ticino - Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
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Fiat con NUOVA 500. A ME GLI OCCHI. Anno 106 - n. 9 - Settembre 2015 TICINO: NUOVA 500. MASTERPIECE RELOADED. L’evoluzione di un capolavoro: nuovo design, luci diurne con tecnologia LED ispirate al logo «500» e sistema di navigazione Uconnect® con touch screen e DAB+. fiat.ch La Rivista Anno 106 - n.9 - Settembre 2015 Crocevia di cultura Lo stivale del Pane Italiano Tradizione da valorizzare e preservare Locarno: Città del gusto 2015 LA SOLUZIONE GIUSTA PER OGNI EVENIENZA. SOTTO LO STESSO TETTO. E T N E M L A F IN RNATA! O T È Da l r o b u s to DA I LY, il Va n of t h e Ye a r 2015 , a l p e s o m a s s i m o S T R A L I S : l ’a t t u a lis s i m a g a m m a d i ve i co li I ve co u n is ce e co l o g ia e d e co n o m ia i n m o d o i d e a l e e , g r a z i e a s u o i i n n u m e r e vo li m o d e lli , of f r e s o l u z i o n i s p e ci f i ch e p e r o g n i i n c a r i co d i t r a s p o r to. Gustala come gli italiani: un filo d‘olio d‘oliva, sale e pepe e... buon appetito! I V E CO ( Sv i z ze r a ) S A , O b e r fe l d s t r a s s e 16 , 83 02 K l o t e n , t e l . 0 4 4 8 0 4 7 3 7 3 , w w w. i ve co . c h Editore Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Direttore - Giangi CRETTI Comitato di Redazione A.G. LOTTI, C. NICOLETTI, S. SGUAITAMATTI Collaboratori C. BIANCHI PORRO, M. CALDERAN, G. CANTONI, M. CARACCIOLO DI BRIENZA, C. D’AMBROSIO, V. CESARI LUSSO, M. CIPOLLONE, P. COMUZZI, D. COSENTINO, A. CROSTI, L. D’ALESSANDRO, F. DOZIO, M. FORMENTI, F. FRANCESCHINI, T. GATANI, G. GUERRA, M. LENTO, R. LETTIERI, F. MACRÌ, G. MERZ, A. ORSI, V. PANSA, C. RINALDI, G. SORGE, N. TANZI, I. WEDEL La Rivista Seestrasse 123 - Cas. post. 1836 8027 Zurigo Tel. ++41(0)44 2892319 Fax ++41(0)44 2015357 [email protected], www.ccis.ch Pubblicità Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Seestrasse 123 - Casella postale 8027 Zurigo Tel. ++41(0)44 2892319 Fax ++41(0)44 2015357 e-mail: [email protected] Abbonamento annuo Fr. 60.- Estero: 50 euro Gratuito per i soci CCIS Le opinioni espresse negli articoli non impegnano la CCIS. La riproduzione degli articoli è consentita con la citazione della fonte. Periodico iscritto all’USPI (Unione Stampa Periodica Italiana). Aderente alla FUSIE (Federazione Unitaria Stampa Italiana all’Estero) Appare 11 volte l’anno. Progetto grafico CMSGRAPHICS 83048 – Montella (Av) – Italy [email protected] Marco De Stefano Emanuela Burli Gianni Capone Stampa e confezione Nastro & Nastro srl 21010 Germignaga (Va) - Italy Tel. +39 0332 531463 Fax +39 0332 510715 www.nastroenastro.it Editoriale di Giangi Cretti È un luogo comune. In quanto tale, va da sé, piuttosto diffuso. Con la cultura non si mangia. Lapidaria come una sentenza - spocchiosa quanto basta, perché consolidata dal fatto di essere emessa da chi come unico parametro ha la solidità dei beni materiali - sembrava inappellabile. Fino a qualche tempo fa. Fin tanto che, dati alla mano*, si è dimostrato che le cose non stanno per niente così. Per l’economia, la cultura è un valore aggiunto. La bellezza, che della cultura è seducente magia - se non è compressa nell’abito che la vuole esclusivo canone estetico (estatico?), ma è espressione e al contempo sensazione di piacevolezza, che emana dal, e definisce il, modo di fare, di porsi, di veicolare (prodotti, immagini ed emozioni), di comunicare, di confezionare, di accogliere – favorisce le relazioni. Anche, e soprattutto, quelle commerciali. Che altro non sono, se non l’esercizio finalizzato del corteggiamento e della seduzione. Non si spiegherebbe altrimenti l’inarrestabile, e ormai inflazionato, moltiplicarsi delle occasioni di convivialità all’unico scopo di fare rete, creare contatti, conoscere e farsi conoscere. Insomma, agevolare quello che oggi si chiama network e che già per il fatto di contenere la parola lavoro (work) anticipa la sua funzione: fornire una prestazione in cambio di un risultato. Preludio, in funzione degli obiettivi, di un atto di vendita: di un’emozione o di un’attenzione. Verso noi stessi o i nostri prodotti (servizi). Non solo valore aggiunto, ma diretta generatrice di risorse. Per prenderne atto è sufficiente, evitando di limitare il campo d’osservazione ai settori tradizionali della cultura e dei beni storico-artistici, guardare quanto pesano cultura e creatività nel complesso delle attività economiche, nei centri di ricerca delle grandi industrie come nelle botteghe artigiane, o negli studi professionali. Attraverso la classificazione, che qui prendiamo a prestito dagli esperti, in 4 macro settori: industrie culturali propriamente dette (film, video, mass-media, videogiochi e software, musica, libri e stampa), industrie creative (architettura, comunicazione e branding, artigianato, design e produzione di stile), patrimonio storico-artistico architettonico (musei, biblioteche, archivi, siti archeologici e monumenti storici), e performing art e arti visive (rappresentazioni artistiche, divertimento, convegni e fiere). I primi ad esserne consapevoli sono coloro che sono impegnati nella promozione dei territori. L’immagine che promana da un Paese, strettamente connessa alla sua poliedricità culturale, condiziona la sua attrattività. Che trova un misurabile riscontro in termini di volumi di esportazioni. Non foss’altro che a parole, nessuno ne dubita: uno dei maggiori beneficiari dell’effetto traino, che la cultura ha sull’economia di un Paese, è il turismo. Perché il turista culturale, che non è mai un turista per caso, e il dato è suffragato da puntuali indagini di settore, è più propenso a spendere. Ma anche perché al richiamo della cultura, della bellezza e della qualità sono legate le performance del turismo. E ancora: la cultura intercetta risorse. Che poi vengono rimesse in circolo. Lo dimostrano le sponsorizzazioni (pur in un contesto di crisi, in Italia, quelle destinate alla cultura sono cresciute tra il 2012 e il 2013 del 6,3%). Fanno testo, in quest’ambito, quelle private: imprenditori illuminati, ma anche consapevoli delle ricadute sul loro brand, vestono i panni del mecenate e restituiscono alla loro bellezza beni come il Colosseo e la Scala di Milano, come ha fatto di Diego Della Valle, l’arco Etrusco di Perugia, grazie a Brunello Cucinelli, il Ponte di Rialto, il cui restauro è stato finanziato da Renzo Rosso, la Fontana di Trevi, grazie a Fendi. In questo scenario affonda la sua ragion d’essere la decisione di aprire a Lugano, rianimando un intero quartiere, il LAC. Un centro, dove l’Arte incontra la Cultura e insieme incrociano le persone, proponendosi come crocevia culturale di respiro internazionale, che, puntando sulla qualità e sulla varietà, intende diventare un motore di sviluppo per la Città ed Il Cantone. Per vincere la sfida: trasformare quello che è un’indubbia una cospicua voce di costo in un solido investimento futuro. Obiettivo che, pur con percorsi ed esperienze diverse, condivide anche Locarno. Attraverso il suo Palacinema, vuole sancire la volontà, parzialmente già concretizzata, di prolungare l’impatto che ha sul territorio il Festival del Cinema (che in termini di indotto economico genera qualcosa come 23 milioni di franchi**) in un evento che si riverberi su tutto l’arco dell’anno. *In uno studio pubblicato da Symbola e Unioncamere all’inizio del 2015, intitolato Io sono cultura si afferma che in Italia la cultura genera un fatturato annuo di 214 miliardi di euro, l’equivalente al 15,3% del Pil nazionale **In una ricerca commissionata dal Dipartimento della Cultura e dello Sport (DECS) del Canton Ticino, all’Università della Svizzera italiana, l’istituto IRE (Istituto di Ricerche Economiche), tramite un’indagine che si riferisce all’edizioni del 2003/2004, è giunto alla conclusione che l’impatto economico totale creato dalla presenza del festival ammonta a circa 23 milioni di franchi. [email protected] THE HEAD SAYS YES. THE HEART SAYS DEFINITELY, YES. 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Cersaie: Bologna, 28 settembre – 2 ottobre Salone Internazionale della Ceramica per l’Architettura e l‘Arredobagno Mercante in fiera autunno: Parma 3-11 ottobre Kermesse internazionale dell’antiquariato e del modernariato Incontro btob e cena con cantine piemontesi a Lugano I produttori della Liguria incontrano i buyers della Svizzera tedesca 91 Educational tour a Venezia e dintorni - il fascino del Veneto European market access from Switzerland, center of excellence and innovation (Canton Vaud e CCIS) Marmomacc + Abitare il tempo: Verona, 30 settembre – 3 ottobre Industria della pietra naturale e Salone del mobile e del design, insieme a Veronafiere Calabria: cuore mediterraneo 92 Incontri btob tra imprese trentine del comparto agroalimentare e operatori svizzeri Food & wine... Made in Emilia Romagna Vitrum: Rho 6 - 9 ottobre Salone internazionale dell’industria del vetro Gourmesse 2015 93 94 96 Le Rubriche Sommario IL MONDO IN FIERA Slow Food Market 2015 Contatti Commerciali Servizi Camerali 6 In breve 28 Convenzioni Internazionali 9 Italiche 31 L’elefante invisibile 11 Elvetiche 32 Per chi suona il campanello 13 Europee 39 Scaffale 15 Internazionali 41 Benchmark 19 Cultura d’impresa 55 Sequenze 22 Burocratiche 59 Diapason 24 Normative allo specchio 69 Convivio 25 Angolo Fiscale 72 Motori 27 Angolo legale Svizzera 78 Starbene In copertina: LAC e Piazza Grande, incroci di cultura In Breve Immigrazione dall’UE: la Svizzera potrebbe tornare al voto Il popolo svizzero potrebbe tornare alle urne per avere l’ultima parola sullo stop all’Immigrazione di massa dall’UE deciso dal popolo con l’esito della votazione del 9 febbraio dell’anno scorso. Il comitato Rasa «Raus aus der Sackgasse» (fuori dal vicolo cieco), ha infatti reso noto di aver raccolto con largo anticipo le 100.000 firme necessarie per indire una nuova votazione. L’obiettivo dei promotori – che sono intenzionati a raccogliere ancora 20’000 firme nelle prime settimane di settembre - è di consegnare i moduli alla Cancelleria federale “il più presto possibile, al più tardi tuttavia a fine ottobre 2015”, anche se il ter- Svizzera: quali criteri per la naturalizzazione? Per ottenere il passaporto svizzero i candidati alla naturalizzazione dovranno provare di avere conoscenze linguistiche orali e scritte necessarie nella vita quotidiana e non aver beneficiato dell’assistenza sociale almeno per tre anni. È quanto prevede il progetto di ordinanza sulla cittadinanza posto in consultazione dal Consiglio federale fino al 19 novembre. La revisione della legge sulla cittadinanza, approvata dal Parlamento nel giugno dello scorso anno, prevede la naturalizzazione per i titolari di un permesso di domicilio residenti in Svizzera da almeno dieci anni e integrati. “Uno straniero è considerato integrato se possiede le necessarie conoscenze di una lingua nazionale, rispetta la sicurezza e l’ordine pubblici nonché i valori della Costituzione federale, partecipa alla vita economica e si adopera per l’integrazione della sua famiglia”, precisa un comunicato. I candidati devono avere un livello B1 di lingua parlata e un livello A2 di lingua scritta in base al Quadro di Riferimento Europeo Comune. Il livello B1 significa che la persona “è in grado di produrre un testo semplice relativo ad argomenti che siano familiari o di mine ufficiale di consegna scade soltanto il 2 giugno 2016. Il testo dell’iniziativa è volutamente ultraconciso: chiede semplicemente che le disposizioni introdotte il 9 febbraio 2014 (art. 121a e 197 n. 11) vengano abrogate. Secondo i promotori, l’approvazione dell’iniziativa dell’UDC (con una stretta maggioranza del 50,34%) ha rimesso in questione la via bilaterale e condotto la Svizzera in un vicolo cieco, da cui bisogna uscire. Il comitato, formato da un gruppo di cittadini non legati ad alcun partito politico, è sostenuto da circa 300 personalità del mondo della formazione, della scienza, del lavoro e della cultura. Vi figurano, ad esempio, il rettore designato dell’Università di Ginevra Yves Flückiger, l’artista Pipilotti Rist, l’ex direttore di Pro Helvetia Bernard Cathomas, l’ex calciatore Andy Egli, l’ex presidente del Tribunale federale, Giusep Nay, il clown Dimitri nonché il professore di storia Georg Kreis. interesse personale È in grado di esprimere esperienze ed avvenimenti, sogni, speranze e ambizioni e di spiegare brevemente le ragioni delle sue opinioni e dei suoi progetti”. Per quanto riguarda le conoscenze scritte, chi aspira al passaporto svizzero deve essere in grado di comunicare “attività semplici e di abitudine che richiedono un semplice scambio di informazioni su argomenti familiari e comuni. Sa descrivere in termini semplici aspetti della sua vita, dell’ambiente circostante; sa esprimere bisogni immediati”. Il candidato dovrà provare il proprio livello linguistico. Sono esonerate le persone la cui lingua madre è uno degli idiomi nazionali o che hanno frequentato le scuole o svolto una formazione in Svizzera. Si tratta di prescrizioni minime e i cantoni rimangono liberi di fissare esigenze più severe, ad esempio conoscenze della lingua nazionale parlata nel luogo di residenza a un livello più elevato. In caso di leggero handicap o malattia, il mancato livello di conoscenze linguistiche non esclude a priori la naturalizzazione. Il passaporto verrà negato a chi ha subito una condanna penale e se l’estratto del casellario giudiziale riporta un’iscrizione. Esclusi anche coloro che nei tre anni precedenti la domanda hanno usufruito dell’assistenza sociale. Uno dei criteri infatti è la capacità di mantenere sé stessi e la famiglia col proprio reddito o patrimonio. Voluntary disclosure: attesa una proroga dei termini Oltre 10 mila istanze di collaborazione volontaria sono state recapitate alle direzioni provinciali dell’Agenzia delle entrate. Il boom delle domande di voluntary disclosure, è (ri)partito subito dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 5 agosto del decreto legislativo sulla certezza del diritto. Il decreto, infatti, contiene la norma sul raddoppio dei termini e ha posto una data spartiacque, il 2/9/2015, per il calcolo delle annualità interessate dalla procedura di regolarizzazione dei capitali. Ora l’Agenzia delle entrate sta monitorando attentamente il flusso di domande per valutare se e come predisporre una proroga. La finestra di regolarizzazione della voluntary disclosure si chiuderà, infatti, il prossimo 30 settembre. Un rinvio è ormai quasi dato per scontato, non solo dagli operatori, ma anche dai funzionari che avranno il compito di analizzare i fascicoli. Atteso uno slittamento dei termini, almeno fino a dicembre. Nel frattempo, in vista dell’approssimarsi della scadenza per il deposito delle istanze di voluntary disclosure si chiarisce per diversi Paesi collaborativi anche la portata dell’autorizzazione (waiver) che il contribuente deve dare all’amministrazione finanziaria per fruire del miglior regime sanzionatorio premiale previsto dalla norma. Per quanto riguarda gli istituiti elvetici era stato sollevato un problema di diritto interno consistente nel fatto che il diritto delle obbligazioni in Svizzera prevede espressa-mente la facoltà di revoca dell’autorizzazione alla diffusione delle informazioni sui conti dei clienti delle banche. In attesa di una formulazione condivisa con la Confederazione si è trovata una soluzione ponte che prevede la ulteriore richiesta da parte degli Uffici finanziari al contribuente-cliente delle banche di un suo impegno irrevocabile a non esercitare tale diritto: tale soluzione soddisfa ad oggi la dimostrazione della volontà di collaborane nella procedura. settembre 2015 La Rivista - 7 Italiche di Corrado Bianchi Porro La qualità resta l’incentivo principale per gli investitori L’Ufficio studi di Mediobanca ha recentemente pubblicato i risultati sull’indagine con i dati cumulativi dei bilanci di 2055 società industriali e terziarie di grande e media dimensione per gli anni dal 2005 al 2014. Sono state incluse tutte le aziende italiane con oltre 500 dipendenti e circa il 20% di quelle di media dimensione. Le società ivi esaminate coprivano il 53% del fatturato dell’industria, il 36% di quello dei trasporti e il 34% di quello della distribuzione al dettaglio. Nella manifattura, l’incidenza era del 49% sul fatturato, del 56% sulle esportazioni, del 34% sugli occupati e del 48% sugli investimenti fissi lordi. Le singole società hanno collaborato fornendo dettagli contabili e informazioni aggiuntive. L’assetto proprietario fa stato in riferimento a quello in essere a fine 2014, anche se ovviamente nel corso dell’ultimo decennio si è registrata un’evoluzione in continuo movimento. Tanto per intendersi, le Ferrovie dello Stato sono state trasformate da Ente pubblico in società per azioni, Alitalia è stata esclusa dopo l’ingresso in amministrazione straordinaria. Poi si tiene conto pure dell’attualità e delle vicende societarie. Ad esempio, il principale operatore siderurgico, interessato da un provvedimento governativo, non è incluso nei conti dell’indagine. Nelle 2055 società oggetto dell’indagine Mediobanca, vi sono 139 imprese controllate dalle Amministrazioni pubbliche italiane che hanno realizzato il 22,7% del fatturato complessivo. Le 1392 imprese controllate da privati di nazionalità italiana rappresentano il 46,7% degli affari, mentre le altre 524 aziende fanno capo a soggetti di nazionalità estera, realizzando il 30,6% del fatturato. Queste ultime sono sempre aggregate nei conti delle imprese private. Per le società controllate da fondi di Private Equity è stata assunta la nazionalità prevalente. Tra i gruppi maggiori (quelli che nello scorso esercizio hanno realizzato un fatturato superiore a 3 miliardi di euro) le imprese a controllo estero rappresentano il 31,1%. L’area pubblica è prevalentemente diffusa nel comparto petrolifero ed energetico (rispettivamente il 52,9% e il 70,4% del giro d’affari). Invece, la principale presenza delle imprese a controllo estero si situa nel terziario, con una quota del 41,8%, seguita dai maggiori gruppi privati italiani (24,4%), dalle imprese medio-grandi (21,8) e da quelle che fanno capo alle amministrazioni pubbliche (11%). In sostanza, le imprese estere rappresentano una quota del 31,1% nel manifatturiero, del 24% nel settore petrolifero, del 23,9% nell’energia e gas e del 41,8% nel terziario. I settori in cui gli investitori esteri sono più forti per fatturato, dipendenti e immobilizzi tecnici si trovano nel ramo chimico, inclusi farmaceutici, fibre e gomma (tra il 53,6% e il 49,7%), il meccanico-elettronico (tra il 26,3% e il 32,3%), petrolio, derivati e combustibili (tra il 22,9% e il 25,5%) e alimentare /bevande (tra il 20% e il 25,5). Considerati i settori citati, si desume che le imprese elvetiche hanno in Italia una forte presenza e svariate chances. Considerando l’evoluzione nel corso degli ultimi 10 anni, le imprese a controllo estero sono salite nel terziario dal 14% ai 41,8% sulla base del fatturato: un incremento assai significativo. L’indagine riguarda le società con sede in Italia e con esclusione di quelle da esse controllate aventi sede al di fuori dai confini della Penisola. Tanto per intendersi, i maggiori gruppi manifatturieri italiani hanno realizzato lo scorso anno solo il 10% del fatturato nei confini nazionali, mentre il restante 90% è composto dal 24% da attività di export, mentre il 66% concerne insediamenti ubicati oltre frontiera (estero su estero) di società controllate. Lo scorso anno le vendite delle attività italiane delle 2055 società oggetto dell’indagine hanno realizzato un regresso del 2,2% imputabile sostanzialmente al settore pubblico che è ripiegato del 5,7%, alla dinamica dell’industria petrolifera (scesa dell’11,1%) e all’emittenza radiotelevisiva (-3,8%). Per ciò che concerne la componente manifatturiera, tutti i principali segmenti a controllo italiano hanno manifestano un’intonazione positiva, mentre le imprese a controllo estero hanno registrato una riduzione dell’1,6%. Stesso trend per il “Made in Italy” in cui il 73,7% fa capo a società di controllo locale (con un fatturato in crescita dell’1,2%), mentre la quota restante, pari al 26,3%, risale ad una proprietà estera, il cui giro d’affari è sceso nel 2014 dell’1,1%. Sempre sul Made in Italy, per quanto concerne le esportazioni, esse registrano una crescita del 2,7%. Si è aperta insomma una forbice tra le vendite sul mercato domestico e quelle all’estero. Nessuno ha saputo sottrarsi al ristagno del mercato interno, ma il mondo ha saputo colmare questo vuoto della domanda locale. Per quanto riguarda infine il costo medio del lavoro delle 2055 società oggetto dell’indagine, esso è cresciuto negli ultimi dieci anni (tra il 2006 e il 2014) del 12,6% portandosi da 46.900 euro iniziali a 52.800 euro. Il settore pubblico ha fatto segnare l’aumento più rilevante (da 50.200 a 60.000 euro) anche perché la base operaia è qui notevolmente ridotta. Il settore manifatturiero conta un salario medio nel 2014 di 55.400 euro, mentre il terziario lascia i propri livelli retributivi a livelli relativamente compressi di 45.700 euro. Nel settore manifatturiero, tra l’altro, la base operaia si è progressivamente ridotta dal 55,3% del 2006 al 51,6 del 2014. Anche nel settore manifatturiero si assiste, in effetti, ad uno spostamento progressivo della forza lavoro nelle fasi a monte di ideazione, progettazione e design e, a valle, nel ramo del marketing e servizio post vendita. Infine, la ricerca di Mediobanca rileva che i risultati aggregati di queste società hanno chiuso con un utile netto complessivo di 15,8 miliardi di euro, in crescita di 2,6 miliardi rispetto all’anno precedente. In sostanza il moderato costo del lavoro rispetto alla qualità, continua a rappresentare per gli investitori un incentivo interessante. settembre 2015 La Rivista - 9 PER UN PESTO DAL GUSTO RUSTICO Elvetiche di Fabio Dozio Quinta Svizzera al voto In vista delle prossime elezioni nazionali i partiti politici corteggiano i cittadini elvetici che vivono all’estero Il prossimo 18 ottobre gli svizzeri rinnoveranno Consiglio nazionale e Consiglio degli Stati, i due rami del Parlamento. Gli svizzeri all’estero, la quinta Svizzera, sono circa 746 mila, di cui 580 mila hanno il diritto di voto. Tuttavia sono solo 142 mila coloro che già si sono iscritti ai cataloghi elettorali. Un bel potenziale, se pensiamo che, a volte, i destini di votazioni ed elezioni sono decisi da pochi voti. Fra gli ultimi casi, quello della votazione sulla nuova legge radiotelevisiva, passata per una manciata di voti (grazie agli svizzeri all’estero, dice qualcuno), o, ancora, la votazione comunale ad Alpnach, in Obwaldo, dove una tassa sui parcheggi è stata bocciata con un voto di scarto! Insomma, il voto di chi vive al di fuori dei confini nazionali, magari da molti anni, conta, eccome. Per questo, alla vigilia delle elezioni, i partiti riaccendono l’attenzione nei confronti degli espatriati. In particolare quest’anno verranno presentate diverse liste “internazionali” in alcuni cantoni, in particolare dall’UDC, dal PS e dal PPD. Le liste saranno congiunte con quelle dei partiti cantonali, in modo da poter sommare i voti. Il diritto elvetico prevede che tutti gli espatriati possano partecipare all’elezione del Consiglio nazionale, presentandosi nel cantone in cui sono registrati. Per quanto riguarda il Consiglio degli Stati, eletto secondo leggi cantonali, gli svizzeri all’estero si possono presentare solo in undici cantoni su ventisei. La quinta Svizzera è in continua crescita. Nel 2002 contava meno di 600 mila cittadini, oggi sono quasi 750 mila. Poco più del 70% possiede anche un altro passaporto, una doppia nazionalità. La mobilità, in un periodo in cui le migrazioni drammatiche sono quotidianamente in prima pagina, è significativa anche per il nostro paese. Ogni anno 45 mila svizzeri espatriano e altri 35 mila rientrano. La diaspora elvetica è una realtà che merita quindi attenzione e riconoscimento. Il senatore ticinese Filippo Lombardi ha proposto nel 2011 un’iniziativa parlamentare “Per una legge sugli svizzeri all’estero”. Questa legge è ormai pronta e, come dice il Consiglio federale, “riunisce tutte le disposizioni concernenti gli svizzeri all’estero in un testo unico, chiaro e coerente”. “Ma soprattutto – scrive Filippo Lombardi – la nuova legge impone alla Confederazione e ai Cantoni di promuovere la partecipazione degli Svizzeri all’estero alla vita politica svizzera”. In questo senso si è espressa anche la presidente della Confederazione Simonetta Sommaruga, nel suo intervento in occasione della festa nazionale del primo di agosto. Dopo aver sottolineato l’importanza della democrazia diretta, Sommaruga ha invitato gli espatriati a partecipare: ”anche il vostro voto conta: oggi soltanto il 25 per cento dei connazionali maggiorenni che vivono all’estero è iscritto in un catalogo elettorale svizzero. Mi farebbe molto piacere se questa percentuale aumentasse nelle prossime settimane”. L’Organizzazione degli svizzeri all’estero ha accolto criticamente la recente decisione del Consiglio federale di non permettere il voto elettronico in nove cantoni. Secondo il governo, non ci sarebbero sufficienti garanzie di segretezza del voto. Una questione che dovrà essere corretta, perché nell’epoca digitale andrebbe offerta anche questa opportunità, oltre che quelle di recarsi al seggio in Svizzera o di votare per corrispondenza. La vera rivoluzione, si fa per dire, elveticamente parlando, sarebbe la creazione di una nuova circoscrizione elettorale, un ventisettesimo cantone, che raggruppi tutti gli svizzeri che vivono all’estero: una proposta avanzata a più riprese nel corso degli anni. È quanto succede in Francia, Italia e Portogallo. In questo modo gli espatriati potrebbero essere rappresentati con maggior forza, con alcuni consiglieri nazionali, da cinque a dieci, secondo il numero degli aventi diritto di voto, e con due consiglieri agli stati. La quinta svizzera assumerebbe la dignità di Cantone. Musica del futuro, ma forse non così lontano. Infatti, per valutare questa opzione, la Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio nazionale ha chiesto al Consiglio federale di preparare un rapporto sulla situazione degli Stati europei in merito all’esercizio dei diritti politici e alla rappresentanza politica dei loro cittadini che vivono all’estero. Offrire migliori occasioni di partecipazione politica in Svizzera agli espatriati è un ottimo obiettivo. L’unico discutibile neo, politico e giuridico, si può sintetizzare nel seguente interrogativo: come si giustifica che alcuni cittadini (privilegiati?) possano avere due volte il diritto di voto? Nel paese d’origine, per noi la Svizzera, e nel paese d’adozione? Identità e patria, concetti cari a molti, potrebbero sgretolarsi! settembre 2015 La Rivista - 11 Europee di Viviana Pansa Un accordo non fa primavera Matura con l’estate l’accordo tra Unione Europea e Grecia per il piano di salvataggio di Atene, frutto di un compromesso che si è rivelato un vero e proprio percorso ad ostacoli e un banco di prova per il governo guidato da Alexis Tsipras, leader del partito di sinistra Syriza, che ora annuncia le dimissioni e l’indizione di nuove elezioni in questo mese. Sul rifiuto delle politiche di austerità dettate dalla Troika il giovane premier greco aveva basato tutta la sua campagna elettorale, impegno cui è seguito il braccio di ferro di questi mesi a Bruxelles, che ha visto come protagonisti in particolare il ministro dell’Economia Yanis Varoufakis e il suo omologo tedesco Wolfgang Schäuble. Sacrificato alla riuscita del compromesso lo stesso Varoufakis, in un finale di percorso che non è stato indolore per l’esecutivo ellenico: il voto sul memorandum d’intesa in Parlamento ha certificato la spaccatura di Syriza, con 44 deputati su 149 contrari al piano, passato con un totale di 222 sì, 64 no, 11 astensioni e 3 assenze. Tra i “ribelli” di peso, oltre a Varoufakis, la presidente dell’assemblea legislativa ellenica, Zoe Kostantopoulou, membro di spicco del nuovo corso politico inaugurato dal premier, nell’avanzamento di una frattura con l’ala radicale del partito - rappresentata dalla corrente Piattaforma della sinistra, che probabilmente si trasformerà in partito in vista delle elezioni - che ha sancito la perdita della maggioranza in Parlamento da parte dell’esecutivo e determinato l’annuncio delle dimissioni da parte di Tsipras. Controverso era già stato il ricorso al referendum di fine giugno, con il rifiuto di una prima proposta di accordo con i creditori, una chiamata alle urne criticata soprattutto dai vertici europei che si erano poi premurati, almeno a parole, di assicurarne comunque il rispetto. In realtà, l’intesa approvata dall’Eurogruppo alla vigilia di Ferragosto non è mite per la Grecia, che riceverà sì 86 miliardi di euro per il suo terzo salvataggio in 5 anni - il primo era stato pari a 110 miliardi e il secondo di 130 miliardi - ma dovrà garantire un avanzo primario dello 0,5% nel 2016 e dell’1% nel 2017, procedere con la privatizzazione di aeroporti - di queste ultime settimane la notizia che la società tedesca Fraport si è assicurata per 1,23 miliardi di euro la gestione dei principali aeroporti turistici ellenici, - rete elettrica e porti (Pireo e Salonicco), destinare circa 10 miliardi alla ricapitalizzazione delle banche e attuare 35 “azioni prioritarie” su temi importanti come i prepensionamenti, le esenzioni fiscali, le liberalizzazioni, la tassazione e i costi dei medicinali generici. L’Unione accoglie comunque le osservazioni del Fondo Monetario Internazionale sulla criticità del debito greco, venendo incontro così alle richieste della Germania, che sollecita il coinvolgimento del Fmi nel salvataggio, pur avendo ipotesi di intervento in materia meno concilianti. Il Fondo monetario giudica infatti i circa 320 miliardi di esposizione di Atene insostenibili, ma Berlino si oppone per ora ad un taglio nominale del debito. Più probabile che si cominci a ragionare ora di misure come la revisione dei tassi di interesse e la proroga delle scadenze, anche se l’incognita del voto potrebbe incidere sulla portata di tali proposte. Per Tsipras si tratta comunque del “miglior accordo possibile viste le circostanze”, ma rimette il giudizio nelle mani degli elettori, impegnandosi a rispettare quanto concordato con Bruxelles mitigandone le conseguenze avverse. Superato - per il momento – la prospettiva della Grexit, si deve ora alla debole ripresa europea e all’addensarsi delle incertezze sul fronte orientale il permanere dell’instabilità dei mercati. Le borse asiatiche risentono della ripetuta svalutazione dello yuan, operata dalla Banca centrale cinese per far fronte al crollo dell’export e ad una crescita dei consumi interni eccessivamente lenta, ma c’è chi parla di una crisi del modello industriale cinese, venuta allo scoperto con il rallentamento di tutte le potenze economiche dell’Asia e le difficoltà di ripresa in Europa e Usa. Gli ultimi dati certificano la lentezza dell’inversione del ciclo economico nell’eurozona, dopo la lunga crisi: nel secondo trimestre del 2015 il Pil tedesco è cresciuto dello 0,4% (invece di un atteso +0,5%), quello francese è rimasto invariato rispetto al +0,7% del primo trimestre, quello spagnolo cresce invece dell’1%. La crescita dei 19 Paesi dell’area euro è stata di appena lo 0,3% nel secondo trimestre di quest’anno, una crescita “anemica”, dunque, sostenuta più che altro dalle esportazioni. L’Italia, Paese che è arrivato per ultimo ad agganciare la ripresa, è ancora in ritardo rispetto ai suoi partner europei e registra nel secondo trimestre 2015 solo un +0,2% rispetto al primo, un dato che secondo il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan può e deve essere migliorato, anche se il Mef conferma l’obiettivo di fine anno di crescita del Pil dello 0,7%, una stima inizialmente ritenuta prudenziale, ma che comincia ad apparire ora impegnativa. L’economia italiana, inoltre, dipende molto dalla spesa delle famiglie (le esportazioni pesano per il 29% sul totale dell’economia, la Spagna ci supera con il 32%), su cui non può non incidere l’alto tasso di disoccupazione e la scarsa fiducia nel futuro. Si annuncia in tal modo in salita il percorso verso la legge di stabilità, nel corso del quale il governo italiano spera di incassare dall’Unione l’ok alla clausola degli investimenti, liberando risorse con un deficit mantenuto un po’ più altro del previsto e spostando il pareggio di bilancio nel 2018. Le cause del rallentamento dell’eurozona vanno ben al di là della crisi greca, economia troppo piccola per compromettere la tenuta dell’intera area europea, e sono da ricercarsi in una più approfondita analisi delle fragilità di Francia e Italia e soprattutto nelle responsabilità della Germania, cui molto si deve il salvataggio di Atene, ma anche perché artefice e promotrice delle politiche di austerity con cui si è reagito ovunque alla crisi. settembre 2015 La Rivista - 13 Orario d`apertura: Lun-Ven Sab Dom 07.00-22.00 07.30-23.30 07.30-22.00 Limmatquai 66, 8001 Zürich Tel. 044 252 31 19 Internazionali di Michele Caracciolo di Brienza La mancata strage del treno Non so se avere più paura di un attentato riuscito o di uno evitato per un pelo. Quello che è successo il 22 agosto su di un treno tra Parigi e Amsterdam è terrificante e allo stesso tempo formidabile. Tre americani in vacanza hanno placcato e incaprettato un ventiseienne marocchino che si apprestava a compiere una strage. Con nove caricatori e un fucile AK-47, meglio noto come Kalashnikov, avrebbe fatto una mattanza su di un treno che trasportava circa quattrocento persone. Un caricatore ha una trentina di colpi. Resta la perfidia di fare un attacco del genere in una situazione in cui nessun viaggiatore può scappare. Ecco, perfidia, non follia. I terroristi islamisti non sono dei folli. Sono perfidi e maledetti. Furbi e sofisticati nella loro propaganda sul web e nel reclutare giovani sbandati. Va segnalato il magnifico libro di Bruno Ballardini dal titolo: “ ISIS®. Il marketing dell’Apocalisse” pubblicato quest’anno dalla Baldini & Castoldi. Ballardini è un esperto di pubblicità che ha analizzato tutti i contenuti propagandistici dell’ISIS secondo criteri pubblicitari appunto. Il libro rivela tutta la sofisticatezza e la regia esperta dei filmati orrendi di questo gruppo organizzato di terroristi internazionali. Il nuovo nazismo oggi proviene dalle scuole coraniche estreme. Non sono santi e non sono uomini devoti, ma dei maledetti che in nome di una religione purtroppo senza capo compiono le peggiori nefandezze. L’estremismo islamista trova terreno fertile in tutte quelle situazioni d’instabilità politica che costellano ormai da vari anni l’Africa settentrionale, il Medio Oriente e l’Asia Centrale. Ora, sia ben inteso che quello che scrivo non è contro i musulmani, ma quanto manca ahimè un appello di una loro figura, come il papa per i cattolici, a mettere da parte la violenza in nome di Dio! Forse il cristianesimo non permette episodi di violenza in nome dei suoi valori? Si pensi a quell’estremista cristiano che nel 2009 a Wichita in Kansas (USA) ha ucciso un medico dedito all’interruzione di gravidanza. Questo per dire che anche la religione del “Se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu presentagli anche l’altra.” (Matteo 5, 38- 40) può creare degli invasati. Il caso dell’Islam fondamentalista è tuttavia diverso. L’odio verso di noi è profondo. Da cosa è provocato? Forse da un’incolmabile frustrazione? Sta di fatto che gli attacchi di terroristici apparentemente solitari continuano in Europa. Chissà quanti sono stati sventati dai servizi segreti europei e di cui non sappiamo nulla. Il 21 agosto scorso l’Ansa ha riportato la notizia che la Sezione Antiterrorismo della Digos di Roma ha avviato indagini sul fatto che vi siano delle nozze simulate tra italiane povere e nord africani. Il tutto ovviamente per facilitare l’ingresso in Italia. Vi è il sospetto di attività terroristiche. È un’esagerazione dire che siamo tutti a rischio di un attentato islamista e che questo oggi sia il vero rischio alla sicurezza degli europei. Negli ultimi dieci anni ci sono stati sette attentati di matrice islamista in Europa che hanno causato 267 vittime, secondo la rivista Internazionale. Tuttavia, il pericolo non è soltanto da parte di quegli individui stranieri e sospetti che i servizi di sicurezza riescono sovente a intercettare. Il pericolo potrebbe arrivare dagli stessi italiani convertiti. Il caso di Maria Giulia Sergio è significativo al riguardo. La sua vicenda umana ha dell’incredibile. Il primo luglio scorso Il Fatto Quotidiano così riporta la notizia: “Nell’operazione coordinata dalla Digos di Milano sono finiti in manette i genitori e la sorella dell’italiana convertita all’Islam che viveva a Inzago, nel Milanese, e che ora è in Siria con il marito albanese. Suo zio arrestato a circa 70 chilometri a sud di Tirana. In un messaggio l’esultanza per la strage alla redazione di Charlie Hebdo. Il procuratore aggiunto Romanelli: ‘Primo risultato contro ISIS’”. “Non sono emersi elementi che possano far pensare a progetti di attentati in Italia” ha spiegato il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli, responsabile del dipartimento Antiterrorismo “È la prima volta che in Italia, e probabilmente in Europa, si arriva a un risultato del genere nei confronti dello Stato Islamico – ha continuato Romanelli – È una risposta giudiziaria importante“. “In questa indagine le moschee non hanno un ruolo significativo – chiarisce il magistrato – Non emergono neppure criticità sul reclutamento di migranti in Italia È tutto rivolto verso l’estero. È infatti evidente e preoccupante un flusso da tutta Europa verso il Califfato”. Va bene. Il reclutamento di solito è per l’estero, ma chi poteva escludere che il caso della giovane Fatima Az Zahra, ovvero Maria Giulia Sergio, la ventisettenne di Torre del Greco residente ad Inzago, diventasse un esempio di terrorista islamista sul territorio italiano? [email protected] settembre 2015 La Rivista - 15 Svizzera: i trasporti generano costi annui di 95 miliardi di franchi Nel 2010 i costi complessivi dei trasporti in Svizzera ammontavano a 94,7 miliardi di franchi, pari a circa 12’000 franchi pro capite. A contribuirvi sono stati il trasporto su strada per 78,0 miliardi, il trasporto ferroviario per 10,3 miliardi e quello aereo per 6,4 miliardi di franchi. Nessuno dei gruppi di utenti si è assunto completamente da solo i costi generati né dal trasporto passeggeri né da quello merci. È quanto emerge dagli ultimi risultati della statistica dei costi e del finanziamento dei trasporti condotta dall’Ufficio federale di statistica (UST). I costi complessivi dei trasporti in Svizzera si articolano nel modo illustrato di seguito. Nel 2010 l’acquisto, l’esercizio e la manutenzione di mezzi di trasporto (strada, ferrovia e aria nel complesso) sono costati 58,6 miliardi di franchi, ovvero quasi quattro volte quanto si è speso per l’esercizio, l’estensione e il mantenimento dell’infrastruttura dei trasporti (15,6 miliardi di franchi). Altri 12,0 miliardi di franchi sono imputabili ai costi degli incidenti e 8,5 miliardi alle ripercussioni negative dei trasporti su ambiente e salute. I mezzi di trasporto costano circa i due terzi, le infrastrutture un sesto La quota più elevata è risultata essere quella dei costi dei mezzi di trasporto nel traffico merci su strada (77%), seguita dal traffico motorizzato privato (65%) e dal trasporto aereo (64%). Nel complesso, ne è risultata una quota di circa due terzi (62%) impiegata unicamente per i mezzi di trasporto. Sebbene qualsiasi tipo di trasporto sia imprescindibile dall’infrastruttura, i costi per quest’ultima hanno raggiunto solo circa un sesto (16%) dei costi complessivi. Con il 47%, tuttavia, l’incisività dei costi infrastrutturali per i trasporti su rotaia è stata superiore alla media. In proporzione, i costi legati ad ambiente e salute sono stati più marcati nel trasporto aereo (15%), soprattutto a causa dei danni climatici provo- cati dal CO2. In cifre assolute, però, il trasporto motorizzato su strada è responsabile di oltre tre quarti (6,8 miliardi di franchi) delle spese per l’ambiente e la salute. I tre quarti dei costi sono da ascrivere al trasporto passeggeri… Il trasporto passeggeri ha generato da solo costi di 73,6 miliardi di franchi, ovvero oltre i tre quarti dei costi globali dei trasporti, di cui 59,6 miliardi di franchi sono da imputare al traffico su strada. I trasporti su strada si suddividono in traffico privato motorizzato, trasporto su strada pubblico (bus di linea e tram) nonché traffico lento (ciclisti e pedoni). I costi di quest’ultimo comparto si sono elevati a 5,9 miliardi di franchi, i tre quarti dei quali dovuti a incidenti provocati dagli stessi ciclisti o pedoni. Il trasporto merci su rotaia è costato 8,3 miliardi, quello aereo 5,7 miliardi di franchi. …mentre un quarto è generato dal trasporto merci Il trasporto di merci, al contrario, ha generato solo un quarto (21,1 miliardi di franchi) dei costi complessivi. I trasporti su strada effettuati a mezzo autofurgone hanno provocato costi superiori rispetto a quelli con veicoli pesanti (9,5 contro 8,8 miliardi di franchi). Per contro, sono stati molto meno significativi i costi del trasporto merci su rotaia (2,0 miliardi di franchi) o per via aerea (0,7 miliardi di franchi). ri dei treni e la mano pubblica si assumono i costi in parti pressoché uguali (con il 48% contro il 47%). Il rimanente 5% è a carico della collettività. Nel traffico aereo l’83% dei costi è stato coperto dalle tasse di trasporto. Il 2% (137 milioni di franchi) è stato finanziato dalle compagnie di trasporto aereo e dai gestori di aeroporti con guadagni derivati da affari accessori e il 15% (841 milioni di franchi) è ricaduto sulla collettività, soprattutto in forma di danni climatici e inquinamento acustico. L’unico a non generare alcun costo per la collettività è stato il traffico lento. …e quello merci Nemmeno per quanto riguarda il trasporto merci su strada è stata raggiunta una totale copertura dei costi. Nel trasporto con veicoli pesanti la copertura era pari al 97%, un po’ più elevata rispetto al trasporto con autofurgoni (94%). In totale i costi a carico della collettività derivanti dal trasporto merci su strada si è attestato a 844 milioni. Nel trasporto aereo l’81% dei costi era a carico degli utenti dei trasporti e l’8% è stato compensato grazie agli utili provenienti da affari accessori. Al fine di promuovere il trasferimento dalla strada alla ferrovia, lo Stato ha stanziato finanziamenti per il trasporto merci su rotaia dell’ordine di 561 milioni di franchi, riducendo al 54% la quota dei costi a carico degli utenti dei trasporti. La collettività contribuisce a pagare il trasporto passeggeri… L’83% dei costi del trasporto passeggeri è stato finanziato dagli utenti dei trasporti. La quota relativa al trasporto su strada privato motorizzato, pari al 90%, era un po’ più elevata. La quota rimanente (un decimo, ovvero 5,2 miliardi di franchi) è ricaduta sulla collettività in forma di danni ambientali nonché costi per la salute e conseguenze di incidenti subite da terzi. Per garantire una copertura di base capillare e il promovimento dello sviluppo sostenibile, i trasporti pubblici ricevono finanziamenti statali. Di conseguenza i passegge- settembre 2015 La Rivista - 17 BSI, partner istituzionale Peggy Guggenheim Collection Venezia Ogni opera d’arte sollecita emozioni, idee, nuove prospettive: le stesse che BSI ricerca con passione nel suo lavoro di tutti i giorni. Che si tratti di capolavori, di persone, di investimenti. Banchieri svizzeri dal 1873. Con passione. www.bsibank.com Cultura d’impresa di Enrico Perversi Ma ci fa o ci è? Leader non si nasce ma lo si diventa apprendendo e sviluppando le competenze necessarie. È però necessario che si sia sostenuti da volontà e determinazione. Nella vita delle persone succede che particolari avvenimenti creino la necessità di cambiamento rispetto al passato ed alle abitudini consolidate, a volte si tratta di eventi traumatici che sono veri e propri momenti di scoperta che generano nuove consapevolezze ed un senso di urgenza. Si desidera cambiare, tuttavia l’apprendimento negli adulti è molto più difficoltoso rispetto ai bambini e agli adolescenti a causa delle acquisizioni precedenti che devono essere rimosse non solo da un punto di vista razionale ma anche emozionale. Si tratta di affrontare un percorso difficile, complicato, che richiede tempo e concentrazione e che deve essere sostenuto da una motivazione profonda pena il ritorno alle precedenti abitudini radicate dentro di noi. Richard Boyatzis definisce questo processo “apprendimento autodiretto” e lo descrive attraverso un modello elaborato nei molti anni dedicati allo studio della leadership e del suo sviluppo sia come consulente che come ricercatore accademico. L’apprendimento autodiretto avviene attraverso cinque scoperte ognuna delle quali è sostanzialmente un momento di crisi da trasformare in opportunità di cambiamento creando una discontinuità con il passato, ovviamente ogni fase richiede un investimento di tempo ed energie definendo un vero e proprio percorso che si delinea strada facendo attraverso la capitalizzazione delle esperienze e dei tentativi. La prima scoperta riguarda il sé ideale, quello che si desidera essere. Non è necessario che sia un evento traumatico a renderci evidente il nostro desiderio, può bastare anche un feedback ben costruito a rivelarci le nostre aspirazioni profonde. Quali sono i sogni nel cassetto? Questa domanda a volte è poco più di un gioco, ma è molto importante: chi vuoi essere tra cinque o dieci anni? Cosa vuoi ottenere? Normalmente la risposta non è facile, richiede parecchio lavoro su di sé, tuttavia può generare energia, entusiasmo, passione. Naturalmente i sogni e le aspirazioni mutano al procedere della carriera e analogamente il sé ideale si trasforma proponendo nuove sfide, non è raro il caso di leader che giunti alla mezza età abbandonano la carriera per dedicarsi a qualcosa di completamente diverso. La seconda scoperta riguarda il sé reale, quello che si è al momento presente, come si agisce e quali sono le convinzioni profonde. Non è un lavoro agevole perché è facile adeguarsi alla routine o a piccole consuetudini che generano la cosiddetta sindrome della rana bollita: se si immerge una rana in un recipiente di acqua bollente salterà immediatamente fuori, ma se l’acqua è fredda e la temperatura viene aumentata gradualmente la rana non se ne accorgerà e si ritroverà bollita. Chi si è e come si viene percepiti viene rivelato da feedback e per un leader qualche volta è difficile averne non inquinati da compiacenza, tuttavia sono assolutamente indispensabili perché consentono di definire punti i propri di forza e punti di debolezza. La terza scoperta è la definizione delle tappe del miglioramento, si tratta di un piano d’azione che indichi le novità da sperimentare basandosi sui propri punti di forza per perseguire il proprio ideale. Quante volte i buoni propositi di inizio anno sono venuti meno in pochi giorni? Il piano di apprendimento serve a definire concretamente cosa fare, deve essere creato in base alle predilezioni della persona e quindi generare entusiasmo ed aspettative positive basandosi non solo sulla vita professionale ma anche su quella privata La quarta scoperta consiste nella sperimentazione per cambiare. Modificare i propri atteggiamenti automatici che derivano da tutte le esperienze pregresse non è facile e richiede un tempo lungo, è necessario prima di tutto prendere coscienza delle abitudini che si desidera modificare, poi si devono adottare consapevolmente atteggiamenti migliori e ripeterli ogni volta che se ne presenti l’occasione finché non diventano automatici. Si pensi ad esempio ad un capo orientato al fare senza delega, dovrà esercitare su sé stesso un autocontrollo che gli consenta di lasciare libertà di azione ai propri collaboratori. All’inizio sarà difficile, richiederà pazienza e concentrazione poi con il tempo diventerà automatico e se ne scopriranno gli effetti positivi. La quinta scoperta non è necessariamente l’ultima in ordine di tempo perché è trasversale a tutto il processo, si tratta, infatti, di comprendere che abbiamo bisogno degli altri per realizzare tutte le nostre scoperte, perché la leadership e l’apprendimento adulto si sviluppano solo in un contesto di relazioni interpersonali. Se ci confiniamo in un’isola deserta non avremo feedback, non potremo verificare l’effetto dei nostri cambiamenti. Cambiare qualche volta è vitale. Questa è la raccomandazione che i medici danno ai loro pazienti con insufficienza cardiaca, ma soltanto una persona su sette è in grado di fare i necessari cambiamenti di vita (dieta e movimento). Anche quando si tratta di vita o di morte la capacità di cambiare rimane una delle più grandi sfide per la maggior parte delle persone, per fortuna per un leader la scelta è meno drammatica, tuttavia richiede comunque un grande impegno e una grande motivazione. [email protected] settembre 2015 La Rivista - 19 Donne in carriera: Loriana Abbruzzetti Determinazione, Passione, Competenza e Semplicità di Ingeborg Wedel Prima di iniziare l’intervista con Loriana, desideriamo ricordare ai nostri lettori che il 2014 è stato certamente la peggiore stagione degli ultimi 10 anni per la raccolta delle olive e quindi per la produzione del nostro olio extravergine d’oliva: le cause sono state il clima impazzito e la presenza e la diffusione di un insetto, la cosiddetta “mosca dell’olivo” la Bactrocera Olae che punge la bacca e vi deposita il suo uovo. Successivamente diventa larva e si nutre della stessa oliva. Quando la larva abbandona il frutto, lascia nell’oliva un foro dove prolificano le muffe che la distruggono. L’Italia – ad esclusione della Sardegna e del Piemonte – è stata tutta colpita da questo flagello che ha visto il crollo della produzio- 20 - La Rivista settembre 2015 ne. Le Marche, tra le altre, hanno subito un danno notevolissimo e per questa ragione abbiamo scelto la nostra donna in carriera nella suddetta Regione, dove combatte la sua battaglia per ottenere il massimo ! Si tratta di Loriana Abbruzzetti, nata a Fermo il 18 Aprile 1965, sposata con l’Ing. Fabio Fioravanti e madre di due splendide ragazze : Luisa, 20 anni, studentessa universitaria di storia dell’arte e Sofia, 23 anni, studentessa di ingegneria. Il frantoio e l’azienda agricola si trovano a Monterubbiano (FM) e appartengono alla famiglia dagli inizi del 900. Fondatore il nonno Silvestro. Ma ora lasciamo la parola a Loriana che ci illustra nei dettagli la sua attività di manager a tutti gli effetti. “Oltre 25 anni fa io e mio fratello Silvio iniziamo ad occuparci dell’azienda agricola e del frantoio perché i nostri genitori avevano deciso di sospendere l’attività per motivi di età. Da quell’anno abbiamo frequentato vari corsi di aggiornamento, incontri organizzati dalle associazioni di categoria e di riferimento nel settore agricolo, iniziato cioè un percorso di formazione per migliorare le nostre conoscenze. Ad oggi, dopo tutti questi anni, la nostra realtà è diventata di riferimento nel territorio per operatori del settore e clienti. Il nostro frantoio è uno dei più apprezzati e attivi. Importanti riconoscimenti ci sono stati arrivati da giornalisti e operatori sia nazionali sia internazionali. La passione per questo lavoro ed il fatto di avere avuto l’occasione di conoscere tante persone e colleghi di varie regioni d’Italia mi ha spinto a costituire insieme ad altre 8 donne un’associazione delle donne dell’olio PANDOLEA che oggi conta oltre 50 associate in molte regioni olivicole italiane. L’associazione si occupa di diffondere la cultura dell’olio extravergine di oliva e si rivolger prevalentemente ai giovani e studenti delle scuole di ogni ordine e grado. Ad oggi abbiamo attivato collaborazioni con associazioni nazionali di categoria (UNAPROL), ministeri (MIPAAF e MIUR), enti di settore, organismi di controllo (FORESTALE, NAS, NAC, ICQRF, ecc….), e ottenuto il patrocinio per tutte le nostre iniziative di PADIGLIONE ITALIA – EXPO 2015, e coinvolto a titolo di volontariato nelle nostre attività circa 20.000 studenti”. E dopo l’introduzione ecco le risposte che Loriana Abbruzzetti ha dato alle nostre consuete domande. Quanto tempo le è servito per sentirsi apprezzata professionalmente? Quando ho iniziato il lavoro al frantoio avevo solo vent’anni ed ero una ragazza inesperta, ma svolgevo il mio lavoro con determinazione e soprattutto grandissima passione. Dopo il primo anno in cui ho dovuto farmi conoscere da migliaia di uomini adulti e che non mi conoscevano ho sempre svolto il mio lavoro in modo sereno e con grande complicità sia con il personale sia con la clientela. Quali sono le principali difficoltà che ha incontrato? Il mio mondo, quello agricolo, oggi è fatto prevalentemente di uomini, ma lo era in modo esclusivo in quel periodo. Gli uomini sono sempre prevenuti nei confronti delle donne soprattutto giovani, ma in genere sanno riconoscere e poi apprezzare le capacità e l’impegno. Per me non è stato difficile farmi rispettare anche quando sono stata molto dura con loro per problemi sul lavoro. Inoltre, con mio fratello ci siamo subito divisi i compiti ed ognuno aveva la piena responsabilità del proprio settore: io mi dovevo occupare dell’organizzazione del lavoro e del rapporto con i clienti, e lui della gestione degli impianti Quando è cessata la diffidenza nei suoi confronti, in quanto donna a capo di un’impresa? Quando questa dimostra di avere le capacità e la competenza di portare avanti il proprio lavoro. Se poi la donna lo fa in modo femminile, cioè con il sorriso e simpatia oltre che con fermezza allora si instaura un rapporto di fiducia e simpatia che dura e cresce negli anni. Ha incontrato particolari ostacoli dovuti alla sua condizione di donna? Non ho incontrato ostacoli particolari, perché l’azienda era di proprietà della mia famiglia. Ritengo che la mia fortuna sia stata quella di avere avuto dei genitori che avevano molta fiducia nelle mie capacità e in quelle di mio fratello, e quindi di averci lasciato grande libertà di azione e di decisione. Ognuno dei clienti o collaboratori aveva chiaro che da quel momento in poi io e mio fratello avevamo la piena gestione dell’azienda senza possibilità di scavalcarci. Ritiene di aver goduto di privilegi? Negli anni ritengo che, grazie alla mia competenza e al carattere molto aperto e disponibile, sono stata una imprenditrice privilegiata. Sono riuscita a costruire un rapporto di fiducia e simpatia con gli addetti ai lavori e con la maggior parte dei clienti (qualche migliaia) che mi ha portato ad essere una donna rispettata, ma soprattutto amata. Non è raro che i miei clienti si presentino con doni e regali, spesso ci tengono a farmi conoscere il resto della propria famiglia (mogli, figli, ecc…) e questo lo considero un onore Ritiene che l’intuito sia una dote prettamente femminile? Assolutamente sì. Una donna sa capire subito il carattere delle persone di cui è circondata e quindi agisce di conseguenza e ottiene il massimo. Quanto conta nella sua professione l’arte della seduzione? Una donna imprenditrice non deve sedurre ma conquistare la stima e fiducia dei clienti e personale con un carattere piacevole, ma soprattutto con la competenza Qual è la soddisfazione maggiore? Evitare che si verifichino differenze di genere nell’ambito lavorativo. Essere trattata allo stesso modo in cui vengono trattati gli uomini. Che atteggiamento assume nei confronti delle sue collaboratrici? Di grande solidarietà, cercando di capire e andare incontro alle loro esigenze familiari. Il nostro frantoio è noto come “il frantoio delle donne” sia perché la gestione è tipicamente femminile (oltre a me si è aggiunta mia cognata Maria Pia) sia perché preferiamo lavorare con donne che, se coinvolte e rispettate nel proprio ruolo, sanno lavorare con dedizione e massimo impegno. A cosa ha dovuto rinunciare per la professione? Il mio lavoro è stagionale, quindi due mesi all’anno (ottobre e novembre) sono completamente immersa nel lavoro sia di giorno che di notte. In questo periodo ogni aspetto della vita quotidiana ne risente, in particolare la famiglia. Nel resto dell’anno il lavoro procedere in modo più regolare quindi non ci sono difficoltà di rilievo. Non credo comunque che la donna debba per forza sfondare nel mondo maschile, semmai cercare sintonia, complicità, collaborazione. Se per sfondare si assumono comportamenti particolari e quindi non naturali il fatto di riuscirci non avrebbe valore. Riesce coltivare qualche hobby? Tutti gli hobby che pratico con passione, anche se con tempi limitati. settembre 2015 La Rivista - 21 Burocratiche di Manuela Cipollone Riforma della Pubblica Amministrazione Modifica del Codice antimafia Nuove giornate di riflessione Riforme importanti come quella della Pubblica Amministrazione o la modifica al Codice antimafia; la tabella del nuovo Consiglio generale degli Italiani all’Estero (CGIE) – che verrà eletto alla fine di questo mese – ma anche i voucher per l’internazionalizzazione, lo Statuto della nuova Agenzia per la Cooperazione e l’istituzione di due nuove “giornate” di riflessione: il Giorno del Dono – voluto dal Parlamento – e quello per la salute della donna – in memoria di Rita Levi Montalcini. Passano come sempre dalla Gazzetta ufficiale i provvedimenti, più o meno importanti, approvati negli ultimi mesi. È entrata in vigore il 28 agosto scorso la riforma della Pubblica Amministrazione voluta da Governo Renzi. Ottenuto il terzo via libera dal Senato il 4 agosto, la cosiddetta Riforma-Madia affida al Governo circa 14 deleghe da adottare entro 12 mesi. Retribuiti in base al merito Tante le novità. Si va dalla stretta sui dirigenti - retribuzioni valutate in base al merito, incarichi non più vita, ma al massimo per sei anni (4+2), licenziamento in caso di mancato obiettivo, incarico revocato in caso di condanna per corruzione – alle nuove regole per i concorsi – eliminato il voto minimo di laurea – passando per diversi provvedimenti come l’istituzione del numero unico d’emergenza 112 e la riduzione delle Camere di Commercio - che da 105 dovranno diventare 60. Tra le norme entrate subito in vigore – senza bisogno, cioè, di un decreto attuativo – le novità sul silenzio assenso: la nuova legge, infatti, prevede che nel caso di nulla osta, “concerti” o pareri tra amministrazioni pubbliche o partecipate, il “no” deve arrivare entro 30 giorni (90 in campo ambientale, sanitario o culturale) altrimenti si darà per scontato il via libera. Quanto all’autotutela amministrativa, cioè al potere che lo Stato ha di agire in propria difesa, la riforma stabilisce che se un’amministrazione ha preso una decisione, ad esempio autorizzando un cantiere, trascorsi diciotto mesi non può più tornare sui suoi passi, cambiando idea. Nuova composizione del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero La legge, inoltre, dispone la soppressione delle Autorità indipendenti se le loro funzioni si sovrappongono a quelle degli uffici ministeriali. In vigore dal 25 agosto anche la Modifica al codice delle leggi antimafia: si tratta della nuova stesura dell’articolo 85 che estende la platea dei soggetti sottoposti alla verifica antimafia soprattutto nelle società di capitali, prevedendo tra l’altro – al comma 2-ter – che “per le società costituite all’estero, prive di una sede secondaria con rappresentanza stabile nel territorio dello Stato, la documentazione antimafia deve riferirsi a coloro che esercitano poteri di amministrazione, di rappresentanza o di direzione dell’impresa”. Datato 23 giugno è stato pubblicato solo l’11 agosto il decreto firmato dal Ministro degli Esteri Genti- 22 - La Rivista settembre 2015 loni che disegna il nuovo Cgie. La “Tabella di ripartizione geografica dei membri del Consiglio generale degli italiani all’estero” è stata stilata in base al “numero di cittadini italiani residenti in ciascun Paese estero alla data del 31 dicembre 2014, accertato sulla base delle risultanze dell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero”. Nelle quattro ripartizioni verranno eletti tra il 26 e 27 settembre 43 consiglieri - 6 in Svizzera – cui si aggiungeranno quelli di nomina governativa. La nuova tabella si sostituisce, così, a quella annessa alla legge 368/1989. Voucher per l’internazionalizzazione Un altro decreto ministeriale, questa volta dello Sviluppo Economico, ha invece istituito i “Voucher per l’internazionalizzazione”, nati con l’obiettivo di sostenere le PMI e le reti di imprese nella loro strategia di internazionalizzazione. In pratica, si concedono voucher alle aziende per l’acquisizione di servizi per favorirne l’internazionalizzazione, attraverso l’inserimento in azienda di un “Temporary Export Manager”, cioè di un professionista a tempo che ha il compito di garantire supporto nelle attività di ingresso e crescita sui mercati internazionali. Due i bandi previsti dal decreto: il primo prevede la concessione di un voucher di 10 mila euro per l’inserimento in azienda di un temporary export manager per almeno sei mesi, a fronte di una quota di cofinanziamento da parte dell’impresa beneficiaria di almeno 3mila euro. Nel secondo bando, il valore del voucher rimarrà invariato per le imprese che presentano per la prima volta la domanda di partecipazione. Invece l’entità del finanziamento a fondo perduto varierà per le imprese ammesse al primo bando che intendono fare nuovamente ricorso all’agevolazione, prevedendo un voucher di Euro 8.000 e una quota di cofinanziamento da parte dell’impresa beneficiaria di almeno Euro 5.000. Il Giorno del dono E se la Camera dei deputati ha deciso di avviare una Commissione di inchiesta “sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato in missioni militari all’estero” per contatto con l’uranio impoverito, i due rami del Parlamento hanno già approvato l’Istituzione del “Giorno del dono” - che il 4 ottobre di ogni anno offrirà ai cittadini “l’opportunità di acquisire una maggiore consapevolezza del contributo che le scelte e le attività donative possono recare alla crescita della società italiana, ravvisando in esse una forma di impegno e di partecipazione nella quale i valori primari della libertà e della solidarietà affermati dalla Costituzione trovano un’espressione altamente degna di essere riconosciuta e promossa” – mentre è bastata una direttiva del Premier, Matteo Renzi, per istituire la “Giornata nazionale dedicata alla salute della donna”. Giornata nazionale dedicata alla salute della donna Quest’ultima cadrà il 22 aprile, data di nascita del premio Nobel Rita Levi Montalcini. In occasione di tale giornata, “le amministrazioni pubbliche, anche in coordinamento con le associazioni di volontariato, promuovono, nell’ambito delle rispettive competenze e attraverso idonee iniziative di comunicazione e sensibilizzazione, l’attenzione e l’informazione sul tema del benessere della donna”. In vigore dl 31 luglio lo Statuto dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo: in 27 articoli si spiegano le finalità della nuova Agenzia – “rafforzare l’efficacia, l’economicità, l’unitarietà e la trasparenza della politica di cooperazione allo sviluppo dell’Italia, mirata alla promozione della pace, della giustizia attraverso uno sviluppo solidale e sostenibile dei popoli e delle persone” – che praticamente è chiamata a svolgere le funzioni e a realizzare gli interventi in precedenza gestiti dalla Direzione Generale per la Cooperazione del Ministero degli Esteri. Nello statuto anche le norme sull’organizzazione dell’Agenzia, il suo personale e il codice di comportamento a cui questo dovrà attenersi. In Gazzetta anche il decreto che conferisce, ogni anno, la decorazione della “Stella al merito del lavoro”. Come noto si tratta di una onorificenza conferita, tra gli altri, anche a lavoratori italiani all’estero, senza l’osservanza dei predetti limiti di anzianità. Tra gli 11 connazionali segnalati quest’anno anche uno residente in Svizzera: si tratta di Ermanno Schena, manager di Alitalia a Ginevra. settembre 2015 La Rivista - 23 Normative allo specchio di Carlotta D’Ambrosio con la collaborazione di Paola Fuso La vendita internazionale di merci: la legge applicabile e l’esecutività delle decisioni relative al contratto tra la Svizzera e l’Italia. La Convenzione delle Nazioni Unite dell’11.4.1980 sui contratti di compravendita internazionale di merci (Convenzione di Vienna), applicabile a tutti i contratti conclusi tra commercianti con sede in Stati differenti, è entrata in vigore per l’Italia l’1.1.1988 e per la Svizzera l’1.3.1991. Detta Convenzione costituisce la legge applicata alla vendita internazionale di beni mobili per gli Stati che vi hanno aderito. I tribunali nazionali degli Stati firmatari sono dunque tenuti ad applicarla quando sorge una controversia tra una parte con sede nello Stato giudicante e una parte con sede all’estero. La Convenzione disciplina esclusivamente i criteri per la stipulazione dei contratti di compravendita, oltre ai diritti e agli obblighi per venditore e acquirente da essi risultanti. Essa definisce i concetti di offerta, accettazione, fornitura e fornitura ritardata, garanzia e risarcimento in caso di violazione del contratto. Al contrario, la validità del contratto in esame nonché i suoi effetti sulla proprietà della merce venduta rimangono di competenza del diritto nazionale concordato o da applicare. La Convenzione si applica alle vendite internazionali, quando cioè le due parti contraenti (non consumatrici) in una compravendita di beni mobili risiedono in paesi diversi. La Convenzione trova applicazione anche nel caso in cui ciò non venga esplicitamente stipulato contrattualmente. Ciò significa che se l’esportatore svizzero conclude un contratto con un acquirente estero residente in un paese che ha aderito alla Convenzione di Vienna (come l’Italia), non è necessario che nel contratto di compravendita le parti stabiliscano l’applicazione della Convenzione di Vienna. Le parti possono, tuttavia, stabilire di escluderne l’applicazione oppure di derogare a una qualsiasi delle sue disposizioni, ma ciò deve avvenire in modo chiaro ed esplicito. Gli istituti non disciplinati dalla Convenzione e che rimangono perciò regolati dalle norme nazionali dei singoli Stati sono i seguenti: la vendita per uso personale, familiare e domestico; la vendita di beni all’asta, di valori mobiliari, di titoli di credito e di denaro; la vendita di navi, imbarcazioni, veicoli a cuscino d’aria e aeromobili; la validità del contratto e delle singole clausole; gli effetti prodotti dal contratto sul trasferimento della proprietà delle merci; la responsabilità del venditore per morte o lesioni corporali causate dalla merce a una persona; le garanzie in caso di mancato pagamento. La Convenzione di Vienna non si applica alle prestazioni di servizi ed agli appalti. Per cercare di comprenderne l’applicazione tra la Svizzera e l’Italia, possiamo immaginare che un’impresa svizzera produttrice di scaldabagni vende in Italia la propria merce. Accade che alcune bombole si dimostrino difettose ed esplodono, provocando danni a persone. Il contratto di compravendita non prevede l’applicazione di alcun diritto in particolare e il caso concerne la responsabilità per danni alle persone. Entrambi gli Stati hanno ratificato la Convenzione di Vienna, per cui essa troverebbe di principio applicazione. Tuttavia, i danni alle persone non rientrano nell’ambito d’applicazione della stessa. Partendo dal presupposto che un giudice italiano sia competente, esso dovrebbe specificare il diritto applicabile sulla base delle norme di collisione italiane, evitando (si tratta di due diversi Paesi) di dare per scontata l’applicazione di principi generalmente accettati nelle vendite tra operatori interni. È inoltre necessario tener ben presente che la Convenzione non disciplina tutti i problemi che possono sorgere nell’ambito di un accordo commerciale. Al contrario, essa lascia esplicitamente alcune materie alla disciplina delle rispettive leggi nazionali. Di conseguenza, occorre sottolineare che la Convenzione di Vienna non può essere considerata un testo normativo autosufficiente in grado di disciplinare tutti gli aspetti di un contratto di vendita. Non disciplinando la Convenzione di Vienna tutti i problemi che possono presentarsi in una compravendita internazionale (salvo quelli relativi alla formazione del contratto e agli obblighi delle parti in causa) è opportuno quindi, anche nei casi di contratti tra contraenti di Stati aderenti alla Convenzione, provvedere sempre alla scelta della legge applicabile al contratto di vendita, al fine di concordare la normativa di riferimento per le materie non coperte dalla Convenzione. Il richiamo alla Convenzione, concluso il contratto, sorge nel momento patologico, cioè quando abbiamo un inadempimento o una cattiva esecuzione del contratto. A quel punto, stante il fatto che il giudice competente si pronunci, un ulteriore problema attiene all’esecutività della sentenza in uno dei Paesi coinvolti. Dunque, un creditore in possesso di un titolo esecutivo conseguito in Italia o in Svizzera, come può portarlo in esecuzione rispettivamente in Svizzera o in Italia? La questione è regolata dalla Convenzione di Lugano del 30.10.2007. Detta Convenzione si applica alle materie civili e commerciali, e riguarda le decisioni assunte dagli organi giurisdizionali. Il creditore in possesso di una decisione giudiziaria esecutiva deve prima ottenere una dichiarazione di esecutività del provvedimento da parte dell’Organo giurisdizionale che lo ha emesso. Una volta in possesso di tale dichiarazione, il creditore deve ottenere la dichiarazione di esecutività della decisione da parte dello Stato estero nel proprio territorio. La decisione estera viene riconosciuta esecutiva dal Giudice a ciò delegato (in Svizzera la Pretura distrettuale, in Italia la Corte di Appello). Una volta dichiarato l’exequatur, la decisione estera viene parificata a tutti gli effetti ad una decisione giudiziaria interna dello Stato ospitante e, quindi, soggetta alla normativa di quest’ultimo in materia di esecuzione di un titolo esecutivo: in Italia il codice di procedura civile (CPC), in Svizzera la legge federale sull’esecuzione e sul fallimento (LEF). c.dambrosio@becchioandpartner p.fuso@becchioandpartner 24 - La Rivista settembre 2015 Angolo Fiscale di Tiziana Marenco Fiscalità, riciclaggio e mercati finanziari: Imminente l’entrata in vigore della nuova normativa (solo agli avvocati in futuro il privilegio di tacere) Poiché il Tribunale Federale non ha ancora congedato la motivazione delle sentenze sul beneficiario economico in transazioni SWAP del 5 maggio u.s. (v. nostro ultimo Angolo Fiscale) e ci costringe quindi a rimandarne la rilettura critica, vogliamo dedicare questo Angolo ai punti cardinali della riforma della legislazione svizzera in materia di fiscalità e riciclaggio che entrerà in vigore il 1° gennaio 2016 e le cui basi legali sono state completate e pubblicate nelle ultime settimane. Introduzione Dopo qualche manovra più che altro di distrazione, ma in sostanza senza sorprese, il Parlamento svizzero ha adottato le modifiche di legge che avevamo preannunciato nel marzo 2012 a seguito delle nuove Raccomandazioni del GAFI. Il 1° gennaio 2016 entrano così in vigore la seconda parte delle Legge federale sull’attuazione delle Raccomandazioni del GAFI rivedute nel 2012 e le modifiche del Codice Penale Svizzero concernenti i delitti fiscali gravi che costituiscono reato antecedente ai sensi della legislazione anti-riciclaggio, quelle della Legge sul riciclaggio con le sue ordinanze di applicazione, la nuova Convenzione relativa all’obbligo di diligenza delle banche (CDB 16) e il Regolamento analogo dell’Associazione delle compagnie di assicurazione. Queste due ultime opere di “soft law” costituiscono un pilastro importante della riforma: In particolare la CDB 16 prevede una modulistica che, se completata in modo falso, costituisce un falso in documenti ai sensi della legislazione penale e quindi l’elemento indispensabile del nuovo grave delitto fiscale ai sensi della normativa anti-riciclaggio. Queste modifiche entrano in vigore immediatamente prima dell’introduzione dello scambio automatico di informazioni. A causa del nuovo nesso che viene a crearsi tra elemento fiscale e riciclaggio, gli intermediari finanziari (banche, gestori, fondi, fiduciari ecc.) sono costretti a raccogliere nuove informazioni riguardanti clienti e transazioni, a razionalizzare i processi di documentazione e a catalogare i singoli rapporti anche dal punto di vista fiscale. Questi gli aspetti cardine in pratica, sui quali desideriamo soffermarci: • Elementi del nuovo reato fiscale grave che costituisce reato antecedente ai sensi del riciclaggio • La notifica alle autorità anti-riciclaggio • Il concetto di beneficiario economico per complessi patrimoniali di carattere passivo e il detentore del controllo di società operative non quotate in borsa • La società di sede • Nuovo significato del privilegio del segreto professionale dell’avvocato in un mondo ormai senza più segreti Il nuovo reato fiscale grave che costituisce reato antecedente ai sensi della normativa anti riciclaggio Secondo il nuovo art. 305bis cpv. 1 e 1bis del Codice Penale Svizzero costituisce reato fiscale qualificato e reato antecedente ai sensi della legislazione sul riciclaggio una truffa fiscale ai sensi dell’art. 186 della Legge sull’Imposta Federale Diretta (LIFD) e/o dell’art. 59 cpv. 1 della Legge sull’armonizzazione delle imposte dirette (redditi/utili e sostanza/capitale) di cantoni e comuni (LAID) se la somma delle imposte evase in un periodo fiscale supera 300’000 franchi svizzeri. Elemento indispensabile della truffa è costituito dal falso in documenti (documento falso o contraffatto, comunque di contenuto non vero, come per esempio bilanci, certificati di salario o, appunto, il Modulo bancario A del beneficiario economico). A causa del principio costituzionale della non-retroattività, la legge prevede che solo un’evasione fiscale compiuta dopo l’entrata in vigore della nuova normativa può ricadere nel campo d’applicazione della nuova norma anti-riciclaggio. La notifica alle autorità anti-riciclaggio e il blocco dei fondi Secondo l’art. 305ter cpv. 2 del Codice Penale in caso di sospetto di riciclaggio gli intermediari finanziari possono far notifica alle autorità. Secondo l’art. 9 della Legge sul riciclaggio, in caso di sospetto fondato il dritto alla notifica si trasforma in obbligo. Oltre alla notifica, secondo l’art. 10 della stessa legge va effettuato anche immediatamente il blocco dei fondi. (continua) [email protected] settembre 2015 La Rivista - 25 Passo dopo passo, guardando al futuro. Siamo una Banca Universale da 20 anni in Svizzera, che vi affianca nel trovare la soluzione migliore per le vostre esigenze di oggi e di domani. BPS (SUISSE) per scelte efficaci nel tempo. Banca Popolare di Sondrio (SUISSE) La Banca che parla con te. 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La Svizzera, membro del GAFI, in seguito ha approvato le 40 raccomandazioni riviste e modificate del GAFI e le ha man mano messe in atto modificando il diritto svizzero. Seguendo sempre le raccomandazioni riviste e modificate del GAFI, il Parlamento svizzero il 12 dicembre 2014 ha adottato importanti nuove norme, che sono entrate in vigore il 1° luglio 2015. Tra queste norme vi sono alcune di diritto societario. Le modifiche principali del diritto societario svizzero entrate in vigore il 1° luglio 2015 sono le seguenti: • gli acquirenti di azioni al portatore devono informare la società anonima (SA) dell’acquisto e devono svelare la loro identità; • sia gli acquirenti di azioni al portatore sia gli acquirenti di azioni nominative devono svelare alla SA l’identità dell’avente economicamente diritto alle azioni; • la SA, ovvero il suo Consiglio di amministrazione (CdA), deve allestire un libro/registro soci anche in caso di azioni al portatore (finora tale obbligo sussisteva solo per le azioni nominative, mentre il detentore di azioni al portatore rimaneva anonimo); • nel libro/registro soci della SA devono essere iscritti anche gli aventi economicamente diritto alle azioni, sia in caso di azioni al portatore, sia in caso di azioni nominative; • devono essere notificati alla società a garanzia limitata (SAGL, società di tipo analogo alla SARL italiana) gli aventi economicamente diritto alle quote del capitale sociale e la SAGL deve registrarli nel libro/registro soci; • la cooperativa ha il dovere di tenere un libro/registro soci; • l’accesso al libro/registro soci della società o cooperativa deve essere assicurato, in ogni momento, tramite un membro dell’organo di gestione (CdA, management ecc.) residente in Svizzera; • l’organo di gestione della società o cooperativa (CdA, management ecc.) deve assicurare l’osservanza delle nuove norme; • dove necessario, lo statuto della società o cooperativa è da modificare. Gli attuali detentori di azioni al portatore devono notificare alla SA la loro identità e quella dell’avente economicamente diritto alle azioni, con la relativa documentazione, entro sei mesi dall’entrata in vigore delle nuove norme, ovvero entro il 31 dicembre 2015. Forse le nuove norme, atte a fare trasparenza, per cui d’ora in poi sia i detentori delle azioni al portatore sia gli aventi economicamente diritto a tali azioni saranno conosciuti alla SA e a chi avrà accesso ai documenti della SA (come lo erano, fino al 30 giugno 2015, soltanto i detentori delle azioni nominative), avranno come conseguenza l’abolizione delle azioni al portatore. Per contro, i detentori delle azioni nominative devono rispettare le nuove norme soltanto a partire dal 1° luglio 2015. Quindi, essi non devono e non dovranno attivarsi, salvo che l’avente economicamente diritto alle azioni cambi dopo tale data. Dove necessario, lo statuto delle società o cooperative deve essere modificato nel giro di due anni dall’entrata in vigore delle nuove norme, ovvero entro il 30 giugno 2017. Già da subito, ossia dal 1° luglio 2015 le società e cooperative devono allestire i nuovi libri/registri soci, con tutte le informazioni di cui sopra. L’organo di gestione (CdA, management ecc.) è responsabile dell’immediata attuazione di tale obbligo e deve accertarsi che le azioni per le quali i detentori non hanno adempiuto ai loro obblighi, siano escluse dall’esercizio del diritto di voto durante le assemblee generali degli azionisti e da ogni altro diritto inerente alle azioni. Sono esenti dagli obblighi summenzionati le azioni quotate in borsa e le azioni emesse quali titoli contabili ai sensi della legge del 3 ottobre 2008 sui titoli contabili, per le quali vigono già regole ben definite. [email protected] settembre 2015 La Rivista - 27 Convenzioni Internazionali di Paolo Comuzzi Commissione Tributaria Regionale Piemonte Sentenza 5 giugno 2015 n.589 La vicenda che viene trattata in questa sentenza nasce da un ricorso predisposto dall’Agenzia delle Entrate che si è trovata a configgere con una presa di posizione della CTP di Asti in merito alla posizione di una persona fisica (un imprenditore) che riceveva delle Commissioni da una società residente fiscale in Italia (fee di Agenzia) per lavoro svolto in Russia. In buona sostanza siamo in presenza di una persona che esercita all’estero la sua attività e proprio di questo (essere all’estero) si discute nella sentenza che in questa sede si commenta. Ci troviamo ancora di fronte ad un problema essenziale nel momento della “imposizione internazionale” ovvero il tema della residenza fiscale in questo caso contestata ad un cittadino italiano che vive (e dai documenti opera) in Russia come agente di una società italiana che procede a pagare le somme dovute sugli affari conclusi. Considerazioni Sul piano delle considerazioni generali non vi sono molte cose da dire se non che i principi giuridici sono molto chiari: 1) l’imprenditore residente nel territorio dello Stato (in Italia) deve pagare le imposte sul reddito ovunque prodotto (solo con il decreto internazionalizzazione questo principio potrebbe interrompersi1); 2) l’imprenditore non residente deve pagare le imposte sul reddito che produce in Italia (e quando si parla di reddito di impresa sussiste il tema della Stabile organizzazione). Di tutta evidenza che il soggetto non residente (anche se cittadino Italiano) e senza stabile organizzazione in Italia nulla deve pagare come imposte in quanto manca qualsiasi suo collegamento con il territorio dello Stato2. Stabiliti questi semplici aspetti di carattere generale possiamo vedere i passaggi delle sentenze (la prima della CTP di Asti impugnata e quindi la sentenza di Appello che in sostanza la conferma con argomentazioni forse più dettagliate e di maggiore contenuto scientifico). Nella prima sentenza la Commissione Tributaria Provinciale di Asti accolse i ricorsi, con la seguente motivazione: “Il (...) risulta residente in Russia sin dal 1998 e dal 2001 ha sempre convissuto con la di lui moglie, mentre nell’anno 2003 è andato a convivere nel nucleo familiare anche il figlio (...). Il ricorrente, la moglie ed il figlio risultano iscritti all’AIRE presso l’anagrafe del Comune di Asti, di Venezia e di Torino. Essendo il ricorrente residente in Russia e svolgendo la sua attività in detta nazione, ai sensi della convenzione Italo Russa ... non doveva presentare alcuna denuncia dei redditi in Italia”. In buona sostanza: questo signore non ha collegamento con lo Stato Italiano in quanto lui e le persone a lui più vicine vivono all’estero sul piano sostanziale e hanno rispettato anche quanto è richiesto sul piano formale. Il principio affermato, nella sua semplicità, è sostanzialmente corretto in quanto la persona fisica è stata determinata essere non residente alla luce delle norme convenzionali in vigore (e che prevalgono sulle norme interne in materia) e quindi, assente in Italia una qualsiasi stabile organizzazione (o una base fissa), appare del tutto evidente che non sussistevano le condizioni per chiedere un assolvimento delle imposte. In buona sostanza la CTP non prende in considerazione elementi come sono il contratto che lega questa persona fisica (di nazionalità italiana) ad una società italiana anche se su questo elemento l’Agenzia aveva fornito delle considerazioni dicendo che “ … Il sig. (...) ha stipulato un contratto di agenzia senza rappresentanza, per la zona della Russia e le provvigioni corrisposte dalla società italiana se il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi, dalla esistenza del contratto di agenzia si evince che la sede principale degli affari e degli interessi resta in Italia, perché 28 - La Rivista settembre 2015 l’obbligazione principale del contratto di agenzia è quella che nasce tra l’agenzia preponente e l’agente. Gli “affari” non possono essere individuati in quelli conclusi in Russia, perché loro componente esecutiva è la convenzione contrattuale …”. In buona sostanza l’Agenzia non parrebbe lanciarsi in contestazione circa la residenza della persona ma sostiene che il suo domicilio resta in Italia in quanto sussiste questo importante collegamento di carattere economico ma su questo punto specifico la Commissione appare molto chiara. La CTR parte affermando che la prima cosa da verificare è la residenza della persona e quindi di questo elemento si giudica tenendo conto della convenzione in essere che afferma “ … la Convenzione definisce all’Art. 4 residenti ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è ivi assoggettata ad imposta, a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione, luogo di costituzione o di ogni altro criterio di natura analoga …”. Sempre la CTR aggiunge che quando “ … una persona fisica è considerata residente di entrambi gli Stati Contraenti, è considerata residente dello Stato Contraente nel quale ha un’abitazione permanente. Quando essa dispone di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati Contraenti, è considerata residente dello Stato Contraente nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (centro degli interessi vitali) …” e se non si può determinare lo Stato Contraente nel quale detta persona ha il centro degli interessi vitali, o se la medesima non ha un’abitazione permanente in alcuno degli Stati Contraenti, essa è considerata residente dello Stato Contraente in cui soggiorna abitualmente. In buona sostanza abbiamo una persona (fisica) che viene determinata essere residente fiscale in Russia e che non ha alcuna stabile organizzazione (o base fissa) in Italia. Stabilito questo punto (residenza) vediamo lo Stato in cui devono essere soggetti a imposta i redditi che questa persona viene a percepire e qui, dice la CTR ci soccorre l’articolo 14 della convenzione contro le doppie imposizioni che viene ad affermare quanto segue ovvero che “ … i redditi che un residente di uno Stato Contraente ritrae dall’esercizio di una libera professione o da altre attività di carattere indipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale residente non disponga abitualmente nell’altro Stato Contraente di una base fissa per l’esercizio delle sue attività. Se egli dispone di tale base fissa, i redditi sono imponibili nell’altro Stato ma unicamente nella misura in cui sono imputabili a detta base fissa …”. Andando alla sostanza delle cose diciamo che viene confermato quanto segue: 1) il soggetto persona fisica non è residente fiscale in Italia; 2) il soggetto persona fisica non ha in Italia alcuna base fissa alla quale connettere il reddito che la stessa produce in ragione del contratto che la lega alla società italiana (e più in generale non ha in Italia alcuna stabile organizzazione al quale il reddito debba essere imputato). Infine una considerazione probatoria molto interessante della stessa CTR toglie dal tavolo anche il problema della dimostrazione circa il pagamento di imposte in Russia. La CTR afferma che “ … nel caso in esame non si tratta né di redditi prodotti in Russia da residente in Italia, perché il Sig. (...) è residente in Russia, né di redditi imponibili in Italia ritratti da un residente in Russia, perché i redditi sono prodotti in Russia, non sono state richieste deduzioni o crediti di imposta per imposte già pagate, per eliminare le doppie imposizioni in base alle prescrizioni dell’art. 24 della Convenzione, e quindi non si ravvisa alcun obbligo di dimostrare il pagamento di imposte in Russia …”. In buona sostanza questa dimostrazione non serve nel caso di specie e non presenta alcun carattere di legittimità una richiesta in questo senso e anche questa affermazione appare tecnicamente corretta. Conclusioni In buona sostanza la discussione della CTR Piemonte è sulla residenza fiscale. Se si giunge a determinare che questa esiste allora non vi sono ragioni per non chiedere il pagamento delle imposte dovute mentre nel caso il risultato sia diverso (soggetto non residente) appare di tutta evidenza che in assenza di una base fissa (o di una stabile organizzazione) non è lecito chiedere l’assolvimento di imposte. Questa la posizione che assume la CTR e che in buona sostanza possiamo ritenere corretta sul piano tecnico. 1 2 IN QUESTO DECRETO FORSE VIENE A FRANTUMARSI IL PRINCIPIO DELLA CD WORLD – WIDE TAXATION. QUESTO SOGGETTO, ANCHE SE CITTADINO ITALIANO, RESTA ESTRANEO AL MONDO FISCALE E NESSUNO CHIEDE ALLO STESSO ALCUNA NOTIZIA. settembre 2015 La Rivista - 29 L’elefante Invisibile1 di Vittoria Cesari Lusso Dignità? Durante il torrido inizio estate 2015 il termine “dignità” è stato tra quelli più gettonati. È stato sventolato da governanti, politici, giornalisti, comuni cittadini, gente di spettacolo, e da innumerevoli altri individui delle più svariate categorie sociali. È stato condito in tutte le salse. In riferimento alla crisi ellenica ha permesso di dire tutto e il contrario di tutto. È servito da bandiera per la sinistra, l’ultra-sinistra, il centro, la destra liberale, la destra nazionalista, ecc. A un certo punto mi è sorto un dubbio: forse ho scordato il suo significato! Come è possibile che ci siano così tante “narrazioni” (come è di moda dire oggi) a proposito di un solo concetto? Non resta altro che consultare il dizionario. Sfoglio (si fa per dire) il Treccani digitale. Alla voce dignità si legge: nobiltà morale dell’uomo, decoro, distinzione, elevatezza, onore, reputazione, rispettabilità. C’è qualcosa che non mi quadra. Visto che il fulcro dell’attuale “tragedia-greca” è una questione di debiti da rimborsare e di ulteriori crediti da ottenere, come è possibile che il termine dignità venga sbandierato sia da coloro che ritengono dignitoso perseguire un equilibrio tra entrate e uscite e onorare i debiti, sia da quelli che invece non badano a spese e ritengono che i creditori siano per definizione figure brutte e cattive. Tornano alla mente vecchi adagi, come: “debitore beneficiato, nemico dichiarato”; oppure: “la memoria del debitore è sempre più corta di quella del creditore”. Il dizionario Treccani aggiunge, ancora, altre sfumature alla definizione di dignità, quali amor proprio e orgoglio. Forse sta qui la chiave interpretativa dell’atteggiamento di quei debitori che si sentono offesi e oltraggiati se viene loro richiesto il pagamento del dovuto: si sentono feriti nell’orgoglio e umiliati. E la storia ci ricorda che è pericoloso creare folle di umiliati. In effetti, prima o poi, nelle democrazie spuntano leader istrionici che seducono coloro che si sentono umiliati stuzzicando il loro orgoglio rivendicativo, mostrando di condividerne i malumori e sommergendoli di allettanti promesse. Poco importa poi se le promesse si riveleranno catastrofiche nel medio e lungo termine. Nei periodi di crisi i campioni nell’arte della demagogia diventano popolari come le rockstar. Vendono illusioni, sogni di rivincita e inventano slogan a effetto che li rendono imbattibili sul piano elettorale. Ma come dice Maurizio Crozza: “mai fidarsi troppo del giudizio del popolo. Basti pensare che nel referendum più famoso della storia questo ha liberato Barabba.” Un altro adagio ci ricorda che “ogni promessa è debito”. Quando prevale la demagogia, i popoli rischiano la catastrofe non solo per ragioni economico-finanziare, ma anche per i colossali “debiti morali” contratti dai demagoghi con i propri elettori sotto forma di promesse fatalmente irrealizzabili (elefante invisibile agli occhi di molti). Le contrapposizioni alle quali si assiste in questi ultimi mesi non sono una novità. Il dibattito tra chi sperpera e chi no ha radici lontane. Un’amica scrittrice, Fiorella Montefiori, mi ricordava recentemente che perfino il vecchio Esopo (che più greco non si può) parlava già ai suoi tempi (5 secoli avanti Cristo) di cicale e di formiche. E la formichina greca di esopiana memoria era ben più spietata di Frau Merkel. “Pussa via cicala! Resta fuori a morire di fame e di freddo! Così impari!” E quante gliene disse prima di allungarle una briciola di pane, quasi in punto di morte! Molti secoli dopo anche Benjamin Franklin ricordava che “chi si indebita rinuncia alla sua libertà e si prepara a mille mortificazioni”. Oggi venticinque secoli dopo Esopo, non possiamo che sperare che un vento di saggezza permetta di stemperare tra loro gli incendi populisti e le gelate rigoriste. Una vecchia leggenda indiana narra di un elefante che pur muovendosi tra la folla con al sua imponente mole passava comunque inosservato. Come se fosse invisibile… 1 Al di là di tutto ciò, vi è comunque una categoria di persone che suscita la mia curiosità intellettuale. Come definire tali soggetti? Parafrasando una nota espressione si potrebbe dire che essi “razzolano bene e predicano male”. Cosa intendo? Si tratta di persone del tutto scrupolose in casa propria. In privato sono molto lige al dovere di onorare i debiti. Mai lascerebbero impagata una bolletta! La puntualità e il rigore nel rispetto degli impegni fanno parte del loro corredo di valori e regole praticate al quotidiano. Cambiano l’automobile o vanno in vacanza solo se possono permetterselo. Se poi abitano in un condominio, si arrabbiano se qualcuno non paga il dovuto per la “casa comune”. Se capita loro di prestare soldi a parenti o amici, ci tengono che vengano restituiti a tempo debito. Insomma, nel privato dignità significa per loro onorare gli impegni assunti. Queste stesse persone, per contro, quando esprimono idee politiche fanno un tifo da stadio per i debitori insolventi, criticano gli Stati che praticano politiche di bilancio oculate, inveiscono contro i governanti rigorosi. Insomma, in campo politico per loro dignità significa libertà di non rimborsare i debiti e non di rispettare le regole di buona diligenza. Perché mai? A prima vista, non me lo spiego! [email protected] settembre 2015 La Rivista - 31 Per chi suona il campanello di Mirko Formenti Roba da matti: parte prima C’è una chiesa, a Gerusalemme, una tra le molte, che forse non noterete: è compressa e nascosta tra gli intricati viottoli della città vecchia, ha una facciata tutt’altro che monumentale, a malapena memorabile, e in sostanza, diciamocelo, cade a pezzi: è la Basilica del Santo Sepolcro, ed è l’edificio cristiano più sacro del mondo. Certo, il fatto che sia stata distrutta, ricostruita, ampliata, ridistrutta e ricostruita svariate volte di certo non le risparmia qualche rughetta, segno di un’esistenza tormentata, ma il vero problema risiede nella litigiosità degli ordini che la custodiscono. Già, perché ogni minimo intervento di restauro rappresenta una gabola diplomatica mica da ridere, e più di una volta la necessità di sostituire un qualche chiodino ha condotto ad interminabili litigi tra francescani, armeni, copti, ortodossi, e chi più ne ha più ne metta…pensate che, in bella vista, proprio sopra l’entrata principale, si può ammirare una piccola scaletta di legno appoggiata ad un cornicione. Se tale pregiatissimo esemplare di umile falegnameria è però immobile al suo posto da più di centocinquant’anni (tanto da venir definita “la scala inamovibile”) non è certo per questioni sacrali o religiose – tutt’altro! – la spiegazione è molto più semplice: nel 1854 i dominatori ottomani, stanchi dei continui battibecchi tra i vari “cugini” cristiani per la custodia della basilica, decisero di intervenire per mettere ordine e stabilirono così uno “status quo” che perdura tutt’oggi, e che regola l’utilizzo della basilica, riconoscendone la custodia a ortodossi (in prevalenza), cattolici, armeni, copti e siriaci: in sostanza, si stabilì che nessuno avrebbe toccato niente, e che tutto sarebbe rimasto così com’è nei secoli dei secoli – e, sì, un qualche imbianchino d’epoca ha dimenticato la sua scaletta sul cornicione, ma, proprio in rispetto dello status quo, nessuno ha più osato rimuovere la scala. Roba da matti. Il fatto è: di chi sarebbe la responsabilità di rimuoverla? E giù a discutere… Pensate che il governo israeliano, nel 2004, conscio dello stato allarmante della basilica, si è offerto di finanziare delle opere di restauro, a patto che le varie confraternite accettassero di fare pace carote patate: ma naturalmente i Nostri non si sono rassegnati, e hanno mandato tutto in fumo. Il sangue meno buono è quello che scorre tra copti ed etiopi, che hanno continuato attraverso i secoli a punzecchiarsi con dei tiri più o meno birboni: tutto iniziò, così si racconta, con la cacciata degli etiopi dalla basilica; questi, poi, non volendo abbandonare il luogo sacro, decisero di stabilirsi sul tetto di una delle cappelle sotterranee (quindi, per così dire, è un tetto, ma è a pian terreno), costruendo delle piccole celle monastiche ed un santuario (e, sì, vivono ancora lì, nelle loro celle sul tetto… roba da matti). Peccato che tale santuario venga rivendicato anche dai copti (?!), e da qui la serie di birichinate di cui sopra: per citarne alcune recenti, nel 1970, durante la Pasqua, mentre tutti gli altri erano impegnati nella preghiera, quei furboni degli etiopi hanno pensato bene di cambiare tutti i lucchetti delle porte che conducono al tetto, quindi al “loro” santuario. Forte, no? Ma c’è di meglio: nella torrida estate del 2002 un monaco copto ha spostato la sua seggiola all’ombra, invadendo apparentemente il settore etiope. La pacata discussione tra uomini di fede che ne conseguì terminò con undici monaci all’ospedale. Sul serio. Ma sul serio per davvero. Roba da matti! La cosa divertente è che i battibecchi tra cristiani devono essere una tradizione ben più antica, se già Saladino, nel XII secolo, dopo aver riconquistato la Città Santa dovette, per placare i litiganti, affidare le chiavi dell’unico portone della basilica a dei custodi neutrali, cioè a due famiglie musulmane, istituendo una sorta di carica ereditaria di “portiere della basilica” che è tutt’oggi esercitata esclusivamente dai discendenti delle stesse due famiglie. Roba da…vabbé, il messaggio è chiaro, no? Forse i cattolici, rappresentati dai francescani, sono in effetti la comunità meno litigiosa, anche perché meno presente, e tutto sommato meno interessata: il fatto che lo status quo vedesse la basilica assegnata principalmente agli ortodossi potrebbe spiegare il curioso atteggiamento di sufficienza del Vaticano verso questo luogo che in teoria dovrebbe considerare come il più sacro – e potrebbe anche spiegare il carattere oltremodo kitsch degli interni della basilica. Insomma, come dicevo, nei dintorni del presunto Santo Sepolcro di roba da matti ce n’è da vendere…e pensare che ci stiamo occupando unicamente della pur multiforme comunità cristiana – se poi si considera che nel raggio di poche centinaia di metri troviamo il luogo più sacro in terra all’ebraismo ed il terzo luogo più sacro del mondo per i musulmani, beh, le storie si moltiplicano: abbastanza per un altro paio di articoli. 32 - La Rivista settembre 2015 Dalla Svizzera degli Stati a quella federale L’Europa dopo Marignano di Tindaro Gatani Sacco di Roma del 1527 in un quadro d’epoca. A oltre un anno di distanza dalla battaglia di Marignano fu sancita a Friburgo, il 29 novembre 1516, la Pace perpetua tra la Confederazione e la Francia. Con quel trattato, che sarebbe rimasto in vigore fino allo scoppio della Rivoluzione francese (1789), i firmatari prendevano il solenne impegno di alleanze sul piano politico, militare e commerciale. La Francia si impegnava a pagare agli Svizzeri le 400.000 corone di indennizzo previste dal Trattato di Digione del 1513 e le 300.000 previste da quello di Gallarate del 1515. I Confederati e le Tre Leghe rifiutarono solo l’offerta di Francesco I di altre 300.000 corone, per la restituzione definitiva dei baliaggi subalpini occupati, Bellinzona esclusa. Per la loro completa rinuncia a qualsiasi pretesa sulla Lombardia, i Confederati ottenevano inoltre diversi privilegi commerciali, soprattutto in occasione delle fiere di Milano e di Lione. A ognuno dei tredici Cantoni e dei loro alleati, cioè l’abate e la città di San Gallo, il Vallese, le Tre Leghe Grigie e la città di Mulhouse, la Francia concedeva una rendita di 2.000 franchi l’anno. Più sicuri nei propri confini Dopo la Pace perpetua con l’Austria del 1474 e questa con la Francia, la Confederazione e i suoi alleati potevano sentirsi più sicuri nei loro confini. Con quell’alleanza, Francesco I mirava soprattutto a garantire, anche in futuro, alla Francia il diritto di prelazione nella leva dei mercenari svizzeri, poi regolato con il Trattato di Lucerna del 1521. La vittoria di Marignano aveva intanto consentito a Francesco I di costringere papa Leone X ad accettare una trattativa sul possesso di Parma e Piacenza, che portò poi al Concordato di Bologna (18 agosto 1516): il Pontefice rinunciava ai territori delle due città in cambio dell’abolizione della Prammatica Sanzione di Bourges, promulgata da Carlo VII di Valois, nel 1438, che dichiarava i Re di Francia «guardiani dei diritti della Chiesa» della loro Nazione (gallicanesimo). Dal quel Concordato ne usciva, però, un gallicanesimo temperato in quanto al Re di Francia restava comunque il diritto alla nomina dei vescovi e abati, mentre al Papa solo il conferimento della loro autorità spirituale. Con il Trattato di Lucerna «era fatta abilità al Re di Francia di assoldare nei Cantoni aderenti da sei sino a sedicimila uomini per la difesa del suo regno e del Milanese. La paga dei soldati e gli stipendi ai Cantoni erano stati accresciuti e prometteva, inoltre, il monarca Francesco I di soccorrere i Cantoni con cavalleria, artiglieria e danari nel caso fossero assaliti» (La disfatta dei Francesi alla battaglia della Bicocca, narrata da un Italiano, Milano 1839, p. 12). Dodici dei tredici Cantoni sovrani firmarono la convenzione del 1521 con la Francia, soltanto Zurigo, «grazie all’azione patriottica e cristiana di settembre 2015 La Rivista - 33 Carlo V (1500-1558) in un ritratto d’epoca di Anthony van Dyck (1599-1641). Ulrico Zwingli», ormai sulla via della Riforma, si rifiutò di sottoscrivere quel trattato, mentre i suoi cittadini, «indignati come lui, biasimavano pubblicamente gli speculatori delle pensioni straniere e i beneficiari dei regali del Re» (THÜRER Georg – CALGARI Guido, op. cit., pp. 41-42). Il primo impiego delle truppe mercenarie svizzere al servizio di Francesco I avvenne pochi mesi dopo nelle battaglie di Vaprio d’Adda e della Bicocca alle porte di Milano, nelle quali, come vedremo, i Francesi furono battuti dalle truppe dell’imperatore Carlo V. L’azione di Carlo V Succedutoo al nonno, l’imperatore Massimiliano I d’Asburgo nel 1519, formalmente come Re dei Romani, Carlo V (1500-1558), a soli 19 anni, concentrava nella sua persona un potere immenso. Da parte della famiglia paterna ereditava i possedimenti del nonno e della nonna, la duchessa Maria di Borgogna, unica figlia di Carlo il Temerario; dal padre, Filippo il Bello, morto nel 1506, e dalla madre, Giovanna d’Aragona (la Pazza), i Regni di Castiglia e León, da cui dipendevano tutte le scoperte geografiche fatte da Colombo in poi agli ordini dei Re di Castiglia. Sempre da parte del padre, Carlo V vantava una discendenza anche dal Casato polacco dei Piasti, duchi di Masovia, attraverso Cimburga di Masovia, il cui marito, Ernesto I d’Asburgo il Ferreo duca di Stiria, era, a sua volta, figlio di Verde Visconti. Da quel matrimonio era nato Fede- 34 - La Rivista settembre 2015 rico III di Asburgo, padre di Massimiliano I e, quindi, suo bisnonno. Carlo V e Francesco I di Francia, rimettendo in discussione il trattato di Noyon del 1516, rivendicavano, dunque, ambedue i diritti ereditari sul Ducato di Milano, come discendenti il primo da Verde (1352-1414) e il secondo da Valentina Visconti (1371-1408), figlie rispettivamente di Bernabò (1323-1385) e di suo nipote Gian Galeazzo Visconti (1351-1402). La disputa tra i due riguardava anche il Regno di Napoli, che, con il trattato di Noyon del 1516 era stata assegnata, come detto, a Ferdinando II il Cattolico, nonno di Carlo V, ma che il re francese considerava un’antica eredità angioina. Altri temi del contenzioso, sempre per diritti ereditari, erano la Navarra e le Fiandre. Francesco I, che gli storici ricordano come un principe intelligente e versatile, era anche un uomo di cultura, che amava soprattutto il Rinascimento italiano, e un mecenate. Fu lui a chiamare in Francia, tra gli altri, Leonardo da Vinci e Benvenuto Cellini. Carlo V incorporava, invece, tutte le caratteristiche di un principe con attitudine al comando teso a ingrandire, sempre più, i suoi possedimenti. Il suo vasto Impero era esteso su tre Continenti (Europa, Africa e America) tanto che gli è stata attribuita la frase «sul mio Regno il Sole non tramonta mai». A scuotere l’Europa di allora ci fu anche l’intervento alla Dieta di Worms del teologo agostiniano tedesco Martin Lutero (1483-1546). Dal 16 al 18 aprile del 1521, il frate agostiniano, già due volte scomunicato per Stemma imperiale e regale di Carlo V. eresia, invece di ritrattare le sue 95 tesi contro il valore e l’efficacia delle indulgenze e quindi contro la Chiesa di Roma, difese la sua Riforma del Cristianesimo, facendo scoppiare la più grande rivoluzione religiosa che avesse mai scosso la Cristianità dal 1054, anno dello Scisma d’Oriente, che aveva sancito la separazione tra cattolici e ortodossi. Papa Leone X e Carlo V, impegnati già nell’affrontare il comune nemico francese, si trovarono costretti a stringere una più forte alleanza per combattere anche il pericolo di uno scisma. Nello scontro tra Francesco I e Carlo V, Leone X usò l’usuale arma dei Papi, lanciando, nell’estate del 1521, la scomunica contro il Re di Francia. Nel novembre dello stesso anno 1521, le truppe imperiali, al comando di Prospero Colonna, supportate da Giovanni delle Bande Nere (Giovanni di Giovanni de’ Medici 1498-1526), nella battaglia di Vaprio d’Adda, inflissero una cocente sconfitta a quelle di Francesco I, agli ordini del maresciallo di Francia Odet de la Foix conte di Lautrec, che disponeva anche di alcuni contingenti veneziani e di circa 8.000 svizzeri. La battaglia di Pavia Dopo qualche altra scaramuccia, in meno di tre giorni, gli imperiali, il 20 novembre 1521, entrarono in Milano e consegnarono la città a Francesco II Sforza (1495-1535), figlio di Ludovico il Moro e di Beatrice d’Este. Dopo la detronizzazione del fratello Ercole Massimiliano (1515), gli Sforza ritornavano, dunque, a regnare sulla Lombardia c o n questo sarebbe cambiato del tutto con la salita al soglio di Pietro di Clemente VII, Giulio de’ Medici (1478-1534). Il nuovo Papa, cugino di Leone X, operò, infatti, un nuovo rovesciamento delle alleanze, passando dalla parte di Francesco I, che, in previsione della sua nuova partenza per l’Italia, lo aveva convinto ad appoggiare il suo progetto, promettendogli, come contropartita, la restituzione dei Ducati di Parma e di Piacenza e il ristabilimento della Signoria de’ Medici a Firenze. Oltre all’appoggio alla sua impresa, il Re di Francia, otteneva anche il permesso di poter attraversare lo Stato pontificio, nella sua progettata spedizione verso il Regno di Napoli, che egli rivendicava come eredità angioina. Disceso ai primi di ottobre del 1524, attraverso il Moncenisio, in Italia, Francesco I aveva ai suoi ordini un esercito di 2000 lance, 3000 cavalieri e 25.000 fanti in buona parte svizzeri. Milano, priva di difesa e spopolata per la recente epidemia di peste, fu occupata con facilità. La loro prossima tappa fu allora l’assedio della munita città di Pavia, dove si trovava concentrato l’esercito della Lega antifrancese comandata da Francesco Ferdinando d’Avalos, marchese della Pescara, e del quale facevano parte 8.000 lanzichenecchi tedeschi. Proprio quando stava per scadere la dilazione concessa dalle sue milizie, che non pagate, minacciavano di disertare, il d’Avalos provocò la battaglia del 24 febbraio 1525. Gli Svizzeri codardi a Pavia… Martin Lutero (1483-1546) in un ritratto del 1529 di Lucas Cranach il Vecchio (1472-1553). principe, che fu il nono e ultimo duca di Milano (Terzo Ducato sforzesco). Il Lautrec «con i suoi Francesi, con otto mila Svizzeri e con i Veneziani s’era ricoverato a Monza» per consultarsi con i suoi comandanti e «altri illustri personaggi» del suo seguito. Mentre l’armata imperiale, sotto Prospero Colonna, si era accampata alla Bicocca, fra Milano e Monza. «Lautrec, sin da principio, aveva avvisato il Re, ch’ei non avrebbe potuto difendere lo Stato… almeno che non gli venissero spediti soccorsi dall’Erario, onde stipendiare un numero conveniente di Svizzeri; e dalle lettere era stato bensì assicurato di riceverlo, ma realmente mai non l’ebbe. Egli teneva animati gli Svizzeri mancanti dei loro stipendi con promesse d’imminente arrivo di denaro; ma essi, già da troppo tempo delusi, più non badavano alle lusinghe e minacciavano di abbandonarlo e ritirarsi». Temendo la loro prossima partenza, Lautrec, allora, anticipò l’attacco all’esercito imperiale, ancora accampato alla Bicocca, dove «fu battuto e respinto e perdette il Milanese» (VERRI Pietro, Storia di Milano, 1835, Tomo II, cap. XXIII, pp. 204-205). Era il 27 aprile 1522, le truppe confederate, agli ordini di Albrecht vom Stein di Berna, di Arnold Winkelried di Unterwalden e di Ulrico de Sacco di San Gallo, regolarmente ingaggiate secondo il trattato di Lucerna dell’anno prima, lasciarono sul campo non meno 3.000 morti. A papa Leone X, scomparso il 1° dicembre 1521, succedeva, intanto, Adriano VI (Adriaan Floriszoon), nato a Utrecht nel 1459, che aveva ottenuto già diversi alti incarichi e prebende dall’imperatore Carlo V, del quale era stato anche tutore. Fu il 218° Papa della Chiesa cattolica dal 9 gennaio 1522 alla sua morte, avvenuta il 31 agosto 1523. Per Carlo V, il rapporto con la Santa Sede La disfatta dei Francesi, che lasciarono sul campo circa 9000 morti, fu completa. Tra i loro comandanti caduti c’erano anche Louis II de La Tremoille e Jacques de Chabannes, alias Monsieur de La Palisse. Durante le onoranze funebri del signore de La Palisse, i suoi soldati cantarono un’ode in cui, ingenuamente, si affermava che un quarto d’ora prima di morire il La Palisse fosse ancora in vita. Donde il termine lapalissiano per indicare verità evidente, che è inutile o ridicolo enunciare. Il Re di Francia, ferito al volto, fu fatto prigioniero insieme al Re Enrico II di Navarra (1503-1555), suo cognato per averne sposato la sorella Margherita Valois-d’Angulême (1492-1549), e a molti altri numerosi illustri nomi di Francia e d’Italia. La stessa sera della battaglia, Francesco I scrisse alla madre Luisa di Savoia: «Tranne l’onore e la vita ho perso tutto». Secondo l’opinione dello storico inglese William Robertson, la battaglia di Pavia fu unicamente persa per viltà degli svizzeri. «The Swiss in the service of France — scrive — unmindful of the reputation of their country for fidelity, and martial glory, abandoned their post in a cowardly manner», cioè: «Gli svizzeri al servizio della Francia, dimentichi della reputazione della loro patria per fede e gloria marziale, abbandonarono il loro po- settembre 2015 La Rivista - 35 sto in maniera codarda» (ROBERTSON William, The History of the reign of the Emperor Charles V, Vol. II, Londra 1817, p. 295). Anche sui fatti di Pavia interviene Il Dotto Signor W., nella sua già citata Risposta palermitana, in difesa dell’onore dei suoi compatrioti, limitandosi comunque più a giustificare che a difendere il loro comportamento. «In verità —scrive — non si può dire ciò degli Svizzeri. Essi è vero che non menarono, come dicono il Guicciardini, il Giovio ed altri, le mani col solito ardore; né corrisposero quel giorno in parte alcuna al valore solito dimostrato da loro nelle altre battaglie, nelle quali certo si erano battuti come disperati, sino a farsi tagliare tutti a pezzi». È costretto, quindi, ad ammettere che: «Questa fu la prima volta che si dessero alla fuga. Ma ciò prova solo che essi non erano invincibili, e non già che per cagione loro si perdesse la battaglia». Il Dotto Signor W., esaminando poi le varie cause della disfatta, alla ricerca di qualche fatto, che potesse salvare l’onore delle milizie elvetiche, riporta la frase di Francesco I, che, nel ripassare da prigioniero sul campo di battaglia, «nel vedere o terra tutta la compagnia dei cento svizzeri della sua guardia, rivolto ai nemici disse loro: “Se tutte le mie truppe avessero combattuto oggi come queste brave genti, io non sarei vostro prigioniero, ma voi altri bensì miei”» (Il Dotto Signor W., op. cit., Palermo 1788). I cento svizzeri della guardia personale avevano fatto quadrato attorno al Re di Francia, facendosi massacrare fino all’ultimo per proteggerlo. Portato prigioniero in Spagna, il Re di Francia sarebbe stato costretto a sottoscrivere, in cambio della libertà, il Trattato di Madrid del 14 gennaio 1526, che, tra le con- dizioni imposte, sotto giuramento, da Carlo V, comportava, tra l’altro, la rinuncia di ogni diritto sulla Navarra, su Napoli, su Milano, su Genova e sulle Fiandre. Carlo gli impose anche di sposare, in seconde nozze, sua sorella maggiore Eleonora d’Asburgo e di lasciare, come ostaggi, a Madrid, i suoi due figli maschi, Francesco ed Enrico, avuti dal primo matrimonio con Claudia di Francia. Appena ritornato a Parigi, Francesco I sconfessò quel trattato, facendosi sciogliere da quel giuramento da Clemente VII, che, temendo l’accerchiamento dello Stato della Chiesa da parte degli Asburgo, voleva che l’Italia settentrionale e quella meridionale dovessero essere, sottoposte a regnanti contrapposti, che non avrebbero potuto avere la tentazione di riunificare l’Italia sotto uno Stato unico, quello Pontificio compreso. … eroi a Roma Fu a questo scopo che, il 22 maggio 1526, nella città natale di Francesco I, contro la Spagna e quindi contro l’Imperatore, fu stipulata la Lega di Cognac (o terza Lega Santa), tra Francia, lo Stato della Chiesa, la Repubblica di Venezia, il Ducato di Milano, ai quali si sarebbe aggiunto poi Enrico VIII d’Inghilterra, che garantiva la sua neutralità. Carlo V, indignato soprattutto per l’appoggio dato dal Papa ai suoi nemici, fece scendere in Italia un esercito di circa 14.000 lanzichenecchi, mercenari e luterani, condotti da Giorgio Frundsberg. Nel tentativo di sbarrargli loro la marcia verso Roma, il condottiero Giovanni dalle Bande Nere, il 24 novembre 1526, intercettò quella spedizione a Governolo (Mantova), ma nello scontro dell’indomani riportò una grave fe- rita in seguito alla quale sarebbe morto cinque giorni dopo. Strada facendo, ai 14.000 lanzichenecchi si erano intanto aggiunte le truppe spagnole di Milano, quelle comandate da Ferrante I Gonzaga, conte di Guastalla, e i 35.000 soldati spagnoli, tedeschi e italiani al comando di Carlo III di Borbone (1490-1527), conte di Montpensier e delfino d’Alvernia, che aveva servito da cavaliere sotto Luigi XII e Francesco I, che, nel 1515, lo aveva nominato Conestabile di Francia, cioè Ufficiale di corte. Tradendo il suo Paese era passato sotto Carlo V che, nel 1523, lo aveva nominato luogotenente generale dell’Impero in Italia. Era toccato proprio a lui catturare, nel 1525, lo stesso Francesco I a Pavia. Approfittando del fatto che Roma era difesa da non più di 5.000 uomini, il Conestabile partì da Arezzo il 20 aprile 1527 e marciò alla testa di quell’esercito contro la Città eterna, ponendola sotto assedio il 6 maggio. Nei primi momenti dell’attacco, mentre stava per scalare le mura, il Conestabile fu colpito e ucciso da un gruppo di difensori al comando di Benvenuto Cellini. Lo stesso giorno, gli imperiali riuscirono a penetrare in città. A difendere San Pietro c’era solo un esiguo presidio svizzero, che si fece massacrare per permettere al Papa di mettersi in salvo in Castel Sant’Angelo. Dei 189 Svizzeri, di guardia ai palazzi vaticani, 147 caddero, l’uno dopo l’altro, opponendo un’eroica resistenza. I lanzichenecchi, per averla vinta, dovettero lasciare a terra più di 800 morti. Le altre 42 guardie svizzere riuscirono a sopravvivere solo perché, postisi a difesa personale del Pontefice, si rinchiusero con lui in Castel Sant’Angelo. Il capitano zurighese Kaspar Röist, che, dopo la morte La battaglia di Pavia, in uno dei sette arazzi d’epoca che illustrano lo scontro, conservati alla Galleria nazionale di Capodimonte a Napoli. 36 - La Rivista settembre 2015 I “Cinque Lanzichenecchi” in parata, in un’incisione d’epoca di Daniel Hopfer (1470-1536). del padre (1524) gli era succeduto al comando della Guardia svizzera, gravemente ferito al capo mentre affrontava il nemico presso la Porta delle Fornaci, fu portato nei locali del quartiere svizzero. Raggiunto dai lanzichenecchi, fu però barbaramente ucciso, mentre alla moglie Elisabetta Klinger, che cercava di proteggerlo, facendogli scudo, furono staccate di netto tre dita. Al momento dell’attacco, oltre alla Guardia personale, non si trovavano a Roma altri soldati elvetici, in quanto, il Papa, «con cattivo consiglio, aveva licenziato prima gli Svizzeri e poi i fanti delle Bande nere» (GUICCIARDINI Francesco, op. cit., Tomo VII, Libro XVIII). Roma fu messa «a sacco» da migliaia di soldati e di lanzichenecchi, che giravano per la città in preda all’alcool. Oltre al saccheggio e agli stupri avrebbero lasciato una terribile pestilenza che decimò gli abitanti. A papa Clemente VII non restava altra scelta che chiedere la pace, che fu poi regolata, il 29 giugno 1529, con l’accordo di Barcellona. Non soltanto potenza militare Clemente VII concedeva a Carlo V la supremazia sull’Italia a patto che sul Ducato di Milano fosse riconfermato Francesco II Sforza; fossero restituiti allo Stato della Chiesa tutti i territori posseduti prima del 1527 e fosse reintegrata alla Signoria di Firenze la famiglia de’ Medici, cioè quella dello stesso Papa. L’Imperatore, da parte sua, prometteva l’appoggio più largo e convinto nella lotta contro la Riforma di Lutero. Lo scontro tra Francia e Spagna si sarebbe protratto per quasi 40 anni (1521-1559), trasformandosi da lotta per il predominio in Italia in lotta per l’egemonia in Europa. Il campo preferito di battaglia restò comunque sempre la Penisola, dove avvennero alcuni degli episodi più memorabili di quelle guerre. Con Pavia era, intanto, finito per sempre il lungo periodo della grandezza militare della Svizzera, che aveva toccato il suo culmine proprio tra la battaglia di Sempach [1386] e quella di Marignano [1515], quando essa era stata «la più grande potenza militare europea» (MARTIN William, op. cit., p. 46). Nemmeno dopo le ultime cocenti sconfitte scemò, però, per gli Svizzeri, la fama di valorosi e fieri combattenti che, per oltre tre secoli ancora, saranno al servizio di molte potenze europee. Dell’ammirazione per questi soldati, anche dopo Marignano e Pavia, ne resta un’eco importante nel primo canto della Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso (1544-1595), dove, tra i Crociati, che sono passati in rassegna da Goffredo di Buglione, non manca una valorosa e audace schiera di Svizzeri: Alcasto il terzo vien, qual presso a Tebe già Caponeo, con minaccioso volto: seimila Elvezi, audace e fera plebe, da gli alpini castelli avea raccolto, che ‘l ferro uso a far solchi, a franger glebe, in nove forme e in più degne opre ha volto; e con la man, che guardò rozzi armenti, par ch’i regi sfidar nulla paventi. (TASSO Torquato, Gerusalemme Liberata, I, LXIII). Errata corrige: Nel capitolo La battaglia di Morgarten, «La Rivista», n. 5, maggio 2014, pagina 41, 25.ma riga NON si tratta di Alberto I d’Asburgo ma di suo figlio Federico I il Bello La frase va, quindi, letta: …A quella blasfema azione, l’abate di Einsiedeln rispose con la scomunica e l’interdetto degli Svittesi e Federico I il Bello bandì i Waldstätten dall’Impero, dichiarando decadute tutte le franchigie. Nel capitolo San Gottardo Cuore della Svizzera, «La Rivista», n. 6, giugno 2014, p. 42, 19.ma29.ma riga NON si tratta di Alberto I d’Asburgo ma di suo figlio Federico I il Bello La frase va, quindi, letta: …Il loro primo grande sostenitore fu Ludovico IV il Bavaro (Luigi di Baviera), che, impegnato com’era nella lotta per la successione sul trono imperiale con il cugino Federico I il Bello, aveva fino allora evitato di prendere nettamente parte a loro favore. Dopo, però, che a Morgarten, Leopoldo I d’Asburgo, fratello minore Federico I il Bello, era stato umiliato… settembre 2015 La Rivista - 37 Dopo la “Svizzera prima della Svizzera”, edito dalla Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, esce il nuovo volume che ripercorre la storia della Confederazione La Svizzera: da Morgarten (1315) a Marignano (1515) Le puntate apparse su «La Rivista», dal marzo 2014 a settembre 2015, sono state adesso raccolte in un volume curato dallo stesso autore, Tindaro Gatani, con il titolo La Svizzera: da Morgarten (1315) a Marignano (1515), nel quale si narrano gli avvenimenti di quei duecento anni che videro la Nazione elvetica diventare la più grande potenza militare europea. La pubblicazione si aggiunge al primo volume La Svizzera prima della Svizzera, edito sempre dalla Camera di Commercio Italiana di Zurigo. Nella Premessa, l’autore, tra l’altro, scrive: «Quest’anno ricorrono il 700° e il 500° anniversario rispettivamente della battaglia di Morgarten (1315) e di quella di Marignano (1515). Il racconto di quei duecento anni di storia svizzera, fatto in questo volume, sembra darci un quadro di gente sempre in guerra, sempre disposta a menare le mani, di lotte intestine, di mercenari pronti a servire qualsiasi principe disposto a sborsare una congrua ricompensa. È un quadro che non ripro- duce, tuttavia, l’insieme dell’immagine di tutta una Nazione, che, nonostante, le mille difficoltà e i molti contrasti interni e internazionali, ha saputo proseguire, anche in quei tempi tanto difficili, sulla via dell’unione e del progresso. La Svizzera di allora non è stata solo guerre di espansione e di lotte fratricide, ma anche una comunità di genti che ha saputo gettare, con la Carta dei Preti, che sottoponeva anche gli ecclesiastici accusati di reati comuni alla giustizia civile, le prime basi dello Stato laico e, con Die Schonung der Frauen, la prima legislazione sulla protezione delle donne nel corso dei conflitti. Per l’epoca non erano cose da poco. In quei duecento anni, la Svizzera fu anche una fucina di idee, di dibattiti, di discussioni anche aspre tra le diverse classi e anime del Paese. Basta ricordare, uno per tutti, il contrasto sociale e politico che, per decenni, oppose le campagne alle città. Dopo che quest’ultime avevano avuto più profitti dalle conquiste comuni, si assistette, infatti, alla nascita di un vero e proprio movimento popolare che contestava i privilegi delle aristocrazie cittadine, soprattutto di quelle di Berna, di Zurigo e di Lucerna… La Svizzera del XIV e XV secolo fu anche un centro di qualificate attività culturali, artistiche e commerciali. Nelle varie località fiorirono uomini illustri nei più disparati campi dello scibile umano… Nonostante la frammentazione politica, l’asprezza del territorio, le divisioni religiose e linguistiche, che causavano frequenti dissapori e scontri anche armati, la vecchia Confederazione con i baliaggi, i protettorati e gli alleati, sarebbe riuscita, però, a restare unita nella sua integrità territoriale fino alla definizione dei suoi confini attuali. Se più di una cinquantina di realtà politiche, per così lungo tempo, in contrasto tra loro quasi su tutto, sono riuscite poi a formare uno Stato federale unitario e coeso, più che di Sonderfall (Caso speciale) si dovrebbe parlare di Miracolo svizzero… Il miracolo è stato possibile perché, come dicevamo nella prefazione a La Svizzera prima della Svizzera, l’unione non fu il risultato di una sommatoria di popoli e culture da omogeneizzare quanto, invece, il potenziamento delle identità e delle radici culturali di tutti, garantito dalla stessa Costituzione del 1848 e dalle successive elaborazioni e integrazioni». Chi fosse interessato può richiedere copia del volume al prezzo di Fr 25.— (+ costi di spedizione) inviando una mail a: [email protected] oppure telefonando allo 044 289 23 19 Scaffale Gaetano Cappelli Scambi, equivoci eppiù torbidi inganni Evelina Santangelo Vittorio Coletti (Einaudi pp. 220; € 19,00) Grammatica dell’italiano adulto L’italiano di oggi per gli italiani di oggi La storia ribelle di chi non batte in ritirata. «Allora perché non le diciamo queste cose ai nostri figli, non infiliamo le lune nei pozzi quando siamo ancora in tempo, invece di ridurli alla ragionevolezza più mortificante?» Al centro di questo libro c’è una donna che ha perso tutto. Che ha visto sfarinare le cose in cui credeva: il matrimonio, il precarissimo ruolo d’insegnante, la fiducia negli ideali dei suoi vent’anni rabbiosi. Il suo è il tempo della «caduta delle cose»: persino gli oggetti di casa, estenuati, hanno cominciato a rompersi uno dopo l’altro come in preda a un’epidemia che non risparmia niente e nessuno. Solo tra le mura di casa del padre, tutto è rimasto congelato agli anni del boom economico, contro ogni evidenza: per lui l’Italia è ancora quel Paese lanciato verso il futuro, con le sue autostrade che annullano le distanze, le sue automobili per tutti, la sua televisione capace di disegnare i confini di un mondo e pure di allargarli. E poi c’è Matilde, che nella sua adolescenza si muove invece in una zona sospesa tra la madre e il nonno, divisa tra frustrazione e desiderio, entrambi infiniti. Tre generazioni che si guardano, specchiandosi o prendendo le distanze, in un intreccio inestricabile di illusioni, delusioni, sogni, idee del mondo, rancori e aspettative. Finché non irrompe nelle loro vite un progetto eccentrico, improbabile, un’invenzione a cui nessuno è disposto a credere, ma che potrebbe rivoluzionare la vita di molti. Un’invenzione che è un oggetto, concretissimo, ma prima ancora un’idea, una miscela miracolosa di calcolo e immaginazione, di passioni, visioni, competenze tecniche e saperi capaci di trasformarsi in una speranza fondata, misurabile e concreta. «Un’altra cosa, in un mondo che è un’altra cosa». Questa è una grammatica amichevole ed essenziale del nuovo italiano. Non un vero e proprio prontuario, ma un libro più articolato che segnala e affronta, analizzandone le ragioni anche storiche, i dubbi e le tante eccezioni che mettono in difficoltà parlanti e scriventi. Non solo l’eterna questione del congiuntivo, che sembra in via di estinzione da quando è nato, ma ben altro. La pronuncia e la grafia: perché scuola e non squola, le doppie z, la d eufonica («ed ecco»), gli accenti e gli apostrofi (perché e qual è), la punteggiatura, vera piaga scolastica. I plurali dei nomi composti (lo sapete il plurale di girocollo e di pescespada ?) e dei tanti forestierismi; il mistero dei doppi plurali (braccia, bracci) e quello dei plurali dei nomi in -io (principio); le sottigliezze che fanno litigare su ciliegie o ciliege (una regoletta malefica vuole la i per i sostantivi che al singolare terminano in -cia e -gia). Poi ancora il genere dei pronomi personali: gli/le la cui distinzione va rispettata almeno nello scritto; la spinosa diatriba sul femminile nelle professioni. Le sfumature di significato che riguardano la posizione di certi aggettivi (non è la stessa cosa dire «un pover’uomo» e «un uomo povero»); il codesto in disarmo, sostituito da quello; l’invasività del pronome ci; piuttosto che usato a sproposito in luogo di oppure; così come assolutamente, diventato un avverbio passe-partout (positivo o negativo). Il capitolo dei verbi, compresi i dubbi sugli ausiliari con il verbo servile («è dovuto partire» e non «ha dovuto partire»). E il lessico, con l’eccesso di usi stranieri: delle 305 parole nuove entrate nell’uso tra il 2000 e il 2013, 124 sono puri anglismi, spesso sostituibili da forme italiane perfettamente omologhe (Jobs Act , spending review ...). Vittorio Coletti insegna Storia della lingua italiana all’Università di Genova ed è Accademico della Crusca. Con Francesco Sabatini dirige ITA. Dizionario della lingua italiana, ed è condirettore di Lingua e Stile. Non va sempre così (Marsilio pp. 198; € 16,00) Che cos’è la fortuna? Un fluido etereo, un magnetismo sulfureo? Dio che ci sorride dall’alto o il demonio che ci dà di gomito dagli inferi? Ma qualunque cosa sia, non c’è bisogno d’essere metafisici per sapere che esiste. E lo scrittore Lorenzo Dalré lo sa meglio di tutti. Ha, infatti, tutto quello che ognuno potrebbe desiderare. Un mestiere invidiabile, una casa confortevole, due deliziosi figlioletti, un allegro bichon frisé e, soprattutto, una magnifica moglie che mantenendolo, gli permette di fare il suo lavoro senza troppo affaticarsi. Così è da tempo che, invece di dedicarsi al suo fantomatico capolavoro, si trastulla in fantasiose acrobazie sessuali con una favolosamente bella, sebbene assai burina, amica della consorte. E tutto funziona alla perfezione finché, scoperta la tresca e trovatosi improvvisamente senza un soldo fuori di casa, Dalré cercherà rifugio dal padre Anacleto, generale ed eroe della patria, eppoi nuove distrazioni tra le braccia della sfrenata Sandra Bonsanti, cinica matrimonialista e moglie del deputato inquisito Filippo Torregrossa, inciampando, per un terribile equivoco, nell’inchiesta che interessa il politico ma, soprattutto, in Mauro Spaltro, l’inetto magistrato che farà del caso il trampolino di lancio verso l’ambita carriera politica. E questo tra i quartieri borghesi, le palestre vip, i covi per scambisti e i salotti più o meno intellettuali della Roma dei nostri giorni, alla vigilia dell’inchiesta “Mafia Capitale”, popolata da una galleria di coloratissimi personaggi. Evocati insieme a molti altri ancora, metteranno in moto il perfetto meccanismo a orologeria di una di quelle ironiche, irriverenti, scorrettissime commedie che hanno fatto di Gaetano Cappelli uno dei nostri più amati scrittori. Gaetano Cappelli è nato a Potenza nel 1954. Ha pubblicato per Marsilio più d’una dozzina di romanzi, Scrive sul Corriere della Sera, Il Messaggero, Panorama, Facebook e Twitter. (Il mulino pp. 225, € 14,00) settembre 2015 La Rivista - 39 Conclusi a São Paulo i campionati mondiali dei mestieri 2015 Un’edizione leggendaria. Dopo quattro giorni di gare all’ultimo respiro, i campionati mondiali dei mestieri Worldskills 2015 hanno vissuto lo scorso 16 agosto in tarda serata il proprio epilogo con l’attesa cerimonia di chiusura e la proclamazione dei vincitori. Con complessivamente 13 medaglie ottenute dalla Svizzera, che non è riuscita a mantenere la sua posizione tra i primi nella classifica delle nazioni. Ma con il suo 4° posto resta comunque la migliore nazione europea. Ottimo i risultato della delegazione italiana premiata con 7 medaglie. Un oro, sette argenti, cinque bronzi e 22 diplomi. Questo è il bilancio per la delegazione svizzera alla 43a edizione delle WorldSkills di São Paulo. Il migliore degli svizzeri è stato il vincitore della medaglia d’oro Lars Tönz, IT soluzioni per imprese, Busswil (TG). Con questo bagaglio di medaglie i 40 candidate e candidati svizzeri nelle 38 professioni hanno ottenuto la 4a posizione nella classifica delle nazioni. L’ultima volta che la Svizzera non è entrata nelle prime tre posizioni è stato nel 2001 a Seoul, quando raggiunse l’8a posizione. Rico Cioccarelli, tecnico delegato dello Swiss Team, nonostante il bilancio misto, è soddisfatto della performance delle svizzere e degli svizzeri. «I candidati hanno fatto un buon lavoro e dato il meglio di sé». Ora è il momento dell’analisi per trarre insegnamenti per la partecipazione alle prossime Worldskills di Abu Dhabi. «Io sono convinto che tutti hanno lavorato al 150 percento», afferma Christine Davatz, capo delegazione e vice direttrice dell’Unione svizzera delle arti e mestieri. «Ma abbiamo anche visto che la concorrenza internazionale è aumentata, e dobbiamo tenerne conto in futuro», continua Davatz. Inoltre i Campionati del Mondo delle Professioni coinvolgono ormai tante nazioni da dover ripensare alle strutture. In futuro la Svizzera intende adoperarsi ancora di più a livello internazionale, affinché gli standard richiesti alle WordSkills continuino a essere elevatissimi. «Sono estremamente fiera dei nostri giovani. E gli esperti hanno fatto un lavoro che richiede un apprezzamento ancora maggiore». Risultato strepitoso La rassegna brasiliana si è conclusa con un risultato strepitoso per i colori del Team Italy rappresentato dall’Alto-Adige. I competitor altoatesini, 19 in tutto, hanno infatti portato a casa cinque ori, un argento ed un bronzo, ottenendo anche sei diplomi d’eccellenza. Si tratta della seconda miglior performance di sempre dopo i campionati mondiali di Helsinki 2005. “I nostri giovani hanno saputo rispettare al 100% le aspettative della vigilia – ha gioito il presiden- 40 - La Rivista settembre 2015 te di lvh.apa e delegato ufficiale di Worldskills Italy Gert Lanz -. Quando serviva non hanno mostrato unicamente nervi saldi, bensì anche di possedere doti e capacità fuori dal comune. Questi giovani rappresentano il nostro futuro e siamo davvero fieri di loro!” I concorrenti altoatesini del Team Italy hanno infatti maturato un risultato straordinario: cinque medaglie d’oro, una d’argento, una di bronzo e sei diplomi d’eccellenza. Grande soddisfazione per i risultati ottenuti è stata espressa anche dall’assessore provinciale per la formazione Philipp Achammer. Una festa di colori ed emozioni La premiazione al Ginásio do Ibirapuera è stata una festa di colori ed emozioni. Con uno scatenato show i brasiliani hanno mostrato ancora una volta la loro travolgente gioia di vivere e ospitalità, che la delegazione svizzera ha avuto modo di apprezzare durante due settimane in Brasile. Ma anche gli Svizzeri, con le loro campane, hanno fornito un loro supporto. Con complessivamente quasi 1200 partecipanti provenienti da 58 nazioni e regioni in 50 discipline, le WorldSkills, che si sono svolte a São Paulo sono stati i più grandi Campionati del Mondo delle Professioni mai disputati. I prossimi campionati mondiali si terranno nel 2017 ad Abu Dhabi, nel 2019 a Kazan in Russia. Per il 2021 Basilea ha avanzato la sua candidatura. Benchmark di Nico Tanzi Mooc, e-learning, open courses: come cambia (e si globalizza) l’universo della formazione In un tempo ormai lontano, i tempi dell’apprendimento e della formazione e quelli dell’attività lavorativa erano ben scanditi, e rappresentavano due fasi distinte: prima si va a scuola, si sceglie un ambito in cui specializzarsi – con un diploma, una formazione superiore, una laurea – e poi si entra nel mondo del lavoro. La rapidità con cui evolvono i saperi, in primo luogo quelli tecnici e professionali, hanno reso quella suddivisione della vita in due parti distinte non più che un ricordo sbiadito. Ormai le competenze richieste in qualsiasi settore cambiano e aumentano a un ritmo tale che spesso le conoscenze acquisite all’università devono essere integrate senza soluzione di continuità, se si vuole essere in grado di adattarsi a un contesto lavorativo “liquido” e mai uguale a se stesso, e mantenere la propria competitività sul mercato. Una laurea o un diploma sono solo la base su cui costruire un bagaglio di competenze che va arricchito giorno per giorno. E non soltanto, come accadeva un tempo, attraverso l’esperienza professionale, ma tramite un aggiornamento continuo che integri le competenze di base con conoscenze sempre nuove. Al contempo anche l’universo della formazione si è evoluto, per venire incontro a chi vuole (o più spesso deve) tenersi al passo. Da questo punto di vista, la possibilità di utilizzare la rete per sviluppare iniziative di formazione a distanza (il cosiddetto “e-learning”) sta maturando rapidissimamente. E quelle che solo qualche anno fa erano iniziative isolate da parte di enti di formazione, scuole e atenei, oggi si stanno consolidando in un’offerta formativa che non ha precedenti, dal punto di vista delle opportunità a disposizione, nell’intera storia umana. L’aspetto più eclatante di questa tendenza è rappresentato dai cosiddetti MOOC – acronimo di Massive Open Online Courses. Corsi gratuiti, offerti da centinaia di istituzioni universitarie, da frequentare a distanza attraverso piattaforme informatiche sempre più performanti e semplici da usare, spesso addirittura sul tablet o sul telefonino, che coprono l’intera gamma delle discipline: da quelle umanistiche a quelle tecniche e scientifiche, medicina compresa. La piattaforma più nota e quella con l’offerta più ampia è Coursera, un’iniziativa lanciata tre anni fa da alcune università americane (Stanford, Princeton, Michigan, Pennsylvania) che oggi raggruppa oltre un migliaio di corsi e una platea di quasi quindici milioni di studenti. Ce ne sono anche altre, e l’offerta si arricchisce continuamente di nuovi corsi. Per le università è un modo per farsi pubblicità presso un pubblico particolarmente interessato alle loro offerte formative, e le società che mettono a disposizione la piattaforma online (come Coursera, appunto, ma anche Edx, Udacity e altre ancora) guadagnano attraverso le certificazioni (a pagamento) richieste dagli studenti che hanno bisogno di un attestato da spendere sul mercato, dal tutoring e dalla collaborazione con le società di ricerca personale. Quella ottenuta con l’e-learning non è una laurea vera e propria, è vero, ma un’attestazione di competenze acquisite in un determinato ambito, il più delle volte specialistico. Non può ovviamente sostituire un percorso formativo accademico: in particolare perché stare davanti a uno schermo non permette di sviluppare quelle competenze sociali e di interazione personale con docenti, compagni di studi e ambienti professionali che solo la presenza fisica in università può garantire. L’e-leaning però è in costante evoluzione, le piattaforme online si fanno sempre più sofisticate, e anche le formule didattiche progrediscono di pari passo con la tecnologia. Al contempo, il mercato richiede spesso, in particolare nei contesti tecnici, competenze sempre più specialistiche e settoriali, che non richiedono alla base un “inquadramento” universitario classico. È la formazione nel suo insieme, insomma, che sta cambiando. E a livello planetario: non a caso il 90% dei corsi è in inglese. Come ha scritto Piergiovanni Mometto su Il Sole 24 Ore, “parlare di e-learning oggi significa occuparsi di un «processo che interessa l’istruzione scolastica (dalla scuola materna all’università), la formazione specialistica (inclusa quella aziendale) e il cosiddetto life-long learning (la formazione come processo che accompagna l’intera vita lavorativa)». Significa quindi occuparsi del modo in cui nella nostra società si trasmette la conoscenza. Ha quindi ancora senso continuare a distinguere fra apprendimento ed e-learning?”. settembre 2015 La Rivista - 41 L’affaire Berthold Jacob nella rivista satirica «Nebelspalter» di Giuseppe Muscardini Ottanta anni fa un increscioso incidente diplomatico destò in Svizzera una corale indignazione. Protagonista il giornalista tedesco Berthold Jacob, rapito nel marzo 1935 dalla Gestapo sul suolo elvetico. Facendo leva su una mirata conduzione diplomatica, il Presidente della Confederazione Giuseppe Motta protestò con fermezza presso il governo del Reich e nel settembre 1935 si giunse alla liberazione del giornalista. F amiliarmente denominato Nebi, il giornale umoristico Nebelspalter compie quest’anno 140 anni di vita. Fu fondato nel 1875 da Jean Nötzli e mantenne la propria redazione a Zurigo dal 1875 al 1922, per poi trasferirla a Rorschach. Le cifre relative alla tiratura del giornale negli anni Trenta, quantificabili in 30.000 copie, ci dicono di una buona diffusione e di un gran numero di abbonati. Il clima politico dei primi anni dell’ascesa di Adolf Hitler al potere è ben illustrato nelle sagaci caricature della rivista satirica, che con uscite settimanali svolse un’importante azione culturale e sociale nel tentativo di avversare il consolidamento del fascismo e del nazionalsocialismo. In quest’ottica Nebelspalter fu presto censurato e la sua diffusione proibita nei confini del Reich. La Ritratto fotografico di Berthold Salomon Jacob 42 - La Rivista settembre 2015 redazione dedicò grande risalto alla vicenda in cui incorse nel 1935 il giornalista ebreo Berthold Jacob. Tutta la questione si presenta a tinte fosche: Berthold Jacob era inviso ai nazisti ancor prima dell’avvento di Hitler per aver denunciato fin dai tempi della Repubblica di Weimar l’accelerata militarizzazione della Germania. I suoi articoli, apparsi tra il 1928 e il 1929 nel Die Weltbühne, provocarono difficoltà e imbarazzi nelle alte sfere dello Stato Maggiore dell’Esercito tedesco. Sentendosi minacciato in patria, nel 1932 decise di lasciare la Germania e di trasferirsi a Strasburgo, ben percependo che di lì a poco il Paese sarebbe entrato in una fase storica pericolosa per chiunque avesse a cuore la libertà e la democrazia. L’improvvisa privazione nel 1933 della cittadinanza tedesca ne fu la palese conferma. Altre dimostrazioni della protervia nazista si ebbero l’anno successivo, quando la Gestapo effettuò un primo tentativo, non riuscito, di rapire il giornalista nell’ancora autonoma regione della Saar per riportarlo in Germania. Si ricorse per questo ad un ambiguo personaggio di nome Hans Wesemann, inizialmente amico e collega di Berthold Jacob e poi assoldato come spia dal governo di Hitler. Fallito il primo tentativo e interrotta l’operazione per volere dello stesso Wesemann, che rischiò di farsi scoprire, nel 1935 il rapimento andò a segno quando la spia invitò il giornalista a Basilea, offrendogli un falso passaporto tedesco e la lusinga di diventare corrispondente a Strasburgo dell’agenzia di stampa inglese Indipendent Newspaper Service. Il 9 marzo i due si incontrarono in un hotel di Basilea, subito raggiunti da un terzo uomo che finse di essere il falsario incaricato di procurare il passaporto. Questi riferì che era necessario recarsi nella sua abitazione per poter completare alcune parti del documento. In realtà si trattava di un espediente ben orchestrato per far salire Jacob su un taxi guidato da una terza spia e lanciare la vettura ad alta velocità oltre il vicinis- Ritratto fotografico di Giuseppe Motta simo confine con la Germania, dove tutto era stato preparato ad arte per accogliere i quattro e arrestare il giornalista. Questa volta il tentativo riuscì e Jacob fu immediatamente trasferito a Weil am Rhein, dove furono avviate a suo carico le procedure per il processo di tradimento ai danni del Reich. In una vignetta satirica di Gregor Rabinovitch, pubblicata nel numero di aprile di Nebelspalter, un candido Berthold Jacob appena “rientrato” forzatamente in Germania si intrattiene con un energumeno in divisa nazista che gli dà il benvenuto e gli indica la strada del patibolo; sullo sfondo un boia in tuba nera lo attende con un cinico sorriso accanto alla forca, mentre sei lugubri corvi sorvolano la zona. Il caso Jacob nel chiarimento ufficiale tedesco, è il titolo della caricatura. Più sotto, riferito ad un’improbabile dichiarazione di Jacob, si legge: «Io mi chiamo Salomon Jacob e sono felice di trovarmi in patria». La versione dei fatti secondo Nebelspalter Come avviene nelle storie di spionaggio e di intrighi internazionali, spesso le spie si tradiscono e cadono in qualche errore fatale. Così fu anche per il subdolo Wesemann, arrestato poco tempo dopo dalla polizia federale di Basilea, dove era tornato per incontrarsi con la propria compagna. Confessò la sua appartenenza alla Gestapo e ammise di aver avuto un ruolo decisivo nella vicenda del rapimento, inducendo il Governo di Berna ad intraprendere azioni di pressione diplomatica sulla Germania nazista per ottenere l’immediato rilascio di Jacob. La violazione della sovranità nazionale da parte del Governo tedesco e il successivo rifiuto di rilasciare Jacob, diede forza al Consiglio federale di invocare il trattato di arbitrato e di conciliazione firmato tra Svizzera e Germania il 31 dicembre 1921. In caso di diniego da parte delle autorità tedesche, Giuseppe Motta minacciava di ricorrere al Tribunale arbitrale internazionale fornendo tutte le prove dell’avvenuta violazione ai danni della sovranità nazionale elvetica. Quella risoluta presa di posizione costrinse il Reich a disporre la scarcerazione di Jacob e a riconsegnarlo alla Svizzera il 17 settembre 1935. Da qui, grazie a un tempestivo provvedimento di espulsione, il giornalista riparò in Francia, mentre Hans Wesemann fu condannato l’anno successivo dal Tribunale di Basilea a tre anni di carcere con l’accusa di sequestro di persona, e al conseguente obbligo di lasciare la Confederazione al termine della pena. La caricatura di Gregor Rabinovitch, posta in copertina dell’ultimo numero del 1935 di Nebelspalter, raffigura una soddisfatta Ma- Vignetta pubblicata nel settimanale «Nebelspalter», 1935 ter Helvetia nell’atto di felicitarsi con l’uomo di Airolo, che regge sottobraccio una cartella con la scritta Protest Note an Deutschland. Le splendide caricature di Gregor Rabinovitch ci danno infine la misura delle abilità di litografi, intagliatori e incisori che all’epoca misero al servizio della satira politica le loro intuizioni e le loro capacità. Talvolta prendendo in giro anche se stessi, come volle fare per l’occasione Rabinovitch comparendo a margine destro della vignetta: il grafico spunta dietro la lunga veste dell’Helvetia per porgere un mazzo di fiori e congratularsi personalmente con Giuseppe Motta. Tragico epilogo L’importante risultato, ottenuto grazie alla determinazione dell’uomo di Airolo, che seppe avvalersi delle norme sancite dal diritto internazionale, non servì tuttavia a mettere in sicurezza il giornalista tedesco. Se il rapimento di Berthold Jacob in suolo elvetico si risolse con un nulla di fatto e nella sconfitta diplomatica della Germania di Hitler, le cose andarono purtroppo diversamente nel 1941, quando a Lisbona Jacob fu vittima di un nuovo rapimento. La Gestapo non si rassegnava all’idea che un uomo tanto pericoloso, degno di stima fuori dal Reich per aver dimostrato grande coraggio ancor prima dell’avvento di Hitler al potere, per giunta ebreo, potesse aggirarsi in Europa con la sua penna al veleno. I maltrattamenti e le angherie subite in carcere, gli causarono danni fisici tali da condurlo alla morte nel volgere di tre anni. Vignetta pubblicata nel settimanale «Nebelspalter», 1935 settembre 2015 La Rivista - 43 30 anni del GCI A Firenze culla di Cultura, Arte e Civiltà di Marco Patruno I responsabili del Gruppo Culturale Internazionale di stanza a Martigny, nel Cantone del Vallese, non potevano scegliere meglio per festeggiare i trent’anni di questa prestigiosa società multietnica di cui fan parte molti italiani. Un programma eccezionale per un avvenimento di grande importanza storica per quest’Associazione atipica che ha saputo attraversare il tempo prendendo le sue lettere di nobiltà e diventando di fatto l’ambasciatrice di Martigny e del Vallese di là delle frontiere della Confederazione Elvetica. Il ricevimento a Palazzo Vecchio Il folto gruppo, che contava anche diverse personalità aderenti al GCI (fra gli altri: Maria Teresa Brembilla Presidentessa del Gruppo Interculturale di Sierre, il Professor Gianfranco Cencio noto gallerista d’Arte a Fully, lo Storico della Marina Léonard-Pierre Closuit 44 - La Rivista settembre 2015 fondatore della “Fondazione Pro-Octodure” che valorizza il passato storico di Martigny la Romana e il Consigliere Municipale al Turismo e Cultura, Michaël Hugon), è stato ricevuto dalla Presidente della Commissione Cultura e Sport del Comune di Firenze, Dr.ssa Maria Federica Giuliani, che, delegata dal Sindaco Dario Nardella, l’ha accolto, con tutti gli onori, il nel famosissimo “Palazzo Vecchio”, il quale, oltre ad essere sede del Comune di Firenze, è il luogo simbolo della storia e della cultura della città. La Presidente, prima di indirizzare il suo vibrante saluto alla numerosa delegazione venuta dalla Svizzera, ha presentato all’auditorio le autorità della città gigliata: Serena Perini, Presidente delle relazioni Internazionali del Comune e Nicola Armentano, Vice Presidente della Commissione consigliare. Nel suo discorso, Maria Federica Giuliani ha evidenziato, tra l’altro, l’importanza di que- sti incontri per offrire nuove opportunità di scambi culturali e artistici con gli amici della vicina Confederazione Elvetica. Il Consigliere di Martigny, Michaël Hugon, a sua volta, ha avuto parole d’elogio e simpatia per i fiorentini e la meravigliosa città di Firenze, donando in segno d’amicizia la medaglia della città d’Octodure al Sindaco del capoluogo toscano. Dopoché, il Presidente e cofondatore del GC, con Emilio Fantelli, ha illustrato alle autorità fiorentine l’importanza del ruolo che quest’Associazione multietnica, a finalità socio-culturale, ha avuto nel tempo e ancora tutt’oggi ha nel creare nuovi contatti forieri di future sinergie, con l’obiettivo, di un progresso comune nell’interesse di queste popolazioni transfrontaliere e di prossimità. Dopo lo scambio dei doni, fra cui spiccava la mitica e simpatica mascotte dei cani del San Bernardo e, la medaglia con l’effige della città di Firenze, per gli amici di Martigny, la comitiva ha avuto il privilegio di una visita guidata del maestoso Palazzo Vecchio che è anche “spazio museale” con tesori di inestimabile valore storico-artistico-culturale. Nel percorrere i vari saloni, gli amici del GCI, son passati da un’emozione all’altra in un’atmosfera da sogno a occhi aperti, ed hanno potuto ripercorrere i grandi momenti della storia di Firenze, rappresentati nei grandi affreschi sulle pareti della Sala dei Cinquecento. Le opere di Michelangelo e Leonardo da Vinci al pari quelle attribuite a Agnolo Bronzino, al Ghirlandaio, a Donatello e al Verrocchio, non potevano certo lasciare indifferenti i membri del GCI, in questo itinerario delle meraviglie. L’Arte e l’arte culinaria in perfetta simbiosi Naturalmente, non sono mancati momenti di convivialità, dove tutto il gruppo multietnico ha potuto condividere i piaceri della buona tavola di cui Firenze e la Toscana hanno il segreto. Le cene nelle colline del Chianti, e in prossimità del Piazzale Michelangelo sulle alture di Firenze, difronte alla casa che ha dato i natali a Galileo Galilei, resteranno nella memoria di tutti i partecipanti, che otre ai cibi prelibati hanno potuto degustare i vini locali, vero nettare degli dei. Ma il più bello, con particolare riferimento all’arte pittorica e sculturale, doveva ancora venire. Infatti, il giorno seguente al ricevimento a Palazzo Vecchio, la comitiva guidata da due simpatiche e competenti guide, varcava la soglia della magica Galleria degli Uffizi. I capolavori presenti in questo luogo di culto per tutti gli amanti dell’arte sono favolosi. Gli amici del GCI hanno potuto ammirare le opere realizzate dai grandi artisti dell’epoca: Michelangelo, Leonardo da Vinci, Botticelli, Tiziano, Raffaello, Verrocchio, Cimabue, Giotto, Donatello, Brunelleschi ecc. Tutti geni che hanno lasciato con le loro opere un’impronta indelebile di quell’eccelso periodo che si ritrova nel Rinascimento. Un momento particolare storico della fioritura delle arti e delle lettere. Difficile, è per noi descrivere con delle parole la magnificenza dei luoghi e delle opere offerte alla vista dei nostri occhi. C’è da rimaner increduli di fronte di tanta bellezza. Accontentiamoci di dire che gli Uffizi sono un tempio dell’Arte che ci tramanda una storia d’incredibile e mirabile bellezza. Si è poi passati in questa traversata artistica, tra le viuzze di codesto museo a cielo aperto che è il capoluogo toscano, alla scoperta quasi occasionale della Cattedrale di Santa Maria del Fiore, il Duomo di Firenze con la famosa Cupola del Brunelleschi e il Campanile di Giotto. Un’opera di magnificenza e colossale. In ultimo, ciliegina sulla torta, la vista panoramica su Firenze, dalle alture del celebre Piazzale Michelangelo, dove troneggia la seducente scultura del Davide, opera mirabile di questo grande genio del Rinascimento. Una perla nel regno della pelletteria toscana C’è poi stato un fuori programma, più sociale che culturale, ma oltremodo interessante con la visita a un’importante fabbrica di borse griffate (Fendi, Prada, Gucci). Ciò grazie alla nostra organizzatrice del viaggio Houda Piota (in arte Ritasso), e del suo amico Danny, direttore di produzione di questa struttura maestra nella realizzazione di articoli in pelletteria di alta qualità. Un gioiello in più per il GCI da aggiungere a quest’anniversario che ha avuto il privilegio di vivere tutte queste emozioni artistico-culturali e sociali in un clima estivo che ha fatto la gioia di tutti i partecipanti. Insomma, un anniversario celebrato nel migliore dei modi, che siamo certi resterà nei cuori e nella memoria dei membri e amici del Gruppo Culturale Internazionale. Emozioni immortalate da Gérard Servais, membro del direttivo del GCI, ex cameraman di TF1, in film su questo straordinario viaggio, con i pittoreschi commenti del capo redattore del Confédéré, Jean-Jacques Michelet. È arrivato il nuovo catalogo IKEA! Scopri anche la nostra App Catalogo IKEA. 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Che grande sia l’attesa, d’altronde proporzionale alla rilevanza dell’evento, lo hanno testimoniato nelle tappe di avvicinamento le polemiche – quelle attorno alla nomina della responsabile eventi, e quelle derivate dalla palese irritazione espressa a chiare lettere dal direttore artistico all’indirizzo del municipio cittadino, che qualcuno ha visto come il possibile preludio a clamorose dimissioni – ma anche la velocità - 4 ore – con la quale sono andati esauriti tutti i biglietti per le due principali manifestazioni inaugurali: La Verità della compagnia Finzi Pasca e la Nona Sinfonia di Beethoven eseguita dall’Orchestra della Svizzera Italiana diretta dal maestro Vladimir Ashkenazy. Chi non è riuscito accaparrarsi i biglietti, confidi nelle repliche. LAC Lugano Arte e Cultura è il nuovo centro culturale dedicato alle arti visive, alla musica e alle arti sceniche, che si candida a diventare uno dei punti di riferimento culturali della Svizzera, con l’intento di valorizzare un’ampia offerta artistica ed esprimere l’identità di Lugano quale crocevia culturale fra il nord e il sud dell’Europa. All’interno della suggestiva struttura architettonica affacciata sul lago, troverà spazio una ricca programmazione di mostre ed eventi, stagioni musicali, rassegne di teatro e danza, insieme a una varietà di iniziative culturali e un folto programma di attività per i giovani e le famiglie. Al LAC avrà infatti sede il costituendo Museo d’Arte della Svizzera italiana, nato dall’unione tra il Museo Cantonale d’Arte e il Museo d’Arte della città di Lugano. I suoi tre piani espositivi ospiteranno la collezione permanente della città di Lugano e del Cantone Ticino, mostre temporanee e installazioni site specific. Una nuova sala concertistica e teatrale da 1000 posti, interamente rivestita in legno e dotata di una speciale conchiglia acustica modulare e rimovibile, accoglierà invece un ampio calendario di spettacoli performativi e concerti. Sarà la sede prin- settembre 2015 La Rivista - 47 La hall dall’interno... © Lac – Foto studio Pagi cipale delle stagioni di LuganoInScena e di LuganoMusica (la nuova denominazione di Lugano Festival) alle qual si affiancheranno le attività della Compagnia Finzi Pasca e dell’Orchestra della Svizzera italiana (OSI), come pure parte della stagione concertistica della Radiotelevisione Svizzera di lingua Italiana (RSI). Il LAC intende rappresentare il cuore pulsante di una rete culturale che si estende ben oltre i confini cittadini, coinvolgendo gli attori pubblici, para-pubblici e privati già attivi nel territorio nell’ambito della cultura – musei, orchestre, artisti, associazionismo culturale, biblioteche, le istituzioni educative, Il progetto architettonico Continuità territoriale e urbanizzazione dello spazio pubblico Nato come luogo di condivisione e contaminazione fra diverse discipline artistiche, il LAC testimonia sin dalla sua configurazione architettonica la propria vocazione di realtà aperta, di incontro fra le arti, gli artisti e la collettività. Lugano e il LAC – che non nasce come attrazione architettonica, ma come un vero e proprio nuovo quartiere per le arti e la cultura – dialogano senza sosta tra loro. A proposito di questo dialogo, l’architetto Gianola che ha firmato il progetto afferma che: “È proprio la forza di tutta la città a dare forza al LAC. Quello del centro culturale non è il progetto di un edificio prestigioso, ma di una continuità territoriale e di una nuova urbanizzazione.” Nel 2001, 130 studi hanno partecipato al concorso per la realizzazione del nuovo centro culturale, in seguito vinto dall’architetto Ivano Gianola. Esponente della cosiddetta “Scuola Ticinese”, Gianola si distingue per il forte legame dei suoi progetti architettonici con l’ambiente in cui sono inseriti. 48 - La Rivista settembre 2015 gallerie d’arte, collezionisti – nella realizzazione di un progetto condiviso. Il programma dell’inaugurazione Dal 12 settembre inizieranno 14 giorni di festeggiamenti per alzare il sipario su uno dei più interessanti nuovi centri culturali della Svizzera e dell’Europa. Anche in questa realizzazione il punto di forza del progetto è l’assenza di una separazione fisica tra le vie della città e l’edificio. Come la strada e la piazza, anche il pian terreno del LAC è pensato per essere accessibile a tutti. La conformazione della struttura che ospita il museo, sollevata da pilastri, non chiude lo spazio in un perimetro definito, ma lo apre verso il lago. Dalla piazza si possono poi prendere diverse direzioni: si può entrare al LAC per raggiungere il museo o il teatro, si possono attraversare le corti interne, entrare nel parco adiacente o incamminarsi verso il centro. Un’ordinaria via di passaggio I visitatori sono accolti in un’ampia hall di 650 metri quadrati, pensata come una grande finestra che rende appena percepibile il limite tra interno ed esterno. Si affaccia da un lato sulla nuova piazza Bernardino Luini e sul lago, dall’altro sull’anfiteatro esterno e sul parco creato a fianco del complesso. La hall – nella quale si trovano la biglietteria, il bookshop e un caffè – è percorribile, come una normale via urbana, per spostarsi da una parte all’altra della città: una scelta voluta per cercare di azzerare la separazione tra gli spazi fisici e un invito a vivere il LAC nella quotidianità di ogni giorno. Attraverso la hall si accede alla sala teatrale e concertistica (800 metri quadrati) con 1000 posti a sedere. La sala è un concentrato di soluzioni modulari e “Quando Michel Gagnon mi ha chiesto di coordinare la regia generale per l’inaugurazione del nuovo centro culturale, ho pensato subito di creare, per le tre settimane di festeggiamenti, tre filoni di eventi che avrebbero interpretato al meglio la vocazione del LAC: essere uno spazio aperto a tutti, anche per le famiglie e i giovani; essere una “casa per le arti e la cultura”, rappresentando e coinvolgendo i partner di musica, arti visive, teatro e danza; essere l’espressione di una “artisticità territoriale” che ha bisogno del suo centro di propulsione per poter emergere e affermarsi nel mercato della cultura.” Con queste parole, Carmelo Rifici, regista generale dell’inaugurazione e direttore artistico di LuganoInScena, ha motivato le scelte che presiedono all’impalcatura del programma inaugurale, articolato su tre fine settimana. Sabato 12 settembre e domenica 13 settembre Si alza il sipario! Un universo di magia, poesia, arte e musica per tutti Il mattino alle ore 10:00 un simbolico taglio del nastro aprirà i festeggiamenti e le porte del LAC. Avrà così inizio un primo fine settimana che trasporterà famiglie, cittadini e il grande pubblico in un universo di magia, poesia, arte e musica dentro e fuori il centro culturale. La musica accompagnerà i visitatori in piazza e si diffonderà nei suoi spazi, fino alla Chiesa degli Angioli, nel corso dell’intera giornata. Numerose le proposte coordinate da LuganoMusica e dall’Orchestra della Svizzera italiana che vedono la collaborazione del Conservatorio della Svizzera Italiana: un ensemble di percussioni, un trio clarinetto, fisarmonica e contrabbasso, il Quartetto Energie Nove, la ... e vista dall’esterno con il grande affaccio su piazzale Luini © Lac – Foto studio Pagi Scuola di Musica Moderna, un ensemble di flauti e il coro delle voci bianche. Accanto alla musica, le prime performance di teatro e danza: Progetto Brockenhaus e la Scuola Dimitri, con momenti performativi creati appositamente per questo grande evento. Un mondo di favole fatto di dolci e balocchi, per bambini e non ingegneristiche all’avanguardia che permettono di ospitare ogni tipo di spettacolo: dai concerti sinfonici a quelli jazz, dall’opera all’operetta, dalla danza al teatro di prosa. Questa versatilità si deve in particolare alla conchiglia acustica modulabile e a un sistema mobile della fossa orchestrale che può alzarsi fino al livello del palco, estendendolo fino alla prima fila di sedie. Grazie alla collaborazione tra l’architetto Ivano Gianola e la Müller BBM di Monaco di Baviera – azienda leader nel campo dell’ingegneria acustica – la sala teatrale e concertistica del LAC combina sapientemente l’estetica architettonica alla qualità acustica. Sul lato opposto della hall si accede invece al museo, nato dall’unione tra il Museo Cantonale d’Arte e il Museo d’Arte della città di Lugano. Sviluppato su tre piani espositivi per una superficie complessiva di 2500 metri quadrati, ospita le prestigiose collezioni d’arte di Lugano e del Canton Ticino. Su un piano ha sede la mostra permanente, negli altri le temporanee. Completano la struttura architettonica, il Teatrostudio – dedicato agli spettacoli più piccoli e alla sala prove per le attività teatrali e concertistiche, dove sarà possibile montare anche le scenografie – diverse sale multiuso che soddisfano perfettamente i criteri di multifunzionalità. A pochi metri dalla struttura si trova infine lo Spazio -1 che ospita la collezione d’arte contemporanea Giancarlo e Danna Olgiati. solo, sarà aperto tutto il giorno nell’anfiteatro situato tra la hall e il parco. A partire dalle ore 10:00 si inaugureranno anche le mostre del costituendo Museo d’Arte della Svizzera italiana che saranno visitabili durante tutto il periodo dell’inaugurazione e resteranno allestite fino ad inizio 2016: Orizzonte Nord-Sud. Pro- Combinazione di antico e moderno Con un volume di ben 180’000 metri cubi, il LAC sorge sul sedime dell’ex albergo Palace. L’intera superficie costruita è pari a circa 29’000 metri quadrati, senza contare la grande piazza antistante la struttura ed il parco retrostante. Il centro culturale, con tutto il comparto che lo costituisce, comprende alcuni gioielli architettonici già presenti o rinnovati, come l’importante chiesa di Santa Maria degli Angioli, che contiene affreschi cinquecenteschi di Bernardino Luini, il convento francescano e l’annesso chiostro. La struttura è stata pensata al centro di una croce: ai suoi estremi ci sono il centro storico, la nuova espansione urbana che si estende verso Paradiso, il parco e il lago. Diventa così una sorta di filtro, di cuore pulsante, un muscolo della città che dà vita e racchiude in se stesso diversi contenuti urbanistici. La combinazione di antico e moderno è una caratteristica del LAC. I vincoli di mantenimento originario delle facciate dell’ex Grand Hotel Palace e dei resti del convento e del chiostro sono stati fondamentali per lo sviluppo del progetto. Questa parte della città rivive non solo grazie ai nuovi edifici pubblici, ma anche grazie alle parti storiche che riacquistano la loro funzione. Le sale al pianterreno del chiostro, ad esempio, diventano nuovi spazi riaperti alla cittadinanza, mentre i piani superiori saranno occupati dagli uffici del LAC. settembre 2015 La Rivista - 49 Il LAC, veduta aerea. Non nasce come attrazione architettonica, ma come un vero e proprio nuovo quartiere per le arti e la cultura. tagonisti dell’arte europea ai due versanti delle Alpi 1840-1960 e la mostra personale di Anthony McCall, Solid Light Works. L’offerta espositiva si completerà con la mostra In Ticino. Presenze d’arte nella Svizzera italiana 1840-1960 a Palazzo Reali e con la personale di Giulio Paolini allo Spazio -1 Collezione Giancarlo e Danna Olgiati. Ad inizio pomeriggio, nel Teatrostudio, si terrà una rilettura in chiave contemporanea de I Promessi sposi dal titolo Il sugo della storia. Il momento istituzionale è previsto in Piazza alle ore 17:00 con i discorsi ufficiali delle autorità. A seguire, alle ore 19:30, lo spettacolo La Verità della Compagnia Finzi Pasca, per l’occasione impreziosita da alcune sorprese dedicate a Lugano, aprirà per la prima volta il sipario del Teatro. Un sipario, questa volta d’acqua, si staglierà in seguito alle ore 22:15 in piazza Bernardino Luini per un grande spettacolo all’aperto prodotto da LuganoInScena e dalla compagnia Mymoon. Memorie dell’acqua trasporterà gli spettatori in una dimensione onirica sospesa tra terra, cielo e lago; in un racconto per immagini, fatto di danzatori volanti, sfere luminose sospese sulle acque di fronte al LAC, trampolieri e grandi dame in crinoline luminose che danzeranno intorno al pubblico. Il programma della seconda giornata proseguirà all’insegna del mondo delle favole. I più piccoli avranno l’opportunità di partecipare al laboratorio artistico Le barchette sul LAC con l’artista Silvia Paradela (ore 14:00). Performance teatrali animeranno i vari spazi del centro culturale: Imbuteatro, narrazione orale per un solo spettatore di Cinzia Morandi in collaborazione con Teatro PAN e le repliche 50 - La Rivista settembre 2015 della rilettura da I Promessi sposi, Il sugo della storia. Alle ore 14:30 è previsto il secondo appuntamento con La Verità, mentre alle ore 17:00 la performance in piazza del gruppo musicale Swing Power chiuderà il programma del primo fine settimana di festeggiamenti. Da martedì 15 a venerdì 18 settembre I giorni che precedono il secondo fine settimana coinvolgeranno le scuole e introdurranno nuove attività. Insieme alle repliche serali de La Verità (ore 20:30), debutterà la prima produzione teatrale di LuganoInScena creata per l’inaugurazione: Attraverso lo specchio (tutti i giorni alle ore 10:30 e 11:30). Uno spettacolo scritto e diretto da Marcello Chiarenza, in collaborazione con Teatro PAN, che rivelerà in modo narrativo e magico gli spazi del teatro agli allievi delle scuole e che sarà sotto il cappello di LAC Edu. Anche i più giovani potranno così scoprire la nuova casa della cultura attraverso un’esperienza teatrale unica, che resterà in repertorio e verrà replicata durante l’arco dell’anno. Alle ore 18:00 il pubblico avrà la straordinaria occasione di scoprire il LAC con The Walk: uno spettacolo audioitinerante per le sale e i dintorni del centro culturale, creato dal duo di artisti Cuocolo-Bosetti, conosciuti e premiati per le loro creazioni di esperienza urbana in cui teatro e vita, realtà e finzione, attore e personaggio si sovrappongono. Sabato 19 e domenica 20 settembre Spazio alle eccellenze del territorio e ai giovani Il secondo fine settimana si rivolge ai giovani e al contemporaneo, con particolare attenzione alle compagnie e agli artisti del territorio. Saranno coinvolti la compagnia Aiep/Avventure in Elicottero Prodotti con l’azione interattiva VOCsolo, Lorena Dozio con la Compagnia Crile in ALibi, gli artisti Luca Spadaro e Giuseppe Asaro che proporranno un percorso tra danza, teatro e letteratura, Silvia Paradela, Cuocolo-Bosetti e il progetto Trickster-P con un’installazione artistica. Debutterà inoltre la seconda produzione teatrale di LuganoInScena, con la regia di Antonio Ballerio e le eccellenze artistiche ticinesi in campo teatrale. Al culmine del secondo week-end, due momenti importanti che mostreranno l’ecletticità del LAC: nel pomeriggio di sabato il maestro Giorgio Albertazzi leggerà dei canti della Divina Commedia, mentre in chiusura di giornata la musica elettronica accompagnata da installazioni artistiche invaderà la hall del LAC. Questo fine settimana, il pubblico avrà inoltre le ultime occasioni per assistere a La Verità sabato alle 20:30 e domenica alle ore 14:30. A partire da lunedì 21 settembre inizierà il cambio di scena nel Teatro, scenderà la conchiglia acustica per l’evento conclusivo. Venerdì 25 e sabato 26 settembre Gran finale in musica Il gran finale è riservato all’appuntamento musicale di maggior rilievo: venerdì 25 e sabato 26 settembre (ore 21:00) l’Orchestra della Svizzera italiana e il Coro della Radiotelevisione Svizzera aprono la stagione concertistica della nuova sala del LAC con la Sinfonia n. 9 in re minore op. 125 (1824) di Ludwig van Beethoven, il più rappresentativo e celebrativo capolavoro musicale del grande repertorio classico. Sul palco è atteso a dirigere un artista di fama mondiale tra i più rinomati e acclamati, Vladimir Ashkenazy, dal 2013 direttore ospite principale dell’OSI. Per il Finale della Sinfonia - su testo dell’ode An die Freude - Alla gioia di Friedrich Schiller - sono inoltre chiamati quattro solisti di prestigio internazionale: il soprano italiano Anna Bonitatibus, il tenore tedesco Christoph Strehl e il baritono islandese Olafur Sigurdarson. La serata del 25 settembre, una sarà diffusa alle 21.00 in diretta televisiva (LA 2), in diretta radiofonica (Rete Due) e in streaming da RSI-Radiotelevisione svizzera, mentre giovedì 24, la prova generale sarà aperta alle scuole (ore 21:00). Si spegneranno così i riflettori sulle giornate inaugurali, per aprire il sipario sulla prima stagione teatrale e musicale ed entrare nel vivo della programmazione espositiva e delle iniziative del LAC: un nuovo inizio per l’arte e la cultura a Lugano. Si è conclusa la 68ma edizione del Festival del film Locarno S abato 15 agosto sono stati conferiti i premi ai vincitori del 68° Festival del film Locarno. L’edizione 2015, la terza sotto la direzione artistica di Carlo Chatrian, si è conclusa con successo ed è stata coronata con il Pardo d’oro al film Right now, wrong then del regista sudcoreano HONG Sangsoo. Il Presidente Marco Solari ha chiuso ufficialmente la 68a edizione, sottolineando che il “Festival che consolida con l’edizione 2015 sul piano qualitativo la sua posizione internazionale e nazionale. Festival che guarda avanti con umiltà e con fiducia nelle proprie forze ma sa di non potersi permettere errori. Festival che difende senza compromessi la libertà di scelta, l’autonomia e l’indipendenza della Direzione artistica e delle giurie, libertà artistica, vera ragione d’essere della manifestazione locarnese.” Dal canto suo Carlo Chatrian ha ricordato con soddisfazione che “per undici giorni Locarno è stato quella casa del cinema che abbiamo promesso in fase di presentazione. Saluto la generosità degli ospiti di questa 68a edizione, capaci non solo di rilanciare con la loro presenza questa festa del cinema ma anche di illuminare con la loro parola il programma. Mi rallegro con i vincitori senza dimenticare tutti quei registi, attori, professionisti che ci hanno regalato emozioni, divertimento, passione e stupore. Voglio infine ringraziare lo straordinario pubblico di questo Festival, curioso e pertinente: è lui il vero tesoro di Locarno, la sua miniera inesauribile per fedeltà e passione.” ll Direttore operativo Mario Timbal ha tracciato un primo bilancio dell’edizione: “Siamo sicuramente più che soddisfatti dell’andamento della manifestazione. Le condizioni meteorologiche segnate dal caldo afoso dei primi giorni e la pioggia degli ultimi hanno ancora una volta messo in evidenza la generosità e l’attaccamento del pubblico del Festival. Una generosità che si riflette nella calorosa partecipazione alle proiezioni e agli eventi. L’affluenza è stata alta, in linea con i risultati delle scorse edizioni: durante gli undici giorni hanno partecipato al Festival 164’000 spettatori (2014: 166’800). Sulla Piazza Grande c’è stato un leggero aumento (ca. 66’000 = + ca. 1%), mentre nelle sale si registra una leggera flessione, un risultato positivo se si considera che lo scorso anno le molte giornate di pioggia aveva richiamato in sala di giorno un numero record di spettatori. 4’209 (2014: 4’232) il numero generale di accreditati, mentre i giornalisti e fotografi presenti a Locarno sono stati 937 (2014: 962); un leggero calo concentrato principalmente sui professionisti provenienti dalla zona Euro e influenzato dal rincaro del Franco Svizzero, che ha però avuto meno conseguenze di quanto ci si aspettava. Il numero di rappresentati dell’industria cinematografica che hanno partecipato al Festival è invece aumentato, con 1’105 accrediti Industry (2014: 1’049).” settembre 2015 La Rivista - 51 Aspettando il Palacinema Insomma dichiarazioni quelle dei “tre Moschettieri del festival” (Solari, Chatrian e Timbal), che esprimono una soddisfazione condivisa, poco o nulla scalfitta dalle polemiche, sostanzialmente circoscritte ad un ambito quasi incestuoso e a rischio di autolesionismo. Diatribe che nulla hanno a che vedere con il cinema. Ma che si alimentano a dismisura grazie all’attenzione che durante il Festival viene loro dedicata dalla molteplicità e dalla duttilità dei mezzi di informazione elettronici. Infatti, non sono certo le accuse di falso ideologico, talvolta sgarbate e poco urbane, spesso eccitate dalla ricerca di gratuita visibilità, conseguenti alla presunta esclusione intenzionale dal Festival del film Noun (un réportage adatto alla televisione, sostiene Chatrian) - che racconta le persecuzioni dei cristiani in Iraq - che possono gettare ombra sull’edizione del Festival che si è da poco conclusa. Neppure lo può fare l’attesa (ma davvero c’è) di un verdetto che sentenzi se possa realmente prefigurare un reato di corruzione il fatto che un politico accetti di presenziare qualche giorno al Festival con alloggio, e magari anche il vitto, pagato da uno degli sponsor. Accertamenti sono in corso, semmai sorprende che, nel tentativo di chiarir il garbuglio, accanto ad amministratori della cosa pubblica locale, si sia cimentato anche un luminare del diritto con responsabilità politica nazionale. Pensa male chi abbia subito visto in questo attivismo i sintomi di quella propaganda che discende dal clima elettorale. Ma, come diceva chi della materia era un esperto, a pensar male qualche volta ci s’azzecca. Anche il garbuglio. Polemiche a parte Polemiche a parte, il Festival è già proiettato Michael Cimino, Pardo d’onore Swisscom © Festival del Film Locarno / Massimo Pedrazzini verso il 2017, anno in cui ci sarà l’inaugurazione del Palacinema. Che non significa solamente nuovi spazi (tre sale di proiezione di alto livello tecnico), ma anche la realizzazione di un polo dell’audiovisivo che fornisca forma e contenuti ad un’attività che, diluita sull’intero arco dell’anno, abbia nei dieci giorni del festival il suo acme. In fin dei conti, come sostiene il suo presidente, il Festival è una sorta di Davos in tono minore, dove si vedono film ma si creano anche le occasioni per far dialogare politica, economia, scienza e cultura. Quella consegnata dalle cronache alla storia del Festival, è un’edizione che conferma una sorta di cambiamento di rotta (secondo Solari il festiva è “come un motoscafo tra le petroliere e uno dei nostri punti di forza è proprio quello di poter cambiare rotta molto velocemente”), in qualche modo dettata, oltre che da esigenze di impatto comunicativo, anche dalla concorrenza interna. Solari l’aveva ricordato già in occasione della presentazione: favorire le iniziative nei centri urbani (leggi Zurigo, nel caso del cinema), rischiando di penalizzare quelle periferiche, è miope oltre che pericoloso. In certi casi (leggi Locarno) si ammazza la tradizione. Quella stessa che il Festival non tradisce, pur cedendo alle sollecitazioni di chi lo vorrebbe più glamour. Ma di un glamour non fine a se stesso, rinchiuso dentro i paletti di un compiaciuto edonismo, bensì capace di veicolare contenuti. Spazio pertanto a nomi di richiamo, a patto però che abbiano qualcosa da dire, da testimoniare. Ecco dunque che il tappeto rosso (vale quanto red carpet, anche se è citato in italiano), locarnese lo hanno calpestato, tra gli altri, Michael Cimino (che ha provocato: “questo pardo assomiglia ad un gallina”, inducendo qualcuno in riflessione), Andy Garcia, Edward Norton, Marthe Keller, Walter Murch, Marco Bellocchio. Per tetto un cielo di stelle Marco Solari Presidente del Festival, Ippolita di Majo e Mario Martone regista di Pastorale Cilentana © Festival del film Locarno / Sailas Vanetti 52 - La Rivista settembre 2015 Una mutazione che si è percepita anche in Piazza Grande. Che del festival è il marchio irrinunciabile, il luogo dove ogni regista sogna di vedere il proprio film sul grande schermo, la cifra distintiva (la conferma che in fondo il festival è davvero popolare, nel senso ampio e buono del termine), il salotto dove si ritrovano anche coloro che non necessariamente cercano l’emozione, che deriva dalla visione di un film, ma quella che si vive in una sorta di rito collettivo condiviso con migliaia di altre persone, avendo per tetto un cielo di stelle. Ogni sera in Piazza è stata trasformata in un evento: per la presenza di veri e propri miti (le star della celluloide), per la volontà di coniugare diversi registri cinematografici, per In coda davanti al cinema ExRex per la retrospettiva di Sam Peckinpah © Festival del film Locarno / Sailas Vanetti il suo: giudizio s’intende. Pertanto, sugli allori di una personale classifica finiscono, oltre a quello che ha vinto il Pardo d’oro, la Suite Armoricaine della francese Pascal e Breton, un raffinato viaggio nella memoria, e Chevalier di Athina Rachel Tsangari, lo sguardo femminile sul piccolo universo di uomini impegnati nel consueto gioco di potere. Gli italiani al festival l’audacia di osare nella sperimentazione. Pur non proponendo capolavori, quest’anno in Piazza si sono visti, complice anche una programmazione ricca di pellicole americane, film che non hanno deluso il pubblico. Forse non tutti di buon livello: Amnesia di e l’indiano Bombay Velvet sono fra quelli meno riusciti. In ogni caso, pieni di brio come Ricki and the Flash, graditi e gradevoli come Guibord s’en va-t-en guerre di Philippe Falardeau, intelligenti e raffinati come La Vanité o ben confezionati e interessanti come il tedesco Der Staat gegen Fritz Bauer, al quale meritatamente è andato il premio del pubblico. Il concorso Locarno è un festival del cinema d’autore e i film selezionati dalla giuria non rispondono a un criterio commerciale, ma artistico. Con la diminuzione delle entrate nelle sale cinematografiche, i distributori privilegiano sempre più i film da botteghino. Anche con un Pardo d’oro, film impegnativi come quello di Lav Diaz From What Is Before, (di oltre cinque ore ndr) che ha vinto l’edizione dello scorso anno, difficilmente saranno mostrati fuori dal loro paese di produzione. D’altronde, capita così in quasi tutti i festival, tranne forse Cannes, dove i film presentati sono già più commerciali. A questo si aggiunge il fatto che, con l’avvento del digitale, il numero di film prodotti è esploso. La selezione diventa sempre più difficile inoltre i canali di distribuzione tradizionale dei film d’autore non funzionano più e un’alternativa non è stata ancora trovata. Senza contare che i giovani vanno sempre meno al cinema e consumano i film su VOD (Video on Demand), alla televisione o sui tablet. È uno sviluppo che non può essere trascurato. La VOD ha grandi potenzialità, ma anche su questo supporto si pone il problema di sapere in che modo promuovere quei film di cui non parla nessuno, sconosciuti al grande pubblico. In questo scenario il festival non può influenzare la promozione di un film anziché di un altro, offre però ad un film l’opportunità di essere visto, ai professionisti di incontrarsi e di vederlo, di discutere e tessere nuove relazioni. In tal senso, anche i film selezionati vanno considerati, in quanto espressioni di cinematografie periferiche, di linguaggi innovativi, di contenuti originali. Poi come sempre accade la valutazione soggettiva è partigiana e faziosa, anche quella di chi come il direttore artistico è preposto a fare le scelte. Quest’anno, a chi scrive restano le perplessità delle selezione in concorso di film di mostri sacri come Otar Iosseliani e Andrzej Zulawski, sicuramente maestri nell’esercizio di stile, che, fine a se stesso, è preludio di noia mortale. In competizione con loro, un film irritante come No Home movie di Chantal Ackerman, e quello di 10 giovani registi svizzeri, Heimatland, che ha il pregio di essere la sintesi del pensiero di 10 teste, e questo già di per sé è un impresa degna di nota, ma per il resto, costruito attorno ad una provocazione molto attuale e del pari scontata, può essere visto con simpatia e nulla più. Comunque anche in questo caso a ciascuno Fra i film apprezzati nel Concorso, anche Bella e perduta di Pietro Marcello, emozionante e poetico, che prende spunto da un fatto di triste attualità per raccontare in modo originale e sorprendente quanto inutile sia in Italia battersi per salvare la bellezza. Dalle viscere del Vesuvio Pulcinella, servo sciocco, viene inviato nella Campania dei giorni nostri per esaudire le ultime volontà di Tommaso, un semplice pastore: mettere in salvo un giovane bufalo di nome Sarchiapone. Nella Reggia di Carditello − residenza borbonica abbandonata nel cuore della Terra dei Fuochi, di cui Tommaso si prendeva cura − Pulcinella trova il bufalotto e lo porta con sé verso nord. I due servi, uomo e animale, intraprendono un lungo viaggio in un’Italia bella e perduta, alla fine del quale non ci sarà quel che speravano di trovare. Un film italiano coraggioso, programmato Fuori concorso, è quello di Alberto Fasulo. Si intitola Genitori ed è un film documentario che si prende la libertà di entrare, immaginare e comprendere la realtà di famiglie che vivono l’esperienza di aver un figlio disabile. Giorno dopo giorno affrontano la propria quotidianità e riscoprono nel dialogo la pos- Marco Bellocchio, con il Pardo d’onore © Festival del film Locarno / Samuel Golay settembre 2015 La Rivista - 53 sibilità di sorreggerla e comprenderla. I temi che emergono nel film − tra cui indipendenza, sessualità, limite, senso di colpa, diritto al lavoro – con i quali qualunque genitore, prima o poi, è costretto a confrontarsi. Due film italiani, anzi tre, hanno avuto l’onore della Piazza Grande. Il primo è un cortometraggio (19’) di Marco Martone, senza parole. S’intitola Pastorale Cilentana, è ambientato in un paesaggio agricolo della metà del XIV secolo. Fra mare e monti, i campi sono coltivati con viti e olivi a perdita d’occhio. La giornata di chi ci vive è scandita dal passare delle ore segnate dai rintocchi delle campane, dal fluire delle stagioni, dal sole che sorge e tramonta, dalla pioggia, dal vento, dal caldo bruciante dell’estate. Nino, 8 anni, si sveglia all’alba e porta al pascolo le capre. Attraversa paesaggi arcaici e sublimi, il suo cammino è come un viaggio lunghissimo, un percorso di conoscenza. L’altro, presentato come evento speciale, realizzato da Marcello Forte, s’intitola Asino Vola ed è il racconto di un sogno. Quello di Maurizio, un bambino caparbio cresciuto nella fiumara, dove la gente butta quello che non serve più. La discarica è diventata il suo parco giochi dove, tra carcasse d’automobili e piccoli e grandi tesori, coltiva il sogno di suonare nella banda del paese. Mamma Rosa vede la musica come un capriccio, un lusso che la famiglia non si può permettere. Così, tra i buoni consigli dell’asino Mosè e i dispetti della gallina N’Giulina, si moltiplicano le avventure e Maurizio capisce che, se vuole realizzare il suo sogno, dovrà essere determinato fino alla fine. Fra gli italiani al festival, una menzione speciale va a Marco Bellocchio, di cui in Piazza Grande è stato proiettato un a versione restaurata del suo I Pugni in tasca (1965). Il PALMARÈS 2015 regista italiano è stato insignito con il Pardo d’onore che in un incontro con il pubblico ha così sintetizzato il suo pensiero: “Ancora oggi, quando m’impegno in un film, non scelgo un tema, mi faccio incantare da una o più immagini e cerco di capire se possano avere una loro trama, una storia, una drammaturgia. Un film, dal mio punto di vista, è ben riuscito se in qualche modo quello che tu racconti, che ha origine nella tua vita, nella tua esperienza, affascina e commuove chi lo vede, pur restando profondamente, e in modo riconoscibile, legato a te a livello di temi e di racconto puro”. Attualmente Bellocchio è impegnato sul set di Fai bei sogni, film che sta girando dal libro di Massimo Gramellini. Il 69° Festival del film Locarno si terrà dal 3 al 13 agosto 2016. Pardo d’ oro 2015, il regista Hong Sang-Soo qui ritratto con l’attrice KIM Min-hee © Festival del film Locarno / Samuel Golay Concorso internazionale Pardo d’oro JIGEUMEUN MATGO GEUTTAENEUN TEULLIDA (Right Now, Wrong Then) di HONG Sangsoo, Corea del Sud Premio speciale della giuria TIKKUN di Avishai Sivan, Israele Pardo per la miglior regia ANDRZEJ ZULAWSKI per COSMOS, Francia/Portogallo Pardo per la miglior interpretazione femminile a: TANAKA SACHIE, KIKUCHI HAZUKI, MIHARA MAIKO, KAWAMURA RIRA per HAPPY HOUR di HAMAGUCHI Ryusuke, Giappone Pardo per la miglior interpretazione maschile JUNG JAE-YOUNG per JIGEUMEUN MATGO GEUTTAENEUN TEULLIDA (Right Now, Wrong Then) di HONG Sangsoo, Corea del Sud Menzioni speciali Per la sceneggiatura di HAPPY HOUR di HAMAGUCHI Ryusuke, Giappone Per la fotografia di Shai Goldman per TIKKUN di Avishai Sivan, Israele Concorso Cineasti del presente Pardo d’oro Cineasti del presente – Premio Nescens THITHI di Raam Reddy, India/Stati Uniti/Canada Premio speciale della giuria Ciné+ Cineasti del presente DEAD SLOW AHEAD di Mauro Herce, Spagna/Francia Premio per il miglior regista emergente LU BIAN YE CAN (Kaili Blues) di BI Gan, Cina Pardi di domani Concorso internazionale Pardino d’oro per il miglior cortometraggio internazionale – Premio SRG SSR MAMA di Davit Pirtskhalava, Georgia 54 - La Rivista settembre 2015 Pardino d’argento SRG SSR per il Concorso internazionale LA IMPRESIÓN DE UNA GUERRA di Camilo Restrepo, Francia/Colombia Nomination di Locarno agli European Film Awards – Premio Pianifica FILS DU LOUP di Lola Quivoron, Francia Concorso nazionale Pardino d’oro per il miglior cortometraggio svizzero – Premio Swiss Life LE BARRAGE di Samuel Grandchamp, Svizzera/Stati Uniti Pardino d’argento Swiss Life per il Concorso nazionale D’OMBRES ET D’AILES di Eleonora Marinoni, Elice Meng, Svizzera/ Francia Best Swiss Newcomer Award LES MONTS S’EMBRASENT di Laura Morales, Svizzera Prix du Public UBS DER STAAT GEGEN FRITZ BAUER di Lars Kraume, Germania Variety Piazza Grande Award LA BELLE SAISON di Catherine Corsini, Francia Sequenze di Jean de la Mulière Youth di Paolo Sorrentino Amnesia di Barbet Schroeder Knight of Cups di Terrence Malick In un elegante albergo ai piedi delle Alpi (il film è stato girato fra Davos e Flims) Fred e Mick, due vecchi amici alla soglia degli ottant’anni, trascorrono insieme una vacanza primaverile. Fred è un compositore e direttore d’orchestra in pensione, Mick un regista ancora in attività. Sanno che il loro futuro si va velocemente esaurendo e decidono di affrontarlo insieme. Guardano con curiosità e tenerezza alla vita confusa dei propri figli, all’entusiasmo dei giovani collaboratori di Mick, agli altri ospiti dell’albergo, a quanti sembrano poter disporre di un tempo che a loro non è dato. E mentre Mick si affanna nel tentativo di concludere la sceneggiatura di quello che pensa sarà il suo ultimo e più significativo film, Fred, che da tempo ha rinunciato alla musica, non ha alcuna intenzione di tornare a dirigere un’orchestra anche se a chiederglielo fosse la regina Elisabetta d’Inghilterra. Apparentemente mimetizzata sotto l’accumulo di incrostazioni estetiche barocche, sotto il suo provocatorio e affascinante sensazionalismo visivo, il regista intreccia la sua visione della vita, veicolandola attraverso i suoi personaggi. Ognuno dei quali insegna qualcosa: che la consapevolezza non è legata all’età o all’aspetto; che bisogna scegliere se rivolgersi all’inconscio inferiore o superiore delle persone; che il divino nel mondo si rivela in modi diversi, spirituali ma anche sensuali; che nell’attimo in cui assecondiamo una passione ci spogliamo di qualsiasi schiavitù; che la vita ci obbliga al cambiamento per poterci dare ciò di cui abbiamo bisogno. Il focus, ad ogni modo, resta sulla vecchiaia perché, qualunque sia lo stato del corpo, coincide col momento deputato a guarire dalle ferite della psiche e del cuore, per il semplice fatto che poi non ci sarà più il tempo per farlo. Ibiza, pochi mesi dopo la caduta del muro di Berlino. Jo, musicista berlinese di 25 anni, sogna una notte da DJ all’Amnesia, mitica discoteca dell’isola. Martha, anche lei tedesca vive sola davanti al mare da quarant’anni, in una condizione d’esilio radicale al punto di autoimporsi anche il divieto di parlare la sua lingua madre. Una notte Jo bussa alla sua porta: la solitudine di questa donna lo intriga. I due diventano amici, ma i misteri che circondano Martha si moltiplicano… Trascinata da Jo nel mondo emergente della musica elettronica e all’incontro con il passato, Martha metterà in discussione le proprie certezze. Il bagliore del tempo sospeso di un’isola. E il tempo rimosso della Storia che lentamente corrode dal dentro le immagini da cartolina. Qui, tra la vacanza perpetua delle case bianche di Ibiza e gli strapiombi sul mare, la giovinezza e la maturità, così come gli albori della techno music si confrontano con la musica classica di un violoncello, sono le frizioni che fanno montare lo scontro/incontro tra un passato e un presente, mondi divisi solo dal diaframma delle “amnesie” che danno il titolo al film. Tessendo la trama della sua storia, il regista traccia dei cerchi concentrici intorno al concetto “non tutto è semplice come previsto” e all’accostamento degli opposti (vecchiaia/giovinezza, musica classica/ritmi contemporanei, passato/ presente). Il senso di colpa incarnato da Martha aprirà gli occhi di Jo sul comportamento mitizzato che la sua famiglia ha avuto durante il nazismo, mentre il giovane musicista farà crollare le certezze di Martha. Un ponte tra le generazioni che il film sa costruire pazientemente senza cercare di stupire per forza, ma lasciando che “l’elemento sorpresa” esca naturalmente in mezzo al bagliore della luce di Ibiza. “C’era una volta un giovane principe che il padre, il re d’Oriente, inviò in Egitto a cercare una perla. Ma, quando il principe arrivò, la gente gli porse una tazza. Una volta bevuto, si dimenticò di essere il figlio del re, dimenticò anche la perla e cadde in un sonno profondo”. Il padre di Rick era solito leggere al figlio, ancora ragazzino, questa storia. La strada per l’Oriente ora si trova di fronte a Rick. Riuscirà a intraprenderla? Diviso in capitoli intitolati a carte dei tarocchi - le stesse che gli danno il titolo - Knight of Cups è uno spaccato della vita del personaggio intrepretato da Christian Bale, sceneggiatore di successo e uomo alla deriva nel mare dell’edonismo e della dissoluzione, condannato da sé stesso alla ripetizione dei propri errori. In ogni capitolo si replicano i rapporti che ha con il fratello e con il padre, e soprattutto con le donne della sua vita, tutte diverse eppure tutte uguali: tutte a modo loro portatrici di saggezza e infelicità, ognuna strada senza uscita che, magicamente, riporta al punto di partenza. Rick di Bale è un uomo ingabbiato (a tratti, fugaci, letteralmente nei meccanismi vacui del potere, dei soldi e del successo, che cerca la forza di scardinare la serratura che lo imprigiona: ma che non troverà mai né la chiave né il grimaldello per farlo. Non importa chi abbia al suo fianco, non importa quanto cerchi di fuggire dalle feste, dalle piscine, dalle donne bellissime, dagli agenti, dalla vacuità o da Los Angeles, o più semplicemente dal suo dolore, Rick è destinato all’eterno ritorno, a una sostanziale e costante reincarnazione in sé stesso. Non c’è possibilità di fuga, e ogni inizio è al tempo stesso anche una fine: “begin” è la prima parola del film, così come la sua ultima. settembre 2015 La Rivista - 55 Intervista con Dope One… Libero come una rondine che trova disordine di Salvatore Pinto D ope One è il nome d’arte di Ivan Rovati De Vita. Dopo anni di esperienze con altri gruppi e amici rapper tra freestyle, jam session e live, sente il bisogno di incidere un album tutto suo. I suoi testi e le rime rispecchiano delle immagini di vita quoditiana tra innovazione e tradizione. A che cosa ti sei ispirato per la scelta del nome dell’album? Ho giocato un po’ sul nome Dopera, nel senso di: Dop-era, ovvero l’era di Dope, il tempo mio, una cosa carina con le parole. Anche se compare soltanto il tuo nome sull’album, hai collaborato con i tuoi fratelli rapper. Infatti, ci sono brani dove compaiono nomi di spessore come i 99 Posse, Clementino, Valerio Jovine e Mastino che è un grande rapper milanese, Sangue Mostro, gli A67 di Scampia, Wena, Paolo Caverna, Musteeno, Dario Sansone, ed altri. Così anche con le Produzioni, ricordiamo nomi come Fid Mella, The Essence, Ciccio Merolla e Sonakine. Diciamo, che oltre al rap classico che la gente è abituata ad ascoltare, ho voluto impreziosire questo mio lavoro con altre contaminazioni musicali che vanno dal reggae all’eletronica e al genere tribale. Ivan, ci parli di questo tuo nuovo album dal titolo Dopera, che, tra l’altro, è il tuo primo da solista? Questo è il mio quinto disco. Precedentemente ne ho inciso quattro, ma sempre in collaborazione con altri rapper della mia crew e uno interamente con il rapper Clementino. Ho sentito il bisogno di inciderne uno da solo dove compare solo il mio nome in copertina, ma le collaborazioni non mancano in questo progetto. Quindi questo progetto va oltre al rap tipicamente napoletano. Sono vent’anni che scrivo e canto in napoletano verace e lo si sente nei miei lavori precedenti. In questo disco ho voluto inserire dei brani cantati in italiano che sono molti rispetto ad un album rap napoletano. Questo va sempre a beneficio della nostra cultura napoletana e qualsiasi cosa che possiamo fare per la nostra città, la facciamo con piacere. Quale traccia di questo album preferisci? Guarda io preferisco il brano Libertad con i 99 Posse. Essendo un fan storico dei 99 Posse, mi riempie di orgoglio far parte della loro famiglia, una cosa che non capita tutti i giorni. Questo gruppo storico napoletano quando lo ascolti ai concerti, ha la magia o il potere di farti catapultare in un mondo in cui ti senti veramente libero. Cosa ti viene in mente se faccio il nome di James Senese come caposcuola di contaminazioni musicali partenopee? Nel tuo album hai adottato questa scuola. Mi fa piacere che hai menzionato Senese. Questo nome è legato a tutta una scuola che è proprio capitanata da lui insieme a Franco del Prete. Di sicuro ci hanno trasmesso questa forte identità musicale e tutto il movimento si chiama Neapolitan Power. Questo per un napoletano vuol dire voglia di vivere, musicalmente parlando. Grazie di questa intervista. Ti va di lasciarci un freestyle inedito? Questo freestyle è dedicato a tutti i lettori che sono dei narratori. Queste sono parole al volo che arrivano fino in Svizzera e mi fanno sentire libero come una rondine che trova disordine. Ciao Frà! … e con Dueffe Tueff, il rapper partenopeo di My Raplosophy Il mio modo di intendere il rap N apoli è una vera e propria culla d’arte che da spazio a dei musicisti della nuova scuola del rap. Ciascuno di loro a proprio modo racconta la Napoli che vive. I colori, profumi, disagi e le bellezze di Napoli 56 - La Rivista settembre 2015 vengono tritate in un intreccio di rime. Con abilità poetica nascono delle canzoni di stile rap con un forte richiamo alla tradizione. Questo lo sa fare il rapper partenopeo Tueff al secolo Federico Flugi, che dopo anni di esperienze tra concerti, jam session, freestyle, MC e speaker radiofonico, porta alla luce il suo primo album da solista dal titolo My Raplosophy. Federico, il titolo del tuo album deriva dal progetto My Raplosophy. Siamo curiosi di saperne di più. Mi fa piacere. Ti dico una cosa: chi ascolterà questo disco, scoprirà chi è Tueff. Nel senso: io racconto il mio modo di vedere il rap. Ecco perchè ho messo davanti il pronome My a Raplosophy tanto per intenderci. Non potevo mettere solo Raplosophy, sarei stato molto presuntuoso, perchè non sono io a dire a tutti che cos’è il rap e la filosofia che lo racchiude. Nessuno può dire quale sia la filosofia di vita e del rap in modo assoluto. Quindi la soluzione sta nel My per chi vuole sapere di come vivo io in primis il rap. Ti sei avvalso di collaborazioni eccellenti in questo album. Nel brano, che hai avuto modo di ascoltare dal titolo Comm’era, che poi è il secondo estratto dall’album, ha partecipato Valerio Jovine. È un bravo musicista e rapper della scena partenopea. Ha già inciso cinque album e la gente ha avuto modo di vederlo partecipare al programma televisivo The Voice dove la sua performance è stata straordinaria. Quindi, sono molto onorato di averlo con me in questo progetto. Poi ci sono state diverse altre partecipazioni, tra cui Dj Jad, Dope One, Maurizio Capone, Franky B, Rametto, Shaone, Jegg, ed altri. Come è nata la collaborazione tra te e Dj Jad, ex elemento degli Articolo 31, che poi è anche il producer del brano Fratelli D’ItaGlia, il singolo che ha anticipato il tuo album. In un modo molto naturale tra due persone che si stimano. Jad non a tutti dà la sua arte per amicizia. Quando si è reso conto della valenza del mio progetto, per lui è stato molto facile accettare di collaborare con me. Cosa vuoi che la gente percepisca ascoltando il tuo album? Cerco di dare voce a coloro ai quali è stata tolta e spero che molti si riconoscano nei miei testi. Hai ancora delle idee e dei progetti nel cassetto? Ogni giorno mi precipito in studio per preparare un nuovo progetto con gli Underground Science Naples, USN, che oltre a essere il collettivo di cui faccio parte è anche un marchio merchandising: non per fare voli pindarici, ma per fare le cose in modo professionale. settembre 2015 La Rivista - 57 Swissbau: la vostra chiave d’accesso al solido mercato svizzero. Swissbau di Basilea è tra le maggiori fiere europee dell’edilizia immobiliare – più di 100 000 visitatori, oltre 1 000 espositori e 140 000 mq di superficie espositiva. Grazie a tutto questo vi offre prospettive molto interessanti. Lasciatevi consigliare personalmente: [email protected] Dialogo con Giorgio Moroder “Una sorta di puzzle” di Luca D’Alessandro e Salvatore Pinto Giorgio Moroder, Lei viene considerato l’inventore della musica da discoteca. ... no, non direi. Magari avrò contribuito. Ma non oserei definirmi un inventore. I suoi successi più importanti li ha lanciati con Donna Summer. Sì. Se penso a Donna Summer mi vengono in mente i brani Love To Love You Baby e I Feel Love. Tuttavia nella mia vita ho collaborato con molti artisti: David Bowie, Blondie, e per non dimenticare Edoardo Bennato e Gianna Nannini che insieme hanno interpretato Un’Estate Italiana, l’inno ufficiale dei mondiali di calcio 1990. Brano che tra l’altro ho scritto io. Come mai la decisione di ricorrere a Bennato e Nannini? Inizialmente volevo che l’inno fosse cantato da Gianna Nannini. Secondo me, lei era la persona giusta. Poi l’etichetta ha avuto l’idea di riarrangiare tutto a forma di duetto e di inserire Edoardo Bennato. Ero un po’ scettico all’inizio, devo ammetterlo. La “cosa” mi sembrava un po’ piena. Alla fine, però, l’idea si è verificata buona, anzi ottima. Edoardo e Gianna hanno fatto un ottimo lavoro. L’inno ha riscontrato successo e reso magico quel mondiale. 21 anni prima, nel 1969, aveva raggiunto il successo con Luky Luky... ... (ride) era il primo brano fatto bene. È arrivato in vetta alle classifiche di Francia, Italia, Spagna, e ha raggiunto un buon posto anche in Svizzera. Se non erro, in Svizzera è arrivato terzo. In Svizzera non è riuscito a superare il brano cult dei Ministrels: Grüezi wohl Frau Stirnimaa. 58 - La Rivista settembre 2015 Ah, sì, ho un bel ricordo dei Ministrels. Ancora dieci anni prima, nel 1959, avevo un mandato in un albergo a Grindelwald. Se ricordo bene, risiedevamo all’Hotel Spinne. Eravamo tre musicisti: un pianista, un batterista e io, impegnato con la chitarra. Probabilmente il pianista non andava d’accordo con il mio modo di suonarla, e quindi mi ha invitato a fare delle prove con il basso. Per puro caso, lo stesso albergo ospitava i Ministrels, che per cortesia mi hanno messo a disposizione un basso. Ho preso gusto e non ho cambiato più fino al 1969, anno in cui mi sono deciso a dedicarmi esclusivamente alle produzioni in studio. Due anni fa, ha accettato un invito dal noto gruppo francese Daft Punk. In studio le hanno chiesto di raccontare la Sua vita a microfoni aperti. Da lì, Giorgio Moroder è ritornato in scena. La sua vita non è più quella che era prima. È molto meglio! Se non fosse per i Daft Punk, oggi non mi troverei qui a Berna sul palco di uno dei più importanti festival d’Europa. Poi il loro album ha riscontrato un successo che mai avrei potuto immaginare. Abbiamo vinto un grammy. Detto tra noi: per lei un grammy non sarà nulla di spettacolare. Nella mia vita ho vinto tre Oscar, quattro Grammy e quattro Golden Globe. Déjà-Vu, s’intitola il Suo ultimo album, pubblicato recentemente per la Sony Music. L’album si avvale della collaborazione di importanti personaggi del mondo della musica pop, come Kylie Minogue oppure Britney Spears ... Il 17 luglio scorso, l’inventore della musica da discoteca, Giovanni Giorgio Moroder, si è presentato sul palco del Gurtenfestival, evento musicale che ogni anno si ripete nella zona di Berna. L’artista di origine altoatesina nella sua valigia custodiva il suo ultimo disco intitolato Déjà-Vu. La Rivista ha avuto occasione d’incontrare l’artista. ... ne sono lusingato: fino a qualche anno fa, ero io a dare una mano agli artisti, e a promuoverli. Oggi invece sono loro ad aiutarmi. Secondo lei, produrre musica qualche decennio fa era più facile? Assolutamente sì. Negli anni settanta e ottanta si andava in studio, dove ci si prendeva il tempo necessario per le registrazioni. La collaborazione tra un produttore e un artista era molto stretta. Oggi invece l’intera comunicazione avviene tramite internet. Faccio un esempio: per la produzione del brano Right Here, Right Now con Kylie Minogue, non era necessario incontrarsi. Mentre io mi trovavo nel mio studio a Los Angeles e arrangiavo i suoni e le parti ritmiche, Kylie Minogue in base delle mie esigenze, nel suo studio londinese si occupava delle parti cantate. Le sequenze me le ha spedite tramite internet. Non mi restava far altro che combinare tutto. Una sorta di puzzle, insomma. Non è un po’ sterile, questo tipo di collaborazione? Forse. Ma non possiamo fare altrimenti. I musicisti di oggi sono sotto pressione. Non hanno tempo da perdere, devono saltare da un concerto all’altro. Qualche decennio fa si stava più tranquilli. Diapason di Luca D’Alessandro Eros Ramazzotti Perfetto Enrico Rava Quartet Wild Dance È uscito il 12 maggio scorso il tredicesimo album di inediti di Eros Ramazzotti, Perfetto, pubblicato in versione italiana e spagnola. Segue a due anni di distanza all’album Noi, e contiene brani prodotti in stretta collaborazione con artisti come Mogol, Francesco Bianconi e Gino Pacifico. L’album è stato registrato tra Roma, Milano e Los Angeles. Tra gli strumentisti vi figurano esponenti importanti della musica jazz e pop, tra cui Vinnie Colaiuta, noto batterista proveniente dall’entourage di Joni Mitchell, Herbie Hancock e Quincy Jones, e il chitarrista Michael Landau, conosciuto per le sue collaborazioni con Michael Jackson e Miles Davis. L’album fin da subito ha raggiunto la vetta delle classifiche italiane, svizzere, belghe e in particolare quelle spagnole. Quest’ultimo successo dovuto innanzitutto - lo abbiamo segnalato in entrata - alla pubblicazione di una versione in lingua spagnola. Si chiama Wild Dance, l’ultimo album del trombettista di musica jazz Enrico Rava, in vendita nei negozi di dischi a partire da questo mese. Un lavoro realizzato con Francesco Diodati alla chitarra, Gabriele Evangelista al basso e Enrico Morello alla batteria. Sembra essere dovuto almeno in parte alla partecipazione di Gianluca Petrella, trombonista italiano considerato fra i più dotati del momento, l’alta qualità melodica di questo disco. Un’opera considerata una perla jazzistica, raffinata, ricca di sfaccettature. Petrella e Rava formano la linea dei solisti. Nella loro funzione indicano la strada da percorrere. La parte ritmica e quella armonica (chitarra) devono stare al passo con i due frontmen, che non solo sono formidabili, ma altrettanto esigenti. Insomma: per un appassionato di jazz, l’inserimento di questo disco nella propria collezione, è dovere. In The Morning (ECM) Sono Io (Universal) Stefano Battaglia, eccellente pianista jazz che per la ECM ha prodotto ben sei album, insieme al batterista Roberto Dani e al contrabbassista Salvatore Maiore rende omaggio al compositore statunitense Alec Wilder (1907-1980). Battaglia non è il primo jazzista a occuparsi del lascito di Wilder. Frank Sinatra ne era un grande ammiratore, e Keith Jarrett ha riproposto tre dei brani più conosciuti: While You’re Young, Blackberry Winter e Moon and Sand. “Ascoltando le reinterpretazioni di Jarrett, mi sono reso conto dell’ampiezza del corpus di Wilder. Incuriosito, mi sono quindi dedicato alla ricerca e ho scoperto dei veri e propri tesori”, spiega Battaglia. In The Morning, dunque, è il risultato di una ricerca fatta da un jazzista con spessore, con un potenziale esemplare e una forte capacità di riflessione. Il disco è tutt’altro che una semplice riproduzione di brani: è una collezione di pezzi storici riportati ai giorni nostri. Per la produzione dell’album Sono Io, Raf si è concesso tre anni e mezzo di lavoro. Un album che il cantautore avrebbe voluto pubblicare dopo la sua apparizione a Sanremo (in seguito alla presentazione del brano Rimani tu). La produzione comunque ha subito dei ritardi. “Per quattro mesi non riuscivo più ad andare avanti nei canti in studio di registrazione”, spiega Raf. “Mi aveva colpito una forte bronchite.” Nel frattempo, Raf si è ripreso, e immediatamente ha tenuto fede alle promesse fatte ai suoi ammiratori; questi adesso possono godere di una serie di brani inediti, tra cui Eclissi totale, probabilmente il brano principale dell’album. Brano da prendere altrettanto in considerazione è Amore sospeso, scritto a quattro mani da Raf con la moglie Gabriella. Per concludere, poi, un brano particolarmente saliente sul piano linguistico: Show me the way to Heaven, cantato in inglese, che fa parte di un progetto ancora in divenire per il mercato americano. (Universal) (ECM) Stefano Battaglia Trio Raf settembre 2015 La Rivista - 59 Locarno: Città del gusto 2015 Locarno si presenta nel 2015 quale capitale svizzera del gusto. I festeggiamenti culmineranno dal 17 al 27 settembre 2015 con diverse manifestazioni legate alla Settimana svizzera del gusto. Q uella ticinese è una cucina che affonda le proprie radici nella cultura e nella tra - dizione prealpina, soprattutto lombarda. Pur con queste influenze, che si ritrovano puntualmente in moltissime ricette, quella ticinese si può però definire a pieno titolo come “cucina regionale”, poiché basata su prodotti del terroir Ticino. I grotti, tipici in Ticino, sono locali rustici situati, di regola, in zone discoste e ombreggiate. Vi si servono solitamente prodotti e piatti nostrani: salumeria, minestrone, risotto, polenta con brasato, coniglio, funghi, formaggi e formaggini. Tra i vini ticinesi, il Merlot è sicuramente il più apprezzato. I ristoranti sono numerosi e per ogni palato: dalla cucina innovativa di grande richiamo a quella nostrana, dal ristorante stellato Michelin al caratteristico grotto, la regio - ne di Ascona-Locarno ha tanto da offrire agli amanti della buona tavola. Valorizzare la diversità dei gusti e delle culture alimentari La Città di Locarno ha ottenuto il marchio di Capitale svizzera del gusto 2015, riconoscimento che mira, fra le altre cose, a preservare la tradizione e a incoraggiare le innovazioni culinarie. Ad assegnare il riconoscimento – nel 2014 detenuto da Moutier – è il Comitato centrale della «Settimana del Gusto». Questa – fondata nel 2000 su iniziativa di Josef Zisyadis – si prefigge di valorizzare la diversità dei gusti e delle culture alimentari, rendere i consumatori più attenti alla qualità e alla stagionalità dei prodotti, favorire la scoperta di prodotti di qualità, preservare la tradizione e incoraggiare le innovazioni culinarie. Il momento clou Momento clou di Locarno Città del Gusto 2015 sarà – dal 17 al 27 settembre – la Settimana del Gusto: 10 giorni di appuntamenti rivolti a tutti. A fungere da Padrino della Settimana del Gusto sarà Paolo Basso, consacrato miglior sommelier del mondo al concorso di Tokio nel 2013, A Locarno Paolo Basso terrà il 18 set- 60 - La Rivista settembre 2015 tembre una lezione sui segreti del vino, che aprirà idealmente la prima edizione del Wine festival. Evento che vedrà anche la partecipazione di produttori di vino del Locarnese, che si presenteranno sabato 19 settembre in Città Vecchia, dove il pubblico potrà degustare i migliori nettari della regione. Venerdì 25 settembre, spazio al Festival del risotto in Piazza Grande, che vedrà sfidarsi gli chef di rinomati ristoranti del Cantone nella preparazione di questo rappresentativo piatto della tradizione ticinese. Il pubblico avrà la possibilità di degustare i vari risotti, mentre una giuria di esperti decreterà un vincitore, proclamandolo campione ticinese di risotto. Accanto al Festival del risotto anche la rassegna Caccia al risotto dedicata a questo piatto, che coinvolgerà ristoranti di tutta la regione e ospiti speciali. Il tradizionale risotto sarà peraltro servito pure domenica 27 settembre in occasione della seconda edizione del campionato ticinese del risotto, che vedrà in competizione le varie società di carnevale della regione… e non solo. Il medesimo giorno si potranno anche degustare ed acquistare salumi e formaggi nostrani al mercato di prodotti ticinesi. Fra gli altri momenti forti che contrassegneranno la Settimana del Gusto locarnese, da segnalare il 23 settembre una conferenza del guru della cucina vegetariana e naturale Pietro Leemann e il 26 settembre la Festa dei Mastri Birrai in Piazza Grande, con degustazioni di birra artigianale, quiz, spettacoli musicali e animazioni varie presentate da Fabrizio Casati, noto conduttore RSI. Il programma completo di Locarno Città del Gusto sarà costantemente attualizzato sul sito: www.cittadelgusto.ch La Pasticceria Marnin rappresentante dell’eccellenza culinaria del Ticino al Padiglione Svizzero di Expo2015 Presentato per l’occasione Camelia il cioccolatino simbolo di “Locarno Città del gusto” S abato 16 maggio al Padiglione Svizzero di Expo a Milano si è celebrata “Locarno Città del Gusto 2015”. Tanti ospiti illustri e numerosi giornalisti per la manifestazione in cui si pubblicizzava la capitale svizzera del gusto. Durante l’anno e in particolare dal 17 al 27 settembre (vedi pagina accanto- ndr) sono organizzati diversi eventi legati alla gastronomia nella regione del locarnese con una serie di percorsi enogastronomici che interesseranno non solo Locarno ma anche altre località del Ticino. Tre testimonial di eccezione hanno evidenziato la qualità e l’efficienza dell’iniziativa: Paolo Basso, miglior sommelier del mondo nel 2013, che ha offerto una degustazione di ottimi vini locarnesi, Pietro Leeman del Ristorante Joia di Milano e la famiglia Antognini della Pasticceria Marnin di Piazza Sant’Antonio (Locarno). La giornata ticinese del gusto, coordinata da Mauro Beffa, responsabile manifestazioni e protocollo, Dicastero Amministrazione e Turismo Città di Locarno e da Mattia Storni, Head of Product Management Organizzazione Turistica Lago Maggiore e Valli, si è conclusa con il concerto degli “Alligator Nail Band” proposta da Vallemaggia Magic Blues e con la degustazione proposta dalla famiglia locarnese Antognini della Pasticceria Marnin, selezionata da Presenza Svizzera* per il suo panettone quale “Swiss Delicatessen”. Oltre a due splendidi panettoni, da cinque chili ognuno, decorati con cioccolata e amaretti bianchi adagiati su di un vassoio a forma di Ticino la Pasticceria Marnin ha presentato il nuovo dolce creato per la Città del Gusto: un delizioso cioccolatino a forma di camelia (fiore simbolo di Locarno dove nel Parco della Camelie vi sono coltivate ben 900 varietà) composto da cioccolato nero con all’interno una ganache di cioccolato bianco, tè verde Matcha prodotto al Monte Verità di Ascona e aromatizzato con fiori di gelsomino. La giornata ha lasciato il segno riscuotendo il consenso unanime dei giornalisti e del pubblico che attratto da cioccolatini, amaretti e panettoni ha molto apprezzato i prodotti dolciari Marnin. “Sarebbe stato strano visitare il Padi- I prodotti della pasticceria Marnin gusta a Expo 2015. Al centro della foto Franca Antonini che con il marito Arno è l’anima, il cuore e anche la testa della storica azienda di famiglia glione svizzero e non gustare un po’ di cioccolata. E che cioccolata!” Ha detto una turista giapponese assaporando il cioccolatino “Locarno”. *Presenza Svizzera: è un progetto del Dipartimento federale degli affari esteri per promuovere gli interessi e gli atout della Svizzera all’estero nelle sue strategie di comunicazione e diffusione ha anche sviluppato il settore riguardante il “patrimonio culinario” presentando prodotti svizzeri di qualità simbolo di un territorio e di competenze sconosciuti oltre confine. In questo modo è nato Swiss Delicatessen per presentare la qualità, la diversità e la cultura culinarie svizzere. In anteprima all’Expo, la Pasticceria Marnin presenta un cioccolatino appositamente pensato per “Locarno Città del Gusto”. Il cioccolatino a forma di camelia (fiore simbolo della Città grazie anche suo Parco delle Camelie dove vengono coltivate ben 900 varietà) è composto da cioccolato scuro con all’interno una ganache di cioccolato bianco, tè verde Matcha prodotto al Monte Verità di Ascona e aromatizzato con fiori di gelsomino. settembre 2015 La Rivista - 61 Lo stivale del Pane Italiano Tradizione da valorizzare e preservare Dal ferrarese al carasau, dal toscano al pugliese, il più antico degli alimenti è presente su tutte le tavole con forme e ingredienti che cambiano da paese a paese, da campanile a campanile. di Rocco Lettieri C acciando Adamo dal Paradiso Terrestre, il Signore lo maledisse con le fatidiche parole: “Col sudore della fronte mangerai il tuo pane” e da allora è sempre stato così. Da molto lontano viene dunque il pane, che ha una vita lunga quanto quella dell’Umanità e radici profonde, intrecciate con quelle della nostra civiltà. Al pane sono riconducibili tutte le pietanze: dalle più semplici alle più elaborate, tutte quelle che l’appetito dell’uomo e la sua fantasia abbiano mai saputo e potuto amalgamare possono essere definite, infatti, “companatico“. Celata nel chiuso di una tomba egizia, gli archeologi hanno rinvenuto una rassicurante pagnotta. Risale a noi dal profondo abisso di tremilacinquecento anni fa, indizio tangibile di una notevole pratica di quell’arte panaria, che, incurante dei millenni, caratterizza e alimenta i popoli e le culture che si affacciano sul Mediterraneo e non solo. Da allora l’arte della panificazione, collegando in un unico bianco nastro di farina ogni anno al successivo, risale i lunghi secoli medievali, gareggia in raffinatezza con gli artisti rinascimentali, sfida in bizzarria di temi e di forme i maestri barocchi, si fa razionale e scientifica nell’enciclopedico Settecento e nel corso del secolo XIX si dispone a medicare le inquietudini degli spiriti romantici e finalmente acquisisce fattezze e gusto assai prossimi a quelli attuali. L’impasto della storia contiene molta farina! La concretezza di un simbolo e la forza di un mito Ma in concreto che cos’è il pane? In Italia la legge non resiste alla tentazione di darcene una definizione e recita: “Il pane è un prodotto ottenuto dalla cottura di una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza l’aggiunta di sale”. Burocraticamente il pane è bell’e sistemato. Sembra facile, ma non lo è. Se gli ingredienti possono e dovrebbero essere quelli di sempre, oggi i modi di operare 62 - La Rivista settembre 2015 In principio è il grano nel campo della panificazione sono cambiati. La clientela appare più esigente sull’estetica del pane e richiede prodotti sempre più appetibili e di bell’aspetto. Ma che dire dei contenuti e del sapore? Macchine sempre più sofisticate concorrono a migliorare costantemente la forma e l’igiene del pane, rendendo in pari tempo meno gravoso il lavoro del panettiere: i tempi di lievitazione si accorciano, ma ne salta fuori, il più delle volte, pane standardizzato, più modesto, a voler ben confrontare, di quello che si otteneva una volta per processo indiretto, lavorando con la biga, che sapeva conferire al prodotto quell’aroma e quella serbevolezza inconfondibile e ormai tanto difficili da ritrovare. Apprezzare il pane sulla mensa di tutti i giorni, non è più tanto semplice, quel gusto e quel profumo divengono oggetto di una vera ricerca personale. Per ritrovare e riconoscere il fascino umile e discreto del buon pane, per imparare ad apprezzare le sfumature olfattive e di sapore che il pane a seconda del tipo, dell’origine, della composizione e della preparazione, è capace di suscitare, da solo o meglio in sagace e ponderata compagnia di ottime pietanze, cercheremo di tracciare un “Giro d’Italia del pane regionale”, dal Nord al Sud. Troppo carico di valori e significati simbolici è il semplice atto di mangiare pane perché si possa immaginare di passarvi in rassegna tutta la sua lunga storia. Troppo elevato il rischio di far retorica discorrendo dell’unico prodotto che, nel bel mezzo di questo tumultuoso e diveniente universo sintetico, è rimasto sé stesso, semplicemente, fortemente, fedelmente pane. Elementare aggregato di farina, acqua, sale e praticamente di ogni altra cosa che possa venire alla mente, il pane ha la concretezza di un simbolo e la forza di un mito. Parlare di pane mette a disagio. Ci si sente profani. Il pane, quello bianco, (ma attenzione! la gente avverte che non ce n’è più tanto) è meglio mangiarlo, tutt’al più ammirarlo quieto e rassicurante, quasi fosse il legame stesso che ci unisce alla terra, il modo con cui la terra dimostra di conservare soltanto per noi guardinghi amanti del ben mangiare, una forma di speciale benevolenza, nonostante tutto. Il mestiere di fornaio è caratterizzato da creatività e originalità che, nella maggiore parte dei casi, si tramanda di padre in figlio, proprio come una tradizione. Ma come mai gli italiani accanto alla pastasciutta e alla polenta non fanno mai mancare il pane? Francesco Alberoni diceva: “La cultura mediterranea del pane è paragonabile a quella delle civiltà orientali nei confronti del riso. Così in entrambi i casi, gli si dà un significato simbolico per la sua perpetua durata nel tempo. E possiamo affermare che la sacralità del pane, tradotta poi in un’importanza basilare e fondamentale sulla tavola, sta nel fatto che questo cibo segna la storia della sopravvivenza dell’uomo, da un certo periodo a questa parte, ossia da quanto è stato inventato”. viamo la Grissia, pagnotta a pasta dura che conserva la sua fragranza per giorni. In Val d’Ossola famoso è il Pane di Còimo, pane di segale fatto con una tecnica antica e a Domodossola troviamo lo Strinchett. La Liguria ci inonda di Focacce (salvia, rosmarino, cipolla, olive, gorgonzola) e le famose Ciappe, piadine condite con olio extra vergine. Sotto il campanile di Badalucco troviamo la Carpisca, a base di farina d’orzo e a Triora il pane ottenuto con mistura di grano tenero e grano saraceno. Da non dimenticare a Recco la focaccia al formaggio servita in ogni ristorante. Famosa quella del Ristorante La Manuelina. La Lombardia innalza il vessillo della Michetta da riempirsi col prosciutto o col formaggio che ora è attaccata dalla nuova proposta dei fornai milanesi, la Milanesina, in parte anche con farina integrale. In Lombardia ogni provincia ha il suo pane: Baule, Risolina e Scorniòt nel Mantovano, Pan de Comm (Pane di Como) e Francesone a Como, Trigoss a Bergamo, Miccone a Pavia, Bradasela (Pane di segale) a Sondrio e in tutta la Valtellina, Treccia di Stradella (Pavia), Pane con cipolla a Sermide ecc. Dall’Alto Adige, dai masi (fattorie) contadini, i pani sono scuri (segale) e arricchiti di semi (anice, cumino, sesamo, papavero, finocchio e pure fiocchi di orzo e tritello); famoso è il cornetto Kipfel ma non da meno è il pane secco di Fié, lo Schüttelbrot. I pani delle Dolomiti sono compatti e concreti dove domina una cultura germanica: rustiche arditezze di casa. Eccellenti sono i pani neri da abbinarsi allo speck tirolese e per formare i Knödel (grossi gnocchi di pane, speck e uova serviti nel brodo). Qui ogni valle ha un pane: da Val Badia (Käiseriemmel) a Val Gardena (Pane d’orzo), dalla Val Venosta (Paari) alla Val d’Ultimo (Pidi), da San Martino (Pane ai sei cereali) a San Cassiano (Filone del contadino) e Merano (Pane scuro, da affettare). Un vero trionfo dei piaceri della tavola che inizia con il cestino dei pani assortiti. Nel Veneto polenta e pane meritano qualsiasi mescolanza e stravaganza ed ecco quindi il pane in minestra Panim-bruo, la Panada, lo Sguazeto a la bechèra, la Sopa coada, la Zanzarèle, le Sardele col pien e le Sardele impanate e ancora le Sepe in tecia col nero, tutti piatti ottenuti con i pani veneti: la Ciopa, il Bovolo, il Montasù, lo Scafetò, ecc. Il Friuli Venezia Giulia, terra di frontiera, anch’esso offre un mosaico di pani dal sapore della tradizione: la Treccia di Remenzasco, la Povera di Trameste (poca farina di frumento con tanta segale), il Pane di Servola e la Struzza, appuntita e a forma allungata con quattro tagli trasversali. Il pane più conosciuto è la Biga, coppia di panini avvicinati e lungamente lievitati con doppia farina; non vanno però dimenticati Ogni campanile ha il suo pane Qualcuno ha scritto: “Ogni località italiana, ogni campanile può vantare un suo pane” e non c’è niente di più vero se ci avviciniamo a questo prodotto con un poco di attenzione sia per il pane stesso che per le numerose variazioni di piatti che ogni regione riesce a darci. Partendo dalla Valle d’Aosta dove si conserva l’atavica tradizione del pane scuro troviamo il Pane di segale e il Pane di castagne, la Pagnotta di Champorcher, pane secco conservato in solaio e che dura tutto l’anno oppure la Miassa di Quincinetto, sottili crêpes di mais cotte su piastre di ferro. A Gressonay-la-Trinitè si serve un pane chiamato Cier snitti che si bagna nel latte e poi si frigge in padella con burro dopo di che viene cosparso di uovo sbattuto e zucchero. Nel vicino Piemonte, già più ricco e suntuoso troviamo il re dei pani, il Grissino, che diventa Rubatà in provincia di Alessandria, senza dimenticare la Grissia monferrina e la Biova a pasta dura. Sui confini tra Piemonte e Liguria dominano le Farinate pur se fatte con farina di ceci. Anche a Pontestura tro- Francesone di Como settembre 2015 La Rivista - 63 La Toscana si affida ai suoi forni che cuociono pannelle, scipite, di forma casereccia, il famoso Pane sciocco adatto per bruschette, panzanella, pappa col pomodoro, ribollita, acquacotta ecc. Ad Arezzo si continua a produrre il rustico Pane di ramerino (olio e rosmarino). In Lucchesia famoso è il Pane di Altopascio che ha sfamato tutti i cuochi toscani d’Italia, e sono tanti. Cornetto ferrarese i Grispolenta, grissini rustici e fragranti di frumento, mais e olio. L’Emilia Romagna è famosa per la sua Ciabatta Polesana che ha conquistato tutto il Nord Italia ma il vero pane emiliano è e resta il Cornetto Ferrarese definito con orgogliosa definizione locale e da Riccardo Bacchelli ne Il mulino del Po: il pane più buono del mondo. Un pane unico, croccante, struggente passione di ogni ferrarese che trova giusto equilibrio con il Prosciutto di Michetta milanese 64 - La Rivista settembre 2015 Modena o con il più famoso Culatello di Zibello, tutti e due DOP (Denominazione d’Origine Protetta). Ma in Emilia Romagna non bisogna dimenticare la Tigella Modenese, la Crescentina di Pavullo, la Ciupèta, il Pane Miseria, miccone a pasta dura leggerissima e fragrante e la squisita Piadina rilanciata dalla famiglia di Pantani dopo la vittoria al Giro d’Italia e al Tour de France. Delizioso ricordo di questa terra è la Tirita cò la zivola, cibo esclusivo dei ferraresi di campagna: pasta di pane e cipolla cotta al forno. Nelle Marche è la Filetta a dominare su tutti i pani (pane del peso di circa mezzo chilogrammo a crosta croccante e mollica alveolata) utilizzata per il gustoso brodetto marchigiano, la zuppa più famosa d’Italia che viene contesa da ascolani, maceratesi, pesaresi e anconetani. Ma anche altre zuppe contemplano il pane quale il minestrone di Montappone e il ciavarro di Ripatransone (ceci, cicerchie, fagioli, lenticchie di Castelluccio o di Colfiorito, granoturco, farro, pomodori, lardo). Nella tradizione locale troviamo ancora il Pane di Chiaserna (cotto a riverbero di calore), i Crostoli del Montefeltro, l’Integrale di Vado, la Crescia di Sarnano fatta cuocere ancora nel forno a legna. In Umbria, terra di tre regni culinari (toscano, marchigiano, laziale) la fa da padrone il Pane del Ternano, grosse pagnotte richieste anche da Roma che ritroviamo in molte ricette a partire dai Crostoni di palomba che si propongono a Cascia, a Spoleto, a Terni, a Perugia e a Norcia, qui serviti anche col tartufo nero; ma ottime sono anche le Ruote di Perugia, le Pagnotte di Orvieto e Spoleto e i famosi Filoncini di Strettura utilizzati per la panuntella che mette insieme salsicce, fette di pane casereccio e olio con estrema delicatezza. In Abruzzo ogni anno si tiene la Mostra Regionale del Pane a dimostrazione dell’attenzione che si rivolge al pane: pagnotte tradizionali e artistiche create con estroso gusto dai panificatori che più artigianali di così non si può. Forme fragranti, pasta croccante, deliziosa estetica di composizioni elaborate con passione e pazienza che si allineano sui banchi di esposizione: cestini di fiori, grappoli di uva, quadri, coccodrilli, tartarughe, ecc. ecc. Opere panarie di straordinaria bellezza che fanno dimenticare l’elemento principale che è pasta di pane. Questa mostra comunque presenta anche i tipici pani abruzzesi di Lanciano e molisani di Ripamolisani: il Filone Aquilano, il Parruozzo teramano, il Pane di Spiga e il Pane di Cappella (filone di grano duro a lunga conservazione). Il Lazio ci presenta l’unico pane d’Italia a IGP (Indicazione Geografica Protetta) d’Italia, il Pane di Genzano, un casereccio assai gustoso e il più diffuso fra i pani d’Italia, la Ciriola Romana, rimasta fedele nei tempi alla sua forma antica con punte affusolate, crosta dorata e croccante con mollica soffice e porosa. Pane ideale che si sposa con i salumi e i formaggi dell’agro pastorale laziale. Sulle colline viterbesi troviamo i classici Sfilatini, le Fruste e le Rosette di grano duro di Monte Romano. In Campania vanno molto i pani tradizionali di largo consumo che fanno capo alla Pagnotta Napoletana che si prolifica nelle versioni di Mondragone, di Padula, di Saragolla, di Benevento, di San Gregorio Maltese ecc. Ottimi i Taralli di Capri e la Treccia Caprese, i cosiddetti taralli n’zugna e pepe che si degustano facendo lo “struscio” in città. Ma Campania vuole dire Napoli e Napoli vuole dire Pizza, la vera Pizza cà pommarola n’ coppa. La più raffinata pietanza che ci ha fornito la scoperta dell’America senza voler dimenticare la straordinaria mozzarella in carrozza: due fette di pane raffermo, senza crosta, ammollate nel latte; in mezzo vi si mette una fetta di freschissima mozzarella di bufala, si infarina, si passa nell’uovo sbattuto e poi nel pangrattato, si frigge in olio bollente e si va “in carrozza”, modo di dire napoletano per significare che si sta magnificamente bene. Uno dei piatti più trionfali che, unitamente al calzone e alla pizza, sia dato da mangiare. Per presentare la Puglia ci affidiamo all’augurio di Sofocle nel Trittòlemo: “Sarai tu celebrata, Italia fortunata, per il tuo grano bianco di Puglia”, il triticum turgidum della Capitanata e il triticum giganteum del Brindisino e del Barese. Il pane veniva e viene ancora preparato in casa una volta la settimana. Le pagnotte vengono cotte nel forno comune e ognuna è contrassegnata dalla sigla familiare. L’arte bianca pugliese firma tre tipi di pane: il casereccio, il tondino e la schiacciata. Ognuno di questi pani è una meraviglia di gusti, grossolani e rustici ma saporiti. La capitale del pane pugliese è Altamura con le sue forme rotondeggianti che raggiungono anche i quindici chilogrammi. A Lecce si produce il Purecasciu (grano duro, acqua, olio, cipolla, pomodori), un pane gustoso e soffice che si accompagna alle olive nere infornate di Ferrandina. In tutta la regione si fa largo uso della famosa Frisedda, pane tagliato in due e ripassato nel forno a seccare, servito in seguito, bagnato, con sopra ogni ben di Dio, ma soprattutto con l’ottimo olio di Bitonto. Nel Gargano dominano le Panette bursette, nel foggiano le Panaridde e le Sckanate (grossi pani di grano duro misto a patate lesse), a Monte Sant’Angelo lu ppene sutile, nella Capitanata le Parruozze (pane scuro a filone destinato ai pastori), nel baresano le Spaccatelle. Numerosi i piatti a base di pane: pancotto, acqua e sale, pan’unto, tiella, alici arraganate, spaghetti cà muddica, le Pizze Granedonio (grano di mais con acciughe, uvetta, pepe e olio) e Mambricule (ricoperta di ciccioli, olio e pepe) e per finire con i Panzarotti (calzoni ripieni di cacio fresco tagliato a fette oppure ricotta assieme a uova sbattute) che debbono essere: dorati, odorosi e croccanti. La fama del pane della Basilicata non ha più confini: le Panelle cotte nei forni a legna con fascine odorose di legno di vite e di ulivi sono una meraviglia unica che le donne ancora oggi, una volta cotte nei forni comunali, si portano a casa in ceste rotonde poste sul capo. Lauria, Lagonegro, Moliter- no, Tramutola, Corleto Perticara e Laurenzana sono paesini dove la farina viene ancora macinata in mulini carichi di anni. Il pane qui prodotto è impareggiabile; dura almeno due settimane. Famoso quello di Matera protetto da un Consorzio. La punta dello stivale, la Calabria, offre all’ospite la tipica focaccia con il foro al centro, il Buccellato e le saporose Pitte, focacce schiacciate e cosparse di olio a volte con ciccioli con peperoncino. Piatto gustoso è la Pasta ammuddicata cioè con la mollica di pane come pure lo è la Licurdìa, dove il condimento è a base di cipolle, brodo, pecorino e peperoncino. Altro piatto che richiede obbligatoriamente il pane è il Morseddu (trippa e interiora di maiale tagliuzzate e fritte in padella con olio, aglio, pomodoro e peperoncino). Un vero fuoco che si spegne solo con un pane ricco di mollica quale il Pane di patate tipico nei paesini della Sila. La Sicilia ci accoglie con la tradizione araba/ normanna che vuole il sesamo in superficie: Mafalda è il nome della treccia che si trova su tutta l’Isola. Interessanti pani si trovano in ogni capoluogo di provincia: il Pane di Cuddura di Ragusa, il Torciglione di sesamo a Messina, la Pagnotta di grano duro a Enna, i Cuciddati a Catania, la Vastidda a Siracusa, lu Filuni a Trapani. Molti sono i pani cosiddetti “devoti”: l’Occhio di Santa Lucia a Siracusa, Li minnuzzi di Sant’Agata a Catania, Li cannaruzzeddi di San Biagio, Li finuzzi di Sant’Aloi, i Pannuzzi di San Nicola, Li pupi cu l’ova nel periodo pasquale e ancora le Pupidde, gli Sfinci ecc. Pani devozionali che hanno sempre qualcosa di morale da raccontare. Mafalda siciliana settembre 2015 La Rivista - 65 Pagnotte pugliesi La Sardegna chiude il nostro “giro d’Italia del pane” con la Carta da musica o Carasau, il pane dei pastori, che oggi è conosciuto e distribuito in tutta l’Italia e nel mondo. E che dire del piatto stupendo che si ottiene con questo pane: il Pane frattau, una ricetta antica quanto il mondo! Ogni paese offre la sua specialità: il culto del pane è nel sangue delle donne di Sardegna. Non ci si può sposare se non si conoscono almeno quattro ricette di pane. Questi alcuni nomi di pani: Su mordizzosu, Su coccoi, S’ispianada, Su accheddu, Sa rughista, Civraxu, Sa pillonca, Sa fresa, Sa pizzudda ecc. Nel Campidano di producono Poddini, a Osilo Sanluri la Pagnotta delle due semole, a Villaurbana la Ruota di grano duro e nel Nuorese il S’oriattu è un pane d’orzo che viene biscottato al forno. In Sardegna sono molte conosciute e apprezzate le Cavazzas che altro non sono se non focacce arricchite con ciccioli di maiale o pezzetti di carne di pecora lessata. Il pane in tavola Gli italiani sono grandi consumatori di pane e possiedono molto sviluppato il gusto del pane odoroso di rustico. Di tipi di pane in Italia se ne contano oltre 380 e non sono tutti. La nostalgia del pane di una volta non si è mai dissolta. Nei ristoranti si è persa la filosofia del buon pane del forno accanto e risulta difficile trovare buon pane da abbinare ai favolosi piatti dell’ottima cucina regionale: oggi troviamo pane anonimo, fresco (a volte) a mezzodì e immangiabile di sera. Un pane confezionato anche a centinaia di chilometri di distanza, bello a vedersi, ma senza aroma e sapore. Un pane destinato a un giro rapido di distribuzione e consumo poiché altrimenti non sarebbe più neanche presentabile. Un pane di massa. Ci siamo allontanati sempre più dal classico sapore che deve avere il pane, che deve essere diverso da città a città, da paese a paese, da campanile a campanile. C’è tutta un’educazione nel campo del vino, ma per quanto riguarda il pane, da parte dei camerieri o dai più professionali maître, niente, neanche una parola. La gloriosa cucina italiana viene sempre più penalizzata da una mancanza di professionalità che dovrebbe vedere accompagnato piatto via piatto con il pane ideale. Pensate che “musica” sarebbe sedersi a tavola e iniziare a sgranocchiare delicatissimi e finissimi grissini giornalieri (non le “candeline steariche” che ci propongono in bustine sigillate realizzate un anno prima), i celebri cornetti ferraresi, friabili e croccanti, le sottilissime sfoglie di pane carasau con un filo di olio extra vergine d’oliva e servite leggermente tiepide. Insomma, con un poco di buon senso, si potrebbe accompagnare un menù con il pane più adatto, gradito al palato, gene- La Carta del Pane (abbinamento ideale cibo/pane) Prima colazione (pani delicati per essere spalmati): Panini morbidi; pane al latte; pane integrale da affettare; focaccine dolci; pane di segale morbido; pane di mais. Salumi (pani diversificati per ogni tipo di salume regionale): Tutti i pani di tipo casereccio da affettare come pure il pane di tipo ferrarese e i grissini artigianali. Antipasti per aperitivi: Pani da affettare con mollica compatta, di qualità più o meno rustica in base agli ingredienti impiegati; tartine al latte; focaccine salate; pane integrale; pane in cassetta; pane di segale; pane tricolore (con spinaci, con pomodori e bianco); pane tipo francese. Fondute di formaggio e zuppe valdostane: Pani caserecci senza grassi, affettati e tostati. Antipasti per menu (pani abbastanza saporiti): Pani: al rosmarino, con olive, con salvia, alla menta, al papavero, al cumino, al sesamo ecc; tartine; panini mignon. 66 - La Rivista settembre 2015 Salmone e caviale (pani di gusto delicato): Pani affettati e spalmabili; pane integrale; pane di segale; pane in cassetta. Paté di fegato d’oca (foie gras): Pane francese affettato; pane in cassetta affettato e tostato, pane con uvetta. roso, che soddisfi con pienezza e con gioia, il bisogno prepotente di regalarci, con la stessa golosità, un buon piatto sposato con pane creato su sua giusta misura. Il pane in cucina Molto del pane che ogni giorno avanza viene regolarmente buttato nelle pattumiere di ogni casa privata. Triste è sapere e vedere che la stessa cosa succede nei ristoranti (potremmo accettare la scusa che il pane servito in tavola sia stato toccato dai commensali e quindi passarci sopra) per il pane che ogni sera avanza e ancora neanche tolto dal sacco del fornaio. Un vero delitto da condannare come spreco delle risorse umane. Fortunatamente il famoso Pater Noster ci ricorda che il pane è prezioso e le massaie, le madri e le nonne, ancora religiosamente attaccate al comandamento dettato dei nostri avi: “…il pane è prezioso sino all’ultima briciola”, si inventano pietanze, minestre, zuppe, dolci, dove il pane entra come vero e proprio ingrediente per la gioia di vecchi e piccini, ma anche come corroborante per giovani, uomini e donne di ogni età. Ricordiamoci che il pane raffermo, privato della sua umidità, attraverso una leggera tostatura nel forno di casa, può esser conservato a lungo. Basti pensare al pane dei marinai o dei soldati, la famosa galletta traforata, che veniva conservata per mesi nelle cambuse delle stive delle navi o negli zaini dei soldati che per mesi venivano inviati ai fronti di guerra. Piuttosto che buttarlo comunque si può sempre metterlo in borse e darlo ai canili oppure a contadini che hanno galline e maiali. Si può comunque sempre anche restituirlo al proprio fornaio (mi raccomando! senza compenso) che provvederà a consumarlo come pane raffermo da mangime per animali domestici. La nostra in- tenzione di partenza era rivolta all’utilizzo di quel pane che tranquillamente si può usare in ricette casalinghe semplici, naturali e di poca difficoltà. Ricordo che il pane raffermo messo in acqua, latte o brodo costituisce un elemento eccezionale per la preparazione di ripieni, siano essi destinati a piatti di carne o di pesce o di dolci. Anche il pane grattugiato, purché non proveniente da pane condito, sia secco che ammollato, è ingrediente insostituibile per polpette, polpettoni, ripieni, bistecche impanate (la famosa milanese), animelle saltate ecc. Per i dolci il discorso è identico poiché il pane raffermo può essere facilmente utilizzato in torte favolose. Il pane messo a mollo nel latte si trasforma in un ingrediente eccezionale che con l’aggiunta di cacao, cioccolato, uvette, canditi, uova e zucchero ci consente di ottenere una varietà infinita di dolci, tutti con sfumature diverse a secondo dell’estro e della Pane cunzatu di Sicilia Minestre e zuppe (pani in grado di non sfaldarsi): Pani caserecci in genere non conditi affinché possano mantenere integra la consistenza a contatto con il brodo: francese, toscano, pugliese, carasau ecc. ecc. Formaggi dolci e da spalmare: Pane francese; pane con le noci; pane con l’uva; pane ai semi di sesamo, pane integrale. Bruschette alla brace: Pani da affettare di tipo regionale possibilmente non conditi. Formaggi con muffe nobili: Pani da affettare non conditi; pane con l’uvetta; pane con i fichi; pane con le prugne; pane di segale fresco. Brodetti di pesce: fettare non conditi. Formaggi piccanti anche duri: Pane con le noci; pane con le mandorle; pane con i fichi; pane di frutta mista; pane integrale; pane di segale; pane carasau. Uovo in camicia: Michettine e pani di facile assorbimento. Pinzimonio di verdure fresche: Dare preferenza a pani affettati e michette. Dessert, torte di pane ecc: Tartine e tutti i tipi di pane bianco provvisti di mollica compatta (pane al burro, pane al latte, pane in cassetta ecc. ecc.) e pani raffermi non conditi. settembre 2015 La Rivista - 67 fantasia della cuoca. Chi, ad esempio, non ricorda la famosa charlotte milanese o la pinza veneta o la torta di pane che si fa in ogni casa contadina di tutta l’Italia. E questi sono solo i più banali degli esempi. “Che il tuo pane sia sempre fresco” era un saluto augurale in uso nelle campagne del Nord Italia. Auguriamoci anche noi di poter avere sempre pane fresco, generoso, gradito al palato, che soddisfi con pienezza e con gioia il bisogno di pane, pane come sacralità della mensa, pane come quotidianità della nostra vita, pane che non dovrebbe mai mancare su nessuna tavola del Mondo. In fondo, aggiungo io, chi non ha mai sentito il profumo del pane è certamente un infelice. Cestello di pane da ristorante Profumo di Pane Un amico ritrovato che probabilmente non si era mai perduto. Demonizzazioni e mode intrecciate con la voglia effimera di santificare il superfluo, non hanno potuto aver ragione - o meglio, torto - di uno dei pezzi forti dell’alimentazione mediterranea, il pane, appunto. I pani, anzi. Perché tipologie e forme di questo prezioso alimento, in lungo e largo nella Penisola, non sono esaurientemente numerabili. Quanti tipi di pane esistono nel nostro Paese? A questa domanda è praticamente impossibile rispondere poiché ogni città, ogni paese, ogni campanile ha un suo pane. Rocco Lettieri, giornalista free lance, esperto di turismo ed enogastronomia, ex fornaio con più di trent’anni di impasti notturni, nel volumetto Profumo di pane, pubblicato dall’Associazione Nazionale Città del Vino, ne elenca quelli regionali ancora in uso dalle Valle d’Aosta alla Sicilia con uno sguardo particolare alla Sardegna. I più noti e i più strani, ordinati secondo la dislocazione geografica, accompagnati da un elenco - non esaustivo, ma sicuramente rilevante - delle ricette più adatte ad unirsi a ciascun “modello”. Il messaggio principale che questo quaderno vuole dare, infatti, non riguarda tanto la varietà dei pani che affollano le tavole italiane, quanto la necessità di riconoscere a questo alimento la giusta dignità gastronomica. Al punto di diffondere nei ristoranti l’abitudine di introdurre una carta del pane accanto a quella, collaudata, dedicata ai vini. Massimo Corrado, presidente delle Città del Vino, così si esprime nella presentazione: “....Questo Quaderno propone l’antica tradizione del pane che rappresenta il nostro semplice contributo all’affermazione di una “ filosofia ” per mantenere vivo e forte il sentimento per la tutela delle tradizioni e del valore culturale che vi sta dietro. Rocco Lettieri, amico storico delle Città del Vino, esperto enogastronomico, per molti anni maestro fornaio, ha realizzato questo Quaderno mettendo insieme i suoi pensieri e proponendo un itinerario tra le tante tradizioni regionali legate al pane, alle sue forme, alle ricette, ai modi di preparazione. E’ questo l’aspetto sicuramente più accattivante, laddove si presentano nomi di pane e modi di panificare andati quasi perduti....Sembra quasi di sentire certi odori e certe fragranze nel leggere di michette, frisedde, carasau e pagnotte, ciabatte, piadine e taralli....”. Un libretto che si legge in un fiato passando dai cereali alle farine, alla panificazione tra tradizione e progresso, al pane al ristorante e al pane in cucina e in tavola. Utilissima la Carta del Pane e l’elenco regionale dei pani e delle ricette realizzabili con il pane per non disperderne neanche una briciola. Il Quaderno è impreziosito da contributi letterari di autori diversi da Grazia Deledda a Mario Soldati, da Flavio Colutta ad Armanda Capeder. In chiusura il “mio credo di fornaio” pensieri in libertà di Rocco Lettieri a cui va il merito di aver contribuito a rilanciare un prodotto a cui tutti, ma dico tutti, dovremmo dare il giusto risalto anche per ridimensionare il grave problema dello spreco che ancora ogni giorno si fa del pane. 68 - La Rivista settembre 2015 Convivio di Domenico Cosentino Frutta, ghiaccio e gelati alcolici Quando il sorbetto diventa aperitivo o Cocktail estivo All’inizio, oltre cento anni fa, era solo vermouth. La prima e più civile forma di aperitivo. E sembra che per quasi due secoli sia stato una gloriosa e parca istituzione torinese, che non ha nulla a che fare con le baracconate con bicchieri e piattini di plastica con il quale viene servito oggi “lo spritz” ai giovani nelle discoteche. In quegli anni, meno cialtroni, l’aperitivo si beveva e basta e veniva servito separato dai pasti. Magari, come faceva mia madre – era una brava sarta, oggi si direbbe “stilista” – quando il vermouth lo serviva in bicchierini, accompagnato da ciotoline di arachidi o ceci abbrustoliti, a quelle signore (a volte un poco inacidite) che non avrebbe mai invitate a cena, quando venivano a ritirare il proprio abito o la gonna “plissé” ( a pieghe), molto di moda nel dopoguerra. Nessuno, allora, avrebbe immaginato la sparizione del vermouth. E nessuno poteva mai e poi mai immaginare che il vermouth sarebbe diventato la base di una serie di Cocktail che nel Novecento si bevevano come aperitivi – a Milano iniziò a chiamarsi Happy hour o “apripasto”– ma anche serviti dopo cena; e il cui tasso alcolico avrebbe nel secolo successivo dovuto essere tamponato da buffet rancidi che illudessero la clientela della più mirabile delle illusioni: “stai mangiando a scrocco”. di Casinò Royal: “Un dry Martini, disse, in “un’ampia coppa d champagne”. “Oui monsieur”, rispose il Barman. “Aspetti un momento – aggiunse 007 – Tre parti di Gordon’s, una di vodka, mezza di Kina Lillet. Shakerato finché è molto freddo, poi aggiunga una sottile scorza d limone. Chiaro?”. Se questo era ed è James Bond, bisogna anche aggiungere che per i miscelati- che partono sempre da basi il più possibili neutre per essere plasmati in maniera funambolica grazie all’abilità del barman, che sa trasformarli in diabolici Drink - andava pazzo anche lo scrittore americano Ernest Hemingway. Sembra che l’autore di Per chi suona la campana, Addio alle Armi e il Vecchio e il Mare, apprezzasse smodatamente quattro cose: “Le donne, la pesca Le nozze alcoliche da 007 a Hemingway Quando Ian Fleming nel 1953 inventò il Vesper Martini per il suo nuovo eroe letterario, non immaginava certo che il suo cocktail avrebbe fatto il giro del mondo, diventando uno status symbol. A renderlo immortale, consegnandolo alla storia, fu il fascino dell’ambiguità alcolica espressa nel mix inusuale di gin e vodka, omaggio di 007 alla bella doppiogiochista Vesper Lind, protagonista femminile Roberta con i suoi cocktail fresh Fruit e Midori Water Melone settembre 2015 La Rivista - 69 in alto mare, i gatti e i cocktail”, che dovevano essere fortemente alcolici!. Ancora oggi, nel giardino della sua casa (oggi museo pubblico) di Key West Florida, vivono protetti gli “eredi” dei suoi gatti a sei dita. Ma se il visitatore dovesse fare una capatina alla Bodeguita del Medio per bere un drink, ecco che dietro il bancone di chi prepara i cocktail potrà leggere il motto del grande Hemgway: My mojito in la Bodeguita, my daiquiri in El Florida”. In principio fu lo sgroppino Poi, cambiò tutto! Gioia e dannazione del barman di tutti i pianeti del mondo, sempre alla continua ricerca di mix perfetti, i long drink, gli short drink e oggi i cosiddetti gelati alcolici, che sono dei cocktail estivi trasformati o rivisitati. Quest’anno hanno conquistato un posto d’onore su tutte le spiagge d’Italia proprio nelle serate calde, afose dei mesi infuocati di luglio e agosto,che abbiamo appena archiviato. E il rito dell’aperitivo e del dopocena, è diventato sinonimo di trasgressione vacanziera, un’occasione irripetibile per assaggiare le ultime inebrianti e ghiacciate novità. Sono i sorbetti, i gelati, meglio se alcolici. Uno sfizio a gradazione variabile, protagonista di piatti della nostra tavola nobiliare e popolarissima, che oggi la nuova cucina d’autore sta trasformando da dimenticabile dettaglio del menu a parte integrante di piatti ad alta valenza golosa. In principio furono gli sgroppini, sovrapposizione perfetta di termine e significato. Il sorbetto corretto alcoolicamente, infatti, nonostante l’assonanza, più che alla grappa, si riferisce al “groppo”. Provocato non tanto da un’emozione intensa – il groppo alla gola – quanto da un‘altrettanto intensa attività masticatoria. Per liberarsi del groppo allo stomaco, insomma, niente di meglio di un buon sgroppino. Dalla grappa – madre di tutte le correzioni alcoliche – agli altri liquori, il passo è stato breve. Dallo Spritz al Mojito nella terra dei cuochi Un passo oltre, è siamo entrati nella terra dei cuochi dove la libera associazione tra ghiaccio, frutta e liquore viene abbinata a tartare, insalate e polpettine di pesce. Si va dal sorbetto di Campari e spuma d’arancia con gamberi in tempura e mandorle laccate con i miele e 70 - La Rivista settembre 2015 Fleur de sel,a quello di mojito che accompagna la tartare di tonno o tartine di salmone affumicato e cetriolo, fino al sorbetto allo spu- mante con chicchi d’uva e biscotto caldo alle noci. E poi c’è lo Spritz, ad esempio, che è diventato un Sorbetto-granita, versione ghiacciata dell’aperitivo più popolare dell’estate, vede come base dell’aperol o bitter. Addizionato con vino bianco e prosecco, viene servito, secondo Carlo Cracco, con polpettine e patatine chips. Non mancano il Fragolino, il non-vino dissetante e goloso, che, sotto forma di sorbetto rosso squillante, si gusta con le meringhe o il Moscato, d’Asti o di Pantelleria, da gustare con krapfen o abbinare a terrine e paté; e il Caipirinha: sfrontato e irresistibile, ha per protagonista la Cachaca (acquavite brasiliana), addolcita con zucchero e rilevata dal lime. Squisito con tartare di pesce leggermente piccante. Nella grande famiglia del Sorbtto-aperitivo, che vede frutta e ghiaccio nuotare in un “goccetto”, non poteva mancare la birra. Nate insieme alle produzioni artigianali, le birre, vengono declinate secondo le diverse tipologie, del Tipo Pils alle speziate fino alle poderose Stout. Da gustare con i formaggi stagionati. Più complicato per i gelatieri Se la nuova generazione dei cuochi italiani ha avuto vita facile nel trasformare i cocktail tradizionali in gelati alcolici, servendoli rigorosamente prima dei pasti o abbinandoli ad alcuni “Piatti d’utore”, così non è stato per i maestri gelatieri. Oggi il sorbetto non vive di solo limone. Per ogni frutto da trasformare in bicchierino gelato bisogna trovare (perché esiste) l’ideale compagno alcolico, dal porto che accompagna e mitiga la dolcezza del melone alle fragole rese rinvigorite da un tocco di Vodka. Il percorso dei maestri gelatieri è più complicato per il fatto che è in bilico perenne tra immagine tradizionale e voglia di sperimentare. Da una parte, è fondamentale trovare il miglior latte possibile, la panna più fresca, la frutta di stagione e possibilmente di coltivazione biologica, i pistacchi veri o il cioccolato equo e solidale. Dall’altra – ed è sempre stato così – solo certe nuove combinazioni tentatrici, semi-trasgressive portano al successo, allargano i sorrisi, allietano i palati e premiano sempre gli artigiani virtuosi e coraggiosi. Come è successo allo Chef-gelataio Giulio Ricci, che gestisce “Ottimo Gelato – Buono non Basta” a Torino, dove per le sue creazioni utilizza si, latte di cascina, frutta fresca contadina, ma anche liquori di alta qualità. Ecco il sorbetto ideato e omaggiato ai suoi amici del ristorante “Combai Zero” di Rivoli, dove ha condiviso un pezzo importante della sua storia lavorativa. La Ricetta Pompelmo rosa, Campari e zenzero uno sfizio a gradazione variabile Ingredienti: 135 g di pompelmo pelato a vivo; 275 g di spremuta di pompelmo; 100 g di bitter Campari; 55 g di spremuta di limone Bio; 125 g di zucchero di canna bianco; 45 g di mela Granny Smith; 10 g di zenzero fresco; 250 di acqua minerale naturale; 3 g di Agar Agar(Addensante Vegetale). Come la prepara: Giulio, di solito, inizia a preparare uno sciroppo con l’acqua calda, lo zucchero di canna bianco e l’agar agar. Quindi lascia raffreddare. Poi frulla finemente insieme a tutti gli altri ingredienti (pompelmo, spremuta di limone e di pompelmo, zenzero fresco) e fa gelare in gelatiera fino a raggiungere la consistenza desiderata. Giulio consiglia di accompagnarlo a del pesce spada affumicato: alternando un boccone di pesce a un cucchiaino di sorbetto. settembre 2015 La Rivista - 71 Motori di Graziano Guerra Nuova Fiat 500 Più tecnologica e sempre inconfondibile I dirigenti del Gruppo FCA hanno scelto il Lingotto di Torino per la presentazione internazionale ai giornalisti in sessione dinamica della nuova Fiat 500. Dopo la conferenza stampa, la colorata fila delle nuove 500 con i giornalisti al volante si è incolonnata sulle rampe che portano sul tetto della storica sede, dove un tempo tutte le Fiat giravano per le presentazioni ufficiali, riprese da cinecamere di mezzo mondo, e per i test finali. Inaugurato nel 1923, lo stabilimento Fiat è ancora oggi ammirato per la modernità e l’eleganza del suo sviluppo verticale, e per la soluzione della pista di collaudo sul tetto, tanto che all’epoca destò l’apprezzamento del celebre architetto Le Corbusier. Il 40% della macchina è stato migliorato, le parti nuove sono 1.900 Fiat 500 e Fiat 500C sono state rinnovate nel segno della continuità estetica e dell’evoluzione tecnologica, seguendo quella formula magica capace di realizzare una vettura esclusiva ma accessibile. Sempre uguale mai la stessa, la più amata dagli artisti e dai designer si presenta nelle stesse dimensioni contenute, è lunga 357 cm, larga 163, alta 149 con un passo di 230 cm, ma, pur nel segno della continuità, frontale e posteriore sono cambiati, e ribadiscono l’identità in modo più tecnico e completo. Il richiamo storico più evidente rimane legato ai fari, sempre circolari ma con un taglio più audace quelli anteriori, totalmente nuovi i posteriori. Il profilo morbido e arrotondato dà alla Nuova 500 un’aria “sbarazzina” con sbalzi oltre le ruote ridotti al minimo e un cofano molto corto. Leggermente inclinata sull’anteriore, la linea di cintura esalta la robustezza. L’interno curato fin nei dettagli - molto bello quello in stoffa Principe di Galles - è ricco di richiami al passato ma riletti in chiave moderna, e impreziosito da materiali esclusivi. Sulla Nuova 500 debuttano i servizi Uconnect LIVE, inclusi nel prezzo. L’infotainment è stato interamente rinnovato, lo schermo da 5” sarà sostituibile, da fine anno, con uno da 7”; sulla Lounge c’è un display tattile. Nella gamma colori entrano i nuovi rosso Bordeaux e rosso Corallo, ma grande spazio alla fantasia con la nuova possibilità di personalizzazione definita „Second Skin“. Orientata alla sostenibilità ambientale, per le nuove 500 sono stati adottati motori brillanti dai consumi contenuti omologati Euro 6: i bicilindrici TwinAir da 80 CV o 105 CV; un 1.2 da 69 CV da fine anno. Abbinati a cambi meccanici a 5 o 6 marce oppure al robotizzato Dualogic e tutti con Start&Stop. È commercializzata in Svizzera negli allestimenti Pop, Pop Star e Lounge, con prezzi che partono da 14’490 franchi per la Pop 1.2 8 valvole 69 CV ai 18’990 per la Lounge 0,9 TwinAir Turbo 105 CV, passando per i 15’790 della Pop Star 0,9 TwinAir Turbo 80 CV. L’obiettivo di vendita per quest’anno è di 3.700 veicoli, cifra che corrisponde a una percentuale del 18.6 % nel segmento. 72 - La Rivista settembre 2015 Impressioni di guida Alfa Romeo Giulietta Sprint 1.4 MultiAir170 PS mit TCT E la Giulietta si fece Sprint - in omaggio alla leggenda - con un look più marcato, e prestazioni da urlo con il Turbo-Benzina da 170 CV. La Sprint celebra i 60 anni di vita del modello. Negli anni Cinquanta fu la Giulietta a far sognare gli automobilisti, rendendo per la prima volta accessibile il desiderio di possedere un’Alfa Romeo. La nuova Sprint ha raccolto quel testimone con dotazioni tecnologiche al top. L’esclusivo abito sportivo si distingue per il badge dedicato, il paraurti posteriore con estrattore sportivo, i terminali di scarico maggiorati e i cerchi in lega Sprint 17’’ a 5 fori (sulla vettura in test da 18”). Completano lo stile, i vetri posteriori oscurati e le finiture lucide in tinta antracite su calandra, maniglie, calotte dei retrovisori e cornici dei fendinebbia. All’interno spicca l’ambiente sportivo nero con sedili Sprint impreziositi da cuciture rosse. Il 1.4 MultiAir TurboBenzina da 170 CV abbinato al cambio automatico con doppia frizione TCT unisce prestazioni di altissimo livello con rispetto dell’ambiente (119 g/Km di CO2 - consumi di 5,1 litri ai 100 Km sul misto) e costi di gestione contenuti. Disponibile in Svizzera al prezzo base di 29’950 franchi, la Sprint da 170 CV in test da 38’500.- arrivava a 43’040.- franchi con gli accessori in dotazione: lavafari e antinebbia anteriori (250.-), fari bi-Xenon con funzione AFS (1’240.-), tinta pastello Rosso Alfa (400.-), cerchi in lega da 18” con pneumatici 225/40 (600.-), sistema di navigazione multimediale Uconnect (1650.-), kit fumatori (50). Fiat Doblò 1.6 Multijet 120 PS Sulle rampe del San Bernardino, salendo, ha seminato modelli sportivi (pure tedeschi) di altre marche in scioltezza. Incredibile la sua tenuta di strada e la maneggevolezza. Le forme non tradiscono assolutamente un’indole sportiva, anzi. Il nuovo Doblò è, infatti, un mezzo utilitario giunto alla quarta generazione, che si fa rispettare sia per la versatilità e lo spazio interno sia per la brillantezza del suo motore Multijet diesel 16V da 120 CV conforme alle nuove norme Euro 6. Con paraurti, cofano, proiettori e gruppi ottici di chiara impronta automobilistica, si presenta con un frontale moderno e distintivo. Pure il design interno ha queste caratteristiche, dalla plancia ai tessuti di qualità, dal volante alla strumentazione. Tutta l’impostazione è tesa a una maggiore funzionalità, con soluzioni ergonomiche specifiche che rendono poco affaticante la guida. L’isolamento acustico e i nuovi sistemi di infotainment e di navigazione sono all’altezza dei tempi. Questo moderno van, pensato per quanti hanno bisogno di un mezzo di trasporto flessibile, è stato presentato nella versione per il trasporto persone in anteprima al Salone di Ginevra 2015. Il prezzo di listino parte da CHF 23’700.-, per la versione in test, che contava sui seguenti accessori: cristallo posteriore foncé (250.-), metallizzato (700.-), volante e pomello cambio rivestiti di pelle (200.-), tempomat (400.-), sedili anteriori riscaldabili (400.-), sensori di parcheggio 420.-), Uconnect con navigatore e DAB+ (700.-), ruota di scorta (180.-), kit fumatori (30.) da 28’200.-; la versione Trekking costa 30’900 CHF. Abarth 595 Turismo Cabrio 1.4 160 PS La Casa dal marchio dello Scorpione ha in serbo emozioni per tutti, e nella sua gamma propone una versione particolarmente accattivante, quella 595 Turismo Cabrio bramata da chiunque la veda passare, posteggiata o in fotografia. Non chiedetemi perché, è così e basta. Te la guardano tutti e tutte. Fra l’altro, a testimonianza della vocazione internazionale di Abarth c’è il 77% di vendite sul totale. Forte di 160 CV la 595 Turismo Cabrio equipaggiata con il propulsore 1.4 Turbo T-Jet, si fregia di un allestimento che sa accontentare chiunque si riconosca in valori come eleganza e sportività. L’attenta cura per i dettagli, la scelta di materiali di alta qualità, i sedili di pelle, l’impugnatura del volante in pelle traforata, i sovra tappeti impreziositi da inserti in pelle e borchie di fissaggio metalliche, la pedaliera, il battitacco e la mostrina del cambio in Alutex - un esclusivo materiale composito di derivazione racing - completano un quadro entusiasmante che spazia dalla tecnologia motoristica racing ai sistemi di sicurezza, intrattenimento e navigazione. Oltre al cambio manuale a cinque marce, è disponibile il sequenziale robotizzato con comandi al volante, per cambiate velocissime. Ha una ripresa al fulmicotone e viaggia sempre incollata all’asfalto. In Svizzera, il listino prezzi parte da 28’920.-, la vettura in test è disponibile da 33’620 franchi. Tutti i prezzi indicati non comprendono eventuali “Eurobonus” e altre riduzioni. settembre 2015 La Rivista - 73 Alfa Romeo apre i battenti del Museo Storico di Arese La macchina del tempo Alfa Romeo festeggia i suoi 105 anni aprendo al pubblico il proprio Museo Storico di Arese, cuore di un vero e proprio “brand center”. Il museo – denominato “La macchina del tempo” - è dotato di bookshop, caffetteria, centro documentazione, pista prove, spazi per eventi e show-room con delivery area: un legame ideale tra passato, presente e futuro. I naugurato il 24 giugno in occasione dell’anteprima mondiale della nuova Giulia, “La macchina del tempo - Museo storico Alfa Romeo” ha aperto al pubblico lo scorso 30 giugno ed è visitabile tutti i giorni, eccetto il martedì, dalle ore 10 alle 18, con prolungamento orario fino alle 22 il giovedì. Il Museo ospita i pezzi più significativi della collezione storica Alfa Romeo, costituita a partire dalla prima metà degli anni ‘60. Inaugurato nel 1976 e visitabile solo su prenotazione, in seguito alla dismissione del sito produttivo e alla conseguente perdita della funzione direzionale del Centro, il museo era stato chiuso nel 2009. 74 - La Rivista settembre 2015 Nel quadro del piano di rilancio globale di Alfa Romeo, il Museo di Arese – luogo simbolo della storia aziendale – è stato scelto come fulcro della rinascita del marchio. A fine 2013 l’architetto Benedetto Camerana è stato chiamato a proporre un nuovo progetto che integrasse gli obiettivi del rilancio e le esigenze di tutela sull’edificio. I lavori sono partiti nell’estate 2014 e in meno di 12 mesi è stato completato un importante intervento di riqualificazione sull’intero complesso realizzato da FCA Partecipazioni. La funzionalità del complesso Il progetto architettonico ridisegna la funzionalità del complesso direzionale, adeguandolo alle nuove attività e ai flussi di pubblico previsti. L’elemento chiave del progetto è rappresentato dalla struttura rossa che attraversa tutto il complesso: dalla pensilina che accoglie i visitatori, passando dall’area d’ingresso, fino all’inizio del percorso espositivo con il nuovo volume della scala mobile. Quest’ultimo innesto architettonico, ben visibile dall’autostrada nel suo “rosso Alfa”, è il simbolo della rinascita del Museo: un segno moderno, incastonato nell’architettura degli anni ‘70, che risolve il rapporto necessario tra storia e contemporaneo. L’allestimento museale sottolinea i tratti di uomini che hanno contribuito alla crescita dell’azienda: dagli operai ai meccanici, dai collaudatori ai disegnatori, dagli ingegneri agli impiegati. La seconda parte del percorso è la Bellezza, che occupa l’intero piano “zero” con diverse aree tematiche. L’allestimento è pensato con linee dinamiche e fluide che richiamano il segno dei grandi carrozzieri italiani: da “I maestri dello stile”, che riunisce nove grandi esempi di design di ogni epoca, a “La scuola italiana”, dove sono esposte le auto realizzate negli anni ‘30 e ‘40 dalla carrozzeria Touring con il marchio Superleggera. Al centro del percorso “Alfa Romeo nel cinema”, seguono “Il Fenomeno Giulietta” e “Giulia: disegnata dal vento”, con i modelli che accompagnano la crescita economica e del gusto dell’Italia degli anni ‘50 e ‘60. Nasce la leggenda identitari che appartengono al DNA Alfa Romeo, raffigurato attraverso una suggestiva installazione luminosa che attraversa verticalmente l’edificio: luci, parole e segni di stile che si attivano in uno spettacolo con un movimento elicoidale discendente, a simboleggiare la continuità stilistica e la coerenza tecnologica nel tempo. 69 modelli e 3 principi Lungo il percorso sono esposti i 69 modelli che maggiormente hanno segnato non solo l’evoluzione del marchio, ma la storia stessa dell’auto. Dalla prima vettura A.L.F.A., la 24 HP, alle leggendarie vincitrici delle Mille Miglia come la 6C 1750 Gran Sport di Tazio Nuvolari, dalle 8C carrozzate Touring alla Gran Premio 159 “Alfetta 159” campione del Mondo di Formula 1 con Juan Manuel Fangio; dalla Giulietta, vettura iconica degli anni ‘50, alla 33 TT 12. L’essenza del marchio è condensata in tre principi: la Timeline, che rappresenta la continuità industriale; la Bellezza, che unisce stile e design; la Velocità, sintesi di tecnologia e leggerezza. A ogni principio corrisponde un piano del Museo. La Timeline occupa l’intero primo piano, con una selezione delle 19 auto più rappresentative dell’evoluzione del marchio, ciascuna accompagnata da un pannello informativo multimediale. L’esposizione è completata da una “memoria interattiva”, postazione smart-tech da cui i visitatori possono accedere a un sistema interattivo che approfondisce la storia dei modelli. L’installazione “Quelli dell’Alfa Romeo” racconta come in più di 100 anni sia nata una leggenda grazie al lavoro di migliaia La terza parte è dedicata alla Velocità, che occupa l’intero piano interrato. Questa è l’area più emozionale, dove l’appassionato incontra le protagoniste delle grandi vittorie Alfa Romeo: da “Nasce la leggenda”, spettacolare spazio multimediale che riunisce le interpreti delle epiche competizioni tra le due guerre, fino all’esordio nella F1, al “Progetto 33” e “Le corse nel DNA”. Si entra poi nel “Tempio delle vittorie”, un altro volume nel quale uno spettacolo di immagini, suoni e filmati presenta i 10 più grandi trionfi della storia Alfa. Il viaggio attraverso il mito si chiude con un finale ludico e spettacolare: le “bolle emozionali” dedicate all’esperienza del mondo Alfa Romeo, con filmati a realtà virtuale a 360 gradi, e una sala immersiva in cui il visitatore, seduto su poltrone interattive, può assistere alla proiezione 4D di filmati dedicati ai leggendari successi Alfa. settembre 2015 La Rivista - 75 Donne nel mondo delle motociclette Dieci domande a Cinzia Marangoni marketing manager Harley-Davidson Svizzera di Graziano Guerra A Lugano, alla quarta edizione degli Swiss Harley Days, che nel primo weekend dello scorso luglio ha attirato oltre 23.000 moto e più di 70.000 visitatori, abbiamo incontrato Cinzia Marangoni, nuova marketing manager di Harley-Davidson Svizzera. Alla giovane manager l’esperienza non manca: ha coperto il medesimo ruolo presso l’importatore di una rinomata marca di motociclette tedesche prima di approdare nella stanza dei bottoni del Marchio Usa. 1 - A Lugano sono arrivate oltre 22.000 Harley-Davidson, secondo lei cosa accomuna maggiormente questo gran numero di motociclisti? Harley-Davidson non significa solo libertà, una delle più pure esperienze motociclistiche e la realizzazione di un sogno molto personale, ma comprende pure uno spirito d’appartenenza unico. E la comunità Harley-Davidson si trova ovunque, sulla strada, al caffè in città, nel biker-ristorante in montagna, oppure per l’appunto agli Swiss Harley days. I raduni HD sono diventati un Must per moltissimi motociclisti e chi ha partecipato una volta sa perché vi torna sempre. 2 – E come è nata in lei la passione per le motociclette? Fin da bambina volevo girare in motorino e sognavo la moto. E anticipavo il sogno– come me penso abbiano fatto in tanti - sistemando un cartoncino fra i raggi della bicicletta, imitando un po’ il “rumore della moto”. Il fascino di quel sentimento di libertà e di divertimento è rimasto fino a oggi, solo che adesso quel “to-to-to” è un po’ più forte. 3 – Lavoro e passione, molto bello, ma come riesce a coniugare i rapporti personali con quelli di lavoro in un mondo così impegnativo come quello delle motociclette? Lo vedo come un privilegio, fare della mia passione la mia professione. Amo il mio lavoro e collaborare con le molte persone – nuove e vecchie conoscenze – che incontro. Mi riesce molto bene, nella vita privata seguire anche altre cose e per un po’ lasciare la moto in garage. 4 - XL883N Iron, XL1200X Forty-Eight, FXDL Low Rider, FLS Slim, FXSB Breakout, FXDF Fat Bob, XL1200T Sportster Low, FLTRXS Road Glide, FLHX Street 76 - La Rivista settembre 2015 Glide, FLHTK Ultra Limited, FLHTKL Ultra Limited Low, FLHRC Road King, FXDB Street Bob, VRSCDX Night Rod, FLSTFB Fat Boy Sp., FLSTC Heritage, FLSTN Deluxe, XL1200C Sportster Custom, FLD Switchback, VRSCF Muscle … questi I modelli 2015 che si potevano provare a Lugano durante gli Swiss Harley Days, a lei quale piace in particolare? Naturalmente a me piacciono tutte le HD, e ognuna si distingue per i geni familiari che porta. Personalmente mi piacciono molto la XL883N Iron e la XL1200X Forty-Eight della serie Dark Custom. Fra le grosse cilindrate Harley trovo molto speciale la serie Street Glide e trovo molto bella la V-Rod Muscle. 5 - E qual è il modello di maggior successo in questa stagione 2015 in Svizzera? La stagione è naturalmente ancora in corso, attualmente la più venduta è la FXSB Breakout. 6 – Come tradizione, HD a settembre presenterà le novità per la prossima stagione, ci sarà qualcosa di speciale per il 2016? Sull’argomento diremo di più quando sarà il momento. Quello che posso dire è che la nostra gamma 2016 saprà far battere molto forte il cuore sia degli attuali “harleysti” sia dei futuri. 7 – Euro-Bonus, suona un po’ strano per moto “born in the Usa” … Alla Harley-Davidson conta soprattutto la gioia di andare in moto. Prodotti e prezzi li adattiamo secondo le nostre possibilità e alle condizioni del mercato nazionale. Con questo, i nostri clienti possono approfittare dei vantaggi valutari e realizzare così il proprio sogno di libertà personale a un prezzo ancora più attraente. 8 – Quanti Concessionari avete sul territorio svizzero? A livello nazionale abbiamo 18 concessionari e nella Svizzera italiana contiamo su uno dei nostri top dealer: Harley-Davidson Ticino a Lamone. Roberto Sprugasci (General Manager) e il suo team di esperti sono ben apprezzati sin oltre i confini nazionali e noi siamo orgogliosi di poter contare su un partner così forte nella bellissima Svizzera italiana. 9 – Alla parola magica “customizing” a ogni Harleysta un tempo batteva forte il cuore, è ancora così o in molti si rivolgono al concessionario di fiducia per la personalizzazione della loro moto? Ha detto bene la parola “magica” mi piace molto! Infatti, il Customizing è, e rimane uno dei nostri capisaldi e rappresenta al meglio la nostra provenienza, le nostre radici. Per noi ogni cliente è unico! Ed è per questo che vogliamo consentire di rendere la sua moto unica. E siccome non tutti possono essere dei “magnifici self customizer”, molti si rivolgono al proprio concessionario di fiducia per la realizzazione dei propri desideri. 10 – Novità in tema abbigliamento? Ogni mese abbiamo una nuova collezio- ne presso tutti i nostri dealer. Sempre qualcosa di nuovo, in tema moto, ma anche casual. Particolarmente attraenti sono nostri Riding Jeans che a prezzi ragionevoli propongono un’eccellente protezione (Original Performance Riding Jeans - CHF 265; Genuine Performance Riding Jeans - CHF 330, FXRG Performance Riding Jeans CHF 420). I jeans si differenziano per quanto riguarda la protezione e lo stile, l’FXRG per esempio offre una resistenza all’abrasione di circa 7,4 secondi, che corrisponde ai valori di una tuta di pelle! Tobias Dilsch*: Jeep è il brand del 4x4 Sempre a Lugano, , abbiamo incontrato Tobias Dilsch, Head of Product Marketing presso Fiat Chrysler Automobiles Switzerland. Anche a lui manager abbiamo rivolto alcune domande. Come è nata l’idea di sponsorizzare gli Swiss HD? La collaborazione con Harley Davidson è nata nel 2014, quando i due marchi hanno voluto unire le loro forze per fare incontrare i veicoli a due e quattro ruote più entusiasmanti al mondo. È stata dunque una conseguenza naturale per Jeep quella di partecipare agli Swiss Harley Days che non solo rappresentano il più grande raduno motociclistico in Svizzera, ma che è anche la piattaforma ideale per far conoscere il mondo ed i valori di Jeep che hanno molto in comune con quelli di Harley. Cosa accomuna Jeep e Harley-Davidson? La partnership di Jeep con Harley Davidson nasce dalla condivisione di un approccio a vivere le proprie emozioni in modo libero e autentico. Entrambi i marchi sono icone del made in USA ed esprimono i valori di libertà e autenticità attraverso prodotti che consentono a chi li sceglie di vivere la propria individualità in modo forte e distintivo, di poter intraprendere qualsiasi viaggio ed affrontare qualsiasi avventura. A conferma della condivisione di valori tra il marchio Harley Davidson e Jeep, è stata proprio una Jeep Wrangler Freedom Edition, creata specificamente per l’evento, ad aprire la parata di sabato. Quali saranno i prossimi vostri impegni in questo senso? Nel 2015 sono 12 gli eventi a cui Jeep ha partecipato o parteciperà in tutto il mondo, dalla Francia al Sud Africa, dalla Spagna alla Germania. Il prossimo da non perdere, è l’European Bike Week che si terrà dall’8 al 13 settembre sul Faaker See, in Austria. In questo momento Jeep sta conoscendo un forte successo, in particolare con la nuova Renegade, ma in Svizzera è preferita la motorizzazione diesel o benzina? In Svizzera è solitamente apprezzata la motorizzazione a benzina; in realtà attualmente stiamo riscontrando un grande successo con i motori diesel, che ora ricoprono l’80% delle vendite. E quale è la percentuale di modelli 4x4? Jeep è il brand del 4x4, è la sua forza. E questo lo riscontriamo anche nelle scelte nostri clienti che scelgono, al 90% un modello 4x4. Quale altro modello vi sta dando soddisfazione? Al momento siamo molto soddisfatti dell’andamento delle vendite di Cherokee e Grand Cherokee. Siamo in generale fieri dell’andamento del brand, dall’inizio dell’anno infatti le immatricolazioni sono cresciute del 37,4%. Tema euro-bonus, quali sono le vostre strategie al riguardo? La strategia è semplice ma trasparente: trasferire il vantaggio dell’Euro al cliente attraverso un Bonus. Quanti sono i vostri concessionari in CH e quanti in TI? In Svizzera abbiamo un totale di 40 concessionari Jeep, dei quali due si trovano in Ticino. *Tobias Dilsch Tedesco di nascita, Tobias occupa da gennaio 2015 il ruolo di Head of Product Marketing presso Fiat Chrysler Automobiles Switzerland. Dilsh lavora nel gruppo FCA da oltre dieci anni, dove ha ricoperto svariati ruoli in diversi mercati tra i quali quello di Marketing Manager per i brand Jeep e Lancia in Germania e quello di Fleet and Used Car Director in Austria. settembre 2015 La Rivista - 77 Starbene Come superare la paura delle iniezioni Paura delle iniezioni? Prendere prima un bel po’ d’aria e poi trattenere il respiro può rendere il dolore più sopportabile. Ad affermarlo è uno studio spagnolo, dell’Università di Jaén, pubblicato su Pain Medicine e riportato dal New Scientist. “Quando si trattiene il respiro - spiegano gli studiosi - la pressione sanguigna aumenta e il corpo attiva modo naturale un meccanismo per riportarla giù. Sensori di pressione sui vasi sanguigni nei polmoni inviano infatti segnali al cervello per ridurre la pressione e questi segnali attivano anche un meccanismo per cui il cervello ‘smorza’ il sistema nervoso, rendendoci meno sensibili al dolore”. Tutto ciò potrebbe spiegare anche perché le persone con una pressione sanguigna alta hanno anche una soglia del dolore più elevata. Lo studio, su 38 persone le cui unghie sono state schiacciate per 5 secondi mentre trattenevano il respiro e poi mentre respiravano lentamente, ha mostrato che il dolore provato è sceso di mezzo punto, 5 da 5,5 in una scala di 10, quando hanno trattenuto il fiato. Gustavo Reyes del Paso, autore dello studio, crede che trattenere il respiro potrebbe essere una risposta naturale se ci si aspetta di farsi male, ma non funziona per infortuni inaspettati, perché bisogna iniziare a trattenere il respiro prima che il dolore inizi. “Potrebbe essere possibile allenare le persone nel dolore acuto a trattenere il respiro”, spiega Richard Chapman, della University of Utah, aggiungendo però che trattenere il respiro può anche rendere tesi i muscoli, peggiorando alcune condizioni dolorose. Dimagrire grazie all’uva l vino rosso può aiutare a perdere peso grazie al suo ingrediente principale: l’uva. Lo ha stabilito un nuovo studio della Washington State University. Gli acini come anche i frutti di bosco contengono il resveratrolo, un antiossidante ritenuto una vera e propria fonte di giovinezza, già noto per essere attivo nel ridurre il colesterolo Ldl (o cattivo) prevenire le malattie cardiache e cardiovascolari. Ora la ricerca, pubblicata sull’International Journal of 78 - La Rivista settembre 2015 Obesity, ha stabilito che questo composto è in grado di trasformare il grasso bianco ‘cattivo’, che fa da deposito per le calorie assunte in eccesso e che viene usato quando c’è bisogno di energia extra, in quello bruno ‘buono’ che invece brucia il grasso bianco trasformandolo in calore. I ricercatori, grazie all’ausilio di topi da laboratorio, hanno fatto assumere alle cavie una quantità di resveratrolo equivalente a quella consumata ogni giorno in 330 grammi di frutta. Ebbene, questi topi hanno perso il 40% del peso rispetto alle altre cavie, che non sono state nutrite con la dieta ‘verde’. Secondo Min Du, ricercatore capo dello studio, “i polifenoli nella frutta, tra cui il resveratrolo, aumentano l’espressione del gene che incrementa l’ossidazione dei grassi alimentari, in questo modo il corpo non verrà sovraccaricato dai lipidi. L’organismo rimane in equilibrio ed è in grado di prevenire l’obesità e la disfunzione metabolica”. La cataratta curata con un collirio Molto presto la cataratta, patologia che colpisce milioni di persone in tutto il mondo, potrebbe esser curata con un “banale” collirio. Ad annunciarlo un team di ricercatori guidato dal biologo molecolare Ling Zhao, dell’University of California, San Diego. Gli specialisti, nello specifico, avrebbero individuato un collirio a base di steroidi che sembra avere tutte le carte in regola per mandare in pensione i più rischiosi e costosi interventi chirurgici. La soluzione, al momento in fase di test sugli animali affetti da tale patologia, sembra poter “ripulire” la lente divenuta opacizzata e quindi non più in grado di offrire una visione ottimale. Le cause scatenanti della cataratta sono in parte un mistero. Tale patologia colpisce un over ’70 su quattro, e riguarda non solo la specie umana, ma anche quelle animali. Ora, dopo anni di ricerca, sembra si sia finalmente giunti ad una possibile cura che non richiede l’intervento di un chirurgo. Ling Zhao e colleghi hanno individuato un farmaco efficace dopo aver studiato una forma di cataratta che colpisce anche i bambini. Tutti presentavano una mutazione genetica che arrestava o comunque rallentava drasticamente la produzione di lanosterolo. Tale steroide, hanno successivamente ipotizzato gli scienziati, doveva avere un ruolo importante e strettamente legato alla comparsa della patologia. Da qui i primi test di laboratorio. Nei conigli affetti dalla malattia i primi risultati sono arrivati dopo appena 6 giorni. Undici dei tredici animali sottoposti alla cura sono guariti quasi completamente. L’equipe medica ha testato il collirio anche su un gruppo di sette cani. Anche questi hanno risposto alla cura nel migliore dei modi. Nonostante i risultati incredibili gli scienziati sostengono tuttavia di non aver ancora compreso l’esatta azione del lanosterolo. Ora i ricercatori attendono l’ok per testare il farmaco anche sull’uomo, ma sono già certi si arriverà alla medesima soluzione. a quelle con abitudini costanti (né più né meno di un caffè al giorno). Inoltre, coloro che abitualmente avevano consumato quantità moderata di caffè (1 o 2 tazze di caffè al giorno) avevano un tasso ridotto dell’incidenza di MCI rispetto a coloro che abitualmente non consumavano mai, o molto raramente, caffè. Il segreto risiede in un consumo moderato e regolare. Nessuna associazione significativa è stata verificata tra chi abitualmente consumate più alti livelli di consumo di caffè (più di 2 tazze di caffè al giorno) e l’incidenza di MCI rispetto a quelli che non hanno mai o raramente consumato caffè. Via libera dagli Usa alla “pillola rosa” Un caffè al giorno toglie l’Alzheimer di torno Il caffè fa bene a patto che venga preso con moderazione e costantemente alle stesse dosi. È questo il risultato di uno studio condotto da ricercatori presso l’Università di Bari, Aldo Moro, dell’IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza”, di San Giovanni e dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) di Roma. I ricercatori hanno analizzato e messo in correlazione tra loro la comparsa di segni di decadimento cognitivo lieve (MCI) condizione considerata come prodromica della malattia di Alzheimer - e il consumo di caffè su un campione di quasi 1500 persone con età compresa tra 65 e gli 84 anni. Le persone che avevano mantenuto costante il loro modo di consumare il caffè (una tazza al giorno) avevano meno rischi di incorrere nella MCI rispetto agli altri che o avevano modificato le loro abitudini, oppure consumavano più o meno caffè. In particolare è emerso che gli individui cognitivamente normali più anziani che modificato le loro abitudini, aumentando con il tempo la loro quantità di consumo di caffè (più di una tazza di caffè al giorno) avevano circa due volte più alto il tasso di MCI rispetto a quelli che avevano consumi ridotti (meno di una tazza di caffè al giorno). Allo stesso tempo, le stesse persone avevano un tasso più alto di circa una volta e mezzo rispetto Disco verde negli Stati Uniti al “viagra femminile”, la prima pillola per stimolare il desiderio sessuale delle donne. Sarà commercializzata con il nome di Addyi. È un medicinale chiamato filibanserina che si prende prima di andare a letto e agisce a livello cerebrale sui neurotrasmettitori legati all’eccitazione, alzando i livelli di dopamina e serotonina. Il controverso prodotto verrà distribuito a partire dal prossimo 17 ottobre dietro prescrizione medica per donne in fase pre-menopausa cui viene diagnosticato un calo cronico del desiderio sessuale. Per i primi 18 mesi però il medicinale non verrà pubblicizzato direttamente ai consumatori, per evitare di creare troppo clamore data la natura del prodotto. «Questo via libera offre alle donne che soffrono per il loro basso desiderio sessuale un’opzione di cura approvata», ha detto Janet Woodcook, direttrice del centro di valutazione e ricerca sui medicinali (Cder) della Food and Drug Administration, la quale ha però avvertito che. «I pazienti devono rendersi conto pienamente dei rischi associati all’utilizzo di Addyi prima di prendere in considerazione il trattamento», indicando tra i possibili effetti collaterali l’abbassamento della pressione e la perdita di coscienza. Originariamente prodotta dalla tedesca Boehringer Ingelheim, la controversa «pillola rosa» era stata bocciata per ben due volte dalla Fda, nel 2010 e nel 2013, prima dell’attuale approvazione legata anche alle pressioni delle lobby che hanno accusato l’autorità sui farmaci Usa di discriminare le donne rispetto alla possibilità di controllare la loro vita sessuale. L’arrivo del “viagra rosa” ha suscitato reazioni contrapposte: da una parte c’è chi plaude alla decisione della Fda, che avrebbe così superato pregiudizi basati sul genere riconoscendo alle donne la possibilità di scegliere e di controllare la propria vita sessuale. D’altro canto, c’è però chi critica l’approvazione del farmaco, definito un “mediocre afrodisiaco” con effetti collaterali pericolosi che trasforma un normale calo del desiderio sessuale in una malattia, a vantaggio solo della case farmaceutiche. settembre 2015 La Rivista - 79 Mondo in Fiera Gourmesse: Zurigo, 9 - 12 ottobre In principio è il gusto Marmomacc + Abitare il tempo: Verona, 30 settembre – 3 ottobre Industria della pietra naturale e Salone del mobile e del design, insieme a Veronafiere Swissbau 2016 Il mercato dell’edilizia in Svizzera ha un fatturato annuo di oltre 60 miliardi di franchi! Mercante in fiera autunno: Parma 3-11 ottobre Kermesse internazionale dell’antiquariato e del modernariato Cersaie: Bologna, 28 settembre – 2 ottobre Salone Internazionale della Ceramica per l’Architettura e l‘Arredobagno Vitrum: Rho 6 - 9 ottobre Salone internazionale dell’industria del vetro settembre 2015 La Rivista - 81 Gourmesse: Zurigo, 9 - 12 ottobre richiama intenditori da ogni parte del mondo e punta sempre più all’internazionalizzazione, implementando una politica di forte orientamento alle esigenze personalizzate del cliente. La cultura del piacere enogastronomico viene sapientemente coltivata in ogni suo aspetto. Degustazione, impatto visivo e aroma costituiscono gli aspetti essenziali per un’esauriente conoscenza del prodotto e per una consapevole scelta di consumo. In principio è il gusto Con la CCIS le eccellenza gastronomiche del Bel Paese Gourmesse supera i 20 anni di manifestazione e continua a stupire. Tra il 9 e 12 ottobre la nuova edizione della Fiera del Gusto, delle specialità e dei prodotti di nicchia riapre le porte ai visitatori nel magnifico contesto della Kongresshaus di Zurigo. Alta qualità e prodotti pregiati caratterizzano quella che ormai è considerata una fiera di successo. L’anno scorso è stata ampiamente superata la soglia degli 11’000 visitatori, di cui ben il 70% costituito da clienti finali e il 30% da operatori di settore. L’opportunità di vendita diretta rappresenta un notevole incentivo per amatori e potenziali partner commerciali, invitati ad apprezzare la particolarità di prodotti nuovi o sconosciuti e testarne le potenzialità di vendita. D’altronde Gourmesse La nostra Camera di Commercio collabora anche quest’anno con Gourmesse per costruire una cornice tutta italiana che espone i prodotti di eccellenza della cultura enogastronomica del Bel Paese. Si tratta di un’area privilegiata in cui il marchio Italia costituisce il divisore comune e la garanzia di qualità degli espositori. Le modalità di partecipazione possibili prevedono l’acquisto di pacchetti agevolati comprendenti lo stand (personalizzabile secondo le proprie esigenze) nonché numerosi altri servizi offerti dalla CCIS, tra cui assistenza organizzativa e servizio interpretariato per tutta la durata della Fiera. Inoltre quest’anno le opportunità per i partecipanti si arricchiscono di gustose novità: E’ possibile prenotare uno spazio all’interno dell’Area Italia per proporre aperitivi e degustazioni interattivi, ogni giorno alle 12h e alle 18h, per coinvolgere i visitatori e stimolare una conoscenza diretta dei prodotti. Perché la partecipazione attiva è importante? Si tratta di un’occasione per stare al passo con il repentino cambio di gusti dei consumatori nonché di un efficace test di gradimento del proprio prodotto su un mercato complesso e variegato come quello svizzero. È possibile ottenere maggiori informazioni sul sito della CCIS www.ccis.ch oppure su www.gourmesse.ch Per ulteriori informazioni: Sharon Metus Camera di commercio italiana per la Svizzera Seestrasse 123; CH-8002 Zurigo [email protected] 82 - La Rivista settembre 2015 I primi 100 anni di Maserati Inizia un anno di celebrazioni per il centenario Inizia un anno di celebrazioni per il Inizia un anno l centenario Swissbau 2016 Il mercato dell’edilizia in Svizzera ha un fatturato annuo di oltre 60 miliardi di franchi! Swissbau convince anche nei numeri 1.000 espositori presentano i loro prodotti e servizi su 140.000 m² di superficie espositiva. Il 19 per cento degli espositori proviene dall’estero. In quanto piattaforma di live-marketing la manifestazione rende possibile, in cinque giorni, la creazione di sinergie fra circa 3 milioni di espositori, visitatori, associazioni, istituzioni e media. Approfittate di questo potenziale per esporre all’interno della fiera. Per ulteriori informazioni o per trovare le persone di riferimento per ottenere una consulenza personale si prega di visitare il sito swissbau.ch Facts & Figures Swissbau: Swissbau, fiera leader per il mercato dell’edilizia in Svizzera, offre ancora una volta agli espositori la possibilità, dal 12 al 16 gennaio 2016, di esporre in una piattaforma che garantisce opportunità di contatto ottimali con i professionisti del settore svizzeri introducendoli in un mercato con un fatturato di oltre 60 miliardi di franchi annui. Un’occasione da non perdere per gli espositori che intendono entrare in contatto con il mercato svizzero. Su misura per i costruttori La Swissbau di Basilea è una delle più grandi fiere del settore edile in Europa. Gli oltre 100.000 visitatori, costituiti prevalentemente da operatori specializzati, provengono dai settori della progettazione, degli investimenti, dell’edilizia, del mercato immobiliare, dell’istruzione e della ricerca. La manifestazione rappresenta un’opportunità unica per avere una panoramica del mercato, conoscerne le novità e instaurare nuovi contatti. Questo e molto altro rendono Swissbau la fiera leader del settore: ogni due anni Basilea diventa punto di incontro per l’edilizia, offrendo una visione d’insieme sulle ultime tendenze riguardanti il mercato delle costruzioni e della progettazione (materiali, prodotti, sistemi e innovazioni tecnologiche). Highlights della manifestazione sono i settori tendenze cucina e bagno come il nuovo concetto espositivo Spazio di ispirazione (all’interno del settore finitura d’interni). È possibile trovare ulteriori offerte interessanti nei settori progettazione + pianificazione, costruzione grezza + involucri edifici, cantiere + attrezzature come pure all’interno della sezione impianti tecnici. “Swissbau è unica nel suo genere per la quantità e la qualità della sua offerta. Possiamo affermare con certezza che tutti i grandi nomi del settore edile saranno rappresentati in fiera” afferma Rudolf Pfander, direttore della manifestazione. Spazio di ispirazione: lasciatevi sorprendere Spazio di ispirazione è un nuovo concetto espositivo di Swissbau sviluppato in collaborazione con Heller Enterprises. Si basa su un mix interessante di materiali, colori, forme e tecnologie volto a sorprendere i propri clienti grazie a una presentazione creativa dei propri prodotti che lascia loro un ricordo duraturo nel tempo. settembre 2015 La Rivista - 83 Cersaie: Bologna, 28 settembre 2 ottobre Salone Internazionale della Ceramica per l’Architettura e l‘Arredobagno Cersaie, appuntamento annuale per la valorizzazione della ceramica, dell’architettura e dello stile, si terrà al Padiglione 30 di Bologna tra il 28 settembre e il 2 ottobre. La dinamicità esuberante che caratterizza questa fiera permette un confronto produttivo che dà vita ad un’armoniosa sintesi tra tradizione e sperimentazione. Cersaie 2015 racchiude sette sezioni tematiche, i cui prodotti spaziano dalla pavimentazione in ceramica e altri materiali ad apparecchi e arredamenti da bagno, materie prime e strutture di supporto. “Rappresentatività e Internazionalità” sono le parole d’ordine per un Salone sempre più orientato al mercato estero. Grand Tour dell’italianità Nella cornice di Cersaie si incastona quest’anno la mostra Cer-stile, definita “Grand Tour dell’italianità”, vera e propria esplorazione delle molteplici forme di riqualificazione ideate per valorizzare spazi abitativi, commerciali e funzionali. Si tratta di un tentativo di dare luce a un nuovo concept di vivibiltà che attraverso 1500 m² di superficie si snoda in un percorso multi tematico con due punti di riferimento principali rappresentati dal polo Mare e dal Polo Montagna. L’esposizione racchiude soluzioni di puro design di aziende leader in molteplici settori, moda, ceramiche, arredamento, cosmetica e tessile, un ventaglio di proposte ad ampio respiro per soddisfare l’eccentrico consumatore moderno, interessato non più solo all’acquisto di un prodotto specifico, ma ad una visione globale dell’offerta sul mercato. Inoltre sarà possibile immergersi completamente nell’atmosfera della mostra grazie alla presenza giornaliera di architetti e designer, promotori dell’Italian Style nel mondo, ascoltarne le esperienze e comprendere le potenzialità che il gusto italiano ha ancora in serbo. Le ultime edizioni di Cersaie hanno registrato grandi numeri, più di 100.000 visitatori l’anno scorso, di cui la metà stranieri, per una presenza altrettanto importante di espositori, 942 con una netta prevalenza del comparto piastrelle e ceramiche, seguito dall’arredobagno. Con l’accordo stipulato tra Bologna Fiere e Confindustria Ceramica, sono state assicurate le prossime tre edizioni presso la città emiliana, nonché pianificate una serie di azioni volte alla creazione di sinergie tra i settori storici e quelli frutto del nuovo ampliamento merceologico. È possibile prendere visione del programma completo della manifestazione su: http://www.cersaie.it/ Per ulteriori informazioni: Camera di commercio italiana per la Svizzera Seestrasse 123; CH-8002 Zurigo [email protected] www.ccis.ch 84 - La Rivista settembre 2015 I primi 100 anni di Maserati Inizia un anno di celebrazioni per il centenario Inizia un anno di celebrazioni per il Inizia un anno l centenario Marmomacc + Abitare il tempo: Verona, 30 settembre 3 ottobre Industria internazionale della pietra naturale e Salone del mobile e del design, insieme a Veronafiere Marmomacc festeggia la sua 50esima edizione. Quest’anno la più grande Fiera Internazionale di Marmo, Design e Tecnologie apre le porte agli operatori del settore lapideo tra il 30 settembre e il 3 ottobre 2015 al Quartiere Fieristico di Verona. Dopo il successo dell’anno scorso, in cui sono state registrate ben 36.472 presenze (+25% rispetto al 2013), Marmomacc si è ormai affermata come appuntamento irrinunciabile per gli addetti al settore. La promozione del sistema marmo non si focalizza solo sul prodotto ma comprende l’esposizione delle nuove tecnologie applicate ai macchinari, le lavorazioni più complesse e gli strumenti di supporto. Si tratta di una fucina di idee innovative in primis per i professionisti del settore costruzioni e contract ma anche per designers e decision makers che intendono stare al passo in un ambito cosí competitivo e specializzato come quello di marmi e graniti. In Italia la produzione complessiva nel settore ha raggiunto quota 3,84 miliardi di euro di valore con 3.340 aziende e 33.700 addetti, a testimonianza dei livelli di eccellenza conseguiti da una realtà manifatturiera in piena espansione. L’orientamento al mercato estero ha permesso di contabilizzare quasi il 75% del fatturato 2014, pari a 2,88 miliardi di euro. Il Palaexpo di Veronafiere ospiterà in contemporanea anche la mostra “ Abitare il tempo”, salone B2B rivolto agli operatori dell’interior design e del contract. La scelta di affiancare le due manifestazioni per il secondo anno consecutivo non rappresenta una casualità, quanto persegue il preciso intento di coniugare il mondo del progetto, dell’architettura, degli interni e del design. Abitare il tempo propone al mercato l’attività di piccole e medie aziende, nonché la produzione di nicchia che spazia dal mobile in stile all’oggettistica, fino a tessuti, cucine e arredobagni. La mostra, nata nel 1986, si è consacrata per 25 anni all’esposizione del mobile classico optando in seguito per la sperimentazione nel mondo del progetto. Il processo di selezione e incoming degli espositori quest’anno ha preso avvio già da Marzo con giornate di b2b internazionale e si è concentrato su Stati Uniti, Canada, Germania, Austria, Svizzera, Croazia, Slovenia, Gran Bretagna, Russia, Kazakhstan, Singapore, Malaysia, Thailandia, Qatar e Emirati Arabi. L’Orientamento all’internazionalizzazione si combina con la sperimentazione di nuove tendenze quali l’area espositiva Living Under 20, la linea di arredamento per giovani lanciata per la prima volta in questa edizione. Entrambe le manifestazioni propongono un ampio ventaglio di workshop e seminari di formazione per gli operatori, nell’ottica di favorire la contaminazione e lo sviluppo di conoscenze reciproco. L’accordo di promozione reciproca stretto con Expo 2015 conferma l’importanza di queste fiere come asset politico strategico dell’Italia. Per ulteriori informazioni: http://www.marmomacc.com/it/ http://www.abitareiltempo.it/ Camera di commercio italiana per la Svizzera Seestrasse 123; CH-8002 Zurigo [email protected] www.ccis.ch settembre 2015 La Rivista - 85 Mercante in fiera autunno: Parma 3-11 ottobre Kermesse internazionale dell’antiquariato e del modernariato Parma inaugura la stagione autunnale con il “Mercanteinfiera”, la kermesse internazionale dell’antiquariato e del modernariato nata dall’accordo tra Fiere di Parma e US Antique. La collaborazione tra il colosso americano delle fiere di antiquariato e l’ente fieristico parmense ha dato vita a un’esposizione che richiama buyer internazionali provenienti da Russia, 86 - La Rivista settembre 2015 Turchia, Brasile, Belgio, Inghilterra, Danimarca e ultimamente anche Corea. La 34esima edizione della più grande piazza antiquaria d’Europa espone pezzi per tutti i gusti e le tasche. 45.000 mq di superficie per una vetrina cosmopolita di esemplari unici che permettono di compiere un suggestivo viaggio avanti e indietro nel tempo all’insegna della bellezza. In particolare si ritrovano nella veste di espositori aziende che operano nel settore dell’antiquariato sino al 1850 e nel modernariato dal 1850 al 1970, Associazioni di categoria, Enti Pubblici, Organismi e Stampa specializzata nell’ambito della promozione, dello studio, dell’informazione e divulgazione in materia. Un contesto variegato e completo che offre ai visitatori, designer e collezionisti vintage un quadro d’insieme esauriente e stimolante per supportare l’acquisto consapevole. Grazie a questa politica di sostegno al cliente è stato registrato un aumento del 10% negli acquisti rispetto al 2014, per un valore pari a quasi 500.000 euro. L’affermazione di questo evento è strettamente connessa alla capacità di conciliare il gusto per il vintage con il fascino per il moderno: mobili di età vittoriana e pezzi di ebanisteria di ma- trice napoleonica si affiancano agli esclusivi gioielli Cartier e Tiffany, allo stesso modo non si percepisce alcuna stonatura tra pezzi d’arte settecentesca e le eccentriche creazioni firmate Chanel. Il valore delle opere conservate nei salotti degli italiani ha indotto, specialmente negli ultimi anni, proprietari e appassionati ad avvalersi della consulenza di periti d’arte, i quali hanno beneficiato del successo di questa fiera che ha notevolmente ridato luce alla loro professione (al Mercanteinfiera Primavera 2014 sono state fatte 120 richieste di consulenza in un solo weekend). Una fiera che permette di compiere un’esperienza sensoriale a 360 gradi, di portare a casa il proprio pezzo unico e costruire da sé la propria idea di collezione. Per ulteriori informazioni: http://mercanteinfiera.it/ Camera di commercio italiana per la Svizzera Seestrasse 123; CH-8002 Zurigo [email protected] www.ccis.ch I primi 100 anni di Maserati Inizia un anno di celebrazioni per il centenario Inizia un anno di celebrazioni per il Inizia un anno l centenario Vitrum: Rho 6 - 9 ottobre Salone internazionale dell’industria del vetro Il quartiere espositivo di Rho Fiera Milano accoglie, tra il 6 e il 9 ottobre 2015, Vitrum, il Salone internazionale dell’industria del vetro. L’ampio spettro di potenzialità del vetro viene continuamente aggiornato e riproposto in questa mostra biennale che quest’anno beneficerà dell’eccezionale concomitanza con EXPO 2015. Un’occasione di business importante per un pubblico ampio e qualificato che si lasci affascinare dalle innovazioni tecnologiche di un settore in ampio sviluppo. Questa XIX edizione presenta le più sofisticate applicazioni del vetro cavo e del vetro piano, nonché macchine, attrezzature e prodotti speciali per la lavorazione. L’attenzione sarà focalizzata sul tema del risparmio energetico applicato a vere e proprie opere di design e architettura provenienti da oltre 28 paesi. In questa edizione 500 espositori saranno distribuiti su una superficie di 27.000 mq. L’afflusso turistico nelle scorse edizioni ha contato oltre 20.000 visitatori, di cui il 50% stranieri, a testimonianza del valore globale dell’evento la cui complessa organizzazione è stata supportata da ICE, Agenzia per la promozione all’estero e l’ internazionalizzazione delle imprese italiane. Ulteriori interessanti progetti si svolgeranno durante la fiera, tra cui una mostra sulla storia del vetro nell’architettura moderna e la possibilità di partecipare a un workshop riservato agli studenti del Corso di Laurea di Design del Prodotto Industriale. Alle future promesse dell’architettura e dell’ingegneria sarà affidato il compito di ideare combinazioni all’avanguardia fra vetro e tecnologie. Ampio spazio sarà dedicato all’esposizione dei prototipi di prodotti realizzati dagli studenti del Politecnico di Milano e dall’Università delle Scienze applicate di Friburgo con l’intento di dimostrare la multidimensionalità del vetro in campo ludico, scientifico, medico, sportivo e professionale. “Il vetro è un materiale nobile che oggi abbiamo l’opportunità di rivisitare attraverso la collaborazione didattica tra università e industria “ ha commentato Giuseppe Andreoni, professore associato presso la Scuola del Design del Politecnico di Milano e coordinatore del Gruppo di Ricerca TeDH del Dipartimento di Design. Una manifestazione-ponte per collegare due mondi ancora troppo lontani, la cui cooperazione porterebbe crescita e valore aggiunto al settore. Nella cornice espositiva di Vitrum si terrà inoltre il 30° Convegno Annuale A.T.I.V. “Advances in glass processes: Key innovation topics in hollow and flat glass” organizzato dall’Associazione Tecnici Italiani del Vetro, in agenda l’8 ottobre 2015, per la promozione delle piú sofisticate tecnologie legate al prezioso materiale. Il filo conduttore della mostra si snoda dal passato remoto attraverso le grandi scoperte della storia moderna fino alle proiezioni incredibili ideate per il prossimo futuro. Così sarà possibile ammirare sia un pezzo storico risalente al secondo secolo dopo Cristo sia oggetti creati negli anni del Boom economico tra il ’60 e il ’70, attraverso la ricostruzione dei processi di lavorazione e i successivi miglioramenti apportati negli anni. Una “vetrata” internazionale per celebrare le potenzialità illimitate di un materiale che da secoli non smette mai di sorprendere. Per ulteriori informazioni: http://www.vitrum-milano.com/ Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Seestrasse 123; CH-8002 Zurigo [email protected] www.ccis.ch settembre 2015 La Rivista - 87 Mondo in Camera Incontro btob e cena con cantine piemontesi a Lugano Educational tour a Venezia e dintorni - il fascino del Veneto Calabria: cuore mediterraneo Food & wine... Made in Emilia Romagna Gourmesse 2015 I produttori della Liguria incontrano i buyers della Svizzera tedesca European market access from Switzerland, center of excellence and innovation (Canton Vaud e CCIS) Incontri btob tra imprese trentine del comparto agroalimentare e operatori svizzeri 14 novembre: Italian Gala Night Slow Food Market 2015 Contatti commerciali Servizi camerali settembre 2015 La Rivista - 89 Mondo in Camera INCONTRO BTOB E CENA CON CANTINE PIEMONTESI A LUGANO gruppo di produttori che si recherà a Lugano il 23 settembre per presentarvi e farvi degustare i loro vini nel corso di una cena presso il ristorante San Maurizio Gourmet riservata a un numero massimo di 4-5 importatori. Il programma si svolgerà come segue: - dalle 18.00 alle 20.00: incontro BtoB tra ciascun importatore svizzero e i produttori selezionati secondo i criteri da voi indicati - dalle 20.00 alle 22.00: cena con i produttori a base di specialità italiane con abbinamento di vini piemontesi La Camera di commercio italiana per la Svizzera (CCIS), in collaborazione con il Consorzio “I Vini del Piemonte”, offre l’opportunità di in- contrare le cantine che potrebbero soddisfare la vostra domanda di vino piemontese: in base alle vostre esigenze, selezioneremo un piccolo Per maggiori informazioni: Camera di commercio italiana per la Svizzera - Sede di Lugano Fabio Franceschini ([email protected]; Tel: 091 924 02 32) EXPORT STRIKES: I PRODUTTORI DELLA LIGURIA INCONTRANO I BUYERS DELLA SVIZZERA TEDESCA La Camera di Commercio italiana per la Svizzera, in collaborazione con l’Azienda Speciale della Camera di Commercio di Imperia – Riviera dei Fiori, invita i professionisti svizzeri del settore agroalimentare (importatori, dettaglianti, settore HORECA) ad incontrare i produttori di eccellenze enogastronomiche della Liguria che si recheranno a Zurigo e altre 90 - La Rivista settembre 2015 città della Svizzera tedesca, lunedì 7 e martedì 8 settembre 2015. Gli incontri BtoB si svolgeranno direttamente presso le sedi di acquisto degli operatori svizzeri e seguiranno un’agenda di appuntamenti al fine di presentare e degustare i prodotti di nicchia liguri: vini, olio, olive, pesto, sughi, patè e prodotti da forno. Se siete interessati ad aderire all’agenda di incontri? Inviate La vostra richiesta via mail o via fax: [email protected] Fax: +41 44 201 53 57 oppure telefonate: +41 44 289 23 26 EDUCATIONAL TOUR A VENEZIA E DINTORNI - IL FASCINO DEL VENETO Venezia – città dell‘amore – attira ogni anno migliaia di turisti provenienti da tutto il mondo grazie alla sua bellezza e alla sua unicità, nonché alle sue attrazioni di interesse storico ed artistico. Anche l’entroterra Veneziano vanta un fascino straordinario, con città balneari come Jesolo e Bibione o luoghi storicamente espressivi come Altino e Portogruaro fino ad arrivare a Chioggia, una piccola Venezia nascosta al margine della Laguna. La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera (CCIS) in collaborazione con Venezia Promozione organizza un’Educational Tour dedicato agli operatori svizzeri specializzati (Tour Operators e agenzie di viaggi) e alla stampa di settore. Cosa aspettate ancora? Scoprite con noi Venezia e l’entroterra veneziano e rimarre- te affascinati dalle attrazioni della Laguna. I costi di viaggio e di pernottamento sono a carico della CCIS. Il Veneto vi aspetta dal 23 al 25 settembre 2015! Programma di massima: - 23 settembre 2015: Pomeriggio: Arrivo a Venezia e successivo trasferimento in Hotel. Visita guidata del capoluogo veneto. - 24 settembre 2015: Tour giornaliero lungo la Laguna Sud, con visita alla città di Chioggia e alla Pellestrina. Cena e pernottamento. - 25 settembre 2015: Mattino: incontri B2B con Tour Operators italiani. In seguito rientro in Svizzera. Informazioni: Camera di commercio italiana per la Svizzera Bruno Indelicato e-mail: [email protected] tel: 044 289 23 26 EUROPEAN MARKET ACCESS FROM SWITZERLAND, CENTER OF EXCELLENCE AND INNOVATION (CANTON VAUD E CCIS) La Camera di commercio italiana per la Svizzera (CCIS) organizzerà in pieno centro a Milano martedì 29 settembre presso l’Italian Makers Village in collaborazione con l’ufficio dello sviluppo economico del Cantone Vaud una conferenza rivolta alle imprese italiane del comparto High Tech (Life sciences, ICT, Cleantech, Micro-nano Tech) interessate all’espansione del loro business all’estero e a conoscere le opportunità che offre il mercato svizzero come sbocco per accedere sui mercati europei e dei Paesi terzi. Quresto programma di massima - 9.30 : registrazione partecipanti e welcome coffee - 10.00 – 11.25: inizio lavori e intervento relatori - 11.30 – 13.15: intervento relatori - 13.30 – 14.30: standing lunch e networking La partecipazione è gratuita previa compilazione entro il 20 settembre del modulo in allegato che preghiamo di inviarci via fax allo 0041 22 906 85 99 o via email: [email protected]. Riceverete in seguito conferma della vostra iscrizione a mezzo email. Per informazioni su come raggiungere l’Italian Makers Village http://italianmakersvillage.it/ Per maggiori informazioni: Camera di commercio italiana per la Svizzera Marianna Valle [email protected] Tel: 0041 22 906 85 95 CALABRIA: CUORE MEDITERRANEO Viaggio d’affari per importatori alimentari e ristoratori svizzeri ad Expo Milano 2015 e in Calabria Mare selvaggio ed incontaminato, spiagge sterminate, vento e sole potenti ed un cielo sempre azzurro e limpido. Questa è la Calabria, terra adagiata al centro del Mediterraneo davanti alle coste della Grecia e dell’Africa, ad un passo dalla Sicilia e lontana dalla frenesia delle grandi città del resto d’Italia. Una terra con una natura generosa e ricca di produzioni alimentari spesso sconosciute ma eccellenti e genuine che affondano le loro radici nelle antiche civiltà che l’hanno attraversata nei secoli. A cavallo tra settembre e ottobre, la CCIS organizza un viaggio d’affari che toccherà Expo Milano 2015 e la Calabria, alla scoperta delle eccellenze agroalimentari di questa regione, rivolto a importatori, grossisti, dettaglianti, GDO e ristoratori che sanno riconoscere l’inimitabile qualità dei prodotti italiani. La partecipazione è gratuita i posti sono limitati. Per informazioni: Marianna Valle: [email protected] Bruno Indelicato: [email protected] Alessia Bellion: [email protected] settembre 2015 La Rivista - 91 INCONTRI BTOB TRA IMPRESE TRENTINE DEL COMPARTO AGROALIMENTARE E OPERATORI SVIZZERI La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, in collaborazione con Trentino Sviluppo, organizza dal 19 al 21 ottobre 2015 direttamente presso le sedi di acquisto degli operatori elvetici degli incontri BToB preagendati. Per ulteriori informazioni sulle modalità di iscrizione e conoscere i profili delle imprese Lysiane Bennato, Alessia Bellion e-mail: [email protected] Tel 022 906 85 95 FOOD & WINE... MADE IN EMILIA ROMAGNA La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera organizza in collaborazione con Promec, l’Azienda Speciale della Camera di Commercio di Modena e in partnership con la Camera di Commercio di Reggio Emilia, una delegazione per operatori svizzeri a Reggio Emilia con incontri b2b e visite aziendali presso produttori di vino e specialità culinarie regionali. I prodotti proposti saranno: Aceto Balsamico, Parmigiano Reggiano, Lambrusco e altri vini, prosciutto e altri insaccati, salumi e liquori tipici. Il viaggio è in programma dal 9 al 11 novembre 2015. I costi di viaggio e pernottamento sono a carico della nostra Camera di Commercio. Per informazioni e adesioni: Camera di commercio italiana per la Svizzera Bruno Indelicato Tel.: +41 44 289 23 23 E-Mail: [email protected] GOURMESSE 2015 Fiera del Gusto, delle specialità e dei prodotti di nicchia Sono ormai più di vent’anni che la Gourmesse, fiera del Gusto e delle specialità di nicchia, offre la possibilità di entrare in contatto con potenziali clienti, operatori del settore e gastronomi. La ricerca di innovazioni e ispirazione spinge ogni anno oltre 11’000 visitatori e visitatrici a venire alla manifestazione, e la CCIS da oltre dieci anni accompagna questo successo organizzando uno stand raggruppante diverse realtà italiane, offrendo così uno scorcio delle specialità enogastronomiche del Bel Paese. La possibilità di partecipare con uno stand all’interno della nostra area permette di ottenere estrema visibilità e il collocamento all’interno di un contesto riconosciuto per il marchio Italia. Inoltre, in questo spazio, è stato predisposto un corridoio centrale, ideato per l’allestimento di presentazioni, degustazioni e workshop temporanei per promuovere e presentare in modo interattivo il proprio territorio e mettere in risalto i prodotti 92 - La Rivista settembre 2015 aziendali. Il valore aggiunto garantito dalla partecipazione a questa fiera si riscontra nel servizio di assistenza capillare offerto agli espositori. Si tratta di supporto organizzativo in ogni fase di preparazione e allestimento dello stand, servizio interpretariato e la possibilità di personalizzare il proprio stand con pannelli grafici rappresentativi. Perché Zurigo? La Regione di Zurigo fa parte delle piazze finanziare più importanti del mondo e si trova nel cuore dell’Europa. Conta 3,7 milioni di abitanti e da anni è in testa fra le città europee con la migliore qualità della vita. Il tasso di disoccupazione si attesta attorno al 3,23% (Fonte: statista.com, 2014). Interessati? È possibile scaricare la presentazione della fiera mentre e le modalità standard di partecipazione aprendo i link agli allegati sottostanti. Informiamo inoltre che per aziende, Consorzi, Associazioni di categorie, Aziende Speciali delle CCIAA, Regioni e Province la CCIS può organizzare degli spazi collettivi su misura. Richiedete informazioni dettagliate: Sharon Metus Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Seestrasse 123, CH – 8027 Zurigo Tel. 0041/44/289 23 11 Fax 0041/44/201 53 57 e-mail: [email protected] [email protected] Slow Food Market 2015 Il prossimo Slow Food Market, il salone del buon gusto dedicato a prodotti alimentari e specialità artigianali, si terrà presso la Messe Zürich dal 13 al 15 novembre 2015. Nel 2014 sono stati oltre 12.000 i buongustai che hanno visitato la terza edizione dello Slow Food Market. L’85% dei visitatori ha concretamente acquistato qualcosa; il 96% ha valutato la manifestazione con un giudizio che va da molto buono a buono, mentre tre quarti di questi visiteranno anche l’edizione 2015. La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera sarà partner esclusivo per il mercato italiano. Per maggiori informazioni in merito all’affitto stand per lo Slow Food Market 2015, potete contattare direttamente gli organizzatori in lingua italiana event-ex di Zurigo, al numero +41 43 399 45 70 oppure tramite e-mail: [email protected]. Anche sul sito web della fiera potete trovare ulteriori informazioni in lingua italiana: www.slowfoodmarket.ch. Tutte le informazioni delle attività camerali le trovate anche sul sito www.ccis.ch COMPETENZA PROFESSIONALE ESPERIENZA AFFIDABILITÀ INTERNAZIONALE NUOVO AVVOCATO AL SERVIZIO DEI SOCI DELLA CCIS A ZURIGO, GINEVRA E LUGANO PER CONSULENZA LEGALE, PROCEDIMENTI ARBITRALI ED ASSISTENZA GIUDIZIALE IN LINGUA ITALIANA, TEDESCA E FRANCESE PROF. DR. IUR. GUSTAVO SCARTAZZINI AVVOCATO - già GIUDICE FEDERALE Tel. iPhone: 0041 79 721 46 13 e-mail prof.: [email protected] e-mail priv.: [email protected] www.pbklaw.ch STUDIO LEGALE STUDIO LEGALE P | B | R ZÜRICH P | B | R LUGANO Bellerivestrasse 241 Via Serafino Balestra 17 Postfach 865 Casella postale 6322 CH-8034 Zürich CH-6901 Lugano +41 44 220 12 12 T +41 91 911 80 60 T +41 44 220 12 13 F Presentazione e aree di attività L’Avvocato Gustavo Scartazzini, attivo principalmente a Zurigo, Dottore in Giurisprudenza dell’Università di Ginevra e Professore all’Università di Basilea, è particolarmente specializzato nel diritto pubblico (diritto amministrativo e fiscale, appalti pubblici e privati, edilizia, trasporto, immigrazione, rapporti con le autorità) federale, cantonale e comunale, nei settori del diritto delle assicurazioni private e sociali, compresa la previdenza professionale (transazioni Merges & Acquisitions, Swiss GAAP FER, politica del personale, fondi di previdenza, Managed competition, assicurazioni private ed istituzionali dei fondi di previdenza, compensazione dei rischi), nel diritto degli affari (contrattualistica commerciale) come pure nel diritto della responsabilità civile, nel diritto dell’arte e dei beni culturali. L’Avvocato Scartazzini, già Giudice federale al Tribunale federale a Losanna, perfettamente trilingue (italiano, tedesco, francese + inglese), offre un’ampia gamma di servizi di consulenza legale, procedimenti arbitrali e di assistenza giudiziale, interviene per persone private, commercianti, imprenditori, liberi professionisti e dirigenti d’aziende. Consiglia imprese, istituzioni, banche, compagnie d’assicurazione, fondazioni e clienti privati. settembre 2015 La Rivista - 93 CONTATTI COMMERCIALI Dal mercato italiano OFFERTE DI MERCI E SERVIZI Schermature mediche - Radioprotezione Europrotex Radioprotezione SRL via Enrico Besana, 4 IT – 20122 Milano Tel: +39 02 6607161 Fax: +39 02 6121241 Email: [email protected] www.europrotexradioprotezione.it Coperture tetti – Costruzioni edili Sistema Tetto SRL Contrada Cesine - Zona industriale IT - 83040 Chiusano San Domenico (AV) Tel: +39 0825.985771 Fax: +39 0825.976003 E-mail: [email protected] www.sistematetto.it E-mail: [email protected] www.technai.it Stampaggi in plastica Reca Plast srl Via dell’Artigiano 15 I – 60027 Osimo AN Tel. 0039 071 7231208 Fax 0039 071 716940 E-mail: [email protected] www.recaplast.it Automazione industriale Proteo Engineering srl Via S. Vito 693 I – 41057 Spilamberto MO Tel. 0039/059 789611 Fax 0039/ 059 789666 E-mail: [email protected] www.proteoeng.com Calzature Fausto Ripani via Del Castello 3 I – 63812 Montegranaro FM Tel. e Fax 0039 0734893065 E-mail: [email protected] www.faustoripani.com Opere da imbianchino – Edilizia Maser Group SRL Via Calle dell’Orso, 41 IT - 30027 San Donà di Piave VE Tel: +39 0421 235383 Fax: +39 0421 236126 E-mail: [email protected] www.masergroupsrl.com Arredamento di negozi EFFEBI SpA Via delle Industrie 8 I – 61040 Sant’Ippolito PU Tel. 0039/0721 74681 Fax. 0039/0721 728600 E-mail: [email protected] www.effebispa.it Montaggio mobili in legno AP Montaggi SRL Via Circonvallazione 26 IT – 73040 Aradeo (LE) Tel: +39 0836 556024 E-mail: [email protected] www.apmontaggi.it Stampi per pressofusione materie plastiche SPM s.p.a. Via Bargnani, 7 I - 25132 S.Eufemia BS Tel: 0039/ 030 3363211 Fax: 0039/030 3363226 E-mail: [email protected] www.spm-mould.com Arredamento e allestimento negozi CMS Interiors Foro Buonaparte 48 I - 20121 Milano Tel: +39 02 84243541 Fax: +39 02 84243500 E-mail: [email protected] www.cmsinteriors.eu Motori Torque Technai Team srl Via Gelada 15 I – 21015 Lonate Pozzolo (VA) Tel. 0039/0331 66162415 94 - La Rivista settembre 2015 Lamiere forate SCHIAVETTI Lamerie forate srl Viale della Vittoria 4 I – 15060 Stazzano AL Tel. 0039/0143 607911 Fax 0039/0143 61297 E-mail: [email protected] www.schiavetti.it Pezzi forgiati in acciaio ACSA Steel Forgings Spa Via per Solbiate 43 I – 21040 Oggiona con Santo Stefano (VA) Tel. 0039 0331712011 E-mail: [email protected] www.acsa.it Prodotti antiusura in metallo duro Harditalia srl Via genova 9 I – 21040 Oggiona con Santo Stefano (VA) Tel. 0039 3403393639 Fax 0039/0331 215024 E-mail: [email protected] www.harditalia.com Complementi di arredo urbano SMEC Via Vivaldi 30 I – 41019 Soliera MO Tel. 0039/059 566612 Fax 0039/059 566999 E-mail: [email protected] www.smec-onweb.it Arti grafiche Leva Spa Piazza Amendola 12 I – 20149 Milano Tel. 0039/02 24127.1 Fax 0039/02 24127130 E-mail: [email protected] www.leva.it Specialità alimentari altoatesine Knodus srl Via San Giovanni 8 I – 39030 Valle Aurina BZ Tel. 0039/0474 402096 Fax 0039/0474 401984 E-mail: [email protected] www.knodus.it Industria cartotecnica Nuovo Scatolificio Valtenna srl Contrada Girola Valtenna 43 I – 63900 Fermo FM Tel. 0039/0734 64791 Fax 0039/0734 647990 [email protected] www.valtenna.it RICHIESTE DI RICERCA AGENTI-RAPPRESENTANTI • Azienda italiana leader nella lavorazione di materiali plastici, progettazione e produzione di stampi per svariati settori (elettrico, nautico, aerospaziale, automotive, ferroviario, stradale) è alla ricerca di potenziali clienti in Svizzera, per ampliare la propria rete commerciale estera. • Azienda italiana leader nella produzione di prodotti di bellezza (professionali) ricerca un distributore elvetico interessato alla loro linea di prodotti. • Azienda italiana attiva nella TORNERIA AUTOMATICA con una quarantennale esperienza nel settore della meccanica di precisione ricerca clienti svizzeri interessati all’azienda come fornitore di particolari torniti a disegno. Con il suo parco macchine, formato da circa venti torni di recente costruzione e di altissima affidabilità e precisione, un sistema di lavaggio pezzi sottovuoto ad ultrasuoni ed alcohol modificato ed un sistema di selezione automatica dei pezzi dotato di telecamere, la ditta è costantemente al passo con l’innovazione ed in grado di fornire un’ampia gamma di particolari secondo le specifiche del cliente. • Azienda italiana leader nella produzione e progettazione di manufatti in fibra di carbonio ed altri materiali compositi (carbon-kevlar e fibra di vetro), per svariati settori (robotica, nautico, aerospaziale, automotive, biomedicale, industriale e design) e certificata ISO 9001:2008, è alla ricerca di potenziali partner e clienti in Svizzera, per ampliare la propria rete commerciale estera. Servizi legali e traduzione giuridica GC Conseil di Gesualdo Casciana Chemin des Oches du mur 9 CH-1023 Crissier Tel. 0041/78 879 75 62 e-mail : [email protected] www.gcconseil.ch BENVENUTO AI NUOVI SOCI BALE WAIL VIA TEULIÉ 1 IT-20136 MILANO TEL. +39 3803819152 [email protected] CAMPANA MARCO WAHLACKERSTRASSE 39 CH-3052 ZOLLIKOFEN TEL. +41 (0)79 124 09 23 [email protected] CAPPONI GIARDINI SRL CAPPONI STEFANO STRADA DELLE RISERE 7 IT-13871 VERRONE (BI) TEL. 0039 0161 1852533 FAX 0039 0161 1852533 [email protected] WWW.CAPPONIGIARDINI.COM Per le richieste di cui sopra rivolgersi a: Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Seestr. 123, casella postale, 8027 Zurigo Tel. 044/289 23 23 Fax 044/201 53 57 e-mail: [email protected] www.ccis.ch CARRON BAU SRL UNTERGASSER CHRIS VIA FORCH 3 IT-39040 VARHA (BZ) TEL. +39 0472 832 395 FAX +39 0472 628 007 [email protected] WWW.CARRONBAU.IT Dal mercato svizzero CHRISTEN-LUNGO MARINA ALLENBERGSTRASSE 21 CH-8708 MÄNNEDORF ZH TEL. +41 44 862 69 66 [email protected] OFFERTE DI MERCI E SERVIZI Spazi magazzino BNE AG Gewerbestrasse 1 CH – 6030 Honau Tel.: +41 41 455 41 10 Fax: +41 41 455 41 15 E-mail: [email protected] www.bne.ch Il magazzino è di 7000 m2 di cui 1200 m2 sarebbero liberi per la gestione della logistica conto terzi. Per ulteriori informazioni rivolgersi alla: Camera di Commercio Italiana per la Svizzera Seestr. 123, casella postale, 8027 Zurigo Tel. 044/289 23 23 Fax 044/201 53 57 e-mail: [email protected] www.ccis.ch COLOMBO GERMANO CHEMIN DU GUE’ 63A CH-1213 PETIT LANCY [email protected] ETS LIFE SRL CODAZZI MARCO VIA BARONIA 8 23823 IT COLICO (LC) TEL. +39 0341 940180 FAX +39 0341 841502 [email protected] WWW.ETSLIFE.EU FERRERO WILLIAM ROUTE DES ESSERTS 4 CH-1279 BOGIS-BOSSEY TEL. 0041 79 210 45 55 [email protected] WWW.BILLSPICTURES.NET MIGLIO MARCO VIA LECCO 84 IT-20052 MONZA TEL. +39 3299228781 [email protected] SALVINI NICOLA VIA P. BORSELLINO 8 IT-26027 RIVOLTA D’ADDA (CR) TEL. +39 335 8339350 [email protected] SCARTAZZINI GUSTAVO POLEDNA BOSS KURER AG BELLERIVESTRASSE 241 CH-8034 ZURIGO TEL. 0041 44 220 12 12 FAX 0041 44 220 12 13 [email protected] SISTEMA TETTO SRL PASQUALE DOMENICO CONTRADA CESINE, SNC Z.I. IT-83040 CHIUSANO DI SAN DOMENICO TEL. +39 0825 965471 [email protected] WWW.SISTEMATETTO.IT SWISSCOM (SCHWEIZ) AG MINDER JÜRG DÜRENBERG 251 CH-3212 GURMELS TEL. 0041 79 378 33 83 [email protected] settembre 2015 La Rivista - 95 ATTIVITÀ E SERVIZI PUBBLICAZIONI RECUPERO IVA ITALIANA E SVIZZERA Con i suoi circa 700 Soci la Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, fondata nel 1909, è un‘associazione indipendente ai sensi del Codice Civile Svizzero. Il suo compito precipuo consiste nella assistenza alle imprese dedite all‘interscambio tra Italia, Svizzera ed il Principato del Liechtenstein. La gamma dei suoi servizi, certificati ISO 9001, è molto variegata e comprende tra l‘altro: • La Rivista periodico ufficiale mensile (11 edizioni all‘anno) • Annuario Soci • Indicatori utili Italia-Svizzera • Analisi settoriale – Abbigliamento • Analisi settoriale – Arredamento • Analisi settoriale – Energie Rinnovabili • Analisi settoriale – Vino • Guida per i lavoratori distaccanti in Svizzera • La realizzazione di lavori in Svizzera – Focus Edilizia Il servizio, offerto a condizioni molto vantaggiose, è rivolto sia ad imprese svizzere che recuperano l’IVA pagata in Italia, sia alle imprese italiane che desiderano recuperare l’IVA pagata in Svizzera. • Incontri BtoB massimizzando il ritorno commerciale derivante dall’incontro tra la domanda svizzera e l’offerta italiana • Organizzazione di incontri e workshop tra operatori, con l‘ausilio di servizi di interpretariato e segretariato • Colloqui di consulenza individuale • Recupero dell‘IVA svizzera in favore di operatori italiani, nonché dell‘IVA italiana e tedesca per imprese elvetiche • Ricerche e consegne semplici di contatti italiani e svizzeri (produttori, importatori, grossisti, commercianti, agenti/ rappresentanti) • Ricerca e mediazione di partners commerciali italiani e svizzeri • Ricerca di prodotti, marchi di fabbricazione e reperimento di brevetti • Recupero di crediti commerciali • Investire in Svizzera: servizio dedicato all’accompagnamento di investimenti in svizzera • Azioni promozionali e di direct marketing • Assistenza e consulenza in materia doganale e commerciale • Informazioni statistiche ed import/ export • Informazioni relative all‘interscambio, normative riguardanti gli insediamenti in Svizzera ed in Italia • Informazioni riservate su aziende italiane: visure, bilanci, assetti societari, protesti, bilanci, rapporti commerciali, ecc. • Informazioni riservate su aziende svizzere: estratto dal registro di commercio, statuto legalizzato, atto di costituzione, rapporto commerciale (informazioni sulla solvibilità) • Traduzioni ed interpretariato • La CCIS fornisce informazioni su Fiere e Mostre italiane. Rappresentanza ufficiale di Fiera Milano e di Verona Fiere 96 - La Rivista settembre 2015 Seestrasse 123, Casella postale, 8027 Zurigo Tel.: +41 44 289 23 23 Fax: +41 44 201 53 57 E-mail: [email protected] www.ccis.ch CHE-107.821.234 IVA Rue du Cendrier 12-14, Casella postale, 1211 Ginevra 1 Tel.: +41 22 906 85 95, Fax: +41 22 906 85 99 E-mail: [email protected] CHE-107.821.234 IVA Via Nassa 5 6900 Lugano Tel.: +41 91 924 02 32 Fax: +41 924 02 33 E-mail: [email protected] CHE-107.821.234 IVA RICERCA DI PARTNER COMMERCIALI Grazie alla propria rete di contatti e alla conoscenza delle esigenze e dei bisogni del mercato elvetico e di quello italiano, la Camera di Commercio offre ad imprese sia svizzere che italiane intenzionate ad esportare i propri servizi e prodotti all’estero un’accurata ricerca di controparti commerciali. Attraverso un’analisi sistematica del mercato obiettivo ed identificati i partner commerciali Grazie agli accordi di reciprocità tra l’Italia e la Svizzera, è consentito ai soggetti titolari di partita iva di ottenere il rimborso dell’IVA pagata nello Stato estero. La CCIS: • fornisce la necessaria documentazione; • esamina la documentazione compilata; • recapita l’istanza di rimborso all’ Autorità fiscale competente; • avvia e controlla l’iter della Vostra pratica; • fornisce assistenza legale. Siamo a vostra completa disposizione per ottenere maggiori informazioni e richiedere la documentazione sul servizio per il rimborso dell’IVA italiana, tedesca e/o di quella svizzera. (Tel. +41 44 289 23 23) RAPPRESENTANZA FISCALE IN SVIZZERA PER IMPRESE ITALIANE Le imprese che realizzano su territorio svizzero operazioni imponibili all’iva svizzera per un valore superiore a CHF 100’000 sono obbligate a registrarsi ai fini iva in Svizzera. La Camera di Commercio supporta in questo caso le imprese italiane divenendo il loro rappresentante fiscale occupandosi di aprire partita iva in Svizzera, registrare le fatture in entrate ed uscita e predisporre il rendiconto iva trimestrale. Inoltre ogni assistenza fiscale legata alla fatturazione di operazioni commerciali in Svizzera è compresa nel servizio. ritenuti più idonei per le imprese a diventare affidabili interlocutori nel settore di riferimento, viene organizzato un incontro presso le aziende target così selezionate permettendo alle imprese italiane o svizzere un rapido ed efficace ingresso sui rispettivi mercati di riferimento. Per ulteriori informazioni ed un preventivo sul servizio, potete contattarci al seguente indirizzo mail [email protected] LA SOLUZIONE GIUSTA PER OGNI EVENIENZA. SOTTO LO STESSO TETTO. E T N E M L A F IN RNATA! O T È Da l r o b u s to DA I LY, il Va n of t h e Ye a r 2015 , a l p e s o m a s s i m o S T R A L I S : l ’a t t u a lis s i m a g a m m a d i ve i co li I ve co u n is ce e co l o g ia e d e co n o m ia i n m o d o i d e a l e e , g r a z i e a s u o i i n n u m e r e vo li m o d e lli , of f r e s o l u z i o n i s p e ci f i ch e p e r o g n i i n c a r i co d i t r a s p o r to. Gustala come gli italiani: un filo d‘olio d‘oliva, sale e pepe e... buon appetito! I V E CO ( Sv i z ze r a ) S A , O b e r fe l d s t r a s s e 16 , 83 02 K l o t e n , t e l . 0 4 4 8 0 4 7 3 7 3 , w w w. i ve co . c h Fiat con NUOVA 500. A ME GLI OCCHI. Anno 106 - n. 9 - Settembre 2015 TICINO: NUOVA 500. MASTERPIECE RELOADED. L’evoluzione di un capolavoro: nuovo design, luci diurne con tecnologia LED ispirate al logo «500» e sistema di navigazione Uconnect® con touch screen e DAB+. fiat.ch La Rivista Anno 106 - n.9 - Settembre 2015 Crocevia di cultura Lo stivale del Pane Italiano Tradizione da valorizzare e preservare Locarno: Città del gusto 2015