osservatorio sulla cultura civica in italia
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Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia OSSERVATORIO SULLA CULTURA CIVICA IN ITALIA Secondo rapporto nazionale Anno 2002 A cura di Legambiente e Promosso con 1 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia OSSERVATORIO SULLA CULTURA CIVICA IN ITALIA Legambiente ha costituito nel 2001 il Primo Osservatorio sulla cultura civica in Italia. L'Osservatorio si propone come iniziativa permanente di monitoraggio, studio e approfondimento del senso civico e dell'impegno civile nel nostro Paese, sia nei suoi aspetti più organizzati, sia sul piano dei comportamenti e delle scelte individuali, sia su quello collettivo. La costituzione dell'Osservatorio sulla cultura civica, progetto nazionale di Legambiente, è stata possibile grazie al contributo di Comieco (Consorzio Nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica). Lo strumento principe dell'Osservatorio, il "Rapporto Annuale”, è realizzato in collaborazione con Abacus . La seconda edizione del rapporto, anno 2002, è stata arricchita dai contributi del: - Dipartimento di Sociologia dell'Università Bicocca di Milano (Dott. Giampaolo Nuvolati, Dott.ssa Chiara Tornaghi); - Centro Studi Space dell’Università Bocconi di Milano (Dott. Antonio Tencati); - Associazione Libera (Jole Garuti) Hanno condiviso con noi il Rapporto, quali membri del comitato scientifico: Professoressa Laura Balbo, Dino Boffo (Direttore del quotidiano Avvenire) e Marco Vitale (economista d'impresa). La Missione e gli Obiettivi del progetto Mission: promuovere un'analisi attenta e sensibile delle trasformazioni in atto della coscienza civile nel nostro paese. La ricerca muove da premesse teoriche legate all’attualità del dibattito politico e culturale e dagli studi sulle forme di partecipazione e cura del patrimonio collettivo. Obiettivi: ?? attività di ricerca sul significato di "civicness", dei suoi valori e delle sue componenti; ?? promuovere un dibattito socialmente utile sui temi legati alla cultura civica; ?? tessere rapporti di collaborazione con imprese, associazioni, con soggetti e istituzioni esterni all'associazione valorizzando la ricchezza dei possibili contenuti; ?? sensibilizzare i cittadini, tramite la diffusione di una cultura civica ed ambientale, sui temi ambientali e sociali legati ai comportamenti e agli atteggiamenti individuali e collettivi. La copia del "Rapporto sulla Cultura Civica in Italia" può essere scaricata dal sito internet: www.legambiente.org/com. La sede dell'Osservatorio è presso Legambiente Lombardia Onlus, via Vida 7, 20127 Milano. Tel. 02/45475777 - fax. 02/45475776; E-mail: [email protected] 2 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Coordinamento generale del Secondo Rapporto sulla Cultura Civica in Italia, anno 2002 Paola Barachetti - vicedirettore Legambiente Lombardia, Andrea Poggio - vicedirettore generale Legambiente. Hanno collaborato: Stefania Itolli, Laura Biffi, Teresa Borgonovo, Gianfranco Raffaelli, Marcello Volpato, Jole Garuti - Associazione Libera, Antonio Tencati - Space - Università Bocconi, Milano, Mario Borsese, Giampaolo Nuvolati - Facoltà di Sociologia, Università di Milano Bicocca, Chiara Tornaghi - Facoltà di Sociologia, Università di Milano Bicocca, Chiara Cremascoli, Roberto Rizzo. Elaborazioni statistiche: Andrea Causo Editing grafico: Roberta Spotti 3 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia IL "CHI È" DI LEGAMBIENTE LEGAMBIENTE è l'associazione ambientalista italiana con la diffusione più capillare sul territorio (1000 gruppi locali, 20 comitati regionali, 110000 tra soci e sostenitori). Nata nel 1980 sull’onda delle prime mobilitazioni antinucleari, LEGAMBIENTE è un'associazione completamente apartitica, aperta ai cittadini di tutte le idee politiche, religiose, morali, che si finanzia con i contributi volontari dei soci e dei sostenitori delle campagne. E' riconosciuta dal Ministero dell'Ambiente come associazione d'interesse ambientale, fa parte del "Bureau Européen de l'Environnement", l'unione delle principali associazioni ambientaliste europee, e della “International Union for Conservation of Nature”. Campagne e iniziative Tra le iniziative più popolari di LEGAMBIENTE vi sono grandi campagne di informazione e sensibilizzazione sui problemi dell’inquinamento: "Goletta Verde", il “Treno Verde”, l'"Operazione Fiumi", che ogni anno "fotografano" lo stato di salute del mare italiano, la qualità dell'aria e la rumorosità nelle città, le condizioni d'inquinamento e cementificazione dei fiumi; "Salvalarte", campagna di analisi e informazione sullo stato di conservazione dei beni culturali; “Mal’Aria”, la campagna delle lenzuola antismog stese dai cittadini alle finestre e ai balconi per misurare i veleni presenti nell’aria ed esprimere la rivolta del “popolo inquinato”. LEGAMBIENTE promuove anche grandi appuntamenti di volontariato ambientale e di gioco che coinvolgono ogni anno centinaia di migliaia di persone (“Clean-up the World/Puliamo il Mondo” l’ultima domenica di settembre, l’operazione “Spiagge Pulite” l’ultima Domenica di maggio, i campi estivi di studio e recupero ambientale, “Caccia ai tesori d’Italia” all’inizio della primavera), ed è fortemente impegnata per diffondere l'educazione ambientale nelle scuole e nella società (sono centinaia le Bande del Cigno che aderiscono all'associazione e gli insegnanti che collaborano attivamente in programmi didattici, educativi e formativi). Gli strumenti Strumenti fondamentali dell'azione di LEGAMBIENTE sono il Comitato Scientifico, composto di oltre duecento scienziati e tecnici tra i più qualificati nelle discipline ambientali; i Centri di Azione Giuridica, a disposizione dei cittadini per promuovere iniziative giudiziarie di difesa e tutela dell'ambiente e della salute; l'Istituto di Ricerche Ambiente Italia, impegnato nel settore della ricerca applicata alla concreta risoluzione delle emergenze ambientali. Negli ultimi due anni Legambiente ha inoltre istituito due osservatori: l'Osservatorio sulla Cultura Civica e l'Osservatorio Impresa Ambiente, che si occupa di promuovere nel mondo industriale produzioni e tecnologie a minor impatto ambientale. LEGAMBIENTE pubblica ogni anno "Ambiente Italia", rapporto sullo stato di salute ambientale del nostro Paese, e invia a tutti i suoi soci il mensile “La Nuova Ecologia”, “voce” storica dell’ambientalismo italiano. 4 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia IL “CHI E’” DI COMIECO Comieco è il Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base Cellulosica. Nato nel 1985 dalla volontà di un piccolo gruppo di aziende del settore cartario interessate a promuovere il concetto di “imballaggio ecologico”, si è costituito in Consorzio il 24 ottobre 1997 a seguito dell’entrata in vigore del Decreto Legislativo 22/97 (c.d. “decreto Ronchi”), e ha ottenuto l’approvazione del proprio Statuto con decreto ministeriale del 15 luglio 1998. La finalità principale del Consorzio è il raggiungimento, attraverso una incisiva politica di prevenzione e di sviluppo della raccolta differenziata finalizzata al riciclo, degli obiettivi di recupero e riciclo – rispettivamente pari al 50% e al 45% del totale degli imballaggi cellulosici immessi al consumo - previsti dal decreto Ronchi che, nel Titolo II, recepisce la direttiva comunitaria 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio. Comieco è composto da quasi 3.600 imprese, cartiere e importatori di carte e cartoni per imballaggio, fabbricanti ed importatori di imballaggi a base di fibre di cellulosa, cui si aggiungono – con l’obiettivo di una migliore razionalizzazione dell’attività del Consorzio – operatori del recupero, enti ed associazioni. Per promuovere la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggi cellulosici e frazioni merceologiche similari sul territorio, Comieco ha sottoscritto, nei quasi quattro anni della sua attività, 416 convenzioni coinvolgendo 4.492 Comuni con una copertura di oltre 41.000.000 di abitanti. Il 2001, in particolare, ha segnato un deciso incremento sia sotto il profilo dell’allargamento del bacino di raccolta convenzionato sia, contestualmente, per quanto riguarda le percentuali di raccolta differenziata raggiunte soprattutto nelle Regioni meridionali. Ciò naturalmente ha significato un notevole incremento dei corrispettivi impegnati, che nel 2001 hanno raggiunto 45.015.000 €. Questo decisivo passo in avanti sotto il profilo delle quantità raccolte, in particolare al Sud, sta consentendo di ridurre il divario, sia pure ancora di un certo rilievo, tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale. Sotto tale profilo l’obiettivo del Consorzio nel 2002 è, oltre a quello del consolidamento di quanto raggiunto negli anni precedenti, soprattutto quello di incrementare i risultati conseguiti nelle realtà meridionali. In termini di obiettivi raggiunti, il Consorzio nel 2001 ha avviato a riciclo 2.076.000 t di rifiuti di imballaggio cellulosico, pari al 49,8% dell’immesso al consumo, che sommate alle 190.000 t avviate a recupero energetico e alla produzione di CDR consentono di raggiungere il 54,4% di recupero totale. L’attività e i risultati ottenuti dal Consorzio, compensando le difficoltà incontrate da altri materiali, hanno fornito un contributo decisivo nel raggiungimento, in anticipo rispetto ai termini previsti dal Legislatore, degli obiettivi globali di recupero e riciclo da parte del sistema CONAI. I risultati raggiunti sono stati resi possibili anche grazie alle numerose campagne e iniziative che Comieco promuove nel campo della prevenzione e della sensibilizzazione sui temi della raccolta differenziata e del riciclo, che molto hanno contribuito al mutato atteggiamento dei cittadini e degli amministratori verso le tematiche ambientali e verso la raccolta differenziata in particolare. Quest’ultima, fino a poco tempo fa quasi del tutto assente dai programmi delle amministrazioni 5 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia pubbliche, oggi è stabilmente presente nelle abitudini quotidiane della maggior parte degli Italiani: un chiaro segnale della maturazione del senso civico di ciascuno di noi, nonché di una cultura ispirata alla cooperazione tra cittadini, imprese ed enti locali. Attività istituzionale e iniziative Comieco, nell’ambito del sistema CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi) istituito dal Decreto Ronchi, organizza il ritiro e il successivo avvio a recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica e dei materiali cellulosici provenienti dalla raccolta su superficie pubblica. La raccolta differenziata organizzata dai Comuni è finanziata con le risorse derivanti dal contributo ambientale che, dal 1° ottobre 1998, i produttori di imballaggi cellulosici applicano in fattura agli utilizzatori. Nell’ambito delle sue finalità, Comieco individua insieme alle aziende consorziate gli obiettivi intermedi di recupero e riciclo da raggiungere, improntando la gestione a principi e i criteri, fissati dal Legislatore, di efficacia, efficienza, ed economicità. A tale scopo stipula convenzioni con le Amministrazioni Comunali per la raccolta differenziata. Nell’Accordo quadro ANCI/CONAI, previsto dall’art. 41 del Decreto Ronchi, e nell’Allegato Tecnico Imballaggi Cellulosici Comieco ha individuato il corrispettivo da corrispondere ai Comuni per le attività di raccolta differenziata degli imballaggi cellulosici e frazioni merceologiche similari. Il Consorzio promuove, inoltre, un marchio da utilizzare sui singoli imballaggi al fine di certificare l’appartenenza al sistema nazionale di gestione degli imballaggi a base cellulosica. Nell’ambito delle proprie attività istituzionali il Consorzio realizza campagne di comunicazione per promuovere e sensibilizzare l’opinione pubblica e i cittadini sui temi della raccolta differenziata e del riciclo. 6 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Indice Introduzione di Ermete Realacci, Presidente Legambiente ................................. 11 Introduzione di Carlo Montalbetti, Dire ttore Generale Comieco........................ 13 Prima Parte Introduzione di Andrea Poggio e Paola Barachetti, Legambiente Lombardia .. 15 Capitolo 1 17 Vandalismo: impatto sociale, danni economici e reazione "civica" 17 1.1.1 Il vandalismo incide sulla qualità della vita .................................................. 17 1.1.2 Danni economici del vandalismo .................................................................... 18 1.1.2.1 Atti contro la natura: il danno al verde pubblico ...................................... 19 1.1.2.2 Il vandalismo a danno delle scuole .............................................................. 21 1.1.2.3 I danni ai trasporti pubblici ......................................................................... 22 1.1.2.4 Danni alle aziende e alle strutture di raccolta rifiuti ................................. 24 1.1.3 Disponibilità a denunciare e fiducia nelle istituzioni .................................... 26 Il vandalismo sale in carrozza ...................................................................................... 29 Seconda Parte Terzo Settore - Capitolo 1 30 La misura della partecipazione e della solidarietà in Italia e in Europa 30 2.1.1 Partecipazione dalla militanza all'impresa sociale: il volontariato alla luce di un'indagine recente realizzata dalla Fivol.................................................. 31 2.1.2 La "misura" del cambiamento: 1999, Primo censimento Istat sulle organizzazioni non profit in Italia. .......................................................................... 34 Guardie ecologiche volontarie, ricerca dell’Associazione Italiana di Sociologia........... 35 2.1.3 La partecipazione in Europa: da una ricerca della Comunità Europea, fotografia di come le risorse umane muovono impegno civile ed economia in Europa ....................................................................................................................... 35 2.1.4 Come agisce la solidarietà nel nostro Paese dopo l'11 settembre: preoccupazioni e impegno degli italiani.................................................................. 37 Giovani e volontariato in Europa…............................................................................... 39 … e in Italia.................................................................................................................. 40 Etica e solidarietà orientano la spesa alimentare degli italiani...................................... 41 7 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Ecocivismo - Capitolo 2 42 Raccolta differenziata: misurare la civicness nei gesti quotidiani. Il confronto 2000 - 2001 42 2.2.1 Produzione e raccolta in Italia nel 2001......................................................... 42 Campania, nonostante la grave emergenza superato il 10 di Rd................................... 47 2.2.2 Gravi ritardi nello smaltimento e nel recupero dei beni durevoli ............... 47 In Emilia accordo di programma Legambiente Coop per ritiro elettrodomestici usati ... 48 2.2.3 Un impegno in comune: sono più di quattrocento ........................................ 48 i Comuni Ricicloni, edizione 2001. .......................................................................... 48 Green Public Procurement, a quando il decreto governativo?...................................... 51 Protezione Civile - Capitolo 3 52 Cura del territorio e protezione dell’ambiente 52 2.3.1 Protezione civile: 2002 anno della svolta? ..................................................... 52 2.3.2 Le novità positive ............................................................................................. 52 2.3.2.1 E quelle preoccupanti ................................................................................... 53 2.3.3 Il metodo Augustus: una buona idea italiana ................................................ 54 Il gruppo di Protezione civile di Legambiente............................................................... 55 2.3.4 Campania, quale protezione civile oltre il Piano Vesuvio?.......................... 56 Ambiente e Legalità - Capitolo 4 58 Riuso sociale dei beni mafiosi ed educazione al senso civico 58 2.4.1 Beni mafiosi: ridistribuirli, valorizzarli creando sviluppo è il modo più efficace per togliere terreno alla cultura criminale ............................................... 58 2.4.2 Riformare la legge non nei principi ma nella struttura e nella forma: nuova petizione popolare promossa da Libera .................................................................. 61 2.4.3 L’olio antimafia................................................................................................ 62 2.4.4 Il vino antimafia ............................................................................................... 63 Educare alla legalità. L’esperienza di Libera a dieci anni.... dalle stragi di Capaci e di via D’Amelio ...................................................................................................................... 64 Impresa - Capitolo 5 65 L’anima buona delle imprese 65 2.5.1 Progressi nella responsabilità sociale delle imprese in Italia ....................... 65 2.5.2 Le parole chiave dell'eco-industria ................................................................ 67 2.5.2.1 ISO 14001 ...................................................................................................... 67 2.5.2.2 EMAS ............................................................................................................. 71 2.5.2.3 Ecolabel.......................................................................................................... 75 8 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia 2.5.2.4 SA 8000 .......................................................................................................... 77 Coop Italia, prima nel nostro Paese ad ottenere SA 8000 ............................................. 80 2.5.3 I bilanci sociali, ambientali e di sostenibilità ................................................. 81 Mobility Management, strumento a disposizione delle aziende virtuose....................... 83 Lo stato dell’arte del Mobility Management in Italia...................................................... 83 Città - Capitolo 6 86 L’evoluzione della cultura civica nella città che cambia 86 2.6.1 – Omologazione dei contesti e voglia di appartenenza ................................. 86 2.6.1.1 I luoghi di socialità ........................................................................................ 89 2.6.1.2 I comitati di quartiere .................................................................................. 90 2.6.2 Quando la piazza aggrega ancora: assenza di infrastrutture e uso improprio dello spazio .............................................................................................. 91 2.6.2.1 I progetti polifunzionali del periferico urbano .......................................... 92 2.6.2.2 Conclusioni .................................................................................................... 92 “Italiani brava gente”, tante storie di ordinario civismo................................................ 93 New economy - Capitolo 7 97 Buona e cattiva rete: virtù civica e vandalismo on line. I dati di un fenomeno in crescita 97 2.7.1 Dagli sviluppi militari ai portali non profit ................................................... 97 2.7.1.2 Identikit del web user italiano ..................................................................... 98 2.7.1.3 Perché si naviga nel world wide web........................................................... 98 2.7.2 La buona rete italiana: alcune tipologie di siti non profit, dall' ambiente alla solidarietà ........................................................................................................... 99 La rete per i disabili: intervista al professor Graziano, ipovedente e ricercatore del Cnr .................................................................................................................................. 101 2.7.2.1 Newsgroup ................................................................................................... 104 2.7.2.2 Verso l’informatica solidale: il Software Libero ...................................... 104 Il sistema Linux. ......................................................................................................... 105 2.7.3 Il bit vandalismo ............................................................................................ 106 2.7.3.1 Hacker e Cracker........................................................................................ 106 2.7.3.2 I dati sul vandalismo in rete....................................................................... 106 2.7.3.3 Tipi di aggressioni sulla rete ...................................................................... 106 2.7.3.4 Dai virus agli “open relay”: ecco i nemici in rete .................................... 106 9 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Terza Parte Abacus: rapporto sulla "civicness" in Italia ....................................................... 108 3.1. Il barometro del “senso civico” ...................................................................... 108 3.1.1 La metodo logia utilizzata .............................................................................. 109 3.1.2 Familismo e societa’....................................................................................... 111 3.1.2.1 Gli italiani e gli aspetti importanti della vita............................................ 111 3.1.2.2 Gli italiani e la famiglia .............................................................................. 113 3.1.3 Gli italiani e le istituzioni .............................................................................. 114 3.1.3.1 Il confronto tra le istituzioni politiche nazionali e quelle locali .............. 117 3.1.3.2 I partiti politici, come sempre, fanalino di coda nella fiducia degli italiani .................................................................................................................................. 118 3.1.4 Individualismo e collettivita’ ........................................................................ 119 3.1.4.1 Gli italiani e gli altri italiani....................................................................... 120 3.1.4.2 Gli italiani e la qualità della vita ............................................................... 123 3.1.4.3 Gli italiani e la collettività .......................................................................... 125 3.1.5 Luoghi di vita e reti di relazione ................................................................... 127 3.1.5.1 L’appartenenza territoriale “macro” ....................................................... 127 3.1.5.2 L’appartenenza “micro” ............................................................................ 129 3.1.6 Le componenti della civicness: una tipologia degli italiani ........................ 131 3.1.6.1 Tre modalità interpretative della “civicness”.......................................... 134 3.1.6.2 I tipi italiani: una cluster sulle modalità della civicness.......................... 135 Bibliografia e Fonti 139 10 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Introduzione di Ermete Realacci, Presidente Legambiente Buone notizie dai mille borghi dei paesi e dai quartieri delle città: gli italiani, dopo l'11 settembre, di fronte a un mondo più difficile da capire, amano sentirsi un po' più vicini gli uni agli altri, scoprendo le comuni radici, aprendosi alle relazioni, stringendo nuove solidarietà. E' il glocal che avanza, il senso di appartenenza territoriale e l'intensificazione delle relazioni di vicinato, di interesse. Ci si dedica agli altri, si è disponibili al volontariato e all'impegno con lo scopo di stare di più insieme. Mentre la fiducia nelle istituzioni dell'economia, dopo le incertezze della borsa, ha un tracollo, quella nelle notizie di tv e giornali un vistoso calo, si scopre l'importanza delle reti relazionali che il territorio può offrire. E' un buon punto di partenza per una seria iniziativa di governo che coniughi progressi economici e valorizzazione dell'ambiente, modernità e tenuta del tessuto sociale. Queste sono le prime considerazioni che balzano all'occhio leggendo la terza parte del Rapporto costituito dall'indagine Abacus sulla cultura civica in Italia. La prima parte di questo nostro Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia è invece dedicata ai nuovi dati che siamo riusciti a raccogliere e elaborare sul fenomeno del vandalismo. Con grande fatica abbiamo raccolto informazioni uniche e originali su dieci città campione e i risultati sono da ogni punto di vista allarmanti. Ma come mai Legambiente presta tanta attenzione al vandalismo? Perché è un indicatore significativo di malessere sociale e di scarso senso di appartenenza territoriale. Perché su questo terreno l'attenzione dello Stato, in tutte le sue articolazioni, è pressoché nulla. Quindi il nostro è insieme un richiamo, un atto di denuncia e una proposta di collaborazione che rivolgiamo alle istituzioni pubbliche statali e locali. Il vandalismo è oggetto di frequenti lamentele, ma anche della più totale disattenzione e rassegnazione da parte delle istituzioni. Non vogliamo più continuare da soli nella ricerca di quantificazione e definizione del fenomeno e delle misure per prevenirne la diffusione e la rilevanza. Cerchiamo a gran voce una sponda istituzionale. Nella seconda parte del Rapporto abbiamo voluto affrontare alcune tematiche di particolare interesse quali: la partecipazione come forma attiva di cultura civica; la raccolta differenziata come civicness dei gesti quotidiani, indispensabile elemento per il riciclo e la riduzione dei rifiuti; la spesa degli italiani orientata alla solidarietà, il consumo equo e sostenibile; la partecipazione volontaria e organizzata alla cura del territorio e alla protezione dell'ambiente; ambiente e legalità con il riuso sociale dei beni confiscati alla mafia e destinati a progetti collettivi; l'impresa nella comunità e orientata alla responsabilità ambientale e sociale e, infine, la comunità ed il territorio nelle forme del quartiere e delle mobilitazioni di cittadini e cittadine e le nuove forme di cultura civica informatica, nella rete "civica e sociale" che corre su web. Per la realizzazione della seconda parte del Secondo Rapporto sulla cultura civica, suddivisa in otto capitoli, abbiamo chiesto il contributo a professionisti ed esperti, che hanno affrontato, approfondito, sviscerato gli aspetti salienti delle tematiche più attuali, fornendo elementi e dati che ci sono apparsi preziosi per una seria riflessione sul tema della partecipazione civile e della civicness nel nostro Paese. A queste persone, vanno i nostri più sentiti ringraziamenti. Una considerazione importante emerge dal nostro rapporto. Non è possibile pensare di governare un paese e una società ricca e moderna come la nostra considerando essenzialmente i fondamentali dell'economia e i principali canali televisivi. Si dirà che questa è una riflessione scontata, che nessuno la pensa in questo modo. 11 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Ma quante volte le decisioni di governo e la discussione politica ha teso a semplificare in questo modo la realtà. A destra come a sinistra. Ebbene, proprio mentre si discute di scelte grossolane di rilancio dell'economia grazie a una nuova ondata di opere pubbliche di cemento e asfalto, anche a costo di monetizzare beni culturali e paesaggio, di autonomia della televisione pubblica e il tutto in una quadro di nuove incertezze internazionali, ecco invece emergere dall'Italia profonda segnali iniziali ma coerenti di un nuovo senso civico, fondato su bisogni che, seppure non contrastano, nulla hanno a che vedere con quelle linee di governo. Speriamo proprio non si tratti di una tendenza effimera, che trovi risposte istituzionali e politiche, che si consolidi. Da Nord a Sud, nelle aree montane e in quelle insulari, l'Italia è costellata di migliaia di centri abitati, da secoli culla di un patrimonio straordinario fatto di beni culturali e ambientali, di tradizioni e abilità manifatturiere, di saperi e sapori. Molti nostri territori offrono quel valore aggiunto in termini di turismo, produzioni tipiche, artigianali ed enogastronomiche, capace di trasformarli in un importante volano per l'economia italiana. Al tempo stesso però, la cosiddetta Italia minore, vive oggi una condizione di forte disagio dovuta alla preoccupante rarefazione dei servizi territoriali: scuole, presidi sanitari, uffici postali ed esercizi commerciali. Questi i problemi che vogliamo affrontare con la campagna "Piccola Grande Italia" e la proposta di legge che prevede misure di salvaguardia della vita nei nostri piccoli comuni. Molte nostre città, sebbene invidiate nel mondo per i loro monumenti e il loro tessuto urbano, per le Università e le istituzioni culturali, sono soffocate dal traffico e assediate da periferie senz'anima e aree dismesse da bonificare. A loro dedichiamo le nostre campagne antismog e per la promozione di forme di mobilità diverse, oltre all'impegno quotidiano dei nostri circoli locali per la qualità della vita e la difesa delle relazioni di quartiere. Per loro chiediamo radicali riforme e innovazioni nelle politiche industriali, dei trasporti e dei servizi. Questo è l'ambientalismo che cerchiamo di interpretare. 12 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Introduzione di Carlo Montalbetti, Direttore Generale Comieco La seconda edizione del Rapporto dell'Osservatorio su "Gli italiani e la civicness" fotografa un'Italia delle molte facce, nella quale convivono atteggiamenti e comportamenti virtuosi e solidali accanto ad altri che costituiscono autentici segnali di allarme sulla tenuta civica del nostro tessuto sociale. Cresce la considerazione per il volontariato, ma scende ai minimi storici quella per i partiti politici; si rafforza il prestigio per la magistratura ma crolla la fiducia verso tutti gli organi di informazione; cresce una viva sensibilità ambientale, ma più di un quarto degli abitanti considera in fondo "non grave" violare le norme edilizie. È l'Italia che conosciamo, che ci viene incontro ogni mattina dalla lettura dei quotidiani, e che non finisce di sorprenderci. Ognuno di noi, in un gioco di rilanci, potrebbe aggiungere all'elenco dei "pro" e dei "contro" stilato dalla ricerca condotta dall'Abacus una propria lunga lista di paradossi italiani: dai delitti sempre più efferati e gratuiti alle tante prove di generosità e di slancio collettivo; dai segni di un vandalismo insensato e apparentemente dilagante agli interventi di recupero di preziosi patrimoni collettivi. Forse nessun altro paese mostra di sé contemporaneamente tanti volti così contraddittori; forse nessun altro sa essere amabile e talora irritante come il nostro. In questo contesto per un consorzio di imprese come Comieco, questo Osservatorio, a cui ha contribuito sin dalla nascita, conserva una sua cruciale importanza: siamo ben consapevoli, infatti, che tutta la nostra attività è strettamente correlata alla civicness degli Italiani. Comieco si occupa del riciclo e del recupero dei materiali cellulosici. Ebbene, non c'è riciclo né recupero di carta e cartone senza l'intervento volontario, consapevole, quotidiano di decine di milioni di persone. Noi stessi siamo, in qualche misura, un barometro del senso civico collettivo in questo paese. E i nostri dati confermano che in Italia, anche in questi mesi così apparentemente distratti e convulsi, una parte della nostra civicness è cresciuta. In un solo anno, dal 2000 al 2001, la raccolta differenziata di materiali cellulosici è aumentata in Italia dell'11%. È una crescita "a due cifre", come si suol dire, che ci parla inequivocabilmente di un Paese che non mostra più apprezzabili divisioni regionali o territoriali. Nelle regioni meridionali del nostro Paese, dove per la prima volta si è offerta ai cittadini italiani l'opportunità di partecipare allo sforzo collettivo legato al recupero e al riciclo di materiali che sono preziosi sia per l'ambiente sia per l'economia nazionale, la risposta è stata significativa, con un incremento addirittura del 55%. Tutto lascia prevedere, procedendo a questo ritmo, che il divario nella raccolta tra Nord, Centro e Sud del Paese sia destinato a colmarsi nel giro di qualche anno. Si sbriciola e si dissolve insomma, nei fatti, lo stereotipo "tardo-nordista" di un Sud sprecone e parassita. Quando abbiamo offerto ai singoli, alle famiglie, alle imprese e alle amministrazioni locali delle regioni del Mezzogiorno l'opportunità di partecipare a questo sforzo, la risposta è arrivata, eccome! Questa esperienza ci offre l'occasione di una riflessione, che ci pare i dati dell'Osservatorio tendano a confermare. E cioè che in realtà il senso civico lo si costruisce ogni giorno, con fatica e con impegno; che quando sono positivamente sollecitati gli italiani rispondono con generosità alla fiducia; e che, per converso, essi si chiudono nell'individualismo e nella "diserzione" rispetto alle proprie responsabilità sociali di fronte all'inganno, al trucco, alle furberie. 13 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Il nostro, è vero, è un caso specifico. Noi ci occupiamo della carta e del cartone che sono stati utilizzati e di cui ci si vuole disfare. Siamo, se ci pensiamo, ad uno snodo essenziale della modernità. La crescita del volume dei rifiuti è infatti un portato della modernità: nelle società primitive, nelle quali si consumava immediatamente quanto ci si procurava con la caccia o con l'attività di raccolta dei frutti della terra, di imballaggi ce ne erano pochi o non ce ne erano affatto. È nell'ultima parte del secolo appena concluso con l’affermarsi della società dei consumi di massa che il problema della gestione dei rifiuti, e tra questi degli imballaggi usati, è esploso. Di fronte a questo problema che cosa ci detta il senso civico? Non si tratta di rifiutare la modernità, di tornare ad andare alla stalla, la sera, con l'apposito contenitore per il latte per comprare quanto ci serve, o magari di andare dal tabaccaio a comprare le sigarette sfuse, come si faceva ancora pochi decenni fa. Si tratta di porsi collettivamente il problema dell'innovazione e della compatibilità ambientale degli imballaggi, per averne di più leggeri, meno ingombranti, più facilmente riciclabili. Ma poi, per portare a compimento quest'opera, è indispensabile fare ricorso all'impegno in prima persona dei singoli, delle famiglie, delle imprese, delle istituzioni, a cominciare dalla scuola. La nostra esperienza dimostra che quando questo circolo virtuoso si innesta i risultati arrivano. E che gli italiani, da Bolzano a Pantelleria, danno prova di senso civico e di generosa disponibilità alla collaborazione. Forse è legittimo porsi a questo punto anche un interrogativo "al contrario", come controprova. Dove questo non avviene; dove il senso civico appare sfilacciarsi e cedere; dove prevale soltanto l'interesse individuale, o del piccolo gruppo, apparentemente contro tutto e tutti; di chi è in questi casi la responsabilità? E la risposta, ci sembra, non può che essere ricercata in un’interruzione della "filiera del senso civico", nel venir meno di un'etica, nell'appassirsi di una prospettiva di crescita collettiva. Una risposta sulla quale abbiamo di che riflettere tutti, come imprese, come singoli cittadini, come istituzioni di questo paese, ognuno per la responsabilità che gli compete, a tutti i livelli. 14 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Prima Parte Introduzione di Andrea Poggio e Paola Barachetti, Legambiente Lombardia Distruggere. Magari solo per gioco, per sentirsi protagonisti o perché non ci si sente nessuno. O per rabbia, per ripulsa, odio nei confronti della società, del sistema. O per noia, per stare insieme, fare gruppo. Distruggere perché si è incapaci di costruire. Il vandalismo è un fenomeno che colpisce tutto e tutti. I beni privati e quelli pubblici, coinvolgendo non di rado direttamente la sicurezza personale. Se ne parla raramente, quando qualche sasso colpisce un'auto o un treno, ma colpisce quotidianamente, di continuo. Se ne accorgono le aziende di servizio che dispongono di beni esposti al pubblico: cabine telefoniche, autobus, contenitori per la raccolta dei rifiuti. Ma la ferocia distruttrice sembra prendersela con particolare vigore con i beni più indifesi e preziosi per tutti: il patrimonio culturale e ambientale. Sono i monumenti e i parchi e i giardini pubblici che subiscono vigliaccamente i peggiori scempi. Sporcare una spiaggia o perseguitare alberi e panchine vuol dire inibire il diritto ad un contesto di vita dignitoso, civile, sicuro. Sfregiare un'opera d'arte è un'offesa alla storia e all'identità di tutti. Quando lo scorso anno, nel nostro Primo rapporto, abbiamo messo per la prima volta l'accento sul vandalismo, abbiamo scoperto quanto il tema, al di là di isolate lamentele di qualche amministratore, fosse poco esplorato. Avevamo davanti a noi una ricerca dell'Eurispes, che al di là di qualche valutazione economica dei danni di fonte Telecom, Federtrasporti (aziende municipali), FS, doveva concludere che “i soggetti che sono vittime di atti vandalici, non sono in grado di quantificare il danno subìto”. E poi ancora: “non si può quindi sottacere la sconcertante contraddizione che vuole da un lato la fin troppo evidente visibilità delle conseguenze degli atti vandalici, dall’altro l’impossibilità di sapere quanto tali conseguenze possano costare alla collettività, sia in termini monetari, sia in termini di progresso morale.” Per poi passare alla denuncia: “alle autorità preposte, affinché garantiscano un maggiore controllo ed una maggiore salvaguardia dei beni comuni; ai soggetti che sono vittime, affinché superino la loro remissività, rendendo noto – e quindi quantificando – i diversi danni subiti.” Abbiamo allora scritto a Sindaci di tutti i Comuni capoluogo provinciale, ai Presidenti delle Provincia, Regioni, alle Prefetture, alle associazioni delle società pubbliche per chiedere loro dati, informazioni, opinioni. Abbiamo a tutti inviato il nostro primo rapporto. Ad eccezione di qualche gentile lettera di riscontro che ci incoraggiava a proseguire nell'opera, l'unica positiva scoperta di quest'anno è il primo rapporto organico sul vandalismo elaborato dal Comune di Roma elaborato proprio nel corso del 2001. Un primo segnale? Speriamo. Come mai manca una stima continua e attendibile dei danni provocato dagli atti vandalici? Ci sono probabilmente tante ragioni. Accenniamo intanto a quelle che, sulla base dell'esperienza che ci siamo fatti, sono le principali. Manca intanto un censimento dei beni pubblici, a cominciare dal patrimonio artistico disponibile su suolo pubblico e manca soprattutto una rilevazione periodica dello stato, un sistema conosciuto di segnalazione tempestiva dei problemi o di denuncia di abusi. Poi ci sono ragioni legate ai processi decisionali della spesa pubblica. In genere il costo dei danneggiamenti viene appena percepito quando si affrontano le spese di manutenzione dei manufatti: cioè quando si decidono stanziamenti a questo scopo. 15 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Quindi quell'anno in cui vi è disponibilità di spesa o si decide che non se ne può fare proprio a meno. Ma in questo caso il fattore che determina la spesa è la compatibilità di bilancio, non l'esigenza reale di ripristino. E in ogni caso questi costi sono dispersi nei bilanci dei Comuni, considerati a volte come manutenzione a volte come investimenti, erogati da uffici o assessorati diversi, delegati ad aziende pubbliche o a privati. Insomma, interrogarsi sui costi del vandalismo solo a posteriori, a fine anno, è quasi impossibile venirne a capo. Per il rapporto di quest'anno abbiamo optato un'altra strategia. Abbiamo scelto ad alcune città grandi e medie e chiesto alle rispettive amministrazioni di monitorare un numero limitato di parametri di spesa. I risultati – che potete leggere nelle prossime pagine sono estremamente significativi, da ogni punto di vista. Per l'entità del danno economico denunciato da queste sole città: 8 milioni di Euro all'anno (per 10 città e solo per verde pubblico, autobus, contenitori di rifiuti e scuole pubbliche) sono abbastanza perché si cominci a pensare a politiche di censimento, studio e prevenzione sia a livello nazionale che locale. Per la grande eterogeneità con la quale i diversi comuni considerano comunque il danno arrecato. E' ragionevole, infatti, che Roma segnali costi sul verde pubblico quattro volte inferiori di Milano, oppure che Torino denunci metà dei danni ad autobus di Livorno? L'anno prossimo dovremo meglio definire i danni di cui si chiede il censimento. Ci associamo quindi alla denuncia di due anni fa dell'Eurispes alle “autorità preposte” e vogliamo anche aggiungere oggi una proposta. Chiediamo esplicitamente l'aiuto dell'autorità statale perché ci affianchi nel sollecitare l'attenzione che il fenomeno del vandalismo merita e nella richiesta di un maggior impegno delle istituzioni pubbliche nella raccolta e valutazione delle informazioni. E' o non è uno dei compiti dello Stato, in tutte le sue articolazioni, dai Comuni al Governo, tutelare il patrimonio, coesione sociale e legalità? E' troppo pensare che si costituisca un’adeguata attenzione o persino appositi uffici per valutare il fenomeno e studiare azioni preventive presso il Ministero degli Interni, quello alla Pubblica Istruzione, all'Ambiente e ai beni Culturali? Ebbene, chiediamo di iniziare: per il rapporto che faremo l'anno prossimo, quello del 2003, vorremmo non essere lasciati in solitudine. 16 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Prima Parte Capitolo 1 Vandalismo: impatto sociale, danni economici e reazione "civica" 1.1.1 Il vandalismo incide sulla qualità della vita La crisi dei valori comuni e l'incapacità di molti di adeguarsi alle regole del vivere civile, producono effetti negativi sulle nostre città. Si tratta di atti di vandalismo e d’inciviltà diffusa, fatta di piccoli gesti quotidiani che ispirano un profondo sentimento di precarietà. La vita nelle metropoli risulta così caratterizzata da un forte disagio collettivo, che tende a dissolvere l'identità del cittadino, mettendo a rischio la coesione sociale e provocando un ripiegamento su sé stessi. E’ proprio questo isolamento che ci rende più ansiosi e indifferenti verso gli altri e la realtà che ci circonda, generando diffidenza e minacciando qualsiasi forma di solidarietà. Nel primo “Rapporto sulla Cultura Civica in Italia” abbiamo evidenziato quali sono i comportamenti antisociali, correlati alla criminalità minore (crimini morbidi1), che suscitano maggiore preoccupazione nei cittadini, percepiti come simboli del costante aumento del degrado urbano e della diffusione della violenza. Il dato nazionale poneva in primo piano il vandalismo diretto verso il bene pubblico, con il 14,5% degli intervistati contro il 9% di chi si sente minacciato dai fenomeni connessi alla droga, l'11% di chi vede spesso mendicanti e il 7,4% di chi soffre la presenza di prostitute in cerca di clienti. Anche la percezione sulla civicness, sondata da Abacus nella prima edizione del rapporto, rilevava come il danneggiamento dei beni pubblici è considerato un comportamento molto grave, posizionandosi al secondo posto dopo la guida in stato di ebbrezza. Il senso di incertezza che deriva da questi comportamenti, produce "stress", limitando la nostra libertà e condizionando molte nostre scelte. Ma soprattutto provoca sfiducia verso la società e verso le istituzioni che sono spesso ritenute inadeguate a risolvere i problemi connessi al governo delle comunità. Infatti in relazione alla fiducia, i cittadini accordano i valori più alti a chi opera sul territorio, rischiando la propria vita per il prossimo, come per esempio le forze dell’ordine. In un graduatoria effettuata da Abacus (nel 2001) per il primo "Rapporto sulla Cultura Civica in Italia", relativa alla "fiducia nelle istituzioni e organizzazioni collettive" che va da 1 a 10, si rileva quanto segue. La valutazione tra 8 e 10 è stata attribuita a Carabinieri e Polizia dal 61% degli intervistati; alle Associazioni di volontariato dal 44%; alla scuola e alla Chiesa cattolica dal 33%; alle Associazioni ambientaliste dal 29%; alla Magistratura dal 27%; alla Comunità Europea dal 17%; ai Comuni e alle Regioni dal 16%; al Governo e al Parlamento dal 10%; ai Sindacati dal 9%, ai Partiti politici dal 2%. 1 "Crimini morbidi" (dal Ministero degli Interni nel "Rapporto sullo stato della sicurezza in Italia" anno 2001) sono quei reati per i quali solo per una parte di essi i cittadini possono chiedere legittimamente l'intervento delle Forze di Polizia allo scopo di perseguirli. 17 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia In questa prima parte del dossier, Legambiente ha cercato di misurare nelle dieci città individuate dalla ricerca, l’entità del danno economico causato dal vandalismo e la disponibilità dei cittadini a denunciare tali reati. 1.1.2 Danni economici del vandalismo Il vandalismo incide sulla qualità della vita dei cittadini, ma anche sulle risorse delle amministrazioni comunali, che per i danneggiamenti devono spendere cifre consistenti sottraendole ad altri più importanti settori. Già con la prima edizione del Rapporto del 2001, abbiamo tentato di mettere in luce le conseguenze del vandalismo sui beni pubblici, circoscrivendo l'indagine solo su alcuni di essi. Quest'anno abbiamo proseguito e intensificato la nostra indagine, attraversato l'Italia dal Nord al Sud, scoprendo che ancora poco si sa del fenomeno e che molto ci sarebbe da fare. La scelta delle dieci città campione è caduta sulle cinque grandi metropoli sopra i 500 mila abitanti (Milano, Torino, Roma, Napoli, Palermo), su tre città di medie dimensioni (Bologna, Reggio Calabria, Livorno) e su due centri al di sotto dei 100.000 abitanti (Ancona, Pavia). Ciò che rende Livorno e Pavia candidate ideali è l'adesione al programma Agenda XXI per lo sviluppo sostenibile, una svolta decisiva nel modo di concepire le politiche amministrative di una città nei suoi tre contesti di riferimento: economico, sociale, ambientale. Vista l'impossibilità di monitorare l'intero universo dei beni di pubblica utilità, Legambiente ha raccolto i dati dei danneggiamenti utilizzando schede di rilevazione riferite al verde pubblico e alle aree gioco attrezzate, ai mezzi pubblici, ai cassonetti e alle attrezzature per la raccolta rifiuti, agli edifici scolastici. Tabella 1 - Classificazione tipologica del danno e dei beni Soggetti contattati Assessorati all'Ambiente Azioni Danneggiamento Trasporti pubblici Danni (rotture vetri, specchietti, sedili) e imbrattamento Nettezza urbana Danni e incendio Assessorati Scuola (comune e provincia) Danni e incendio, imbrattamento Bene pubblico Tappeto erboso e arredi vari: panchine, aree gioco, cestini, recinzioni Bus, treni, stazioni e paline delle fermate Cassonetti, campane r.d., cestini Beni vari (sedie, cattedre, banchi, lavagne, attrez. palestra, servizi igienici), imbrattamento. Dalla ricerca emerge innanzitutto che i dati non sono stati raccolti secondo uniformi criteri di acquisizione, perché è del tutto possibile e anche ammissibile che ogni ente interpellato abbia condotto le varie rilevazioni nel modo più rispondente alle proprie esigenze, secondo il contesto sociale in cui è costretto ad operare e in armonia con il proprio livello organizzativo. Va tenuto conto che la maggior parte dei dati, riferiti ai danni inferti ai beni sostituiti e bonificati, non proviene da vere e proprie statistiche ma da semplici stime. Inoltre non è sempre facile catalogare un danno come conseguenza di un atto vandalico, anziché come dovuto al deterioramento “fisiologico” del bene. 18 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Sarebbe auspicabile la statuizione di un protocollo comune, sul quale basare i rilevamenti, le valutazioni dei danni e dei relativi costi, la catalogazione delle tipologie e una seria analisi degli impatti sociali. Sarebbe altresì importante l’impostazione, almeno teorica, di strategie dirette a contenere il fenomeno. Intanto è importante sottolineare che il danno economico è rilevante: circa 8 milioni di Euro nell’ultimo biennio in sole dieci città. Questo il dato reale che sicuramente sarebbe ben maggiore se la ricerca fosse stata condotta nei 103 comuni capoluogo di provincia, tra i più importanti degli 8000 comuni italiani o, soprattutto, se le amministrazioni interpellate gestissero questi dati in modo più ordinato e sistematico. Solo Roma ha effettuato un ampio e interessante documento sul fenomeno, dal titolo "I costi degli atti vandalici a Roma" realizzato a cura dell'Autorità per i Servizi Pubblici Locali del Comune di Roma . Un atto significativo che può aiutare meglio la pubblica amministrazione a mettere in campo misure preventive e di ripristino. I danni maggiori si registrano per il verde pubblico e le aree gioco attrezzate, per i cui danneggiamenti le dieci città monitorate hanno speso complessivamente 4 milioni e 520 mila Euro. Seguono i danni causati alle attrezzature per la raccolta rifiuti (2.444.000 Euro), ai mezzi pubblici di trasporto e relative attrezzature (658.000 Euro) e agli edifici scolastici (277.000 Euro). Bisogna segnalare quanto sia stato difficile raccogliere dati dai comuni sui danneggiamenti relativi alle scuole: sette città (Roma, Napoli, Palermo, Bologna, Reggio Calabria, Livorno, Pavia) in questo settore non hanno fornito dati. Tabella 2 - Danno economico complessivo provocato dal vandalismo nelle dieci città analizzate da Legambiente. Dati in Euro Città campione Roma Milano Napoli Torino Palermo Bologna Reggio c. Livorno Ancona Pavia Totale Abitanti Verde pubblico Scuola 2000 2001 2000 2001 2.646.408 n.d. 464.811 n.d. 1.307.785 1.549.371 2.000.000 33.000 19.200 1.020.120 n.d. n.d. 909.717 129.114 129.114 71.008 77.844 686.551 n.d. n.d. 382.006 n.d. 154.937 n.d. 179.919 16.500 16.500 n.d. 162.321 9.150 9.150 n.d. 98.566 15.494 8.263 25.000 50.000 74.290 n.d. 17.750 n.d. 1.719.629 2.800.525 129.008 147.044 Trasporti Pubblici Nettezza Urbana 2000 2001 103.000 183.000 n.d. n.d. 43.899 59.393 n.d. 12.687 18.153 7.600 10.000 105.874 105.874 4.183 4.596 Trascurabile 277.243 381.016 2000 2001 576.860 790.200 84.182 37.300 n.d. 282.843 24.122 35.587 137.900 92.800 122.900 140.400 n.d. 29.955 23.241 21.940 24.560 n.d 20.650 997.859 1.447.581 Fonte: Elaborazione Legambiente su dati pervenuti dai soggetti contattati. 1.1.2.1 Atti contro natura: il danno al verde pubblico "Manomissioni a carico del verde sono fatti quotidiani e come tali, a parte singoli eventi di particolare gravità, non sono oggetto di rapporti o denunce, né di studi di stima. A livello indicativo si fa presente che nel corso dell'anno 2001, a fronte di un movimento di 13.400 piante arbustive, la metà circa è stata impiegata nella sostituzione di essenze distrutte intenzionalmente. Il costo della sola merce, escluso ogni altro onere, si quantifica in oltre 100 milioni di lire. E' pure sintomatico che per assicurare la necessaria sorveglianza notturna a garanzia di due parchi cittadini sono stati spesi l'anno 19 Tot. Bienno 00/01 2.117.871 3.723.053 282.843 570.081 230.700 449.077 50.600 283.244 154.036 38.400 7.899.905 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia scorso circa 500 milioni di lire". Questa la testimonianza del responsabile del Servizio Parchi e Giardini del Dipartimento Affari Generali del Comune di Napoli. Tale dichiarazione dimostra quanto sia difficile classificare un danno come atto vandalico vero e proprio. Spesso la responsabilità va attribuita a incuria, a gesti di quotidiana maleducazione, oppure a disattenzioni e imperizia di chi se ne deve occupare. Ritornando ai dati oggettivi acquisiti per gli anni 2000 e 2001, gli assessorati ambiente dichiarano quanto riportato nella seguente tabella. Risulta immediatamente evidente che le grandi città (sopra i 500.000 abitanti) sono soggette più di altre agli assalti vandalici al verde e soprattutto alle aree gioco destinate ai bambini. Tabella 3 - Raffronto dei danneggiamenti al verde pubblico avvenuti nel 2000 e 2001 Città campione Abitanti Num. arredi vari danneggiati 2000 2001 n.d. 7.822 8.000 6.809 n.d. 166 166 n.p. n.d. 200 75 75 150 n.d. 18.076 n.d. 40 Num. aree gioco danno complessivo danneggiate (in Euro) * 2000 2001 2000 2001 n.d. 300 n.d. 464.811 200 72 1.549.371 2.000.000 n.d. n.d. 33 33 129.114 129.114 n.p. n.p. n.d. n.d. 154.937 2 1 16.500 16.500 2 9.150 9.150 5.681 n.d. 15.494 8.263 n.d. 47 n.d. 17.750 5916 452 1.719.629 2.800.525 Roma 2.646.408 Milano (1) 1.307.785 Napoli 1.020.120 Torino (2) 909.717 Palermo 686.551 Bologna 382.006 Reggio C. (3) 179.919 Livorno (4) 162.321 Ancona 98.566 Pavia 74.290 Totale 7.467.683 * spesa complessiva compresi altri danneggiamenti Nota: n.d.= dato non disponibile (1) le cifre di spesa ai danni sono stimate. Per quanto riguarda la cifra del 2001 è desunta dall'articolo apparso sul Corsera del 3 aprile 2002 e successivamente dalle autorità competenti. (2) media su due anni (3) danno medio annuo (4) dati aggregati su 2 anni Qui di seguito elenchiamo alcune testimonianze raccolte da Legambiente nelle città oggetto della ricerca. A Roma lo studio sui costi degli atti vandalici, poco sopra citato, riporta alcuni dati significativi riguardanti altri indicatori, tra questi i costi complessivi affrontati per i danni inferti agli impianti di irrigazione (140.321,34 Euro), alla segnaletica (11.775,22 Euro), agli addobbi floreali e alle aiuole (26.339,30 Euro). Il settore Parchi e Giardini del Comune di Milano rende noto che due milioni di Euro (quasi 4 miliardi delle vecchie lire) sono stati spesi per ripristinare o sostituire gli arredi danneggiati nei parchi cittadini (panchine, recinzioni, cestini, fontanelle, archetti, giochi per bimbi e campi gioco, ecc.). Un andamento negativo, già anticipato nel nostro “Primo Rapporto sulla Cultura Civica” nel quale si stimavano i danni arrecati agli arredi del verde in circa un miliardo di lire l’anno. Nello stesso documento si legge inoltre: "A questo importo bisogna poi aggiungere gli oneri dovuti ad altre forme di inciviltà e di 20 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia cattivo uso cui sono assoggettati gli spazi a verde: furti di piante e fiori, diffusa abitudine di gettare al suolo ogni genere di rifiuto, danni ad alberi e cespugli e prati da parte di cittadini o da parte di imprese che installano sottoservizi, sosta di veicoli su aiuole, stato di sofferenza delle alberature nei luoghi in cui, per via della sosta di veicoli, vengono dispersi nel suolo piccoli quantitativi di olii e carburanti; l'importo di tali danni, pur di difficile valutazione, è quantificato dal Comune in circa 1,5/2 miliardi l'anno". Anche l'Assessorato al verde pubblico di Torino riporta un resoconto analitico delle manomissioni ma solo dei valori stimati, comunque esemplificativi dei comportamenti dei torinesi da bollare come “incivili”. L'ufficio competente del Comune di Bologna, si è invece limitato ad inviare i valori percentuali dei danni arrecati alle panchine e alle aree gioco danneggiate, attestandoli rispettivamente al 5% e al 3% sulla totalità degli arredi presenti in città. Nella città di Livorno l'Assessorato alle Politiche Ambientali stima nel biennio 2000/2001 la perdita del 7% degli arredi e il 5% delle strutture gioco presenti nei parchi e nei giardini della città, e, infine, la sostituzione di 100 panchine su un patrimonio esistente di 2.019. I 10 mila mq di verde pubblico di Reggio Calabria soffrono soprattutto dello sconsiderato utilizzo da parte dei cittadini, ma anche di un insufficiente servizio di manutenzione. L'Ufficio Ecologia del Comune di Ancona sottolinea che il fenomeno del vandalismo è molto limitato e pertanto poco censito. Ne è testimonianza il fatto che i danni al manto erboso sono raramente di natura vandalica: molto più spesso sono causati dal drenaggio delle acque o dal passaggio dei mezzi pesanti. Il Comune di Pavia non evidenzia importanti danni per quanto concerne gli arredi nei giardini, ma pone l'accento sui danneggiamenti provocati alle aree ludiche, le quali paiono essere i bersagli preferiti degli atti vandalici. 1.1.2.2 Il vandalismo a danno delle scuole Delle dieci città campione prese a riferimento nel nostro rapporto sulla Virtù civica, solo Ancona, Milano e Torino hanno dato risposta alla scheda relativa agli atti vandalici all'interno degli edifici scolastici comunali. La tabella pone in evidenza le diverse parti o strutture scolastiche interessate (vetri, muri, e servizi igienici) e le tipologie di danno (rottura, imbrattamento, distruzione e intrusione). Tabella 4 - Raffronto dei danneggiamenti avvenuti nelle scuole medie inferiori nel 2000 e 2001 2000 Città campione Milano Torino Ancona Abitanti 1.307.785 909.717 98.566 2001 Num. Vetri Metri quadri danneggiati imbrattati 200 457 9 15 571 3 Danni ai servizi igienici 10 516 2 intrusioni 21 Num. Vetri Metri quadri Danni ai servizi danneggiati imbrattati igienici 116 378 3 180 471 2 18 612 3 intrusioni Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Il Comune di Ancona, a completamento delle informazioni richieste, aggiunge nella classificazione dei danni sofferti, anche i furti di strumenti multimediali e il ritrovamento di siringhe all'interno dei giardini di pertinenza. Inoltre per la prevenzione di aree scolastiche maggiormente soggette ad atti vandalici, ha realizzato nell'anno 2001, interventi di illuminazione e di installazione di telecamere per una spesa complessiva di 7.120 Euro. Torino, invece, sottolinea, come ulteriore specificazione, la difficoltà riscontrata nella esatta rilevazione dell'origine vandalica del danno e la non completezza dei dati forniti; limite questo costituto dal fatto che l'Ente preposto alla manutenzione, il comune, non coincide con il soggetto che ne gestisce il servizio. A differenza di Torino e Ancona che hanno registrato tra il 2000 e il 2001 un aumento della spesa inerente ai danni (nel caso di Ancona, raddoppiata), Milano evidenzia, invece, un'inversione di tendenza, con una diminuzione di oltre 72 punti percentuali. Solo Torino, inoltre, ha fornito una quantificazione economica delle varie tipologie di eventi dannosi verificatesi nell'arco dei due anni; nel 2001 sono stati spesi 29.685 Euro per la riparazione di vetri danneggiati (contro i 27.354 del 2000), 9.001 Euro per l’imbrattamento di muri (rispetto agli 8.795 dell’anno precedente) e 40.158 Euro per i danni ai servizi pubblici (34.859 nel 2000). Tabella 5 - Raffronto dei costi economici degli atti di vandalismo nel 2000 e 2001 Città campione Abitanti Danno complessivo (in Euro) 2000 Milano Torino Ancona Totale 1.307.785 909.717 98.566 2.316.068 33.000 71.008 25.000 129.008 2001 19.200 77.844 50.000 147.044 1.1.2.3 I danni ai trasporti pubblici I trasporti pubblici giocano un ruolo fondamentale nel vivere quotidiano, e il danno vandalico risulta molto più evidente e riduce l'efficienza del servizio. La tabella e i commenti successivi possono dare un'idea abbastanza precisa del panorama, che riteniamo significativo, vista la quantità e la rilevanza degli atti di vandalismo. 22 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Tabella 6 - Raffronto dei danneggiamenti ai mezzi di trasporto pubblici e agli impianti avvenuti nel 2000 e 2001 Città campione Roma (1) Milano (3) Napoli Torino Palermo Bologna Reggio C. Livorno Ancona Pavia Abitanti 2.646.408 1.307.785 1.020.120 909.717 686.551 382.006 179.919 162.321 98.566 74.290 Danni ai mezzi Danni agli impianti 2000 2001 161 258 106 123 n.d. 25 32 873 297 Trascurabile 238 286 153 156 31 40 904 300 Variazione % 00/01 Danni ai mezzi Danni agli impianti 2000 2001 45,3% 10,9% 44,3% 26,8% 24,0% 25,0% 3,6% 1,0% - 5.360 3.803 (2) 238 114 n.d. 18 44 n.d. Trascurabile 20 30 228 163 30 30 Trascurabile Variazione % 00/01 29% -52,1% -52,1% 144,4% 50,0% -28,5% 0,0% - (1) solo mezzi di superficie (2) così ripartito: 1861 doghe danneggiate, 1101 doghe mancanti, 841 prismi danneggiati. (3) solo linee metropolitane; Nota: n.d.= dato non disponibile A Milano l'Atm denuncia il danno alla mobilità pubblica causato dalla sosta selvaggia e misurato con il numero di “incagli” dovuti dall'indisciplinato parcheggio di molte autovetture che bloccano la corsa di autobus, tram e filobus. Dal 1° gennaio al 1° novembre 2001 sono stati ben 3.245. L’azienda di trasporto milanese ha inoltre fornito dati relativi agli atti vandalici commessi sui mezzi e sugli impianti di superficie che sono i seguenti: 130 nel 2000 e 149 nel 2001. Un dato in crescita quindi. I servizi municipalizzati della città di Torino dichiarano che nel 2001 su 1250 mezzi pubblici in servizio, più del 12% ha subìto gravi danni. A Roma l'Atac sostiene che il costo per la collettività, nel 2001, è stato valutato ben sopra il milione di Euro. Inoltre, in una relazione fornita dalla Trambus capitolina, si evidenziano le tipologie di danno materiale, la perdita di "corse" (chilometri non percorsi) e la quantità di giornate lavorative saltate dagli autisti, vittime di vere e proprie aggressioni. La Trambus rileva che il bilancio del 2001 risulta negativo rispetto a quello dell'anno precedente: si è infatti passati da 545 a 739 fatti delittuosi, si sono perse 721 corse contro le 560 del 2000 e l'effettuazione di 484 corse limitate a fronte delle 304 sempre dell'anno precedente. Questo fatto ha provocato la mancata percorrenza di 8.801 Km., contro i 6.408 dell'anno scorso, valutati (al prezzo di Km/bus) in 31.730 Euro. Invece, sono in diminuzione i giorni di prognosi riconosciuti al personale aggredito, che passano da 310 a 239. Oltre ai danni causati ai mezzi si aggiungono reati di piccola criminalità che vanno dal furto al borseggio, fino ad arrivare alle molestie nei confronti dei viaggiatori, per un totale di 232 casi contro il 170 del 2000. Per quanto riguarda Napoli anche l’ANM denuncia un d’inciviltà e di violenza, per un incremento pari al 44,3% nel società Conerobus di Ancona afferma che nel corso dell'anno mezzi in attività ben 205, pari al 93%, sono stati imbrattati 23 forte aumento degli atti 2001 rispetto al 2000. La 2001 su un totale di 220 o gravemente danneggiati. Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia L'Atam di Reggio Calabria ha rilevato nell'arco del 2001 eventi vandalici effettuati su 35 bus, vale a dire sul 39% degli 89 mezzi in circolazione. L'Atl di Livorno fornisce dati separati relativamente agli imbrattamenti e ai veri e propri danneggiamenti. Su un complesso di 260 autobus nel 2001 ben 189 pari al 73% sono stati imbrattati. Invece, sempre nel 2001, gli episodi vandalici, tra gravi e meno gravi, sono stati 715. Infine per quanto riguarda Bologna e Pavia, i danni paiono essere irrilevanti. La Line di Pavia, in mancanza di dati sistematici, trasmette un documento nel quale riassume i pochi episodi vandalici subiti nel triennio (1999/2001), soprattutto legati agli imbrattamenti degli autobus, dei sedili e delle pareti, incisioni sui vetri dei finestrini. I costi per il ripristino di tali danni, dicono i responsabili delle aziende, sono marginali. I costi economici che le aziende di trasporto devono sopportare di anno in anno sono molto elevati e inesorabilmente in aumento, come è evidenziato dalla tabella 7. Al contrario di quanto comunemente si ritiene, sembrerebbe che i dati più negativi non si riscontrino soltanto nelle metropoli, ma anche in città di dimensioni come Livorno ed Ancona. Tabella 7 - Raffronto dei costi economici degli atti di vandalismo nel 2000 e 2001 Danno complessivo (in Euro) Città campione Variazione % 00/01 2000 2001 Roma (1) Milano Napoli Torino Palermo Bologna Reggio C. 103.000 n.d. n.d. 43.899 n.d. 12.687 7.600 183.000 Livorno Ancona Pavia Totale 105.874 4.183 Trascurabile 277.243 105.874 4.596 59.393 18.153 10.000 381.016 77,7% 35,3% 43,1% 31,6% 0,0% 9,9% 37% (1) Costi (manodopera e materiali) sostenuti solo per interventi su paline e prismi. Nota: n.d.= dato non disponibile 1.1.2.4 Danni alle aziende e alle strutture di raccolta rifiuti La nostra attenzione si è infine focalizzata sulle competenze delle aziende d’igiene ambientale, dalle quali dipendono la raccolta dei rifiuti e la pulizia del suolo. Interrogate sull'utilizzo dei cassonetti e dei gettacarta, collocati su tutto il territorio cittadino, hanno fornito alcuni dati interessanti. 24 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Tabella 8 - Raffronto dei danneggiamenti ai manufatti per l'igiene pubblica nel 2000 e 2001 Città campione Roma Milano Napoli Torino Palermo Bologna Reggio C. Livorno Ancona Pavia Cassonetti e campane Danneggiate 2000 Variazione % 00/01 2001 815 810 (1) 302 126 200 n.d. 58 55 n.d. Cestini danneggiati 1239 161 806 416 72 236 45 59 50 52,0% -80,1% 37,7% -42,9% 18,0% -22,4% 7,3% - 2000 Variazione % 00/01 2001 591 330 (1) 2 144 81 n.d. Trascurabile 12 n.d. 591 500 25 2 144 42 0,0% 51,5% 0,0% 0,0% -48,1% 3 100 -75,0% - (1) I dati relativi al 2000 sono assenti in quanto l'azienda, costituita a Maggio del 1999, ha avviato i servizi a partire da Giugno 2000 Nota: n.d. = dato non disponibile L'Ama di Roma dà notizia delle denunce presentate nel 2001 relative agli incendi di cassonetti: 106 senza danni a terzi e 25 con danni a terzi. I dati forniti dall'Amsa di Milano rilevano un calo significativo nel 2001 degli eventi negativi sui cassonetti condominiali, sulle campane per la raccolta del vetro e della carta e sui cestini stradali. Per esempio i cassonetti incendiati, rubati o danneggiati sono stati 730 nel 2000 contro i 123 dell'anno successivo, pari ad un calo dell'83%. Comunque danni relativamente bassi se riferiti ai 135.000 contenitori condominiali dislocati sul territorio comunale. I dati dell'Asia di Napoli sono parziali e relativi solo al 2001, perché la società che gestisce i servizi e le attrezzature è di recente costituzione e da poco operativa. L'Amiat di Torino, oltre ai dati numerici ed economici, comunica i rilevamenti del sistema di monitoraggio dei servizi che sottolineano soprattutto lo scorretto utilizzo dei contenitori. Per esempio, per quanto riguarda la raccolta dei rifiuti, il 43% dei cittadini utilizza in modo scorretto i contenitori, mentre la percentuale nel 2000 era del 37,4%. Sempre nel 2001 il 25,89% dei torinesi ha usato impropriamente i cestini stradali, mentre nel 2000 la percentuale era dell'8%. Un dato più confortante arriva dalla raccolta differenziata: nel 2000 il 68,5% dei cittadini non seguiva le regole dettate dal Comune mentre la percentuale è sensibilmente calata fino al 46,32% nel 2001. Buoni i dati che ci giungono dall'Amia di Palermo, che segnala un calo del numero di campane danneggiate, 126 nel 2000 contro le 72 nell'anno successivo (pari ad un -43%), e di conseguenza un risparmio effettivo per l'Amministrazione Comunale del 33%. Anche la Seabo di Bologna dichiara di aver subito atti vandalici con alcune variazioni interessanti nel 2001 rispetto l’anno precedente. Nel 2001 si registra, infatti, un netto calo (- 48%) nel numero dei cestini danneggiati ed una crescita (18%) dei cassonetti e delle campane violate. L'azienda municipalizzata di Reggio Calabria rende noto che una ventina di cassonetti sono stati bruciati in occasione di uno sciopero degli operatori della nettezza urbana, svoltosi nell'estate del 2000. L'azienda testimonia, inoltre, i numerosi rifiuti ingombranti abbandonati nelle vicinanze dei cassonetti per la raccolta degli RSU, nonostante sia 25 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia stato attivato dal Comune un servizio di raccolta a domicilio. L’azienda evidenzia inoltre una forte abitudine da parte di molti cittadini di scaricare i rifiuti ingombranti sui greti dei torrenti. I dati del 2001 non sono disponibili perché la gestione del servizio è da poco passata ad un’azienda privata. Nella città di Livorno nel 2001 sono diminuiti i danneggiamenti alle campane per la raccolta del vetro e della carta, grazie al progetto di "Raccolta Differenziata" che gradualmente sostituirà i vecchi contenitori con cassonetti laterali. Ad Ancona, l’azienda Anconambiente comunica che nel 2001 sulla totalità dei contenitori pubblici di rifiuti distribuiti sul territorio, non sono stati superati i 62 eventi vandalici. L’Asm di Pavia, mentre rileva che nel 2001 nessun cassonetto per la raccolta indifferenziata ha subito danni, allo stesso tempo registra la rottura di 50 campane, per la raccolta del vetro e della carta, su 600 complessivamente installate. Tabella 9 - Raffronto dei costi economici degli atti di vandalismo nel 2000 e 2001 Città Campione Roma Milano Napoli (1) Torino Palermo Bologna Reggio C. Livorno Ancona Pavia Totale Danno complessivo (in Euro) 2000 variazione % 00/01 2001 576.860 84.182 n.d. 24.122 137.900 122.900 29.955 21.940 n.d 997.859 790.200 37.300 282.843 35.587 92.800 140.400 n.d. 23.241 24.560 20.650 1.447.581 37,0% -55,7% 47,5% -32,7% 14,2% -22,4% 11,9% 45% (1) I dati relativi al 2000 sono assenti in quanto l'azienda, costituita a Maggio del 1999, ha avviato i servizi a partire da Giugno 2000 Nota: n.d. = non è disponibile il dato 1.1.3 Disponibilità a denunciare e fiducia nelle istituzioni Dopo i rilievi sulla reale situazione nei vari settori contemplati dalla ricerca, ci è sembrato utile definire il disegno nazionale del fenomeno attraverso l'esame dei dati ufficiali. Non esistono tracce statistiche sul "vandalismo" e sul "disordine sociale" che questi comportamenti determinano. Bisogna cercare sotto il termine "danneggiamento" per recuperare alcuni dati sui quali è utile riflettere. Questi dati consentono di misurare anche il livello di fiducia dei cittadini nei confronti dei soggetti deputati a contenere e a debellare tali comportamenti, come le forze dell’ordine e la magistratura. I rilevamenti, secondo le statistiche giudiziarie dell'ISTAT (dati forniti dalle Procure di tutta Italia), riguardano tutte le denunce relative ai reati di danneggiamento commessi nei confronti di cose, animali e terreni, ecc. Nel leggere questi dati è necessario tenere in considerazione alcuni aspetti. Innanzitutto i numeri riportati si riferiscono solo a quei reati per i quali le procure hanno ricevuto querele o denunce. Tutti gli altri atti violenti o reati commessi ai danni di cittadini, beni privati o beni pubblici, per i quali non è 26 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia inoltrata querela o non interviene autonomamente la forza pubblica, non appaiono nelle statistiche. E' questa la cifra oscura del vandalismo, delitti cioè non denunciati per sfiducia o indifferenza; fatto questo che accresce progressivamente la probabilità di impunità per grandi e piccoli criminali. L'andamento dei reati di danneggiamento dal 1999 al 2000 (non sono ancora disponibili quelli del 2001) evidenzia un calo del 15%. Questa flessione purtroppo non è indicativa di una diminuzione del vandalismo e della fiducia dei cittadini nelle istituzioni, ma, come dice Mario Greco dell’ISTAT, è attribuibile alla riorganizzazione presso gli uffici giudiziari dei sistemi informatici e all’introduzione del giudice unico. Solo alcune procure si sono adeguate più velocemente alle nuove norme producendo dati completi. Tabella 10 – Denunce, delitti per i quali l’autorità giudiziaria ha iniziato l’azione penale – Anno 1999/2000. Specie di delitto 1999 In totale Invasione di terreni o edifici Danneggiamento Danneggiamento di sistemi informatici e telematici Deviazione di acque e mod. dello stato dei luoghi Turbativa violenta del possesso di cose immobili Ingresso abusivo nel fondo altrui Danneggiamento o uccisione di animali altrui Deturpamento e imbrattamento di cose altrui Altri Totale 2000 autori ignoti Var. % 99/00 % autori In totale autori % autori ignoti ignoti ignoti 8.978 258.445 123 2.075 249.353 101 23% 8.224 2.112 96% 218.637 209.292 82% 58 41 26% 96% 71% -8% -15% -53% 527 140 27% 498 170 34% -6% 130 76 58% 127 90 71% -2% 180 118 66% 177 125 71% -2% 2.740 2.603 95% 2.587 2.463 95% -6% 3.059 1.312 43% 2.031 873 43% -34% 3.062 274.182 2.073 255.778 68% 2.123 836 93% 232.339 215.166 39% 92% -31% -15% Fonte: Elaborazioni Legambiente su dati ISTAT Dalla lettura dei dati disponibili si deduce che i reati effettivamente denunciati sono più numerosi nelle grandi città. Infatti, dai dati ISTAT appare evidente che le città con oltre 500 mila abitanti (metropoli come Milano, Roma, Napoli e Palermo) sarebbero le più colpite da azioni vandaliche denunciate, mentre nelle città come Pavia e Ancona, cioè con una popolazione dai 50 ai 100 mila abitanti, si rileva un numero più basso di segnalazioni. Emerge inoltre un numero significativo di querele presentate nei comuni capoluogo aventi un numero di abitanti compresi tra 100.001 e 250.000 rispetto a quelli compresi tra 250.001 e i 500.000 abitanti. Questo andamento non è giustificato in termini assoluti ma se pensiamo che il primo gruppo raccoglie la popolazione di 28 città pari a 4.305.199 di abitanti mentre il secondo ne comprende sei per un totale di 1.905.414 cittadini la tendenza appare più che comprensibile. La stessa analisi, effettuata sulle nostre dieci città campione, suggerisce nuove valutazioni sul comportamento degli Italiani di fronte a questo reato. 27 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia A Torino e a Bologna si è registrato un calo rispettivamente del 76% e dell’82% per i motivi prima ricordati legati alla riorganizzazione informatica degli uffici giudiziari, ma a Milano e a Roma, invece, l’aumento è stato dell’8 e del 15%. Tabella 11 - Denunce dei reati di danneggiamento - Anno 1999-2000 Città campione Torino Milano Roma Napoli Palermo Reggio C. Pavia Bologna Livorno Ancona 1999 30.484 28.811 16.567 9.950 4.063 3.283 2.898 2.442 1.883 1.093 2000 Var. % 99/00 7.224 -76% 31.205 8% 19.077 15% 5.371 -46% 4.147 2% 3.105 -5% 2.369 -18% 443 -82% 1.667 -11% 771 -29% Fonte: Elaborazioni Legambiente su dati ISTAT La riorganizzazione informatica, citata dall'ISTAT, può spiegare i grandi cali. Non spiega però i cali più ridotti. Ad esempio quelli delle denunce per reati di danneggiamento registrati a Napoli, Reggio Calabria, Pavia, Livorno e Ancona, possono essere letti come una specie di rassegnazione: una percezione dell’ineluttabilità di certi fenomeni e soprattutto un riconoscimento che per questo tipo di reati non esistono efficaci metodi preventivi e investigativi, in grado di intercettarli preventivamente, di contenerli e di punirli. Ciò sembra ancora più vero se si considerano i livelli di difficoltà da parte delle forze dell’ordine, legati all’accertamento delle responsabilità di tali reati. Nel 2000 nelle dieci città prese in esame dalla ricerca, mediamente più dell’80 per cento degli autori risultano ignoti. Tabella 12 – Delitti e denunce per i quali l’Autorità giudiziaria ha iniziato l’azione penale commessi nelle dieci città campione – Anno 1999/2000 Città Torino Milano Roma Napoli Palermo Reggio Calabria Pavia Bologna Livorno Ancona 1999 In Totale 2000 Autori ignoti % di autori ignoti In Totale autori ignoti 30.484 28.811 16.567 9.950 4.063 3.283 2.898 2.442 1.883 1.093 30.171 28.485 15.476 7.708 3.369 2.846 2.818 2.255 1.815 1.033 Fonte: Elaborazioni Legambiente su dati ISTAT 28 99,0 98,9 93,4 77,5 82,9 86,7 97,2 92,3 96,4 94,5 7.224 31.205 19.077 5.371 4.147 3.105 2.369 443 1.667 771 6.916 30.714 17.469 3.757 3.371 2.703 2.283 280 1.581 687 % autori ignoti 95,7 98,4 91,6 69,9 81,3 87,1 96,4 63,2 94,8 89,1 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Il vandalismo sale in carrozza Secondo i dati forniti da Trenitalia, i danni alle stazioni ferroviarie italiane provocati da atti di vandalismo ammontano per il 2001 a poco meno di 10.000 Euro, circa 20 milioni di vecchie Lire. Nel 2000 il danno complessivo sarebbe stato di circa 12.000 Euro, nel 1999 di circa 15.000 Euro. Come si può facilmente capire, si tratta di cifre molto parziali e in larga parte poco affidabili. Come sottolinea anche il Dottor Fiumara di Trenitalia nell’intervista di questo box, finora è mancata una vera radiografia del vandalismo sui treni e nelle stazioni da parte delle Ferrovie dello Stato. Uno degli obiettivi della Polfer sarà appunto il monitoraggio degli atti vandalici a danno delle ferrovie italiane. Dottor Franco Fiumara, quali sono gli atti di vandalismo più rilevanti che vengono commessi sui treni e nelle stazioni ferroviarie italiane? In Italia gli atti di vandalismo più frequenti sono l’imbrattamento delle stazioni, i graffiti sui treni e la rottura dei vetri delle stazioni incustodite e dei convogli. Qual è la situazione italiana rispetto a quella europea? Direi che la situazione nel nostro Paese è in linea con quella europea. E’ però difficile fare confronti per due motivi. Innanzitutto bisogna ricordare che la nostra è una delle reti ferroviarie più estese in Europa ed è difficile fare un confronto quantitativo con reti che possono essere anche notevolmente meno estese. Poi ciascun paese ha le proprie peculiarità che dipendono da questioni sociali. Ci può fare alcuni esempi? Nei paesi del nord Europa, Germania, Inghilterra e Olanda in primo luogo, si fa un uso massiccio di alcolici soprattutto nei fine settimana. Questo provoca un innalzamento notevole del numero di atti di vandalismo e di aggressioni al personale in questi paesi. Una causa di questo tipo di vandalismo non la si ritrova nel nostro paese. Un altro esempio è quello delle megalopoli e delle periferie urbane, le banlieu, delle grandi città europee: ogni anno nella sola Ile de France, la regione parigina, si verificano più aggressioni al personale che in tutta Italia. In qualche modo nel nostro Paese, per il momento, siamo quasi immuni dagli atti di vandalismo provocate da questo tipo di bande cittadine. In che modo la polizia opera per affrontare il problema del vandalismo? livello italiano ci stiamo organizzando per creare delle squadre per il monitoraggio degli atti di vandalismo in tutta Europa. Questo deve essere il punto di partenza. Fino a ora, infatti, avevamo dati molto parziali sugli atti di vandalismo nel nostro paese che non davano un quadro realistico di quella che è la realtà. A livello europeo abbiamo creato la Collaborazione Polizia Ferroviario, di cui sono il segretario Generale, per la cooperazione fra le Polizie di 21 stati europei. 29 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Seconda Parte Terzo Settore - Capitolo 1 La misura della partecipazione e della solidarietà in Italia e in Europa Fivol (Fondazione Italiana per il Volontariato) anno 2001: come cambia lo scenario del volontariato italiano, da partecipazione "militante" a intervento professionalizzato. Volontariato che si istituzionalizza perdendo appeal soprattutto nei confronti dei più giovani; per loro sempre più spesso una possibilità di entrare nel mercato del lavoro, in Italia come nella Comunità Europea. La classifica dei paesi europei con maggiori risorse umane impegnate nel Terzo Settore. Infine, dopo l'11 settembre, come cambia la disponibilità italiana alla solidarietà. Esempi di solidarietà: chi sul territorio, attivamente (Guardie Ecologiche Volontarie), chi al supermercato: la crescita dei consumi "equo-solidali". Nel Primo Rapporto sulla cultura civica del 2001, abbiamo "misurato" la partecipazione dei cittadini e delle cittadine italiani alla vita sociale e alla tutela e cura del bene pubblico e collettivo, mettendo in rilievo l'emergere evidente di un patrimonio di organizzazioni e istituzioni che, a tutto campo e con professionalità crescente, si occupano della cosa pubblica, del bene collettivo, grazie alla mobilitazione di centinaia di migliaia di persone. In assenza di dati di confronto relativamente alle ricerche sulla partecipazione considerate nel "Primo Rapporto sulla Cultura Civica", la cui elaborazione prevede un periodo più lungo di un anno, abbiamo voluto dare rilievo, per questa nostra analisi relativa all'anno 2001, ad uno degli ambiti più significativi di attivazione dei cittadini per il bene collettivo e per la solidarietà: quello del volontariato. Un volontariato, fotografato dalla Fivol (Fondazione italiana per il volontariato), che si sta "...svolontarizzando, desocializzando, diventando pubblico o privato. Sospeso fra impresa e istituzione..."; che, nell'"istituzionalizzarsi" perde di attrattiva per i giovani. Ma anche un volontariato non più centrato su una matrice di stampo religioso, poco professionalizzato e "militante". Anzi, la fotografia scattata ci mostra un mondo in evoluzione rapidissima, ove le richieste del mercato e del pubblico incidono sulla nuova offerta di servizi, creando spazi di azione per il Terzo Settore: luoghi non più "suppletivi" di un'azione pubblica carente, ma occasioni di produzione di beni e servizi alla collettività e alla persona che richiedono sempre maggior qualificazione, professionalità, efficacia ed efficienza; insomma vere e proprie "imprese", anche se sociali, conquistano la scena di questo nuovo millennio di impegno sociale e partecipazione civile. Ma non ci siamo fermati qui. Abbiamo voluto confrontare i nuovi dati sul volontariato con alcuni emersi dal Primo censimento italiano delle istituzioni non profit a cura di ISTAT e presentato nell'anno 2002. Anche se relativo a dati del 1999, ci è parso documento di confronto molto importante per la rilevazione ottenuta grazie alla 30 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia collaborazione diretta delle organizzazioni e alla rappresentatività dell'intero territorio nazionale, per la prima volta sondato realtà per realtà. La partecipazione alla "cosa pubblica" italiana è stata poi confrontata con quella europea, grazie ad una ricerca realizzata dalla Comunità Europea, che analizza i paesi con maggiore presenza di risorse umane mosse dal tessuto sociale europeo, stilandone una sorta di classifica. Risorse umane che risultano essere consistenti all'interno delle diverse realtà degli stati membri; ma che si configurano sempre più come persone che intraprendono un percorso nel Terzo Settore, in quanto vera e propria opportunità formativa e di inserimento lavorativo; laddove giovani e disoccupati di lungo periodo, fasce deboli escluse dal mercato comunemente inteso in particolare, paiono trovare diffusamente, attraverso le attività di impegno civico e volontariato, occasioni per imparare ed entrare nel mercato del lavoro. Infine abbiamo dedicato le ultime riflessioni ad un tema che ci sembrava emergere con prepotenza: e cioè la partecipazione degli italiani e delle italiane dopo quel tragico 11 settembre che sembra aver cambiato la fisionomia della solidarietà internazionale. Nel sondaggio emerge come una quota consistente di italiani dichiari di aver fatto una donazione per cause di solidarietà negli ultimi anni; solidarietà destinata in prevalenza ad aiuti medici e alle vittime di guerra. Disponibilità ampia a fronte di una contrazione che anche in questo caso appare evidente, nel numero di potenziali volontari, delle persone intenzionate ad impegnarsi per un congruo periodo di tempo ad un progetto di sviluppo dei Paesi poveri, mentre poco meno della metà della popolazione è oggi disponibile a forme di partecipazione "una tantum" ad iniziative di solidarietà. Infine, la propensione alla mobilitazione risulta avvenire attraverso canali di comunicazione quali la televisione: una causa appassiona solo sin a che resta all'attenzione di tv e giornali. A conclusione, un nuovo aspetto che ci è parso molto interessante, è quello giovanile: crisi della partecipazione e desiderio di rimanere "ai margini" della vita sociale attiva; prediligendo ambiti sportivi o amicali; relegando agli ultimi posti valori collettivi come l'impegno politico e la partecipazione alla vita pubica. Ma anche mondo giovanile, quello italiano, per il quale l'attivarsi in organizzazioni di Terso Settore costituisce sempre più opportunità formativa e di inserimento nel mondo del lavoro. 2.1.1 Partecipazione dalla militanza all'impresa sociale: il volontariato alla luce di un'indagine recente realizzata dalla Fivol. Un'interessante analisi, relativa al 2001, introduce nuove chiavi di lettura sul fenomeno del volontariato e significativi spunti di riflessione sul mondo della partecipazione volontaria, in forte mutamento. E' compiuta dalla Fivol (Fondazione Italiana per il Volontariato), presentata nel giugno 2002 e analizza 13.095 organizzazioni di volontariato attive sul campo, tra le circa 26.400 stimate. Condotta con un questionario inviato alle organizzazioni previamente identificate e monitorato a distanza per ottenere il massimo ritorno di informazione, l'indagine ha portata nazionale e consente un'analisi nuova ed attualissima dei processi in atto nel mondo del volontariato organizzato italiano. Il volontariato organizzato registra in generale una crescita del 13% per numero di associazioni negli ultimi anni, mentre appare in atto un processo di professionalizzazione, con l'inserimento di operatori remunerati (nel 1997 le unità dotate di personale remunerato costituivano il 12,3% del totale, nel 2000 raggiungono il 20%, 22% se si considerano le consulenze occasionali pagate) e relativamente a organizzazioni che operano sempre più in un ambito professionale di servizio, in convenzione, con standard prefissati per la gestione e con requisiti sempre più 31 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia vincolanti legati alla qualità. Trattasi, come espresso da Ilvo Diamanti su "La Repubblica" del 30 giugno 2002 - E in Italia crescono i volontari di Stato - " "...di nuovi modelli di governance nei quali il "governo" diviene terreno aperto e non più "prerogativa specifica ed esclusiva dello Stato e delle sue articolazioni...". Percorso che gli studiosi di scienze sociali hanno da tempo iniziato ad analizzare nelle diverse forme del cosiddetto welfare-mix. Forme di partecipazione nelle quali lo Stato mantiene un ruolo importante, ma non più esclusivo, che apre a nuovi terreni di intervento, ma che contemporaneamente "appesantisce" la società così come il volontariato. Un volontariato che si sta "...svolontarizzando, desocializzando, diventando pubblico o privato. Sospeso fra impresa e istituzione...". Un elemento infatti che pare emergere con grande forza dall'indagine Fivol è quello relativo alla difficoltà, per il volontariato, di coniugare "l'anima associativa con l'efficienza gestionale (identità e servizio) e di risolvere il dilemma tra il privilegiare la tenuta dei valori autofondativi o l'assecondare opportunità di crescita in complessità organizzativa e gestionale, con la necessità di segnare il passo di fronte alla preminente importanza di manager e operatori remunerati che dettano gli obiettivi dell'organizzazione sempre più orientata verso l'efficienza tecnica e quindi verso il modello di impresa sociale". 14 organizzazioni su 100 vedono la prevalenza del lavoro remunerato su quello gratuito e, tra le altre cose, compromesso uno dei requisiti di legge di appartenenza al volontariato.. Le organizzazioni di volontariato risultano, diversamente rispetto al passato e alle analisi raccolte nel Primo Rapporto sulla cultura civica in Italia, meno autonome e svincolate dal pubblico, aderendo al settore pubblico in senso più stretto. Tre su quattro risultano iscritte ai registri istituiti dalle regioni, modificando anche il quadro delle risorse in entrata che divengono sempre più caratterizzate da contributi pubblici. "...Anche il finanziamento pubblico diventa l'entrata prevalente per una quota più elevata di organizzazioni: ne era dipendente il 25% nel 1996 (bilancio annuale) e il 42% nel 2000. I contributi costituiscono ancora la modalità di finanziamento più importante (usufruiti dal 48% delle unità) e precedono le entrate da convenzioni o corrispettivi di servizi resi dal volontariato (35%), mentre le entrate per progetti finanziati alle organizzazioni di volontariato riguardano non più dell'8% delle unità esaminate. E' evidente la ancora scarsa propensione a lavorare per progetti nel mondo del volontariato...". L'83,6% delle unità esaminate dichiara di avere avuto nel 2000 una collaborazione operativa con servizi e uffici pubblici oppure di operare in convenzione o di aver acquisito un finanziamento da enti locali. Nel 1997 erano il 71,6%. Appare in crescita soprattutto la propensione ad un rapporto di integrazione (convenzionamento+collaborazione) rilevata con un apposito indice che attesta come 6 unità su 10 siano significativamente connesse con il pubblico, mentre solo il 6,3% manifesta un reale distanziamento dal pubblico. Inoltre le associazioni dotate di personale retribuito sono quasi raddoppiate negli ultimi 5 anni passando da un 12% ad un 22% del totale. Un mondo, quello del volontariato fotografato dalla ricerca Fivol, che coinvolge circa 5 milioni di persone, tra cui 1 milione di volontari e mezzo milione di "militanti". Occupa circa 50 mila persone retribuite in modo diverso (dipendenti, collaboratori...). "...Si può stimare che i volontari presenti nelle 26.400 organizzazioni ammontino a circa 950.000 unità e la maggioranza di essi - il 58% - vi opera assiduamente fornendo il proprio apporto con continuità. Appare una crescita delle organizzazioni negli ultimi 4 anni (+14,2% tra il 1997 e il 2000) ma non di volontari, almeno di quelli attivi in maniera assidua: basti pensare che nel 30,9% delle organizzazioni di volontariato esaminate non vi sono più di 5 militanti e complessivamente nel 56,5% dei casi le persone attive non superano complessivamente le 10 unità. 32 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Il dato medio dei volontari per organizzazione nel 2000 è di 21,7 unità ma la mediana è 10...". In 3 organizzazioni su 10 i volontari attivi continuativi sono meno di 6 e nella maggioranza – 56,5% - non superano le 10 unità. Il numero medio di volontari per attivi risulta drasticamente calato: da 34 nel 1997 a 22 nel 2000. Fotografia di un volontariato - sempre dai contributi di Ilvo Diamanti - che perde volontari mentre al suo interno aumentano i professionisti; che perde il rapporto con i giovani e invecchia (i volontari assidui sono collocati prevalentemente nella classe anagrafica di mezzo, 46-65 anni - per il 38,4% delle unità -; i giovani - al di sotto dei 30 anni- risultano prevalenti solo nel 8,3% delle unità). "..ciò avviene ...anche perché le associazioni di volontariato tendono, sempre più, ad essere percepite come istituzioni, imprese (per quanto "sociali"), organismi pubblici e paralleli...E i giovani, il cui rapporto con la politica e le istituzioni è particolarmente disincantato e "cinico" ... le vedono per questo distanti. Spesso come un'occasione di lavoro. Al pari di altre. Si può "lavorare" nel volontariato (o nel sindacato) come in un'azienda pubblica o privata. Lavorare come volontari piuttosto che come dipendenti o autonomi...". Infine, la principale collocazione delle organizzazioni di volontariato rimane nei settori del Welfare, quelli delle attività socio-assistenziali e sanitarie a cui appartengono 62 organizzazioni su 100. "...Questa componente diminuisce di 7 punti percentuali (70 su 100) rispetto al 1996 dando conto di un tendenziale allargamento dei campi di impegno del volontariato organizzato, in particolare nei settori della protezione civile, dell'educazione e della promozione sportiva e ricreativa. Si attenua il divario della solidarietà organizzata presente nelle diverse aree del Paese (il 53,3% delle unità indagate si colloca al Nord, a fronte del 47,9% della popolazione), con una riduzione della forbice tra Nord e Sud (e organizzazioni di volontariato costituitesi negli ultimi 5 anni (1996-2000) rappresentano il 22,3% nel Mezzogiorno e il 17,7% al Nord). "...è soprattutto l'esistenza di un tessuto civile ricco e di politiche sociali forti, più che emergenze sociali non compiutamente affrontate dallo Stato a sollecitare la crescita del volontariato..." Questo la chiave interpretativa dei ricercatori Fivol, che getta nuova luce sul fenomeno della partecipazione italiana. L'origine delle organizzazioni è sempre più connotata dall'iniziativa di gruppi di cittadini (45 su 100) che si organizzano per affrontare temi sociali e rispondendo ad esigenze dei propri soci e di categorie che rappresentano particolari condizioni; ma anche e sempre di più cittadini che si organizzano e strutturano con obiettivi di prevenzione, sensibilizzazione o intervento su tematiche legate al territorio, all'ambiente e alla qualità della vita. Per quanto attiene la matrice culturale e religiosa, l'indagine Fivol rileva una nuova matrice aconfessionale, quale espressione di una pluralità di possibili matrici ideali, valoriali e religiose nella stessa realtà organizzata. 44 unità su 100 si attribuiscono tale "laicità" o compresenza di una pluralità di ideologie e fedi; le "confessionali" passano dal 38,8% del 1997 al 28,7% del 2001, mettendo in luce un lento declino della componente confessionale che aveva invece ispirato largamente il movimento alle sue origini. Il dialogo con altre realtà del terzo settore con cui le organizzazioni di volontariato potrebbero ben integrarsi, risulta ancora basso; creando il rischio di diventare sostitutivo del pubblico il volontariato rischia di diventarlo del terzo settore, delle cooperative o imprese sociali. 33 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia 2.1.2 La "misura" del cambiamento: 1999, Primo censimento ISTAT sulle organizzazioni non profit in Italia. Il primo censimento italiano è stato realizzato da ISTAT ed avviato nel 1999. Nonostante i dati non siano relativi all'anno 2001, abbiamo ritenuto di riportarne alcuni stralci, i più significativi, perché spaccati di una realtà, quell'italiana, rilevata di organizzazione in organizzazione, con un lavoro minuzioso di "conteggio" della partecipazione alle attività - volontarie e non - all'interno delle realtà di Terzo Settore italiane (associazionismo, cooperazione, fondazioni, mutue....oltre, ovviamente al volontariato che riteniamo sia stato oggetto in questo capitolo di analisi esaustiva e aggiornata). Le organizzazioni non profit contavano in Italia, in base alla prima rilevazione censuaria ISTAT, 4 milioni di persone attive: persone cioè che partecipavano con attività professionali e non alla vita dell'organizzazione. Oltre 3 milioni di volontari, quasi 100mila religiosi, circa 30mila obiettori di coscienza; ma anche personale retribuito: 532mila dipendenti, quasi 80mila lavoratori con contratto ci collaborazione coordinata e continuativa, circa 18mila lavoratori distaccati da altri enti. Sempre in base all'indagine ISTAT, nel 1999 l'80,2% delle istituzioni utilizzava volontari, unica tipologia di risorse impegnata per il 70,1% dei casi. Solo il 15,2% per un totale circa di 532.000 addetti, si avvaleva di una quota pari all'8% di lavoratori dipendenti, perlopiù per la produzione di beni e servizi, e occupati a tempo pieno per l'88,1%. Il volontariato costituiva la risorsa umana più consistente nelle organizzazioni non profit: 3,2 milioni di persone nell'80% delle istituzioni. E ancora: le organizzazioni al nord operavano, in misura maggiore rispetto alla media, con tutte le tipologie di risorse umane tranne che dipendenti: volontari (81,8%) e lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (6,6%); mentre al centro risultava più diffuso il personale retribuito: dipendenti (18,7%), collaborazioni (6,7%), lavoratori distaccati da enti (2,1%). Al Sud, infine, i volontari costituivano l'unica tipologia di persona impiegate molto più frequentemente della media nazionale (80,7%). Scorporando i dati a livello regionale si notava una forte concentrazione di organizzazioni e di volontari in Lombardia (14,2% delle istituzioni e 19,8% dei volontari); nel Veneto (9,8% e 9,5%), in Emilia-Romagna (9% e 10,9%), in Toscana (8,5% e 9,5%) e in Piemonte (8,4% e 8,3%). Le quote minori si rilevano in Basilicata (0,5% e 0,4%), nel Molise (0,4% e 0,3%) e Valle D'Aosta (0,3% 0,3%). I settori di attività prevalente che occupavano un numero cospicuo di volontari, ma non di dipendenti risultavano essere: l'ambiente (88,3% delle organizzazioni operava con volontari e l'8,1% con dipendenti); la cooperazione internazionale (88,0% volontari e 14,1% dipendenti); la cultura, sport e ricreazione (85,2% volontari e 5,9% dipendenti); la filantropia e promozione del volontariato (83,6% volontari e 11,2% dipendenti). Per quanto attiene l'area dell'economia non di mercato dall'analisi della Prima rilevazione censuaria ISTAT, possiamo valutare l'entità dell'economia prodotta dalle istituzioni non profit in Italia con precisione: 73mila miliardi di lire il totale delle entrate di bilancio delle istituzioni non profit nel 1999, con un importo medio per istituzione di 331 milioni. I dati relativi alla Lombardia indicano entrate per il 25,4% del totale, quelle del Lazio pari a 23,9%; ultime posizioni per Valle D'Aosta e Molise per le quali le entrate costituivano lo 0,2% dell'intero ammontare. 34 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Guardie ecologiche volontarie, ricerca dell’Associazione Italiana di Sociologia Ecologia: azione e informazione. Potrebbe essere questa lo slogan delle Gev, le Guardie ecologiche volontarie, e della loro Onlus. Gevam (Guardie Ecologiche volontarie Associazione del Mediterraneo) non solo si occupa del controllo e monitoraggio di molte nostre zone verdi (soprattutto al centro-nord) ma promuove anche un’interessante newsletter di informazione, ricerca e legislazione ambientale (per informazioni www.gevam.it). Le guardie ecologiche sono state al centro recentemente anche di una ricerca dell'Ais (Associazione Italiana di Sociologia), sulle funzioni civiche del volontariato ambientale, curata dal professor Giorgio Osti dell'Università di Trieste. Tema: il senso civico del volontariato ambientale. L'indagine voleva evidenziare l’energia del volontariato come forza contraria del dilagante opportunismo del singolo nell'utilizzo delle risorse, ma anche alcune caratteristiche peculiari del volontariato ecologista: la predominanza del fare sul "dire" proprio di molto movimentismo classico di denuncia, l’azione del singolo contro un volontariato del gruppo e della socialità, la gratuità radicale. Emerge la figura di un volontario come "super cittadino": il cittadino con alto senso civico non solo rispetta le leggi e partecipa attivamente alla politica, ma opera direttamente per i diritti di tutti. L'ambiente, più di ogni altro “campo”, si presta magistralmente secondo i ricercatori ad essere un terreno di difesa dei diritti collettivi: è un bene indivisibile, è minacciato e bisognoso di tutela, rappresenta una solidarietà senza confini. Cos'è dunque la civicness secondo i volontari Gevam? L'analisi, per mezzo di questionari distribuiti in Emilia Romagna e Lombardia, parte da un loro identikit. L'81% delle Gev sono maschi, età media 48 anni, la maggior parte di loro vive in città, non ha una laurea, molti sono i pensionati. Rispetto ad analoghe ricerche effettuate sul totale degli italiani nelle stesse regioni, dunque, i volontari hanno più fiducia nel prossimo e meno si riconoscono nel cosiddetto “familismo”, per loro è meno importante invece l'attivismo nei partiti e il voto. Più alta rispetto all'italiano medio la fiducia nelle istituzioni pubbliche: le forze dell’ordine, il sistema sanitario, quello previdenziale e il parlamento. Le organizzazioni della società civile, includendo anche le imprese, godono invece di una minore fiducia rispetto alla media nazionale. Citiamo, fra tutte, le percentuali di risposte al seguente quesito: “Cosa significa, a suo avviso, essere cittadini in senso pieno oggi in Italia?”. Tra le opzioni proposte vince “rispettare le leggi” (84%), a seguire “lavorare con impegno” (72%), “impegnarsi per difendere i diritti dei più deboli” (63), “pagare integralmente le tasse” (59%), “andare a votare” (54), “fare volontariato” (53), “partecipare alle assemblee degli enti pubblici” (16), “essere attivi in un sindacato” (8). 2.1.3 La partecipazione in Europa: da una ricerca della Comunità Europea, fotografia di come le risorse umane muovono impegno civile ed economia in Europa I dati che presentiamo nell'analisi europea delle forme di partecipazione volontaria, sono tratti da una ricerca della Commissione europea sull'attività, promozione e sviluppo del Terzo Settore nel quinquennio 1994-1999. Nonostante il periodo precedente a quello considerato per il Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia, questo lavoro ci pare rappresentare un documento unico di monitoraggio e misura della partecipazione civile e sociale a livello europeo. Ne abbiamo tratto alcuni spunti utili alla nostra riflessione. 35 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia La Commissione ha realizzato lo studio delle associazioni utilizzando il metodo della somministrazione di questionari alle associazioni europee, mediante le organizzazioni di rappresentanza a Bruxelles e negli stati membri. Dei questionari inviati sono emerse circa 2.300 risposte. Con l'impiego dell'1,5% del suo bilancio, il Fondo Sociale Europeo risulta aver finanziato 81 iniziative sociali, coinvolgendo 500 organizzazioni con l'impegno di accrescere i finanziamenti nell'immediato futuro. La UE evidenzia il ruolo importante affidato ad associazioni e fondazioni nel settore dell'economia sociale perché "contribuiscono alla creazione di posti di lavoro, promuovono una cittadinanza attiva e la democrazia, forniscono una vasta serie di servizi, svolgono un ruolo importante nelle attività sportive, rappresentano gli interessi dei cittadini di fronte a varie autorità pubbliche e hanno una parte importante nella promozione e nella salvaguardia dei diritti umani, nonché un ruolo fondamentale nelle politiche di sviluppo". La maggior parte delle associazioni e delle fondazioni esercita almeno una delle seguenti funzioni: fornitura o prestazione di servizi (servizi sociali, assistenza sanitaria, formazione, ecc.); patrocinio (rappresentano o difendono una causa); auto-assistenza o mutua assistenza; risorse e coordinamento (enti intermediari che coordinano le attività delle singole organizzazioni che operano in taluni campi). Molte associazioni e fondazioni hanno dimensioni nazionali e internazionali; la maggioranza è attiva però in ambito regionale o locale. Più è limitata l'estensione geografica di un'organizzazione, più questa tende a svolgere funzioni molteplici e più difficile diventa individuare la funzione principale. Le associazioni e fondazioni insieme possiedono una notevole quantità di beni e mobilitano grandi risorse umane (sia retribuite che di volontariato). Come altre forme d’impresa, in particolare le piccole e medie imprese, sono economicamente attive nel vero senso del termine: vendono prodotti o prestano servizi e reinvestono i guadagni. Il contributo del settore all'economia è considerevole; l'entità di tale contributo è stata recentemente rivelata dai risultati della prima seria indagine comparativa del settore in quattro Stati membri: Regno Unito, Francia, Germania e Italia, eseguito sotto l'egida della John Hopkins University di Baltimore (USA) e i dati risultano molto significativi. Lo studio afferma che: ?? in Germania il 3,7% degli occupati e il 10% degli occupati nel settore dei servizi lavorano per le associazioni e fondazioni; più di un milione di persone. Le organizzazioni senza fini di lucro sono particolarmente importanti nel campo della sanità, dove forniscono il 40% dei giorni d’ospedalizzazione e il 60% delle strutture residenziali d’assistenza; ?? in Francia il 4,2% degli occupati e il 10% degli occupati nei servizi lavorano nel settore, ossia circa 800.000 persone. Le organizzazioni senza fini di lucro si occupano di più della metà degli assistiti in strutture residenziali e di circa il 20% degli studenti della scuola primaria e secondaria; sono particolarmente numerose nel settore dei servizi sociali e nello sport (l'80% delle persone interessate allo sport fanno parte di associazioni senza fini di lucro); ?? in Italia quasi il 2% degli occupati e più del 5% degli occupati nei servizi lavorano per questo settore; nel complesso le organizzazioni danno lavoro a circa 400.000 persone prevalentemente nel settore dei servizi sociali. Le organizzazioni senza fini di lucro gestiscono il 20% delle scuole materne e più del 40% delle strutture residenziali di assistenza; ?? nel Regno Unito il 4% degli occupati e più del 9%degli occupati nel settore dei servizi lavorano per le associazioni e le fondazioni, ossia circa 900.000 persone. Il settore svolge un ruolo importante nel campo dell'istruzione: tutti gli istituti 36 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia universitari e il 22% delle scuole elementari sono gestiti da organizzazioni senza scopo di lucro. Seppure non sia dato sapere con precisione quante persone facciano parte di associazioni nell'Unione Europea, potendosi basare sulle stime che indicano in alcuni stati membri la consistenza di un terzo o della metà della popolazione, la Comunità europea suppone che siano in Europa, nel 1999, circa cento milioni di persone. Il mandato sociale del Terzo settore è importantissimo. Le associazioni sono per la maggior parte piccole e spesso hanno un numero esiguo di associati. Il 40% delle associazioni del campione ha meno di 100 membri e più della metà meno di 200 associati. Il 13% del campione ha tra 1.000 e 5.000 membri e il 15% ha più di 5.000 membri. Le organizzazioni nazionali tendono ad avere più associati che quelle regionali. Emerge come la Comunità ritenga indispensabile incoraggiare il settore a svolgere un ruolo più rilevante nella creazione di posti di lavoro, come indicato nel "Patto per l'occupazione". Anche perché molte associazioni e fondazioni, in tutta la Comunità sono impegnate nella formazione professionale e riqualificazione dei disoccupati e nella prestazione di servizi a persone svantaggiate. La formazione è elemento fondamentale anche per i volontari, molti dei quali trovano spesso lavoro grazie all'esperienza e alle conoscenze acquisite durante il periodo di volontariato. Per i disoccupati di lungo periodo poi, il volontariato costituisce un mezzo prezioso per conservare l'abitudine al lavoro in un momento in cui potrebbe essere molto difficile mantenere interessi nella propria vita. Molte associazioni dipendono da contributi esterni di vario tipo, provenienti di solito da enti pubblici o privati o donatori. Le quote di adesione (30%) e la vendita di servizi (30% di cui 20% a favore di soci e 10% non soci) sono le voci più importanti seguite da: appalti (17%), vendite di prodotti (15%) e redditi da investimento (8%). In sintesi un'associazione europea-tipo ottiene in media il 62% delle proprie risorse dall'esercizio di un'attività economica. Tabella 3 Sfera di attività Servizi sociali Istruzione e ricerca Edilizia abitativa Cultura e tempo libero Attività internazionali Diritti civili e patrocinio Sanità Beneficenza e volontariato Ambiente Associazioni commerciali e professionali 57% 46% 40% 36% 35% 35% 26% 23% 18% 8% Fonte: Commissione Europea 2.1.4 Come agisce la solidarietà nel nostro Paese dopo l'11 settembre: preoccupazioni e impegno degli italiani Un interessante sondaggio analizza l'andamento della solidarietà nel nostro Paese all'indomani di quel tragico 11 settembre che pare aver mutato paure e disponibilità delle persone a livello internazionale. E' la seconda indagine Focsiv (Focsiv Volontari nel mondo), promossa grazie al contributo del Ministero degli Affari Esteri, e relativa 37 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia all'anno 2001. I dati aggiornati vengono confrontati con quelli relativi all'anno 1999 (sempre Focsiv), fornendoci il quadro non solo attuale, ma di mutamento della percezione delle paure e della solidarietà in Italia. Ne emerge che il 45% degli italiani dichiara di avere fatto una donazione per una causa di solidarietà nell'ultimo anno; sembra che gli italiani preferiscano concentrarsi su alcuni settori o eventi particolari: tre i campi a cui sono state indirizzate le maggiori offerte di danaro e di beni nel corso dell'ultimo anno: la ricerca medica (anche grazie a iniziative come Telethon 37%), le vittime delle guerre (35%), gli aiuti umanitari d'emergenza (27%); poi la lotta contro la fame nel mondo, l'aiuto ai Paesi poveri (18%) e la povertà in Italia (17%). Poche invece le risorse destinate a catastrofi ambientali quali ad es. danni provocati dai terremoti, alluvioni. In crescita, tra le forme di solidarietà non attiva, risulta il sostegno alla ricerca medica e contro la povertà in Italia. Misurando la disponibilità nei confronti delle persone straniere in arrivo o presenti nel nostro Paese, il 51% degli italiani dimostra un atteggiamento positivo nei confronti della cancellazione del debito dei Paesi poveri e verso gli immigrati considerati persone che arricchiscono il nostro Paese. Ancora, la solidarietà sembra essere virtù femminile (51% delle donne rispetto al 39% degli uomini), degli adulti e degli anziani (48%) più che dei giovani (29.8%), del Nord più che del Centro e Sud; dei residenti dei comuni capoluogo e della rappresentanza di sinistra e centro-sinistra dello schieramento politico. I giovani sembrano avere altre forme di impegno: sono i primi a mobilitarsi nelle iniziative di solidarietà, nei gruppi di pressione legati all'aiuto e allo sviluppo. I dati riportano poi una principale preoccupazione degli italiani: la guerra e gli attentati: oltre il 50% degli italiani pensa che tra le maggiori urgenze e preoccupazioni mondiali ci siano la pace nel mondo (51,4%) e il terrorismo internazionale (51,1%), che occupava, nell'indagine del 1999 l'ottava posizione. Nel 1999 il primo posto era occupato dal problema della disoccupazione, sceso nel 2001 al 38,2%. Per contro, probabilmente offuscata da questioni di pace e paura del terrorismo, il problema della fame nel mondo è indicato oggi come urgenza mondiale dal 47% degli italiani rispetto al 54% di due anni fa (-7%); mentre la violenza e lo sfruttamento dei bambini è segnalata attualmente dal 28% della popolazione rispetto al 34% del 1999 (- 6%). Tra le urgenze più ricordate il caso più emblematico è rappresentato dal problema della disoccupazione, che nell'arco di due anni cede ben 20 punti percentuali. La disponibilità alla partecipazione attiva e all'impegno nel campo della solidarietà internazionale può concretizzarsi in molteplici forme (offrire un contributo in denaro, alimenti, medicine, vestiti; iniziative di solidarietà); sia oggi sia ieri la partecipazione "una tantum" ad iniziative di solidarietà coinvolge poco meno della metà della popolazione, mentre più di 1/3 degli italiani si dichiara pronto al sostegno o all'adozione a distanza di un minore appartenente ad un Paese povero, contribuendo in tal modo alla sua educazione e salute. Il 23% degli italiani si dichiara disponibile ad offrire denaro alle ONG e alle associazioni di aiuto umanitario, rispetto al 20.7% di due anni fa (+ 2.5%). Un aumento più consistente si registra nel campo dell'informazione con il 14.1% degli italiani che è disposto oggi a informarsi di più sulla situazione dei Paesi più poveri, rispetto al 10.1% che segnalava tale disponibilità nella rilevazione del 1999. Chi si dichiara disposto a dedicare parte del proprio tempo ad un'associazione di volontariato è il 12.7% della popolazione, a fronte del 15.2% della rilevazione del 1999. In forte contrazione appare anche il numero dei potenziali volontari, l'insieme cioè delle persone intenzionate a impegnarsi per un congruo periodo di tempo in un progetto di sviluppo attuato in uno dei Paesi più poveri: dall'11.6% della rilevazione del 1999 al 6.4% dell'indagine del 2001. 38 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia La solidarietà in Italia è fenomeno rilevante non solo dal punto di vista della cultura civica, ma anche per le economie che muove; coinvolge una quota di popolazione (6 su 10) tendenzialmente generosa e pronta a rispondere alle emergenze. La propensione alla mobilitazione attraverso canali di comunicazione quali la televisione è anche in questo campo evidente, nonché la tendenza alla delega. Una causa appassiona solo sino a che resta all'attenzione di tv e giornali. Giovani e volontariato in Europa… Per parlare di giovani e partecipazione è necessario fare una premessa. Il dato poco confortante dell’impegno civico non lascia dubbi: a tutto siamo di fronte tranne che a un fenomeno di massa. Secondo i risultati di una ricerca condotta dalla Commissione Europea, nel 2001 il 50% dei giovani del vecchio continente ha dichiarato di non essere iscritto a nessuna organizzazione o associazione (cfr. grafico più sotto). Il restante 50% si dedica all’associazionismo sportivo (28%), alle organizzazioni religiose o giovanili, a seguire le associazioni culturali e il volontariato ambientalista. Il 4% è membro di un partito o di un sindacato, solo l’1% milita in organizzazioni in difesa dei consumatori. In linea generale in Europa i giovani di età tra i 15 e i 24 anni non prendono parte attiva alla vita sociale, preferendo spendere il proprio tempo con gli amici (74%), guardando la tv (69%) e ascoltando musica (66%). Uno su due dichiara di praticare abitualmente uno sport, quattro su dieci passano il loro tempo davanti al computer, leggono libri, vanno al cinema, a teatro o ai concerti. Le ragazze prediligono fare shopping, leggere e andare in discoteca, i maschi amano lo sport e i video games. Sulla partecipazione alla vita pubblica prevale nettamente la realizzazione degli obiettivi privati: valori individuali come la famiglia, la realizzazione professionale ed economica, l’amore e l’amicizia relegano in bassa classifica valori collettivi come l’impegno politico e la partecipazione più o meno attiva alla vita pubblica. Il compito di incoraggiare i ragazzi all’impegno sociale viene attribuito principalmente alla scuola, quindi alla famiglia e agli amici, secondo alcuni dovrebbero occuparsene i mass media e la politica (partiti e istituzioni). In quanto a suggerimenti i ragazzi vorrebbero essere consultati prima delle decisioni politiche che li riguardano (46%), auspicano una maggiore politica di iniziative verso il mondo giovanile (45%) e l’introduzione dello studio obbligatorio dell’educazione civica nelle scuole (37%). Ne emerge ancora una volta che la scuola viene riconosciuta come il luogo più consono per incentivare la partecipazione sociale. Partecipation in associations / organisations (% EU 15) None 50 Sports clubs 28 Religious or parish organisations 8 Youth organisations 7 7 Hobby special interest clubs Cultural associations 6 Others 5 Environmentalist associations 5 Charitable organisations 5 Trade unions or political parties 4 Human rights movements 2 Consumer organisations 1 0 10 20 39 30 40 50 60 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia … e in Italia Nel nostro paese il dato del volontariato deve fare i conti con una condizione giovanile particolare. Negli ultimi decenni il periodo che intercorre tra l’adolescenza e l’ingresso nella vita adulta si è enormemente dilatato. Si tratta di una fase transitoria in cui i ragazzi, studenti o lavoratori che siano, restano per anni sotto il tetto dei genitori, vuoi per motivi socio-economici, vuoi per attaccamento a uno stile di vita agiato, rimandando di fatto il tempo dell’autonomia di parecchi anni. Di conseguenza, anche il periodo delle scelte, e quindi la consapevolezza che porta a un determinato livello di partecipazione sociale, arriva molto più tardi. In Italia l’età media degli iscritti e degli attivisti è ben salda tra i 30 e i 54 anni, il 28% è pensionato, solo 1 su 10 è studente. Al Sud, poi, il volontariato viene spesso inteso come opportunità di inserimento lavorativo: alla domanda “perché non hai mai svolto attività di volontariato?”, le prime tre risposte sono state, nell’ordine: perché non ho tempo, non ho avuto occasione, non ci ho mai pensato. Tuttavia si assiste negli ultimi anni a una tendenza a uniformarsi ai livelli dei paesi europei in cui l’associazionismo ha tradizione più lunga. Secondo una ricerca del Dipartimento degli Affari Sociali, i giovani d’oggi ritengono il volontariato una pratica molto importante, considerando l’assistenza sociale al primo posto con il 54,6%, quella sanitaria al 40,1%, e l’ambiente al 24,7%. Se a primeggiare sono le attività in campo socio-sanitario, fanalino di coda sono l’ambiente e la protezione civile in cui le associazioni operanti offrono invece una larga gamma di opzioni d’impiego. Dagli studi disponibili, emerge che i giovani hanno cominciato a considerare l’impegno di chi fa volontariato come un ‘bene sociale’, una pratica necessaria che supplisce i deficit delle istituzioni in molti settori della vita del Paese. Il trend degli ultimi anni porta comunque il segno positivo. Secondo l’Iref, cresce nei giovani italiani la voglia di politica e di impegno pubblico. Il 36,1% degli intervistati dichiara di avere preso parte a una manifestazione pubblica negli ultimi due anni. A scendere in piazza sono per lo più i giovanissimi: l’età media è di 23 anni, ma tra i 16 e i 19 anni la percentuale sale al 51,2%. La maglia nera, come già visto, va al volontariato in campo ambientale. Oltre alla scarsa partecipazione in organizzazioni e associazioni ecologiste, va segnalato un record italiano tutto negativo: secondo un’indagine condotta dal CNA (Consorzio nazionale per il riciclaggio dell’acciaio) siamo il paese dell’Unione Europea in cui i ragazzi tra i 14 e i 21 anni hanno in assoluto meno rispetto per l’ambiente. Ecco allora che il 48,9% degli intervistati dichiara di ‘sgasare’ con motorino o auto al semaforo, 2 su 3 gettano il chewing-gum a terra, oltre il 75% si reca a scuola o al lavoro con veicoli privati e a motore, ignorando i mezzi pubblici, tre quarti spreca con disinvoltura l’acqua negli usi domestici, il 62% ammette di abbandonare rifiuti e bottiglie vuote sulle spiagge e ben l’81%, oltre a non differenziare i rifiuti, abbandona il sacco della spazzatura dove capita. C’è poi una forma inedita di volontariato che, seguendo il modello statunitense, ha da poco cominciato a farsi largo nelle nostre città. Si tratta del lavoro volontario come riparazione dei danni causati da atti vandalici. Ecco allora gli studenti impegnati a ripulire con vernice e pennello i muri delle aule scolastiche imbrattati di spray, e quelli che, rei di avere danneggiato la scuola, sono stati “condannati” a fare compagnia agli anziani nelle case di riposo come “pena” alternativa e rieducativa alla sospensione. 40 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Etica e solidarietà orientano la spesa alimentare degli italiani La virtù civica dei consumatori orienta il mercato alimentare verso un nuovo modo di produrre, favorendo una maggior sostenibilità. Cibi sicuri e puliti ma anche prodotti che rispettino il lavoro e la salute delle popolazioni in via di sviluppo. Uno sguardo ai prodotti alimentari provenienti dal circuito del commercio equo e solidale ci fornisce nuovi spunti di riflessione su come cresce e cambia la propensione al consumo in Italia. Le cifre del mercato “equo e solidale” sono incoraggianti. Secondo una recente rilevazione, nel 2001 è stata registrata una significativa crescita nelle vendite dei prodotti garantiti dal marchio TransFair. Secondo la ricerca, il prodotto che ha registrato l'aumento più significativo è il cacao che complessivamente, tra la versione in polvere (+ 32%) e la tavoletta (+14,5%) ha raggiunto la percentuale più alta, passando da 153 tonnellate nel 2000 a 180 nel 2001. Anche il caffè, referenza “classica” del commercio equo e prodotto di punta, ha conosciuto una crescita del 20%, passando dalle 399 tonnellate del 2000 alle 462 del 2001. Il tè cresce invece del 25%: dalle 31 tonnellate del 2000 arriva ad una vendita di 38 tonnellate nello scorso anno. Anche il succo d'arancia, nel 2001 distribuito attraverso la rete dei supermercati Coop e neo inserito nella gamma di prodotti garantiti, ha conosciuto un avvio interessante con un bilancio di 129 mila litri venduti. “Sono dati interessanti, che indicano come le referenze equo solidali siano conosciute e apprezzate per il loro rispetto dei diritti dei lavoratori, ma anche per la loro qualità, che ha portato molti consumatori a ricomprarli e a consigliarli a parenti e amici”. Così commentava i dati Paolo Pastore, direttore di TransFair Italia. Tra le ragioni della crescita, secondo i responsabili di TransFair, figura l’inserimento progressivo di questi prodotti nelle catene della grande distribuzione. Dopo Coop ed Esselunga, anche la catena francese Carrefour ha annunciato che aprirà tutti i suoi punti vendita italiani ai prodotti del commercio equo garantiti dal marchio TransFair. Il gruppo dopo aver inserito prodotti “equi” di Mondovero in circa 300 punti vendita, ora ha deciso di allargare l’operazione, inserendo caffè, tè, cacao, cioccolata e miele. Con l'avvio di questa collaborazione, i prodotti equosolidali saranno presenti in Italia in circa 3500 punti vendita della Gdo. Anche l'Europa è pronta a fare la sua parte proponendo un solo marchio europeo per i prodotti del commercio equo e solidale. Dal 2003 l’omino bianco e nero che contraddistingueva in Italia il marchio TransFair, sarà sostituito da una parola e da un simbolo che unificherà i marchi di garanzia europei sotto lo stesso nome: Fair Trade. Così ha deciso il Flo (Fair Trade Labelling Organizations), il coordinamento dei marchi di garanzia. Il labelling “equo” è nato in molti paesi europei per creare sbocchi commerciali ai produttori dei paesi poveri, per garantire loro contratti di lunga durata con i distributori e margini di guadagno sufficienti ad assicurare investimenti nelle comunità locali. I marchi del commercio equo sono nati inizialmente per certificare le centrali (spesso non profit) di importazione dei prodotti provenienti dai paesi in via di sviluppo e successivamente hanno coinvolto anche le imprese intenzionate a inserire nella propria gamma di offerta prodotti provenienti dal circuito equo. Il Flo sta portando a compimento anche un altro importante percorso: farsi riconoscere dall’Unione europea come unico ente certificatore comunitario per rilasciare il Fair Trade Label a produttori e alle aziende licenziatarie. 41 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Ecocivismo - Capitolo 2 Raccolta differenziata: misurare la civicness nei gesti quotidiani. Il confronto 2000 - 2001 In cinque anni più che raddoppiata la raccolta differenziata a livello nazionale, sempre più italiani contribuiscono con impegno civile a raggiungere questo obiettivo. Ma l'Italia è ancora indietro sulla media europea, anche sul fronte dello smaltimento dei beni durevoli. Attento e continuo monitoraggio di Legambiente: i "Comuni Ricicloni". 2.2.1 Produzione e raccolta in Italia nel 2001 Cinque anni fa veniva approvato il Decreto legislativo 22/97 sui rifiuti che, recependo tre direttive comunitarie (91/156/CEE e 91/689/CEE e 94/62 CE), ha avviato nel nostro Paese la riforma della gestione dei rifiuti verso un sistema di tipo integrato. Tra i risultati più significativi raggiunti in questi pochi anni va sicuramente annoverato l’incremento della raccolta differenziata: mentre nel 1996 interessava solo il 7,2% dei rifiuti urbani prodotti, nel 2001 ha raggiunto quota 16,9% (in presenza peraltro di un costante aumento dei rifiuti). A fronte di questo dato medio nazionale rimane, però, un consistente divario tra centro-nord e centro-sud e, mentre sono ormai centinaia i comuni che hanno superato quota 50%, sono soltanto nove le Province che hanno raggiunto percentuali superiori al 35%; cinque sono sopra il 30%, otto sopra il 25%, dodici sono ancora a percentuali di raccolta differenziata tra il 20 e il 25%. Oltre due terzi delle Province italiane sono, dunque, ben lontane dall’obiettivo del 35% da raggiungere entro il febbraio 2003, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 22/97. Questi sono i dati emersi dall’indagine effettuata dall’Osservatorio Nazionale Rifiuti (ONR) e Legambiente. La produzione complessiva è stimata in 29.325.000 tonnellate, di cui quasi la metà nelle Regioni del Nord; ma è nelle Regioni del Centro che vi è stato il maggior aumento di produzione in termini percentuali. Tra le Regioni, il primo posto per la produzione lo detiene la Lombardia, seguita dal Lazio, dove maggiore è stato anche l’incremento percentuale (+4%) e dalla Campania. Sono invece l’Emilia Romagna e la Toscana le Regioni dove si registra la maggior quantità di rifiuti prodotta pro-capite con 645,5 e 643,6 kg /abitante/anno. Tra le Province capoluogo di Regione, quelle che presentano la più elevata produzione di rifiuti risultano Roma, Milano, Napoli e Torino. Da sottolineare comunque il fatto che l’aumento di 10 chilogrammi di rifiuti pro-capite, stimato come media nazionale, sembrerebbe bilanciato da un’analoga crescita in peso delle quantità pro-capite di rifiuti raccolti in maniera differenziata. 42 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Tabella 1 - Produzione di rifiuti urbani in Italia, 2001 2000 (tonnellate) 2001 (*) (tonnellate) Variazione (%) Nord 13.204.950 13.453.200 + 1,9 % Centro 6.538.400 6.754.000 + 3,3 % Sud 9.510.100 9.627.800 + 2,0 % Italia 29.253.450 29.835.000 + 2,0 % * stime Fonte: Osservatorio Nazionale sui Rifiuti Tabella 2 - Produzione di rifiuti urbani in Italia, pro capite, 2001 Abitanti 2000 (kg/abitante/anno) 2001 (*) (kg/abitante/anno) Variazione (kg/abitante/anno) Nord 25.713.406 513,5 523,2 + 9,7 Centro 11.096.946 589,2 608,6 + 19,4 Sud 20.869.543 455,7 461,3 + 5,6 Italia 57.679.895 498,4 508,4 + 10,0 * stime Fonte: Osservatorio Nazionale sui Rifiuti Dal dato complessivo regionale, in Italia sono stati raccolti in maniera differenziata circa il 16,8% dei rifiuti prodotti nel 2001, con un incremento rispetto all'anno precedente dell’1,7%: la Lombardia e il Veneto, rispettivamente con il 36,7% e il 31,4%, si confermano le Regioni con il tasso di raccolta più elevato, nel primo caso con percentuali che hanno già raggiunto l'obiettivo del 35% fissato per il 2003 dal decreto 22/97. Sopra la quota del 25% - obiettivo del 2001 – solo il Trentino Alto Adige e la Toscana, che tra l’altro è la regione che insieme al Veneto ha avuto il maggior incremento percentuale rispetto al 2001. Tra il 15 e il 25% la Valle d’Aosta, il Piemonte, il Friuli Venezia Giulia e l’Emilia Romagna. Nelle Regioni del Mezzogiorno, ancora in larga parte soggette ad Ordinanza di commissariamento, nonostante la raccolta differenziata raggiunga mediamente percentuali molto basse, aumenta il numero dei comuni che la avviano, soprattutto in Campania e Puglia. Sempre con riferimento a tutto il territorio nazionale, si può notare come il dato riferito alle Province capoluogo di regione sia in linea con il dato regionale: sono soltanto due con percentuali superiori al 35% (Milano e Bolzano); una supera la quota del 25% (Firenze), cinque mostrano percentuali comprese tra il 15 e il 25%. 43 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Tabella 3 - Raccolta differenziata in Italia, 2001 2000 (tonnellate) 2001 (*) (tonnellate) 2000 (% su prod. rifiuti) 2001 (*) (% su prod. rifiuti) Variazione (%) Nord 3.353.080 3.629.990 25,4 % 27,0 % + 1,6 % Centro 741.380 933.600 11,3 % 13,8 % + 2,5 % Sud 309.300 448.570 3,2 % 4,7 % + 1,5 % Italia 4.403.760 5.012.160 15,1 % 16,8% + 1,7 % * stime Fonte: Osservatorio Nazionale sui Rifiuti Tabella 4 - Raccolta differenziata in Italia, pro capite, 2001 Abitanti 2000 (kg/abitante/anno) 2001 (*) (kg/abitante/anno) Variazione (kg/abitante/anno) Nord 25.713.406 130,4 141,2 + 10,8 Centro 11.096.946 66,8 84,1 + 17,3 Sud 20.869.543 14,8 21,5 + 6,7 Italia 57.679.895 75,6 85,9 +10,3 * stime Fonte: Osservatorio Nazionale sui Rifiuti Il dato aggiornato al 2001 delle 34 Province che hanno raggiunto la quota del 20%, riferisce di un trend di crescita sovrapponibile a quello nazionale, con alcune eccezioni significative rappresentate da aumenti anche di 4-5 punti percentuale, come a Livorno (+5,4%), Prato (+5,2%), Cremona (+4,7%). Ciò che emerge da questo studio è che la gran parte delle Province sono ancora lontane dall'obiettivo del 35% fissato da qui ad un anno dal Dlgs. 22/97 e che le Province dove si è registrata una crescita quasi nulla sono proprio quelle che si attestavano nel 2000 a quote intorno al 20%. Là dove già si registravano quote più alte, il trend è in costante aumento, segno che la raccolta differenziata è ormai un elemento consolidato della gestione dei rifiuti urbani, entrata a far parte della mentalità dei cittadini ed operata con costi competitivi rispetto ai sistemi di gestione tradizionale. 44 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Tabella 5 - Produzione di rifiuti urbani e raccolta differenziata in Italia, per province con raccolta differenziata superiore al 20%, 2001 Province Milano Varese Como Sondrio Bergamo Brescia Pavia Cremona Mantova Lecco Lodi Bolzano Venezia Padova Treviso Verona Vicenza Bologna Ferrara Forlì Modena Piacenza Ravenna Rimini Reggio Emilia Firenze Lucca Prato Livorno Massa Carrara Pisa Verbania Novara Udine Prod. rifiuti 2001 (*) (tonnellate) 1.831.000 407.000 249.000 73.000 404.000 615.000 272.500 176.000 197.000 143.500 93.300 257.000 524.000 388.000 301.000 401.800 334.000 531.000 226.000 240.000 390.000 147.000 257.000 246.000 313.000 603.000 286.000 180.000 238.000 132.000 238.000 76.000 163.000 261.000 RD 2000 (% su prod. rifiuti) 38,1 % 34,9 % 29,3 % 32,2 % 45,8 % 24,9 % 20,1 % 37,9 % 27,4 % 46,9 % 35,8 % 33,7 % 21,1 % 32,6 % 36,9 % 22,8 % 31,6 % 18,1 % 20,6 % 17,9 % 20,1 % 24,4 % 21,7 % 22,3 % 35,0 % 23,9 % 27,7 % 23,3 % 16,7 % 20,1 % 20,5 % 21,9 % 28,2 % 22,9 % RD 2001 (*) (% su prod. rifiuti) 39,9 % 36,3 % 32,1 % 33,4 % 46,2 % 28,3 % 21,8 % 42,6 % 28,9 % 48,2 % 37,0 % 37,5 % 23,4 % 34,7 % 39,1 % 26,7 % 34,1 % 20,0 % 21,1 % 20,1 % 23,0 % 26,0 % 26,5 % 22,7 % 38,1 % 27,4 % 31,4 % 28,5 % 22,1 % 23,8 % 24,4 % 23,8 % 30,3 % 25,4 % RD variazione 2000/2001 (%) + 1,8 % + 1,4 % + 2,8 % + 1,2 % + 0,4 % + 3,4 % + 1,7 % + 4,7 % + 1,5 % + 1,3 % + 1,2 % + 3,8 % + 2,3 % + 2,1 % + 2,2 % + 3,9 % + 2,5 % + 1,9 % + 0,5 % + 2,2 % + 2,9 % + 1,6 % + 4,8 % + 0,4 % + 3,1 % + 3,5 % + 3,7 % + 5,2 % + 5,4 % + 3,7 % + 3,9 % + 1,9 % + 2,1 % + 2,5 % * stime Fonte: Osservatorio Nazionale sui Rifiuti In molte aree di queste Province si opera da tempo la raccolta differenziata della frazione organica, che, oltre a giocare un ruolo centrale di per sé, si è rivelata elemento di traino anche per le altre frazioni di rifiuti urbani proprio nei sistemi dove si conseguono i maggiori risultati in termini di raccolta differenziata. La definizione degli obiettivi di raccolta differenziata introdotti dal Dlgs.22/97 ha dato un forte contributo alla crescita del settore di raccolta della frazione organica compostabile, elemento chiave per poter raggiungere le percentuali del 35% fissate al 2003. Numerose sono, quindi, Regioni e Province che inseriscono la strategia della differenziazione secco/umido nei Piani locali, come sempre più numerosi sono i comuni e i consorzi che attivano tali raccolte, anche in anticipo sulle previsioni dei Piani regionali e provinciali. 45 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia A fine 2001 risultano circa 1.500 i comuni coinvolti nella raccolta secco-umido, a fronte dei 576 del 1998. Dalle 598.000 tonnellate di frazione organica raccolte separatamente nel 1997, nel 2001 si è passati a 1.375.000 tonnellate, che rappresentano il 27,9% della raccolta differenziata complessiva (nel 1997 la percentuale era del 23,9%). La media pro-capite si è attestata a 23,8 chilogrammi per abitante-anno, un valore ancora lontano dai 75 kg/ab/anno della Germania, ma di indubbio interesse, anche dal punto di vista del risultato in termini economici: il fatturato annuo è arrivato a 715 miliardi con un numero di addetti pari a 1.841, che erano appena 70 nel 1993. I dati relativi al mercato del compost di qualità dimostrano che esso viene interamente assorbito e che anzi la disponibilità risponde solo parzialmente alla domanda di humus del nostro Paese. A fronte dell’incremento della raccolta differenziata, il sistema industriale del riciclo organizzato nel Conai anche nel 2001 ha confermato di essere pienamente in grado di recuperare tutto il materiale proveniente dalla raccolta differenziata: tale materiale sommato alla quota di recupero energetico ed al materiale proveniente dalla piattaforme (promosse dai Consorzi di filiera per intercettare anche gli imballaggi secondari e terziari) ha permesso al Conai di riciclare nel 2001 circa 5.000.000 di tonnellate, superando ampiamente quota 42%. Anche se lo studio presentato non ha approfondito analiticamente la situazione, è evidente invece che permangono seri problemi nell’avviare interventi efficaci nella prevenzione della produzione dei rifiuti. E proprio la prevenzione e il mancato decollo del recupero energetico, rappresentano i nodi non ancora risolti nella politica di gestione dei rifiuti nel nostro Paese. I continui rinvii nell’avvio della tariffa hanno peraltro contribuito ad aggravare questa situazione. A questo proposito va sottolineato come un altro elemento da tenere presente nell’analisi del sistema di gestione in atto è quello relativo ai costi di smaltimento: il basso costo del conferimento in discarica (una realtà ancora molto diffusa) ed il fatto che non siano state ancora introdotte limitazioni sostanziali all'uso di questa modalità di smaltimento, rappresentano un forte elemento di distorsione per l'avvio di sistemi di gestione integrata efficienti ed in linea con altri paesi europei. In molte Regioni, soprattutto del Mezzogiorno, inoltre si utilizzano ancora impianti assolutamente non adeguati, che operano in regime di ordinanza contingibile e urgente ai sensi dell’art.13 del Dlgs. 22/97. Il Dlgs. 22/97 all’art.5 comma 6 prevedeva che dal 1° gennaio del 2000 potessero essere smaltite in discarica solo alcune tipologie di rifiuti, che dovevano essere identificate tramite apposito decreto; questo termine è stato poi prorogato sino al recepimento della direttiva europea 99/31/CE sulle discariche, il cui termine era fissato per il 17 luglio 2001. Con un’ulteriore proroga è stato posticipato il termine di un altro anno. Tra l’altro, è stata anche avviata una procedura d’infrazione da parte della Commissione Europea verso il nostro Paese per non aver ancora recepito la Direttiva 99/31/CE sulle discariche. 46 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Campania, nonostante la grave emergenza superato il 10 di R.d. Nel 2001 il dato medio regionale di raccolta differenziata si attestava all’8%. “Quest’anno – ha detto Ecosportello News, newsletter di Legambiente e Conai, Fabio Matteo, della struttura del commissario di governo per l’emergenza rifiuti in Campania – possiamo stimare che supereremo il 10%”. Mentre in Campania continua l’emergenza rifiuti (Commissario è il presidente della giunta regionale Antonio Bassolino, sub Commissario per la gestione dei rifiuti è invece Giulio Facchi), molte città cercano di imboccare la strada della gestione sostenibile dei rifiuti. Con dati che cominciano ad avvicinarsi a quelli di altre realtà più avanzate del centro e del nord Italia. Certo, la strada da fare è ancora molto lunga, ad esempio sugli impianti di riciclaggio e di utilizzo, ad esempio, del Cdr (combustibile derivato dalla frazione secca non riciclabile dei rifiuti), ma molte esperienze sono incoraggianti. “Napoli ha raggiunto il 12% di raccolta differenziata – dice ancora Matteo. Avellino ha superato il 10%. Ci sono piccoli comuni del salernitano, del casertano e del napoletano che hanno superato il 50%: è il caso di San Vitaliano in provincia di Napoli, che ha superato il 50%, Vairano Patenora, provincia di Caserta, che è al 75%, Giffoni Sei Casali, in provincia di Salerno che ha raggiunto il 60%”. Napoli, primo per raccolta differenziata tra i capoluoghi di provincia regionali, ha avviato in tutti i quartieri la raccolta differenziata del secco multimateriale: in alcuni quartieri, in quelli più ricchi come il Vomero, i cittadini ricevono gratuitamente ogni settimana due sacchetti uno grigio e uno giallo in cui vanno buttati, rispettivamente, carta e cartone e secco multimateriale, come plastica, stracci ecc. Negli altri quartieri tutto il secco è raccolto in un sacco viola. In tutti i quartieri vetro e lattine finiscono nelle campane stradali. Nel capoluogo campano l’Asia (Azienda servizi di igiene ambientale) ha attivato la raccolta dell’umido nelle grandi utenze, come mercati e ristoranti, “arrivando a raccogliere separatamente al momento circa 2000 tonnellate al mese di frazione organica dei rifiuti”, informa ancora Matteo. Avellino dal punto di vista della raccolta dell’umido, è la città che sta avviando l’operazione più impegnativa: ha da poco attivato la raccolta condominiale dell’umido e presto la estenderà a tutta la città (più di 50 mila abitanti). L’emergenza comunque continua. In Campania mancano soprattutto gli impianti, anche quelli di riciclaggio. Le discariche o sono abusive o stanno per esaurirsi. Il Governo dovrebbe prorogare l’emergenza rifiuti in Campania per altri due anni (l’attuale stato d’emergenza decretato dal governo scade il 31 dicembre 2002), sperando di risolvere anzitutto la questione impiantistica. 2.2.2 Gravi ritardi nello smaltimento e nel recupero dei beni durevoli Un grave ritardo va segnalato anche nell'avvio di un sistema di raccolta e di recupero dei beni durevoli dismessi, ovvero frigoriferi, surgelatori, congelatori, televisori, computer, lavatrici, lavastoviglie e condizionatori d'aria. Sono ben 750.000 le tonnellate di beni durevoli immessi al consumo domestico nel triennio 97-99. Delle 253.773 tonnellate messe in commercio nel 1999, una quota pari a 182.427 è stata dismessa, di cui solo 24.600 (13,48%) raccolta in maniera differenziata e di questa solo 17.000 tonnellate sono state trattate in piattaforme pubbliche e private specializzate. Si stima che nelle case degli italiani siano presenti almeno 20 milioni di frigoriferi, una quota analoga tra lavatrici e televisori, e circa sei milioni di lavastoviglie; considerando la durata media di tali apparecchiature, e a fronte di un consumo medio annuo complessivo di quasi dieci milioni di pezzi, sarebbero almeno 5 milioni e 500mila gli 47 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia elettrodomestici dismessi ogni anno, pari a oltre 170mila tonnellate di materiale, di cui circa 1.500 costituite da sostanze pericolose. Le varie iniziative intraprese per raggiungere tramite protocolli d'intesa e accordi di programma, il decollo di un sistema di raccolta e recupero capace di intercettare le quantità dismesse sul mercato di beni durevoli ed il loro corretto trattamento prima dello smaltimento finale, non hanno dato i risultati sperati. Tant'è che la gran parte delle piattaforme nate con questo obiettivo sono di gran lunga sottoutilizzate, con gravi danni per l'economia e per l'ambiente. A questo proposito è significativo ricordare che nel solo anno 2000 sono state rilasciate in atmosfera oltre 2.500 tonnellate di gas nocivi per l'ozono (CFC, HCFC) a causa del non corretto smaltimento delle apparecchiature che li contengono. La direttiva europea - che verrà approvata verosimilmente entro l’anno in corso prevede che gli Stati membri organizzino la raccolta dei beni durevoli a fine vita, come servizio al cittadino. Spetterà ai produttori ritirare i rifiuti dagli appositi centri di raccolta, dai quali dovranno essere trasportati agli impianti di trattamento. Le percentuali minime di recupero che entreranno in vigore entro il 2006 variano tra il 70 e il 90%, secondo la tipologia del prodotto, e i costi saranno pienamente a carico dei produttori, senza oneri per i consumatori. In Emilia accordo di programma Legambiente Coop per ritiro elettrodomestici usati Nuova alleanza virtuosa tra ambientalisti e grande distribuzione all’insegna del riciclaggio degli elettrodomestici, pratica che nel nostro paese va a rilento. Legambiente Modena Nord d’intesa con Legambiente Emilia Romagna (www.legambienteonline.it), Coop Estense, azienda leader nel settore della distribuzione di beni di largo consumo, con una presenza molto diffusa nel territorio modenese e ferrarese (50 punti vendita), hanno sottoscritto alla fine di gennaio un accordo che prevede il recupero e l’avvio al riciclaggio degli elettrodomestici usati. Il patto è stato siglato anche da Tred Carpi, società nata da un progetto del ministero dell’Ambiente e di Cispel (oggi Conservizi), leader italiana nel settore del trattamento degli elettrodomestici dismessi e nel recupero delle parti riutilizzabili dei beni durevoli giunti a fine vita. Gli ambientalisti si attiveranno per informare i cittadini della possibilità di utilizzare il servizio. Coop Estense inviterà i suoi clienti a restituire le attrezzature dismesse, e attrezzerà delle piattaforme intermedie per la raccolta degli elettrodomestici che saranno successivamente inviati a Tred Carpi. Quest’ultima si impegna a ritirare e a trattare i materiali raccolti, e a riferire periodicamente a Legambiente e a Coop la quantità degli elettrodomestici trattati, le tipologie di trattamento utilizzate e la destinazione dei materiali recuperati. L’iniziativa, come dicevamo, mira a promuovere il riciclaggio degli elettrodomestici che, nel nostro Paese, procede molto a rilento. 2.2.3 Un impegno in comune: sono più di quattrocento i Comuni Ricicloni, edizione 2001. Dei circa 1000 comuni che hanno aderito all’iniziativa di Legambiente “Comuni Ricicloni”, sono oltre 400 le amministrazioni più attente che offrono un servizio efficiente di raccolta differenziata. Sono ancora prevalentemente concentrati nel settentrione, ma anche al centro sud cominciano a giungere segnali incoraggianti. 48 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Un risultato è da citare prima degli altri: il 60% di raccolta differenziata del comune di Sant'Omero (TE) che punta, credendo fortemente nel suo progetto, ad arrivare all’80%. C'è chi all’80% è già molto vicino. Sono 12 i comuni che potrebbero esportare esperienze e dati da cui si potrebbe evincere che le raccolte differenziate sono ben lontane dal costituire un peso economico nei bilanci comunali e nelle tasche dei cittadini. Tabella 6 Comune TORRE BOLDONE ELLO MONTICELLO BRIANZA BELLUSCO VILLA DI SERIO PALAZZAGO ROBBIATE SIRTORI ALZANO LOMBARDO PRESEZZO BATTAGLIA TERME TORRE DE' BUSI Provincia BG LC LC MI BG BG LC LC BG BG PD LC Kg / g / ab 1,1 1,7 1,5 1,6 1,1 0,6 1,2 1,9 0,8 1,1 1,0 0,9 % RD 78,7% 77,3% 75,7% 75,4% 74,7% 74,5% 74,1% 72,3% 71,7% 70,6% 70,5% 70,3% Abitanti 7.728 1.088 4.214 5.953 5.795 3.598 4.878 2.625 12.118 4.479 4.220 1.768 La provincia di provenienza evidenzia sicuramente i territori dell'eccellenza, tra i quali figurano poco in questa tabella, per pochissime frazioni di punto percentuale, alcuni comuni veneti. Il Veneto tra l'altro come media regionale di raccolta differenziata intorno al 33% - sta incalzando la media lombarda che ha raggiunto il 36%, mentre le è avanti se si considera la capacità impiantistica di trattamento dei rifiuti organici. La Lombardia però detiene ancora un primato: la media percentuale di r.d. dei comuni della provincia di Lecco è arrivata al 50%. Nuova eccellenza, tuttavia, si sta preparando con esperienze vivaci e in divenire: si consolida il Cremonese, si affaccia il Novarese che insieme alla città capoluogo, Torino, insieme a Biella e al V.C.O. - Verbano Cusio Ossola - incominciano a coprire un territorio abbastanza vasto del Piemonte. La Toscana, pur con buchi neri - ma ogni regione ha i propri - raggiunge, con alcuni comuni e con piccoli territori, gli obiettivi di legge del 2003; con una buona porzione può dire di aver conseguito gli obiettivi del 2001, e il gruppo segue con percentuali oramai dimostratesi modeste, ma comunque oltre il 15%. All'appello risponde anche l'Emilia Romagna, in particolare la provincia di Reggio Emilia, con quasi il 35% di media provinciale. Il resto dell'Italia si sta muovendo e compaiono le macchie di leopardo: qualche città nelle Marche e in Umbria, qualche piccolo comprensorio, nel Leccese, alcune buone partenze in Campania sulla quale abbiamo aperto una breve finestra, dal titolo significativo: “Il futuro è già qui”; come già detto, realtà in Abruzzo di prim'ordine stanno cercando di fare da locomotiva per il territorio vicino. Due comuni assolutamente da segnalare: Maglie e Molfetta i primi due comuni del sud Italia ad aver raggiunto l'obiettivo del 15%. Nulla per ora si muove in Sicilia, né in Calabria. Questo è ciò che avviene nelle trincee dei comuni piccoli e grandi dell'Italia, dove pubblica amministrazione e cittadini si incontrano e si scontrano, spesso faccia a faccia. 49 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Cosa avviene nelle altre amministrazioni dello Stato? Ci sono iniziative di forte interesse che aiutano a caduta le amministrazioni comunali con incentivi. Alcuni esempi che riguardano micro-iniziative e micro-progetti: la Regione Piemonte, con criteri di selezione molto severi, dà un incentivo ai Comuni che superano il 50% di r.d. pari a 10 mila lire per abitante; quindi il piccolissimo comune di Tornaco (898 ab.) potrà inserire in bilancio il contributo, una volta deliberato, di 8.980.000 lire; sempre per rimanere in Piemonte, la Regione riconosce un incentivo di 50 £/kg per l'umido conferito a impianti di compostaggio. La provincia di Torino è attivissima sul fronte delle Agende 21 Locali ed è stata obiettivo di un progetto di Green Public Procurement di ANPA. La Regione Emilia Romagna, nel piano di sviluppo rurale appena emanato, riconosce un contributo alle aziende agricole che utilizzano compost in campi destinati all'agricoltura biologica; la provincia di Lecco ha accettato di contribuire alla realizzazione di un progetto presentato da Legambiente unitamente ad ANPA e a due comuni Monticello Brianza e Osnago sul Green Public Procurement (l'approvvigionamento, da parte della pubblica amministrazione, di materiale riciclato); sempre la provincia di Lecco stanzia dei contributi per i Comuni che abbiano una produzione di rifiuti inferiore a quella dell'anno precedente; la provincia di Bergamo ha attivato un bando di concorso con piccoli incentivi in denaro per i comuni che abbiano presentato i migliori progetti finalizzati alla riduzione dei rifiuti. Insomma, piccoli passi si stanno muovendo anche verso la prima opzione della gestione dei rifiuti, la riduzione! E' per questo che abbiamo attribuito un premio speciale per il comune di Mogliano Veneto che ha investito in un progetto significativo verso cittadini e commercianti proprio sulla riduzione dei rifiuti. Ma a questo punto cosa è necessario fare affinché i cittadini ben amministrati passino da un quinto alla totalità? Riteniamo che la chiave di volta sia la questione impiantistica: impianti mirati sulle esigenze del territorio, nessun export per i rifiuti, innovazione da parte delle imprese. Sicuramente è indispensabile muovere le leve degli incentivi e dei disincentivi economici, ma anche questi sulla base di una strategia possibilmente evolutiva verso la sostenibilità: audit di gestione ambientale, migliori tecnologie disponibili, controlli efficaci; politiche integrate di prodotto. 50 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Green Public Procurement, a quando il decreto governativo? E’ in ritardo l’applicazione degli articoli inseriti in finanziaria per promuovere gli “acquisti verdi” da parte della pubblica amministrazione. L’obbligo di dedicare a beni realizzati con materiale riciclato almeno il 30% dei loro acquisti, è stato approvato ma resta ancora sulla carta. E’ slittato il termine di fine marzo entro il quale si dovevano stabilire le norme. Anche l’Unione europea preme perché le amministrazioni degli stati membri promuovano gli acquisti verdi: “Un impulso importante alla diffusione di prodotti ecologici – scrivono gli estensori del Libro verde sulle politiche integrate di prodotto, pubblicato nel 2001 – può venire dagli approvvigionamenti pubblici: le amministrazioni pubbliche devono assumersi le proprie responsabilità ed essere le prime a creare una domanda di prodotti ecologici. Più forte sarà la domanda e più rapido e massiccio sarà il passaggio verso un consumo più sostenibile”. Il settore degli approvvigionamenti pubblici rappresenta mediamente il 12% del Pil dell’Unione europea ma in alcuni casi, come in Francia, può raggiungere anche il 19%. In Italia, ai ritardi amministrativi centrali fa fronte un attivismo locale virtuoso che sempre più sta prendendo piede. Alcuni consiglieri regionali lombardi, tra cui Carlo Monguzzi, capogruppo dei Verdi, e Silvia Ferretto di An, hanno presentato un progetto di legge che ha riscosso il consenso di un ampio schieramento trasversale e che sarà probabilmente approvato dall’assemblea lombarda: il provvedimento prevede che almeno il 40% della carta utilizzata dall’amministrazione regionale sia riciclata e mira a diffondere, con campagne promozionali, l’uso di carta recuperata nelle pubbliche amministrazioni e nelle imprese. C’è poi un’altra iniziativa, il premio Comune Riutilizzatore degli Amici della Terra, che da un po’ di anni cerca di sensibilizzare i comuni sugli acquisti verdi. Per partecipare alla gara i comuni devono dimostrare che almeno il 50% dei prodotti utilizzati sono riciclati, e che il fornitore è conforme agli standard ISO 9001 e ISO 14000 dove richiesto, con un particolare riguardo per le strutture destinare ai bambini ed all'arredo urbano. Alla terza edizione del premio, fanno sapere gli Amici della terra, hanno partecipato circa il 5% dei comuni italiani. La partecipazione è raddoppiata rispetto alla scorsa edizione, segno di una maggior attenzione al tema degli acquisti verdi nelle pubbliche amministrazioni. Le regioni con la miglior percentuale di risposta sono il Veneto (11%) e la Val d'Aosta (10%), ma la grossa novità sta nel fatto che tutte le regioni Italiane hanno partecipato con almeno l'1% dei comuni presenti sul loro territorio. Le spese maggiori, registrate dagli ambientalisti tra i comuni che hanno aderito alla gara, sono quelle relative ai prodotti realizzati con amido di mais, riso o alghe (tipicamente prodotti per il catering e le mense scolastiche, come piatti di carta, bicchieri, tovaglioli, sacchetti rifiuti). Le spese relative alla carta riciclata, contrariamente alle attese, sono invece molto inferiori. 51 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Protezione Civile - Capitolo 3 Cura del territorio e protezione dell’ambiente Da uno stato d'emergenza totale, l'Italia in questi ultimi anni, ha raggiunto un livello elevato di efficienza nel sistema della Protezione Civile, anche grazie ad una rete esemplare di volontariato. Adesso, con la soppressione dell'Agenzia di Protezione Civile, si rischia di perdere l'enorme capitale sociale di partecipazione volontaria accumulato in anni di lavoro. 2.3.1 Protezione civile: 2002 anno della svolta? Da paese delle emergenze dimenticate, dei disastri annunciati, dei soccorsi cronicamente in ritardo l’Italia potrebbe presto proporsi addirittura come un modello a livello internazionale per l’efficienza e la capillarità del suo sistema di protezione civile. Almeno a livello strettamente “emergenziale”. Questo il parere di Elvezio Galanti – dirigente del dipartimento nazionale di Protezione Civile - che segnala enormi progressi negli ultimissimi anni e annuncia: con la messa a regime dei centri funzionali per il settore meteo, l’adozione del sistema Augustus come esempio a livello europeo e il varo dell’operazione “piani d’emergenza comunali” in tutte le regioni il 2002 potrebbe essere un anno decisivo. 2.3.2 Le novità positive “I progressi sono innegabili - esordisce Galanti - e faccio subito un paio di esempi. Basta vedere come è stata gestita l’ultima alluvione in Piemonte. A parità di magnitudo con l’evento del ’94 i danni e le vittime sono state infinitamente minori e questo quasi soprattutto per la maggiore velocità di intervento e la conoscenza acquisita dei siti e le situazioni a rischio. E poi l’Irpinia, il terremoto del 1980, uno dei nostri maggiori disastri dal punto organizzativo e gestionale, per i tempi di intervento come per gli enormi sprechi di fondi e risorse umane, nonché per l’assoluta mancanza di dati aggiornati sul territorio. Ci vollero giorni solo per capire dov’era iniziato esattamente il sisma. Oggi sappiamo che in dieci minuti potremmo determinare con precisione l’epicentro e le sue conseguenze. E in 24 ore potremmo mettere in piedi un piano di intervento per tutta l’area interessata. E poi, dopo la legge su Sarno e Quindici, l’Italia, tutta l’Italia possiede finalmente una mappa aggiornata del rischio idrogeologico, grazie alla conclusione delle perimetrature a cui erano tenuti gli enti locali. Infine, il fatto che siano ormai tutti in azione i centri funzionali, in particolare per i rilevamenti idrometereologici, ci permette di prevedere e anticipare con precisione molti tipi di emergenze. Si tratta, in questo caso, di una vera e rivoluzione.” Una situazione, dunque, tutta rosa e fiori? “Stiamo parlando soprattutto dell’aspetto emergenziale, molto resta da fare per la prevenzione delle emergenze. E inoltre, bene il Piemonte, bene l’Umbria, ma ci sono anche regioni rimaste indietro, come la Calabria o la Campania, al di là del piano Vesuvio. E poi se la quantità e qualità degli strumenti, delle esperienze, degli operatori - anche volontari - è enormemente cresciuta, il rischio è 52 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia che restino esperienze locali, che manchi insomma un vero coordinamento generale che potrebbe lasciare indietro molte aree - specie nel sud. Pensiamo ai sindaci dei piccoli centri, responsabili ora anche della protezione civile, ma che poco possono fare senza un consorzio, una rete di aiuti.” Già, i piani di emergenza locale, massima espressione del coinvolgimento del territorio nella gestione e prevenzione dei rischi. Secondo i responsabili regionali della protezione civile i primi piani dai comuni stanno affluendo, un po’ in tutte le prefetture d’Italia, ma al momento ne a livello regionale, né presso il dipartimento nazionale di protezione civile ci sono dati precisi. Da notare che alcune software house e studi di consulenza hanno “fiutato” il mercato delle centinaia di comuni e piccoli e grandi che, in base al Capo 1 della legge 59/97 art 107 – 108 e il decreto 112/98 devono dotarsi di piani d’emergenza. Segno che qualcosa si sta muovendo. Un dato incontrovertibile è l’aumento di siti dedicati alla protezione civile “ufficiale” e “volontaria”, sulla scia di un’informatizzazione degli enti locali (almeno regioni, province e principali comuni) ormai quasi completata. Segnali positivi. Così come arrivano nuovi esempi di collaborazione e sinergia. In Piemonte, ad esempio, la Protezione civile ha istituito un sistema di scorte in caso calamità con un inedita convenzione tra regione e Banco Alimentare (presto anche in Lombardia): viveri per 5 mila persone per 5 giorni, pronti dallo scorso febbraio. La convenzione prevede che prima della scadenza questi prodotti vengano distribuiti dal Banco Alimentare, secondo i consueti criteri della onlus. 2.3.2.1 E quelle preoccupanti Ma è proprio negli ultimi tempi che il futuro della rete di protezione civile si punteggia di nuove incognite. La scomparsa dell’Agenzia di protezione civile. Un taglio di circa 530 miliardi di lire tra il bilancio 2001 e 2002. Una riforma dei poteri delle regioni che rischia di tradursi in una maggiore burocratizzazione dell’intero sistema, più poteri e spazi per l’azione delle prefetture, da cui dipende sempre di più il nuovo Corpo dei vigili del fuoco (la Lombardia ne propone la regionalizzazione) e, infine, un progetto di legge depositato in Senato per “L’istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sullo stato attuale della protezione civile”. Il primo firmatario è Luigi Manfredi (Forza Italia). L’idea è quella di “prendere provvedimenti politici di grande valenza per tutelare l’integrità della vita umana, dei beni, degli insediamenti e dell’ambiente”. Lo stato della protezione civile insomma dev’essere verificato secondo parametri prettamente politici. Proprio Guido Bertolaso, già capo per pochi mesi della protezione civile nel 96, si era espresso “contro un agenzia autonoma slegata da tutti gli altri apparati di soccorso e di pronto intervento” (come ribadito in una recente intervista a “Famiglia Cristiana”). Il rischio, in generale, con un accentuazione del potere centrale (regionale o statale che sia) è quello di un minore coinvolgimento della protezione civile “diffusa”, le associazioni di volontariato, ma anche le piccole cellule di volontari di protezione civile locali, con il loro carico di esperienza e radicamento sul territorio. Valga per tutti lo sfogo di Francesca Sanna, assessore delle Provincia di Lodi e responsabile per l’area della protezione civile. “E’ imminente una mobilitazione di molte realtà della protezione civile del Centro nord contro questo Progetto di legge. Temiamo una burocratizzazione e anche una “militarizzazione” dell’intero sistema che rischia di impoverire uno degli aspetti più interessanti dell’attuale rete: lo spontaneismo, 53 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia l’eterogeneità delle realtà mobilitate. Si parla di un rapporto più stretto con le prefettura, professionalità certificata, disponibilità 24 ore su 24, professionalizzazione… Un corpo d’elite insomma. Ma nelle ultime alluvioni sul Po’ il 10% del lavoro lo svolsero i piccoli gruppi comunali. Ci sarà spazio per loro? Un segnale: da quanto non si fanno convegni o esercitazioni nazionali aperte a tutti di protezione civile? Erano quelli a garantire una crescita uniforme del settore, lo scambio di competenze… In questo senso gli incontri locali autogestiti non servono, anzi rischiano di parcellizzare le culture dell’emergenza. Senza Agenzia secondo me si torna indietro di 50 anni, alla legge Zamberletti”. “Vedo una situazione a macchia di leopardo – aggiunge da Napoli l’ingegner Ernesto Calcara, Dirigente regionale del Settore della Protezione Civile campana – Una struttura quasi completa a livello nazionale c’è, manca però spesso di strutture e contenuti a livello locale. Bene il centro nord, che vanta un’annosa esperienza di volontariato e di centri di protezione civile comunali, in ordine sparso il Mezzogiorno, dove molte delle nuove indicazioni – centri di controllo regionali, centri meteo, piani d’emergenza locali – sono rimasti sulla carta. C’è un centro funzionale pronto in Calabria, ma solo per una presenza precedente di studiosi e tecnici specializzati, si sta muovendo faticosamente la mia regione, altrove siamo a zero.” 2.3.3 Il metodo Augustus: una buona idea italiana In principio il protocollo per le emergenze di protezione civile si chiamava Mercurio. Uno schema che, ricordano ancora oggi dirigenti del dipartimento di protezione civile, amministratori e volontari, si limitava a fare una pura cernita dei mezzi disponibili in caso d’emergenza. Recentemente adottato come modello a livello europeo Il metodo Augustus – collaudato ormai da qualche anno - è un protocollo di pianificazione emergenziale mirato a uniformare gli interventi e i progetti sul territorio. Elaborato da un gruppo di studio istituito dall’allora Sottosegretario di Stato Franco Barberi, propone dunque l’elaborazione di una unica linea guida per la pianificazione di emergenza a completamento della legge sulla protezione civile 225/92 e sulla scia della circolare n.2 del 1994, che segnalava proprio le lacune e la parcellizzazione organizzativa della pianificazione di emergenza del Dipartimento della Protezione Civile. Le linee guida sono quelle della flessibilità e semplicità. Dal semplice censimento di mezzi utili agli interventi di protezione civile al concetto di disponibilità delle risorse; a un sistema di piani tenuti in vita con periodiche esercitazioni ed aggiornamenti. Il tutto con un più forte coinvolgimento degli enti territoriali. Strumenti privilegiati sono la sala operativa provinciale (quasi tutte le regioni ne starebbero ultimando la messa in funzione), la sala operativa comunale (qui siamo un po’ più indietro) e i conseguenti piani provinciali e comunali (il censimento da parte delle prefetture è in pieno corso di svolgimento). Ognuno di questi piani è tenuto a contenere queste linee: Coordinamento ed indirizzo per tutte le fasi di risposta previste dal Piano; Procedure semplici e non particolareggiate; Individuazione delle singole responsabilità nel modello di intervento; Flessibilità operativa nell’ambito delle funzioni di supporto (con ampio spazio per le strutture di volontariato nazionali e locali). Facilmente reperibile su Internet (a partire dal portale della Protezione civile: www.protezionecivile.it/dpcinforma/004/testo.htm), molto conosciuto nell’ambito degli enti territoriali minori e le associazioni, il metodo Augustus ha permesso anche a molte 54 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia realtà piccole o poco organizzate di avere oggi alcune proprie linee guide di intervento, schemi facilmente adattabili nel tempo e nelle diverse situazione, ma aiutato anche i diversi soggetti dell’intervento – stato e comune, associazioni e “addetti ai lavori”, di “riconoscersi” e coordinarsi vicendevolmente. Un piano ben studiato, visto che l’Unione Europea lo ha adottato praticamente nella sua totalità come scheletro dell’analogo progetto di ricerca Formidable per collaborazioni nel campo del Risk management (per informazioni: www.formidable-project.org, il project manager è Marco Folino, [email protected]). Al momento il Formidable coinvolge gli stati a rischio sismico o vulcanico del sud Europa (Francia, Italia, Spagna e Grecia) e il prossimo giugno si concretizzerà in un’esercitazione internazionale a Modena e in una serie di altri convegni internazionali. Alla ricerca di un equilibrio tra l’intervento locale e la collaborazione Stato-comune e stato-stato. Il gruppo di Protezione civile di Legambiente Se il crescente contributo del Volontariato è uno degli aspetti più positivi nello sviluppo della rete nazionale di protezione civile, spicca per qualità e diffusione il contributo di Legambiente Italia. Prima ed unica associazione nazionale ambientalista che, sin dal 1997, si è dotata di una struttura operativa di protezione civile, Legambiente ha permesso con questa scelta a migliaia di suoi volontari di intervenire in tutte le ultime principali emergenze di protezione civile nel nostro Paese. Dal terremoto umbro, alle frane in Liguria, alle alluvioni nel nord-ovest della penisola. Legambiente interviene inoltre quotidianamente in tutta Italia con i suoi volontari nelle piccole emergenze comunali, provinciali e regionali. Nella lotta agli incendi, ad esempio. Oppure sul fronte della cultura dell’emergenza e della prevenzione. Organizzando esercitazioni, corsi di formazione, seminari e convegni; portando avanti sul territorio opere di prevenzione e di pianificazione al fianco degli Enti Locali; facendo conoscere i rischi che gravano sul territorio ed i comportamenti da adottare personalmente e collettivamente per affrontarli con progetti nelle scuole e campagne di informazione. Ad oggi sono oltre cinquanta i gruppi di Protezione Civile territoriali di Legambiente in tutta Italia. Si tratta di volontari specializzati nell’avvistamento e nello spegnimento degli incendi boschivi, nella tutela dei beni culturali in emergenza, nell’intervento legato ai rischi idrogeologico e sismico. Un elenco delle emergenze in cui ha portato il suo aiuto il Coordinamento Nazionale di Protezione Civile Legambiente (Per informazioni: Coordinamento Nazionale Protezione Civile Legambiente, Via Salaria 403 — 00199 Roma, Tel. 06/86268329 — Fax 06/86218474 e-mail: [email protected]): 1997 Sisma Umbria/Marche: oltre 500 volontari si sono adoperati nel mettere in salvo più di mille opere d’arte che rischiavano di essere irrimediabilmente danneggiate. 1998 Sarno: ai volontari campani si sono unite le squadre nazionali che hanno operato nell’area per oltre due mesi scavando nel fango nella ricerca dei sopravvissuti e per il ripristino della normalità. 1999 Albania: sin dai primi giorni di bombardamenti i volontari di Legambiente erano in Albania a gestire, al di fuori dalla Missione Arcobaleno, un campo profughi con oltre 1300 kosovari, riportandoli con una carovana di automezzi, alla fine della guerra, fino alle loro case. 2000 Piemonte e Valle d’Aosta: a meno di 24 ore dalla catastrofe oltre cento volontari erano presenti sui luoghi colpiti dall’onda di piena dei fiumi a spalare fango dalle case e dalle strade. Più 55 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia di 100 gli interventi portati a termine nel Comune di Ivrea, nella Valle dell’Orco e in Val Soana in Piemonte e a Donnas in Val D’Aosta. 2000 Liguria: a poche ore dalla dichiarazione dello stato di calamità i nostri volontari erano già in mezzo al fango sulla foce del fiume Magra e nel Parco nazionale delle Cinque Terre, in provincia di La Spezia, pulendo case dall’acqua, dai detriti e dal fango, rimuovendo alberi pericolanti lungo le strade, ripristinando il territorio dalle frane abbattutesi su alcune abitazioni. 2001 Vesuvio: oltre duecento bambini e ragazzi di Torre del Greco e di Torre Annunziata hanno partecipato, in occasione delle Tappe del Treno Verde e di Goletta Verde, a due "Cacce al Piano d’Emergenza". I partecipanti hanno risposto a domande legate alla conoscenza del rischio vulcanico e del territorio del Parco, percorrendo fisicamente le vie di fuga previste dal Piano d’Emergenza Vesuvio. 2001 Vicenza: oltre 60 i volontari specializzati sulla tutela beni culturali in emergenza intervenuti da tutta Italia in occasione del disinnesco dell’ordigno bellico ritrovato nel centro della città. In 10 giorni oltre 400 interventi di messa in sicurezza preventiva delle opere d’arte contenute nelle chiese e nei musei di Vicenza, mentre venivano evacuati 70.000 abitanti. 2001 Campagna Nazionale Antincendio Boschivo: dal 6 agosto al 15 settembre nei Parchi Nazionali del Gargano, dell’Aspromonte, della Calabria/Sila, del Vesuvio e dei Monti Sibillini, oltre 100 volontari hanno presidiato 27 postazioni di avvistamento fisse e mobili dalle 8 del mattino alle 20, segnalando, e permettendo un rapido spegnimento, 178 focolai d’incendio. 2002 Scudo Blu Unesco: I gruppi di volontariato di protezione civile specializzati nella salvaguardia dei beni culturali dai rischi naturali aderiscono allo Scudo Blu Italiano insieme alla Società Italiana per la Protezione dei Beni Culturali, all'ICOM Italia, dell’AIB, all’ANAI, all’ ICOMOS Italia, al Forum UNESCO, al Comando Tutela Patrimonio artistico dei Carabinieri. 2.3.4 Campania, quale protezione civile oltre il Piano Vesuvio? Situazione fluida in Campania sul fronte Protezione civile. La regione del terremoto in Irpinia, di Sarno e Quindici ha in corso dal dicembre del 2001 un drastico riordino del settore, fortemente voluto dalla Giunta Bassolino nell’ambito delle nuove autonomie regionali. Un progetto all’insegna della prevenzione dei rischi (ma anche più informatica, più volontariato, più coordinamento tra enti e altre regioni) che ha dato anche il varo definitivo alla fondazione dei centri di rilievo meteo e alla sala operativa centrale di protezione civile. “I primi sono in corso di allestimento – spiega Ernesto Calcara, dirigente del settore di protezione civile della Regione Campania, che si fregia anche della consulenza di Franco Barberi, tornato a tempo pieno vulcanologo e docente – ma sono già in funzione un centro funzionale pluviometrico e un centro meteo – fornito di una banca dati storica sugli eventi meteorologici – in collaborazione con l’Arpa Campania. La seconda potrebbe essere completamente operativa da giugno. Sarà una vera centrale operativa in cui affluiranno i dati della forestale, i servizi antincendio boschivi, il 118. Crediamo anche molto nel ruolo dei volontari. Entro fine anno – dobbiamo solo reperire i locali – sarà pronta una Scuola di formazione per volontari e funzionari della protezione civile. Primo esempio in Italia.” Ma i piani di emergenza locali a che punto sono? “Avanti 56 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia piano. C’è chi li ha già pronti. Chi in corso di mancanza di fondi, personali e strutture. Ci stanziati, ma solo per finanziare i mezzi-base stesura dei piani potremmo pensare invece a regionale.” allestimento. Chi dice di non farcela per chiedono fondi. La regione ne aveva di protezione civile. Per finanziare la uno stralcio della prossima Finanziaria Interessante in Campania l’attenzione alla prevenzione e il monitoraggio e la prevenzione del rischio idrogeologico (frane), e il progetto di utilizzo dei lavoratori socialmente utili qualificati per il funzionamento interno della struttura. Cercasi geologi e meteorologi. Il fiore all’occhiello resta naturalmente il Piano Vesuvio, il primo Piano di Emergenza elaborato a livello nazionale (www.protezionecivile.it/vesuvio/index). E’ stato approntato da una commissione che ha dovuto immaginare i rischi di un’eventuale eruzione. Secondo vulcanologi un’eruzione vesuviana prima o poi ci sarà, e sarà di forte intensità, paragonabile a quella, disastrosa, del 1631; ma una data naturalmente non c’è. Il Piano è funzione dello scenario, della densità abitativa, delle qualità delle infrastrutture territoriali, del comportamento della popolazione, ma anche dalle nuove scoperte scientifiche sul tema (living document). Opportuni provvedimenti amministrativi potranno modificare l’assetto urbanistico esistente, disincentivando insediamenti e prevedendo realizzazioni d’idonee vie di fuga. Importante anche la divulgazione del piano e il coinvolgimento delle popolazioni che, grazie anche al volontariato, stanno cominciando a diventare regolari, soprattutto nelle scuole. Il primo esempio è stato l'esercitazione del ’99 a Somma Vesuviana, quasi una “prima” nazionale del suo genere. Nel 2000 è seguita Trecase-Basilicata. Il Piano d'emergenza è strutturato in due parti: un Piano Generale, già pubblicato e in questo momento in fase d’aggiornamento, ed i Piani Particolareggiati, la cui stesura spetta ai singoli Comuni interessati dall'emergenza sullo schema del metodo Augustus. 57 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Ambiente e Legalità - Capitolo 4 Riuso sociale dei beni mafiosi e educazione al senso civico Già destinato alla collettività più di un terzo dei beni confiscati alla mafia. Un buon risultato che si spera debba migliorare in un prossimo futuro secondo il giudizio di "Libera", l'Associazione fondata a questo scopo da Don Luigi Ciotti nella prima metà degli anni '90. 2.4.1 Beni mafiosi: ridistribuirli, valorizzarli creando sviluppo è il modo più efficace per togliere terreno alla cultura criminale A fine ottobre 2001 ammontavano a 3297 i beni immobili confiscati alla mafia. Grazie alla legge 109 del 1996, che prevede la restituzione dei beni alla collettività, ne sono stati destinati 1205, dei quali quelli effettivamente consegnati ammontano a 610. Ancora poco, ma è già un buon risultato. Questo il giudizio di Libera, l’associazione fondata da Don Luigi Ciotti, che nella prima metà degli anni Novanta è stata alla guida del movimento che ha chiesto una normativa che consentisse il riutilizzo sociale dei beni confiscati ai mafiosi. La nuova legge si è dimostrata sicuramente più virtuosa delle precedenti normative, che dall'82 al '96 avevano consentito il recupero di soli 34 beni. Nel 1995 Libera ha raccolto un milione di firme con una petizione popolare intesa a riformare la Legge 575 sulla confisca dei beni mafiosi per riprendere in esame le proposte da tempo bloccate in Parlamento e, soprattutto, per creare nuove norme per l’uso sociale dei beni confiscati alle mafie. La petizione ha portato nel 1996 al varo della Legge 109 che, a tutt’oggi, rappresenta una delle più moderne forme di contrasto alla criminalità organizzata, aggredendo i patrimoni illecitamente accumulati dai soggetti condannati per reati di criminalità organizzata. “In poco più di quattro anni la legge ha permesso di utilizzare a fini sociali un patrimonio del valore di 239 miliardi di vecchie lire”, scrive Libera con legittima soddisfazione nel suo rapporto. “Rientrare in possesso di ciò che la mafia aveva sottratto alla collettività ospitando scuole, realtà lavorative, associazioni di volontariato, significa realizzare un recupero anche culturale: è l'indicazione di altre strade possibili, legali e civili per la vita e lo sviluppo”. Notevole il portato simbolico della nuova normativa. Secondo Libera, infatti, le mafie vanno colpite non solo nei loro interessi economici ma il frutto della loro attività criminale deve essere ridistribuito alla collettività in modo evidente, attraverso il riutilizzo dei beni a fini di sviluppo economico e sociale per rendere chiaro a tutti che una crescita diversa, senza illegalità e sopraffazione, è possibile e realizzabile. Libera oggi è impegnata anche per la gestione e valorizzazione dei beni confiscati e per una loro produttiva assegnazione, attraverso la presentazione di proposte concrete e la richiesta di un impegno adeguato alle autorità competenti. Nella ex casa di Totò Riina, a Corleone, ad esempio, oggi ha sede un Istituto tecnico per l'agricoltura dove ragazzi e 58 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia ragazze hanno la possibilità di imparare a curare produttivamente la propria terra; nei terreni di Bernardo Provenzano, nella zona di Castelvetrano, nasce l'olio di Libera, frutto del lavoro di ragazzi strappati al circuito della droga. La legge n. 109/96 classifica i beni confiscati alle mafie secondo tre categorie: beni mobili, immobili ed aziendali. Per i primi la legge stabilisce che debbano essere venduti o alienati gratuitamente se la vendita non è giudicata conveniente. Quanto ai beni immobili possono essere assegnati a strutture dello Stato per usi di protezione civile, ordine pubblico e giustizia oppure ai Comuni di pertinenza per usi sociali o perché li assegnino a loro volta ad associazioni, cooperative sociali e comunità di recupero per tossicodipendenti. I beni aziendali possono essere concessi in affitto - quando vi siano prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività produttiva - oppure venduti con la previsione di un diritto di prelazione agli affittuari e con una particolare attenzione alla eventuale creazione di cooperative di lavoratori dell'impresa in modo da salvaguardarne l'occupazione. 59 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Tabella 1 – Prospetto riepilogativo dei beni confiscati, destinati e consegnati, sul territorio nazionale distinto per provincia. Situazione al 9.10.2001 PROVINCIA AGRIGENTO ANCONA AREZZO ASTI AVELLINO BARI BELLUNO BENEVENTO BERGAMO BOLOGNA BRESCIA BRINDISI CAGLIARI CALTANISSETTA CASERTA CATANIA CATANZARO COMO COSENZA CROTONE CUNEO ENNA FERRARA FIRENZE FOGGIA FORLI' FROSINONE GENOVA GROSSETO L'AQUILA LATINA LECCE LUCCA MACERATA MESSINA MILANO LECCO MODENA NAPOLI PARMA PALERMO PAVIA PERUGIA PESCARA PISA PISTOIA POTENZA RAGUSA RAVENNA REGGIO CAL. ROMA SALERNO SASSARI SAVONA SIRACUSA TARANTO TORINO TRAPANI TREVISO VARESE VENEZIA VERCELLI VERONA VIBO VALENTIA VITERBO TOTALE BENI IMMOBILI 57 1 2 3 9 64 8 10 6 5 7 78 20 10 177 91 143 4 87 55 2 2 8 1 8 8 8 6 1 11 21 7 1 0 15 63 15 0 299 1 1147 8 0 3 1 3 3 10 3 325 148 67 16 2 5 17 55 134 2 1 15 3 12 1 2 3297 AZIENDE BENI MOBILI 0 0 0 0 5 15 0 7 0 0 0 5 0 0 17 25 2 2 3 0 0 2 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 1 15 16 1 101 0 26 0 0 0 0 0 0 1 0 16 46 17 0 0 0 0 5 8 0 0 0 0 0 0 0 337 BENI MOBILI REGISTRATI 44 0 1 0 23 89 0 9 0 0 3 21 0 1 16 36 34 3 28 0 8 11 30 0 0 9 0 5 0 0 1 8 0 2 0 81 8 0 96 0 450 7 1 0 1 1 21 16 0 52 149 77 0 1 0 42 73 51 0 0 10 0 5 0 0 1524 Fonte: Libera 60 34 0 0 0 39 460 0 4 6 0 22 49 0 0 52 168 55 2 18 0 0 9 2 0 3 0 0 4 0 0 0 8 0 0 0 56 17 0 480 0 230 0 0 0 0 0 0 10 0 140 112 110 0 0 0 18 25 1 0 0 13 0 10 0 0 2157 BENI BENI CONSEGNATI DESTINATI 17 15 0 0 0 0 0 0 5 0 38 20 0 0 0 0 2 0 0 0 3 0 15 11 19 19 4 3 80 59 62 47 114 1 1 1 64 8 16 3 2 0 0 0 4 3 1 1 4 0 0 0 0 0 1 0 0 0 1 1 12 1 2 1 1 1 0 0 13 11 25 3 8 7 0 0 33 14 0 0 302 145 8 8 0 0 2 0 0 0 1 1 3 0 3 3 0 0 196 153 23 2 37 22 0 0 0 0 2 1 13 13 25 2 15 8 0 0 1 1 13 13 3 0 10 8 1 0 0 0 1205 610 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia 2.4.2 Riformare la legge non nei principi ma nella struttura e nella forma: nuova petizione popolare promossa da Libera La legge ha prodotto con enorme successo i suoi risultati, dice Libera. Buoni risultati, pur tra mille difficoltà, sono stati raggiunti anche grazie al lavoro dal Commissario di governo, Margherita Vallefuoco, che si occupa dell’assegnazione dei beni agli enti locali: la Vallefuoco, in un incontro promosso da Legambiente, aveva avuto modo di sottolineare le difficoltà nell’assegnazione dei beni a causa anche della mentalità della pubblica amministrazione che tende a considerare questi gli immobili confiscati, spesso dopo dure attività investigative, come qualsiasi altro bene demaniale. Libera e tante associazioni, tra cui Legambiente, continuano a sostenere che la destinazione dei beni potrebbe ulteriormente migliorare. Sono, infatti, centinaia ancora i beni immobili confiscati definitivamente e non ancora assegnati. Se si pensa al valore di questi immobili si può comprendere l'opportunità che essi rappresentano per lo sviluppo del Paese ed in particolare del Mezzogiorno e della Sicilia (la sola provincia di Palermo contiene un terzo dei beni confiscati in tutta Italia). Libera, in una sua recente assemblea, si è posta il problema di come andare avanti per fronteggiare sostanzialmente alcuni rischi: è necessario continuare e migliorare costantemente la lotta ai patrimoni criminali da parte delle forze dell'ordine e della magistratura, perché ci sono tantissimi beni non ancora confiscati da recuperare alla collettività. In secondo luogo è necessario utilizzare tutti i beni fin qui confiscati. Infine si deve evitare di far ritornare i beni confiscati nella disponibilità delle organizzazioni criminali, attraverso riacquisti mascherati o assegnazioni sbagliate - per questo qualsiasi ipotesi di vendita diretta od indiretta non può che rivelarsi dannosa, sia perché nei territori controllati dai gruppi criminali i beni finirebbero per tornare sotto l'area d'influenza mafiosa. Gli obiettivi da porsi sono di diversa natura: Sulla base di queste considerazioni Libera ha organizzato un convegno a Venezia nell’ottobre scorso e nello stesso mese ha costituito l'Ufficio nazionale sui beni confiscati. Dai primi incontri del gruppo, si sono segnalate le difficoltà operative nell'applicazione della legge n. 109/96, così come la necessità di distinguere tra beni destinati a fini di utilità sociale e beni produttivi (la cui gestione è finalizzata alla produzione di prodotti da collocare sul mercato) e di promuovere progetti che si possano svincolare dallo straordinario e che acquistino invece normalità ed ordinarietà L’associazione ha deciso, proprio per raggiungere questi scopi, di lanciare una nuova petizione popolare per proporre delle modifiche non ai principi bensì alle forme ed alla struttura della legge n. 109/96: tra le richieste spicca l’individuazione di un unico soggetto amministrativo, costituito ad hoc, che possa occuparsi dei beni dal momento del sequestro sino a quello di assegnazione in modo da superare quelle lungaggini e difficoltà burocratiche che l'Agenzia del Demanio non è riuscita e in alcuni casi non ha voluto superare. In secondo luogo, si chiede che sia mantenuta l'impossibilità della vendita dei beni immobili confiscati e la loro attuale destinazione sociale, impedendo così che tornino attraverso prestanome in mano alle organizzazioni criminali e che sia istituito un albo degli amministratori per i beni sequestrati e confiscati in modo da garantire una maggiore trasparenza. 61 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia 2.4.3 L’olio antimafia A Castelvetrano, nel Trapanese, in due terreni confiscati ai boss Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro, nasce l’olio di Libera. Quarantasei ettari di dominio mafioso che ora, confiscati e restituiti alla collettività, danno lavoro e speranza a giovani strappati alla tossicodipendenza. È proprio su queste terre che la Casa dei Giovani, presieduta da padre Salvatore Lo Bue, sta realizzando da quasi due anni il Progetto Ritrovarsi, programma di reinserimento socio-lavorativo per ex-tossicodipendenti, che abbiano completato un Programma Terapeutico presso i Ser.T o le Comunità. L’impianto dell’Azienda agricola, condotta anche con l’aiuto della facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Palermo, ha portato a realizzare un olio extravergine di oliva chiamato LIBERA. I giovani che lavorano nel Progetto Ritrovarsi usufruiscono di borse lavoro. Gli psicologi della Casa dei Giovani seguono costantemente il percorso lavorativo/riabilitativo dei giovani mediante incontri settimanali. Era terra morta quella di Provenzano e Messina Denaro. Morta perché lasciata incolta per anni: sono così tanti gli spazi vuoti che è stato possibile piantare oltre 1.500 alberi di ulivo, senza colmarli del tutto. I ragazzi di padre Lo Bue continuano a lavorarla. Con una pala meccanica presa in affitto, cercano di spianare e di terrazzare gli avvallamenti nel terreno di Messina Denaro. Nel fondo è stato già realizzato un intervento di ristrutturazione della casa rurale, che accoglie oggi gli stessi ragazzi impegnati nel progetto. E’ stato, inoltre, costruita una serra di 800 mq oltre alla messa a dimora dei nuovi alberi. Da qualche mese è finalmente arrivato il minifrantoio. A fornirlo in comodato d'uso gratuito, è stato l’Ente Sviluppo Agricolo Siciliano. Il minifrantoio, non ingombrante e costoso come i frantoi classici, permette la spremitura a freddo delle olive e migliora la qualità del prodotto finale. "Il frantoio - ha detto Don Lo Bue - ci consente di cominciare a vedere in questa che è ancora una suggestione d’azienda, finalmente i caratteri dell’azienda vera e propria". L’olio è ricavato dalla famosa Nocellara del Belice, ed è di ottima qualità. Quest’anno, l’olio di Libera è stato consacrato in molte diocesi d’Italia: Acireale, Catania, Mazara del Vallo, Palermo, Trapani, Potenza, Ischia, Massa Marittima, Pisa, Torino e Vigevano - in occasione dell’apertura del triduo pasquale, con un senso, anche ecclesiale, che don Ciotti – presidente di Libera - ha così espresso: “Trasformare in strumento di salvezza ciò che in passato è stato strumento di violenza”. Per informazioni: Casa dei Giovani Corso Umberto I, 65 Bagheria (Pa) 90011 Tel. n. 091/903068 fax n. 091/906832 – e-mail: [email protected]. 62 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia 2.4.4 Il vino antimafia Dai vigneti coltivati su terreni di Sicilia confiscati alla mafia nasce il vino bianco “Tempio del Monte Jato” - nome che deriva dalla omonima Cooperativa Sociale costituita nel 1999 - che rappresenta il primo prodotto finito di una più ampia iniziativa imprenditoriale. Il vino prodotto è stato ricavato dalla coltivazione di circa 3 ettari di terreno da uve di varietà inzolia, catarratto e trebbiano. Le prime bottiglie con marchio proprio sono state prodotte per l’associazione Libera e successivamente per il Comune di Monreale con l’obiettivo di diffondere la conoscenza della sua qualità intrinseca e sulla sua origine e provenienza. L’iniziativa della Cooperativa è stata resa possibile grazie ad un contratto di comodato con il Comune di Monreale, che ha concesso a titolo gratuito due appezzamenti di terreno di circa 14 ettari con un fabbricato di circa 170 mq confiscato al mafioso Romualdo Agrigento, in contrada Perciana, distante circa 3 km dall’area urbana del Comune di San Cipirello e a circa 15 km dal centro abitato di Monreale. La Cooperativa si propone di perseguire la promozione umana e l’integrazione sociale dei cittadini mediante specifiche iniziative di tipo agricolo e agrituristico finalizzate alla formazione e alla integrazione lavorativa di persone in difficoltà, con particolare attenzione alle persone detenute ed ex detenute e ai disabili. Oltre al servizio di ristorazione e alloggio che si sta organizzando nel fabbricato già ristrutturato, sono previste le realizzazioni di un maneggio, un’area attrezzata per i camper, una struttura per attività sociali, un punto vendita di prodotti aziendali, una piscina, un’area attrezzata con parco giochi bambini e un campo bocce. Per informazioni: Cooperativa Tempio del MonteJato di Monreale (Pa), sign. Giuseppe Randazzo tel. n. 091/6251370 – 349/8536082. 63 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Educare alla legalità. L’esperienza di Libera a dieci anni dalle stragi di Capaci e di via D’Amelio (a cura di Jole Garuti) 23 maggio 2002: a dieci anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio proviamo a fare un bilancio e a chiederci se è cambiato qualcosa in meglio nella nostra società e nel mondo che prepariamo per le giovani generazioni. La risposta non può che essere negativa, soprattutto se guardiamo alle recenti norme e leggi italiane che vogliono in modo sfacciato la pacificazione con i corrotti e i corruttori, con gli esportatori di capitali illegali o con i costruttori abusivi, ad esempio sulle dorate spiagge di Sicilia. Rispetto al 1992 l’unico vantaggio è che forse dei fenomeni e delle organizzazioni criminali sappiamo qualcosa di più’, così da poterci difendere e non essere coinvolti. Ma bisogna continuare a leggere, studiare, voler capire, distinguere tra veri e falsi garantisti, tra veri e falsi diffusori di notizie. Segnali positivi ce ne sono? Sì. La presa di coscienza, prima timida e poi via via più incisiva, di molti giovani che hanno ricominciato a occuparsi dei problemi della nostra società, che chiedono speranza di vita e giustizia per tutti gli esseri viventi del pianeta, chiedono uguali diritti e rispetto per tutte le culture e le religioni, per l’ambiente. In Italia come in altri paesi, in Europa come in altri continenti. Il rispetto per l’ambiente è forse l’elemento visivamente unificante: fa impressione scoprire che i ragazzini di Santo Domingo a scuola studiano come proteggere le rive del loro fiume Osama dal degrado ambientale, esattamente come i ragazzini della Sicilia o della Calabria fanno per i loro boschi e fiumare, o che in Messico o in Grecia gli studenti si impegnano in ricerche sull’uguaglianza dei diritti e doveri dei cittadini, proprio come i ragazzi delle centinaia di scuole italiane che realizzano progetti di educazione alla cittadinanza, alla legalità e alla democrazia ispirati da Libera e dalla sua Banca Dati (www.libera.it) Dopo alcune traversie Libera ha ottenuto dal Ministero della Pubblica Istruzione l’accreditamento per organizzare corsi di aggiornamento per docenti di ogni grado di scuola. Per le zone dove Libera ha già lavorato e per le scuole che hanno aderito all’associazione non cambia nulla, tranne che non si dovrà più aspettare l’autorizzazione dell’Ufficio Scolastico Provinciale per realizzare i corsi. Ma per quelle scuole nelle quali la sensibilità è meno forte e dove non siamo ancora entrati qualcosa potrà cambiare, autonomia scolastica permettendo. L’educazione alla legalità, alla cittadinanza e alla democrazia è certamente un grande antidoto contro il contagio mafioso. L’uguaglianza dei diritti (e dei doveri) sancita dall’art. 3 della Costituzione è una barriera impermeabile alla mentalità e all’arroganza mafiosa. I diritti non devono essere mendicati come favori, ma se ne deve pretendere il rispetto, dicevano le donne del Comitato dei lenzuoli di Palermo nell’estate 1992. Far conoscere il significato delle leggi, la loro nascita, la loro storia, approfondirne il valore permette ai giovani cittadini di condividerne l’assunto o, invece, di volerne la modifica. In democrazia questo è permesso, ci sono regole precise per ottenerlo, ci si può e ci si deve organizzare per riuscirci. Non serve un’obbedienza cieca, ma un rispetto consapevole e responsabile. Quanto al modello di vita che piace ai giovani (e non solo), occorre spiegare che le scenette diffuse a pieno video che sanno di magia hanno puro scopo commerciale: non è vero che chi possiede certi oggetti, di solito costosi, chi si veste, mangia e beve in un determinato modo (naturalmente con auto e cellulare) ottiene l’amore di fanciulle da sogno o di giovanotti simpatici e prestanti. Sarà bene far capire ai nostri ragazzi che la simpatia e l’amore si conquistano con la propria simpatia e gentilezza, con la propria personalità, con la propria cultura. Le industrie devono vendere i loro prodotti, ovvio, ma del denaro è bene fare un uso responsabile e attento. Il prossimo progetto didattico di Libera sarà proprio incentrato su questo problema: penso che molti adulti ce ne saranno grati. 64 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Impresa - Capitolo 5 L’anima buona delle imprese (a cura di Antonio Tencati) In forte crescita in Italia il numero delle imprese che operano nel rispetto dell'ambiente e nella solida convinzione del proprio ruolo sociale. Le parole chiave dell'impresa "virtuosa" e la posizione del nostro paese all'interno della Comunità Europea. 2.5.1 Progressi nella responsabilità sociale delle imprese in Italia Riflettendo sui comportamenti virtuosi degli italiani non possiamo eludere il sistema impresa. Le aziende sono strettamente integrate e correlate con il contesto sociale e culturale del nostro paese, e le scelte di politica aziendale determinano effetti non solo internamente all’organizzazione ma soprattutto all’esterno, verso la comunità e l’ambiente. Alle imprese oggi più che mai si chiede di favorire uno sviluppo sostenibile, intendendo per sostenibilità il corretto utilizzo di tutte le risorse aziendali: ambientali, umane, sociali e finanziare. Questo significa responsabilità sociale delle imprese. In particolare, l’impresa responsabile, per poter sopravvivere nel tempo e creare valore, deve saper coinvolgere diversi stakeholder, ossia i portatori d’interessi nei confronti dell’impresa stessa: ?? ?? ?? ?? ?? ?? ?? ?? ?? ?? dipendenti e collaboratori; soci/azionisti, clienti; fornitori; Stato, enti locali e pubblica amministrazione; finanziatori; concorrenti; distributori; collettività; movimenti d’opinione; media. Maggiore è l'impegno in campo sociale dimostrato concretamente dall'impresa, più ampio è il grado di legittimazione conseguibile e più forte è il suo ruolo di motore dello sviluppo, anche civico, della comunità cui appartiene. Esistono numerose definizioni di Corporate Social Responsibility (CSR). La più interessante è quella fornita dall’Unione Europea. Il 18 luglio 2001 la Commissione ha pubblicato il Libro verde “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese”. L’Unione Europea affronta questo argomento, perché la responsabilità sociale delle imprese potrebbe fornire un contributo positivo all’obiettivo strategico definito a Lisbona di “divenire la più competitiva e dinamica knowledge-based economy del mondo, in grado di produrre una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”. Il Libro verde intende proprio stimolare un dibattito sulle modalità attraverso cui l’UE potrebbe promuovere la 65 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia corporate social responsibility a livello sia europeo che internazionale, sfruttando al meglio le esperienze esistenti, favorendo lo sviluppo di prassi innovative, migliorando la trasparenza e rafforzando l’affidabilità delle varie iniziative realizzate in Europa. Il documento propone un approccio basato su partnership più strette tra tutti gli attori interessati (imprese, soggetti pubblici, parti sociali, ONG). La Commissione, sulla base del processo di consultazione avviato con la presentazione del Libro verde e conclusosi formalmente il 31 dicembre 2001, vuole giungere alla redazione di un White Paper. Nel documento si legge che "il concetto di responsabilità sociale delle imprese significa essenzialmente che esse decidono volontariamente di contribuire a una società migliore e a un ambiente più pulito". Per rispondere in maniera adeguata alle pressioni provenienti dal contesto in cui sono inserite, le aziende possono perseguire in maniera coordinata obiettivi economici, sociali ed ambientali, integrando la CSR come priorità strategica nelle proprie politiche, nei propri strumenti di gestione e nelle operations. Ciò significa andare oltre il semplice rispetto della normativa ed investire di più nel capitale umano, ambientale e sociale. Secondo la Commissione, la responsabilità sociale delle imprese si articola in una dimensione interna, che comprende la gestione delle risorse umane, la salute e la sicurezza sul lavoro, le ristrutturazioni organizzative, il management dell’ambiente e delle risorse naturali, ed una dimensione esterna, che si estende oltre il perimetro aziendale e riguarda la comunità locale, i business partner, i fornitori, i clienti, i consumatori, il rispetto dei diritti umani lungo tutta la filiera produttiva, la questione ecologica a livello internazionale e globale. Adottando proprio la definizione di responsabilità sociale delle imprese proposta dalla Commissione europea, in questa sezione si è voluto analizzare il grado di senso civico delle aziende italiane (corporate citizenship), utilizzando alcuni indicatori del loro effettivo impegno a favore della collettività e dell’ambiente. Abbiamo così individuato i dati oggettivi che meglio esplicitano la responsabilità ambientale e sociale delle imprese in Italia ricercando un confronto con gli altri paesi della Comunità Europea. Essi riguardano: le certificazioni/registrazioni secondo ISO 14001 e EMAS (dimensione ecologica); Ecolabel (dimensione ecologica e attenzione alla qualità dei prodotti e alla sicurezza dei consumatori); SA 8000 (controllo della filiera produttiva e rispetto dei diritti umani); i bilanci sociali, ambientali e di sostenibilità (gestione delle relazioni con gli stakeholder e la comunità locale e maggiore trasparenza nei processi di comunicazione dei risultati aziendali). 66 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia 2.5.2 Le parole chiave dell'eco-industria Nel sistema industriale raggiungere l’obiettivo dello sviluppo sostenibile significa, per quanto riguarda la dimensione ambientale, incentivare l’ecoefficienza. Un primo passo è rappresentato dalla certificazione/registrazione ambientale e cioè da una crescente diffusione dei sistemi di gestione dell’impatto ambientale secondo gli standard ISO 14001 ed EMAS. Le aziende, una volta certificate, garantiscono il pieno rispetto della qualità ambientale per quanto attiene la produzione di rifiuti e scarichi, il controllo delle emissioni e dei rumori, la riduzione dei consumi di acqua, energia e materie prime. L’attenzione alla compatibilità ecologica è diretta al miglioramento del ciclo produttivo ma, anche, ad accrescere la credibilità e l'accettabilità dell'impresa nella società, non solo producendo prodotti con minor impatto ambientale, ma anche utilizzando in modo corretto le risorse naturali. La diffusione dei sistemi di gestione ambientale e dei diversi standard ha avuto un andamento diverso nelle regioni italiane raggiungendo, nel mese di gennaio 2002, 1401 siti certificati ISO 14001 e 83 registrazioni EMAS. Grafico 1 - EMAS e ISO 14001 in Italia Iso 14001 Emas Liguria Toscana Lazio 350 300 250 200 150 100 50 0 Iso 14001 Emas Emilia Lombard Piemont Campani Romagn Veneto ia e a a 309 139 129 26 6 25 125 Puglia Abruzzo Sicilia Trentino Friuli Sardegn Alto Venezia Marche a Adige Giulia 125 86 71 63 61 60 56 33 30 24 8 1 3 2 2 1 3 3 1 1 19 Molise Calabria 18 15 Basilicat Valle Umbria a d'Aosta 12 6 2 1 Fonte: Sincert, ANPA 2.5.2.1 ISO 14001 Al 31 gennaio 2002, Sincert contava 1.115 certificazioni per un totale di 1.401 siti certificati (un certificato può essere relativo a più siti). Tra il 1999 e il 2000 si segna un incremento del 116% passando da 247 aziende certificate a 533, mentre nell'ottobre 2001 si è raggiunta quota 840 con una variazione del 58% pari a 307 unità. L'avvio del 2002 fa ben sperare se si considera che al 30 aprile 2002 i certificati rilasciati sono cresciuti arrivando a 1.531. Come mostra il seguente grafico anche i dati sui siti hanno compiuto un percorso di crescita analogo e progressivo a quello delle certificazioni. 67 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Grafico 2 - Evoluzione nel tempo certificazioni ISO 14001 Siti certificati Certificati 1600 1401 1400 1108 1200 1000 1115 840 717 800 533 600 334 400 247 200 0 31.12.99 31.12.00 30.10.01 31.01.02 Nota: un certificato può coprire più siti. Fonte: Sincert La ripartizione per settore economico dei siti certificati evidenzia un progressivo aumento della diffusione di ISO 14001 nelle attività rivolte alla produzione di beni di consumo, nel settore dell'energia e della chimica. Significativo il dato relativo ai servizi pubblici che al 31 gennaio 2002 segna un passo avanti di 34 unità. 68 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Tabella 1 – Ripartizione per settore economico dei siti certificati Iso 14001 Settore accreditamento Prod. Elettrici Chimica Alimentari,bevande,tabacco Metalli Energia elettrica Servizi pubblici Gomma, plastiche Prod. Meccanici Auto, moto, ecc. Commercio Gas Mat. Non metallici Mobili Ristorazione, alberghi Logistica Servizi all'azienda Servizi Carta Edilizia Farmaceutica Estrazione minerali Recupero,riciclo Agricoltura,pesca Calce,gesso, ecc. Tessile Coke,petroli Acqua Legno Tipografia P.A. Consulenza Tecnologia dell'informazione Navali Sanità Aeromobili Riparazione auto, ecc. Cuoio Poste e telecomunicazioni Totale 31-dic-99 31-dic-00 31-ott-01 31-gen-02 77 101 11 13 35 6 14 6 13 0 4 5 0 0 13 4 0 3 1 2 4 5 0 1 4 1 3 0 2 0 3 1 2 0 0 0 0 0 334 112 150 39 55 85 26 22 20 28 3 8 13 9 2 31 8 0 5 7 9 13 11 2 5 5 4 16 7 6 2 5 2 3 2 0 0 0 2 717 143 141 77 92 123 54 55 38 41 35 33 23 22 13 19 17 22 19 15 13 16 13 9 12 10 10 14 1 9 2 7 3 3 2 1 0 1 0 1108 166 146 133 132 123 88 69 59 49 49 32 29 26 25 25 25 23 21 19 18 17 16 14 14 13 12 11 10 9 9 8 4 3 2 1 1 0 0 1401 Fonte: Sincert La tabella seguente evidenzia la distribuzione geografica dei siti che, al 31 gennaio del 2002, risultano certificati rispetto alla norma ISO 14001. In totale sono 1401, di cui: 828, pari al 59,1% del totale, nel solo Nord Italia, 230 nelle sei regioni centrali (16,4%), 238 per le aree meridionali con il 17%, 87 nelle isole (6,2%), 18 non definiti (1,3%). In vetta la Lombardia con 309 siti ed ultima classificata la Valle d'Aosta con 2. 69 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Tabella 2 – Distribuzione geografica dei siti Iso 14001 Regione Lombardia Piemonte Emilia Romagna Campania Veneto Puglia Abruzzo Sicilia Liguria Toscana Lazio Trentino Alto Adige Friuli Venezia Giulia Sardegna Marche Molise Calabria Basilicata Umbria Valle d'Aosta non definita Totale 31-dic-99 31-dic-00 31-ott-01 31-gen-02 128 219 271 309 36 72 116 139 21 45 92 129 12 43 73 125 34 55 105 125 11 39 59 86 26 40 54 71 8 15 44 63 7 37 53 61 4 25 47 60 12 36 45 56 1 22 34 33 9 14 30 30 7 10 17 24 2 8 12 19 4 6 12 18 3 6 10 15 1 5 10 12 1 5 5 6 1 0 1 2 7 2 18 335 704 1090 1401 Fonte: Sincert Se si allarga lo sguardo alla situazione europea, utilizzando per il confronto i dati internazionali disponibili, risulta che, pur rimanendo lontana dalle capolista della classifica continentale, Gran Bretagna e Germania, l'Italia conquista il quinto posto in Europa per la certificazione ambientale. Dal 2000 a gennaio 2002 l'Italia ha più che raddoppiato il numero di aziende certificate secondo lo standard ISO 14001, passando da 410 a 1108, pari a quasi il 7% del totale UE. L'Italia sale quindi dall'8° al 5° posto nella graduatoria europea che tuttavia resta dominata, con un forte distacco, dalla Germania con 3.380 certificazioni, seguita a breve distanza dalle 2.500 del Regno Unito, dalle 2.070 della Svezia e dalle 2.064 della Spagna. I numeri sono contenuti rispetto agli altri paesi europei ma in continua progressione a conferma che una cultura imprenditoriale basata sulla garanzia di uno sviluppo ecocompatibile piace a sempre più alle aziende, perché crea vantaggi e opportunità non solo in termini di immagine, ma anche di risparmi e razionalizzazione dei processi produttivi. 70 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Tabella 3 – Evoluzione delle certificazioni ISO 14001 in Europa 1997 1999 2000 Gen-02 % tot. 2002 Germania 320 1.460 2.300 3.380 20,5% Gran Bretagna 440 1.009 1.400 2.500 15,2% Svezia 78 950 1.123 2.070 12,6% Spagna 18 309 430 2.064 12,5% Italia 35 166 410 1.108 6,7% Francia 26 367 587 1.092 6,6% Olanda 230 475 656 942 5,7% Danimarca 42 350 444 918 5,6% Svizzera 90 418 n.d. 762 4,6% Finlandia 27 214 n.d. 678 4,1% Austria 60 200 223 223 1,4% Norvegia 20 90 n.d. 297 1,8% Altre 53 250 223 223 2,7% Totale 1.439 6.258 7.573 16.477 100% n.d. - non disponibile Fonte: Elaborazione Legambiente su dati Isoworld; Sole 24 Ore 2.5.2.2 EMAS EMAS significa Eco-Management Audit Scheme, sistema di Eco-Gestione e Verifica, in pratica uno strumento utile alle aziende per pianificare, ottimizzare e migliorare il proprio impatto ambientale. Si tratta di uno schema di adesione volontaria aperto a tutte le organizzazioni (aziende agricole, del settore industriale, dei servizi, enti pubblici) per la gestione dei processi aziendali. Istituito dalla Comunità Europea nel 1993 e rinnovato nel 2001, è stato creato per diffondere crescenti miglioramenti dell’efficienza e delle prestazioni ambientali delle imprese, riservando maggiori garanzie alla sicurezza, ai rapporti con il pubblico e le istituzioni e all’intera gestione aziendale. Per ottenere la registrazione, le organizzazioni devono rispettare alcuni requisiti previsti dal regolamento: primo fra tutti l'impegno del vertice aziendale al sistematico rispetto della legislazione ambientale e alla definizione di obiettivi di miglioramento ambientale, che devono essere programmati, quantificabili, conseguibili e verificabili. In Italia i numeri sono esigui, anche se lentamente in aumento. Negli ultimi cinque anni, l’Italia da un numero di registrazioni pari a 1 raggiunge quota 83. Dopo un primo exploit nel 1998 segnato da un incremento del 1200% l’Italia continua gradualmente la sua crescita seppur, in termini di valori assoluti, con modestia. Si determina, infine, nel 2001 un incremento del 97,6% pari a 41 unità. Grafico 4 - Registrazioni in Italia Emas 100 83 50 0 1 1997 13 1998 Fonte: Anpa 71 25 1999 42 2000 2001 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Solo nell'ultimo periodo, da settembre a dicembre 2001, l’Italia segna una crescita del 22% passando da 68 ad 83 registrazioni EMAS diffuse per la maggior parte in Lombardia (31,3%) ed Emilia Romagna (30,1%), cui seguono il Veneto (9,6%), il Piemonte (7,2%), il Trentino A.A., Lazio e Abruzzo con il 3,6%, la Liguria e la Sicilia con il 2,4% ed infine Friuli V. Giulia, Toscana, Molise, Puglia e Sardegna con l’1,2% sull’intero totale. Grafico 5 - Distribuzione geografica set-01 feb-02 30 25 20 15 10 5 0 Lombar Emilia Piemont Trentino Friuli V. Veneto Lazio Abruzzo Liguria Sicilia Toscana Molise dia R. e A.A. G. Puglia Sardegn a set-01 23 19 7 6 2 3 2 1 2 1 1 0 1 0 feb-02 26 25 8 6 3 3 3 2 2 1 1 1 1 1 Fonte: Anpa Secondo la classificazione delle organizzazioni registrate, effettuata in base ai codici di identificazione NACE e disponibile sul sito Anpa al 14 febbraio 2002, crescono i produttori alimentari e di bevande (13), segno di una maggiore sensibilità alle tematiche ecologiche di questi settori anche per le crescenti pressioni dei consumatori, che si affiancano alle industrie dell’energia (23) e della chimica (17) e al comparto dello smaltimento dei rifiuti e del riciclaggio (11). 72 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Tabella 4 – Ripartizione secondo i codici Nace delle organizzazioni registrate EMAS 1997 Energia Prodotti chimici Produzione alimentari e bevande Recupero e riciclaggio Smaltimento rifiuti e simili Prodotti non metalliferi Trasporti e comunicazioni Prodotti elettrici Prodotti meccanici Mezzi di trasporto Industrie tessili e abbigliamento Trattamento combustibili nucleari Articoli gomma e plastica Prodotti in metallo Attività professionali e imprenditoriali Pubblica amministrazione Totale 1998 1999 4 1 1 2 1 2 1 1 2000 2001 3 4 1 6 6 1 1 1 2 Totali 14 3 10 10 10 4 4 1 1 1 1 1 1 1 12 14 1 1 19 55 23 17 13 11 11 9 4 3 2 2 1 1 1 1 1 1 101 Fonte: Elaborazione Legambiente su dati Anpa Nota: Il totale dei codici Nace attribuiti è superiore al numero delle organizzazioni registrate perché queste possono rientrare in più categorie Nace. Anche in questo caso è opportuno analizzare la diffusione di EMAS nei paesi della Comunità europea. Al 31 dicembre 2001 l’EMAS Helpdesk registra la certificazione di 3928 siti, di cui il 69% appartiene alla sola Germania (2692) a seguire con valori sicuramente più modesti l’Austria 360 siti (9%), la Svezia (211 pari al 5%), la Danimarca (174, 4%), la Spagna (154, 4%), il Regno Unito (78, 2%), l’Italia con 68 siti pari al 2%, la Norvegia (64, 2%), la Finlandia (36, 1%), la Francia (35, 1%), l’Olanda (25, 1%), ed infine Belgio, Irlanda, Grecia, Portogallo, Lussemburgo che insieme chiudono con l''1%. l'Italia conquista il settimo posto in Europa pur rimanendo complessivamente esiguo il numero di soggetti certificati, solo 68, rispetto al leader di settore, la Germania, che conta 2692 unità. Inoltre, appare interessante mostrare come si è sviluppata nel tempo, in Europa, l’adesione ad EMAS. Questa Tabella, infatti, consente di evidenziare la forte accelerazione che ha subito negli ultimi anni il processo di diffusione di EMAS nel nostro Paese. Ciò ha consentito all’Italia di recuperare, almeno in parte, un ritardo significativo rispetto alle nazioni del Centro-Nord Europa a maggiore sensibilità ambientale. 73 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Tabella 5 – Evoluzione delle registrazioni EMAS in Europa ago-99 2.085 189 155 102 70 58 36 33 23 20 18 9 7 2 1 2.808 Germania Austria Svezia Danimarca U.K. Norvegia Spagna Francia Paesi Bassi Finlandia Italia Belgio Irlanda Portogallo Grecia Totale giu-00 2.485 275 185 142 73 64 55 37 26 30 26 nd 6 nd 1 3.405 ott-01 2.523 359 211 174 78 64 151 35 27 36 68 nd 8 nd nd 3.734 Var. % 99/01 21% 90% 36% 71% 11% 10% 319% 6% 17% 80% 278% Nd 14% Nd Nd 33% Fonte: Rapporto Ambiente Italia A conclusione del paragrafo può essere opportuno porre a confronto le modalità di diffusione delle certificazioni ISO 14001 e delle registrazioni EMAS in Italia. Grafico 7 - Diffusione di Iso e Emas Iso 14001 Emas 1108 1200 1000 800 600 410 400 150 200 68 26 18 0 agosto 99 giugno 00 ottobre 01 Fonte: Elaborazione Legambiente su dati Sincert, Rapporto Ambiente Italia Le imprese italiane si orientano, in prevalenza, verso lo standard ISO 14001 per la sua maggiore semplicità. In ogni caso, il regolamento EMAS II introdotto nel 2001 dovrebbe favorire una più ampia adesione da parte delle organizzazioni italiane ed europee anche grazie al più forte coordinamento con la stessa ISO 14001. 74 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia 2.5.2.3 Ecolabel Il sistema volontario Ecolabel, introdotto dalla Comunità Europea con il primo Regolamento 880/92 e poi con le nuove regole 1980/2000, è volto ad incentivare la presenza sul mercato di prodotti “puliti” cioè a basso impatto ambientale. I prodotti, riconoscibili dal consumatore grazie al marchio della margherita, devono rispondere a requisiti ecologici ben precisi valutati sull’intero ciclo di vita. L’etichetta rappresenta per tutti i consumatori una fonte d’informazione credibile (è valida in tutta Europa) e indispensabile per testimoniare con un acquisto la propria scelta di sostenibilità. Negli ultimi quindici mesi il "fiore europeo" registra un successo positivo; solo nell'ultimo anno sono state 40 le imprese che hanno ottenuto il marchio e anche il 2002 è iniziato sotto i migliori auspici portando l'etichetta a 10 aziende. La Commissione delle comunità europee ha adottato un piano di lavoro per stabilire la strategia di sviluppo del marchio comunitario di qualità ecologica nei prossimi tre anni. Il programma incorpora oltre, agli obiettivi di miglioramento dell'ambiente e di penetrazione nel mercato, lo sviluppo dei gruppi di prodotto. Tabella 6 - Evoluzione del marchio Ecolabel dal 1996 a Marzo 2002 nei paesi della Comunità Europea. Anno Nr. aziende 1996 7 1997 5 1998 7 1999 13 2000 20 2001 40 Mar-2002 10 Totale 102 Fonte: BDA-Ecolabel Tabella 7 - Numero delle imprese della UE licenziatarie del marchio Ecolabel (Marzo 2002) B Lavastoviglie Frigoriferi Vernici per interni Ammendanti Carta tessuto Carta copia Detersivi per lavastoviglie Detersivi per bucato Lampade elettriche Tessili Calzature Materassi Detersivi a mano per piatti Totale Dk D 1 2 El 1 Es 4 5 F Irl 1 5 6 1 1 1 1 1 1 2 22 Nl Pt Uk Sv Fi 7 1 1 1 1 1 16 I 4 1 5 1 1 2 1 8 3 5 1 1 9 12 20 Fonte: BDA-Ecolabel 75 2 1 1 3 3 1 18 1 1 2 3 1 2 8 1 Tot 1 2 26 7 8 2 6 3 1 37 4 4 1 102 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Tabella 8 - L’Italia risulta essere al terzo posto all’interno dell’Unione Europea con 18 aziende. Paese DANIMARCA FRANCIA ITALIA SPAGNA GRECIA SVEZIA PORTOGALLO BELGIO GERMANIA OLANDA UK FINLANDIA IRLANDA Nr. Aziende 22 20 18* 12 9 8 3 2 2 2 2 1 1 % tot 22% 20% 18% 12% 9% 8% 3% 2% 2% 2% 2% 1% 1% * Esselunga è inserita due volte con due gruppi di prodotto diversi Fonte: BDA-Ecolabel Nella UE sono state concesse fino ad oggi 102 licenze per circa 572 articoli o modelli soprattutto nei gruppi di prodotto come vernici, tessili e calzature. Le categorie dei prodotti etichettabili fissati dalla UE sono, ad oggi, 19. Nel prossimo futuro, ossia entro il 2005, la comunità prevede di portarli a 35. I 19 gruppi di prodotti per cui sono stati definiti i criteri per l’assegnazione dell’ecolabel sono: Tessuto carta, Lavastoviglie, Ammendanti, Materassi, Pitture e vernici, Calzature, Prodotti tessili, Personal computer, Detersivi bucato, Detersivi lavastoviglie, Carta copie, Lampadine, Computer portatili, Frigoriferi, Lavastoviglie, Detersivi multiuso e per servizi sanitari, Detersivi per piatti lavaggio a mano, Televisioni, Coperture dure per pavimenti. A fine ’99 in Italia esisteva una sola azienda (Cartiera Lucchese) che aveva ottenuto il marchio per un tipo di prodotto (carta tessuto). Oggi si registrano 17 aziende che lo hanno in concessione per 7 gruppi di prodotti per un totale di 236 prodotti. Tabella 9 - Aziende e numero articoli/modelli etichettati Ecolabel (25 marzo 2002) Gruppo Prodotti Calazature Carta per Copie Detersivi per Lavastoviglie Detersivi per bucato Prodotti tessili Tessuto Carta Pitture e Vernici Totale Azienda Calzaturificio Fratelli Soldini Industie Calzature Calzaturificio Relax &C. Continental Paper Heto General Detergent Biochimica I.C.E.FOR Esselunga Esselunga Madival Manifatture Filati Riunite Carpe Diem Tessile Cartiera Lucchese Industrie Cartarie Tronchetti Trascarta Delicarta Spa Baldini Vernici Fonte: Ministero dell’Ambiente 76 Nr. Prodotti/Modelli 64 8 8 2 2 3 2 2 1 1 14 5 20 74 10 4 4 12 236 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia In sintesi viene di seguito presentato il quadro dell’evoluzione di Ecolabel in Italia. Grafico 10 - Evoluzione Ecolabel in Italia N. mar-02 236 gen-02 145 lug-01 107 feb-01 66 ago-00 53 dic-99 lug-98 9 2 Fonte: Elaborazione Legambiente su dati Anpa 2.5.2.4 SA 8000 SA 8000 (Social Accountability 8000), due lettere e quattro numeri che possono mettere in ginocchio una multinazionale, che non assicuri il rispetto di norme e comportamenti che riguardano il lavoro e i diritti umani di uomini, donne e soprattutto bambini. E’ nel 1997 che la Social Accountability International mette a punto lo standard chiamato SA 8000. Tale modello elenca i requisiti per un comportamento socialmente onesto e equo dell’impresa e della filiera di produzione verso i lavoratori. In particolare gli standard di performance, che le aziende e i propri fornitori devono impegnarsi a mantenere, riguardano: ?? lavoro minorile e infantile; ?? lavoro coatto; ?? salute e sicurezza; ?? libertà d'associazione e diritto alla contrattazione collettiva; ?? discriminazione; ?? provvedimenti disciplinari; ?? orario di lavoro; ?? stipendio. A febbraio 2002 i paesi in cui è attivo questo standard sono 24 e 117 le imprese che hanno certificato la propria attività, la maggior parte delle quali, come mostra la figura, localizzate in Cina. Da fine 2001 ad oggi l'evoluzione di SA 8000 ha registrato un aumento del 38% passando da 85 agli attuali 117. Il nostro paese mantiene la seconda posizione, già conquistata nel 2001 con 18 unità, raggiungendo quota 21. 77 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Grafico 11 - Diffusione per paesi SA 8000 Finlandia 1 Malesia 1 Slovenia 1 Grecia 1 Giappone 1 USA 1 Olanda 1 Bangladesh 1 Sud Africa 1 Polonia 2 Filippine 2 Corea 3 Francia 3 Regno Unito 3 Spagna 3 Turchia 4 Pakistan 5 Brasile 5 6 Thailandia India 7 Vietnam 7 Indonesia 7 Italia 21 30 Cina 0 5 10 15 20 25 30 35 Fonte: Elaborazione Legambiente su dati CEPAA I settori merceologici di appartenenza delle società certificate, come documentato dal grafico 12, sono venti tra cui prevalgono le aziende del comparto manifatturiero. 78 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Grafico 12 - Settori merceologici SA 8000 1 1 Metalli Ente pubblico 2 2 2 2 2 Trasporti Plastica Rifiuti Immobiliare Auto 3 3 Elettronica Chimica 4 4 Servizi Edilizia 5 Mat. Sanitario 6 6 6 Accessori Agricoltura Cosmesi 7 7 Casalinghi Consulenza 9 Alimentare 12 Giocattoli 33 Tessile 0 5 10 15 20 25 30 35 Fonte: Elaborazione Legambiente su dati CEPAA Sulla totalità delle certificazioni SA 8000, il 63% appartiene all'Asia, suddiviso in: Cina 30 unità, Vietnam, l'Indonesia e India 7, seguono Thailandia 6, Pakistan 5, Turchia 4, Filippine 2, Corea 3, Giappone, Malesia e Bangladesh 1. L'Europa conquista il 31%: capolista l'Italia con 21 certificazioni, a distanza con 3 unità Francia, Regno Unito e Spagna, Polonia a 2 ed, infine, con una Finlandia, Slovenia, Grecia e Olanda. Il Brasile con 5 certificazioni raccoglie il 4% mentre gli Stati Uniti ed il Sud Africa con una sola certificazione raggiungono l'1%. 79 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Coop Italia, prima nel nostro Paese ad ottenere SA 8000 Coop Italia è la centrale che svolge attività di acquisti, marketing e controllo qualità al servizio delle cooperative associate. Presidia oltre 3.000 fornitori di prodotti alimentari e non-alimentari, in ogni parte del mondo. Coop Italia è la prima azienda europea ad aver ottenuto la certificazione SA 8000 (dicembre 1998). In primo luogo, essa ha applicato le norme dello standard al proprio interno. Successivamente, ha coinvolto nel progetto etico tutti i fornitori dei prodotti a marchio Coop. In questo ambito: ?? ha definito la propria politica di responsabilità sociale, con l’impegno a rispettarla e a comunicarla all’esterno; ?? ha stabilito un codice di condotta che i fornitori devono accettare; ?? ha predisposto un questionario di autocertificazione a cui i fornitori devono rispondere; ?? ha richiesto ai fornitori di accettare verifiche ispettive; ?? i fornitori trovati in difetto devono accettare un piano di miglioramento concordato con Coop Italia; ?? ha definito e messo in atto procedure documentali per la gestione dello standard SA 8000; ?? ha eletto rappresentanti SA 8000 dei lavoratori; ?? ha attuato un processo di formazione su SA 8000 per tutti i dipendenti. Nei primi tre anni di applicazione di SA 8000 sono stati ottenuti sensibili miglioramenti nelle condizioni di lavoro presso le aziende ispezionate sia in Italia sia all’estero (Romania, Turchia, Cina) per quanto riguarda i salari, le discriminazioni e la sicurezza. In particolare, sono stati risolti due casi di non conformità gravi con produttori esteri in Kenya (caso Del Monte) e in Albania. Il prossimo obiettivo del progetto etico di Coop Italia consiste nell’allargare i principi del programma a tutti i fornitori a listino nazionale, passando dai soli fornitori di prodotti a marchio Coop (circa 300), a tutti i supplier (circa 3.000). I consumatori, infatti, iniziano a richiedere garanzie di eticità su tutti i prodotti in assortimento. Questa evoluzione sarà possibile attuando un progetto pluriennale che prevede interventi progressivi a partire dalle filiere produttive più critiche (ad esempio, banane, prodotti coloniali, ortofrutta in genere, prodotti tessili, scarpe sportive). Infine, è importante rilevare che l’impegno etico di Coop Italia è stato riconosciuto anche a livello internazionale. Il Corporate Conscience Award è un premio conferito ogni anno dal CEP, ora divenuto Center for Responsibility in Business, alle imprese che si sono distinte nella realizzazione di iniziative in aree di interesse sociale. Coop Italia ha ottenuto il Corporate Conscience Award 2001 in Humane Workplace - per la tutela delle condizioni di lavoro - grazie all’impegno dimostrato nell’implementazione dei principi della politica di responsabilità sociale nei comportamenti aziendali quotidiani e al controllo stringente ed efficace della supply chain. 80 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia 2.5.3 I bilanci sociali, ambientali e di sostenibilità I bilanci sociali, ambientali e di sostenibilità sono strumenti (in genere volontari), da un lato, di gestione e controllo dell'attività aziendale e, dall'altro, di supporto ai processi di comunicazione attuati dall'impresa e rivolti alle diverse categorie di stakeholder. In particolare, il bilancio sociale monitora l’impatto sociale dell’impresa, quello ambientale l’impatto ecologico e il bilancio di sostenibilità dovrebbe fornire un quadro delle complessive performance aziendali in campo sociale, ambientale ed economico. Il bilancio sociale è nato alla fine degli anni ’60 negli Stati Uniti, il bilancio ambientale nella seconda metà degli anni ’80 nel Centro-Nord Europa e il bilancio di sostenibilità ha iniziato ad affermarsi, a livello globale, nella seconda metà degli anni 90. In Italia i primi bilanci sociali e ambientali vengono pubblicati all’inizio degli anni ’90 e successivamente conoscono una significativa diffusione. Per quanto riguarda il bilancio sociale, attualmente sono oltre 100 le imprese, le organizzazioni nonprofit, gli enti pubblici che redigono un bilancio sociale. Negli ultimi anni, inoltre, alcune novità legislative introducono, per due categorie di soggetti, l’obbligo di approntare forme di rendicontazione sociale: il D. Lgs. 460/97, che ha istituito le ONLUS (Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale) e fornito una nuova definizione di enti non commerciali, all’art. 8 stabilisce che “indipendentemente alla redazione del rendiconto annuale economico e finanziario, gli enti non commerciali che effettuano raccolte pubbliche di fondi devono redigere, entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio, un apposito e separato rendiconto tenuto e conservato ai sensi dell'articolo 22, dal quale devono risultare, anche a mezzo di una relazione illustrativa, in modo chiaro e trasparente, le entrate e le spese relative a ciascuna delle celebrazioni, ricorrenze o campagna di sensibilizzazione indicate nell’articolo 108, comma 2-bis, lettera a), Testo Unico delle imposte sui redditi…”; il D. Lgs. 153/99, che regola la disciplina civilistica e fiscale delle fondazioni di origine bancaria, prevede all’art. 9 che la relazione sulla gestione illustri, in un’apposita sezione, gli obiettivi sociali perseguiti dalla fondazione e gli interventi realizzati, evidenziando i risultati ottenuti nei confronti delle diverse categorie di destinatari. Inoltre, il 19 aprile 2001 il Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica ha emanato l’Atto di indirizzo recante le indicazioni per la redazione, da parte delle fondazioni bancarie, del bilancio relativo all’esercizio chiuso il 31 dicembre 2000. Al paragrafo 12.1, si legge che “il bilancio è corredato da una relazione sulla gestione redatta dagli amministratori. La relazione sulla gestione è suddivisa in due sezioni: ?? relazione economica e finanziaria; ?? bilancio di missione”. In particolare, secondo il paragrafo 12.3, nel bilancio di missione sono illustrati: ?? il rendiconto delle erogazioni deliberate e delle erogazioni effettuate nel corso dell’esercizio, la composizione e i movimenti dei fondi per l’attività d’istituto e della voce “erogazioni deliberate”; ?? gli obiettivi sociali perseguiti dalla fondazione nei settori d’intervento e i risultati ottenuti, anche con riferimento alle diverse categorie di destinatari; ?? l’attività di raccolta fondi; ?? gli interventi realizzati direttamente dalla fondazione; ?? l’elenco degli enti strumentali cui la fondazione partecipa, separando quelli operanti nei settori rilevanti da quelli operanti negli altri settori statutari…; 81 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia ?? l’attività delle imprese strumentali esercitate direttamente dalla fondazione, degli enti e società strumentali partecipati e delle fondazioni diverse da quelle di origine bancaria il cui patrimonio sia stato costituito con il contributo della fondazione; ?? i criteri generali di individuazione e selezione dei progetti e delle iniziative da finanziare per ciascun settore d’intervento; ?? i progetti e le iniziative finanziati, distinguendo quelli finanziati solo dalla fondazione da quelli finanziati insieme ad altri soggetti; ?? i progetti e le iniziative pluriennali sostenuti e i relativi impegni di erogazione; ?? i programmi di sviluppo dell’attività sociale della fondazione. Per quanto riguarda il bilancio ambientale, sono oltre 100 le imprese, le associazioni industriali, gli enti pubblici che lo realizzano. Anche in questo caso, esistono interventi normativi che favoriscono forme di environmental reporting. Nell’Unione Europea, la Direttiva 96/61/CE sull’Integrated Pollution Prevention and Control (Direttiva IPPC) ha istituito il Registro Europeo delle emissioni inquinanti, denominato EPER (European Pollutant Emission Register). Da tutti i paesi membri della Comunità, a partire dal giugno 2003, confluiranno ogni anno in EPER i dati sulle emissioni in aria e acqua di specifici inquinanti provenienti da complessi produttivi di grossa capacità, appartenenti ai settori che rientrano nel campo di applicazione della Direttiva. Per l’Italia, il D.M. 23 novembre 2001, pubblicato il 13 febbraio 2002, stabilisce dati, formato e modalità per la dichiarazione delle emissioni. I complessi produttivi IPPC, le cui emissioni in aria e acqua superano determinati valori soglia, devono inviare annualmente una dichiarazione sulle emissioni all’autorità competente e all’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (ANPA). Le informazioni dichiarate andranno a costituire l’Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti (INES) e l’EPER. Attraverso INES ed EPER le informazioni saranno rese pubbliche. Il rapporto/bilancio di sostenibilità (sustainability report), dopo i social report e gli environmental report, costituisce la terza fase nell’evoluzione dei sistemi di controllo e comunicazione delle prestazioni sociali ed ambientali dell’impresa. Ancora poche imprese (meno di una diecina) in Italia hanno realizzato documenti di questo tipo. Con la diffusione, anche nel nostro Paese, delle Sustainability Reporting Guidelines della Global Reporting Initiative il numero di questi bilanci è destinato ad aumentare. 82 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Mobility Management, strumento a disposizione delle aziende virtuose L’anima buona delle imprese può anche misurarsi in relazione a uno degli aspetti più problematici per i centri urbani grandi e piccoli: il traffico privato e l’inquinamento atmosferico che ne deriva. Uno degli strumenti principali è il Mobility Mangement, molto diffuso nel Nord Europa e in Italia introdotto dal Decreto Ronchi sulla "Mobilità sostenibile nelle aree urbane" del 27 Marzo 1998. Il provvedimento, prevede che tutte le aziende e gli enti pubblici con più di 300 dipendenti e le imprese con complessivamente oltre 800 dipendenti debbano identificare un "Mobility Manager" che ottimizzi gli spostamenti sistematici dei dipendenti, riducendo l'uso dell'auto privata attraverso un "piano degli spostamenti casa-lavoro". Tale piano deve essere presentato entro il 31 dicembre di ogni anno al Comune ed entro i 60 giorni successivi deve essere stipulato un accordo di programma per l'applicazione del piano tra azienda e Comune. Il piano consiste nello sviluppo, nell'implementazione e nel controllo di un insieme ottimale di misure, tenendo conto delle condizioni quadro dell'ambito specifico (comportamenti e bisogni di mobilità dei dipendenti, strumenti di pianificazione dei trasporti, situazione politica dei trasporti dell'area urbana nella quale le imprese sono situate) e degli obiettivi generali da raggiungere (riduzione del consumo energetico, dell'inquinamento atmosferico e acustico, delle emissioni di gas serra e trasferimento dall'uso di mezzi individuali a quelli collettivi) per la rimodulazione degli spostamenti casa-lavoro del personale dipendente. Il ruolo del Mobility Manager è quello di suggerire la modifica dei percorsi degli autobus, istituire un servizio di trasporto aziendale, o in società tra più aziende, a integrazione di quello pubblico esistente e creare una rete di carpooling. A tal fine dovrebbe essere redatto un questionario per acquisire informazioni sugli spostamenti pendolari casa-lavoro contenente le seguenti informazioni: il luogo di partenza, la destinazione, il mezzo di trasporto scelto e la motivazione della scelta fatta, la volontà o la propensione a passare ad un sistema di trasporto collettivo come gli autobus o il car sharing. I risultati che emergono sono importantissimi per disegnare un quadro il più possibile fedele della domanda di mobilità e offrire, quindi, soluzioni personalizzate ma, soprattutto, efficaci. Lo stato dell’arte del Mobility Management in Italia A distanza di tre anni dal decreto che ha introdotto in Italia il Mobility Manager, è possibile iniziare a trarre i primi bilanci, mettendo in rilievo ostacoli e fattori chiave per il suo sviluppo. Il Mobility Management come disciplina si è sviluppato grazie alla volontà politica del Ministero dell’Ambiente che lo ha introdotto e che lo sostiene, anche economicamente; i risultati più significativi si riscontrano laddove la struttura di Mobility Management di Area (unità che deve essere istituita all’interno degli enti locali per coordinare il lavoro dei Mm aziendali) è ben organizzata e si mostra “al servizio delle imprese”; gli aspetti professionali rappresentano una delle principali ragioni del difficile decollo presso organismi privati. All’interno degli enti locali il Mobility Manager di Area inizia ad essere una figura propria dell’organico dell’ufficio traffico. Con differenti modalità organizzative, oggi circa 20 amministrazioni hanno provveduto a nomine formali e alla creazione di strutture dedicate al Mobility Management. Grazie al sostegno dei nuovi decreti del Ministero dell’Ambiente, è ipotizzabile prevedere un totale di 35 strutture di Mobility Management attive entro il prossimo anno. 83 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Diversa è la situazione sul fronte delle imprese private: i Mobility Manager ad oggi nominati fanno per lo più parte dell’organico aziendale già esistente. Segnale che nella realtà sono state individuate persone adatte al ruolo richiesto perché a conoscenza delle specificità aziendali o perché con esperienze in settori vicini alla mobilità (ad es. l’area logistica). Il Mobility Management aziendale oggi è un’attività part-time, i neonominati hanno altre mansioni da svolgere e dedicano solo una parte del loro tempo per il piano spostamenti casa-lavoro. In molti casi hanno partecipato a corsi di formazione con l’obiettivo di acquisire le conoscenze e gli strumenti base per redigere un piano spostamenti casa-lavoro. Le imprese non assumono dall’esterno un Mobility Manager. Talvolta si avvalgono di strutture consulenziali che possono fornire assistenza e formazione per rendere poi autonomo un responsabile interno. In Italia sono coinvolte nel MM circa 4.000 aziende pubbliche e private, ma solo 310 di esse hanno già un mobility manager. I comuni hanno nominato 60 Mobility Manager d'area. Le difficoltà principali risiedono spesso nella percezione deformata di quello che deve essere un piano di mobilità, nell'indifferenza dell'opinione pubblica o nella diffusione parziale o incorretta delle informazioni, nella mancanza di figure competenti o di un adeguato sostegno istituzionale. Euromobility lavora per colmare queste lacune. Secondo un’indagine condotta dalla STA, Agenzia per la mobilità del Comune di Roma, i Mobility Manager aziendali della Capitale sono all’80% maschi, spesso dirigenti (41,5%), laureati (64,9%), con un’età compresa tra i 45-54 anni (52,1%). Le aree aziendali di provenienza sono soprattutto le risorse umane (38,7%) e gli affari generali (19,4%); in alternativa prevalgono le competenze individuali rispetto alle indicazioni normative. Il processo di diffusione del Mobility Management, in particolare aziendale, può trovare sostegno solo se la domanda viene opportunamente stimolata attraverso agevolazioni di vario genere (economico ed organizzativo). In questo senso, esperienze come il bonus della mobilità sperimentato a Roma e le convenzioni stipulate dalla Provincia di Milano per i propri dipendenti, dimostrano come il tema sia particolarmente sentito. Per le aziende da un lato è necessario investire nella formazione per rendere autonomo il Mobility Manager conferendo visibilità e credibilità interna, dall’altro occorre identificare un pacchetto di premi e incentivi innanzitutto per l’impresa (e su questa scia il decreto ministeriale del 20 dicembre 2000 sta fornendo un valido sostegno) e, a cascata, anche al singolo Mobility Manager. Maggiore è il supporto che il Mobility Management di Area riesce a fornire alle imprese, maggiori saranno i risultati ottenibili in termini di coinvolgimento e partecipazione. In alcune realtà di grandi dimensioni è stato messo a punto un software di gestione, nella maggior parte dei casi utilizzando il prodotto offerto da ENEA. Per censire lo stato dell’arte del Mobility Management in Italia è stato predisposto un questionario aperto, inviato ai Mobility Manager di area formalmente nominati, con alcune domande generali volte a comprendere le attività svolte e i progetti futuri. La ricerca, rappresentativa delle principali esperienze italiane, è stata condotta a partire dalle informazioni disponibili presso la banca dati di Euromobility. Tale banca dati è destinata ad essere arricchita nel tempo. Attualmente circa 500 persone sono coinvolte nelle attività di Mobility Management, impegnate chi presso le strutture di Area, chi presso le aziende. 84 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Tabella 1 - I mobility manager nominati Comuni Nominati Totale individuati Bologna 18 27 Firenze 27 50 Foggia 4 10 Genova 21 30 Mantova 14 14 Milano città (*) 33 450 Milano provincia 13 167 Modena 4 10 Padova 3 28 Palermo 11 25 Parma 33 33 Perugia/Terni 14 14 Reggio Emilia 10 Roma 131 154 Torino 41 70 Venezia 22 Verona 40 Totale 367 1154 Fonte: Euromobility (*) Le nomine indicate e il totale considerano l’area metropolitana (Comune di Milano + 31 Comuni limitrofi) e comprendono, oltre ai dipendenti, anche i lavoratori interinali e i contratti di collaborazione coordinata continuativa. 85 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Città - Capitolo 6 L’evoluzione della cultura civica nella città che cambia (a cura di Giampaolo Nuvolati e Chiara Tornaghi) Nelle metropoli di oggi il processo di disumanizzazione e le difficoltà crescenti di coltivare autentici rapporti interpersonali e di gruppo spingono verso l'omologazione sociale e culturale. Ma dal territorio arrivano segnali di contro tendenza: sono gruppi di cittadini che si organizzano per recuperare l'identità e il legame con il territorio, si battono per il bene comune riorganizzando i propri spazi di vita, a partire dai luoghi di incontro e socialità. L'esperienza di Legambiente: "Italiani Brava Gente", un premio al civismo di molti "eroi silenziosi" che ogni giorno compiono azioni a tutela del bene collettivo e in aiuto ad altre persone. 2.6.1 – Omologazione dei contesti e voglia di appartenenza Numerosi fenomeni sembrano oggi mettere indiscutibilmente in risalto il processo di omologazione e decontestualizzazione che caratterizza molte realtà urbane delle società più avanzate. Città sempre più uguali o città che perdono i loro significati perché contraddistinte da nuove funzioni e attraversate se non superate dalla comunicazione a distanza costituiscono prospettive non ancora compiutamente realizzate ma rispetto alle quali sembrano emergere crescenti preoccupazioni anche nella realtà italiana2 . In altri termini, le città moderne sono in profonda trasformazione e vedono il succedersi di fenomeni inattesi che tendono ad alterare gli equilibri economici e le forme di identità più consolidate nel nome di una uniformante globalizzazione3 e del primato di una costituenda iperborghesia internazionale4 . In questa direzione vanno, a esempio: la presenza, spesso prolungata, in alcune città di nuove popolazioni (i turisti, gli uomini d’affari, i convegnisti) che richiedono servizi altamente standardizzati e tendono a promuovere e diffondere stili di vita internazionali in contrapposizione ai modelli culturali locali. Il disenfranchisement delle popolazioni locali (cioè la loro esclusione o relativa marginalizzazione dal processo decisionale nella gestione politica delle risorse locali) in 2 Questa tendenza, naturalmente, non comporta uno smantellamento immediato dell’organizzazione metropolitana preesistente. Piuttosto, le città contemporanee mostrano una moltiplicazione dei luoghi e dei significati ad essi connessi che rinviano tanto a forme e ambiti di vita più locale e tradizionale quanto a processi inediti di modernizzazione. La struttura antica delle città italiane è, a esempio, ancora rinvenibile ma ad essa si sovrappone una maglia di autostrade, centri commerciali, insediamenti produttivi, aeroporti che tende a modificare oltre ad alcuni tratti della morfologia generale anche le pratiche di vita, lavoro e consumo che vi trovano ambientazione. 3 Per questi temi si rimanda ad una ormai fitta letteratura tra cui occorre ricordare: Zygmun BAUMAN, Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone, Laterza, Bari, 2001; Manuel C ASTELLS, The Rise of the Network Society, Blackwell, Oxford, 1996; Guido MARTINOTTI, Metropoli. La nuova morfologia sociale della città, il Mulino, Bologna, 1993. 4 Sulle caratteristiche della iperborghesia si veda in particolare Denis DUCLOS, “La nascita dell’iperborghesia”, G. M ARTINOTTI (a cura di), La dimensione metropolitana: sviluppo e governo della nuova città, il Mulino, Bologna, pp. 175-187, 1999. 86 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia connessione con un ruolo sempre più marcato delle popolazioni in transito dal punto di vista della occupazione degli spazi, degli investimenti finanziari, delle risorse umane impegnate, delle ricadute economiche e sociali per l’intera collettività. L’informatizzazione e automazione delle procedure di informazione e comunicazione con i noti rischi di irrilevanza dei luoghi e di spersonalizzazione delle relazioni. Infine, anche la terziarizzazione e la tesaurizzazione degli spazi di prestigio con la concentrazione di sedi di imprese (anche multinazionali), la gentryfication e la conseguente espulsione dei ceti meno abbienti dai centri storici, rimanda a dinamiche di esclusione sociale alimentate dagli effetti locali del processo di globalizzazione. In generale, nelle metropoli moderne caratterizzate da una sostanziale tendenza all’uniformarsi dei contesti simbolici e delle pratiche di consumo si verifica non solo un processo di marginalizzazione socio-economica di alcuni gruppi di popolazione che determina una sorta di polarizzazione sociale5 ma si assiste anche un senso di smarrimento culturale e relazionale per quelle fasce deboli che da sempre intrattengono con la comunità ed il territorio corrispondente un rapporto basato su forme d'identità, conoscenza, scambio e reciprocità. Come osserva Guidicini6 , le condizioni di indifferenza che sembrano coinvolgere i gruppi marginali rispetto al territorio che li circonda – con riferimento ai flussi di popolazione che passa loro accanto ignorandoli, e dove la stessa presenza di dimensioni simboliche tradizionalmente riconosciute come forti (monumenti, chiese, palazzi) s’annulla – sembrano voler ulteriormente confermare il fatto che in queste stesse aree sono venute meno le logiche che in passato correntemente organizzavano i processi di integrazione sociale. Servizi compensativi dovrebbero venire garantiti ai gruppi più marginali al fine di salvaguardare una convivenza civile ed una qualità della vita diffusa. Ma in realtà, tali condizioni non trovano realizzazione anche a causa delle già citate dinamiche di disenfranchisement delle comunità locali a vantaggio di gruppi più abbienti e organizzati, seppur di passaggio. Il conflitto nell’accesso, occupazione e uso del territorio, peraltro, non sembra più interpretabile solamente alla luce delle più classiche categorie marxiste (dunque rispetto allo scontro tra le tradizionali classi sociali), ma rinvia alla individuazione di nuove popolazioni ad alta trasversalità la cui mobilità spazio-temporale e familiarità con le tecnologie costituiscono i fulcri per la determinazione degli stili di vita e la contrapposizione tra bisogni e interessi non soltanto legati al possesso dei beni quanto alla loro effettiva utilizzabilità e accessibilità. Di fatto, la qualità della vita nelle città moderne non riguarda semplicemente la distribuzione delle risorse e lo stock dei servizi disponibili quanto il reale conseguimento delle functionings e capabilities degli individui7 nella fruizione piena dei beni offerti. E tale fruizione è spesso resa difficile non tanto dalla penuria dei beni quanto dalle situazioni di densità, concentrazione e nuovi conflitti delle popolazioni che generano situazioni di attrito spazio-temporale nell’utilizzo dei beni stessi8 . 5 Sul rapporto tra globalizzazione e polarizzazione si veda tra gli altri Saskia SASSEN, Città globali. New York, Londra, Tokyo, Utet, Torino, 1997. Paolo GUIDICINI, “Città globale e città degli esclusi”, Paolo GUIDICINI e Giovanni PIERETTI (a cura di), Città globale e città degli esclusi. Una esperienza di welfare mix nel settore delle emarginazioni gravi, Franco Angeli, Milano, pp. 13-36, 1998. 6 7 Per utilizzare alcune categorie concettuali di Sen. Tra i testi da ricordare sul rapporto tra capabilities e qualità della vita si veda in particolare Marta N USSBAUM e Amartya SEN (a cura di), The Quality of Life, Clarendon Press, Oxford, 1993. 8 Sul tema si veda anche Giampaolo N UVOLATI, “La qualità della vita urbana: risorse, functionings e capabilities”, Politeia, n° 63, pp. 147-154, 2002. 87 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Ma la qualità della vita è anche intrattenere con il territorio legami stretti ed esclusivi. L’identità, il senso di appartenenza con luoghi specifici, la stretta confidenza con il tessuto sociale come elementi fondanti di una comunità, vengono oggi invece fortemente messi in discussione da modelli di vita sempre più basati sulla mobilità quotidiana, sulla frequentazione di più contesti da parte di un unico individuo, sulla condivisione di modelli culturali globalizzati, dunque sulla determinazione di identità cosiddette multiple, articolate rispetto a più contesti. Ogni soggetto in questo processo vede, da un lato, modificarsi il prospetto delle opportunità e delle complicità ma, dall’altro, anche ampliarsi le situazioni di rischio, isolamento e collisione. In questo quadro, il controllo da parte della comunità sull’ambiente naturale e costruito si fa sempre più frammentato e complesso, caratterizzato da protagonisti inediti: l’abitante, il pendolare, i city users, gli uomini d’affari9 , che si alternano nell’occupazione dell’ambiente stesso rivendicando di volta in volta diritti e priorità, proponendo scontri più o meno espliciti. Il tentativo di difesa e occupazione dello spazio sia in senso culturale che fisico, genera la formazione di strategie più o meno consensuali/conflittuali che gli attori pongono in atto. Singoli individui, comitati di cittadini, movimenti, enti e istituzioni locali pubbliche e private danno vita nuove stagioni di confronto la cui posta in gioco è la riappropriazione, ri-simbolizzazione di contesti sempre più uguali o evanescenti fino ad essere definiti non luoghi10 . La rivitalizzazione di quartieri periferici esclusi dagli orizzonti di mobilità dei city users ma rivalutabili in una ottica post-modernista che fa della diversità, del mosaico urbano, del disordine, della frammentazione un punto di forza anziché di debolezza della qualità della vita, non sono che alcuni esempi di resistenza nei confronti dei processi di regolazione e omologazione che segnano le città contemporanee11 . Mutano anche le arene del confronto, della negoziazione così come il sistema di interfaccia tra la domanda e l’offerta di servizi mirati a risolvere i bisogni sempre più articolati espressi dai soggetti. Nell’ambito di questo rapporto per Legambiente, ci sembrava interessante affrontare un tema specifico: il legame tra individuo e ambiente urbano per come esso viene mediato dalla presenza di una rete di luoghi di socializzazione come fonte di integrazione sociale e identità culturale, in contrapposizione al processo di omologazione sopra descritto. L’esperienza qui riportata si riferisce al caso milanese, e va a integrare uno studio sui bisogni delle periferie del capoluogo lombardo12 , ma pensiamo possa costituire utile strumento di riflessione per la rilevazione delle reti dei luoghi di socialità anche in altri contesti metropolitani. 9 Per una recente analisi di queste categorie si veda Giampaolo N UVOLATI, Popolazioni in movimento, città in trasformazione. Abitanti, pendolari, city users, uomini d’affari e flâneurs, il Mulino, Bologna, 2002. 10 Il concetto di non luogo trova una prima definizione in M. M. WEBBER., “The Urban Place and the Non-place Urban Realm”, M. M. WEBBER et al. (a cura di), Exploration in Urban Structure, University of Pennsylvania Press, Philadelphia, pp. 79-153, 1964, anche se la fortuna del concetto stesso è dovuta a Marc Augè. 11 Sul tema e con particolare attenzione alla tradizione mediterranea si veda in particolare Lila LEONTIDOU, “Postmodernism and the City: Mediterranean Versions”, Urban Studies, 30, 6, pp. 949-965, 1993. 12 Atlante dei bisogni delle periferie milanesi, Responsabili della ricerca Guido M ARTINOTTI, Francesca Z AJCZYK e Mario BOFFI, coordinatore Giampaolo Nuvolati, gruppo di ricerca: Marianna D’OVIDIO, Chiara T ORNAGHI, Cristiano M UTTI, Dipartimento di Sociologia e ricerca sociale, Università Milano Bicocca, Milano, 2001. 88 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia 2.6.1.1 I luoghi di socialità Se i processi di omologazione dei contesti urbani rappresentano il lato più appariscente del mutamento, è tuttavia possibile rinvenire, accanto ad essi, esperienze importanti di recupero delle identità locali. Si tratta dell’azione di gruppi, associazioni, piccole comunità di quartiere, che cercano di ricomporre i pezzi di un’identità frantumata o, come direbbe Giddens, che cercano di mettere in atto processi di re-embedding13 , cioè di riaggregazione di appartenenze multiple e ricomposizione della separazione spaziotemporale, in un quadro di rapporti orientato alla dimensione locale. Ciò a cui oggi assistiamo è dunque una strutturazione dei legami sociali – in particolare degli spazi di condivisione e dei momenti per il confronto – sia funzionale alla partecipazione diretta nella definizione di uno standard di qualità della vita, quanto orientata a soddisfare determinati bisogni relazionali degli individui. Queste tendenze sono ben riscontrabili anche in un ritorno di interesse delle scienze sociali ad indagare come gli individui sperimentino la loro vita quotidiana, il loro rapporto con l’ambiente, le loro occasioni di socialità, reimmergendosi nella florida produzione degli anni ’60 che con Riesman e la Jacobs esplorava le frontiere dell’autonomia creativa e il potenziale del capitale sociale nel dare vita a città vivibili14 . Il tema cruciale del capitale sociale15 , utilizzato poi negli ultimi decenni nelle sue diverse declinazioni, vuoi per illustrare il ruolo dei network di relazioni nel mercato del lavoro16 , piuttosto che per spiegare il rapporto tra civicness e rendimento delle istituzioni17 – solo per citare due esempi illustri – brilla ancora di intramontabile giovinezza e rimane cruciale nell’analisi del magma denso di queste esperienze locali. Muovendoci attraverso i territori urbani e portando ad esempio il caso milanese, cercheremo di non perderci nelle maglie del privato sociale, dove il capitale sociale si spende nelle numerose attività dell’economia informale18 . Metteremo invece l’accento principalmente sulle energie volte alla creazione di spazi di socialità, e cioè di quei luoghi nei quali, al di fuori del tempo di lavoro, gli individui possono soddisfare i propri bisogni espressivi attraverso attività di svago, aggregazione, creatività, contribuendo al contempo all’accrescimento del patrimonio culturale della comunità. Attraverso l’organizzazione di eventi, la produzione di luoghi pubblici, il recupero e la valorizzazione del saper fare unico di ciascun membro della comunità, si generano azioni capaci di ricostruire spazi relazionali, funzionali a quella socialità espulsa dai suoi luoghi tradizionali, e che rappresentano uno dei processi fondamentali per la costruzione di una identità prima individuale e poi collettiva. 13 Anthony GIDDENS, Le conseguenze della modernità, il Mulino, Bologna, 1994. David R IESMAN, The Lonely Crowd, Yale University Press, New Haven, 1961 e 1989, Tr. It., La folla solitaria, il Mulino, Bologna, 1999; Jane J ACOBS, The Death and Life of Great American Cities, New York, 1961, Tr. It.,Vita e morte delle grandi città, Edizioni di Comunità, Torino, 2000. 15 Sistematizzato da J. C OLEMAN nel suo Foundation of social theory, Cambridge, Mass., 1990. 16 Mark GRANOVETTER, The Strength of Weak Ties. A Network Theory revisited, trad. it. La forza dei legami deboli e altri saggi, Liguori, Napoli, 1998. 17 Robert PUTNAM, Making Democracy Work, Princeton, 1993, trad. it. La tradizione civica nelle regioni italiane, Milano, Mondadori, 1993. 18 sul rapporto tra capitale sociale ed economia informale si rimanda ai numerosi contributi di Arnaldo BAGNASCO , tra i quali ricordiamo “La questione dell’economia informale”, in Stato e Mercato, n° 1, pp. 173-196, 1981 e Tracce di comunità, il Mulino, Bologna, 1999. 14 89 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Le manifestazioni di questi processi sono numerose. Per chiarezza raccoglieremo le diverse esperienze riconducendole ad alcuni temi comuni19 : ?? azioni per realizzare esperienze di progettazione partecipata che conducano al rispetto dell’identità del quartiere e del miglioramento della qualità della vita; ?? esperienze d’uso non convenzionale dello spazio pubblico, di reinterpretazioni del costruito per un uso aggregativo e ludico che si manifestano in maniera non consumistica; ?? la creazione di progetti polifunzionali in aree periferiche della città, scarsamente dotate di spazi pubblici, talvolta in aree industriali dismesse, capaci di restituire la pluralità delle energie creative attraverso la molteplicità dell’offerta, e che si pongono come valida alternativa alla ricchezza delle aree centrali della città. 2.6.1.2 I comitati di quartiere Un primo insieme di esperienze che dobbiamo considerare in relazione al recupero di identità locali è rappresentato dai casi di mobilitazione intorno ad alcune tematiche di interesse locale. In seguito al preannuncio di un progetto di pianificazione territoriale, che andrebbe a modificare in modo sostanziale l’ambiente e le condizioni di vita, si coagulano le azioni di gruppi organizzati, o si formano nuovi aggregati – comitati – i quali indicono momenti di discussione che contribuiscono alla creazione di uno spazio pubblico inteso come luogo di confronto. Tra le esperienze recenti possiamo indicare: L’azione di coordinamento dell’associazione Cantieri Isola, al quartiere Isola-Garibaldi, che si oppone al progetto Città della moda nell’area che si estende dal cuore dell’Isola fino al quartiere Repubblica20 , la mobilitazione dei cittadini contro l’apertura al traffico dell’isola pedonale intorno all’Arco della Pace21 , la costituzione dei comitati contro le Gronde Nord e Sud, ossia i nuovi progetti per la viabilità urbana, e, da ultimo, la formazione del comitato dell’Ovest, che raccoglie le realtà associative dell’ovest milanese per un forum di discussione sulla qualità della vita in periferia22 . I livelli di incisività di queste esperienze sono differenti. Tuttavia è possibile indicare alcune costanti nell’impatto di queste azioni sulla vita locale. Un primo effetto è quello di favorire la comunicazione tra i cittadini e di aprire il confronto tra interessi differenti (ad esempio quelli dei commercianti rispetto a quelli degli abitanti, ecc.), ma soprattutto di accrescere la consapevolezza dell’identità del proprio quartiere, la riflessione sul rapporto che si ha con lo spazio circostante23 e ciò che andrebbe perduto o guadagnato se questo micro-sistema venisse alterato. In secondo luogo dobbiamo indicare la nascita di spazi pubblici nuovi, cioè di luoghi che si aprono ad un pubblico più vasto e diventano punti di riferimento, centri nevralgici di una nuova rete comunicativa. Tra i nostri esempi il caso del quartiere Isola è particolarmente significativo, poiché la 19 Una raccolta parziale delle esperienze locali, operata con criteri parzialmente differenti, ma di grande interesse nel quadro di una visione complessiva della mobilitazione per la qualità dell’ambiente, è stata proposta recentemente nel seminario “Comunità in corso” organizzato dal DiAP del Politecnico e dall’ORS, presso la Triennale di Milano, nei giorni 15-18 aprile 2002. 20 Il primo incontro di quartiere è stato indetto presso il Teatro Verdi di via Pastrengo nei primi mesi del 2002. 21 Si veda l’articolo sulle pagine milanesi di Repubblica del giorno 17 aprile 2002. 22 Si rimanda in particolare alla serie di incontri sul tema “Vivere in Periferia”, marzo-aprile 2002. 23 Sull’attaccamento ai luoghi è di particolare interesse l’opera di Maria Vittoria GIULIANI, “ Theory of attachment and place attachment”, M. Bonnes, T. Lee, and M. Bonaiuto (Eds.), Psychological theories applied to environmental issues, Ashgate, London, in stampa, versione italiana pubblicata da Cortina. 90 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia rivitalizzazione di spazi è addirittura plurima, con l’apertura dapprima della sede dell’Associazione Azimut, e poi con l’attivazione da parte dell’intero comitato, di un nuovo spazio recuperato nell’edificio semi-dismesso della Stecca degli artigiani. Quanto alla effettiva capacità di creare visioni comuni dell’abitare e di entrare in processi di progettazione partecipata non ci è possibile alcuna generalizzazione. Gli esiti dipendono dalle risorse che questi comitati riescono ad attivare, sia al loro interno sia nell’arena istituzionale24 . 2.6.2 Quando la piazza aggrega ancora: assenza di infrastrutture e uso improprio dello spazio Nel secondo insieme di esperienze raccogliamo esempi di uso dello spazio pubblico aperto, come le piazze, le strade, le aree attrezzate, ma con riferimento a due casistiche differenti. Nella prima intendiamo portare a testimonianza un uso dello spazio che non è mediato dal consumo e che è proprio di quelle comunità che per la loro condizione sociale ed economica sono ancora estranee, almeno in parte, allo stile di vita, in particolare agli aspetti ludici, della maggior parte dei cittadini. Ci riferiamo in particolare alle comunità straniere di Milano, che hanno eletto alcune piazze a luogo privilegiato di ritrovo, e che quindi fanno di questi luoghi il fulcro della comunità. Il sabato e la domenica, in particolare, moltissime piazze, tra le quali piazza Duca d’Aosta25 e piazza del Duomo, si vestono dei colori e delle parole di queste culture, divengono luogo dello scambio, delle presentazioni, della socialità. Nel secondo caso, invece, ci riferiamo ad usi dello spazio pubblico che si caratterizzano per una curiosa reinterpretazione delle funzioni dello spazio. Camminare per la città, soprattutto nel cuore dei quartieri, è il modo migliore per osservare come molti spazi, privi di attrezzature specifiche o di angoli deputati alla sosta, vengono colonizzati per attività come il gioco del pallone, nel caso di piazza Gramsci, l’uso degli skate in piazza Duca d’Aosta e sui marmi lucidi di corso Vittorio Emanuele, e persino il gioco degli scacchi sui bidoni della spazzatura di corso Lodi. La considerazione che emerge non appena si riesca ad esperire questa vivacità è necessariamente critica con la tradizione, in voga grazie a Marc Augè, di considerare molti spazi aperti come luoghi di transito e molti luoghi di transito come non-luoghi26 . In realtà questo atteggiamento è dovuto ad una evidente considerazione ristretta della comunità locale, o se vogliamo della cittadinanza, che porta a considerare come irrilevanti e residuali le pratiche degli immigrati sul territorio, nonché di molti giovani, e in definitiva di quelle fasce di persone che non sono entrate ancora in maniera autonoma e sostanziosa nel mercato dei consumi e negli stili di fruizione della città tipici di una classe globale di consumatori. 24 Per un approfondimento su esperienze analoghe si veda il saggio di Chiara SEBASTIANI, “Comitati cittadini e spazi pubblici urbani”, Rassegna italiana di sociologia”, n° 1, pp. 77-114, 2001, e il saggio di Lavinia BIFULCO , “Ambiguità delle recinzioni e identità collettive: la vicenda di piazza Vetra e la mobilitazione dei cittadini” in Mutamento sociale e identità: la sociologia di fronte alla contemporaneità, Guerini, Milano, 2000. 25 Per una antropologia della Stazione Centrale e delle aree che la circondano si veda Enzo C OLOMBO, Gianmarco N AVARINI, Confini dentro la città, Guerini, Milano, 1999. 26 Marc AUGE, Non-lieux, Seuil, Paris, 1993, trad. it. Non luoghi, Eleuthera, Milano, 1994. 91 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia 2.6.2.1 I progetti polifunzionali del periferico urbano Per progetti polifunzionali intendiamo qui riferirci a complessi architettonici di grandi dimensioni gestiti da gruppi organizzati del privato sociale che per la loro complessità morfologica sono in grado di garantire lo svolgimento di molteplici attività contemporaneamente e con riferimento a tipologie differenti di partecipanti. Il Centro Sociale Barrio’s, l’ex- nosocomio provinciale Paolo Pini, il Centro Sociale Leoncavallo sono solo alcuni esempi di strutture polifunzionali. La rilevanza di questi progetti è da riscontrarsi su più fronti. Anzitutto si tratta di progetti mirati alla integrazione e reciprocità degli abitanti, poiché vedono l’integrazione di gruppi diversi, anziani, bambini, giovani di diverse età, all’interno della stessa struttura. Un secondo aspetto centrale è dovuto al fatto che spesso i centri sono attivi nel corso dell’intera giornata, contribuendo alla realizzazione di quella diversity di cui parlava Jane Jacobs27 , così importante per combattere il degrado urbano. Infine i progetti sono portatori unici del fermento culturale della città, perché offrono spettacoli teatrali, esposizioni e performance artistiche, concerti di gruppi emergenti. La creazione di un mix di funzioni va a sopperire in maniera diretta alla povertà del territorio in cui sono collocati. In tutti i casi infatti si tratta di progetti sorti nel periferico urbano: quartiere Barona, Bovisasca, Greco, dove il vuoto è così marcato che un centro di questo tipo pare portare il mondo nel quartiere. 2.6.2.2 Conclusioni Su queste dinamiche è necessario riflettere, in particolare alla luce dei legami che queste tre esperienze intrattengono, ognuna in modo caratteristico, con l’arena istituzionale locale. Anzitutto possiamo osservare che dalle pratiche di reinterpretazione dello spazio emerge una carenza dal punto di vista dell’offerta attuale dello spazio, e dunque una discrasia tra le funzioni dello spazio previste dal progetto e i bisogni effettivi di spazio presenti nel territorio. Dalle istanze dei comitati, in secondo luogo, emerge un desiderio di partecipazione che è irriducibile al canale spento della rappresentanza politica, ma che cerca di rientrare nel processo decisionale in maniera diretta, attraverso altri meccanismi istituzionali. Infine, dall’autorganizzazione dei progetti polifunzionali si può osservare il vuoto del periferico urbano, un vuoto che certo non è solo istituzionale, ma che è sintomo di un pensiero che sta altrove, che è volto al centro, e in sostanza di una dimenticanza e di una marginalità che non è stata colmata dai progetti incompiuti degli svariati Museo del Presente (Bovisa), Progetto Pilota (zona 9), Biblioteca Europea (Porta Vittoria), Fabbrica del Vapore (Monumentale) e quant’altro. Se queste esperienze testimoniano comunque l’esistenza di un legame sociale che si stringe intorno a una identità di interessi per farne un’identità collettiva, capace di creare isole solidali di relativa autonomia, non bisogna tuttavia trascurare che la non incorporazione di queste istanze nel tessuto istituzionale rischia di generare una divaricazione insanabile tra istituzioni e società, ponendo seriamente in discussione l’antico legame tra urbs e civitas 28 . Solo se l’attivazione spontanea sarà sostenuta e resa prassi collettiva si potrà valutare il senso civico del buon governo metropolitano. 27 Jane J ACOBS, 1961, op. cit.. In particolare ci riferiamo al passo in cui si sottolinea l’importanza della polifunzionalità dei luoghi nel generare flussi di popolazioni diverse nell’intero corso della giornata, a rotazione, capaci di evitare stati di abbandono e di spegnimento del quartiere. 28 Per un confronto tra visioni opposte del rapporto tra urbs e civitas si possono confrontare le opinioni di Marco R OMANO in L’estetica della città europea, Einaudi, Torino, 1993 e di Paolo DESIDERI nel saggio “Senza luogo. A procedere” in Massimo ILARDI (a cura di), La città senza luoghi, Costa & Nolan, Genova, 1990. 92 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia “Italiani brava gente”, tante storie di ordinario civismo Agire localmente: questo è lo spirito che ha portato alla creazione di numerosi comitati di quartiere che da anni si battono nelle città per cambiare il loro territorio, renderlo più vivibile, più solidale. Da queste realtà sono scaturite mobilitazioni a favore dell'ambiente, della comunità: segnali importanti di una crescente attenzione per il bene comune e la solidarietà. Nel 1996 a Milano, grazie al Coordinamento dei Comitati, nasce il primo premio alla virtù civica. Un riconoscimento che parte "dal basso", da cittadini che segnalano altri cittadini, esperienze e storie che riemergono dal sommerso, persone che da anni portano avanti il loro impegno sociale senza clamore, in silenzio. Dal 1997 il premio "Italiani Brava Gente" viene riprodotto in diverse città italiane, grazie all'impegno dei circoli di Legambiente, toccando ogni anno temi diversi: un vero e proprio monitoraggio dei gesti concreti e quotidiani di tante donne e uomini. La rete territoriale si allarga: le associazioni collaborano tra loro, entrano in contatto e diventano soggetti in grado di modificare il proprio tessuto urbano e sociale. Questa è la vera forza dell'impegno volontario, di una cultura civica che in Italia si espande attraverso le vicende personali di molti cittadini sconosciuti che, contro l'individualismo, si aprono verso "l'altro". E' tramite il racconto della loro vita, come uno sguardo che va oltre i nostri limiti e le nostre barriere, che scopriamo vere storie di emarginazione sociale, di degrado, di periferia urbana, di immigrazione. Molti di loro sono volontari che si riappropriano di spazi verdi, adottano monumenti, tutelano l'ambiente naturale, si occupano di luoghi importanti per generazioni e relazioni, diffondono la cultura del "riuso" attraverso la raccolta differenziata. Da loro capiamo quanto anche l'ambiente diviene occasione di mobilitazione per una vita migliore, per scelte sostenibili per il presente e il futuro di altre generazioni. Ogni storia è diversa dalle altre, racchiude la propria particolarità e la propria straordinaria forza civile. Tanti esempi da seguire, da ammirare, ma anche tante gocce nel mare che spesso non vengono riconosciute e rimangono invisibili. Per questo, vale la pena di raccontarle tutte. Panettone d’Oro, un premio alla virtù dei milanesi Milano sta percorrendo un cammino che la porterà ad essere sempre più una città globale a livello europeo. Centro dei servizi avanzati per l'impresa, per la new economy e per il sistema finanziario, crocevia di lunghe reti della comunicazione e dei trasporti, sede di numerose università: è una città reale di tre milioni di abitanti. Ogni giorno migliaia di persone affollano le strade, le metropolitane, la città diventa viva, pulsante, il valore economico cresce, il tempo ha connotati diversi e detta sempre di più lo stile di vita. Milano, come le grandi metropoli, cela in sé enormi contraddizioni sociali: il degrado e l'isolamento delle periferie, la mancanza di spazi verdi, l'emergenza ambientale che ancora oggi non si riesce a risolvere. All'ombra della Madonnina migliaia di immigrati sono costretti a volte ai lavori più umili, cercano quell'accoglienza che non tutti i milanesi riescono a offrire. Milano deve fare un passo oltre le sue paure, le sue incertezze: deve riconoscersi come centro multietnico in cui l'integrazione e la convivenza devono diventare valori fondamentali; deve uscire dal guscio dell'individualismo per cercare la propria ricchezza anche tra chi vive ai margini, nel disagio. Accanto all'indifferenza di molti però, c'è anche l'impegno e l'altruismo di tanti. A loro, Legambiente Milano, ha riconosciuto valore e importanza, come simboli di solidarietà fatta di gesti concreti. Ecco le loro storie. Via Toffetti, periferia sud di Milano, stazione di Rogoredo. Un furgone è lanciato a tutta velocità. Una donna, pensionata di 77 anni, sta attraversando sulle strisce pedonali, a braccetto con 93 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia un'amica. Viene travolta e uccisa, trascinata per 20 metri. Il furgone non si ferma, ennesimo gesto di pirateria stradale, che ricorda quanto si possa essere poco rispettosi della vita altrui. Qualcuno però si mette subito a disposizione senza attenderne le richiesta: sono Massimo Villa e Giorgio Felisari che prestano i primi soccorsi. E' a loro che va riconosciuto quel senso civico di cittadini che nell'immediatezza sono intervenuti, senza chiedere nulla. Così anche Renato Brignoli, operatore ACI, con la sua tempestività, la prontezza e la competenza ha salvato una vita, soccorrendo un giovane automobilista vittima di un incidente. Per Caterina Condò invece tutto è iniziato con la battaglia per il funzionamento degli ascensori di un grande stabile di proprietà comunale, dove aveva traslocato. In un quartiere con grandi problemi di vivibilità e di degrado ambientale è riuscita a mobilitare centinaia di famiglie creando un comitato. Ha ottenuto con tenacia dal comune l'impegno a trasformare un vecchio mercato da abbattere in un giardino attrezzato per lezioni di educazione stradale. Idelma Costa, l'amica dei pensionati, opera presso il sindacato di via Dante. La sua disponibilità e la sua competenza vengono messe in pratica quotidianamente, nell'aiuto offerto a tutti, risolvendo quei piccoli e grandi ostacoli che spesso, la nostra farraginosa burocrazia, rende difficili da superare. Candida Mariani, 80 anni di generosità, semplicemente "vicina": quando l'età non è un ostacolo per aiutare chi è più sofferente di noi, soprattutto chi ci vive accanto. Il senso del vicinato, aiutare quotidianamente nei piccoli bisogni: preparare un piatto caldo, scambiare quattro chiacchiere, sostenere nella cura e nell'igiene di sé, essere sempre a portata di voce. Giorgio Scaranello: "un nonno per amico" Gli abitanti del suo quartiere l'hanno definito "un uomo semplice, meravigliato della vita come un bambino". Il suo impegno nelle associazioni, la sua puntuale presenza e attenzione per tutte le necessità che coinvolgono la comunità sono una costante nella sua vita. Dal 1983 Dante Cicora ha sensibilizzato gli abitanti del suo quartiere "Quarto Oggiaro" per combattere nelle strade il dramma della tossicodipendenza, senza emarginarli, ma tentando di inserirli in un complesso programma in cui uno degli obiettivi fondamentali è il reinserimento lavorativo. "Un no alla droga": la volontà di non lasciare soli i giovani e le loro famiglie nella lotta alla dipendenza e alla deriva sociale, ma anche un impegno costante per il loro reinserimento. Adele Del Ponte, "la piccola maestra", è stata staffetta partigiana in un delicato momento della vita del nostro paese: la lotta di liberazione dall’occupazione nazi-fascista. Da allora ha continuato a trasmettere un messaggio di profondo rispetto dei valori, ha lottato perché il diritto di sapere diventasse condizione indispensabile di libertà. Una presenza che ha segnato con la quotidianità dell'agire la vita del suo quartiere. Una vita dedicata all'impegno sociale, civile e ambientale vissuto sempre con passione ed energia attraverso il tempo. "Edizione straordinaria": Anna Maria e Giorgio Arduin, dalle strade e dalle pagine del loro "Quartiere" hanno animato la vita del rione con civica intraprendenza, mobilitando e coinvolgendo la gente nelle loro iniziative. "Una goccia come il mare": per Mariuccia Castelli e Gianluigi Beltrami, le anime della delegazione AVIS di Baggio, dare il sangue non è solo un'espressione metaforica. Sono gesti che quotidianamente compiono, senza clamore, con costanza, per costruire il presente ed il futuro, per dare una possibilità a chi ne ha davvero bisogno. Il gesto del donare il sangue è uno di questi, è l'esempio di una cultura che va supportata e diffusa. 94 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia C'è un ristorante, il "Puerto Alegre", in cui, in modo insolito, il cibo non è solo ed esclusivamente un pasto da consumare. Intorno ad una tavola vengono creati spazi di riunione per anziani indigenti: mangiare insieme diventa così un'opportunità d'incontro, un modo diverso di partecipazione e di solidarietà verso gli altri. "Una voce nel buio": il grido di Francesco Cusati ha salvato una vita. Una sua amica, non vedente come lui, era caduta nell'intervallo tra un vagone e l'altro della metropolitana impedendo al convoglio di ripartire. Lui ha lanciato l'allarme e la ragazza è stata portata in salvo. Questi sono i pericoli a cui i non vedenti sono continuamente esposti anche nell'atto, per noi semplice, di prendere la metropolitana. Oltre al gesto, il premio al signor Cusati vuol dare voce alla richiesta che Milano si dimostri sempre all'avanguardia per la tutela dei suoi cittadini in difficoltà, dotandosi degli strumenti e degli accorgimenti necessari per una quotidiana serenità di tutti. Estate: un fulmine improvvisamente colpisce un albero nel parco dell'idroscalo. Morar Traian, Peto Dritan, Rossi Giuliano, Boni Giancarlo sono i City Angels che lo scorso agosto hanno prontamente offerto soccorso alle vittime. "Senza frontiere": Annamaria e Mario Raimondi hanno riunito genitori e bambini in un girotondo di nazionalità, hanno creato occasioni di contatto e scambio, hanno trasformato le differenze in una ricchezza comune. Così Alberto Raminelli si è prodigato negli anni in un appassionato impegno insegnando la nostra lingua agli emigrati di tutto il mondo, costruendo un importante momento di integrazione e di solidarietà. “Un giorno per caso un incontro”: Luciana Righi Raggioli conosce un ragazzo albanese costretto all'accattonaggio e lei rifiuta tenacemente anche solo l'idea che questo possa essere l'unica risorsa per lui. Decide di aiutarlo: il giovane trova così un lavoro e una casa. Un premio importante a Don Roberto Rondanini, ad uno spirito veramente cristiano, che riesce a creare aggregazione a dispetto di tutte le diversità religiose. Un simbolo, un baluardo contro l'emarginazione e la sofferenza. Silvia Ciceri opera presso il centro "farsi prossimo" di via Brambilla, ricovero per i senza tetto, offrendo loro, oltre a tutte le risorse tecniche della sua notevole professionalità, una straordinaria capacità di comprensione ed ascolto, senza limite di orario. Riesce a stabilire un empatico contatto con chi ha bisogno di accoglienza, facendoli sentire come a casa Ugo Pagani: "una voce a te dovuta", è l'anima instancabile "dell'Associazione del libro parlato per non vedenti". Riesce giorno dopo giorno a moltiplicare in centinaia di case la magia di una voce che legge, tranquilla, le parole della bellezza. Da più di venti anni dedica la propria vita ad attività volontaria di servizio sociale, organizza e gestisce, per i lions club il premio nazionale di poesia e narrativa in lingua italiana e dialetti in tutte le regioni di Italia, i cui proventi sono interamente destinati all'associazione. Silvia e Ettore Caretti sono una coppia attiva nel volontariato, presso l'Anfass e per i carcerati di Opera. Sempre disponibili verso gli altri, hanno aperto la propria famiglia all'affido, vedendo nel bisogno di due bambini una richiesta di aiuto da non lasciar inascoltata. Premio Fardo alla virtù dei viterbesi A Viterbo il premio alla virtù civica porta il nome del Maestro Fardo d'Ugolino: uno dei più grandi filantropi viterbesi. Nacque alla fine del 1200 da una modesta famiglia di notai. Ad un certo punto della sua vita, lasciò ogni occupazione precedente e dedicò se stesso all'esercizio della carità. 95 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Un suo primo progetto fu quello di fondare un ricovero per le convertite, cioè le prostitute che volevano cambiare vita; la struttura doveva accogliere poi anche le orfanelle e ben presto fornì cure pure ai malati. Nel 1322 Maestro Fardo estese la sua attività assistenziale a favore degli Ebrei. Appena due anni più tardi fondò un altro luogo di cura e assistenza sulla montagna. Morì nel 1348 o nel 1350 e fu sepolto nella chiesa da lui fondata. Ecco i vincitori del "premio Fardo" Lucia Annibaldi è stata la prima presidente della lega contro i tumori di Viterbo. Il suo capolavoro lo ha realizzato nel 1994, con la creazione del laboratorio oncologico "padre benedetto" per la prevenzione dei tumori femminili e la riabilitazione delle donne operate al seno. Da allora anima il centro con generosità e grande disponibilità. Mario di Marco è uno di primi obiettori di coscienza di Viterbo. Attualmente formatore degli obiettori della Caritas diocesana, è divenuto ormai persona di riferimento per il mondo della solidarietà a Viterbo. Da anni si adopera per la promozione della cultura della pace e la diffusione delle tematiche sulla giustizia. Nel suo poco tempo libero di studentessa universitaria Marta Pianura aiuta i piccoli ospiti dell'istituto piccole suore della sacra famiglia nei loro impegni quotidiani: fare i compiti, giocare, trovare una soluzione ai loro problemi. E lo fa sempre con tanto calore. Pasquale Marcello, imprenditore sensibile alle tematiche sociali, sceglie di affiancare alla sua attività iniziative che favoriscono la crescita culturale e sociale della città. La sua attenzione si concentra in particolare sul mondo giovanile attraverso l'azione formativa dello sport, soprattutto quello minore (rugby, baseball) e lo fa con discrezione evitando di mettere in primo piano gli aspetti promozionali della sua impresa. Dora Del Ciuco Fasanari ha saputo trasformare il suo dolore in amore e dizione per gli altri. Fondatrice dell'associazione A.PRO.TION., al suo impegno si deve in particolare la realizzazione delle camere sterili per la cura delle leucemie dell'ospedale "Gemelli" di Roma. Ma soprattutto non fa mancare il suo appoggio morale a chi si trova ad affrontare situazioni di grave sconforto e smarrimento. Nel negozio di Luigi Grassotti e Filomena Spera si respira cultura e tradizione alimentare viterbese, che rendono piacevole e cordiale l'atmosfera. Viterbo e il suo centro storico hanno sempre più bisogno di valorizzarsi sull'esempio di esercizi commerciali che puntino sulla qualità della propria tradizione locale. Teresa Ginnasi e Mauro Sarnari sono impegnati da anni con l'Unicef provinciale per dare voce ai diritti dei bambini. Riescono sempre a coinvolgere con il loro entusiasmo i colleghi, gli alunni, i genitori dell'istituto comprensivo di Sutri e l'intera comunità sociale. Fra calendari, dolci, lotterie rendono la loro scuola un vero "laboratorio" di solidarietà. 96 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia New economy - Capitolo 7 Buona e cattiva rete: virtù civica e vandalismo on line. I dati di un fenomeno in crescita Nell'epoca della rivoluzione tecnologica il raffronto fra il bene e il male della civiltà informatica. Internet: uno strumento utile anche per il non profit. Il vandalismo corre sul web: i risultati di una recente ricerca dell'Osservatorio sulla Criminalità Informatica. Stiamo vivendo l’epoca di una rivoluzione tecnologica e industriale che ha modificato in pochissimi anni il nostro modo di lavorare, studiare, informarci e comunicare. Oggi possiamo leggere il giornale comodamente da casa, trasferire documenti elettronici in pochi minuti in qualunque luogo del mondo o consultare biblioteche direttamente sul nostro computer. Anche il mondo della solidarietà ci ha guadagnato grazie alla rete. Attraverso Internet le organizzazioni non profit possono promuovere le proprie idee e iniziative in maniera gratuita o quasi. Inoltre Internet può fornire servizi e informazioni a persone che difficilmente potrebbero ottenerli in altri modi (basti pensare ai siti accessibili alle persone ipovedenti e non-vedenti). D’altra parte Internet è un luogo in cui il vandalismo può colpire virtualmente tutti. In questa sezione del nostro rapporto vogliamo riflettere e analizzare entrambi gli ambiti: sia l’Internet solidale, sia l’aggressività in rete. 2.7.1 Dagli sviluppi militari ai portali non profit Internet ha più di 30 anni. Era il 1968 quando il National Physical Laboratory (Laboratorio Nazionale di Fisica) degli Stati Uniti realizzò una prima rete telematica basata su principi rivoluzionari rispetto alle reti di telecomunicazione tradizionali. L'ARPA (Advanced Research Project Agency), agenzia del Pentagono, decise di sponsorizzare il progetto. Lo scopo dei militari era probabilmente quello di trovare un modo di comunicare nel corso di una battaglia di grandi proporzioni come sarebbe stata una guerra nucleare. Gli scienziati che partecipavano al progetto avevano invece un’ottica completamente diversa: essi avevano bisogno di uno strumento che garantisse loro di scambiarsi in poco tempo enormi quantità di dati scientifici. Grazie ai grossi finanziamenti del governo americano, nel 1969 quattro fra i maggiori centri di ricerca scientifica statunitensi crearono un primo nucleo di computer in rete, sistema chiamato ARPANET. Durante gli anni Settanta si collegarono ad ARPANET tutte le reti universitarie statunitensi e furono messi a punto i cosiddetti protocolli di rete (come il TCP/IP), cioè delle regole fisse che i computer dovevano rispettare per comunicare fra di loro. All'inizio degli anni ’80, i militari si appoggiavano sempre più ad ARPANET e nel 1983 decisero di dotarsi di una rete tutta per loro. ARPANET si divise così in due: ARPANET, dedicata alla ricerca e Milnet, dedicata a scopi militari. 97 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia A metà degli anni ’80 ad ARPANET sono collegate università e centri di tutto il mondo. Il World Wide Web, la ragnatela grande come il mondo, nella forma attuale nasce agli inizi degli anni ’90 al CERN (Centro di Ricerca di Fisica Nucleare) di Ginevra, in Svizzera. Nel 1993 viene sviluppato Mosaic, il primo browser che consentiva di visualizzare immagini grafiche. Fino alla metà degli anni ‘90 Internet si è sviluppato grazie alla collaborazione e al lavoro più che trentennale di migliaia di ricercatori di tutto il mondo mossi non da logiche di mercato ma dalla voglia di apportare il proprio contributo all’avanzamento del sapere scientifico e tecnologico. Quando ormai i web-navigatori sono milioni, le multinazionali dell’informatica e delle telecomunicazioni si rendono conto della possibilità di business. Inizia la “guerra” dei browser, fra Netscape e Internet Explorer e le accuse di monopolio a Microsoft. Il resto è storia di oggi: la sovracapitalizzazione dei titoli legati alla net-economy, fusioni, creazioni dal nulla delle net-aziende. Fino alla scoppio della bolla speculativa a cavallo dell’anno 2000: si parla apertamente di crisi di Internet e della net-economy. 2.7.1.2 Identikit del web user italiano Oggi il 25% delle famiglie italiane ha un collegamento Internet, mentre sono 66 su cento le aziende italiane collegate alla rete. Solo il 47% dei PC installati nelle scuole e negli uffici della pubblica amministrazione è collegato a Internet. Alla fine del 2001 circa il 33% della popolazione italiana (18 milioni di persone) ha navigato almeno una volta al mese, percentuale leggermente inferiore rispetto a Francia e Germania, mentre nei paesi Scandinavi e nel Nord America (USA e Canada) circa due terzi della popolazione naviga su Internet. Il trend di crescita annuo italiano è del 30%: i cybersurfisti erano 8,20 Milioni nel 1999, 13 milioni nel 2000. Si tratta di un trend di crescita molto positivo se confrontato con quello europeo: nell’Europa dei quindici la penetrazione di Internet ha fatto segnare un brusco arresto: gli europei che usano Internet si è attestato nel dicembre scorso al 38%, dopo la rapida corsa dei mesi precedenti che aveva portato la percentuale dal 18% del marzo 2000 al 36% del giugno 2001. Nel nostro Paese la maggior parte delle persone si collegano da casa: nel 2001 erano 11,5 milioni, più del doppio rispetto al 1999. Complessivamente in Italia ci sono oggi quasi nove milioni di abbonamenti gratis o a pagamento. In media un navigatore italiano rimane collegato alla rete circa 20 ore al mese, rispetto alle 40 di un utente americano. L’utente tipo di Internet in Italia è un maschio tra i 14 e 24 anni (57% dei navigatori, mentre nella fascia 25/35 è 38,5% e oltre i 35 è il 28%) , residente in Italia Centrale e del nord. Le regioni col maggior numero di utenti sono le Marche e l’Umbria (32,8%), la Lombardia (30,3%) e il Lazio (28,3%). Al sud la percentuale è circa il 20% della popolazione. 2.7.1.3 Perché si naviga nel world wide web In Italia Internet viene utilizzato prevalentemente per comunicare e informarsi: l’80% degli utenti utilizza quotidianamente la posta elettronica, mentre il 43% ricerca news e legge i quotidiani on-line, contro il 32% che cerca programmi di informatica e il 28% che usa Internet per scaricare e ascoltare la musica. Da noi l’e-commerce stenta ancora ad affermarsi: solo il 10% delle aziende vende on-line i propri prodotti, contro il 23% delle aziende europee. 98 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Alla fine del 2001 il 36% dei navigatori europei aveva fatto compere on-line: in Italia questa percentuale è del 20% (circa 3,5 milioni di persone nel 2001, il 6,6% della popolazione italiana), per un valore del mercato Business to Consumer di 2.000 milioni di Euro. 2.7.2 La buona rete italiana: alcune tipologie di siti non profit, dall' ambiente alla solidarietà Si calcola che ai siti non profit italiani si debbano accreditare circa 200.000 contatti giornalieri, nel 2004 saranno 250.000.In questo paragrafo tratteremo non solo di siti delle associazioni non profit, come www.legambiente.com, il sito ufficiale di Legambiente, ma anche siti che offrono servizi in maniera gratuita. Per compiere questo viaggio virtuale attraverso il web virtuoso italiano abbiamo suddiviso per maggiore ordine i siti non profit in alcune categorie e i siti citati non esauriscono ovviamente tutto l’insieme del non profit italiano che si può trovare sul web. Ambiente: oltre ai siti delle grandi organizzazioni ambientaliste (www.wwf.it, www.greenpeace.it, www.legambiene.com) sui quali si possono trovare le informazioni che riguardano queste associazioni, esiste in Italia un arcobaleno di siti destinati all’ambiente. Si può andare da www.rifiutilab.it, un portale costruito come un laboratorio dove compiere esperimenti in materia di riciclaggio e smaltimento dei rifiuti nelle città, a www.ecosportello.org, sito dello Sportello Informativo di Legambiente sulle Raccolte Differenziate. Per gli appassionati della montagna e dei parchi naturali, sono da citare il portale sui parchi italiani www.parks.it, www.cipra.org, sito della Commissione Internazionale per la Protezione Alpi; www.alpinia.net contiene, invece, le immagini in tempo reale delle maggiori cime italiane e una serie di link tematici (escursioni, rifugi, guide alpine, etc.); www.infondoalmar.it è un sito dedicato alla campagna promossa da Lega Pesca e Legambiente per la bonifica dei fondali di cinque aree marine italiane. Nel campo dell’informazione ambientale www.e-gazette.it è il cybergiornale più diffuso che tratta di energia, ambiente e rifiuti. Ambiente e leggi: spesso le vittorie degli ambientalisti nascono da esposti alla magistratura e dall’azione di avvocati al servizio dell’ambiente. I siti più importanti in questo campo sono: www.dirittoambiente.com, che ha il patrocinio del WWF e che è curato da Maurizio Santoloci, giudice unico penale presso il tribunale di Terni e consulente giuridico del Ministero dell’Ambiente; www.lexambiente.com, rivista mensile curata da Luca Ramacci, procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Venezia e che contiene informazioni sui CEAG (Centri di Azione Giuridica) di Legambiente; www.cliccambiente, sito edito da Maggioli Editore per Ambiente Italia. Turismo sostenibile: in questo caso si può andare dal portale dell’agriturismo in Italia (www.agriturismo.it) dedicato alla ricerca di agriturismi, “il miglior posto dove trascorrere qualche giorno in pieno relax a contatto con la natura”; ai campi di volontariato organizzati da 10 anni a questa parte da Legambiente (http://www.legambienteturismo.it/volontariato/index.html). Sud del Mondo: un posto di rilievo in questa categoria è da attribuire al sito di Emergency (www.emergency.it) l’associazione di Gino Strada che porta cure mediche nel sud del mondo e principalmente nei paesi teatro di guerre. Emergency è stata l’ispiratrice della campagna per la messa al bando delle mine. Questa campagna si è appoggiata pesantemente su Internet tramite l’invio di email e di newsletters. In questo modo si è riusciti a ottenere la firma di un Trattato Internazionale e gli organizzatori della campagna hanno vinto nel 1997 il Premio Nobel per la Pace. www.peacelink.org, 99 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia collegamento della pace, è “il” sito pacifista italiano: contiene notizie e informazioni su pacifismo, obiezione di coscienza, dossier di memoria storica sull’avventura ormai decennale di questo portale. www.misna.org è invece un sito di informazione in stile agenzia stampa su tutto quello che succede nei Paesi del Sud del Mondo. Il sito contiene le notizie provenienti dalle missioni cattoliche sparse in tutto il mondo. Mercati marginali: in questo caso si va dai siti www.autostop.it e www.viavai.it, dedicato a chi offre e chi chiede autostop (“Un modo economico per spostarsi....”), a www.bidonville.it, sito dell’usato che promuove “la massima della conservazione, della modifica, del riuso”. www.milanocarsharing.it è il sito ufficiale del Milano Carsharing, la prima esperienza a Milano di auto in multiproprietà e che viene promossa da Legambiente insieme al Touring Club Italiano. Interamente dedicato al commercio equo e solidale è www.altromercato.it. Agricoltura biologica: particolarmente interessante è www.aiab.it, sito dell’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica, che contiene informazioni su tutto quello che concerne il biologico, gli agriturismi, la legislazione in materia. www.amab.it è invece il sito dell’Associazione Mediterranea Agricoltura Biologica. www.slowfood.it è il sito della sezione italiana dell’associazione internazionale Slowfood, movimento per la tutela del diritto al piacere che conta più di 60 mila soci in tutto il mondo. Nel campo dell’agricoltura biologica ogni anno vengono organizzate diverse manifestazioni a carattere nazionale o regionale allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’argomento. Da qui nascono siti che contengono un grande numero di informazioni, come www.biodomenica.it o il sito della campagna mangimi puliti di Legambiente (www.mangimipuliti.it) dedicato all’alimentazione zootecnica. Cultura: l’associazione culturale non profit Liber Liber ha come obiettivo la promozione di ogni espressione artistica e intellettuale. Il sito www.liberliber.it offre la possibilità di scaricare i testi di opere letterarie. Inoltre l’associazione promuove il progetto Manuzio, vale a dire la fondazione di una biblioteca telematica ad accesso gratuito. http://www.uspid.dsi.unimi.it è il sito dell’Unione Scienziati per Il Disarmo, associazione nata nel 1982 per promuovere la responsabilità civile fra gli scienziati. Il sito ospita una raccolta di documenti e analisi sui problemi connessi al controllo degli armamenti e un buon indice ragionato sul disarmo in Internet. Handicap: www.handicapincifre.it è un sito che fa parte del progetto "Sistema Informativo sull'Handicap" promosso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e realizzato dall'ISTAT. Offre informazioni e dati statistici sulle persone disabili in Italia e sulla legislazione in materia. Per avere maggiori informazioni sull’accesso dei siti alle persone ipovedenti, vedere l’intervista al Professor Paolo Graziani. 100 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia La rete per i disabili: intervista al professor Graziano, ipovedente e ricercatore del Cnr “Il fatto di consentire a tutti i cittadini di accedere ai siti Web delle Pubbliche Amministrazioni, è importante quanto garantire loro l’accesso agli edifici pubblici”. Questa frase è scritta nell’ultimo piano d’azione della Commissione Europea relativo all’accessibilità dei siti web europei da parte dei disabili. In Italia ci sono quasi 3 milioni di disabili e per queste persone Internet può essere uno strumento formidabile per superare di fatto le barriere fisiche reali che li separano da informazioni utili per la loro esistenza. Ne abbiamo parlato col Professor Paolo Graziani, ipovedente e ricercatore del Centro Nazionale Ricerche. Il Professor Graziani da diversi anni si occupa dello sviluppo di tecnologie software per non-vedenti. 1) Quali sono gli ambiti in cui Internet è di maggiore aiuto per le persone con handicap visivi? Quali sono le opportunità di lavoro per non-vedenti o ipovedenti che nascono dalla rete e, in generale, dall'uso dell'informatica? Per chi ha difficoltà ad accedere alla forma tradizionale dell’informazione, cioè alla carta stampata, una sorgente di informazione in formato elettronico, come sono i servizi di Internet, risulta particolarmente preziosa, dato che si presta ad essere utilizzata tramite le tecnologie di presentazione alternativa, come la sintesi della voce o il Braille elettronico labile. La posta elettronica, le mailing list, i siti web sono oggi di enorme utilità per ciechi e ipovedenti e sono usati per scopi di studio, lavoro e svago. Questo compatibilmente con il grado di accessibilità di questi servizi. I problemi maggiori sono incontrati nei siti web nei quali spesso la multimedialità è usata in modo scriteriato, creando vere e proprie barriere di comunicazione. Più in generale, l’informatica ha contribuito alla conquista di larghi spazi di autonomia per la lettura e la scrittura, indipendentemente dal fenomeno Internet che è relativamente recente. L’uso di programmi di video scrittura, di riconoscimento caratteri (OCR) per scanner, database ecc.., ha fatto fare un notevole salto di qualità all’integrazione culturale e sociale dei ciechi negli ultimi 20 anni. Potenzialmente, questa maggiore autonomia con il supporto dell’informatica e della rete potrebbe creare anche nuove possibilità occupazionali. In realtà, pur non mancando esempi in tal senso, questi rimangono episodi sporadici, dato che diversi fattori ostacolano l’apertura concreta di nuove possibilità lavorative di massa. Fra queste difficoltà possiamo citare i diffusi pregiudizi che fanno immaginare un cieco come una persona totalmente invalida e quindi oggetto solo di assistenza. La stragrande maggioranza dei ciechi che lavorano è incanalata in professioni protette, in tutto o in parte, come il centralinista telefonico, il masso-fisio-terapista o l’insegnante. Senza un sostegno legislativo è difficile modificare questa situazione. Una eccezione è rappresentata dalla professione di programmatore di calcolatore che, anche in Italia, ha assunto nei passati 20 anni una proporzione significativa, di alcune centinaia di persone, ma anche questo non è stato un fenomeno spontaneo: è stato dovuto all’impegno di coloro che hanno creduto in questa possibilità, dando vita ad una organizzazione, (www.asphi.it) che ha coagulato risorse e impegno di vari enti e imprese, assicurando un percorso di sbocco lavorativo ad una iniziativa di formazione professionale. Adesso, questo impegno si va diversificando nelle nuove professioni sorte con l’avvento della società dell’informazione, ma non sempre i risultati premiano lo sforzo profuso. 2) Si può fare una stima del numero di persone con handicap visivi che usano Internet in Italia? Di queste quante usano Internet per lavorare? Qual è la situazione in Europa? E’ difficile dare delle cifre. Comunque si può stimare che gli utenti Internet disabili visivi siano ormai molte migliaia. Molti di questi usano Internet sul posto di lavoro o per scopi connessi alla loro attività professionale. Ad esempio, molti centralinisti ciechi consultano correntemente gli 101 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia elenchi telefonici online e altri servizi Internet o Intranet aziendali. La funzione stessa del centralinista sta evolvendosi verso una figura professionale diversa, proiettata verso la fornitura di informazioni al pubblico, proprio grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie. Per altre attività professionali diffuse fra le persone con handicap visivo, come quelle di insegnante o avvocato, Internet rappresenta una importante risorsa per l’aggiornamento e il reperimento rapido di informazioni essenziali, quali le circolari ministeriali, banche dati di ogni genere, con particolare riferimento alla legislazione e alla giurisprudenza. Anche per gli studenti, dalla scuola media in su, il computer rappresenta uno strumento importante di autonomia, ivi compreso l’impiego come strumento di accesso ad Internet. Le differenze che si possono riscontrare nei vari paesi europei sono date dai diversi criteri di sostegno all’educazione e all’occupazione dei ciechi e degli ipovedenti, ma ovunque c’è una crescente diffusione di impiego della tecnologia dell’informazione. 3) Qual è la situazione dell'accessibilità dei siti italiani, in special modo quelli istituzionali e di Enti dello Stato (ferrovie, poste, etc.)? In che modo le Istituzioni (governo, parlamento) incoraggiano e promuovono lo sviluppo di siti accessibili? Che cosa si potrebbe fare di più? Da questo punto di vista, i siti pubblici italiani presentano un panorama abbastanza vario ma dove prevale una sostanziale accessibilità, specialmente per chi usa gli strumenti (browsers e screen readers) più avanzati. I problemi maggiori sono sorti in quei servizi (poste, ferrovie ecc..) che, in seguito al processo di privatizzazione hanno imboccato la strada della ricerca di un malinteso “look” nei loro siti, facendo ricorso a presentazioni e modalità di interazione “amichevoli” nelle intenzioni, ma di fatto emarginanti per gli utenti disabili. Negli ultimi tempi, si è diffusa nel settore della Pubblica Amministrazione una certa attenzione alle istanze dell’utenza marginale. Nel marzo 2001 il Ministro della Funzione Pubblica ha emanato una circolare dal titolo "linee guida per l'organizzazione, l'usabilità e l'accessibilità dei siti web delle pubbliche amministrazioni ". Questa circolare è in linea con gli orientamenti WAI (Web accessibility Initiative: www.w3.org/WAI). L’AIPA (Autorità per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione) ha costituito un gruppo di lavoro specifico sull’accessibilità dei sistemi informatici, siti web, hardware e software, con riferimento sia agli utenti sia ai dipendenti disabili della PA. Fra le iniziative di questo gruppo di lavoro si può citare una circolare tecnica, che integra ed estende quella della Funzione Pubblica, emessa dall’AIPA nel settembre 2001 con il titolo "Criteri e strumenti per migliorare l'accessibilità dei siti web e delle applicazioni informatiche a persone disabili" (CIRCOLARE 6 settembre 2001, n. AIPA/CR/32) e un CD ROM di autoapprendimento dei citati orientamenti WAI. Sono in corso altre iniziative di supporto all’applicazione della normativa contenuta nelle due circolari, come la creazione di un sito web (www.publiaccesso.it). Alcuni importanti siti pubblici si stanno già adeguando alle regole di accessibilità, ad iniziare da quello del Governo. Di queste e altre attività si può trovare notizie dettagliate a partire dalla pagina http://www.governo.it/sito_internet/accessibile.html. Un passo successivo dovrebbe essere quello di rendere obbligatoria per legge l’osservanza delle regole di accessibilità, con un effetto maggiore di quello di semplici circolari amministrative. 4) I programmi, come screen readers e le barre braille, che aiutano i non-vedenti a navigare sono facilmente accessibili (costi, facilità d'uso, etc.) Gli “screen reader”, con sintesi vocale o riga Braille, richiedono un addestramento specifico per il loro impiego, dati numerosi comandi e strategie di uso , nonché le difficoltà dovute alla interazione con le interfacce utente grafiche, come quelle degli applicativi di Windows, “amichevoli” per chi ha la visione panoramica dello schermo, ma non altrettanto per chi deve orientarsi seguendo percorsi passo passo, sotto la guida degli scarni messaggi percepiti in modo sequenziale. Va detto anche che non tutti gli applicativi risultano accessibili con questi 102 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia adattamenti software di tecnologia assistiva. Si va dalla buona usabilità di quei programmi, come Word o Internet Explorer, che sono stati progettati e adattati per essere compatibili con uno screen reader, a quelli che presentano qualche difficoltà di controllo per arrivare a quelli completamente inaccessibili. Queste tecnologie sono comunque piuttosto costose, superando come minimo il costo dello stesso personal computer, per arrivare ad un costo anche di oltre 5 volte questo. Esiste tuttavia un sia pur limitato aiuto economico dal Servizio Sanitario Nazionale. 5) Esistono risorse gratuite per non-vedenti sul web (free software, librerie on-line, etc)? Se sì, quali sono le più interessanti? Esistono associazioni di volontariato che sono attive in questo ambito? Se sì, quali sono? Ci sono pacchetti software disponibili gratuitamente. Posso iniziare citando quelli che ho curato personalmente, fra i quali i più importanti sono Parla e Italbra. Il primo è uno screen reader per Dos che, nonostante adesso anche i ciechi lavorino prevalentemente nell’ambiente Windows, viene ancora molto utilizzato per tutti gli applicativi Dos che possono girare sotto il “Prompt Dos” di Windows. Il secondo è il software di composizione e trascrizione Braille usato dai maggiori centri di produzione di libri Braille italiani, ma viene usato anche a livello personale da molti ciechi che possiedono una stampante Braille. Questi pacchetti sono scaricabili dal sito “anonymous” ftp://ftp.area.fi.cnr.it/pub/graziani/index.htm. Un altro sito FTP dove si possono reperire numerosi programmi di utilità, sviluppati dal prof. Giuliano artico dell’Università di Padova, si trova all’indirizzo ftp://ftp.math.unipd.it/pub/people/artico/00index.htm.Ci sono siti dove sono reperibili programmi di varia provenienza. Fra questi posso citare quello dell’Istituto Cavazza di Bologna (www.cavazza.it) sul quale è disponibile anche una libreria di testi (Telebook), oltre ad altri servizi e links a molti altri siti di interesse. Anche l’Unione Italiana Ciechi possiede un sito (www.uiciechi.it) dal quale si possono raggiungere altri indirizzi utili. Fra questi, di notevole interesse è una versione accessibile del quotidiano La Stampa di Torino, sviluppata dal nostro gruppo dell’IROE-CNR, il cui indirizzo diretto è www.quotidiano.uiciechi.it. Da segnalare anche il sito della Fondazione Ezio Galiano (www.galiano.it), dove è disponibile una vasta raccolta di testi e numerosi giornali e periodici in formato testuale. 6) In che cosa consiste la sua attività di ricerca? Su quali sviluppi e progressi tecnologici stanno lavorando i ricercatori? Sarebbe lungo elencare tutte le attività svolte dal nostro gruppo. Al momento ci stiamo occupando principalmente dell’accessibilità delle sorgenti di informazione e dei sistemi di telecomunicazione. Abbiamo assunto un ruolo importante nella diffusione della cultura dell’accessibilità, ad esempio, con la partecipazione al gruppo di lavoro AIPA citato sopra ed con la collaborazione con il Ministero della Funzione Pubblica per la stesura della circolare sull’accessibilità. Come attività di ricerca propriamente detta, abbiamo in corso alcuni progetti europei nei quali sono affrontati i problemi di applicazione del principio della Progettazione Universale (Design for All) in vari settori della tecnologia della comunicazione e dell’informazione. Si tratta di cercare di superare l’approccio dell’adattamento a posteriori dei mezzi informatici, per recuperare un’accessibilità non presente in partenza, puntando invece ad una progettazione che tenga conto fin dall’origine delle necessità di tutti gli utenti, compresi quelli disabili. Su questo fronte stanno lavorando altri centri di ricerca ed è da questo nuovo approccio che ci si possono aspettare i futuri progressi dell’integrazione delle persone disabili. 103 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia 2.7.2.1 Newsgroup Un newsgroup è un gruppo di discussione formato da persone che si scambiano messaggi attraverso Internet su un tema determinato. Nei newsgroups ciascun partecipante può esprimere la propria opinione, chiedere informazioni, ricercare aiuto, proporre un quesito sempre relativamente a un argomento ben preciso. La differenza fondamentale fra una mailing list e un newsgroup sta nel fatto che la mailing list è un sistema per inviare via posta elettronica lo stesso testo a più persone in maniera unidirezionale: una persona invia il messaggio a molti senza aspettarsi una risposta. I newsgroups vanno meglio per numerosi utenti e quando lo scambio è multilaterale. In tutto il mondo esistono centinaia di migliaia di newsgroup, forse milioni, organizzati in gerarchie. Questo consente agli utenti di identificare più facilmente i newsgroup che interessano loro e, al tempo stesso, per evitare che un solo gruppo venga subissato da molte discussioni che non hanno nulla in comune l'una con l'altra. Per esempio, si può partecipare a it.arti.musica, ma un utente è interessato in particolare alla musica classica può abbonarsi a it.arti.musica.classica. I newsgroup già esistevano quando ancora Internet era poco più che un embrione. Se oggi navighiamo sul Web lo dobbiamo a tutte quelle persone che attraverso i Newsgroup si sono scambiati informazioni e pareri tecnici e hanno collaborato a realizzare questo o quel progetto. 2.7.2.2 Verso l’informatica solidale: il Software Libero Per software libero (free sofware) s’intende ogni programma informatico che può essere usato, modificato e distribuito senza vincoli di copyright. La distribuzione a terzi può essere sia gratis, sia a pagamento. Se il software è distribuito a pagamento il termine free concerne la libertà di diffusione e non il prezzo. Il software libero si basa su di un’impostazione culturale di natura libertaria, egualitaria e di cooperazione unita alla passione per la tecnologia informatica e scientifica. L’idea della libera circolazione delle idee e delle informazioni, e quindi di una programmazione informatica libera e costruttiva, ha trovato un terreno fertile a cavallo degli anni ‘70 in alcune Università e Centri di Ricerca statunitensi (MIT, Barkeley e i Centri della Bell) sulla spinta dei movimenti degli anni ‘60 e degli ingenti investimenti pubblici del governo americano (vedi la storia di Internet). La connessione in rete delle Università di tutto il mondo negli anni ‘70 e ‘80 ha consentito la libera diffusione delle conoscenze tecniche che erano state acquisite. In questo senso Internet è allo stesso tempo madre e figlia del software libero. Rispetto al software proprietario, di cui l’utente non ha accesso al codice sorgente, i vantaggi del software libero sono molteplici: Avendo accesso al codice sorgente del programma, è possibile modificarlo per migliorarlo e adeguarlo alle proprie esigenze; i miglioramenti possono anche essere condivisi con gli altri È possibile distribuire ad altri (gratuitamente o a pagamento) il frutto del proprio lavoro. Permette il lavoro in collaborazione fra più persone Consente una diffusione delle conoscenze più veloce e in forma gratuita. Il software è accessibile su internet in maniera gratuita. 104 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia La protezione e la libera distribuzione del software libero si basa sul concetto di copyleft, contrapposto al copyright. Un software protetto dal copyleft può essere utilizzato liberamente, modificato e ridistribuito gratuitamente o a pagamento a condizione di distribuire il codice sorgente e di indurre chiunque acquisisca il prodotto ad aderire allo stesso tipo di contratto. In questo modo viene garantita la libera circolazione dei programmi senza correre il rischio che le imprese produttrici di software vendano come software proprietario il software modificato. Il sistema Linux. Nel 1990 uno studente allora ventenne dell’Università di Helsinki, Linus Torvalds, decide di comprarsi un nuovo computer. Poiché non può permettersi i 5000 dollari del sistema operativo Unix, decide di scriverselo da sé: nella primavera del 1991 è pronta la prima versione del sistema operativo che in seguito rivoluzionerà il mercato dell’Information Technology. Stiamo parlando del sistema operativo Linux. Non appena finito di scrivere la prima versione di Linux, Linus Torvalds decide nel ’91 di mettere a disposizione il proprio prodotto su Internet: chi vuole può usare in nuovo sistema operativo a patto di far circolare gratuitamente ogni modifica scritta per migliorare il programma. Sono centinaia i programmatori di tutto il mondo che, gratuitamente, trasformano la prima versione di Linux in un potente sistema operativo corredato da una vasta di prodotti informatici che fa paura a tutti i colossi del settore. Oggi Linux viene largamente utilizzato in tutto il mondo: dalle poste degli Stati Uniti, alla Pubblica Amministrazione della Cina. Linux è ancora disponibile in rete gratuitamente. Anche Legambiente Lombardia ha scelto per i propri server il sistema Linux. 105 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia 2.7.3 Il bit vandalismo 2.7.3.1 Hacker e Cracker Virus, attacchi informatici, messaggi tipo Sant’Antonio: il vandalismo e l’aggressività sulla rete può avere facce molto differenti. Ma anche gli obiettivi degli “aggressori” possono essere molto diversi. Prima di tutto è necessario distinguere fra hacker e cracker. Un hacker è una persona curiosa di penetrare nei sistemi informatici, superando i dispositivi di sicurezza, con l’unico intento di sondare le possibilità della scienza e della tecnica informatica e rispettando un codice etico ben preciso: niente danni e non farsi scoprire mai. Per gli hacker le parole d’ordine sono quindi divertimento e rispetto dei sistemi altrui. I cracker hanno conoscenze tecniche simili a quelle degli hacker ma le usano per compiere atti di vandalismo o per furti. 2.7.3.2 I dati sul vandalismo in rete Nel 2000, il 78% delle aziende e degli enti italiani hanno subito un attacco ni formatico, contro il 68% dell’anno precedente. È il dato saliente della ricerca 2001 dell’Osservatorio sulla Criminalità Informatica (OCI) condotta su un campione di 200 tra aziende e pubbliche amministrazioni. Il 39% degli attacchi del 2000 è stato provocato da virus (il 32,8% nel 1999); viene poi il furto dei dati (22% nel 2000, 15,6 nel 1999) atto di vandalismo seguito dalla saturazione delle risorse attuata per esempio con l’Email bombing (il 14% nel 2000, l’8,3% nel 1999). Per quanto riguarda le motivazioni, il 36% compie attacchi per puro vandalismo, il 22% per dimostrare la vulnerabilità dei sistemi di sicurezza, il 17% il sabotaggio e il 14% la frode informatica. Le aziende sanno comunque fronteggiare sempre meglio gli attacchi informatici: se nel 1999 solo per il 44% degli attacchi il problema veniva risolto entro un giorno, nel 2000 questa percentuale aumentava al 68%. Complessivamente per i tecnici OCI la situazione italiani è molto simile a quella americana. 2.7.3.3 Tipi di aggressioni sulla rete SPAM (o JUNK MAIL: posta spazzatura) - Sono i messaggi elettronici inviati senza che il destinatario l’abbia richiesto. Si tratta in genere o di messaggi pubblicitari o delle catene di Sant’Antonio del ventunesimo secolo, cioè quelle via Internet. Il termine SPAM deriva da un’omonima marca di carne in scatola americana e si riferisce all’effetto che farebbe versare la carne gelatinosa su un ventilatore imbrattando tutta la stanza. La Commissione Europea ha stimato che nel 2001 i messaggi SPAM siano costati circa 10 miliardi di euro fra spese di ingombro della rete e perduta di produttività. Si calcola che in media un messaggio su sette che riceviamo sia SPAM, mentre secondo il “Washington post” un utente normale nel 2001 ne avrebbe ricevuti circa 1500. Per questi motivi già 20 stati americani si sono dotati di una legislazione anti-spam, mentre la Commissione Europea sta ipotizzando di rendere illegali tutti i messaggi promozionali non richiesti. 2.7.3.4 Dai virus agli “open relay”: ecco i nemici in rete VIRUS - Un virus informatico è invece un programma software, cioè una serie di istruzioni che se vengono attivate possono causare danni considerevoli, come la cancellazione completa di tutti i dati registrati sul computer. In generale l’utente, una 106 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia volta che il virus ha incominciato a “lavorare”, non ha possibilità di interromperlo. Questi programmi sono detti virus perché si possono autoriprodurre, cioè possono creare copie identiche e infettare altri Pc attraverso l´invio di email, lo scambio di floppy disk e tutte le altre forme di comunicazione tra computer in rete. In particolare si è calcolato che ogni 300 messaggi, uno contiene un virus (nel 2000 ce n’era uno ogni 700 messaggi). Ogni giorno si contano circa 10 nuovi virus nel mondo, per un totale di circa 20.000 di virus in circolazione. Spesso vengono prodotti o per gioco o per frustrazione dell’autore. Per scoprirli ed eliminarli sono in commercio i cosiddetti Antivirus. In Italia le aziende pubbliche e private devono dotarsi per legge di antivirus. Inoltre chi produce un virus ma anche chi lo diffonde consapevolmente verso terzi è punito dalla legge. ATTACCHI - Si parla di attacco informatico quando un utente non autorizzato riesce a penetrare in un sistema informatico, superando tutti le protezioni messe in atto. Gli attacchi vengono effettuati o per dimostrare quanto si è bravi e quanto i sistemi di sicurezza siano vulnerabili (basti pensare agli attacchi ai siti del Pentagono o della Microsoft o della Casa Bianca) oppure, in misura minore, per danneggiare il sistema informatico che viene attaccato. OPEN RELAY - Si parla di Open Relay quando un attaccante riesce a penetrare su un computer dal quale riesce a lavorare come se si trovasse sul proprio. Dal computer "sponda" è possibile sferrare un attacco nascondendo la macchina dalla quale in realtà è partito l’attacco. Altri tipi di vandalismo sulla rete sono lo Sniffing, cioè la cattura delle informazioni che viaggiano sulla rete; l’Email bombing, ovvero il bombardamento attuato con l’invio di migliaia di messaggi email verso una sola casella di posta e lo Spoofing, la falsificazione dei dati. 107 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Terza Parte - Capitolo 1 Abacus: rapporto sulla “Civicness” in Italia ( a cura di Paolo Natale) 3.1. Il barometro del “senso civico” Il monitoraggio sulla cultura civica in Italia che Legambiente, unitamente a Comieco e ad Abacus, ha intrapreso lo scorso anno, è giunto alla seconda puntata. L'indagine ha l’intento di costituire una base di conoscenza per valutare i comportamenti e gli atteggiamenti sulla "civicness" dei cittadini, oltreché a rilevarne i mutamenti nel corso del tempo. L’obiettivo è infatti quello di fornire, con frequenza annuale, un sorta di “barometro del senso civico”. Prima di analizzare i risultati di questa seconda rilevazione, è opportuno richiamare brevemente che si intenda per “civicness” (traducibile in italiano con “cultura civica” o “senso civico”). Già di per sé è questo un compito abbastanza arduo: numerosi autori, commentatori e studiosi utilizzano il termine secondo modalità talvolta contrapposte, in conformità alla propria linea interpretativa. Senza entrare nel merito di tale dibattito – che viene peraltro richiamato più oltre – possiamo comunque utilizzare come definizione di base quella che ne ha dato Putnam nel suo “La tradizione civica nelle regioni italiane” (Mondadori, Milano, 1993), cioè l’insieme del tessuto e delle regole civili esistenti in un determinato contesto territoriale ovvero all’interno del costrutto della personalità individuale. Come vedremo fra breve, tale provvisoria definizione si può articolare in diverse componenti. E la più precisa definizione del concetto è proprio uno degli obiettivi di questo barometro. La ricerca muoveva, lo scorso anno, da alcune premesse legate alla attualità del dibattito politico e culturale nel nostro Paese, premesse divenute in occasione di questa seconda rilevazione ancora più attuali e presenti in Italia. La mancanza, nel nostro Paese, di una diffusa e radicata cultura civica è utilizzata da molti autori e commentatori per spiegare da un lato la permanenza di mali storici della nostra democrazia (come l'arretratezza socio-economica di alcune regioni e la presenza di significativi fenomeni di corruzione a diversi livelli), dall'altro l'emergere di nuove tendenze disgregatrici (come le aspirazioni separatiste di alcuni). Alla civicness come fattore di buon funzionamento e stabilità della democrazia si contrapporrebbe quella che è stata alternativamente definita come sindrome o cultura particolaristica, nelle sue diverse connotazioni quali il localismo, il familismo, ecc., che guarda alla propria ristretta sfera (familiare, economica, territoriale, ecc.) come unico orizzonte di riferimento valoriale e comportamentale. Esiste un vasto consenso degli studiosi del caso italiano sul modello esplicativo di tipo socio-culturale, che individua appunto nella "tara" culturale del particolarismo contrapposta alla risorsa del civismo - la spiegazione di molti elementi negativi riscontrabili in Italia: dal malfunzionamento amministrativo alla permanenza di acuti squilibri territoriali; dalla mancanza di una coesione all’intero del Paese alla 108 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia permanenza di una diffusa instabilità politica. Alcuni autori, come Negri e Sciolla, sottolineano d'altra parte come sia necessario delineare meglio e specificare tale modello esplicativo: senza negare l'influenza che i sistemi di valori possono avere sui comportamenti socio-politici e sulla stabilità del sistema democratico, non va sottovalutata da un lato la "molteplicità delle configurazioni di valori o credenze normative di una società", dall'altro "l'importanza del radicamento dei valori entro relazioni sociali e contesti di interazione specifici". Si sostiene in definitiva come non sia sufficiente la presenza di un forte spirito civico di origine “individuale” per garantire la stabilità e la maturità del sistema: "il punto focale è quello di rigenerare quella fiducia nelle istituzioni in assenza della quale la civicness resta una virtù privata, utile al mercato ma non alla politica, mentre la partecipazione tende a rinchiudersi nell'etica della convinzione poco sensibile a quella della responsabilità" (L'isolamento dello spirito civico, in N. Negri, L. Sciolla, Il Paese dei paradossi, NIS, Roma 1996). L'approccio di Sciolla e Negri sembra particolarmente stimolante e convincente, proprio perché permette di evitare una interpretazione riduttiva ed esclusivamente "culturalista", tentando invece di considerare l'interazione tra atteggiamenti e comportamenti individuali e sfera pubblica in una dimensione più complessiva. 3.1.1 La metodologia utilizzata Mentre lo scorso anno sono state utilizzate due fasi distinte di analisi (la prima con scopi esplorativi, la seconda di approfondimento), la seconda rilevazione - grazie all’esperienza maturata nel passato - è stata effettuata in un’unica fase, svolta tra maggio e giugno del 2002. Essa è stata realizzata mediante interviste postali autocompilate da parte di un campione di circa 1350 individui, rappresentativo della popolazione italiana di 18 anni e oltre, per genere, fasce di età, area geografica e ampiezza del comune di residenza. A partire dallo scopo generale del progetto e tenendo conto delle premesse indicate, la ricerca ha inteso perseguire differenti obiettivi di analisi. E’ stata innanzitutto distinta la fase di definizione dei concetti che si intendevano analizzare (nel nostro caso la cultura civica o civicness) e quella di operazionalizzazione e quindi possibile misurazione presso il campione di intervistati ed eventuali suoi sottogruppi. In secondo luogo, si è evidenziata una differenziazione tra elementi oggettivi utili per definire il grado di civicness o cultura civica presente nel nostro paese, ed elementi soggettivi (come è vissuta, interpretata, valutata dai singoli). Sul piano individuale, poi, è stato necessario effettuare una distinta valutazione dei comportamenti effettivi (propri e altrui) e degli atteggiamenti (propri e altrui); nel nostro caso, la misurazione dei comportamenti è risultata particolarmente difficoltosa in quanto le risposte degli intervistati sono state viziate dalla mancata dichiarazione di comportamenti ritenuti riprovevoli o comunque non del tutto ammissibili. L'indagine è stata quindi finalizzata a: - isolare e analizzare le differenti componenti della civicness, quelle valoriali, fiduciarie, identitarie e comportamentali; - analizzare i rapporti reciproci tra le diverse componenti e isolare uno o più "modelli di civicness"; 109 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia - analizzare la diffusione e l'incidenza della civicness nei diversi contesti territoriali e socio-demografici; - analizzare il rapporto tra la civicness e gli altri piani della vita individuale e collettiva. Tutti questi strumenti analitici sono per il momento da considerarsi “in progress”: i risultati cui siamo pervenuti, attraverso il loro utilizzo, rivestono infatti connotazioni per certi versi ancora ambivalenti. Come vedremo, la sistematizzazione di un’indagine approfondita su questi temi richiede accurati test di validazione, da replicare secondo tempi e modalità almeno di medio periodo. Ciò che qui viene presentato sono soltanto i primi passi per aiutarci a comprendere a fondo il cammino da percorrere, per cercare di fornire elementi utili a migliorare il rapporto tra i cittadini e la loro storia presente. METODOLOGIA UTILIZZATA ? Universo di riferimento: Individui residenti in Italia di 18 anni e oltre (circa 45 milioni) Stratificato e casuale, selezionato in base a quote per sesso, età, titolo di studio, area geografica di residenza e ampiezza del comune di residenza; ponderato per le stesse variabili e per tasso di frequenza alle funzioni religiose Interviste mediante questionario auto-compilato inviato per posta 1300 + 1350 gennaio 2001 e maggio 2002 compreso fra +/- 0.5% e +/- 2.7% ? Campione: ? Metodologia: ? Numero di interviste eseguite: ? Periodo di rilevazione: ? Margine di errore statistico: COMPOSIZIONE DEL CAMPIONE Sesso uomini donne 49% 51% Classi di età 18-30 anni 31-45 anni 46-60 anni oltre 60 anni 22% 31% 24% 23% Titolo di studio laurea diploma lic. media elem/nessuno 8% 30% 32% 30% Condizione professionale impr./dirig./prof. comm./artig./autonomi impiegati/insegnanti operai/esecutivi disoccupati studenti casalinghe pensionati/altro non occ. 3% 6% 17% 15% 7% 14% 19% 19% Area geografica Nord Ovest Nord Est Centro Nord Centro Sud Sud e Isole 26% 12% 17% 22% 23% 110 Ampiezza comune di residenza fino a 10mila ab. 32% 30-100mila ab. 21% oltre 100mila ab. 24% Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia 3.1.2 Familismo e società La vita quotidiana dell'italiano medio scorre ben riparata entro le mura di casa, nella cerchia ristretta degli affetti considerati sicuri. Una delle domande contenute nella ricerca (e più volte utilizzata anche in passato) è quella in cui si chiede agli intervistati quali siano gli aspetti e i valori più importanti della vita di ciascun individuo. La famiglia è di nuovo (e rimane costantemente) al primo posto di questa graduatoria. Sede degli affetti e della solidarietà, istituzione primaria nella formazione dell’individuo, rete di sostegno nei periodi di difficoltà, luogo di permanenza dei figli ancora in attesa di definire il proprio futuro, patto di convivenza tra generazioni, garanzia di mantenimento del tenore di vita per tutti i suoi membri: la famiglia rimane per gli italiani il valore nettamente più importante. Le funzioni che essa assolve possono essere numerose e talvolta contrastanti tra loro, ma certamente la famiglia italiana dimostra una plasticità ed una capacità di trasformarsi, rimanendo sempre centrale nella vita di ciascuno, sconosciuta in altri Paesi. L’importanza che gli intervistati le riconoscono è costantemente assai elevata, senza differenze significative tra le diverse aree del Paese, tra le professioni o i gruppi sociali o le classi di età. 3.1.2.1 Gli italiani e gli aspetti importanti della vita Come si vede dal grafico, sono in generale tutte le aree del privato ad occupare le prime posizioni e bisogna arrivare proprio alla fine delle “top ten” per trovare una dimensione (la solidarietà) che tenga conto dei legami alla collettività. Occorre inoltre sottolineare come tutte le opzioni legate all’impegno (politico, ovviamente, ma anche religioso, sociale e ambientale) siano il fanalino di coda della classifica del 2002. Risultato, anche questo, assai omogeneo tra tutti i gruppi e rispetto a tutte le differenze di età, genere, area geografica o titolo di studio. Il grafico riporta l’importanza che viene attribuita ai diversi aspetti della vita valutati singolarmente. E’ quindi comprensibile che quasi tutte le aree proposte abbiano ottenuto un voto medio piuttosto elevato. Per conoscere quali siano i valori irrinunciabili, quelli che nella vita di ciascuno occupano un posto di netta preminenza rispetto agli altri, abbiamo chiesto agli intervistati di scegliere, dall’elenco delle venti aree valoriali, le tre che giudica più importanti delle altre. Tra gli otto aspetti più citati, ancora una volta è la famiglia ad occupare la posizione di rilievo: quasi il 90% del campione la giudica una componente essenziale della propria vita. In questa occasione viene a mancare anche l’unico elemento proiettato verso l’esterno, la solidarietà. Anche se la struttura di fondo delle priorità non muta in maniera significativa tra i diversi segmenti della popolazione, vi sono differenze nel peso assegnato alle diverse aree valoriali. E’ principalmente tra le generazioni che tali differenze si manifestano in modo evidente. Gli aspetti relazionali (l’amore, gli affetti, l’amicizia) sono assai più importanti per i giovani che per le età più avanzate. La salute preoccupa i trentenni e i quarantenni così come gli anziani. I più giovani sono meno preoccupati del problema del lavoro di quanto non lo siano i loro padri. Sono questi ultimi, invece, che manifestano il maggior investimento affettivo nella famiglia. La religione, infine, appare un elemento di scarsissimo riferimento per gli italiani adulti, tra i 18 e i 65 anni, mentre sembra maggiormente sentito tra gli anziani, che la collocano al quarto posto assoluto. 111 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia ASPETTI DELLA VITA più IMPORTANTI (I+II) molto importante (voto 8-10) - I molto importante (voto 8-10) - II Famiglia 95 Famiglia Salute 94 Salute Amore 90 95 91 Amore 85 Lavoro 86 Lavoro 78 Sicurezza futuro 86 Sicurezza futuro 79 Qualità ambiente 84 Qualità ambiente Amicizia 82 Amicizia Relazioni umane 81 Relazioni umane Ordine 79 Solidarietà 74 0 20 40 60 80 76 78 67 Ordine 72 Solidarietà 71 100 0 20 40 60 80 100 ASPETTI della VITA MENO IMPORTANTI (I+II) molto importante (voto 8-10) -I molto importante (voto 8-10) II 65 Autorealizzazione 62 Denaro 51 Imp. ambiente Libertà 51 Libertà 44 0 20 53 41 34 Imp. sociale 12 Imp. politico 40 Religione 39 Imp. sociale 49 Agiatezza Imp. ambiente Religione 57 Tempo lib. 53 Agiatezza 59 Studio 55 Tempo lib. 53 Denaro 58 Studio 57 Autorealizzazione 9 Imp. politico 40 60 80 100 0 % sul totale dei casi (non indica 1-2%) 112 20 40 60 80 100 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia ASPETTI DELLA VITA più IMPORTANTI (II) più importante (3 opzioni) Famiglia più importante (3 opzioni) 89 Salute 61 Lavoro Solidarietà 4 Autorealizzazione 4 40 Amore 23 Libertà 3 Tempo lib. 3 Sicurezza futuro 18 Agiatezza 2 Amicizia 17 Relazioni umane 2 Ordine 8 Studio 2 Denaro 8 Imp. sociale 2 Religione 7 Imp. ambiente 1 Qualità ambiente 7 Imp. politico 1 0 20 40 60 80 100 0 5 10 15 % sul totale dei casi (non indica 1-2%) 3.1.2.2 Gli italiani e la famiglia Abbiamo sottolineato l’estrema importanza che la famiglia riveste nel vissuto sociale e valoriale degli italiani. Le preferenze degli italiani per valori o aspetti della vita ritenuti importanti cadono all’unanimità e costantemente sulla famiglia. Ma quale modello di famiglia è quello immaginato o idealizzato dagli italiani? La famiglia, così come emerge dai nostri risultati, sembra essere demarcata dalla percezione che il suo bene non possa giustificare azioni dannose verso la collettività, ma persiste (ed è in leggero aumento rispetto allo scorso anno) l’idea che la principale responsabilità dell’individuo sia verso la famiglia e non verso la collettività: si passa dall’11% di accordo del 2001 al 14% del 2002. Da questa e da altre analisi svolte (si veda in particolare quella di Giuseppe A. Micheli in “Effetto generazione”, Carocci, 1999), emerge un dato particolarmente significativo, che per certi versi sembra andare in contro-tendenza con quanto l’opinione pubblica da una parte e alcuni movimenti politici dall’altra stanno veicolando negli anni più recenti. Mentre cioè appare ormai da più parti accettata l’idea di un’Italia divisa in due, tra nord e sud, seguendo le tradizionali fratture territoriali, l’esame degli atteggiamenti degli intervistati in particolare sui modelli familiari mostra come queste valutazioni di fondo siano in parte fuorvianti. Le differenziazioni più rilevanti riscontrabili nella popolazione italiana non appaiono infatti legate a variabili ambientali (o, almeno, non a quelle tra nord e sud) quanto ai caratteri personali degli intervistati, come l’istruzione o il ciclo di vita. Talvolta, addirittura, come nei rapporti all’interno della famiglia, sono proprio gli estremi territoriali, Lombardia e Sicilia, a risultare affiancati nella progressiva emancipazione dal modello tradizionale. 113 20 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia RESPONSABILITÀ VERSO LA FAMIGLIA E VERSO LA COLLETTIVITÀ - I L'amore per la famiglia non giustifica azioni dannose per la società 89% La principale responsabilità di una persona e verso la famiglia e non verso la collettività 11% % sul totale dei casi RESPONSABILITÀ VERSO LA FAMIGLIA E VERSO LA COLLETTIVITÀ - II Suo figlio si è appena laureato e Lei ha molti amici nel ramo in cui potrebbe trovare lavoro ... Lascia che se la cavi 50% Telefona agli amici 37% Fa telefonare al figlio 13% % sul totale dei casi 114 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia CIVICNESS E COMPORTAMENTI FAMILISTICI Suo figlio si è appena laureato e Lei ha molti amici nel ramo in cui potrebbe trovare lavoro... Per le analisi mediche di sua moglie ci vuole molto tempo e Lei conosce il primario... Non gli chiede nulla 23% Gli chiede di farle subito 22% Telefona agli amici 37% Lascia che se la cavi 50% Gli chiede di accociar e attesa 55% Fa telefonar e al figlio 13% % sul totale dei casi 3.1.3 Gli italiani e le istituzioni Un aspetto su cui i giudizi degli intervistati sono stabili, negli ultimi anni, è il livello di fiducia nelle principali istituzioni sociali e politiche. E questo risultato viene confermato anche da queste rilevazioni. Massima fiducia è accordata alle organizzazioni del ‘privato sociale’ (da quelle di volontariato e di difesa dei cittadini alla Chiesa) e alle istituzioni statali non politiche e di garanzia (dalle forze dell’ordine alla scuola e, nonostante le recenti polemiche, alla magistratura): tali aree ottengono infatti valutazioni sufficienti da oltre il 65% della popolazione. Nell’area politica e della rappresentanza degli interessi, Unione europea (in deciso incremento dallo scorso anno), comune e regione sono gli unici ad ottenere almeno la metà di giudizi positivi, mentre i partiti politici risultano i meno credibili (con valutazioni sufficienti espresse da meno del 20% della popolazione). In deciso regresso di fiducia (di circa 10 punti percentuali) appaiono sia i media (Tv e giornali) che le istituzioni finanziarie (banche e borsa). In sensibile ascesa, viceversa, il giudizio sui sindacati confederali, che toccano il top del 46% di giudizi positivi (ricordiamo che la rilevazione è stata effettuata prima della scissione in occasione degli accordi separati di Cisl e Uil con il governo). 115 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia più FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI E ORGANIZZAZIONI COLLETTIVE (I+II) positivi (seconda fase) positivi (prima fase) Polizia e CC 87 Ass. volontariato Polizia e CC Ass. volontariato 78 Scuola 84 74 81 Scuola 71 70 Ass. difesa cittadini 70 Ass. difesa cittadini Ass. ambientaliste 69 Ass. ambientaliste 67 Chiesa cattolica 65 Chiesa cattolica 66 Magistratura 64 Magistratura 66 67 Comunità europea 60 Comunità europea TG RAI 59 TG RAI TG Mediaset 56 0 20 40 60 51 TG Mediaset 80 100 45 0 20 40 60 80 100 meno FIDUCIA NELLE ISTITUZIONI E ORGANIZZAZIONI COLLETTIVE (I+II) positivi (prima fase) Comune Regione positivi (seconda fase) 57 Comune 57 Giornali 55 36 41 Governo 38 41 Parlamento 40 Sindacati 20 46 Banche 31 35 Ass. imprenditori 30 Borsa 20 0 41 36 33 Partiti politici 58 TG La 7 Governo Ass. imprenditori 49 Regione 46 Sindacati 61 23 Partiti politici 40 60 80 100 116 18 0 20 40 60 80 100 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia TREND FIDUCIA ISTITUZIONI (% voti positivi su totale casi) 100 95 100 Polizia e CC 95 90 90 85 85 Ass. volontariato Scuola 80 80 75 75 70 65 70 Chiesa cattolica 65 60 60 55 55 50 Ass. difesa citt. Magistratura Ass. ambiente 50 3.1.3.1 Il confronto tra le istituzioni politiche nazionali e quelle locali Uno dei temi certamente più rilevanti nel dibattito politico degli ultimi anni è stato quello relativo alla riforma federalista. E anche nell’ambito della discussione sulla riforma dello stato sociale, molta importanza ha avuto la questione dei diversi livelli amministrativi cui delegare la gestione dei servizi. Il primo gruppo di istituzioni che quindi abbiamo scelto per la nostra analisi è costituito dagli ambiti legislativi e di governo, a livello locale e nazionale, cui abbiamo affiancato anche l’Unione europea. Dall’analisi dei livelli di fiducia, emerge una distinzione abbastanza netta tra Unione europea (voti sufficienti compresi tra il 65 e il 70% degli intervistati), comune e regione (voti sufficienti intorno al 60% degli intervistati), governo e parlamento (voti sufficienti intorno al 40% degli intervistati). La fiducia nell’Unione europea, da una parte, e nelle amministrazioni comunali e regionali, dall’altra, è ancora in crescita: questo dato costituisce una ulteriore conferma dell’importanza della dimensione sovra-nazionale e di quella locale (“glocal”?). La fiducia viceversa nel Governo e Parlamento mostrano una tendenza stabile o decrescente. 117 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia TREND FIDUCIA ISTI TUZIONI (% voti positivi su totale casi) 80 80 Ue Reti/tg RAI 70 70 Comune 60 60 Giornali 50 40 Regione 50 Parlamento 40 Reti/tg Mediaset 30 30 Governo 20 20 Reti/tg Tmc-La7 Partiti politici 10 10 TREND FIDUCIA ISTITUZIONI (% voti positivi su totale casi) 70 70 65 65 60 Banche 60 55 Sindacati 55 50 50 45 45 40 40 35 30 Borsa 35 30 25 25 20 20 118 Ass. categoria Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia 3.1.3.2 I partiti politici, come sempre, fanalino di coda nella fiducia degli italiani I partiti politici sono l’organizzazione che ottiene i voti di fiducia più bassi da parte degli intervistati : la percentuale di voti sufficienti varia infatti tra il 15 e poco più del 25%, mentre il voto medio si aggira attorno al 4. La quota complessiva di chi manifesta fiducia nei partiti scende, rispetto al già ridotto risultato del 2001, di altri 2 punti (dal 20% al 18%). Anche in questo caso, abbiamo effettuato alcune analisi presso differenti sottogruppi di popolazione. Imprenditori, commercianti e artigiani esprimono livelli di fiducia nei partiti particolarmente bassi, e costantemente al di sotto della media generale della popolazione; sono invece casalinghe, pensionati e, forse sorprendentemente, gli studenti a nutrire un livello di fiducia nei partiti leggermente sopra la media, che rimane comunque, anche tra questi settori più “favorevoli”, il più basso rispetto a tutte le altre istituzioni testate. Il centro-nord (Emilia Romagna, Marche, Toscana, Umbria) è l’unica area del paese ove i partiti sembrano avere ancora qualche appeal, mentre in tutte le altre zone, ed in particolare al nord, i partiti non ottengono quasi mai percentuali di voti sufficienti superiori ai 28 punti. La suddivisione dei giudizi in base all’età mostra tre situazioni distinte : gli ultra 55enni esprimono livelli di fiducia più elevati rispetto alla media, al contrario delle fasce di età centrali (da 25 a 44 anni), mentre i giovanissimi e i 45-54enni non si esprimono in modo costante. La fiducia nei confronti dei partiti politici varia notevolmente presso i diversi settori di elettorato: diessini ed elettori della Margherita mantengono un livello di fiducia nei partiti decisamente più alto rispetto a tutti gli altri (arrivando a toccare un +10% sulla media generale. Al contrario, gli elettori di centro-destra nutrono scarsa fiducia nei partiti. 3.1.4 Individualismo e collettivita’ Come si è precedentemente analizzato, gli italiani non sembrano avere molta fiducia nella collettività e nelle sue istituzioni, confermando una tradizionale "disaffezione" che ha fondamenti storici e sociali oltre che culturali, e che si è probabilmente rinvigorita a partire dagli anni novanta. Va sottolineato come emergano tre tipi di orientamento molto chiari: · gli italiani hanno una buona fiducia nelle istituzioni statali non politiche e di garanzia (Polizia e Carabinieri, Forze Armate, Scuola e Magistratura) · nel contempo, confidano molto nelle associazioni autonome ed autogestite, tendenzialmente non profit e del privato sociale (volontariato, ambientalismo, autodifesa e Chiesa) · hanno infine una scarsa fiducia nelle istituzioni politiche ed amministrative, che rappresentano i loro interessi e che governano il Paese (Partiti, associazioni di categoria, Governo e Parlamento). Come dire: ci fidiamo solo degli apparati dello Stato super-partes, per il resto confidiamo di più nell'auto-organizzazione diretta della società civile. Ma anche quest’ultima è composta da “altri da sé”: come vivono allora i nostri connazionali il rapporto con l’altro? 119 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia 3.1.4.1 Gli italiani e gli altri italiani Mentre stiamo già in qualche modo entrando in contatto con gli altri cittadini europei, quali sono oggi i rapporti degli italiani con gli altri italiani? E qual è la fiducia che i nostri connazionali ripongono nelle Istituzioni che li rappresentano? Nella scorsa rilevazione si evidenziava un forte tasso di diffidenza degli italiani nei confronti dei propri simili. Oggi le cose sembrano soltanto leggermente migliorate: complessivamente, non sembra infatti che i cittadini si fidino molto gli uni degli altri: oltre l’80% della popolazione intervistata pensa che non si sia mai troppo prudenti nel trattare con la gente; il 75% pensa che, se si presentasse l'occasione, gli altri approfitterebbero della loro buona fede. Oltre la metà degli italiani ha dunque rapporti difficili con gli altri italiani. I legami di amicizia diventano spesso forme di isolamento e diffidenza verso chi non fa parte della propria ristretta cerchia di riferimento; molti individui non sono nemmeno interessati ad avere rapporti con il prossimo; altri ancora guardano gli estranei con sospetto. Un clima generale di sfiducia, quindi, che si riflette molto bene – come abbiamo visto anche negli atteggiamenti nei confronti delle istituzioni di rappresentanza. Abbiamo calcolato, sulla base di queste riposte, un “indice di fiducia” verso gli altri: lo scorso anno esso era pari a 40 (su una scala da 0 a 100); quest’anno ci si attesta su un valore di 44, in leggero trend positivo. Un ulteriore dato, più confortante, ci può far ben sperare per il prossimo futuro: il "tasso di fiducia" nel prossimo appare collegato da vicino con l'istruzione, cresce cioè al crescere del livello di scolarizzazione degli intervistati. Dal momento che la scolarità in Italia è in costante aumento, è possibile che negli anni a venire la fiducia negli altri possa tendenzialmente aumentare parallelamente. ATTEGGIAMENTI VERSO GLI ALTRI - I % sul totale dei casi Molto d'accordo Abbastanza Non si è mai abbastanza prudenti nel trattare con gli altri 29 Se c'è occasione gli altri si approfittano della buona fede 29 Gran parte della gente è degna di fiducia Nei miei confronti gli altri sono corretti Per nulla 54 14 42 7 20% 4 41 40 10% 7 45 30% 2 25 44 3 0% Poco 40% 50% 60% 12 70% INDICE COMPLESSIVO DI FIDUCIA NEGLI ALTRI: 40 (0=minima; 100=massima) 120 80% 90% 100% Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia ATTEGGIAMENTI VERSO GLI ALTRI - II % sul totale dei casi Molto d'accordo Abbastanza Non si è mai abbastanza prudenti nel trattare con gli altri Poco 28 Se c'è occasione gli altri si approfittano della buona fede 55 26 Gran parte della gente è degna di fiducia Nei miei confronti gli altri sono corretti 15 37 48 4 44 10% 20% 40% 50% 60% 70% 1 6 45 30% 2 24 49 9 0% Per nulla 7 80% 90% 100% INDICE COMPLESSIVO DI FIDUCIA NEGLI ALTRI: 44 (0=minima; 100=massima) Ma questo dato, se confrontato con quello più sopra discusso, appare esso stesso il frutto di un'ambivalenza (o di una ambiguità) di fondo della popolazione italiana. Se le istituzioni di rappresentanza non sembrano funzionare, gli intervistati dichiarano semmai di volersi rivolgere a quelle "autogestite" dal basso, che sono peraltro composte da individui di cui - come abbiamo visto - essi stessi nutrono scarsa fiducia. A meno che non siano frequentate da cerchie di amici. Ne risulta un quadro un po' sconfortante di un'Italia dove, al di là delle figure sociale preposte alla "repressione" o al mantenimento dell'ordine, si ripone fiducia - sia pure limitata - unicamente ai gruppi amicali e alla famiglia allargata. Non per nulla, come abbiamo visto, è la famiglia il valore nettamente preponderante per la quasi totalità degli italiani. La vita quotidiana dell'italiano medio scorre ben riparata entro le mura di casa, nella cerchia ristretta degli affetti considerati sicuri. E gli altri, i “nuovi” soggetti che entrano nel nostro paese? Vengono in generale vissuti, come è ormai noto, quali mine vaganti. In grado cioè di sconvolgere un equilibrio che si sta(va) lentamente assestando, negli ultimi decenni. L’opinione più condivisa appare andare in direzione della loro capacità di adeguarsi ad un nuovo stile di vita, quello della società che li ospita: è di questo parere il 63% degli intervistati (era il 59% lo scorso anno); è viceversa la nostra società che deve adeguarsi alle nuove culture soltanto per il 30% (contro il 40% della precedente rilevazione). Il modello che si profila coinciderebbe quindi con la visione di una società dove le culture coesistono ma non si integrano: gli immigrati devono da una parte accettare le nuove regole sociali, dall’altra dimenticare da subito l’idea di una possibile società multi-etnica. 121 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia ATTEGGIAMENTO VERSO DIFFERENZE - I La presenza di persone provenienti da culture diverse può creare mutamenti nella società che le accoglie Si parla molto dell'integrazione degli immigrati. Secondo Lei bisognerebbe andare verso una società dove... Non integrata 79% Integrata, con rinuncie 20% E' la società che deve adeguarsi 40% Non sa 1% Non sa 1% I nuovi venuti devono adeguarsi 59% % sul totale dei casi ATTEGGIAMENTO VERSO DIFFERENZE - II Si parla molto dell'integrazione degli immigrati. Secondo Lei bisognerebbe andare verso una società dove... La presenza di persone provenienti da culture diverse può creare mutamenti nella società che le accoglie I nuovi venuti devono adeguarsi 63% Non integrata 82% Integrata, con rinuncie 13% E' la società che deve adeguarsi 31% Non sa 5% Non sa 6% % sul totale dei casi 122 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia 3.1.4.2 Gli italiani e la qualità della vita Uno dei temi certamente ricorrenti sia nell’analisi economica e sociale sia nel linguaggio comune è quello che riguarda la qualità della vita. Da cosa dipende? Quali sono gli aspetti che gli italiani tengono in considerazione per valutare se la propria vita è soddisfacente o meno? Se chiediamo agli italiani da che cosa dipende la qualità della vita di una persona, scopriamo che nelle risposte la componente relazionale e affettiva prevale rispetto alle dimensioni socio-ambientali ed economiche, sebbene queste non risultino certo sottovalutate. Anche riflettendo sulla qualità della vita personale, gli italiani si dichiarano più soddisfatti degli aspetti familiari e privati che non di quelli di carattere pubblico o di organizzazione della vita collettiva (dalla predisposizione dei parcheggi alla lotta contro la criminalità, dal costo della vita all'inquinamento, etc.). Insomma, le persone tendono a giudicare piuttosto benevolmente tutto quanto afferisce all'ambito personale mentre si dimostrano più critici nei confronti del sistema. Come si spiega questo risultato? Due sono le principali motivazioni: da un lato è possibile che la sfera familiare sia quella effettivamente in grado di garantire maggiore soddisfazione e sicurezza al singolo, ma, dall'altro, va anche riconosciuto che gli individui, semplicemente per una questione psicologica, di autostima, tendono spesso ad essere molto meno critici nei confronti della propria condotta di vita e dei risultati conseguiti che non nei riguardi degli aspetti per i quali è riscontrabile una responsabilità pubblica o collettiva. E' comunque proprio una valutazione positiva per le componenti private del benessere che consente ai soggetti di dichiararsi nel complesso soddisfatti della qualità della loro vita. Il livello generale di soddisfazione soggettiva riscontrato in questi e altri Barometri Sociali è infatti molto o abbastanza buono in oltre l’80% degli intervistati. Questa sostanziale uniformità nel livello di soddisfazione induce a pensare, in definitiva, che la concezione prevalente del benessere venga individuata dagli italiani soprattutto nella realizzazione affettiva e relazionale dell'individuo, piuttosto che da quella economica. 123 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Per risolvere il problema dei rifiuti, in molte zone si sta praticando la raccolta differenziata. Lei ... Uno dei problemi principali delle città è il traffico. Secondo Lei la gente ... è obbligata a usare l'auto perché i mezzi pubblici sono insufficienti 27% usa l'auto in modo eccessivo anche quando potrebbe usare i mezzi 73% E' disponibile a farla anche se richiede tempodenaro 94% Non è disponibile a farla 6% % sul totale dei casi Per quali prodotti fa la raccolta differenziata? Vetro Per quale motivo lo fa, principalmente? (% su chi fa la raccolta differenziata) 82 Carta 77 Plastica 74 Pile 64 Farmaci 63 Lattine Può favorire tutti 57% E' giusto comunque 40% 43 Rifiuti umidi 27 Nessuna 7 0 20 40 60 80 100 % sul totale dei casi 124 E' obbligatorio 3% Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia 3.1.4.3 Gli italiani e la collettività Vediamo quale sia il rapporto dei cittadini con la sfera pubblica e la collettività. L’attenzione prevalente rivolta agli aspetti personali, affettivi od economici, non comporta infatti necessariamente la limitazione del senso di responsabilità da parte dei cittadini nei confronti della comunità di appartenenza. Ne è testimonianza, ad esempio, l’auspicio da parte degli intervistati di vedere migliorata la qualità del trasporto pubblico, piuttosto che desiderare nuove possibilità di posteggio dell’automobile. Se è dunque vero che i cittadini tendono a privilegiare e a salvaguardare le condizioni private di vita, è altrettanto evidente che si è andata nel tempo diffondendo una specifica cultura della qualità della vita che vede i soggetti disposti a sacrifici finalizzati al bene pubblico e, solo indirettamente, a quello personale. Tale opzione deriva dalla constatazione che molti aspetti negativi che caratterizzano le società urbane contemporanee stiano già profondamente condizionando i livelli di salute e vivibilità dei singoli individui. I cosiddetti limiti sociali dello sviluppo e i rischi ad esso connessi sono ormai sotto gli occhi di tutti e i cambiamenti di alcune abitudini risultano pertanto improrogabili. Non a caso gli individui interpellati si dichiarano particolarmente insoddisfatti degli aspetti ambientali della loro città. Se proviamo a valutare nel complesso i risultati emersi, sembra possibile identificare un profilo di base degli italiani in tema di qualità della vita. Tale profilo vede fondersi alcuni valori tradizionali della nostra cultura con altri orientamenti di carattere più inedito. Da un lato viene infatti ribadita la centralità della famiglia e delle relazioni nel garantire un sistema di identità, solidarietà, sicurezza che indubitabilmente incide sul benessere degli individui; dall'altro si vanno però sempre più prospettando necessità e soluzioni di vita che comportano tanto una maggiore propensione alla mobilità territoriale, dunque la possibile messa in crisi dei modelli familistico-stanziali, quanto una partecipazione civica dei soggetti che comporta una ridimensionamento delle libertà individuali. La qualità della vita significa allora trovare all'interno della rete familiare e amicale le risorse necessarie per aprirsi all'esterno. La famiglia rimane il luogo privilegiato dove si impostano le strategie di interazione e negoziazione che vanno necessariamente adottate nei confronti del mondo. Questo accade nella consapevolezza che, se pur risulta difficile confidare nelle politiche pubbliche come possibile strada per la soluzione ai problemi, anche un completo rifugio nel privato diventa a lungo termine fonte di disagio ed esclusione. 125 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Gli ambiti in cui è più importante impegnarsi Secondo Lei, chiedere a singoli e famiglie di risparmiare sui consumi energetici è ... (possibili due risposte) Riassetto territorio 41 Pulizia città una cosa importante per i singoli e la collet-tività 88% improponi bile: oramai siamo abituati a certi standard 11% 46 non sa 1% Protezione animali 22 Tutela monumenti 20 Manutenzione verde 20 Alimentazione OGM 12 Animazione ambientale 10 Non indica 5 0 10 20 30 40 50 % sul totale dei casi COSA BISOGNEREBBE FARE PER MIGLIORARE LA VITA DELLE PERSONE E L’AMBIENTE 1° 2° 3° Limitare l'uso dell'auto 28 Combattere degrado e favorire socializzazione 29 22 12 Raccolta differenziata e meno imballaggi 17 25 Risparmio energetico 16 26 Acquistare meno consumare meglio 9 0% 14 10% 4° 30% 24 17 15 21 21 19 23 25 40% 126 50% 11 21 26 13 20% 5° (meno imp.) 11 16 39 60% 70% 80% 90% 100% 60 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia 3.1.5 Luoghi di vita e reti di relazione 3.1.5.1 L’appartenenza territoriale “macro” Le analisi effettuate nel corso degli ultimi anni, almeno fino al 2000, indicavano l’emergere, accanto all’affinità con il proprio comune, il sentimento di vicinanza con la propria regione, a “discapito” della Nazione quale punto di riferimento identificativo. Il trend – in crescita dal 1996 al 2000 – appare oggi in decisa controtendenza. Vediamo quali sono stati i “passi” compiuti dalla popolazione italiana nel suo complesso verso questo mutamento di opinione. Avvalendosi delle rilevazioni del Barometro Sociale Abacus, attivo dal 1996, è infatti possibile tracciare un primo bilancio delle opinioni degli intervistati su questo tema e sul loro andamento nel corso del periodo 1996-2000, confrontandolo infine con i risultati provenienti dalle rilevazioni sul “senso civico”. Agli intervistati è stato chiesto di indicare il primo e il secondo ambito territoriale ai quali si sentivano maggiormente vicini e legati ; le possibili scelte comprendevano il comune, la regione, la “zona” (Italia settentrionale, centrale o meridionale), l’Italia, l’Europa e il mondo intero. Le risposte, accorpate per quanto riguarda la prima e la seconda scelta, vengono qui sotto riportate: il mutamento verificatosi nel periodo 19962000 emerge in maniera molto evidente. Ma altrettanto evidente appare il ridimensionamento avvenuto nell’ultimo biennio per quanto riguarda il “peso” regionale. Ambito territoriale 1° + 2° posto 1996 1998 2000 2001 2002 Comune 52% 55% 58% 63% 67% Regione 30% 45% 52% 48% 44% Italia 53% 45% 35% 38% 42% Nella situazione di partenza i due ambiti territoriali ai quali gli italiani si sentivano più vicini erano il comune di residenza e l’Italia (entrambi ottenevano percentuali sopra il 50%). Nel corso degli ultimi sei anni la scelta “comunale” vede un costante incremento dai 3 ai 5 punti; la scelta “regionale”, dopo un deciso incremento tra il 1996 e il 2000, vede una flessione costante; la scelta “nazionale” viceversa, dopo un regresso di quasi 20 punti (dal 53% al 35%), torna negli ultimi anni a risalire. Queste tendenze generali sono confermate anche all’interno delle diverse zone geografiche, nonostante i punti di partenza e di arrivo siano molto diversi. Il legame territoriale con il comune di residenza è solido e in lenta ma costante crescita ovunque, benché in alcune regioni del sud (Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna) non vengano mai raggiunti i livelli delle altre regioni italiane. Il tendenziale incremento delle preferenze degli intervistati per la propria regione di residenza è meno accentuato nel centro-sud e nelle isole. Il legame con l’Italia, in ripresa ovunque, è come ci si attendeva meno sentito nel nord-ovest. Per il tema della “civicness”, le osservazioni più interessanti che i dati permettono di fare sono ovviamente quelle relative al sentimento di appartenenza nazionale ed al rapporto tra Stato, comune e regioni. 127 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Emergono da questo punto di vista due atteggiamenti contrapposti: quello del nord e del centro-nord, dove il vantaggio dei comuni e delle regioni è più marcato (rispettivamente intorno al 70% e al 50%); quello del centro-sud, dove si registra invece, accanto ad buon livello di appartenenza comunale (60%) un forte livello di appartenenza all’Italia (55%). Infine, in tutte le aree del paese, emerge un costante incremento del sentimento di appartenenza all’Europa. L’effetto mediatico legato al “rilancio” delle autonomie regionali sembra in definitiva essere in parte rientrato negli ultimi anni: il Comune guadagna punti, Regione e Nazione si contendono il secondo posto su livelli di equilibrio, l’Europa infine entra significativamente nello spazio identificativo degli italiani. VICINANZA AI DIVERSI AMBITI TERRITORIALI Prima fase Seconda fase 100% Mondo 100% Mondo 80% Europa 80% Europa 60% Italia 60% Italia 40% Zona Italia 40% Zona Italia 20% Regione 0% 20% Regione 0% 1° più vicino Comune 2° più vicino 1° più vicino Comune 2° più vicino % sul totale dei casi COMUNE 62 44 REGIONE 67 50 23 24 ZONA ITALIA ITALIA 38 EUROPA 11 42 2001 2002 17 9 9 MONDO 0 10 20 30 128 40 50 60 70 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia 3.1.5.2 L’appartenenza “micro” L’elevato livello del sentimento di appartenenza territoriale appare confermato anche dai dati riguardanti la conoscenza del proprio quartiere/comune e l’interscambio relazionale esistente all’interno del luogo di residenza. L’indice di “appartenenza territoriale” presenta valori maggiormente elevati soprattutto nelle fasce polari della popolazione: come ci si poteva attendere, anziani e giovani hanno un livello di fruizione del quartiere superiore alla media nazionale, così come gli abitanti dei comuni di dimensione più piccola. Più in generale occorre sottolineare la presenza di frequenti interazioni all’interno dell’ambito territoriale più prossimo: le relazioni sono forse “superficiali”, denotate come si è visto da scarsa fiducia negli “altri”, ma appaiono certamente fondamentali nel costruire per gli individui una essenziale rete protettiva. Confrontando inoltre i risultati della prima rilevazione con quelli odierni, tutti gli indicatori di appartenenza “micro” appaiono in decisa crescita: cala di oltre 5 punti la percentuale di chi incontra di rado gli abitanti della propria zona, aumentano costantemente le reti relazionali sul territorio, si incrementa sia il livello di conoscenza del quartiere che il tasso di frequentazione del quartiere stesso. Gli italiani, forse anche a causa degli effetti post-11 settembre, sembrano maggiormente favorevoli e disposti ad allacciare (o a riallacciare) relazioni intense con il proprio territorio di vita, a conoscerlo e a frequentare i propri vicini, sia nei luoghi pubblici che in privato. Micro (quartiere e comune) e Macro (Italia e in prospettiva Europa) si fondono forse in quella componente che è stata definita “glocal”, che associa il globale al locale. Vedremo se tale tendenza verrà confermata nei prossimi anni. VISSUTO E IMMAGINI DEL TERRITORIO Prima fase Seconda fase 1 9 3 9 27 Per nulla 17 Per nulla 28 Poco Poco 66 65 33 Abbastanza 42 Abbastanza 30 Molto 25 18 Conoscenza del Frequentazione quartiere del quartiere Molto 13 9 Conoscenza del Frequentazione quartiere del quartiere % sul totale dei casi 129 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia VISSUTO E IMMAGINI DEL TERRITORIO Come definirebbe i rapporti sociali nel suo quartiere/nel territorio in cui vive? II Come definirebbe i rapporti sociali nel suo quartiere/nel territorio in cui vive? - I Ci si frequenta nei luoghi pubblici 42% Ci si frequenta nei luoghi pubblici 44% Ci si vede in casa a piccoli gruppi 18% Ci si vede in casa a piccoli gruppi 22% Ci si incontra poco 40% Ci si incontra poco 34% % sul totale dei casi LE RETI RELAZIONALI SUL TERRITORIO Prima fase Seconda fase Con quale frequenza si ferma a chiacchierare con... Spesso Qualche volta Amici che incontra Mai 55 Vicini di casa 41 29 Altri genitori 56 18 0 24 20 Spesso 39 51 Conoscenti nei negozi Con quale frequenza si ferma a chiacchierare con... 6 Amici che incontra 60 8 Vicini di casa 58 Conoscenti nei negozi 15 30 40 60 Qualche volta 80 100 % sul totale dei casi 130 36 20 0 51 30 20 4 36 35 Altri genitori Mai 40 6 14 24 60 80 100 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia PROPENSIONE ALL’INFORMAZIONE Con quale frequenza Le capita di … - I Sempre-spesso Qualche v. Seguire TG nazionali Con quale frequenza Le capita di … - II Mai o quasi+NR Sempre-spesso 93 Seguire TG locali 5 2 63 Leggere stampa nazionale 27 58 Leggere stampa locale 47 Ascolare giornali radio 36 38 0 20 25 40 Seguire TG nazionali 10 27 80 57 15 Leggere stampa nazionale 55 17 Leggere stampa locale 39 Ascolare giornali radio 38 0 100 Mai o quasi+NR 89 Seguire TG locali 37 60 Qualche v. 20 9 2 36 7 34 11 48 34 40 60 13 28 80 100 I MOTIVI PREVALENTI DELLE SCELTE DI VOLONTARIATO: I+II Lo faccio per ... • • • • aiutare gli altri: il bene comune: mi fa stare bene: conoscere altre persone: 2000 2001 51% 24% 21% 4% 50% 22% 20% 8% % su casi validi 3.1.6 Le componenti della civicness: una tipologia degli italiani La civicness è un concetto che si struttura lungo dimensioni diverse, che rispondono a differenti ambiti problematici. Tre di questi attengono di fatto a livelli attitudinali, l’ultimo al livello comportamentale: - ambito valoriale (quali sono i valori che connotano un atteggiamento di civicness?); - ambito fiduciario (che rapporto esiste tra i valori tipici del civismo e il grado di fiducia nelle istituzioni, nella chiesa, negli altri, nella famiglia, ecc.?); - ambito identitario (quali sono i sentimenti di appartenenza che caratterizzano e/o che prevalgono in una "cultura civica"?); - ambito comportamentale (quali sono i comportamenti individuali e collettivi che denotano la civicness rispetto ad altri modelli valoriali, sociali, culturali?). Sul piano degli atteggiamenti morali, l'impostazione di alcuni autori individua tre tipologie in base alla rilevanza attribuita a diversi gruppi di valori: civicness (importanza di valori legati al pagamento delle tasse, alla pulizia delle strade, al non mentire nel proprio interesse), relativismo morale (atteggiamenti nei confronti del 131 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia divorzio, aborto, suicidio) e anticonformismo (atteggiamenti nei confronti dell'utilizzo di droghe, del rispetto delle autorità). L'ambito più stimolante per la civicness - I 80 L'ambito più stimolante per la civicness - II 80 72 70 70 60 60 50 50 40 40 30 30 20 12 20 11 14 14 15 Scuola Lavoro Amicizie 10 5 10 57 0 0 Famiglia Scuola Lavoro Amicizie Famiglia % sul totale dei casi STIMOLI MAGGIORI AL SENSO CIVICO - II LAVORO 8% AMICIZIA 10% SCUOLA 16% FAMIGLIA 66% Sul piano dei comportamenti, si individuano in prima battuta tre grandi gruppi connotati da differenti motivazioni e modalità di attuazione: - comportamenti prettamente "civic", con modalità non associative o comunque non formalizzate, finalizzati alla "protezione" della collettività, senza immediati vantaggi individuali, né sul piano pratico né su quello identitario; - comportamenti motivati da esigenze di tipo identitario, che, al di là del "bene" che possono procurare a terzi, sono fondamentalmente legati ad un bisogno di auto-legittimazione, auto-giustificazione, auto-stima (volontariato, versamento di fondi per scopi umanitari e scientifici, ecc.); - comportamenti di autodifesa, finalizzati all'ottenimento di specifici vantaggi individuali ben identificati, anche di tipo materiale (partecipazione ai comitati di quartiere, movimenti dei consumatori, ecc,: i "classici" movimenti egoistici). 132 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia LA GRAVITÀ DI ALCUNI COMPORTAMENTI molto grave molto grave Guidare ubriachi 97 Prendere portafoglio trovato Danneggiare beni pubblici 95 Non pagare biglietto treno 67 Falsa malattia su lavoro 65 Picchiare tifosi 88 Bustarelle per concorso 84 71 Feste rumorose di notte 58 Bustarelle per pratica 77 Tenere acceso motore auto 57 Fare a botte 76 Superare una coda 57 0 20 40 60 80 100 0 20 40 60 80 100 % sul totale dei casi GRADUATORIA DEI COMPORTAMENTI “CIVICI ” importanza Non gettare rifiuti 89 Non accettare bustarelle 84 Segnalare danni procurati da noi 82 Non fumare in luoghi pubblici affollati 80 Dichiarare tutto al fisco 79 Non dire mai il falso 78 Non violare norme edilizie 72 Non superare i limiti di velocità 67 0 10 20 30 % sul totale dei casi 133 40 50 60 70 80 90 100 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia CLASSIFICA GRAVITA' per MODALITA’ DI COMPORTAMENTO “NON CIVICO” (1=poco grave; 10=molto grave) Media per gruppo (punteggi da 1 a 10) Vantaggio economico Vantaggio di tempo / generale Svantaggio / danno per collettività Pericolo per altri 6.2 6.4 6.6 6.8 Le analisi "tradizionali" che adottano il modello esplicativo della "cultura civica" hanno stabilito alcuni nessi che sono divenuti parte dello stesso "senso comune": ai valori tipici della civicness sarebbe associata una minore fiducia nella famiglia e una maggiore fiducia nelle istituzioni, una più elevata identificazione nazionale a scapito di una localistica, ecc. Lavori quali quelli già citato di Sciolla e Negri suggeriscono che, soprattutto se ci riferiamo all'Italia, tali modelli esplicativi rischiano di essere limitati se non fuorvianti e sottolineano invece la necessità di una approfondita verifica di queste ipotesi. Ciò risulta particolarmente rilevante quando allo scopo prettamente scientificoconoscitivo dell'indagine si affianchi l'intento di intervenire attivamente su questi temi, agendo sullo spirito civico della popolazione come fattore di partecipazione e responsabilizzazione nella vita collettiva. 3.1.6.1 Tre modalità interpretative della “civicness” In seguito all'individuazione delle diverse componenti sui due piani comportamentale e di atteggiamento, è stata qui effettuata un’analisi per delinearne i rapporti reciproci, al fine di verificare o al contrario smentire le conoscenze sinora acquisite ed evidenziare quali siano le caratteristiche peculiari della cultura e del comportamento civico. Un ulteriore passaggio dell'analisi è consistita nel verificare il grado di omogeneità dei risultati in base alle principali variabili socio-economiche e geografiche, per evidenziare eventuali differenze nei modelli valoriali e comportamentali presso differenti sotto gruppi della popolazione. L'indagine (sia nella fase esplorativa effettuata lo scorso anno che in quella più approfondita) aveva come scopo anche quello di individuare alcuni items rilevanti per analizzare le componenti del senso civico o civicness. A questo fine sono state poste tre batterie di domande, i cui risultati sono qui di seguito esposti La prima batteria, di carattere molto generale, era finalizzata ad individuare le principali matrici o ambiti “motivazionali” da cui nasce il senso civico di una persona; le componenti analizzate sono state quelle dei valori, della fiducia, dell'appartenenza territoriale, seguendo l'impostazione dianzi illustrata. 134 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Quale dei seguenti ambiti è più associabile al senso civico? 1. 2. 3. 1° citato 2° citato 2001 2002 2001 2002 3° citato 2001 2002 Il senso civico è legato a valori morali come il rispetto degli altri e delle cose pubbliche (ambito VALORIALE) 79 66 18 24 8 9 Il senso civico nasce da un sentimento di appartenenza al territorio e al Paese in cui si vive (ambito IDENTITARIO) 8 20 52 42 37 39 13 14 30 34 55 52 Il senso civico nasce da un sentimento di fiducia nelle istituzioni (ambito FIDUCIARIO) Come è facilmente osservabile, l’interpretazione e l’accezione grandemente prevalente della “civicness”, in entrambe le rilevazioni, risulta quella legata alle componenti valoriali di tipo individuale, che attengono alla sfera del privato e non a quello della collettività. Viceversa, le due componenti maggiormente legate all’appartenenza territoriale e alla collettività risultano nettamente minoritarie. Ma è nel confronto tra l’indagine del 2001 e quella del 2002 che appare chiaro un significativo trend. Mentre l’ambito fiduciario permane costante nelle risposte degli italiani, le scelte tra ambito valoriale e identitario subiscono profonde modifiche: l’idea che il senso civico abbia maggiormente a che fare con il sentimento di appartenenza ne risulta nettamente rinforzato (+13%), mentre diminuisce altrettanto nettamente l’area di valori “individuali” e privati. Emerge in buona sostanza un primo vagito di consapevolezza, da parte degli italiani, che sia la collettività (il pubblico) ciò che maggiormente conta nel delineare la civicness di un popolo, non (solo) l’individualità (il privato). PESO DELLE DIMENSIONI DEL SENSO CIVICO prima fase seconda fase 100 90 % sul totale dei casi 100 88 90 80 80 70 70 60 60 50 50 75 40 35 40 40 27 30 31 30 20 20 10 10 0 0 Valori morali Appartenenza territoriale Fiducia nelle istituzioni 135 Valori morali Appartenenza territoriale Fiducia nelle istituzioni Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia 3.1.6.2 I tipi italiani: una cluster sulle modalità della civicness A conclusione della lunga analisi che qui è stata esposta, e presentata nel dettaglio nelle tavole grafiche allegate, si è tentato di formulare una tipologia che cerca di sintetizzare quanto siano diffusi nella globalità della popolazione italiana i modelli interpretativi della civicness. L’idea guida da cui eravamo partiti evidenziava come non fosse sufficiente la presenza di un forte spirito civico individualista per garantire un rapporto maturo tra cittadini e sistema sociale: la civicness, da virtù privata, dovrebbe per questo poter essere interpretata come il prodotto più alto del senso di appartenenza nazionale e, ancor più, come identificazione nelle istituzioni collettive di riferimento. Già lo scorso anno è stata creata una tipologia degli italiani sulla base delle risposte fornite alla domanda più sopra riportata. La tipologia è composta dai seguenti 5 tipi: - i Latini: sono coloro che pensano al civismo con afflato soprattutto individualista, e in sottordine in termini di appartenenza territoriale; gli Yankees: sono coloro che pensano al civismo con afflato soprattutto individualista, e in sottordine in termini di fiducia nelle istituzioni; i Maomettani: sono coloro che privilegiano le istituzioni, e in sottordine i valori individuali; i Pellerossa: sono coloro che privilegiano l’appartenenza territoriale , e in sottordine i valori individuali; gli Eskimesi: sono coloro che NON includono nel senso civico i valori individuali, ma soltanto quelli collettivi. Questa è infine la tipologia degli italiani, con il confronto tra il 2001 e il 2002. Come si nota, la scarsa fiducia degli italiani (oggi come spesso nella nostra storia) nel Paese e nelle sue principali istituzioni nazionali “obbliga” la maggior parte dei cittadini a pensare alla cultura civica come ad un “dover essere” di tipo morale, quando non moralistico. Questa coscienza diffusa viene sorretta da afflati individualistico-familisti, i quali cessano di venir richiamati nel momento in cui la contrapposizione tra reti parentali e reti collettive obbliga ad una scelta “economica” di tipo privato anziché pubblico. TIPOLOGIA “CIVICNESS” 2001 2002 1 “LATINI” (individualismo + territorio) 52 35 2 “YANKEES” (individualismo + istituzioni) 27 32 3 “MAOMETTANI” (istituzioni + individualismo) 11 13 4 “PELLEROSSA” (territorio + individualismo) 7 10 5 “ESKIMESI” (anti-individualismo) 3 10 100 100 Totale 136 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Ma il confronto tra le due prime rilevazioni ci inducono a credere che qualcosa si stia muovendo. I risultati del primo monitoraggio sulla civicness in Italia ci parlavano di un’accezione della cultura civica come derivato quasi esclusivo dei valori morali individuali. Come si vede nella tipologia conclusiva, nel 2001 soltanto poco più del 3% della popolazione indicava questo aspetto della civicness come il meno importante; nel 2002 questa percentuale è cresciuta di ben 7 punti (fino al 10%). Dall’altra parte, quasi l’80% indicava nel 2001 come prioritaria la derivazione individualista (“latini” + “yankees”); nel 2002 tale quota è scesa di ben 12 punti (67%). 2001: UNA TIPOLOGIA DEGLI ITALIANI - I PELLEROSSA 7% MAOMETTANI 11% ESKIMESI 3% YANKEES 27% LATINI 52% % sul totale dei casi 2002: UNA TIPOLOGIA DEGLI ITALIANI - II MAOMETTANI 13% ESKIMESI 10% PELLEROSSA 10% LATINI 35% YANKEES 32% Il “barometro” del senso civico, costruito proprio sulla base di quest’ultima informazione, ci dice in definitiva come l’accezione degli italiani sia mutata in direzione della prevalenza di temi collettivi. E l’incremento appare significativo. 137 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia BAROMETRO DEL “SENSO CIVICO” 2001 2002 21 33 Il percorso che abbiamo affrontato in queste prime due puntate del barometro ha lo scopo di tenere costantemente aggiornato lo stato della situazione nel nostro paese, con la speranza che mutino sostanzialmente i rapporti di forza oggi esistenti. Si è visto come già nel passaggio 2001-2002 alcuni elementi si sono modificati: riappare significativa l’idea di una maggiore rilevanza della collettività (micro e macro, come si è argomentato) nella definizione del rapporto tra individuo e società. Manca ancora, quasi totalmente, la possibilità di regalare un po’ di fiducia alle istituzioni che ci presiedono: ma è probabilmente molto difficile, da questo punto di vista, farne una colpa agli italiani. Forse dovrebbero essere altri a dare loro il buon esempio. Ma, come si è più volte detto, questi sono soltanto i primi passi per aiutarci a comprendere a fondo il cammino da percorrere, per cercare di fornire elementi utili a migliorare il rapporto tra i cittadini e la loro storia. 138 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Bibliografia e Fonti Prima Parte Capitolo 1 “Rapporto sulla Cultura Civica in Italia” edizione 2001, Legambiente “Statistiche Giudiziarie”, anno 1999 e 2000, ISTAT Corriere della Sera, 3 aprile 2002 City, 27 febbraio 2002 Istituzionali: Servizio Parchi e Giardini del Dipartimento Affari Generali, Comune di Napoli Rapporto “Il costo del vandalismo a Roma” Autorità per i Servizi Pubblici Locali, Comune di Roma Direzione Servizio Giardini, Dipartimento X, Comune di Roma Settore Parchi e Giardini, Comune di Milano Assessorato all’Educazione, Comune di Milano Settore Verde Pubblico, Comune di Torino Assessorato al Sistema Educativo e alle Politiche di Pari Opportunità, Comune di Torino Settore Lavori Pubblici, Unità Organizzativa Verde, Comune di Bologna Assessorato alle Politiche Ambientali, Comune di Livorno Assessorato Ambiente, Comune di Reggio Calabria Assessorato all'Ecologia, Comune di Pavia Assessorato Ecologia, Comune di Livorno Ufficio Ecologia, Comune di Ancona Assessorato Pubblica Istruzione - Sport Tempo Libero, Comune di Ancona Aziende di trasporto pubblico ATM Spa, Milano ATM Spa, Torino ATAC Spa, Roma Trambus, Roma ANM Spa, Napoli Azienda Trasporti per l'Area Metropolitana Spa, Reggio Calabria ATL Spa, Livorno ATC Spa, Bologna Line, Servizi per la Mobilità, Pavia Conerobus Spa, Ancona Aziende di igiene ambientale AMA Spa, Roma AMSA Spa, Milano A.S.I.A Spa, Napoli AMIAT Spa, Torino AMIA Spa, Palermo Seabo Spa, Bologna A.AM.P.S. Spa, Livorno Anconambiente Spa, Ancona ASM, Pavia Box: Trenitalia Seconda Parte Capitolo 1 Commissione Europea, Bruxelles, 1994-1999. Diamanti I., "E in Italia crescono i volontari di Stato", La Repubblica, 30 giugno 2002. Frisanco R. (a cura di), "Volontariato", Settore Studi e Ricerche della FIVOL, Fondazione Italiana per il Volontariato, Roma, 2001. Focsiv, volontari nel mondo, 2001. 139 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia ISTAT, "Istituzioni nonprofit in Italia, Prima rilevazione censuaria", Roma, 1999. Box: TransFair Italia Box: "Young Europeans in 2001 - Results of a European opinion poll" - European Commission - Directorate general for Education and Culture. Ricerca CNA (Consorzio Nazionale per il riciclaggio dell'Acciaio). Ricerca IREF 2002. V indagine IARD sulla condizione Giovanile in Italia. "I giovani e l'Ambiente: 1983 - 2000" - supplemento a laboratorio (IARD) n° 3/2001. "Giovani 2002: verso il libro bianco della gioventù" (Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Affari Sociali). Box: Università di Trieste, G. Osti “Il senso civico del volontariato ambientale” Capitolo 2 Osservatorio Nazionale Rifiuti Ecosportello, Legambiente Conai Box: Ecosportello News, Legambiente Modena-Legambiente Emilia Romagna-Coop EstenseTred Carpi. Capitolo 3 Dipartimento nazionale di Protezione Civile Famiglia Cristiana Provincia di Lodi, Assessorato Ambiente Settore Protezione Civile, Regione Campania Box: Coordinamento Nazionale Protezione Civile Legambiente Capitolo 4 Associazione Libera Casa dei Giovani, Bagheria (Pa) Cooperativa Tempio del Montejato, Monreale (Pa) Capitolo 5 Libro Verde “Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese”, Comunità Europea Sincert Isoworld Sole 24 Ore Anpa Emas Helpdesk Rapporto Ambiente Italia (anno 99-00-01) BDA-Ecolabel, UE Ministero dell’Ambiente CEPAA Box: Antonio Tencati, Sostenibilità, impresa e performance. Un nuovo modello di evaluation and reporting., Egea, Milano, 2002. Box: Euromobility Capitolo 6 Zygmun BAUMAN , Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone, Laterza, Bari, 2001; Manuel CASTELLS, The Rise of the Network Society, Blackwell, Oxford, 1996; Guido MARTINOTTI, Metropoli. La nuova morfologia sociale della città, il Mulino, Bologna, 1993. Denis DUCLOS, “La nascita dell’iperborghesia”, G. MARTINOTTI (a cura di), La dimensione metropolitana: sviluppo e governo della nuova città, il Mulino, Bologna, pp. 175-187, 1999. Saskia SASSEN , Città globali. New York, Londra, Tokyo, Utet, Torino, 1997. Paolo GUIDICINI, “Città globale e città degli esclusi”, Paolo GUIDICINI e Giovanni P IERETTI (a cura di), Città globale e città degli esclusi. Una esperienza di welfare mix nel settore delle emarginazioni gravi, Franco Angeli, Milano, pp. 13-36, 1998. Marta NUSSBAUM e Amartya SEN (a cura di), The Quality of Life, Clarendon Press, Oxford, 1993. 140 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia Giampaolo NUVOLATI, “La qualità della vita urbana: risorse, functionings e capabilities”, Politeia, n° 63, pp. 147-154, 2002. Giampaolo NUVOLATI, Popolazioni in movimento, città in trasformazione. Abitanti, pendolari, city users, uomini d’affari e flâneurs, il Mulino, Bologna, 2002. M. M. WEBBER., “The Urban Place and the Non-place Urban Realm”, M. M. WEBBER et al. (a cura di), Exploration in Urban Structure, University of Pennsylvania Press, Philadelphia, pp. 79153, 1964, Lila LEONTIDOU, “Postmodernism and the City: Mediterranean Versions”, Urban Studies, 30, 6, pp. 949-965, 1993. Atlante dei bisogni delle periferie milanesi, Responsabili della ricerca Guido MARTINOTTI, Francesca ZAJCZYK e Mario BOFFI, coordinatore Giampaolo Nuvolati, gruppo di ricerca: Marianna D’OVIDIO, Chiara TORNAGHI, Cristiano MUTTI, Dipartimento di Sociologia e ricerca sociale, Università Milano Bicocca, Milano, 2001. Anthony GIDDENS, Le conseguenze della modernità, il Mulino, Bologna, 1994. David RIESMAN, The Lonely Crowd, Yale University Press, New Haven, 1961 e 1989, Tr. It., La folla solitaria, il Mulino, Bologna, 1999; Jane JACOBS, The Death and Life of Great American Cities, New York, 1961, Tr. 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Chiara SEBASTIANI, “Comitati cittadini e spazi pubblici urbani”, Rassegna italiana di sociologia”, n° 1, pp. 77-114, 2001, e il saggio di Lavinia BIFULCO, “Ambiguità delle recinzioni e identità collettive: la vicenda di piazza Vetra e la mobilitazione dei cittadini” in Mutamento sociale e identità: la sociologia di fronte alla contemporaneità, Guerini, Milano, 2000. Enzo COLOMBO, Gianmarco NAVARINI, Confini dentro la città, Guerini, Milano, 1999. Marc AUGE, Non-lieux, Seuil, Paris, 1993, trad. it. Non luoghi, Eleuthera, Milano, 1994. Jane JACOBS, 1961, op. cit.. Marco ROMANO in L’estetica della città europea, Einaudi, Torino, 1993 e di Paolo DESIDERI nel saggio “Senza luogo. A procedere” in Massimo ILARDI (a cura di), La città senza luoghi, Costa & Nolan, Genova, 1990. Box: Legambiente Milano, Legambiente Viterbo Capitolo 7 Federcomin Databank Vita La nuova ecologia: numero utenti e mercato "Informatica Solidale", Mariella Berra e Angelo Raffaele Meo (Bollati Boringhieri) CNR Osservatorio Criminalità Informatica (OCI) La Repubblica Washington Post Trenitalia 141 Secondo Rapporto sulla cultura civica in Italia A cura di Legambiente e Promosso con 142