COGNOMI E TOPONIMI DI LOMBARDIA (seconda parte)

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COGNOMI E TOPONIMI DI LOMBARDIA (seconda parte)
studi
e ricerche
U
COGNOMI E TOPONIMI
DI LOMBARDIA *
n fatto colpisce appena si scavi nella
storia dei nomi della gente: l'ampiezza
di rapporti culturali e di coinvolgimenti
che essi comportano, legandosi nei modi piuÁ
diversi e affascinanti alle vicende delle comunitaÁ. Approccio quanto mai interdisciplinare,
quello dell'onomastica, che va ricca di molteplici motivi d'interesse: linguistici, storici, antropologici, geografici, ecologici. In un primo contributo (apparso nello scorso numero della Rivista) abbiamo avanzato alcune risposte che, in
chiave lombarda, offre la nuova ricerca onomastica e toponomastica. Continuiamo ora l'analisi con altre nuove proposte, sempre nell'intento
di vedere come abbiano letto la natura e la
realtaÁ sociale le nostre comunitaÁ. Imporre il
nome, in effetti, eÁ un atto di appropriazione
del mondo. Ma bando alle teorie, veniamo ora
a casi specifici.
Il campo dell'onomastica e della
toponomastica si rivela particolarmente
vasto e complesso, come danno conto
le note storico-metodologiche
della prima parte del contributo e la ricca
casistica dei nomi di famiglia presentati:
la varietaÁ e l'ampiezza delle loro origini
etimologiche dimostra infatti il profondo,
ma spesso ignorato, legame che salda
la storia dei cognomi alla storia
Lampugnani. EÁ uno dei piuÁ significativi nomi di
famiglia delle zone lombarde centrali e occidentali. Un Rogerius qui dicitur de Lampugnano
figura tra i consoli di Milano nel 1197 (Rovelli,
1794, 2, p. 370). A Milano erano una famiglia
potente; insieme con i Trivulzio, i Cotta e i
Bossi furono i principali fautori della Repubblica Ambrosiana dopo la morte di Filippo Maria
Visconti nel 1447. Sono tuttora numerosi, sia a
Milano che nei dintorni. Di persone con questo
nome di famiglia vanno ricche anche Novara e
Gallarate, cosõÁ come la zona che da Milano si
estende verso Novara. A Legnano spiegano:
``Lampugnani eÁ il nome del legnanese tipico''
(settembre 2001). In questa localitaÁ si ricordano
in particolare le dinamiche famiglie del Cinquecento, che espressero tra l'altro tre prestigiosi
pittori. Molti i Lampugnani anche nella Lomellina. Si segnala inoltre, nel Novarese, la localitaÁ
che porta il nome di Mistura Lampugnani. Per
la ricca famiglia dei Lampugnani che viveva a
Sorengo, presso Lugano, rimandiamo tra l'altro
ad Agliati-Radaelli (1978, pp. 314, 584), che
danno notizia dell'operositaÁ di Virgilio Lampugnani. La domanda che viene posta da non pochi milanesi puoÁ essere evasa nel senso che
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delle comunitaÁ e delle loro terre.
Ottavio Lurati
* Seconda parte. La prima parte eÁ pubblicata in ``Lombardia Nord-Ovest'', n. 1,
gennaio-aprile 2003, pp. 9-31.
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Lampugnano come nome di luogo a Milano (anche stazione della metropolitana) non dipende
dal nome di famiglia, bensõÁ eÁ in rapporto con il
nome di luogo del tipo Ampugnano che si incontra qua e laÁ nell'Italia superiore e che costituiva una denominazione prediale, designava
cioeÁ dei possedimenti appartenenti a un proprietario di nome Apponius (Serra, 1958, 2, p.
39). Dal toponimo di provenienza, poi, eÁ derivato il nome delle varie famiglie.
Landriani. Si documentano almeno dal 1140,
mentre il toponimo, di cui diremo piuÁ sotto,
risulta, allo stato attuale degli accertamenti,
dal 1028. Un Guifredus de Landriano eÁ citato
come console di Milano giaÁ dal 1140; mentre
Amizo de Landriano eÁ console di giustizia milanese nel 1196 (Archivio Storico Civico in Archivio di Stato di Como; Rovelli, 2, p. 364).
Oltre a Gerardo Landriani, fu vescovo di
Como, come immediato successore, Bernardo
Landriani (1446-1451) negli anni della Repubblica Ambrosiana (1447-1450).
Si richiama la figura di Gerardo Landriani o
da Landriano che, per pietaÁ e ampia cultura,
divenne vescovo di Lodi. Nel primo Quattrocento Filippo Maria Visconti sforzandosi di ricostruire lo Stato milanese, si affidoÁ in misura
ragguardevole anche all'abilitaÁ del prelato Landriani, che pose a capo di un'ambasceria presso
papa Eugenio IV. Il pontefice, che ne apprezzava l'equilibrio e la vasta cultura, lo nominoÁ
nel 1437 vescovo di Como, incaricandolo nel
contempo di collaborare alla ristrutturazione
della Chiesa universale, che presentava non poche incrinature, conseguenti tra l'altro allo scisma d'Oriente. Il Concilio di Basilea (1431)
aveva mostrato il sussistere di forti correnti antipapali e anticuriali tra non pochi vescovi tedeschi; il papa che l'aveva sciolto, lo riconvocoÁ
prima a Ferrara poi a Firenze. Qui Gerardo
da Landriano ebbe a svolgere un ruolo assai
significativo, intervenendo piuÁ volte, apprezzato per misura e pacatezza. Anche a Como fu
un vescovo pacificatore: riuscõÁ in particolare a
mediare tra i Rusconi e i Vitani, che da decenni
erano in duro contrasto, e pose fine alle lotte
Da tempo abbiamo avviato un lavoro storico-etimologico
sui cognomi lombardi: la scadenza eÁ prevista per l'autunno 2004. E-mail: [email protected]. Indirizzo:
Romanisches Seminar, UniversitaÁ di Basilea, Stapfelberg 7-9, 4051 Basilea. Indirizzo in Ticino: 6926 Monta-
gnola. Partecipano al progetto il professor dottor Mario
Mascetti, noto studioso lombardo (via Repubblica 48,
22077 Olgiate Comasco; e-mail: [email protected]) e il dottor Elwys de Stefani, primo assistente all'UniversitaÁ di Basilea (e-mail: [email protected]).
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``Il Porto di Lecco'', fotoincisione meccanica da un disegno
di Q. Michetti, in ``L'Illustrazione italiana'', a. XI, n. 26,
29 giugno 1884.
scontra in parecchie localitaÁ lombarde. Si veda
anche Tuvee, nome di luogo a Torno, presso
Como, e la localitaÁ di Tuf (italianizzata in
Tovo) a Mornaga, frazione di Toscolano. La tuvada era, letteralmente, la `tufata', la zona dove
affiorava e si cavava il tufo. In proposito si
pensi anche al nome di famiglia Del Tufo che
si trova oggi qua e laÁ nel Milanese e anche nel
Luganese.
Lavizzari. Sono tra le piuÁ antiche e cospicue
famiglie lombarde; attestati a Como almeno dal
14 settembre 1206 con Petro LavicËario de Cumis
(Brentani, 1930, 2, p. 34). Altri ceppi vivono in
varie comunitaÁ della zona comasca e della Lombardia, cosõÁ come, dal Comasco, un ceppo di
Lavizzari passeraÁ pure a Mendrisio. Un riscontro relativo al 1269 permette di citare un dominus GuillicËolis Lavizarius (Brentani, 1954, 4, p.
25). Numerosi, nei secoli, i Lavizzari impegnati
nelle piuÁ diverse mansioni, tra cui, ad esempio
in Valtellina, anche quella legata all'origine del
nome. EÁ, come in parecchi altri casi, un nome
di attivitaÁ: letteralmente laveggiari, nel senso
che lavoravano la pietra ollare per cavarne dei
laveggi; la forma eÁ ricostruibile in un *lapidiariu, a sua volta un esito, nell'oralitaÁ, del latino
lapis, lapidis `pietra'. Ma, in realtaÁ, il composto
venne creato sul dialettale lavesg `laveggio',
scritto come lavezzo. Oggi dei Lavizzari sono
attivi nella comunitaÁ di Mazza, presso Sondrio.
Vari importanti personaggi delle famiglie dei
Lavizzari operarono, attraverso i secoli, nel notariato, nella farmacia, nell'arte, nell'industria,
nella politica, nella scienza.
Lecco, Lecchi. Il nome di luogo, ora capoluogo di provincia, eÁ noto almeno dal 854: Leoquo. Il cognome eÁ ben diffuso in tutta la Brianza e nel Comasco, poi, almeno dal 1730, anche
nel Milanese. Nel 1403 viene registrato un ser
Lumbardus de Leucho, notaio di Como. Il toponimo Lecco, come noto, viene di regola indicato
quale riflesso di un termine di matrice celtica,
da *leukos `splendente' (un richiamo al lago e al
suo mandar bagliori). Ma sono quanto mai rari
i toponimi che i parlanti abbiano coniato sulla
base di un'emozione estetica o con carattere
intestine, suggellando una pace che passeraÁ
nella cronaca con il nome di `pace di santa
Lucia' (1439). Nominato cardinale, volle essere
chiamato `il cardinale di Como'. MorõÁ nel giugno 1445 a Viterbo, nel corso di una delle sue
numerose missioni. Sul vescovo Gerardo Landriani si veda anche Pometta (1977, 1, p. 61).
Vari sono poi i Landriani che si distinsero per
un verso o l'altro. Su Vincenzo De Landriani
interessanti documenti in Magistri d'Europa
(1996, p. 499).
Venendo a periodi piuÁ vicini a noi, merita
almeno una segnalazione la aperta figura di Camillo Landriani che nell'Ottocento fondoÁ uno
dei primi istituti di formazione commerciale per
giovani in Ticino; oggi eÁ l'Istituto Elvetico, ma i
luganesi continuano (2002) a chiamarlo `Landriani'. PiuÁ ampi ragguagli su questa esperienza, ricca di modernitaÁ nel suo rispondere ai
bisogni commerciali della societaÁ del tempo,
sono contenuti in Agliati-Radaelli (1978, pp.
176, 465, 578). Quanto al nome di famiglia, si
tratta di una designazione dalla provenienza,
nel caso specifico da Landriano, la localitaÁ sul
Lambro. Il toponimo viene ricondotto da Olivieri (1961a, p. 290) a un supposto nome personale Andriano: uno scarno articolo di due
righe. Il toponimo risulta anche nel 1213: ``Interfuerunt ibi dominus Cantelinus de Landriano de Mediolano'' (Meyer, 1977, p. 268).
LattuaÁda. Risultano pure in Lombardia, dove
si assodano almeno dal Trecento; si aggiunga un
esempio relativo all'11 febbraio 1608, quando
veniva steso un atto rogato da Giovan Battista
Vitale, in cui si creava un legato di Alessandro
Lattuada per la distribuzione, per nove anni, di
800 lire agli infermi (``Archivio Storico Lombardo'', 117, 1991, p. 71). Significativo l'accenno a
don Peter Lattuada in Porta (1975, p. 120).
Quanto al motivo del nome eÁ esiguo Caracausi
(1993, 1, p. 842): ``Lattuada cg. CT (anche NA);
cfr. Id. frequente a Milano. Per CognIt 316 eÁ
forma di participio dialettale in -aÁda per -aÁta''.
Da parte nostra incliniamo a riconoscervi il riflesso del nome di luogo la tuada, la zona dove
si cava il tufo; il dialettale tuÈf, tuÈv `tufo' si riLOMBARDIA NORD-OVEST
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``Barche nel Porto di Lecco'', fotoincisione meccanica
da un disegno di Q. Michetti, in ``L'Illustrazione italiana'',
a. XI, n. 37, 14 settembre 1884.
di Lego, sopra Locarno, nome che va ricostruito
in `i monti del loco, del podere, del luogo per
antonomasia'.
Una delle pratiche scrittorie medievali delle
zone lombarde eÁ poi quella di segnare un suono
turbato mediante eu, eo: eÁ il caso di Locarno
`relativo al luogo, al capoluogo' che venne a
lungo scritto Leocarno, Leucarni. La stessa pratica di segnare il suono turbato si ebbe per
Lecco, che venne a lungo trascritto Leuco: cioÁ
che doveva poi, in regime positivistico, indurre
a postulare una fittizia parentela con voci celtiche ecc. In realtaÁ, si trattava non di un suono,
bensõÁ di una mera grafia. Maggiori ragguagli in
Lurati (2003, in corso di stampa).
La nostra nuova lettura regge se locus fosse
diffuso in zona e cade se locus fosse in passato
ignorato nella zona in esame. Ebbene, sono
quanto mai numerosi i documenti di periodi
medievali (e successivi) in cui il capoluogo eÁ
indicato come locus. SõÁ che sarebbe stato sorprendente che di esso non esistessero degli esiti
toponimici. Riflessi di locus/locum anche se
male interpretati o raramente registrati dai manuali correnti sono del tipo Locana, centro della valle dell'Orco, localitaÁ piemontese che apparteneva ai Valpurga che vi avevano la loro
amministrazione, Locate di Triulzi, che fu il
centro amministrativo nel Basso Milanese, Locate Varesino, Locatello ecc. Per essi appare
vano postulare un lucus `bosco' o un *leuk
`splendente'. Resta che il nome di Lecco veniva
dato dalla gente del contado al capoluogo:
nemm a leÁcch equivaleva non a `andiamo dalla
splendente o scintillante', bensõÁ a `andiamo al
capoluogo'.
Legnano, Legnani. Nella Lombardia occidentale (e giaÁ quanto meno dal primo Quattrocento: 1412) vivono numerose famiglie con
questo nome, che scaturisce dal toponimo Legnano e da un'interessante percezione dello stato naturale del territorio. Divergendo da interpretazioni correnti, proponiamo in effetti di riconoscere nel nome il commento della gente
dei secoli medievali (per lo meno dal 1000 in
avanti) che giudicavano queste terre paludose
impressionistico, come nel caso specifico sarebbe il preteso riferirsi al luccichio dell'acqua.
Si propone, invece, una duplice riflessione.
Quello di Lecco fu (e viene tuttora) sentito e
vissuto dalla popolazione della zona come il
centro del contado, come il capoluogo cui ci
si riferiva per le necessitaÁ correnti e per quelle
ufficiali, civili e religiose. CioÁ rende ben piuÁ
probabile una derivazione dal latino/romanzo
locus `centro di una zona, capoluogo', `abitato
maggiore che sta in un certo territorio'. Il passaggio della -o accentata a -e interessoÁ, in effetti,
anche gran parte della Lombardia, per cui esiti
come fegh `fuoco', ecc `occhio' erano correnti.
Di simile passaggio si hanno tuttora echi in
parole di cui i parlanti non riconoscevano piuÁ
il punto di partenza e che vennero mantenuti
intatti. Si pensi al caso di piecc pulõÂn, piesc pulin
`pidocchi di polli' (Lecco, Como, Mendrisiotto), che, non piuÁ capito, venne mantenuto tale e
quale: non vi venne ricostruita e reintrodotta la
-o-, come accadde invece per fegh che, sull'onda dell'adattamento del dialetto lombardo all'italiano, venne ripronunciato foÈgh ecc.
Del resto esiti del latino locus che mantengono tuttora ± in aree discoste ± la loro veste antica si hanno ad esempio in Lech, Legh, nome di
luogo a pochi passi dalla chiesa di Morbio Superiore, in Legh `luogo, capoluogo della valle
Onsernone', in italiano oggi `Loco' e in monti
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cia, De Sabbata, De Jacolutta. CioÁ scaturiva dalle
circostanze concrete del vivere, in cui, sulla
piazza, i figli che correvano, bisticciavano e interagivano con gli altri ragazzi, erano visti come
figli di una certa mamma. Il marito era spesso
assente impegnato nei campi, all'alpeggio, o
emigrato: sõÁ che la madre era allora il vero
capo della famiglia.
Cognome di origine femminile e di non trascurabile diffusione lombarda eÁ ad esempio
Osenda. Oggi esso eÁ assodabile a Milano, a Novara, a Chiavenna, a Como: eÁ da confrontare
con il nome di famiglia ligure Ozenda, presente
ad esempio a Seborga. Dall'omonimo nome di
persona femminile su cui scrive De Felice
(1980, tav. C), rimandiamo a Lurati (2000, pp.
52-54). Di ambiti lombardi e, in parte, anche
piemontesi eÁ Leydi, Leidi, che, sin qui, si ritrova
dal 1485. Talora si riscontra anche trascritto
nella variante grafica De Leidi, in particolare
nella Bresciana. Un Magninus de Valmadia fq.
Deleydi de Lanfranco de Valmadia (Valmaggia) eÁ
documentabile per la prima metaÁ del Duecento.
Tale Arigucius f. de Laydi eÁ attivo a San Vittore
(Grigioni) nel 1344 (Huber, 1986, 3, t. 1, p.
143). In un documento valmaggese del 1393
risultano dei nomi personali come Delaydus Jacobi e Delaydi Ablatici de Cavergno (Signorelli,
1972, p. 383). Siamo dinanzi all'esito orale del
nome femminile bimembre Adelaide, composto
dalle voci germaniche athal `nobile' e heit
`modo, contegno, essenza'. Il nome fu assai frequente in periodi medievali, forse anche per
imitazione: era, come noto, portato anche dalla
moglie dell'imperatore Ottone I (931-999).
Come fatto di costume (la volontaÁ di spiegarsi il proprio nome) si aggiunga che certe persone che portano il nome Leydi affermano (settembre 2001) che i Leydi della Val Strona provengono in origine dai Grigioni. Il dato, sin qui
non accertato, eÁ interessante come sforzo interpretativo.
Lesnini. Evochiamo qui questo nome di famiglia verzaschese (sopra Locarno) perche ha
un interesse di metodo: in effetti, esso non eÁ
equiparabile ai Cesel(l)in di area veneta che si
come maligne donde, con -anu, Malignano, Melegnano e poi, con caduta della prima sillaba,
Legnano, il comune ora a 15 chilometri a nord
di Milano. Si trattava, un tempo, di terre paludose, difficili da lavorare, maligne appunto, insidiate dalla malaria, sõÁ che il nome eÁ ben comprensibile. Non a caso, a piuÁ riprese, nella zona
che si estendeva attorno a Milano vennero intraprese importanti opere di risanamento territoriale.
Nel primo Ottocento Legnano doveva essere
coinvolta in una prodigiosa attivitaÁ legata al
protoindustrialismo prima, alla vera e propria
industria poi, sõÁ che la coscienza del perche del
toponimo andava persa. Superfluo, poi, stare ad
avvertire che, in parecchi casi, nell'atto del trascriverli, le cancellerie `ricostruivano' in certa
misura i nomi dei luoghi; cioÁ eÁ avvenuto anche
per Lecco appeno citato e per talune scrizioni e
ricostruzioni del tipo Ledegnanum. Ma l'interpretazione `ecologica' eÁ sostenuta anche dall'esistere di un parallelo come Melegnan, terre
maligne. Quasi superfluo ricordare infine
come cada sempre piuÁ in disuso il calembour
geografico anda a Legnan o a ca Legnana per
`andare a buscarsi una scarica di legnate'.
Leidi, Leydi, Oliva, Osenda. Un tratto interessante che emerge dalle analisi svolte sin qui eÁ
la frequenza di cognomi lombardi attuali che
riflettono antichi nomi di donna. I matronimici,
non poche volte trascurati da certi studi di onomastica, hanno insomma nelle nostre zone una
loro significativa presenza. L'impressione ± allo
stato attuale delle verifiche ± eÁ che essi abbiano
avuto un impatto specialmente nelle valli alpine, mentre il loro riflesso appare piuÁ ridotto
nelle pianure. Emma, ad esempio, eÁ soprattutto
di ambito alpino (Bleniese, Svizzera italiana),
mentre Oliva si ritrova in non poche localitaÁ
lombarde.
Il non esiguo apparire di nomi di famiglia
desunti da nomi di donna (prova della incisivitaÁ
di molte donne nelle famiglie di un tempo) non
si limita alla Lombardia. Ricordiamo, a mo' d'esempio, il Friuli, dove molte famiglie recano il
nome che venne costruito sulla madre: De LuLOMBARDIA NORD-OVEST
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Assai utili le notizie storiche dovute alla cortese collaborazione di Mario Mascetti: un Arialdus de Lucino eÁ delegato di Como presso Federico Barbarossa a Torino nel 1178 ed eÁ console
nel 1201; nel 1189-90 compare console: Atto de
Lucino (Rovelli, 1803, 4, Documenti d'appendice, e documenti dell'Archivio Storico Comunale in Archivio di Stato di Como).
L'importante famiglia di Como aveva radici e
corposi beni a Olgiate Comasco, giaÁ documentati dal XIV secolo (Archivio di Stato di Como,
Fondo Ex Museo). Nel 1466 Francescolo Lucini, maestro di scuola, e suo fratello Franzio,
cittadini di Como e abitanti a Olgiate, ottennero dal duca di Milano la cittadinanza milanese.
Nel corso del Cinquecento Gian Battista, del fu
Cristoforo, detto Cato, di Olgiate, sposando
Barbara Passalacqua, daÁ origine al ramo dei
Lucini-Passalacqua. Loro figlio era il canonico
Quintiliano, che fu il committente del Morazzone per i dipinti in Cattedrale. Per vie matrimoniali i vari discendenti si imparentarono con
gli Odescalchi, gli Albricci, i Perlasca, i Brentano Monticelli, i Cusani, i Calderari e i Borromeo d'Adda, i Porro, i Parravicini. Un ceppo
dei Lucini radicoÁ anche a Cagno, da dove provenivano Battista e Camillo Lucini, mastri falegnami che nel 1620 eseguirono gli stalli intagliati del coro nel Duomo di Como. Va ricordato
tra i letterati attivi tra Ottocento e Novecento
Gian Pietro Lucini (1867-1914), che passoÁ dal
dannunzianesimo al futurismo, al simbolismo
ermetico.
Luini. Dalle famiglie che portano questo antico cognome, riscontrato almeno dal Trecento,
vennero molte figure di rilievo per la vita comunitaria e culturale. Appena necessario richiamare il milanese Bernardino Luini, che come
pittore eÁ attivo tra il 1510 e il 1531. Gli si devono numerosi cicli di affreschi, come quelli
provenienti dalla villa della Pelucca, presso
Monza, e da Santa Maria della Pace a Milano
(entrambi alla Pinacoteca di Brera), la Crocifissione e le Storie della Passione di Lugano (in
Santa Maria degli Angeli) e l'affresco di casa
Landriani a Milano (ora al Castello Sforzesco).
sono citati, nella prima parte, sotto Cislaghi. In
genere, nell'assegnare un soprannome (poi, in
non pochi casi, divenuto cognome) la gente si
affidava globalmente all'arnese che lo specifico
artigiano fabbricava e/o che metteva in vendita. Non designava da arnesi settoriali, minuti,
interni all'artigianato stesso. Quello dei Lesini
(da lesina, lesna, arnese sottile del calzolaio per
far buchi nella tomaia) sembra apparentemente
contestare questa indicazione di fondo. Ma cioÁ
non si verifica nei fatti, giacche gli atteggiamenti denominatori erano ben diversi. Nel
caso di Crivelli, Catenazzi ecc. si dava un
nome descrittivo: si indicava la funzione; tendenzialmente, un nome `obiettivo'. Invece, Lesnini era mosso da una carica emotiva, dall'ironia o, comunque, dallo scherzo: si voleva insistere sulla magrezza della persona, che era sottile come una lesina (paralleli in Lurati, 2001,
alla voce lesina). Restano i due diversi atteggiamenti designativi e, di riflesso, il diverso modo
di procurarsi elementi linguistici per commentare la realtaÁ.
Lucini. Questo antico (XIII secolo) cognome
venne portato da ceppi feudali che svolsero
molte funzioni nell'ambito della comunitaÁ comasca; tra l'altro furono spesso incaricati di
rappresentare il vescovo di Como in questioni
feudali e amministrative. Dal punto di vista linguistico, eÁ, ovviamente, da connettere al toponimo Lucino, in dialetto LuÈscin, localitaÁ presso
Como, letteralmente `piccolo bosco'. Nonostante certe attuali ricorrenti affermazioni in
contrario, eÁ il toponimo che risulta innescato
all'uso in funzione cognominale e non viceversa. Non sono pochi i nomi di luogo in Lombardia e nell'Italia in genere che si accostano a
Lucino; da luÈsc, antica forma dialettale per `bosco', a sua volta da un ipotetico *luceu(m) del
latino spontaneo, latino classico lucus `bosco';
dalla medesima base (da lucanus `relativo al bosco') anche i vari LuÈgan che si hanno nel Comasco, in Val d'Intelvi e sul Ceresio. Quanto
allo specifico Lucino della zona di Como, esso,
come toponimo, eÁ quanto meno attestabile dal
1189 (Brentani, 1929, 1, p. 25).
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``Lago di Lugano (ponte di Tresa)'', litografia su disegno
di G. Elena, da Lombardia pittoresca o Disegni di cioÁ
che la Lombardia chiude di piuÁ interessante per le arti la storia
la natura levati dal vero da Giuseppe Elena, vol. I, Milano,
Ant.ë Fortunato Stella e Figli, 1836 (Civica Raccolta
delle Stampe Achille Bertarelli, Milano).
LumõÁna. Dei Lumina si riscontrano oggi a
Milano, nel Novarese e in varie altre localitaÁ
lombarde; ma sono soprattutto radicati, almeno
dal tardo Quattrocento, in territori bergamaschi cosõÁ come, ad esempio, nel Bormino. I rilievi si susseguono nel tempo, compresa la presenza di vari Lumina (emigrati da Bergamo)
attivi a Venezia. CosõÁ, il volume sulla Liberazione di Venezia, insieme con il voto fatto dalli
Signori Veneziani di una chiesa dedicata al Sommo nostro Redentore (Bologna, per Alessandro
Benacci, 1577), eÁ opera stesa da Muzio Lumina,
di origine bergamasca, e riferisce della liberazione di Venezia dal contagio della peste.
Oggi, nell'uso dialettale, a Bergamo e dintorni, un tale di nome Lumina viene detto, dagli
Per menzionare certe persone, si richiamavano un tempo le localitaÁ da cui provenivano. Nel
caso specifico, citavano il tipo Luino, a sua volta
dal dialettale luÈina `scoscendimento', plurale i
luÈinn, sopravvivenza nelle parlate del latino labi
`scivolare, non reggere'. Sono molti, nell'antica
Lombardia, i nomi di luogo che suonavano luÈina al singolare, luÈinn al plurale; oggi si ritrovano soprattutto in zone montane. Una variante
fonetica (con v) e grafica eÁ costituita dai Luvini
che sono un'antica famiglia patrizia di Lugano e
di Pura, nel Malcantone, non lontano da Luino,
sul lago Maggiore. Ci si distanzia dal pur fondamentale volume di De Felice (1978, p. 155)
che connetteva questi nomi di famiglia al cognomen latino Lupus.
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re', cremonese loÂmina `nomina, opinione buona
o cattiva che qualcuno gode presso gli altri'. In
questa tendenza rientravano anche i BonanoÂmina, che divennero BonalomõÁna, BonalumõÁna. In
seÂ, eÁ l'esito del nome medievale Buon nome, che i
genitori assegnavano al neonato affinche nel corso della vita fosse sempre onesto e godesse di
una buona nomina.
Lunardi. Il nome affiora da secoli (almeno
dal 1098) anche in varie localitaÁ lombarde, venete e liguri. A Como si hanno dei Lunardi
almeno dal 1315. Viene citato a proposito della
componente longobarda che ha inciso su molti
nomi di famiglia italiani, in particolare settentrionali. Si tratta della variante (appunto settentrionale) del nome che in area toscana si presenta nella veste di Leonardi, in se un nome
anziani, ol LoÈmeÂn, al femminile: la LoÈmeÂna. Almeno dal 1920 si hanno dei Lumina anche a
Pavia, dal 1975 circa alcuni ceppi sono presenti
a Roma, Firenze, Pescara e in Svizzera (Zurigo
e Basilea). Quanto all'origine, vi riconosceremo
un antico nome augurale, quello di BonalumõÁna, da Bonalume, Bonalumi `buon nome', cognome che pure esisteva e che poi venne privato delle prime sillabe; di qui, appunto, i Lumina
(Lurati, 2000, pp. 47-51). Nelle antiche parlate
bergamasche, il termine nome era un tempo
usato al femminile. In queste parlate era poi
forte la propensione al passaggio di n- in l-;
cioÁ, soprattutto per dissimilazione in presenza
di altre nasali: bergamasco loÈminaÁ `nominare',
tribulina `piccola cappella', letteralmente `piccola tribuna', bresciano lombraÁ `numerare, conta2/2003
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A fronte e in questa pagina:
``Veduta di Luino sul Lago Maggiore'' e ``Veduta di Mandello
sul Lago di Lecco'', acquetinte di Carolina Lose su disegni
di Federico Lose, da Viaggio Pittorico e Storico ai tre Laghi
Maggiore di Lugano e Como col corso del Fiume Adda e Ticino,
Milano, Francesco Bernucca, 1820 circa (Civica Raccolta
delle Stampe Achille Bertarelli, Milano).
sonale Amandus, Amanda nelle numerose fonti
onomastiche lombarde che si sono consultate;
b. l'esistenza di vari nomi di luogo che suonano
Mandello e che compaiono sia nella zona di
Ospedaletto Lodigiano (Milano) sia nel Novarese; possibile che derivino tutti da un ipotetico
nome?; c. l'affiorare (seppur in modo non compatto) della voce tra il Comasco (Lario), il Milanese, il Veronese e la zona di Novara mette in
risalto la fragilitaÁ di simili ricorsi formali: eÁ troppo facile richiamarsi a dei nomi personali, che
sono peroÁ privi di radicamento.
Si propone, per vari luoghi di nome Mandello, che erano ubicati in zone militarmente significative, una pertinenza con il germanico harimann come venivano indicati i soldati (Herrmann) stanziati a controllare confini, vie d'ac-
doppio, da una tradizione longobarda dal significato di `forte come un leone', germanico
*lewo `leone' e *hardhu `duro, valoroso'.
Mandello, Mandelli. Almeno dal 1211 si hanno delle persone designate quali de Mandello,
originarie di Mandello, l'antico nucleo abitato
sul Lario che giaÁ all'inizio del XII secolo fu
libero comune e a piuÁ riprese ebbe a riaffermare
la propria indipendenza. LocalitaÁ nota in gran
parte dell'Europa occidentale per le sue industrie, in particolare per la Guzzi. L'antichitaÁ del
nome di luogo (769: Mandello; poi, XIII secolo:
plebe Mandello) e altre considerazioni fanno
escludere la corrente interpretazione da un presunto nome di persona Amandello, da Amandus. Contro simili `scappatoie' depongono diversi fatti, tra cui: a. la scarsitaÁ di un nome perLOMBARDIA NORD-OVEST
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sgg.) Da qui, poi, il nome passava alla localitaÁ
dove erano insediati.
Un'ulteriore osservazione: sono stati numerosi i nomi di funzione longobarda che hanno
dato nomi di luogo e di famiglie (Pellegrini,
1990, pp. 272-276) e si tengano presenti casi
come Magni da Waldmann (Lurati, 2000, pp.
309-310) e come Scaldasole, da sculdascio `amministratore'. EÁ mai possibile che la ben piuÁ
importante funzione dell'arimannia non dovesse lasciare una traccia piuÁ marcata? Ora questa
`incongruenza' sembra colmata.
Quanto a Mandello Vitta (in cui venne immesso il nome dell'importante famiglia locale
dei Vitta), eÁ localitaÁ a sinistra del fiume Sesia,
15 chilometri a ovest di Novara. L'ipotesi di
lettura che qui si avanza trova una conferma
anche nel fatto che Mandello (poi Mandello Vitta) fu importante nucleo longobardo, come confermano vari reperti longobardi. In proposito
Cavanna (1967, p. 213) osserva: ``Anche il territorio che, una quindicina di chilometri a nordovest di Novara, eÁ posto a cavaliere del fiume
Sesia, puoÁ rivelare qualcosa. [...] A mezzo tra
Casaleggio e Barengo, al di qui del fiume Sesia,
giacciono Fara Novarese e Mandello Vitta (Castellazzo Novarese). Presso quest'ultimo luogo
si son trovate cinque tombe barbariche, uno
scramasax e un coltello sicuramente longobardo,
una croce d'oro con motivi ornamentali di disegno bizantino''. Numerose, da tempo, le famiglie Mandelli a Cremona, molto attive in campo
economico almeno a partire dal tardo Ottocento. Da arimanni eÁ poi possibile che venissero
altri nomi come gli Armani e gli Ermanni.
Un'osservazione, infine, per chi approfondiraÁ
domani questi nomi: perche i gerganti bergamaschi parlavano un tempo di a mandeÁl, per dire
`in modo scarso', mandeÁl (andar) piano, mandelaÁ, aspettare?
Mascetti. Oggi sono attivi in diverse localitaÁ
del Comasco (e del Mendrisiotto). Come segnala l'amico professor Mario Mascetti, eÁ un (ulteriore) derivato da un nome geografico, la localitaÁ di Maccio di Villa Guardia, in dialetto Masc,
che, come noto, eÁ la forma che piuÁ conta, es-
qua e strade. Da (hari)-mann si passava, nell'oralitaÁ, a mann da cui anche il frequente e radicato nome di famiglia Manni (su cui si veda
almeno Magistri d'Europa, 1996, pp. 314,
325); si coniava in seguito pure Mandell, nel
senso di `piccolo stanziamento di arimanni'.
Le parlate italiane settentrionali conoscono
parecchie forme ipercorrette del tipo spanda
per `spanna' in cui la -nn venne ricostruita in
-nd; in merito si pensi inoltre all'oscillazione
ganda/ganna e si vedano gli esempi forniti da
Rohlfs (1966, § 237), che cita casi come il ticinese luÈndesdi `lunedõÁ' e il ligure brendu `crusca'
(gallico brinu). Un percorso analogo potrebbe
essere quello che ha portato a ManeÁll, MandeÁll.
Chi percorra l'importante lavoro di Pellegrini
(1990) eÁ colpito da un fatto. Lo studioso padovano riconosce dapprima l'esistenza di tre tipi
principali di insediamenti longobardi: la fara, la
sala, l'arimannia. Si diffonde poi sui riflessi toponimici di sala e fara (pp. 268 e sgg.). Molto
meno su arimannia, cui riserva dei cenni solo
alle pp. 271 e 274. Una sorta di scompenso, di
`sbilanciamento'. Ora, con il riconoscimento
della trafila (hari)manni > Manni, Manno
(nome di luogo) e altresõÁ Mandello, viene ammesso che anche questa terza componente militare longobarda ebbe un suo impatto onomastico e toponimico. Data l'importanza dell'arimannia non era possibile che se ne avessero
solo riflessi dotti come Romanore (Borgoforte,
Mantova), dal genitivo plurale arimannorum.
Non era pensabile che il nome di una funzione
cosõÁ importante non si riverberasse in riflessi
orali (appunto anche nella variante con -nd).
Per completezza, si indica pure il nome di
luogo Mandella, nei pressi di Verona (Olivieri,
1961b, p. 105), nome che Gamillscheg (1935, 2,
p. 99) riconduce a un nome di persona *Mando,
dall'antico alto tedesco menden `sich freuen'.
Mann(o) e Mandell indicava, propriamente,
uno stanziamento militare. L'arimannia era,
spesso, terra concessa dal fisco regio a gruppi
di liberi exercitales longobardi, legati appunto
dall'obbligo principale del servizio militare e di
polizia (Cavanna, 1967, pp. 169 e sgg., 285 e
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secoli, nelle terre comasche, del nome di persona Amanzio che si legge attraverso anni e anni
in molti documenti civili e religiosi e che, oggi,
si incontra qua e laÁ a Como e nel Comasco,
soprattutto presso anziani. La pratica di imporre al proprio figlio, al battesimo, il nome della
figura comasca di Amanzio duroÁ a lungo. Si
ricorse anche, in certi usi del quotidiano, all'aumentativo Amanzione, che, con caduta dell'iniziale (aferesi) doveva poi divenire Manzone,
Manzoni: si hanno vari ceppi di Manzoni, in
parecchie zone del Comasco e del Lecchese. I
Manzoni originari della Valsassina sono documentati dal primo Cinquecento: una filiera da
cui rampolleraÁ pure Alessandro Manzoni.
Quanto al riflesso di culti e devozioni che in
passato furono assai radicati, si veda inoltre,
nell'oralitaÁ, un Jacobossus `aumentativo di Jacobus, Giacomo' originare i Bossi (almeno dal
1359, quando un Antonio Bossi eÁ maestro delle
entrate ducali milanesi), cosõÁ come i Comolli (da
Jacomollo, piccolo Giacomo), come i Baldassarri (dal presunto nome di uno dei Magi; poi
anche Balzarri e Balzaretti); rientrano pure
qui, ad esempio, i Parri che eÁ il continuarsi a
livello orale di GaspaÁr, nome che la tradizione
orale attribuiva a un re mago; da Gaspare i
Gasparri e, poi, da (Gas)parini, i Parini, radicati
tra l'altro in Brianza. Del resto, come indica
Mascetti, tra i consoli di Milano del 1144 giaÁ
eÁ citato un Otto Manzo (Archivio Storico Civico
in Archivio di Stato di Como).
Maspero, Masperoni, Maspoli. Si accertano
almeno dal 1343 (Masperoni). Si tratta di una
sopravvivenza di un nome a maschera difensiva
e superstiziosa, nomi per i quali si richiamano le
splendide pagine di Giandomenico Serra (1958,
2, pp. 13 e sgg.; 1965, 3, pp. 16 e sgg.). Anche
Masperoni (Verona, XIV secolo), oggi Masprone, che eÁ da intendere quale Malsperone, letteralmente `mal sperone, cattivo sperone', del tutto parallelo a Mala staffa. Si augurava al neonato o al ragazzo di essere un cattivo cavaliere
affinche fosse invece valido a cavallo. Analogamente, a uno che si accingeva a montare in
arcione si augurava: cattiva staffa, un auspicio
sendo vicina all'uso corrente; non venne `ritoccata' dalle grafie adattanti di notai e parroci. In
documenti antichi il luogo eÁ trascritto Matio e
le persone che ne provengono erano indicate
come de Matio. Ma eÁ forma con cui si volevano
arieggiare modalitaÁ dotte. Che la modalitaÁ fosse
quella del richiamo geografico appare anche dal
fatto che nel dicembre 2001 eÁ deceduto un signor Federico Capiaghi di Ronago che, in zona,
era universalmente conosciuto come Federicu
Mascett (e qualcuno pensava che avesse la parentela Mascetti), perche era figlio della Maria
MaÁscia, che veniva da Maccio. PiuÁ ampi ragguagli sui Mascetti verranno forniti nel volume, a
cura di chi scrive e di Mario Mascetti, in preparazione. A noi qui non resta da aggiungere
che, quanto all'origine del toponimo, ci distanziamo dalle interpretazioni correnti. Proponiamo il riflesso di un Comasc `zona avvallata',
`zona sita in un avvallamento naturale' che risponde al tipo prelatino *com- su cui si veda la
voce Como nella prima parte del contributo.
Questa base ha dato luogo a vari esiti come
Comerio, sul lago di Varese, come Comacchio,
in Val Cuvia, come altri luoghi siti tutti in conche del terreno. Da Comasc si passava poi,
come in numerosi altri casi, a Masc. Resta, per
la precisione, da aggiungere che la pronuncia
Macc che si ode oggi (gennaio 2002) tra giovani
e meno giovani eÁ semplicemente dovuta a una
`dialettizzazione' della grafia ufficiale italiana.
Manzoni. L'esempio lecchese serve qui almeno a richiamare l'ampiezza quantitativa dei cognomi che derivano da nomi del padre, compresi quelli oggi non piuÁ trasparenti, come i
Doninelli, cosõÁ chiamati dal fatto che per secoli
san Donnino fu assai venerato nel Comasco,
come i Provini, che sono un riflesso dell'intenso
culto che per secoli ebbe la gente del Comasco
e del Basso Ticino per san Probinus (a sua volta
uno dei tanti nomi parlanti, dal latino Probus
`integro, integerrimo'). In questo quadro di elementi della specifica tradizione religiosa locale
rientra anche un nome come Manzoni; da
Amanzio, la venerata, antica figura del santo
vescovo di Como. Ne scaturõÁ la diffusione, per
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``Il Lambro a Melegnano'', litografia su disegno di G. Elena,
da Lombardia pittoresca, cit., vol. II, Milano Andrea Ubicini,
1838 (Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, Milano).
popolare fatta da molti milanesi su d'Eril: nella
Milano del primo Ottocento, il nome veniva
non poche volte pronunciato quale del grõÁ, quasi fosse del grillo; uso di cui si ha un'eco anche
in Porta (1975, 120, p. 703). Una `scheda', infine, dal vissuto locale: a Balerna (presso Chiasso) gli anziani indicano tuttora ul palazz da la
PrincipeÁssa che daÁ sulla piazza del paese e che
era la residenza estiva della famiglia Melzi d'Eril. Nel corso della seconda guerra mondiale vi
si rifugioÁ Tommaso Gallarati Scotti, esule dal
fascismo; lõÁ ricevette la designazione ad ambasciatore dell'Italia libera.
Menafoglio v. Foglia (prima parte).
Mentasti. EÁ nome di famiglia del Varesotto
che almeno dal tardo Trecento si eÁ distinta per
iniziative economiche e per il servizio alla comunitaÁ. Il nome crea non poche difficoltaÁ interpretative, al punto che alcuni amici, scherzosamente, si chiedono (2001) se non abbia a che fare
con `menare i tasti'. Ma l'antichitaÁ del dato toponimico esclude un simile gioco di parole. Sin
dal 1264 si ha: ``in loco dicto Mentasto'' (Rota,
1936). Si respinge il richiamo a menta `pianticella' fatto dall'Olivieri: simili richiami erano, per
la gente, lontani dall'esperienza di vita; non erano strumenti disponibili per creare una designazione toponimica. In effetti si ha tuttora il nome
di luogo Mentasti a tre chilometri da Varese, alle
coordinate 710900/174700/366. Siamo dinanzi
all'eco del nome dato dalla gente sulla scorta
della qualitaÁ del terreno, quello cioeÁ di Cementasto, ossia `terreno duro, che ha caratteristiche
affini al cemento'; con -ast(r)o si suggeriva l'affinitaÁ: bolastro, zona che tende a essere paludosa, da bolla `palude', ecc. Da Cementasto poi, in
processo di tempo, con caduta dell'iniziale, il
passaggio a Mentasto. Altri nomi che recano
l'eco del tipo di terreno su cui viveva la gente
non mancano: si vedano qui le voci Legnano,
Melegnagno, Pirovano e, inoltre, i Gerosa, che
abitavano una zona ghiaiosa (dal latino glarea, si
hanno in Lombardia molti nomi di luogo Gerosa), i Balmelli (che abitavano vicino a una balma, a una caverna), i Crippa, i Cipada (da ceppata). La nuova proposta che si avanza non eÁ
di cattivo viaggio a cavallo appunto per augurargliene invece uno buono. Da MasperoÂn, non
piuÁ inteso, veniva estratto un falso primitivo:
MaÂspero. Di qui si spiega anche, come secondaria variante fonetica, la `parentela' lombarda
Maspeloni e Maspoli: da una falsa restituzione
di -r- in -l- si aveva Maspeloni, Maspoloni, donde poi il falso primitivo Maspoli.
Melegnano v. Meregnani.
Melzi. EÁ tra le piuÁ cospicue famiglie lombarde. EÁ l'eco di Melzo, la nota localitaÁ lombarda
ed eÁ il continuare, attraverso le generazioni, del
nome di persona germanico Milo da cui anche
Milizzo. Ne doveva risultare il nome di luogo
Melzo; Gamillscheg (1935, 2, p. 100 [IV, 31])
adduce pure, come forme che muovono dalla
stessa base, MelcioÂn a Bologna e Melezzole a
Perugia. Vista l'esistenza del nome personale
germanico Menzo (forse connesso a mand- `rallegrarsi': Gamillscheg [1935, 2, pp. 99, 100])
data l'oscillazione l/n (rimandiamo al nome di
luogo Calonica `canonica') vanno tenuti presenti anche toponimi quali Mensi, nel Pavese, e
Mensino, nel Bresciano.
Molte, in Storia di Milano, le notizie sui Melzi
e sulle varie ramificazioni della famiglia. Sul
pittore Francesco Melzi, nato a Milano nel
1493 e morto a Vaprio d'Adda nel 1570 circa
e che, giovanissimo, si accostoÁ a Leonardo, di
cui fu scolare, amico ed erede si vedano le notizie recate dall'Enciclopedia Italiana (1934, 22,
col. 821). Si aggiunga che, tra il 1585 e il 1590,
Giovan Battista Melzi eÁ attivo a Milano come
banchiere e anche come priore di una confraternita religiosa (``Archivio Storico Lombardo'',
17, 1991, p. 97). Di livello panitaliano, poi, l'azione del duca Francesco Melzi d'Eril (17531816), che rivestõÁ importanti cariche pubbliche
e fu anche presidente della Repubblica italiana.
Sulla sua opera si vedano Melzi (1865), Morandi (1927) ed Enciclopedia Italiana (1934, 22,
col. 822). L'integrazione d'Eril proviene dalla
contessa castigliana Teresa d'Eril, che sposoÁ il
conte Gasparo Melzi e fu appunto madre dell'uomo di cultura e politico Francesco Melzi
d'Eril appena menzionato. Curiosa l'etimologia
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insomma isolata, bensõÁ si lega a un atteggiamento designativo cui i parlanti ricorrevano spesso.
Meregnano, Meregnani, Malignano. Famiglie lombarde che ± sulla scia della provenienza
± portano questo cognome sono sin qui assodate dal 1407. Sono per altro rare, affiorando oggi
con poche presenze a Milano, Monza, Dumenza e Luino (Varesotto). Assai frequenti sono,
invece, i riscontri documentari del toponimo
di base; Melegnano, nella parlata di anziani nativi MeregnaÂn (2000), risulta, ad esempio, in
rapporto all'hospitale Meregniani, almeno dalla
metaÁ del Duecento.
Per Meregnano, in passato e in documenti
anche Marignano (variante con cui eÁ nota la
battaglia combattuta nel 1515 tra milanesi, svizzeri e francesi), si avanza una proposta di lettura
diversa dalla tradizionale. MelegnaÂn va ± a nostro parere ± inteso quale malignano, ossia `zona
paludosa, maligna, difficile da lavorare e da viverci'. Non pensiamo vada interpretato con un
nome di persona (come in Pellegrini, 1990, p.
327: MeleÂgna nome presso Vicenza), bensõÁ che
sia appunto l'eco di malignus, maligna. Di qui
anche Legnano (con caduta della ma-). Il fatto
di trovare i due toponimi cosõÁ vicini depone per
una voce dialettale (di commento, di partecipaLOMBARDIA NORD-OVEST
zione degli agricoltori) fatta poi diventare toponimo. Non eÁ un caso che nelle paludose terre
attorno a Milano e Pavia venissero, nei secoli,
stanziati non pochi nuclei di monaci impegnati
nella bonifica di questi terreni disagevoli.
Un'ulteriore prova: a sette chilometri da Melegnano sta la localitaÁ di Paullo, dialettalmente
PauÈ(l), ossia `palude, zona paludosa'. Anche
questo un nome che richiama gli estesi pantani
esistenti per secoli in zona. Simili nomi di commento non erano rari; affiorano in varie altre
comunitaÁ lombarde. Quanto ad attuali riflessi
cognominali, si citano: Marignani (oggi con
presenze sparse in Lombardia), Marignan (rari
nel Varesotto), MarõÁgnano (rari in Toscana).
Miragolo v. Salmoiraghi.
MistoÁ. Su questo cognome, che abbiamo rilevato qua e laÁ nel Comasco, nel Novarese, nel
Pavese, nella zona di Vercelli e di Vigevano,
non possediamo alcun dato documentario.
Qualche lettrice o lettore puoÁ aiutare? Si rinvia
per ora a vari toponimi lombardi e piemontesi
che suonano MistoÁ `maestato', `provvisto di una
mistaÁ', di una maestaÁ: cioeÁ una casa o una corte
affrescata con un dipinto religioso; in latino majeÁstas, majestaÁtis, qui nell'esito dell'accusativo
majestaÁte(m). L'estrema estensione verso est
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``Veduta di Rezzonico'', fotoincisione meccanica
da un disegno di Q. Michetti, in ``L'Illustrazione italiana'',
a. XI, n. 37, 14 settembre 1884.
che li oppose a Venezia per il possesso della
Dalmazia. Un Guillelmus Unguer eÁ assodabile
nel 1075 in zone relative al Piemonte, cosõÁ come
un Andreas de Ongaro eÁ menzionato nel 1170 in
territori novaresi.
Oriboni. Almeno dal 1492 se ne hanno parecchi, sparsi qua e laÁ in varie localitaÁ della Lombardia. Siamo dinanzi (come nel caso di Lumina) al riflesso di un nome augurale e gratulatorio
medievale, quello per cui si affermava che il
neonato era giunto in (h)ora bona. Questa la
ragione anche dei vari Bonora che si incontrano
tra lombardi. Quanto al tipo oraboÁna, se ne ebbero gli Oriboni, poi con caduta del suono iniziale, i Riboni. Un Maffiolo Oraboni di Vaprio
risulta per il 1402 in documenti, citato da Belotti
nella Storia di Bergamo (1959, 2, p. 296). Diversa
eÁ la storia degli Origoni, da collegare al tipo
Arrigoni, variante di Enrico `ricco di famiglia'.
Osenda v. Leidi.
Palmieri. Diffuso in quasi tutta l'Italia, eÁ presente anche in diverse localitaÁ della Lombardia
(Milano, Lodi, Pavia, Como, Novara) e nel Ti-
che ci sia nota per il toponimo eÁ MistoÁ, casolare
di Drezzo (a una decina di chilometri da
Como), in antico provvisto di un affresco,
dove si vede ancora (novembre 2002) sia pure
sbiadita, sulla facciata, la raffigurazione di una
Madonna incoronata. Il cognome MistoÁ eÁ ancora
presente a Binago, sempre nel Comasco. In Comune sono confluiti anche i quadri di un MistoÁ
pittore originario del paese. Un ulteriore elemento geografico che si coglie piuÁ verso est eÁ
il nome del casolare MasteÂna, in territorio giurisdizionale di Santa Maria Rezzonico (Lario). A
nostro parere dovrebbe essere tipizzata (in zona
in cui -ina suona -ena: galena `gallina') in maistõÁna cioeÁ piccola maiestaÁ, piccolo tabernacolo.
Ongari. Sporadicamente si accertano in quasi
tutta l'Italia peninsulare, ma con maggior frequenza nelle Venezie, in Lombardia e in Piemonte. Il tipo si diffonde, nel Nord, tra l'XI e il
XII secolo, quando gruppi armati di Ungari
(Ungheresi) penetrano nella pianura padana e
in parte vi si stanziano, specialmente nel NordEst e nel Piemonte, nel quadro dello scontro
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Novarese e nel Mantovano. Varie carte medievali rilevano il nome proprio Panvinus divenuto
poi appunto cognome; la base era panis et vinum
in trascrizione latina, pan e vino in volgare. Si ha
ad esempio per la Lombardia, nel 1189: ``in territorio de Vellate [...] haeredes Arderici Panisetvini''. In un documento steso per Novara nel
1138 si annota che ``in civitate Novarie interfuerunt [...] Ugo Panis et vini [...] testes''. Esempi
analoghi si accertano nella Venezia Euganea, in
Emilia, Toscana, Puglia, Sicilia. EÁ una preziosa
sopravvivenza a livello cognominale dell'eco
dell'uso medievale della fraterna, il consorzio
economico famigliare istituto della comunione
patrimoniale, a base famigliare, che si applicava
tanto in ambienti aristocratici quanto rustici.
L'usanza era talora indicata quale ad unum panem et unum vinum stare, ossia fare famiglia
insieme, mettere insieme redditi e beni: comunioni di vita e di patrimonio tra fratelli erano
assai comuni ancora negli anni Cinquanta del
Novecento in Calabria, Basilicata e Sicilia.
Perego. EÁ antico nome di famiglia dell'area
comasca, che risulta almeno dal 1380; ha dato
insigni mastri costruttori su cui informa la documentazione recata da Magistri d'Europa (1996,
pp. 228, 235), relativa in particolare ad Antonio
Perego. Per i non lombardi si specifica che l'accento cade sulla prima e. EÁ un interessante riflesso del latino pelagus che veniva riferito a `distesa d'acqua', a `zona di tipo lacustre e lagunare'.
Perlasca. Questo nome di famiglia comasca
risulta, allo stato attuale degli spogli, dal 1404.
La famiglia fu ed eÁ nota per la sua attivitaÁ in
diversi settori. Si ricordano giurisconsulti, ecclesiastici, costruttori. In particolare, si segnala,
a mo' d'esempio, l'intensa produttivitaÁ del costruttore Andrea Perlasca (1741-1774), da Blevio, su cui vari riscontri sono forniti in Magistri
d'Europa (1996, pp. 69, 71, 367 n. 23). Su altri
Perlasca che esercitarono arte muraria varie notizie sono reperibili nel ``Periodico della SocietaÁ
Storica Comense''. Una vicenda in cui eÁ coinvolto Gian Pietro Perlasca nell'aprile del 1504 eÁ
evocata in Magistri d'Europa (1996, p. 54). EÁ il
riflesso cognominale del nome di luogo Perla-
cino (per esempio a Lugano e Brissago), mentre
tra varie comunitaÁ del Veneto corre il tipo Palmarin. Si eÁ messi di fronte al ricordo del nome
Palmiere, Palmerius che veniva riservato al
bambino che si voleva mettere in collegamento
con il gran fatto del pellegrinaggio in Terra
Santa. Il nome si dava, in origine, a colui che
portava una palma: era andato in pellegrinaggio
in Terra Santa e, a ricordo, riportava spesso un
ramo o una foglia di palma dai luoghi dove
visse Cristo. Quale nome di persona, Palmerius
eÁ vivo in diverse comunitaÁ d'Italia e di Francia a
partire dal XII secolo: antichitaÁ e ricorso al
nome che mostra la dignitaÁ di cui godevano
questi pellegrini. Il tipo di cognome richiama
un settore designativo legato al pellegrinaggio
insomma (come i Borromei: da bon romei `buoni pellegrini che vanno verso Roma'). Si aggiunga l'esistenza del nome di famiglia Palma (Milano, Como), che anticamente veniva usato
come nome di persona maschile.
Panvini, Quadri. EÁ ingiusta la scarsa attenzione che viene di regola riservata a cognomi
che riflettono antiche situazioni di diritto. Essi
scaturiscono da un fattore che fu di vivo interesse per la gente. Accenneremo dunque almeno a casi come gli Avogadri, significativa famiglia decurionale di Como (da cui verranno anche gli Auguadri e, poi, con caduta dell'iniziale,
i Quadri: che sono antichi notai e che non hanno nulla a che fare con quadro), i Neuroni (in seÂ,
l'esito orale del latino nobilones), i Cattaneo,
Vassalli, Connestabile (poi divenuti in certe comunitaÁ gli Stabile). Si pensi inoltre a nomi quali
Canonica, come vennero chiamati coloro che
prelevavano le decime su terreni che i canonici
di Como possedevano nel Luganese. Furono
parecchie, nel Luganese (ad esempio Staffieri,
Brocchi) le famiglie cui era stato assegnato il
compito di prelevare le decime di spettanza
dei canonici del Duomo di Como.
All'impatto di componenti giuridiche risale
pure il nome dei Panvini. Un nome che affiora
in Emilia, in Romagna, nel Napoletano e che,
da qualche decennio (per lo meno dal 1938),
compare anche nel Milanese, nel Comasco, nel
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determinata comunitaÁ. EÁ al secondo livello di
lettura, quello connesso all'etimo del toponimo
Pirovano, che sembra necessario contraddire le
interpretazioni che si ripetono da tempo. Vari
studiosi derivano il nome da un tardo latino petro-bolus, attestato nell'Itala, che a sua volta
muoverebbe dal greco petro-boÁlos, chi lancia
pietre, strumento per lanciare pietre. Ma si tratta
di una continuitaÁ strana, supposta, per di piuÁ
ascritta a una voce che era assai rara. Occorrerebbe, in altre parole, che si giustificasse percheÂ
questa base si sarebbe dovuta mantenere solo in
questo caso. Le forme che sono troppo strane e
singolari suscitano non poche perplessitaÁ. Anche il FranzoÈsisches etymologisches WoÈrterbuch,
il piuÁ capillare rilievo lessicale di cui si disponga
per le aree romanze, non adduce nulla di simile.
Ci si chiede se non si debba imboccare una pista
diversa. Si segnala che nella localitaÁ per secoli
funzionoÁ una cava e vi sorgeva un antico castello,
siamo vicino a Castelmarte, sopra Erba (Lecco).
Dopo non pochi spogli, si postula una lettura
nel senso di `pietrabile', cioeÁ `zona dove si cavavano pietre'. Siamo di fronte all'esito orale
del suffisso -abilis, -ebilis e simili che viveva
anche nelle nostre parlate e che serviva per indicare una certa caratteristica. Tra i vari esempi
raccolti si veda per intanto ScaleÁvri, nome di
luogo che presenta delle scale (Airolo, frazione
di Madrano), letteralmente `scalabile', e Sordevolo nome di luogo nei dintorni di Biella, lette-
sca, nel Comasco, presso Torno, da cui in origine proveniva la famiglia. Si veda inoltre (con e
> a) Parlasco, nome di luogo presso Taceno e
Varenna (coordinate 747.600/98.100/681). Ci
distanziamo dal Dizionario di toponomastica
(1990, p. 482) che per il comasco PerleÂt ipotizza
un *perlo `pero cervino'. Perla eÁ, nelle parlate
comasche e mendrisiotte, l'esito locale di un
tipo latino pratella `piccoli prati'. Si confronti
il nome di luogo PeÁrla, frazione di Balerna, situato in una zona prativa: giaÁ registrato nel
1670 e ancora nel 2001. Si aveva la trafila pratella > pradella > *praella > prella. Poi, con spostamento della -r-, PeÁrla. Con il suffisso -asca
(che, come noto, eÁ assai frequente in toponimi;
ad esempio Bernasca, nel Varesotto) la gente
creava poi il nome di luogo Perlasca `relativo
ai prati, dipendente da Perla', nome che poi
si applicava anche alle persone. L'oscillazione
portava anche a la PreÁla, nome di luogo che
nel 2001 si ritrova almeno cinque volte nel Comasco: ossia `alla spianata', `al piano erboso'.
Pirovano. Molto diffuso nel Comasco e nel
Lecchese (e ormai almeno dal 1970 presente
anche in altre regioni), il cognome eÁ attestabile
quanto meno dal Duecento. Offre vari spunti di
riflessione metodologica.
La prima lettura di Pirovano eÁ semplice, trattandosi di uno dei tanti cognomi che la gente
creava indicando la provenienza di una famiglia
che, a un certo momento, si trasferiva in una
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``Lago di Como. Varenna e Lago di Lecco'', fotoincisione
meccanica da un disegno di Q. Michetti, in ``L'Illustrazione
italiana'', a. XI, n. 28, 13 luglio 1884.
Per Rovelli indubbia eÁ la derivazione da Rovello (ora Rovello Porro), grossa borgata agricola sotto Rovellasca (evidentemente dal nome
si evince che era il compascolo di Rovello, come
Guanzate/Guanzasca), quasi alle porte di Saronno, nella pianura a lato della strada delle
Groane, senza escluderne eventuali altri minori.
Il famoso Goffredo da Bussero, autore nel XIII
secolo delle Notitiae Sanctorum Mediolani, era
prete di Rovello.
La famiglia Rovelli eÁ una delle piuÁ importanti
nella storia di Como. Famiglia decurionale, aveva acquisito il titolo marchionale ed era imparentata con i maggiori casati nobili. Tra i personaggi
di spicco Giuseppe Rovelli, autore della Storia di
Como in cinque tomi, pubblicati tra il 1789 e il
1803. Della medesima famiglia fu Carlo Rovelli,
domenicano, docente di storia della Chiesa e
delle fonti di teologia dogmatica all'UniversitaÁ
di Bologna; quindi priore di Sant'Eustorgio e
provinciale per la Lombardia austriaca, insegnoÁ
greco al ginnasio di Brera. Nominato vescovo di
Como nel 1793, resse la diocesi fino al 1819 e
istituõÁ il Seminario teologico nell'ex monastero
dell'Ascensione, ristrutturato da Simone Cantoni. L'Archivio della famiglia Rovelli, per donazione della contessa Piera Volta in Roseo, eÁ
conservato presso la SocietaÁ Storica Comense.
Sabaini. EÁ nome di alcuni importanti ceppi
famigliari di Cuasso al Monte (Varese), ora
estinti, come mi comunica la dottoressa Sabina
Bandera, che in tema sta svolgendo una ricerca
(2003). Come in moltissimi altri casi, si ebbe a
lungo oscillazione, nel senso che il nome venne
scritto in diverse varianti, ora Sabaino, ora Sabajno, Sabainj (e, raramente, Sabbaiano). Le prime notizie sin qui rintracciate danno la versione
latineggiante de Sabaijnis (cosõÁ citati in una congregazione generale del 1484), de' Sabaini
(1422), Zabaino (1567), Zabaijno (1571: ``l'una
fide de uno nominato il Zabaijno''), de Zabajnis
(1680), de Sabainis o de Sabainus. Nello stato
delle anime del 1574 steso per Cuasso al Monte
sono citati come Zabaini.
Le oscillazioni tra s e z sono usuali nella grafia, non solo nelle nostre zone. Saremo pertanto
ralmente surgibulum, `luogo dove scaturisce
una sorgente'. Inoltre cortaÂuro, cortaÂvro, cortaÂvul in vari toponimi lombardi, letteralmente
`cohortabile'. L'oscillazione -ol/-an non eÁ rara,
si ha in vari toponimi, si pensi, ad esempio, nei
dialetti, garofol/garofano. In effetti presso gli
anziani (ancora nel 1987) la pronuncia locale
oscillava tra PiroÁvel e PiroÁvan, che era sentita
come `piuÁ recente', come `meno autentica'. Guglielmo di Pirovano eÁ podestaÁ a Bologna nel
1221, mentre il milanese Goffredo di Pirovano
lo saraÁ pochi anni dopo, a Genova, nel 1228.
Nel 1535-37 un Filippo Maria Pirovano fq. Bartolomeo eÁ iscritto alla Confraternita della Parrocchia di San Vittore al Teatro a Milano (``Archivio Storico Lombardo'', 117, 1991, p. 97).
Dei Pirovano vivono oggi a Zurigo e Basilea;
qui si dicono spesso PirovaÁno.
Quadri v. Panvini.
Regolat(t)i. Si ritrovano in varie localitaÁ dell'Italia settentrionale, compresi Milano e dintorni. Il cognome va inteso come mozzatura del
nome di persona Malregolatto che a sua volta
derivava da Mal-regolatus: in periodi medievali
si era soliti dare tale nome, per modestia, ai figli
appena nati. Si riteneva, infatti, che non fosse
lecito presentarli a Dio come troppo belli. A
contrasto si veda Oriboni.
Riboni v. Oriboni.
Rovelli. Se ne hanno in varie localitaÁ lombarde, tra cui Milano, Como, Legnano e Lodi. EÁ
nome di famiglia che le comunitaÁ traevano dalle
zone dove vivevano certi gruppi familiari;
come, ad esempio, i vari nomi di frazione del
tipo Rovello; e inoltre in zona Gazzaniga e
Rova, monte in provincia di Lonato (Brescia).
Si puoÁ poi aggiungere il nome Rovellasca, a 18
chilometri da Como, su un ripiano attraversato
da quel torrente Lura che provoca diverse frane. Questi nomi di luogo, come avverte il Dizionario di toponomastica (1990, p. 557), vanno
confrontati con La Rovella, frazione di Carate
Brianza, con il vicino Rovello e con il nome di
luogo Rovello che indica una zona segnata dall'erosione: altrettanti riflessi del dialettale roa,
rova nel senso di `scoscendimento, frana'.
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``Veduta di Sala sul Lago di Como'', incisione di SalatheÁ
su disegno di G. Elena, dal dipinto di G. Canella, 1845 circa
(Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, Milano).
altrove si hanno tuttora, presso gli anziani, situazioni di ammutolimento della -l-: scaa `scala',
sigaa `cicala', maaa `malata'; presso certi anziani
scala eÁ pronunciata scada (1995).
A estirpare lo iato si introduceva non poche
volte una -d-: come per schivare > scia > nei
dialetti lombardi alpini scidaÂ, schivare, evitare
(Lurati-Pinana, 1983, pp. 55-56, 353). Anche la
sostituzione di -l- con -d- eÁ avvenuta in altri
casi, come per bigolin `arnese per arricciare i
capelli alle signore' che venne trasformato in
bigodin, di uguale significato (da cui l'italiano
`bigodino' e il francese bigoudi (``Vox Romanica'', 47, 1989, pp. 100-102). Anche l'antico milanese guadina `guaina' (BarsegapeÁ, 1358) deve
la sua -d- a una grafia ipercorretta (Rohlfs,
1966, § 340). Sadis rappresentava ± a livello di
usi cancellereschi ± un ablativo plurale, del tipo
Carlo de Sadis, Carlo che appartiene alla famiglia detta *Sada. L'ipotesi va rafforzata con ulteriore documentazione che speriamo di ottenere anche dall'aiuto dei lettori.
Salmoiraghi. Si addensano soprattutto nella
Lombardia centrale e occidentale, e anche nel
Legnanese, dove si riscontrano almeno dal
1534. Notizie storiche in Magistri d'Europa
(1996, p. 37). EÁ un interessante riflesso del toponimo lombardo Salmorago, Sumirago, che
merita attenzione al di laÁ di quanta gli sia stata
sin qui riservata dalla ricerca. Olivieri (1961a,
p. 525) pensa a un riflesso del nome personale
*Sameriacius, che peroÁ eÁ inventato. Nella sostanza, si prendeva il toponimo e lo si riscriveva
in una sorta di ipotetico nome personale.
Sussistendo altri casi, seguiamo invece Olivieri nel reputare il Salm- come posteriore; venne formato per presunta integrazione dei notai
(attraverso Som-, Saum-). Si vedano ricostruzioni lombarde del tipo malta `fango' > mauta >
mota > molta `fango, cemento preparato per
rinfazzare'. Altro caso: latino alteru(m) `altro'
che, con vocalizzazione della -l- diveniva altrum
> autru > otru; se non che successivamente, per
motivi dotti; si ricostruiva e `reimmetteva' la -l-,
sõÁ che si giungeva a oltru, olter `altro'.
Il toponimo Salmoirago, nella scrittura poi
cauti nel parlare di `dizione originaria', come
viene spesso fatto. Certo eÁ che in processo di
tempo doveva consolidarsi la trascrizione Sabajno e Sabaino. Fantasiosa (come ovvio) la notizia
recata in un'anonima Cronaca della famiglia
conservata nell'Archivio parrocchiale di Cuasso
al Monte in cui si dice che ``sembra che la famiglia discendesse dalla famosa famiglia de' Sabini di Roma''.
Tenendo conto del fatto che nelle parlate di
questa zona la -t- diveniva -d- e poi spesso
scompariva, si postula un tipo ricostruito in
*Sabatini, che sta in collegamento con i nomi
di famiglia dati alla voce Sabadini, Sabadoni,
Sabatini (in Lurati, 2000, p. 419), dal diffuso
nome di persona Sabato, che si assegnava spesso a chi nasceva in quel giorno.
Sadis. Anche per questo nome di famiglia si eÁ
piuÁ che mai in attesa di suggerimenti da parte di
lettori e lettrici: in effetti si hanno non poche
difficoltaÁ interpretative con questo cognome
che si incontra in varie comunitaÁ lombarde; almeno dal 1705 (ma il riscontro eÁ ampiamente
retrodatabile) eÁ ben radicato soprattutto in
Brianza. Dopo varie ricerche si eÁ ora tentati di
riconoscervi un'eco del nome di luogo Sala, che
indicava uno stanziamento longobardo. In diversi casi la -l- si attenuava, sõÁ che poteva nascere una forma SaÁis che, in processo di tempo,
poteva ricevere una consonante -d- a estirpare
lo iato. In effetti la variante Sais esiste tuttora a
Como (2002).
Molti sono, nella zona in esame, i cognomi
del tipo Sala: hanno una profonditaÁ di secoli
rifacendosi a un antico stanziamento germanico. Nel loro lungo spostarsi, i longobardi decidevano talora, per necessitaÁ specifiche, di stanziarsi: ora nella Fara (in se dal germanico fahre
`gruppo in movimento'; fahren `muoversi'), ora
nella Sala che significoÁ `residenza', `casa', `parte
della casa'. Indicativo un fatto: che Sadis compaia appunto all'interno dell'ampia area geografica di diffusione di Sala `stanziamento longobardo' e, poi, cognome. CioÁ potrebbe confermare l'idea di sondare la pista di una variante
fonetica; nella zona di Binate, Busto Arsizio e
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manni risiedono per esempio a Sumirago, Albiolo, Lomazzo, Schianno''.
Saronno. Anche Saronno (che pure ha dato
nomi di famiglia: i Saronni) va, in seÂ, italianizzato in Salonne `grandi sale', `grandi stanziamenti
longobardi' (dal longobardo Sala `stanziamento
di un ceppo longobardo'). Da Sala si passava ±
per rotacismo ± a Sara come in molti altri casi.
In -onno siamo insomma in presenza di un'uscita inventata per comoditaÁ dagli antichi estensori
di documenti: un caso di moda toponimica che
si era imposta tra addetti di cancelleria.
Saronni v. Consonni (prima parte).
SolcaÁ. Questo nome che, in origine, risulta in
un unico villaggio ticinese, quello di Coldrerio,
a pochi chilometri da Chiasso sulla strada per
Mendrisio, offre non pochi spunti di metodo. Si
era, in un primo tempo, seguita una pista che
andava nella direzione di un derivato dal latino
sulcus `solco, avvallamento'. Ma, pur con un
ampio spoglio di carte militari italiane e svizzere, non si eÁ trovato alcun toponimo che potesse
render ragione del nome di famiglia.
Si considerino i seguenti fatti: l'isolatezza del
nome; il suo comparire nelle prime trascrizioni
come SorcaÁ, per poi essere rapidamente `elevato
di tono' e venir scritto SolcaÁ. Era un riflesso
dell'intervento dei notai e dei parroci cui sembrava di introdurre un elemento troppo dialettale immettendo sulla pagina anche la -r-; la no-
divenuta usuale, risulta almeno dal 1240: ``de
tota curia Salmoirago et Vengono, [...] de tota
curia Lixe'' (Archivio di Stato di Milano, AD, P,
cart. 317, n. 71; citato da Mambretti, 1988, p.
416). Va immesso nell'analisi SumiraÁgo, nome di
luogo in provincia di Varese, a 392 metri e a 11
chilometri dal capoluogo stesso; anche qui non
si giustifica la pratica di invocare (Olivieri,
1961a, p. 525; Dizionario di toponomastica,
1990, p. 641) un personale *Samerius. Nell'807
il toponimo eÁ trascritto Samoriacus.
Come ipotesi di lavoro, sembroÁ sostenibile in
un primo approccio una ricostruzione della
base del toponimo in SoÃmwald, poi divenuto
*Sommald. Ci si riferisce al nome personale longobardo SoÃmwald, dal germanico som `armonia', che secondo Gamillscheg (1935, 2, p.
104 [IV, p. 33]) ha dato pure origine al toponimo lucchese Somaldi. Ma va tenuta presente la
possibilitaÁ di una fusione di Sala `stanziamento
longobardo' e di Mirago, Mairago, nome germanico. Rimandiamo al tipo Camairago, nome di
luogo a Varese, nei pressi di Sant'Ambrogio,
che puoÁ essere letto come ca(sa) `abitazione'
di Mirago, Mairago. In seguito Samairago, Somairago venne da vari notai trasformato in Salmorago, Salmoirago. CioÁ sembra ricevere una
lieve conferma da una notizia recata da Vismara-Cavanna-Vismara Chiappa (1990, p. 51): ``in
epoca successiva al 774 alcuni personaggi alaLOMBARDIA NORD-OVEST
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``Lago di Varese e Monte Rosa'', litografia su disegno
di G. Elena, da Lombardia pittoresca, cit., vol. II
(Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, Milano).
bilitarono in -l-. Stando cosõÁ le cose si propone
di muovere dal dialettale surcaÁ. Esso, secondo
noi, eÁ da sciogliere in sur caÁ `sopra le case'. In
effetti per secoli, e oggi ancora, i SolcaÁ hanno le
loro case sul poggio che domina le varie abitazioni di Coldrerio; il poggio eÁ tenuto dai SolcaÁ,
appunto surcaÁ, sopra le case, poi scritto in modo
ipercorretto. SolcaÁ eÁ poi anche un esempio del
rapido imporsi, per i cognomi, anche nell'oralitaÁ, del modello colto (italiano).
Per il tipo caÁ rimandiamo a codecaÁ (letteralmente `capo di casa') nome di una famiglia patrizia di San Vittore (in Mesolcina), documentata dal 1531. Per l'esito sur-, sor- `sopra' si veda,
prodotto con lo stesso modo di orientarsi nello
spazio fisico vissuto dalla comunitaÁ, il tipo bleniese Sorgesa (Lurati, 2000, p. 446) che va a una
famiglia che abitava sopra la chiesa. Ulteriori
tipi affini sono Casasopra (a Gentilino, presso
Lugano), Casanova, Canova (passim) ecc. Per
la -l- restituita in modo anetimologico si richiama il citato tipo Malsperoni `cattivi speroni' >
Masperoni e, successivamente, Maspoloni; si aggiunga il caso del nome della chiesa milanese di
San Giorgio Alamanno che, in origine, era di
Arimanno (di uomo dell'esercito, di Herrmann).
Chiarita l'evoluzione, si possono riprodurre
alcune delle `schede' via via approntate. Nel
1605 a Mendrisio un ``Gio. de Violino de Sorcha
sposa Catherina fq. Pietro de la Roccha'': ambedue sono notazioni toponimiche! Un Cristoforo De Sorcate, di Battista, detto il `violino' di
Mendrisio eÁ attivo a Praga nel 1606 (Martinola,
1963, p. 194). Nel 1618 un Giovanni fq. Emanuel Suorcha di Coldrerio sposa una Dorothea
de Nava di Gorla (registri di Balerna): anche
qui due indicazioni toponimiche. Inoltre: ``die
13 suprascripiti nata est filia Francisco Sulcato et
Franciscine coniugibus Villae et die sequent;
baptizata fuit a me subscripto Curato, eiq. impositu fuit nomen Margarita Joanna'' (Libro dei
Battesimi di Coldrerio, 1627; cortese informazione di Carlo SolcaÁ); verso il 1629 Franciscum
filium Mathei Sorcati de Villa (Brentani, 1930,
3, pp. 279-280); De Sorchatis vivono nel 1653 a
Gorla, frazione di Castel San Pietro; de Sorcha
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(1605) a Mendrisio, Suorcha (1618) a Balerna;
de SolchaÁ (1623) a Coldrerio. Colpiva, per i
SolcaÁ, la raritaÁ del cognome: se ne sono cercati
invano riscontri fuori del Mendrisiotto. Ora
questa raritaÁ si chiarisce e appare metodologicamente significativa.
Mario Mascetti comunica poi che un Lorenzo
SolcaÁ, falegname di Ligornetto, eseguõÁ nel 1769
un pulpito per la chiesa parrocchiale di Coldrerio (notizia desunta da Martinola, 1975). Giuseppe SolcaÁ, pittore di Ligornetto, decoroÁ con
finti stucchi e altri ornati nel 1872-73 la chiesa
di Ronago in collaborazione con Francesco Verda di Bissone; mentre le figure furono eseguite
da Antonio Rinaldi di Tremona (Mascetti, 2002,
Ronago, p. 291).
Varese, Varesi. Si accertano qua e laÁ in Lombardia almeno dal Trecento. Dal nome di luogo
Varese, in dialetto Vares. In scritture ecclesiastiche: Varise, (situs castro) Varese, ecclesia Varisiensis (a. 942, 995, 1124), loco Varesio, Varese
(a. 1033). CosõÁ in Olivieri (1961a, p. 563) dal
quale ci distanziamo quanto alla connessione
che afferma sussistere tra voce toponimica e
reperti preistorici: ``Poiche nel territorio di Va28
LOMBARDIA NORD-OVEST
CampaÁla `zona di campi' (Vallemaggia), Pasciallo presso Lugano, Roncallo nella Bergamasca, Bugallo nome di luogo nel Comasco.
Due note: quella della frequenza di ava (dal
latino aqua) in aree lombarde; e in proposito
rimandiamo anche alla ``Rivista Italiana di Onomastica'' (2001, vol. 1, pp. 9-24) e ad alcuni usi
come ava brugaÁ `acqua scottata', `acqua con
poche tracce di caffeÁ', che di recente ci eÁ stato
dato di cogliere al volo a Romagnano Sesia (novembre 2001). A questa base si rifanno pure
toponimi come Val di VareÁ, a Castione (Bergamo), che Olivieri (1961a, p. 563) riconduceva a
un latino Virectum `luogo verdeggiante' che in
realtaÁ eÁ scomparso nel passaggio dalla prima
(1911, n. 9360) alla terza edizione (1935, n.
9360a) del Romanisches etymologisches WoÈrterbuch. Un tipo *Viretum non eÁ stato previsto
neppure nella fondamentale opera del FranzoÈsisches etymologisches WoÈrterbuch (1961, 14, p.
490). Varee compare in molte zone (come a
Varese, Cerro, Lavena ecc.): il fatto di trovarlo
cosõÁ diffuso in aree lombarde che hanno delle
sorgenti depone contro una interpretazione legata al verde. Per le comunitaÁ, e la loro vita, era
ben piuÁ importante l'acqua.
L'altro aspetto da richiamare eÁ il ricorrere di
-ese (dal latino -ensis) in forme come paese aggettivo di pagus: pagense `che appartiene al pagus' poi percepito come un sostantivo: al paes.
Si pensi inoltre al nome di luogo lombardo
come Albese (talora anche Albisio; in documenti del 1220: ``omnes vicini loci de Albixio'').
A quattro chilometri da Milano sorge la localitaÁ di Arese, il cui nome eÁ storicamente legato alla casa automobilistica Alfa Romeo. In
tema Olivieri osserva: ``Arese (Mi), Arexio
(sec. XIII, Lib. Not.) si lascia ricondurre o ad
un derivato con suffisso -ensis dal gentilizio Arrius o anche direttamente al gentilizio Arisius o
arredius. Ne provenne il nome della famiglia
Arese'' (1961a, p. 60). Non viene neppure posto
il problema dei rapporti con il nome di luogo
Varese! E sono toponimi a pochi chilometri di
distanza. Ci sembra necessario riflettere sulla
vicinanza e sulla (almeno apparente) affinitaÁ
rese abbondano le tracce di abitazioni preistoriche (stazioni palafitticole), si puoÁ forse vedere
con una certa probabilitaÁ, in Varese, un nome
preromano''. In Italia, Svizzera, Francia esistono molte zone che conservano resti palafitticoli
e che pure recano un nome non antico: ad
esempio Schaffhausen, nella Svizzera orientale,
che ha resti archeologici preromani, ma che
pure deriva il suo nome dal tedesco (`case
dove si lavora, fabbriche': mosse dalla forza
motrice del Reno). Non si puoÁ stabilire un rapporto troppo semplice e immediato tra archeologia e toponimia.
Riscontri del tipo situs castro Varese mostrano che si eÁ, in origine, di fronte a una formulazione aggettivale: la zona che ha la caratteristica di essere vicina all'acqua. In questo senso
risolviamo il tipo var-. Si aveva: latino aqua >
ava > avaÁla `relativo all'acqua' con rotacismo
avara > vara, poi, con -ese, Varese `relativo
all'acqua': un comprensibile richiamarsi della
popolazione all'esperienza della molta presenza di acqua e laghi a Varese. Per -ale (poi -ala)
si vedano Vacallo, letteralmente Vaccale `relativo alle vacche', Novale `nuova piantagione',
LOMBARDIA NORD-OVEST
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ambiti italiani) dalla zona di provenienza. CioÁ eÁ
altresõÁ avvenuto nel caso dei nuclei ebraici che
da Vigevano (che ebbe una forte comunitaÁ
ebraica) si spostarono a Milano e anche in altre
localitaÁ. Su nuclei chiamati de Vigevano ampie
notizie sono assicurate da Colombo, ne Il medico aulico Guido da Vigevano e la sua famiglia
(1928). In chiave etimologica, si eÁ ricondotti al
notevole toponimo Vigevano, la localitaÁ nella
Lomellina su cui fornisce molti approfondimenti Adriano Cavanna, in Fara, Sala, Arimannia nella storia di un vico longobardo (1967).
Vigevano compare in numerose carte medievali
come Vico Gebuin, in altre quale Vico Gepuli.
tra Varese e Arese (rimandiamo a quanto detto
poco piuÁ sopra per Melegnano e Legnano).
Si tengano presenti voci come vott `otto', vuÈn
`uno', valza `alzare' con v- anetimologica; sulla
questione si veda inoltre Rohlfs (1966, § 341); il
che obbliga a immettere nella discussione anche
il toponimo Arese. L'oscillazione del tipo : v-/ùsi ha anche in toponimi come Verno/Erno; Vanzone (in Piemonte)/Anzone ecc. L'oscillazione
poteva prendere spunto una volta da forme
con v-, un'altra dalle forme con ù-.
Si vuol segnalare l'utilitaÁ di scritti precedenti
come quello di Carlo Massimo Rota, Origini del
significato del nome Varese e dintorni (1936, p.
99; un'altra edizione eÁ del 1937). Dal canto suo
Bertolone (1939) indicava che il toponimo Varese, dalla base ligure Var-, eÁ un nome presumibilmente ligure: ma anche il FranzoÈsisches etymologisches WoÈrterbuch (1961, 14, p. 170 e sg.)
stacca i nomi di luogo Varallo, Varasso dal presunto gallico *war `Wasser, Regen', ossia `acqua,
pioggia'.
Anche per Varese si rilevano (come nel caso
di SolcaÁ) scritture ipercorrette, con restituzione
di -l- al posto di -r-: di Petrus de Valese, ossia
Pietro di Varese, parla un documento di Como
del 1270 (``Bollettino storico della Svizzera italiana'', 26, 1904, pp. 137, 138). Nel 1490 si
registra Vallesium oppidum (``Archivio Storico
Ticinese'', 21, 1980, pp. 238-239). Si segnala
inoltre il nome di luogo (maschile) il Varese,
zona in Liguria a nord-est della Val Graveglia.
Tuttora nota ± presso anziani ± nella Lombardia occidentale la filastrocca della ``Madonna da
Vares che la cuÈntava fin al des...'' e che serviva
da conta, mentre oggi sono scomparsi motti del
tipo andaÁ a VareÂs `decadere in qualunque aspetto, spiantarsi', scarp andaa de Vares `scarpe che
non ne possono piuÁ', evocati da Cherubini
(1843, 4, p. 476, alla voce VareÂs).
Vigevani. Servono qui a richiamare un ulteriore aspetto che, sebbene in modo non ampio,
pure, tocca la storia dei cognomi italiani. La
pratica, cioeÁ, per cui agli ebrei fu a lungo assegnato il solo nome di persona. Quando poi si
spostavano, li si designava spesso (non solo in
2/2003
I cognomi focalizzati in queste pagine non
sono molti. Ma ci ripromettiamo di continuare
con analisi dedicate a cognomi del Varesotto e
del Legnanese. Molto resta da fare, sõÁ che caldo
eÁ l'invito a collaborare rivolto a tutti e tutte
coloro che dovessero prendere conoscenza di
queste pagine. I cognomi e i toponimi sono un
bene culturale quanto mai significativo, caratterizzato dalla coralitaÁ, dalla condivisione: eÁ un
bene comune a tutti, non limitato a poche persone o ad alcuni specialisti. La storia dei nomi di
luogo e dei cognomi eÁ, insomma, una fascinosa
tessera della storia delle nostre comunitaÁ.
Ringrazio cordialmente Patrizia Albe che ha preparato
redazionalmente il testo e con grande gusto ha scelto
l'iconografia della prima e seconda parte del contributo.
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LOMBARDIA NORD-OVEST
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