FRANCIA-SPAGNA - Orchestra Filarmonica di Torino

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FRANCIA-SPAGNA - Orchestra Filarmonica di Torino
LE ST
AGIO
NI
2015 • 2016
CONSERVATORIO
TEATRO VITTORIA
+SPAZIOQUATTRO
FRANCIA-SPAGNA
SABATO
+SpazioQuattro
ORE 10-13
MAGGIO
PROVE APERTE
14
DOMENICA
15
Teatro Vittoria
ORE 17
MAGGIO
PROVA GENERALE
MARTEDÌ
Conservatorio G. Verdi
ORE 21
17
MAGGIO
FRANCIA-SPAGNA
Gli Archi dell’Orchestra
Filarmonica di Torino
Sergio Lamberto
maestro concertatore e violino solista
Andrea Rebaudengo
pianoforte
Suoni come profumi,
solisti come esploratori,
partiture come carte geografiche.
È una sfida o un viaggio?
Joaquín Turina (1882 - 1949)
La oración del torero per archi op. 34
Manuel de Falla (1876 - 1946)
Pantomima e Danza rituale del fuoco da El amor brujo
(trascrizione dell’Autore per pianoforte e archi)
prima esecuzione a Torino
I. Pantomima
II. Danza rituale del fuoco
Ernest Chausson (1855 - 1899)
Concerto in re maggiore per violino, pianoforte e archi op. 21
Décidé
Sicilienne
Grave
Finale - Très animé
Nel 1926, a New York, il giovane Ernest Hemingway pubblicava il
suo primo romanzo, Fiesta, nel quale un gruppo di americani e di
inglesi trapiantati a Parigi intraprende un viaggio verso Pamplona
per assistere alla corrida. Ciò che li attira, in questa spedizione,
è il contatto con il pericolo, la possibilità di sentire da vicino la
presenza della morte. Due dei protagonisti, Jake e Mike, sono
reduci dalle trincee della Grande Guerra e ne portano incise nel
corpo le ferite. Eppure la corrida, con la sua ritualità, esorcizza
anche ai loro occhi l’orrore della morte scatenando nel pubblico
sentimenti opposti, di panico e di raccoglimento, di frenesia
sensuale e di meditazione. Più che sul momento dello scontro
l’attenzione si rivolge a quello che circonda e che precede la sfida:
l’attesa, la paura, il senso di fatalità che invade l’esistenza e la
trama dei rapporti fra le persone. L’esito ha sempre qualcosa di
tragico, perché anche quando il toreador vince, l’alito della morte
fa passare un brivido sulla pelle di chi guarda.
Il legame fra gloria e tragedia nella corrida era raccontato molto
bene nel best-seller di Vicente Blasco Ibáñez Sangue e arena,
pubblicato per la prima volta nel 1908, ma in fondo era già nella
Carmen di Georges Bizet, l’opera che nel 1875 aveva tracciato per
prima una linea fra il sangue e la sensualità, fra la corrida, la morte
e la seduzione, oltre che tra la Francia e la Spagna. A occupare la
scena, nel finale, non era forse la morte di Don José, mentre del
trionfo di Escamillo si sentivano solo gli echi da lontano? Fra gli anni
Venti e Trenta del secolo scorso, la corrida è stata un’esperienza
insieme reale e simbolica su cui si è giocata la comprensione
del rapporto fra l’erotismo, il sacrificio e il sacro, in un singolare
scambio che ha visto in primo piano l’arte e due discipline nascenti,
psicoanalisi ed etnologia, confrontarsi proprio sull’asse culturale
che collegava Spagna e Francia. Si potrebbero citare gli scritti di
Georges Bataille e di Michel Leiris, la poesia di Federico García
Lorca e naturalmente la pittura di Picasso, che identificò la corrida
con una attualizzazione del mito del Minotauro e fece posto, nella
composizione di Guernica, a due figure animali del sacrificio, il
toro e il cavallo. Salvador Dalì, dal canto suo, aveva immaginato
anche una corrida surrealista nella quale il corpo di un toro morto
veniva sollevato da un elicottero e depositato sulla sommità di una
torre: doveva svolgersi a Nîmes, in Francia, tra le vestigia romane
della città, ma diventò invece nel 1954 un’installazione provvisoria
a Valencia, con un’aquila al posto dell’elicottero, e venne accolta
come una provocazione.
Un anno prima del romanzo di Hemingway, nel 1925, Joaquín
Turina scriveva La oración del torero, destinata originariamente
a un quartetto di laúd, lo strumento di origine araba tipico della
musica popolare spagnola, simile nella forma al liuto e suonato
con il plettro, come il mandolino. Turina ne raccontava la nascita
così: «Ho letteralmente visto questa musica in un pomeriggio di
corrida nella Plaza de Toros de Las Ventas di Madrid. Ero nello
spiazzo davanti alla rimessa dei cavalli. Dietro una piccola porta
c’era una cappella dove bruciava incenso e dove i toreri andavano
subito prima di affrontare la morte. Fu allora che sotto i miei
occhi è apparso, in tutta la sua pienezza, il contrasto musicale ed
espressivo fra il tumulto dell’arena, il pubblico in attesa della fiesta
e la devozione di coloro che, davanti a quel misero altare, ma rapiti
da una poeticità toccante, pregavano Dio di proteggere la loro
vita». In effetti chi pensasse solo a un’esibizione di colore spagnolo
resterebbe deluso, perché l’ambientazione armonica e melodica fa
da sfondo a un pensiero musicale che si coglie soprattutto nelle
versioni preparate da Turina per formazioni classiche, più lontane
cioè dalle sonorità popolari: orchestra d’archi, quartetto d’archi,
trio con pianoforte. I pensieri del torero si rivolgono non all’arena,
ma a una dimensione interiore di cui la musica coglie l’espressione
più sottile, inquadrando un momento saliente della relazione
fra sacrificio e sfida che ha trasformato la corrida in un evento
antropologico e culturale del primo Novecento europeo.
Nel 1915, al Teatro de Lara di Madrid, Joaquín Turina aveva diretto
la prima di El amor brujo (l'amore stregone) di Manuel de Falla, con
la coreografia della danzatrice di origine gitana Pastora Imperio.
La trama, basata su una fiaba tradizionale raccontata al musicista
dalla madre della danzatrice, tocca un altro genere di passioni,
quello che risale alla forza della magia, degli incantesimi, e che si
lega alla presenza di una cultura “altra”, quella gitana. La Danza
rituale del fuoco, il passaggio più celebre del balletto, corrisponde
al momento in cui la zingara Candelas cerca di liberarsi dallo
spettro di un suo antico amore, rimasto ucciso in duello. Il ritmo
incalzante, ripetitivo, che si alterna a momenti introduttivi più
leggeri e misteriosi, dà corpo a un vero e proprio rito di esorcismo
a cui la musica aggiunge magia, e non disincanto.
Una forte fiducia per la sensualità e la magia del suono aveva Ernest Chausson, figura di spicco tra i musicisti francesi che hanno
preceduto la generazione di Debussy. Fu il violinista Eugène Ysaÿe
a chiedergli di scrivere per lui un concerto a cui Chausson diede
una veste strumentale insolita: un sestetto composto da violino solista, pianoforte e quartetto d’archi (questi ultimi spesso aumentati
sino a formare un’orchestra d’archi). Lo spirito della musica da camera, nel quale predomina la collaborazione fra strumenti trattati
in modo paritetico, viene messo in rapporto con la posizione centrale assegnata al solista, ma anche con la struttura di una sinfonia
concertante in miniatura, nella quale agli archi spetta un ruolo di
sfondo rispetto al doppio ruolo solista del violino e del pianoforte.
Tra i movimenti spicca il barocchismo della Siciliana, introdotta qui
da Chausson come un segno di grazia e di leggerezza, ma è da notare anche la ricomparsa nel finale del tema d’apertura, a suggello
della forma ciclica messa a punto da César Franck, autore che ha
avuto molta influenza sulla formazione del linguaggio di Chausson.
Stefano Catucci
Andrea Rebaudengo è nato a Pesaro nel 1972. Ha studiato pianoforte con Paolo Bordoni, Lazar Berman, Alexander Lonquich, Andrzej
Jasinsky e composizione con Danilo Lorenzini.
Ha vinto il primo premio al Concorso Pianistico Internazionale di Pescara nel 1998, il terzo premio al Concorso “Robert Schumann” di
Zwickau nel 2000 e al Premio Venezia 1993.
Ha suonato per le più importanti istituzioni concertistiche italiane, tra
cui le Serate Musicali di Milano, l’Unione Musicale di Torino, il Festival di Ravello, gli Amici della Musica di Padova, Musica Insieme di
Bologna, il Ravenna Festival. Si è esibito in Russia, Stati Uniti, Francia,
Germania, Spagna, Inghilterra, Belgio, Polonia, Portogallo, Svizzera,
Irlanda, Serbia, Turchia, Uzbekistan ed Emirati Arabi.
Ha suonato come solista con numerose orchestre, tra cui l’Orchestra
dei Pomeriggi Musicali di Milano, l’Orchestra Sinfonica di Zwickau,
l’Orchestra Filarmonica di Torino e l’Orchestra Sinfonica “Giuseppe
Verdi” di Milano. Viene spesso invitato in progetti che lo coinvolgono
anche come musicista jazz e improvvisatore.
È il pianista dell’ensemble “Sentieri Selvaggi” con il quale si è esibito
all’Accademia di Santa Cecilia di Roma, al Teatro alla Scala di Milano,
“Bang-on-a-can Marathon” di New York, Dom di Mosca, Sacrum Profanum di Cracovia, Festival MITO, Festival della Letteratura di Mantova, Accademia Filarmonica Romana, Biennale di Venezia, presentando
spesso prime esecuzioni di autori contemporanei e collaborando con
compositori quali Louis Andriessen, Michael Nyman, David Lang, James MacMillan, Mark-Anthony Turnage, Julia Wolfe, Ivan Fedele e
Fabio Vacchi.
Suona in duo con Cristina Zavalloni con la quale si è esibito alla Carnegie Hall di New York, allo Strathmore di Washington, al Teatro della
Maestranza di Siviglia, al Festival Ilkhom-XX di Tashkent, al Festival di
West Cork, al Festival del Castello di Varsavia, al Festival di Cheltenham, ai Concerti del Quirinale, al Teatro Rossini di Pesaro e nei Festival
jazz di Berchidda, Roccella Jonica e Parma Frontiere.
Suona in duo con la violista Danusha Waskiewicz, in duo pianistico
con Emanuele Arciuli ed è il pianista dell’Ensemble del Teatro Grande
di Brescia e dell’Ensemble Kaleido. Con Klaidi Sahatci e Sandro Laffranchini ha fondato l’Altus Trio, che ha debuttato nel 2010 al Teatro
alla Scala di Milano.
Come solista incide per Bottega Discantica, con Cristina Zavalloni per
Egea, con Sentieri Selvaggi per Cantaloupe Records, con l’Altus Trio
per Limen. Insegna al Conservatorio di musica di Castelfranco Veneto.
Sergio Lamberto è stato primo violino solista dell’Orchestra Haydn
di Trento e Bolzano, dell’Orchestra da Camera di Torino, dell’Orchestra
Sinfonica Abruzzese e dal 1991 ricopre lo stesso ruolo nell’Orchestra
Filarmonica di Torino. È il violinista del Trio di Torino, con cui ha vinto il
primo premio di musica da camera al Concorso Internazionale “Viotti”
di Vercelli nel 1990, il secondo premio all’International Chamber Music
Competition di Osaka e al Concorso Internazionale di Trapani. Con il
Trio di Torino ha suonato nell’ambito dei più importanti festival e per
le più prestigiose associazioni musicali in Italia, Austria, Germania,
Svizzera e Giappone, effettuando inoltre incisioni discografiche per
l’etichetta RS.
È primo violino concertatore degli Archi dell'Orchestra Filarmonica,
formazione con la quale ha tenuto concerti nelle più prestigiose sedi
concertistiche italiane, collaborando con solisti di fama internazionale.
Dal 1982 è docente di violino presso il Conservatorio di Torino. Ricopre
il ruolo di preparatore dei primi violini presso l'Orchestra Giovanile
Italiana a Fiesole e dal settembre 2013, su invito di Enrico Dindo,
collabora con I Solisti di Pavia nel ruolo di primo violino.
Frutto del lavoro appassionato e costante di Sergio Lamberto, primo
violino dell’Oft e animatore indiscusso della formazione, gli Archi
dell’Orchestra Filarmonica di Torino hanno ormai raggiunto una
meritata autonomia, pur senza venir meno al loro ruolo di cuore pulsante dell’intera orchestra. I solisti con i quali hanno collaborato, il
pubblico e la critica riconoscono nelle loro esecuzioni la fondamentale
attenzione al dettaglio, ma anche l’allegria e la partecipazione emotiva
che caratterizza ogni concerto, segno tangibile del piacere che ogni
membro del gruppo prova nel fare musica.
Gli Archi dell’Orchestra Filarmonica hanno suonato, oltre che a Torino, in numerosi centri italiani ed esteri, insieme a solisti come Anna
Kravtchenko, Giampaolo Pretto, Chloë Hanslip, Leticia Moreno, Liza
Ferschtman, Mihaela Martin, David Geringas, Isabelle van Keulen,
Robert Cohen, Filipp Kopachevsky, Filippo Gamba, Emanuele Arciuli,
Enrico Bronzi, Simonide Braconi, Giuseppe Albanese, Andrea Rebaudengo, Philippe Graffin, Ula Ulijona Zebriunaite, Ivano Battiston, Francesca Dego, Francesca Leonardi, Suyoen Kim, Gilad Harel, Alexander
Chaushian, Vincent Beer-Demander, Paolo Grazia.
Devolvi il 5xMille dell’Irpef
all’Orchestra Filarmonica di Torino:
ora puoi!
La Legge finanziaria 296/06 ha previsto la possibilità per il
contribuente di devolvere il 5xMille dell’IRPEF anche a beneficio
dei teatri e delle istituzioni culturali come l’Associazione
Orchestra Filarmonica di Torino.
L’Oft è infatti adesso un’Associazione riconosciuta senza
scopo di lucro iscritta in data 19.03.14 al n. 1152 del Registro
Regionale centralizzato provvisorio delle Persone Giuridiche, di
cui alla DGR n. 39-2648 del 02.04.2001.
È semplice!
Basta riportare la propria firma nell’apposito riquadro
dei modelli di dichiarazione dei redditi indicando
CODICE FISCALE 97591360017
La destinazione del 5xMille non è alternativa a quella
dell’8xMille e non ha alcun costo per il contribuente.
PROSSIMO CONCERTO
martedì 7 giugno 2016
Orchestra Filarmonica di Torino
Filippo Maria Bressan direttore
Franz Joseph Haydn
Sinfonia n. 100 in sol maggiore Hob. I:100 “Militare”
Ludwig van Beethoven
Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore op. 55 “Eroica”
(in sostituzione della Messa in Angustiis di Haydn inizialmente
prevista insieme all’Accademia Corale Stefano Tempia)
Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito
www.oft.it
mood-design.it
Stampa: Agit Mariogros Industrie Grafiche S.r.l.
Con il patrocinio di
Con il sostegno di
Con il contributo di
Fornitori ufficiali
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L’INIZIATIVA
SI SVOLGE IN SEDI
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