COGNOMI E TOPONIMI DI LOMBARDIA (seconda parte)
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COGNOMI E TOPONIMI DI LOMBARDIA (seconda parte)
studi e ricerche U COGNOMI E TOPONIMI DI LOMBARDIA * n fatto colpisce appena si scavi nella storia dei nomi della gente: l'ampiezza di rapporti culturali e di coinvolgimenti che essi comportano, legandosi nei modi piuÁ diversi e affascinanti alle vicende delle comunitaÁ. Approccio quanto mai interdisciplinare, quello dell'onomastica, che va ricca di molteplici motivi d'interesse: linguistici, storici, antropologici, geografici, ecologici. In un primo contributo (apparso nello scorso numero della Rivista) abbiamo avanzato alcune risposte che, in chiave lombarda, offre la nuova ricerca onomastica e toponomastica. Continuiamo ora l'analisi con altre nuove proposte, sempre nell'intento di vedere come abbiano letto la natura e la realtaÁ sociale le nostre comunitaÁ. Imporre il nome, in effetti, eÁ un atto di appropriazione del mondo. Ma bando alle teorie, veniamo ora a casi specifici. Il campo dell'onomastica e della toponomastica si rivela particolarmente vasto e complesso, come danno conto le note storico-metodologiche della prima parte del contributo e la ricca casistica dei nomi di famiglia presentati: la varietaÁ e l'ampiezza delle loro origini etimologiche dimostra infatti il profondo, ma spesso ignorato, legame che salda la storia dei cognomi alla storia Lampugnani. EÁ uno dei piuÁ significativi nomi di famiglia delle zone lombarde centrali e occidentali. Un Rogerius qui dicitur de Lampugnano figura tra i consoli di Milano nel 1197 (Rovelli, 1794, 2, p. 370). A Milano erano una famiglia potente; insieme con i Trivulzio, i Cotta e i Bossi furono i principali fautori della Repubblica Ambrosiana dopo la morte di Filippo Maria Visconti nel 1447. Sono tuttora numerosi, sia a Milano che nei dintorni. Di persone con questo nome di famiglia vanno ricche anche Novara e Gallarate, cosõÁ come la zona che da Milano si estende verso Novara. A Legnano spiegano: ``Lampugnani eÁ il nome del legnanese tipico'' (settembre 2001). In questa localitaÁ si ricordano in particolare le dinamiche famiglie del Cinquecento, che espressero tra l'altro tre prestigiosi pittori. Molti i Lampugnani anche nella Lomellina. Si segnala inoltre, nel Novarese, la localitaÁ che porta il nome di Mistura Lampugnani. Per la ricca famiglia dei Lampugnani che viveva a Sorengo, presso Lugano, rimandiamo tra l'altro ad Agliati-Radaelli (1978, pp. 314, 584), che danno notizia dell'operositaÁ di Virgilio Lampugnani. La domanda che viene posta da non pochi milanesi puoÁ essere evasa nel senso che LOMBARDIA NORD-OVEST delle comunitaÁ e delle loro terre. Ottavio Lurati * Seconda parte. La prima parte eÁ pubblicata in ``Lombardia Nord-Ovest'', n. 1, gennaio-aprile 2003, pp. 9-31. 9 2/2003 Lampugnano come nome di luogo a Milano (anche stazione della metropolitana) non dipende dal nome di famiglia, bensõÁ eÁ in rapporto con il nome di luogo del tipo Ampugnano che si incontra qua e laÁ nell'Italia superiore e che costituiva una denominazione prediale, designava cioeÁ dei possedimenti appartenenti a un proprietario di nome Apponius (Serra, 1958, 2, p. 39). Dal toponimo di provenienza, poi, eÁ derivato il nome delle varie famiglie. Landriani. Si documentano almeno dal 1140, mentre il toponimo, di cui diremo piuÁ sotto, risulta, allo stato attuale degli accertamenti, dal 1028. Un Guifredus de Landriano eÁ citato come console di Milano giaÁ dal 1140; mentre Amizo de Landriano eÁ console di giustizia milanese nel 1196 (Archivio Storico Civico in Archivio di Stato di Como; Rovelli, 2, p. 364). Oltre a Gerardo Landriani, fu vescovo di Como, come immediato successore, Bernardo Landriani (1446-1451) negli anni della Repubblica Ambrosiana (1447-1450). Si richiama la figura di Gerardo Landriani o da Landriano che, per pietaÁ e ampia cultura, divenne vescovo di Lodi. Nel primo Quattrocento Filippo Maria Visconti sforzandosi di ricostruire lo Stato milanese, si affidoÁ in misura ragguardevole anche all'abilitaÁ del prelato Landriani, che pose a capo di un'ambasceria presso papa Eugenio IV. Il pontefice, che ne apprezzava l'equilibrio e la vasta cultura, lo nominoÁ nel 1437 vescovo di Como, incaricandolo nel contempo di collaborare alla ristrutturazione della Chiesa universale, che presentava non poche incrinature, conseguenti tra l'altro allo scisma d'Oriente. Il Concilio di Basilea (1431) aveva mostrato il sussistere di forti correnti antipapali e anticuriali tra non pochi vescovi tedeschi; il papa che l'aveva sciolto, lo riconvocoÁ prima a Ferrara poi a Firenze. Qui Gerardo da Landriano ebbe a svolgere un ruolo assai significativo, intervenendo piuÁ volte, apprezzato per misura e pacatezza. Anche a Como fu un vescovo pacificatore: riuscõÁ in particolare a mediare tra i Rusconi e i Vitani, che da decenni erano in duro contrasto, e pose fine alle lotte Da tempo abbiamo avviato un lavoro storico-etimologico sui cognomi lombardi: la scadenza eÁ prevista per l'autunno 2004. E-mail: [email protected]. Indirizzo: Romanisches Seminar, UniversitaÁ di Basilea, Stapfelberg 7-9, 4051 Basilea. Indirizzo in Ticino: 6926 Monta- gnola. Partecipano al progetto il professor dottor Mario Mascetti, noto studioso lombardo (via Repubblica 48, 22077 Olgiate Comasco; e-mail: [email protected]) e il dottor Elwys de Stefani, primo assistente all'UniversitaÁ di Basilea (e-mail: [email protected]). 2/2003 10 LOMBARDIA NORD-OVEST ``Il Porto di Lecco'', fotoincisione meccanica da un disegno di Q. Michetti, in ``L'Illustrazione italiana'', a. XI, n. 26, 29 giugno 1884. scontra in parecchie localitaÁ lombarde. Si veda anche Tuvee, nome di luogo a Torno, presso Como, e la localitaÁ di Tuf (italianizzata in Tovo) a Mornaga, frazione di Toscolano. La tuvada era, letteralmente, la `tufata', la zona dove affiorava e si cavava il tufo. In proposito si pensi anche al nome di famiglia Del Tufo che si trova oggi qua e laÁ nel Milanese e anche nel Luganese. Lavizzari. Sono tra le piuÁ antiche e cospicue famiglie lombarde; attestati a Como almeno dal 14 settembre 1206 con Petro LavicËario de Cumis (Brentani, 1930, 2, p. 34). Altri ceppi vivono in varie comunitaÁ della zona comasca e della Lombardia, cosõÁ come, dal Comasco, un ceppo di Lavizzari passeraÁ pure a Mendrisio. Un riscontro relativo al 1269 permette di citare un dominus GuillicËolis Lavizarius (Brentani, 1954, 4, p. 25). Numerosi, nei secoli, i Lavizzari impegnati nelle piuÁ diverse mansioni, tra cui, ad esempio in Valtellina, anche quella legata all'origine del nome. EÁ, come in parecchi altri casi, un nome di attivitaÁ: letteralmente laveggiari, nel senso che lavoravano la pietra ollare per cavarne dei laveggi; la forma eÁ ricostruibile in un *lapidiariu, a sua volta un esito, nell'oralitaÁ, del latino lapis, lapidis `pietra'. Ma, in realtaÁ, il composto venne creato sul dialettale lavesg `laveggio', scritto come lavezzo. Oggi dei Lavizzari sono attivi nella comunitaÁ di Mazza, presso Sondrio. Vari importanti personaggi delle famiglie dei Lavizzari operarono, attraverso i secoli, nel notariato, nella farmacia, nell'arte, nell'industria, nella politica, nella scienza. Lecco, Lecchi. Il nome di luogo, ora capoluogo di provincia, eÁ noto almeno dal 854: Leoquo. Il cognome eÁ ben diffuso in tutta la Brianza e nel Comasco, poi, almeno dal 1730, anche nel Milanese. Nel 1403 viene registrato un ser Lumbardus de Leucho, notaio di Como. Il toponimo Lecco, come noto, viene di regola indicato quale riflesso di un termine di matrice celtica, da *leukos `splendente' (un richiamo al lago e al suo mandar bagliori). Ma sono quanto mai rari i toponimi che i parlanti abbiano coniato sulla base di un'emozione estetica o con carattere intestine, suggellando una pace che passeraÁ nella cronaca con il nome di `pace di santa Lucia' (1439). Nominato cardinale, volle essere chiamato `il cardinale di Como'. MorõÁ nel giugno 1445 a Viterbo, nel corso di una delle sue numerose missioni. Sul vescovo Gerardo Landriani si veda anche Pometta (1977, 1, p. 61). Vari sono poi i Landriani che si distinsero per un verso o l'altro. Su Vincenzo De Landriani interessanti documenti in Magistri d'Europa (1996, p. 499). Venendo a periodi piuÁ vicini a noi, merita almeno una segnalazione la aperta figura di Camillo Landriani che nell'Ottocento fondoÁ uno dei primi istituti di formazione commerciale per giovani in Ticino; oggi eÁ l'Istituto Elvetico, ma i luganesi continuano (2002) a chiamarlo `Landriani'. PiuÁ ampi ragguagli su questa esperienza, ricca di modernitaÁ nel suo rispondere ai bisogni commerciali della societaÁ del tempo, sono contenuti in Agliati-Radaelli (1978, pp. 176, 465, 578). Quanto al nome di famiglia, si tratta di una designazione dalla provenienza, nel caso specifico da Landriano, la localitaÁ sul Lambro. Il toponimo viene ricondotto da Olivieri (1961a, p. 290) a un supposto nome personale Andriano: uno scarno articolo di due righe. Il toponimo risulta anche nel 1213: ``Interfuerunt ibi dominus Cantelinus de Landriano de Mediolano'' (Meyer, 1977, p. 268). LattuaÁda. Risultano pure in Lombardia, dove si assodano almeno dal Trecento; si aggiunga un esempio relativo all'11 febbraio 1608, quando veniva steso un atto rogato da Giovan Battista Vitale, in cui si creava un legato di Alessandro Lattuada per la distribuzione, per nove anni, di 800 lire agli infermi (``Archivio Storico Lombardo'', 117, 1991, p. 71). Significativo l'accenno a don Peter Lattuada in Porta (1975, p. 120). Quanto al motivo del nome eÁ esiguo Caracausi (1993, 1, p. 842): ``Lattuada cg. CT (anche NA); cfr. Id. frequente a Milano. Per CognIt 316 eÁ forma di participio dialettale in -aÁda per -aÁta''. Da parte nostra incliniamo a riconoscervi il riflesso del nome di luogo la tuada, la zona dove si cava il tufo; il dialettale tuÈf, tuÈv `tufo' si riLOMBARDIA NORD-OVEST 11 2/2003 ``Barche nel Porto di Lecco'', fotoincisione meccanica da un disegno di Q. Michetti, in ``L'Illustrazione italiana'', a. XI, n. 37, 14 settembre 1884. di Lego, sopra Locarno, nome che va ricostruito in `i monti del loco, del podere, del luogo per antonomasia'. Una delle pratiche scrittorie medievali delle zone lombarde eÁ poi quella di segnare un suono turbato mediante eu, eo: eÁ il caso di Locarno `relativo al luogo, al capoluogo' che venne a lungo scritto Leocarno, Leucarni. La stessa pratica di segnare il suono turbato si ebbe per Lecco, che venne a lungo trascritto Leuco: cioÁ che doveva poi, in regime positivistico, indurre a postulare una fittizia parentela con voci celtiche ecc. In realtaÁ, si trattava non di un suono, bensõÁ di una mera grafia. Maggiori ragguagli in Lurati (2003, in corso di stampa). La nostra nuova lettura regge se locus fosse diffuso in zona e cade se locus fosse in passato ignorato nella zona in esame. Ebbene, sono quanto mai numerosi i documenti di periodi medievali (e successivi) in cui il capoluogo eÁ indicato come locus. SõÁ che sarebbe stato sorprendente che di esso non esistessero degli esiti toponimici. Riflessi di locus/locum anche se male interpretati o raramente registrati dai manuali correnti sono del tipo Locana, centro della valle dell'Orco, localitaÁ piemontese che apparteneva ai Valpurga che vi avevano la loro amministrazione, Locate di Triulzi, che fu il centro amministrativo nel Basso Milanese, Locate Varesino, Locatello ecc. Per essi appare vano postulare un lucus `bosco' o un *leuk `splendente'. Resta che il nome di Lecco veniva dato dalla gente del contado al capoluogo: nemm a leÁcch equivaleva non a `andiamo dalla splendente o scintillante', bensõÁ a `andiamo al capoluogo'. Legnano, Legnani. Nella Lombardia occidentale (e giaÁ quanto meno dal primo Quattrocento: 1412) vivono numerose famiglie con questo nome, che scaturisce dal toponimo Legnano e da un'interessante percezione dello stato naturale del territorio. Divergendo da interpretazioni correnti, proponiamo in effetti di riconoscere nel nome il commento della gente dei secoli medievali (per lo meno dal 1000 in avanti) che giudicavano queste terre paludose impressionistico, come nel caso specifico sarebbe il preteso riferirsi al luccichio dell'acqua. Si propone, invece, una duplice riflessione. Quello di Lecco fu (e viene tuttora) sentito e vissuto dalla popolazione della zona come il centro del contado, come il capoluogo cui ci si riferiva per le necessitaÁ correnti e per quelle ufficiali, civili e religiose. CioÁ rende ben piuÁ probabile una derivazione dal latino/romanzo locus `centro di una zona, capoluogo', `abitato maggiore che sta in un certo territorio'. Il passaggio della -o accentata a -e interessoÁ, in effetti, anche gran parte della Lombardia, per cui esiti come fegh `fuoco', ecc `occhio' erano correnti. Di simile passaggio si hanno tuttora echi in parole di cui i parlanti non riconoscevano piuÁ il punto di partenza e che vennero mantenuti intatti. Si pensi al caso di piecc pulõÂn, piesc pulin `pidocchi di polli' (Lecco, Como, Mendrisiotto), che, non piuÁ capito, venne mantenuto tale e quale: non vi venne ricostruita e reintrodotta la -o-, come accadde invece per fegh che, sull'onda dell'adattamento del dialetto lombardo all'italiano, venne ripronunciato foÈgh ecc. Del resto esiti del latino locus che mantengono tuttora ± in aree discoste ± la loro veste antica si hanno ad esempio in Lech, Legh, nome di luogo a pochi passi dalla chiesa di Morbio Superiore, in Legh `luogo, capoluogo della valle Onsernone', in italiano oggi `Loco' e in monti 2/2003 12 LOMBARDIA NORD-OVEST cia, De Sabbata, De Jacolutta. CioÁ scaturiva dalle circostanze concrete del vivere, in cui, sulla piazza, i figli che correvano, bisticciavano e interagivano con gli altri ragazzi, erano visti come figli di una certa mamma. Il marito era spesso assente impegnato nei campi, all'alpeggio, o emigrato: sõÁ che la madre era allora il vero capo della famiglia. Cognome di origine femminile e di non trascurabile diffusione lombarda eÁ ad esempio Osenda. Oggi esso eÁ assodabile a Milano, a Novara, a Chiavenna, a Como: eÁ da confrontare con il nome di famiglia ligure Ozenda, presente ad esempio a Seborga. Dall'omonimo nome di persona femminile su cui scrive De Felice (1980, tav. C), rimandiamo a Lurati (2000, pp. 52-54). Di ambiti lombardi e, in parte, anche piemontesi eÁ Leydi, Leidi, che, sin qui, si ritrova dal 1485. Talora si riscontra anche trascritto nella variante grafica De Leidi, in particolare nella Bresciana. Un Magninus de Valmadia fq. Deleydi de Lanfranco de Valmadia (Valmaggia) eÁ documentabile per la prima metaÁ del Duecento. Tale Arigucius f. de Laydi eÁ attivo a San Vittore (Grigioni) nel 1344 (Huber, 1986, 3, t. 1, p. 143). In un documento valmaggese del 1393 risultano dei nomi personali come Delaydus Jacobi e Delaydi Ablatici de Cavergno (Signorelli, 1972, p. 383). Siamo dinanzi all'esito orale del nome femminile bimembre Adelaide, composto dalle voci germaniche athal `nobile' e heit `modo, contegno, essenza'. Il nome fu assai frequente in periodi medievali, forse anche per imitazione: era, come noto, portato anche dalla moglie dell'imperatore Ottone I (931-999). Come fatto di costume (la volontaÁ di spiegarsi il proprio nome) si aggiunga che certe persone che portano il nome Leydi affermano (settembre 2001) che i Leydi della Val Strona provengono in origine dai Grigioni. Il dato, sin qui non accertato, eÁ interessante come sforzo interpretativo. Lesnini. Evochiamo qui questo nome di famiglia verzaschese (sopra Locarno) perche ha un interesse di metodo: in effetti, esso non eÁ equiparabile ai Cesel(l)in di area veneta che si come maligne donde, con -anu, Malignano, Melegnano e poi, con caduta della prima sillaba, Legnano, il comune ora a 15 chilometri a nord di Milano. Si trattava, un tempo, di terre paludose, difficili da lavorare, maligne appunto, insidiate dalla malaria, sõÁ che il nome eÁ ben comprensibile. Non a caso, a piuÁ riprese, nella zona che si estendeva attorno a Milano vennero intraprese importanti opere di risanamento territoriale. Nel primo Ottocento Legnano doveva essere coinvolta in una prodigiosa attivitaÁ legata al protoindustrialismo prima, alla vera e propria industria poi, sõÁ che la coscienza del perche del toponimo andava persa. Superfluo, poi, stare ad avvertire che, in parecchi casi, nell'atto del trascriverli, le cancellerie `ricostruivano' in certa misura i nomi dei luoghi; cioÁ eÁ avvenuto anche per Lecco appeno citato e per talune scrizioni e ricostruzioni del tipo Ledegnanum. Ma l'interpretazione `ecologica' eÁ sostenuta anche dall'esistere di un parallelo come Melegnan, terre maligne. Quasi superfluo ricordare infine come cada sempre piuÁ in disuso il calembour geografico anda a Legnan o a ca Legnana per `andare a buscarsi una scarica di legnate'. Leidi, Leydi, Oliva, Osenda. Un tratto interessante che emerge dalle analisi svolte sin qui eÁ la frequenza di cognomi lombardi attuali che riflettono antichi nomi di donna. I matronimici, non poche volte trascurati da certi studi di onomastica, hanno insomma nelle nostre zone una loro significativa presenza. L'impressione ± allo stato attuale delle verifiche ± eÁ che essi abbiano avuto un impatto specialmente nelle valli alpine, mentre il loro riflesso appare piuÁ ridotto nelle pianure. Emma, ad esempio, eÁ soprattutto di ambito alpino (Bleniese, Svizzera italiana), mentre Oliva si ritrova in non poche localitaÁ lombarde. Il non esiguo apparire di nomi di famiglia desunti da nomi di donna (prova della incisivitaÁ di molte donne nelle famiglie di un tempo) non si limita alla Lombardia. Ricordiamo, a mo' d'esempio, il Friuli, dove molte famiglie recano il nome che venne costruito sulla madre: De LuLOMBARDIA NORD-OVEST 13 2/2003 Assai utili le notizie storiche dovute alla cortese collaborazione di Mario Mascetti: un Arialdus de Lucino eÁ delegato di Como presso Federico Barbarossa a Torino nel 1178 ed eÁ console nel 1201; nel 1189-90 compare console: Atto de Lucino (Rovelli, 1803, 4, Documenti d'appendice, e documenti dell'Archivio Storico Comunale in Archivio di Stato di Como). L'importante famiglia di Como aveva radici e corposi beni a Olgiate Comasco, giaÁ documentati dal XIV secolo (Archivio di Stato di Como, Fondo Ex Museo). Nel 1466 Francescolo Lucini, maestro di scuola, e suo fratello Franzio, cittadini di Como e abitanti a Olgiate, ottennero dal duca di Milano la cittadinanza milanese. Nel corso del Cinquecento Gian Battista, del fu Cristoforo, detto Cato, di Olgiate, sposando Barbara Passalacqua, daÁ origine al ramo dei Lucini-Passalacqua. Loro figlio era il canonico Quintiliano, che fu il committente del Morazzone per i dipinti in Cattedrale. Per vie matrimoniali i vari discendenti si imparentarono con gli Odescalchi, gli Albricci, i Perlasca, i Brentano Monticelli, i Cusani, i Calderari e i Borromeo d'Adda, i Porro, i Parravicini. Un ceppo dei Lucini radicoÁ anche a Cagno, da dove provenivano Battista e Camillo Lucini, mastri falegnami che nel 1620 eseguirono gli stalli intagliati del coro nel Duomo di Como. Va ricordato tra i letterati attivi tra Ottocento e Novecento Gian Pietro Lucini (1867-1914), che passoÁ dal dannunzianesimo al futurismo, al simbolismo ermetico. Luini. Dalle famiglie che portano questo antico cognome, riscontrato almeno dal Trecento, vennero molte figure di rilievo per la vita comunitaria e culturale. Appena necessario richiamare il milanese Bernardino Luini, che come pittore eÁ attivo tra il 1510 e il 1531. Gli si devono numerosi cicli di affreschi, come quelli provenienti dalla villa della Pelucca, presso Monza, e da Santa Maria della Pace a Milano (entrambi alla Pinacoteca di Brera), la Crocifissione e le Storie della Passione di Lugano (in Santa Maria degli Angeli) e l'affresco di casa Landriani a Milano (ora al Castello Sforzesco). sono citati, nella prima parte, sotto Cislaghi. In genere, nell'assegnare un soprannome (poi, in non pochi casi, divenuto cognome) la gente si affidava globalmente all'arnese che lo specifico artigiano fabbricava e/o che metteva in vendita. Non designava da arnesi settoriali, minuti, interni all'artigianato stesso. Quello dei Lesini (da lesina, lesna, arnese sottile del calzolaio per far buchi nella tomaia) sembra apparentemente contestare questa indicazione di fondo. Ma cioÁ non si verifica nei fatti, giacche gli atteggiamenti denominatori erano ben diversi. Nel caso di Crivelli, Catenazzi ecc. si dava un nome descrittivo: si indicava la funzione; tendenzialmente, un nome `obiettivo'. Invece, Lesnini era mosso da una carica emotiva, dall'ironia o, comunque, dallo scherzo: si voleva insistere sulla magrezza della persona, che era sottile come una lesina (paralleli in Lurati, 2001, alla voce lesina). Restano i due diversi atteggiamenti designativi e, di riflesso, il diverso modo di procurarsi elementi linguistici per commentare la realtaÁ. Lucini. Questo antico (XIII secolo) cognome venne portato da ceppi feudali che svolsero molte funzioni nell'ambito della comunitaÁ comasca; tra l'altro furono spesso incaricati di rappresentare il vescovo di Como in questioni feudali e amministrative. Dal punto di vista linguistico, eÁ, ovviamente, da connettere al toponimo Lucino, in dialetto LuÈscin, localitaÁ presso Como, letteralmente `piccolo bosco'. Nonostante certe attuali ricorrenti affermazioni in contrario, eÁ il toponimo che risulta innescato all'uso in funzione cognominale e non viceversa. Non sono pochi i nomi di luogo in Lombardia e nell'Italia in genere che si accostano a Lucino; da luÈsc, antica forma dialettale per `bosco', a sua volta da un ipotetico *luceu(m) del latino spontaneo, latino classico lucus `bosco'; dalla medesima base (da lucanus `relativo al bosco') anche i vari LuÈgan che si hanno nel Comasco, in Val d'Intelvi e sul Ceresio. Quanto allo specifico Lucino della zona di Como, esso, come toponimo, eÁ quanto meno attestabile dal 1189 (Brentani, 1929, 1, p. 25). 2/2003 14 LOMBARDIA NORD-OVEST ``Lago di Lugano (ponte di Tresa)'', litografia su disegno di G. Elena, da Lombardia pittoresca o Disegni di cioÁ che la Lombardia chiude di piuÁ interessante per le arti la storia la natura levati dal vero da Giuseppe Elena, vol. I, Milano, Ant.ë Fortunato Stella e Figli, 1836 (Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, Milano). LumõÁna. Dei Lumina si riscontrano oggi a Milano, nel Novarese e in varie altre localitaÁ lombarde; ma sono soprattutto radicati, almeno dal tardo Quattrocento, in territori bergamaschi cosõÁ come, ad esempio, nel Bormino. I rilievi si susseguono nel tempo, compresa la presenza di vari Lumina (emigrati da Bergamo) attivi a Venezia. CosõÁ, il volume sulla Liberazione di Venezia, insieme con il voto fatto dalli Signori Veneziani di una chiesa dedicata al Sommo nostro Redentore (Bologna, per Alessandro Benacci, 1577), eÁ opera stesa da Muzio Lumina, di origine bergamasca, e riferisce della liberazione di Venezia dal contagio della peste. Oggi, nell'uso dialettale, a Bergamo e dintorni, un tale di nome Lumina viene detto, dagli Per menzionare certe persone, si richiamavano un tempo le localitaÁ da cui provenivano. Nel caso specifico, citavano il tipo Luino, a sua volta dal dialettale luÈina `scoscendimento', plurale i luÈinn, sopravvivenza nelle parlate del latino labi `scivolare, non reggere'. Sono molti, nell'antica Lombardia, i nomi di luogo che suonavano luÈina al singolare, luÈinn al plurale; oggi si ritrovano soprattutto in zone montane. Una variante fonetica (con v) e grafica eÁ costituita dai Luvini che sono un'antica famiglia patrizia di Lugano e di Pura, nel Malcantone, non lontano da Luino, sul lago Maggiore. Ci si distanzia dal pur fondamentale volume di De Felice (1978, p. 155) che connetteva questi nomi di famiglia al cognomen latino Lupus. LOMBARDIA NORD-OVEST 15 2/2003 re', cremonese loÂmina `nomina, opinione buona o cattiva che qualcuno gode presso gli altri'. In questa tendenza rientravano anche i BonanoÂmina, che divennero BonalomõÁna, BonalumõÁna. In seÂ, eÁ l'esito del nome medievale Buon nome, che i genitori assegnavano al neonato affinche nel corso della vita fosse sempre onesto e godesse di una buona nomina. Lunardi. Il nome affiora da secoli (almeno dal 1098) anche in varie localitaÁ lombarde, venete e liguri. A Como si hanno dei Lunardi almeno dal 1315. Viene citato a proposito della componente longobarda che ha inciso su molti nomi di famiglia italiani, in particolare settentrionali. Si tratta della variante (appunto settentrionale) del nome che in area toscana si presenta nella veste di Leonardi, in se un nome anziani, ol LoÈmeÂn, al femminile: la LoÈmeÂna. Almeno dal 1920 si hanno dei Lumina anche a Pavia, dal 1975 circa alcuni ceppi sono presenti a Roma, Firenze, Pescara e in Svizzera (Zurigo e Basilea). Quanto all'origine, vi riconosceremo un antico nome augurale, quello di BonalumõÁna, da Bonalume, Bonalumi `buon nome', cognome che pure esisteva e che poi venne privato delle prime sillabe; di qui, appunto, i Lumina (Lurati, 2000, pp. 47-51). Nelle antiche parlate bergamasche, il termine nome era un tempo usato al femminile. In queste parlate era poi forte la propensione al passaggio di n- in l-; cioÁ, soprattutto per dissimilazione in presenza di altre nasali: bergamasco loÈminaÁ `nominare', tribulina `piccola cappella', letteralmente `piccola tribuna', bresciano lombraÁ `numerare, conta2/2003 16 LOMBARDIA NORD-OVEST A fronte e in questa pagina: ``Veduta di Luino sul Lago Maggiore'' e ``Veduta di Mandello sul Lago di Lecco'', acquetinte di Carolina Lose su disegni di Federico Lose, da Viaggio Pittorico e Storico ai tre Laghi Maggiore di Lugano e Como col corso del Fiume Adda e Ticino, Milano, Francesco Bernucca, 1820 circa (Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, Milano). sonale Amandus, Amanda nelle numerose fonti onomastiche lombarde che si sono consultate; b. l'esistenza di vari nomi di luogo che suonano Mandello e che compaiono sia nella zona di Ospedaletto Lodigiano (Milano) sia nel Novarese; possibile che derivino tutti da un ipotetico nome?; c. l'affiorare (seppur in modo non compatto) della voce tra il Comasco (Lario), il Milanese, il Veronese e la zona di Novara mette in risalto la fragilitaÁ di simili ricorsi formali: eÁ troppo facile richiamarsi a dei nomi personali, che sono peroÁ privi di radicamento. Si propone, per vari luoghi di nome Mandello, che erano ubicati in zone militarmente significative, una pertinenza con il germanico harimann come venivano indicati i soldati (Herrmann) stanziati a controllare confini, vie d'ac- doppio, da una tradizione longobarda dal significato di `forte come un leone', germanico *lewo `leone' e *hardhu `duro, valoroso'. Mandello, Mandelli. Almeno dal 1211 si hanno delle persone designate quali de Mandello, originarie di Mandello, l'antico nucleo abitato sul Lario che giaÁ all'inizio del XII secolo fu libero comune e a piuÁ riprese ebbe a riaffermare la propria indipendenza. LocalitaÁ nota in gran parte dell'Europa occidentale per le sue industrie, in particolare per la Guzzi. L'antichitaÁ del nome di luogo (769: Mandello; poi, XIII secolo: plebe Mandello) e altre considerazioni fanno escludere la corrente interpretazione da un presunto nome di persona Amandello, da Amandus. Contro simili `scappatoie' depongono diversi fatti, tra cui: a. la scarsitaÁ di un nome perLOMBARDIA NORD-OVEST 17 2/2003 sgg.) Da qui, poi, il nome passava alla localitaÁ dove erano insediati. Un'ulteriore osservazione: sono stati numerosi i nomi di funzione longobarda che hanno dato nomi di luogo e di famiglie (Pellegrini, 1990, pp. 272-276) e si tengano presenti casi come Magni da Waldmann (Lurati, 2000, pp. 309-310) e come Scaldasole, da sculdascio `amministratore'. EÁ mai possibile che la ben piuÁ importante funzione dell'arimannia non dovesse lasciare una traccia piuÁ marcata? Ora questa `incongruenza' sembra colmata. Quanto a Mandello Vitta (in cui venne immesso il nome dell'importante famiglia locale dei Vitta), eÁ localitaÁ a sinistra del fiume Sesia, 15 chilometri a ovest di Novara. L'ipotesi di lettura che qui si avanza trova una conferma anche nel fatto che Mandello (poi Mandello Vitta) fu importante nucleo longobardo, come confermano vari reperti longobardi. In proposito Cavanna (1967, p. 213) osserva: ``Anche il territorio che, una quindicina di chilometri a nordovest di Novara, eÁ posto a cavaliere del fiume Sesia, puoÁ rivelare qualcosa. [...] A mezzo tra Casaleggio e Barengo, al di qui del fiume Sesia, giacciono Fara Novarese e Mandello Vitta (Castellazzo Novarese). Presso quest'ultimo luogo si son trovate cinque tombe barbariche, uno scramasax e un coltello sicuramente longobardo, una croce d'oro con motivi ornamentali di disegno bizantino''. Numerose, da tempo, le famiglie Mandelli a Cremona, molto attive in campo economico almeno a partire dal tardo Ottocento. Da arimanni eÁ poi possibile che venissero altri nomi come gli Armani e gli Ermanni. Un'osservazione, infine, per chi approfondiraÁ domani questi nomi: perche i gerganti bergamaschi parlavano un tempo di a mandeÁl, per dire `in modo scarso', mandeÁl (andar) piano, mandelaÁ, aspettare? Mascetti. Oggi sono attivi in diverse localitaÁ del Comasco (e del Mendrisiotto). Come segnala l'amico professor Mario Mascetti, eÁ un (ulteriore) derivato da un nome geografico, la localitaÁ di Maccio di Villa Guardia, in dialetto Masc, che, come noto, eÁ la forma che piuÁ conta, es- qua e strade. Da (hari)-mann si passava, nell'oralitaÁ, a mann da cui anche il frequente e radicato nome di famiglia Manni (su cui si veda almeno Magistri d'Europa, 1996, pp. 314, 325); si coniava in seguito pure Mandell, nel senso di `piccolo stanziamento di arimanni'. Le parlate italiane settentrionali conoscono parecchie forme ipercorrette del tipo spanda per `spanna' in cui la -nn venne ricostruita in -nd; in merito si pensi inoltre all'oscillazione ganda/ganna e si vedano gli esempi forniti da Rohlfs (1966, § 237), che cita casi come il ticinese luÈndesdi `lunedõÁ' e il ligure brendu `crusca' (gallico brinu). Un percorso analogo potrebbe essere quello che ha portato a ManeÁll, MandeÁll. Chi percorra l'importante lavoro di Pellegrini (1990) eÁ colpito da un fatto. Lo studioso padovano riconosce dapprima l'esistenza di tre tipi principali di insediamenti longobardi: la fara, la sala, l'arimannia. Si diffonde poi sui riflessi toponimici di sala e fara (pp. 268 e sgg.). Molto meno su arimannia, cui riserva dei cenni solo alle pp. 271 e 274. Una sorta di scompenso, di `sbilanciamento'. Ora, con il riconoscimento della trafila (hari)manni > Manni, Manno (nome di luogo) e altresõÁ Mandello, viene ammesso che anche questa terza componente militare longobarda ebbe un suo impatto onomastico e toponimico. Data l'importanza dell'arimannia non era possibile che se ne avessero solo riflessi dotti come Romanore (Borgoforte, Mantova), dal genitivo plurale arimannorum. Non era pensabile che il nome di una funzione cosõÁ importante non si riverberasse in riflessi orali (appunto anche nella variante con -nd). Per completezza, si indica pure il nome di luogo Mandella, nei pressi di Verona (Olivieri, 1961b, p. 105), nome che Gamillscheg (1935, 2, p. 99) riconduce a un nome di persona *Mando, dall'antico alto tedesco menden `sich freuen'. Mann(o) e Mandell indicava, propriamente, uno stanziamento militare. L'arimannia era, spesso, terra concessa dal fisco regio a gruppi di liberi exercitales longobardi, legati appunto dall'obbligo principale del servizio militare e di polizia (Cavanna, 1967, pp. 169 e sgg., 285 e 2/2003 18 LOMBARDIA NORD-OVEST secoli, nelle terre comasche, del nome di persona Amanzio che si legge attraverso anni e anni in molti documenti civili e religiosi e che, oggi, si incontra qua e laÁ a Como e nel Comasco, soprattutto presso anziani. La pratica di imporre al proprio figlio, al battesimo, il nome della figura comasca di Amanzio duroÁ a lungo. Si ricorse anche, in certi usi del quotidiano, all'aumentativo Amanzione, che, con caduta dell'iniziale (aferesi) doveva poi divenire Manzone, Manzoni: si hanno vari ceppi di Manzoni, in parecchie zone del Comasco e del Lecchese. I Manzoni originari della Valsassina sono documentati dal primo Cinquecento: una filiera da cui rampolleraÁ pure Alessandro Manzoni. Quanto al riflesso di culti e devozioni che in passato furono assai radicati, si veda inoltre, nell'oralitaÁ, un Jacobossus `aumentativo di Jacobus, Giacomo' originare i Bossi (almeno dal 1359, quando un Antonio Bossi eÁ maestro delle entrate ducali milanesi), cosõÁ come i Comolli (da Jacomollo, piccolo Giacomo), come i Baldassarri (dal presunto nome di uno dei Magi; poi anche Balzarri e Balzaretti); rientrano pure qui, ad esempio, i Parri che eÁ il continuarsi a livello orale di GaspaÁr, nome che la tradizione orale attribuiva a un re mago; da Gaspare i Gasparri e, poi, da (Gas)parini, i Parini, radicati tra l'altro in Brianza. Del resto, come indica Mascetti, tra i consoli di Milano del 1144 giaÁ eÁ citato un Otto Manzo (Archivio Storico Civico in Archivio di Stato di Como). Maspero, Masperoni, Maspoli. Si accertano almeno dal 1343 (Masperoni). Si tratta di una sopravvivenza di un nome a maschera difensiva e superstiziosa, nomi per i quali si richiamano le splendide pagine di Giandomenico Serra (1958, 2, pp. 13 e sgg.; 1965, 3, pp. 16 e sgg.). Anche Masperoni (Verona, XIV secolo), oggi Masprone, che eÁ da intendere quale Malsperone, letteralmente `mal sperone, cattivo sperone', del tutto parallelo a Mala staffa. Si augurava al neonato o al ragazzo di essere un cattivo cavaliere affinche fosse invece valido a cavallo. Analogamente, a uno che si accingeva a montare in arcione si augurava: cattiva staffa, un auspicio sendo vicina all'uso corrente; non venne `ritoccata' dalle grafie adattanti di notai e parroci. In documenti antichi il luogo eÁ trascritto Matio e le persone che ne provengono erano indicate come de Matio. Ma eÁ forma con cui si volevano arieggiare modalitaÁ dotte. Che la modalitaÁ fosse quella del richiamo geografico appare anche dal fatto che nel dicembre 2001 eÁ deceduto un signor Federico Capiaghi di Ronago che, in zona, era universalmente conosciuto come Federicu Mascett (e qualcuno pensava che avesse la parentela Mascetti), perche era figlio della Maria MaÁscia, che veniva da Maccio. PiuÁ ampi ragguagli sui Mascetti verranno forniti nel volume, a cura di chi scrive e di Mario Mascetti, in preparazione. A noi qui non resta da aggiungere che, quanto all'origine del toponimo, ci distanziamo dalle interpretazioni correnti. Proponiamo il riflesso di un Comasc `zona avvallata', `zona sita in un avvallamento naturale' che risponde al tipo prelatino *com- su cui si veda la voce Como nella prima parte del contributo. Questa base ha dato luogo a vari esiti come Comerio, sul lago di Varese, come Comacchio, in Val Cuvia, come altri luoghi siti tutti in conche del terreno. Da Comasc si passava poi, come in numerosi altri casi, a Masc. Resta, per la precisione, da aggiungere che la pronuncia Macc che si ode oggi (gennaio 2002) tra giovani e meno giovani eÁ semplicemente dovuta a una `dialettizzazione' della grafia ufficiale italiana. Manzoni. L'esempio lecchese serve qui almeno a richiamare l'ampiezza quantitativa dei cognomi che derivano da nomi del padre, compresi quelli oggi non piuÁ trasparenti, come i Doninelli, cosõÁ chiamati dal fatto che per secoli san Donnino fu assai venerato nel Comasco, come i Provini, che sono un riflesso dell'intenso culto che per secoli ebbe la gente del Comasco e del Basso Ticino per san Probinus (a sua volta uno dei tanti nomi parlanti, dal latino Probus `integro, integerrimo'). In questo quadro di elementi della specifica tradizione religiosa locale rientra anche un nome come Manzoni; da Amanzio, la venerata, antica figura del santo vescovo di Como. Ne scaturõÁ la diffusione, per LOMBARDIA NORD-OVEST 19 2/2003 ``Il Lambro a Melegnano'', litografia su disegno di G. Elena, da Lombardia pittoresca, cit., vol. II, Milano Andrea Ubicini, 1838 (Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, Milano). popolare fatta da molti milanesi su d'Eril: nella Milano del primo Ottocento, il nome veniva non poche volte pronunciato quale del grõÁ, quasi fosse del grillo; uso di cui si ha un'eco anche in Porta (1975, 120, p. 703). Una `scheda', infine, dal vissuto locale: a Balerna (presso Chiasso) gli anziani indicano tuttora ul palazz da la PrincipeÁssa che daÁ sulla piazza del paese e che era la residenza estiva della famiglia Melzi d'Eril. Nel corso della seconda guerra mondiale vi si rifugioÁ Tommaso Gallarati Scotti, esule dal fascismo; lõÁ ricevette la designazione ad ambasciatore dell'Italia libera. Menafoglio v. Foglia (prima parte). Mentasti. EÁ nome di famiglia del Varesotto che almeno dal tardo Trecento si eÁ distinta per iniziative economiche e per il servizio alla comunitaÁ. Il nome crea non poche difficoltaÁ interpretative, al punto che alcuni amici, scherzosamente, si chiedono (2001) se non abbia a che fare con `menare i tasti'. Ma l'antichitaÁ del dato toponimico esclude un simile gioco di parole. Sin dal 1264 si ha: ``in loco dicto Mentasto'' (Rota, 1936). Si respinge il richiamo a menta `pianticella' fatto dall'Olivieri: simili richiami erano, per la gente, lontani dall'esperienza di vita; non erano strumenti disponibili per creare una designazione toponimica. In effetti si ha tuttora il nome di luogo Mentasti a tre chilometri da Varese, alle coordinate 710900/174700/366. Siamo dinanzi all'eco del nome dato dalla gente sulla scorta della qualitaÁ del terreno, quello cioeÁ di Cementasto, ossia `terreno duro, che ha caratteristiche affini al cemento'; con -ast(r)o si suggeriva l'affinitaÁ: bolastro, zona che tende a essere paludosa, da bolla `palude', ecc. Da Cementasto poi, in processo di tempo, con caduta dell'iniziale, il passaggio a Mentasto. Altri nomi che recano l'eco del tipo di terreno su cui viveva la gente non mancano: si vedano qui le voci Legnano, Melegnagno, Pirovano e, inoltre, i Gerosa, che abitavano una zona ghiaiosa (dal latino glarea, si hanno in Lombardia molti nomi di luogo Gerosa), i Balmelli (che abitavano vicino a una balma, a una caverna), i Crippa, i Cipada (da ceppata). La nuova proposta che si avanza non eÁ di cattivo viaggio a cavallo appunto per augurargliene invece uno buono. Da MasperoÂn, non piuÁ inteso, veniva estratto un falso primitivo: MaÂspero. Di qui si spiega anche, come secondaria variante fonetica, la `parentela' lombarda Maspeloni e Maspoli: da una falsa restituzione di -r- in -l- si aveva Maspeloni, Maspoloni, donde poi il falso primitivo Maspoli. Melegnano v. Meregnani. Melzi. EÁ tra le piuÁ cospicue famiglie lombarde. EÁ l'eco di Melzo, la nota localitaÁ lombarda ed eÁ il continuare, attraverso le generazioni, del nome di persona germanico Milo da cui anche Milizzo. Ne doveva risultare il nome di luogo Melzo; Gamillscheg (1935, 2, p. 100 [IV, 31]) adduce pure, come forme che muovono dalla stessa base, MelcioÂn a Bologna e Melezzole a Perugia. Vista l'esistenza del nome personale germanico Menzo (forse connesso a mand- `rallegrarsi': Gamillscheg [1935, 2, pp. 99, 100]) data l'oscillazione l/n (rimandiamo al nome di luogo Calonica `canonica') vanno tenuti presenti anche toponimi quali Mensi, nel Pavese, e Mensino, nel Bresciano. Molte, in Storia di Milano, le notizie sui Melzi e sulle varie ramificazioni della famiglia. Sul pittore Francesco Melzi, nato a Milano nel 1493 e morto a Vaprio d'Adda nel 1570 circa e che, giovanissimo, si accostoÁ a Leonardo, di cui fu scolare, amico ed erede si vedano le notizie recate dall'Enciclopedia Italiana (1934, 22, col. 821). Si aggiunga che, tra il 1585 e il 1590, Giovan Battista Melzi eÁ attivo a Milano come banchiere e anche come priore di una confraternita religiosa (``Archivio Storico Lombardo'', 17, 1991, p. 97). Di livello panitaliano, poi, l'azione del duca Francesco Melzi d'Eril (17531816), che rivestõÁ importanti cariche pubbliche e fu anche presidente della Repubblica italiana. Sulla sua opera si vedano Melzi (1865), Morandi (1927) ed Enciclopedia Italiana (1934, 22, col. 822). L'integrazione d'Eril proviene dalla contessa castigliana Teresa d'Eril, che sposoÁ il conte Gasparo Melzi e fu appunto madre dell'uomo di cultura e politico Francesco Melzi d'Eril appena menzionato. Curiosa l'etimologia 2/2003 20 LOMBARDIA NORD-OVEST insomma isolata, bensõÁ si lega a un atteggiamento designativo cui i parlanti ricorrevano spesso. Meregnano, Meregnani, Malignano. Famiglie lombarde che ± sulla scia della provenienza ± portano questo cognome sono sin qui assodate dal 1407. Sono per altro rare, affiorando oggi con poche presenze a Milano, Monza, Dumenza e Luino (Varesotto). Assai frequenti sono, invece, i riscontri documentari del toponimo di base; Melegnano, nella parlata di anziani nativi MeregnaÂn (2000), risulta, ad esempio, in rapporto all'hospitale Meregniani, almeno dalla metaÁ del Duecento. Per Meregnano, in passato e in documenti anche Marignano (variante con cui eÁ nota la battaglia combattuta nel 1515 tra milanesi, svizzeri e francesi), si avanza una proposta di lettura diversa dalla tradizionale. MelegnaÂn va ± a nostro parere ± inteso quale malignano, ossia `zona paludosa, maligna, difficile da lavorare e da viverci'. Non pensiamo vada interpretato con un nome di persona (come in Pellegrini, 1990, p. 327: MeleÂgna nome presso Vicenza), bensõÁ che sia appunto l'eco di malignus, maligna. Di qui anche Legnano (con caduta della ma-). Il fatto di trovare i due toponimi cosõÁ vicini depone per una voce dialettale (di commento, di partecipaLOMBARDIA NORD-OVEST zione degli agricoltori) fatta poi diventare toponimo. Non eÁ un caso che nelle paludose terre attorno a Milano e Pavia venissero, nei secoli, stanziati non pochi nuclei di monaci impegnati nella bonifica di questi terreni disagevoli. Un'ulteriore prova: a sette chilometri da Melegnano sta la localitaÁ di Paullo, dialettalmente PauÈ(l), ossia `palude, zona paludosa'. Anche questo un nome che richiama gli estesi pantani esistenti per secoli in zona. Simili nomi di commento non erano rari; affiorano in varie altre comunitaÁ lombarde. Quanto ad attuali riflessi cognominali, si citano: Marignani (oggi con presenze sparse in Lombardia), Marignan (rari nel Varesotto), MarõÁgnano (rari in Toscana). Miragolo v. Salmoiraghi. MistoÁ. Su questo cognome, che abbiamo rilevato qua e laÁ nel Comasco, nel Novarese, nel Pavese, nella zona di Vercelli e di Vigevano, non possediamo alcun dato documentario. Qualche lettrice o lettore puoÁ aiutare? Si rinvia per ora a vari toponimi lombardi e piemontesi che suonano MistoÁ `maestato', `provvisto di una mistaÁ', di una maestaÁ: cioeÁ una casa o una corte affrescata con un dipinto religioso; in latino majeÁstas, majestaÁtis, qui nell'esito dell'accusativo majestaÁte(m). L'estrema estensione verso est 21 2/2003 ``Veduta di Rezzonico'', fotoincisione meccanica da un disegno di Q. Michetti, in ``L'Illustrazione italiana'', a. XI, n. 37, 14 settembre 1884. che li oppose a Venezia per il possesso della Dalmazia. Un Guillelmus Unguer eÁ assodabile nel 1075 in zone relative al Piemonte, cosõÁ come un Andreas de Ongaro eÁ menzionato nel 1170 in territori novaresi. Oriboni. Almeno dal 1492 se ne hanno parecchi, sparsi qua e laÁ in varie localitaÁ della Lombardia. Siamo dinanzi (come nel caso di Lumina) al riflesso di un nome augurale e gratulatorio medievale, quello per cui si affermava che il neonato era giunto in (h)ora bona. Questa la ragione anche dei vari Bonora che si incontrano tra lombardi. Quanto al tipo oraboÁna, se ne ebbero gli Oriboni, poi con caduta del suono iniziale, i Riboni. Un Maffiolo Oraboni di Vaprio risulta per il 1402 in documenti, citato da Belotti nella Storia di Bergamo (1959, 2, p. 296). Diversa eÁ la storia degli Origoni, da collegare al tipo Arrigoni, variante di Enrico `ricco di famiglia'. Osenda v. Leidi. Palmieri. Diffuso in quasi tutta l'Italia, eÁ presente anche in diverse localitaÁ della Lombardia (Milano, Lodi, Pavia, Como, Novara) e nel Ti- che ci sia nota per il toponimo eÁ MistoÁ, casolare di Drezzo (a una decina di chilometri da Como), in antico provvisto di un affresco, dove si vede ancora (novembre 2002) sia pure sbiadita, sulla facciata, la raffigurazione di una Madonna incoronata. Il cognome MistoÁ eÁ ancora presente a Binago, sempre nel Comasco. In Comune sono confluiti anche i quadri di un MistoÁ pittore originario del paese. Un ulteriore elemento geografico che si coglie piuÁ verso est eÁ il nome del casolare MasteÂna, in territorio giurisdizionale di Santa Maria Rezzonico (Lario). A nostro parere dovrebbe essere tipizzata (in zona in cui -ina suona -ena: galena `gallina') in maistõÁna cioeÁ piccola maiestaÁ, piccolo tabernacolo. Ongari. Sporadicamente si accertano in quasi tutta l'Italia peninsulare, ma con maggior frequenza nelle Venezie, in Lombardia e in Piemonte. Il tipo si diffonde, nel Nord, tra l'XI e il XII secolo, quando gruppi armati di Ungari (Ungheresi) penetrano nella pianura padana e in parte vi si stanziano, specialmente nel NordEst e nel Piemonte, nel quadro dello scontro 2/2003 22 LOMBARDIA NORD-OVEST Novarese e nel Mantovano. Varie carte medievali rilevano il nome proprio Panvinus divenuto poi appunto cognome; la base era panis et vinum in trascrizione latina, pan e vino in volgare. Si ha ad esempio per la Lombardia, nel 1189: ``in territorio de Vellate [...] haeredes Arderici Panisetvini''. In un documento steso per Novara nel 1138 si annota che ``in civitate Novarie interfuerunt [...] Ugo Panis et vini [...] testes''. Esempi analoghi si accertano nella Venezia Euganea, in Emilia, Toscana, Puglia, Sicilia. EÁ una preziosa sopravvivenza a livello cognominale dell'eco dell'uso medievale della fraterna, il consorzio economico famigliare istituto della comunione patrimoniale, a base famigliare, che si applicava tanto in ambienti aristocratici quanto rustici. L'usanza era talora indicata quale ad unum panem et unum vinum stare, ossia fare famiglia insieme, mettere insieme redditi e beni: comunioni di vita e di patrimonio tra fratelli erano assai comuni ancora negli anni Cinquanta del Novecento in Calabria, Basilicata e Sicilia. Perego. EÁ antico nome di famiglia dell'area comasca, che risulta almeno dal 1380; ha dato insigni mastri costruttori su cui informa la documentazione recata da Magistri d'Europa (1996, pp. 228, 235), relativa in particolare ad Antonio Perego. Per i non lombardi si specifica che l'accento cade sulla prima e. EÁ un interessante riflesso del latino pelagus che veniva riferito a `distesa d'acqua', a `zona di tipo lacustre e lagunare'. Perlasca. Questo nome di famiglia comasca risulta, allo stato attuale degli spogli, dal 1404. La famiglia fu ed eÁ nota per la sua attivitaÁ in diversi settori. Si ricordano giurisconsulti, ecclesiastici, costruttori. In particolare, si segnala, a mo' d'esempio, l'intensa produttivitaÁ del costruttore Andrea Perlasca (1741-1774), da Blevio, su cui vari riscontri sono forniti in Magistri d'Europa (1996, pp. 69, 71, 367 n. 23). Su altri Perlasca che esercitarono arte muraria varie notizie sono reperibili nel ``Periodico della SocietaÁ Storica Comense''. Una vicenda in cui eÁ coinvolto Gian Pietro Perlasca nell'aprile del 1504 eÁ evocata in Magistri d'Europa (1996, p. 54). EÁ il riflesso cognominale del nome di luogo Perla- cino (per esempio a Lugano e Brissago), mentre tra varie comunitaÁ del Veneto corre il tipo Palmarin. Si eÁ messi di fronte al ricordo del nome Palmiere, Palmerius che veniva riservato al bambino che si voleva mettere in collegamento con il gran fatto del pellegrinaggio in Terra Santa. Il nome si dava, in origine, a colui che portava una palma: era andato in pellegrinaggio in Terra Santa e, a ricordo, riportava spesso un ramo o una foglia di palma dai luoghi dove visse Cristo. Quale nome di persona, Palmerius eÁ vivo in diverse comunitaÁ d'Italia e di Francia a partire dal XII secolo: antichitaÁ e ricorso al nome che mostra la dignitaÁ di cui godevano questi pellegrini. Il tipo di cognome richiama un settore designativo legato al pellegrinaggio insomma (come i Borromei: da bon romei `buoni pellegrini che vanno verso Roma'). Si aggiunga l'esistenza del nome di famiglia Palma (Milano, Como), che anticamente veniva usato come nome di persona maschile. Panvini, Quadri. EÁ ingiusta la scarsa attenzione che viene di regola riservata a cognomi che riflettono antiche situazioni di diritto. Essi scaturiscono da un fattore che fu di vivo interesse per la gente. Accenneremo dunque almeno a casi come gli Avogadri, significativa famiglia decurionale di Como (da cui verranno anche gli Auguadri e, poi, con caduta dell'iniziale, i Quadri: che sono antichi notai e che non hanno nulla a che fare con quadro), i Neuroni (in seÂ, l'esito orale del latino nobilones), i Cattaneo, Vassalli, Connestabile (poi divenuti in certe comunitaÁ gli Stabile). Si pensi inoltre a nomi quali Canonica, come vennero chiamati coloro che prelevavano le decime su terreni che i canonici di Como possedevano nel Luganese. Furono parecchie, nel Luganese (ad esempio Staffieri, Brocchi) le famiglie cui era stato assegnato il compito di prelevare le decime di spettanza dei canonici del Duomo di Como. All'impatto di componenti giuridiche risale pure il nome dei Panvini. Un nome che affiora in Emilia, in Romagna, nel Napoletano e che, da qualche decennio (per lo meno dal 1938), compare anche nel Milanese, nel Comasco, nel LOMBARDIA NORD-OVEST 23 2/2003 determinata comunitaÁ. EÁ al secondo livello di lettura, quello connesso all'etimo del toponimo Pirovano, che sembra necessario contraddire le interpretazioni che si ripetono da tempo. Vari studiosi derivano il nome da un tardo latino petro-bolus, attestato nell'Itala, che a sua volta muoverebbe dal greco petro-boÁlos, chi lancia pietre, strumento per lanciare pietre. Ma si tratta di una continuitaÁ strana, supposta, per di piuÁ ascritta a una voce che era assai rara. Occorrerebbe, in altre parole, che si giustificasse perche questa base si sarebbe dovuta mantenere solo in questo caso. Le forme che sono troppo strane e singolari suscitano non poche perplessitaÁ. Anche il FranzoÈsisches etymologisches WoÈrterbuch, il piuÁ capillare rilievo lessicale di cui si disponga per le aree romanze, non adduce nulla di simile. Ci si chiede se non si debba imboccare una pista diversa. Si segnala che nella localitaÁ per secoli funzionoÁ una cava e vi sorgeva un antico castello, siamo vicino a Castelmarte, sopra Erba (Lecco). Dopo non pochi spogli, si postula una lettura nel senso di `pietrabile', cioeÁ `zona dove si cavavano pietre'. Siamo di fronte all'esito orale del suffisso -abilis, -ebilis e simili che viveva anche nelle nostre parlate e che serviva per indicare una certa caratteristica. Tra i vari esempi raccolti si veda per intanto ScaleÁvri, nome di luogo che presenta delle scale (Airolo, frazione di Madrano), letteralmente `scalabile', e Sordevolo nome di luogo nei dintorni di Biella, lette- sca, nel Comasco, presso Torno, da cui in origine proveniva la famiglia. Si veda inoltre (con e > a) Parlasco, nome di luogo presso Taceno e Varenna (coordinate 747.600/98.100/681). Ci distanziamo dal Dizionario di toponomastica (1990, p. 482) che per il comasco PerleÂt ipotizza un *perlo `pero cervino'. Perla eÁ, nelle parlate comasche e mendrisiotte, l'esito locale di un tipo latino pratella `piccoli prati'. Si confronti il nome di luogo PeÁrla, frazione di Balerna, situato in una zona prativa: giaÁ registrato nel 1670 e ancora nel 2001. Si aveva la trafila pratella > pradella > *praella > prella. Poi, con spostamento della -r-, PeÁrla. Con il suffisso -asca (che, come noto, eÁ assai frequente in toponimi; ad esempio Bernasca, nel Varesotto) la gente creava poi il nome di luogo Perlasca `relativo ai prati, dipendente da Perla', nome che poi si applicava anche alle persone. L'oscillazione portava anche a la PreÁla, nome di luogo che nel 2001 si ritrova almeno cinque volte nel Comasco: ossia `alla spianata', `al piano erboso'. Pirovano. Molto diffuso nel Comasco e nel Lecchese (e ormai almeno dal 1970 presente anche in altre regioni), il cognome eÁ attestabile quanto meno dal Duecento. Offre vari spunti di riflessione metodologica. La prima lettura di Pirovano eÁ semplice, trattandosi di uno dei tanti cognomi che la gente creava indicando la provenienza di una famiglia che, a un certo momento, si trasferiva in una 2/2003 24 LOMBARDIA NORD-OVEST ``Lago di Como. Varenna e Lago di Lecco'', fotoincisione meccanica da un disegno di Q. Michetti, in ``L'Illustrazione italiana'', a. XI, n. 28, 13 luglio 1884. Per Rovelli indubbia eÁ la derivazione da Rovello (ora Rovello Porro), grossa borgata agricola sotto Rovellasca (evidentemente dal nome si evince che era il compascolo di Rovello, come Guanzate/Guanzasca), quasi alle porte di Saronno, nella pianura a lato della strada delle Groane, senza escluderne eventuali altri minori. Il famoso Goffredo da Bussero, autore nel XIII secolo delle Notitiae Sanctorum Mediolani, era prete di Rovello. La famiglia Rovelli eÁ una delle piuÁ importanti nella storia di Como. Famiglia decurionale, aveva acquisito il titolo marchionale ed era imparentata con i maggiori casati nobili. Tra i personaggi di spicco Giuseppe Rovelli, autore della Storia di Como in cinque tomi, pubblicati tra il 1789 e il 1803. Della medesima famiglia fu Carlo Rovelli, domenicano, docente di storia della Chiesa e delle fonti di teologia dogmatica all'UniversitaÁ di Bologna; quindi priore di Sant'Eustorgio e provinciale per la Lombardia austriaca, insegnoÁ greco al ginnasio di Brera. Nominato vescovo di Como nel 1793, resse la diocesi fino al 1819 e istituõÁ il Seminario teologico nell'ex monastero dell'Ascensione, ristrutturato da Simone Cantoni. L'Archivio della famiglia Rovelli, per donazione della contessa Piera Volta in Roseo, eÁ conservato presso la SocietaÁ Storica Comense. Sabaini. EÁ nome di alcuni importanti ceppi famigliari di Cuasso al Monte (Varese), ora estinti, come mi comunica la dottoressa Sabina Bandera, che in tema sta svolgendo una ricerca (2003). Come in moltissimi altri casi, si ebbe a lungo oscillazione, nel senso che il nome venne scritto in diverse varianti, ora Sabaino, ora Sabajno, Sabainj (e, raramente, Sabbaiano). Le prime notizie sin qui rintracciate danno la versione latineggiante de Sabaijnis (cosõÁ citati in una congregazione generale del 1484), de' Sabaini (1422), Zabaino (1567), Zabaijno (1571: ``l'una fide de uno nominato il Zabaijno''), de Zabajnis (1680), de Sabainis o de Sabainus. Nello stato delle anime del 1574 steso per Cuasso al Monte sono citati come Zabaini. Le oscillazioni tra s e z sono usuali nella grafia, non solo nelle nostre zone. Saremo pertanto ralmente surgibulum, `luogo dove scaturisce una sorgente'. Inoltre cortaÂuro, cortaÂvro, cortaÂvul in vari toponimi lombardi, letteralmente `cohortabile'. L'oscillazione -ol/-an non eÁ rara, si ha in vari toponimi, si pensi, ad esempio, nei dialetti, garofol/garofano. In effetti presso gli anziani (ancora nel 1987) la pronuncia locale oscillava tra PiroÁvel e PiroÁvan, che era sentita come `piuÁ recente', come `meno autentica'. Guglielmo di Pirovano eÁ podestaÁ a Bologna nel 1221, mentre il milanese Goffredo di Pirovano lo saraÁ pochi anni dopo, a Genova, nel 1228. Nel 1535-37 un Filippo Maria Pirovano fq. Bartolomeo eÁ iscritto alla Confraternita della Parrocchia di San Vittore al Teatro a Milano (``Archivio Storico Lombardo'', 117, 1991, p. 97). Dei Pirovano vivono oggi a Zurigo e Basilea; qui si dicono spesso PirovaÁno. Quadri v. Panvini. Regolat(t)i. Si ritrovano in varie localitaÁ dell'Italia settentrionale, compresi Milano e dintorni. Il cognome va inteso come mozzatura del nome di persona Malregolatto che a sua volta derivava da Mal-regolatus: in periodi medievali si era soliti dare tale nome, per modestia, ai figli appena nati. Si riteneva, infatti, che non fosse lecito presentarli a Dio come troppo belli. A contrasto si veda Oriboni. Riboni v. Oriboni. Rovelli. Se ne hanno in varie localitaÁ lombarde, tra cui Milano, Como, Legnano e Lodi. EÁ nome di famiglia che le comunitaÁ traevano dalle zone dove vivevano certi gruppi familiari; come, ad esempio, i vari nomi di frazione del tipo Rovello; e inoltre in zona Gazzaniga e Rova, monte in provincia di Lonato (Brescia). Si puoÁ poi aggiungere il nome Rovellasca, a 18 chilometri da Como, su un ripiano attraversato da quel torrente Lura che provoca diverse frane. Questi nomi di luogo, come avverte il Dizionario di toponomastica (1990, p. 557), vanno confrontati con La Rovella, frazione di Carate Brianza, con il vicino Rovello e con il nome di luogo Rovello che indica una zona segnata dall'erosione: altrettanti riflessi del dialettale roa, rova nel senso di `scoscendimento, frana'. LOMBARDIA NORD-OVEST 25 2/2003 ``Veduta di Sala sul Lago di Como'', incisione di SalatheÁ su disegno di G. Elena, dal dipinto di G. Canella, 1845 circa (Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, Milano). altrove si hanno tuttora, presso gli anziani, situazioni di ammutolimento della -l-: scaa `scala', sigaa `cicala', maaa `malata'; presso certi anziani scala eÁ pronunciata scada (1995). A estirpare lo iato si introduceva non poche volte una -d-: come per schivare > scia > nei dialetti lombardi alpini scidaÂ, schivare, evitare (Lurati-Pinana, 1983, pp. 55-56, 353). Anche la sostituzione di -l- con -d- eÁ avvenuta in altri casi, come per bigolin `arnese per arricciare i capelli alle signore' che venne trasformato in bigodin, di uguale significato (da cui l'italiano `bigodino' e il francese bigoudi (``Vox Romanica'', 47, 1989, pp. 100-102). Anche l'antico milanese guadina `guaina' (BarsegapeÁ, 1358) deve la sua -d- a una grafia ipercorretta (Rohlfs, 1966, § 340). Sadis rappresentava ± a livello di usi cancellereschi ± un ablativo plurale, del tipo Carlo de Sadis, Carlo che appartiene alla famiglia detta *Sada. L'ipotesi va rafforzata con ulteriore documentazione che speriamo di ottenere anche dall'aiuto dei lettori. Salmoiraghi. Si addensano soprattutto nella Lombardia centrale e occidentale, e anche nel Legnanese, dove si riscontrano almeno dal 1534. Notizie storiche in Magistri d'Europa (1996, p. 37). EÁ un interessante riflesso del toponimo lombardo Salmorago, Sumirago, che merita attenzione al di laÁ di quanta gli sia stata sin qui riservata dalla ricerca. Olivieri (1961a, p. 525) pensa a un riflesso del nome personale *Sameriacius, che peroÁ eÁ inventato. Nella sostanza, si prendeva il toponimo e lo si riscriveva in una sorta di ipotetico nome personale. Sussistendo altri casi, seguiamo invece Olivieri nel reputare il Salm- come posteriore; venne formato per presunta integrazione dei notai (attraverso Som-, Saum-). Si vedano ricostruzioni lombarde del tipo malta `fango' > mauta > mota > molta `fango, cemento preparato per rinfazzare'. Altro caso: latino alteru(m) `altro' che, con vocalizzazione della -l- diveniva altrum > autru > otru; se non che successivamente, per motivi dotti; si ricostruiva e `reimmetteva' la -l-, sõÁ che si giungeva a oltru, olter `altro'. Il toponimo Salmoirago, nella scrittura poi cauti nel parlare di `dizione originaria', come viene spesso fatto. Certo eÁ che in processo di tempo doveva consolidarsi la trascrizione Sabajno e Sabaino. Fantasiosa (come ovvio) la notizia recata in un'anonima Cronaca della famiglia conservata nell'Archivio parrocchiale di Cuasso al Monte in cui si dice che ``sembra che la famiglia discendesse dalla famosa famiglia de' Sabini di Roma''. Tenendo conto del fatto che nelle parlate di questa zona la -t- diveniva -d- e poi spesso scompariva, si postula un tipo ricostruito in *Sabatini, che sta in collegamento con i nomi di famiglia dati alla voce Sabadini, Sabadoni, Sabatini (in Lurati, 2000, p. 419), dal diffuso nome di persona Sabato, che si assegnava spesso a chi nasceva in quel giorno. Sadis. Anche per questo nome di famiglia si eÁ piuÁ che mai in attesa di suggerimenti da parte di lettori e lettrici: in effetti si hanno non poche difficoltaÁ interpretative con questo cognome che si incontra in varie comunitaÁ lombarde; almeno dal 1705 (ma il riscontro eÁ ampiamente retrodatabile) eÁ ben radicato soprattutto in Brianza. Dopo varie ricerche si eÁ ora tentati di riconoscervi un'eco del nome di luogo Sala, che indicava uno stanziamento longobardo. In diversi casi la -l- si attenuava, sõÁ che poteva nascere una forma SaÁis che, in processo di tempo, poteva ricevere una consonante -d- a estirpare lo iato. In effetti la variante Sais esiste tuttora a Como (2002). Molti sono, nella zona in esame, i cognomi del tipo Sala: hanno una profonditaÁ di secoli rifacendosi a un antico stanziamento germanico. Nel loro lungo spostarsi, i longobardi decidevano talora, per necessitaÁ specifiche, di stanziarsi: ora nella Fara (in se dal germanico fahre `gruppo in movimento'; fahren `muoversi'), ora nella Sala che significoÁ `residenza', `casa', `parte della casa'. Indicativo un fatto: che Sadis compaia appunto all'interno dell'ampia area geografica di diffusione di Sala `stanziamento longobardo' e, poi, cognome. CioÁ potrebbe confermare l'idea di sondare la pista di una variante fonetica; nella zona di Binate, Busto Arsizio e 2/2003 26 LOMBARDIA NORD-OVEST manni risiedono per esempio a Sumirago, Albiolo, Lomazzo, Schianno''. Saronno. Anche Saronno (che pure ha dato nomi di famiglia: i Saronni) va, in seÂ, italianizzato in Salonne `grandi sale', `grandi stanziamenti longobardi' (dal longobardo Sala `stanziamento di un ceppo longobardo'). Da Sala si passava ± per rotacismo ± a Sara come in molti altri casi. In -onno siamo insomma in presenza di un'uscita inventata per comoditaÁ dagli antichi estensori di documenti: un caso di moda toponimica che si era imposta tra addetti di cancelleria. Saronni v. Consonni (prima parte). SolcaÁ. Questo nome che, in origine, risulta in un unico villaggio ticinese, quello di Coldrerio, a pochi chilometri da Chiasso sulla strada per Mendrisio, offre non pochi spunti di metodo. Si era, in un primo tempo, seguita una pista che andava nella direzione di un derivato dal latino sulcus `solco, avvallamento'. Ma, pur con un ampio spoglio di carte militari italiane e svizzere, non si eÁ trovato alcun toponimo che potesse render ragione del nome di famiglia. Si considerino i seguenti fatti: l'isolatezza del nome; il suo comparire nelle prime trascrizioni come SorcaÁ, per poi essere rapidamente `elevato di tono' e venir scritto SolcaÁ. Era un riflesso dell'intervento dei notai e dei parroci cui sembrava di introdurre un elemento troppo dialettale immettendo sulla pagina anche la -r-; la no- divenuta usuale, risulta almeno dal 1240: ``de tota curia Salmoirago et Vengono, [...] de tota curia Lixe'' (Archivio di Stato di Milano, AD, P, cart. 317, n. 71; citato da Mambretti, 1988, p. 416). Va immesso nell'analisi SumiraÁgo, nome di luogo in provincia di Varese, a 392 metri e a 11 chilometri dal capoluogo stesso; anche qui non si giustifica la pratica di invocare (Olivieri, 1961a, p. 525; Dizionario di toponomastica, 1990, p. 641) un personale *Samerius. Nell'807 il toponimo eÁ trascritto Samoriacus. Come ipotesi di lavoro, sembroÁ sostenibile in un primo approccio una ricostruzione della base del toponimo in SoÃmwald, poi divenuto *Sommald. Ci si riferisce al nome personale longobardo SoÃmwald, dal germanico som `armonia', che secondo Gamillscheg (1935, 2, p. 104 [IV, p. 33]) ha dato pure origine al toponimo lucchese Somaldi. Ma va tenuta presente la possibilitaÁ di una fusione di Sala `stanziamento longobardo' e di Mirago, Mairago, nome germanico. Rimandiamo al tipo Camairago, nome di luogo a Varese, nei pressi di Sant'Ambrogio, che puoÁ essere letto come ca(sa) `abitazione' di Mirago, Mairago. In seguito Samairago, Somairago venne da vari notai trasformato in Salmorago, Salmoirago. CioÁ sembra ricevere una lieve conferma da una notizia recata da Vismara-Cavanna-Vismara Chiappa (1990, p. 51): ``in epoca successiva al 774 alcuni personaggi alaLOMBARDIA NORD-OVEST 27 2/2003 ``Lago di Varese e Monte Rosa'', litografia su disegno di G. Elena, da Lombardia pittoresca, cit., vol. II (Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, Milano). bilitarono in -l-. Stando cosõÁ le cose si propone di muovere dal dialettale surcaÁ. Esso, secondo noi, eÁ da sciogliere in sur caÁ `sopra le case'. In effetti per secoli, e oggi ancora, i SolcaÁ hanno le loro case sul poggio che domina le varie abitazioni di Coldrerio; il poggio eÁ tenuto dai SolcaÁ, appunto surcaÁ, sopra le case, poi scritto in modo ipercorretto. SolcaÁ eÁ poi anche un esempio del rapido imporsi, per i cognomi, anche nell'oralitaÁ, del modello colto (italiano). Per il tipo caÁ rimandiamo a codecaÁ (letteralmente `capo di casa') nome di una famiglia patrizia di San Vittore (in Mesolcina), documentata dal 1531. Per l'esito sur-, sor- `sopra' si veda, prodotto con lo stesso modo di orientarsi nello spazio fisico vissuto dalla comunitaÁ, il tipo bleniese Sorgesa (Lurati, 2000, p. 446) che va a una famiglia che abitava sopra la chiesa. Ulteriori tipi affini sono Casasopra (a Gentilino, presso Lugano), Casanova, Canova (passim) ecc. Per la -l- restituita in modo anetimologico si richiama il citato tipo Malsperoni `cattivi speroni' > Masperoni e, successivamente, Maspoloni; si aggiunga il caso del nome della chiesa milanese di San Giorgio Alamanno che, in origine, era di Arimanno (di uomo dell'esercito, di Herrmann). Chiarita l'evoluzione, si possono riprodurre alcune delle `schede' via via approntate. Nel 1605 a Mendrisio un ``Gio. de Violino de Sorcha sposa Catherina fq. Pietro de la Roccha'': ambedue sono notazioni toponimiche! Un Cristoforo De Sorcate, di Battista, detto il `violino' di Mendrisio eÁ attivo a Praga nel 1606 (Martinola, 1963, p. 194). Nel 1618 un Giovanni fq. Emanuel Suorcha di Coldrerio sposa una Dorothea de Nava di Gorla (registri di Balerna): anche qui due indicazioni toponimiche. Inoltre: ``die 13 suprascripiti nata est filia Francisco Sulcato et Franciscine coniugibus Villae et die sequent; baptizata fuit a me subscripto Curato, eiq. impositu fuit nomen Margarita Joanna'' (Libro dei Battesimi di Coldrerio, 1627; cortese informazione di Carlo SolcaÁ); verso il 1629 Franciscum filium Mathei Sorcati de Villa (Brentani, 1930, 3, pp. 279-280); De Sorchatis vivono nel 1653 a Gorla, frazione di Castel San Pietro; de Sorcha 2/2003 (1605) a Mendrisio, Suorcha (1618) a Balerna; de SolchaÁ (1623) a Coldrerio. Colpiva, per i SolcaÁ, la raritaÁ del cognome: se ne sono cercati invano riscontri fuori del Mendrisiotto. Ora questa raritaÁ si chiarisce e appare metodologicamente significativa. Mario Mascetti comunica poi che un Lorenzo SolcaÁ, falegname di Ligornetto, eseguõÁ nel 1769 un pulpito per la chiesa parrocchiale di Coldrerio (notizia desunta da Martinola, 1975). Giuseppe SolcaÁ, pittore di Ligornetto, decoroÁ con finti stucchi e altri ornati nel 1872-73 la chiesa di Ronago in collaborazione con Francesco Verda di Bissone; mentre le figure furono eseguite da Antonio Rinaldi di Tremona (Mascetti, 2002, Ronago, p. 291). Varese, Varesi. Si accertano qua e laÁ in Lombardia almeno dal Trecento. Dal nome di luogo Varese, in dialetto Vares. In scritture ecclesiastiche: Varise, (situs castro) Varese, ecclesia Varisiensis (a. 942, 995, 1124), loco Varesio, Varese (a. 1033). CosõÁ in Olivieri (1961a, p. 563) dal quale ci distanziamo quanto alla connessione che afferma sussistere tra voce toponimica e reperti preistorici: ``Poiche nel territorio di Va28 LOMBARDIA NORD-OVEST CampaÁla `zona di campi' (Vallemaggia), Pasciallo presso Lugano, Roncallo nella Bergamasca, Bugallo nome di luogo nel Comasco. Due note: quella della frequenza di ava (dal latino aqua) in aree lombarde; e in proposito rimandiamo anche alla ``Rivista Italiana di Onomastica'' (2001, vol. 1, pp. 9-24) e ad alcuni usi come ava brugaÁ `acqua scottata', `acqua con poche tracce di caffeÁ', che di recente ci eÁ stato dato di cogliere al volo a Romagnano Sesia (novembre 2001). A questa base si rifanno pure toponimi come Val di VareÁ, a Castione (Bergamo), che Olivieri (1961a, p. 563) riconduceva a un latino Virectum `luogo verdeggiante' che in realtaÁ eÁ scomparso nel passaggio dalla prima (1911, n. 9360) alla terza edizione (1935, n. 9360a) del Romanisches etymologisches WoÈrterbuch. Un tipo *Viretum non eÁ stato previsto neppure nella fondamentale opera del FranzoÈsisches etymologisches WoÈrterbuch (1961, 14, p. 490). Varee compare in molte zone (come a Varese, Cerro, Lavena ecc.): il fatto di trovarlo cosõÁ diffuso in aree lombarde che hanno delle sorgenti depone contro una interpretazione legata al verde. Per le comunitaÁ, e la loro vita, era ben piuÁ importante l'acqua. L'altro aspetto da richiamare eÁ il ricorrere di -ese (dal latino -ensis) in forme come paese aggettivo di pagus: pagense `che appartiene al pagus' poi percepito come un sostantivo: al paes. Si pensi inoltre al nome di luogo lombardo come Albese (talora anche Albisio; in documenti del 1220: ``omnes vicini loci de Albixio''). A quattro chilometri da Milano sorge la localitaÁ di Arese, il cui nome eÁ storicamente legato alla casa automobilistica Alfa Romeo. In tema Olivieri osserva: ``Arese (Mi), Arexio (sec. XIII, Lib. Not.) si lascia ricondurre o ad un derivato con suffisso -ensis dal gentilizio Arrius o anche direttamente al gentilizio Arisius o arredius. Ne provenne il nome della famiglia Arese'' (1961a, p. 60). Non viene neppure posto il problema dei rapporti con il nome di luogo Varese! E sono toponimi a pochi chilometri di distanza. Ci sembra necessario riflettere sulla vicinanza e sulla (almeno apparente) affinitaÁ rese abbondano le tracce di abitazioni preistoriche (stazioni palafitticole), si puoÁ forse vedere con una certa probabilitaÁ, in Varese, un nome preromano''. In Italia, Svizzera, Francia esistono molte zone che conservano resti palafitticoli e che pure recano un nome non antico: ad esempio Schaffhausen, nella Svizzera orientale, che ha resti archeologici preromani, ma che pure deriva il suo nome dal tedesco (`case dove si lavora, fabbriche': mosse dalla forza motrice del Reno). Non si puoÁ stabilire un rapporto troppo semplice e immediato tra archeologia e toponimia. Riscontri del tipo situs castro Varese mostrano che si eÁ, in origine, di fronte a una formulazione aggettivale: la zona che ha la caratteristica di essere vicina all'acqua. In questo senso risolviamo il tipo var-. Si aveva: latino aqua > ava > avaÁla `relativo all'acqua' con rotacismo avara > vara, poi, con -ese, Varese `relativo all'acqua': un comprensibile richiamarsi della popolazione all'esperienza della molta presenza di acqua e laghi a Varese. Per -ale (poi -ala) si vedano Vacallo, letteralmente Vaccale `relativo alle vacche', Novale `nuova piantagione', LOMBARDIA NORD-OVEST 29 2/2003 ambiti italiani) dalla zona di provenienza. CioÁ eÁ altresõÁ avvenuto nel caso dei nuclei ebraici che da Vigevano (che ebbe una forte comunitaÁ ebraica) si spostarono a Milano e anche in altre localitaÁ. Su nuclei chiamati de Vigevano ampie notizie sono assicurate da Colombo, ne Il medico aulico Guido da Vigevano e la sua famiglia (1928). In chiave etimologica, si eÁ ricondotti al notevole toponimo Vigevano, la localitaÁ nella Lomellina su cui fornisce molti approfondimenti Adriano Cavanna, in Fara, Sala, Arimannia nella storia di un vico longobardo (1967). Vigevano compare in numerose carte medievali come Vico Gebuin, in altre quale Vico Gepuli. tra Varese e Arese (rimandiamo a quanto detto poco piuÁ sopra per Melegnano e Legnano). Si tengano presenti voci come vott `otto', vuÈn `uno', valza `alzare' con v- anetimologica; sulla questione si veda inoltre Rohlfs (1966, § 341); il che obbliga a immettere nella discussione anche il toponimo Arese. L'oscillazione del tipo : v-/ùsi ha anche in toponimi come Verno/Erno; Vanzone (in Piemonte)/Anzone ecc. L'oscillazione poteva prendere spunto una volta da forme con v-, un'altra dalle forme con ù-. Si vuol segnalare l'utilitaÁ di scritti precedenti come quello di Carlo Massimo Rota, Origini del significato del nome Varese e dintorni (1936, p. 99; un'altra edizione eÁ del 1937). Dal canto suo Bertolone (1939) indicava che il toponimo Varese, dalla base ligure Var-, eÁ un nome presumibilmente ligure: ma anche il FranzoÈsisches etymologisches WoÈrterbuch (1961, 14, p. 170 e sg.) stacca i nomi di luogo Varallo, Varasso dal presunto gallico *war `Wasser, Regen', ossia `acqua, pioggia'. Anche per Varese si rilevano (come nel caso di SolcaÁ) scritture ipercorrette, con restituzione di -l- al posto di -r-: di Petrus de Valese, ossia Pietro di Varese, parla un documento di Como del 1270 (``Bollettino storico della Svizzera italiana'', 26, 1904, pp. 137, 138). Nel 1490 si registra Vallesium oppidum (``Archivio Storico Ticinese'', 21, 1980, pp. 238-239). Si segnala inoltre il nome di luogo (maschile) il Varese, zona in Liguria a nord-est della Val Graveglia. Tuttora nota ± presso anziani ± nella Lombardia occidentale la filastrocca della ``Madonna da Vares che la cuÈntava fin al des...'' e che serviva da conta, mentre oggi sono scomparsi motti del tipo andaÁ a VareÂs `decadere in qualunque aspetto, spiantarsi', scarp andaa de Vares `scarpe che non ne possono piuÁ', evocati da Cherubini (1843, 4, p. 476, alla voce VareÂs). Vigevani. Servono qui a richiamare un ulteriore aspetto che, sebbene in modo non ampio, pure, tocca la storia dei cognomi italiani. La pratica, cioeÁ, per cui agli ebrei fu a lungo assegnato il solo nome di persona. Quando poi si spostavano, li si designava spesso (non solo in 2/2003 I cognomi focalizzati in queste pagine non sono molti. Ma ci ripromettiamo di continuare con analisi dedicate a cognomi del Varesotto e del Legnanese. Molto resta da fare, sõÁ che caldo eÁ l'invito a collaborare rivolto a tutti e tutte coloro che dovessero prendere conoscenza di queste pagine. I cognomi e i toponimi sono un bene culturale quanto mai significativo, caratterizzato dalla coralitaÁ, dalla condivisione: eÁ un bene comune a tutti, non limitato a poche persone o ad alcuni specialisti. La storia dei nomi di luogo e dei cognomi eÁ, insomma, una fascinosa tessera della storia delle nostre comunitaÁ. Ringrazio cordialmente Patrizia Albe che ha preparato redazionalmente il testo e con grande gusto ha scelto l'iconografia della prima e seconda parte del contributo. 30 LOMBARDIA NORD-OVEST BIBLIOGRAFIA Agliati M. - Radaelli M., Storia e storie della Collina d'Oro, Lugano, Gaggini-Bizzozero, 1978. ``Archivio Storico Lombardo'', Milano, dal 1874. ``Archivio Storico Ticinese'', Bellinzona, dal 1960. Belotti B., Storia di Bergamo e dei Bergamaschi, a cura della Banca Popolare di Bergamo, Bergamo, Bolis, 1959, 7 voll. 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