22 - Manifesto della distruzione
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22 - Manifesto della distruzione
22 - Manifesto della distruzione Il conto alla rovescia era già iniziato: taceva ogni cosa, taceva persino lui, che dall’alto della sua scelta appena compiuta troneggiava su ogni essere del creato. Ogni volta che apriva quella che pareva essere la sua bocca, ne uscivano solo ingiurie: ogni volta che si apprestava a muoversi, le sue gesta portavano distruzioni e mortificazioni alla grande madre terra, colei che rappresentava per lui il piano del gioco supremo. Tutto era chiarito nella sua mente sulfurea, oramai accecata dallo spasmo ipnotico derivante dalle immense energie che profusamente spacciava nell’etere, energie atte a mantenere quell’infrangibile incantesimo che prende il nome di vita, per mantenerlo appunto, almeno fino al raggiungimento del punto di eterna fusione che, già da tempo immemore, era stato previsto dalla naturale fallacità dell’essenza vitale stessa. L’eterna fusione: sarebbe giunta come un falco che plana in picchiata dal cielo verso la preda, avrebbe inglobato gli uomini e tutto quello che apparteneva loro, rigurgitando giustizia poiché non avrebbe fatto distinzioni di sesso, età, razza o ceto sociale. La fine del mondo stava per giungere, ogni cosa sarebbe stata spazzata via dal creato ed il nutrimento che ne avrebbe tratto, lui che era il Dio della Distruzione, una specie di Loki dei nostri tempi, era ancora tutta da verificare. Farneticava il profeta-mendicante che parlava della fine dei tempi, veniva deriso ed insultato. Era lui il tramite di quel Dio distruttore, padrone del fuoco annientatore; era lui che metteva in guardia i suoi simili umani dalla carneficina che di lì a poco avrebbe annichilito la mappa terrestre. Ma nessuno gli diede ascolto. Inutile, sarebbe stato tutto inutile, poiché l’incantesimo non si sarebbe potuto rompere: le ciminiere, il petrolio, i gas acidi, i veleni di ogni natura oramai facevano parte della natura umana, il progresso era già in moto da troppo tempo ed aveva intaccato fin troppo le vite degli uomini perché tutto potesse terminare lì così se non addirittura retrocedere fino ai primordi, depurando la terra, l’acqua e l’aria. Ci avrebbe comunque pensato il fuoco a purificare il tutto. Il Dio della distruzione si guardava allo specchio, rimirandosi, piacendosi: vedeva un naso, due occhi, una bocca, due orecchie, ecc… Una faccia umana insomma, che riflessa in quello specchio sporco, assumeva sembianze ancor più grottesche di quanto non fossero nella realtà. Alle sua spalle una tomba tutta infuocata gli si spiegava, aprendosi: sarebbe stata quella la sua ultima dimora, quando l’orologio avesse toccato l’ora prestabilita. Nient’altro da dire: quel Dio della distruzione dalle sembianze umane, troppo umane, sarebbe stato incenerito dal suo medesimo incantesimo che, troppo preso nell’amore per quel fuoco da lui stesso creato, si sarebbe ritorto contro di lui. Se solo non si fosse dimenticato di abiurare sé stesso…