli anziani nelle case di riposo come “pena” alternativa
e rieducativa alla sospensione.
40
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Etica e solidarietà orientano la spesa alimentare degli italiani
La virtù civica dei consumatori orienta il mercato alimentare verso un nuovo modo di produrre,
favorendo una maggior sostenibilità. Cibi sicuri e puliti ma anche prodotti che rispettino il lavoro e
la salute delle popolazioni in via di sviluppo. Uno sguardo ai prodotti alimentari provenienti dal
circuito del commercio equo e solidale ci fornisce nuovi spunti di riflessione su come cresce e
cambia la propensione al consumo in Italia. Le cifre del mercato “equo e solidale” sono
incoraggianti. Secondo una recente rilevazione, nel 2001 è stata registrata una significativa
crescita nelle vendite dei prodotti garantiti dal marchio TransFair. Secondo la ricerca, il prodotto
che ha registrato l'aumento più significativo è il cacao che complessivamente, tra la versione in
polvere (+ 32%) e la tavoletta (+14,5%) ha raggiunto la percentuale più alta, passando da 153
tonnellate nel 2000 a 180 nel 2001. Anche il caffè, referenza “classica” del commercio equo e
prodotto di punta, ha conosciuto una crescita del 20%, passando dalle 399 tonnellate del 2000
alle 462 del 2001. Il tè cresce invece del 25%: dalle 31 tonnellate del 2000 arriva ad una vendita
di 38 tonnellate nello scorso anno. Anche il succo d'arancia, nel 2001 distribuito attraverso la
rete dei supermercati Coop e neo inserito nella gamma di prodotti garantiti, ha conosciuto un
avvio interessante con un bilancio di 129 mila litri venduti. “Sono dati interessanti, che indicano
come le referenze equo solidali siano conosciute e apprezzate per il loro rispetto dei diritti dei
lavoratori, ma anche per la loro qualità, che ha portato molti consumatori a ricomprarli e a
consigliarli a parenti e amici”. Così commentava i dati Paolo Pastore, direttore di TransFair Italia.
Tra le ragioni della crescita, secondo i responsabili di TransFair, figura l’inserimento progressivo
di questi prodotti nelle catene della grande distribuzione. Dopo Coop ed Esselunga, anche la
catena francese Carrefour ha annunciato che aprirà tutti i suoi punti vendita italiani ai prodotti del
commercio equo garantiti dal marchio TransFair. Il gruppo dopo aver inserito prodotti “equi” di
Mondovero in circa 300 punti vendita, ora ha deciso di allargare l’operazione, inserendo caffè, tè,
cacao, cioccolata e miele. Con l'avvio di questa collaborazione, i prodotti equosolidali saranno
presenti in Italia in circa 3500 punti vendita della Gdo.
Anche l'Europa è pronta a fare la sua parte proponendo un solo marchio europeo per i prodotti
del commercio equo e solidale. Dal 2003 l’omino bianco e nero che contraddistingueva in Italia il
marchio TransFair, sarà sostituito da una parola e da un simbolo che unificherà i marchi di
garanzia europei sotto lo stesso nome: Fair Trade. Così ha deciso il Flo (Fair Trade Labelling
Organizations), il coordinamento dei marchi di garanzia. Il labelling “equo” è nato in molti paesi
europei per creare sbocchi commerciali ai produttori dei paesi poveri, per garantire loro contratti
di lunga durata con i distributori e margini di guadagno sufficienti ad assicurare investimenti nelle
comunità locali. I marchi del commercio equo sono nati inizialmente per certificare le centrali
(spesso non profit) di importazione dei prodotti provenienti dai paesi in via di sviluppo e
successivamente hanno coinvolto anche le imprese intenzionate a inserire nella propria gamma
di offerta prodotti provenienti dal circuito equo. Il Flo sta portando a compimento anche un altro
importante percorso: farsi riconoscere dall’Unione europea come unico ente certificatore
comunitario per rilasciare il Fair Trade Label a produttori e alle aziende licenziatarie.
41
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Ecocivismo - Capitolo 2
Raccolta differenziata: misurare
la civicness nei gesti quotidiani.
Il confronto 2000 - 2001
In cinque anni più che raddoppiata la raccolta differenziata a livello
nazionale, sempre più italiani contribuiscono con impegno civile a
raggiungere questo obiettivo. Ma l'Italia è ancora indietro sulla media
europea, anche sul fronte dello smaltimento dei beni durevoli. Attento e
continuo monitoraggio di Legambiente: i "Comuni Ricicloni".
2.2.1 Produzione e raccolta in Italia nel 2001
Cinque anni fa veniva approvato il Decreto legislativo 22/97 sui rifiuti che, recependo
tre direttive comunitarie (91/156/CEE e 91/689/CEE e 94/62 CE), ha avviato nel nostro
Paese la riforma della gestione dei rifiuti verso un sistema di tipo integrato. Tra i
risultati più significativi raggiunti in questi pochi anni va sicuramente annoverato
l’incremento della raccolta differenziata: mentre nel 1996 interessava solo il 7,2% dei
rifiuti urbani prodotti, nel 2001 ha raggiunto quota 16,9% (in presenza peraltro di un
costante aumento dei rifiuti). A fronte di questo dato medio nazionale rimane, però, un
consistente divario tra centro-nord e centro-sud e, mentre sono ormai centinaia i comuni
che hanno superato quota 50%, sono soltanto nove le Province che hanno raggiunto
percentuali superiori al 35%; cinque sono sopra il 30%, otto sopra il 25%, dodici sono
ancora a percentuali di raccolta differenziata tra il 20 e il 25%. Oltre due terzi delle
Province italiane sono, dunque, ben lontane dall’obiettivo del 35% da raggiungere entro
il febbraio 2003, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 22/97.
Questi sono i dati emersi dall’indagine effettuata dall’Osservatorio Nazionale Rifiuti
(ONR) e Legambiente. La produzione complessiva è stimata in 29.325.000 tonnellate,
di cui quasi la metà nelle Regioni del Nord; ma è nelle Regioni del Centro che vi è stato
il maggior aumento di produzione in termini percentuali. Tra le Regioni, il primo posto
per la produzione lo detiene la Lombardia, seguita dal Lazio, dove maggiore è stato
anche l’incremento percentuale (+4%) e dalla Campania.
Sono invece l’Emilia Romagna e la Toscana le Regioni dove si registra la maggior
quantità di rifiuti prodotta pro-capite con 645,5 e 643,6 kg /abitante/anno.
Tra le Province capoluogo di Regione, quelle che presentano la più elevata produzione
di rifiuti risultano Roma, Milano, Napoli e Torino. Da sottolineare comunque il fatto
che l’aumento di 10 chilogrammi di rifiuti pro-capite, stimato come media nazionale,
sembrerebbe bilanciato da un’analoga crescita in peso delle quantità pro-capite di rifiuti
raccolti in maniera differenziata.
42
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Tabella 1 - Produzione di rifiuti urbani in Italia, 2001
2000
(tonnellate)
2001 (*)
(tonnellate)
Variazione
(%)
Nord
13.204.950
13.453.200
+ 1,9 %
Centro
6.538.400
6.754.000
+ 3,3 %
Sud
9.510.100
9.627.800
+ 2,0 %
Italia
29.253.450
29.835.000
+ 2,0 %
* stime
Fonte: Osservatorio Nazionale sui Rifiuti
Tabella 2 - Produzione di rifiuti urbani in Italia, pro capite, 2001
Abitanti
2000
(kg/abitante/anno)
2001 (*)
(kg/abitante/anno)
Variazione
(kg/abitante/anno)
Nord
25.713.406
513,5
523,2
+ 9,7
Centro
11.096.946
589,2
608,6
+ 19,4
Sud
20.869.543
455,7
461,3
+ 5,6
Italia
57.679.895
498,4
508,4
+ 10,0
* stime
Fonte: Osservatorio Nazionale sui Rifiuti
Dal dato complessivo regionale, in Italia sono stati raccolti in maniera differenziata
circa il 16,8% dei rifiuti prodotti nel 2001, con un incremento rispetto all'anno
precedente dell’1,7%: la Lombardia e il Veneto, rispettivamente con il 36,7% e il
31,4%, si confermano le Regioni con il tasso di raccolta più elevato, nel primo caso con
percentuali che hanno già raggiunto l'obiettivo del 35% fissato per il 2003 dal decreto
22/97. Sopra la quota del 25% - obiettivo del 2001 – solo il Trentino Alto Adige e la
Toscana, che tra l’altro è la regione che insieme al Veneto ha avuto il maggior
incremento percentuale rispetto al 2001. Tra il 15 e il 25% la Valle d’Aosta, il
Piemonte, il Friuli Venezia Giulia e l’Emilia Romagna.
Nelle Regioni del Mezzogiorno, ancora in larga parte soggette ad Ordinanza di
commissariamento, nonostante la raccolta differenziata raggiunga mediamente
percentuali molto basse, aumenta il numero dei comuni che la avviano, soprattutto in
Campania e Puglia. Sempre con riferimento a tutto il territorio nazionale, si può notare
come il dato riferito alle Province capoluogo di regione sia in linea con il dato
regionale: sono soltanto due con percentuali superiori al 35% (Milano e Bolzano); una
supera la quota del 25% (Firenze), cinque mostrano percentuali comprese tra il 15 e il
25%.
43
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Tabella 3 - Raccolta differenziata in Italia, 2001
2000
(tonnellate)
2001 (*)
(tonnellate)
2000
(% su prod. rifiuti)
2001 (*)
(% su prod. rifiuti)
Variazione
(%)
Nord
3.353.080
3.629.990
25,4 %
27,0 %
+ 1,6 %
Centro
741.380
933.600
11,3 %
13,8 %
+ 2,5 %
Sud
309.300
448.570
3,2 %
4,7 %
+ 1,5 %
Italia
4.403.760
5.012.160
15,1 %
16,8%
+ 1,7 %
* stime
Fonte: Osservatorio Nazionale sui Rifiuti
Tabella 4 - Raccolta differenziata in Italia, pro capite, 2001
Abitanti
2000
(kg/abitante/anno)
2001 (*)
(kg/abitante/anno)
Variazione
(kg/abitante/anno)
Nord
25.713.406
130,4
141,2
+ 10,8
Centro
11.096.946
66,8
84,1
+ 17,3
Sud
20.869.543
14,8
21,5
+ 6,7
Italia
57.679.895
75,6
85,9
+10,3
* stime
Fonte: Osservatorio Nazionale sui Rifiuti
Il dato aggiornato al 2001 delle 34 Province che hanno raggiunto la quota del 20%,
riferisce di un trend di crescita sovrapponibile a quello nazionale, con alcune eccezioni
significative rappresentate da aumenti anche di 4-5 punti percentuale, come a Livorno
(+5,4%), Prato (+5,2%), Cremona (+4,7%). Ciò che emerge da questo studio è che la
gran parte delle Province sono ancora lontane dall'obiettivo del 35% fissato da qui ad un
anno dal Dlgs. 22/97 e che le Province dove si è registrata una crescita quasi nulla sono
proprio quelle che si attestavano nel 2000 a quote intorno al 20%. Là dove già si
registravano quote più alte, il trend è in costante aumento, segno che la raccolta
differenziata è ormai un elemento consolidato della gestione dei rifiuti urbani, entrata a
far parte della mentalità dei cittadini ed operata con costi competitivi rispetto ai sistemi
di gestione tradizionale.
44
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Tabella 5 - Produzione di rifiuti urbani e raccolta differenziata in Italia, per province con raccolta differenziata
superiore al 20%, 2001
Province
Milano
Varese
Como
Sondrio
Bergamo
Brescia
Pavia
Cremona
Mantova
Lecco
Lodi
Bolzano
Venezia
Padova
Treviso
Verona
Vicenza
Bologna
Ferrara
Forlì
Modena
Piacenza
Ravenna
Rimini
Reggio Emilia
Firenze
Lucca
Prato
Livorno
Massa Carrara
Pisa
Verbania
Novara
Udine
Prod. rifiuti
2001 (*)
(tonnellate)
1.831.000
407.000
249.000
73.000
404.000
615.000
272.500
176.000
197.000
143.500
93.300
257.000
524.000
388.000
301.000
401.800
334.000
531.000
226.000
240.000
390.000
147.000
257.000
246.000
313.000
603.000
286.000
180.000
238.000
132.000
238.000
76.000
163.000
261.000
RD 2000
(% su prod.
rifiuti)
38,1 %
34,9 %
29,3 %
32,2 %
45,8 %
24,9 %
20,1 %
37,9 %
27,4 %
46,9 %
35,8 %
33,7 %
21,1 %
32,6 %
36,9 %
22,8 %
31,6 %
18,1 %
20,6 %
17,9 %
20,1 %
24,4 %
21,7 %
22,3 %
35,0 %
23,9 %
27,7 %
23,3 %
16,7 %
20,1 %
20,5 %
21,9 %
28,2 %
22,9 %
RD 2001 (*)
(% su prod.
rifiuti)
39,9 %
36,3 %
32,1 %
33,4 %
46,2 %
28,3 %
21,8 %
42,6 %
28,9 %
48,2 %
37,0 %
37,5 %
23,4 %
34,7 %
39,1 %
26,7 %
34,1 %
20,0 %
21,1 %
20,1 %
23,0 %
26,0 %
26,5 %
22,7 %
38,1 %
27,4 %
31,4 %
28,5 %
22,1 %
23,8 %
24,4 %
23,8 %
30,3 %
25,4 %
RD variazione
2000/2001
(%)
+ 1,8 %
+ 1,4 %
+ 2,8 %
+ 1,2 %
+ 0,4 %
+ 3,4 %
+ 1,7 %
+ 4,7 %
+ 1,5 %
+ 1,3 %
+ 1,2 %
+ 3,8 %
+ 2,3 %
+ 2,1 %
+ 2,2 %
+ 3,9 %
+ 2,5 %
+ 1,9 %
+ 0,5 %
+ 2,2 %
+ 2,9 %
+ 1,6 %
+ 4,8 %
+ 0,4 %
+ 3,1 %
+ 3,5 %
+ 3,7 %
+ 5,2 %
+ 5,4 %
+ 3,7 %
+ 3,9 %
+ 1,9 %
+ 2,1 %
+ 2,5 %
* stime
Fonte: Osservatorio Nazionale sui Rifiuti
In molte aree di queste Province si opera da tempo la raccolta differenziata della
frazione organica, che, oltre a giocare un ruolo centrale di per sé, si è rivelata elemento
di traino anche per le altre frazioni di rifiuti urbani proprio nei sistemi dove si
conseguono i maggiori risultati in termini di raccolta differenziata.
La definizione degli obiettivi di raccolta differenziata introdotti dal Dlgs.22/97 ha dato
un forte contributo alla crescita del settore di raccolta della frazione organica
compostabile, elemento chiave per poter raggiungere le percentuali del 35% fissate al
2003. Numerose sono, quindi, Regioni e Province che inseriscono la strategia della
differenziazione secco/umido nei Piani locali, come sempre più numerosi sono i comuni
e i consorzi che attivano tali raccolte, anche in anticipo sulle previsioni dei Piani
regionali e provinciali.
45
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
A fine 2001 risultano circa 1.500 i comuni coinvolti nella raccolta secco-umido, a fronte
dei 576 del 1998. Dalle 598.000 tonnellate di frazione organica raccolte separatamente
nel 1997, nel 2001 si è passati a 1.375.000 tonnellate, che rappresentano il 27,9% della
raccolta differenziata complessiva (nel 1997 la percentuale era del 23,9%). La media
pro-capite si è attestata a 23,8 chilogrammi per abitante-anno, un valore ancora lontano
dai 75 kg/ab/anno della Germania, ma di indubbio interesse, anche dal punto di vista del
risultato in termini economici: il fatturato annuo è arrivato a 715 miliardi con un
numero di addetti pari a 1.841, che erano appena 70 nel 1993. I dati relativi al mercato
del compost di qualità dimostrano che esso viene interamente assorbito e che anzi la
disponibilità risponde solo parzialmente alla domanda di humus del nostro Paese.
A fronte dell’incremento della raccolta differenziata, il sistema industriale del riciclo
organizzato nel Conai anche nel 2001 ha confermato di essere pienamente in grado di
recuperare tutto il materiale proveniente dalla raccolta differenziata: tale materiale
sommato alla quota di recupero energetico ed al materiale proveniente dalla piattaforme
(promosse dai Consorzi di filiera per intercettare anche gli imballaggi secondari e
terziari) ha permesso al Conai di riciclare nel 2001 circa 5.000.000 di tonnellate,
superando ampiamente quota 42%.
Anche se lo studio presentato non ha approfondito analiticamente la situazione, è
evidente invece che permangono seri problemi nell’avviare interventi efficaci nella
prevenzione della produzione dei rifiuti. E proprio la prevenzione e il mancato decollo
del recupero energetico, rappresentano i nodi non ancora risolti nella politica di gestione
dei rifiuti nel nostro Paese. I continui rinvii nell’avvio della tariffa hanno peraltro
contribuito ad aggravare questa situazione.
A questo proposito va sottolineato come un altro elemento da tenere presente
nell’analisi del sistema di gestione in atto è quello relativo ai costi di smaltimento: il
basso costo del conferimento in discarica (una realtà ancora molto diffusa) ed il fatto
che non siano state ancora introdotte limitazioni sostanziali all'uso di questa modalità di
smaltimento, rappresentano un forte elemento di distorsione per l'avvio di sistemi di
gestione integrata efficienti ed in linea con altri paesi europei. In molte Regioni,
soprattutto del Mezzogiorno, inoltre si utilizzano ancora impianti assolutamente non
adeguati, che operano in regime di ordinanza contingibile e urgente ai sensi dell’art.13
del Dlgs. 22/97.
Il Dlgs. 22/97 all’art.5 comma 6 prevedeva che dal 1° gennaio del 2000 potessero essere
smaltite in discarica solo alcune tipologie di rifiuti, che dovevano essere identificate
tramite apposito decreto; questo termine è stato poi prorogato sino al recepimento della
direttiva europea 99/31/CE sulle discariche, il cui termine era fissato per il 17 luglio
2001. Con un’ulteriore proroga è stato posticipato il termine di un altro anno. Tra
l’altro, è stata anche avviata una procedura d’infrazione da parte della Commissione
Europea verso il nostro Paese per non aver ancora recepito la Direttiva 99/31/CE sulle
discariche.
46
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Campania, nonostante la grave emergenza superato il 10 di R.d.
Nel 2001 il dato medio regionale di raccolta differenziata si attestava all’8%. “Quest’anno – ha
detto Ecosportello News, newsletter di Legambiente e Conai, Fabio Matteo, della struttura del
commissario di governo per l’emergenza rifiuti in Campania – possiamo stimare che supereremo
il 10%”. Mentre in Campania continua l’emergenza rifiuti (Commissario è il presidente della giunta
regionale Antonio Bassolino, sub Commissario per la gestione dei rifiuti è invece Giulio Facchi),
molte città cercano di imboccare la strada della gestione sostenibile dei rifiuti. Con dati che
cominciano ad avvicinarsi a quelli di altre realtà più avanzate del centro e del nord Italia. Certo, la
strada da fare è ancora molto lunga, ad esempio sugli impianti di riciclaggio e di utilizzo, ad
esempio, del Cdr (combustibile derivato dalla frazione secca non riciclabile dei rifiuti), ma molte
esperienze sono incoraggianti. “Napoli ha raggiunto il 12% di raccolta differenziata – dice ancora
Matteo. Avellino ha superato il 10%. Ci sono piccoli comuni del salernitano, del casertano e del
napoletano che hanno superato il 50%: è il caso di San Vitaliano in provincia di Napoli, che ha
superato il 50%, Vairano Patenora, provincia di Caserta, che è al 75%, Giffoni Sei Casali, in
provincia di Salerno che ha raggiunto il 60%”. Napoli, primo per raccolta differenziata tra i
capoluoghi di provincia regionali, ha avviato in tutti i quartieri la raccolta differenziata del secco
multimateriale: in alcuni quartieri, in quelli più ricchi come il Vomero, i cittadini ricevono
gratuitamente ogni settimana due sacchetti uno grigio e uno giallo in cui vanno buttati,
rispettivamente, carta e cartone e secco multimateriale, come plastica, stracci ecc. Negli altri
quartieri tutto il secco è raccolto in un sacco viola. In tutti i quartieri vetro e lattine finiscono nelle
campane stradali. Nel capoluogo campano l’Asia (Azienda servizi di igiene ambientale) ha
attivato la raccolta dell’umido nelle grandi utenze, come mercati e ristoranti, “arrivando a
raccogliere separatamente al momento circa 2000 tonnellate al mese di frazione organica dei
rifiuti”, informa ancora Matteo. Avellino dal punto di vista della raccolta dell’umido, è la città che
sta avviando l’operazione più impegnativa: ha da poco attivato la raccolta condominiale
dell’umido e presto la estenderà a tutta la città (più di 50 mila abitanti). L’emergenza comunque
continua. In Campania mancano soprattutto gli impianti, anche quelli di riciclaggio. Le discariche
o sono abusive o stanno per esaurirsi. Il Governo dovrebbe prorogare l’emergenza rifiuti in
Campania per altri due anni (l’attuale stato d’emergenza decretato dal governo scade il 31
dicembre 2002), sperando di risolvere anzitutto la questione impiantistica.
2.2.2 Gravi ritardi nello smaltimento e nel recupero dei beni durevoli
Un grave ritardo va segnalato anche nell'avvio di un sistema di raccolta e di recupero
dei beni durevoli dismessi, ovvero frigoriferi, surgelatori, congelatori, televisori,
computer, lavatrici, lavastoviglie e condizionatori d'aria. Sono ben 750.000 le tonnellate
di beni durevoli immessi al consumo domestico nel triennio 97-99. Delle 253.773
tonnellate messe in commercio nel 1999, una quota pari a 182.427 è stata dismessa, di
cui solo 24.600 (13,48%) raccolta in maniera differenziata e di questa solo 17.000
tonnellate sono state trattate in piattaforme pubbliche e private specializzate.
Si stima che nelle case degli italiani siano presenti almeno 20 milioni di frigoriferi, una
quota analoga tra lavatrici e televisori, e circa sei milioni di lavastoviglie; considerando
la durata media di tali apparecchiature, e a fronte di un consumo medio annuo
complessivo di quasi dieci milioni di pezzi, sarebbero almeno 5 milioni e 500mila gli
47
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
elettrodomestici dismessi ogni anno, pari a oltre 170mila tonnellate di materiale, di cui
circa 1.500 costituite da sostanze pericolose.
Le varie iniziative intraprese per raggiungere tramite protocolli d'intesa e accordi di
programma, il decollo di un sistema di raccolta e recupero capace di intercettare le
quantità dismesse sul mercato di beni durevoli ed il loro corretto trattamento prima dello
smaltimento finale, non hanno dato i risultati sperati. Tant'è che la gran parte delle
piattaforme nate con questo obiettivo sono di gran lunga sottoutilizzate, con gravi danni
per l'economia e per l'ambiente. A questo proposito è significativo ricordare che nel solo
anno 2000 sono state rilasciate in atmosfera oltre 2.500 tonnellate di gas nocivi per
l'ozono (CFC, HCFC) a causa del non corretto smaltimento delle apparecchiature che li
contengono.
La direttiva europea - che verrà approvata verosimilmente entro l’anno in corso prevede che gli Stati membri organizzino la raccolta dei beni durevoli a fine vita, come
servizio al cittadino. Spetterà ai produttori ritirare i rifiuti dagli appositi centri di
raccolta, dai quali dovranno essere trasportati agli impianti di trattamento. Le
percentuali minime di recupero che entreranno in vigore entro il 2006 variano tra il 70 e
il 90%, secondo la tipologia del prodotto, e i costi saranno pienamente a carico dei
produttori, senza oneri per i consumatori.
In Emilia accordo di programma Legambiente Coop per ritiro elettrodomestici
usati
Nuova alleanza virtuosa tra ambientalisti e grande distribuzione all’insegna del riciclaggio degli
elettrodomestici, pratica che nel nostro paese va a rilento. Legambiente Modena Nord d’intesa
con Legambiente Emilia Romagna (www.legambienteonline.it), Coop Estense, azienda leader nel
settore della distribuzione di beni di largo consumo, con una presenza molto diffusa nel territorio
modenese e ferrarese (50 punti vendita), hanno sottoscritto alla fine di gennaio un accordo che
prevede il recupero e l’avvio al riciclaggio degli elettrodomestici usati. Il patto è stato siglato
anche da Tred Carpi, società nata da un progetto del ministero dell’Ambiente e di Cispel (oggi
Conservizi), leader italiana nel settore del trattamento degli elettrodomestici dismessi e nel
recupero delle parti riutilizzabili dei beni durevoli giunti a fine vita. Gli ambientalisti si attiveranno
per informare i cittadini della possibilità di utilizzare il servizio. Coop Estense inviterà i suoi clienti
a restituire le attrezzature dismesse, e attrezzerà delle piattaforme intermedie per la raccolta degli
elettrodomestici che saranno successivamente inviati a Tred Carpi. Quest’ultima si impegna a
ritirare e a trattare i materiali raccolti, e a riferire periodicamente a Legambiente e a Coop la
quantità degli elettrodomestici trattati, le tipologie di trattamento utilizzate e la destinazione dei
materiali recuperati. L’iniziativa, come dicevamo, mira a promuovere il riciclaggio degli
elettrodomestici che, nel nostro Paese, procede molto a rilento.
2.2.3 Un impegno in comune: sono più di quattrocento
i Comuni Ricicloni, edizione 2001.
Dei circa 1000 comuni che hanno aderito all’iniziativa di Legambiente “Comuni
Ricicloni”, sono oltre 400 le amministrazioni più attente che offrono un servizio
efficiente di raccolta differenziata. Sono ancora prevalentemente concentrati nel
settentrione, ma anche al centro sud cominciano a giungere segnali incoraggianti.
48
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Un risultato è da citare prima degli altri: il 60% di raccolta differenziata del comune di
Sant'Omero (TE) che punta, credendo fortemente nel suo progetto, ad arrivare all’80%.
C'è chi all’80% è già molto vicino. Sono 12 i comuni che potrebbero esportare
esperienze e dati da cui si potrebbe evincere che le raccolte differenziate sono ben
lontane dal costituire un peso economico nei bilanci comunali e nelle tasche dei
cittadini.
Tabella 6
Comune
TORRE BOLDONE
ELLO
MONTICELLO BRIANZA
BELLUSCO
VILLA DI SERIO
PALAZZAGO
ROBBIATE
SIRTORI
ALZANO LOMBARDO
PRESEZZO
BATTAGLIA TERME
TORRE DE' BUSI
Provincia
BG
LC
LC
MI
BG
BG
LC
LC
BG
BG
PD
LC
Kg / g / ab
1,1
1,7
1,5
1,6
1,1
0,6
1,2
1,9
0,8
1,1
1,0
0,9
% RD
78,7%
77,3%
75,7%
75,4%
74,7%
74,5%
74,1%
72,3%
71,7%
70,6%
70,5%
70,3%
Abitanti
7.728
1.088
4.214
5.953
5.795
3.598
4.878
2.625
12.118
4.479
4.220
1.768
La provincia di provenienza evidenzia sicuramente i territori dell'eccellenza, tra i quali
figurano poco in questa tabella, per pochissime frazioni di punto percentuale, alcuni
comuni veneti. Il Veneto tra l'altro come media regionale di raccolta differenziata intorno al 33% - sta incalzando la media lombarda che ha raggiunto il 36%, mentre le è
avanti se si considera la capacità impiantistica di trattamento dei rifiuti organici. La
Lombardia però detiene ancora un primato: la media percentuale di r.d. dei comuni della
provincia di Lecco è arrivata al 50%.
Nuova eccellenza, tuttavia, si sta preparando con esperienze vivaci e in divenire: si
consolida il Cremonese, si affaccia il Novarese che insieme alla città capoluogo, Torino,
insieme a Biella e al V.C.O. - Verbano Cusio Ossola - incominciano a coprire un
territorio abbastanza vasto del Piemonte. La Toscana, pur con buchi neri - ma ogni
regione ha i propri - raggiunge, con alcuni comuni e con piccoli territori, gli obiettivi di
legge del 2003; con una buona porzione può dire di aver conseguito gli obiettivi del
2001, e il gruppo segue con percentuali oramai dimostratesi modeste, ma comunque
oltre il 15%. All'appello risponde anche l'Emilia Romagna, in particolare la provincia di
Reggio Emilia, con quasi il 35% di media provinciale. Il resto dell'Italia si sta
muovendo e compaiono le macchie di leopardo: qualche città nelle Marche e in Umbria,
qualche piccolo comprensorio, nel Leccese, alcune buone partenze in Campania sulla
quale abbiamo aperto una breve finestra, dal titolo significativo: “Il futuro è già qui”;
come già detto, realtà in Abruzzo di prim'ordine stanno cercando di fare da locomotiva
per il territorio vicino. Due comuni assolutamente da segnalare: Maglie e Molfetta i
primi due comuni del sud Italia ad aver raggiunto l'obiettivo del 15%. Nulla per ora si
muove in Sicilia, né in Calabria.
Questo è ciò che avviene nelle trincee dei comuni piccoli e grandi dell'Italia, dove
pubblica amministrazione e cittadini si incontrano e si scontrano, spesso faccia a faccia.
49
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Cosa avviene nelle altre amministrazioni dello Stato? Ci sono iniziative di forte
interesse che aiutano a caduta le amministrazioni comunali con incentivi. Alcuni esempi
che riguardano micro-iniziative e micro-progetti: la Regione Piemonte, con criteri di
selezione molto severi, dà un incentivo ai Comuni che superano il 50% di r.d. pari a 10
mila lire per abitante; quindi il piccolissimo comune di Tornaco (898 ab.) potrà inserire
in bilancio il contributo, una volta deliberato, di 8.980.000 lire; sempre per rimanere in
Piemonte, la Regione riconosce un incentivo di 50 £/kg per l'umido conferito a impianti
di compostaggio. La provincia di Torino è attivissima sul fronte delle Agende 21 Locali
ed è stata obiettivo di un progetto di Green Public Procurement di ANPA.
La Regione Emilia Romagna, nel piano di sviluppo rurale appena emanato, riconosce
un contributo alle aziende agricole che utilizzano compost in campi destinati
all'agricoltura biologica; la provincia di Lecco ha accettato di contribuire alla
realizzazione di un progetto presentato da Legambiente unitamente ad ANPA e a due
comuni Monticello Brianza e Osnago sul Green Public Procurement
(l'approvvigionamento, da parte della pubblica amministrazione, di materiale riciclato);
sempre la provincia di Lecco stanzia dei contributi per i Comuni che abbiano una
produzione di rifiuti inferiore a quella dell'anno precedente; la provincia di Bergamo ha
attivato un bando di concorso con piccoli incentivi in denaro per i comuni che abbiano
presentato i migliori progetti finalizzati alla riduzione dei rifiuti. Insomma, piccoli passi
si stanno muovendo anche verso la prima opzione della gestione dei rifiuti, la riduzione!
E' per questo che abbiamo attribuito un premio speciale per il comune di Mogliano
Veneto che ha investito in un progetto significativo verso cittadini e commercianti
proprio sulla riduzione dei rifiuti.
Ma a questo punto cosa è necessario fare affinché i cittadini ben amministrati passino da
un quinto alla totalità? Riteniamo che la chiave di volta sia la questione impiantistica:
impianti mirati sulle esigenze del territorio, nessun export per i rifiuti, innovazione da
parte delle imprese. Sicuramente è indispensabile muovere le leve degli incentivi e dei
disincentivi economici, ma anche questi sulla base di una strategia possibilmente
evolutiva verso la sostenibilità: audit di gestione ambientale, migliori tecnologie
disponibili, controlli efficaci; politiche integrate di prodotto.
50
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Green Public Procurement, a quando il decreto governativo?
E’ in ritardo l’applicazione degli articoli inseriti in finanziaria per promuovere gli “acquisti verdi” da
parte della pubblica amministrazione. L’obbligo di dedicare a beni realizzati con materiale riciclato
almeno il 30% dei loro acquisti, è stato approvato ma resta ancora sulla carta. E’ slittato il termine
di fine marzo entro il quale si dovevano stabilire le norme. Anche l’Unione europea preme perché
le amministrazioni degli stati membri promuovano gli acquisti verdi: “Un impulso importante alla
diffusione di prodotti ecologici – scrivono gli estensori del Libro verde sulle politiche integrate di
prodotto, pubblicato nel 2001 – può venire dagli approvvigionamenti pubblici: le amministrazioni
pubbliche devono assumersi le proprie responsabilità ed essere le prime a creare una domanda
di prodotti ecologici. Più forte sarà la domanda e più rapido e massiccio sarà il passaggio verso
un consumo più sostenibile”. Il settore degli approvvigionamenti pubblici rappresenta mediamente
il 12% del Pil dell’Unione europea ma in alcuni casi, come in Francia, può raggiungere anche il
19%.
In Italia, ai ritardi amministrativi centrali fa fronte un attivismo locale virtuoso che sempre più sta
prendendo piede. Alcuni consiglieri regionali lombardi, tra cui Carlo Monguzzi, capogruppo dei
Verdi, e Silvia Ferretto di An, hanno presentato un progetto di legge che ha riscosso il consenso
di un ampio schieramento trasversale e che sarà probabilmente approvato dall’assemblea
lombarda: il provvedimento prevede che almeno il 40% della carta utilizzata dall’amministrazione
regionale sia riciclata e mira a diffondere, con campagne promozionali, l’uso di carta recuperata
nelle pubbliche amministrazioni e nelle imprese. C’è poi un’altra iniziativa, il premio Comune
Riutilizzatore degli Amici della Terra, che da un po’ di anni cerca di sensibilizzare i comuni sugli
acquisti verdi. Per partecipare alla gara i comuni devono dimostrare che almeno il 50% dei
prodotti utilizzati sono riciclati, e che il fornitore è conforme agli standard ISO 9001 e ISO 14000
dove richiesto, con un particolare riguardo per le strutture destinare ai bambini ed all'arredo
urbano. Alla terza edizione del premio, fanno sapere gli Amici della terra, hanno partecipato circa
il 5% dei comuni italiani. La partecipazione è raddoppiata rispetto alla scorsa edizione, segno di
una maggior attenzione al tema degli acquisti verdi nelle pubbliche amministrazioni. Le regioni
con la miglior percentuale di risposta sono il Veneto (11%) e la Val d'Aosta (10%), ma la grossa
novità sta nel fatto che tutte le regioni Italiane hanno partecipato con almeno l'1% dei comuni
presenti sul loro territorio. Le spese maggiori, registrate dagli ambientalisti tra i comuni che hanno
aderito alla gara, sono quelle relative ai prodotti realizzati con amido di mais, riso o alghe
(tipicamente prodotti per il catering e le mense scolastiche, come piatti di carta, bicchieri,
tovaglioli, sacchetti rifiuti). Le spese relative alla carta riciclata, contrariamente alle attese, sono
invece molto inferiori.
51
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Protezione Civile - Capitolo 3
Cura del territorio e protezione
dell’ambiente
Da uno stato d'emergenza totale, l'Italia in questi ultimi anni, ha raggiunto
un livello elevato di efficienza nel sistema della Protezione Civile, anche
grazie ad una rete esemplare di volontariato. Adesso, con la soppressione
dell'Agenzia di Protezione Civile, si rischia di perdere l'enorme capitale
sociale di partecipazione volontaria accumulato in anni di lavoro.
2.3.1 Protezione civile: 2002 anno della svolta?
Da paese delle emergenze dimenticate, dei disastri annunciati, dei soccorsi
cronicamente in ritardo l’Italia potrebbe presto proporsi addirittura come un modello a
livello internazionale per l’efficienza e la capillarità del suo sistema di protezione civile.
Almeno a livello strettamente “emergenziale”. Questo il parere di Elvezio Galanti –
dirigente del dipartimento nazionale di Protezione Civile - che segnala enormi progressi
negli ultimissimi anni e annuncia: con la messa a regime dei centri funzionali per il
settore meteo, l’adozione del sistema Augustus come esempio a livello europeo e il varo
dell’operazione “piani d’emergenza comunali” in tutte le regioni il 2002 potrebbe essere
un anno decisivo.
2.3.2 Le novità positive
“I progressi sono innegabili - esordisce Galanti - e faccio subito un paio di esempi.
Basta vedere come è stata gestita l’ultima alluvione in Piemonte. A parità di magnitudo
con l’evento del ’94 i danni e le vittime sono state infinitamente minori e questo quasi
soprattutto per la maggiore velocità di intervento e la conoscenza acquisita dei siti e le
situazioni a rischio. E poi l’Irpinia, il terremoto del 1980, uno dei nostri maggiori
disastri dal punto organizzativo e gestionale, per i tempi di intervento come per gli
enormi sprechi di fondi e risorse umane, nonché per l’assoluta mancanza di dati
aggiornati sul territorio. Ci vollero giorni solo per capire dov’era iniziato esattamente il
sisma. Oggi sappiamo che in dieci minuti potremmo determinare con precisione
l’epicentro e le sue conseguenze. E in 24 ore potremmo mettere in piedi un piano di
intervento per tutta l’area interessata. E poi, dopo la legge su Sarno e Quindici, l’Italia,
tutta l’Italia possiede finalmente una mappa aggiornata del rischio idrogeologico, grazie
alla conclusione delle perimetrature a cui erano tenuti gli enti locali. Infine, il fatto che
siano ormai tutti in azione i centri funzionali, in particolare per i rilevamenti idrometereologici, ci permette di prevedere e anticipare con precisione molti tipi di
emergenze. Si tratta, in questo caso, di una vera e rivoluzione.”
Una situazione, dunque, tutta rosa e fiori? “Stiamo parlando soprattutto dell’aspetto
emergenziale, molto resta da fare per la prevenzione delle emergenze. E inoltre, bene il
Piemonte, bene l’Umbria, ma ci sono anche regioni rimaste indietro, come la Calabria o
la Campania, al di là del piano Vesuvio. E poi se la quantità e qualità degli strumenti,
delle esperienze, degli operatori - anche volontari - è enormemente cresciuta, il rischio è
52
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
che restino esperienze locali, che manchi insomma un vero coordinamento generale che
potrebbe lasciare indietro molte aree - specie nel sud. Pensiamo ai sindaci dei piccoli
centri, responsabili ora anche della protezione civile, ma che poco possono fare senza
un consorzio, una rete di aiuti.”
Già, i piani di emergenza locale, massima espressione del coinvolgimento del territorio
nella gestione e prevenzione dei rischi. Secondo i responsabili regionali della protezione
civile i primi piani dai comuni stanno affluendo, un po’ in tutte le prefetture d’Italia, ma
al momento ne a livello regionale, né presso il dipartimento nazionale di protezione
civile ci sono dati precisi. Da notare che alcune software house e studi di consulenza
hanno “fiutato” il mercato delle centinaia di comuni e piccoli e grandi che, in base al
Capo 1 della legge 59/97 art 107 – 108 e il decreto 112/98 devono dotarsi di piani
d’emergenza. Segno che qualcosa si sta muovendo. Un dato incontrovertibile è
l’aumento di siti dedicati alla protezione civile “ufficiale” e “volontaria”, sulla scia di
un’informatizzazione degli enti locali (almeno regioni, province e principali comuni)
ormai quasi completata.
Segnali positivi. Così come arrivano nuovi esempi di collaborazione e sinergia. In
Piemonte, ad esempio, la Protezione civile ha istituito un sistema di scorte in caso
calamità con un inedita convenzione tra regione e Banco Alimentare (presto anche in
Lombardia): viveri per 5 mila persone per 5 giorni, pronti dallo scorso febbraio. La
convenzione prevede che prima della scadenza questi prodotti vengano distribuiti dal
Banco Alimentare, secondo i consueti criteri della onlus.
2.3.2.1 E quelle preoccupanti
Ma è proprio negli ultimi tempi che il futuro della rete di protezione civile si punteggia
di nuove incognite. La scomparsa dell’Agenzia di protezione civile. Un taglio di circa
530 miliardi di lire tra il bilancio 2001 e 2002. Una riforma dei poteri delle regioni che
rischia di tradursi in una maggiore burocratizzazione dell’intero sistema, più poteri e
spazi per l’azione delle prefetture, da cui dipende sempre di più il nuovo Corpo dei
vigili del fuoco (la Lombardia ne propone la regionalizzazione) e, infine, un progetto di
legge depositato in Senato per “L’istituzione di una Commissione parlamentare
d'inchiesta sullo stato attuale della protezione civile”. Il primo firmatario è Luigi
Manfredi (Forza Italia). L’idea è quella di “prendere provvedimenti politici di grande
valenza per tutelare l’integrità della vita umana, dei beni, degli insediamenti e
dell’ambiente”.
Lo stato della protezione civile insomma dev’essere verificato secondo parametri
prettamente politici. Proprio Guido Bertolaso, già capo per pochi mesi della protezione
civile nel 96, si era espresso “contro un agenzia autonoma slegata da tutti gli altri
apparati di soccorso e di pronto intervento” (come ribadito in una recente intervista a
“Famiglia Cristiana”). Il rischio, in generale, con un accentuazione del potere centrale
(regionale o statale che sia) è quello di un minore coinvolgimento della protezione civile
“diffusa”, le associazioni di volontariato, ma anche le piccole cellule di volontari di
protezione civile locali, con il loro carico di esperienza e radicamento sul territorio.
Valga per tutti lo sfogo di Francesca Sanna, assessore delle Provincia di Lodi e
responsabile per l’area della protezione civile. “E’ imminente una mobilitazione di
molte realtà della protezione civile del Centro nord contro questo Progetto di legge.
Temiamo una burocratizzazione e anche una “militarizzazione” dell’intero sistema che
rischia di impoverire uno degli aspetti più interessanti dell’attuale rete: lo spontaneismo,
53
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
l’eterogeneità delle realtà mobilitate. Si parla di un rapporto più stretto con le prefettura,
professionalità certificata, disponibilità 24 ore su 24, professionalizzazione… Un corpo
d’elite insomma.
Ma nelle ultime alluvioni sul Po’ il 10% del lavoro lo svolsero i piccoli gruppi
comunali. Ci sarà spazio per loro? Un segnale: da quanto non si fanno convegni o
esercitazioni nazionali aperte a tutti di protezione civile? Erano quelli a garantire una
crescita uniforme del settore, lo scambio di competenze… In questo senso gli incontri
locali autogestiti non servono, anzi rischiano di parcellizzare le culture dell’emergenza.
Senza Agenzia secondo me si torna indietro di 50 anni, alla legge Zamberletti”. “Vedo
una situazione a macchia di leopardo – aggiunge da Napoli l’ingegner Ernesto Calcara,
Dirigente regionale del Settore della Protezione Civile campana – Una struttura quasi
completa a livello nazionale c’è, manca però spesso di strutture e contenuti a livello
locale. Bene il centro nord, che vanta un’annosa esperienza di volontariato e di centri di
protezione civile comunali, in ordine sparso il Mezzogiorno, dove molte delle nuove
indicazioni – centri di controllo regionali, centri meteo, piani d’emergenza locali – sono
rimasti sulla carta. C’è un centro funzionale pronto in Calabria, ma solo per una
presenza precedente di studiosi e tecnici specializzati, si sta muovendo faticosamente la
mia regione, altrove siamo a zero.”
2.3.3 Il metodo Augustus: una buona idea italiana
In principio il protocollo per le emergenze di protezione civile si chiamava Mercurio.
Uno schema che, ricordano ancora oggi dirigenti del dipartimento di protezione civile,
amministratori e volontari, si limitava a fare una pura cernita dei mezzi disponibili in
caso d’emergenza. Recentemente adottato come modello a livello europeo Il metodo
Augustus – collaudato ormai da qualche anno - è un protocollo di pianificazione
emergenziale mirato a uniformare gli interventi e i progetti sul territorio. Elaborato da
un gruppo di studio istituito dall’allora Sottosegretario di Stato Franco Barberi, propone
dunque l’elaborazione di una unica linea guida per la pianificazione di emergenza a
completamento della legge sulla protezione civile 225/92 e sulla scia della circolare n.2
del 1994, che segnalava proprio le lacune e la parcellizzazione organizzativa della
pianificazione di emergenza del Dipartimento della Protezione Civile.
Le linee guida sono quelle della flessibilità e semplicità. Dal semplice censimento di
mezzi utili agli interventi di protezione civile al concetto di disponibilità delle risorse; a
un sistema di piani tenuti in vita con periodiche esercitazioni ed aggiornamenti. Il tutto
con un più forte coinvolgimento degli enti territoriali. Strumenti privilegiati sono la sala
operativa provinciale (quasi tutte le regioni ne starebbero ultimando la messa in
funzione), la sala operativa comunale (qui siamo un po’ più indietro) e i conseguenti
piani provinciali e comunali (il censimento da parte delle prefetture è in pieno corso di
svolgimento).
Ognuno di questi piani è tenuto a contenere queste linee: Coordinamento ed indirizzo
per tutte le fasi di risposta previste dal Piano; Procedure semplici e non
particolareggiate; Individuazione delle singole responsabilità nel modello di intervento;
Flessibilità operativa nell’ambito delle funzioni di supporto (con ampio spazio per le
strutture di volontariato nazionali e locali).
Facilmente reperibile su Internet (a partire dal portale della Protezione civile:
www.protezionecivile.it/dpcinforma/004/testo.htm), molto conosciuto nell’ambito degli
enti territoriali minori e le associazioni, il metodo Augustus ha permesso anche a molte
54
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
realtà piccole o poco organizzate di avere oggi alcune proprie linee guide di intervento,
schemi facilmente adattabili nel tempo e nelle diverse situazione, ma aiutato anche i
diversi soggetti dell’intervento – stato e comune, associazioni e “addetti ai lavori”, di
“riconoscersi” e coordinarsi vicendevolmente. Un piano ben studiato, visto che
l’Unione Europea lo ha adottato praticamente nella sua totalità come scheletro
dell’analogo progetto di ricerca Formidable per collaborazioni nel campo del Risk
management (per informazioni: www.formidable-project.org, il project manager è
Marco Folino, [email protected]). Al momento il Formidable coinvolge gli stati a
rischio sismico o vulcanico del sud Europa (Francia, Italia, Spagna e Grecia) e il
prossimo giugno si concretizzerà in un’esercitazione internazionale a Modena e in una
serie di altri convegni internazionali. Alla ricerca di un equilibrio tra l’intervento locale
e la collaborazione Stato-comune e stato-stato.
Il gruppo di Protezione civile di Legambiente
Se il crescente contributo del Volontariato è uno degli aspetti più positivi nello sviluppo della rete
nazionale di protezione civile, spicca per qualità e diffusione il contributo di Legambiente Italia.
Prima ed unica associazione nazionale ambientalista che, sin dal 1997, si è dotata di una
struttura operativa di protezione civile, Legambiente ha permesso con questa scelta a migliaia di
suoi volontari di intervenire in tutte le ultime principali emergenze di protezione civile nel nostro
Paese. Dal terremoto umbro, alle frane in Liguria, alle alluvioni nel nord-ovest della penisola.
Legambiente interviene inoltre quotidianamente in tutta Italia con i suoi volontari nelle piccole
emergenze comunali, provinciali e regionali. Nella lotta agli incendi, ad esempio. Oppure sul
fronte della cultura dell’emergenza e della prevenzione. Organizzando esercitazioni, corsi di
formazione, seminari e convegni; portando avanti sul territorio opere di prevenzione e di
pianificazione al fianco degli Enti Locali; facendo conoscere i rischi che gravano sul territorio ed i
comportamenti da adottare personalmente e collettivamente per affrontarli con progetti nelle
scuole e campagne di informazione. Ad oggi sono oltre cinquanta i gruppi di Protezione Civile
territoriali di Legambiente in tutta Italia. Si tratta di volontari specializzati nell’avvistamento e nello
spegnimento degli incendi boschivi, nella tutela dei beni culturali in emergenza, nell’intervento
legato ai rischi idrogeologico e sismico.
Un elenco delle emergenze in cui ha portato il suo aiuto il Coordinamento Nazionale di
Protezione Civile Legambiente (Per informazioni: Coordinamento Nazionale Protezione Civile
Legambiente, Via Salaria 403 — 00199 Roma, Tel. 06/86268329 — Fax 06/86218474 e-mail:
[email protected]):
1997 Sisma Umbria/Marche: oltre 500 volontari si sono adoperati nel mettere in salvo più di mille
opere d’arte che rischiavano di essere irrimediabilmente danneggiate.
1998 Sarno: ai volontari campani si sono unite le squadre nazionali che hanno operato nell’area
per oltre due mesi scavando nel fango nella ricerca dei sopravvissuti e per il ripristino della
normalità.
1999 Albania: sin dai primi giorni di bombardamenti i volontari di Legambiente erano in Albania a
gestire, al di fuori dalla Missione Arcobaleno, un campo profughi con oltre 1300 kosovari,
riportandoli con una carovana di automezzi, alla fine della guerra, fino alle loro case.
2000 Piemonte e Valle d’Aosta: a meno di 24 ore dalla catastrofe oltre cento volontari erano
presenti sui luoghi colpiti dall’onda di piena dei fiumi a spalare fango dalle case e dalle strade. Più
55
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
di 100 gli interventi portati a termine nel Comune di Ivrea, nella Valle dell’Orco e in Val Soana in
Piemonte e a Donnas in Val D’Aosta.
2000 Liguria: a poche ore dalla dichiarazione dello stato di calamità i nostri volontari erano già in
mezzo al fango sulla foce del fiume Magra e nel Parco nazionale delle Cinque Terre, in provincia
di La Spezia, pulendo case dall’acqua, dai detriti e dal fango, rimuovendo alberi pericolanti lungo
le strade, ripristinando il territorio dalle frane abbattutesi su alcune abitazioni.
2001 Vesuvio: oltre duecento bambini e ragazzi di Torre del Greco e di Torre Annunziata hanno
partecipato, in occasione delle Tappe del Treno Verde e di Goletta Verde, a due "Cacce al Piano
d’Emergenza". I partecipanti hanno risposto a domande legate alla conoscenza del rischio
vulcanico e del territorio del Parco, percorrendo fisicamente le vie di fuga previste dal Piano
d’Emergenza Vesuvio.
2001 Vicenza: oltre 60 i volontari specializzati sulla tutela beni culturali in emergenza intervenuti
da tutta Italia in occasione del disinnesco dell’ordigno bellico ritrovato nel centro della città. In 10
giorni oltre 400 interventi di messa in sicurezza preventiva delle opere d’arte contenute nelle
chiese e nei musei di Vicenza, mentre venivano evacuati 70.000 abitanti.
2001 Campagna Nazionale Antincendio Boschivo: dal 6 agosto al 15 settembre nei Parchi
Nazionali del Gargano, dell’Aspromonte, della Calabria/Sila, del Vesuvio e dei Monti Sibillini, oltre
100 volontari hanno presidiato 27 postazioni di avvistamento fisse e mobili dalle 8 del mattino alle
20, segnalando, e permettendo un rapido spegnimento, 178 focolai d’incendio.
2002 Scudo Blu Unesco: I gruppi di volontariato di protezione civile specializzati nella
salvaguardia dei beni culturali dai rischi naturali aderiscono allo Scudo Blu Italiano insieme alla
Società Italiana per la Protezione dei Beni Culturali, all'ICOM Italia, dell’AIB, all’ANAI, all’
ICOMOS Italia, al Forum UNESCO, al Comando Tutela Patrimonio artistico dei Carabinieri.
2.3.4 Campania, quale protezione civile oltre il Piano Vesuvio?
Situazione fluida in Campania sul fronte Protezione civile. La regione del terremoto in
Irpinia, di Sarno e Quindici ha in corso dal dicembre del 2001 un drastico riordino del
settore, fortemente voluto dalla Giunta Bassolino nell’ambito delle nuove autonomie
regionali. Un progetto all’insegna della prevenzione dei rischi (ma anche più
informatica, più volontariato, più coordinamento tra enti e altre regioni) che ha dato
anche il varo definitivo alla fondazione dei centri di rilievo meteo e alla sala operativa
centrale di protezione civile.
“I primi sono in corso di allestimento – spiega Ernesto Calcara, dirigente del settore di
protezione civile della Regione Campania, che si fregia anche della consulenza di
Franco Barberi, tornato a tempo pieno vulcanologo e docente – ma sono già in funzione
un centro funzionale pluviometrico e un centro meteo – fornito di una banca dati storica
sugli eventi meteorologici – in collaborazione con l’Arpa Campania. La seconda
potrebbe essere completamente operativa da giugno. Sarà una vera centrale operativa in
cui affluiranno i dati della forestale, i servizi antincendio boschivi, il 118. Crediamo
anche molto nel ruolo dei volontari. Entro fine anno – dobbiamo solo reperire i locali –
sarà pronta una Scuola di formazione per volontari e funzionari della protezione civile.
Primo esempio in Italia.” Ma i piani di emergenza locali a che punto sono? “Avanti
56
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
piano. C’è chi li ha già pronti. Chi in corso di
mancanza di fondi, personali e strutture. Ci
stanziati, ma solo per finanziare i mezzi-base
stesura dei piani potremmo pensare invece a
regionale.”
allestimento. Chi dice di non farcela per
chiedono fondi. La regione ne aveva
di protezione civile. Per finanziare la
uno stralcio della prossima Finanziaria
Interessante in Campania l’attenzione alla prevenzione e il monitoraggio e la
prevenzione del rischio idrogeologico (frane), e il progetto di utilizzo dei lavoratori
socialmente utili qualificati per il funzionamento interno della struttura. Cercasi geologi
e meteorologi. Il fiore all’occhiello resta naturalmente il Piano Vesuvio, il primo Piano
di Emergenza elaborato a livello nazionale (www.protezionecivile.it/vesuvio/index). E’
stato approntato da una commissione che ha dovuto immaginare i rischi di un’eventuale
eruzione.
Secondo vulcanologi un’eruzione vesuviana prima o poi ci sarà, e sarà di forte intensità,
paragonabile a quella, disastrosa, del 1631; ma una data naturalmente non c’è. Il Piano è
funzione dello scenario, della densità abitativa, delle qualità delle infrastrutture
territoriali, del comportamento della popolazione, ma anche dalle nuove scoperte
scientifiche sul tema (living document). Opportuni provvedimenti amministrativi
potranno modificare l’assetto urbanistico esistente, disincentivando insediamenti e
prevedendo realizzazioni d’idonee vie di fuga. Importante anche la divulgazione del
piano e il coinvolgimento delle popolazioni che, grazie anche al volontariato, stanno
cominciando a diventare regolari, soprattutto nelle scuole. Il primo esempio è stato
l'esercitazione del ’99 a Somma Vesuviana, quasi una “prima” nazionale del suo genere.
Nel 2000 è seguita Trecase-Basilicata. Il Piano d'emergenza è strutturato in due parti:
un Piano Generale, già pubblicato e in questo momento in fase d’aggiornamento, ed i
Piani Particolareggiati, la cui stesura spetta ai singoli Comuni interessati dall'emergenza
sullo schema del metodo Augustus.
57
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Ambiente e Legalità - Capitolo 4
Riuso sociale dei beni mafiosi e
educazione al senso civico
Già destinato alla collettività più di un terzo dei beni confiscati alla mafia.
Un buon risultato che si spera debba migliorare in un prossimo futuro
secondo il giudizio di "Libera", l'Associazione fondata a questo scopo da
Don Luigi Ciotti nella prima metà degli anni '90.
2.4.1 Beni mafiosi: ridistribuirli, valorizzarli creando sviluppo è il
modo più efficace per togliere terreno alla cultura criminale
A fine ottobre 2001 ammontavano a 3297 i beni immobili confiscati alla mafia. Grazie
alla legge 109 del 1996, che prevede la restituzione dei beni alla collettività, ne sono
stati destinati 1205, dei quali quelli effettivamente consegnati ammontano a 610.
Ancora poco, ma è già un buon risultato. Questo il giudizio di Libera, l’associazione
fondata da Don Luigi Ciotti, che nella prima metà degli anni Novanta è stata alla guida
del movimento che ha chiesto una normativa che consentisse il riutilizzo sociale dei
beni confiscati ai mafiosi. La nuova legge si è dimostrata sicuramente più virtuosa delle
precedenti normative, che dall'82 al '96 avevano consentito il recupero di soli 34 beni.
Nel 1995 Libera ha raccolto un milione di firme con una petizione popolare intesa a
riformare la Legge 575 sulla confisca dei beni mafiosi per riprendere in esame le
proposte da tempo bloccate in Parlamento e, soprattutto, per creare nuove norme per
l’uso sociale dei beni confiscati alle mafie. La petizione ha portato nel 1996 al varo
della Legge 109 che, a tutt’oggi, rappresenta una delle più moderne forme di contrasto
alla criminalità organizzata, aggredendo i patrimoni illecitamente accumulati dai
soggetti condannati per reati di criminalità organizzata.
“In poco più di quattro anni la legge ha permesso di utilizzare a fini sociali un
patrimonio del valore di 239 miliardi di vecchie lire”, scrive Libera con legittima
soddisfazione nel suo rapporto. “Rientrare in possesso di ciò che la mafia aveva
sottratto alla collettività ospitando scuole, realtà lavorative, associazioni di volontariato,
significa realizzare un recupero anche culturale: è l'indicazione di altre strade possibili,
legali e civili per la vita e lo sviluppo”.
Notevole il portato simbolico della nuova normativa. Secondo Libera, infatti, le mafie
vanno colpite non solo nei loro interessi economici ma il frutto della loro attività
criminale deve essere ridistribuito alla collettività in modo evidente, attraverso il
riutilizzo dei beni a fini di sviluppo economico e sociale per rendere chiaro a tutti che
una crescita diversa, senza illegalità e sopraffazione, è possibile e realizzabile.
Libera oggi è impegnata anche per la gestione e valorizzazione dei beni confiscati e per
una loro produttiva assegnazione, attraverso la presentazione di proposte concrete e la
richiesta di un impegno adeguato alle autorità competenti. Nella ex casa di Totò Riina, a
Corleone, ad esempio, oggi ha sede un Istituto tecnico per l'agricoltura dove ragazzi e
58
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
ragazze hanno la possibilità di imparare a curare produttivamente la propria terra; nei
terreni di Bernardo Provenzano, nella zona di Castelvetrano, nasce l'olio di Libera,
frutto del lavoro di ragazzi strappati al circuito della droga.
La legge n. 109/96 classifica i beni confiscati alle mafie secondo tre categorie: beni
mobili, immobili ed aziendali. Per i primi la legge stabilisce che debbano essere venduti
o alienati gratuitamente se la vendita non è giudicata conveniente. Quanto ai beni
immobili possono essere assegnati a strutture dello Stato per usi di protezione civile,
ordine pubblico e giustizia oppure ai Comuni di pertinenza per usi sociali o perché li
assegnino a loro volta ad associazioni, cooperative sociali e comunità di recupero per
tossicodipendenti. I beni aziendali possono essere concessi in affitto - quando vi siano
prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività produttiva - oppure venduti con la
previsione di un diritto di prelazione agli affittuari e con una particolare attenzione alla
eventuale creazione di cooperative di lavoratori dell'impresa in modo da salvaguardarne
l'occupazione.
59
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Tabella 1 – Prospetto riepilogativo dei beni confiscati, destinati e consegnati, sul territorio nazionale distinto
per provincia. Situazione al 9.10.2001
PROVINCIA
AGRIGENTO
ANCONA
AREZZO
ASTI
AVELLINO
BARI
BELLUNO
BENEVENTO
BERGAMO
BOLOGNA
BRESCIA
BRINDISI
CAGLIARI
CALTANISSETTA
CASERTA
CATANIA
CATANZARO
COMO
COSENZA
CROTONE
CUNEO
ENNA
FERRARA
FIRENZE
FOGGIA
FORLI'
FROSINONE
GENOVA
GROSSETO
L'AQUILA
LATINA
LECCE
LUCCA
MACERATA
MESSINA
MILANO
LECCO
MODENA
NAPOLI
PARMA
PALERMO
PAVIA
PERUGIA
PESCARA
PISA
PISTOIA
POTENZA
RAGUSA
RAVENNA
REGGIO CAL.
ROMA
SALERNO
SASSARI
SAVONA
SIRACUSA
TARANTO
TORINO
TRAPANI
TREVISO
VARESE
VENEZIA
VERCELLI
VERONA
VIBO VALENTIA
VITERBO
TOTALE
BENI IMMOBILI
57
1
2
3
9
64
8
10
6
5
7
78
20
10
177
91
143
4
87
55
2
2
8
1
8
8
8
6
1
11
21
7
1
0
15
63
15
0
299
1
1147
8
0
3
1
3
3
10
3
325
148
67
16
2
5
17
55
134
2
1
15
3
12
1
2
3297
AZIENDE BENI MOBILI
0
0
0
0
5
15
0
7
0
0
0
5
0
0
17
25
2
2
3
0
0
2
0
0
0
0
1
0
0
0
0
0
0
0
1
15
16
1
101
0
26
0
0
0
0
0
0
1
0
16
46
17
0
0
0
0
5
8
0
0
0
0
0
0
0
337
BENI MOBILI
REGISTRATI
44
0
1
0
23
89
0
9
0
0
3
21
0
1
16
36
34
3
28
0
8
11
30
0
0
9
0
5
0
0
1
8
0
2
0
81
8
0
96
0
450
7
1
0
1
1
21
16
0
52
149
77
0
1
0
42
73
51
0
0
10
0
5
0
0
1524
Fonte: Libera
60
34
0
0
0
39
460
0
4
6
0
22
49
0
0
52
168
55
2
18
0
0
9
2
0
3
0
0
4
0
0
0
8
0
0
0
56
17
0
480
0
230
0
0
0
0
0
0
10
0
140
112
110
0
0
0
18
25
1
0
0
13
0
10
0
0
2157
BENI
BENI CONSEGNATI
DESTINATI
17
15
0
0
0
0
0
0
5
0
38
20
0
0
0
0
2
0
0
0
3
0
15
11
19
19
4
3
80
59
62
47
114
1
1
1
64
8
16
3
2
0
0
0
4
3
1
1
4
0
0
0
0
0
1
0
0
0
1
1
12
1
2
1
1
1
0
0
13
11
25
3
8
7
0
0
33
14
0
0
302
145
8
8
0
0
2
0
0
0
1
1
3
0
3
3
0
0
196
153
23
2
37
22
0
0
0
0
2
1
13
13
25
2
15
8
0
0
1
1
13
13
3
0
10
8
1
0
0
0
1205
610
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
2.4.2 Riformare la legge non nei principi ma nella struttura e nella
forma: nuova petizione popolare promossa da Libera
La legge ha prodotto con enorme successo i suoi risultati, dice Libera. Buoni risultati,
pur tra mille difficoltà, sono stati raggiunti anche grazie al lavoro dal Commissario di
governo, Margherita Vallefuoco, che si occupa dell’assegnazione dei beni agli enti
locali: la Vallefuoco, in un incontro promosso da Legambiente, aveva avuto modo di
sottolineare le difficoltà nell’assegnazione dei beni a causa anche della mentalità della
pubblica amministrazione che tende a considerare questi gli immobili confiscati, spesso
dopo dure attività investigative, come qualsiasi altro bene demaniale.
Libera e tante associazioni, tra cui Legambiente, continuano a sostenere che la
destinazione dei beni potrebbe ulteriormente migliorare. Sono, infatti, centinaia ancora i
beni immobili confiscati definitivamente e non ancora assegnati. Se si pensa al valore di
questi immobili si può comprendere l'opportunità che essi rappresentano per lo sviluppo
del Paese ed in particolare del Mezzogiorno e della Sicilia (la sola provincia di Palermo
contiene un terzo dei beni confiscati in tutta Italia).
Libera, in una sua recente assemblea, si è posta il problema di come andare avanti per
fronteggiare sostanzialmente alcuni rischi: è necessario continuare e migliorare
costantemente la lotta ai patrimoni criminali da parte delle forze dell'ordine e della
magistratura, perché ci sono tantissimi beni non ancora confiscati da recuperare alla
collettività. In secondo luogo è necessario utilizzare tutti i beni fin qui confiscati. Infine
si deve evitare di far ritornare i beni confiscati nella disponibilità delle organizzazioni
criminali, attraverso riacquisti mascherati o assegnazioni sbagliate - per questo qualsiasi
ipotesi di vendita diretta od indiretta non può che rivelarsi dannosa, sia perché nei
territori controllati dai gruppi criminali i beni finirebbero per tornare sotto l'area
d'influenza mafiosa.
Gli obiettivi da porsi sono di diversa natura:
Sulla base di queste considerazioni Libera ha organizzato un convegno a Venezia
nell’ottobre scorso e nello stesso mese ha costituito l'Ufficio nazionale sui beni
confiscati. Dai primi incontri del gruppo, si sono segnalate le difficoltà operative
nell'applicazione della legge n. 109/96, così come la necessità di distinguere tra beni
destinati a fini di utilità sociale e beni produttivi (la cui gestione è finalizzata alla
produzione di prodotti da collocare sul mercato) e di promuovere progetti che si
possano svincolare dallo straordinario e che acquistino invece normalità ed ordinarietà
L’associazione ha deciso, proprio per raggiungere questi scopi, di lanciare una nuova
petizione popolare per proporre delle modifiche non ai principi bensì alle forme ed alla
struttura della legge n. 109/96: tra le richieste spicca l’individuazione di un unico
soggetto amministrativo, costituito ad hoc, che possa occuparsi dei beni dal momento
del sequestro sino a quello di assegnazione in modo da superare quelle lungaggini e
difficoltà burocratiche che l'Agenzia del Demanio non è riuscita e in alcuni casi non ha
voluto superare. In secondo luogo, si chiede che sia mantenuta l'impossibilità della
vendita dei beni immobili confiscati e la loro attuale destinazione sociale, impedendo
così che tornino attraverso prestanome in mano alle organizzazioni criminali e che sia
istituito un albo degli amministratori per i beni sequestrati e confiscati in modo da
garantire una maggiore trasparenza.
61
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
2.4.3 L’olio antimafia
A Castelvetrano, nel Trapanese, in due terreni confiscati ai boss Bernardo Provenzano e
Matteo Messina Denaro, nasce l’olio di Libera. Quarantasei ettari di dominio mafioso
che ora, confiscati e restituiti alla collettività, danno lavoro e speranza a giovani
strappati alla tossicodipendenza. È proprio su queste terre che la Casa dei Giovani,
presieduta da padre Salvatore Lo Bue, sta realizzando da quasi due anni il Progetto
Ritrovarsi, programma di reinserimento socio-lavorativo per ex-tossicodipendenti, che
abbiano completato un Programma Terapeutico presso i Ser.T o le Comunità.
L’impianto dell’Azienda agricola, condotta anche con l’aiuto della facoltà di Agraria
dell’Università degli Studi di Palermo, ha portato a realizzare un olio extravergine di
oliva chiamato LIBERA. I giovani che lavorano nel Progetto Ritrovarsi usufruiscono di
borse lavoro. Gli psicologi della Casa dei Giovani seguono costantemente il percorso
lavorativo/riabilitativo dei giovani mediante incontri settimanali. Era terra morta quella
di Provenzano e Messina Denaro. Morta perché lasciata incolta per anni: sono così tanti
gli spazi vuoti che è stato possibile piantare oltre 1.500 alberi di ulivo, senza colmarli
del tutto.
I ragazzi di padre Lo Bue continuano a lavorarla. Con una pala meccanica presa in
affitto, cercano di spianare e di terrazzare gli avvallamenti nel terreno di Messina
Denaro. Nel fondo è stato già realizzato un intervento di ristrutturazione della casa
rurale, che accoglie oggi gli stessi ragazzi impegnati nel progetto. E’ stato, inoltre,
costruita una serra di 800 mq oltre alla messa a dimora dei nuovi alberi. Da qualche
mese è finalmente arrivato il minifrantoio. A fornirlo in comodato d'uso gratuito, è stato
l’Ente Sviluppo Agricolo Siciliano. Il minifrantoio, non ingombrante e costoso come i
frantoi classici, permette la spremitura a freddo delle olive e migliora la qualità del
prodotto finale. "Il frantoio - ha detto Don Lo Bue - ci consente di cominciare a vedere
in questa che è ancora una suggestione d’azienda, finalmente i caratteri dell’azienda
vera e propria".
L’olio è ricavato dalla famosa Nocellara del Belice, ed è di ottima qualità. Quest’anno,
l’olio di Libera è stato consacrato in molte diocesi d’Italia: Acireale, Catania, Mazara
del Vallo, Palermo, Trapani, Potenza, Ischia, Massa Marittima, Pisa, Torino e Vigevano
- in occasione dell’apertura del triduo pasquale, con un senso, anche ecclesiale, che don
Ciotti – presidente di Libera - ha così espresso: “Trasformare in strumento di salvezza
ciò che in passato è stato strumento di violenza”. Per informazioni: Casa dei Giovani
Corso Umberto I, 65 Bagheria (Pa) 90011
Tel. n. 091/903068 fax n. 091/906832 – e-mail: [email protected].
62
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
2.4.4 Il vino antimafia
Dai vigneti coltivati su terreni di Sicilia confiscati alla mafia nasce il vino bianco
“Tempio del Monte Jato” - nome che deriva dalla omonima Cooperativa Sociale
costituita nel 1999 - che rappresenta il primo prodotto finito di una più ampia iniziativa
imprenditoriale. Il vino prodotto è stato ricavato dalla coltivazione di circa 3 ettari di
terreno da uve di varietà inzolia, catarratto e trebbiano. Le prime bottiglie con marchio
proprio sono state prodotte per l’associazione Libera e successivamente per il Comune
di Monreale con l’obiettivo di diffondere la conoscenza della sua qualità intrinseca e
sulla sua origine e provenienza.
L’iniziativa della Cooperativa è stata resa possibile grazie ad un contratto di comodato
con il Comune di Monreale, che ha concesso a titolo gratuito due appezzamenti di
terreno di circa 14 ettari con un fabbricato di circa 170 mq confiscato al mafioso
Romualdo Agrigento, in contrada Perciana, distante circa 3 km dall’area urbana del
Comune di San Cipirello e a circa 15 km dal centro abitato di Monreale.
La Cooperativa si propone di perseguire la promozione umana e l’integrazione sociale
dei cittadini mediante specifiche iniziative di tipo agricolo e agrituristico finalizzate alla
formazione e alla integrazione lavorativa di persone in difficoltà, con particolare
attenzione alle persone detenute ed ex detenute e ai disabili. Oltre al servizio di
ristorazione e alloggio che si sta organizzando nel fabbricato già ristrutturato, sono
previste le realizzazioni di un maneggio, un’area attrezzata per i camper, una struttura
per attività sociali, un punto vendita di prodotti aziendali, una piscina, un’area attrezzata
con parco giochi bambini e un campo bocce. Per informazioni: Cooperativa Tempio del
MonteJato di Monreale (Pa), sign. Giuseppe Randazzo tel. n. 091/6251370 –
349/8536082.
63
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Educare alla legalità. L’esperienza di Libera a dieci anni
dalle stragi di Capaci e di via D’Amelio (a cura di Jole Garuti)
23 maggio 2002: a dieci anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio proviamo a fare un bilancio e a
chiederci se è cambiato qualcosa in meglio nella nostra società e nel mondo che prepariamo per
le giovani generazioni. La risposta non può che essere negativa, soprattutto se guardiamo alle
recenti norme e leggi italiane che vogliono in modo sfacciato la pacificazione con i corrotti e i
corruttori, con gli esportatori di capitali illegali o con i costruttori abusivi, ad esempio sulle dorate
spiagge di Sicilia. Rispetto al 1992 l’unico vantaggio è che forse dei fenomeni e delle
organizzazioni criminali sappiamo qualcosa di più’, così da poterci difendere e non essere
coinvolti. Ma bisogna continuare a leggere, studiare, voler capire, distinguere tra veri e falsi
garantisti, tra veri e falsi diffusori di notizie. Segnali positivi ce ne sono? Sì. La presa di
coscienza, prima timida e poi via via più incisiva, di molti giovani che hanno ricominciato a
occuparsi dei problemi della nostra società, che chiedono speranza di vita e giustizia per tutti gli
esseri viventi del pianeta, chiedono uguali diritti e rispetto per tutte le culture e le religioni, per
l’ambiente. In Italia come in altri paesi, in Europa come in altri continenti. Il rispetto per l’ambiente
è forse l’elemento visivamente unificante: fa impressione scoprire che i ragazzini di Santo
Domingo a scuola studiano come proteggere le rive del loro fiume Osama dal degrado
ambientale, esattamente come i ragazzini della Sicilia o della Calabria fanno per i loro boschi e
fiumare, o che in Messico o in Grecia gli studenti si impegnano in ricerche sull’uguaglianza dei
diritti e doveri dei cittadini, proprio come i ragazzi delle centinaia di scuole italiane che realizzano
progetti di educazione alla cittadinanza, alla legalità e alla democrazia ispirati da Libera e dalla
sua Banca Dati (www.libera.it)
Dopo alcune traversie Libera ha ottenuto dal Ministero della Pubblica Istruzione l’accreditamento
per organizzare corsi di aggiornamento per docenti di ogni grado di scuola. Per le zone dove
Libera ha già lavorato e per le scuole che hanno aderito all’associazione non cambia nulla, tranne
che non si dovrà più aspettare l’autorizzazione dell’Ufficio Scolastico Provinciale per realizzare i
corsi. Ma per quelle scuole nelle quali la sensibilità è meno forte e dove non siamo ancora entrati
qualcosa potrà cambiare, autonomia scolastica permettendo.
L’educazione alla legalità, alla cittadinanza e alla democrazia è certamente un grande antidoto
contro il contagio mafioso. L’uguaglianza dei diritti (e dei doveri) sancita dall’art. 3 della
Costituzione è una barriera impermeabile alla mentalità e all’arroganza mafiosa. I diritti non
devono essere mendicati come favori, ma se ne deve pretendere il rispetto, dicevano le donne
del Comitato dei lenzuoli di Palermo nell’estate 1992. Far conoscere il significato delle leggi, la
loro nascita, la loro storia, approfondirne il valore permette ai giovani cittadini di condividerne
l’assunto o, invece, di volerne la modifica. In democrazia questo è permesso, ci sono regole
precise per ottenerlo, ci si può e ci si deve organizzare per riuscirci. Non serve un’obbedienza
cieca, ma un rispetto consapevole e responsabile.
Quanto al modello di vita che piace ai giovani (e non solo), occorre spiegare che le scenette
diffuse a pieno video che sanno di magia hanno puro scopo commerciale: non è vero che chi
possiede certi oggetti, di solito costosi, chi si veste, mangia e beve in un determinato modo
(naturalmente con auto e cellulare) ottiene l’amore di fanciulle da sogno o di giovanotti simpatici e
prestanti. Sarà bene far capire ai nostri ragazzi che la simpatia e l’amore si conquistano con la
propria simpatia e gentilezza, con la propria personalità, con la propria cultura. Le industrie
devono vendere i loro prodotti, ovvio, ma del denaro è bene fare un uso responsabile e attento. Il
prossimo progetto didattico di Libera sarà proprio incentrato su questo problema: penso che molti
adulti ce ne saranno grati.
64
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Impresa - Capitolo 5
L’anima buona delle imprese
(a cura di Antonio Tencati)
In forte crescita in Italia il numero delle imprese che operano nel rispetto
dell'ambiente e nella solida convinzione del proprio ruolo sociale.
Le parole chiave dell'impresa "virtuosa" e la posizione del nostro paese
all'interno della Comunità Europea.
2.5.1 Progressi nella responsabilità sociale delle imprese in Italia
Riflettendo sui comportamenti virtuosi degli italiani non possiamo eludere il sistema
impresa. Le aziende sono strettamente integrate e correlate con il contesto sociale e
culturale del nostro paese, e le scelte di politica aziendale determinano effetti non solo
internamente all’organizzazione ma soprattutto all’esterno, verso la comunità e
l’ambiente. Alle imprese oggi più che mai si chiede di favorire uno sviluppo sostenibile,
intendendo per sostenibilità il corretto utilizzo di tutte le risorse aziendali: ambientali,
umane, sociali e finanziare. Questo significa responsabilità sociale delle imprese. In
particolare, l’impresa responsabile, per poter sopravvivere nel tempo e creare valore,
deve saper coinvolgere diversi stakeholder, ossia i portatori d’interessi nei confronti
dell’impresa stessa:
??
??
??
??
??
??
??
??
??
??
dipendenti e collaboratori;
soci/azionisti, clienti;
fornitori;
Stato, enti locali e pubblica amministrazione;
finanziatori;
concorrenti;
distributori;
collettività;
movimenti d’opinione;
media.
Maggiore è l'impegno in campo sociale dimostrato concretamente dall'impresa, più
ampio è il grado di legittimazione conseguibile e più forte è il suo ruolo di motore dello
sviluppo, anche civico, della comunità cui appartiene.
Esistono numerose definizioni di Corporate Social Responsibility (CSR). La più
interessante è quella fornita dall’Unione Europea. Il 18 luglio 2001 la Commissione ha
pubblicato il Libro verde “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale
delle imprese”. L’Unione Europea affronta questo argomento, perché la responsabilità
sociale delle imprese potrebbe fornire un contributo positivo all’obiettivo strategico
definito a Lisbona di “divenire la più competitiva e dinamica knowledge-based economy
del mondo, in grado di produrre una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori
posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”. Il Libro verde intende proprio
stimolare un dibattito sulle modalità attraverso cui l’UE potrebbe promuovere la
65
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
corporate social responsibility a livello sia europeo che internazionale, sfruttando al
meglio le esperienze esistenti, favorendo lo sviluppo di prassi innovative, migliorando
la trasparenza e rafforzando l’affidabilità delle varie iniziative realizzate in Europa.
Il documento propone un approccio basato su partnership più strette tra tutti gli attori
interessati (imprese, soggetti pubblici, parti sociali, ONG). La Commissione, sulla base
del processo di consultazione avviato con la presentazione del Libro verde e conclusosi
formalmente il 31 dicembre 2001, vuole giungere alla redazione di un White Paper.
Nel documento si legge che "il concetto di responsabilità sociale delle imprese significa
essenzialmente che esse decidono volontariamente di contribuire a una società migliore
e a un ambiente più pulito".
Per rispondere in maniera adeguata alle pressioni provenienti dal contesto in cui sono
inserite, le aziende possono perseguire in maniera coordinata obiettivi economici,
sociali ed ambientali, integrando la CSR come priorità strategica nelle proprie politiche,
nei propri strumenti di gestione e nelle operations. Ciò significa andare oltre il semplice
rispetto della normativa ed investire di più nel capitale umano, ambientale e sociale.
Secondo la Commissione, la responsabilità sociale delle imprese si articola in una
dimensione interna, che comprende la gestione delle risorse umane, la salute e la
sicurezza sul lavoro, le ristrutturazioni organizzative, il management dell’ambiente e
delle risorse naturali, ed una dimensione esterna, che si estende oltre il perimetro
aziendale e riguarda la comunità locale, i business partner, i fornitori, i clienti, i
consumatori, il rispetto dei diritti umani lungo tutta la filiera produttiva, la questione
ecologica a livello internazionale e globale.
Adottando proprio la definizione di responsabilità sociale delle imprese proposta dalla
Commissione europea, in questa sezione si è voluto analizzare il grado di senso civico
delle aziende italiane (corporate citizenship), utilizzando alcuni indicatori del loro
effettivo impegno a favore della collettività e dell’ambiente. Abbiamo così individuato i
dati oggettivi che meglio esplicitano la responsabilità ambientale e sociale delle imprese
in Italia ricercando un confronto con gli altri paesi della Comunità Europea. Essi
riguardano:
le certificazioni/registrazioni secondo ISO 14001 e EMAS (dimensione ecologica);
Ecolabel (dimensione ecologica e attenzione alla qualità dei prodotti e alla sicurezza dei
consumatori);
SA 8000 (controllo della filiera produttiva e rispetto dei diritti umani);
i bilanci sociali, ambientali e di sostenibilità (gestione delle relazioni con gli stakeholder
e la comunità locale e maggiore trasparenza nei processi di comunicazione dei risultati
aziendali).
66
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
2.5.2 Le parole chiave dell'eco-industria
Nel sistema industriale raggiungere l’obiettivo dello sviluppo sostenibile significa, per
quanto riguarda la dimensione ambientale, incentivare l’ecoefficienza. Un primo passo è
rappresentato dalla certificazione/registrazione ambientale e cioè da una crescente
diffusione dei sistemi di gestione dell’impatto ambientale secondo gli standard ISO
14001 ed EMAS. Le aziende, una volta certificate, garantiscono il pieno rispetto della
qualità ambientale per quanto attiene la produzione di rifiuti e scarichi, il controllo delle
emissioni e dei rumori, la riduzione dei consumi di acqua, energia e materie prime.
L’attenzione alla compatibilità ecologica è diretta al miglioramento del ciclo produttivo
ma, anche, ad accrescere la credibilità e l'accettabilità dell'impresa nella società, non
solo producendo prodotti con minor impatto ambientale, ma anche utilizzando in modo
corretto le risorse naturali.
La diffusione dei sistemi di gestione ambientale e dei diversi standard ha avuto un
andamento diverso nelle regioni italiane raggiungendo, nel mese di gennaio 2002, 1401
siti certificati ISO 14001 e 83 registrazioni EMAS.
Grafico 1 - EMAS e ISO 14001 in Italia
Iso 14001
Emas
Liguria Toscana
Lazio
350
300
250
200
150
100
50
0
Iso 14001
Emas
Emilia
Lombard Piemont
Campani
Romagn
Veneto
ia
e
a
a
309
139
129
26
6
25
125
Puglia Abruzzo
Sicilia
Trentino Friuli
Sardegn
Alto Venezia
Marche
a
Adige Giulia
125
86
71
63
61
60
56
33
30
24
8
1
3
2
2
1
3
3
1
1
19
Molise
Calabria
18
15
Basilicat
Valle
Umbria
a
d'Aosta
12
6
2
1
Fonte: Sincert, ANPA
2.5.2.1 ISO 14001
Al 31 gennaio 2002, Sincert contava 1.115 certificazioni per un totale di 1.401 siti
certificati (un certificato può essere relativo a più siti). Tra il 1999 e il 2000 si segna un
incremento del 116% passando da 247 aziende certificate a 533, mentre nell'ottobre
2001 si è raggiunta quota 840 con una variazione del 58% pari a 307 unità. L'avvio del
2002 fa ben sperare se si considera che al 30 aprile 2002 i certificati rilasciati sono
cresciuti arrivando a 1.531. Come mostra il seguente grafico anche i dati sui siti hanno
compiuto un percorso di crescita analogo e progressivo a quello delle certificazioni.
67
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Grafico 2 - Evoluzione nel tempo certificazioni ISO 14001
Siti certificati
Certificati
1600
1401
1400
1108
1200
1000
1115
840
717
800
533
600
334
400
247
200
0
31.12.99
31.12.00
30.10.01
31.01.02
Nota: un certificato può coprire più siti.
Fonte: Sincert
La ripartizione per settore economico dei siti certificati evidenzia un progressivo
aumento della diffusione di ISO 14001 nelle attività rivolte alla produzione di beni di
consumo, nel settore dell'energia e della chimica. Significativo il dato relativo ai servizi
pubblici che al 31 gennaio 2002 segna un passo avanti di 34 unità.
68
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Tabella 1 – Ripartizione per settore economico dei siti certificati Iso 14001
Settore accreditamento
Prod. Elettrici
Chimica
Alimentari,bevande,tabacco
Metalli
Energia elettrica
Servizi pubblici
Gomma, plastiche
Prod. Meccanici
Auto, moto, ecc.
Commercio
Gas
Mat. Non metallici
Mobili
Ristorazione, alberghi
Logistica
Servizi all'azienda
Servizi
Carta
Edilizia
Farmaceutica
Estrazione minerali
Recupero,riciclo
Agricoltura,pesca
Calce,gesso, ecc.
Tessile
Coke,petroli
Acqua
Legno
Tipografia
P.A.
Consulenza
Tecnologia dell'informazione
Navali
Sanità
Aeromobili
Riparazione auto, ecc.
Cuoio
Poste e telecomunicazioni
Totale
31-dic-99 31-dic-00 31-ott-01 31-gen-02
77
101
11
13
35
6
14
6
13
0
4
5
0
0
13
4
0
3
1
2
4
5
0
1
4
1
3
0
2
0
3
1
2
0
0
0
0
0
334
112
150
39
55
85
26
22
20
28
3
8
13
9
2
31
8
0
5
7
9
13
11
2
5
5
4
16
7
6
2
5
2
3
2
0
0
0
2
717
143
141
77
92
123
54
55
38
41
35
33
23
22
13
19
17
22
19
15
13
16
13
9
12
10
10
14
1
9
2
7
3
3
2
1
0
1
0
1108
166
146
133
132
123
88
69
59
49
49
32
29
26
25
25
25
23
21
19
18
17
16
14
14
13
12
11
10
9
9
8
4
3
2
1
1
0
0
1401
Fonte: Sincert
La tabella seguente evidenzia la distribuzione geografica dei siti che, al 31 gennaio del
2002, risultano certificati rispetto alla norma ISO 14001. In totale sono 1401, di cui:
828, pari al 59,1% del totale, nel solo Nord Italia, 230 nelle sei regioni centrali (16,4%),
238 per le aree meridionali con il 17%, 87 nelle isole (6,2%), 18 non definiti (1,3%). In
vetta la Lombardia con 309 siti ed ultima classificata la Valle d'Aosta con 2.
69
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Tabella 2 – Distribuzione geografica dei siti Iso 14001
Regione
Lombardia
Piemonte
Emilia Romagna
Campania
Veneto
Puglia
Abruzzo
Sicilia
Liguria
Toscana
Lazio
Trentino Alto Adige
Friuli Venezia Giulia
Sardegna
Marche
Molise
Calabria
Basilicata
Umbria
Valle d'Aosta
non definita
Totale
31-dic-99
31-dic-00
31-ott-01
31-gen-02
128
219
271
309
36
72
116
139
21
45
92
129
12
43
73
125
34
55
105
125
11
39
59
86
26
40
54
71
8
15
44
63
7
37
53
61
4
25
47
60
12
36
45
56
1
22
34
33
9
14
30
30
7
10
17
24
2
8
12
19
4
6
12
18
3
6
10
15
1
5
10
12
1
5
5
6
1
0
1
2
7
2
18
335
704
1090
1401
Fonte: Sincert
Se si allarga lo sguardo alla situazione europea, utilizzando per il confronto i dati
internazionali disponibili, risulta che, pur rimanendo lontana dalle capolista della
classifica continentale, Gran Bretagna e Germania, l'Italia conquista il quinto posto in
Europa per la certificazione ambientale. Dal 2000 a gennaio 2002 l'Italia ha più che
raddoppiato il numero di aziende certificate secondo lo standard ISO 14001, passando
da 410 a 1108, pari a quasi il 7% del totale UE. L'Italia sale quindi dall'8° al 5° posto
nella graduatoria europea che tuttavia resta dominata, con un forte distacco, dalla
Germania con 3.380 certificazioni, seguita a breve distanza dalle 2.500 del Regno
Unito, dalle 2.070 della Svezia e dalle 2.064 della Spagna.
I numeri sono contenuti rispetto agli altri paesi europei ma in continua progressione a
conferma che una cultura imprenditoriale basata sulla garanzia di uno sviluppo
ecocompatibile piace a sempre più alle aziende, perché crea vantaggi e opportunità non
solo in termini di immagine, ma anche di risparmi e razionalizzazione dei processi
produttivi.
70
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Tabella 3 – Evoluzione delle certificazioni ISO 14001 in Europa
1997 1999 2000 Gen-02 % tot. 2002
Germania
320 1.460 2.300
3.380
20,5%
Gran Bretagna
440 1.009 1.400
2.500
15,2%
Svezia
78 950 1.123
2.070
12,6%
Spagna
18 309
430
2.064
12,5%
Italia
35 166
410
1.108
6,7%
Francia
26 367
587
1.092
6,6%
Olanda
230 475
656
942
5,7%
Danimarca
42 350
444
918
5,6%
Svizzera
90 418
n.d.
762
4,6%
Finlandia
27 214
n.d.
678
4,1%
Austria
60 200
223
223
1,4%
Norvegia
20
90
n.d.
297
1,8%
Altre
53 250
223
223
2,7%
Totale
1.439 6.258 7.573 16.477
100%
n.d. - non disponibile
Fonte: Elaborazione Legambiente su dati Isoworld; Sole 24 Ore
2.5.2.2 EMAS
EMAS significa Eco-Management Audit Scheme, sistema di Eco-Gestione e Verifica, in
pratica uno strumento utile alle aziende per pianificare, ottimizzare e migliorare il
proprio impatto ambientale. Si tratta di uno schema di adesione volontaria aperto a tutte
le organizzazioni (aziende agricole, del settore industriale, dei servizi, enti pubblici) per
la gestione dei processi aziendali. Istituito dalla Comunità Europea nel 1993 e rinnovato
nel 2001, è stato creato per diffondere crescenti miglioramenti dell’efficienza e delle
prestazioni ambientali delle imprese, riservando maggiori garanzie alla sicurezza, ai
rapporti con il pubblico e le istituzioni e all’intera gestione aziendale. Per ottenere la
registrazione, le organizzazioni devono rispettare alcuni requisiti previsti dal
regolamento: primo fra tutti l'impegno del vertice aziendale al sistematico rispetto della
legislazione ambientale e alla definizione di obiettivi di miglioramento ambientale, che
devono essere programmati, quantificabili, conseguibili e verificabili.
In Italia i numeri sono esigui, anche se lentamente in aumento. Negli ultimi cinque anni,
l’Italia da un numero di registrazioni pari a 1 raggiunge quota 83. Dopo un primo
exploit nel 1998 segnato da un incremento del 1200% l’Italia continua gradualmente la
sua crescita seppur, in termini di valori assoluti, con modestia. Si determina, infine, nel
2001 un incremento del 97,6% pari a 41 unità.
Grafico 4 - Registrazioni in Italia
Emas
100
83
50
0
1
1997
13
1998
Fonte: Anpa
71
25
1999
42
2000
2001
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Solo nell'ultimo periodo, da settembre a dicembre 2001, l’Italia segna una
crescita del 22% passando da 68 ad 83 registrazioni EMAS diffuse per la maggior parte
in Lombardia (31,3%) ed Emilia Romagna (30,1%), cui seguono il Veneto (9,6%), il
Piemonte (7,2%), il Trentino A.A., Lazio e Abruzzo con il 3,6%, la Liguria e la Sicilia
con il 2,4% ed infine Friuli V. Giulia, Toscana, Molise, Puglia e Sardegna con l’1,2%
sull’intero totale.
Grafico 5 - Distribuzione geografica
set-01
feb-02
30
25
20
15
10
5
0
Lombar Emilia
Piemont Trentino
Friuli V.
Veneto
Lazio Abruzzo Liguria Sicilia
Toscana Molise
dia
R.
e
A.A.
G.
Puglia
Sardegn
a
set-01
23
19
7
6
2
3
2
1
2
1
1
0
1
0
feb-02
26
25
8
6
3
3
3
2
2
1
1
1
1
1
Fonte: Anpa
Secondo la classificazione delle organizzazioni registrate, effettuata in base ai codici di
identificazione NACE e disponibile sul sito Anpa al 14 febbraio 2002, crescono i
produttori alimentari e di bevande (13), segno di una maggiore sensibilità alle tematiche
ecologiche di questi settori anche per le crescenti pressioni dei consumatori, che si
affiancano alle industrie dell’energia (23) e della chimica (17) e al comparto dello
smaltimento dei rifiuti e del riciclaggio (11).
72
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Tabella 4 – Ripartizione secondo i codici Nace delle organizzazioni registrate EMAS
1997
Energia
Prodotti chimici
Produzione alimentari e bevande
Recupero e riciclaggio
Smaltimento rifiuti e simili
Prodotti non metalliferi
Trasporti e comunicazioni
Prodotti elettrici
Prodotti meccanici
Mezzi di trasporto
Industrie tessili e abbigliamento
Trattamento combustibili nucleari
Articoli gomma e plastica
Prodotti in metallo
Attività professionali e imprenditoriali
Pubblica amministrazione
Totale
1998
1999
4
1
1
2
1
2
1
1
2000
2001
3
4
1
6
6
1
1
1
2
Totali
14
3
10
10
10
4
4
1
1
1
1
1
1
1
12
14
1
1
19
55
23
17
13
11
11
9
4
3
2
2
1
1
1
1
1
1
101
Fonte: Elaborazione Legambiente su dati Anpa
Nota: Il totale dei codici Nace attribuiti è superiore al numero delle organizzazioni registrate perché queste possono
rientrare in più categorie Nace.
Anche in questo caso è opportuno analizzare la diffusione di EMAS nei paesi della
Comunità europea. Al 31 dicembre 2001 l’EMAS Helpdesk registra la certificazione di
3928 siti, di cui il 69% appartiene alla sola Germania (2692) a seguire con valori
sicuramente più modesti l’Austria 360 siti (9%), la Svezia (211 pari al 5%), la
Danimarca (174, 4%), la Spagna (154, 4%), il Regno Unito (78, 2%), l’Italia con 68 siti
pari al 2%, la Norvegia (64, 2%), la Finlandia (36, 1%), la Francia (35, 1%), l’Olanda
(25, 1%), ed infine Belgio, Irlanda, Grecia, Portogallo, Lussemburgo che insieme
chiudono con l''1%. l'Italia conquista il settimo posto in Europa pur rimanendo
complessivamente esiguo il numero di soggetti certificati, solo 68, rispetto al leader di
settore, la Germania, che conta 2692 unità.
Inoltre, appare interessante mostrare come si è sviluppata nel tempo, in Europa,
l’adesione ad EMAS. Questa Tabella, infatti, consente di evidenziare la forte
accelerazione che ha subito negli ultimi anni il processo di diffusione di EMAS nel
nostro Paese. Ciò ha consentito all’Italia di recuperare, almeno in parte, un ritardo
significativo rispetto alle nazioni del Centro-Nord Europa a maggiore sensibilità
ambientale.
73
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Tabella 5 – Evoluzione delle registrazioni EMAS in Europa
ago-99
2.085
189
155
102
70
58
36
33
23
20
18
9
7
2
1
2.808
Germania
Austria
Svezia
Danimarca
U.K.
Norvegia
Spagna
Francia
Paesi Bassi
Finlandia
Italia
Belgio
Irlanda
Portogallo
Grecia
Totale
giu-00
2.485
275
185
142
73
64
55
37
26
30
26
nd
6
nd
1
3.405
ott-01
2.523
359
211
174
78
64
151
35
27
36
68
nd
8
nd
nd
3.734
Var. % 99/01
21%
90%
36%
71%
11%
10%
319%
6%
17%
80%
278%
Nd
14%
Nd
Nd
33%
Fonte: Rapporto Ambiente Italia
A conclusione del paragrafo può essere opportuno porre a confronto le modalità di
diffusione delle certificazioni ISO 14001 e delle registrazioni EMAS in Italia.
Grafico 7 - Diffusione di Iso e Emas
Iso 14001
Emas
1108
1200
1000
800
600
410
400
150
200
68
26
18
0
agosto 99
giugno 00
ottobre 01
Fonte: Elaborazione Legambiente su dati Sincert, Rapporto Ambiente Italia
Le imprese italiane si orientano, in prevalenza, verso lo standard ISO 14001 per la sua
maggiore semplicità. In ogni caso, il regolamento EMAS II introdotto nel 2001
dovrebbe favorire una più ampia adesione da parte delle organizzazioni italiane ed
europee anche grazie al più forte coordinamento con la stessa ISO 14001.
74
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
2.5.2.3 Ecolabel
Il sistema volontario Ecolabel, introdotto dalla Comunità Europea con il primo
Regolamento 880/92 e poi con le nuove regole 1980/2000, è volto ad incentivare la
presenza sul mercato di prodotti “puliti” cioè a basso impatto ambientale. I prodotti,
riconoscibili dal consumatore grazie al marchio della margherita, devono rispondere a
requisiti ecologici ben precisi valutati sull’intero ciclo di vita.
L’etichetta rappresenta per tutti i consumatori una fonte d’informazione credibile (è
valida in tutta Europa) e indispensabile per testimoniare con un acquisto la propria
scelta di sostenibilità.
Negli ultimi quindici mesi il "fiore europeo" registra un successo positivo; solo
nell'ultimo anno sono state 40 le imprese che hanno ottenuto il marchio e anche il 2002
è iniziato sotto i migliori auspici portando l'etichetta a 10 aziende. La Commissione
delle comunità europee ha adottato un piano di lavoro per stabilire la strategia di
sviluppo del marchio comunitario di qualità ecologica nei prossimi tre anni. Il
programma incorpora oltre, agli obiettivi di miglioramento dell'ambiente e di
penetrazione nel mercato, lo sviluppo dei gruppi di prodotto.
Tabella 6 - Evoluzione del marchio Ecolabel dal 1996 a Marzo 2002 nei paesi della Comunità Europea.
Anno
Nr. aziende
1996
7
1997
5
1998
7
1999
13
2000
20
2001
40
Mar-2002
10
Totale
102
Fonte: BDA-Ecolabel
Tabella 7 - Numero delle imprese della UE licenziatarie del marchio Ecolabel (Marzo 2002)
B
Lavastoviglie
Frigoriferi
Vernici per interni
Ammendanti
Carta tessuto
Carta copia
Detersivi per
lavastoviglie
Detersivi per bucato
Lampade elettriche
Tessili
Calzature
Materassi
Detersivi a mano per piatti
Totale
Dk
D
1
2
El
1
Es
4
5
F
Irl
1
5
6
1
1
1
1
1
1
2
22
Nl
Pt
Uk
Sv
Fi
7
1
1
1
1
1
16
I
4
1
5
1
1
2
1
8
3
5
1
1
9
12
20
Fonte: BDA-Ecolabel
75
2
1
1
3
3
1
18
1
1
2
3
1
2
8
1
Tot
1
2
26
7
8
2
6
3
1
37
4
4
1
102
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Tabella 8 - L’Italia risulta essere al terzo posto all’interno dell’Unione Europea con 18 aziende.
Paese
DANIMARCA
FRANCIA
ITALIA
SPAGNA
GRECIA
SVEZIA
PORTOGALLO
BELGIO
GERMANIA
OLANDA
UK
FINLANDIA
IRLANDA
Nr. Aziende
22
20
18*
12
9
8
3
2
2
2
2
1
1
% tot
22%
20%
18%
12%
9%
8%
3%
2%
2%
2%
2%
1%
1%
* Esselunga è inserita due volte con due gruppi di prodotto diversi
Fonte: BDA-Ecolabel
Nella UE sono state concesse fino ad oggi 102 licenze per circa 572 articoli o modelli
soprattutto nei gruppi di prodotto come vernici, tessili e calzature. Le categorie dei
prodotti etichettabili fissati dalla UE sono, ad oggi, 19. Nel prossimo futuro, ossia entro
il 2005, la comunità prevede di portarli a 35. I 19 gruppi di prodotti per cui sono stati
definiti i criteri per l’assegnazione dell’ecolabel sono: Tessuto carta, Lavastoviglie,
Ammendanti, Materassi, Pitture e vernici, Calzature, Prodotti tessili, Personal computer,
Detersivi bucato, Detersivi lavastoviglie, Carta copie, Lampadine, Computer portatili,
Frigoriferi, Lavastoviglie, Detersivi multiuso e per servizi sanitari, Detersivi per piatti
lavaggio a mano, Televisioni, Coperture dure per pavimenti.
A fine ’99 in Italia esisteva una sola azienda (Cartiera Lucchese) che aveva ottenuto il
marchio per un tipo di prodotto (carta tessuto). Oggi si registrano 17 aziende che lo
hanno in concessione per 7 gruppi di prodotti per un totale di 236 prodotti.
Tabella 9 - Aziende e numero articoli/modelli etichettati Ecolabel (25 marzo 2002)
Gruppo Prodotti
Calazature
Carta per Copie
Detersivi per Lavastoviglie
Detersivi per bucato
Prodotti tessili
Tessuto Carta
Pitture e Vernici
Totale
Azienda
Calzaturificio Fratelli Soldini
Industie Calzature
Calzaturificio Relax &C.
Continental Paper
Heto
General Detergent
Biochimica
I.C.E.FOR
Esselunga
Esselunga
Madival
Manifatture Filati Riunite
Carpe Diem Tessile
Cartiera Lucchese
Industrie Cartarie Tronchetti
Trascarta
Delicarta Spa
Baldini Vernici
Fonte: Ministero dell’Ambiente
76
Nr. Prodotti/Modelli
64
8
8
2
2
3
2
2
1
1
14
5
20
74
10
4
4
12
236
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
In sintesi viene di seguito presentato il quadro dell’evoluzione di Ecolabel in Italia.
Grafico 10 - Evoluzione Ecolabel in Italia
N.
mar-02
236
gen-02
145
lug-01
107
feb-01
66
ago-00
53
dic-99
lug-98
9
2
Fonte: Elaborazione Legambiente su dati Anpa
2.5.2.4 SA 8000
SA 8000 (Social Accountability 8000), due lettere e quattro numeri che possono mettere
in ginocchio una multinazionale, che non assicuri il rispetto di norme e comportamenti
che riguardano il lavoro e i diritti umani di uomini, donne e soprattutto bambini.
E’ nel 1997 che la Social Accountability International mette a punto lo standard
chiamato SA 8000. Tale modello elenca i requisiti per un comportamento socialmente
onesto e equo dell’impresa e della filiera di produzione verso i lavoratori. In particolare
gli standard di performance, che le aziende e i propri fornitori devono impegnarsi a
mantenere, riguardano:
?? lavoro minorile e infantile;
?? lavoro coatto;
?? salute e sicurezza;
?? libertà d'associazione e diritto alla contrattazione collettiva;
?? discriminazione;
?? provvedimenti disciplinari;
?? orario di lavoro;
?? stipendio.
A febbraio 2002 i paesi in cui è attivo questo standard sono 24 e 117 le imprese che
hanno certificato la propria attività, la maggior parte delle quali, come mostra la figura,
localizzate in Cina. Da fine 2001 ad oggi l'evoluzione di SA 8000 ha registrato un
aumento del 38% passando da 85 agli attuali 117. Il nostro paese mantiene la seconda
posizione, già conquistata nel 2001 con 18 unità, raggiungendo quota 21.
77
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Grafico 11 - Diffusione per paesi
SA 8000
Finlandia
1
Malesia
1
Slovenia
1
Grecia
1
Giappone
1
USA
1
Olanda
1
Bangladesh
1
Sud Africa
1
Polonia
2
Filippine
2
Corea
3
Francia
3
Regno Unito
3
Spagna
3
Turchia
4
Pakistan
5
Brasile
5
6
Thailandia
India
7
Vietnam
7
Indonesia
7
Italia
21
30
Cina
0
5
10
15
20
25
30
35
Fonte: Elaborazione Legambiente su dati CEPAA
I settori merceologici di appartenenza delle società certificate, come documentato dal
grafico 12, sono venti tra cui prevalgono le aziende del comparto manifatturiero.
78
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Grafico 12 - Settori merceologici
SA 8000
1
1
Metalli
Ente pubblico
2
2
2
2
2
Trasporti
Plastica
Rifiuti
Immobiliare
Auto
3
3
Elettronica
Chimica
4
4
Servizi
Edilizia
5
Mat. Sanitario
6
6
6
Accessori
Agricoltura
Cosmesi
7
7
Casalinghi
Consulenza
9
Alimentare
12
Giocattoli
33
Tessile
0
5
10
15
20
25
30
35
Fonte: Elaborazione Legambiente su dati CEPAA
Sulla totalità delle certificazioni SA 8000, il 63% appartiene all'Asia, suddiviso in: Cina
30 unità, Vietnam, l'Indonesia e India 7, seguono Thailandia 6, Pakistan 5, Turchia 4,
Filippine 2, Corea 3, Giappone, Malesia e Bangladesh 1.
L'Europa conquista il 31%: capolista l'Italia con 21 certificazioni, a distanza con 3 unità
Francia, Regno Unito e Spagna, Polonia a 2 ed, infine, con una Finlandia, Slovenia,
Grecia e Olanda. Il Brasile con 5 certificazioni raccoglie il 4% mentre gli Stati Uniti ed
il Sud Africa con una sola certificazione raggiungono l'1%.
79
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Coop Italia, prima nel nostro Paese ad ottenere SA 8000
Coop Italia è la centrale che svolge attività di acquisti, marketing e controllo qualità al servizio
delle cooperative associate. Presidia oltre 3.000 fornitori di prodotti alimentari e non-alimentari, in
ogni parte del mondo.
Coop Italia è la prima azienda europea ad aver ottenuto la certificazione SA 8000 (dicembre
1998). In primo luogo, essa ha applicato le norme dello standard al proprio interno.
Successivamente, ha coinvolto nel progetto etico tutti i fornitori dei prodotti a marchio Coop. In
questo ambito:
?? ha definito la propria politica di responsabilità sociale, con l’impegno a rispettarla e a
comunicarla all’esterno;
?? ha stabilito un codice di condotta che i fornitori devono accettare;
?? ha predisposto un questionario di autocertificazione a cui i fornitori devono rispondere;
?? ha richiesto ai fornitori di accettare verifiche ispettive;
?? i fornitori trovati in difetto devono accettare un piano di miglioramento concordato con Coop
Italia;
?? ha definito e messo in atto procedure documentali per la gestione dello standard SA 8000;
?? ha eletto rappresentanti SA 8000 dei lavoratori;
?? ha attuato un processo di formazione su SA 8000 per tutti i dipendenti.
Nei primi tre anni di applicazione di SA 8000 sono stati ottenuti sensibili miglioramenti nelle
condizioni di lavoro presso le aziende ispezionate sia in Italia sia all’estero (Romania, Turchia,
Cina) per quanto riguarda i salari, le discriminazioni e la sicurezza. In particolare, sono stati risolti
due casi di non conformità gravi con produttori esteri in Kenya (caso Del Monte) e in Albania.
Il prossimo obiettivo del progetto etico di Coop Italia consiste nell’allargare i principi del
programma a tutti i fornitori a listino nazionale, passando dai soli fornitori di prodotti a marchio
Coop (circa 300), a tutti i supplier (circa 3.000). I consumatori, infatti, iniziano a richiedere
garanzie di eticità su tutti i prodotti in assortimento. Questa evoluzione sarà possibile attuando un
progetto pluriennale che prevede interventi progressivi a partire dalle filiere produttive più critiche
(ad esempio, banane, prodotti coloniali, ortofrutta in genere, prodotti tessili, scarpe sportive).
Infine, è importante rilevare che l’impegno etico di Coop Italia è stato riconosciuto anche a livello
internazionale. Il Corporate Conscience Award è un premio conferito ogni anno dal CEP, ora
divenuto Center for Responsibility in Business, alle imprese che si sono distinte nella
realizzazione di iniziative in aree di interesse sociale. Coop Italia ha ottenuto il Corporate
Conscience Award 2001 in Humane Workplace - per la tutela delle condizioni di lavoro - grazie
all’impegno dimostrato nell’implementazione dei principi della politica di responsabilità sociale nei
comportamenti aziendali quotidiani e al controllo stringente ed efficace della supply chain.
80
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
2.5.3 I bilanci sociali, ambientali e di sostenibilità
I bilanci sociali, ambientali e di sostenibilità sono strumenti (in genere volontari), da un
lato, di gestione e controllo dell'attività aziendale e, dall'altro, di supporto ai processi di
comunicazione attuati dall'impresa e rivolti alle diverse categorie di stakeholder. In
particolare, il bilancio sociale monitora l’impatto sociale dell’impresa, quello
ambientale l’impatto ecologico e il bilancio di sostenibilità dovrebbe fornire un quadro
delle complessive performance aziendali in campo sociale, ambientale ed economico. Il
bilancio sociale è nato alla fine degli anni ’60 negli Stati Uniti, il bilancio ambientale
nella seconda metà degli anni ’80 nel Centro-Nord Europa e il bilancio di sostenibilità
ha iniziato ad affermarsi, a livello globale, nella seconda metà degli anni 90.
In Italia i primi bilanci sociali e ambientali vengono pubblicati all’inizio degli anni ’90 e
successivamente conoscono una significativa diffusione.
Per quanto riguarda il bilancio sociale, attualmente sono oltre 100 le imprese, le
organizzazioni nonprofit, gli enti pubblici che redigono un bilancio sociale. Negli ultimi
anni, inoltre, alcune novità legislative introducono, per due categorie di soggetti,
l’obbligo di approntare forme di rendicontazione sociale:
il D. Lgs. 460/97, che ha istituito le ONLUS (Organizzazioni Non Lucrative di Utilità
Sociale) e fornito una nuova definizione di enti non commerciali, all’art. 8 stabilisce che
“indipendentemente alla redazione del rendiconto annuale economico e finanziario, gli
enti non commerciali che effettuano raccolte pubbliche di fondi devono redigere, entro
quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio, un apposito e separato rendiconto tenuto e
conservato ai sensi dell'articolo 22, dal quale devono risultare, anche a mezzo di una
relazione illustrativa, in modo chiaro e trasparente, le entrate e le spese relative a
ciascuna delle celebrazioni, ricorrenze o campagna di sensibilizzazione indicate
nell’articolo 108, comma 2-bis, lettera a), Testo Unico delle imposte sui redditi…”;
il D. Lgs. 153/99, che regola la disciplina civilistica e fiscale delle fondazioni di origine
bancaria, prevede all’art. 9 che la relazione sulla gestione illustri, in un’apposita
sezione, gli obiettivi sociali perseguiti dalla fondazione e gli interventi realizzati,
evidenziando i risultati ottenuti nei confronti delle diverse categorie di destinatari.
Inoltre, il 19 aprile 2001 il Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione
Economica ha emanato l’Atto di indirizzo recante le indicazioni per la redazione, da
parte delle fondazioni bancarie, del bilancio relativo all’esercizio chiuso il 31 dicembre
2000. Al paragrafo 12.1, si legge che “il bilancio è corredato da una relazione sulla
gestione redatta dagli amministratori. La relazione sulla gestione è suddivisa in due
sezioni:
?? relazione economica e finanziaria;
?? bilancio di missione”.
In particolare, secondo il paragrafo 12.3, nel bilancio di missione sono illustrati:
?? il rendiconto delle erogazioni deliberate e delle erogazioni effettuate nel corso
dell’esercizio, la composizione e i movimenti dei fondi per l’attività d’istituto e
della voce “erogazioni deliberate”;
?? gli obiettivi sociali perseguiti dalla fondazione nei settori d’intervento e i risultati
ottenuti, anche con riferimento alle diverse categorie di destinatari;
?? l’attività di raccolta fondi;
?? gli interventi realizzati direttamente dalla fondazione;
?? l’elenco degli enti strumentali cui la fondazione partecipa, separando quelli operanti
nei settori rilevanti da quelli operanti negli altri settori statutari…;
81
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
?? l’attività delle imprese strumentali esercitate direttamente dalla fondazione, degli
enti e società strumentali partecipati e delle fondazioni diverse da quelle di origine
bancaria il cui patrimonio sia stato costituito con il contributo della fondazione;
?? i criteri generali di individuazione e selezione dei progetti e delle iniziative da
finanziare per ciascun settore d’intervento;
?? i progetti e le iniziative finanziati, distinguendo quelli finanziati solo dalla
fondazione da quelli finanziati insieme ad altri soggetti;
?? i progetti e le iniziative pluriennali sostenuti e i relativi impegni di erogazione;
?? i programmi di sviluppo dell’attività sociale della fondazione.
Per quanto riguarda il bilancio ambientale, sono oltre 100 le imprese, le associazioni
industriali, gli enti pubblici che lo realizzano. Anche in questo caso, esistono interventi
normativi che favoriscono forme di environmental reporting.
Nell’Unione Europea, la Direttiva 96/61/CE sull’Integrated Pollution Prevention and
Control (Direttiva IPPC) ha istituito il Registro Europeo delle emissioni inquinanti,
denominato EPER (European Pollutant Emission Register). Da tutti i paesi membri
della Comunità, a partire dal giugno 2003, confluiranno ogni anno in EPER i dati sulle
emissioni in aria e acqua di specifici inquinanti provenienti da complessi produttivi di
grossa capacità, appartenenti ai settori che rientrano nel campo di applicazione della
Direttiva. Per l’Italia, il D.M. 23 novembre 2001, pubblicato il 13 febbraio 2002,
stabilisce dati, formato e modalità per la dichiarazione delle emissioni. I complessi
produttivi IPPC, le cui emissioni in aria e acqua superano determinati valori soglia,
devono inviare annualmente una dichiarazione sulle emissioni all’autorità competente e
all’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (ANPA). Le informazioni
dichiarate andranno a costituire l’Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti
(INES) e l’EPER. Attraverso INES ed EPER le informazioni saranno rese pubbliche.
Il rapporto/bilancio di sostenibilità (sustainability report), dopo i social report e gli
environmental report, costituisce la terza fase nell’evoluzione dei sistemi di controllo e
comunicazione delle prestazioni sociali ed ambientali dell’impresa. Ancora poche
imprese (meno di una diecina) in Italia hanno realizzato documenti di questo tipo. Con
la diffusione, anche nel nostro Paese, delle Sustainability Reporting Guidelines della
Global Reporting Initiative il numero di questi bilanci è destinato ad aumentare.
82
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Mobility Management, strumento a disposizione
delle aziende virtuose
L’anima buona delle imprese può anche misurarsi in relazione a uno degli aspetti più problematici
per i centri urbani grandi e piccoli: il traffico privato e l’inquinamento atmosferico che ne deriva.
Uno degli strumenti principali è il Mobility Mangement, molto diffuso nel Nord Europa e in Italia
introdotto dal Decreto Ronchi sulla "Mobilità sostenibile nelle aree urbane" del 27 Marzo 1998. Il
provvedimento, prevede che tutte le aziende e gli enti pubblici con più di 300 dipendenti e le
imprese con complessivamente oltre 800 dipendenti debbano identificare un "Mobility Manager"
che ottimizzi gli spostamenti sistematici dei dipendenti, riducendo l'uso dell'auto privata attraverso
un "piano degli spostamenti casa-lavoro".
Tale piano deve essere presentato entro il 31 dicembre di ogni anno al Comune ed entro i 60
giorni successivi deve essere stipulato un accordo di programma per l'applicazione del piano tra
azienda e Comune.
Il piano consiste nello sviluppo, nell'implementazione e nel controllo di un insieme ottimale di
misure, tenendo conto delle condizioni quadro dell'ambito specifico (comportamenti e bisogni di
mobilità dei dipendenti, strumenti di pianificazione dei trasporti, situazione politica dei trasporti
dell'area urbana nella quale le imprese sono situate) e degli obiettivi generali da raggiungere
(riduzione del consumo energetico, dell'inquinamento atmosferico e acustico, delle emissioni di
gas serra e trasferimento dall'uso di mezzi individuali a quelli collettivi) per la rimodulazione degli
spostamenti casa-lavoro del personale dipendente. Il ruolo del Mobility Manager è quello di
suggerire la modifica dei percorsi degli autobus, istituire un servizio di trasporto aziendale, o in
società tra più aziende, a integrazione di quello pubblico esistente e creare una rete di carpooling. A tal fine dovrebbe essere redatto un questionario per acquisire informazioni sugli
spostamenti pendolari casa-lavoro contenente le seguenti informazioni: il luogo di partenza, la
destinazione, il mezzo di trasporto scelto e la motivazione della scelta fatta, la volontà o la
propensione a passare ad un sistema di trasporto collettivo come gli autobus o il car sharing. I
risultati che emergono sono importantissimi per disegnare un quadro il più possibile fedele della
domanda di mobilità e offrire, quindi, soluzioni personalizzate ma, soprattutto, efficaci.
Lo stato dell’arte del Mobility Management in Italia
A distanza di tre anni dal decreto che ha introdotto in Italia il Mobility Manager, è possibile iniziare
a trarre i primi bilanci, mettendo in rilievo ostacoli e fattori chiave per il suo sviluppo. Il Mobility
Management come disciplina si è sviluppato grazie alla volontà politica del Ministero
dell’Ambiente che lo ha introdotto e che lo sostiene, anche economicamente; i risultati più
significativi si riscontrano laddove la struttura di Mobility Management di Area (unità che deve
essere istituita all’interno degli enti locali per coordinare il lavoro dei Mm aziendali) è ben
organizzata e si mostra “al servizio delle imprese”; gli aspetti professionali rappresentano una
delle principali ragioni del difficile decollo presso organismi privati.
All’interno degli enti locali il Mobility Manager di Area inizia ad essere una figura propria
dell’organico dell’ufficio traffico. Con differenti modalità organizzative, oggi circa 20
amministrazioni hanno provveduto a nomine formali e alla creazione di strutture dedicate al
Mobility Management. Grazie al sostegno dei nuovi decreti del Ministero dell’Ambiente, è
ipotizzabile prevedere un totale di 35 strutture di Mobility Management attive entro il prossimo
anno.
83
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Diversa è la situazione sul fronte delle imprese private: i Mobility Manager ad oggi nominati fanno
per lo più parte dell’organico aziendale già esistente. Segnale che nella realtà sono state
individuate persone adatte al ruolo richiesto perché a conoscenza delle specificità aziendali o
perché con esperienze in settori vicini alla mobilità (ad es. l’area logistica). Il Mobility
Management aziendale oggi è un’attività part-time, i neonominati hanno altre mansioni da
svolgere e dedicano solo una parte del loro tempo per il piano spostamenti casa-lavoro. In molti
casi hanno partecipato a corsi di formazione con l’obiettivo di acquisire le conoscenze e gli
strumenti base per redigere un piano spostamenti casa-lavoro. Le imprese non assumono
dall’esterno un Mobility Manager. Talvolta si avvalgono di strutture consulenziali che possono
fornire assistenza e formazione per rendere poi autonomo un responsabile interno.
In Italia sono coinvolte nel MM circa 4.000 aziende pubbliche e private, ma solo 310 di esse
hanno già un mobility manager. I comuni hanno nominato 60 Mobility Manager d'area. Le
difficoltà principali risiedono spesso nella percezione deformata di quello che deve essere un
piano di mobilità, nell'indifferenza dell'opinione pubblica o nella diffusione parziale o incorretta
delle informazioni, nella mancanza di figure competenti o di un adeguato sostegno istituzionale.
Euromobility lavora per colmare queste lacune.
Secondo un’indagine condotta dalla STA, Agenzia per la mobilità del Comune di Roma, i Mobility
Manager aziendali della Capitale sono all’80% maschi, spesso dirigenti (41,5%), laureati (64,9%),
con un’età compresa tra i 45-54 anni (52,1%). Le aree aziendali di provenienza sono soprattutto
le risorse umane (38,7%) e gli affari generali (19,4%); in alternativa prevalgono le competenze
individuali rispetto alle indicazioni normative.
Il processo di diffusione del Mobility Management, in particolare aziendale, può trovare sostegno
solo se la domanda viene opportunamente stimolata attraverso agevolazioni di vario genere
(economico ed organizzativo). In questo senso, esperienze come il bonus della mobilità
sperimentato a Roma e le convenzioni stipulate dalla Provincia di Milano per i propri dipendenti,
dimostrano come il tema sia particolarmente sentito.
Per le aziende da un lato è necessario investire nella formazione per rendere autonomo il Mobility
Manager conferendo visibilità e credibilità interna, dall’altro occorre identificare un pacchetto di
premi e incentivi innanzitutto per l’impresa (e su questa scia il decreto ministeriale del 20
dicembre 2000 sta fornendo un valido sostegno) e, a cascata, anche al singolo Mobility Manager.
Maggiore è il supporto che il Mobility Management di Area riesce a fornire alle imprese, maggiori
saranno i risultati ottenibili in termini di coinvolgimento e partecipazione. In alcune realtà di grandi
dimensioni è stato messo a punto un software di gestione, nella maggior parte dei casi
utilizzando il prodotto offerto da ENEA.
Per censire lo stato dell’arte del Mobility Management in Italia è stato predisposto un questionario
aperto, inviato ai Mobility Manager di area formalmente nominati, con alcune domande generali
volte a comprendere le attività svolte e i progetti futuri.
La ricerca, rappresentativa delle principali esperienze italiane, è stata condotta a partire dalle
informazioni disponibili presso la banca dati di Euromobility. Tale banca dati è destinata ad
essere arricchita nel tempo. Attualmente circa 500 persone sono coinvolte nelle attività di Mobility
Management, impegnate chi presso le strutture di Area, chi presso le aziende.
84
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Tabella 1 - I mobility manager nominati
Comuni
Nominati Totale individuati
Bologna
18
27
Firenze
27
50
Foggia
4
10
Genova
21
30
Mantova
14
14
Milano città (*)
33
450
Milano provincia
13
167
Modena
4
10
Padova
3
28
Palermo
11
25
Parma
33
33
Perugia/Terni
14
14
Reggio Emilia
10
Roma
131
154
Torino
41
70
Venezia
22
Verona
40
Totale
367
1154
Fonte: Euromobility
(*) Le nomine indicate e il totale considerano l’area metropolitana (Comune di Milano + 31 Comuni limitrofi) e
comprendono, oltre ai dipendenti, anche i lavoratori interinali e i contratti di collaborazione coordinata continuativa.
85
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Città - Capitolo 6
L’evoluzione della cultura civica nella
città che cambia
(a cura di Giampaolo Nuvolati e Chiara Tornaghi)
Nelle metropoli di oggi il processo di disumanizzazione e le difficoltà
crescenti di coltivare autentici rapporti interpersonali e di gruppo
spingono verso l'omologazione sociale e culturale. Ma dal territorio
arrivano segnali di contro tendenza: sono gruppi di cittadini che si
organizzano per recuperare l'identità e il legame con il territorio, si
battono per il bene comune riorganizzando i propri spazi di vita, a partire
dai luoghi di incontro e socialità.
L'esperienza di Legambiente: "Italiani Brava Gente", un premio al civismo
di molti "eroi silenziosi" che ogni giorno compiono azioni a tutela del bene
collettivo e in aiuto ad altre persone.
2.6.1 – Omologazione dei contesti e voglia di appartenenza
Numerosi fenomeni sembrano oggi mettere indiscutibilmente in risalto il processo di
omologazione e decontestualizzazione che caratterizza molte realtà urbane delle società
più avanzate. Città sempre più uguali o città che perdono i loro significati perché
contraddistinte da nuove funzioni e attraversate se non superate dalla comunicazione a
distanza costituiscono prospettive non ancora compiutamente realizzate ma rispetto alle
quali sembrano emergere crescenti preoccupazioni anche nella realtà italiana2 .
In altri termini, le città moderne sono in profonda trasformazione e vedono il succedersi
di fenomeni inattesi che tendono ad alterare gli equilibri economici e le forme di identità
più consolidate nel nome di una uniformante globalizzazione3 e del primato di una
costituenda iperborghesia internazionale4 .
In questa direzione vanno, a esempio:
la presenza, spesso prolungata, in alcune città di nuove popolazioni (i turisti, gli uomini
d’affari, i convegnisti) che richiedono servizi altamente standardizzati e tendono a
promuovere e diffondere stili di vita internazionali in contrapposizione ai modelli
culturali locali.
Il disenfranchisement delle popolazioni locali (cioè la loro esclusione o relativa
marginalizzazione dal processo decisionale nella gestione politica delle risorse locali) in
2
Questa tendenza, naturalmente, non comporta uno smantellamento immediato dell’organizzazione metropolitana preesistente. Piuttosto, le città
contemporanee mostrano una moltiplicazione dei luoghi e dei significati ad essi connessi che rinviano tanto a forme e ambiti di vita più locale e
tradizionale quanto a processi inediti di modernizzazione. La struttura antica delle città italiane è, a esempio, ancora rinvenibile ma ad essa si
sovrappone una maglia di autostrade, centri commerciali, insediamenti produttivi, aeroporti che tende a modificare oltre ad alcuni tratti della
morfologia generale anche le pratiche di vita, lavoro e consumo che vi trovano ambientazione.
3
Per questi temi si rimanda ad una ormai fitta letteratura tra cui occorre ricordare: Zygmun BAUMAN, Dentro la globalizzazione. Le conseguenze
sulle persone, Laterza, Bari, 2001; Manuel C ASTELLS, The Rise of the Network Society, Blackwell, Oxford, 1996; Guido MARTINOTTI, Metropoli. La
nuova morfologia sociale della città, il Mulino, Bologna, 1993.
4
Sulle caratteristiche della iperborghesia si veda in particolare Denis DUCLOS, “La nascita dell’iperborghesia”, G. M ARTINOTTI (a cura di), La
dimensione metropolitana: sviluppo e governo della nuova città, il Mulino, Bologna, pp. 175-187, 1999.
86
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
connessione con un ruolo sempre più marcato delle popolazioni in transito dal punto di
vista della occupazione degli spazi, degli investimenti finanziari, delle risorse umane
impegnate, delle ricadute economiche e sociali per l’intera collettività.
L’informatizzazione e automazione delle procedure di informazione e comunicazione
con i noti rischi di irrilevanza dei luoghi e di spersonalizzazione delle relazioni.
Infine, anche la terziarizzazione e la tesaurizzazione degli spazi di prestigio con la
concentrazione di sedi di imprese (anche multinazionali), la gentryfication e la
conseguente espulsione dei ceti meno abbienti dai centri storici, rimanda a dinamiche di
esclusione sociale alimentate dagli effetti locali del processo di globalizzazione.
In generale, nelle metropoli moderne caratterizzate da una sostanziale tendenza
all’uniformarsi dei contesti simbolici e delle pratiche di consumo si verifica non solo un
processo di marginalizzazione socio-economica di alcuni gruppi di popolazione che
determina una sorta di polarizzazione sociale5 ma si assiste anche un senso di
smarrimento culturale e relazionale per quelle fasce deboli che da sempre intrattengono
con la comunità ed il territorio corrispondente un rapporto basato su forme d'identità,
conoscenza, scambio e reciprocità. Come osserva Guidicini6 , le condizioni di
indifferenza che sembrano coinvolgere i gruppi marginali rispetto al territorio che li
circonda – con riferimento ai flussi di popolazione che passa loro accanto ignorandoli, e
dove la stessa presenza di dimensioni simboliche tradizionalmente riconosciute come
forti (monumenti, chiese, palazzi) s’annulla – sembrano voler ulteriormente confermare
il fatto che in queste stesse aree sono venute meno le logiche che in passato
correntemente organizzavano i processi di integrazione sociale. Servizi compensativi
dovrebbero venire garantiti ai gruppi più marginali al fine di salvaguardare una
convivenza civile ed una qualità della vita diffusa. Ma in realtà, tali condizioni non
trovano realizzazione anche a causa delle già citate dinamiche di disenfranchisement
delle comunità locali a vantaggio di gruppi più abbienti e organizzati, seppur di
passaggio.
Il conflitto nell’accesso, occupazione e uso del territorio, peraltro, non sembra più
interpretabile solamente alla luce delle più classiche categorie marxiste (dunque rispetto
allo scontro tra le tradizionali classi sociali), ma rinvia alla individuazione di nuove
popolazioni ad alta trasversalità la cui mobilità spazio-temporale e familiarità con le
tecnologie costituiscono i fulcri per la determinazione degli stili di vita e la
contrapposizione tra bisogni e interessi non soltanto legati al possesso dei beni quanto
alla loro effettiva utilizzabilità e accessibilità. Di fatto, la qualità della vita nelle città
moderne non riguarda semplicemente la distribuzione delle risorse e lo stock dei servizi
disponibili quanto il reale conseguimento delle functionings e capabilities degli
individui7 nella fruizione piena dei beni offerti. E tale fruizione è spesso resa difficile
non tanto dalla penuria dei beni quanto dalle situazioni di densità, concentrazione e
nuovi conflitti delle popolazioni che generano situazioni di attrito spazio-temporale
nell’utilizzo dei beni stessi8 .
5
Sul rapporto tra globalizzazione e polarizzazione si veda tra gli altri Saskia SASSEN, Città globali. New York, Londra, Tokyo, Utet, Torino, 1997.
Paolo GUIDICINI, “Città globale e città degli esclusi”, Paolo GUIDICINI e Giovanni PIERETTI (a cura di), Città globale e città degli esclusi. Una
esperienza di welfare mix nel settore delle emarginazioni gravi, Franco Angeli, Milano, pp. 13-36, 1998.
6
7
Per utilizzare alcune categorie concettuali di Sen. Tra i testi da ricordare sul rapporto tra capabilities e qualità della vita si veda in particolare
Marta N USSBAUM e Amartya SEN (a cura di), The Quality of Life, Clarendon Press, Oxford, 1993.
8
Sul tema si veda anche Giampaolo N UVOLATI, “La qualità della vita urbana: risorse, functionings e capabilities”, Politeia, n° 63, pp. 147-154,
2002.
87
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Ma la qualità della vita è anche intrattenere con il territorio legami stretti ed esclusivi.
L’identità, il senso di appartenenza con luoghi specifici, la stretta confidenza con il
tessuto sociale come elementi fondanti di una comunità, vengono oggi invece
fortemente messi in discussione da modelli di vita sempre più basati sulla mobilità
quotidiana, sulla frequentazione di più contesti da parte di un unico individuo, sulla
condivisione di modelli culturali globalizzati, dunque sulla determinazione di identità
cosiddette multiple, articolate rispetto a più contesti. Ogni soggetto in questo processo
vede, da un lato, modificarsi il prospetto delle opportunità e delle complicità ma,
dall’altro, anche ampliarsi le situazioni di rischio, isolamento e collisione.
In questo quadro, il controllo da parte della comunità sull’ambiente naturale e costruito
si fa sempre più frammentato e complesso, caratterizzato da protagonisti inediti:
l’abitante, il pendolare, i city users, gli uomini d’affari9 , che si alternano
nell’occupazione dell’ambiente stesso rivendicando di volta in volta diritti e priorità,
proponendo scontri più o meno espliciti.
Il tentativo di difesa e occupazione dello spazio sia in senso culturale che fisico, genera
la formazione di strategie più o meno consensuali/conflittuali che gli attori pongono in
atto. Singoli individui, comitati di cittadini, movimenti, enti e istituzioni locali
pubbliche e private danno vita nuove stagioni di confronto la cui posta in gioco è la riappropriazione, ri-simbolizzazione di contesti sempre più uguali o evanescenti fino ad
essere definiti non luoghi10 .
La rivitalizzazione di quartieri periferici esclusi dagli orizzonti di mobilità dei city users
ma rivalutabili in una ottica post-modernista che fa della diversità, del mosaico urbano,
del disordine, della frammentazione un punto di forza anziché di debolezza della qualità
della vita, non sono che alcuni esempi di resistenza nei confronti dei processi di
regolazione e omologazione che segnano le città contemporanee11 .
Mutano anche le arene del confronto, della negoziazione così come il sistema di
interfaccia tra la domanda e l’offerta di servizi mirati a risolvere i bisogni sempre più
articolati espressi dai soggetti. Nell’ambito di questo rapporto per Legambiente, ci
sembrava interessante affrontare un tema specifico: il legame tra individuo e ambiente
urbano per come esso viene mediato dalla presenza di una rete di luoghi di
socializzazione come fonte di integrazione sociale e identità culturale, in
contrapposizione al processo di omologazione sopra descritto. L’esperienza qui riportata
si riferisce al caso milanese, e va a integrare uno studio sui bisogni delle periferie del
capoluogo lombardo12 , ma pensiamo possa costituire utile strumento di riflessione per la
rilevazione delle reti dei luoghi di socialità anche in altri contesti metropolitani.
9
Per una recente analisi di queste categorie si veda Giampaolo N UVOLATI, Popolazioni in movimento, città in trasformazione. Abitanti, pendolari,
city users, uomini d’affari e flâneurs, il Mulino, Bologna, 2002.
10
Il concetto di non luogo trova una prima definizione in M. M. WEBBER., “The Urban Place and the Non-place Urban Realm”, M. M. WEBBER et
al. (a cura di), Exploration in Urban Structure, University of Pennsylvania Press, Philadelphia, pp. 79-153, 1964, anche se la fortuna del concetto
stesso è dovuta a Marc Augè.
11
Sul tema e con particolare attenzione alla tradizione mediterranea si veda in particolare Lila LEONTIDOU, “Postmodernism and the City:
Mediterranean Versions”, Urban Studies, 30, 6, pp. 949-965, 1993.
12
Atlante dei bisogni delle periferie milanesi, Responsabili della ricerca Guido M ARTINOTTI, Francesca Z AJCZYK e Mario BOFFI, coordinatore
Giampaolo Nuvolati, gruppo di ricerca: Marianna D’OVIDIO, Chiara T ORNAGHI, Cristiano M UTTI, Dipartimento di Sociologia e ricerca sociale,
Università Milano Bicocca, Milano, 2001.
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Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
2.6.1.1 I luoghi di socialità
Se i processi di omologazione dei contesti urbani rappresentano il lato più appariscente
del mutamento, è tuttavia possibile rinvenire, accanto ad essi, esperienze importanti di
recupero delle identità locali. Si tratta dell’azione di gruppi, associazioni, piccole
comunità di quartiere, che cercano di ricomporre i pezzi di un’identità frantumata o,
come direbbe Giddens, che cercano di mettere in atto processi di re-embedding13 , cioè
di riaggregazione di appartenenze multiple e ricomposizione della separazione spaziotemporale, in un quadro di rapporti orientato alla dimensione locale.
Ciò a cui oggi assistiamo è dunque una strutturazione dei legami sociali – in particolare
degli spazi di condivisione e dei momenti per il confronto – sia funzionale alla
partecipazione diretta nella definizione di uno standard di qualità della vita, quanto
orientata a soddisfare determinati bisogni relazionali degli individui.
Queste tendenze sono ben riscontrabili anche in un ritorno di interesse delle scienze
sociali ad indagare come gli individui sperimentino la loro vita quotidiana, il loro
rapporto con l’ambiente, le loro occasioni di socialità, reimmergendosi nella florida
produzione degli anni ’60 che con Riesman e la Jacobs esplorava le frontiere
dell’autonomia creativa e il potenziale del capitale sociale nel dare vita a città vivibili14 .
Il tema cruciale del capitale sociale15 , utilizzato poi negli ultimi decenni nelle sue
diverse declinazioni, vuoi per illustrare il ruolo dei network di relazioni nel mercato del
lavoro16 , piuttosto che per spiegare il rapporto tra civicness e rendimento delle
istituzioni17 – solo per citare due esempi illustri – brilla ancora di intramontabile
giovinezza e rimane cruciale nell’analisi del magma denso di queste esperienze locali.
Muovendoci attraverso i territori urbani e portando ad esempio il caso milanese,
cercheremo di non perderci nelle maglie del privato sociale, dove il capitale sociale si
spende nelle numerose attività dell’economia informale18 . Metteremo invece l’accento
principalmente sulle energie volte alla creazione di spazi di socialità, e cioè di quei
luoghi nei quali, al di fuori del tempo di lavoro, gli individui possono soddisfare i propri
bisogni espressivi attraverso attività di svago, aggregazione, creatività, contribuendo al
contempo all’accrescimento del patrimonio culturale della comunità.
Attraverso l’organizzazione di eventi, la produzione di luoghi pubblici, il recupero e la
valorizzazione del saper fare unico di ciascun membro della comunità, si generano
azioni capaci di ricostruire spazi relazionali, funzionali a quella socialità espulsa dai
suoi luoghi tradizionali, e che rappresentano uno dei processi fondamentali per la
costruzione di una identità prima individuale e poi collettiva.
13
Anthony GIDDENS, Le conseguenze della modernità, il Mulino, Bologna, 1994.
David R IESMAN, The Lonely Crowd, Yale University Press, New Haven, 1961 e 1989, Tr. It., La folla solitaria, il Mulino, Bologna, 1999; Jane
J ACOBS, The Death and Life of Great American Cities, New York, 1961, Tr. It.,Vita e morte delle grandi città, Edizioni di Comunità, Torino, 2000.
15
Sistematizzato da J. C OLEMAN nel suo Foundation of social theory, Cambridge, Mass., 1990.
16
Mark GRANOVETTER, The Strength of Weak Ties. A Network Theory revisited, trad. it. La forza dei legami deboli e altri saggi, Liguori, Napoli,
1998.
17
Robert PUTNAM, Making Democracy Work, Princeton, 1993, trad. it. La tradizione civica nelle regioni italiane, Milano, Mondadori, 1993.
18
sul rapporto tra capitale sociale ed economia informale si rimanda ai numerosi contributi di Arnaldo BAGNASCO , tra i quali ricordiamo “La
questione dell’economia informale”, in Stato e Mercato, n° 1, pp. 173-196, 1981 e Tracce di comunità, il Mulino, Bologna, 1999.
14
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Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Le manifestazioni di questi processi sono numerose. Per chiarezza raccoglieremo le
diverse esperienze riconducendole ad alcuni temi comuni19 :
?? azioni per realizzare esperienze di progettazione partecipata che conducano al
rispetto dell’identità del quartiere e del miglioramento della qualità della vita;
?? esperienze d’uso non convenzionale dello spazio pubblico, di reinterpretazioni del
costruito per un uso aggregativo e ludico che si manifestano in maniera non
consumistica;
?? la creazione di progetti polifunzionali in aree periferiche della città, scarsamente
dotate di spazi pubblici, talvolta in aree industriali dismesse, capaci di restituire la
pluralità delle energie creative attraverso la molteplicità dell’offerta, e che si
pongono come valida alternativa alla ricchezza delle aree centrali della città.
2.6.1.2 I comitati di quartiere
Un primo insieme di esperienze che dobbiamo considerare in relazione al recupero di
identità locali è rappresentato dai casi di mobilitazione intorno ad alcune tematiche di
interesse locale. In seguito al preannuncio di un progetto di pianificazione territoriale,
che andrebbe a modificare in modo sostanziale l’ambiente e le condizioni di vita, si
coagulano le azioni di gruppi organizzati, o si formano nuovi aggregati – comitati – i
quali indicono momenti di discussione che contribuiscono alla creazione di uno spazio
pubblico inteso come luogo di confronto.
Tra le esperienze recenti possiamo indicare:
L’azione di coordinamento dell’associazione Cantieri Isola, al quartiere Isola-Garibaldi,
che si oppone al progetto Città della moda nell’area che si estende dal cuore dell’Isola
fino al quartiere Repubblica20 ,
la mobilitazione dei cittadini contro l’apertura al traffico dell’isola pedonale intorno
all’Arco della Pace21 ,
la costituzione dei comitati contro le Gronde Nord e Sud, ossia i nuovi progetti per la
viabilità urbana,
e, da ultimo, la formazione del comitato dell’Ovest, che raccoglie le realtà associative
dell’ovest milanese per un forum di discussione sulla qualità della vita in periferia22 .
I livelli di incisività di queste esperienze sono differenti. Tuttavia è possibile indicare
alcune costanti nell’impatto di queste azioni sulla vita locale. Un primo effetto è quello
di favorire la comunicazione tra i cittadini e di aprire il confronto tra interessi differenti
(ad esempio quelli dei commercianti rispetto a quelli degli abitanti, ecc.), ma soprattutto
di accrescere la consapevolezza dell’identità del proprio quartiere, la riflessione sul
rapporto che si ha con lo spazio circostante23 e ciò che andrebbe perduto o guadagnato
se questo micro-sistema venisse alterato. In secondo luogo dobbiamo indicare la nascita
di spazi pubblici nuovi, cioè di luoghi che si aprono ad un pubblico più vasto e
diventano punti di riferimento, centri nevralgici di una nuova rete comunicativa. Tra i
nostri esempi il caso del quartiere Isola è particolarmente significativo, poiché la
19
Una raccolta parziale delle esperienze locali, operata con criteri parzialmente differenti, ma di grande interesse nel quadro di una visione
complessiva della mobilitazione per la qualità dell’ambiente, è stata proposta recentemente nel seminario “Comunità in corso” organizzato dal
DiAP del Politecnico e dall’ORS, presso la Triennale di Milano, nei giorni 15-18 aprile 2002.
20
Il primo incontro di quartiere è stato indetto presso il Teatro Verdi di via Pastrengo nei primi mesi del 2002.
21
Si veda l’articolo sulle pagine milanesi di Repubblica del giorno 17 aprile 2002.
22
Si rimanda in particolare alla serie di incontri sul tema “Vivere in Periferia”, marzo-aprile 2002.
23
Sull’attaccamento ai luoghi è di particolare interesse l’opera di Maria Vittoria GIULIANI, “ Theory of attachment and place attachment”, M.
Bonnes, T. Lee, and M. Bonaiuto (Eds.), Psychological theories applied to environmental issues, Ashgate, London, in stampa, versione italiana
pubblicata da Cortina.
90
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
rivitalizzazione di spazi è addirittura plurima, con l’apertura dapprima della sede
dell’Associazione Azimut, e poi con l’attivazione da parte dell’intero comitato, di un
nuovo spazio recuperato nell’edificio semi-dismesso della Stecca degli artigiani.
Quanto alla effettiva capacità di creare visioni comuni dell’abitare e di entrare in
processi di progettazione partecipata non ci è possibile alcuna generalizzazione. Gli esiti
dipendono dalle risorse che questi comitati riescono ad attivare, sia al loro interno sia
nell’arena istituzionale24 .
2.6.2 Quando la piazza aggrega ancora: assenza di infrastrutture
e uso improprio dello spazio
Nel secondo insieme di esperienze raccogliamo esempi di uso dello spazio pubblico
aperto, come le piazze, le strade, le aree attrezzate, ma con riferimento a due casistiche
differenti. Nella prima intendiamo portare a testimonianza un uso dello spazio che non è
mediato dal consumo e che è proprio di quelle comunità che per la loro condizione
sociale ed economica sono ancora estranee, almeno in parte, allo stile di vita, in
particolare agli aspetti ludici, della maggior parte dei cittadini. Ci riferiamo in
particolare alle comunità straniere di Milano, che hanno eletto alcune piazze a luogo
privilegiato di ritrovo, e che quindi fanno di questi luoghi il fulcro della comunità. Il
sabato e la domenica, in particolare, moltissime piazze, tra le quali piazza Duca
d’Aosta25 e piazza del Duomo, si vestono dei colori e delle parole di queste culture,
divengono luogo dello scambio, delle presentazioni, della socialità.
Nel secondo caso, invece, ci riferiamo ad usi dello spazio pubblico che si caratterizzano
per una curiosa reinterpretazione delle funzioni dello spazio. Camminare per la città,
soprattutto nel cuore dei quartieri, è il modo migliore per osservare come molti spazi,
privi di attrezzature specifiche o di angoli deputati alla sosta, vengono colonizzati per
attività come il gioco del pallone, nel caso di piazza Gramsci, l’uso degli skate in piazza
Duca d’Aosta e sui marmi lucidi di corso Vittorio Emanuele, e persino il gioco degli
scacchi sui bidoni della spazzatura di corso Lodi.
La considerazione che emerge non appena si riesca ad esperire questa vivacità è
necessariamente critica con la tradizione, in voga grazie a Marc Augè, di considerare
molti spazi aperti come luoghi di transito e molti luoghi di transito come non-luoghi26 .
In realtà questo atteggiamento è dovuto ad una evidente considerazione ristretta della
comunità locale, o se vogliamo della cittadinanza, che porta a considerare come
irrilevanti e residuali le pratiche degli immigrati sul territorio, nonché di molti giovani, e
in definitiva di quelle fasce di persone che non sono entrate ancora in maniera autonoma
e sostanziosa nel mercato dei consumi e negli stili di fruizione della città tipici di una
classe globale di consumatori.
24
Per un approfondimento su esperienze analoghe si veda il saggio di Chiara SEBASTIANI, “Comitati cittadini e spazi pubblici urbani”, Rassegna
italiana di sociologia”, n° 1, pp. 77-114, 2001, e il saggio di Lavinia BIFULCO , “Ambiguità delle recinzioni e identità collettive: la vicenda di piazza
Vetra e la mobilitazione dei cittadini” in Mutamento sociale e identità: la sociologia di fronte alla contemporaneità, Guerini, Milano, 2000.
25
Per una antropologia della Stazione Centrale e delle aree che la circondano si veda Enzo C OLOMBO, Gianmarco N AVARINI, Confini dentro la
città, Guerini, Milano, 1999.
26
Marc AUGE, Non-lieux, Seuil, Paris, 1993, trad. it. Non luoghi, Eleuthera, Milano, 1994.
91
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
2.6.2.1 I progetti polifunzionali del periferico urbano
Per progetti polifunzionali intendiamo qui riferirci a complessi architettonici di grandi
dimensioni gestiti da gruppi organizzati del privato sociale che per la loro complessità
morfologica sono in grado di garantire lo svolgimento di molteplici attività
contemporaneamente e con riferimento a tipologie differenti di partecipanti. Il Centro
Sociale Barrio’s, l’ex- nosocomio provinciale Paolo Pini, il Centro Sociale Leoncavallo
sono solo alcuni esempi di strutture polifunzionali. La rilevanza di questi progetti è da
riscontrarsi su più fronti. Anzitutto si tratta di progetti mirati alla integrazione e
reciprocità degli abitanti, poiché vedono l’integrazione di gruppi diversi, anziani,
bambini, giovani di diverse età, all’interno della stessa struttura.
Un secondo aspetto centrale è dovuto al fatto che spesso i centri sono attivi nel corso
dell’intera giornata, contribuendo alla realizzazione di quella diversity di cui parlava
Jane Jacobs27 , così importante per combattere il degrado urbano. Infine i progetti sono
portatori unici del fermento culturale della città, perché offrono spettacoli teatrali,
esposizioni e performance artistiche, concerti di gruppi emergenti. La creazione di un
mix di funzioni va a sopperire in maniera diretta alla povertà del territorio in cui sono
collocati. In tutti i casi infatti si tratta di progetti sorti nel periferico urbano: quartiere
Barona, Bovisasca, Greco, dove il vuoto è così marcato che un centro di questo tipo
pare portare il mondo nel quartiere.
2.6.2.2 Conclusioni
Su queste dinamiche è necessario riflettere, in particolare alla luce dei legami che queste
tre esperienze intrattengono, ognuna in modo caratteristico, con l’arena istituzionale
locale. Anzitutto possiamo osservare che dalle pratiche di reinterpretazione dello spazio
emerge una carenza dal punto di vista dell’offerta attuale dello spazio, e dunque una
discrasia tra le funzioni dello spazio previste dal progetto e i bisogni effettivi di spazio
presenti nel territorio. Dalle istanze dei comitati, in secondo luogo, emerge un desiderio
di partecipazione che è irriducibile al canale spento della rappresentanza politica, ma
che cerca di rientrare nel processo decisionale in maniera diretta, attraverso altri
meccanismi istituzionali. Infine, dall’autorganizzazione dei progetti polifunzionali si
può osservare il vuoto del periferico urbano, un vuoto che certo non è solo istituzionale,
ma che è sintomo di un pensiero che sta altrove, che è volto al centro, e in sostanza di
una dimenticanza e di una marginalità che non è stata colmata dai progetti incompiuti
degli svariati Museo del Presente (Bovisa), Progetto Pilota (zona 9), Biblioteca Europea
(Porta Vittoria), Fabbrica del Vapore (Monumentale) e quant’altro.
Se queste esperienze testimoniano comunque l’esistenza di un legame sociale che si
stringe intorno a una identità di interessi per farne un’identità collettiva, capace di creare
isole solidali di relativa autonomia, non bisogna tuttavia trascurare che la non
incorporazione di queste istanze nel tessuto istituzionale rischia di generare una
divaricazione insanabile tra istituzioni e società, ponendo seriamente in discussione
l’antico legame tra urbs e civitas 28 . Solo se l’attivazione spontanea sarà sostenuta e resa
prassi collettiva si potrà valutare il senso civico del buon governo metropolitano.
27
Jane J ACOBS, 1961, op. cit.. In particolare ci riferiamo al passo in cui si sottolinea l’importanza della polifunzionalità dei luoghi nel generare
flussi di popolazioni diverse nell’intero corso della giornata, a rotazione, capaci di evitare stati di abbandono e di spegnimento del quartiere.
28
Per un confronto tra visioni opposte del rapporto tra urbs e civitas si possono confrontare le opinioni di Marco R OMANO in L’estetica della città
europea, Einaudi, Torino, 1993 e di Paolo DESIDERI nel saggio “Senza luogo. A procedere” in Massimo ILARDI (a cura di), La città senza luoghi,
Costa & Nolan, Genova, 1990.
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Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
“Italiani brava gente”, tante storie di ordinario civismo
Agire localmente: questo è lo spirito che ha portato alla creazione di numerosi comitati di
quartiere che da anni si battono nelle città per cambiare il loro territorio, renderlo più vivibile, più
solidale. Da queste realtà sono scaturite mobilitazioni a favore dell'ambiente, della comunità:
segnali importanti di una crescente attenzione per il bene comune e la solidarietà. Nel 1996 a
Milano, grazie al Coordinamento dei Comitati, nasce il primo premio alla virtù civica. Un
riconoscimento che parte "dal basso", da cittadini che segnalano altri cittadini, esperienze e storie
che riemergono dal sommerso, persone che da anni portano avanti il loro impegno sociale senza
clamore, in silenzio.
Dal 1997 il premio "Italiani Brava Gente" viene riprodotto in diverse città italiane, grazie
all'impegno dei circoli di Legambiente, toccando ogni anno temi diversi: un vero e proprio
monitoraggio dei gesti concreti e quotidiani di tante donne e uomini. La rete territoriale si allarga:
le associazioni collaborano tra loro, entrano in contatto e diventano soggetti in grado di
modificare il proprio tessuto urbano e sociale. Questa è la vera forza dell'impegno volontario, di
una cultura civica che in Italia si espande attraverso le vicende personali di molti cittadini
sconosciuti che, contro l'individualismo, si aprono verso "l'altro". E' tramite il racconto della loro
vita, come uno sguardo che va oltre i nostri limiti e le nostre barriere, che scopriamo vere storie di
emarginazione sociale, di degrado, di periferia urbana, di immigrazione. Molti di loro sono
volontari che si riappropriano di spazi verdi, adottano monumenti, tutelano l'ambiente naturale, si
occupano di luoghi importanti per generazioni e relazioni, diffondono la cultura del "riuso"
attraverso la raccolta differenziata. Da loro capiamo quanto anche l'ambiente diviene occasione
di mobilitazione per una vita migliore, per scelte sostenibili per il presente e il futuro di altre
generazioni.
Ogni storia è diversa dalle altre, racchiude la propria particolarità e la propria straordinaria forza
civile. Tanti esempi da seguire, da ammirare, ma anche tante gocce nel mare che spesso non
vengono riconosciute e rimangono invisibili. Per questo, vale la pena di raccontarle tutte.
Panettone d’Oro, un premio alla virtù dei milanesi
Milano sta percorrendo un cammino che la porterà ad essere sempre più una città globale a
livello europeo. Centro dei servizi avanzati per l'impresa, per la new economy e per il sistema
finanziario, crocevia di lunghe reti della comunicazione e dei trasporti, sede di numerose
università: è una città reale di tre milioni di abitanti. Ogni giorno migliaia di persone affollano le
strade, le metropolitane, la città diventa viva, pulsante, il valore economico cresce, il tempo ha
connotati diversi e detta sempre di più lo stile di vita. Milano, come le grandi metropoli, cela in sé
enormi contraddizioni sociali: il degrado e l'isolamento delle periferie, la mancanza di spazi verdi,
l'emergenza ambientale che ancora oggi non si riesce a risolvere. All'ombra della Madonnina
migliaia di immigrati sono costretti a volte ai lavori più umili, cercano quell'accoglienza che non
tutti i milanesi riescono a offrire. Milano deve fare un passo oltre le sue paure, le sue incertezze:
deve riconoscersi come centro multietnico in cui l'integrazione e la convivenza devono diventare
valori fondamentali; deve uscire dal guscio dell'individualismo per cercare la propria ricchezza
anche tra chi vive ai margini, nel disagio. Accanto all'indifferenza di molti però, c'è anche
l'impegno e l'altruismo di tanti. A loro, Legambiente Milano, ha riconosciuto valore e importanza,
come simboli di solidarietà fatta di gesti concreti. Ecco le loro storie.
Via Toffetti, periferia sud di Milano, stazione di Rogoredo. Un furgone è lanciato a tutta velocità.
Una donna, pensionata di 77 anni, sta attraversando sulle strisce pedonali, a braccetto con
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Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
un'amica. Viene travolta e uccisa, trascinata per 20 metri. Il furgone non si ferma, ennesimo
gesto di pirateria stradale, che ricorda quanto si possa essere poco rispettosi della vita altrui.
Qualcuno però si mette subito a disposizione senza attenderne le richiesta: sono Massimo Villa e
Giorgio Felisari che prestano i primi soccorsi. E' a loro che va riconosciuto quel senso civico di
cittadini che nell'immediatezza sono intervenuti, senza chiedere nulla. Così anche Renato
Brignoli, operatore ACI, con la sua tempestività, la prontezza e la competenza ha salvato una
vita, soccorrendo un giovane automobilista vittima di un incidente.
Per Caterina Condò invece tutto è iniziato con la battaglia per il funzionamento degli ascensori di
un grande stabile di proprietà comunale, dove aveva traslocato. In un quartiere con grandi
problemi di vivibilità e di degrado ambientale è riuscita a mobilitare centinaia di famiglie creando
un comitato. Ha ottenuto con tenacia dal comune l'impegno a trasformare un vecchio mercato da
abbattere in un giardino attrezzato per lezioni di educazione stradale.
Idelma Costa, l'amica dei pensionati, opera presso il sindacato di via Dante. La sua disponibilità e
la sua competenza vengono messe in pratica quotidianamente, nell'aiuto offerto a tutti, risolvendo
quei piccoli e grandi ostacoli che spesso, la nostra farraginosa burocrazia, rende difficili da
superare.
Candida Mariani, 80 anni di generosità, semplicemente "vicina": quando l'età non è un ostacolo
per aiutare chi è più sofferente di noi, soprattutto chi ci vive accanto. Il senso del vicinato, aiutare
quotidianamente nei piccoli bisogni: preparare un piatto caldo, scambiare quattro chiacchiere,
sostenere nella cura e nell'igiene di sé, essere sempre a portata di voce.
Giorgio Scaranello: "un nonno per amico" Gli abitanti del suo quartiere l'hanno definito "un uomo
semplice, meravigliato della vita come un bambino". Il suo impegno nelle associazioni, la sua
puntuale presenza e attenzione per tutte le necessità che coinvolgono la comunità sono una
costante nella sua vita.
Dal 1983 Dante Cicora ha sensibilizzato gli abitanti del suo quartiere "Quarto Oggiaro" per
combattere nelle strade il dramma della tossicodipendenza, senza emarginarli, ma tentando di
inserirli in un complesso programma in cui uno degli obiettivi fondamentali è il reinserimento
lavorativo. "Un no alla droga": la volontà di non lasciare soli i giovani e le loro famiglie nella lotta
alla dipendenza e alla deriva sociale, ma anche un impegno costante per il loro reinserimento.
Adele Del Ponte, "la piccola maestra", è stata staffetta partigiana in un delicato momento della
vita del nostro paese: la lotta di liberazione dall’occupazione nazi-fascista. Da allora ha
continuato a trasmettere un messaggio di profondo rispetto dei valori, ha lottato perché il diritto di
sapere diventasse condizione indispensabile di libertà. Una presenza che ha segnato con la
quotidianità dell'agire la vita del suo quartiere. Una vita dedicata all'impegno sociale, civile e
ambientale vissuto sempre con passione ed energia attraverso il tempo.
"Edizione straordinaria": Anna Maria e Giorgio Arduin, dalle strade e dalle pagine del loro
"Quartiere" hanno animato la vita del rione con civica intraprendenza, mobilitando e coinvolgendo
la gente nelle loro iniziative.
"Una goccia come il mare": per Mariuccia Castelli e Gianluigi Beltrami, le anime della delegazione
AVIS di Baggio, dare il sangue non è solo un'espressione metaforica. Sono gesti che
quotidianamente compiono, senza clamore, con costanza, per costruire il presente ed il futuro,
per dare una possibilità a chi ne ha davvero bisogno. Il gesto del donare il sangue è uno di
questi, è l'esempio di una cultura che va supportata e diffusa.
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Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
C'è un ristorante, il "Puerto Alegre", in cui, in modo insolito, il cibo non è solo ed esclusivamente
un pasto da consumare. Intorno ad una tavola vengono creati spazi di riunione per anziani
indigenti: mangiare insieme diventa così un'opportunità d'incontro, un modo diverso di
partecipazione e di solidarietà verso gli altri.
"Una voce nel buio": il grido di Francesco Cusati ha salvato una vita. Una sua amica, non
vedente come lui, era caduta nell'intervallo tra un vagone e l'altro della metropolitana impedendo
al convoglio di ripartire. Lui ha lanciato l'allarme e la ragazza è stata portata in salvo. Questi sono
i pericoli a cui i non vedenti sono continuamente esposti anche nell'atto, per noi semplice, di
prendere la metropolitana. Oltre al gesto, il premio al signor Cusati vuol dare voce alla richiesta
che Milano si dimostri sempre all'avanguardia per la tutela dei suoi cittadini in difficoltà, dotandosi
degli strumenti e degli accorgimenti necessari per una quotidiana serenità di tutti.
Estate: un fulmine improvvisamente colpisce un albero nel parco dell'idroscalo. Morar Traian,
Peto Dritan, Rossi Giuliano, Boni Giancarlo sono i City Angels che lo scorso agosto hanno
prontamente offerto soccorso alle vittime.
"Senza frontiere": Annamaria e Mario Raimondi hanno riunito genitori e bambini in un girotondo di
nazionalità, hanno creato occasioni di contatto e scambio, hanno trasformato le differenze in una
ricchezza comune. Così Alberto Raminelli si è prodigato negli anni in un appassionato impegno
insegnando la nostra lingua agli emigrati di tutto il mondo, costruendo un importante momento di
integrazione e di solidarietà.
“Un giorno per caso un incontro”: Luciana Righi Raggioli conosce un ragazzo albanese costretto
all'accattonaggio e lei rifiuta tenacemente anche solo l'idea che questo possa essere l'unica
risorsa per lui. Decide di aiutarlo: il giovane trova così un lavoro e una casa. Un premio
importante a Don Roberto Rondanini, ad uno spirito veramente cristiano, che riesce a creare
aggregazione a dispetto di tutte le diversità religiose. Un simbolo, un baluardo contro
l'emarginazione e la sofferenza.
Silvia Ciceri opera presso il centro "farsi prossimo" di via Brambilla, ricovero per i senza tetto,
offrendo loro, oltre a tutte le risorse tecniche della sua notevole professionalità, una straordinaria
capacità di comprensione ed ascolto, senza limite di orario. Riesce a stabilire un empatico
contatto con chi ha bisogno di accoglienza, facendoli sentire come a casa
Ugo Pagani: "una voce a te dovuta", è l'anima instancabile "dell'Associazione del libro parlato per
non vedenti". Riesce giorno dopo giorno a moltiplicare in centinaia di case la magia di una voce
che legge, tranquilla, le parole della bellezza. Da più di venti anni dedica la propria vita ad attività
volontaria di servizio sociale, organizza e gestisce, per i lions club il premio nazionale di poesia e
narrativa in lingua italiana e dialetti in tutte le regioni di Italia, i cui proventi sono interamente
destinati all'associazione.
Silvia e Ettore Caretti sono una coppia attiva nel volontariato, presso l'Anfass e per i carcerati di
Opera. Sempre disponibili verso gli altri, hanno aperto la propria famiglia all'affido, vedendo nel
bisogno di due bambini una richiesta di aiuto da non lasciar inascoltata.
Premio Fardo alla virtù dei viterbesi
A Viterbo il premio alla virtù civica porta il nome del Maestro Fardo d'Ugolino: uno dei più grandi
filantropi viterbesi. Nacque alla fine del 1200 da una modesta famiglia di notai. Ad un certo punto
della sua vita, lasciò ogni occupazione precedente e dedicò se stesso all'esercizio della carità.
95
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Un suo primo progetto fu quello di fondare un ricovero per le convertite, cioè le prostitute che
volevano cambiare vita; la struttura doveva accogliere poi anche le orfanelle e ben presto fornì
cure pure ai malati. Nel 1322 Maestro Fardo estese la sua attività assistenziale a favore degli
Ebrei. Appena due anni più tardi fondò un altro luogo di cura e assistenza sulla montagna. Morì
nel 1348 o nel 1350 e fu sepolto nella chiesa da lui fondata. Ecco i vincitori del "premio Fardo"
Lucia Annibaldi è stata la prima presidente della lega contro i tumori di Viterbo. Il suo capolavoro
lo ha realizzato nel 1994, con la creazione del laboratorio oncologico "padre benedetto" per la
prevenzione dei tumori femminili e la riabilitazione delle donne operate al seno. Da allora anima il
centro con generosità e grande disponibilità.
Mario di Marco è uno di primi obiettori di coscienza di Viterbo. Attualmente formatore degli
obiettori della Caritas diocesana, è divenuto ormai persona di riferimento per il mondo della
solidarietà a Viterbo. Da anni si adopera per la promozione della cultura della pace e la diffusione
delle tematiche sulla giustizia.
Nel suo poco tempo libero di studentessa universitaria Marta Pianura aiuta i piccoli ospiti
dell'istituto piccole suore della sacra famiglia nei loro impegni quotidiani: fare i compiti, giocare,
trovare una soluzione ai loro problemi. E lo fa sempre con tanto calore.
Pasquale Marcello, imprenditore sensibile alle tematiche sociali, sceglie di affiancare alla sua
attività iniziative che favoriscono la crescita culturale e sociale della città. La sua attenzione si
concentra in particolare sul mondo giovanile attraverso l'azione formativa dello sport, soprattutto
quello minore (rugby, baseball) e lo fa con discrezione evitando di mettere in primo piano gli
aspetti promozionali della sua impresa.
Dora Del Ciuco Fasanari ha saputo trasformare il suo dolore in amore e dizione per gli altri.
Fondatrice dell'associazione A.PRO.TION., al suo impegno si deve in particolare la realizzazione
delle camere sterili per la cura delle leucemie dell'ospedale "Gemelli" di Roma. Ma soprattutto
non fa mancare il suo appoggio morale a chi si trova ad affrontare situazioni di grave sconforto e
smarrimento.
Nel negozio di Luigi Grassotti e Filomena Spera si respira cultura e tradizione alimentare
viterbese, che rendono piacevole e cordiale l'atmosfera. Viterbo e il suo centro storico hanno
sempre più bisogno di valorizzarsi sull'esempio di esercizi commerciali che puntino sulla qualità
della propria tradizione locale.
Teresa Ginnasi e Mauro Sarnari sono impegnati da anni con l'Unicef provinciale per dare voce ai
diritti dei bambini. Riescono sempre a coinvolgere con il loro entusiasmo i colleghi, gli alunni, i
genitori dell'istituto comprensivo di Sutri e l'intera comunità sociale. Fra calendari, dolci, lotterie
rendono la loro scuola un vero "laboratorio" di solidarietà.
96
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
New economy - Capitolo 7
Buona e cattiva rete: virtù civica e
vandalismo on line. I dati di un fenomeno
in crescita
Nell'epoca della rivoluzione tecnologica il raffronto fra il bene e il male
della civiltà informatica. Internet: uno strumento utile anche per il non
profit. Il vandalismo corre sul web: i risultati di una recente ricerca
dell'Osservatorio sulla Criminalità Informatica.
Stiamo vivendo l’epoca di una rivoluzione tecnologica e industriale che ha modificato
in pochissimi anni il nostro modo di lavorare, studiare, informarci e comunicare. Oggi
possiamo leggere il giornale comodamente da casa, trasferire documenti elettronici in
pochi minuti in qualunque luogo del mondo o consultare biblioteche direttamente sul
nostro computer. Anche il mondo della solidarietà ci ha guadagnato grazie alla rete.
Attraverso Internet le organizzazioni non profit possono promuovere le proprie idee e
iniziative in maniera gratuita o quasi. Inoltre Internet può fornire servizi e informazioni
a persone che difficilmente potrebbero ottenerli in altri modi (basti pensare ai siti
accessibili alle persone ipovedenti e non-vedenti).
D’altra parte Internet è un luogo in cui il vandalismo può colpire virtualmente tutti. In
questa sezione del nostro rapporto vogliamo riflettere e analizzare entrambi gli ambiti:
sia l’Internet solidale, sia l’aggressività in rete.
2.7.1 Dagli sviluppi militari ai portali non profit
Internet ha più di 30 anni. Era il 1968 quando il National Physical Laboratory
(Laboratorio Nazionale di Fisica) degli Stati Uniti realizzò una prima rete telematica
basata su principi rivoluzionari rispetto alle reti di telecomunicazione tradizionali.
L'ARPA (Advanced Research Project Agency), agenzia del Pentagono, decise di
sponsorizzare il progetto. Lo scopo dei militari era probabilmente quello di trovare un
modo di comunicare nel corso di una battaglia di grandi proporzioni come sarebbe stata
una guerra nucleare. Gli scienziati che partecipavano al progetto avevano invece
un’ottica completamente diversa: essi avevano bisogno di uno strumento che garantisse
loro di scambiarsi in poco tempo enormi quantità di dati scientifici.
Grazie ai grossi finanziamenti del governo americano, nel 1969 quattro fra i maggiori
centri di ricerca scientifica statunitensi crearono un primo nucleo di computer in rete,
sistema chiamato ARPANET. Durante gli anni Settanta si collegarono ad ARPANET
tutte le reti universitarie statunitensi e furono messi a punto i cosiddetti protocolli di rete
(come il TCP/IP), cioè delle regole fisse che i computer dovevano rispettare per
comunicare fra di loro.
All'inizio degli anni ’80, i militari si appoggiavano sempre più ad ARPANET e nel 1983
decisero di dotarsi di una rete tutta per loro. ARPANET si divise così in due:
ARPANET, dedicata alla ricerca e Milnet, dedicata a scopi militari.
97
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
A metà degli anni ’80 ad ARPANET sono collegate università e centri di tutto il mondo.
Il World Wide Web, la ragnatela grande come il mondo, nella forma attuale nasce agli
inizi degli anni ’90 al CERN (Centro di Ricerca di Fisica Nucleare) di Ginevra, in
Svizzera. Nel 1993 viene sviluppato Mosaic, il primo browser che consentiva di
visualizzare immagini grafiche.
Fino alla metà degli anni ‘90 Internet si è sviluppato grazie alla collaborazione e al
lavoro più che trentennale di migliaia di ricercatori di tutto il mondo mossi non da
logiche di mercato ma dalla voglia di apportare il proprio contributo all’avanzamento
del sapere scientifico e tecnologico. Quando ormai i web-navigatori sono milioni, le
multinazionali dell’informatica e delle telecomunicazioni si rendono conto della
possibilità di business. Inizia la “guerra” dei browser, fra Netscape e Internet Explorer e
le accuse di monopolio a Microsoft. Il resto è storia di oggi: la sovracapitalizzazione dei
titoli legati alla net-economy, fusioni, creazioni dal nulla delle net-aziende. Fino alla
scoppio della bolla speculativa a cavallo dell’anno 2000: si parla apertamente di crisi di
Internet e della net-economy.
2.7.1.2 Identikit del web user italiano
Oggi il 25% delle famiglie italiane ha un collegamento Internet, mentre sono 66 su
cento le aziende italiane collegate alla rete. Solo il 47% dei PC installati nelle scuole e
negli uffici della pubblica amministrazione è collegato a Internet. Alla fine del 2001
circa il 33% della popolazione italiana (18 milioni di persone) ha navigato almeno una
volta al mese, percentuale leggermente inferiore rispetto a Francia e Germania, mentre
nei paesi Scandinavi e nel Nord America (USA e Canada) circa due terzi della
popolazione naviga su Internet. Il trend di crescita annuo italiano è del 30%: i cybersurfisti erano 8,20 Milioni nel 1999, 13 milioni nel 2000. Si tratta di un trend di crescita
molto positivo se confrontato con quello europeo: nell’Europa dei quindici la
penetrazione di Internet ha fatto segnare un brusco arresto: gli europei che usano
Internet si è attestato nel dicembre scorso al 38%, dopo la rapida corsa dei mesi
precedenti che aveva portato la percentuale dal 18% del marzo 2000 al 36% del giugno
2001.
Nel nostro Paese la maggior parte delle persone si collegano da casa: nel 2001 erano
11,5 milioni, più del doppio rispetto al 1999. Complessivamente in Italia ci sono oggi
quasi nove milioni di abbonamenti gratis o a pagamento. In media un navigatore
italiano rimane collegato alla rete circa 20 ore al mese, rispetto alle 40 di un utente
americano. L’utente tipo di Internet in Italia è un maschio tra i 14 e 24 anni (57% dei
navigatori, mentre nella fascia 25/35 è 38,5% e oltre i 35 è il 28%) , residente in Italia
Centrale e del nord. Le regioni col maggior numero di utenti sono le Marche e l’Umbria
(32,8%), la Lombardia (30,3%) e il Lazio (28,3%). Al sud la percentuale è circa il 20%
della popolazione.
2.7.1.3 Perché si naviga nel world wide web
In Italia Internet viene utilizzato prevalentemente per comunicare e informarsi: l’80%
degli utenti utilizza quotidianamente la posta elettronica, mentre il 43% ricerca news e
legge i quotidiani on-line, contro il 32% che cerca programmi di informatica e il 28%
che usa Internet per scaricare e ascoltare la musica. Da noi l’e-commerce stenta ancora
ad affermarsi: solo il 10% delle aziende vende on-line i propri prodotti, contro il 23%
delle aziende europee.
98
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Alla fine del 2001 il 36% dei navigatori europei aveva fatto compere on-line: in Italia
questa percentuale è del 20% (circa 3,5 milioni di persone nel 2001, il 6,6% della
popolazione italiana), per un valore del mercato Business to Consumer di 2.000 milioni
di Euro.
2.7.2 La buona rete italiana: alcune tipologie di siti non profit, dall'
ambiente alla solidarietà
Si calcola che ai siti non profit italiani si debbano accreditare circa 200.000 contatti
giornalieri, nel 2004 saranno 250.000.In questo paragrafo tratteremo non solo di siti
delle associazioni non profit, come www.legambiente.com, il sito ufficiale di
Legambiente, ma anche siti che offrono servizi in maniera gratuita. Per compiere questo
viaggio virtuale attraverso il web virtuoso italiano abbiamo suddiviso per maggiore
ordine i siti non profit in alcune categorie e i siti citati non esauriscono ovviamente tutto
l’insieme
del
non
profit
italiano
che
si
può
trovare
sul
web.
Ambiente: oltre ai siti delle grandi organizzazioni ambientaliste (www.wwf.it,
www.greenpeace.it, www.legambiene.com) sui quali si possono trovare le informazioni
che riguardano queste associazioni, esiste in Italia un arcobaleno di siti destinati
all’ambiente. Si può andare da www.rifiutilab.it, un portale costruito come un
laboratorio dove compiere esperimenti in materia di riciclaggio e smaltimento dei rifiuti
nelle città, a www.ecosportello.org, sito dello Sportello Informativo di Legambiente
sulle Raccolte Differenziate. Per gli appassionati della montagna e dei parchi naturali,
sono da citare il portale sui parchi italiani www.parks.it, www.cipra.org, sito della
Commissione Internazionale per la Protezione Alpi; www.alpinia.net contiene, invece,
le immagini in tempo reale delle maggiori cime italiane e una serie di link tematici
(escursioni, rifugi, guide alpine, etc.); www.infondoalmar.it è un sito dedicato alla
campagna promossa da Lega Pesca e Legambiente per la bonifica dei fondali di cinque
aree
marine
italiane.
Nel campo dell’informazione ambientale www.e-gazette.it è il cybergiornale più diffuso
che
tratta
di
energia,
ambiente
e
rifiuti.
Ambiente e leggi: spesso le vittorie degli ambientalisti nascono da esposti alla
magistratura e dall’azione di avvocati al servizio dell’ambiente. I siti più importanti in
questo campo sono: www.dirittoambiente.com, che ha il patrocinio del WWF e che è
curato da Maurizio Santoloci, giudice unico penale presso il tribunale di Terni e
consulente giuridico del Ministero dell’Ambiente; www.lexambiente.com, rivista
mensile curata da Luca Ramacci, procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Venezia e che contiene informazioni sui CEAG (Centri di Azione Giuridica) di
Legambiente; www.cliccambiente, sito edito da Maggioli Editore per Ambiente Italia.
Turismo sostenibile: in questo caso si può andare dal portale dell’agriturismo in Italia
(www.agriturismo.it) dedicato alla ricerca di agriturismi, “il miglior posto dove
trascorrere qualche giorno in pieno relax a contatto con la natura”; ai campi di
volontariato organizzati da 10 anni a questa parte da Legambiente
(http://www.legambienteturismo.it/volontariato/index.html).
Sud del Mondo: un posto di rilievo in questa categoria è da attribuire al sito di
Emergency (www.emergency.it) l’associazione di Gino Strada che porta cure mediche
nel sud del mondo e principalmente nei paesi teatro di guerre. Emergency è stata
l’ispiratrice della campagna per la messa al bando delle mine. Questa campagna si è
appoggiata pesantemente su Internet tramite l’invio di email e di newsletters. In questo
modo si è riusciti a ottenere la firma di un Trattato Internazionale e gli organizzatori
della campagna hanno vinto nel 1997 il Premio Nobel per la Pace. www.peacelink.org,
99
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
collegamento della pace, è “il” sito pacifista italiano: contiene notizie e informazioni su
pacifismo, obiezione di coscienza, dossier di memoria storica sull’avventura ormai
decennale
di
questo
portale.
www.misna.org è invece un sito di informazione in stile agenzia stampa su tutto quello
che succede nei Paesi del Sud del Mondo. Il sito contiene le notizie provenienti dalle
missioni cattoliche sparse in tutto il mondo.
Mercati marginali: in questo caso si va dai siti www.autostop.it e www.viavai.it,
dedicato a chi offre e chi chiede autostop (“Un modo economico per spostarsi....”), a
www.bidonville.it, sito dell’usato che promuove “la massima della conservazione, della
modifica, del riuso”. www.milanocarsharing.it è il sito ufficiale del Milano Carsharing,
la prima esperienza a Milano di auto in multiproprietà e che viene promossa da
Legambiente insieme al Touring Club Italiano. Interamente dedicato al commercio equo
e solidale è www.altromercato.it.
Agricoltura
biologica:
particolarmente
interessante
è
www.aiab.it,
sito
dell’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica, che contiene informazioni su
tutto quello che concerne il biologico, gli agriturismi, la legislazione in materia.
www.amab.it è invece il sito dell’Associazione Mediterranea Agricoltura Biologica.
www.slowfood.it è il sito della sezione italiana dell’associazione internazionale
Slowfood, movimento per la tutela del diritto al piacere che conta più di 60 mila soci in
tutto il mondo. Nel campo dell’agricoltura biologica ogni anno vengono organizzate
diverse manifestazioni a carattere nazionale o regionale allo scopo di sensibilizzare
l’opinione pubblica sull’argomento. Da qui nascono siti che contengono un grande
numero di informazioni, come www.biodomenica.it o il sito della campagna mangimi
puliti di Legambiente (www.mangimipuliti.it) dedicato all’alimentazione zootecnica.
Cultura: l’associazione culturale non profit Liber Liber ha come obiettivo la promozione
di ogni espressione artistica e intellettuale. Il sito www.liberliber.it offre la possibilità di
scaricare i testi di opere letterarie. Inoltre l’associazione promuove il progetto Manuzio,
vale a dire la fondazione di una biblioteca telematica ad accesso gratuito.
http://www.uspid.dsi.unimi.it è il sito dell’Unione Scienziati per Il Disarmo,
associazione nata nel 1982 per promuovere la responsabilità civile fra gli scienziati. Il
sito ospita una raccolta di documenti e analisi sui problemi connessi al controllo degli
armamenti e un buon indice ragionato sul disarmo in Internet.
Handicap: www.handicapincifre.it è un sito che fa parte del progetto "Sistema
Informativo sull'Handicap" promosso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
e realizzato dall'ISTAT. Offre informazioni e dati statistici sulle persone disabili in
Italia e sulla legislazione in materia. Per avere maggiori informazioni sull’accesso dei
siti alle persone ipovedenti, vedere l’intervista al Professor Paolo Graziani.
100
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
La rete per i disabili: intervista al professor Graziano, ipovedente e
ricercatore del Cnr
“Il fatto di consentire a tutti i cittadini di accedere ai siti Web delle Pubbliche Amministrazioni, è
importante quanto garantire loro l’accesso agli edifici pubblici”. Questa frase è scritta nell’ultimo
piano d’azione della Commissione Europea relativo all’accessibilità dei siti web europei da parte
dei disabili. In Italia ci sono quasi 3 milioni di disabili e per queste persone Internet può essere
uno strumento formidabile per superare di fatto le barriere fisiche reali che li separano da
informazioni utili per la loro esistenza. Ne abbiamo parlato col Professor Paolo Graziani,
ipovedente e ricercatore del Centro Nazionale Ricerche. Il Professor Graziani da diversi anni si
occupa dello sviluppo di tecnologie software per non-vedenti.
1) Quali sono gli ambiti in cui Internet è di maggiore aiuto per le persone con handicap
visivi? Quali sono le opportunità di lavoro per non-vedenti o ipovedenti che nascono dalla
rete e, in generale, dall'uso dell'informatica?
Per chi ha difficoltà ad accedere alla forma tradizionale dell’informazione, cioè alla carta
stampata, una sorgente di informazione in formato elettronico, come sono i servizi di Internet,
risulta particolarmente preziosa, dato che si presta ad essere utilizzata tramite le tecnologie di
presentazione alternativa, come la sintesi della voce o il Braille elettronico labile.
La posta elettronica, le mailing list, i siti web sono oggi di enorme utilità per ciechi e ipovedenti e
sono usati per scopi di studio, lavoro e svago. Questo compatibilmente con il grado di
accessibilità di questi servizi. I problemi maggiori sono incontrati nei siti web nei quali spesso la
multimedialità è usata in modo scriteriato, creando vere e proprie barriere di comunicazione.
Più in generale, l’informatica ha contribuito alla conquista di larghi spazi di autonomia per la
lettura e la scrittura, indipendentemente dal fenomeno Internet che è relativamente recente. L’uso
di programmi di video scrittura, di riconoscimento caratteri (OCR) per scanner, database ecc.., ha
fatto fare un notevole salto di qualità all’integrazione culturale e sociale dei ciechi negli ultimi 20
anni.
Potenzialmente, questa maggiore autonomia con il supporto dell’informatica e della rete potrebbe
creare anche nuove possibilità occupazionali. In realtà, pur non mancando esempi in tal senso,
questi rimangono episodi sporadici, dato che diversi fattori ostacolano l’apertura concreta di
nuove possibilità lavorative di massa. Fra queste difficoltà possiamo citare i diffusi pregiudizi che
fanno immaginare un cieco come una persona totalmente invalida e quindi oggetto solo di
assistenza. La stragrande maggioranza dei ciechi che lavorano è incanalata in professioni
protette, in tutto o in parte, come il centralinista telefonico, il masso-fisio-terapista o l’insegnante.
Senza un sostegno legislativo è difficile modificare questa situazione. Una eccezione è
rappresentata dalla professione di programmatore di calcolatore che, anche in Italia, ha assunto
nei passati 20 anni una proporzione significativa, di alcune centinaia di persone, ma anche
questo non è stato un fenomeno spontaneo: è stato dovuto all’impegno di coloro che hanno
creduto in questa possibilità, dando vita ad una organizzazione, (www.asphi.it) che ha coagulato
risorse e impegno di vari enti e imprese, assicurando un percorso di sbocco lavorativo ad una
iniziativa di formazione professionale. Adesso, questo impegno si va diversificando nelle nuove
professioni sorte con l’avvento della società dell’informazione, ma non sempre i risultati premiano
lo sforzo profuso.
2) Si può fare una stima del numero di persone con handicap visivi che usano Internet in
Italia? Di queste quante usano Internet per lavorare? Qual è la situazione in Europa?
E’ difficile dare delle cifre. Comunque si può stimare che gli utenti Internet disabili visivi siano
ormai molte migliaia. Molti di questi usano Internet sul posto di lavoro o per scopi connessi alla
loro attività professionale. Ad esempio, molti centralinisti ciechi consultano correntemente gli
101
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
elenchi telefonici online e altri servizi Internet o Intranet aziendali. La funzione stessa del
centralinista sta evolvendosi verso una figura professionale diversa, proiettata verso la fornitura di
informazioni al pubblico, proprio grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie. Per altre attività
professionali diffuse fra le persone con handicap visivo, come quelle di insegnante o avvocato,
Internet rappresenta una importante risorsa per l’aggiornamento e il reperimento rapido di
informazioni essenziali, quali le circolari ministeriali, banche dati di ogni genere, con particolare
riferimento alla legislazione e alla giurisprudenza. Anche per gli studenti, dalla scuola media in
su, il computer rappresenta uno strumento importante di autonomia, ivi compreso l’impiego come
strumento di accesso ad Internet. Le differenze che si possono riscontrare nei vari paesi europei
sono date dai diversi criteri di sostegno all’educazione e all’occupazione dei ciechi e degli
ipovedenti, ma ovunque c’è una crescente diffusione di impiego della tecnologia
dell’informazione.
3) Qual è la situazione dell'accessibilità dei siti italiani, in special modo quelli istituzionali e
di Enti dello Stato (ferrovie, poste, etc.)? In che modo le Istituzioni (governo, parlamento)
incoraggiano e promuovono lo sviluppo di siti accessibili? Che cosa si potrebbe fare di
più?
Da questo punto di vista, i siti pubblici italiani presentano un panorama abbastanza vario ma
dove prevale una sostanziale accessibilità, specialmente per chi usa gli strumenti (browsers e
screen readers) più avanzati.
I problemi maggiori sono sorti in quei servizi (poste, ferrovie ecc..) che, in seguito al processo di
privatizzazione hanno imboccato la strada della ricerca di un malinteso “look” nei loro siti,
facendo ricorso a presentazioni e modalità di interazione “amichevoli” nelle intenzioni, ma di fatto
emarginanti per gli utenti disabili. Negli ultimi tempi, si è diffusa nel settore della Pubblica
Amministrazione una certa attenzione alle istanze dell’utenza marginale. Nel marzo 2001 il
Ministro della Funzione Pubblica ha emanato una circolare dal titolo "linee guida per
l'organizzazione, l'usabilità e l'accessibilità dei siti web delle pubbliche amministrazioni ". Questa
circolare è in linea con gli orientamenti WAI (Web accessibility Initiative: www.w3.org/WAI). L’AIPA
(Autorità per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione) ha costituito un gruppo di lavoro specifico
sull’accessibilità dei sistemi informatici, siti web, hardware e software, con riferimento sia agli utenti
sia ai dipendenti disabili della PA. Fra le iniziative di questo gruppo di lavoro si può citare una
circolare tecnica, che integra ed estende quella della Funzione Pubblica, emessa dall’AIPA nel
settembre 2001 con il titolo "Criteri e strumenti per migliorare l'accessibilità dei siti web e delle
applicazioni informatiche a persone disabili" (CIRCOLARE 6 settembre 2001, n. AIPA/CR/32) e un
CD ROM di autoapprendimento dei citati orientamenti WAI. Sono in corso altre iniziative di
supporto all’applicazione della normativa contenuta nelle due circolari, come la creazione di un
sito web (www.publiaccesso.it). Alcuni importanti siti pubblici si stanno già adeguando alle regole
di accessibilità, ad iniziare da quello del Governo.
Di queste e altre attività si può trovare notizie dettagliate a partire dalla pagina
http://www.governo.it/sito_internet/accessibile.html. Un passo successivo dovrebbe essere quello
di rendere obbligatoria per legge l’osservanza delle regole di accessibilità, con un effetto maggiore di
quello di semplici circolari amministrative.
4) I programmi, come screen readers e le barre braille, che aiutano i non-vedenti a
navigare sono facilmente accessibili (costi, facilità d'uso, etc.)
Gli “screen reader”, con sintesi vocale o riga Braille, richiedono un addestramento specifico per il
loro impiego, dati numerosi comandi e strategie di uso , nonché le difficoltà dovute alla
interazione con le interfacce utente grafiche, come quelle degli applicativi di Windows,
“amichevoli” per chi ha la visione panoramica dello schermo, ma non altrettanto per chi deve
orientarsi seguendo percorsi passo passo, sotto la guida degli scarni messaggi percepiti in modo
sequenziale. Va detto anche che non tutti gli applicativi risultano accessibili con questi
102
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
adattamenti software di tecnologia assistiva. Si va dalla buona usabilità di quei programmi, come
Word o Internet Explorer, che sono stati progettati e adattati per essere compatibili con uno
screen reader, a quelli che presentano qualche difficoltà di controllo per arrivare a quelli
completamente inaccessibili. Queste tecnologie sono comunque piuttosto costose, superando
come minimo il costo dello stesso personal computer, per arrivare ad un costo anche di oltre 5
volte questo. Esiste tuttavia un sia pur limitato aiuto economico dal Servizio Sanitario Nazionale.
5) Esistono risorse gratuite per non-vedenti sul web (free software, librerie on-line, etc)?
Se sì, quali sono le più interessanti? Esistono associazioni di volontariato che sono attive
in questo ambito? Se sì, quali sono?
Ci sono pacchetti software disponibili gratuitamente. Posso iniziare citando quelli che ho curato
personalmente, fra i quali i più importanti sono Parla e Italbra. Il primo è uno screen reader per
Dos che, nonostante adesso anche i ciechi lavorino prevalentemente nell’ambiente Windows,
viene ancora molto utilizzato per tutti gli applicativi Dos che possono girare sotto il “Prompt Dos”
di Windows. Il secondo è il software di composizione e trascrizione Braille usato dai maggiori
centri di produzione di libri Braille italiani, ma viene usato anche a livello personale da molti ciechi
che possiedono una stampante Braille. Questi pacchetti sono scaricabili dal sito “anonymous”
ftp://ftp.area.fi.cnr.it/pub/graziani/index.htm. Un altro sito FTP dove si possono reperire numerosi
programmi di utilità, sviluppati dal prof. Giuliano artico dell’Università di Padova, si trova
all’indirizzo ftp://ftp.math.unipd.it/pub/people/artico/00index.htm.Ci sono siti dove sono reperibili
programmi di varia provenienza. Fra questi posso citare quello dell’Istituto Cavazza di Bologna
(www.cavazza.it) sul quale è disponibile anche una libreria di testi (Telebook), oltre ad altri servizi
e links a molti altri siti di interesse. Anche l’Unione Italiana Ciechi possiede un sito
(www.uiciechi.it) dal quale si possono raggiungere altri indirizzi utili. Fra questi, di notevole
interesse è una versione accessibile del quotidiano La Stampa di Torino, sviluppata dal nostro
gruppo dell’IROE-CNR, il cui indirizzo diretto è www.quotidiano.uiciechi.it. Da segnalare anche il
sito della Fondazione Ezio Galiano (www.galiano.it), dove è disponibile una vasta raccolta di testi
e numerosi giornali e periodici in formato testuale.
6) In che cosa consiste la sua attività di ricerca? Su quali sviluppi e progressi tecnologici
stanno lavorando i ricercatori?
Sarebbe lungo elencare tutte le attività svolte dal nostro gruppo. Al momento ci stiamo
occupando principalmente dell’accessibilità delle sorgenti di informazione e dei sistemi di
telecomunicazione. Abbiamo assunto un ruolo importante nella diffusione della cultura
dell’accessibilità, ad esempio, con la partecipazione al gruppo di lavoro AIPA citato sopra ed con
la collaborazione con il Ministero della Funzione Pubblica per la stesura della circolare
sull’accessibilità. Come attività di ricerca propriamente detta, abbiamo in corso alcuni progetti
europei nei quali sono affrontati i problemi di applicazione del principio della Progettazione
Universale (Design for All) in vari settori della tecnologia della comunicazione e dell’informazione.
Si tratta di cercare di superare l’approccio dell’adattamento a posteriori dei mezzi informatici, per
recuperare un’accessibilità non presente in partenza, puntando invece ad una progettazione che
tenga conto fin dall’origine delle necessità di tutti gli utenti, compresi quelli disabili. Su questo
fronte stanno lavorando altri centri di ricerca ed è da questo nuovo approccio che ci si possono
aspettare i futuri progressi dell’integrazione delle persone disabili.
103
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
2.7.2.1 Newsgroup
Un newsgroup è un gruppo di discussione formato da persone che si scambiano
messaggi attraverso Internet su un tema determinato. Nei newsgroups ciascun
partecipante può esprimere la propria opinione, chiedere informazioni, ricercare aiuto,
proporre un quesito sempre relativamente a un argomento ben preciso.
La differenza fondamentale fra una mailing list e un newsgroup sta nel fatto che la
mailing list è un sistema per inviare via posta elettronica lo stesso testo a più persone in
maniera unidirezionale: una persona invia il messaggio a molti senza aspettarsi una
risposta. I newsgroups vanno meglio per numerosi utenti e quando lo scambio è
multilaterale.
In tutto il mondo esistono centinaia di migliaia di newsgroup, forse milioni, organizzati
in gerarchie. Questo consente agli utenti di identificare più facilmente i newsgroup che
interessano loro e, al tempo stesso, per evitare che un solo gruppo venga subissato da
molte discussioni che non hanno nulla in comune l'una con l'altra. Per esempio, si può
partecipare a it.arti.musica, ma un utente è interessato in particolare alla musica classica
può abbonarsi a it.arti.musica.classica.
I newsgroup già esistevano quando ancora Internet era poco più che un embrione. Se
oggi navighiamo sul Web lo dobbiamo a tutte quelle persone che attraverso i
Newsgroup si sono scambiati informazioni e pareri tecnici e hanno collaborato a
realizzare questo o quel progetto.
2.7.2.2 Verso l’informatica solidale: il Software Libero
Per software libero (free sofware) s’intende ogni programma informatico che può essere
usato, modificato e distribuito senza vincoli di copyright. La distribuzione a terzi può
essere sia gratis, sia a pagamento. Se il software è distribuito a pagamento il termine
free concerne la libertà di diffusione e non il prezzo.
Il software libero si basa su di un’impostazione culturale di natura libertaria, egualitaria
e di cooperazione unita alla passione per la tecnologia informatica e scientifica. L’idea
della libera circolazione delle idee e delle informazioni, e quindi di una
programmazione informatica libera e costruttiva, ha trovato un terreno fertile a cavallo
degli anni ‘70 in alcune Università e Centri di Ricerca statunitensi (MIT, Barkeley e i
Centri della Bell) sulla spinta dei movimenti degli anni ‘60 e degli ingenti investimenti
pubblici del governo americano (vedi la storia di Internet). La connessione in rete delle
Università di tutto il mondo negli anni ‘70 e ‘80 ha consentito la libera diffusione delle
conoscenze tecniche che erano state acquisite. In questo senso Internet è allo stesso
tempo madre e figlia del software libero. Rispetto al software proprietario, di cui
l’utente non ha accesso al codice sorgente, i vantaggi del software libero sono
molteplici:
Avendo accesso al codice sorgente del programma, è possibile modificarlo per
migliorarlo e adeguarlo alle proprie esigenze; i miglioramenti possono anche essere
condivisi con gli altri
È possibile distribuire ad altri (gratuitamente o a pagamento) il frutto del proprio lavoro.
Permette il lavoro in collaborazione fra più persone
Consente una diffusione delle conoscenze più veloce e in forma gratuita.
Il software è accessibile su internet in maniera gratuita.
104
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
La protezione e la libera distribuzione del software libero si basa sul concetto di
copyleft, contrapposto al copyright. Un software protetto dal copyleft può essere
utilizzato liberamente, modificato e ridistribuito gratuitamente o a pagamento a
condizione di distribuire il codice sorgente e di indurre chiunque acquisisca il prodotto
ad aderire allo stesso tipo di contratto. In questo modo viene garantita la libera
circolazione dei programmi senza correre il rischio che le imprese produttrici di
software vendano come software proprietario il software modificato.
Il sistema Linux.
Nel 1990 uno studente allora ventenne dell’Università di Helsinki, Linus Torvalds, decide di
comprarsi un nuovo computer. Poiché non può permettersi i 5000 dollari del sistema operativo
Unix, decide di scriverselo da sé: nella primavera del 1991 è pronta la prima versione del sistema
operativo che in seguito rivoluzionerà il mercato dell’Information Technology. Stiamo parlando
del sistema operativo Linux. Non appena finito di scrivere la prima versione di Linux, Linus
Torvalds decide nel ’91 di mettere a disposizione il proprio prodotto su Internet: chi vuole può
usare in nuovo sistema operativo a patto di far circolare gratuitamente ogni modifica scritta per
migliorare il programma. Sono centinaia i programmatori di tutto il mondo che, gratuitamente,
trasformano la prima versione di Linux in un potente sistema operativo corredato da una vasta di
prodotti informatici che fa paura a tutti i colossi del settore. Oggi Linux viene largamente utilizzato
in tutto il mondo: dalle poste degli Stati Uniti, alla Pubblica Amministrazione della Cina.
Linux è ancora disponibile in rete gratuitamente. Anche Legambiente Lombardia ha scelto per i
propri server il sistema Linux.
105
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
2.7.3 Il bit vandalismo
2.7.3.1 Hacker e Cracker
Virus, attacchi informatici, messaggi tipo Sant’Antonio: il vandalismo e l’aggressività
sulla rete può avere facce molto differenti. Ma anche gli obiettivi degli “aggressori”
possono essere molto diversi. Prima di tutto è necessario distinguere fra hacker e
cracker. Un hacker è una persona curiosa di penetrare nei sistemi informatici, superando
i dispositivi di sicurezza, con l’unico intento di sondare le possibilità della scienza e
della tecnica informatica e rispettando un codice etico ben preciso: niente danni e non
farsi scoprire mai. Per gli hacker le parole d’ordine sono quindi divertimento e rispetto
dei sistemi altrui. I cracker hanno conoscenze tecniche simili a quelle degli hacker ma le
usano per compiere atti di vandalismo o per furti.
2.7.3.2 I dati sul vandalismo in rete
Nel 2000, il 78% delle aziende e degli enti italiani hanno subito un attacco ni formatico,
contro il 68% dell’anno precedente. È il dato saliente della ricerca 2001
dell’Osservatorio sulla Criminalità Informatica (OCI) condotta su un campione di 200
tra aziende e pubbliche amministrazioni. Il 39% degli attacchi del 2000 è stato
provocato da virus (il 32,8% nel 1999); viene poi il furto dei dati (22% nel 2000, 15,6
nel 1999) atto di vandalismo seguito dalla saturazione delle risorse attuata per esempio
con l’Email bombing (il 14% nel 2000, l’8,3% nel 1999). Per quanto riguarda le
motivazioni, il 36% compie attacchi per puro vandalismo, il 22% per dimostrare la
vulnerabilità dei sistemi di sicurezza, il 17% il sabotaggio e il 14% la frode informatica.
Le aziende sanno comunque fronteggiare sempre meglio gli attacchi informatici: se nel
1999 solo per il 44% degli attacchi il problema veniva risolto entro un giorno, nel 2000
questa percentuale aumentava al 68%. Complessivamente per i tecnici OCI la situazione
italiani è molto simile a quella americana.
2.7.3.3 Tipi di aggressioni sulla rete
SPAM (o JUNK MAIL: posta spazzatura) - Sono i messaggi elettronici inviati
senza che il destinatario l’abbia richiesto. Si tratta in genere o di messaggi
pubblicitari o delle catene di Sant’Antonio del ventunesimo secolo, cioè quelle via
Internet. Il termine SPAM deriva da un’omonima marca di carne in scatola americana e
si riferisce all’effetto che farebbe versare la carne gelatinosa su un ventilatore
imbrattando tutta la stanza. La Commissione Europea ha stimato che nel 2001 i
messaggi SPAM siano costati circa 10 miliardi di euro fra spese di ingombro della rete e
perduta di produttività. Si calcola che in media un messaggio su sette che riceviamo sia
SPAM, mentre secondo il “Washington post” un utente normale nel 2001 ne avrebbe
ricevuti circa 1500. Per questi motivi già 20 stati americani si sono dotati di una
legislazione anti-spam, mentre la Commissione Europea sta ipotizzando di rendere
illegali tutti i messaggi promozionali non richiesti.
2.7.3.4 Dai virus agli “open relay”: ecco i nemici in rete
VIRUS - Un virus informatico è invece un programma software, cioè una serie di
istruzioni che se vengono attivate possono causare danni considerevoli, come la
cancellazione completa di tutti i dati registrati sul computer. In generale l’utente, una
106
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
volta che il virus ha incominciato a “lavorare”, non ha possibilità di interromperlo.
Questi programmi sono detti virus perché si possono autoriprodurre, cioè possono
creare copie identiche e infettare altri Pc attraverso l´invio di email, lo scambio di
floppy disk e tutte le altre forme di comunicazione tra computer in rete. In particolare si
è calcolato che ogni 300 messaggi, uno contiene un virus (nel 2000 ce n’era uno ogni
700 messaggi). Ogni giorno si contano circa 10 nuovi virus nel mondo, per un totale di
circa 20.000 di virus in circolazione. Spesso vengono prodotti o per gioco o per
frustrazione dell’autore. Per scoprirli ed eliminarli sono in commercio i cosiddetti
Antivirus. In Italia le aziende pubbliche e private devono dotarsi per legge di antivirus.
Inoltre chi produce un virus ma anche chi lo diffonde consapevolmente verso terzi è
punito dalla legge.
ATTACCHI - Si parla di attacco informatico quando un utente non autorizzato riesce a
penetrare in un sistema informatico, superando tutti le protezioni messe in atto. Gli
attacchi vengono effettuati o per dimostrare quanto si è bravi e quanto i sistemi di
sicurezza siano vulnerabili (basti pensare agli attacchi ai siti del Pentagono o della
Microsoft o della Casa Bianca) oppure, in misura minore, per danneggiare il sistema
informatico che viene attaccato.
OPEN RELAY - Si parla di Open Relay quando un attaccante riesce a penetrare su un
computer dal quale riesce a lavorare come se si trovasse sul proprio. Dal computer
"sponda" è possibile sferrare un attacco nascondendo la macchina dalla quale in realtà è
partito l’attacco.
Altri tipi di vandalismo sulla rete sono lo Sniffing, cioè la cattura delle informazioni che
viaggiano sulla rete; l’Email bombing, ovvero il bombardamento attuato con l’invio di
migliaia di messaggi email verso una sola casella di posta e lo Spoofing, la
falsificazione dei dati.
107
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Terza Parte - Capitolo 1
Abacus: rapporto sulla “Civicness” in
Italia
( a cura di Paolo Natale)
3.1. Il barometro del “senso civico”
Il monitoraggio sulla cultura civica in Italia che Legambiente, unitamente a Comieco e
ad Abacus, ha intrapreso lo scorso anno, è giunto alla seconda puntata. L'indagine ha
l’intento di costituire una base di conoscenza per valutare i comportamenti e gli
atteggiamenti sulla "civicness" dei cittadini, oltreché a rilevarne i mutamenti nel corso
del tempo. L’obiettivo è infatti quello di fornire, con frequenza annuale, un sorta di
“barometro del senso civico”.
Prima di analizzare i risultati di questa seconda rilevazione, è opportuno richiamare
brevemente che si intenda per “civicness” (traducibile in italiano con “cultura civica” o
“senso civico”). Già di per sé è questo un compito abbastanza arduo: numerosi autori,
commentatori e studiosi utilizzano il termine secondo modalità talvolta contrapposte, in
conformità alla propria linea interpretativa. Senza entrare nel merito di tale dibattito –
che viene peraltro richiamato più oltre – possiamo comunque utilizzare come
definizione di base quella che ne ha dato Putnam nel suo “La tradizione civica nelle
regioni italiane” (Mondadori, Milano, 1993), cioè l’insieme del tessuto e delle regole
civili esistenti in un determinato contesto territoriale ovvero all’interno del costrutto
della personalità individuale. Come vedremo fra breve, tale provvisoria definizione si
può articolare in diverse componenti. E la più precisa definizione del concetto è proprio
uno degli obiettivi di questo barometro.
La ricerca muoveva, lo scorso anno, da alcune premesse legate alla attualità del dibattito
politico e culturale nel nostro Paese, premesse divenute in occasione di questa seconda
rilevazione ancora più attuali e presenti in Italia.
La mancanza, nel nostro Paese, di una diffusa e radicata cultura civica è utilizzata da
molti autori e commentatori per spiegare da un lato la permanenza di mali storici della
nostra democrazia (come l'arretratezza socio-economica di alcune regioni e la presenza
di significativi fenomeni di corruzione a diversi livelli), dall'altro l'emergere di nuove
tendenze disgregatrici (come le aspirazioni separatiste di alcuni). Alla civicness come
fattore di buon funzionamento e stabilità della democrazia si contrapporrebbe quella che
è stata alternativamente definita come sindrome o cultura particolaristica, nelle sue
diverse connotazioni quali il localismo, il familismo, ecc., che guarda alla propria
ristretta sfera (familiare, economica, territoriale, ecc.) come unico orizzonte di
riferimento valoriale e comportamentale.
Esiste un vasto consenso degli studiosi del caso italiano sul modello esplicativo di tipo
socio-culturale, che individua appunto nella "tara" culturale del particolarismo contrapposta alla risorsa del civismo - la spiegazione di molti elementi negativi
riscontrabili in Italia: dal malfunzionamento amministrativo alla permanenza di acuti
squilibri territoriali; dalla mancanza di una coesione all’intero del Paese alla
108
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
permanenza di una diffusa instabilità politica. Alcuni autori, come Negri e Sciolla,
sottolineano d'altra parte come sia necessario delineare meglio e specificare tale
modello esplicativo: senza negare l'influenza che i sistemi di valori possono avere sui
comportamenti socio-politici e sulla stabilità del sistema democratico, non va
sottovalutata da un lato la "molteplicità delle configurazioni di valori o credenze
normative di una società", dall'altro "l'importanza del radicamento dei valori entro
relazioni sociali e contesti di interazione specifici".
Si sostiene in definitiva come non sia sufficiente la presenza di un forte spirito civico di
origine “individuale” per garantire la stabilità e la maturità del sistema: "il punto focale
è quello di rigenerare quella fiducia nelle istituzioni in assenza della quale la civicness
resta una virtù privata, utile al mercato ma non alla politica, mentre la partecipazione
tende a rinchiudersi nell'etica della convinzione poco sensibile a quella della
responsabilità" (L'isolamento dello spirito civico, in N. Negri, L. Sciolla, Il Paese dei
paradossi, NIS, Roma 1996).
L'approccio di Sciolla e Negri sembra particolarmente stimolante e convincente, proprio
perché permette di evitare una interpretazione riduttiva ed esclusivamente "culturalista",
tentando invece di considerare l'interazione tra atteggiamenti e comportamenti
individuali e sfera pubblica in una dimensione più complessiva.
3.1.1 La metodologia utilizzata
Mentre lo scorso anno sono state utilizzate due fasi distinte di analisi (la prima con
scopi esplorativi, la seconda di approfondimento), la seconda rilevazione - grazie
all’esperienza maturata nel passato - è stata effettuata in un’unica fase, svolta tra maggio
e giugno del 2002. Essa è stata realizzata mediante interviste postali autocompilate da
parte di un campione di circa 1350 individui, rappresentativo della popolazione italiana
di 18 anni e oltre, per genere, fasce di età, area geografica e ampiezza del comune di
residenza.
A partire dallo scopo generale del progetto e tenendo conto delle premesse indicate, la
ricerca ha inteso perseguire differenti obiettivi di analisi. E’ stata innanzitutto distinta la
fase di definizione dei concetti che si intendevano analizzare (nel nostro caso la cultura
civica o civicness) e quella di operazionalizzazione e quindi possibile misurazione
presso il campione di intervistati ed eventuali suoi sottogruppi.
In secondo luogo, si è evidenziata una differenziazione tra elementi oggettivi utili per
definire il grado di civicness o cultura civica presente nel nostro paese, ed elementi
soggettivi (come è vissuta, interpretata, valutata dai singoli). Sul piano individuale, poi,
è stato necessario effettuare una distinta valutazione dei comportamenti effettivi (propri
e altrui) e degli atteggiamenti (propri e altrui); nel nostro caso, la misurazione dei
comportamenti è risultata particolarmente difficoltosa in quanto le risposte degli
intervistati sono state viziate dalla mancata dichiarazione di comportamenti ritenuti
riprovevoli o comunque non del tutto ammissibili.
L'indagine è stata quindi finalizzata a:
- isolare e analizzare le differenti componenti della civicness, quelle valoriali, fiduciarie,
identitarie e comportamentali;
- analizzare i rapporti reciproci tra le diverse componenti e isolare uno o più "modelli di
civicness";
109
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
- analizzare la diffusione e l'incidenza della civicness nei diversi contesti territoriali e
socio-demografici;
- analizzare il rapporto tra la civicness e gli altri piani della vita individuale e collettiva.
Tutti questi strumenti analitici sono per il momento da considerarsi “in progress”: i
risultati cui siamo pervenuti, attraverso il loro utilizzo, rivestono infatti connotazioni per
certi versi ancora ambivalenti. Come vedremo, la sistematizzazione di un’indagine
approfondita su questi temi richiede accurati test di validazione, da replicare secondo
tempi e modalità almeno di medio periodo. Ciò che qui viene presentato sono soltanto i
primi passi per aiutarci a comprendere a fondo il cammino da percorrere, per cercare di
fornire elementi utili a migliorare il rapporto tra i cittadini e la loro storia presente.
METODOLOGIA UTILIZZATA
? Universo di riferimento:
Individui residenti in Italia di 18
anni e oltre (circa 45 milioni)
Stratificato e casuale, selezionato
in base a quote per sesso, età,
titolo di studio, area geografica di
residenza e ampiezza del comune
di residenza; ponderato per le stesse variabili e per
tasso di frequenza alle funzioni religiose
Interviste mediante questionario
auto-compilato inviato per posta
1300 + 1350
gennaio 2001 e maggio 2002
compreso fra +/- 0.5% e +/- 2.7%
? Campione:
? Metodologia:
? Numero di interviste eseguite:
? Periodo di rilevazione:
? Margine di errore statistico:
COMPOSIZIONE DEL CAMPIONE
Sesso
uomini
donne
49%
51%
Classi di età
18-30 anni
31-45 anni
46-60 anni
oltre 60 anni
22%
31%
24%
23%
Titolo di studio
laurea
diploma
lic. media
elem/nessuno
8%
30%
32%
30%
Condizione professionale
impr./dirig./prof.
comm./artig./autonomi
impiegati/insegnanti
operai/esecutivi
disoccupati
studenti
casalinghe
pensionati/altro non occ.
3%
6%
17%
15%
7%
14%
19%
19%
Area geografica
Nord Ovest
Nord Est
Centro Nord
Centro Sud
Sud e Isole
26%
12%
17%
22%
23%
110
Ampiezza comune di residenza
fino a 10mila ab.
32%
30-100mila ab.
21%
oltre 100mila ab.
24%
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
3.1.2 Familismo e società
La vita quotidiana dell'italiano medio scorre ben riparata entro le mura di casa, nella
cerchia ristretta degli affetti considerati sicuri.
Una delle domande contenute nella ricerca (e più volte utilizzata anche in passato) è
quella in cui si chiede agli intervistati quali siano gli aspetti e i valori più importanti
della vita di ciascun individuo. La famiglia è di nuovo (e rimane costantemente) al
primo posto di questa graduatoria.
Sede degli affetti e della solidarietà, istituzione primaria nella formazione
dell’individuo, rete di sostegno nei periodi di difficoltà, luogo di permanenza dei figli
ancora in attesa di definire il proprio futuro, patto di convivenza tra generazioni,
garanzia di mantenimento del tenore di vita per tutti i suoi membri: la famiglia rimane
per gli italiani il valore nettamente più importante. Le funzioni che essa assolve possono
essere numerose e talvolta contrastanti tra loro, ma certamente la famiglia italiana
dimostra una plasticità ed una capacità di trasformarsi, rimanendo sempre centrale nella
vita di ciascuno, sconosciuta in altri Paesi. L’importanza che gli intervistati le
riconoscono è costantemente assai elevata, senza differenze significative tra le diverse
aree del Paese, tra le professioni o i gruppi sociali o le classi di età.
3.1.2.1 Gli italiani e gli aspetti importanti della vita
Come si vede dal grafico, sono in generale tutte le aree del privato ad occupare le prime
posizioni e bisogna arrivare proprio alla fine delle “top ten” per trovare una dimensione
(la solidarietà) che tenga conto dei legami alla collettività. Occorre inoltre sottolineare
come tutte le opzioni legate all’impegno (politico, ovviamente, ma anche religioso,
sociale e ambientale) siano il fanalino di coda della classifica del 2002. Risultato, anche
questo, assai omogeneo tra tutti i gruppi e rispetto a tutte le differenze di età, genere,
area geografica o titolo di studio.
Il grafico riporta l’importanza che viene attribuita ai diversi aspetti della vita valutati
singolarmente. E’ quindi comprensibile che quasi tutte le aree proposte abbiano ottenuto
un voto medio piuttosto elevato. Per conoscere quali siano i valori irrinunciabili, quelli
che nella vita di ciascuno occupano un posto di netta preminenza rispetto agli altri,
abbiamo chiesto agli intervistati di scegliere, dall’elenco delle venti aree valoriali, le tre
che giudica più importanti delle altre.
Tra gli otto aspetti più citati, ancora una volta è la famiglia ad occupare la posizione di
rilievo: quasi il 90% del campione la giudica una componente essenziale della propria
vita. In questa occasione viene a mancare anche l’unico elemento proiettato verso
l’esterno, la solidarietà.
Anche se la struttura di fondo delle priorità non muta in maniera significativa tra i
diversi segmenti della popolazione, vi sono differenze nel peso assegnato alle diverse
aree valoriali. E’ principalmente tra le generazioni che tali differenze si manifestano in
modo evidente. Gli aspetti relazionali (l’amore, gli affetti, l’amicizia) sono assai più
importanti per i giovani che per le età più avanzate. La salute preoccupa i trentenni e i
quarantenni così come gli anziani. I più giovani sono meno preoccupati del problema del
lavoro di quanto non lo siano i loro padri. Sono questi ultimi, invece, che manifestano il
maggior investimento affettivo nella famiglia. La religione, infine, appare un elemento
di scarsissimo riferimento per gli italiani adulti, tra i 18 e i 65 anni, mentre sembra
maggiormente sentito tra gli anziani, che la collocano al quarto posto assoluto.
111
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
ASPETTI DELLA VITA più IMPORTANTI (I+II)
molto importante (voto 8-10) - I
molto importante (voto 8-10) - II
Famiglia
95
Famiglia
Salute
94
Salute
Amore
90
95
91
Amore
85
Lavoro
86
Lavoro
78
Sicurezza futuro
86
Sicurezza futuro
79
Qualità ambiente
84
Qualità ambiente
Amicizia
82
Amicizia
Relazioni umane
81
Relazioni umane
Ordine
79
Solidarietà
74
0
20
40
60
80
76
78
67
Ordine
72
Solidarietà
71
100
0
20
40
60
80
100
ASPETTI della VITA MENO IMPORTANTI (I+II)
molto importante (voto 8-10)
-I
molto importante (voto 8-10) II
65
Autorealizzazione
62
Denaro
51
Imp. ambiente
Libertà
51
Libertà
44
0
20
53
41
34
Imp. sociale
12
Imp. politico
40
Religione
39
Imp. sociale
49
Agiatezza
Imp. ambiente
Religione
57
Tempo lib.
53
Agiatezza
59
Studio
55
Tempo lib.
53
Denaro
58
Studio
57
Autorealizzazione
9
Imp. politico
40
60
80
100
0
% sul totale dei casi (non indica 1-2%)
112
20
40
60
80
100
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
ASPETTI DELLA VITA più IMPORTANTI (II)
più importante (3 opzioni)
Famiglia
più importante (3 opzioni)
89
Salute
61
Lavoro
Solidarietà
4
Autorealizzazione
4
40
Amore
23
Libertà
3
Tempo lib.
3
Sicurezza futuro
18
Agiatezza
2
Amicizia
17
Relazioni umane
2
Ordine
8
Studio
2
Denaro
8
Imp. sociale
2
Religione
7
Imp. ambiente
1
Qualità ambiente
7
Imp. politico
1
0
20
40
60
80
100
0
5
10
15
% sul totale dei casi (non indica 1-2%)
3.1.2.2 Gli italiani e la famiglia
Abbiamo sottolineato l’estrema importanza che la famiglia riveste nel vissuto sociale e
valoriale degli italiani. Le preferenze degli italiani per valori o aspetti della vita ritenuti
importanti cadono all’unanimità e costantemente sulla famiglia.
Ma quale modello di famiglia è quello immaginato o idealizzato dagli italiani? La
famiglia, così come emerge dai nostri risultati, sembra essere demarcata dalla
percezione che il suo bene non possa giustificare azioni dannose verso la collettività, ma
persiste (ed è in leggero aumento rispetto allo scorso anno) l’idea che la principale
responsabilità dell’individuo sia verso la famiglia e non verso la collettività: si passa
dall’11% di accordo del 2001 al 14% del 2002.
Da questa e da altre analisi svolte (si veda in particolare quella di Giuseppe A. Micheli
in “Effetto generazione”, Carocci, 1999), emerge un dato particolarmente significativo,
che per certi versi sembra andare in contro-tendenza con quanto l’opinione pubblica da
una parte e alcuni movimenti politici dall’altra stanno veicolando negli anni più recenti.
Mentre cioè appare ormai da più parti accettata l’idea di un’Italia divisa in due, tra nord
e sud, seguendo le tradizionali fratture territoriali, l’esame degli atteggiamenti degli
intervistati in particolare sui modelli familiari mostra come queste valutazioni di fondo
siano in parte fuorvianti.
Le differenziazioni più rilevanti riscontrabili nella popolazione italiana non appaiono
infatti legate a variabili ambientali (o, almeno, non a quelle tra nord e sud) quanto ai
caratteri personali degli intervistati, come l’istruzione o il ciclo di vita. Talvolta,
addirittura, come nei rapporti all’interno della famiglia, sono proprio gli estremi
territoriali, Lombardia e Sicilia, a risultare affiancati nella progressiva emancipazione
dal modello tradizionale.
113
20
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
RESPONSABILITÀ VERSO LA FAMIGLIA E VERSO LA COLLETTIVITÀ - I
L'amore per la
famiglia non
giustifica azioni
dannose per la
società
89%
La principale
responsabilità di
una persona e verso
la famiglia e non
verso la collettività
11%
% sul totale dei casi
RESPONSABILITÀ VERSO LA FAMIGLIA E VERSO LA COLLETTIVITÀ - II
Suo figlio si è appena laureato e Lei ha
molti amici nel ramo in cui potrebbe trovare lavoro ...
Lascia
che se la cavi
50%
Telefona agli
amici
37%
Fa telefonare al
figlio
13%
% sul totale dei casi
114
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
CIVICNESS E COMPORTAMENTI FAMILISTICI
Suo figlio si è appena laureato e
Lei ha molti amici nel ramo in cui
potrebbe trovare lavoro...
Per le analisi mediche di sua
moglie ci vuole molto tempo e Lei
conosce il primario...
Non gli
chiede
nulla
23%
Gli
chiede
di farle
subito
22%
Telefona
agli
amici
37%
Lascia
che se la
cavi
50%
Gli
chiede
di
accociar
e attesa
55%
Fa
telefonar
e al figlio
13%
% sul totale dei casi
3.1.3 Gli italiani e le istituzioni
Un aspetto su cui i giudizi degli intervistati sono stabili, negli ultimi anni, è il livello di
fiducia nelle principali istituzioni sociali e politiche. E questo risultato viene confermato
anche da queste rilevazioni.
Massima fiducia è accordata alle organizzazioni del ‘privato sociale’ (da quelle di
volontariato e di difesa dei cittadini alla Chiesa) e alle istituzioni statali non politiche e
di garanzia (dalle forze dell’ordine alla scuola e, nonostante le recenti polemiche, alla
magistratura): tali aree ottengono infatti valutazioni sufficienti da oltre il 65% della
popolazione.
Nell’area politica e della rappresentanza degli interessi, Unione europea (in deciso
incremento dallo scorso anno), comune e regione sono gli unici ad ottenere almeno la
metà di giudizi positivi, mentre i partiti politici risultano i meno credibili (con
valutazioni sufficienti espresse da meno del 20% della popolazione). In deciso regresso
di fiducia (di circa 10 punti percentuali) appaiono sia i media (Tv e giornali) che le
istituzioni finanziarie (banche e borsa).
In sensibile ascesa, viceversa, il giudizio sui sindacati confederali, che toccano il top del
46% di giudizi positivi (ricordiamo che la rilevazione è stata effettuata prima della
scissione in occasione degli accordi separati di Cisl e Uil con il governo).
115
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
più FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI E ORGANIZZAZIONI COLLETTIVE (I+II)
positivi (seconda fase)
positivi (prima fase)
Polizia e CC
87
Ass.
volontariato
Polizia e CC
Ass.
volontariato
78
Scuola
84
74
81
Scuola
71
70
Ass. difesa
cittadini
70
Ass. difesa
cittadini
Ass.
ambientaliste
69
Ass.
ambientaliste
67
Chiesa
cattolica
65
Chiesa
cattolica
66
Magistratura
64
Magistratura
66
67
Comunità
europea
60
Comunità
europea
TG RAI
59
TG RAI
TG Mediaset
56
0
20
40
60
51
TG Mediaset
80
100
45
0
20
40
60
80
100
meno FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI E ORGANIZZAZIONI COLLETTIVE (I+II)
positivi (prima fase)
Comune
Regione
positivi (seconda fase)
57
Comune
57
Giornali
55
36
41
Governo
38
41
Parlamento
40
Sindacati
20
46
Banche
31
35
Ass. imprenditori
30
Borsa
20
0
41
36
33
Partiti
politici
58
TG La 7
Governo
Ass.
imprenditori
49
Regione
46
Sindacati
61
23
Partiti politici
40
60
80
100
116
18
0
20
40
60
80
100
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
TREND FIDUCIA ISTITUZIONI
(% voti positivi su totale casi)
100
95
100
Polizia e CC
95
90
90
85
85
Ass. volontariato
Scuola
80
80
75
75
70
65
70
Chiesa
cattolica
65
60
60
55
55
50
Ass. difesa
citt.
Magistratura
Ass.
ambiente
50
3.1.3.1 Il confronto tra le istituzioni politiche nazionali e quelle locali
Uno dei temi certamente più rilevanti nel dibattito politico degli ultimi anni è stato
quello relativo alla riforma federalista. E anche nell’ambito della discussione sulla
riforma dello stato sociale, molta importanza ha avuto la questione dei diversi livelli
amministrativi cui delegare la gestione dei servizi. Il primo gruppo di istituzioni che
quindi abbiamo scelto per la nostra analisi è costituito dagli ambiti legislativi e di
governo, a livello locale e nazionale, cui abbiamo affiancato anche l’Unione europea.
Dall’analisi dei livelli di fiducia, emerge una distinzione abbastanza netta tra Unione
europea (voti sufficienti compresi tra il 65 e il 70% degli intervistati), comune e regione
(voti sufficienti intorno al 60% degli intervistati), governo e parlamento (voti sufficienti
intorno al 40% degli intervistati).
La fiducia nell’Unione europea, da una parte, e nelle amministrazioni comunali e
regionali, dall’altra, è ancora in crescita: questo dato costituisce una ulteriore conferma
dell’importanza della dimensione sovra-nazionale e di quella locale (“glocal”?). La
fiducia viceversa nel Governo e Parlamento mostrano una tendenza stabile o
decrescente.
117
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
TREND FIDUCIA ISTI TUZIONI
(% voti positivi su totale casi)
80
80
Ue
Reti/tg RAI
70
70
Comune
60
60
Giornali
50
40
Regione
50
Parlamento
40
Reti/tg Mediaset
30
30
Governo
20
20
Reti/tg Tmc-La7
Partiti politici
10
10
TREND FIDUCIA ISTITUZIONI
(% voti positivi su totale casi)
70
70
65
65
60
Banche
60
55
Sindacati
55
50
50
45
45
40
40
35
30
Borsa
35
30
25
25
20
20
118
Ass. categoria
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
3.1.3.2 I partiti politici, come sempre, fanalino di coda nella fiducia
degli italiani
I partiti politici sono l’organizzazione che ottiene i voti di fiducia più bassi da parte
degli intervistati : la percentuale di voti sufficienti varia infatti tra il 15 e poco più del
25%, mentre il voto medio si aggira attorno al 4. La quota complessiva di chi manifesta
fiducia nei partiti scende, rispetto al già ridotto risultato del 2001, di altri 2 punti (dal
20% al 18%).
Anche in questo caso, abbiamo effettuato alcune analisi presso differenti sottogruppi di
popolazione. Imprenditori, commercianti e artigiani esprimono livelli di fiducia nei
partiti particolarmente bassi, e costantemente al di sotto della media generale della
popolazione; sono invece casalinghe, pensionati e, forse sorprendentemente, gli studenti
a nutrire un livello di fiducia nei partiti leggermente sopra la media, che rimane
comunque, anche tra questi settori più “favorevoli”, il più basso rispetto a tutte le altre
istituzioni testate.
Il centro-nord (Emilia Romagna, Marche, Toscana, Umbria) è l’unica area del paese ove
i partiti sembrano avere ancora qualche appeal, mentre in tutte le altre zone, ed in
particolare al nord, i partiti non ottengono quasi mai percentuali di voti sufficienti
superiori ai 28 punti.
La suddivisione dei giudizi in base all’età mostra tre situazioni distinte : gli ultra 55enni
esprimono livelli di fiducia più elevati rispetto alla media, al contrario delle fasce di età
centrali (da 25 a 44 anni), mentre i giovanissimi e i 45-54enni non si esprimono in modo
costante. La fiducia nei confronti dei partiti politici varia notevolmente presso i diversi
settori di elettorato: diessini ed elettori della Margherita mantengono un livello di
fiducia nei partiti decisamente più alto rispetto a tutti gli altri (arrivando a toccare un
+10% sulla media generale. Al contrario, gli elettori di centro-destra nutrono scarsa
fiducia nei partiti.
3.1.4 Individualismo e collettivita’
Come si è precedentemente analizzato, gli italiani non sembrano avere molta fiducia
nella collettività e nelle sue istituzioni, confermando una tradizionale "disaffezione" che
ha fondamenti storici e sociali oltre che culturali, e che si è probabilmente rinvigorita a
partire dagli anni novanta.
Va sottolineato come emergano tre tipi di orientamento molto chiari:
· gli italiani hanno una buona fiducia nelle istituzioni statali non politiche e di garanzia
(Polizia e Carabinieri, Forze Armate, Scuola e Magistratura)
· nel contempo, confidano molto nelle associazioni autonome ed autogestite,
tendenzialmente non profit e del privato sociale (volontariato, ambientalismo,
autodifesa e Chiesa)
· hanno infine una scarsa fiducia nelle istituzioni politiche ed amministrative, che
rappresentano i loro interessi e che governano il Paese (Partiti, associazioni di
categoria, Governo e Parlamento).
Come dire: ci fidiamo solo degli apparati dello Stato super-partes, per il resto
confidiamo di più nell'auto-organizzazione diretta della società civile. Ma anche
quest’ultima è composta da “altri da sé”: come vivono allora i nostri connazionali il
rapporto con l’altro?
119
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
3.1.4.1 Gli italiani e gli altri italiani
Mentre stiamo già in qualche modo entrando in contatto con gli altri cittadini europei,
quali sono oggi i rapporti degli italiani con gli altri italiani? E qual è la fiducia che i
nostri connazionali ripongono nelle Istituzioni che li rappresentano?
Nella scorsa rilevazione si evidenziava un forte tasso di diffidenza degli italiani nei
confronti dei propri simili. Oggi le cose sembrano soltanto leggermente migliorate:
complessivamente, non sembra infatti che i cittadini si fidino molto gli uni degli altri:
oltre l’80% della popolazione intervistata pensa che non si sia mai troppo prudenti nel
trattare con la gente; il 75% pensa che, se si presentasse l'occasione, gli altri
approfitterebbero della loro buona fede.
Oltre la metà degli italiani ha dunque rapporti difficili con gli altri italiani. I legami di
amicizia diventano spesso forme di isolamento e diffidenza verso chi non fa parte della
propria ristretta cerchia di riferimento; molti individui non sono nemmeno interessati ad
avere rapporti con il prossimo; altri ancora guardano gli estranei con sospetto.
Un clima generale di sfiducia, quindi, che si riflette molto bene – come abbiamo visto anche negli atteggiamenti nei confronti delle istituzioni di rappresentanza.
Abbiamo calcolato, sulla base di queste riposte, un “indice di fiducia” verso gli altri: lo
scorso anno esso era pari a 40 (su una scala da 0 a 100); quest’anno ci si attesta su un
valore di 44, in leggero trend positivo. Un ulteriore dato, più confortante, ci può far ben
sperare per il prossimo futuro: il "tasso di fiducia" nel prossimo appare collegato da
vicino con l'istruzione, cresce cioè al crescere del livello di scolarizzazione degli
intervistati. Dal momento che la scolarità in Italia è in costante aumento, è possibile che
negli anni a venire la fiducia negli altri possa tendenzialmente aumentare
parallelamente.
ATTEGGIAMENTI VERSO GLI ALTRI - I
% sul totale dei casi
Molto d'accordo
Abbastanza
Non si è mai abbastanza
prudenti nel trattare con
gli altri
29
Se c'è occasione gli altri si
approfittano della buona
fede
29
Gran parte della gente è
degna di fiducia
Nei miei confronti gli altri
sono corretti
Per nulla
54
14
42
7
20%
4
41
40
10%
7
45
30%
2
25
44
3
0%
Poco
40%
50%
60%
12
70%
INDICE COMPLESSIVO DI FIDUCIA NEGLI ALTRI: 40
(0=minima; 100=massima)
120
80%
90%
100%
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
ATTEGGIAMENTI VERSO GLI ALTRI - II
% sul totale dei casi
Molto d'accordo
Abbastanza
Non si è mai abbastanza prudenti
nel trattare con gli altri
Poco
28
Se c'è occasione gli altri si
approfittano della buona fede
55
26
Gran parte della gente è degna di
fiducia
Nei miei confronti gli altri sono
corretti
15
37
48
4
44
10%
20%
40%
50%
60%
70%
1
6
45
30%
2
24
49
9
0%
Per nulla
7
80%
90%
100%
INDICE COMPLESSIVO DI FIDUCIA NEGLI ALTRI: 44
(0=minima; 100=massima)
Ma questo dato, se confrontato con quello più sopra discusso, appare esso stesso il
frutto di un'ambivalenza (o di una ambiguità) di fondo della popolazione italiana. Se le
istituzioni di rappresentanza non sembrano funzionare, gli intervistati dichiarano
semmai di volersi rivolgere a quelle "autogestite" dal basso, che sono peraltro composte
da individui di cui - come abbiamo visto - essi stessi nutrono scarsa fiducia. A meno che
non siano frequentate da cerchie di amici.
Ne risulta un quadro un po' sconfortante di un'Italia dove, al di là delle figure sociale
preposte alla "repressione" o al mantenimento dell'ordine, si ripone fiducia - sia pure
limitata - unicamente ai gruppi amicali e alla famiglia allargata. Non per nulla, come
abbiamo visto, è la famiglia il valore nettamente preponderante per la quasi totalità degli
italiani. La vita quotidiana dell'italiano medio scorre ben riparata entro le mura di casa,
nella cerchia ristretta degli affetti considerati sicuri.
E gli altri, i “nuovi” soggetti che entrano nel nostro paese? Vengono in generale vissuti,
come è ormai noto, quali mine vaganti. In grado cioè di sconvolgere un equilibrio che si
sta(va) lentamente assestando, negli ultimi decenni. L’opinione più condivisa appare
andare in direzione della loro capacità di adeguarsi ad un nuovo stile di vita, quello della
società che li ospita: è di questo parere il 63% degli intervistati (era il 59% lo scorso
anno); è viceversa la nostra società che deve adeguarsi alle nuove culture soltanto per il
30% (contro il 40% della precedente rilevazione). Il modello che si profila
coinciderebbe quindi con la visione di una società dove le culture coesistono ma non si
integrano: gli immigrati devono da una parte accettare le nuove regole sociali, dall’altra
dimenticare da subito l’idea di una possibile società multi-etnica.
121
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
ATTEGGIAMENTO VERSO DIFFERENZE - I
La presenza di persone provenienti da
culture diverse può creare mutamenti
nella società che le accoglie
Si parla molto dell'integrazione degli
immigrati. Secondo Lei bisognerebbe
andare verso una società dove...
Non
integrata
79%
Integrata,
con
rinuncie
20%
E' la
società che
deve
adeguarsi
40%
Non sa
1%
Non sa
1%
I nuovi
venuti
devono
adeguarsi
59%
% sul totale dei casi
ATTEGGIAMENTO VERSO DIFFERENZE - II
Si parla molto dell'integrazione degli
immigrati. Secondo Lei bisognerebbe andare
verso una società dove...
La presenza di persone provenienti da culture
diverse può creare mutamenti nella società che le
accoglie
I nuovi
venuti
devono
adeguarsi
63%
Non
integrata
82%
Integrata,
con
rinuncie
13%
E' la
società che
deve
adeguarsi
31%
Non sa
5%
Non sa
6%
% sul totale dei casi
122
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
3.1.4.2 Gli italiani e la qualità della vita
Uno dei temi certamente ricorrenti sia nell’analisi economica e sociale sia nel linguaggio
comune è quello che riguarda la qualità della vita. Da cosa dipende? Quali sono gli
aspetti che gli italiani tengono in considerazione per valutare se la propria vita è
soddisfacente o meno?
Se chiediamo agli italiani da che cosa dipende la qualità della vita di una persona,
scopriamo che nelle risposte la componente relazionale e affettiva prevale rispetto alle
dimensioni socio-ambientali ed economiche, sebbene queste non risultino certo
sottovalutate.
Anche riflettendo sulla qualità della vita personale, gli italiani si dichiarano più
soddisfatti degli aspetti familiari e privati che non di quelli di carattere pubblico o di
organizzazione della vita collettiva (dalla predisposizione dei parcheggi alla lotta contro
la criminalità, dal costo della vita all'inquinamento, etc.).
Insomma, le persone tendono a giudicare piuttosto benevolmente tutto quanto afferisce
all'ambito personale mentre si dimostrano più critici nei confronti del sistema. Come si
spiega questo risultato?
Due sono le principali motivazioni: da un lato è possibile che la sfera familiare sia
quella effettivamente in grado di garantire maggiore soddisfazione e sicurezza al
singolo, ma, dall'altro, va anche riconosciuto che gli individui, semplicemente per una
questione psicologica, di autostima, tendono spesso ad essere molto meno critici nei
confronti della propria condotta di vita e dei risultati conseguiti che non nei riguardi
degli aspetti per i quali è riscontrabile una responsabilità pubblica o collettiva.
E' comunque proprio una valutazione positiva per le componenti private del benessere
che consente ai soggetti di dichiararsi nel complesso soddisfatti della qualità della loro
vita.
Il livello generale di soddisfazione soggettiva riscontrato in questi e altri Barometri
Sociali è infatti molto o abbastanza buono in oltre l’80% degli intervistati. Questa
sostanziale uniformità nel livello di soddisfazione induce a pensare, in definitiva, che la
concezione prevalente del benessere venga individuata dagli italiani soprattutto nella
realizzazione affettiva e relazionale dell'individuo, piuttosto che da quella economica.
123
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Per risolvere il problema dei rifiuti, in
molte zone si sta praticando la raccolta
differenziata. Lei ...
Uno dei problemi principali delle città è il
traffico.
Secondo Lei la gente ...
è obbligata
a usare
l'auto
perché i
mezzi
pubblici
sono insufficienti
27%
usa l'auto
in modo
eccessivo
anche
quando
potrebbe
usare i
mezzi
73%
E' disponibile a farla
anche se
richiede
tempodenaro
94%
Non è
disponibile a farla
6%
% sul totale dei casi
Per quali prodotti fa la raccolta
differenziata?
Vetro
Per quale motivo lo fa, principalmente?
(% su chi fa la raccolta differenziata)
82
Carta
77
Plastica
74
Pile
64
Farmaci
63
Lattine
Può
favorire
tutti
57%
E' giusto
comunque
40%
43
Rifiuti umidi
27
Nessuna
7
0
20
40
60
80
100
% sul totale dei casi
124
E'
obbligatorio
3%
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
3.1.4.3 Gli italiani e la collettività
Vediamo quale sia il rapporto dei cittadini con la sfera pubblica e la collettività.
L’attenzione prevalente rivolta agli aspetti personali, affettivi od economici, non
comporta infatti necessariamente la limitazione del senso di responsabilità da parte dei
cittadini nei confronti della comunità di appartenenza. Ne è testimonianza, ad esempio,
l’auspicio da parte degli intervistati di vedere migliorata la qualità del trasporto
pubblico, piuttosto che desiderare nuove possibilità di posteggio dell’automobile.
Se è dunque vero che i cittadini tendono a privilegiare e a salvaguardare le condizioni
private di vita, è altrettanto evidente che si è andata nel tempo diffondendo una specifica
cultura della qualità della vita che vede i soggetti disposti a sacrifici finalizzati al bene
pubblico e, solo indirettamente, a quello personale. Tale opzione deriva dalla
constatazione che molti aspetti negativi che caratterizzano le società urbane
contemporanee stiano già profondamente condizionando i livelli di salute e vivibilità dei
singoli individui.
I cosiddetti limiti sociali dello sviluppo e i rischi ad esso connessi sono ormai sotto gli
occhi di tutti e i cambiamenti di alcune abitudini risultano pertanto improrogabili. Non a
caso gli individui interpellati si dichiarano particolarmente insoddisfatti degli aspetti
ambientali della loro città.
Se proviamo a valutare nel complesso i risultati emersi, sembra possibile identificare un
profilo di base degli italiani in tema di qualità della vita. Tale profilo vede fondersi
alcuni valori tradizionali della nostra cultura con altri orientamenti di carattere più
inedito. Da un lato viene infatti ribadita la centralità della famiglia e delle relazioni nel
garantire un sistema di identità, solidarietà, sicurezza che indubitabilmente incide sul
benessere degli individui; dall'altro si vanno però sempre più prospettando necessità e
soluzioni di vita che comportano tanto una maggiore propensione alla mobilità
territoriale, dunque la possibile messa in crisi dei modelli familistico-stanziali, quanto
una partecipazione civica dei soggetti che comporta una ridimensionamento delle libertà
individuali.
La qualità della vita significa allora trovare all'interno della rete familiare e amicale le
risorse necessarie per aprirsi all'esterno. La famiglia rimane il luogo privilegiato dove si
impostano le strategie di interazione e negoziazione che vanno necessariamente adottate
nei confronti del mondo. Questo accade nella consapevolezza che, se pur risulta difficile
confidare nelle politiche pubbliche come possibile strada per la soluzione ai problemi,
anche un completo rifugio nel privato diventa a lungo termine fonte di disagio ed
esclusione.
125
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Gli ambiti in cui è più importante impegnarsi
Secondo Lei, chiedere a singoli e famiglie di
risparmiare sui consumi energetici è ...
(possibili due risposte)
Riassetto
territorio
41
Pulizia città
una cosa
importante per i
singoli e la
collet-tività
88%
improponi
bile:
oramai
siamo
abituati a
certi
standard
11%
46
non sa
1%
Protezione
animali
22
Tutela
monumenti
20
Manutenzione
verde
20
Alimentazione
OGM
12
Animazione
ambientale
10
Non indica
5
0
10
20
30
40
50
% sul totale dei casi
COSA BISOGNEREBBE FARE PER MIGLIORARE LA VITA DELLE PERSONE E L’AMBIENTE
1°
2°
3°
Limitare l'uso dell'auto
28
Combattere degrado e
favorire socializzazione
29
22
12
Raccolta differenziata e
meno imballaggi
17
25
Risparmio energetico
16
26
Acquistare meno
consumare meglio
9
0%
14
10%
4°
30%
24
17
15
21
21
19
23
25
40%
126
50%
11
21
26
13
20%
5° (meno imp.)
11
16
39
60%
70%
80%
90%
100%
60
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
3.1.5 Luoghi di vita e reti di relazione
3.1.5.1 L’appartenenza territoriale “macro”
Le analisi effettuate nel corso degli ultimi anni, almeno fino al 2000, indicavano
l’emergere, accanto all’affinità con il proprio comune, il sentimento di vicinanza con la
propria regione, a “discapito” della Nazione quale punto di riferimento identificativo.
Il trend – in crescita dal 1996 al 2000 – appare oggi in decisa controtendenza. Vediamo
quali sono stati i “passi” compiuti dalla popolazione italiana nel suo complesso verso
questo mutamento di opinione. Avvalendosi delle rilevazioni del Barometro Sociale
Abacus, attivo dal 1996, è infatti possibile tracciare un primo bilancio delle opinioni
degli intervistati su questo tema e sul loro andamento nel corso del periodo 1996-2000,
confrontandolo infine con i risultati provenienti dalle rilevazioni sul “senso civico”.
Agli intervistati è stato chiesto di indicare il primo e il secondo ambito territoriale ai
quali si sentivano maggiormente vicini e legati ; le possibili scelte comprendevano il
comune, la regione, la “zona” (Italia settentrionale, centrale o meridionale), l’Italia,
l’Europa e il mondo intero. Le risposte, accorpate per quanto riguarda la prima e la
seconda scelta, vengono qui sotto riportate: il mutamento verificatosi nel periodo 19962000 emerge in maniera molto evidente. Ma altrettanto evidente appare il
ridimensionamento avvenuto nell’ultimo biennio per quanto riguarda il “peso”
regionale.
Ambito territoriale
1° + 2° posto
1996
1998
2000
2001
2002
Comune
52%
55%
58%
63%
67%
Regione
30%
45%
52%
48%
44%
Italia
53%
45%
35%
38%
42%
Nella situazione di partenza i due ambiti territoriali ai quali gli italiani si sentivano più
vicini erano il comune di residenza e l’Italia (entrambi ottenevano percentuali sopra il
50%). Nel corso degli ultimi sei anni la scelta “comunale” vede un costante incremento
dai 3 ai 5 punti; la scelta “regionale”, dopo un deciso incremento tra il 1996 e il 2000,
vede una flessione costante; la scelta “nazionale” viceversa, dopo un regresso di quasi
20 punti (dal 53% al 35%), torna negli ultimi anni a risalire.
Queste tendenze generali sono confermate anche all’interno delle diverse zone
geografiche, nonostante i punti di partenza e di arrivo siano molto diversi.
Il legame territoriale con il comune di residenza è solido e in lenta ma costante crescita
ovunque, benché in alcune regioni del sud (Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna) non
vengano mai raggiunti i livelli delle altre regioni italiane. Il tendenziale incremento delle
preferenze degli intervistati per la propria regione di residenza è meno accentuato nel
centro-sud e nelle isole. Il legame con l’Italia, in ripresa ovunque, è come ci si attendeva
meno sentito nel nord-ovest.
Per il tema della “civicness”, le osservazioni più interessanti che i dati permettono di
fare sono ovviamente quelle relative al sentimento di appartenenza nazionale ed al
rapporto tra Stato, comune e regioni.
127
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Emergono da questo punto di vista due atteggiamenti contrapposti: quello del nord e del
centro-nord, dove il vantaggio dei comuni e delle regioni è più marcato (rispettivamente
intorno al 70% e al 50%); quello del centro-sud, dove si registra invece, accanto ad
buon livello di appartenenza comunale (60%) un forte livello di appartenenza all’Italia
(55%). Infine, in tutte le aree del paese, emerge un costante incremento del sentimento
di appartenenza all’Europa.
L’effetto mediatico legato al “rilancio” delle autonomie regionali sembra in definitiva
essere in parte rientrato negli ultimi anni: il Comune guadagna punti, Regione e
Nazione si contendono il secondo posto su livelli di equilibrio, l’Europa infine entra
significativamente nello spazio identificativo degli italiani.
VICINANZA AI DIVERSI AMBITI TERRITORIALI
Prima fase
Seconda fase
100%
Mondo
100%
Mondo
80%
Europa
80%
Europa
60%
Italia
60%
Italia
40%
Zona
Italia
40%
Zona
Italia
20%
Regione
0%
20%
Regione
0%
1° più
vicino
Comune
2° più
vicino
1° più
vicino
Comune
2° più
vicino
% sul totale dei casi
COMUNE
62
44
REGIONE
67
50
23
24
ZONA ITALIA
ITALIA
38
EUROPA
11
42
2001
2002
17
9
9
MONDO
0
10
20
30
128
40
50
60
70
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
3.1.5.2 L’appartenenza “micro”
L’elevato livello del sentimento di appartenenza territoriale appare confermato anche dai
dati riguardanti la conoscenza del proprio quartiere/comune e l’interscambio relazionale
esistente all’interno del luogo di residenza. L’indice di “appartenenza territoriale”
presenta valori maggiormente elevati soprattutto nelle fasce polari della popolazione:
come ci si poteva attendere, anziani e giovani hanno un livello di fruizione del quartiere
superiore alla media nazionale, così come gli abitanti dei comuni di dimensione più
piccola. Più in generale occorre sottolineare la presenza di frequenti interazioni
all’interno dell’ambito territoriale più prossimo: le relazioni sono forse “superficiali”,
denotate come si è visto da scarsa fiducia negli “altri”, ma appaiono certamente
fondamentali nel costruire per gli individui una essenziale rete protettiva.
Confrontando inoltre i risultati della prima rilevazione con quelli odierni, tutti gli
indicatori di appartenenza “micro” appaiono in decisa crescita: cala di oltre 5 punti la
percentuale di chi incontra di rado gli abitanti della propria zona, aumentano
costantemente le reti relazionali sul territorio, si incrementa sia il livello di conoscenza
del quartiere che il tasso di frequentazione del quartiere stesso.
Gli italiani, forse anche a causa degli effetti post-11 settembre, sembrano maggiormente
favorevoli e disposti ad allacciare (o a riallacciare) relazioni intense con il proprio
territorio di vita, a conoscerlo e a frequentare i propri vicini, sia nei luoghi pubblici che
in privato. Micro (quartiere e comune) e Macro (Italia e in prospettiva Europa) si
fondono forse in quella componente che è stata definita “glocal”, che associa il globale
al locale. Vedremo se tale tendenza verrà confermata nei prossimi anni.
VISSUTO E IMMAGINI DEL TERRITORIO
Prima fase
Seconda fase
1
9
3
9
27
Per nulla
17
Per nulla
28
Poco
Poco
66
65
33
Abbastanza
42
Abbastanza
30
Molto
25
18
Conoscenza del Frequentazione
quartiere
del quartiere
Molto
13
9
Conoscenza del Frequentazione
quartiere
del quartiere
% sul totale dei
casi
129
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
VISSUTO E IMMAGINI DEL TERRITORIO
Come definirebbe i rapporti sociali nel
suo quartiere/nel territorio in cui vive? II
Come definirebbe i rapporti sociali
nel suo quartiere/nel territorio in cui
vive? - I
Ci si
frequenta
nei luoghi
pubblici
42%
Ci si
frequenta
nei luoghi
pubblici
44%
Ci si vede
in casa a
piccoli
gruppi
18%
Ci si vede
in casa a
piccoli
gruppi
22%
Ci si
incontra
poco
40%
Ci si
incontra
poco
34%
% sul totale dei casi
LE RETI RELAZIONALI SUL TERRITORIO
Prima fase
Seconda fase
Con quale frequenza si ferma a chiacchierare
con...
Spesso
Qualche volta
Amici che
incontra
Mai
55
Vicini di casa
41
29
Altri genitori
56
18
0
24
20
Spesso
39
51
Conoscenti
nei negozi
Con quale frequenza si ferma a chiacchierare
con...
6
Amici che
incontra
60
8
Vicini di casa
58
Conoscenti
nei negozi
15
30
40
60
Qualche volta
80
100
% sul totale dei casi
130
36
20
0
51
30
20
4
36
35
Altri genitori
Mai
40
6
14
24
60
80
100
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
PROPENSIONE ALL’INFORMAZIONE
Con quale frequenza
Le capita di … - I
Sempre-spesso
Qualche v.
Seguire TG
nazionali
Con quale frequenza
Le capita di … - II
Mai o quasi+NR
Sempre-spesso
93
Seguire TG
locali
5 2
63
Leggere stampa
nazionale
27
58
Leggere stampa
locale
47
Ascolare
giornali radio
36
38
0
20
25
40
Seguire TG nazionali
10
27
80
57
15
Leggere stampa nazionale
55
17
Leggere stampa locale
39
Ascolare giornali radio
38
0
100
Mai o quasi+NR
89
Seguire TG locali
37
60
Qualche v.
20
9 2
36
7
34
11
48
34
40
60
13
28
80
100
I MOTIVI PREVALENTI
DELLE SCELTE DI VOLONTARIATO: I+II
Lo faccio per ...
•
•
•
•
aiutare gli altri:
il bene comune:
mi fa stare bene:
conoscere altre persone:
2000
2001
51%
24%
21%
4%
50%
22%
20%
8%
% su casi validi
3.1.6 Le componenti della civicness: una tipologia degli italiani
La civicness è un concetto che si struttura lungo dimensioni diverse, che rispondono a
differenti ambiti problematici. Tre di questi attengono di fatto a livelli attitudinali,
l’ultimo al livello comportamentale:
- ambito valoriale (quali sono i valori che connotano un atteggiamento di
civicness?);
- ambito fiduciario (che rapporto esiste tra i valori tipici del civismo e il grado di
fiducia nelle istituzioni, nella chiesa, negli altri, nella famiglia, ecc.?);
- ambito identitario (quali sono i sentimenti di appartenenza che caratterizzano e/o
che prevalgono in una "cultura civica"?);
- ambito comportamentale (quali sono i comportamenti individuali e collettivi che
denotano la civicness rispetto ad altri modelli valoriali, sociali, culturali?).
Sul piano degli atteggiamenti morali, l'impostazione di alcuni autori individua tre
tipologie in base alla rilevanza attribuita a diversi gruppi di valori:
civicness
(importanza di valori legati al pagamento delle tasse, alla pulizia delle strade, al non
mentire nel proprio interesse),
relativismo morale (atteggiamenti nei confronti del
131
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
divorzio, aborto, suicidio) e anticonformismo (atteggiamenti nei confronti dell'utilizzo
di droghe, del rispetto delle autorità).
L'ambito più stimolante per la civicness - I
80
L'ambito più stimolante per la civicness - II
80
72
70
70
60
60
50
50
40
40
30
30
20
12
20
11
14
14
15
Scuola
Lavoro
Amicizie
10
5
10
57
0
0
Famiglia
Scuola
Lavoro
Amicizie
Famiglia
% sul totale dei casi
STIMOLI MAGGIORI AL SENSO CIVICO - II
LAVORO
8%
AMICIZIA
10%
SCUOLA
16%
FAMIGLIA
66%
Sul piano dei comportamenti, si individuano in prima battuta tre grandi gruppi connotati
da differenti motivazioni e modalità di attuazione:
- comportamenti prettamente "civic", con modalità non associative o comunque
non formalizzate, finalizzati alla "protezione" della collettività, senza immediati
vantaggi individuali, né sul piano pratico né su quello identitario;
- comportamenti motivati da esigenze di tipo identitario, che, al di là del "bene"
che possono procurare a terzi, sono fondamentalmente legati ad un bisogno di
auto-legittimazione,
auto-giustificazione, auto-stima (volontariato, versamento
di fondi per scopi umanitari e scientifici, ecc.);
- comportamenti di autodifesa, finalizzati all'ottenimento di specifici vantaggi
individuali ben identificati, anche di tipo materiale (partecipazione ai comitati di
quartiere, movimenti dei consumatori, ecc,: i "classici" movimenti egoistici).
132
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
LA GRAVITÀ DI ALCUNI COMPORTAMENTI
molto grave
molto grave
Guidare
ubriachi
97
Prendere portafoglio trovato
Danneggiare
beni pubblici
95
Non pagare biglietto treno
67
Falsa malattia su lavoro
65
Picchiare
tifosi
88
Bustarelle
per concorso
84
71
Feste rumorose di notte
58
Bustarelle
per pratica
77
Tenere acceso motore auto
57
Fare a botte
76
Superare una coda
57
0
20
40
60
80
100
0
20
40
60
80
100
% sul totale dei casi
GRADUATORIA DEI COMPORTAMENTI “CIVICI ”
importanza
Non gettare rifiuti
89
Non accettare bustarelle
84
Segnalare danni procurati da noi
82
Non fumare in luoghi pubblici affollati
80
Dichiarare tutto al fisco
79
Non dire mai il falso
78
Non violare norme edilizie
72
Non superare i limiti di velocità
67
0
10
20
30
% sul totale dei casi
133
40
50
60
70
80
90
100
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
CLASSIFICA GRAVITA' per MODALITA’ DI COMPORTAMENTO
“NON CIVICO” (1=poco grave; 10=molto grave)
Media per gruppo
(punteggi da 1 a 10)
Vantaggio
economico
Vantaggio di
tempo / generale
Svantaggio /
danno per
collettività
Pericolo per
altri
6.2
6.4
6.6
6.8
Le analisi "tradizionali" che adottano il modello esplicativo della "cultura civica" hanno
stabilito alcuni nessi che sono divenuti parte dello stesso "senso comune": ai valori
tipici della civicness sarebbe associata una minore fiducia nella famiglia e una maggiore
fiducia nelle istituzioni, una più elevata identificazione nazionale a scapito di una
localistica, ecc.
Lavori quali quelli già citato di Sciolla e Negri suggeriscono che, soprattutto se ci
riferiamo all'Italia, tali modelli esplicativi rischiano di essere limitati se non fuorvianti e
sottolineano invece la necessità di una approfondita verifica di queste ipotesi.
Ciò risulta particolarmente rilevante quando allo scopo prettamente scientificoconoscitivo dell'indagine si affianchi l'intento di intervenire attivamente su questi temi,
agendo sullo spirito civico della popolazione come fattore di partecipazione e
responsabilizzazione nella vita collettiva.
3.1.6.1 Tre modalità interpretative della “civicness”
In seguito all'individuazione delle diverse componenti sui due piani comportamentale e
di atteggiamento, è stata qui effettuata un’analisi per delinearne i rapporti reciproci, al
fine di verificare o al contrario smentire le conoscenze sinora acquisite ed evidenziare
quali siano le caratteristiche peculiari della cultura e del comportamento civico.
Un ulteriore passaggio dell'analisi è consistita nel verificare il grado di omogeneità dei
risultati in base alle principali variabili socio-economiche e geografiche, per evidenziare
eventuali differenze nei modelli valoriali e comportamentali presso differenti sotto
gruppi della popolazione.
L'indagine (sia nella fase esplorativa effettuata lo scorso anno che in quella più
approfondita) aveva come scopo anche quello di individuare alcuni items rilevanti per
analizzare le componenti del senso civico o civicness. A questo fine sono state poste tre
batterie di domande, i cui risultati sono qui di seguito esposti
La prima batteria, di carattere molto generale, era finalizzata ad individuare le principali
matrici o ambiti “motivazionali” da cui nasce il senso civico di una persona; le
componenti analizzate sono state quelle dei valori, della fiducia, dell'appartenenza
territoriale, seguendo l'impostazione dianzi illustrata.
134
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Quale dei seguenti ambiti è più associabile al senso civico?
1.
2.
3.
1° citato
2° citato
2001 2002
2001 2002
3° citato
2001 2002
Il senso civico è legato a valori morali come il rispetto degli altri
e delle cose pubbliche
(ambito VALORIALE)
79
66
18
24
8
9
Il senso civico nasce da un sentimento di appartenenza al
territorio e al Paese in cui si vive
(ambito IDENTITARIO)
8
20
52
42
37
39
13
14
30
34
55
52
Il senso civico nasce da un sentimento di fiducia nelle
istituzioni (ambito FIDUCIARIO)
Come è facilmente osservabile, l’interpretazione e l’accezione grandemente prevalente
della “civicness”, in entrambe le rilevazioni, risulta quella legata alle componenti
valoriali di tipo individuale, che attengono alla sfera del privato e non a quello della
collettività. Viceversa, le due componenti maggiormente legate all’appartenenza
territoriale e alla collettività risultano nettamente minoritarie.
Ma è nel confronto tra l’indagine del 2001 e quella del 2002 che appare chiaro un
significativo trend. Mentre l’ambito fiduciario permane costante nelle risposte degli
italiani, le scelte tra ambito valoriale e identitario subiscono profonde modifiche: l’idea
che il senso civico abbia maggiormente a che fare con il sentimento di appartenenza ne
risulta nettamente rinforzato (+13%), mentre diminuisce altrettanto nettamente l’area di
valori “individuali” e privati. Emerge in buona sostanza un primo vagito di
consapevolezza, da parte degli italiani, che sia la collettività (il pubblico) ciò che
maggiormente conta nel delineare la civicness di un popolo, non (solo) l’individualità (il
privato).
PESO DELLE DIMENSIONI DEL SENSO CIVICO
prima fase
seconda fase
100
90
% sul totale dei casi
100
88
90
80
80
70
70
60
60
50
50
75
40
35
40
40
27
30
31
30
20
20
10
10
0
0
Valori morali
Appartenenza
territoriale
Fiducia nelle
istituzioni
135
Valori morali
Appartenenza
territoriale
Fiducia nelle
istituzioni
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
3.1.6.2 I tipi italiani: una cluster sulle modalità della civicness
A conclusione della lunga analisi che qui è stata esposta, e presentata nel dettaglio nelle
tavole grafiche allegate, si è tentato di formulare una tipologia che cerca di sintetizzare
quanto siano diffusi nella globalità della popolazione italiana i modelli interpretativi
della civicness.
L’idea guida da cui eravamo partiti evidenziava come non fosse sufficiente la presenza
di un forte spirito civico individualista per garantire un rapporto maturo tra cittadini e
sistema sociale: la civicness, da virtù privata, dovrebbe per questo poter essere
interpretata come il prodotto più alto del senso di appartenenza nazionale e, ancor più,
come identificazione nelle istituzioni collettive di riferimento.
Già lo scorso anno è stata creata una tipologia degli italiani sulla base delle risposte
fornite alla domanda più sopra riportata. La tipologia è composta dai seguenti 5 tipi:
-
i Latini: sono coloro che pensano al civismo con afflato soprattutto
individualista, e in sottordine in termini di appartenenza territoriale;
gli Yankees: sono coloro che pensano al civismo con afflato soprattutto
individualista, e in sottordine in termini di fiducia nelle istituzioni;
i Maomettani: sono coloro che privilegiano le istituzioni, e in sottordine i valori
individuali;
i Pellerossa: sono coloro che privilegiano l’appartenenza territoriale , e in
sottordine i valori individuali;
gli Eskimesi: sono coloro che NON includono nel senso civico i valori
individuali, ma soltanto quelli collettivi.
Questa è infine la tipologia degli italiani, con il confronto tra il 2001 e il 2002. Come si
nota, la scarsa fiducia degli italiani (oggi come spesso nella nostra storia) nel Paese e
nelle sue principali istituzioni nazionali “obbliga” la maggior parte dei cittadini a
pensare alla cultura civica come ad un “dover essere” di tipo morale, quando non
moralistico. Questa coscienza diffusa viene sorretta da afflati individualistico-familisti, i
quali cessano di venir richiamati nel momento in cui la contrapposizione tra reti
parentali e reti collettive obbliga ad una scelta “economica” di tipo privato anziché
pubblico.
TIPOLOGIA “CIVICNESS”
2001
2002
1 “LATINI” (individualismo + territorio)
52
35
2 “YANKEES” (individualismo + istituzioni)
27
32
3 “MAOMETTANI” (istituzioni + individualismo)
11
13
4 “PELLEROSSA” (territorio + individualismo)
7
10
5 “ESKIMESI” (anti-individualismo)
3
10
100
100
Totale
136
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Ma il confronto tra le due prime rilevazioni ci inducono a credere che qualcosa si stia
muovendo. I risultati del primo monitoraggio sulla civicness in Italia ci parlavano di
un’accezione della cultura civica come derivato quasi esclusivo dei valori morali
individuali. Come si vede nella tipologia conclusiva, nel 2001 soltanto poco più del 3%
della popolazione indicava questo aspetto della civicness come il meno importante; nel
2002 questa percentuale è cresciuta di ben 7 punti (fino al 10%). Dall’altra parte, quasi
l’80% indicava nel 2001 come prioritaria la derivazione individualista (“latini” +
“yankees”); nel 2002 tale quota è scesa di ben 12 punti (67%).
2001: UNA TIPOLOGIA DEGLI ITALIANI - I
PELLEROSSA
7%
MAOMETTANI
11%
ESKIMESI
3%
YANKEES
27%
LATINI
52%
% sul totale dei casi
2002: UNA TIPOLOGIA DEGLI ITALIANI - II
MAOMETTANI
13%
ESKIMESI
10%
PELLEROSSA
10%
LATINI
35%
YANKEES
32%
Il “barometro” del senso civico, costruito proprio sulla base di quest’ultima
informazione, ci dice in definitiva come l’accezione degli italiani sia mutata in direzione
della prevalenza di temi collettivi. E l’incremento appare significativo.
137
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
BAROMETRO DEL “SENSO CIVICO”
2001
2002
21
33
Il percorso che abbiamo affrontato in queste prime due puntate del barometro ha lo
scopo di tenere costantemente aggiornato lo stato della situazione nel nostro paese, con
la speranza che mutino sostanzialmente i rapporti di forza oggi esistenti. Si è visto come
già nel passaggio 2001-2002 alcuni elementi si sono modificati: riappare significativa
l’idea di una maggiore rilevanza della collettività (micro e macro, come si è
argomentato) nella definizione del rapporto tra individuo e società. Manca ancora, quasi
totalmente, la possibilità di regalare un po’ di fiducia alle istituzioni che ci presiedono:
ma è probabilmente molto difficile, da questo punto di vista, farne una colpa agli
italiani. Forse dovrebbero essere altri a dare loro il buon esempio.
Ma, come si è più volte detto, questi sono soltanto i primi passi per aiutarci a
comprendere a fondo il cammino da percorrere, per cercare di fornire elementi utili a
migliorare il rapporto tra i cittadini e la loro storia.
138
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Bibliografia e Fonti
Prima Parte
Capitolo 1
“Rapporto sulla Cultura Civica in Italia” edizione 2001, Legambiente
“Statistiche Giudiziarie”, anno 1999 e 2000, ISTAT
Corriere della Sera, 3 aprile 2002
City, 27 febbraio 2002
Istituzionali:
Servizio Parchi e Giardini del Dipartimento Affari Generali, Comune di Napoli
Rapporto “Il costo del vandalismo a Roma” Autorità per i Servizi Pubblici Locali, Comune di
Roma
Direzione Servizio Giardini, Dipartimento X, Comune di Roma
Settore Parchi e Giardini, Comune di Milano
Assessorato all’Educazione, Comune di Milano
Settore Verde Pubblico, Comune di Torino
Assessorato al Sistema Educativo e alle Politiche di Pari Opportunità, Comune di Torino
Settore Lavori Pubblici, Unità Organizzativa Verde, Comune di Bologna
Assessorato alle Politiche Ambientali, Comune di Livorno
Assessorato Ambiente, Comune di Reggio Calabria
Assessorato all'Ecologia, Comune di Pavia
Assessorato Ecologia, Comune di Livorno
Ufficio Ecologia, Comune di Ancona
Assessorato Pubblica Istruzione - Sport Tempo Libero, Comune di Ancona
Aziende di trasporto pubblico
ATM Spa, Milano
ATM Spa, Torino
ATAC Spa, Roma
Trambus, Roma
ANM Spa, Napoli
Azienda Trasporti per l'Area Metropolitana Spa, Reggio Calabria
ATL Spa, Livorno
ATC Spa, Bologna
Line, Servizi per la Mobilità, Pavia
Conerobus Spa, Ancona
Aziende di igiene ambientale
AMA Spa, Roma
AMSA Spa, Milano
A.S.I.A Spa, Napoli
AMIAT Spa, Torino
AMIA Spa, Palermo
Seabo Spa, Bologna
A.AM.P.S. Spa, Livorno
Anconambiente Spa, Ancona
ASM, Pavia
Box: Trenitalia
Seconda Parte
Capitolo 1
Commissione Europea, Bruxelles, 1994-1999.
Diamanti I., "E in Italia crescono i volontari di Stato", La Repubblica, 30 giugno 2002.
Frisanco R. (a cura di), "Volontariato", Settore Studi e Ricerche della FIVOL, Fondazione
Italiana per il Volontariato, Roma, 2001.
Focsiv, volontari nel mondo, 2001.
139
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
ISTAT, "Istituzioni nonprofit in Italia, Prima rilevazione censuaria", Roma, 1999.
Box: TransFair Italia
Box: "Young Europeans in 2001 - Results of a European opinion poll" - European Commission
- Directorate general for Education and Culture.
Ricerca CNA (Consorzio Nazionale per il riciclaggio dell'Acciaio).
Ricerca IREF 2002.
V indagine IARD sulla condizione Giovanile in Italia.
"I giovani e l'Ambiente: 1983 - 2000" - supplemento a laboratorio (IARD) n° 3/2001.
"Giovani 2002: verso il libro bianco della gioventù" (Presidenza del Consiglio dei
Ministri - Dipartimento Affari Sociali).
Box: Università di Trieste, G. Osti “Il senso civico del volontariato ambientale”
Capitolo 2
Osservatorio Nazionale Rifiuti
Ecosportello, Legambiente
Conai
Box: Ecosportello News, Legambiente Modena-Legambiente Emilia Romagna-Coop EstenseTred Carpi.
Capitolo 3
Dipartimento nazionale di Protezione Civile
Famiglia Cristiana
Provincia di Lodi, Assessorato Ambiente
Settore Protezione Civile, Regione Campania
Box: Coordinamento Nazionale Protezione Civile Legambiente
Capitolo 4
Associazione Libera
Casa dei Giovani, Bagheria (Pa)
Cooperativa Tempio del Montejato, Monreale (Pa)
Capitolo 5
Libro Verde “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese”,
Comunità Europea
Sincert
Isoworld
Sole 24 Ore
Anpa
Emas Helpdesk
Rapporto Ambiente Italia (anno 99-00-01)
BDA-Ecolabel, UE
Ministero dell’Ambiente
CEPAA
Box: Antonio Tencati, Sostenibilità, impresa e performance. Un nuovo modello di evaluation
and reporting., Egea, Milano, 2002.
Box: Euromobility
Capitolo 6
Zygmun BAUMAN , Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone, Laterza, Bari,
2001; Manuel CASTELLS, The Rise of the Network Society, Blackwell, Oxford, 1996; Guido
MARTINOTTI, Metropoli. La nuova morfologia sociale della città, il Mulino, Bologna, 1993.
Denis DUCLOS, “La nascita dell’iperborghesia”, G. MARTINOTTI (a cura di), La dimensione
metropolitana: sviluppo e governo della nuova città, il Mulino, Bologna, pp. 175-187, 1999.
Saskia SASSEN , Città globali. New York, Londra, Tokyo, Utet, Torino, 1997.
Paolo GUIDICINI, “Città globale e città degli esclusi”, Paolo GUIDICINI e Giovanni P IERETTI (a
cura di), Città globale e città degli esclusi. Una esperienza di welfare mix nel settore delle
emarginazioni gravi, Franco Angeli, Milano, pp. 13-36, 1998.
Marta NUSSBAUM e Amartya SEN (a cura di), The Quality of Life, Clarendon Press, Oxford,
1993.
140
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
Giampaolo NUVOLATI, “La qualità della vita urbana: risorse, functionings e capabilities”,
Politeia, n° 63, pp. 147-154, 2002.
Giampaolo NUVOLATI, Popolazioni in movimento, città in trasformazione. Abitanti, pendolari,
city users, uomini d’affari e flâneurs, il Mulino, Bologna, 2002.
M. M. WEBBER., “The Urban Place and the Non-place Urban Realm”, M. M. WEBBER et al. (a
cura di), Exploration in Urban Structure, University of Pennsylvania Press, Philadelphia, pp. 79153, 1964,
Lila LEONTIDOU, “Postmodernism and the City: Mediterranean Versions”, Urban Studies, 30, 6,
pp. 949-965, 1993.
Atlante dei bisogni delle periferie milanesi, Responsabili della ricerca Guido MARTINOTTI,
Francesca ZAJCZYK e Mario BOFFI, coordinatore Giampaolo Nuvolati, gruppo di ricerca:
Marianna D’OVIDIO, Chiara TORNAGHI, Cristiano MUTTI, Dipartimento di Sociologia e ricerca
sociale, Università Milano Bicocca, Milano, 2001.
Anthony GIDDENS, Le conseguenze della modernità, il Mulino, Bologna, 1994.
David RIESMAN, The Lonely Crowd, Yale University Press, New Haven, 1961 e 1989, Tr. It.,
La folla solitaria, il Mulino, Bologna, 1999; Jane JACOBS, The Death and Life of Great
American Cities, New York, 1961, Tr. It.,Vita e morte delle grandi città, Edizioni di Comunità,
Torino, 2000.
J. COLEMAN, Foundation of social theory, Cambridge, Mass., 1990.
Mark GRANOVETTER, The Strength of Weak Ties. A Network Theory revisited, trad. it. La
forza dei legami deboli e altri saggi, Liguori, Napoli, 1998.
Robert P UTNAM , Making Democracy Work, Princeton, 1993, trad. it. La tradizione civica nelle
regioni italiane, Milano, Mondadori, 1993.
Arnaldo BAGNASCO, “La questione dell’economia informale”, in Stato e Mercato, n° 1, pp. 173196, 1981 e Tracce di comunità, il Mulino, Bologna, 1999.
“Comunità in corso” , DiAP del Politecnico e ORS, Triennale di Milano.
Articolo sulle pagine milanesi di Repubblica del giorno 17 aprile 2002.
Maria Vittoria GIULIANI, “Theory of attachment and place attachment”, M. Bonnes, T. Lee, and
M. Bonaiuto (Eds.), Psychological theories applied to environmental issues, Ashgate, London,
in stampa, versione italiana pubblicata da Cortina.
Chiara SEBASTIANI, “Comitati cittadini e spazi pubblici urbani”, Rassegna italiana di
sociologia”, n° 1, pp. 77-114, 2001, e il saggio di Lavinia BIFULCO, “Ambiguità delle recinzioni
e identità collettive: la vicenda di piazza Vetra e la mobilitazione dei cittadini” in Mutamento
sociale e identità: la sociologia di fronte alla contemporaneità, Guerini, Milano, 2000.
Enzo COLOMBO, Gianmarco NAVARINI, Confini dentro la città, Guerini, Milano, 1999.
Marc AUGE, Non-lieux, Seuil, Paris, 1993, trad. it. Non luoghi, Eleuthera, Milano, 1994.
Jane JACOBS, 1961, op. cit..
Marco ROMANO in L’estetica della città europea, Einaudi, Torino, 1993 e di Paolo DESIDERI nel
saggio “Senza luogo. A procedere” in Massimo ILARDI (a cura di), La città senza luoghi, Costa
& Nolan, Genova, 1990.
Box: Legambiente Milano, Legambiente Viterbo
Capitolo 7
Federcomin
Databank
Vita
La nuova ecologia: numero utenti e mercato
"Informatica Solidale", Mariella Berra e Angelo Raffaele Meo (Bollati Boringhieri)
CNR
Osservatorio Criminalità Informatica (OCI)
La Repubblica
Washington Post
Trenitalia
141
Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia
A cura di Legambiente e
Promosso con
142