1.1Mb - Club Storico Peugeot

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1.1Mb - Club Storico Peugeot
CLUB/STORICO IMP2/03 ok 19-05-2004 11:18 Pagina 1
sommario
numero 2 - 2003
1
Appartenere al Club
Storico non significa
solo il possesso di una
vettura d’epoca, ma
soprattutto condividere
la passione storica per
un marchio prestigioso.
2
Da una pubblicazione
francese degli anni ‘60
è emerso un fatto
davvero straordinario:
anche Enrico Fermi
aveva una Peugeot.
4
Cambio della guardia
alla Peugeot Italia,
intervista al nuovo
Amministratore Delegato.
6
Saranno famose: le 205
GTI antesignane
della nuova 206 RC.
7
Vi insegniamo a trovare
il numero di telaio sulle
Peugeot d’anteguerra.
Essere peugeottisti
M
olti pensano che far parte di
un Club di auto storiche
significhi solo possederne
una, trovare aiuto nella ricerca di ricambi e fare qualche passeggiata insieme,
magari nelle vicinanze di casa. Questo è
lo spirito dei Club locali. Club plurimarca spesso nati dalla passione di alcuni
amici, che hanno il piacere di incontrarsi
per condividere il proprio hobby. Far
parte del Club Peugeot è anche questo,
ma non solo. Un’automobile non è solo
un mezzo meccanico. Lo è quando è
nuova, quando serve per recarsi al lavo-
ro ogni giorno o per andare in ferie.
Quando tecnicamente diventa obsoleta
(e in venticinque anni il progresso tecnico diventa evidente) l’automobile cambia di significato. Diventa un
“oggetto” che va per strada, ma che
può anche benissimo stare in un garage.
È il caso dei collezionisti con molte
auto. Un Club monomarca come il
nostro ha come primo compito conservare nel tempo la storia italiana di
Peugeot e non solo conservarne le auto.
Cosa significa nel dettaglio? Dipende
dalle inclinazioni di ognuno. C’è chi si
appassiona alla meccanica e quindi ama
conservare una vecchia Peugeot in
modo efficiente e originale in ogni dettaglio. C’è poi chi ama lo sport e desidera correre con una vettura i cui limiti
tecnici (tenuta, assetto, gomme ecc)
consentono un vero divertimento nella
guida, anche a velocità ragionevoli, soprattutto se paragonati ai limiti offerti
dalle vetture odierne. La passione per
un marchio si esplica inoltre attraverso
le ricerche
storiche.
Ecco allora i
collezionisti
di depliant e
di riviste che
parlano di
Peugeot e di
chi raccoglie
modellini
nelle varie
versioni.
Tutto questo è importante,
altrettanto
importante
che possedere una
vettura.Tra i nostri soci, infatti, possiamo annoverare anche chi la vettura non
ce l’ha, ma ama conoscere e scoprire
sempre più dettagli della nostra storia
italiana. È vero che con il libro pubblicato dal Club abbiamo “messo in ordine”
la storia del nostro Marchio in Italia, ma
le ricerche non si fermano, le informazioni continuano a fluire anche in modo
inaspettato. È il caso infatti della recente
scoperta di un testimonial Peugeot
d’eccezione: Enrico Fermi. Girate pagina
e godetevi questa storia.
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STO
RIA
Anche Enrico
Fermi ha scelto
una Peugeot
NATO NEL 1901 ENRICO
FERMI SI LAUREA NEL 1922
ALLA NORMALE DI PISA.
DAL 1924 AL 1926 È
PROFESSORE ALL’UNIVERSITÀ
DI FIRENZE E DAL 1928
A ROMA. È IL PERIODO
DURANTE IL QUALE FERMI
VIP D’ALTRI TEMPI
SI SPOSTA CON LA PICCOLA
5CV GIALLA. NEL 1938
RICEVERÀ IL PREMIO
da “Atomi in famiglia,
la mia esistenza con Enrico Fermi”
di Laura Fermi (sua moglie).
Edizioni Gallimard.
Su segnalazione di Jacques Grafiche.
Traduzione di Fabrizio Taiana
U
na Bébé Peugeot (una 172 BC in
realtà n.d.r.) era la più piccola
auto che avessi mai visto. Era
fabbricata in Francia e solo un esemplare
isolato, che aveva passato le Alpi, poteva
incontrarsi in Italia. Consumava meno
benzina di una moto e faceva altrettanto
rumore. Poiché non aveva il differenziale
e quindi le sue ruote giravano alla stessa
velocità in curva, si spostava come una
vettura da bambini motorizzata, imbarcandosi a ogni curva. La Bébé Peugeot di
cui vi parlo era una vettura decapottabile
a due posti di un colore giallo-uovo molto acceso, con una capote di tela cerata
che lasciava passare l’acqua e uno spider
dietro. Quando raggiungeva la sua velocità massima di 30 chilometri all’ora, era
sempre seguita da una spessa nuvola di
fumo nero, che usciva dal suo scappamento libero. Ho sentito parlare di questa vettura un po’ prima di far la sua
conoscenza ufficiale. Era la fine di settembre del 1927 e mi trovavo nella villa dei
miei zii vicino a Firenze. La villa era in
parte fattoria e in parte casa di campagna.
Attraverso una grande arcata i carri dei
buoi raggiungevano le macine di pietra
per fare l’olio. Lo spazio sotto al tetto
serviva da granaio. Il primo e il secondo
piano erano l’abitazione. Quella
NOBEL PER LA FISICA.
del fattore era sul retro,
mentre quella dei proprietari e dei loro
ospiti sul davanti.
Tutta la mia
famiglia, i miei
genitori, le
mie sorelle
e mio fratello erano
ospiti che ritornavano di anno in
anno e non riesco a ricordare un solo
autunno, prima della guerra mondiale, che
non abbia passato un mese o due alla
villa. La casa, che aveva più di duecento
anni, era decadente, anche secondo il
metro degli italiani. Sorgeva su un fianco
della collina ed era circondata da giardini
e terrazze con molti alberi ombrosi.
Guardava verso la valle dell’Arno, verso i
pendii coltivati con cura di un verde
argentato degli ulivi, intercalati da vigne
striate e all’orizzonte i cipressi con le
case dei contadini. Dall’altro lato della
valle le montagne di Vallombrosa erano
molto vicine la sera e si intravedevano
lontane nella bruma della mattina. Era il
posto ideale per studiare e sognare.
(omissis) Poco tempo prima, Fermi, che
era pervaso da uno spirito di economia e
2
di semplicità, aveva
dichiarato agli amici che
si sentiva incline a fare
qualche cosa di
straordinario,
qualche cosa di
veramente irragionevole: o comprare una macchina o sposarsi. Così aveva scelto.“Non va male, al
contrario... sono contenta”, risposi a mia
sorella. Ero sincera. Mi ero allora decisa a
non sposarmi e a impegnarmi nella carriera. Inoltre sapevo cosa Fermi chiedeva
a una donna e mi rendevo conto che non
sarei stata in grado di soddisfare la sua
richiesta. Finché un giorno, cedendo al
bisogno incessante di stabilire definizioni,
aveva scritto cosa fosse per lui la donna
ideale, il tono sicuro e risoluto non permetteva di dubitare che stesse parlando
seriamente.Voleva una giovane ragazza
grande e vigorosa un tipo atletico e possibilmente bionda. Doveva avere origine
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da una stirpe contadina, essere instancabile e con i quattro nonni ancora vivi.
Tutto ciò s’accordava con il suo amore
per lo sport e per l’attitudine agonistica
che dichiarava di avere nei confronti della
metafisica e dell’ignoto. Io non ero né
grande né bionda, né particolarmente
robusta. La mia sola attività sportiva era
di cadere quando sciavo. Stavo inoltre
uscendo da una di quelle crisi religiose
che la maggior parte delle ragazzine prima o poi devono superare, almeno nella
cattolicissima Italia. I miei avi inoltre erano impiegati in città e la madre di mio
padre, l’unica nonna rimasta stava per
compiere 100 anni. Per quanto mi riguardava quindi Fermi mi era più utile come
autista che come eventuale marito.
Comunque Fermi dovette permettersi
una prodigalità ancora maggiore di quanto pensasse: aveva acquistato un’auto e si
sposò qualche mese più tardi. Così divenni proprietaria della Bébé Peugeot. Ma ciò
avvenne a suo tempo. Nell’attesa mi
dedicai alla chimica e ai sogni. In ottobre
ritornai a Roma, dove fui presentata alla
Bébé Peugeot. La domenica tutta la “banda dei logaritmi” andava in giro con la
vettura di Fermi e di Rasetti. Mi si chiedeva spesso di scalare il retro della Peugeot
e di inserirmi nello spider. Un compito
abbastanza difficile quando le gonne si
alzano e giovani cavallereschi non vi
vengono in aiuto. Col bel tempo, stare
nello spider non era spiacevole, ma quando iniziava a piovere e Fermi tirava su la
capote sopra i sedili anteriori ci lasciava,
noi dietro, esposti alla pioggia e tutto
diventava bagnato e umiliante. Passammo
delle ore deliziose a esplorare la campagna intorno a Roma, ma anche momenti
noiosi in piedi al bordo della strada mentre Fermi e Rasetti infilavano le loro teste
sotto il cofano di una delle macchine
lavorando sul motore e discutendo con
calore per determinare se la difficoltà
fosse dovuta al magnete o al carburatore.
Visto che era di un colore che attirava
l’attenzione ed era stata fabbricata all’estero, mentre l’industria italiana era in
piena prosperità, la piccola Peugeot divenne l’auto più conosciuta in tutta
Roma. Nei primi tempi del nostro matrimonio, ogni volta che io e Enrico raggiungevamo la Peugeot dopo una uscita serale, trovavamo un bigliettino faceto che
uno dei nostri amici aveva lasciato sul
sedile. In genere, usando con abilità sia il
motorino di avviamento sia la manovella,
riuscivamo sempre a mettere in moto la
Peugeot in un tempo ragionevole. Enrico
teneva la manovella, sul sedile di lato, per
averla a portata di mano perché la utilizzava proprio di sovente. Richiedevamo
sempre il massimo delle prestazioni al
piccolo motore fino a quella notte d’inverno dove lui e io, in abiti da sera, ci
stavamo recando a un incontro ufficiale. Il
motorino d’avviamento, nel garage non
riscaldato si rifiutava di far partire la macchina. Enrico prese la manovella e si piegò
con decisione per inserirla nella puleggia.
Crack. I pantaloni dello smoking si strapparono all’altezza del cavallo. Il cotone
bianco a righe rosse divenne evidente. Lo
smoking che Enrico aveva dovuto acquistare controbilanciava l’economia della
piccola auto. Poiché la piccola Peugeot
funzionava a colpi e saltava come una
pulce, la utilizzavamo solo in città o nei
dintorni. Ma la prima estate del nostro
matrimonio la utilizzammo per un vero
viaggio e ci recammo alla famosa villa
della zia nei dintorni di Firenze. Da Roma
a Firenze ci sono 300 chilometri e le
persone ragionevoli avevano l’abitudine di
fermarsi almeno una notte durante il
tragitto. Ma noi eravamo giovani e avventurosi e ci rifiutammo di pensare alle
possibili pannes e all’andatura lenta della
piccola Peugeot. Sperando di arrivare non
troppo tardi la sera, decidemmo di partire alle cinque del mattino. Il viaggio iniziò
sotto un temporale terrificante.
Era inutile chiudere gli occhi, le gocce
d’acqua picchiavano sulle palpebre con
bagliori di luce, facendomi sobbalzare. La
pioggia entrava nella macchina dalle fessure della capote e dai vetri laterali in celluloide che chiudevano male. La grandine
mitragliava il parabrezza. Ero pronta a
ritornare a casa. Ma come potevo confessare la mia paura irragionevole al mio nuovo marito, che mi
dava piena fiducia?
Serrai i denti, misi
una mano davanti agli occhi e
continuai a
sobbalzare a
ogni scoppiettìo
del motore e a
ogni colpo di
frusta.
Avanzammo
prudentemente, entrando nei
rivoli, sbandando
sul fango.
A Viterbo ci fermammo
3
per far cambiare un penumatico che si
era forato. Il temporale passò, e un sole,
un sole bruciante, si levò nel cielo.
Proseguimmo allora gaiamente lungo il
crinale della montagna. Per una perversità tutta sua, la strada continuava a salire
fino in cima alla collina, per discendere
poi dalla cima fino in fondo alla valle. La
Peugeot si spolmonava per salire e discendere, si fermava per riprendere
fiato, riprendeva titubante, guadagnava
velocità in discesa a motore spento.
Arroccato in cima alla collina più alta si
trovava il vecchio villaggio di Radicofani,
che rappresenta la metà del tragitto da
Roma a Firenze. Si vedeva la strada da
lontano che precipitava diritta lungo la
discesa come se si rendesse conto di
aver già fatto perdere troppo tempo.Alla
cima della collina la Peugeot prese slancio
e corse ancora per qualche metro, poi si
fermò. Ci trovammo in una nuvola di
vapore. Enrico sollevò il cofano e annunciò che la cinghia del ventilatore era rotta.Trecento metri sotto di noi il villaggio
ci guardava sonnecchiando.Avevamo già
due ore buone di ritardo sul nostro programma di viaggio, erano le due del pomeriggio e non avevamo ancora pranzato. Il sole ci arrostiva, stavo per mettermi
a piangere. Ma Enrico era un uomo dalla
mille risorse, prese la cintura dei pantaloni e la fissò al ventilatore e mi sorrise
con fierezza.
Quella sera
andammo a
dormire
alla villa.
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17 E 18 MAGGIO A NOVEGRO
VITA
DI
CLUB
Anche quest’anno il Club ha
organizzato un punto di incontro durante la manifestazione
di Milano. Nel padiglione centrale abbiamo allestito uno
stand dove ha attirato l’attenzione del pubblico una bellissima Quadrilette dei primi anni
’20. In quel periodo le vetture fino a 350 kg di peso godevano in Francia di agevolazioni fiscali.Tali
vetturette erano denominate “cyclecars”. Su telai leggeri venivano
montati piccoli motori come, nel caso della Peugeot Quadrilette, il
4 cilindri NE2 di 667 cc di 4 cavalli a 2000 giri. Il cambio a tre marce trasmetteva la potenza all’asse posteriore, che non era dotato
di differenziale. I freni erano ovviamente solo sulle ruote anteriori.
I due posti potevano essere o in tandem (uno dietro l’altro) come
sulla 161 del 1921-22 oppure décalés (quello del passeggero arretrato per non disturbare il pilota) come nell’esemplare esposto.
ROMA: HIC SUNT LEONES
Oltre 500 auto d’epoca hanno partecipato
al raduno organizzato dall’ASI a Roma lo
scorso mese di aprile. Si è trattato di una
manifestazione importante, che, oltre all’esibizione delle vetture, ha voluto dimostrare la forza del movimento dell’automobilismo storico in Italia, capitanato dall’ASI. Il
Club Storico Peugeot è stato degnamente
rappresentato da tre vetture: la 203 berlina
di Fausto Tronelli, nostro Delegato ASI, la favolosa 203 cabriolet Worblaufen di
Evandro Battistoni e un’affascinate 201 berlina di Francesco Cogli di Roma.
LE AUTO
DEI SOCI
A) Una bella 301 berlina perfettamente
funzionate del signor
Mora.
B) La fantastica 172 BC
di Franco Vergano di
Pino Torinese.
B
C) La berlina 204, appena uscita di carrozzeria, di Battista Rota
di Bergamo.
A
4
C
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Il nuovo Amministratore
Delegato di Peugeot Automobili
Italia certamente non può definirsi d’epoca: 40 anni sono un’età giusta per guidare la sede italiana con energia e spirito innovativo. A quarant’anni iniziano
però anche i ricordi del passato,
dove le vetture, almeno le
LA STORIA IN
OGNI AUTO
Peugeot, non terminavano con
07, ma con 04 o 05. È proprio attraverso i ricordi di gioventù
che cerchiamo di presentarvi
un aspetto di Christophe
Bergerand, quello che a noi sta
più a cuore: il suo rapporto con
le vetture storiche.
Nel suo passato di famiglia, il
Marchio Peugeot era presente in
qualche modo, oppure tutto è iniziato con la sua attività lavorativa? I motori hanno sempre fatto parte della mia famiglia, anche se non solo in senso automobilistico. Mio nonno infatti,
alla fine degli anni ’30, realizzò
per primo una serie di bus a
due piani ad uso turistico per le
visite di Parigi. Li fece produrre
al famoso carrozziere Gangloff,
conosciuto per le sue realizzazioni su telai Bugatti. Dopo la
guerra, per un certo periodo, le
attività di famiglia videro anche
un’agenzia di vendita Peugeot.
Tra le vetture di quel periodo ne ricorda qualcuna in particolare? Mio
nonno aveva la predilezione per
le coupé confortevoli. Infatti tra
le sue vetture c’era una stupenda
Peugeot 504 coupé azzurro metallizzato prima serie.Venne poi
sostituita da una seconda serie,
questa volta bianca e con cambio
automatico. Qualche volta mi è
capitato di guidarla. Una vettura
elegante con una meccanica affidabile e silenziosa. In casa invece
avevamo una 504 berlina beige
chiaro, alla quale sono collegati
molti ricordi della gioventù.
Nel 1988 inizia il suo rapporto
con Peugeot. Quali le vetture del
periodo che più l’hanno impressionata? Il mio primo giorno di
lavoro in Peugeot, come stagista, fu nientemeno che presso la
filiale Peugeot-Darl’Mat.Anche
se si trattava di una concessionaria con vetture nuove in salone, certamente i fasti del passato echeggiavano tra le mura…ma ne riparleremo dopo.
La vettura di quel periodo che
ricordo con maggior piacere è
una 205 CTI rossa, con capote
nera. Una versione che certamente avrà un posto tra i modelli da collezione. Infatti sulla
meccanica sportiva della
1600cc veniva montata la carrozzeria della cabriolet. Per me
le strade della Corsica sono
state il banco di prova. Una vettura assettata, a cielo aperto, in
estate, è proprio come toccare
il cielo con un dito; soprattutto
in vacanza, al mare con la propria compagna.
Ci parli un po’ di Darl’Mat, un nome che suscita sempre un grande
appeal su noi peugeottisti. Oggi
Darl’Mat è una prestigiosa filiale Peugeot a Parigi. Nel periodo
durante il quale me ne sono occupato, alcuni clienti si rivolgevano a noi per ottenere versioni
personalizzate. Il fascino di
questo piccolo marchio, associato a Peugeot, aveva ancora il suo effetto. A supporto delle realizzazioni del
passato, in quel periodo abbiamo anche voluto realizzare un’esposizione di modelli in scala ridotta delle
versioni sportive del famoso carrozziere, o “tuner”
come lo definiremmo ora.
Cosa la lega oggi al passato
del Marchio Peugeot? Le automobili sono il risultato finale di un’azienda come la Peugeot; mi fa
quindi piacere conoscere, anche
nel dettaglio, i vari modelli.
L’aspetto che però mi affascina
maggiormente è quello storico.
Il prodotto non è che il risultato
del lavoro di uomini che con
mezzi, idee, risorse tipiche di
un’epoca hanno saputo rispondere alle esigenze del loro mercato. Ogni modello Peugeot racchiude per me tutto questo: ingegno, soluzioni, senso estetico,
aggressività commerciale, risultato economico in rapporto alla
situazione del mercato di quel
periodo. In una parola: un pezzo
di storia della Peugeot, dietro
ogni sigla con lo zero in mezzo.
5
Christophe Bergerand è nato nel 1963, sposato con due figli.
Laureato in Scienze politiche, economia e commercio presso
l’Hautes Etudes Commerciales. Dal 1988 è in Peugeot con vari
incarichi. Proviene dalla Peugeot Portogallo dove ha ricoperto il
ruolo di Amministratore Delegato.
CAR DESIGN
A FIRENZE
(a cura di Myriam Marrucci)
È andato a un’Alfa Romeo
Giulietta spider, prototipo
Bertone del ‘55, il Gran Premio
della Giuria del Concorso di
Eleganza “Roberto Segoni”,
svoltosi a Firenze. La giuria, ispirandosi ai paradigmi dello
scomparso professore, ha voluto premiare le auto d’epoca che
ponevano l’uomo e i suoi traguardi al centro dell’universo
automobilistico. Per facilitare il
compito la giuria ha suddiviso le
auto in 4 categorie per ordine di
età: dalle sportive degli anni ‘20
per arrivare alle Ferrari degli
anni ‘60. Il Club Storico Peugeot
Italia non poteva mancare a un
simile evento e si è fatto rappresentare da Daniele Bellucci con
la sua 301 coupé, molto ammirata dal pubblico per la sua
straordinaria eleganza.
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EVO
LU
ZIO
NE
LA FORMULA DELLA
PICCOLA BERLINETTA
SPORTIVA FU
Peugeot 205 Gti,
dall’auto al mito
(a cura di Enrico Maria Seno)
ra il marzo 1984, la 205 rappresentava già un grande successo
commerciale nel segmento delle
utilitarie, ma Peugeot decise di ampliare
ulteriormente la gamma proponendo una
versione sportiva del modello, la GTI.
Montava un propulsore serie XU 1,6 litri
molto moderno, interamente in alluminio
derivato dalla 305, ad iniezione elettronica anziché a carburatori, capace di 105 cv.
Negli interni, nell’assetto e nei freni era
stata completamente rivista: moquette
rossa, strumentazione e sedili spor-
E
chiamata CTI. Parallelamente vennero
presentate anche le versioni XS, da 1,4
litri dal temperamento più tranquillo e la
“rally” con motore TU di 1,3 litri con 103
CV, alimentata con due carburatori e con
intercooler dell’olio, che concettualmente
può essere considerata la madre della
106 e 306 rally esattamente come le due
GTI possono considerarsi le iniziatrici
d’una lunga e decorata serie di vetture sportive. Nel 1987
le 205
tivi, assetto più basso e rigido, cerchi in
lega e pneumatici a sezione larga. Il risultato fu un’auto molto bella da vedere e
da guidare, tant’è che divenne in brevissimo tempo un punto di riferimento in
fatto di prestazioni tra le sportive. Inoltre
si collocava in un segmento di mercato
accessibile a molti. Con il passare del
tempo divenne leggenda, un successo
avvallato anche dai trionfi mondiali nei
rally in Gr.B della 205 T 16, che poteva
contare su una potenza strabiliante.
Esattamente un anno dopo la sua presentazione venne realizzata per l’Italia un’edizione speciale in collaborazione con
Osella di Torino per il Gr.N. Ma il Leone
non si fermò qui: nel marzo del 1986 la
potenza della 1,6 venne portata a 115 CV
e a settembre realizzò l’eccezionale versione ancora più potente equipaggiata
con l’XU di 1,9 litri e 130 CV. Peugeot
volle dare ancora di più, unendo tre propri punti di forza: la sportività, la tradizione delle cabriolet con il fascino del disegno firmato Pininfarina. Nacque quindi la
versione Cabriolet della GTI,
vennero sottoposte a un restyling che
riguardava l’intera auto, una revisione che
non ne ha stravolto lo spirito. Col passare
del tempo vennero anche forniti il servosterzo e il condizionatore d’aria e gli
interni in pelle “Plus”. Ricordiamo anche
le elaborazioni ufficiali Gutmann, su base
GTI 1,9 con motore 2 litri da 165 CV,
derivato dalla 405 Mi16. Ora le 205 GTI
sono passate alla leggenda, incredibilmente ancora vittoriose nelle gare rallistiche,
ma gradualmente stanno diventando cosa
rara in strada, specialmente nelle versioni
da 1,9 litri. Un vero peccato, poiché i
ricambi sono tutti facilmente rintracciabili
e quanto ad affidabilità c’è poco da
preoccuparsi: niente ruggine e motori
praticamente indistruttibili. Anche
se sfruttate sino all’osso superano i
250.000 km, sanno regalare fortissime
emozioni su qualsiasi tipo di terreno;
nel traffico ci si muove molto bene,
specialmente con le seconde serie, catalizzate d’origine, grazie alle dimensioni
compatte e ai motori generosi. D’altra
parte, averne una, è un affare.
INVENTATA NEL 1938
PEUGEOT CON
LA 202 B LÉGÈRE.
DA
LA NONNA DELLA GTI. P EUGEOT HA SEMPRE
DAL SETTEMBRE 1938
AL LUGLIO 1942 VENNERO INFATTI PRODOTTE LE
402 B L ÉGÈRE . S UL TELAIO DELLA BERLINA MEDIA
402 VENNE MONTATO L’ABITACOLO RACCOLTO DELLA PICCOLA 202, CHE PERMISE LA REALIZZAZIONE DI
UN LUNGO COFANO MOTORE . I L PROPULSORE ERA
UN 2.142 CC IN GRADO DI SVILUPPARE 63 CV E
SPINGERE IL PICCOLO BOLIDE A OLTRE 130 KM/H.
AMATO LE PICCOLE SPORTIVE.
LA GTI DI OGGI SI CHIAMA 206 RC. DA POCO
LA VEDIAMO CORRERE SULLE NOSTRE STRADE . U NA
206 VERAMENTE “ENFANT TERRIBILE”. UN PICCOLO
BOLIDE CON MOTORE DI 1997 CC IN GRADO DI SVI LUPPARE 130 K W, CON TUTTI I DISPOSITIVI DI SICU REZZA CHE OGGI TROVIAMO SOLO SULLE AUTO PIÙ
PRESTIGIOSE , COME L’ESP, L’ABS. I L DIVERTIMENTO
È ASSICURATO CON QUESTA
“ISTANT
CLASSIC”.
6
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I
l numero di telaio è l’elemento che
permette di identificare esattamente
una vettura. Sovente i soci ci chiedono, soprattutto per le vetture più anziane, dove ricercare questi numeri.
Dall’esperienza e dai libretti di manutenzione ecco un breve vademecum suddiviso per i modelli d’anteguerra. Le intemperie, le mani di vernice a volte rendono
molto difficile la ricerca dei numeri. Non
scoraggiatevi e... buona caccia!
Cominciamo la nostra ricerca partendo
dagli anni Venti. Sulle vetture costruite in
quel decennio normalmente troviamo
una targhetta, con riassunti i dati del
costruttore e della vettura, che veniva
applicata sul cruscotto. Purtroppo però
queste targhette erano fissate con viti o
rivetti facilmente asportabili, non è insolito purtroppo trovare vetture sprovviste
o con targhette solo apparentemente
corrispondenti. Quello che fa maggior
fede è il numero punzonato direttamente sul telaio che però cambia la sua ubicazione e dimensione a seconda del
modello. Per una corretta e completa
identificazione occorre verificare anche il
numero di motore posizionato in luoghi
spesso diversi per ogni modello. È bene
ricordare che in Francia era normale
ricorrere, anche prima della guerra, a
motori di rotazione e quindi i numeri
punzonati sui motori raramente corrispondono all’originale. Inoltre, su determinati modelli come l’intera serie 172 e
190, l’intercambiabilità della stragrande
maggioranza dei pezzi sia di meccanica
sia di carrozzeria, unita a tutte le vicissitudini spesso attraversate da questi
mezzi, ha fatto sì che spesso ci si trovi di
fronte a un mélange in salsa francese.
172M 172S e 190S Targhetta
sul cruscotto. Numero di telaio punzonato con caratteri di 8 mm sulla faccia
superiore del longherone sinistro,
davanti al fissaggio anteriore del motore
oltre che sopra ai cilindri del motore
anteriormente dal lato tappi delle valvole. Il numero del motore è punzonato
con caratteri di 3 mm sul carter
della distribuzione sopra al coperchio
di riempimento dell’olio.
172 R Targhetta sul cruscotto. Il numero di telaio è punzonato in cifre di 10
mm su l’estremità posteriore esterna del
longherone sinistro. Il numero di motore
è punzonato in cifre di 5 mm sulla parte
superiore e anteriore del blocco
cilindri dal lato dei tappi delle valvole.
(Ricordiamo che su questo modello 172
e 190 il blocco cilindri comprende
anche la testa, essendo una sola fusione).
177 M2 e 177R Targhetta fissata
sul cruscotto. Numero di telaio punzonato con caratteri di 6 mm sulla parte
superiore della traversa anteriore lato
sinistro. Numero di motore punzonato
sulla parte superiore del carter della
frizione con caratteri di 6 mm.
183 Targhetta fissata sul cruscotto.
Numero di telaio punzonato in cifre di 8
mm sulla traversa tubolare del raccordo
posteriore che sostiene la ruota di scorta.
Il numero del motore è punzonato in
caratteri di 8 mm sulla parte superiore
del carter di distribuzione. Un’importante
novità arriva all’inizio degli anni Trenta ed
è la piccola targhetta contenente il numero di carrozzeria, ma soprattutto il codice
della carrozzeria. Ritengo che questa
201 D Come per la 201 ma senza la
ripetizione posteriore al centro del
portaruota.Anche su questo modello
tutti i dati sono sul lato destro.
Punzonato in cifre di 5 mm sul longherone di fianco al motore sullo
stesso lato della targhetta. Il numero del
motore è punzonato in cifre di 5 mm
sulla testata anteriormente, lato destro.
…ma dove lo trovo?
(a cura di Daniele Bellucci)
targhetta sia assai piu importante e interessante della targhetta riepilogativa con i
numeri di telaio. Da questa targhetta
possiamo quasi sempre sapere quante
vetture con quel tipo di carrozzeria sono
state costruite prima della nostra e soprattutto controllare che il codice riportato corrisponda effettivamente alla vettura, cosa questa di estrema importanza.
Ricordate che su alcune carrozzerie
alcune parti importanti in legno riportano
anche loro il numero di carrozzeria e...
inutile dire che deve coincidere.
Questa targhetta non era imposta per
legge ma è un importante riferimento
posto da Peugeot per ragioni di carattere
industriale e che oggi torna molto utile
ai collezionisti.
201 La targa del costruttore riportante
il tipo e il numero telaio è fissato all’interno del vano motore (solitamente lato
destro) il numero di telaio è punzonato in
cifre di 5 mm sul longherone dallo stesso
lato della targhetta e posteriormente al
centro del portaruota. Il numero del
motore punzonato in cifre di 5 mm sul
lato anteriore destro della testata.Tutto
deve quindi risultare visibile sollevando un
solo lato del cofano motore.
7
402 La targhetta del costruttore indicante il numero di telaio è fissato all’interno del vano motore sul lato destro
in alcune versioni e sul lato sinistro su
altre.Analogamente il numero del telaio
è punzonato in cifre di 5 mm sul longherone di fianco al motore sullo stesso lato della targhetta. Il numero
del motore è punzonato sulla testata
anteriormente sul lato destro.
302 La targhetta del costruttore è
fissata all’interno del vano motore sul
lato destro. Il numero di telaio è punzonato in cifre di 5 mm sul longherone di
fianco al motore sullo stesso lato della
targhetta. Il numero del motore è punzonato in cifre di 5 mm sulla parte
anteriore destra della testata.
202 Su questa vettura per la prima
volta abbiamo un “montaggio” di tipo
moderno della targhetta del costruttore
che è fissata internamente al vano motore sul parafiamma lato destro. Il numero di telaio resta punzonato sul longherone del telaio lato destro con caratteri
di 5 mm. Il numero del motore è
punzonato in cifre di 5 mm sul lato
anteriore destro della testata.
CLUB/STORICO IMP2/03 ok 19-05-2004 11:23 Pagina 8
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NUMERO 2 - ESTATE 2003
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Fabrizio Taiana - REDAZIONE: Via Gallarate, 199 - 20151 Milano
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