Primo capitolo di Pyramid
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Primo capitolo di Pyramid
CAPITOLO I Larry Stamp era contento del suo lavoro. Aveva ventinove anni ed era già il responsabile della sicurezza del Female State's Prison, il carcere femminile di Pyramid. Quella calda sera d’estate, a bordo della sua Freelander color turchese, acquistata appena due giorni prima, si accese una sigaretta. Inspirò catrame e nicotina, espirando fumo grigio che andava a perdersi nell'affascinante contrasto tra il rosso del tramonto ed il blu naturale del mare. Larry si sentiva soddisfatto perché era riuscito a realizzare il sogno che aveva sin da bambino, un sogno di tanti bambini, quello di poter diventare in un qualche modo eroi, eroi in divisa come i poliziotti, in camice come i medici, in doppio petto come i politici. Larry era un ragazzo intelligente e con i piedi per terra. Sapeva benissimo che non tutti i poliziotti erano eroi, che nemmeno tutti i medici lo erano e che, certamente, non lo erano i politici, ma aveva sempre cullato nella sua mente il desiderio di diventare un "difensore della società". Quel desiderio si trasformò in realtà quando poté entrare nel corpo delle guardie carcerarie. Al corso d’addestramento dei suoi sogni ne aveva parlato con Sten, un personaggio ispido di cui era diventato amico. Ricordava che Sten gli aveva risposto bruscamente: - Tu sei uno stronzo idealista, questo è uno dei più merdosi lavori del mondo. Tutti i giorni spalla a spalla con una feccia che vorrebbe affogarti nella sua merda. Larry aveva sorriso alle dure parole dell'amico e mettendogli amichevolmente una mano sulla spalla aveva ammesso: - Forse hai ragione. Ma per lui non era così e lo dimostrò mettendo nel suo lavoro impegno e dedizione. Riusciva sempre a sedare le numerose risse cui gli capitava di dover assistere, grazie anche alle sue parole lente e suadenti e a quel suo sorriso gentile che brillava innocente illuminando la pelle abbronzata. Le detenute chiamavano Larry "l'angelo" perché sembrava quasi un bambino in un mondo di orchi, ma molti di quegli orchi, a modo loro, gli volevano bene, perché intuivano che quel ragazzo semplicemente li rispettava. Larry era sposato con Kathryn, una ragazza bionda e minuta, figlia di un dentista che avrebbe voluto per la figlia qualche rampollo di uno dei suoi tanti compagni di golf. L'amore riuscì però a battere il club del golf e da quell'unione nacquero Ralph, Lyana e Sonny, tre bambini pieni di vita che riempivano di allegria la loro casa. La jeep di Larry percorreva una strada asfaltata in mezzo alla sabbia di Little Pyramid, la piccola Pyramid, una striscia di terra circondata dall'Oceano. Quel lembo di terra e sabbia si trovava di fronte alla splendida isola sulla quale sorgeva la città-stato di Pyramid, sei milioni di abitanti, la più avveniristica città del mondo, immersa nei sapori sensuali ed istintivi dei Caraibi. Ogni volta che lo vedeva, e lo vedeva da quando era nato, lo sky-line di Pyramid suscitava in Larry una forte emozione dovuta al profondo fascino che esercitavano su di lui quelle cinque piramidi di vetro che si stagliavano dritte nel cielo. Quel profilo, unico al mondo, proiettava nella mente del giovane sempre la stessa figura, quella di Sir Leopold Kimbler, il re dell'industria tessile inglese, che agli inizi del '900 acquistò dalla Corona l'isola un tempo chiamata The Green Picture. Sir Leopold aveva due grandi passioni, l'antico Egitto ed il potere. Larry ricordava il racconto che riportava il suo libro di storia, l’unico testo scolastico che, all’epoca, non aveva venduto ai ragazzi delle classi inferiori: un giorno Sir Leopold riunì attorno a sé tutti i suoi collaboratori e durante una cena sulla spiaggia, nel gioco di colori di un tramonto da leggenda, annunciò la sua intenzione di cambiare il nome dell'isola e di costruirvi una città. The Green Picture sarebbe diventata Pyramid, in onore della civiltà egiziana, la civiltà che Kimbler considerava la più affascinante ed intrigante di tutti i tempi. La città avrebbe assunto una forma quadrangolare con ai quattro angoli altrettante piramidi vetrate che dovevano raggiungere la vertiginosa altezza di mille metri. Un'altra piramide, ancora più alta, milleduecento metri, sarebbe stata posta esattamente al centro della città e sarebbe diventata la residenza di Sir Kimbler e della sua famiglia. L’impresa era immane, gigantesca, quasi impossibile, ma la volontà di Sir Leopold si rivelò più forte del tempo e dello spazio e nel giro di vent’anni le più grandi costruzioni mai realizzate dalla mano dell’uomo erano completate, enormi dardi nel cuore dell’Oceano pronti a sfidare l’azzurro del cielo: le piramidi di Kimbler, oggetti del desiderio d’intere generazioni di ingegneri e architetti d’ogni parte del globo. La bellezza di Pyramid attirò in un solo anno più di cinquantamila persone, provenienti soprattutto dall’Europa e dagli Stati Uniti. Negli anni seguenti la popolazione della città crebbe a ritmi vertiginosi. Larry, lanciando un'occhiata alla sua sinistra, vide la Kimbler Pyramid illuminarsi nel sole rosso fuoco del tramonto. Era la piramide centrale. Al suo vertice, al duecentocinquantesimo piano, dove un secolo prima aveva voluto la sua suite da mozzafiato Sir Leopold Kimbler, ora c'era la residenza del Presidente della Repubblica Indipendente di Pyramid, indipendenza comprata da Sir Leopold vendendo gran parte delle sue industrie alla Corona. Naturalmente il Presidente era un discendente dei Kimbler, rimasti nei decenni padroni assoluti della città. Non tutti a Pyramid vedevano di buon occhio quella monarchia travestita da repubblica, ma ciò a Larry non importava, aveva il suo lavoro, lo faceva con scrupolo e non voleva assolutamente avere niente a che fare con tutto ciò che riguardasse quella bestia pericolosa chiamata politica. La jeep imboccò una curva a sinistra, una delle rarissime curve di quella strada che correva diritta a fianco di Pyramid. Nello svoltare, gli occhiali da sole di Larry rifletterono anche le silhouettes delle altre quattro piramidi. Per il giovane agente di custodia quelle enormi strutture di vetro erano il simbolo dell'efficienza di Pyramid. Ognuna di esse ospitava un polmone della vita della città. A nord sorgeva la Business Pyramid, la piramide che racchiudeva tutto quanto avesse a che fare con gli affari della città: banche, società finanziarie, assicurazioni. Nella stessa struttura trovavano posto anche numerosi uffici di tour operator, segno evidente della maggior risorsa di Pyramid, il turismo. L'isola richiamava milioni di visitatori da tutte le parti del mondo che si riversavano sulle spiagge di Pyramid immerse in uno splendido scenario naturale. Ad est la Friendship Pyramid, la piramide dell'amicizia, conteneva invece il modernissimo Pyramid’s Hospital, tutte le associazioni di volontariato, la grande biblioteca, i due musei, quello di Stato ed il Sir Leopold Kimbler Museum che, ovviamente, custodiva preziosi reperti dell'Egitto dei Faraoni, l’Università statale e le scuole d’ogni ordine e grado. Di fronte alla Friendship Pyramid, ad ovest, si ergeva la Shopping Pyramid, un nome che Larry aveva sempre giudicato ridicolo, ma che, in realtà, comunicava perfettamente il senso della struttura. La piramide era il più grande centro commerciale del mondo, con migliaia di negozi e attività d’ogni genere. Nei piani inferiori erano invece situate officine meccaniche e carrozzerie. L'ultimo angolo della città, quello a sud, era riservato alla Funny's Pyramid, il tempio del divertimento. Qui gli abitanti di Pyramid potevano soddisfare ogni loro desiderio. C'erano innumerevoli casinò, discoteche, sale giochi, cinema, ristoranti, palestre, piscine. Nella Funny's Pyramid si poteva anche dare sfogo ad ogni istinto sessuale: night club più o meno di classe, locali gay, saune tailandesi nonché veri e propri bordelli legalizzati dove costosissimi abbonamenti davano la possibilità di appartarsi, per più volte, con splendide ragazze o piacevoli ragazzi. L'attività politica, amministrativa e militare si svolgeva presso la Kimbler Pyramid, dove avevano sede, oltre al governo ed agli uffici statali, anche le forze armate, la polizia ed i servizi segreti. Larry apprezzava il fatto che a Pyramid non servisse percorrere chilometri per recarsi da un ufficio all'altro o da un negozio all'altro: le piramidi concentravano in se stesse la risposta ad ogni esigenza. Apprezzava anche le piante e i fiori che abbellivano la città e che trovavano la loro massima espansione nel Kimbler Park, ettari ed ettari di distesa verde di fronte all'Oceano dove gli animali dell'isola potevano vivere liberi. A Larry, poi, piaceva il colore azzurro di Pyramid, il colore dei vetri delle piramidi, il colore dei muri di gran parte delle case, il colore simbolo di quella splendida isola che giocava, come un allegro bambino, ad imitare i disegni del mare. Larry stava per arrivare alla Female State's Prison, rallentò, si tolse gli occhiali da sole e diresse lo sguardo verso il cuore di Pyramid, il Big Goblet, il grande calice, l'enorme stadio al centro della città, di fronte alla Kimbler Pyramid, un gigante da centocinquantamila posti a sedere, sorretto da un'imponente struttura a forma proprio di calice, alta più di cinquecento metri, lo stadio dove si scatenava la passione degli abitanti dell'isola per il baseball. Larry tifava per i Pyramid Lions e, quando il lavoro glielo permetteva, dopo una corsa in moto, andava allo stadio insieme a Kathryn e ai figli per tifare la sua squadra urlando, imprecando o esplodendo di gioia. Quell'anno i Lions erano in testa e Larry era sicuro che avrebbero vinto il campionato. La Freelander si fermò davanti al cancello della prigione. Le strutture carcerarie erano separate da Pyramid per motivi di sicurezza, quella femminile si trovava appunto su Little Pyramid, quella maschile, invece, su un'isola ad ovest di Pyramid, la Rock Island, un ammasso di rocce a strapiombo sul mare che facevano da contorno al Male State's Prison, un cubo di cemento bollente. La Female State's Prison, chiamata solo Female dalle detenute e da chiunque avesse a che fare con essa, era invece costituita da una serie di palazzine, collegate l'una all'altra da tunnel in vetro antiproiettile, che andavano a formare una specie di cerchio al cui centro due grosse grate portavano alle celle sotterranee d'isolamento dove neanche il sole osava entrare. Da quando era arrivato, Larry aveva subito cercato di rispettare le detenute e i colleghi, ottenendone in cambio considerazione e simpatia. Spesso portava lui stesso la posta alle "ospiti" del carcere con le quali scherzava volentieri. C'era Natalie, una rossa tutta nervi, che aveva partecipato a dodici rapine. - Solo perché amavo quello sfigato di mio marito - ripeteva spesso. C'era Elen, una nera massiccia che invece il marito lo aveva ucciso per difendere i suoi figli. - Ehi, Larry, consigliami una cura dimagrante - gli aveva urlato dalla sua cella la notte prima. C'era Francois, una brunetta molto carina, di origine francese, che non riceveva lettere dal suo ragazzo, ma da Linda, la sua ragazza. Francois gli creava spesso dei problemi a causa delle sue irrefrenabili tendenze sessuali, ma Larry lasciava correre quando l’occasionale partner era consenziente. Negli altri casi prendeva in disparte Francois e la invitava gentilmente a calmare i suoi bollenti ardori per non pregiudicare la sua situazione. Era stata infatti condannata per un piccolo furto e il suo periodo di detenzione tra poco sarebbe terminato. Allora Francois lo guardava sorridendo ed abbassava la testa. Avrebbe comunque tentato con tutte le detenute che le piacevano fino a quando non se ne fosse andata. Larry lo sapeva, sapeva che avrebbe dovuto ripeterle le stesse parole, ma capiva che la ragazza era intelligente e che non avrebbe compromesso la sua prossima scarcerazione. - Vorrei tu fossi una donna - gli aveva detto un giorno, prima di entrare in mensa. Lui non riuscì a trattenersi ed entrambi risero come pazzi, mentre il sole dipingeva sui loro volti le ombre delle sbarre. Ma c'era anche Jane Ruppert. Larry ricordava che, appena scesa dal furgone nero che trasportava le nuove detenute, Jane Ruppert fu trascinata nelle celle sotterranee dove era rimasta per otto mesi. Quando uscì da quel buco scavato nella terra, sembrò che sul carcere calasse un velo minaccioso, un alone di odio, che spaventò anche le detenute più violente. Jane Ruppert era arrivata alla Female a ventitre anni. I capelli neri e lisci sembravano confondersi con i suoi occhi scuri come la notte. Il volto delicato era in perfetta armonia con tutta la sua figura. Il completo verde con la scritta Female State's Prison, disegnata in bianco sulla schiena, non riusciva a nascondere la vigorosa delicatezza del seno, la superba rotondità del sedere, l’agilità e la grazia dei muscoli delle gambe. Era una donna bellissima ma a lei Francois non aveva nemmeno osato avvicinarsi. La sua bocca all'apparenza gentile non conosceva il sorriso e le poche parole che concedeva erano monosillabi o brevi frasi di rito. Ma quello che detenute, carcerieri e Larry temevano di più era il suo sguardo, uno sguardo freddo come la luce al neon della cella in cui per sicurezza era stata rinchiusa da sola. Quando Larry fissava quegli occhi vedeva solo un grande buco nero ricolmo di odio. Larry aveva conosciuto molti uomini crudeli e malvagi, ma in quello sguardo femminile gli pareva di scorgere il male in persona. Ricordava il rapporto di incarcerazione: “Jane Ruppert - condannata per omicidio plurimo di primo grado". Aveva ucciso otto uomini, tutte persone ricche, di successo, felicemente sposate e con figli. Durante le sue azioni criminali aveva anche sparato a quattro poliziotti, uccidendone tre e rendendo il quarto un vegetale. Ammazzava le sue vittime sempre in luoghi aperti, in mezzo alla gente. Molte persone l’avevano vista uccidere, ma ogni volta era riuscita a dileguarsi. Sembrava non temere nulla e nessuno. Forse si trattava di una mostruosa roulette russa con il destino e la morte, aveva pensato Larry. Jane Ruppert, inoltre, non lasciava messaggi e non usava sempre la solita arma: uccideva e basta. I rapporti di Larry con Jane Ruppert erano quindi assolutamente formali, tentava di stare lontano da lei il più possibile. Sapeva che non era giusto, che anche quella ragazza in qualche modo doveva soffrire, ma era più forte di lui, non riusciva a trattarla come le altre, non riusciva a creare un contatto, in realtà ne aveva una gran paura. In ogni modo quel giorno Larry era felice, era felice perché Kathryn aveva capito il motivo di quei suoi turni notturni. Una guardia se n'era andata e per tre settimane Larry aveva deciso di ricoprire il posto vacante in attesa della nuova assegnazione. Lo aveva spiegato alla moglie che, in un primo momento, non era riuscita a nascondere il velo d’angoscia steso sui suoi penetranti occhi verdi. Lui, allora, l'aveva presa tra le braccia sul divano del salotto e le aveva baciato la fronte. - Sta’ tranquilla, è solo per tre settimane, e poi in quel carcere non c'è niente da temere, non ci sono pericoli - le aveva detto con dolcezza. Così lei aveva ritrovato sicurezza e tranquillità anche perché aveva una gran fiducia in suo marito. Larry spense la sigaretta nel portacenere dell'auto. Intanto era calata la notte. Aprì il finestrino e respirò profondamente. Era solamente la fine di giugno, ma un’afa terribile aveva già avvolto Pyramid. I meteorologi prevedevano che quell’anomala ondata di calore sarebbe cessata di lì a qualche giorno, per ridare alla città il suo vero clima, caldo sì, ma temperato dalla brezza dell’oceano. In molti a Pyramid stavano però maledicendo i meteorologi e quel cielo bollente che non voleva proprio saperne di mollare la sua morsa asfissiante. Il pensiero di Larry corse al figlio, al più piccolo, a Sonny, che quel giorno aveva portato con sé sul suo Enduro, la moto che gli avevano regalato il giorno della promozione la moglie, i figli ed i genitori e con la quale si divertiva ad inerpicarsi sulle basse colline di Pyramid. Lo aveva protetto con un casco tre volte più grande della sua testolina e lo aveva fatto sedere tra sé e il manubrio. Erano andati pianissimo lungo le stradine che circondavano la casa della famiglia Stamp. Sonny rideva come un matto e gridava "bruuum bruuum", proprio come faceva Larry da bambino con la sua macchinina a pedali. La guardia carceraria stava sorridendo cullandosi in questi pensieri, quando un faro lo illuminò a giorno. Si guardò nello specchietto retrovisore e si piacque. Quella notte si sentiva proprio bene e capì, osservando il suo volto riflesso nello specchio, perché Kathryn, sia pur scherzando, diceva spesso alle amiche di essere gelosa delle detenute. In effetti, talvolta, qualche ragazza ospite del Female lasciava intendere un certo interesse per Larry. La più intraprendente era la giovane Sonya, una truffatrice da quattro soldi, ma intelligente e con un culetto da incorniciare, che aveva più volte tentato di palpargli le parti posteriori. Scese dalla macchina e premendo il pulsante del comando elettronico che con un bip ordinò la chiusura delle portiere della Freelander, Larry, pensando a Sonya, sorrise. Si avvicinò al cancello. - Ben arrivato, Larry - esclamò una voce metallica proveniente da un piccolo citofono posto a lato dell’entrata. - Ehi, Erik, sei pronto a perdere metà della paga? Erik era il più vecchio delle guardie carcerarie, era d’origine svedese, ma a nove anni era sbarcato a Pyramid. Nelle occasioni in cui condividevano i turni di guardia, i due si affrontavano in combattutissime partite a scacchi che avevano come posta non più di qualche dollaro. Dopo mesi di re, regine e alfieri erano sostanzialmente in parità. - Vieni, vieni che ti sistemo io - rispose Erik, accettando l'ennesima sfida. Il cancello si aprì e si richiuse immediatamente alle spalle di Larry che si diresse verso un secondo cancello, più interno e più piccolo. Lì di guardia c'era Richard, un ragazzo arrivato da poco che non riusciva ancora a nascondere una certa apprensione che talora si tramutava in vera e propria paura. La paura in quell'ambiente era di routine, ma Larry era convinto che, com’era successo a lui e agli altri colleghi, anche la nuova guardia avrebbe col tempo imparato a convivere con quella rognosa sensazione. Richard, un giovanotto alto, con i capelli neri e lisci, era giunto dagli Stati Uniti a Pyramid al seguito del padre, un ingegnere che avrebbe voluto inserire il figlio nel proprio staff. Il ragazzo, però, nella vita voleva farcela da solo e così aveva trovato quel posto che non gli piaceva un granché, ma che si era guadagnato con le proprie forze e questo per lui valeva molto. Forse, pensava Larry, un giorno se ne sarebbe andato a lavorare con il padre, ma quel giorno sarebbe stato più maturo e quindi in grado di tener testa, con forza, alla personalità paterna. Richard era di spalle. - Tutto okay, giovanotto? - chiese sorridendo Larry. Richard premette il pulsante rosso ed anche il secondo cancello si aprì. Larry lo attraversò. Il ragazzo era spesso silenzioso, soprattutto durante i turni notturni, ed allora Larry inventava qualche battuta per sollevare il morale del collega: - Dai, Richie, qualche ora ancora e poi, domani mattina, potrai gettarti tra le tette della tua ragazza! Richard si voltò, ma non era Richard. Lo sguardo tagliente era quello di Jane Ruppert. Aveva i capelli nascosti sotto il berretto dell’agente di custodia e impugnava la sua pistola con le mani sporche di sangue. La puntò dritta alla fronte di Larry. Nella mente della guardia carceraria scoppiò il panico. Fissava la canna della calibro 38 special come in trance. Sapeva solo che avrebbe voluto, in quel preciso istante, abbracciare sua moglie e i suoi figli. - Voltati e vai verso il cancello. Larry sentì le parole di Jane Ruppert come un suono lontano. - Muoviti, bastardo - urlò la detenuta, strattonandolo. A quel grido Larry si riprese. Doveva controllarsi e assecondare la donna. - Okay, ma sta’ calma. Si girò lentamente. Trasalì. Aveva scorto una mano sanguinante sul grigio pavimento della guardiola. - Che ne hai fatto della guardia? - urlò Larry. - Taci e cammina - rispose con calma la Ruppert. Jane aveva ucciso Richard. Avrebbe voluto disarmarla sferrandole un violento pugno sul viso. Ma aveva paura, aveva paura di morire e capì che non era l’eroe che aveva sempre sognato di essere, ma solo una povera guardia carceraria spaventata. S’incamminò verso il cancello principale mentre la canna della pistola si appoggiò alla sua nuca. Era fredda come la morte. Contemporaneamente tre enormi fari puntarono su di loro. Larry urlò immediatamente: - Non sparate, non fate sciocchezze, state fermi. Aveva il terrore che qualche suo collega potesse innervosirsi e sparare proprio mentre lui faceva da scudo alla detenuta. Per fortuna nessuno sparò e lentamente i due arrivarono al cancello. - Che cosa devo fare, Larry? - chiese dal citofono Erik. La voce tradiva tutta la sua angoscia. - Apri, Erik, apri il cancello. Il cancello non si apriva. - Allora, vuoi che i tuoi uomini ti vedano morire? Larry, nonostante il terrore, si stupì della calma con cui Jane Ruppert parlava. Aveva urlato solo per un attimo. Adesso sembrava un robot pronto a premere il grilletto se le cose si fossero messe male. Larry urlò ad Erik: - Apri questo cancello del cazzo, Erik, Dio santo, questa mi ammazza! Dopo un secondo lungo un’eternità il cancello si aprì. - Molto bene - disse la donna spingendo Larry - ora vai verso la tua macchina. Lentamente Larry si avvicinò alla Freelander. - Prendi le chiavi e apri la portiera - disse, sempre con calma, la donna. Larry, tremante, estrasse dal taschino destro dell'uniforme le chiavi. Aveva le mani sudate, non vedeva l'ora che quella donna se ne andasse lontano. Non gliene fregava niente né della macchina né della carriera, voleva solo togliersi dalla nuca quella 38. Premette il radiocomando. Gli indicatori di direzione lampeggiarono due volte e le portiere si sbloccarono. - Dammi le chiavi - ordinò la donna. Larry gliele consegnò all'istante. Jane Ruppert, facendosi sempre scudo col corpo di Larry, entrò lentamente in macchina sempre puntando l’arma verso l’agente di custodia. Si sedette, inserì la chiave ed avviò il motore. I suoi occhi neri fissarono la guardia carceraria. Larry vide lo sguardo del Male ed in quell’attimo Kathryn, i suoi tre figli e tutti i suoi desideri si spensero insieme alla sua vita in un colpo di pistola. La Freelander partì sgommando. Sull'asfalto, in una pozza di sangue, c’era il corpo di Larry Stamp, un uomo ucciso da un proiettile al cuore in una calda notte d'estate.