MIFID: dalla teoria alla pratica
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MIFID: dalla teoria alla pratica
www.cgil.it www.fisac.it www.fisacfc.it MIFID & ANTIRICICLAGGIO: CAOS TOTALE Come FISAC/CGIL abbiamo deciso di pubblicare uno speciale dedicato ai due argomenti che oggi, in particolare, stanno creando difficoltà e perplessità alla nostra operatività giornaliera. Questo in virtù dell’importanza che i due argomenti rivestono; o il MIFID per il settore della consulenza con evidenti implicazioni sull’operatività futura e sulle possibili responsabilità che ne derivano; o l’ANTIRICICLAGGIO in quanto si tratta di una normativa alla quale da sempre invitiamo ad una attenzione particolare, ricordando che le possibili ricadute che ne derivano non sono limitate all’ambito patrimoniale ma si estendono anche all’ambito penale. Invitiamo tutti ad una attenta lettura, e vi ricordiamo che le nostre strutture rimangono a vostra disposizione per tutti i vostri dubbi e le vostre domande. MIFID: dalla teoria alla pratica & RESPONSABILITÀ CIVILE VERSO TERZI NORME ANTIRICICLAGGIO tra responsabilità sociale e rischi pag. 2 e 3 pag. 4 Territorio di Forlì Territorio di Cesena Territorio di Rimini Via Pelacano, 7 Via T.M. Plauto, 90 Via Caduti di Marzabotto, 30 tel. 0543.453758 - fax 0543.453770 e-mail: [email protected] tel. 0547.642135 – fax 0547.29590 e-mail: [email protected] tel. 0541.779938 – fax 0541.774156 e-mail: [email protected] MIFID: dalla teoria alla pratica A volte il legislatore emana provvedimenti di legge che cercano di aiutare i cittadini consumatori. È il caso della direttiva Europea MIFID entrata in vigore in Italia dal 1° novembre 2007, che si pone l’obiettivo di migliorare la tutela degli investitori/clienti attraverso una maggiore trasparenza e conoscenza dei prodotti finanziari. Allo stesso modo dovrebbe tutelare e garantire maggiormente anche il lavoratore, ma questo si può al momento affermare solo in via del tutto teorica. Di certo questo provvedimento è stato rilevato da gran parte dei consulenti e degli addetti ai lavori come un ulteriore aggravio burocratico, a volte come una perdita di tempo. Da parte nostra invece, riteniamo che osservando scrupolosamente la normativa se ne possano ricavare dei benefici, sia sotto il profilo delle responsabilità che sotto il profilo delle pressioni per i “Budget” e le “Campagne prodotto”. La CONSOB non ha diramato un profilo standard di intervista e così ogni azienda ha autonomamente stabilito le caratteristiche delle interviste da fare ai clienti, per questo non potremo dare nel dettaglio le “istruzioni per l’uso” e tuttavia possiamo fornire una serie di utili indicazioni atte a valorizzare il nostro lavoro. TEMPI: Il tempo medio stimato per una intervista MIFID (fonte “Il Sole 24ore”, dichiarazione di un manager di primario gruppo bancario italiano), va dall’ora all’ora e ¼ , e mal si concilia con carichi di lavoro già oltre ogni limite, ma soprattutto con il raggiungimento del budget , con le campagne prodotto e le relative, ormai quotidiane, pressioni commerciali. Se in azienda sostenere l’operatività ed il raggiungimento dei Budget sono le priorità e, per raggiungerle ogni mezzo è lecito, allora la MIFID diventa un ostacolo che va aggirato, magari suggerendo da un lato di accelerare i tempi delle interviste evitando gli opportuni approfondimenti e dall’altro di stilare profili di rischio al rialzo che consentano in prospettiva futura la vendita di certi prodotti. RESPONSABILITÀ: la normativa prevede che le dichiarazioni debbano essere veritiere. In questo senso anche il cliente non deve alterare la verità per secondi fini. Inoltre è importante sapere che se il collega si convince ad alterare la verità, anche se a seguito di “pressioni ambientali”, non è più la banca che copre, come affermato sottovoce da qualcuno, ma la responsabilità in questo caso è personale. Spetterà al cliente dimostrare che, allo scopo di vendere prodotti a più alto rischio, nell’intervista è stata compiuta qualche irregolarità, ma in questo caso se nel giudizio viene dimostrata la colpa grave, l’eventuale danno patrimoniale potrebbe restare in carico al singolo dipendente con tutte le problematiche conseguenti. Da parte nostra è necessario affrontare la normativa con il consueto impegno, discuterne con il cliente e spiegare che l’intervista è fatta nel suo interesse per evitare che in futuro gli vengano proposti prodotti non attinenti al suo profilo di rischio. Le aziende dovranno poi affrontare con serietà come fare interagire correttamente i sistemi incentivanti, siano essi derivanti da Budget o da campagne prodotto, con i profili MIFID della clientela, evitando facile scappatoie che tendono a scaricare la responsabilità sugli operatori. Il rinnovo dell’ultimo contratto nazionale di lavoro prevede che sia i sistemi incentivanti, che le campagne prodotto debbano essere coerenti con la direttiva MIFID. Ma cosa significa praticamente? Perché esista una vera e diretta coerenza bisogna che nella costruzione dei budget si tenga conto della composizione dei singoli portafogli clienti e della attitudine media al rischio della relativa clientela. Per esemplificare al massimo, se un portafoglio è composto da tutti clienti con profilo di rischio basso perché tutti sottoscrittori di soli titoli di stato, diventa difficile raggiungere un budget che prevede la vendita di prodotti a più alto rischio. Per quanto riguarda le campagne prodotto riteniamo che la coerenza sia ancor più difficile. Queste gare infatti prevedono una vendita indiscriminata di alcune tipologie di prodotto con un obiettivo da raggiungere in un tempo limitato ed hanno al loro interno una filosofia opposta che si scontra apertamente con la direttiva MIFID. Sarà nostro compito rilevare da subito eventuali comportamenti aziendali difformi da quanto stabilito nei contratti. Cosa fare, come operare per non rischiare di incorrere, magari tra qualche anno, in spiacevoli ripercussioni? Essendo una normativa nuova, non abbiamo una casistica che ci permetta un minimo di esperienza concreta, ma certamente si può affermare che, per prima cosa, i lavoratori vadano formati ed informati dalle aziende sia sulla nuova normativa (riteniamo non sufficiente una semplice formazione on-line), ma soprattutto in futuro sulle caratteristiche dei prodotti finanziari che poi verranno venduti, perché ogni operatore sia consapevole non solo delle opportunità, ma anche dei rischi che il prodotto può nascondere. Oggi invece, spesso si propongono prodotti senza conoscerne esattamente i contenuti reali, con conseguenze problematiche nei confronti di una clientela che si affida maggiormente alla conoscenza personale del consulente, non tanto dell’Istituto di Credito che in quel momento rappresentiamo. Dopo la necessaria e fondamentale fase informativa è necessario operare in coscienza evitando di alterare la verità con interviste non conformi ai reali profili di rischio, rispettando la filosofia della nuova normativa. Se poi il cliente intende sottoscrivere un prodotto con una rischiosità superiore al proprio profilo, è necessario lavorare in deroga, attraverso un contratto fuori dall’ambito della consulenza, evitando ogni intervento di modifica dell’intervista, che si potrebbe poi ritorcere negativamente contro di noi. A questo proposito ricordiamo che l’iniziativa in questo caso deve partire dal cliente, non è consentito fare consulenza e legittimare l’acquisto facendolo apparire fuori dalla consulenza. CONTRATTI IN ESSERE: può succedere che, completata l’intervista, ci si accorga che nel portafoglio del cliente vi sono prodotti ad alto livello di rischio, non corrispondenti al suo profilo. Occorre in questo caso fare delle valutazioni dettagliate, verificare se le risposte alle domande sono in linea con il comportamento sino ad aggi attuato dal cliente (DIVERSAMENTE OCCORRE FARLO NOTARE), se tali prodotti siano di importo residuale e marginale rispetto alla consistenza del portafoglio. Rimane aperto ed in discussione il problema di chi ha sottoscritto PAC con un livello di rischio superiore al profilo MIFID. In questo caso occorre fare insieme al cliente una valutazione sulla consistenza del PAC in relazione al suo portafoglio e relazionarsi con la Direzione se l’investimento possa essere ancora considerato possibile in virtù di una ottimizzazione di portafoglio. IMPORTANTE: il nostro consiglio in proposito è di non prendere decisioni affrettate e non consigliare vendite inopportune (si potrebbe configurare come una colpa grave). Valutare con attenzione, eventualmente facendo segnalazione formale alla Direzione. OPERATIVITÀ ONLINE: la legge non fa distinzione fra diversi tipi di operatività e le aziende anche in proposito non hanno adottato una uniformità di comportamento. I clienti che acquistano titoli online potrebbero essere messi in grado dalle aziende di continuare la loro operatività almeno fino al 30 giugno senza necessità di profilo. Nel caso in cui si presentassero allo sportello per avere consulenza sarà necessario regolarizzare il dossier alla normativa MIFID. ARCHIVIAZIONE: sottolineiamo la necessità di procedere con attenzione ad archiviare correttamente in posizione TUTTI I DOCUMENTI (MIFID, Ordini Titoli, apertura dossier, ecc…) FIRMATI DAL CLIENTE. È importante, come avviene già oggi per il settore crediti, avere la certezza di produrre tutta la documentazione in caso di future contestazioni. SCADENZA: il termine del 30 giugno è da riferirsi esclusivamente ai rapporti che operano. È scontato che i clienti che operano in modo marginale, con scadenze successive a questa data, potrebbero non presentarsi agli sportelli entro il termine. In questo caso sarà sufficiente eseguire la “profilazione” al primo contatto utile anche dopo la scadenza. Compito del sindacato, in questa fase delicata, è quello di raccogliere tutte le segnalazioni ed intervenire per fermare, sia quei tentativi aziendali tendenti ad alterare la verità (pressioni per alzare il livello di propensione al rischio dei clienti), che quelle forme di pressioni indebite sul raggiungimento degli obiettivi che non tengano conto dei portafogli che gli operatori gestiscono nel quotidiano. Per questo invitiamo tutti i lavoratori a segnalare al proprio rappresentante sindacale ogni indebita pressione in proposito. La Direttiva MIFID non è da temere, occorre pretenderne una corretta applicazione e ricordarsi che “Le informazioni da fornire ai clienti devono essere corrette, chiare e veritiere”. PARLIAMO DI RESPONSABILITÀ CIVILE VERSO TERZI Da tempo nel nostro settore sono diffuse delle polizze a copertura di perdite patrimoniali involontariamente cagionate a terzi in relazione all’espletamento ed all’adempimento di compiti di ufficio o di incarichi affidati e svolti in qualità di dipendenti. L’assicurazione opera anche nel caso in cui l’Istituto di Credito, dopo aver risarcito il danno al Terzo, si rivalga sul Dipendente. È importante comunque sapere che i dipendenti bancari fruiscono di coperture di legge e di contratto. In particolare: A. L’articolo 5 della Legge 13.5.1985 n. 190 prevede: “Il datore di lavoro è tenuto ad assicurare il quadro intermedio contro il rischio di responsabilità civile verso terzi conseguente a colpa nello svolgimento delle proprie mansioni contrattuali. La stessa assicurazione deve essere stipulata dal datore di lavoro in favore di tutti i propri dipendenti che, a causa del tipo di mansioni svolte, sono particolarmente esposti al rischio di responsabilità civile verso terzi.” B. I CCNL di settore (art. 37 CCNL ABI 2005; art. 43 CCNL BCC 2005), si richiamano alla norma di legge appena citata, ed estendono la copertura a TUTTI i lavoratori esposti al medesimo rischio, ricomprendendovi anche le eventuali e connesse spese legali. Quanto sopra salvo i casi di DOLO e COLPA GRAVE, COME SI RICONOSCE IL DOLO E LA COLPA GRAVE: Il datore di lavoro può legittimamente imputare la colpa grave al proprio dipendente, il quale potrà impugnare quanto rilevato dall’azienda. Solo il giudice, valutando anche e soprattutto il principio giuridico della diligenza dovuta nell’adempimento, potrà sentenziare sul livello di colpa, colpa grave o colpa lieve (in quest’ultimo caso senza responsabilità civile per il lavoratore) Ai colleghi, già in prima linea nell’affrontare il cliente in un clima di totale sfiducia nei confronti del sistema bancario, ricordiamo di rivolgersi immediatamente al sindacato nel caso venissero coinvolti a qualsiasi titolo in tentativi di conciliazione con la clientela, per ricevere una piena tutela sindacale e legale. NORME ANTIRICICLAGGIO: tra responsabilità sociale e rischi Il riciclaggio di denaro mira a dissimulare l’origine dei proventi di attività criminose (traffico di stupefacenti, rapine, rapimenti, usura, corruzione etc.) ed a introdurli nel circuito finanziario legale per disporne liberamente. La lotta al riciclaggio di denaro è divenuta, da anni, un elemento centrale ed essenziale della regolamentazione dei mercati finanziari e della relativa sorveglianza da parte delle Autorità. Fare riciclaggio infatti è assai facile. Il “riciclatore”, dopo aver acquisito la disponibilità del “denaro sporco” da un altro soggetto – in genere un esponente di un’associazione criminale di stampo terroristico o mafioso – tende a frazionare il rischio distribuendo le somme da “lavare” presso diversi intermediari e soggetti “inconsapevoli” attraverso operazioni della più varia natura, possibilmente con importi e tipologia assolutamente in linea con lo standing di chi le pone in essere, ripetute in intervalli brevi e con modalità tali da non esporre lo stesso nominativo alla visibilità dell’intermediario (frequente è l’utilizzo di deleghe o prestanome). Il “riciclatore” è di norma un soggetto insospettabile, con reputazione sociale e finanziaria ineccepibile, che può arrivare ad intermediare, con rendimenti incalcolabili, grandi masse di denaro. La figura del “riciclatore” è pertanto assolutamente funzionale alla malavita organizzata che di certo non vuole correre il rischio di recarsi presso lo sportello di una banca o di un qualsiasi intermediario finanziario. La difficoltà a determinare forme di prevenzione sufficientemente efficaci, ha indotto il legislatore ad imporre nel corso del tempo obblighi sempre più stringenti di controllo e segnalazione in capo agli intermediari finanziari prevedendo tra l’altro, in caso di omissione, un regime sanzionatorio amministrativo ed anche penale non solo in capo agli stessi ma anche ai singoli lavoratori. Sull’argomento la Banca d’Italia ha emanato precise disposizioni nelle quali sono previsti, tra l’altro, controlli sull’operato dei dipendenti: “la mancata comunicazione ai competenti organi aziendali di nuovi e significativi elementi negativi di valutazione della clientela va inquadrata come fenomeno di infedeltà da parte dei dipendenti o dei collaboratori, specie se con funzioni a rilevanza esterna”, è però anche previsto che “I competenti organi aziendali adottano misure tese ad assicurare che il personale a diretto contatto con la clientela sia pronto a dare impulso alla segnalazione” ed è richiesto “…un impegno concreto e costante in termini di formazione del personale e di adeguamento delle strutture organizzative”. ADERISCI ALLA FISAC CGIL, DAI FORZA ALLE TUE IDEE La Legge che regolamenta l’argomento è la n. 197 del 5 luglio 1991, che ha poi avuto successive modifiche da ultimo quelle derivanti dal Decreto legislativo 21/11/2007 n. 231 Tra le varie ulteriori disposizioni previste dal Decreto vi è l’introduzione dell’obbligo da parte della banca di compilare una “SCHEDA IDENTIFICATIVA DELLA CLIENTELA AI FINI DELL’ADEGUATA VERIFICA” ove il cliente dichiara scopo e natura del rapporto, attività e professione svolta ed altri dati che possano successivamente essere utili a valutare nel tempo la coerenza dell’operatività. Su questo obbligo raccomandiamo ai colleghi di attenersi strettamente alle disposizioni in essere ed archiviare con attenzione il documento.