n. 73 - Prometeia
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n. 73 - Prometeia
A anteo newsletter per l’investitore istituzionale settembre 2013 73 anno X – n. l’editoriale di questo mese: Ritorna ANTEO in edizione ordinaria, dopo i numeri dedicati alla III Giornata Nazionale della Previdenza e al nostro IX Percorso di InFormazione. Lo fa salutando l’estate ed offrendo ai lettori un … > pagina 4 prometeia advisor sim A anteo newsletter per l’investitore istituzionale in questo numero: n.73 editoriale p. 4 la parola a… L'angolo dell'analisi p. 6 Prof. Paolo Onofri La gestione del rischio nei fondi di private equity p. 8 Claudio Bocci — Prometeia contributi La direttiva europea sui gestori di fondi di investimento alternativi p. 10 Tommaso Martinoli, Area Affari Societari e Legali — BNP Paribas REIM Direttiva 2011/61/UE: una pietra miliare nella storia della gestione di fondi di investimento alternativi p. 14 Ludo Bammens, Head of EMEA Corporate Affairs — KKR Chloe Lavedrine, Principal Client & Partner Group — KKR Opportunità d'investimento nel debito dei mercati emergenti p. 17 Steffen Reichold, PhD, Economista per i mercati emergenti — Stone Harbor Claudia Marciano, Responsabile per le relazioni con i consulenti in Europa — Stone Harbor Chetana Munot, Responsabile per le relazioni con i clienti istituzionali in Europa — Stone Harbor osservatorio prometeia "C’è una rotta fuori dai porti sicuri?”: alcuni approfondimenti con i relatori Stefania Luciani — Prometeia p. 25 A anteo newsletter per l’investitore istituzionale Quali prospettive per gli investimenti fuori dai “porti sicuri”? p. 33 Emanuele De Meo, Ugo Speculato, Giacomo Tizzanini, Lea Zicchino — Prometeia Stima dei flussi di vendita di titoli di Stato italiani a seguito di un eventuale declassamento a Speculative Grade p. 38 Ugo Speculato — Prometeia, Luca Borella L’imposta sulle transazioni finanziarie in Europa p. 41 Daniela Viggiano — Prometeia approfondimenti Quali ulteriori misure di sostegno all’economia potrebbe adottare la Bce? p. 45 Federico Calogero Nucera Dal Rapporto di Previsione dell’Associazione Prometeia (aprile 2013) Le prossime tappe per un completamento dell’Unione Economica e Monetaria p. 48 Maria Valentina Bresciani — Prometeia Associazione Massimiliano Coluccia — Prometeia Dal Rapporto di Previsione dell’Associazione Prometeia (aprile 2013) Il processo di deleveraging dell’economia italiana: prospettiva 2020 p. 53 Michele Catalano, Emilia Pezzola — Prometeia Associazione Dal Rapporto di Previsione dell’Associazione Prometeia (aprile 2013) pillole Analisi congiunturale dell’economia reale e dei mercati finanziari Annalisa De Nicola, Ugo Speculato — Prometeia p. 59 n.73 A anteo 4 editoriale Ritorna ANTEO in edizione ordinaria, dopo i numeri dedicati alla III Giornata Nazionale della Previdenza e al nostro IX Percorso di InFormazione. Lo fa salutando l’estate ed offrendo ai lettori un numero particolarmente ricco di pezzi e, speriamo, di spunti operativi e di approfondimento per i sempre più numerosi lettori. Il dilemma sulle possibili “rotte” al di fuori dei “porti sicuri (?)” rimane di grande attualità anche dopo il IX Percorso di Amburgo. Ci ritorniamo volentieri sia con i nostri sempre apprezzati economisti, a partire da ”l’angolo dell’analisi” del Prof. Onofri e dalle prospettive analizzate dal team degli analisti dei mercati finanziari, proseguendo ridando la parola ad alcuni degli speaker anseatici, ai quali erano state rivolte alcune domande che non c’era stato tempo di soddisfare durante i lavori. Vengono poi trattati due temi di attualità, ovvero l’entrata in vigore della Direttiva 2011/61/ UE nota come AIFM e la valutazione del merito di credito delle emissioni obbligazionarie, con particolare enfasi sui titoli di stato italiani ed i mercati emergenti. Sul primo tema, ovvero sui contenuti giuridici ed i possibili impatti sul business della direttiva comunitaria sui gestori di fondi di investimento “alternativi” ospitiamo un paio di contributi di importanti gestori globali di real estate e private equity, oltre ad un’analisi del team di consulenza agli asset managers di Prometeia SpA sulla gestione del rischio specifica per i fondi di private equity. Auspichiamo che anche in Italia la Direttiva sia presto pienamente in vigore, anche a seguito della modifica del TUF in vista della quale si è svolta una pubblica consultazione: l’incertezza sta infatti provocando difficoltà a gestori ed investitori di nuovi fondi alternativi, del tutto ingiustificate per un Paese che si ritiene finanziariamente sviluppato. prometeia advisor sim Anche sul tema del merito di credito, particolarmente caldo in queste settimane dopo le circolari congiunte del 22 luglio scorso da parte delle Autorità di Vigilanza di assicurazioni, fondi pensione e di investimento sul ruolo del rating nei processi di investimento, ospitiamo un’analisi del team di analisti dei mercati finanziari sui potenziali effetti di una (quanto mai esecrabile!) riduzione sotto investment grade del debito pubblico italiano, oltre ad un contributo di un gestore specializzato A anteo 5 sul debito emergente, che tanto ha fatto penare i numerosi investitori che vi hanno investito al primo “stormir di tapering”. Le elezioni tedesche, che si terranno mentre ANTEO sarà in impaginazione, pur apparentemente scontate nell’esito principale (ma il diavolo sta sempre nei dettagli…), offrono l’occasione per dare spazio ad un paio di contributi sulle possibili prossime tappe dell’UEM e sulle misure di sostegno della BCE ad economie sempre più in affanno strutturale, come quella italiana per effetto del delevarage, analizzato anche in prospettiva nel terzo approfondimento tratto dal Rapporto di Previsione dell’Associazione Prometeia. Viene poi analizzato anche l’impatto continentale dell’imposta sulle transazioni finanziarie (più nota come Tobin Tax), sulla quale le perplessità degli operatori di mercato non mancano, data l’eterogeneità di applicazione nei vari Paesi ed i conseguenti inevitabili arbitraggi tra mercati di una finanza sempre più dematerializzata. Le “pillole congiunturali” chiudono, come di consueto, questo ricco numero 73 di ANTEO, che vi terrà compagnia fino a novembre, anche sul sito www.prometeiaadvisor.it: visitatelo con frequenza, vi troverete sempre più aggiornamenti sulle nostre attività e materiale di analisi e ricerca. Buona lettura a tutti! prometeia advisor sim L'angolo dell'analisi Prof. Paolo Onofri In occasione del nostro ultimo evento annuale tenuto ad Amburgo, nel suo intervento “evoluzione e redistribuzione del rischio macroeconomico” è stato dato rilievo, tra le altre cose, alla relazione tra aspettative macroeconomiche e strategie di politica monetaria, nonché ai riflessi che tutto questo poteva avere sui rendimenti dei titoli “safe” Nel mio intervento ad Amburgo avevo sottolineato qualche perplessità circa la valutazione eccessivamente ottimistica dell’andamento dell’economia Usa da parte della Fed e la vacuità delle reazioni che i mercati avevano avuto. Con il Fomc di settembre la Fed ha rivisto al ribasso tali valutazioni e deciso di rinviare l’inizio della riduzione degli interventi. Uno degli effetti che paventavo come conseguenza della sovra reazione dei mercati era l’effetto dei rialzi anticipati dei rendimenti a lunga sulla ripresa stessa. Infatti, sono stati soprattutto gli effetti di incremento dei tassi sui mutui e le implicazioni per la ripresa del mercato immobiliare a convincere il Fomc a rinviare la riduzione degli interventi. Ciò che è accaduto in questi mesi è comunque carico di insegnamenti circa la volatilità che si prospetta nei trimestri e anni che abbiamo davanti data la lunghezza della fase di exit strategy. Le previsioni di medio termine formulate da Prometeia nell’aprile scorso contenevano uno scenario per il tasso di policy Usa che avrebbe raggiunto il 3.5% tra il 2019 e il 2020, ora i membri del Fomc valutano che in quegli anni il tasso di policy raggiunga il 4%. In ogni caso un processo lento di ritorno alla normalità e un lungo periodo di elevata volatilità sui mercati finanziari. A proposito di exit strategy: è ormai chiaro il diverso atteggiamento di Fed, Bce e BoJ: questo potrebbe comportare rischi di aspettative non lineari degli operatori economici e finanziari intensificando il decoupling tra Usa e Uem non solo sui tassi ma anche sui mercati azionari? prometeia advisor sim A anteo 6 Anche se il Fomc ha modificato le aspettative circa i tempi di uscita dalle misure non convenzionali, non vi è dubbio che le prospettive di uscita dalle attuali politiche monetarie per Bce e Boj saranno molto più dilazionate nel tempo rispetto a quella della Fed. La mia opinione è che non vi sia un rilevante decoupling tra mercati Usa ed europei dei debiti sovrani, mentre la desincronizzazione delle future exit strategy potrebbe determinare una struttura per scadenza dei tassi di interesse troppo pendente per le attese di ripresa dell’economia europea e di conseguenza un decoupling dei mercati azionari. In Europa le problematiche sono molteplici; il cantiere delle riforme istituzionali sembra procedere a rilento e sarà necessaria una redistribuzione dei rischi tra paesi e tra sistema finanziario e privati; ciò potrà comportare nuovi fenomeni di instabilità, magari anche di tipo diverso rispetto a quelle sperimentate negli ultimi due anni? A mio parere, la strada lungo la quale si sono avviate le riforme istituzionali europee, lenta e soggetta a molti stop and go, è già stata interiorizzata dai mercati e, assieme a quanto detto circa le exit strategy, configura complessivamente aspettative di prolungate fasi di instabilità politica e volatilità sui mercati finanziari, senza escludere che in futuro possano ritornare anche timori di frammentazione dell’euro. Continuo a ritenere che la frammentazione non avverrà, ma, come abbiamo visto nel passato, anche i soli timori possono essere molto costosi per i mercati e per l’economia reale. Il 2013 dovrebbe costituire il punto di minimo del ciclo economico mondiale ed anche nell’eurozona la recessione sembra ormai esaurirsi ma i prossimi cicli espansivi saranno molto diversi da quelli passati; su quali elementi sarà fondata la nuova normalità? A anteo La nuova normalità attesa dagli operatori cambia nel tempo prima che la si possa sperimentare; in ogni caso, ritengo che ormai si debbano evitare i confronti con gli anni della cosiddetta Grande Moderazione 2002-2007 non solo per evitare eccessive frustrazioni, ma perché stanno emergendo ed emergeranno via via con maggiore intensità quei fenomeni di fondo che negli ultimi anni sono stati messi in ombra dalla crisi. La nuova normalità sarà quindi condizionata innanzitutto da processi di lungo periodo: nuova divisione del lavoro mondiale e quindi meno risorse a disposizione dei paesi avanzati, riduzione dei debiti sovrani e invecchiamento della popolazione nei paesi avanzati e quindi meno stimoli da parte dei bilanci pubblici. Su questi fenomeni si 7 innesteranno caratteristiche che sono maturate durante gli ultimi cinque anni di crisi e che sono destinate a permanere a lungo. L’evoluzione dei mercati finanziari, dipendente più dalle banche centrali che dalle economie reali, potrà fare a meno delle terapie sin qui adottate? Il processo di messa in sicurezza dei bilanci bancari impedirà il ritorno ai livelli di investimento del passato, di fronte allo sviluppo lento di maggiori finanziamenti tramite i mercati finanziari? In Europa, i flussi di capitale tra i paesi dell’euro area saranno sistematicamente minori anche per una prospettiva di minori squilibri tra le loro bilance dei pagamenti correnti? Ecc. prometeia advisor sim la parola a… La gestione del rischio nei fondi di private equity Claudio Bocci — Prometeia N onostante la crisi finanziaria, in Italia negli ultimi anni si è registrata una crescita dell’investimento in fondi private equity da parte degli investitori istituzionali. Alla fine del 2012 questa asset class era arrivata a rappresentare circa il 4,3% degli investimenti delle fondazioni bancarie e l’1,5%1 degli investimenti di enti previdenziali (principalmente casse private), seppure con un certo rallentamento di nuovi flussi negli ultimi 12-18 mesi rispetto agli anni precedenti. Tradizionalmente l’elevato livello di rischiosità, l’assenza di norme particolarmente vincolanti riguardo la trasparenza e la reportistica a favore degli investitori e l’apparente carenza della normativa secondaria sull’attività di gestione del rischio hanno rappresentato barriere all’entrata per gli investitori istituzionali (e retail in via indiretta). Questi investitori evidenziano la necessità di confrontarsi con asset manager cha abbiano investito per adottare presidi e strumenti evoluti di sana e prudente gestione. Sempre di più emerge come l’elemento distintivo di un gestore private equity possa essere riconducibile ai controlli utilizzati nella gestione del rischio che diventa una componente fondamentale soprattutto in un contesto caratterizzato da forti asimmetrie informative a sfavore dell’investitore. Per “gestione del rischio” in questa sede si intendono tutti quegli elementi di controllo volti ad identificare, a gestire ed ad attenuare gli eventi che possano avere un impatto sull’attività di investimento e di raggiungimento degli obiettivi di rendimento. In quest’ottica un adeguato risk management presuppone elementi quali la misurazione del rischio con un processo strutturato (nel senso di un algoritmo), codificato (la metodologia deve essere formalizzata), omogeneo (oggetti di valutazione similari tra loro devono ricevere simili valutazioni) e che preveda la determinazione di eventuali soglie di accettazione del rischio. prometeia advisor sim A anteo 8 1 Dati relativi ad un campione del 90% per le fondazioni e del 75% per gli enti previdenziali. Questo livello “evoluto” di gestione del rischio è ormai ampiamente diffuso nell’industria del fondi mobiliari e appare ormai necessario che anche i gestori private equity si dotino di un più efficiente controllo ex ante ed ex post dell’investimento, non soltanto concentrandosi sul prezzo/valore della società target al momento dell’acquisto ma anche su quello che è il suo “rischio” in tutte le diverse fasi di gestione (investimento, valorizzazione e disinvestimento). Se da un lato le associazioni di riferimento internazionali (cfr. le linee guida dell’EVCA) o le best practice spingono verso un approccio risk based, dall’altro la normativa secondaria italiana fornisce una serie di principi generali, restringendo l’alveo di valutazioni effettuate con un approccio risk based. A tal proposito, da un’indagine condotta da Prometeia nell’industria del private equity nazionale nel periodo dicembre-marzo 2013, sono emersi risultati interessanti sul tema. Il survey è stato rivolto ad un campione, molto variegato, di SGR italiane che rappresentano circa 8,1 mld di euro in commitment e 40 fondi d’investimento. Il principale obiettivo è stato quello di rilevare e analizzare le prassi utilizzate dai gestori nell’ambito dei sistemi di gestione del rischio. Le aree su cui l’indagine ha posto maggiore attenzione sono state: »» la definizione delle politiche di rischio; »» la funzione di risk management (dimensionamento, compiti ed attività); »» il ruolo del risk management nel processo di investimento e gestione delle società target. Dall’indagine è emerso come, nonostante la funzione di risk management sia strutturata ed articolata come richiesto dalla normativa, l’approccio metodologico e operativo sia declinato in modo significativamente differente da gestore a gestore, anche in funzione di diversi modelli di offerta e stili gestionali. Ad esempio, una parte dei gestori ha definito un livello di risk appetite (c.d. rischiosità obiettivo), in forma qualitativa e tra questi alcuni hanno A anteo definito esplicitamente una risk tolerance (c.d. rischiosità massima consentita in aggiunta a quella obiettivo). Tra i gestori che hanno codificato una risk policy, i contenuti sono comunque molto variegati: in alcuni casi sono definiti livelli di rischio quali-quantitativi per singolo investimento mentre in altri la policy si concentra solo sulle attività svolte dalla funzione di risk management. In alcuni casi si segnala un livello di coinvolgimento minimo della funzione di risk management nell’attività della sgr, ad esempio nella verifica (come secondo livello di controllo) della coerenza tra i modelli utilizzati per i vari investimenti e le ipotesi sottostanti. Nell’ambito della gestione del rischio all’interno del processo di investimento, in alcuni casi è utilizzato un modello di valutazione della società target durante la fase di negoziazione. I rischi non sempre vengono utilizzati come parametri di input del modello, ma sono considerati come elementi che scontano implicitamente i flussi economicofinanziari del modello dcf (discount cash flow) utilizzato. Dall’analisi emerge come l’approccio alla gestione del rischio risulti eterogeneo a livello di industria, cambiando da gestore a gestore. Inoltre, non sempre il livello di complessità della funzione è correlato alla dimensione organizzativa e/o aelle masse in gestione. Ciò, probabilmente, è dovuto anche alla variabilità della normativa, 9 alla fase ancora di crescita dell’industria private equity nazionale ed alla mancanza una best practice definita. Questa relativa “immaturità” appare ancora più evidente nel confrontato con il mondo degli strumenti quotati che vanta letteratura e prassi ben rodate. Va inoltre ricordata la variabilità dei processi di investimento e di valutazione, che all’interno della “famiglia” private equity comprende approcci molto diversi dal venture capital al buyout ai fondi di fondi alle infrastrutture. In generale vi è probabilmente l’opportunitànecessità per l’industria di evolvere verso modelli più strutturati e formalizzati di risk management che incorporino il value della società target (potenziale o in portafoglio) e il suo corrispondente value at risk e dove alla valutazione del singolo investimento venga affiancata una visione d’insieme del fondo. L’obiettivo a tendere di tale evoluzione dovrebbe essere finalizzato a garantire maggiori forme di tutela sia agli investitori, che al management e ai massimi organi interni dei gestori. Anche in quest’ottica si è articolata la nuova direttiva AIFM (Alternative Investment Fund Managers) che introduce dei requisiti più stringenti per i gestori di fondi alternativi nell’ambito della gestione del rischio. La normativa, essendo un regolamento, è entrata in vigore ope legis a luglio 2013, e sarà interessante verificarne gli effetti sul mercato, anche in considerazione di possibili valutazioni di Banca d’Italia in merito. prometeia advisor sim A anteo 10 contributi La direttiva europea sui gestori di fondi di investimento alternativi Tommaso Martinoli, Area Affari Societari e Legali — BNP Paribas REIM Premesse I n data 20 agosto scorso, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale n. 194, è stata pubblicata la legge 6 agosto 2013, n. 96 (c.d. Legge di delegazione europea 2013) recante, all’articolo 12, la delega al Governo per l’attuazione della direttiva 2011/61/ UE, sui gestori di fondi di investimento alternativi (la “Direttiva AIFM”). La Direttiva AIFM è una delle risposte del legislatore europeo alle difficoltà finanziarie che hanno interessato i paesi dell’Unione nel corso dell’ultimo quinquennio e che hanno reso evidente il fatto che le attività dei gestori di fondi di investimento alternativi (i “GEFIA”) possono anche contribuire a diffondere o ad amplificare i rischi in tutto il sistema finanziario. La considerazione principale che risposte legislative nazionali, non coordinate tra loro, avrebbero reso difficile una gestione efficiente di tali rischi, ha spinto il legislatore europeo, in primo luogo, a stabilire disposizioni comuni in materia di autorizzazione e vigilanza dei GEFIA, nonché a fornire un approccio uniforme ai rischi connessi e al loro impatto sugli investitori e sui mercati nell’Unione tenendo conto della vasta gamma di strategie e tecniche di investimento utilizzate dai GEFIA medesimi. La Direttiva AIFM mira, pertanto, attraverso un processo graduale di armonizzazione che dovrebbe concludersi nel 2018, a creare un mercato interno per i GEFIA e un quadro regolamentare e di vigilanza armonizzato, per quanto riguarda le attività all’interno dell’Unione di tutti i GEFIA, inclusi quelli aventi sede legale in uno Stato membro (GEFIA UE) e quelli aventi sede legale in un paese terzo (GEFIA non UE). prometeia advisor sim La Direttiva AIFM ed il collegato Regolamento delegato n. 231/2013 (il “Regolamento”), definiscono, di conseguenza, regole armonizzate applicabili ai gestori di tutti i fondi di investimento, diversi da quelli ricompresi nella direttiva 2009/65/CE (i fondi comuni armonizzati), prevedendo l’applicazione ai gestori stessi di regole di condotta, di trasparenza informativa, di requisiti patrimoniali, organizzativi e di controllo del rischio analoghi a quelli previsti per le società di gestione di fondi comuni armonizzati. Si fa presente ai lettori che l’ambito di applicazione della Direttiva AIFM è limitato ai soli soggetti che esercitano abitualmente l’attività di gestione di fondi d’investimento alternativi (i c.d. “FIA”) - indipendentemente dal fatto che il fondo sia di tipo aperto o chiuso, prescindendo dalla forma giuridica dello stesso o dal fatto che il fondo sia o meno quotato - e che raccolgono capitale da una pluralità di investitori allo scopo di investirlo a vantaggio di tali investitori in base a una determinata politica d’investimento. È da sottolineare come la Direttiva AIFM preveda alcune deroghe escludendo la sua applicazione ai gestori che hanno portafogli di ammontare inferiore ai 100 milioni di Euro ovvero di 500 milioni di Euro qualora i fondi non ricorrano alla leva finanziaria e che, la stessa direttiva, non si applichi ai veicoli di gestione di un patrimonio familiare, alle società di partecipazione finanziaria, a enti e fondi pensione, a enti sovranazionali quali BEI, BCE, Fondo Europeo per gli investimenti e FMI, a banche centrali nazionali, a governi nazionali, regionali e locali. In base alle nuove norme, pertanto i gestori potranno commercializzare liberamente in tutta l’Unione Europea, nei confronti degli investitori professionali, fondi d’investimento alternativi da essi gestiti; potranno inoltre gestire fondi alternativi riservati a investitori professionali negli altri paesi dell’Unione Europea su base transfrontaliera o con stabilimento di succursali. Con riferimento alla commercializzazione di FIA nei confronti degli investitori al dettaglio ciascun stato membro potrà imporre requisiti aggiuntivi ai fini della protezione di questa categoria di investitori. A anteo La Direttiva AIFM Di seguito si procederà ad un esame delle principali novità introdotte dalla Direttiva AIFM e dal Regolamento relativamente all’autorizzazione del GEFIA, i conflitti di interessi, la gestione del rischio, la commercializzazione delle quote, gli obblighi di trasparenza e; in ultimo, le politiche di remunerazione, rimandando ad un’altra riflessione l’approfondimento di altre tematiche quali quelle relative all’organizzazione interna del gestore, l’attività di valutazione degli asset, la delega di funzioni e l’outsourcing. 1. Autorizzazione del GEFIA Al fine di operare nell’Unione Europea i GEFIA devono richiedere l’autorizzazione all’Autorità competente del loro Paese d’origine, sulla falsa riga di quanto già avviene per la richiesta all’esercizio della gestione di portafogli da parte di una società di gestione del risparmio. La procedura di autorizzazione è diventata molto particolareggiata ed esigente sotto il profilo delle informazioni da fornire alla Autorità di Vigilanza, in quanto, in aggiunta alle usuali informazioni richieste devono essere fornite, inter alia, informazioni: »» in materia di politiche e prassi remunerative del personale del GEFIA; »» sugli accordi intercorrenti con il depositario; »» sulle strategie d’investimento dei fondi, tenuto conto delle citate strategie e tecniche di investimento dei fondi medesimi e soprattutto informazioni circa la politica del GEFIA in merito al ricorso alla leva finanziaria, sui profili di rischio, nonché sulle altre caratteristiche dei FIA di cui ha la gestione o che intende gestire; »» sui modelli informativi e di rendicontazione agli investitori di cui all’art. 23 della direttiva. Si evidenzia come la direttiva si preoccupi affinché il legislatore nazionale esiga che i GEFIA siano dotati di un capitale iniziale e di fondi propri in misura adeguata e proporzionata nel tempo al valore dei portafogli gestiti al fine di coprire, almeno parzialmente, i potenziali rischi di responsabilità professionale derivanti dalle attività esercitate. Sotto quest’ultimo profilo i GEFIA dovranno dotarsi sia di fondi propri aggiuntivi, investibili in liquidità o in attività prontamente convertibili in contanti nel breve termine, adeguati a coprire i potenziali rischi di responsabilità derivanti da negligenza professionale, sia dotarsi di assicurazioni della responsabilità civile professionale adeguata ai rischi coperti. 11 2. Conflitti di interessi La Direttiva AIFM prevede che i GEFIA adottino tutte le misure ragionevoli per evitare conflitti di interesse e, quando questi non possono essere evitati, per individuarli, gestirli e controllarli nonché, se del caso, comunicare tali conflitti di interesse, al fine di evitare che essi incidano negativamente sugli interessi dei FIA e dei loro investitori al fine di garantire che i FIA che gestiscono siano trattati in modo equo. A mero titolo esemplificativo, di seguito, vengono elencati alcuni esempi di conflitti di interessi da considerarsi nel corso della gestione del FIA tra: »» il GEFIA, compresi la sua alta dirigenza (il Consiglio di Amministrazione e/o il Comitato Esecutivo), i dipendenti o qualsiasi persona direttamente o indirettamente legata al GEFIA da una relazione di controllo, e il FIA gestito dal GEFIA, o gli investitori di tale FIA; »» il FIA, o gli investitori di tale FIA, e un secondo FIA, o gli investitori di questo secondo FIA; »» il FIA, o gli investitori di tale FIA, e un altro cliente del GEFIA; »» il FIA, o gli investitori di tale FIA, e un OICVM gestito dal GEFIA o dagli investitori di detto OICVM; ovvero »» due clienti del GEFIA. In relazione ai conflitti di interessi non gestibili la direttiva rafforza la necessità di informativa da parte del GEFIA nei confronti degli investitori del fondo interessato, rimandando al Regolamento una più puntuale classificazione delle tipologie di conflitti di interessi, la necessità di dotarsi di procedure e misure per la prevenzione o la gestione dei conflitti stessi nonché per il loro monitoraggio. 3. Gestione del rischio La Direttiva AIFM si è preoccupata di rafforzare la gestione del rischio da parte del GEFIA imponendo a questi ultimi di separare, sotto il profilo funzionale e gerarchico, le funzioni di gestione del rischio dalle unità operative, comprese le funzioni di gestione del portafoglio, rimettendo la valutazione di merito sull’adeguatezza di tale separazione funzionale alle autorità competenti dello Stato membro d’origine del GEFIA. Si segnala che la Direttiva AIFM ha innovato le tipiche attività svolte da tale funzione rendendo sempre più la stessa parte integrante del processo aziendale e di supporto alle strategie gestorie del GEFIA. Ed proprio sotto questa veduta che vanno interpretate le nuove prometeia advisor sim mansioni affidate a tale organo dalla Direttiva, in quanto la stessa stabilisce come i GEFIA: »» stabiliscono criteri per assicurare la separazione funzionale e gerarchica della funzione di gestione del rischio (controlli, supervisione, corrispettivi, ruolo del Consiglio di Amministrazione, etc..); »» adottano sistemi di gestione del rischio adeguati; »» valutano, monitorano e riesaminano almeno una volta l’anno adeguatezza della politica di gestione del rischio, delle misure prese per affrontare le carenze nell’attuazione del processo, la perfomance della funzione e l’adeguatezza ed efficacia delle misure intraprese per assicurare separatezza funzionale e gerarchica della funzione medesima. »» stabiliscono regole di condotta per la definizione dei limiti all’assunzione dei rischi, adotta procedure per la misurazione e gestione del rischio, individuazione del livello massimo di leva finanziaria utilizzabile. La Direttiva AIFM ed il Regolamento richiederanno pertanto ai GEFIA alcune revisioni, più o meno limitate a seconda dell’organizzazione interna di ciascuno, delle proprie strutture organizzative per consentire l’innalzamento di tale ufficio da semplice funzione di controllo di secondo livello ad una entità propria ed integrata nel processo aziendale di business. Solo così si spiega il dettato della Direttiva affinché i GEFIA si dotino (i) di un sistema adeguato per la gestione della liquidità – atto a verificare l’adeguatezza in sede di gestione e disinvestimento delle attività del FIA - (ii) di procedure che gli consentano di controllare il rischio di liquidità del FIA (verifica dei limiti per la gestione della liquidità e prove di stress, i GEFIA assicurano che per ogni FIA gestito, la strategia di investimento, il profilo di liquidità e la politica di rimborso siano coerenti) e, in ultimo, (iii) di garantire che il profilo di liquidità degli investimenti del FIA sia conforme alle obbligazioni sottostanti. 4. La commercializzazione delle quote e il Passaporto Europeo del gestore Come anticipato in premessa, lo scopo della Direttiva è di giungere, attraverso un processo di graduale armonizzazione, a un mercato unico europeo dei gestori di fondi alternativi dedicati agli investitori professionali. prometeia advisor sim A anteo 12 Per giungere a tale scopo, al fine di poter commercializzare quote del FIA presso investitori professionali nel proprio Stato membro d’origine, il GEFIA deve preventivamente richiedere un’autorizzazione alle Autorità competenti ai sensi dell’art. 31 della Direttiva, illustrando, inter alia, le modalità con cui avverrà la distribuzione delle quote presso gli investitori. Su questa tematica i gestori, durante il periodo di consultazione del Testo Unico della Finanza, hanno cercato di semplificare il processo del rilascio di tale autorizzazione in quanto la Direttiva AIFM prevede che l’Autorità di Vigilanza abbia un periodo di 20 giorni per rilasciare l’autorizzazione, diversamente da quanto accadeva fino ad ora, prima dell’introduzione della Direttiva, laddove per i fondi riservati ad investitori professionali l’autorizzazione era sostanzialmente automatica con l’approvazione in via generale del regolamento del fondo. Analoga autorizzazione dovrà essere richiesta dal GEFIA laddove quest’ultimo voglia commercializzare un FIA in uno stato membro dell’Unione diverso dal proprio stato membro d’origine ovvero gestire un FIA stabilito in un altro Stato membro dell’Unione. In tal caso bisognerà verificare se la gestione del fondo avvenga in libera prestazione di servizi o tramite stabilimento di succursale con le differenti forme di notifica previste dalla normativa. A parte questi aspetti un po’ burocratici bisogna tuttavia considerare come un’eccessiva regolamentazione e burocrazia nel rilascio delle autorizzazioni non potrà che mettere un ulteriore freno ai fondi immobiliari italiani in quanto i gestori di tali fondi partono già con uno svantaggio competitivo rispetto a gestori esteri localizzati in paesi europei (vedasi uno su tutti il Lussemburgo) in cui la Direttiva AIFM e i provvedimenti collegati sono già stati implementati e tali gestori potranno, prima degli altri, commercializzare quote dei propri fondi ad investitori professionali italiani. 5. Gli obblighi di trasparenza La Direttiva AIFM vuole garantire un più elevato livello di tutela degli investitori e, a tal fine, stabilisce che un GEFIA è tenuto, per ciascun FIA che gestisce e per ciascun FIA che commercializza nell’Unione, a mettere a disposizione ai propri investitori ed alle Autorità di Vigilanza la seguente documentazione: »» una relazione annuale, entro sei mesi dalla fine dell’esercizio stesso; »» una informativa preventiva agli investitori A anteo (prima che investano nel Fondo) contenente, inter alia, una descrizione della strategia e degli obiettivi di investimento del FIA; della procedura di valutazione del FIA e della metodologia di determinazione del prezzo per la valutazione le attività, e, in ultimo una descrizione del modo in cui il GEFIA garantisce l’equità di trattamento degli investitori; »» una informativa periodica agli investitori; e »» una serie di obblighi di segnalazione alle autorità competenti: tra le quali si segnalano i profili di rischio, la leva finanziaria utilizzata, le prove di stress sugli strumenti finanziari oggetto di investimento etc... 6. Le politiche di remunerazione Al fine di allineare l’interesse degli investitori a quello del gestore la Direttiva ha imposto ai GEFIA di applicare, al personale il cui operato ha un impatto significativo sul profilo di rischio del FIA, tra cui gli alti dirigenti e funzioni di controllo, una politica retributiva che tenga conto della sana gestione dei rischi e del controllo sull’assunzione dei rischi da parte di tali individui, invitando altresì i gestori, a seconda della loro dimensione, ad istituire, all’interno del Consiglio di Amministrazione, un comitato interno per le remunerazioni. Nell’adozione di tale politica remunerativa i GEFIA devono rispettare alcuni principi, per i quali, ad esempio, la politica remunerativa: »» deve essere in linea con la strategia aziendale, gli obiettivi, i valori e gli interessi del GEFIA e dei FIA che gestisce o degli investitori di tali fondi e comprende misure intese ad evitare i conflitti d’interesse; »» deve essere soggetta a revisione periodica; nonché »» deve prevedere una parte di remunerazione fissa ed una variabile con una procedura di misurazione della performance e di assegnazione del compenso. Il periodo transitorio Il 22 luglio 2013 è scaduto il termine di recepimento della Direttiva negli ordinamenti nazionali e, alla medesima data, è entrato in vigore anche il già citato Regolamento delegato, che contiene disposizioni attuative della AIFM in tema di deroghe, condizioni generali di esercizio, depositari, leva finanziaria, trasparenza e sorveglianza, il cui contenuto risulta sostanzialmente coerente con la normativa regolamentare nazionale attualmente vigente. 13 Il fatto è che, a seguito della pubblicazione della Legge di Delegazione Europea 2013, non si è ancora concluso l’iter di recepimento della Direttiva in quanto l’intera industria è in attesa, in primo luogo, della pubblicazione degli esiti della consultazione al Testo Unico della Finanza (il D. Lgs n. 58/98 “TUF”), conclusasi nel corso del mese di luglio e, secondariamente, del prossimo avvio delle consultazioni relative alla recepimento della Direttiva nelle disposizione nazionali quali, il D.M. n. 228/99, il Provvedimento del Governatore della Banca d’Italia dell’8 maggio 2012 e, in ultimo, i regolamenti Consob e i regolamenti congiunti Banca d’Italia - Consob. Pertanto, considerata l’efficacia diretta nell’ordinamento nazionale, del Regolamento UE nonché di quelle disposizioni della direttiva che devono ritenersi, per costante giurisprudenza, self-executing in virtù del loro contenuto positivo, chiaro, preciso e dettagliato (tra cui quelle concernenti la disciplina transitoria e l’operatività transfrontaliera dei gestori), la Banca d’Italia e la Consob hanno fornito - secondo un’impostazione condivisa dal Ministero dell’Economia e delle Finanze – alcuni chiarimenti ed indicazioni tesi a chiarire le regole applicabili dal 22 luglio 2013 sino all’entrata in vigore delle disposizioni nazionali di recepimento della direttiva. La comunicazione congiunta delle due autorità di vigilanza stabilisce, con riferimento ai gestori italiani, che le SGR che gestiscono e commercializzano nei confronti di investitori professionali o di investitori al dettaglio OICR che ricadono nel perimetro applicativo della direttiva possono continuare a gestire e commercializzare tali FIA operando in base al quadro normativo nazionale vigente. Stesso discorso per quanto attiene l’autorizzazione di nuovi gestori italiani e l’istituzione e commercializzazione di nuovi FIA italiani che continuano ad essere regolate dalle disposizioni nazionali vigenti. Pertanto, fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni nazionali, legislative e regolamentari, di recepimento della direttiva le SGR non possono gestire o commercializzare FIA in via transfrontaliera negli altri Stati membri dell’UE mediante la procedura di notifica prevista dagli artt. 32 e 33 della direttiva medesima. La comunicazione detta, infine, altre disposizioni transitorie in merito alla normativa da applicarsi ai gestori comunitari ed ai gestori e FIA extracomunitari. prometeia advisor sim A anteo 14 contributi Direttiva 2011/61/UE: una pietra miliare nella storia della gestione di fondi di investimento alternativi Ludo Bammens, Head of EMEA Corporate Affairs — KKR Chloe Lavedrine, Principal Client & Partner Group — KKR L a Direttiva 2011/61 sui gestori dei fondi di investimento alternativi (direttiva “GEFIA”) è una pietra miliare nella storia della gestione di fondi alternativi. È importante che gli investitori istituzionali italiani comprendano l’impatto della direttiva GEFIA così da garantire l’accesso continuo alla gamma completa delle opportunità di investimento nel settore globale degli investimenti alternativi, nonché per beneficiare al massimo del sistema di tutela degli investitori. La direttiva GEFIA crea un mercato interno unico per la commercializzazione dei fondi di investimento alternativi (“FIA”) presso gli investitori qualificati all’interno dello Spazio Economico Europeo (“SEE”). I gestori di fondi di investimento alternativi di una certa dimensione aventi domicilio all’interno del SEE (“GEFIA SEE”) dovranno essere autorizzati ai sensi del nuovo regime valido nel SEE. In seguito all’autorizzazione ricevuta dal proprio Stato Membro, i GEFIA SEE potranno beneficiare di un “passaporto per la commercializzazione SEE” che permetterà loro di commercializzare quote dei fondi basati nel SEE (FIA SEE) presso gli investitori qualificati domiciliati in tutti gli Stati Membri del SEE. La direttiva GEFIA impone ai GEFIA SEE un’ampia rosa di requisiti operativi. Ai fini del presente articolo, l’attenzione sarà rivolta a quei requisiti che nell’immediato hanno una maggiore rilevanza per gli investitori. prometeia advisor sim La direttiva GEFIA si applica a tutti i gestori di fondi? La direttiva GEFIA si applica a tutti i GEFIA SEE (indipendentemente dal luogo in cui i fondi sono stabiliti) e a tutti i gestori che gestiscano un FIA SEE (indipendentemente dal luogo in cui è stabilito il gestore) ovvero commercializzino quote di fondi presso investitori domiciliati in qualsivoglia Stato Membro del SEE. La direttiva GEFIA si applica solo parzialmente a quei gestori di fondi che gestiscono FIA con assets non superiori a100 milioni di Euro oppure 500 milioni di Euro, per la maggior parte dei fondi di private equity. La direttiva GEFIA non si applica ai gestori non appartenenti al SEE qualora questi non gestiscano FIA SEE ovvero non “commercializzino” quote di FIA a investitori domiciliati nel SEE ai sensi della direttiva GEFIA. Fatte salve altre eccezioni, la direttiva GEFIA non si applica alle società di partecipazione finanziaria (holding) né ai soggetti che gestiscono regimi di partecipazione e regimi di risparmio dei lavoratori. La direttiva GEFIA si applica a tutti i fondi? La direttiva GEFIA si applica a tutti i FIA stabiliti nel SEE o commercializzati presso investitori SEE, siano essi FIA di alimentazione (feeder FIA) o FIA di destinazione (master FIA). I veicoli di investimento che non prevedano la gestione collettiva dei capitali degli investitori non rientrano nella categoria dei FIA a norma della direttiva GEFIA. In generale, i FIA non sono considerati come “commercializzati” presso un investitore SEE qualora sia stato l’investitore stesso, di propria iniziativa, a contattare il gestore di fondi. I fondi di alimentazione che investano una quota pari o superiore all’85% della propria attività su di un fondo diverso (ovvero un FIA di destinazione), potranno godere del passaporto di commercializzazione solo qualora anche il fondo di destinazione goda di tale passaporto. A anteo La direttiva GEFIA impone un formato o un processo specifico per la valutazione delle attività? La valutazione delle attività e il calcolo del valore patrimoniale netto per quota o azione deve essere effettuata perlomeno su base annua da valutatori indipendenti o dal GEFIA stesso. In quest’ultimo caso, il GEFIA dovrà provvedere al controllo e alla minimizzazione dei conflitti di interesse. Quale sarà il ruolo svolto dai depositari? Sarà cura dei GEFIA SEE nominare un depositario indipendente per ogni FIA da essi gestito. Il depositario riceverà i pagamenti da parte degli investitori e li terrà su conti separati; questi è altresì tenuto a custodire gli strumenti finanziari e a verificare la proprietà delle altre attività. La responsabilità oggettiva nei confronti degli investitori per le perdite sofferte in seguito a negligenza o inottemperanza intenzionale ai propri obblighi ricade sui depositari stessi. I gestori di fondi dovranno essere sufficientemente capitalizzati? I GEFIA dovranno mantenere “fondi propri” pari a perlomeno 125.000 Euro più lo 0,02% dell’ammontare del valore del portafoglio che eccede i 250 milioni di Euro, fino a un massimo di 10 milioni di Euro; essi dovranno altresì mantenere ulteriori fondi propri e/o un’assicurazione a copertura dei rischi di responsabilità. In ogni caso, i fondi propri di un GEFIA non potranno mai essere inferiori a un quarto delle spese operative annuali. Quale tipo di informazioni potranno attendersi gli investitori? I GEFIA saranno soggetti ad ampi obblighi d’informazione, sia prima che gli investitori prendano le proprie decisioni sull’investimento sia in maniera continua in seguito all’investimento. Gli obblighi di informazione sono relativi alla strategia d’investimento dei GEFIA, alle procedure di valutazione, alla liquidità nonché alle politiche e agli accordi di gestione del rischio in virtù dei quali gli investitori godono di trattamento di favore. 15 I GEFIA dovranno mettere a disposizione un rapporto annuale per ogni fondo europeo da essi gestito, comprendente il bilancio revisionato, un rapporto sulle attività del FIA, una descrizione di qualsiasi cambiamento significativo nel prospetto informativo e informazioni relative alla remunerazione. I GEFIA che gestiscono o commercializzano FIA ricorrendo alla leva finanziaria dovranno altresì divulgare il totale della leva finanziaria utilizzata dal FIA, eventuali modifiche alla leva finanziaria permessa nonché informare se vige un diritto di riutilizzo delle garanzie finanziarie. La direttiva GEFIA regolamenta la remunerazione dei gestori di fondi? La direttiva GEFIA non regolamenta l’ammontare della remunerazione di un gestore di fondi, essendo questo l’oggetto di trattative tra gli investitori e il gestore di fondi. Tuttavia, la direttiva GEFIA dispone che i GEFIA SEE prevedano politiche e pratiche di remunerazione per il personale chiave, al fine di soddisfare determinati requisiti relativi alla remunerazione variabile e di garantire la trasparenza nei confronti degli investitori riguardo alle politiche di remunerazione e all’importo aggregato delle remunerazioni. E a proposito dei gestori di fondi non SEE? I gestori di fondi e i fondi non basati nel SEE (“GEFIA non SEE” e “FIA non SEE”) non potranno godere del passaporto europeo almeno fino alla fine del 2015. Fino ad allora, i GEFIA non SEE potranno continuare a commercializzare i propri fondi a investitori SEE sulla base delle regole nazionali, a condizione che lo stato sede del FIA e del GEFIA nonché il FIA stesso soddisfino i requisiti minimi SEE. La direttiva GEFIA è già applicabile in Italia? La direttiva GEFIA avrebbe dovuto essere recepita entro il 22 luglio 2013. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha condotto una consultazione che si è conclusa il 26 luglio 2013; tuttavia il decreto legislativo di applicazione non è ancora stato approvato. prometeia advisor sim I GEFIA SEE autorizzati in un altro Stato Membro SEE possono sin d’ora utilizzare il proprio passaporto per commercializzare quote in FIA SEE presso investitori professionali in ciascuno degli Stati Membri SEE, ivi compresa l’Italia, ai sensi della procedura di notifica disposta dall’articolo 32 della direttiva GEFIA. I GEFIA italiani possono continuare a commercializzare in Italia secondo le leggi vigenti; tuttavia, essi potranno beneficiare del regime del passaporto europeo solo in seguito prometeia advisor sim A anteo 16 al recepimento della direttiva GEFIA in Italia e all’ottenimento dell’autorizzazione. I GEFIA non SEE possono continuare a offrire quote di FIA, previa approvazione della Banca d’Italia in consultazione con la CONSOB, ai sensi dell’articolo 42.5 del Testo Unico della Finanza. In alternativa, gli investitori istituzionali italiani possono assumere un atteggiamento attivo, perseguendo di propria iniziativa le opportunità di investimento offerte dai GEFIA al di fuori del territorio italiano. A anteo 17 contributi Opportunità d'investimento nel debito dei mercati emergenti Steffen Reichold, PhD, Economista per i mercati emergenti — Stone Harbor Claudia Marciano, Responsabile per le relazioni con i consulenti in Europa — Stone Harbor Chetana Munot, Responsabile per le relazioni con i clienti istituzionali in Europa — Stone Harbor R iesaminiamo le opportunità di investimento nel debito dei mercati emergenti alla luce dei recenti timori circa il rallentamento della crescita economica nei paesi emergenti e la sensibilità di questi mercati rispetto a possibili deflussi di capitali innescati dall’attesa riduzione del programma di allentamento monetario (Quantitative Eeasing o “ QE “) della Federal Reserve. In sintesi, riteniamo che i fondamentali di lungo periodo rimangano solidi nei mercati emergenti (data la loro crescita superiore e debito inferiore rispetto ai mercati sviluppati e date anche le riserve valutarie consistenti e l’inflazione contenuta) e che i recenti timori su questi mercati siano eccessivi. Nel secondo semestre del 2013 prevediamo un assestamento nella crescita del PIL in quasi tutti i mercati emergenti se non addirittura un incremento in diversi paesi. Le ragioni principali che spiegano questa possibile evoluzione sono legate al miglioramento del quadro economico negli Stati Uniti e nell’Eurozona, che andrà a beneficio di questi mercati, e la stabilità della loro domanda interna. A nostro parere, i mercati emergenti sono nella maggior parte meno vulnerabili ai disinvestimenti in obbligazioni di quanto non si pensi comunemente. Gli investimenti esteri diretti (Foreign Direct Investments) restano la principale fonte di flussi di capitale nella bilancia dei pagamenti. I flussi di portafoglio hanno fornito un apporto minore. Benché il debito locale detenuto da soggetti esteri sia aumentato notevolmente, crediamo che una quota rilevante di tale incremento vada ascritto ad allocazioni strategiche da parte di investitori istituzionali la cui esposizione totale a questa asset class resta ancora marginale. Di conseguenza, siamo convinti che i dati recenti sui (de)flussi nei fondi comuni d’investimento sopravvalutino il rischio di ulteriori disinvestimenti dal debito dei mercati emergenti. I corsi delle obbligazioni emesse dai paesi emergenti hanno subito correzioni importanti e crediamo restino interessanti rispetto ad altre tipologie di investimento obbligazionario. I rendimenti e gli spread sono ancora elevati e dovrebbero mantenere vivo l’interesse verso questa asset class. Da inizio maggio, i mercati obbligazionari mondiali hanno subito una forte ondata di vendite. I rendimenti dei Treasury USA a 10 anni hanno guadagnato quasi 10 punti base (pb) in reazione al ventilato programma di riduzione della politica di Quantitative Easing (QE) annunciato dalla Federal Reserve, a sua volta innescato da un miglioramento del quadro economico statunitense. Anche se il miglioramento economico è stato graduale, gli operatori di mercato hanno interpretato la discussione sul rallentamento del QE come un cambio di regime radicale da parte della Federal Reserve: l’inizio della fine del QE e, pertanto, l’inizio di una fase di rialzo dei tassi. La conseguenza immediata di questa mutata percezione del mercato è stata l’ondata di forti vendite nei mercati obbligazionari internazionali, ulteriormente aggravata dai disinvestimenti verificatisi nei fondi comuni d’investimento “retail“. Figura 1: C rescita del PIL mondiale Fonti: Haver Analytics, Stone Harbor Investment Partners LP prometeia advisor sim A anteo 18 Figura 2: Previsioni consensuali per il PIL 2013 Sebbene queste economie continuino a registrare un PIL che rimane nettamente superiore a quello dei mercati industrializzati, negli ultimi due anni molte aree emergenti hanno evidenziato un rallentamento, mentre i principali mercati industrializzati si sono difesi meglio, soprattutto gli Stati Uniti e di recente il Giappone che si è imbarcato nella cosiddetta “Abenomics”, l’aggressiva politica economica e monetaria inaugurata dal premier Abe (Figura 1). Le prospettive per l’Eurozona restano difficili, ma intravediamo segnali di una possibile fine della recessione entro quest’anno. Fonti: Bloomberg, Stone Harbor Investment Partners LP Figura 3: Flussi in fondi comuni d’investimento nel debito dei paesi emergenti Fonte: J.P. Morgan Figura 4: Debito dei mercati emergenti denominato in valute locali e detenuto da soggetti esteri La minor fiducia riposta sulla crescita dei mercati emergenti diventa ben evidente quando si esamina l’evoluzione delle aspettative di crescita. La Figura 2 mostra come le aspettative consensuali registrate da Bloomberg sulla crescita del 2013 siano cambiate nel corso dell’anno passato ed evidenzia il divario percepito fra le prospettive dei mercati sviluppati e quelli emergenti. Nella seconda parte del 2012 e nel primo trimestre del 2013, le aspettative si sono gradualmente ridotte in entrambe i mercati. Nell’aprile 2013, invece, le stime hanno iniziato a divergere poiché le aspettative di crescita degli emergenti hanno continuato a calare mentre quelle relative ai paesi del G3 si sono mantenute costanti. Le revisioni negative sulla crescita dei mercati emergenti sono state generalizzate ed equamente distribuite nelle varie aree. Ad esasperare i timori circa le previsioni di crescita è inoltre intervenuta la paura di un’inversione dei flussi di capitali. Il rialzo dei rendimenti dei Treasury USA e i riscatti degli investitori dai fondi obbligazionari (Figura 3) hanno sollevato la questione di un possibile eccesso di dipendenza dei mercati emergenti da flussi di capitale ‘facili’. L’ammontare di obbligazioni denominate in valute locali detenute da soggetti esteri è cresciuto notevolmente negli ultimi anni (Figura 4). Fonte: J.P. Morgan prometeia advisor sim L’impatto sul debito dei mercati emergenti è stato particolarmente pronunciato poiché l’ondata ribassista ha coinciso con l’acuirsi dei timori sulle prospettive di crescita di tali nazioni. Al contempo, i disavanzi delle partite correnti che richiedono di essere finanziati regolarmente, sono emersi o hanno consolidato la loro presenza in alcuni paesi emergenti (Figura 5). In tale contesto, alcuni investitori stanno mettendo in discussione l’effettiva validità di un investimento nelle obbligazioni emesse dai mercati emergenti. Nelle ultime settimane, molti analisti hanno lasciato intendere proprio questo. A anteo Noi crediamo non sia così. Come spieghiamo più avanti, i fondamentali restano solidi, le economie emergenti continueranno probabilmente a beneficiare di una ripresa nei mercati sviluppati e la correzione dei corsi obbligazionari e di posizioni tecniche sta creando opportunità d’investimento. Tuttavia, riconosciamo l’importanza di differenziare e selezionare i paesi che presentano le migliori opportunità. 19 Figura 5: Saldi delle partite correnti dei mercati emergenti Prospettive di crescita per i mercati emergenti Il primo elemento da tener presente è che, malgrado la frenata degli ultimi due anni, quasi tutti i mercati emergenti continuano a crescere a ritmi sensibilmente superiori rispetto alle economie sviluppate, inclusi gli Stati Uniti, e a generare oltre il 70% della crescita del PIL mondiale (Figura 6). Tuttavia, il divario si è ristretto e miglioramenti sostenibili e duraturi nel debito dei mercati emergenti dipenderanno da una nuova accelerazione di queste economie, che riteniamo possa aver luogo nella seconda parte del 2013. Un aumento della crescita in America dovrebbe favorire le economie emergenti. Gli Stati Uniti restano il principale importatore a livello mondiale e pertanto un tasso di crescita più elevato in questa economia comporterebbe una maggior domanda di esportazioni di beni prodotti nei mercati emergenti. Analogamente, prevediamo che migliori prospettive nell’Eurozona e in Giappone favoriranno tali economie. Un esempio è quello del Messico. Gli Stati Uniti rappresentano all’incirca i 3/4 delle esportazioni del Messico, il quale negli ultimi anni ha incrementato la sua quota di mercato negli Stati Uniti1. È quindi probabile che il Messico tragga beneficio da un balzo nella crescita americana. Inoltre, il Messico sta attuando riforme strutturali in grado di rafforzare il proprio tasso di sviluppo. Al contempo, la crescita effettiva è scesa al livello minimo dal 2009 e la banca centrale ha tagliato i tassi d’interesse, ponendo il paese in una posizione molto favorevole per la crescita futura. Prospettive di crescita per la Cina La prospettive per la Cina rimangono particolarmente importanti per i mercati emergenti, dato il ruolo cruciale che essa riveste in termini di domanda mondiale di materie prime. 1 Fonti: Instituto Nacional de Estadistica Geografia Informatica (Mexico) e U.S. Deparment of Commerce. Fonti: Haver Analytics, Stone Harbor Investment Partners LP Figura 6: Contributo alla crescita mondiale Fonti: IMF WEO, Stone Harbor Investment Partners LP Le aspettative di crescita dell’economia cinese sono state gradualmente riviste al ribasso negli ultimi due anni. Pur essendo sinora riuscita ad evitare il temuto “hard landing” (forte contrazione economica), la classe politica cinese ha ribadito di accontentarsi di livelli di crescita minori rispetto al passato. Di conseguenza, non ci attendiamo alcun provvedimento di forte stimolo. Di fatto, le autorità cinesi sembrano più interessate a correggere gli squilibri economici, particolarmente evidenti nel mercato immobiliare e più recentemente nel cosiddetto ”shadow banking system” (sistema bancario collaterale), e l’eccesso di capacità produttiva in alcuni settori. Tuttavia, i fattori chiave fondamentali per una crescita solida sono ancora presenti: un tasso d’investimento elevato, un costante trend di urbanizzazione, lo sviluppo delle regioni interne del paese e un forte aumento della produttività. Anche se la crescita non tornerà ai livelli registrati in passato, riteniamo che una stabilizzazione sia possibile. I responsabili politici sono tornati a sottolineare l’importanza di uno sviluppo mantenuto entro prometeia advisor sim A anteo 20 “livelli ragionevoli” e l’assenza di tensioni sui prezzi suggerisce che la crescita potenziale si manterrà pari o superiore ai tassi attuali. Alla luce di questi elementi, ci aspettiamo che la crescita si attesterà quest’anno intorno al 7,5%. A nostro parere, queste previsioni per la Cina sosterranno lo sviluppo di altri mercati emergenti. L’import cinese à salito intorno al 10% su base annua, in termini di volume, e proviene per il 6070% circa da altri mercati emergenti2. Poiché il tasso di crescita reale delle importazioni supera ampiamente quello di quasi tutti gli altri mercati emergenti, riteniamo che le esportazioni alla Cina continueranno a sostenere la crescita dei mercati emergenti. Tuttavia, i volumi rappresentano solo una faccia della medaglia, mentre l’altra faccia sono i prezzi. La Cina assorbe una larga fetta della produzione mondiale di materie prime, con una quota particolarmente rilevante nel mercato siderurgico, di cui assorbe Figura 7: Prezzi delle materie prime circa il 40% della produzione. Il mercato teme che un rallentamento della crescita cinese, e in particolare una frenata degli investimenti, provochi tensioni sui prezzi delle materie prime danneggiando di conseguenza i mercati emergenti esportatori. A nostro parere diversi elementi importanti alleviano questo timore. In primo luogo, il principale rischio per la domanda mondiale di materie prime negli ultimi anni è stata la possibilità di un ”hard landing” in Cina che comporterebbe una brusca riduzione degli investimenti. Si tratta di un rischio che pesa sui mercati delle materie prime ormai da qualche tempo (Figura 7) e riguarda soprattutto la metallurgia che sarebbe la più colpita una riduzione degli investimenti. Riteniamo che un forte calo della domanda (rispetto a due anni fa) sia uno scenario già scontato nel mercato, poiché la crescita cinese è rallentata. Inoltre, il rischio di un ”hard landing” è ora minore, viste le correzioni apportate nel mercato immobiliare cinese. Riteniamo poi che prospettive migliori nei mercati sviluppati, con conseguente calo dei ”tail risks”, compensino per i rischi di ribasso in Cina. I mercati delle materie prime agricole ed energetiche sono relativamente meno dipendenti dalla Cina e dagli investimenti cinesi. In uno scenario sfavorevole, la domanda dovrebbe dimostrare una maggior tenuta, soprattutto per quanto riguarda le materie prime agricole. Infine, è importante sottolineare che molti mercati emergenti sono importatori netti e beneficiano di materie prime a prezzi inferiori che, in definitiva, rappresentano un rischio per alcuni paesi emergenti piuttosto che per tutti. Fonte: Bloomberg Figura 8: Inflazione mondiale prometeia advisor sim Fonti: Haver Analytics, Stone Harbor Investment Partners LP Fonte: Agenzia delle dogane cinese 2 Nel complesso, riteniamo che sebbene il contesto generale continuerà ad essere abbastanza favorevole alla crescita dei mercati emergenti, gli stessi dovranno tuttavia affidarsi alla domanda interna come principale motore di sviluppo, vista la crescita modesta dei mercati sviluppati. Un aspetto fondamentale sta nel capire se la domanda interna possa stabilizzarsi o addirittura aumentare nella seconda parte dell’anno. Il ciclo di politica monetaria ha inciso fortemente sul rallentamento della crescita di questi mercati. Le pressioni inflazionistiche mondiali si sono acuite nel 2010/2011 dopo la ripresa dell’economia internazionale dalla crisi finanziaria e l’impennata dei prezzi delle materie prime (Figura 8). Molte banche centrali nei paesi emergenti hanno reagito con politiche monetarie restrittive (Figura 9). A anteo Dato l’usuale ritardo di trasmissione di 4-6 trimestri, a fine 2011 e nel corso del 2012 le economie hanno evidenziato un rallentamento, ulteriormente aggravato dalla minor crescita dell’Eurozona e dal contemporaneo acucuirsi della crisi dell’euro. L’inflazione ha reagito con un certo ritardo, con un forte declino rispetto al picco massimo del 2011. Molte banche centrali in questi paesi hanno così potuto allentare nuovamente I tassi, mantenendo in essere condizioni monetarie molto più accomodanti. Recentemente, alcune banche centrali hanno iniziato ad alzare i tassi, ma altre continuano a ridurli. Poiché l’attività reale segue la politica monetaria con un certo ritardo, riteniamo che i paesi che hanno adottato politiche espansive negli ultimi due anni registreranno una graduale crescita della domanda interna nella seconda parte dell’anno e nel 2014. Reputiamo inoltre che i deprezzamenti valutari degli ultimi due mesi agiranno a sostegno della crescita, mentre la politica fiscale non subirà variazioni in buona parte dei paesi emergenti. In sintesi, prevediamo una domanda estera in qualche misura a sostegno dei paesi emergenti, alcuni margini di miglioramento della domanda interna grazie all’espansione monetaria e, infine, una politica fiscale pressoché invariata. In base a tali premesse, anticipiamo un graduale aumento dei tassi di crescita per il secondo semestre del 2013 e nel 2014, ma non si tratterà di una ripresa rapida. Siamo convinti che le potenzialità di alcuni importanti mercati emergenti siano scese rispetto ai livelli pre-crisi (per es. in Cina), ma quasi tutti i mercati emergenti crescono attualmente a tassi inferiori rispetto a quelli potenziali e presentano quindi margini di graduale miglioramento. 21 Figura 9: Tassi ufficiali Fonti: Bloomberg, Stone Harbor Investment Partners LP comune di queste crisi è stato il ruolo svolto dall’improvvisa cessazione dell’afflusso di capitali nei mercati emergenti. Riteniamo tuttavia che questi episodi non siano che una rappresentazione molto approssimativa di ciò che potrebbe accadere oggi. Non dobbiamo dimenticare che i fondamentali di questi mercati sono molto più solidi. Gran parte del debito è denominato in valuta locale e presenta una struttura di scadenze molto più a lungo termine (per es., il debito pubblico messicano ha oggi una durata media 14 volte superiore a quella del 1994). L’inflazione è contenuta, i mercati finanziari interni hanno ridotto la loro dipendenza dal dollaro e le partite correnti presentano saldi senz’altro migliori. Gran parte dei bilanci di istituzioni finanziarie, di imprese private e del settore pubblico sono in grado di assorbire una eventuale svalutazione della divisa, e le banche Liquidità e flussi di capitale mondiali Ci resta da analizzare un altro punto fondamentale per gli investitori nel debito dei mercati emergenti: qual è il loro grado di vulnerabilità nel contesto dell’allentamento monetario intrapreso dalla Federal Reserve, dell’aumento dei tassi nei mercati sviluppati e dei potenziali riscatti degli investitori dal mercato obbligazionario? La discussione sulla progressiva riduzione del programma di QE della Federal Reserve ha convinto molti investitori a riconsiderare le prospettive dei mercati obbligazionari. Un episodio storico a cui si fa spesso riferimento è quello del ciclo al rialzo dei tassi promosso dalla Federal Reserve nel 1994. Gli investitori di lungo periodo ricorderanno il ruolo che tale politica monetaria ebbe nell’innescare la crisi finanziaria in Messico, e successivamente in Asia nel 1997 e in Russia nel 1998. Un elemento Figura 10: Riserve dei mercati emergenti Fonte: Haver Analytics Include Argentina, Brasile, Cile, Colombia, Messico, Venezuela, Ungheria, Kazakhstan, Polonia, Romania, Russia, Sud Africa, Turchia, Cina, India, Indonesia, Malesia, Filippine, Corea, Taiwan e Tailandia prometeia advisor sim centrali dispongono di riserve valutarie consistenti utilizzabili per finanziare i deflussi di capitali come è accaduto nel 2008/2009 (Figura 10). pagamenti verso i mercati emergenti (escludendo la Cina dove i movimenti di portafoglio sono impediti dai controlli sui capitali). Ciononostante, deflussi importanti produrrebbero effetti rilevanti sul debito e sui mercati valutari, ed è quindi importante analizzare le aree di vulnerabilità. Negli ultimi anni i mercati finanziari emergenti hanno registrato un consistente flusso di capitali (Figura 11), focalizzato in misura crescente verso il debito denominato in valuta locale. Pertanto, la percentuale di debito denonimato in valuta locale posseduta da investitori esteri è aumentata notevolmente ed ora rappresenta una parte molto importante del debito complessivo (Figura 4). Tutto ciò lascia alcuni paesi in una situazione di maggiore vulnerabilità di altri. Sia gli investimenti esteri diretti (“Foreign Direct Investments“ o FDI) che i flussi di portafoglio di questo diagramma si riferiscono agli investimenti denominati in valute locali da parte di soggetti esteri. Per movimenti di portafoglio si intendono gli acquisti netti esteri di titoli azionari e obbligazionari in valuta locale. Sebbene i flussi di portafoglio siano stati rilevanti, sono stati ecceduti dai flussi di investimenti esteri diretti, sia in termini di volumi che di continuità. Il conto corrente ha chiuso in modesta perdita, di un importo ridotto tale da poter essere finanziato agevolmente dai flussi di investimenti esteri diretti, piuttosto che dai flussi netti di portafoglio (benché ciò non avvenga in tutti i paesi: per alcuni, l’apporto dei flussi di portafoglio continua ad essere necessario a finanziare il disavanzo delle partite correnti). Tuttavia, contrariamente al sentire comune, i flussi di portafoglio non sono la fonte principale di finanziamento per questi paesi. La Figura 12 mostra il saldo dei flussi della bilancia dei Figura 11: Flussi d’investimento cumulativi nel debito dei mercati emergenti dal 2004 Fonte: J.P. Morgan Figura 12: Afflusso di capitali nei mercati emergenti (Cina esclusa) prometeia advisor sim A anteo 22 Fonti: Haver Analytics, Stone Harbor Investment Partners LP Un altro punto da considerare riguarda i dati disponibili sui flussi d’investimento che interessano il mondo dei fondi comuni d’investimento, i quali sopravvalutano l’ampiezza dei riscatti dai mercati obbligazionari emergenti. La Figura 3 mostra la brusca inversione di tendenza nei flussi mensili che a giugno hanno movimentato il 4,7% della massa gestita (AUM) nei fondi in esame. Tuttavia, i dati contemplano i soli fondi comuni d’investimento e gli ETF di tipo aperto dedicati ai mercati emergenti, che rappresentano solo il 20% circa del debito negoziabile in tali mercati3. I dati si riferiscono principlamente al settore “retail“, i cui flussi tendono ad essere determinati dalle performance di breve periodo. Riteniamo che buona parte del restante 80% sia tendenzialmente più stabile e sensibile all’andamento dei corsi delle obbligazioni. I flussi di investimenti da parte di investitori istituzionali nell’asset class del debito dei mercati emergenti sono stati consistenti e hanno una natura più strategica. Le allocazioni in questa asset class sono aumentate negli ultimi anni grazie al miglioramento della qualità creditizia dei suoi emittenti (trattasi ormai di una asset class prevalentemente di tipo “investment grade“), all’inclusione di un maggior numero di mercati emergentinegli indici obbligazionari mondiali (per es. Messico e Sudafrica nel WGBI), al miglior accesso ad alcuni mercati obbligazionari 3 Si veda ‘Delving deeper into EM bond flows’, di Sandeep Tharian, Standard Chartered, luglio 2013. A anteo emergenti locali (per es. la possibilità di negoziare obbligazioni locali russe attraverso Euroclear, o la recente eliminazione dell’imposta brasiliana IOF) ed al peso crescente dei mercati emergenti nell’economia mondiale. 23 Figura 13: Rendimenti e spread in valuta locale Andamento dei prezzi I rendimenti in valuta locale sull’indice GBI-EM GD sono aumentati di circa 120 pb dall’inizio di maggio, spingendo così lo spread rispetto ai Treasury USA a 5 anni sopra i 500 pb nonostante la precedente variazione di 70 pb (Figura 13). È un livello che supera di circa 80 pb la media dal lancio del GBI-EM nel giugno 2005. Concentrandosi esclusivamente sul rendimento dell’indice si trascurano tuttavia differenze rilevanti tra i paesi, che consentono nuovamente di cogliere opportunità interessanti. Anche le valute emergenti hanno subito correzioni importanti. La Figura 14 mostra un indice di valute di paesi emergenti (basato sull’indice GBI-EM GD). C’è stata una svalutazione media delle valute 17% dal picco di inizio maggio 2011, che le ha riportate al livello del 2009, e molte divise emergenti hanno ora raggiunto livelli appetibili. Rileviamo inoltre una maggior disponibilità d’intervento da parte delle banche centrali, pronte a prevenire ulteriori fragilità nelle valute. Inoltre, l’ampliamento del differenziale dei tassi con i mercati sviluppati dovrebbe offrire un supporto alle valute emergenti. In questo contesto, prevediamo che si presenteranno opportunità per gli investitori capaci di individuare paesi con fondamentali solidi. Fonti: Bloomberg, Stone Harbor Investment Partners LP Figura 14: EM Foreign Currency - Indice spot Fonti: Bloomberg, J.P. Morgan, Stone Harbor Investment Partners LP Figura 15: Spread delle obbligazioni dei paesi emergenti denominate in dollari In tema di debito dei mercati emergenti denominato in dollari, rileviamo una correzione analoga nei corsi delle obbligazioni, sia dei titoli governativi che di quelli societari (Figura 15). Gli spread sono attualmente di poco superiori alla media di metà 2009, anche in questo caso con differenze significative tra i diversi paesi. Conclusioni I mercati del debito dei paesi emergenti sono stati duramente colpiti dalla recente ondata di vendite alimentata da due temi chiave: i timori di un’inversione di rotta nella crescita mondiale, a discapito dei mercati emergenti ed a vantaggio di quelli sviluppati, e la percezione di una vulnerabilità accentuata dei mercati emergenti alla riduzione della liquidità e all’aumento dei tassi Fonti: Bloomberg nei paesi industrializzati. Riteniamo che entrambe le argomentazioni siano esagerate. Benché ridimensionato, l’outlook sulla crescita dei mercati emergenti continua a battere quello dei mercati sviluppati con un margine prometeia advisor sim molto ampio. Inoltre, prevediamo segnali di stabilizzazione della crescita dei mercati emergenti più avanti nel corso dell’anno. È una convinzione alimentata dalle aspettative di maggior crescita dei mercati sviluppati, che produrrà benefici per gli emergenti, e dagli effetti differiti delle politiche di allentamento monetario attuate in passato e della maggior competitività dei tassi di cambio nei mercati emergenti. Crediamo inoltre che la dipendenza di queste economie dai flussi di portafoglio causati dalla politica monetaria accomodante della Federal Reserve sia in genere sopravvalutata. I flussi di portafoglio non rappresentano la fonte principale di approvvigionamento di capitali e sono in prevalenza costituiti da allocazioni strategiche fatte in passato, la cui volatilità è nettamente inferiore a quella suggerita dai rilevamenti dei prometeia advisor sim A anteo 24 flussi nei fondi comuni d’investmento “retail“. Riteniamo che i prezzi attuali siano interessanti rispetto ad altre tipologie di investimenti obbligazionari che non sono state colpite così duramente dalla recente ondata ribassista. I differenziali di rendimento garantiscono un rendimento aggiuntivo consistente rispetto ai Treasury USA e ad altre categorie di investimenti, offrendo così una difesa da ulteriori rialzi dei tassi statunitensi agli investitori capaci di guardare oltre la volatilità di breve periodo. Siamo tuttavia convinti che queste valutazioni si rifletteranno sui prezzi di mercato solo gradualmente e, pertanto, crediamo che sia particolarmente importante, in questo contesto, di differenziare tra paesi e settori. Il presente documento ha finalità puramente informative e non costituisce offerta di vendita o sollecitazione all’acquisto di titoli. Le opinioni ivi espresse rappresentano le valutazioni correnti formulate in buona fede dall’autore o dagli autori al momento della pubblicazione e hanno finalità specifiche, non costituiscono consulenze d’investimento a carattere definitivo e non devono intendersi come tali. Le informazioni presentate in questo documento sono state elaborate internamente e/o reperite da fonti ritenute affidabili; tuttavia, Stone Harbor Investment Partners LP (“Store Harbor”) non garantisce l’accuratezza, l’adeguatezza o la completezza di tali informazioni. Previsioni, opinioni e altre informazioni contenute in questo documento sono soggette a costante modifica, senza preavviso di alcun tipo, e potrebbero non essere più veritiere dopo la data indicata. Tutte le dichiarazioni a carattere previsionale valgono solo nella data di pubblicazione; Stone Harbor non si assume alcun obbligo al riguardo e non si impegna ad aggiornare le stesse. Le dichiarazioni a carattere previsionale sono soggette a molteplici ipotesi, rischi e incertezze, che mutano nel tempo. I risultati reali potrebbero discostarsi sensibilmente dalle proiezioni espresse nelle dichiarazioni previsionali. La presente pubblicazione è destinata esclusivamente ad investitori professionali. Gli investimenti ai quali rimanda il presente documento sono riservati ad investitori professionali o saranno sottoscritti solo per il tramite degli stessi. Il valore degli investimenti e il reddito da essi derivante possono variare e non sono garantiti. Gli investitori potrebbero non recuperare il capitale investito. I tassi di cambio possono far aumentare o diminuire il valore degli investimenti. Il valore degli investimenti diminuirà in caso di inadempienza o riduzione del merito di credito dell’emittente. I rendimenti ottenuti nel passato non costituiscono garanzia di risultati futuri. A anteo 25 osservatorio prometeia "C’è una rotta fuori dai porti sicuri?”: alcuni approfondimenti con i relatori Stefania Luciani — Prometeia N el corso del 9° Percorso di inFormazione, che ha avuto luogo ad Amburgo dal 20-23 giugno scorso, come di consueto si sono alternati in qualità di speaker differenti esponenti dell’industria finanziaria. Le presentazioni sono disponibili sul sito di Prometeia Advisor e sintetizzate nel numero speciale di ANTEO di giugno. La sessione di domande e risposte è stata quest’anno particolarmente animata, per cui sono rimaste inevase alcune richieste di approfondimento. Nel seguito trovate quindi alcune di queste domande con le sintetiche risposte gentilmente fornite dai relatori coinvolti, che ringraziamo per la disponibilità. Antonio Gatta, Head of Institutional – Franklin Templeton Italia Nel corso dell’ultimo decennio, la crescita degli indici relativi ai bond emessi da governi dei paesi emergenti è stata pressoché ininterrotta. Tuttavia, nell’ultimo periodo tali obbligazioni hanno subito un violento sell off che ha portato i relativi indici a perdere anche il 10% nel corso dell’anno, portando il rendimento del 2013 in negativo per questa asset class. Ritenete che il trend di crescita sia destinato a riprendere e che quindi il sell off recente sia stato solo passeggero, oppure che le valutazioni siano diventate troppo care e che quindi le possibilità di apprezzamento di questi titoli siano oramai molto limitate? Il sell off che ha colpito i titoli obbligazionari emessi dai paesi emergenti è il frutto di una “tempesta perfetta” in cui il progetto di tapering da parte della Fed rappresenta solo il fattore scatenante. Riteniamo che gli investitori stiano ora commettendo l’errore di considerare i paesi emergenti e le loro obbligazioni come un’unica attività finanziaria, trascurando completamente le differenze tra singoli paesi. Tali differenze - pur essendo sempre esistite - sono ora maggiori e lo saranno sempre di più poiché molte realtà emergenti si trovano in una fase economicamente più matura. Si pensi alla Corea del Sud, ancora compresa negli indici di mercato relativi ai paesi emergenti, ma di fatto un paese sviluppato. Si pensi ancora a tutti quei paesi che, trovandosi con un saldo positivo delle partite correnti, non hanno in effetti bisogno di capitali dall’estero e potranno tornare a beneficiare dei fondamentali. Si pensi infine alla macro suddivisione tra paesi esportatori e paesi importatori di materie prime. Non escludiamo che singoli paesi possano continuare ad avere problemi anche importanti ma notiamo come nel suo complesso la situazione delle economie in via di sviluppo sia molto diversa da quella che aveva caratterizzato le crisi degli anni 90. Oggi vi sono tassi di cambio flessibili rispetto ad un sistema di cambi fissi che era tipico di molti paesi emergenti, le riserve valutarie sono state enormemente aumentate, i sistemi finanziari locali sono più solidi, è migliorata la gestione del debito pubblico (che resta in media basso rispetto al PIL) grazie anche ad una più accurata gestione delle scadenze e della componente in valuta locale. Inoltre molti paesi stanno mettendo a frutto l’esperienza accumulata nelle precedenti fasi di crisi finanziaria. A fronte di specifiche difficoltà contingenti, le dinamiche di medio-lungo periodo non sono in discussione: trend demografici, aumento dei consumi interni, crescita dei salari, aumento della classe media, crescente ruolo nel commercio internazionale, bilanci pubblici solidi. Vediamo ancora opportunità di guadagno nelle obbligazioni dei paesi emergenti ma a condizione di saper scegliere in base a fondamentali e prospettive di sviluppo. Un contesto di graduale miglioramento della crescita economica e dei commerci mondiali può ben supportare uno scenario di tassi d’interesse in graduale aumento e costituisce un contesto favorevole per le asset class rischiose. In particolare, se i margini di profitto generati dalla componente “tasso d’interesse”, attualmente tornati interessanti, sembrano destinati ad assottigliarsi in modo inevitabile consigliando posizioni con duration prometeia advisor sim contenuta, le valute dei paesi emergenti rappresentano – in modo selettivo – un’ottima opportunità di guadagno per il futuro: gli investitori torneranno molto presto a premiare la crescita e ad investire dove questa è più evidente, soprattutto ora che le obbligazioni governative considerate sicure (Germania, US) non offrono valore ed hanno intrapreso la strada dei tassi in aumento. Si tratta pertanto di investire dove il rischio è meglio remunerato piuttosto che dove il rischio è ritenuto basso oppure assente. Si tratta di distinguere tra specifici problemi di breve termine ed opportunità di profitto da cogliere allungando l’orizzonte temporale. Il concetto di portafoglio a cedola e il binomio patrimonio-reddito è diventato negli ultimi tempi un tema sempre più pressante per gli investitori che hanno dovuto fare a meno di flussi di reddito provenienti dalle tradizionali attività finanziarie. Come stabilire, nella gestione di un prodotto, il corretto trade-off tra distribuzione o accumulazione dei proventi? I fondi a distribuzione hanno acquisito sempre maggiore importanza negli ultimi anni e rappresentano un valido strumento per gli investitori istituzionali che sono alla ricerca sia del rendimento del capitale sia di un flusso costante di liquidità. In base alla nostra metodologia di distribuzione, i dividendi sono alimentati dai flussi cedolari sottostanti al fondo d’investimento, e sebbene l’erogazione delle cedole non sia fissa, i gestori tendono a mantenerla il più costante possibile nel tempo. Rispetto ad un investimento in un solo titolo obbligazionario, il fondo a distribuzione offre ulteriori vantaggi: non ci sono rischi di default del fondo contrariamente al caso dei singoli titoli, non ci sono vincoli temporali in quanto i fondi non hanno scadenza, ed inoltre il portafoglio è sempre gestito attivamente. Donatella Principe, Head of Institutional Business – Schroders Italy prometeia advisor sim A anteo 26 In un’asset allocation per fattori di rischio, come sono cambiati i pesi di ciascun rischio nella vostra allocazione ottimale a seguito della correzione del mercato iniziata nella seconda metà di Maggio? Quella partita a Maggio è stata una correzione guidata dal sentiment che si è tradotta in uno shock di liquidità con repricing congiunto delle attività d’investimento. Sebbene la volatilità sia rimasta sotto controllo, la correlazione tra attività d’investimento è notevolmente cresciuta. A fronte di questo contesto la nostra revisione sulle strategie di portafoglio Multi-Assets basate sull’approccio risk-premia ha subito una variazione nelle sue due direttrici principali, sia in relazione ai tre fattori di rischio economico (inflazione, duration o tassi d’interesse, crescita) che alle “strategie”, quei rischi cioè legati a inefficienze o comportamenti condizionati da fattori di rischio sistematici. La revisione di portafoglio si è articolata non solo in una variazione dell’allocazione attiva per fonti di rischio ma anche nell’introduzione di strategie di de-risking, sia con la copertura di specifici premi per il rischio (come la duration) sia con un overlay dei rischi di coda connessi a shock sistemici. Il punto di partenza di questa revisione è stata la dispersione ampia presente alla fine di Aprile nei rendimenti corretti per il rischio tra i vari risk-premia presenti in portafoglio, chiaro riflesso dell’incertezza presente sul mercato. Questo divario ha fatto identificare nel premio per il rischio connesso alla duration e alla sua valutazione la maggior fonte di rischio: pertanto la revisione del risk-budget si è in via principale articolata intorno a una riduzione di questo specifico rischio tassi d’interesse. Per fronteggiare invece l’effetto connesso al mix di crescita delle correlazioni e crisi di liquidità, si è intervenuti sulla parte di “strategie” al fine di proteggere il portafoglio dall’effetto di flessioni multiple da fonti di rischio differenti: questo ha comportato tecnicamente una crescita del cash (o nei portafogli che consentono la leva finanziaria, una sua riduzione). Quali saranno secondo voi i rischi da monitorare maggiormente nei prossimi mesi? Nel nostro modello di analisi dei premi per il rischio non viene mai creato un ranking tra di essi in base alle contingenti caratteristiche di mercato. Ciò dipende dal fatto che vi sono due direzioni nelle quali vengono analizzati i premi per il rischio: non solo in assoluto, ma anche e soprattutto in relazione all’interazione con gli altri. Quindi, sebbene oggi l’attenzione degli investitori possa essere catalizzata da timori specifici, come quello legato a una possibile risalita dei rendimenti obbligazionari, questo rischio viene computato insieme a tutti gli altri nel verificare gli effetti su tutti i risk-premia e le loro possibili interazioni. Un’analisi basata sui premi per il rischio delle diverse classi di attività sembra trascurare A anteo la variabilità del “risk-free”, certamente non trascurabile dall’inizio della crisi, e quindi la sua correlazione con le altre variabili. Come considerare tale effetto? La percezione dell’instabilità o meno del freerisk dal 2007 a oggi è strettamente collegata al tipo di misurazione adoperato. Molti, infatti, ricorrono a misure dei tassi d’interesse a breve come Libor o Euribor, che tuttavia proprio per le loro caratteristiche intrinseche non possono essere considerate a pieno free-risk: essi, di fatto, incorporano un premio per il rischio credito e/o di liquidità che viene influenzato dall’andamento del settore bancario. Ecco perché, in particolar modo nel 2008, queste misure hanno sperimentato una forte volatilità, che è stata la conseguenza della crescita del premio per il rischio di credito e/o liquidità domandata dal mercato. Nella nostra analisi sui premi per il rischio utilizziamo come misura del risk-free il tasso d’interesse sullo US Treasury Bill a 3 mesi, con l’ipotesi implicita di un tasso di default pari a zero assegnato al governo americano. È importante notare che, sebbene esso rappresenti il parametro di misurazione degli altri premi per il rischio, nelle nostre analisi non trascuriamo di stimare il grado al quale il free-risk stesso sia caro o a sconto. Per esempio, attualmente i rendimenti reali sui T-Bills sono negativi, il che li rende cari e non interessanti se considerati su base storica. Siamo consci che questo è il riflesso dell’azione delle Banche Centrali che hanno portato ai minimi storici il costo del denaro e, tramite massicci acquisti di titoli di stato, hanno compresso i rendimenti lungo la curva per stimolare l’economia. Una delle conseguenze di questa condizione atipica è per esempio il fatto che il premio per il rischio di duration appaia estremamente caro con rendimenti così ridotti: il nostro processo d’investimento attivo riflette questa situazione con un sottopeso su questo premio per il rischio. Infine siamo consapevoli che, quando il tasso risk-free tornerà a salire (e a normalizzarsi), ciò avrà un impatto su tutti i premi per il rischio, in quanto i loro extra-rendimenti attesi saranno inferiori (ceteris paribus). Un altro modo di guardare e misurare questa situazione è considerare il valore di un’attività d’investimento come la somma dei flussi scontati (NPV): man mano che i tassi d’interesse salgono, il valore di questi flussi scontati scende. Così nella nostra analisi sui premi per il rischio riconosciamo il pericolo che una salita del tasso risk-free può comportare per tutte le attività d’investimento. 27 Giovanni Landi, Senior Partner – Anthilia Quali sono, a vostro avviso, i fattori più rilevanti per la selezione di strategie o prodotti di tipo absolute da inserire in portafoglio? Nella selezione di prodotti absolute, i due obiettivi principali da perseguire sono la ricerca di rendimenti poco correlati con l’andamento dei mercati finanziari e la riduzione della volatilità complessiva del portafoglio investito. Nella selezione di strategie a ritorno assoluto, ricordiamo in particolare l’utilità dei seguenti fattori: »» lunghezza e consistenza del track record del gestore; »» ritorno aggiustato per il rischio interessante (Sharpe almeno superiore a 0.3 / 0.4 ); »» processo di investimento deve essere chiaro, strutturato e con dei punti di controllo auditabili; »» struttura del team e della società di gestione; »» analisi di come i singoli fondi/gestori hanno affrontato le crisi di mercato più recenti; »» liquidità degli attivi: deve essere chiaro quanti giorni occorrono per smontare il 50%/ 70%/100% del portafoglio. È necessario un approccio flessibile, teso a selezionare un certo numero di fondi di diversi asset manager e a valutare nel tempo se attuare modifiche discrezionali nella composizione del portafoglio a ritorno assoluto. L’ottimizzazione quantitativa delle diverse strategie absolute selezionate punta infine a minimizzare la volatilità del portafoglio complessivo. Più in dettaglio, riteniamo che la performance non debba essere spiegata singolarmente dall’esposizione alla duration, alle azioni, al dollaro USA: i beta dei prodotti a ritorno assoluto rispetto all’andamento delle singole asset class devono essere bassi. Quanto al Risk Management, gli indicatori di rischio presi a riferimento devono essere chiari: che tipo di VaR, vengono effettuati stress test, esistono stop loss, quale è il rapporto tra gestore e risk manager. In merito alla normativa di riferimento, un prodotto che rispetta la normativa UCITS IV è preferibile ad un hedge fund per la maggiore tutela di cui godono gli investitori del primo, grazie soprattutto ai controlli posti in merito ai limiti di concentrazione prometeia advisor sim degli attivi del fondo. E’ sempre preferibile costruire una componente di portafoglio alternativa (25-30% del totale) diversificando i prodotti selezionati per mitigare il rischio gestore e per bilanciare tra loro le diverse strategie (global macro, CTA, long short, market neutral, etc.). Nella selezione degli investimenti quale importanza riveste il rischio di illiquidità che rappresenta comunque una fonte di overperformance? Il Rischio di liquidità è un rischio importante e può essere discriminante nella scelta di un fondo, soprattutto in funzione dell’attività di asset & liability management del cliente istituzionale. Tanto più la competenza dell’investitore in ambito finanziario è elevata, e tanto più lungo è l’orizzonte temporale di investimento, tanto più si possono considerare investimenti a ritorno assoluto con minor grado di liquidità, nell’ottica di aumentare i ritorni attesi. Non è un caso che spesso a portafogli illiquidi si associno forme di investimento “chiuse”, dove gli investitori si impegnano a rimanere nel fondo per un tempo prestabilito e a prescindere da situazioni di mercato sfavorevoli, onde tutelare il complesso degli investitori da improvvisi cali di valore dei titoli selezionati. Grazie ai recenti sviluppi normativi, anche attraverso veicoli d’investimento UCITS o sottostanti alla nuova direttiva AIMFD, è possibile investire in prodotti con un grado di liquidità ridotta, ma con una forte tutela e trasparenza nei riguardi dell’investitore. Nel caso di sell off di mercato, i portafogli illiquidi soffrono di più di quelli composti solo da strumenti liquidi. Quando si innescano una serie di riscatti a catena, i gestori sono costretti a vendere pagando spread di mercato più ampi. Se si investe in un portafoglio illiquido, si ha un premio di illiquidità implicito nella performance ma tutto funziona fino a che nel mercato non si osservino situazioni di tensione. In sostanza, nel caso di portafoglio illiquido l’eventuale performance negativa non dipende solo dall’andamento avverso del mercato ma anche dal comportamento tenuto dagli investitori nel fondo. prometeia advisor sim A anteo 28 Solo due elementi possono mitigare in parte questo meccanismo: la presenza di liquidità con funzioni di cuscinetto per una parte significativa degli attivi del fondo e la vita residua molto contenuta degli investimenti poco liquidi. Rosa Sangiorgio, Senior Portfolio Manager – Credit Suisse Quale la potenzialità di utilizzo di indici alternativi da parte di investitori istituzionali italiani? All’estero sono utilizzati maggiormente? Attualmente gli indici alternativi (ovvero gli indici che utilizzano metodi diversi dalla capitalizzazione/ammontare emesso per la determinazione dei pesi dei titoli sottostanti) sono solo limitatamente utilizzati da parte degli investitori istituzionali italiani ma negli ultimi mesi abbiamo registrato un notevole interesse in termini di conoscenza e approfondimento delle loro caratteristiche peculiari e performance relative. Se guardiamo ai mercati europei più maturi, in paesi come il Regno Unito ed il Benelux, gli indici basati sui fondamentali sono largamente utilizzati dagli investitori istituzionali e in particolare dai fondi pensione. A titolo indicativo, nel mondo circa 89 miliardi di dollari di asset utilizzano indici FTSE RAFI. Di questi circa 18 miliardi di USD in Europa. I maggiori investitori istituzionali europei utilizzano indici alternativi, sia per quanto riguarda l’allocazione azionaria che obbligazionaria, in base a due approcci principali: »» “Sostituti degli indici tradizionali”: nell’asset allocation strategica, i tradizionali indici basati sulla capitalizzazione di mercato (es. MSCI) o sull’ammontare di debito emesso (es. Barclays) vengono sostituiti da indici “Smart Beta” (es. FTSE RAFI e Barclays Fiscal Strength rispettivamente). Tipicamente tale scelta è legata alla valutazione dei limiti intrinseci nella costruzione degli indici tradizionali, che vengono superati nell’approccio Smart Beta, e riflette la scelta strategica da parte dell’investitore di avere una minore esposizione a titoli azionari sopravvalutati (ad esempio titoli “high tech” durante la dot.com bubble) o ad emittenti obbligazionari con una situazione fiscale non ottimale (Paesi periferici dell’Eurozona, Giappone, Stati Uniti, …). »» “Complementi degli indici tradizionali”: gli indici Smart Beta vengono utilizzati insieme agli indici tradizionali, per creare una fonte di valore aggiunto al portafoglio. Ad esempio la componente azionaria globale viene implementata utilizzando sia un indice azionario globale tradizionale che un A anteo indice azionario globale alternativo. L’indice alternativo viene poi replicato passivamente da un gestore, con un costo di implementazione contenuto. Di conseguenza, la scelta dell’indice alternativo diventa una vera e propria scelta attiva da parte dell’investitore, che beneficia del valore aggiunto derivante dalla differente metodologia di costruzione dell’indice. Alla luce dello sviluppo ottenuto nei mercati europei più maturi, riteniamo che le prospettive di crescita degli indici alternativi (sia in ambito azionario che obbligazionario) nel mercato istituzionale italiano siano molto interessanti. Gli indici alternativi sono compatibili con i vincoli gestionali molte volte presenti nelle convenzioni di gestione (come la tracking error volatiliy)? Assicurano l’investitore in termini di trasparenza, reperibilità e di costi di implementazione? Gli indici alternativi nascono da un universo di investimento comparabile a quello degli indici tradizionali; la differenza risiede sono nella metodologia di costruzione, che risulta in un differente peso della medesima società/emittente nell’indice. 29 Il risk premium ancora elevato ( 6.5% sulle stime di consensus vs un trend normalizzato di 4.5%) pensiamo sconti l’incertezza sul livello normale dei tassi d’interesse “post tapering” che sicuramente sarà più elevato dell’attuale, ma anche il fatto che nonostante l’enorme massa di liquidità riversata sui mercati, l’impatto sull’economia reale per il momento sembra essere altalenante (vedi ultimo dato dei payrolls, un po’ deludente). Quali sono, a vostro avviso, le strategie migliori per gestire il rischio di downside, così rilevante per un investitore? Il rischio maggiore di downside per un portafoglio multi asset è, naturalmente, un repentino aumento dei tassi d’interesse conseguente al drenaggio di liquidità da parte delle banche centrali. Una duration accorciata sul lato bond ed una diversificazione spinta del portafolgio saranno elementi importanti, ma, come detto ad Amburgo, l’unico modo di ridurre il downside ed anzi creare opportunità di upside sarà di introdurre in portafoglio gestori e prodotti specializzati nel “relative value” sia azionario che obbligazionario. In sostanza gestori attivi! Gli indici “Smart Beta” dei maggiori Index provider (come FTSE, MSCI e Barclays) assicurano all’investitore livelli di trasparenza e reperibilità dei dati identica a quella degli indici tradizionali, inoltre possono essere replicati passivamente (oppure essere utilizzati come benchmark di riferimento per un gestore attivo) utilizzando vincoli di tracking error comparabili a quelli normalmente impiegati con benchmark tradizionali. Walter Ricciotti, Amministratore Delegato – Quadrivio SGR Allo stesso modo i costi di implementazione sono molto simili se non identici a quelli degli indici tradizionali. L’unica differenza sta (nel caso di gestione passiva) in un turnover dell’indice (e quindi del portafoglio) leggermente superiore ma che in linea di massima non influenza i costi di transazione in maniera percettibile. È corretto che il private equity sia un investimento di medio periodo, ciononostante è assolutamente possibile avere degli strumenti per il controllo del rischio dell’investimento in un fondo. Alessandro Baldin, Amministratore Delegato – Azimut Capital Management Il mercato azionario americano è ai massimi storici, con una volatilità implicita relativamente più bassa del passato ed un risk premium elevato; come giudicate questo paradosso? In particolare, quanto ritenete sia legato ai programmi della Fed e quanta parte sconti i fondamentali di futura crescita economica? Il private equity presenta tendenzialmente un orizzonte di investimento di medio-lungo periodo, caratterizzato da un’asimmetria dei versamenti e dei rendimenti, che rende la misurazione del rischio basata sulle misure tradizionali non adeguata. Quali parametri adottare per il controllo dei rischi dell’investimento? Il processo di controllo di rischio da parte di un investitore in fondi di private equity può essere condotto in tre fasi: »» Durante la fase di valutazione dell’investimento nel fondo. »» Nel corso della vita del fondo, attraverso proprie valutazioni. »» Nel corso della vita del fondo, verificando gli strumenti adottati dal gestore per la minimizzazione del rischio. Per quanto riguarda i controlli da eseguirsi prima della sottoscrizione di quote del fondo, l’investitore potrà (e dovrà!) valutare con prometeia advisor sim attenzione il track record del team di gestione, la coerenza della politica di investimento, la stabilità del team e della società di gestione, la struttura dei sistemi messi in piedi per il controllo del rischio da parte del gestore. Durante la vita del fondo, è ormai prassi consolidata che i gestori forniscano su base semestrale (se non più frequente) una valutazione di dettaglio del portafoglio, una dettagliata descrizione dell’andamento delle singole partecipate, e di conseguenza un fair market value del fondo. L’investitore potrà pertanto utilizzare tali dati per poter effettuare le proprie valutazioni di rischio, così come per altre asset class. Si ricorda inoltre che oramai esistono numerosi database che possono essere utilizzati anche come benchmark nella valutazione di un fondo e della sua volatilità. È poi possibile affiancare tali analisi ad una misurazione qualitativa dei rischi: mediante una mappatura per macro-categorie (ad esempio rischi operativi, reputazionali, finanziari e di compliance) è possibile valutare il livello di rischio atteso tramite una predefinita scala di misurazione e valutare i presidi posti in essere dal gestore per limitare o gestire i rischi. Infine, ma non meno importante, l’investitore può sempre richiedere al gestore di confrontarsi sui sistemi da quest’ultimo adottati per il contenimento del rischio, sia a livello di portafoglio, che a livello di singola partecipata. Nei primi anni di un investimento nel settore del private equity, i primi rimborsi di cassa sono frequentemente riconducibili a rimborsi di capitale anziché a proventi finanziari, determinando l’impossibilità di avere benefici in conto economico dall’investimento. Come conciliare l’orizzonte di medio periodo tipico di un investimento di private equity con le esigenze di redditività di breve periodo tipiche di un investitore istituzionale? I fondi di private equity sono caratterizzati nei primi anni da un profilo di rendimento, cosiddetto “j-curve”, per il quale inizialmente, fino a quanto diventa palese l’incremento del valore delle partecipate del fondo, il rendimento è nel breve periodo penalizzato dall’incidenza delle commissioni di gestione. prometeia advisor sim A anteo 30 Il passaggio in essere, però, da una valutazione improntata principalmente sul costo di acquisto verso una valutazione (che è lo standard europeo) a “fair market value” porta ad una riduzione di tale effetto, in quanto le partecipazioni del fondo in società il cui valore si incrementa vengono valutate ad un più corretto valore di mercato e pertanto tale rivalutazioni compensano e spesso superano ampiamente, anche nella fase iniziale della vita del fondo, i costi di gestione. Quando poi il fondo dismette una propria partecipazione, immediatamente provvede a distribuire pro-quota agli investitori quanto incassato dalla cessione; normalmente fino a quando non è distribuito l’intero ammontare versato (non sottoscritto!) dagli investitori, tali distribuzioni vengono effettuate a titolo di rimborsi di capitale e non come distribuzioni di proventi. Ciononostante, se le cessioni sono state effettuate a valori maggiori del costo di investimento, il valore residuo del fondo si sarà incrementato e pertanto per l’investitore sarà possibile contabilizzare la plusvalenza. Alberto Matta, Managing Director – Optimum Asset Management Avete in corso riflessioni, in tema di strategie o prodotto, per la diversificazione negli investimenti immobiliari, alla luce dell’importante driver normativo (“nuovo” 703) che si presume di fatto aprirà tali investimenti anche ai Fondi pensione negoziali e disegnerà una fase transitoria di convergenza per le Casse di Previdenza (come di fatto già avvenuto per i Fondi pensione preesistenti)? Siamo convinti che la diversificazione a livello di asset allocation per un investitore istituzionale sia fondamentale, qualunque sia la categoria di appartenenza. Il mercato immobiliare italiano offre prospettive molto scarse in termini di rendimento e l’offerta supera di gran lunga la domanda. Per questo motivo la nostra società ritiene sia importante allargare i propri orizzonti a mercati che offrono rendimenti e prospettive migliori. La nostra attività si è concentrata inizialmente sulla città di Berlino, la quale presentava e presenta tuttora ottime opportunità in termini di redditività ed apprezzamento in virtù delle vicende storiche che l’hanno caratterizzata e delle conseguenti anomalie di mercato. Successivamente, per rispondere al meglio alle esigenze degli investitori istituzionali italiani, i cui criteri di gestione si ispirano a principi di contenimento del rischio, diversificazione del portafoglio ed efficienza nella gestione, abbiamo deciso di estendere la nostra attività anche a nuovi mercati. A anteo L’investimento nel mercato immobiliare può consentire un sensibile miglioramento dell’efficienza e della diversificazione della gestione. Esistono infatti ottime opportunità di accedere ad un rapporto competitivo tra rendimento e rischio, con bassa correlazione rispetto agli asset tradizionali. La normativa italiana sta inoltre allargando la possibilità di investire direttamente nell’immobiliare anche ai Fondi pensione negoziali, per cui questo mercato diventerà sempre più interessante agli occhi della categoria degli istituzionali. Ritornando al tema della diversificazione, per perseguire appieno tale obiettivo, riteniamo tuttavia determinante appoggiarsi a società di gestione competenti e con track record, in modo da poter accedere ai mercati esteri, i quali presentano prospettive di rendimento migliori. La nostra strategia si uniforma a quanto affermato e si concentra su diversi mercati, quali Berlino e la Germania in generale, gli Stati Uniti, Budapest e la Bulgaria. La scelta dei mercati in cui entrare si basa innanzitutto su un’analisi del rapporto rendimento/rischio ma anche sulle conoscenze che il nostro team possiede per quanto riguarda il territorio in questione. Riteniamo infatti che sia molto importante potersi affidare ad un consolidato network dedicato all’immobiliare, che permetta di monitorare in maniera costante gli investimenti effettuati e di offrire un miglior servizio agli investitori. Nelle strategie di Asset Allocation Strategica assume sempre maggiore importanza l’analisi ed il controllo del rischio degli investimenti. Quanto è facile/possibile valutare e monitorare adeguatamente il rischio di investimenti immobiliari, soprattutto se realizzati all’estero ed in mercati poco liquidi, e come è possibile contenerne l’impatto in periodi di congiuntura economica sfavorevole? Gli investimenti immobiliari sono caratterizzati da rischi di diversa natura, molti dei quali possono essere ricondotti alla scarsa conoscenza del mercato e del territorio, nonché delle caratteristiche e delle condizioni dell’immobile. Esistono numerosi esempi di frodi, misurazioni imprecise o clausole fiscali e legali che rendono invalida la trattativa. Anche le variazioni fiscali e legislative possono essere, seppur limitatamente, considerate un rischio, poiché l’aumento dei costi riduce inevitabilmente il rendimento atteso. Inoltre, entrano in gioco anche variabili legate alla tempistica, basti pensare ad esempio al caso in cui, una volta acquistato, l’immobile resti sfitto, oppure non si riesca a venderlo. Il rischio è quindi 31 di dover sostenere delle spese, come ad esempio costi di finanziamento, relativamente ad un investimento a rendimento negativo. Valutare rendimenti e rischi connessi a tali mercati, nonché eventuali problematiche legate ad aspetti legali e fiscali, risulta tendenzialmente difficile per il singolo investitore. Per questo è consigliabile affidarsi a società esperte nel settore, in grado di mitigare tali rischi, sulla base delle competenze acquisite durante gli anni di attività. Tale logica diventa ancor più rilevante nel caso particolare di investimenti in mercati esteri; i bassi rendimenti e le crescenti difficoltà in cui versa oggi il mercato italiano rendono più appetibili gli investimenti in mercati più floridi, come la Germania o gli Stati Uniti, dove i prezzi sono in netta ripresa dopo il crollo causato dalla crisi. La scarsa liquidità del mercato immobiliare è un fattore da tenere in considerazione durante il processo di allocazione del capitale; l’investitore deve quindi essere disposto a ragionare con un orizzonte di lungo periodo quando valuta l’acquisto di immobili o fondi immobiliari. D’altra parte, i benefici legati ad una maggior diversificazione garantita da tali strumenti superano di gran lunga gli svantaggi relativi alla scarsa liquidità del mercato. Ad oggi, infatti, i capitali sono eccessivamente concentrati negli asset tradizionali, come conseguenza delle limitazioni della normativa italiana. La diversificazione contribuisce inoltre a preservare i rendimenti in periodi di congiuntura economica sfavorevole, in particolare nel caso in cui questa sia circoscritta all’economia italiana o europea; per questo è consigliabile guardare anche ai mercati extra europei. Inoltre, l’investimento immobiliare è sempre stato considerato un ottimo rifugio in periodi di difficoltà economica, essendo garantito alla base da un asset reale. Tuttavia, è importante monitorare costantemente i prezzi e le dinamiche di mercato per evitare di essere coinvolti nello scoppio di bolle, le quali hanno rappresentato la vera minaccia per questo settore negli ultimi anni. Ancora una volta entra quindi in gioco l’esperienza di gestori qualificati, i quali dispongono dei mezzi e delle informazioni necessari a ridurre tale rischio. Simone Borla, Managing Partner – Quercus Investment Partners LLP Dagli investimenti nel segmento delle energie rinnovabili ci si attende flussi di cassa stabili e prometeia advisor sim prevedibili anche in virtù di incentivi governativi. Si sente parlare spesso del complesso e mutevole quadro normativo italiano che regola l’accesso agli incentivi governativi; fatto 100 il costo complessivo del processo di investimento quanto pesa il complesso degli oneri burocratici legati all’ottenimento degli incentivi? In Italia l’incidenza è maggiore che altrove? Se sì, questo può condizionare le scelte di allocazione dei fondi per paesi e tipologia di fonte rinnovabili e quindi il loro profilo rendimento/rischio? L’incentivazione governativa per le energie rinnovabili è certamente rilevante e necessaria per spostare le fonti di produzione energetica del paese da fonti molto inquinanti ed estremamente dannose per la popolazione verso fonti pulite e rinnovabili. L’incentivo vi è parzialmente riuscito, nonostante le forti strumentalizzazioni e gli ostacoli frapposti da alcune lobby. Il grosso impulso, dato degli incentivi, ha permesso alla green economy di raggiungere importantissime economie di scala che rendono ormai questi investimenti sostenibili e redditizi anche senza incentivi. Infatti, una delle caratteristiche dominanti nel mondo delle energie rinnovabili è la recente discesa dei costi tecnologici. Per esempio, nel 2011 il costo dei pannelli è sceso del 50% e quello delle turbine eoliche tra il 5% e il 10%. Il consistente incremento del mercato ha indotto significative economie di scala e continui miglioramenti tecnologici nei prodotti e nei processi produttivi, tali da ridurre drasticamente i costi delle energie rinnovabili. In alcuni paesi con condizioni climatiche prometeia advisor sim A anteo 32 particolarmente favorevoli si è arrivati addirittura a raggiungere la soglia della grid-parity. Per quanto riguarda il costo complessivo del processo di investimento, la strategia di Quercus prevede l’investimento in progetti già autorizzati, cosi non assumendo il rischio autorizzativo e gli oneri burocratici legati all’ottenimento degli eventuali incentivi legati al progetto stesso. Tra i diversi rischi da considerare per questa tipologia di investimento, vi sono le condizioni di finanziamento dei progetti, rischio particolarmente accentuato in questa prolungata fase di stretta del credito e specie in caso di provvista presso intermediari dei paesi periferici dell’area Uem. Quale può essere un livello ottimale/massimo di leva finanziaria di un fondo? L’investimento in infrastrutture sulle energie rinnovabili si caratterizza per la generazione di flussi di cassa stabili e prevedibili trattandosi di beni reali che generano ricavi dalla vendita di beni o servizi, e quindi non dipendenti dalle fluttuazioni dei mercati finanziari. Tali caratteristiche permettono un agevole ottenimento di finanziamenti a copertura di una buona frazione del valore totale dell’impianto. Il livello ottimale/ massimo di leva finanziaria per questo genere di bene reali è dipendente dalla tipologia del progetto stesso. Le condizioni ed i tassi variano da paese a paese influenzando il rendimento degli investimenti. Ad esempio in Gran Bretagna si possono ottenere finanziamenti bancari, o tramite collocamento di obbligazioni, a tassi inferiori di 300-500 punti base rispetto ad esempio all’Italia. A anteo 33 osservatorio prometeia Quali prospettive per gli investimenti fuori dai “porti sicuri”? Emanuele De Meo, Ugo Speculato, Giacomo Tizzanini, Lea Zicchino — Prometeia domanda, resa ancora più grande dalle nuove regole definite in risposta alla crisi (come ad esempio i requisiti di liquidità introdotti da Basilea 3 per le banche) e che richiedono agli investitori istituzionali e agli intermediari finanziari di detenere nei propri portafogli una quota strutturalmente alta di titoli liquidi e poco rischiosi. La scarsità di asset sicuri, che aveva caratterizzato già la fase pre-crisi, è stata amplificata dal forte ridimensionamento dei titoli tripla A sinteticamente ottenuti con la cartolarizzazione di mutui ed altre attività, dalla perdita dello status di “risk-free” dei titoli di debito pubblico dei Paesi periferici dell’Area Euro e dal fatto che una parte dei titoli safe è stata sottratta al mercato dagli acquisti delle Banche centrali. Q uesto articolo è una sintesi del lavoro presentato da Lea Zicchino al 9° percorso di InFormazione di Prometeia Advisor Sim tenutosi ad Amburgo il 2023 giugno 2013. Perché i rendimenti sulle attività risk-free sono ancora molto bassi, nonostante i rendimenti su alcuni titoli stiano recentemente risalendo? Cosa potrebbe succedere nei prossimi mesi alla luce di un possibile cambiamento nella politica monetaria della Federal Reserve? Quali classi di attività sembrano dare maggiori prospettive di rendimento? Queste alcune delle domande a cui proveremo a rispondere nel seguito di quest’articolo utilizzando alcuni dei nostri modelli. Figura 1: Tassi di interesse nominali a 10 anni di alcuni Paesi meno rischiosi per cento) 16 I rendimenti sulle attività “safe” Nonostante i movimenti più recenti seguiti agli annunci della Fed di un ridimensionamento a breve del programma di acquisto di titoli (il cosiddetto “Fed tapering”), i rendimenti sui titoli “safe” non sono molto distanti dai minimi storici (Fig. 1). I motivi di rendimenti così compressi sono piuttosto noti. Vi hanno contribuito fattori ciclici, come l’acquisto di titoli, e in particolare di titoli di debito pubblico, da parte delle Banche centrali dei più grandi Paesi industrializzati (Usa, Giappone, Uk e, in misura inferiore, Area Euro) che hanno cercato di riattivare il credito nell’economia anche attraverso politiche diverse da quella del movimento dei tassi di interesse di breve termine; ma anche una forte espansione della domanda di titoli a basso rischio da parte di investitori privati che, alla ricerca nella fase di crisi di assicurazione per i propri capitali, sono stati disposti ad conseguire rendimenti bassi e in qualche caso addirittura negativi in termini reali sui propri investimenti. A questi sono da sommare elementi strutturali, e in particolare la scarsità di asset “safe” e liquidi rispetto alla 14 12 10 8 6 4 2 0 '80 '83 '86 '89 '92 '95 '98 '01 '04 '07 '10 '13 Usa Germania Giappone Fonte: Thomson Reuters, elaborazioni Prometeia; dati al 18/9/13. Cosa aspettarsi per il futuro? Per cercare di capire quali possano essere le prospettive di medio termine per una delle più importanti categorie di titoli “safe”, ossia i titoli di Stato, abbiamo costruito un modello di stima dei valori di equilibrio dei rendimenti su questi titoli a varie scadenze. In particolare, abbiamo utilizzato una metodologia Panel sui rendimenti prometeia advisor sim A anteo 34 Figura 2: Rendimenti governativi a 10 anni per la Germania, valore effettivo e di equilibrio(a) (per cento) Figura 3: Rendimenti governativi a 10 anni per gli Usa, valore effettivo e di equilibrio(a) (per cento) 8 8 6 6 4 4 2 2 0 mar-07 ago-08 feb-10 +/- 2 dev std lug-11 gen-13 lug-14 dic-15 storia + prev. prometeia fair value 0 mar-07 mag-09 +/- 2 dev std lug-11 set-13 dic-15 storia + prev. prometeia fair value Fonte: Thomson Reuters; elaborazioni e dati previsionali Prometeia, Rapporto di Previsione, aggiornamento di set-13. (a) Fair value ottenuto mediante panel cointegrato dei rendimenti governativi di Francia, Germania, Giappone, Italia, Uk, Spagna, Usa (analisi dall’I-91 all’I-13). trimestrali dei titoli di Stato alle scadenze 2, 5, 7 e 10 anni di Stati Uniti, Giappone, Regno Unito, Germania, Francia, Italia e Spagna su un periodo che va dal primo trimestre del 1991 al primo trimestre del 2013. Insieme ai titoli “safe” abbiamo quindi considerato anche quelli che con la crisi dell’Area Euro hanno perso questo status, ossia i titoli dei due più grandi Paesi periferici dell’area, Italia e Spagna. Abbiamo quindi identificato, mediante lo stimatore DSURE (Dynamic Seemingly Unrelated Cointegrating Regressions Estimator), delle relazioni di cointegrazione (di equilibrio) tra i rendimenti e una serie di variabili macroeconomiche e finanziarie che dovrebbero spiegare il valore “fair” dei rendimenti governativi: crescita del Pil potenziale, attese di inflazione, rapporto tra debito pubblico e Pil, tasso di interesse governativo a 3 mesi, volatilità del mercato azionario. In estrema sintesi i nostri risultati ci dicono che i valori dei rendimenti sui titoli di Usa e Germania sono al momento più bassi del loro valore di equilibrio ma meno di quanto forse ci si potesse attendere. Analogamente, i rendimenti dei titoli di Spagna e Italia sono solo leggermente superiori al valore spiegato dai fondamentali, anche se lo spread sui titoli tedeschi è ancora superiore a quello stimato come “di equilibrio” (Figg. 2-3). prometeia advisor sim In maggior dettaglio, se si guarda allo spread tra i titoli decennali italiani e quelli tedeschi, si vede come da fine luglio 2012 – ossia dalla famosa dichiarazione di Draghi di essere pronto a fare tutto quanto necessario per salvaguardare l’euro - esso si sia progressivamente ridotto tanto da portare la differenza tra il valore effettivo e quello stimato (entrambi ottenuti come differenza tra i rendimenti) a circa 60 pb alla fine del primo trimestre del 2013 (dai 190 pb di fine 2011) (Fig. 4). Nel 2012 si è anche ridotto il differenziale tra i rendimenti italiani e spagnoli e i loro rispettivi valori di equilibrio (per l’Italia il differenziale si è quasi azzerato nel primo trimestre di quest’anno) (Fig. 5). Questo si spiega con il fatto che i rendimenti effettivi sui titoli tedeschi sono inferiori a quelli stimati sulla base dei fondamentali macroeconomici. Un profilo simile a quello del decennale tedesco si osserva anche per i titoli di Stati Uniti e Giappone. Ne consegue che al venire meno di alcuni dei fattori ciclici che hanno compresso questi rendimenti su valori eccezionalmente bassi, i prezzi di queste attività dovrebbero ridursi (e il rendimento salire). Questo movimento non sarà, nella nostra opinione, di entità tale da riportare in tempi brevi i rendimenti verso livelli elevati (i rendimenti decennali Usa dovrebbero arrivare al 3.3 % e quelli tedeschi al 2.6 % alla fine del 2015) perché i fattori strutturali, di cui dicevamo prima, continueranno a persistere. Prevediamo anche una riduzione degli spread tra titoli dei Paesi periferici e il Bund che sarà guidata da un aumento del rendimento tedesco piuttosto che da una riduzione del rendimento sui titoli italiani e spagnoli. A anteo 35 Figura 4: Differenziale tra i rendimenti governativi a 10 anni di Italia e Germania, valori effettivi e di equilibrio(a) (punti base) Figura 5: Differenziale tra i rendimenti governativi a 10 anni osservati e di equilibrio,(a) Italia e Spagna (punti base) 450 2 Livello osservato > fair value 400 350 1 300 250 0 200 150 100 -1 50 Livello osservato < fair value 0 -50 mar-07 set-08 mar-10 storia set-11 mar-13 fair value -2 mar-07 set-08 Italia mar-10 set-11 mar-13 Spagna Fonte: Thomson Reuters; elaborazioni Prometeia; dati al 31/3/13. (a) Fair value ottenuto mediante panel cointegrato dei rendimenti governativi di Francia, Germania, Giappone, Italia, Uk, Spagna, Usa (analisi dall’I-91 all’I-13). Quali rischi per questo scenario? Nonostante crediamo che quello appena delineato sia il profilo atteso più probabile per i rendimenti di lungo termine, non si può escludere il rischio che la risalita sia più veloce e ampia. Molti analisti hanno del resto di recente ricordato quanto successo nel ’94, in occasione di quello che venne definito come il “grande massacro” sul mercato globale dei bond. In quella circostanza l’aumento del tasso di politica monetaria della Fed sorprese i mercati e determinò un aumento dei rendimenti sui titoli di Stato decennali statunitensi di circa 300 punti base in un anno da febbraio 1994 e di aumenti analoghi per i rendimenti dei titoli di Stato a lunga scadenza europei (soprattutto di Italia e Belgio, due Paesi con un alto rapporto tra debito e prodotto interno lordo).1 Riteniamo tuttavia che, pur rappresentando un rischio non trascurabile, quanto accadde nel ’94 ora sia meno probabile: in primo luogo la Fed dovrebbe avere imparato da quell’esperienza e quindi verosimilmente cercherà di evitare che si ripetano gli effetti fortemente negativi sui mercati obbligazionari delle proprie decisioni; in secondo 1 L’effetto sui tassi di lungo termine, che salirono dello stesso ammontare di quelli di breve, fu amplificato dal contributo del mercato dei titoli garantiti da mutui (MBS). Infatti, con l’aumento dei tassi si ridusse i prepagamenti (disincentivati da tassi più alti) provocando un aumento della duration media degli MBS, che di fatto aumentò l’offerta di titoli di lungo termine. luogo, la Fed gode oggi di maggiore credibilità che agli inizi degli anni ’90, quando era ancora vivo il ricordo di tassi di inflazione molto alti (e arrivati anche alla doppia cifra tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80) e non avrebbe pertanto bisogno di una brusca sterzata sui tassi qualora dovessero manifestarsi primi segnali di aumento delle attese di inflazione; infine, poiché la Fed ha indicato dei criteri espliciti – sul tasso di disoccupazione e di inflazione – a guida di mosse su tassi (la cosiddetta “forward guidance”), è difficile che i mercati possano essere sorpresi come avvenne allora. Quali alternative ai “porti sicuri”? Se le possibilità di ottenere rendimenti interessanti sui mercati dei titoli di Stato sono limitate, quali alternative? Anche i rendimenti sui titoli corporate di migliore qualità (Investment grade) sono molto compressi e una risalita dei tassi risk-free dovrebbe portare a un aumento anche dei rendimenti (e quindi a una caduta dei prezzi) di queste attività. Sui titoli segmento High Yield potrebbero esserci spazi per ulteriori, seppur limitati, riduzioni dei rendimenti e quindi aumenti dei prezzi. Non sembrano esserci possibilità di forti aumenti di valore neppure nel real estate: secondo un indicatore costruito utilizzando le serie, fornite dall’OCSE a partire dal 1970, dei price-to-rent prometeia advisor sim A anteo 36 (rapporto tra il prezzo degli immobili e il relativo canone di locazione) e price-to-income (rapporto tra il prezzo degli immobili e il reddito disponibile pro-capite delle famiglie) vi è evidenza di un possibile sottovalutazione solo per il mercato immobiliare Usa e quello Irlandese (Fig. 6). Il mercato azionario sembra invece offrire ancora delle buone opportunità, nonostante queste siano più limitate rispetto a un anno fa e quindi a prima della risalita significativa delle valutazioni che ha portato l’indice azionario di Germania e Usa vicini ai massimi storici, in termini reali. Per i principali mercati azionari internazionali i prezzi sembrano in realtà inferiori a quelli giustificati dai fondamentali del mercato (stimati con un modello di cointegrazione tra prezzi, utili societari e tasso di sconto), fatta eccezione per la Russia e i mercati emergenti europei e sudamericani, per i quali le quotazioni appaiono sostanzialmente allineate al loro “fair value” (Fig. 7). Quali rischi per il mercato azionario? prometeia advisor sim Figura 6: Sopra (+)/sotto (-) valutazione(a) dei principali mercati immobiliari (Z-score) 3 2 1 0 -1 -2 1-07 1-08 1-09 5°-95° perc Italia Spagna Svezia 1-10 1-11 1-12 Usa Uk Irlanda Francia Canada Norvegia Figura 7: Sopra (+)/sotto (-) valutazione(b) dei principali mercati azionari (per cento) 60 40 20 0 -20 -40 -60 apr-07 apr-08 5°-95° perc India Uem Sud America apr-09 apr-10 Brasile Cina Germania Italia apr-11 apr-12 apr-13 Russia Usa Est Europa Quali sarebbero gli effetti sui mercati azionari nel caso, che non riteniamo tuttavia come lo scenario più probabile, di un aumento repentino dei rendimenti Fonte: Ocse, Thomson Reuters; elaborazioni Prometeia. (a) Media aritmetica dei rapporti price-to-rent e price-to-income; medie sui titoli di Stato? Sappiamo che le e deviazioni standard calcolate dal 1970 (dati medi trimestrali al IV-12). valutazioni del mercato azionario (b) Stimata dalla relazione econometrica di lungo periodo tra indici sono state sostenute finora da azionari, utili e fattore di sconto, dati ad apr-13 espressi in medie tassi risk-free molto bassi. Un loro mensili. aumento, tuttavia, potrebbe non indurre una caduta dei prezzi. Infatti, porterebbe a una salita solo dei tassi di interesse un aumento dei tassi potrebbe avvenire per due con effetti negativi sulle quotazioni azionarie. ragioni: un miglioramento delle prospettive di crescita economica oppure un cambiamento Infine, un aumento dei tassi risk-free, se nell’orientamento della politica monetaria determinato da un miglioramento delle (tecnicamente, della “policy reaction function”) prospettive economiche, potrebbe portare a una della Banca centrale indipendentemente da riduzione dell’Equity Risk Premium (ERP) – al revisioni alle prospettive dell’economia reale. momento molto al di sopra della propria media Nel primo caso, ci sarebbero attese di maggiore storica – lasciando quindi il tasso di sconto crescita anche per il Pil oltre che per i tassi (somma di risk-free ed ERP) su livelli non dissimili e quindi, poiché i flussi di cassa attesi sono da quelli correnti (Fig. 8). tipicamente positivamente correlati a fasi positive del ciclo, l’effetto finale sui prezzi azionari Le prospettive dei titoli azionari dipendono potrebbe anche essere positivo. Al contrario, un ovviamente, oltre che dal movimento del tasso aumento delle pressioni inflazionistiche per shock di sconto, dai flussi di cassa, e quindi dagli utili di offerta o un cambiamento della impostazione aziendali, attesi. La salita dei prezzi azionari nel di politica monetaria (che non conseguisse a un mercato Usa dal 2009 è infatti stata determinata miglioramento delle attese sull’economia reale) A anteo 37 Figura 8: Tasso a 10 anni ed Equity Risk Premium implicito dal modello di Gordon (DDM) per l’indice azionario Usa (per cento)(a) 12 10 8 6 4 media risk-free media ERP 2 0 -2 '85 '89 '93 '97 risk-free (10 anni Usa) '01 '05 '09 '13 ERP (implicito da DDM) Fonte: Thomson Reuters, elaborazioni Prometeia; dati di inizio mese all’1/9/13. (a) Indice S&P500 e aspettative di crescita degli utili degli analisti IBES; indice Datastream Market USA per i multipli di borsa. anche dalla crescita significativa dei profitti. Un fattore di allarme spesso evidenziato dagli analisti finanziari è che la quota di profitti nell’economia Usa è eccezionalmente alta e che il ritorno verso la propria media storica comporterà una caduta delle valutazioni. Questa analisi sembra sottovalutare il fatto che, nonostante fluttuazioni di breve periodo, negli ultimi venti anni i profitti aziendali si sono mossi su un trend crescente. La ragione dietro questo fenomeno sembra essere, nell’opinione di molti analisti, una crescita dei salari inferiore alla produttività negli Stati Uniti ma anche in molti altri Paesi avanzati.2 I motivi per cui questo è successo sono diversi: dalla globalizzazione, all’avanzamento tecnologico, all’erosione del potere contrattuale dei lavoratori. Se questi sono i driver, non si vedono ragioni per cui il trend di crescita dei profitti si debba invertire nel medio termine. Per concludere, i rendimenti sui titoli di Stato “safe” sono bassi ma questo dipende in parte da fattori strutturali che difficilmente potranno essere superati in tempi brevi. Né i titoli dei Paesi periferici né i titoli corporate sembrano rappresentare investimenti alternativi particolarmente attraenti mentre il mercato azionario sembra presentare prospettive migliori anche se le possibilità di guadagno, dopo la forte ripresa che ha caratterizzato questa asset class da un anno a questa parte, sembrano ora più limitate. 2 I motivi sono diversi, tra cui globalizzazione, finanziarizzazione dell’economia, avanzamento tecnologico ed erosione del potere contrattuale dei lavoratori. prometeia advisor sim A anteo 38 osservatorio prometeia Stima dei flussi di vendita di titoli di Stato italiani a seguito di un eventuale declassamento a Speculative Grade Ugo Speculato — Prometeia, Luca Borella N ei mesi scorsi le tre agenzie di rating S&P’s, Moody’s e Fitch hanno ridotto i rating sul debito sovrano di Italia e Spagna, ora più vicini al limite che separa le obbligazioni considerate meno rischiose, appartenenti al segmento Investment Grade, da quelle ad alto rendimento e a maggior rischio di default (Speculative Grade, in gergo “junk”). Figura 1: Titoli di Stato italiani per settore detentore (% sul totale a giu-13) Eurosistema (10.7%) 4.2% 1.4% 5.1% domestico (55.7%) 10.6% 24.5% 25.0% famiglie italiane ifm italiane altre istituzioni finanziarie italiane banche europee (escl. italiane)* banche extra-Europa* altri non residenti (escl. Eurosistema)* Bce-Smp (Banche centrali escl. Italia)** 1.9% Bce-Smp (Banca d'Italia)** 6.7% estero (33.6%) 20.6% Banca d'Italia (escl. Smp) Fonte: Banca d’Italia, Bank of international settlement, Morgan Stanley Research, elaborazioni Prometeia; dati a giu-13 * Percentuale sul debito totale lordo italiano dell’esposizioni delle banche del campione Bis al settore pubblico italiano (dati a I-13). ** Stime Morgan Stanley Research. Anche se non ci sono rischi immediati di ulteriori declassamenti, proviamo a esaminare i problemi associati a questa possibilità. Se ipotizziamo che il comportamento della maggior parte degli operatori domestici come famiglie, banche, fondazioni e assicurazioni – insieme alle altre istituzioni finanziarie detengono nel complesso circa il 56% dei quasi € 1750 miliardi di titoli italiani in circolazione (Fig. 1) – sia caratterizzato da “home bias” e che non venga meno il supporto dell’Eurosistema,1 potremmo verosimilmente prometeia advisor sim Morgan Stanley stima che la Bce ha acquistato tramite il Securities Markets Programme (SMP) quasi € 115 miliardi di titoli di Stato italiani. 1 attenderci una fuoriuscita da parte degli investitori esteri che dall’inizio del 2012 hanno ricominciato a dare un po’ di fiducia al nostro Paese (Fig. 2). L’entità di tale flusso è difficile da stimare ma è possibile fare una valutazione in base agli automatismi che caratterizzano alcune tipologie di investimenti. Una quota importante dei detentori esteri è infatti rappresentata dagli investitori istituzionali: se il debito italiano dovesse scendere sotto la soglia di Investment Grade, i relativi titoli sarebbero esclusi da molti indici benchmark di obbligazioni governative e, di conseguenza, da numerosi Fondi comuni d’investimento ed ETF obbligazionari. Questi sarebbero obbligati a liquidare le posizioni in obbligazioni italiane, per rispettare regolamentazioni o policy interne del fondo stesso. Per quanto riguarda l’inclusione negli indici obbligazionari, i principali provider quali Barclays, Bank of America/Merrill Lynch, J.P. Morgan e iBoxx utilizzano la media dei rating o il rating più conservativo (o i due rating più conservativi) fra le tre agenzie S&P’s, Moody’s e Fitch (“Index rules”). Come riportato nella Tabella 1, l’Italia ha un rating medio BBB, ma S&P’s e Fitch hanno un outlook negativo, aprendo la strada a possibili nuovi declassamenti. Secondo la metodologia degli indici obbligazionari, per perdere la qualifica di Investment Grade da parte di tutte e tre le agenzie, Figura 2: Titoli delle Amministrazioni Pubbliche italiane per settore detentore (€ mld) 950 850 750 650 550 450 350 250 '97 '99 '01 residenti '03 '05 '07 '09 '11 '13 non residenti e Eurosistema Fonte: Banca d’Italia, elaboraz. Prometeia; dati fino a giu-13 A anteo 39 Tabella 1: Rating attuali per i Paesi Uem (a) S&P's Moody's Fitch media Finlandia AAA AAA AAA AAA Germania AAA AAA AAA AAA Olanda AAA AAA AAA AAA Austria AA+ AAA AAA AAA Francia AA+ AA+ AA+ AA+ Belgio AA AA- AA AA Italia BBB BBB BBB+ BBB Spagna BBB- BBB- BBB BBB- Irlanda BBB+ BB+ BBB+ BBB+ Portogallo BB BB- BB+ BB media A+ A+ AA- AA- Fonte: S&P’s, Moody’s, Fitch, elaborazioni Prometeia; dati al 13/9/13. (a) Rating su una scala standardizzata tra S&P’s, Moody’s e Fitch; media arrotondata (“Index rules”). In grassetto i rating attualmente sotto osservazione per possibili downgrade. Tabella 2: Stima dei titoli di Stato italiani detenuti dai Fondi d’investimento e ETF obbligazionari esteri obbligazionari globali € mld. Asset Under Management(a) - di cui indicizzati a indici sovrani (b) - di cui contenenti titoli italiani(c) obbligazionari europei % del valore precedente € mld. % del valore precedente 1522.0 — 738.8 — 532.7 (35.0) 369.4 (50.0) 33.0 (6.2) 83.1 (22.5) Fonte: Bloomberg, Thomson Reuters, J.P. Morgan, elaborazioni Prometeia. Dati Bloomberg al 2/8/13. (b) Ipotesi J.P. Morgan. (c) Peso dei titoli italiani negli indici obbligazionari governativi J.P. Morgan Global (GBI) ed Uem (GBI-EMU), all maturities; dati al 13/9/13. (a) l’Italia dovrebbe subire un declassamento di due notch da S&P’s e Moody’s e tre da Fitch. A quanto ammonterebbero i titoli all’interno dei Fondi d’investimento ed ETF obbligazionari esteri? È estremamente difficile fare una stima precisa data l’alta frammentazione dei dati disponibili. Per capire quale sarebbe l’ordine di grandezza delle vendite da una parte degli investitori esteri seguiamo l’approccio proposto da J.P. Morgan.2 Secondo i dati forniti da Bloomberg, l’ammontare del totale gestito (Asset Under Management, AUM) da Fondi chiusi, aperti e ETF obbligazionari globali a inizio agosto 2013 era pari a circa € 1522 miliardi;3 di questi si ipotizza che circa il 35% abbia come benchmark indici governativi sovrani. 2 J.P. Morgan, “Current account progress and risks”, Flow & Liquidity, 20 July 2012. 3 Utilizzando fondi con focus su obbligazioni globali non consideriamo quelli che investono solo in alcuni Paesi specifici, o fondi italiani che investono in obbligazioni domestiche dato che è presumibile che per queste ultime i fondi cambierebbero i loro regolamenti per tenere comunque le emissioni, seppure “junk”. Utilizzando l’attuale peso di 6.2% dell’Italia nell’indice J.P. Morgan Global Government Bond Index (GBI), possiamo stimare che i Fondi d’investimento obbligazionari globali detengono circa € 33 miliardi in obbligazioni italiane. Per i Fondi d’investimento obbligazionari europei l’AUM ammonta a poco meno di € 740 miliardi, dove circa il 50% potrebbe avere come benchmark indici sovrani. Dato il peso di 22.5% dell’Italia nell’indice J.P. Morgan Emu Government Bond Index (GBIEMU), i fondi europei dovrebbero detenere circa € 83.1 miliardi in obbligazioni italiane (Tab. 2). Pertanto, nel caso di un declassamento dell’Italia a Speculative Grade il ribilanciamento degli indici governativi benchmark e i meccanismi automatici che caratterizzano alcune tipologie di investimento potrebbero portare a una fuoriuscita di titoli di Stato italiani di circa € 116 miliardi dai Fondi ed ETF obbligazionari esteri.4 4 Rimane comunque da ricordare che il processo di smobilizzo dipende da molti altri fattori, tra cui la discrezione di qualche gestore, se consentito, di non rispettare il bench- prometeia advisor sim Tale flusso rappresenta una quota significativa, intorno al 7%, del totale titoli di Stato italiani in circolazione ma non così grande da non poter essere assorbita dagli investitori domestici, anche se non mancano criticità: la quota di titoli detenuta dalle famiglie italiane, 10.6% sul totale in circolazione, è già tra le più elevate rispetto a quella delle altre famiglie dell’Uem; le banche italiane hanno già aumentato in misura considerevole la quota di titoli di Stato in portafoglio e potrebbero avere difficoltà ad incrementarla ulteriormente.5 In ogni caso, la nostra stima riguarda solo una quota contenuta di investitori esteri, escludendo quindi circa € 470 miliardi di titoli italiani (circa il 27% del totale) detenuti dalle banche estere, dai Fondi Pensione e dagli altri investitori per i quali non abbiamo elementi per fare una stima di possibili flussi in uscita. C’è infine da dire che le Autorità italiane si erano mosse per tempo – a partire dal 2012, dopo i prometeia advisor sim A anteo 40 mark o di vendere preventivamente parte dell’esposizione anticipando possibili downgrade, da quanto le agenzie di rating agiscono in modo più o meno coordinato e dal giorno di ribilanciamento dei fondi passivi come ETF. 5 Si consideri, ad esempio, che la Commissione europea ha raccomandato a Banca Monte dei Paschi di Siena di ridurre la propria esposizione ai titoli di Stato italiani nell’ambito del piano presentato per l’approvazione dei “Monti bond”. downgrade dell’Italia dell’anno precedente – proprio per cercare di eliminare o quantomeno ridurre gli automatismi che caratterizzano i Fondi Pensione e i Fondi comuni armonizzati di diritto italiano, per i quali le convenzioni avevano la categoria Investment Grade come soglia minima di investimento. La circolare emanata a fine luglio 2013 dalle Autorità di Vigilanza (Covip, Ivass, etc.), recependo una normativa europea, ha ribadito l’esigenza di “non gestire più il rischio con automatismi legati solo al rating”. È verosimile quindi attendersi che, a seguito delle soluzioni adottate a livello europeo per ridurre tali automatismi, gli investimenti in titoli governativi dell’Italia detenuti dai Fondi Pensione – pari a circa € 21.3 miliardi per quelli italiani secondo la Relazione Covip 2012 – e dai Fondi comuni – circa € 48 miliardi per quelli armonizzati di diritto italiano secondo la Banca d’Italia – saranno meno vulnerabili a un eventuale declassamento del debito sovrano del nostro Paese. A anteo 41 osservatorio prometeia L’imposta sulle transazioni finanziarie in Europa Daniela Viggiano — Prometeia I l 28 settembre 2011 la Commissione Europea ha presentato una proposta di direttiva per l’introduzione di un’imposta sulle transazioni finanziarie nei 27 Stati Membri. In assenza di un consenso unanime, undici Stati Membri (EU11)1 favorevoli all’introduzione dell’imposta, hanno chiesto alla Commissione l’autorizzazione “a instaurare tra loro una cooperazione rafforzata ai fini dell’istituzione di un sistema comune d’imposta sulle transazioni finanziarie” sulla base della proposta presentata dalla Commissione nel 2011. Nell’ottobre 2012 la Commissione ha proposto una decisione che autorizza una cooperazione rafforzata, decisione che ha ottenuto il sostegno del Parlamento Europeo in dicembre e l’approvazione dei Ministri delle Finanze europei al Consiglio Ecofin nel gennaio 2013. A seguito di tali decisioni il 14 febbraio 2013 la Commissione ha emanato una proposta di direttiva finalizzata a introdurre la imposta sulle transazioni finanziarie (ITF) a partire da gennaio 2014 per gli 11 Stati (Fig. 1). In sede parlamentare, la proposta è stata approvata dalla Commissione Affari Economici e Monetari il 18 giugno 2013, discussa in plenaria il 2 luglio e approvata con emendamenti il 3 luglio 2013. La proposta di direttiva fornisce una copertura molto vasta in termini di mercati, soggetti e strumenti2 su cui si applica l’imposta sulle 1 Belgio, Germania, Estonia, Grecia, Spagna, Francia, Italia, Austria, Portogallo, Slovenia e Slovacchia. 2 La direttiva si applica a tutte le transazioni finanziarie a condizione che almeno una delle parti della transazione sia stabilita nel territorio di uno Stato dei paesi in cooperazione rafforzata e che l’ente finanziario sia parte coinvolta nella transazione e agisca per conto proprio o per conto di altri soggetti oppure agisca a nome di una delle parti della transazione. Sono esclusi le Controparti Centrali, i Depositari Centrali di Titoli, i Depositari Centrali Internazionali di Titoli nell’esercizio delle loro funzioni e gli Stati Membri e gli altri Enti Pubblici limitatamente alla funzione di gestione del debito pubblico. L’imposta si applica su un ampio novero di strumenti e, in particolare, oltre agli strumenti negoziabili sul mercato dei capitali e ai contratti derivati, agli strumenti del mercato monetario (ad eccezione degli strumenti di pagamento), alle quote e azioni di organismi collettivi di investimento e ai prodotti strutturati. L’imposta non sarebbe limita- transazioni finanziarie al fine di garantire la neutralità fiscale tra i soggetti passivi d’imposta e gli strumenti e di limitare al minimo i rischi di evasione/elusione. La Commissione, nella proposta formulata a febbraio 2013, ha stimato un gettito complessivo compreso tra i 30 e i 35 miliardi di euro ogni anno, pari allo 0.4%3 del Pil degli 11 Stati Membri4, e ha evidenziato che l’introduzione della imposta da un lato ha un impatto negativo sul Pil dei paesi aderenti nell’ordine di -0.28% nel lungo termine (2050)5, dall’altro lato le maggiori entrate derivanti dall’imposta potrebbero tradursi in nuovi investimenti con effetti sull’occupazione, sui redditi e sulla produzione. Un reinvestimento dei redditi derivanti dall’ITF potrebbe portare a un effetto positivo sul Pil nell’ordine dello 0. 2% nel lungo termine6. ta alle operazioni sui mercati organizzati ma coprirebbe anche le transazioni sui mercati Otc, mentre sarebbero escluse le operazioni sul mercato primario (tra cui la nuova proposta fa rientrare anche l’emissione di azioni e quote di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari). Sono escluse dall’imposta le transazioni con la Bce e con le banche centrali nazionali, quelle con l’European Financial Stability Facility e l’European Stability Mechanism, con l’UE e gli enti istituiti dall’UE (art.3). L’imposta si applica sull’acquisto e sulla vendita di ogni strumento e con riferimento ai pronti contro termine sarà applicata una sola volta per entrambe le parti della transazione. 3 Commissione Europea (2013), Impact Assessment, 14 febbraio. Si tratta dell’aggiornamento dello studio di impatto condotto nel 2011 che accompagna la proposta di direttiva che implementa la cooperazione nell’area dell’imposta sulle transazioni finanziarie. 4 Con l’imposta, oltre ad assicurare il contributo del settore finanziario alla copertura dei costi della crisi, la Commissione si prefigge anche di realizzare l’armonizzazione delle legislazioni nazionali vigenti riguardo alla tassazione delle transazioni finanziarie e la limitazione di comportamenti degli operatori non desiderabili al fine di stabilizzare i mercati. 5 Nel modello di stima della commissione l’imposta sulle transazioni finanziarie si trasferisce in un incremento del reddito imponibile delle imprese, riduce la redditività degli investimenti e quindi riduce gli investimenti. Tali stime sono state effettuate tenendo conto che l’85% delle transazioni finanziarie è intermediata da istituzioni finanziarie, che il finanziamento delle imprese attraverso azioni e quote ricopre solo una quota marginale delle modalità di finanziamento delle stesse, ricorrendo in gran parte a strumenti non tassati, e che parte di tali transazioni è effettuata sul mercato primario. Infine le minori transazioni ad alta frequenza potrebbero tradursi in effetti positivi sul mercato a seguito di una minor volatilità dei mercati, maggiore stabilità e dunque assenza di costi nella gestione di potenziali crisi. 6 L’imposta sulle transazioni finanziarie potrebbe avere impatti positivi sul Pil sia nel caso in cui si aggiunga ad altre prometeia advisor sim A anteo 42 Figura 3: Timeline della Direttiva sul sistema comune di imposta sulle transazioni finanziarie proposta di direttiva ITF EU27 set-11 richiesta cooperazione rafforzata da 11 stati membri giu-12 opposizione degli stati membri a ITF EU27 set-12 approvazione Consiglio Ecofin ott-12 dic-12 autorizzazione Commissione Europea approvazione Parlamento Europeo Il testo approvato dal Parlamento nel luglio 2013 richiede alla Commissione di dimostrare, prima dell’introduzione dell’ITF, che l’imposta non crei ostacoli o discriminazioni agli scambi tra gli Stati membri né distorsioni della concorrenza e di presentare una nuova e solida analisi di valutazione di impatto sulle conseguenze della proposta di una ITF comune per gli Stati partecipanti e non partecipanti. La proposta di direttiva ripercorre il campo di applicazione e gli obiettivi di quella del 2011 (riferita ai 27 Stati Membri dell’area dell’euro), ma introduce alcuni elementi di novità finalizzati principalmente a limitare i fenomeni di delocalizzazione, che sono più probabili con un numero ristretto di paesi aderenti alla cooperazione rafforzata. In particolare, ai fini dell’individuazione dei soggetti di imposta si è affiancato al principio di residenza quello di emissione che permette di estendere la normativa a tutti gli strumenti finanziari emessi in un mercato dove vige l’ITF, a prescindere dallo Stato di residenza delle controparti nella transazione. Inoltre, per evitare evasione/elusione dell’imposta si è cercato di ovviare ai rischi connessi al trasferimento all’estero di un istituto finanziario che continua la propria attività in un paese dell’EU117. Rischi di delocalizzazione continuano prometeia advisor sim tasse di ciascun paese e quindi contribuisca alla riduzione del deficit pubblico con effetti positivi sui costi di finanziamento e sugli investimenti privati, sia nel caso vada a sostituire imposte già esistenti o renda possibile evitare ulteriori aumenti sulle imposte già vigenti in quanto permetterebbe una redistribuzione dei redditi a favore delle famiglie e una probabile maggiore propensione al consumo. Infine, le entrate derivanti dall’ITF potrebbero essere reinvestite direttamente o indirettamente, ad esempio con l’aumento del capitale della Banca Europea degli Investimenti che si potrebbe tradurre in un aumento dei finanziamenti privati. Per maggiori dettagli si veda Griffith-Jones, S. and Persaud A. (2012) Financial Transaction Taxes, Report presented to the European Parliament. 7 La nuova proposta di direttiva introduce un ampliamento del principio di stabilimento (art.4 ) includendo tra il novero delle istituzioni finanziarie sottoposte all’imposta i) sog- gen-13 proposta di direttiva ITF EU11 feb-13 riunione plenaria del Parlamento giu-13 approvazione ECON lug-13 entrata in vigore (?) 2013 giu-14 approvazione e compliance legislazioni nazionali invece a sussistere, in sede di recepimento della direttiva, nel caso di mancata omogeneità delle aliquote tra gli undici Stati aderenti8 perché potrebbe favorire il trasferimento delle attività nei paesi con aliquote più contenute al fine di ridurre al minimo l’onere fiscale9. Con gli emendamenti di luglio 2013 si cerca di rafforzare tali principi. In particolare si propone di introdurre un nuovo paragrafo all’articolo 4 della direttiva in cui si amplia il principio di stabilimento10 e, al fine di garantire una più getti autorizzati o aventi il diritto di operare dall’estero come istituzione finanziaria sul territorio di uno Stato appartenente al territorio EU11, relativamente alla transazione che rientra in tale autorizzazione o diritto (par.b); ii) i soggetti che partecipano per conto proprio o altrui, o in nome di una parte della transazione, di uno strumento finanziario emesso sul territorio di uno Stato che partecipa alla cooperazione rafforzata (par. g). Tra le modifiche introdotte dalla nuova proposta si inserisce l’ampliamento delle categorie incluse nelle transazioni finanziarie attraverso l’introduzione dello scambio tra due o più strumenti finanziari che saranno considerati come due transazioni per finalità fiscali. 8 La proposta di direttiva lascia invariata invece l’aliquota di imposta stabilita in un minimo di 0.1% per le transazioni su tutti gli strumenti finanziari e in un minimo di 0.01% per i contratti derivati. 9 Il 6 settembre 2013 è stato pubblicato un documento dell’ufficio legale del Consiglio che esprime l’illegalità dell’imposta sulla transazione finanziaria con riferimento all’articolo 4 §1 lettera f) della proposta di direttiva che implementa la cooperazione rafforzata. In particolare, l’ufficio legale esprime dubbi sulla legalità dei poteri fiscali esercitati dai paesi in cooperazione rafforzata sui paesi terzi, sul differente trattamento delle istituzioni finanziarie residenti e non residenti in uno dei paesi in cooperazione rafforzata (stati Eu e Paesi terzi) con conseguente distorsione della concorrenza e movimento di capitali. 10 L’emendamento n.38 propone che, ai fini della direttiva, uno strumento finanziario si considera emesso nel territorio di uno Stato Membro partecipante in funzione della sede legale dell’emittente o del diritto pubblico applicabile al trading svolto nell’ambito dei sistemi della piattaforma o della normativa che regola le stanze di compensazione, agenti o sistemi di regolamento, del diritto applicabile all’accordo in forza del quale la transazione sullo strumento finanziario è stata effettuata e, nel caso di uno strumento strutturato, almeno il 50% del valore delle attività poste a garanzia dello A anteo 43 efficace applicazione delle norme, si propone di integrare i principi di residenza e di emissione con il principio di trasferimento del titolo legale di proprietà11. fortemente penalizzati dall’obiettivo della normativa di scoraggiare gli scambi ad alta frequenza e dall’incidenza dell’aliquota fiscale in relazione ai margini di guadagno attuali. Il numero limitato di paesi interessati dalla proposta di direttiva pone inoltre problemi connessi alla doppia tassazione nel caso in cui la transazione avvenga tra uno degli Stati in cooperazione rafforzata e altri Stati che prevedono una propria imposta sulle transazioni finanziarie. Tuttavia, la Commissione considera tale rischio limitato, in quanto tali transazioni ricoprono solo una piccola quota di quelle complessive. Inoltre il problema verrebbe meno nel caso in cui lo Stato terzo decidesse di rientrare nell’accordo di cooperazione rafforzata in un successivo momento o si procedesse alla stipulazione di accordi bilaterali tra Stati. Tali rischi erano stati evidenziati anche dalla Commissione che, nello studio di impatto, intravedeva la possibilità di una scomparsa del mercato dei pronti contro termine, in particolare della componente overnight, ma riteneva che tali strumenti potessero essere sostituiti con operazioni non tassabili quali i prestiti garantiti e le transazioni (sempre esenti) con la Banca Centrale14. Tra gli altri strumenti la Commissione stimava anche un sensibile ridimensionamento del mercato dei derivati condizionato dal fatto che l’applicazione dell’imposta sul valore nozionale del derivato porterebbe a limitare l’attività di copertura sulla posizione netta. L’ampiezza degli strumenti soggetti all’imposizione fiscale se da un lato mira a tutelare la neutralità fiscale e la parità di trattamento, dall’altro crea le condizioni per una riduzione delle transazioni, in particolare sui mercati a breve termine, che potrebbe tradursi anche nella scomparsa o minore efficienza di alcuni mercati. I rischi per il mercato dei pronti contro termine sembrano attenuarsi con gli emendamenti approvati in sede parlamentare che, con riferimento ai pronti contro termine e ai pronti contro termine inversi con scadenza fino a tre mesi, introducono un’aliquota dello 0.01%, in linea con quanto previsto per i derivati15. Inoltre sono introdotte aliquote dimezzate, fino a gennaio 2017, per le transazioni in titoli di Stato, i fondi pensione e i derivati. Ci si riferisce in particolare al mercato dei pronti contro termine12 e del securities lending13, strumento finanziario faccia riferimento a strumenti finanziari emessi da persone giuridiche aventi sede in uno Stato Membro partecipante. 11 L’emendamento n.39 propone di integrare l’articolo 4 con l’art 4 bis che stabilisce che in caso di mancato pagamento dell’Itf, la transazione è considerata non opponibile e non comporta il trasferimento del titolo legale di proprietà dello strumento sottostante ed è ritenuta non conforme ai requisiti di compensazione centrale. 12 Si stima che l’imposta sulle transazioni finanziarie porti a una contrazione del 66% del mercato dei pronti contro termine in Europa ( “Collateral damage: the impact of the Financial Transaction Tax on the European repo Market and its conseguences for the financial markets and the real economy”, Icma – International Capital Market Association, 8 aprile 2013). 13 Si stima che a seguito dell’ITF il 65% del mercato dovrebbe risultare non più efficiente con impatti rilevanti per gli investitori istituzionali (settore maggiormente attivo in tale mercato), sui mercati finanziari e sui titoli garantiti. L’aumento delle commissioni sulle operazioni necessario per mantenere il guadagno sui livelli attuali renderebbe meno appetibile tale strumento all’interno dell’area con maggiori possibilità di un ri-orientamento del business degli investitori istituzionali. Inoltre, si potrebbe avere un aumento del costo dei collaterali per tutti gli operatori del mercato comprese le banche e che potrebbe pertanto ridurre la capacita di finanziamento dell’economia. La minor vivacità di tale mercato avrebbe un impatto anche sul mercato azionario e obbligazionario (“Impact of the Financial Transaction Tax on Europe’s Secuirities Lending Market”, Isla - International Securities Lending Association, 8 aprile 2013). Il testo approvato dal Parlamento ha apportato altre modifiche di rilievo, in particolare l’allargamento della definizione di transazione 14 L’Icma ritiene che la soluzione proposta dalla Commissione non sia perseguibile in quanto le banche centrali non possono sostituirsi al mercato monetario e i prestiti garantiti non forniscono la stessa tutela dei pct in caso di default di una delle parti della transazione. L’Icma evidenzia inoltre che la mancanza di valide alternative al mercato dei pct creerebbe numerosi problemi agli investitori istituzionali e alle imprese che sarebbero obbligate a depositare la liquidità e potrebbero scegliere di trasferirla in paesi non-EU11 (ritenuto non particolarmente oneroso). Ciò drenerebbe la liquidità dal mercato finanziario domestico con impatti sulla capacità di prestito all’economia. Potrebbe risultare compromessa anche l’implementazione della politica monetaria visto il ruolo ricoperto dai pct nella trasmissione della politica monetaria. Secondo l’istituto, inoltre, la chiusura del mercato dei pct potrebbe condizionare il mercato dei titoli e dei derivati e potrebbe risultare minata anche la stabilità finanziaria nel suo complesso in quanto l’imposta renderebbe eccessivamente oneroso il trasferimento delle garanzie tanto da scoraggiarne l’utilizzo nelle transazioni finanziarie. Risulterebbe inoltre più difficile per le banche la creazione dei buffer di liquidità previsti dalla normativa con strumenti diversi dalla liquidità. 15 Sempre in tema di aliquote si propone di applicare alle transazioni finanziarie OTC aliquote più elevate ad eccezione di quelle transazioni finanziarie su derivati otc per le quali è oggettivamente misurabile l’effetto di riduzione dei rischi ai sensi dell’art.10 del regolamento delegato della Commissione 149/2013. prometeia advisor sim finanziaria16, l’ampliamento dei soggetti esclusi17 e delle transazioni finanziarie escluse18. Il mancato accordo unanime sulla proposta di febbraio e i nuovi emendamenti approvati dal Parlamento a luglio probabilmente faranno slittare i termini per l’adozione dell’Imposta sulle transazioni finanziarie: La Commissione Europea ha infatti evidenziato che, nel caso in cui gli Stati Membri raggiungano un accordo unanime entro la fine dell’anno in corso e procedano celermente alla trasposizione nella legislazione nazionale, l’Imposta sulle transazioni finanziarie potrà entrare in vigore entro la metà del 2014. L’Italia ha anticipato l’introduzione della imposta sulle transazioni finanziarie con la legge 24 dicembre 2012 n.228, le cui modalità di applicazione sono state stabilite con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze di febbraio 2013. La legge prevedeva a partire dal 1° marzo 2013 l’applicazione dell’imposta sulle transazioni sui titoli azionari e strumenti finanziari partecipativi emessi da società residenti in Italia (oltre che su titoli rappresentativi dei predetti strumenti indipendentemente dalla residenza del soggetto emittente), anche derivanti dalla conversione di obbligazioni, e dal 1° luglio, termine poi slittato al 2 settembre, sui derivati. Il 22 agosto è stata riaperta la consultazione per modificare il decreto di febbraio 2013 che si è chiusa il 30 agosto e che ha portato ad un nuovo decreto attuativo del Ministro dell’economia prometeia advisor sim A anteo 44 16 Nella definizione di transazione finanziaria, oltre alla stipula di derivati, rientrano anche “i contratti per differenza e le operazioni a termine a fini speculativi prima della compensazione o regolamento” e “ le operazioni in valuta a pronti sui mercati esteri dei cambi”. Inoltre tra le operazioni di pronti contro termine e i contratti di concessione e assunzione di titoli in prestito sono compresi anche “gli annullamenti di ordini generati con il trading ad alta frequenza”. 17 La nuova formulazione dell’art.3 fa rientrare tra i soggetti esclusi dall’imposta “i mercati di crescita per le Pmi” (MTF) e “le persone che si propongono sui mercati finanziari su base continuativa come disposte a negoziare per conto proprio acquistando e vendendo strumenti finanziari con l’impegno di capitale proprio (market maker) quando assolvono funzione essenziale per le obbligazioni e azioni illiquide in base all’accordo legale fra il market maker e la piattaforma di negoziazione organizzata in cui l’operazione viene effettuata e quando l’operazione non rientra in una strategia di trading ad alta frequenza”. 18 Oltre alle ipotesi già previste dall’art3, §4, è escluso anche “il trasferimento del diritto di proprietà di uno strumento finanziario e ogni operazione equivalente che implichi il trasferimento del rischio ad esso legato – tra entità dello stesso gruppo o di una rete di banche decentrate – quando il trasferimento sia effettuato per rispettare un requisito legale o un requisito prudenziale di liquidità sancito dalla legislazione nazionale o unionale”. e delle finanze19 (in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale) che accoglie alcune richieste pervenute dagli intermediari che operano sul mercato italiano e internazionale e fornisce alcuni chiarimenti sull’applicazione della Financial Transaction Tax. Il decreto interviene sia sulla parte relativa alle azioni e agli altri strumenti finanziari (Titolo II ) con integrazioni circa l’ambito di applicazione dell’imposta e le definizioni del valore della transazione e del prezzo di acquisto sia sulla parte relativa ai derivati (Titolo III). Per questi ultimi il decreto è intervenuto fornendo alcune integrazioni in merito all’ambito di applicazione e alla definizione del valore nozionale. Per alcune precisazioni effettuate per i derivati la data di applicazione è prevista per gennaio 2014 per consentire agli operatori di adattare i loro sistemi informativi. Il decreto è intervenuto anche nella parte relativa alle disposizioni comuni (Titolo V) ampliando il novero delle transazioni escluse dall’imposta, mentre non ha modificato gli articoli relativi alle operazioni ad alta frequenza (Titolo IV). Rispetto alla normativa proposta in sede europea l’imposta sulle transazioni finanziarie in Italia si applica ad un insieme più ristretto di strumenti e prevede aliquote differenziate tra mercati regolamentati e operazioni Otc. Differenze sussistono anche sui derivati, per cui è prevista l’applicazione di una imposta fissa a seconda della tipologia e del valore del nozionale di ciascun contratto e sulle operazioni ad alta frequenza per cui è prevista un’imposta pari allo 0.02% sul controvalore degli ordini di acquisto o vendita annullati o modificati che in una giornata di borsa superino una certa soglia numerica20. 19 Comunicato stampa del Ministero dell’Economia e delle Finanze N° 160 del 18 settembre 2013. 20 Per maggiori dettagli si rinvia a “Osservatorio sui risparmi delle famiglie”, Prometeia, marzo 2013. A anteo 45 approfondimenti Quali ulteriori misure di sostegno all’economia potrebbe adottare la Bce? Federico Calogero Nucera Dal Rapporto di Previsione dell’Associazione Prometeia (aprile 2013) A ormai 5 anni dall’inizio della Grande Recessione (che in Europa ha coinciso in parte con la crisi del debito sovrano) l’andamento dei principali indicatori macroeconomici dell’area euro dimostra come la ripresa sia ancora lontana. Ad esempio, il tasso di disoccupazione, attualmente pari al 12 per cento, è al livello più alto mai registrato dalla nascita della moneta unica, il Pil ha a sua volta fatto registrare una flessione in tutti e quattro i trimestri del 2012 mentre il rapporto debito-Pil ha raggiunto quota 90 per cento (all’inizio del 2009 era pari a circa il 74 per cento). La crisi ha inoltre favorito il disallineamento di molte delle variabili economiche e finanziarie dei paesi membri dando così inizio a un preoccupante processo di frammentazione dell’area euro. In particolare, a dimostrazione di come i tradizionali canali di trasmissione della politica monetaria non stiano funzionando come dovrebbero, si è creata e persiste una marcata divergenza tra i tassi di interesse a cui possono indebitarsi famiglie e imprese residenti in paesi diversi dell’area euro, con i paesi periferici – che sono quelli colpiti maggiormente dalla crisi – nettamente svantaggiati in termini di accesso al credito rispetto ai paesi core. Alla luce di questi elementi, è interessante esaminare quali ulteriori misure, rispetto a quelle già messe in campo finora e a quanto fatto dalle altre banche centrali, potrebbe introdurre la Bce per favorire il ripristino dei canali di trasmissione della politica monetaria e migliorare le condizioni economiche dell’area. Infatti, nonostante la crisi abbia, come detto, colpito duramente l’area euro e nonostante il tasso di inflazione sia pari all’ 1.7 per cento e quindi sotto il target del 2 per cento, la risposta della Bce è stata finora più contenuta rispetto alle altre banche centrali. Federal Reserve, Bank of England e Bank of Japan, pur tenendo conto delle diverse priorità e obiettivi, sono state più aggressive nell’uso di politiche non convenzionali come il quantitative easing. Per capire quali potrebbero essere le prossime mosse della Bce può essere utile passare brevemente in rassegna le politiche già attuate e analizzare i criteri dietro a tali scelte. Nel corso di questi mesi, la Bce ha cercato di seguire nel suo agire il più possibile il cosiddetto “principio di separazione” secondo il quale rischi inerenti al tasso di inflazione e all’attività economica dovrebbero essere contrastati mediante aggiustamenti dei tassi di policy mentre rischi relativi alla stabilità finanziaria dell’area euro dovrebbero essere contrastati tramite altre misure e, in particolare, tramite politiche che agiscono sul bilancio della banca centrale. Sebbene nella maggior parte dei casi sia difficile classificare in modo univoco le politiche monetarie in una delle due categorie, a partire dall’inizio della crisi la Bce ha attuato almeno sei provvedimenti che hanno avuto un impatto sul suo bilancio. Il primo provvedimento è stato l’introduzione delle operazioni di rifinanziamento principali a tasso fisso con modalità “full allotment”. Grazie a questa politica le banche dell’area area euro hanno potuto ottenere liquidità illimitata previo deposito presso la Bce di adeguato collaterale. A questo provvedimento hanno poi fatto seguito tre programmi di acquisto di titoli, due Covered Bond Purchase Programmes (CBPPs) e il Securities Markets Programme (SMP), aventi rispettivamente lo scopo di ripristinare la liquidità nel mercato dei covered bond (molto importante per il finanziamento delle banche) e di ridurre le tensioni nel mercato dei titoli di Stato dei paesi periferici per una migliore trasmissione degli impulsi di politica monetaria. Nel corso dell’ultimo anno la Bce ha poi condotto un’altra misura per fornire ulteriore liquidità al settore bancario, le Longer Term Refinancing Operations con scadenza a tre anni e sempre con “full allotment”. L’ultimo provvedimento in ordine di tempo, anche se ancora mai implementato, è l’Outright Monetary Transactions (OMT) con il quale la Bce si è impegnata ad acquistare su scala illimitata i titoli di Stato a breve scadenza dei paesi che decidono di attivare il programma purché essi accettino le condizioni che verranno poste dall’European stability mechanism (Esm). Per quello che riguarda l’andamento dei tassi di policy, la Bce ha tagliato con decisione il tasso prometeia advisor sim sulle operazioni di rifinanziamento principali a partire dal 2008, lo ha fatto risalire nel corso del 2011 per poi immediatamente tornare indietro con l’insediamento di Draghi. Al momento il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali è pari allo 0.75 per cento, mentre gli altri due tassi di policy (quello sulla marginal lending facility e quello sulla deposit facility) sono pari, rispettivamente, all’ 1.50 per cento e allo zero per cento. Nonostante il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali sia più alto del tasso sui fed funds Usa e dei tassi di policy nel Regno Unito e in Giappone, i tassi interbancari nell’area euro non sono molto diversi da quelli prevalenti negli altri paesi. L’ingente offerta di liquidità della Bce sta infatti continuando a mantenere i tassi euribor, anche oltre la scadenza overnight, sotto il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali. La Bce ha a disposizione dunque diverse opzioni – riguardanti sia la scelta dei tassi di policy sia la dimensione del proprio bilancio – al fine di ripristinare la trasmissione della politica monetaria, ridurre la frammentazione dei sistemi finanziari dell’area euro e stimolare l’economia. In particolare, la Bce potrebbe: 1. Ridurre il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali lasciando invariato il tasso sulla deposit facility. In questo modo la Bce restringerebbe il corridoio dei tassi interesse a beneficio soprattutto delle banche dei paesi periferici (che si finanziano in gran misura tramite le operazioni di rifinanziamento principali) rispetto alle banche dei paesi core (che si finanziano al tasso Eonia che al momento è “schiacciato” verso il tasso della deposit facility); 2. Ridurre il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali mantenendo costante il corridoio dei tassi (portando quindi in territorio negativo il tasso sulla deposit facility). L’obiettivo di questa politica sarebbe quello di disincentivare le banche, prevalentemente dei paesi core, applicando una penalità sui depositi, a “parcheggiare” la liquidità in eccesso presso la Bce; prometeia advisor sim A anteo 46 3. Attivare il programma OMT per i paesi periferici anche in mancanza di una specifica richiesta. In questo modo la Bce potrebbe ridurre notevolmente i rendimenti sui titoli governativi di questi paesi sperando che tale riduzione si trasmetta anche ai tassi attivi e passivi delle banche con benefici sia per l’offerta che per la domanda di credito; 4. Attuare un nuovo programma di LTRO in modo da garantire ulteriore liquidità alle banche dei paesi periferici; 5. Utilizzare un diverso schema comunicativo per rassicurare i mercati e, seguendo l’esempio della Fed, implementare una forward guidance che vincoli esplicitamente l’impegno a mantenere ancora a lungo l’attuale posizione espansiva di politica monetaria al raggiungimento di specifici obiettivi in termini tasso di disoccupazione e\o di crescita del Pil dell’area euro; 6. Attuare un provvedimento, simile al Funding for Lending Scheme1 della Bank of England, che crei un legame diretto tra l’elargizione da parte della Bce di liquidità a basso costo alle banche e la loro offerta di credito; 7. Agire sul mercato delle ABS (Asset Backed Securities) aventi come sottostante i prestiti che le banche fanno alle imprese. Alcune di queste possibilità, sebbene attuabili in teoria, potrebbero essere però meno praticabili di altre sia perché potrebbero essere considerate non propriamente in linea con il mandato della Bce e quindi creare delle frizioni all’interno del Consiglio direttivo (opzione 2, 3, 4 e 5) sia perché potrebbero non dare i risultati sperati (opzione 6). Ad esempio, l’attivazione del programma OMT per iniziativa della Bce senza che vi sia richiesta da parte degli Stati periferici (opzione 3) appare molto improbabile dato che una tale operazione, pur riguardando il mercato secondario, non rientra nel mandato della Banca centrale e difficilmente troverebbe approvazione nel Consiglio direttivo. L’intervento della Bce senza la sottoscrizione di un MoU (Memorandum of Understandings) con la Troika renderebbe questa operazione simile al Security Markets Program e quindi teoricamente possibile ma di fatto difficilmente attuabile, date le critiche da esso ricevute, a meno che non ci si trovasse in condizioni di straordinaria emergenza e che la trasmissione della politica monetaria risultasse ancora più compromessa di quanto non lo sia allo stato attuale. Stessa discorso potrebbe valere per l’opzione 2 (sebbene la Bce si sia in passato dichiarata pronta dal punto di vista operativo ad applicare un tasso negativo sulla deposit facility, gli effetti di questa politica sono piuttosto incerti) e per l’opzione 5 (la Bce 1 Il Funding for Lending Scheme è un provvedimento attuato dalla Bank of England in collaborazione con il Ministero del Tesoro britannico avente lo scopo di ridurre i costi di finanziamento delle banche e, contemporaneamente, di incentivare la loro offerta di credito. A anteo pur essendosi già impegnata a mantenere l’attuale regime di politica monetaria ancora a lungo, per diversità di mandato rispetto alla Fed, non può annunciare dei target su obiettivi diversi dal tasso di inflazione). Anche un nuovo programma di LTRO (opzione 4) a lungo termine (con scadenza a 3 anni o anche oltre) potrebbe essere difficile da giustificare dal momento che molte banche, dei paesi core ma non solo (si veda ad esempio le banche spagnole) hanno restituito in anticipo una parte dei fondi acquisiti con le aste a lunga scadenza precedenti. Infine, dubbi potrebbero sorgere anche sull’implementazione di un programma simile al Funding for Lending Scheme (opzione 6). L’esperienza inglese ha infatti dimostrato come tale meccanismo possa non rivelarsi uno strumento efficace nel breve periodo dato che finora esso ha avuto più successo nel ridurre i tassi di interesse sui mutui piuttosto che nel favorire l’elargizione di nuovo credito verso le Pmi. Tra le possibilità elencate le più probabili sembrano pertanto essere quelle che rientrano 47 nel mandato attuale della Bce e\o che potrebbero essere implementate senza generare particolari controversie all’interno del Consiglio direttivo. Nello specifico queste possibilità potrebbero essere il taglio del tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali (opzione 1) che, oltre ad avere l’implicito vantaggio di preservare la competitività dell’euro rispetto alle altre valute, potrebbe produrre delle condizioni di finanziamento più favorevoli per le banche dei paesi periferici pur non apportando benefici diretti alle loro economie o l’intervento nel mercato degli ABS aventi come sottostante i prestiti alle Pmi (opzione 7). In particolare, quest’ultimo intervento potrebbe concretizzarsi in diversi modi e avrebbe lo scopo di favorire l’offerta di credito delle banche alle Pmi. Ad esempio, la Bce potrebbe impegnarsi in prima persona nell’acquisto di questa categoria di asset. Un’altra strada percorribile potrebbe essere quella di ridurre ulteriormente i requisiti che regolano l’utilizzo come collaterale di questi strumenti finanziari sia per quello che riguarda l’ammissibilità di tali titoli (legata al loro rating) sia per quello che riguarda l’haircut applicato. prometeia advisor sim A anteo 48 approfondimenti Le prossime tappe per un completamento dell’Unione Economica e Monetaria Maria Valentina Bresciani — Prometeia Associazione Massimiliano Coluccia — Prometeia Dal Rapporto di Previsione dell’Associazione Prometeia (aprile 2013) I n seguito alla crisi finanziaria globale e alle sue ripercussioni sui mercati del debito sovrano, la Ue, come noto, si è dotata di strumenti e procedure per gestire le situazioni di difficoltà. In particolare, le principali innovazioni riguardano: 1. le norme sulle regole di politica fiscale introdotte con regolamenti, direttive e un nuovo Trattato; 2. gli strumenti per erogare le risorse finanziarie ai paesi con problemi di debito pubblico o con necessità di ricapitalizzare il proprio sistema bancario; 3. l’accordo sul sistema di vigilanza bancaria unico a livello europeo, come primo passo per la realizzazione dell’unione bancaria; 4. le “operazioni monetarie definitive” intraprese dalla Bce su base condizionale e illimitata per stabilizzare i mercati e ripristinare i meccanismi di trasmissione della politica monetaria. A più riprese su queste pagine abbiamo discusso dei progressi nella regolamentazione finanziaria e fiscale in Europa. E’ possibile ora sistemare questi tasselli nel piano per lo sviluppo futuro dell’Uem1, approvato dal Consiglio europeo di dicembre scorso e da approfondire nei tempi e nei dettagli nel prossimo Consiglio di giugno. Questo piano, ampio e interconnesso, è da svilupparsi per fasi e dovrebbe portare alla realizzazione di una Unione economica e monetaria più integrata e solidale. Di seguito esponiamo il processo di completamento dell’Uem così come presentato nel documento del Consiglio2. Ci soffermeremo poi sul recente prometeia advisor sim 1 Questo piano è stato elaborato dal presidente del Consiglio Europeo, in stretta collaborazione con il presidente della Commissione, quello dell’Eurogruppo e con il presidente della BCE, e presentato il 5 dicembre 2012. Esso incorpora anche il contributo della Commissione europea fornito con il “Piano per una UEM autentica e approfondita – Avvio del dibattito europeo”, presentato il 30 novembre 2012. 2 “Verso un’autentica Unione economica e monetaria”, http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/ pressdata/it/ec/134190.pdf. rafforzamento delle regole dei conti pubblici e sui progressi nel quadro della regolamentazione finanziaria. Il piano di completamento e rafforzamento della Uem ha il pregio di organizzare per la prima volta in maniera razionale quello che potrebbe essere l’assetto futuro degli istituti dell’area dell’euro, fissando in modo sommario le scadenze e gli ambiti di azione per realizzare questo obiettivo. Secondo questo progetto le aree su cui sarà necessario intervenire sono: »» la struttura finanziaria integrata, »» la struttura di bilancio integrata, »» la struttura di politica economica integrata, »» i meccanismi di legislazione democratica e di sindacabilità. I tempi entro i quali dovrà esprimersi la volontà politica di azione comunitaria sono scadenzati nelle seguenti fasi. Nella prima fase si dovrebbe assicurare una sana gestione delle finanze pubbliche e spezzare il legame perverso tra banche e Stati, una delle principali cause della crisi del debito sovrano. Essa comprende cinque elementi: »» il completamento e la piena attuazione delle norme sulla governance fiscale (six-pack, Trattato sulla stabilità, coordinamento e convergenza (Tscg) e two-pack); »» l’istituzione di un quadro per il sistematico coordinamento ex ante delle riforme strutturali, come previsto all’articolo 11 del Tscg; »» l’istituzione, da parte della Bce, di un efficace meccanismo di vigilanza unico per il settore bancario (Ssm) e l’entrata in vigore del regolamento e della direttiva sui requisiti patrimoniali (CRR/CRD4); »» un accordo sull’armonizzazione dei quadri nazionali per la risoluzione delle crisi bancarie e la garanzia dei depositi, con adeguato finanziamento da parte del settore finanziario; »» l’istituzione del quadro operativo per la ricapitalizzazione diretta delle banche attraverso il meccanismo europeo di stabilità (Esm). A anteo La fase 2 dovrebbe portare al completamento del quadro finanziario integrato e alla promozione di solide politiche strutturali. Essa comprende: »» il completamento della struttura finanziaria integrata attraverso l’istituzione di una autorità comune di risoluzione e di un adeguato sostegno per assicurare che le decisioni in materia di risoluzione per il settore bancario siano adottate in modo rapido, imparziale e nell’interesse di tutti; »» l’istituzione di un meccanismo volto a rafforzare il coordinamento e la convergenza, oltre che l’attuazione di politiche strutturali basate su intese di carattere contrattuale tra gli Stati membri e la UE. Tali politiche potrebbero beneficiare, caso per caso, di un sostegno finanziario temporaneo e mirato alle debolezze cruciali. Nella fase 3 si procederà verso: »» la creazione di una capacità di bilancio definita e limitata per migliorare l’assorbimento di shock che colpiscono diversamente gli Stati e potrebbe assumere la forma di un sistema di assicurazione reciproca tra i paesi membri. I contributi ai bilanci nazionali e gli esborsi a carico degli stessi varierebbero in funzione della posizione di ciascun paese nel ciclo economico. In prospettiva, le risorse per il finanziamento di questo schema potrebbero essere integrate con risorse proprie del bilancio comunitario o anche da indebitamento sul mercato. In ogni caso i finanziamenti ottenuti sarebbero condizionali al perseguimento di politiche macroeconomiche strutturali e di aggiustamento; »» una maggiore incidenza del processo decisionale comune in materia di bilanci nazionali e del coordinamento rafforzato delle politiche economiche, soprattutto nel settore fiscale e occupazionale, muovendo dai piani nazionali per l’occupazione degli Stati membri. Alcune considerazioni Sinora il processo decisionale per dotarsi di strumenti atti a gestire la crisi e iniziare il percorso verso una “autentica Uem” è stato caratterizzato da alcune lentezze procedurali e da difficoltà di mediazione. Se il tempo medio necessario per concludere il processo legislativo della governance economica è stato di 9-10 mesi, la legislazione di alcuni tasselli della fase I hanno richiesto più tempo per essere approvati. 49 In particolare il two pack è stato approvato dall’Europarlamento a marzo scorso dopo 15 mesi di discussione, mentre l’Ssm dovrà essere votato a breve dall’Europarlamento; entrambi poi dovranno essere adottati dal Consiglio Europeo. Comunque, a meno di eventi negativi improbabili, entro la fine del 2013 queste innovazioni saranno approvate per diventare operative nel 2014. Ci saranno, è verosimile, ancora altri ritardi nell’implementazione di questa tabella di marcia, il cui punto di arrivo appare certamente lontano nel tempo. Questo punto di arrivo è stato peraltro posto in termini molto blandi e moderati. Per ora il futuro dichiarato della Uem è quello di una “capacità fiscale” e non di una “unione fiscale”, con una capacità di contrarre prestiti ben definita e limitata alle riforme strutturali da un lato e all’assorbimento degli shock asimmetrici dall’altro lato, ovvero di stabilizzazione automatica. Per altro la Bce3 ha recentemente sottolineato che “l’emissione di un eventuale strumento di debito comune può essere considerata solo come punto di arrivo finale di un processo di riforma della governance economica che comporti un adeguato trasferimento di sovranità in materia di politica di bilancio a livello di area”. L’altro punto di arrivo è quello di una “legittimazione democratica” e non di una “unione politica”. A tale riguardo le nuove forme per legittimare maggiormente il Consiglio europeo e la Commissione, i principali organi decisionali che però non rispondono a una assemblea elettiva, dovranno considerare un ruolo più attivo del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali. I recenti progressi verso un quadro rafforzato per la governance fiscale ed economica Negli ultimi anni l’azione tesa a costruire un sistema di regole fiscali è stata incrementale e miglioramenti significativi del quadro regolamentato in cui si collocano le politiche di bilancio dell’Uem sono stati realizzati (six pack) o convenuti (il Patto di Bilancio nel più ampio Tscg, che concede tempo sino al 2014 per essere recepito nella legislazione nazionale dei singoli Stati). Queste innovazioni, esaminate a più riprese in questo Rapporto4, hanno rafforzato le regole sulla prevenzione degli squilibri di bilancio, sugli andamenti del debito, sui meccanismi di esecuzione e posto l’accento sulla titolarità nazionale delle regole dell’Uem. Cfr. Bce, Bollettino mensile, Aprile 2013. Cfr. Rapporto di Previsione, aprile 2012, ottobre 2012, gennaio 2013. 3 4 prometeia advisor sim A anteo 50 Tabella 1 Fasi verso un’autentica Uem Responasbilità politica Quadro economico integrato Quadro di bilancio integrato Quadro finanziario integrato Assicurare la sostenibilità delle finanze Completare il quadro finanziario Creare una funzione dell'Uem di pubbliche e rompere il legame tra integrato e promuovere solide politiche assorbimento degli shock specifici per banche e stati paese strutturali a liv. nazionale Meccanismo di vigilanza unico e corpus unico di norme Sistemi nazionali di garanzia dei depositi armonizzati Quadri nazionali per la risoluzione armonizzati Meccanismo unico di risoluzione con modalità di sostegno adeguate Ricapitalizzazione diretta delle banche da parte del Esm Six pack, two pack e Trattato sul coordinamento e sulla governance Incentivi finanziari correlati alle intese contrattuali partecipazione condizionale in base a criteri di ingresso/ osservanza sostegno temporaneo/ flessibile /mirato Assorbimento degli shock specifici per paese le condizioni di partecipazione dipendono dall'osservanza degli impegni assunti Intese di natura contrattuale integrate nel semestre europeo Quadro per il coordinamento ex ante delle riforme di politica economica (trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance art.11) Progressi commisurati riguardo a legittimità e responsabilità democratiche Fase I - completata a fine 2012-2013 Fase II - inizio 2013 fine 2014 Fase III - dopo il 2014 Fonte: "Verso un'autentica Unione economica e monetaria". A marzo scorso è stato approvato dell’Europarlamento il cosiddetto two pack. Esso si compone di due regolamenti che renderanno più incisivo di quanto non abbia fatto il six pack il braccio preventivo del Patto di Stabilità e incorporano alcuni elementi del Patto di Bilancio. A seguito della formale adozione da parte del Consiglio Ue, i due regolamenti diventeranno operativi e recepiti automaticamente nei sistemi nazionali e regoleranno il ciclo fiscale dal prossimo anno. prometeia advisor sim Il primo regolamento riguarda il “monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e la correzione dei disavanzi eccessivi nell’Uem”. Esso prevede che si aggiunga al ciclo cosiddetto del “semestre europeo” il seguente calendario di bilancio comune: 5. entro il 30 aprile gli Stati devono avere reso noti i loro piani di bilancio di medio termine (Programmi di Stabilità) insieme ai Programmi di Riforma Nazionali; 6. entro il 15 ottobre, ogni paese deve avere reso disponibile il progetto di legge di bilancio per l’anno successivo; 7. entro il 31 dicembre ogni stato membro deve avere approvato la legge di bilancio nazionale per l’anno successivo. La Commissione valuterà i documenti programmatici bilancio di ogni paese entro il 30 novembre e, ove necessario, presenterà un parere o potrà chiedere modifiche. Per gli Stati soggetti a procedura per i disavanzi eccessivi, il regolamento prevede poi un A anteo 51 Riquadro 1 – A che punto sono i tempi dell’integrazione finanziaria La realizzazione di un quadro finanziario integrato a livello comunitario rappresenta un elemento indispensabile per garantire il consolidamento dell’Unione economica e monetaria e ha assunto un ruolo prioritario nel generale programma di riforma del sistema finanziario europeo, in considerazione dell’importanza di salvaguardare la stabilità finanziaria. Le iniziative legislative attivate nell’ultimo triennio, concretizzate nelle proposte di riforme elaborate dalla Commissione, hanno perfezionato la struttura europea di sorveglianza attivando un importante processo di armonizzazione delle regole1. L’implementazione di un sistema di norme uniche in tutta l’Unione è tuttavia un passaggio necessario ma non sufficiente per realizzare l’integrazione finanziaria. Il completamento del processo richiede infatti la creazione di un meccanismo di vigilanza unico (Ssm) e contestualmente l’adozione di un quadro comune di risoluzione delle crisi e di garanzia dei depositi e l’attuazione della normativa sui requisiti patrimoniali delle banche. Quest’ultimo aspetto è disciplinato in un regolamento e in una direttiva (denominati rispettivamente CRR e CRD4) che implementeranno in Europa i nuovi standard patrimoniali stabiliti da Basilea 3 e la cui approvazione da parte del Parlamento è attesa nei prossimi mesi. Il percorso normativo di istituzione del Ssm ha subito un’accelerazione nel settembre 2012 a seguito della pubblicazione di tre documenti da parte della Commissione: - una tabella di marcia con le linee guida per la creazione dell’unione bancaria, - una proposta legislativa per l’istituzione di un’autorità di vigilanza unica europea - una seconda proposta legislativa con le modifiche da apportare alla norma che disciplina l’Eba (European Banking Autorithy)2. Il Consiglio europeo del 13 dicembre 2012, a seguito della conclusione del vertice Ecofin, ha annunciato il raggiungimento di un accordo in merito alle proposte della Commissione, mentre il 19 marzo 2013 è stato formalizzato l’accordo tra Parlamento e Consiglio. L’approvazione finale dei due regolamenti istitutivi del Ssm è pertanto demandata alla riunione plenaria del Parlamento europeo fissata entro la fine di questo mese di aprile; l’Ssm sarà operativo a partire dal primo marzo 2014 o 12 mesi dopo l’approvazione dell’apparato legislativo che lo regolerà3. La realizzazione dell’unione bancaria prevede una prima fase in cui le istituzioni comunitarie, oltre alla citata creazione del Ssm, dovranno procedere: - alla formazione di uno specifico Supervisory Board deputato alle questioni di vigilanza all’interno della Bce, al fine di permettere la separazione delle decisioni di politica monetaria da quelle di supervisione4; - alla modifica delle modalità di voto in vigore all’Eba al fine di garantire un equilibrio tra le autorità di vigilanza degli Stati Membri che partecipano al Ssm e le autorità di vigilanza degli Stati che non vi partecipano. In particolare le decisioni per la risoluzione di dispute tra autorità nazionali e le azioni da intraprendere nei casi di violazione del diritto dell’Unione saranno proposte da un gruppo di esperti indipendente e dovranno essere approvate con il meccanismo della doppia maggioranza semplice (paesi Ssm e paesi non Ssm); - al completamento del processo di armonizzazione legislativa, ovvero l’impegno del Consiglio a trovare un accordo sulle proposte di direttive relative allo schema di garanzia dei depositi e al sistema di risoluzione delle crisi nel settore bancario5 e a realizzare, insieme alle altre istituzioni comunitarie, l’approvazione delle proposte prima di giugno 2013. Come evidenziato nella Tabella 1, la fase II relativa all’ambito della struttura finanziaria integrata prevede anche la creazione di un meccanismo di risoluzione unico per gli Stati membri partecipanti al meccanismo di vigilanza unico: il Consiglio ha già invitato la Commissione europea a presentare nel corso del 2013 una proposta sul tema, in modo da adottarla entro la fine del ciclo parlamentare corrente (cioè entro i primi mesi del 2014). Il programma europeo di riforma della regolamentazione finanziaria è contenuto in una tabella di marcia, pubblicata nel luglio 2010, con le proposte legislative che la Commissione si impegnava a presentare, in modo che l’adozione finale da parte del Parlamento e del Consiglio avvenisse entro un biennio. Nel corso del 2012 due importanti norme hanno concluso l’iter legislativo e sono entrate in vigore, precisamente: il Regolamento n.236/2012 relativo alle vendite allo scoperto (che impone obblighi di trasparenza per le persone fisiche o giuridiche che assumono importanti posizioni corte nette relative a titoli azionari Ue e titoli del debito sovrano Ue e per le persone fisiche o giuridiche che assumono importanti posizioni in credit default swap su emittenti di debito sovrano) e il Regolamento n. 648/2012 che fissa obblighi uniformi per gli strumenti derivati la cui esecuzione non ha luogo su un mercato regolamentato (derivati Otc), per l’esercizio delle attività delle controparti centrali e dei repertori di dati sulle negoziazioni. 2 Vedi “Un Aggiornamento sul progetto di Unione Bancaria Europea”, Rapporto di Previsione – Ottobre 2012, Prometeia. 3 La Banca centrale europea avrà poteri di supervisione in cooperazione con le autorità di vigilanza nazionali. In particolare, la Bce vigilerà sulle banche aventi, a livello consolidato, attività per un valore complessivo superiore a trenta miliardi di euro o che, a livello individuale, possiedono attività pari ad almeno cinque miliardi di euro e il cui valore supera il venti per cento del Pil nazionale. Inoltre, la Bce avrà la possibilità di identificare di propria iniziativa un gruppo bancario particolarmente “significativo” (ad esempio perché la componente transfrontaliera delle attività di questo gruppo bancario è molto rilevante) e essere chiamata ad esercitare la sua nuova funzione di vigilanza anche sulla base di eventuali segnalazioni provenienti dalle autorità nazionali competenti. 4 In base all’accordo raggiungo il 19 marzo 2013 tra Parlamento e Consiglio, il presidente ed il vicepresidente del Consiglio dei Supervisori saranno nominati dal Parlamento europeo (vedi comunicato stampa del Consiglio Europeo, 19 marzo 2013). 5 Il Consiglio ha anche ribadito l’importanza delle norme relative ai requisiti patrimoniali delle banche (Crd4) la cui approvazione costituisce una priorità assoluta ai fini dell’elaborazione di un meccanismo di vigilanza unico. 1 prometeia advisor sim più attento e continuo monitoraggio della Commissione, che chiederà di presentare su base semestrale una relazione circa l’esecuzione del bilancio nel corso dell’esercizio, l’impatto delle misure discrezionali e gli obiettivi di spesa pubblica e delle entrate. Il regolamento prevede inoltre che i paesi abbiano enti indipendenti in grado di monitorare il rispetto delle regole di bilancio e comunichino ex ante i piani di emissione di debito pubblico. Il secondo regolamento riguarda “il rafforzamento della sorveglianza degli Stati membri che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà finanziarie”. Esso dettaglia l’iter del meccanismo di sorveglianza a cui si devono sottoporre questi paesi, migliorando così la definizione e la trasparenza dell’iter di gestione delle situazioni di crisi. In definitiva, il sistema di regole fiscali della Ue a partire dal 2014 si concretizzerà nel modo seguente: »» attraverso il semestre europeo per il coordinamento della politica economica, il cui obiettivo è quello di sincronizzare l’andamento delle economie dell’area (evitando squilibri macroeconomici e disavanzi superiori al 3 per cento del Pil); »» con la legislazione del six pack e del Patto di bilancio che essenzialmente rafforzano il Patto di stabilità e crescita e introducono la sorveglianza macroeconomica; »» con i regolamenti del two pack, che rafforzano prometeia advisor sim A anteo 52 a monte le regole del six pack e rivelano tempestivamente le difficoltà di bilancio per provvedervi all’interno di un quadro normativo ben definito. Con l’approvazione da parte del Parlamento europeo del two pack, siamo peraltro arrivati allo snodo della Fase II del processo di sviluppo di una Uem più integrata. Va qui sottolineato che l’approvazione del two pack è stata possibile solo dopo che la Commissione si è impegnata formalmente, a proseguire verso la creazione di un quadro fiscale ed economico integrato con le seguenti azioni: »» a esplorare entro l’estate 2013 le modalità per scorporare, all’interno del braccio preventivo del Patto di stabilità e di crescita, alcuni tipi d’investimenti pubblici non frequenti ; »» a definire entro la fine del 2013: a) il coordinamento ex ante delle grandi riforme degli Stati membri; b) la definizione di intese contrattuali per il sostegno finanziario ai paesi che stanno intraprendendo riforme per migliorare la competitività; »» a creare un gruppo di esperti per esaminare la fattibilità dell’emissione comune di euro-obbligazioni e la creazione di un fondo di collettivizzazione e ammortamento dei debiti pubblici dell’area dell’euro. Eventuali proposte legislative su questo fondo saranno formulate entro ottobre 2014 (sulla base di un parere non vincolante che il comitato emetterà entro marzo 2014). A anteo 53 approfondimenti Il processo di deleveraging dell’economia italiana: prospettiva 2020 Michele Catalano, Emilia Pezzola — Prometeia Associazione Dal Rapporto di Previsione dell’Associazione Prometeia (aprile 2013) L ’accumulo di leva finanziaria in tutti i settori dell’economia Italiana è stata una delle cause della Grande Recessione. Per lungo tempo, bassi tassi di interesse hanno favorito l’accumulazione di leva finanziaria da parte delle istituzioni finanziarie e non finanziarie che, successivamente, si è rivelata eccessiva in termini di gestione del rischio (Fig. 1). Di conseguenza, le turbolenze finanziarie intervenute nel corso del 2007-2008 hanno portato alla luce le fragilità di tutti i settori dell’economia che non sono stati in grado di fronteggiare l’improvviso cambiamento delle condizioni dei mercati a causa della leva finanziaria che avevano accumulato. Ciò ha determinato una contrazione dell’intermediazione finanziaria, contribuendo a spingere l’economia italiana verso la recessione. L’incertezza sulle prospettive di crescita economica e sulla sostenibilità delle finanze pubbliche ha inciso negativamente sul valore dei titoli di Stato e altre attività, deteriorando le condizioni di finanziamento delle banche e delle imprese italiane in questi anni e in prospettiva al 2020. Figura 1: Leva finanziaria (p.p.) (passività non azionarie su passività azionarie) 85 35 70 30 55 25 40 20 25 15 10 10 97 00 03 06 09 12 imprese banche (dx) famiglie (dx) (passività su attività totali) Il processo opposto, che chiamiamo di deleveraging e che comunemente caratterizza le fasi successive allo scoppio delle recessioni di questo tipo, consiste nel rientro del rapporto indebitamento/autofinanziamento a livelli di sostenibilità di lungo periodo e riteniamo che tale processo sarà un elemento caratterizzante il sentiero seguito dall’economia italiana fino al 2020. La riduzione della leva finanziaria in genere è volta al risanamento dei bilanci e alla riduzione del rischio sovrano che, tuttavia, comportano inevitabili sacrifici in termini di riduzione del credito con ripercussioni sui mercati finanziari e sull’economia in generale. Tale processo può essere contraddistinto da una velocità di transizione più o meno alta a seconda che le autorità monetarie e fiscali attuino politiche economiche al fine di limitare fenomeni di sovra-aggiustamento (overshooting) o addirittura alterandone il livello di lungo periodo. Ad esempio, l’intervento delle banche centrali tra il 2011 e il 2012 ha attenuato le difficoltà del settore bancario inducendo un più graduale processo di deleveraging. In questo lavoro parliamo di accumulo (e decumulo) del rapporto indebitamento/autofinanziamento generalizzato a tutti i settori dell’economia italiana in quanto questo processo accomuna i settori delle imprese finanziarie e non-finanziarie e della pubblica amministrazione, tenendo conto dei sentieri seguiti da ciascun settore dal 1998 ad oggi. Nel corso del 2012 l’Italia ha adottato interventi legislativi atti a recepire il principio dell’equilibrio di bilancio e della sostenibilità del debito pubblico sanciti dal fiscal compact. Il rispetto di tali principi richiede l’attuazione di un processo di deleveraging della PA inteso come riduzione del rapporto debito/Pil al 60 percento, che si ripercuote sulla leva finanziaria delle banche, con ulteriori tensioni sulla liquidità delle stesse e sulla loro capacità di credito e, in definitiva, sull’attività economica dell’intero paese. Valutare gli effetti del processo di deleveraging dell’economia nel suo complesso è tutt’altro che facile e dipende dalla rapidità con cui esso è attuato. Di certo, quanto più rapido è il processo di riduzione del grado di leva del governo, tramite l’attuazione delle regole del fiscal compact, e della leva delle banche, tanto più vi è il rischio di un rinforzo prometeia advisor sim negativo che si ripercuote bruscamente, almeno nel breve periodo, sul risparmio delle famiglie e sui prestiti alle famiglie e alle imprese. L’impatto di tale processo sull’economia complessiva del paese dipende fortemente dal grado di fiducia dei mercati internazionali sulla capacità del paese di ridurre il livello di debito pubblico e di risanare il bilancio. Infatti, un elevato grado di sfiducia porterebbe inevitabilmente a un aumento dello spread con effetti negativi sui tassi di interesse e in definitiva sulla crescita economica. L’obiettivo del lavoro è di valutare gli effetti del deleveraging sull’economia italiana nel breve e nel lungo periodo attraverso un modello dinamico e stocastico di equilibrio economico generale (DSGE)1. In particolare, in un contesto di graduale riduzione del rapporto debito/Pil, si analizzano gli effetti sulla crescita di due diversi esperimenti: il primo considera una riduzione della leva delle imprese e il secondo aggiunge a questo scenario una riduzione della leva delle banche a seguito di un crollo di fiducia dei mercati internazionali. Il giudizio negativo dei mercati, infatti, causa una riduzione del credito interbancario internazionale che fa aumentare il costo della raccolta per le banche nazionali e i tassi di interesse, con effetti negativi sulle scelte di consumo e investimento e sull’attività economica del paese. Il deleveraging delle imprese I progetti di investimento sono finanziati in parte dall’autofinanziamento delle imprese e in parte dal debito esterno. Il quantitativo di debito desiderato, finanziato con debito obbligazionario o bancario, può variare a seconda delle caratteristiche individuali delle imprese. In generale, le imprese più grandi hanno un più facile accesso al credito sui mercati finanziari, mentre le imprese medie e piccole fronteggiano spesso un razionamento del credito. Per questo, in aggregato, il settore delle imprese può essere considerato razionato dai mercati finanziari. Questo equivale ad assumere una quota positiva di collaterale richiesto dalle banche alle imprese che può essere individuato in beni reali messi in garanzia per i prestiti ottenuti. Un modo per introdurre l’accumulazione di leva finanziaria è quello di permettere un aumento del debito elargito da parte delle banche per unità di capitale dato in garanzia. Questo meccanismo è uno dei tanti canali che descrivono l’aumento della leva finanziaria delle imprese. Tale dinamica prometeia advisor sim A anteo 54 1 Un lavoro simile nell’impostazione è quello di Cuerpo C. et al. (2013) - European Commission - Indebtedness, Deleveraging Dynamics and Macroeconomic Adjustment . European Economy. Economic Papers. 477. April 2013. Brussels. si traduce in una distorsione dei normali incentivi alle scelte di investimento percepiti dagli imprenditori. In pratica, un aumento del credito aumenta la ricchezza disponibile delle imprese nel breve periodo che, a parità di tassi di interesse, aumentano la dotazione da investire in nuovi progetti, determinando un aumento del capitale. In aggiunta, l’alleggerimento del vincolo di razionamento può modificare la percezione del costo dell’indebitamento stesso e cioè del tasso di interesse reale: una fase prolungata di tale alleggerimento può provocare un miglioramento accelerato delle aspettative tramite una percezione di riduzione del tasso di interesse reale atteso praticato dalle banche. Ciò si traduce in un maggiore investimento e una maggiore disponibilità di capitale. A questo punto, è necessario porre attenzione al fatto che l’aumento della dotazione di capitale reale in futuro aumenta il merito di credito delle imprese già oggi e quindi ciò determina a sua volta un aumento del credito effettivo ottenuto. In definitiva, a livello aggregato, avremo una sovraccumulazione di capitale derivante da un effetto finanziario. Tale processo, in direzione opposta, può applicarsi alla fase di deleveraging. Se i finanziatori dell’impresa riducono l’offerta di credito, l’impresa è sottoposta ad uno stress finanziario perché dovrà aumentare la dotazione di autofinanziamento per trovare le risorse necessarie a sostituire il debito esterno. A parità di tassi di interesse, le aspettative peggiorano e questo può bloccare la nascita di nuovi progetti riducendo gli investimenti reali. Per evidenziare gli effetti dell’aumento della leva utilizziamo il modello DSGE introducendo uno shock sulla quota di capitale collateralizzabile ammessa dalle banche per la concessione di credito. L’esperimento prevede due fasi: nella prima fase consentiamo l’accumulazione della leva assumendo un aumento del collaterale dal 1998 al 2009-IV, mentre nella seconda fase, dal 2010 al 2020, consideriamo il rientro della leva al valore di partenza del 1998 (Fig. 2). In corrispondenza della fase di espansione della facilità di accesso al credito le imprese aumentano endogenamente la leva finanziaria (Fig. 3) riducendo l’autofinanziamento rispetto all’indebitamento. Nel breve periodo, per soddisfare tale domanda, le banche aumentano la raccolta sul mercato interbancario fronteggiando un aumento del tasso di interesse reale. Per mantenere i margini di profitto, le banche praticano un tasso di interesse più elevato alle imprese sul territorio nazionale (Fig. 4). Tuttavia, come detto sopra, a fronte di un ritmo di miglioramento eccessivo delle condizioni di A anteo 55 Figura 2: Rapporto debito/stock di capitale collateralizzabile (collaterale) Figura 3: Capitale collateralizzabile e leva finanziaria (differenza percentuale simulata vs base) 0.29 50 0.28 0.27 40 0.26 30 0.25 0.24 20 0.23 0.22 10 0.21 0.20 0 0.19 I-98 II-01 III-04 IV-07 base I-11 II-14 I-98 III-17 IV-20 II-01 III-04 IV-07 I-11 leva imprese simulata Figura 4: Costo del finanziamento reale (differenza II-14 III-17 IV-20 collaterale Figura 5: Costo del finanziamento percepito percentuale simulata vs base) (differenza percentuale simulata vs base) 45 0.16 45 36 0.12 36 27 0.08 27 18 0.04 18 9 0.00 9 -0.04 II-14 III-17 IV-20 0 0.4 0.0 -0.4 0 I-98 II-01 III-04 IV-07 I-11 collaterale tasso di interesse (dx) credito generalizzato, le imprese percepiscono una riduzione del costo del finanziamento reale e un miglioramento del rendimento atteso del capitale (Fig. 5), inducendo un aumento dell’investimento e dell’accumulazione (Figg. 6-7)2. Al fine di valutare gli effetti del deleveraging sulla crescita al 2020 concentriamo l’attenzione sulla seconda fase dell’esperimento definendo tre 2 La quantità ottimale di investimento è tale da eguagliare il costo marginale e il rendimento atteso derivante dall’utilizzo di una unità di capitale in più disponibile in futuro. In presenza di razionamento, al rendimento atteso è sommato il valore atteso del capitale collateralizzato che, in caso di riduzione del razionamento (aumento del rapporto debito/ capitale collateralizzato), altera la percezione del rendimento atteso totale. Per questo motivo, in caso di miglioramento delle condizioni di credito le imprese percepiscono una riduzione del finanziamento reale innescando l’effetto di accelerazione finanziaria. -0.8 I-98 II-01 III-04 IV-07 collaterale I-11 -1.2 II-14 III-17 IV-20 tasso di interesse percepito (dx) scenari alternativi. Il primo scenario contempla l’assenza di deleveraging (base), il secondo un processo di deleveraging graduale (con lo stesso profilo definito nella sezione precedente, ovvero fino al 2020), il terzo un processo di aggiustamento veloce al 2015, (Fig. 8). Questi scenari si inseriscono in un contesto di fiscal compact (Fig. 10) e di assenza di deleveraging delle banche (Fig. 11) in quanto assumiamo che il livello di indebitamento delle banche italiane atteso dagli operatori esteri rimanga costante ed elevato fino al 2020 (Target). Lo spread tra i tassi di interesse interbancari e interni aumenta al crescere della distanza del debito corrente dal livello di indebitamento atteso (Fig. 12). Poiché i livelli di indebitamento effettivi sono inferiori al livello atteso, i tassi di interesse diminuiscono su tutto l’orizzonte di simulazione. Nel caso base, una minore riduzione del debito delle banche nel lungo prometeia advisor sim A anteo 56 Figura 6: Pil (differenza % simulata vs base) 45 Figura 7: Stock di capitale (differenza percentuale simulata vs base) 2 36 1 4 45 3 36 2 27 27 1 0 0 18 18 -1 9 0 I-98 II-01 III-04 IV-07 I-11 collaterale -2 III-17 IV-20 II-14 -1 9 -2 0 I-98 II-01 III-04 IV-07 Pil (dx) I-11 II-14 collaterale Figura 8: Rapporto debito/stock di capitale collateralizzabile 0.30 -3 III-17 IV-20 capitale (dx) Figura 9: Stock di capitale (mld euro valori concatenati) 2830 0.28 2660 0.26 0.24 2490 0.22 2320 0.20 0.18 2150 I-98 II-01 III-04 IV-07 base I-11 II-14 2015 III-17 IV-20 I-98 base 2020 Figura 10: Fiscal Compact: Debito/Pil II-01 III-04 IV-07 I-11 II-14 III-17 IV-20 2015 2020 Figura 11: Debito Banche (mld euro valori concatenati) 1.3 900 1.2 800 700 1.1 600 1.0 500 0.9 400 0.8 300 0.7 prometeia advisor sim I-98 I-98 II-01 III-04 IV-07 base I-11 2015 II-14 III-17 IV-20 2020 II-01 III-04 IV-07 target 2015 I-11 II-14 III-17 IV-20 base 2020 A anteo 57 Figura 12: Tasso di interesse Figura 13: Pil (mld euro valori concatenati) 340 1.6 330 1.4 320 310 1.2 300 1.0 290 0.8 280 I-98 II-01 III-04 IV-07 base I-11 II-14 III-17 IV-20 2015 I-98 2020 periodo lascia i tassi di interesse più elevati. Rispetto agli altri due scenari ciò conduce a una riduzione dello stock di capitale più veloce anche se si colloca su un sentiero più elevato dovuto alla maggiore leva finanziaria interna. La differenza principale tra gli scenari 2015 e 2020 consiste in una riduzione dello stock di capitale e di Pil maggiore in corrispondenza di un deleveraging più rapido. Il miglioramento delle condizioni finanziarie sui mercati internazionali dovuto al minor grado di indebitamento estero permette una riduzione più forte dei tassi di interesse e una crescita più sostenuta nel lungo periodo (Fig. 13). Il deleveraging delle banche Lo scenario sopra descritto tratta il rapporto interno tra imprese e finanziatori. Cosa succede Figura 14: Debito Banche (mld euro valori concatenati) 900 II-01 III-04 IV-07 base I-11 II-14 III-17 IV-20 2015 2020 se lo stesso processo di deleveraging accade tra gli operatori finanziari nazionali e gli operatori esteri? In altre parole, cosa succede se il razionamento avviene sui mercati internazionali a danno delle istituzioni finanziarie italiane? Lo scenario che descriviamo è quindi quello in cui peggiorano le aspettative che gli operatori internazionali hanno rispetto all’indebitamento dei settori nazionali (Target base vs Target delev). In questo contesto avremo un peggioramento dei premi per il rischio e degli spread dei tassi di interesse sui mercati internazionali. In altre parole, stiamo descrivendo un processo di deleveraging imposto dall’esterno agli operatori finanziari italiani che per cercare di recuperare i margini di profitto innalzano i tassi di interesse applicati ai settori nazionali, quali imprese non finanziarie, pubblica amministrazione e famiglie. Questo secondo processo di deleveraging associato a quello subito dalle imprese può Figura 15: Stock di capitale (mld euro valori concatenati) 2800 750 2600 600 2400 450 2200 300 I-98 II-01 III-04 IV-07 target delev effettivo delev I-11 II-14 III-17 IV-20 target base effettivo base 2000 I-98 II-01 III-04 IV-07 no delev I-11 II-14 III-17 IV-20 delev prometeia advisor sim A anteo 58 Figura 16: Fiscal Compact: Debito/Pil Figura 17: Disavanzo/Pil 1.0 1.3 0.5 1.2 0.0 1.1 -0.5 1.0 -1.0 0.9 -1.5 0.8 -2.0 -2.5 0.7 I-98 II-01 III-04 IV-07 I-11 II-14 no delev III-17 IV-20 Figura 18: Tasso di interesse (p.p.) 350 1.4 330 1.2 310 1.0 290 II-01 III-04 IV-07 no delev I-11 II-14 III-17 IV-20 delev esacerbare gli effetti di rallentamento della crescita potenziale dell’economia nel suo complesso (Fig. 19) con una riduzione del 2,8 percento di Pil, e può avere effettivi negativi sulla advisor sim I-11 II-14 no delev 1.6 I-98 II-01 III-04 IV-07 III-17 IV-20 delev Figura 19: Pil (mld euro valori concatenati) 0.8 prometeia I-98 delev 270 I-98 II-01 III-04 IV-07 no delev I-11 II-14 III-17 IV-20 delev capacità di rientro ai target previsti dal fiscal compact (Figg. 16-17) di circa il 3 percento del rapporto debito/Pil. A anteo 59 pillole Analisi congiunturale dell’economia reale e dei mercati finanziari Annalisa De Nicola, Ugo Speculato — Prometeia dibattito sull’innalzamento del tetto sul debito pubblico. Nell’Uem la caduta del Pil iniziata nel IV-11 (-1.5% nel complesso) si è arrestata nei mesi primaverili. Si sono rafforzate sia la componente interna della domanda sia quella estera. Più in particolare, i consumi privati hanno ripreso a crescere dopo diversi trimestri di debolezza mentre si è arrestata la contrazione degli investimenti. Sono aumentate anche le esportazioni, dopo due trimestri di contrazione. Rivediamo i tempi della ripresa nell’Uem, anticipandola con un incremento positivo anche nel III-13, ma confermiamo la sua lentezza. La crescita media per il 2013 si attesterà a -0.3% e per il 2014 non supererà l’1%. La più bassa crescita futura in alcuni Paesi emergenti potrebbe infatti essere accompagnata da un loro minor contributo al commercio estero. La congiuntura e le prospettive macroeconomiche C oerentemente con i segnali forniti dalle informazioni diffuse nei mesi scorsi, i dati di contabilità nazionale per il secondo trimestre hanno evidenziato un miglioramento del quadro congiunturale nelle maggiori economie avanzate, oltre le attese, e un suo deterioramento in diversi Paesi emergenti (Fig. 1). Figura 1: Pil reale nei principali Paesi industrializzati (var.% annuale) 6 In Giappone la crescita del Pil nel II-13 è rimasta relativamente elevata, e superiore al potenziale, grazie all’orientamento espansivo delle politiche economiche, nonostante sia stata inferiore a quella registrata nel primo trimestre e alle attese di consenso. Consumi ed esportazioni continuano a essere le componenti della domanda che trainano la ripresa. 4 2 0 La congiuntura e le prospettive per i mercati finanziari -2 II-10 II-11 Usa II-12 Uem Uk II-13 Giappone Fonte: Thomson Reuters elaborazioni Prometeia; dati al 19/9/13. Negli Usa la crescita del Pil si è rafforzata nel II-13; in particolare è accelerata la crescita degli investimenti privati e delle esportazioni. I consumi privati hanno avuto una dinamica solo lievemente più contenuta rispetto al primo trimestre, nonostante l’inasprimento della politica di bilancio. Manteniamo invariate le previsioni per la seconda parte dell’anno, con una crescita media annua lievemente più bassa a seguito della revisione dei dati storici. Sulle prospettive continuerà a pesare il processo di aggiustamento fiscale e nel breve termine, la possibilità del riaccendersi del Mercati interbancari e tassi di lungo termine Coerentemente con quanto indicato nella forward guidance introdotta a luglio, la Banca centrale europea ha confermato la propria posizione accomodante e mantenuto invariati i tassi di politica monetaria, dichiarandosi pronta ad agire sul fronte della liquidità del sistema bancario europeo qualora vi fossero chiari segnali di necessità. Ci attendiamo che la Bce mantenga invariato il tasso di policy almeno fino alla fine del 2015 e prevediamo che i tassi interbancari, per la scadenza a 3 mesi, restino inferiori al tasso di politica monetaria almeno fino al primo trimestre 2016, sebbene i mercati si attendano su tutto l’orizzonte di previsione un profilo di tassi più prometeia advisor sim A anteo 60 Figura 2: Tassi impliciti sull’euribor a 3 mesi spot e future (per cento) Figura 3: Rendimento dei titoli governativi a 10 anni di alcuni Paesi ritenuti meno rischiosi (per cento, medie mobili a 5 giorni) 3.0 0.75 2.5 0.50 2.0 1.5 0.25 1.0 0.5 0.00 spot dic-13 mar-14 giu-14 18/9/13 set-14 dic-14 0.0 mar-15 gen-12 28/6/13 Fonte: Thomson Reuters, elab. Prometeia; dati al 19/9/13. (medie mobili a 5 giorni) mag-12 set-12 Germania gen-13 Usa mag-13 set-13 Uk Fonte: Thomson Reuters, elab. Prometeia; dati al 19/9/13. elevati (Fig.2). una ripresa più intensa (Fig. 4). Le incertezze riguardo alla data di inizio e all’entità della riduzione del programma di acquisto di titoli governativi da parte della Federal Reserve - dai verbali del Fomc di fine luglio era emerso un generale orientamento a favore del “tapering” entro la fine del 2013, in virtù anche del miglioramento delle attese sul mercato del lavoro – nei mesi scorsi hanno generato un marcato rialzo dei rendimenti statunitensi (i tassi reali Usa sono tornati positivi) che si è trasmesso agli altri Paesi safe-haven, con una conseguente compressione degli spread dei Paesi periferici dell’Uem rispetto al Bund. Tuttavia, nel meeting di settembre la Fed, oltre a mantenere invariato il tasso di policy non ha modificato, almeno per ora, il piano di acquisto di titoli governativi. In previsione, rivediamo al rialzo il rendimento dei titoli governativi tedeschi che determinerà una riduzione graduale degli spread verso i Paesi periferici dell’area euro (Fig.3). Nello stesso periodo è invece continuata la fase negativa per i titoli azionari degli Emergenti, in particolare per quei Paesi che presentano disavanzi delle partite correnti più elevati ed evidenziando un certo grado di diversificazione legata anche all’esistenza di differenze strutturali (Fig. 5). In prospettiva, i multipli di borsa evidenziano una sottovalutazione rispetto alla storia dei mercati azionari sia dei Paesi industrializzati che degli emergenti, anche se per questi ultimi Figura 4: Indici dei principali mercati azionari (indice di prezzo Datastream Market, 1/7/13=100) 112 110 Mercati azionari, obbligazionari corporate e cambi prometeia advisor sim Dall’inizio del terzo trimestre c’è stata una risalita delle quotazioni azionarie delle principali economie industrializzate, nonostante la fase negativa legata alle incertezze su un possibile intervento militare in Siria e l’attesa della riduzione del QE da parte della Fed, fattori che hanno infatti contribuito all’aumento della volatilità implicita. La fase positiva sui mercati azionari è stata favorita dal miglioramento dell’attività economica – in particolare nell’Uem dove l’indice Pmi manifatturiero ha dato nei mesi recenti segnali di 108 106 104 102 100 98 96 lug-13 S&P500 Ftse100 ago-13 set-13 Eurostoxx50 Nikkei225 Fonte: Thomson Reuters, elab. Prometeia; dati al 19/9/13. A anteo 61 Figura 5: Bilancia delle partite correnti (in % del Pil)(a) e mercati azionari (per cento)(b) 15 Corea del Sud var.% dell'indice azionario dall'1/7/13 10 Cina Polonia 5 Figura 6: Price/earnings forward Uem vs Usa (rapporto)(a) Russia Brasile 1.4 Uem più cara degli Usa 1.3 1.2 0 1.1 -5 Ungheria Messico -10 India -15 -20 1.5 Turchia media dal '98 0.9 0.8 0.7 Indonesia -10 -5 saldo di conto corrente 2012 1.0 0 Fonte: Thomson Reuters, elab. Prometeia; dati al 19/09/13. (a) Fmi, World Economic Outlook. (b) Indici Datastream Market. la dispersione è molto elevata. Il livello molto contenuto del rapporto price/earnings per il mercato azionario dell’area euro potrebbe indicare maggiori prospettive di recupero rispetto alle altre aree, poiché in passato a livelli bassi dei p/e sono seguiti forti aumenti dei prezzi (Fig. 6). Dall’inizio del terzo trimestre, i segnali di miglioramento del ciclo economico dell’Eurozona e le attese sul tapering hanno favorito anche una sostanziale divergenza nell’andamento del differenziale di rendimento tra i titoli societari e 5 0.6 set-88 Uem più conveniente degli Usa gen-97 mag-05 set-13 Fonte: Thomson Reuters, elab. Prometeia; indici Morgan Stanley e aspettative IBES; dati al 19/9/13. (a) Rapporto tra prezzo corrente e utili attesi tra 12 mesi. i governativi privi di rischio, in calo nell’Uem ma in rialzo negli Usa. Effetti si sono avuti anche sul mercato dei cambi: nello stesso periodo l’euro ha infatti ripreso ad apprezzarsi nei confronti del dollaro. Nella tabella seguente sono riportate le variazioni dei rendimenti di alcune asset class nel 2013 e negli anni passati: prometeia advisor sim A anteo 62 Tabella 1: Variazioni % in valuta locale (indici total return) 2012 2013 18-set volatilità ultimi 5 anni 1.4 0.6 0.2 0.1 1.2 1.8 11.4 0.3 4.3 classi di attività 2008 2009 2010 2011 liquidità e strumenti a breve Uem 4.8 1.3 0.8 9.4 4.3 indici obbligazionari governativi Uem Italia 5.8 8.3 -0.6 -5.9 21.3 3.6 7.8 Usa 14.3 -3.8 6.1 9.9 2.2 -2.9 5.2 3.9 0.9 2.5 2.3 1.8 1.6 2.1 Giappone Uk 13.6 -1.0 7.5 16.8 2.6 -4.8 7.2 paesi emergenti (in u$) -9.7 25.9 11.8 9.2 18.0 -8.3 9.2 Uem -3.3 14.9 4.8 2.0 13.0 0.7 2.8 Usa -6.8 19.8 9.5 7.5 10.4 -3.0 5.7 Uem -34.2 74.9 14.3 -2.5 27.2 5.5 7.5 Usa -26.4 57.5 15.2 4.4 15.6 3.7 6.5 2.9 8.8 -0.7 -1.1 17.2 -1.8 6.2 Uem -18.6 28.3 4.0 -7.5 17.5 8.6 6.3 globale (in u$) -27.8 36.8 12.3 -5.7 12.6 11.9 9.7 Italia -46.0 23.5 -8.1 -21.2 12.9 12.7 29.1 Uem -44.1 28.9 3.5 -14.4 20.6 16.6 25.6 Usa -37.0 26.5 15.1 2.1 16.0 22.9 24.8 Giappone -40.6 7.6 1.0 -17.0 20.9 40.3 25.2 Uk -28.3 27.3 12.6 -2.2 10.0 14.6 22.4 paesi emergenti (in u$) -53.2 79.0 19.2 -18.2 18.6 -2.8 24.7 -46.5 13.5 9.0 -1.2 0.1 1.2 26.1 indici obbligazionari corporate I.G. indici obbligazionari corporate H.Y. indice inflation linked Uem indici obbligazionari convertibili indici azionari commodities (S&P GSCI Commodity Index in u$) cambi (*) dollaro yen sterlina 5.2 -3.1 6.9 3.3 -1.5 -1.2 11.5 29.6 -5.7 22.8 8.9 -12.4 -13.7 15.6 -24.0 8.8 3.7 2.6 3.0 -3.0 9.5 (*) Fonte: WM/Reuters; i segni negativi indicano un deprezzamento della valuta. prometeia advisor sim prometeia advisor sim via g. marconi 43, 40122 bologna, italia tel. +39 051 648 0911 — fax +39 051 220 753 [email protected] www.prometeiaadvisor.it